Forbidden Love.

di OfeliaMontgomery
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La rinascita di Caroline Frankestein. ***
Capitolo 2: *** Qualche ricordo e qualche controllo. ***
Capitolo 3: *** Stein, il fratellone. ***
Capitolo 4: *** Elizabeth & Caroline. ***
Capitolo 5: *** Vecchi amici. ***
Capitolo 6: *** Verona Dracul. ***
Capitolo 7: *** Un nuovo incontro. ***
Capitolo 8: *** Un altro ricordo. ***
Capitolo 9: *** Da dove vieni? ***
Capitolo 10: *** L'inizio di una bella giornata. ***
Capitolo 11: *** Una bellissima giornata. ***
Capitolo 12: *** Il primo bacio. ***
Capitolo 13: *** Con Jonathan. ***
Capitolo 14: *** Verona e Pizza. ***
Capitolo 15: *** Parlando del homecoming e facebook. ***
Capitolo 16: *** Qualche messaggio e la bella addormentata nella serra. ***
Capitolo 17: *** Un pomeriggio con Verona. ***
Capitolo 18: *** Cielo stellato. ***
Capitolo 19: *** Se qualcuno si facesse i cazzi propri... ***
Capitolo 20: *** Il primo vero incontro con Jonathan. ***
Capitolo 21: *** Al party. ***
Capitolo 22: *** Lo sai che sei bellissima? ***
Capitolo 23: *** Devastazione. ***
Capitolo 24: *** Vendetta contro Aaron. ***
Capitolo 25: *** Giornata Fluo. ***



Capitolo 1
*** La rinascita di Caroline Frankestein. ***


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Caroline sollevò con un battito le folte ciglia. Si sforzò di mettere a fuoco la stanza che la circondava ma fasce di luce bianche e accecanti, la costrinsero a richiudere gli occhi.
La ragazza anche tenendo gli occhi chiusi riuscì a percepire che c’era qualcuno in quella stanza perché l’aria intorno a lei si mosse velocemente.
«Victor caro si è svegliata» disse qualcuno con voce femminile e molto dolce. L’aria intorno a Caroline iniziò a muoversi più velocemente, qualcuno si stava avvicinando a lei e sembrava quasi stesse correndo.
«Fammi controllare» disse Victor appoggiando lo fonendoscopio sul petto di Caroline. Il disco di ferro appoggiato sul petto fece si che Caroline rabbrividisse. Il cuore della ragazza iniziò a pompare velocemente sotto al tocco di Victor e quindi fu più facile per lui sentirne il battito.
«Si, il battito c’è. Tesoro riesci ad aprire gli occhi?» chiese Victor accarezzando la testa ricucita della figlia. Sulla fronte aveva un lungo e profondo taglio che le toccherà coprire con i folti e lunghi capelli neri che si ritrovava.
Caroline ci provò ancora e questa volta ci riuscì, mise a fuoco la stanza intorno a lei: un laboratorio scientifico e le persone che le stavano attorno. Un uomo dai capelli castani e dagli occhiali enormi che facevano sembrare il suo viso buffo e una donna dai lunghi capelli neri e dallo sguardo affettuoso.
«La mia bambina è così bella» disse la donna con la voce rotta dalle lacrime, andando ad appoggiare le sue labbra sulla guancia calda della ragazza.
Caroline iniziò a tremare e cercando di alzarsi fece cadere a terra delle provette insieme ad degli strumenti.
«Calmati tesoro, siamo i tuoi genitori: Victor ed Elizabeth» spiegò lo scienziato sistemando bene gli occhiali sul naso.
«Chi sono io?» chiese Caroline alzando le mani e portandole nella sua visuale. Su entrambi i polsi c’erano dei lunghi tagli che erano stati ricuciti a mano, probabilmente da Elizabeth.
«Ti chiami Caroline e ti abbiamo riportata in vita dopo lunghi tentativi» spiegò Victor con voce calma mentre ripuliva il disastro che aveva fatto la figlia.
«Riportata in vita?» chiese sconvolta la ragazza guardandosi in giro. Elizabeth nel contempo passò alla figlia uno specchio che prese subito e si specchiandosi, si spaventò nel vedere cos’era. Era un mostro pieno di cuciture e tagli.
«Cosa mi avete fatto? Sono un mostro!» esclamò Caroline spaventata, andandosi a toccare il collo dove si trovava una lunga cucitura.
«Ti abbiamo ricucita e riportata in vita. E’ stato davvero faticoso trovare parti del corpo di ragazzine morte da poco tempo» spiegò Victor, avvicinandosi al tavolo bianco su cui stava sdraiata la figlia.
«Parti del corpo? Questo non è il mio corpo?» domandò andandosi a toccare le gambe ricucite nella piega del ginocchio.
«Non tutte le parti sono tue, eri davvero conciata male quando ti abbiamo trovata nel bosco» rispose Victor appoggiando il fonendoscopio sulla schiena per controllare se c’erano rumore nei campi polmonari.
«Respira per favore» disse Victor.
Caroline iniziò a respirare come gli aveva chiesto il padre, anche se si sentiva molto a disagio. Chi diamine era loro? E come faceva ad essere viva con tutte quelle cuciture?
«Bene, nessun problema» disse serio, spostando il fonendoscopio dalla schiena di Caroline e andandolo ad appoggiare sul tavolo degli arnesi del mestiere, vicino al banco in cui stava la ragazza.
«Chi siete voi? E com’è possibile che io sia ancora viva?» domandò la ragazza guardando quello che faceva Elizabeth. La madre era intenta a tirare fuori da un sacco nero, un vestito dello stesso colore che poi lo appoggiò sulle gambe della figlia.
«Siamo i tuoi genitori e come ti abbiamo già detto: sei stata riportata in vita» rispiegò il padre, andando a segnare su un taccuino i dati della figlia.
«Veri genitori? Perché ero nel bosco?»
«Sì, siamo i tuoi veri genitori. Sei scappata nei boschi, come quasi ogni giorno dopo aver litigato con tuo fratello e dei lupi ti hanno attaccata facendoti a pezzi» spiegò Elizabeth singhiozzando. Caroline rimase paralizzata dopo aver saputo la notizia «Oh…non ricordo niente. Posso farvi una domanda?» chiese la ragazza tremando.
Elizabeth si avvicinò a lei e sedendosi al suo fianco, iniziò ad accarezzarle la schiena «Certo tesoro, chiedi tutto quello che vuoi».
«E’ questo il mio vero viso oppure è il viso di un’altra ragazza? Quanti parti del corpo sono ancora mie?» chiese parlando velocemente mentre si torturava le unghie delle mani.
«E’ il tuo vero viso. Le parti del corpo? Mmh…braccia, mani, gambe e piedi non sono tue, il resto invece sì» rispose la mane accarezzandole la testa ricucita.
«Tesoro stai attenta alle cuciture, non vorrei che saltassero via. Ora Caroline deve dormire» disse serio Victor mentre riempiva una siringa di sedativo.
«No! Io non voglio dormire» urlò Caroline mettendo le mani davanti come per pararsi dal padre.
«Sorellina, vedo che sei ritornata» disse una voce che proveniva dalle scale che portavano al piano superiore.
Caroline alzò il viso ed incontrò lo sguardo divertito di quello che doveva essere suo fratello. La ragazza spalancò gli occhi «Tu, tu sei mio frat-…» non fece in tempo a finire che il padre le aveva iniettato il sedativo per farla dormire.
«Padre potevi almeno lasciare che finisse la frase» disse sorridente Stein, prima di scomparire nell’ombra delle scale.

 

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Capitolo 2
*** Qualche ricordo e qualche controllo. ***


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«Porti il nome di mia madre: Caroline Beaufort Frankenstein» disse Victor mentre mischiava delle sostanza pericolose in una provetta, sotto al suo naso.
Caroline era seduta sul tavolo in cui precedentemente era stata sdraiata e dondolava le gambe, ricucite, nell’aria. La ragazza si tocco i capelli e spostandoli tutti d’un lato, girò la testa verso il padre «E’ morta?» chiese con tono piatto.
Non ricordava nulla della vita precedente a quella di ora, non ricordava chi fosse, quanti anni aveva, che cosa faceva nella vita, se studiava oppure lavorava, se aveva amici e un fidanzato. Nulla, non ricordava nulla, il vuote più totale. Era così snervante non ricordarsi nulla e provarci e riprovarci senza riuscire a tirare fuori nemmeno un ricordo.
«Sì; tua madre si ammalò di scarlattina e tua nonna, Caroline, si prese cura di lei ma venne infettata e morì» spiegò Victor con voce malinconica. Ricordare quel brutto giorno lo faceva sempre stare male. Continuò a spiegare alla figlia che pochi giorni dopo la morte della madre, Alphonse Frankenstein - padre di lui - si lasciò morire per il troppo dolore, per la perdita di sua moglie ma anche per la perdita di suo figlio William ucciso dalla creatura creata da lui stesso, dal fratello di Caroline.
«Quindi avevo anche due zii?» chiese Caroline continuando a far dondolare le gambe nell’aria.
«Si, William e Ernest»
«Ernest è ancora vivo oppure è stato ucciso pure lui da mio fratello?» domandò la ragazza facendo un balzo da sopra il tavolo per poi andare a toccare il pavimento con le suole delle sue ballerine. Camminando lentamente, girò per il laboratorio del padre. Al fianco, sulla destra del tavolo da cui era appena scesa c’era un altro tavolo però di legno, dove il padre lavorava in quel momento. Di fronte al tavolo c’era un mobile pieno di strumenti, provette e sostanze chimiche. Sul lato sinistro del tavolo invece c’era il monitoraggio delle tavolo bianco che serviva per controllare quando arrivavano tempeste per riuscire a prendere il lampo e la scossa per riportare in vita le persone. Ed infine dietro alle spalle di Victor c’era il monitoraggio delle pulsazioni per le sue creature. Le scale che portavano al piano superiore erano sul lato del tavolo bianco ed erano fatte di cemento e la ringhiera era di legno.
«E’ morto in un incidente stradale pochi anni fa» rispose Victor, girandosi verso la figlia. Si mise apposto gli occhiali sul naso e guardò attentamente quello che faceva la figlia nel laboratorio. Si guardava in giro come se stesse cercando una via di fuga. «Non puoi uscire da qui, la porta è blindata» disse guardando di sottecchi la figlia.
Caroline sospirò rassegnata andandosi a sedere, di nuovo, sul tavolo bianco «Non è giusto! Io voglio uscire da qui» esclamò la ragazza sventolando nell’aria i lunghi capelli neri.
«Appena avrò finito di fare i miei controlli, potrai uscire» spiegò il padre prendendo un piccolo martello di ferro dal tavolo di legno.
«Cosa vuoi fare? Uccidermi?» chiese spaventata la ragazza, si portò la testa sulle gambe e si raggomitolò sul tavolo bianco.
«No, certo che no, devo solo controllare le tue gambe» rispose Victor sorridendo affettuosamente alla figlia.
Caroline annuì cercando di non sembrare spaventata. Il padre si avvicinò lentamente a lei e tirandole giù una gambe, diede un colpetto con l’arnese sul suo ginocchio che scattò verso l’alto come un fulmine.
«Perfetto, i tuoi riflessi sono giusti» disse contento il padre appoggiando sul tavolo l’arnese e togliendosi gli occhi per pulire una lenta che si era sporcata.
Caroline cercò di sorridere, ma l’unica cosa che fece era una smorfia tra il spaventato e il curioso. «Ora posso andarmene?» chiese con tono piagnucoloso e guardando il padre con sguardo triste.
Victor sospirò, «Va bene, puoi andare, ma tra un’ora devi essere qui che finisco i controlli» disse serio, facendo segno alla figlia di andare pure. Caroline fece un mezzo salto sul posto e poi correndo uscì dalla stanza, lasciando il padre da solo in mezzo ai suoi esperimenti.

 

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Capitolo 3
*** Stein, il fratellone. ***


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Caroline entrò nella sua camera da letto al secondo piano e la trovò completamente disordinata: c’erano vestiti sparsi sul letto, buttati sul pavimento e appallottolati sulle sedie. Era quasi impossibile passarci in mezzo, sembrava un campo minato, non sapevi dove andare ad appoggiare i piedi.
In un mobile sulla sinistra c’erano cd musicali, dvd e libri che doveva aver amato molto nella vita precedente a questa.  Avvicinandosi lentamente al mobile, sfiorò con le dita un libro poi passò ad un altro ed un altro ancora, fino ad arrivare alla finestra di fronte a lei. Tirò la tenda per fare entrare un po’ di luce poi l’aprì e fece entrare anche un po’ di aria. Stette ferma lì a guardare lo spettacolo che si trovava di fronte: sulla destra vedeva le maestose montagne che facevano da sfondo alla città e sulla sinistra, a parte qualche tetto vedeva una boscaglia con sullo sfondo il castello di una qualche famiglia molto ricca.
Quanto avrebbe voluto uscire di casa in quel momento e correre spensierata fra i boschi, ma poi ricordava le parole dei suoi genitori che le dicevano che dei lupi l’avevano fatta a pezzi proprio lì, allora rabbrividiva e scacciava via il pensiero di rientrarci ancora.
Caroline venne distratta da suoi pensieri, quando sentì qualcuno bussare alla porta della sua camera. La madre entrò nella stanza con un vassoio pieno di cibo «Ti ho preparato qualcosa, ho pensato che forse eri affamata dopo tutto quel tempo a riposare» disse dolcemente, passando fra i vestiti buttati a terra. Appoggiò sulla scrivania della figlia il vassoio e poi si avvicinò a lei, accarezzandole i capelli.
«Vedrai, andrà tutto bene» disse con voce melodiosa, continuando ad accarezzarle i capelli e facendo passare qualche ciocca fra le dita.
«Come può andare tutto bene se non ricordo niente della vita prima di questa?» chiese Caroline con voce lagnosa, continuando a guardare fuori dalla finestra.
Eliza sospirò incominciando ad intrecciare i capelli della figlia, formando una treccia abbastanza lunga da arrivarle a metà schiena.
«Stavo pensando di rimandarti a scuola, lì ci sono i tuoi amici, ma tuo padre non è d’accordo» disse seria la madre, guardando anche lei fuori dalla finestra.
«Perché?»
«Perché prima vuole finire i controlli e vedere se incominci a ricordare qualcosa»
«Come faccio a ricordare se non posso vedere i miei amici?»
La sospirò ancora più forte «Lo so, infatti voglio mandarti, con o senza il consenso di tuo padre» disse, sorridendo alle spalle della figlia.
Caroline sorrise a sua volta, girando il viso verso la madre e prendendo dal vassoio mezzo tramezzino e portandoselo alla bocca per assaporarlo.
«Vado a parlarne con tuo padre, tu metti a posto la camera» disse seria la madre ma accennando un sorriso poi camminando fra il disordine uscì dalla stanza.
Caroline sospirò esasperata, perché era stata così disordinata nella vita precedente? Chissà quanto ci avrebbe messo per pulirla per bene.
«Sorellina sei proprio un casino» disse Stein, stando appoggiato sulla soglia della porta della camera di Caroline.
Caroline si girò di scatto verso di lui, spaventata, «Sei mio fratello? Perché hai ucciso nostro zio?» chiese in modo fugace, tornando a raccogliere i vestiti dal pavimento.
Stein fece un sorriso sghembo «All’inizio per me non fu facile controllarmi, ero molto spaventato e non capivo nulla, ora, ora invece ci riesco benissimo, ma con te potrei fare un’eccezione» disse ridendo per poi entrare nella sua camera e andandosi a sedere sul letto della sorella.
Caroline lo guardò sconvolto «Con questo cosa vorresti dire? Vuoi uccidermi?» domandò spaventata e fermandosi nel punto in cui si trovava con ancora in mano delle magliette colorate.
Stein rise di gusto «No; si vede che non sei più la Caroline di una volta, a quest’ora avresti riso e mi avresti tirato dietro qualsiasi oggetto che ti fossi ritrovata fra le mani» sbuffò, sdraiandosi sul letto della sorella, ricoperto completamente da suoi vestiti.
Caroline scosse la testa «Non sono più quella ragazza; sono morta e sono ritornata in vita con pezzi di altre persone. Sì, sono diversa, mi sento diversa e non riesco a capire come sia possibile ritornare in vita» commentò serio, continuando a ritirare i vestiti puliti nell’armadio e quelli sporchi, nel cesto per i panni da lavare.
«Anche io sono stato riportato in vita e non ho fatto tutte queste storie» Stein fece una smorfia mentre si sfilava dai capelli un paio di mutande della sorella.
«Tu hai direttamente ucciso nostro ZIO!» disse arrabbiata, sfilando dalle mani del fratello il suo intimo e ritirandolo in un cassetto.
Stein rise ancora poi con una mossa del bacino, si tirò su e salutando la sua sorellina con un ‘ciao mostriciattolo’, uscì dalla sua stanza, lasciando Caroline da sola ed immersa nei suoi vestiti. Caroline sospirò scuotendo la testa poi tornò a mettere in ordina la camera.

 

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Capitolo 4
*** Elizabeth & Caroline. ***


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«Non penso sia il caso di mandarla proprio ora. E’ ancora debole e devo fare i miei controlli e tu lo sai Beth» disse Victor guardando la moglie intenta a tagliare le rose appassite.
«Tesoro vuole ricordare, vuole riavere indietro i suoi ricordi e i suoi amici potrebbero aiutarla» disse Elizabeth appoggiando sul tavolo la forbice e pulendosi le mani con uno straccio marrone.
«Non saprei…» Victor lasciò in sospeso la frase e alzandosi dalla sua poltrona, andò vicino alla finestra, spostò di poco la tenda per riuscire ad intravedere la figlia giocare con il loro cane, Lullaby. Una cagnolina dal pelo lungo e bianco che avevano comprato un paio di anni prima per Caroline.
Victor sentì la risata della figlia echeggiare nell’aria, mentre si faceva rincorrere da Lullaby, nel loro giardino dietro la casa; sospirò e tornado dalla moglie, accettò ma solamente ad una condizione: Caroline doveva fare i suoi controlli ogni giorno.
«Quindi andrà a scuola?» sbucò dal nulla Stein con Mary, sua moglie anche lei riportata in vita da Victor. Mary Shelley era la prima creatura donna che Victor Frankenstein avesse riportato in vita. Era bella ed elegante; dai folti capelli neri con ai lati dei fulmini bianchi, forse per la troppa scossa o forse per il forte spavento nel ritornare in vita; la pelle era candida e liscia. Stein invece aveva il viso squadrato, con due bulloni che sporgevano dal collo e con una lunga cicatrice sulla fronte; la pelle era giallastra e i capelli neri spiccavano subito.
Victor sospirò lasciandosi cadere di peso sulla poltrona, «Sì, andrà a scuola» disse scuotendo la testa. Elizabeth sorrise contenta, mentre metteva in un vaso di vetro le rose che si erano salvate. «E’ una buona cosa. Caroline starà con i suoi amici e tra le persone normali. Deve essere normale, almeno lei» disse Elizabeth sorridendo affettuosamente al marito.
Stein fece una smorfia «Noi non siamo mai stati normali, perché ora lei dovrebbe esserlo?» domandò acido, andandosi a sedere sulla poltrona di fronte al padre. Mary sospirando, andò a sedersi al tavolo insieme ad Elizabeth.
«Tesoro lei è sempre stata diversa da te, me e i tuoi genitori. Lei vedeva le cose in un modo diverso, lei era positiva, riusciva sempre a vedere il buono in tutto» disse Mary parlando lentamente al marito.
Stein fece spallucce «Lei è come noi, non è diversa, è un mostro come la famiglia Frankestein» disse serio, poi sporgendosi in avanti prese dal tavolino un giornale sulla scienza ed iniziò a sfogliarne le pagine.
Elizabeth fulminò il figlio con lo sguardo «Caroline è il buono di questa famiglia» disse severa la donna. Eliza si alzò, si mise a posto il vestito ed uscì dalla stanza con passo felino, lasciandosi alle spalle il resto della famiglia.
 
«Caroline ti va di darmi una mano con la cena?» urlò Elizabeth dall’uscio della porta sul retro. Caroline alzò lo sguardo e sorridendo alla madre, prese il cane in braccio e corse verso di lei. La superò, entrando per prima in casa «Cosa facciamo di bello?» chiese saltellando per casa.
Elizabeth sorrise nel vedere la figlia così allegra, non era cambiata, era sempre la solita Caroline: allegra, spensierata e solare.
«Stavo pensando di fare la pizza» esclamò Eliza, entrando in cucina seguita dalla figlia e urlò un fortissimo - quasi da spaccare i timpani -.
Iniziarono a prendere gli ingredienti per poterli pesare ed intanto Elizabeth le parlò del fatto che era riuscita a convincere suo padre a farla andare a scuola. Caroline ne era davvero felice, almeno non doveva rimanere rinchiusa in quella villa, con Stein.
«Quando inizio?»
«Domani; ho già chiamato la scuola e ho spiegato che sei stata a casa perché stavi davvero male e che non vedi l’ora di recuperare»
«Va bene. Come mi devo vestire? Intendo per le cicatrici» disse Caroline indicandosi la fronte, le braccia e le gambe.
«Per i capelli posso farti la frangetta così la cicatrice sparirà del tutto. Per il resto basta metterti qualcosa di lungo e nero» spiegò la madre impastando la farina con l’acqua e il lievito.
Caroline annuì portandosi due dita alla bocca «Dopo mi aiuterai vero?» chiese sorridendo alla madre.
Elizabeth rise «Certo che ti aiuterò» rispose lanciando un po’ di farina addosso alla figlia che urlò spaventata. Caroline aveva tutta la faccia sporca di farina ma rideva felice; ne prese un po’ anche lei, tirandola fuori dal sacchetto e la lanciò addosso alla madre, prendendola in pieno viso. La madre guardò la figlia sconvolta poi scoppiò a ridere. Continuarono a sporcarsi con la farina e a ridere per tutto il tempo, solamente quando decisero di fare le pizze per bene smisero e ricominciarono ad impastare il tutto.

 

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Capitolo 5
*** Vecchi amici. ***


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Caroline la mattina seguente si svegliò prestissimo, non riusciva a riaddormentarsi così decise di farsi una doccia, aggiustarsi i capelli, - compresa la frangetta che era stata tagliata il giorno prima dalla madre - e di truccarsi un po’ il viso, cercando di camuffare il pallore della sua pelle e le enormi occhiaie blu.
Si precipitò verso l’armadio per cercare qualcosa da mettere, qualcosa di nero e lungo, per poter coprire le cicatrici e le cuciture. Scelse un mini vestitino nero - perché in quel momento nel enorme casino del suo armadio, aveva trovato solo quello - e un paio di leggings anche essi neri. Scelse anche un paio di stivali con il tacco vertiginoso e incominciò a vestirsi. Cercava di fare il minor rumore possibile, non voleva svegliare la sua famiglia.
Quando finì di vestirsi, si diede un’occhiata nello specchio appeso nel armadio. Si piaceva, stava bene vestita così. Fece un giro su se stessa facendo svolazzare i suoi capelli nell’aria poi tornando seria, prese una borsa e ci ficcò dentro un quaderno e un astuccio con dentro un paio di biro, quando finì scese al piano inferiore ed iniziò a preparare la colazione per tutti.
 
La prima a scendere fu Elizabeth che vedendo la figlia intenta a cucinare, sorrise felice. Sembrava la ‘Caroline’ di prima, come se il fatto che fosse morta e ritornata in vita, non l’avesse cambiata per niente, ma Elizabeth sapeva che non era così, c’erano molte cose che la figlia non ricordava. La donna sperava con tutto il cuore che nel contempo non si aprisse la porta dell’odio perché Caroline non l’aveva mai provato, era cresciuta solo con amore, affetto e amicizia.
«Buongiorno tesoro» disse la madre affettuosamente, dandole un bacio sulla testa.
Caroline sorrise versandole in una tazza un po’ di tè «Buongiorno mamma» ribatté felice. La ragazza si guardò in giro per vedere se anche il resto della famiglia arrivasse oppure no «Non vengo gli altri?» chiese sbadigliando.
Elizabeth bevve un sorso di tè poi appoggiando la tazza sul tavolo, sorrise alla figlia «Si stanno preparando, adesso arrivano» rispose.
Caroline annuì poi girandosi verso il mobile della cucina, prese dei waffle e li ricoprì di nutella, spalmandone un bel po’ sopra ad essi. Ne porse uno alla madre e uno se lo portò alla bocca e ne diede un morso, assaporando il gusto dolce della nutella. Si sporcò una guancia che venne ripulita subito da Elizabeth con un tovagliolo.
Finalmente scesero tutti. Il padre andò subito a salutare la moglie e poi la figlia, scoccandole un bacio sulla fronte come aveva fatto in precedenza la madre. Mary la abbracciò per la prima, presentandosi come la moglie di Stein. Caroline ne rimase sconvolta, non pensava - ricordava - che suo fratello fosse sposato. Mentalmente pensò povera Mary. Stein fu l’ultimo che la salutò, ovviamente con le sue solite battute che questa Caroline ancora non conosceva.
«Io devo andare, ci vediamo dopo» disse svelta Caroline, prendendo da terra la sua borsa ed uscendo dalla cucina ed infine dalla porta di casa.
 
Caroline stava camminando tranquillamente sul ciglio della strada quando si sentì chiamare da delle voci sia femminili che maschili alle sue spalle. Girò prima la testa poi anche il corpo e trovò una ragazza dai capelli rossi che correva in un sentiero dall’altra parte della strada, sventolando la mano verso lei invece dietro, a qualche metro di distanza c’erano una ragazza dai capelli biondi che correva e dopo la tipa c’era un ragazzo che sorrideva. Caroline non riusciva a capire chi fossero ma poi le venne in mente la foto che aveva trovato sul suo telefonino e ricordò: erano i suoi migliori amici.
Quando la ragazza bionda le fu vicina, le saltò in braccio stritolandola. Caroline emise un verso di dolore e la ragazza si staccò fulminea da lei «Cazzo ma allora è vero, sei tutta ricucita WOW» commentò sorridendole.
Caroline spalancò gli occhi e nel contempo arrivarono anche la rossa e il ragazzo che chiesero alla bionda cosa fosse successo.
«Voi lo sapete?» chiese sconvolta Caroline. Loro risero divertiti «Certo che sì, sei la nostra migliore amica da quando siamo piccoli, conosciamo bene la tua famiglia di pazzi» commentò la rossa, scoccando a Caroline un bacio sulla guancia.
«Oh..» emise solo coprendosi il viso con le mani.
«Comunque tua madre ci ha spiegato che non ricordi quasi niente…beh io sono Alice, ma voi mi chiamate Ice per via dei miei occhi di ghiaccio» disse la bionda ridendo «Lei è Ursula, ma di solito la chiamiamo Ulla e lui è Oliver, Olly per tutti» continuò Alice ripresentando tutti. Caroline sorrise timidamente poi andò ad abbracciare tutti, felice di riavere i suoi amici.
«Forza ci aspetta un altro noioso giorno di scuola» commentò Oliver sbuffando, facendo così ridere tutte e tre le ragazze mentre continuavano a camminare verso la scuola.

 

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Capitolo 6
*** Verona Dracul. ***


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«Allora…tuo padre ti ha ricucita?» chiese di punto in bianco Olly mentre varcavano la soglia della scuola.
Caroline gli sorrise divertita «Si, con parti del corpo di altre ragazze» rispose voltandosi verso Ice che stava alla sua destra per vedere la sua reazione. Sobbalzò sul posto schioccata «Parti di altre ragazze? Già morte vero?» domandò cercando di stare calma. Caroline rise di gusto guardando il suo volto spaventato «Si, già morte».
«Che figata!» commentò Olly appoggiando un braccio sulla spalla di Ulla. Ulla si scansò da lui dicendogli che pesava, «Che figata? Olly…» la rossa lasciò la frase in sospeso.
«Cosa? Dai è una figata! Cioè il dottor Frankenstein ti può riportare in vita se muori, altro che se è una stramega figata!» commentò entusiasta Olly mentre andava ad appoggiarsi all’armadietto di Ice.
Ice e Caroline continuarono a seguire il battibecco di Ulla e Olly in silenzio, anche cercando di trattenere le risate, perché erano davvero buffi. Ma alla fine Ice non ce la fece più.
«Basta ragazzi!» sbraitò Ice, spingendo via Olly da davanti il suo armadietto per poi aprirlo e tirare fuori due libri.
Olly rise nel vedere la sua ragazza andare su di giri per così poco «Dai tesoro, stavamo solo scherzando» disse sfoggiando un sorriso. Ice fece spallucce «Scherzavate sulla vita di Caroline, quindi non è divertente. E’ appena tornata e voi già litigate sul fatto se sia bello oppure no ritornare in vita con pezzi di altre persone. Perché non lo chiedete a lei uh? Non ricorda quasi nulla della sua vita precedente quindi non è bello e né tanto meno divertente» disse seria sbattendo violentemente l’antina dell’armadietto.
Olly e Ulla rimasero di stucco dopo il discorso fatto dalla loro amica, Caroline invece cercò di stare calma mentre si guardava in giro per cercare di ricordare gli altri suoi compagni di scuola.
«Cazzo Ice potresti presentare gli oscar con questo discorso» commentò divertita Ulla dando una leggera spintonata all’amica che rise leggermente.
«Scema!» ribatté Ice gonfiando le guance in modo tenero. Caroline si girò verso di lei e l’abbracciò di slancio «Va tutto bene Ice, tranquilla» disse teneramente, scoccandole un bacio sulla guancia.
«E’ ora di andare in classe» esordì Olly venendo sovrastato dal rumore della campanella che indicava che le lezioni stavano iniziando.
 
Caroline alla prima ora aveva italiano ed era sola perché gli altri avevano: matematica, biologia e fisica; così per non farsi notare si andò a sedere nell’ultima fila, più precisamente nel banco vicino alla finestra, sulla sinistra.
I suoi compagni cominciarono ad entrare, c’era chi si scambiava baci sulla guancia, altri che si passavano i compiti delle materie seguenti e altri che si andavano a sedere ai loro posto senza emettere alcun suono perché o troppo stanchi o troppo annoiati. Ed infine una ragazza dai capelli biondi e dagli occhi così azzurri da entrarti dentro, stava sulla soglia della porta ad osservare ogni mossa dei suoi compagni. La ragazza alzò di poco lo sguardo ed incrociò gli occhi scuri di Caroline e le sorrise timidamente.
La bionda passando fra i banchi e gli zaini lanciati a terra come se fossero spazzatura, si avvicinò a lei e chiedendo il permesso, si sedette al suo fianco.
«Piacere io sono Verona Dracul, sono qui da due settimane» disse la bionda porgendole la mano, Caroline la prese e la strinse lentamente «Piacere, io sono Caroline Frankenstein» sorrise alla ragazza.
Lei accennò una leggera risata «So chi sei» disse scuotendo i suoi lucenti capelli biondi nell’aria, lasciandosi dietro una scia di profumo al cocco.
«Davvero?» chiese divertita Caroline.
Verona annuì sorridendole «Sei la ragazza che per due settimane è sparita nel nulla poi come niente fosse successo torni a scuola, tutta sorridente» spiegò la bionda con una scrollata di spalle.
Caroline si grattò la nuca «Sono stata davvero male e mia madre ha chiamato la scuola e l’ha spiegato» disse seria poi spostò lo sguardo per guardare il professore entrare in classe.
Verona si portò le mani davanti al petto come per difendersi «Ehi…io non volevo offendere, ti riferisco quello che ho sentito dire stamattina» si giustificò la bionda.
Caroline sospirò poi scuotendo la testa, si girò di nuovo verso la bionda «Scusa, non volevo attaccarti, è solo che non mi piacciono i pettegolezzi» si scusò la mora, sorridendo alla nuova arrivata. Verona ricambiò il sorriso poi girandosi verso il professore iniziò a prendere appunti e fece così anche Caroline, stando davvero molto attenta a quello che diceva l’insegnante.
Quando la campanella suonò, Caroline ringraziò di Dio perché non ne poteva più, ed era solamente la prima ora. Ritirò tutto nella sua borsa poi passando dietro a Verona, uscì dalla classe.
«Ehi Frankenstein è vero che non ti sei fatta vedere per due settimane perché sei rimasta incinta e i tuoi genitori ti hanno imposto di abortire?» chiese divertito un ragazzo mettendosi di fronte alla ragazza. Gli amici di quest’ultimo si misero a ridere mentre la prendevano in giro.
Caroline era indifesa, non sapeva così dire, si sentiva umiliata «No, non è vero. Sono semplicemente stata male» disse seria. Quel gruppetto ricominciò a ridere quando il ‘capo’ commentò la risposta di Caroline con un ‘come no’.
«Aaron perché non te ne vai a fanculo uh?» chiese una voce femminile da dietro le spalle di Caroline, era Verona che la stava difendendo.
«Dracul non scassare il cazzo va» commentò acido il ragazzo di nome Aaron.
Verona si spostò da dietro le spalle di Caroline e le si piazzò davanti, portando il suo viso a pochi centimetri da quello di Aaron «Vattene che è meglio. Sei solo un coglione» ribatté la bionda incrociando le braccia al petto. Aaron sbuffò poi girò i tacchi portandosi dietro i suoi cagnolini.
Verona si girò verso Caroline sorridendole «Stai bene?» chiese portandole una mano sulla spalla per tranquillizzarla. «Sì, ti ringrazio Verona» rispose ricambiando il sorriso. Non ricordava quasi nulla della sua vecchia vita, ma in questa vita aveva già trovato una nuova possibile amica, meglio di così non poteva andare.

 

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Capitolo 7
*** Un nuovo incontro. ***


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Caroline e il resto del gruppo riuscirono a ricongiungersi solamente all’ora di pranzo. Erano seduti intorno ad un tavolo blu, nell’angolo meno notato dalle ‘popolari della scuola’ della mensa. Stavano discutendo sul compito di matematica che era toccato ad Olly e al resto della classe «Non sapevo nulla, ho praticamente consegnato il compito in bianco, dannazione!» esclamò furioso.
Ice cercò di trattenersi dal ridere «Dai tesoro non fare così, la recupererai» tentò di consolarlo, accarezzandoli la testa. Olly sospirò poi alzò lo sguardo ed incrociò gli occhi scuri di Caroline «Line che succede?» chiese preoccupato all’amica.
Caroline sospirò rumorosamente «Girano voci su di me, sulla mia assenza e non mi piacciono» rispose, appoggiando la testa sul tavolo sudicio. Ulla che stava al suo fianco, le accarezzò la schiena «Dai fregatene, sono solo cazzate» disse cercando di confortarla.
Caroline emise un grugnito di frustrazione mentre alzava la testa dal tavolo «Lo so, è solo che non mi piacciono. A proposito sapete chi è una certa Verona Dracul?» chiese infine la mora.
Ice annuì «Sì, si è trasferita con suo fratello e la sua famiglia due settimane fa, dicono che abitino nel castello sulla collina, tra i boschi, quindi presumo siano davvero ricchi» spiegò la bionda portandosi allo bocca un pezzo di carne per poi mangiarlo.
«Capito» Caroline sorrise cercando di mangiare qualcosa. Qualsiasi cosa avesse nel piatto anche se di fame ne aveva davvero poco.
«Perché?» chiese Ulla «Perché vuoi saperlo?» continuò, legandosi i capelli rossi in una coda disordinata.
Caroline scrollò le spalle «Perché alla prima ora era in classe con me e mi ha difeso da tre nostri compagni, di cui ancora non ricordo nulla» rispose guardando attentamente i suoi amici.
Olly girò velocemente il capo verso di lei «Chi erano quei coglioni?» domandò furioso il ragazzo.
La mora alzò le spalle «Quello che mi ha aggredita aveva i capelli metà castani e metà biondo platino, penso…Ah, Verona l’ha chiamato Aaron» rispose, cercando di ricordarsi qualcosa di quei tre, senza però riuscirci.
Olly sbuffò arrabbiato «Quel pezzo di merda di Aaron e la sua band di cagnolini. Caroline non ascoltarli, ce l’ha con te perché l’hai rifiutato almeno dieci volte dall’inizio dell’anno» disse serio il ragazzo poi girò il corpo e la testa verso il tavolo di Aaron e i suoi amici e alzò il dito medio sventolandolo verso loro. Aaron ricambiò il gesto, guardandolo anche in cagnesco poi si girò e tornò a parlare con i suoi amici.
Olly rise poi si girò anche lui e tornò a mangiare, «Olly per favore lasciali stare, non voglio che tu ti faccia del male» disse apprensiva Ice appoggiando la testa sulla spalla del suo ragazzo. Il ragazzo come risposta brontolò che dovevano pagarla, Ice gli diede una sberla sul braccio facendolo ammutolire poi continuò a mangiare.
Una ragazza bionda si stava avvicinando lentamente al loro tavolo «Ciao Caroline» esclamò felice Verona. Caroline ricambiò il saluto, alzandosi ed abbracciandola, «Vuoi sederti con noi?» chiese la mora. Verona scosse la testa «C’è mio fratello che mi aspetta, ma grazie per avermelo chiesto. Uhm…volevo solo salutarti» disse timidamente poi salutandola con la mano, sparì fra i tavoli e gli altri ragazzi della scuola.
Appena fu scomparsa del tutto, Caroline domandò chi fosse il fratello, «E’ carino, sembra un rockettaro. Ha i capelli e gli occhi neri, è molto diverso dalla sorella» le rispose Ulla.
La campanella suonò, segno che la pausa pranzo era finita e che mancava ancora un’ora alla fine della giornata scolastica e Caroline non ne poteva davvero più.
«Ci vediamo all’uscita, ciao» salutarono in coro Ulla e Ice, mentre Olly si dirigeva dall’altra parte e Caroline rimaneva da sola al loro tavolo.
 
Stava camminando velocemente fra i corridoi per riuscire a trovare l’aula di chimica, quando si andò a scontrare contro qualcuno ed insieme caddero a terra. La prima ad alzarsi fu Caroline che chiese immediatamente scusa.
«Mi dispiace e che devo andare nell’aula di chimica e stavo correndo e…»
«Tranquilla non è niente » una voce profonda e mascolina la fece fermare dal suo discorso abbastanza imbarazzante. Caroline alzò lo sguardo, aveva il viso completamente rosso, sembrava un peperone «Scusa» si scusò ancora.
Il ragazzo si alzò da terra e porgendole una mano, si presentò «Sono Jonathan Dracul invece tu chi sei?».
Caroline spalancò gli occhi, era il fratello di Verona, oh mio dio, era stupendo. I capelli neri e lunghi fino alle spalle gli stavano da Dio, la sua pelle bianca era bellissima proprio come i suoi occhi.
«Ehi ci sei?» chiese divertito, passandola una mano davanti agli occhi. Caroline tornò in sé, arrossendo di nuovo poi gli rispose «Sei il fratello di Verona? Io sono Caroline».
«Sì, sono io, piacere Caroline» le sorrise, sfoggiando un bellissimo sorriso. Caroline ricambiò il sorriso poi scusandosi scappò alla ricerca della classe di chimica.
Jonathan stette fermò in mezzo al corridoio mentre la guardava andare via. Sorrise divertito, le piaceva.

 

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Capitolo 8
*** Un altro ricordo. ***


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«Non ci credo!! Ci sei proprio caduta sopra?» chiese scioccata Ulla.
Caroline rise «No, non ci sono caduta sopra, mi sono spiaccicata al suolo» rispose fra le risate generali dei suoi amici.
«Dio Line sei una rincoglionita» commentò Ice ridendo. Caroline gonfiò le guance poi mise il broncio «Che cattiva che sei» ribatté lei fingendosi offesa. La bionda in sua difesa le si buttò sopra poi l’abbracciò stringendola forte.
«Ice attenta che si potrebbe aprire» disse ridendo Olly che si beccò un’occhiata di fuoco da parte della sua ragazza. «Olly smettila» lo sgridò lei, spostandosi da sopra l’amica.
Ulla se ne stava seduta sul bordo della panchina perché erano tutti e quattro assettati su quella e stavano tutti appiccicati fra loro, intanto guardava attentamente la scena mentre rideva divertita.
«Dai facciamoci una foto» esclamò Ulla tirando fuori dalla tasca del suo giubbotto il cellulare.
Aprì la fotocamera e appena i ragazzi si furono messi in posa, scattò la foto. Nella foto, Ulla aveva la testa di Caroline appoggiata sulla spalla, mentre Ice la teneva per mano e dava un bacio sulla guancia ad Olly che aveva il pollice alzato verso l’alto.
«Ah, siamo venuti benissimo!» esclamò contenta Ulla guardando per bene la foto. Caroline e Ice risero nel vedere la loro amica così felice per una semplice foto.
«Per che ora devi essere a casa?» chiese di getto Olly a Caroline che fece una smorfia «Per le 18.00. Che ore sono ora?» chiese di rimando lei.
Olly guardò l’ora sul suo orologio da polso e poi rispose a Caroline, dicendole che erano le 17.45 e che era meglio incamminarsi e così fecero.
 
Diciotto in punto e Caroline era sulla soglia di casa. Ce l’aveva fatta ad arrivare in tempo. Non voleva nemmeno immaginare il casino che avrebbe fatto suo padre se fosse arrivata tardi. Oh, meglio non pensarci.
«Sono a casa» urlò Caroline, appendendo sull’appendiabiti il suo cappotto nero.
Si sentì il ticchettio dei tacchi di qualcuno. Il rumore dei passi si faceva sempre più vicino, i tacchi picchiettavano con prepotenza sul pavimento della casa. Quando fu abbastanza vicina, Caroline riuscì a capire chi era, era Mary.
«Carol, ciao» disse sorpresa nel vederla ancora sulla soglia di casa. Caroline si strinse nelle spalle «Ciao Mary. La mamma e papà non ci sono?» chiese giocherellando con il manico della sua borsa.
Mary scosse la testa «Sono andati a fare la spesa, ci siamo solo io e Stein» rispose sorridendole. Caroline annuì poi scusandosi filò in camera sua e si chiuse dentro.
Andò a sedersi alla scrivania e accendendo il suo computer entrò sul suo profilo facebook e trovò una notifica. Era Ulla che l’aveva taggata nella foto che avevano fatto quel pomeriggio e la descrizione era ‘Finalmente di nuovo insieme’ con una faccina sorridente alla fine. Caroline sorrise felice poi le commentò la foto ‘Sì, finalmente’, dopo quello chiuse facebook ed andò su google per trovare qualcosa che potesse andare bene alla professoressa di italiano. Doveva fare una ricerca su Roma.
Iniziò a cercare qualche notizia perché le cose scritte sulla wikipedia le aveva già copiate, «Dannazione, mi sto annoiando» esclamò la ragazza appoggiando la penna sul quaderno.
Si stiracchiò le ossa poi tornò a fare la ricerca. Senza neanche accorgersene aveva iniziato a mangiucchiare il tappo della penna perché si stava davvero annoiando.
«Basta» esclamò esausta, chiudendo il quaderno. Caroline si alzò dalla sedia ed andò a scegliere un cd dal mobile, ne prese uno a caso e lo infilò nello stereo. La musica partì e la voce melodiosa di Lana Del Rey iniziò a riempire la stanza sulle note di Shades Of Cool. Caroline la riteneva una vera artista. L’amava, amava la sua storia, amava la sua voce.
Iniziò a canticchiare mentre si rilassava sul letto. Si mise a fissare il soffitto rosa e intanto cercava di ricordare qualcosa in più della sua vecchia vita.
Incominciò a ricordare Aaron e le suo continue proposte e i suoi continui rifiuti.
«Ho detto no» ribadì Caroline mentre giocherellava con una ciocca della sua coda di cavallo.
Aaron continuava a girarle intorno «Perché? è solo un uscita» ribatté piagnucolando.
Caroline sospirò esasperata «Perché non voglio uscire con te, non sei il mio tipo» disse seria «Quindi ti prego basta e ora scusami ma devo andare in classe» continuò la ragazza poi sventolando la sua coda sparì nella classe di matematica. Aaron rimase li a guardarla mentre pensava ad un modo per convincerla anche se inutilmente.
Caroline tornò al presente con un sorriso divertito sul viso, ora ricordava bene. Ricordava tutte le volte che le aveva chiesto di uscire e tutte le volte in cui lei le aveva detto di no perché lei piaceva un altro, ma chi era quell’altro?

 

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Capitolo 9
*** Da dove vieni? ***


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«Voi sapete chi era il ragazzo che mi piaceva prima che morissi e ritornassi in vita?» chiese Caroline a Ulla, mangiucchiando qualche grissino dato che era l’intervallo.
Ulla ci pensò su, portandosi persino una mano sotto al mento con fare pensoso «Non ci hai mai detto un granché su di lui, nemmeno il nome» rispose scrollando le spalle.
Caroline sospirò guardando negli occhi Ice con fare da cucciolo bastonato «Tu sai qualcosa?» chiese disperata.
«A me ha detto solamente che l’hai incontrato in Transilvania l'inverno scorso, ad una festa in maschera a casa di qualche riccone di lì» rispose Ice sorridendo divertita all’amica.
«In Transilvania? Wow, ballo in maschera? Quindi non gli ho visto il viso o almeno credo, dato che non ricordo nulla» sospirò rassegnata. Non se lo sarebbe ricordato tanto facilmente.
«Dai non fare così, vedrai che prima o poi ricorderai tutto» disse Ice accarezzandola la schiena all’amica.
Caroline sospirò tristemente,  poi si alzò dalla sedia per andare a guardare fuori dalla finestra della classe. Guardò fuori, vide i professori che andavano e venivano dalla scuola, ma poi notò un ragazzo, Jonathan, stava entrando di corsa a scuola con lo zaino sulle spalle.
«Line ci sei?» chiese Ulla avvicinandosi all’amica. Caroline si girò verso di lei e annuì poi si spostò da lì per seguire lei e gli altri fuori dalla classe.
«Ci vediamo dopo» disse Ice, dando un bacio sulla guancia prima ad Ulla e poi a Caroline. Anche Olly salutò le due ragazze poi insieme ad Ice entrarono nella classe di Latino.
Caroline e Ulla avevano Tedesco quindi dovettero salire al piano superiore, dove incontrarono Verona intenta a litigare con il suo armadietto.
«Dannazione apriti» esclamò furiosa tirando il lucchetto.
Caroline e Ulla si avvicinarono a lei «Se non si apre subito, devi dargli una bella botta» la rossa diede un pugno sullo sportello dell’armadietto che si aprì lentamente «Visto, così».
Verona la ringraziò poi salutò con un abbraccio Caroline «Che lezione avete ora?» chiese guardandole entrambe.
«Tedesco, tu?» rispose Caroline sbuffando.
«Anche io, andiamo insieme?»
Le due amiche risposero in coro un bel ‘sì’ ed insieme a Verona entrarono in classe. Ulla si andò a sedere vicino ad una ragazza dai capelli blu, che si chiamava Lana. Caroline riuscì a capirlo solamente perché Ulla urlò il suo nome. Caroline e Verona invece si andarono a sedere infondo alla classe.
«Verona tu da dove vieni? Cioè hai detto che ti sei trasferita, quindi mi chiedevo da dove» chiese imbarazzata Caroline senza neanche riuscire a capire per quale motivo lo era.
Verona le sorrise, «Vengo dalla Transilvania» rispose in modo cortese mentre tirava fuori dallo zaino un quaderno e l’astuccio.
Caroline per poco non si strozzò con la sua stessa saliva. Era della Transilvania? Quindi suo fratello poteva essere il ragazzo che le piaceva? Ma dai, era quasi impossibile con tutte le persone che vivevano li perché proprio lui? Forse perché provava attrazione per Jonathan?
Caroline scosse la testa per uscire dai suoi pensieri e sorridendo a Verona mimò un ‘wow’ con la bocca poi iniziò a tirare fuori il quaderno e due biro. E finalmente la lezione ebbe inizio.
 
 
Ora di pranzo.
Caroline era seduta al solito tavolo con il resto del gruppo, ma quel giorno c’era una persona in più, c’era Verona. Caroline l’aveva presentata a tutti e poi l’aveva fatta accomodare al loro tavolo.
Ulla stava mangiando un pezzo di pizza - una di quelle preconfezionate - quando si soffermò su Verona che non aveva ancora toccato cibo.
«Tu non mangi?»
Verona rise «Non ho molta fame poi mi sono mangiata troppi biscotti nell’intervallo».
Ulla scrollò le spalle e tornò a mangiare la sua adorata pizza anche se quella della sua scuola non era molto buona.
Ice ed Olly invece stavano discutendo con malavoglia sul progetto che dovevano fare per Latino.
«Ehi Line chiama Ice e Olly, c’è qualcuno in casa?» chiese Caroline sventolando una mano davanti ai visi dei due fidanzati.
Ice emise un risolino invece Olly sbuffò «E che non mi va di passare tutto il pomeriggio su quel compito» brontolò seccato il ragazzo.
Ice gli accarezzò i capelli, spostandogli il ciuffo indietro «Beh non pensare solo al compito, pensa che ci sarò anche io a casa tua e magari fra un esercizio e l’altro potremmo fare una pausa…hai capito vero?» glielo sussurrò nell’orecchio per poi morderglielo.
Caroline e Ulla emisero un verso schifato «Fatele a casa vostra ‘ste cose» commentarono disgustate le due ragazze facendo ridere i due diretti interessati. Ice fece a loro la linguaccia per poi tornare a parlare con Olly.
Verona assistette alla scena in silenzio, «Tutto okay?» chiese Caroline facendo scontrare delicatamente la sua spalla contro quella della bionda.
«Sì, siete un bel gruppo di amici» rispose bevendo un sorso di coca cola.
Caroline le sorrise «Sì, è vero. Voglio bene a tutti loro» ribatté guardando i suoi amici che finalmente avevano smesso discutere e si erano messi a mangiare.
Verona avvicinò il suo viso all’orecchio di Caroline e le sussurrò «Sono davvero fortunati» poi si alzò dal loro tavolo e salutandoli educatamente scomparì ancora, come il giorno precedente.

 

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Capitolo 10
*** L'inizio di una bella giornata. ***


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«Perché non posso andare?» sbottò arrabbiata Caroline, fulminando con lo sguardo il padre seduto sulla poltrona.
«Perché ti si potrebbero riaprire le cuciture» ribatté il padre senza nemmeno scomporsi.
Caroline era furiosa, così tanto che diede un pugno sul tavolino di vetro in salotto, facendolo crepare in un angolo, «Sei così ingiusto! Perché non posso passare un pomeriggio con i miei amici?» domandò respirando nervosamente.
Victor sospirò «Caroline, basta! Non ci andrai» disse serio prima di alzarsi per poi sparire dietro alla libreria/passaggio segreto per il suo laboratorio.
Caroline guardò la madre che per tutto il tempo era stata zitta, «Mamma ti prego, è solo un pomeriggio» la scongiurò.
Elizabeth alzò lo sguardo dal suo libro di giardinaggio e annuì «Puoi andare, ma per le 18.00 devi essere a casa» rispose la madre, facendo un cenno con il capo per farle capire che poteva andare. Caroline saltellò sul posto poi dando un bacio sulla guancia alla madre, corse in camera sua a prepararsi.
Optò per un paio di pantaloncini corti di jeans, una maglietta a maniche corte bianca e un paio di all star un po’ sciupate.
Prese una borsa e ci infilò dentro una macchina fotografica, un paio di occhiali da sole e il cellulare poi chiudendosi la porta della camera alla spalle, salutò la madre ed uscì di casa. Il padre era del tutto all’oscuro del fatto che Caroline fosse uscita senza il suo permesso, ma con il consenso della madre ed era meglio che rimanesse così.
 
Caroline appena fu sicura di essere abbastanza lontana dalla sua casa, tirò fuori il cellulare e chiamò Olly per dirgli di passare a prenderla. Non ci mise molto ad arrivare con già a bordo Ulla e Ice.
«Forza, salta su!» esclamò Ulla, aprendole la portiera. Caroline salì subito in macchina e sedendosi al fianco della rossa, scrisse alla madre che erano partiti.
Il tragitto fu abbastanza movimentato, per via della buche e le pozzanghere sul sentiero che avrebbe portato al giardino dei nonni di Olly.
«Mi mancava venire qui con voi, quest’estate ci siamo venuti pochissimo…per forza una andava in vacanza di qua, l’altra di là e poi io che me ne sono stato tutto il tempo a poltrire sul divano» commentò Olly, fermando la macchina sotto a degli alberi.
«Amore se sei un coglione non è colpa mia» disse Ice dandogli un bacio sulla guancia «Te l’avevo chiesto se volevi venire in vacanza con me, hai detto no, quindi non ti lamentare» continuò, uscendo dall’auto. Olly la mandò dolcemente a ‘fanculo poi uscì dalla macchina anche lui.
Caroline uscì dalla macchina insieme ad Ulla; la mora restò ferma a guardare attentamente il giardino dei nonni di Olly. Sulla lato destro del giardino l'erba era alta ed in mezzo si vedevano chiaramente quelle milioni di margherite che la sovrastavano. Al centro c’era un grande gazebo ricoperto di edera e sotto un tavolo di plastica bianca con quattro sedie intorno ad esso. C’era un grande silenzio, ma venne spezzato dal verso degli uccellini e da quello delle galline. In lontananza si vedeva una casetta, di legno lucido ed al suo interno c’erano gli attrezzi di giardinaggio dei nonni di Olly e vicino ad esso c’era un'altalena, mossa appena dalla brezza calda ed infine sul lato sinistro c’era l'orto ed il pollaio. Alle loro spalle invece c’era il canale.
«Wow che bel posto» esclamò Caroline.
Si girarono tutti versi di lei e la fissarono, Caroline alzò le spalle «Non ricordo ancora nulla, scusate» sospirò, appoggiando sull’erba la sua borsa. Ulla di botto iniziò a ridere, senza neanche un perché, «Forza dobbiamo divertici!» esclamò felice poi andò verso la macchina e tirò fuori dal baule quella che doveva essere la scorta di schifezze per un mese, c’erano: caramelle, patatine di ogni tipo, cioccolatini, coca cole, aranciate e anche dei salatini.
«Davvero pensate di mangiare tutta quella roba?» chiese scioccata Caroline, indicando il baule.
Olly e Ice risero «Sta tranquilla che ci riusciremo a finire tutto, forza ora andiamo» disse la bionda, facendo cenno di seguirla.
Quando arrivarono al gazebo, scaricarono la roba sul tavolo e poi sedendosi sulle sedie, iniziarono a parlare di ogni cosa. Caroline ancora non ricordava tutto, ma ascoltando i suoi amici parlare, qualche flashback le ritornava in mente. Come quello che stava raccontando ora Ice: la scelta dell’accompagnatore per il ballo e il problemi capelli di Ulla.
«Io non ci vengo a quel dannato ballo» esclamò Caroline camminando avanti ed indietro nella stanza di Ice. Ice se ne stava sdraiata tranquillamente sul letto mentre assisteva alla scenata dell’amica.
«Non ho nessuno con cui andare e da sola non ci vado» ribadì la mora.
Ice sospirò, «Basta che ti trovi qualcuno, magari Frank, l’amico di Olly» disse la bionda, alzando le spalle.
Caroline sbuffò buttandosi sul letto dell’amica, facendo cigolare le molle sotto al loro peso.
«Non lo so, magari l’ha già chiesto a qualcuno» dichiarò Caroline, sospirando.
«No...Olly mi ha detto che è libero e poi si sa che ha una cotta per te» affermò Ice, giocherellando con un ciocca bionda dei suoi capelli.
Caroline rise divertita «E io solo l’unica che non lo sapeva» ribatté.
Di colpo sentirono bussare alla porta poi entrò Ulla con un berretto nero in testa, «Ragazze ho fatto un danno» esclamò distrutta.
«Cosa hai combinato?» chiesero in coro le due ragazze.
Ursula fece un profondo respiro poi si tolse il berretto, mostrando una chioma di capelli che da rossa era diventata rosa.
«Oddio!» esclamarono ancora per poi scoppiare in una sonora risata. Ulla mise il broncio e buttandosi sulle sue amiche, urlò che erano due stronze.
«Che stronze! Poi non la piantavate di ridere» esclamò Ulla, lasciando una caramella gommosa contro Ice che scoppiò a ridere insieme a Caroline.

 

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Capitolo 11
*** Una bellissima giornata. ***


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Il caldo soffocante stava facendo scendere una marea di goccioline di sudore lungo la fronte, le tempie e persino negli occhi di Caroline. Continuava a pulirsi la fronte con il dorso della mano ma tornava ad essere zuppa di sudore pochi secondi dopo. Quel dannato caldo le faceva mancare il respiro, più volte dovette sedersi sulla sua seggiola - che si era portata dietro dal gazebo- perché la testa le girava vorticosamente e la vista le si appannava. Beveva in continuazione come anche il resto del gruppo, ma si stava divertendo. Era bello passare una giornata - fuori dalle mura scolastiche - con i suoi amici.
Ulla e Olly avevano tutti i pantaloni sporchi di terra e le mani sembravano essere appena uscite dal sotto suolo, talmente erano infangate. Ice invece era corsa verso la sponda del canale con un secchiello che riempi di acqua; appena fu pieno fino all’orlo corse faticosamente verso di loro e rovesciò tutto il contenuto su Caroline, bagnandola tutta. Era zuppa, i vestiti erano completamente bagnati, i capelli le si erano attaccati alla fronte come anche gli abiti al corpo e stava letteralmente sclerando contro Ice che rideva divertita.
«Sei pazza! Oddio mio padre mi ammazza» esclamò Caroline spostandosi indietro i capelli, così da scoprire il viso.
«Dai che quando tornerai a casa, sarai asciutta» ribatté Ice ridendo.
Caroline la fulminò con lo sguardo poi prendendole il secchiello dalle mani, sì avvicinò al canale per riempirlo. Quando tornò scaraventò il contenuto contro Ice che stava correndo verso gli altri. L’acqua prese in pieno i tre ragazzi che urlarono per la sorpresa. Caroline scoppiò a ridere e continuava a ripetere che se lo meritavano.
Per tutto il pomeriggio non fecero altro che giocare con l’acqua e la terra. Quando arrivò l’ora di tornare a casa, erano completamente sporchi e bagnati, così dovettero cambiarsi lì perché conciati in quel modo non potevano salire sulla macchina.
Caroline che non si era portata dietro il cambio, così usò una maglia di Ulla e un paio di pantaloncini di Ice. Le cuciture si vedevano benissimo in quel momento, erano tutte scoperte. Quelle sulle braccia e anche quelle sulle gambe.
«Forza muovetevi» urlò Olly dalla macchina. Ovviamente lui ci aveva messo pochissimo a cambiarsi.
Ice alzò il dito medio e urlò un ‘vaffanculo’ per poi tornare a vestirsi. Ulla rise «Vi amate proprio eh?» domandò divertita.
«Certo che ci amiamo, ogni tanto ci scanniamo, ma alla fine è amore» rispose Ice facendosi una cosa disordinata.
Appena finirono di vestirsi, uscirono dal giardino e salirono sulla macchina di Olly. Diedero tutti un’ultima occhiata al giardino con l’intento di ritornarci presto poi Olly fece partire la macchina e si avviarono verso casa.
 
Caroline si era fatta lasciare a qualche isolato più indietro per non far destare sospetti al padre. Magari sentiva il rumore della macchina entrare nel vialetto e allora capiva che era uscita senza il suo consenso.
Stava camminando tranquillamente sul marciapiede, illuminata dalle luci del lampioni. Le scarpe erano ancora zuppe e la borsa pesava perché aveva dentro anche i vestiti bagnati. Camminava lentamente perché non aveva voglia di correre per arrivare a casa e anche perché era stanca.
Non si era nemmeno accorta che qualcuno la stava seguendo, fin quando non si sentì toccare la spalla, sobbalzò spaventata poi si girò e si trovò davanti Jonathan.
«Jonathan, mi hai spaventata» esclamò la ragazza portandosi una mano sul cuore.
Jonathan si grattò la nuca imbarazzato «Scusa, non volevo spaventarsi, è solo che ti ho vista da sola e ho pensato di raggiungerti» si scusò.
Caroline sorrise «Scuse accettate. Mi sono fatta lasciare qualche isolato prima perché mio padre non sa che sono uscita, mia madre si, ma lui no, quindi…»
Jonathan rise, mostrando così una fossetta sulla guancia sinistra «Ti capisco, anche i miei non sanno che sono uscito» disse scrollando le spalle.
«Wow, che ribelli che siamo. A proposito tu dove abiti?» chiese Caroline, ricominciando a camminare seguita da Jonathan.
Il ragazzo rise passandosi una mano fra i capelli «Al castello dei Dracul nei boschi» rispose, indicando il castello illuminato fra la boscaglia, dietro a casa sua.
«Abitiamo vicini allora» ribatté Caroline, indicando l’enorme villa infondo al vialetto su cui si erano appena fermati.
«Bene, allora ci vedremo in giro oltre che a scuola. Ciao Caroline» disse Jonathan dandole un bacio sulla guancia per poi prendere il sentiero al fianco del vialetto di casa Frankenstein.
Caroline rimase ferma sul posto, praticamente congelata con il cuore che le batteva all’impazzita. Jonathan le aveva dato un bacio sulla guancia. Caroline scosse la testa poi si mise a correre verso casa, finalmente felice.

 

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Capitolo 12
*** Il primo bacio. ***


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Caroline quella mattina era uscita di casa molto presto per poter fare una corsetta, prima di tornare a casa e annoiarsi a morte. Perché? perché suo padre l’aveva scoperta e l’aveva messa in castigo anche se la madre le aveva dato il permesso di uscire. E per di più era sabato e i suoi amici volevano fare un giro in centro, ma purtroppo lei non sarebbe potuta andare.
Stava accelerando il passo, sentiva i muscoli delle gambe farle male e il respiro diventare sempre più affannoso. Il cuore le batteva all’impazzata, sembrava essere sul punto di uscire dal petto. Dovette fermarsi per poter riprendere fiato e per far regolarizzare il battito cardiaco. Quando fu sul punto di ripartire, qualcuno da dietro le sue spalle la chiamò, era Jonathan che correva verso di lei.
«Buongiorno vicina» esordì il ragazzo con il fiatone.
«Buongiorno vicino, anche tu una corsetta mattutina?» chiese Caroline, iniziando a camminare invece che correre.
Jonathan si mise al suo fianco «Sì, anche perché a pranzo ci sarà tutto la mia famiglia, i miei zii sono appena arrivata dalla Transilvania» rispose, asciugandosi la fronte con l’asciugamano che aveva intorno al collo.
«Io invece sono ufficialmente in castigo, mio padre mi ha scoperta» disse sbuffando Caroline. Jonathan rise «Complimenti».
Caroline gli diede una leggere spallata poi scoppiò a ridere «Così adesso mi tocca stare tutto il giorno a casa, mentre i miei migliori amici si vanno a divertire» continuò mettendo il broncio. «Povera bimba» disse serio Jonathan per poi iniziare ridere.
«Comunque io so chi sei veramente» disse con voce profonda Jonathan.
Caroline girò di scatto la testa verso di lui e lo guardò in modo interrogativo «Come, scusa?» chiese.
«Tu sei la figlia di Frankenstein, Victor Frankestein colui che è riuscito a riportare in vita due persone, tu e la creatura» rispose con chiarezza il ragazzo.
Caroline accelerò il passo, voleva scappare, ma la grande mano di Jonathan posata con velocità sulla sua spalla, la fermò.
«Aspetta…io so chi sei perché i nostri genitori si odiano» dichiarò Jonathan.
Caroline lo guardò non capendo «Perché si odiano?»
«Perché mio padre ha rubato a tuo padre un esperimento»
«Quale esperimento?»
«Quello per poter uscire alla luce del sole. Caroline, io sono il figlio di Dracula, il conte Dracula» concluse il ragazzo, facendo sgranare gli occhi a Caroline.
«Tu il figlio di Dracula? Un vampiro?» chiese ridendo nervosamente.
«Sì.» rispose guardandola dritta negli occhi, «Hai paura?» chiese a bassa voce, avvicinandosi a lei.
Caroline scosse la testa «No. Posso farti una domanda?» domandò a sua volta lei. Jonathan annuì serio. «Eri tu il ragazzo che ho incontrato in Transilvania?»
«Sì, ero io, ma appena tuo padre ha scoperto che anche i Dracul erano alla festa, vi ha portato via» raccontò il ragazzo passandosi una mano fra i capelli umidicci.
Caroline annuì rattristata «Non ci posso credere. Jonathan tu mi piaci e non voglio che i nostri genitori si mettino ancora in mezzo» esordì lei, mettendosi davanti a Jonathan.
Il ragazzo le prese il viso fra le mani «Anche tu mi piace e ti prometto che non accadrà» concluse lui poi lentamente appoggiò le sue labbra su quelle di Caroline, in un leggero bacio. Il primo bacio di Caroline. Si staccarono poco dopo, entrambi erano imbarazzati, Caroline aveva anche le guancia arrossate, infatti andò a coprirsele con le mani.
Jonathan sorrise «Carol ti va se più tardi vengo da te? Cioè entrando dalla finestra della tua stanza» chiese imbarazzato. Caroline annuì «Certamente, a più tardi» disse svelta la ragazza per poi correre dalla parte da cui era arrivata.
Jonathan sorrise divertito poi si mise a correre anche lui, raggiungendo la ragazza in poco tempo «Guarda che io sono veloce» disse ridendo.
Caroline gli fece la linguaccia poi svoltò l’angolo e si ritrovarono davanti al vialetto della villa Frankenstein e al sentiero per il castello Dracul.
«Ci vediamo dopo allora» disse Jonathan, dando un bacio sulla guancia a Caroline come il giorno prima. Caroline sorrise poi si avviò verso casa.
 
Quando entrò in casa, sua madre le chiese com’era andata la corsa, le rispose che era stata stancante e che andava a farsi una doccia. Elizabeth la lasciò andare senza fare altre domande.
Nel tragitto dall’entrata di casa alla sua camera da letto, incontrò tutta la sua famiglia. Prima il padre che le chiese come stava e lei gli rispose con un grugnito anche perché era arrabbiata con lui. Il secondo fu Stein che la prese in giro perché secondo lui ‘puzza di morte’ e la terza fu Mary che si scusò per il comportamento di suo marito. Non fece molto caso a Stein e a Mary, anche perché era ancora frastornata dal bacio con Jonathan. Caroline camminò velocemente su per le scale per poi sparire nella sua stanza. Entrò in bagno e svestendosi velocemente, si infilò nella doccia. L’acqua gelata la colpì in pieno, Caroline urlò dallo spavento poi svelta girò la manopola verso quella calda e si rilassò sotto al suo getto.
Non seppe quanto tempo stette sotto alla doccia anche perché stava bene sotto al getto caldo. Si stava rilassando e non aveva alcuna voglia di uscire da lì o dalla sua stanza per litigare - quasi sicuramente - o con Stein o con suo padre.
«Caroline sei sotto alla doccia?» chiese una voce da fuori, quella voce. Jonathan era in camera sua.

 

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Capitolo 13
*** Con Jonathan. ***


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Caroline si avvolse velocemente nell’asciugamano poi con uno più piccolo si raccolse i capelli formando un turbante, «Sì, mi vesto e arrivo» rispose appoggiandosi contro alla porta. Appena dall’altra parte sentì un sì, iniziò a vestirsi. Indossò una maglietta nera con su un teschio e un paio di shorts bianchi. Guardandosi allo specchio, si tolse l’asciugamano dalla testa ed iniziò a spazzolarsi i capelli corvini poi appena finì, uscì dal bagno. Trovò Jonathan sdraiato sul suo letto che le sorrideva.
«Ciao» disse timidamente la ragazza.
«Ciao» ribatté Jonathan, tirandosi su e mettendosi dritto sul letto di Caroline.
Caroline camminando lentamente, si andò a sedere al fianco di Jonathan, «Non pensavo che il più tardi implicasse neanche mezz’ora» commentò ridendo.
Jonathan iniziò a ridere «Non mi andava di stare a casa. Non mi andava di subirmi mia madre e mia sorella che si preparavano per il pranzo e così ho pensato di venire qui» spiegò, grattandosi la nuca imbarazzato.
Caroline sorrise poi appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo «Certo che sei proprio gelato» commentò divertita la ragazza.
«Certo che sei proprio bagnata» ribatté Jonathan scrollando le spalle. Caroline alzò di scatto la testa e si scusò per avergli bagnato la spalla, ma lui incominciò a ridere dicendo che non era niente.
«Allora carcerata che ti va di fare?» domandò Jonathan, allungando una mano per afferrare il polso di Caroline e attirarla a sé.
Caroline si accoccolò sul petto di Jonathan stringendo fra le mani la sua maglietta bianca, «Non lo so, potremmo vedere un film?» provò a chiedere lei.
«Horror?»
«Horror»
Caroline si staccò da lui per avvicinarsi al mobile dove teneva i cd di musica, libri e anche i dvd e prese L'evocazione - The Conjuring poi lo mise nel lettore dvd, facendolo partire.
Caroline tornò da Jonathan e spostandosi al centro del letto, si rimise nella posizione di prima, solamente che questa volta il ragazzo le aveva cinto, stringendola di più a sé.
«Bella scelta, amo questo film» commentò Jonathan, cliccando play dal telecomando. Caroline gli sorrise accoccolandosi ancora di più a lui.
Il film partì e per tutto il tempo i due stettero in silenzio, solamente in qualche scena Caroline parlava, più che altro emetteva degli urletti di paura e nascondeva il viso nel petto di Jonathan che ogni volta rideva.
Quando il film finì, Caroline si staccò di poco da Jonathan e accesa la lampada che aveva sul comodino per fare un po’ di luce, intanto lui andò a spegnere il lettore dvd.
«Non mi stancherò mai di vedere e rivedere ‘sto film» disse Jonathan stiracchiandosi le braccia. Caroline annuì, rimettendo il dvd nel mobile «Anche io, ma so che ogni volta morirò dallo spavento» disse imbarazzata.
Jonathan avvicinandosi a lei, l’abbracciò da dietro e poi gli lasciò un leggero bacio sul collo, «Vuoi mordermi?» chiese divertita Caroline.
«No, voglio baciarti» rispose Jonathan, girandola e  facendo congiungere di nuovo le sue labbra con quelle di lei. Jonathan alzò lentamente il braccio e con la mano le accarezzò la guancia destra. Chiusero entrambi gli occhi per assaporare al meglio il loro bacio. Dopo svariati minuti Jonathan si staccò dalla labbra di Caroline e appoggiò la sua fronte contro quella di lei poi iniziarono a riprendere fiato.
«Wow» commentò Caroline a corto di fiato.
«Lo so» ribatté Jonathan, sorridendole.
Di colpo qualcuno bussò alla porta, Jonathan si staccò subito da Caroline e andò a nascondersi in bagno.
«Chi è?» chiese la mora.
«Sono Mary, posso entrare?» domandò a sua volta la sua cognata da fuori.
Caroline sospirò poi girando il capo verso il letto, cercò di metterlo un po’ in ordine poi diede il consenso a Mary di entrare.
«Ciao Carol. I tuoi mi hanno chiesto se volevi andare con loro a fare la spesa, vuoi?» chiese Mary, guardandosi in giro.
Beh non era molto in ordine la camera di Caroline anche perché doveva ancora finire di riordinarla, quindi capiva il suo sguardo da ‘oh mio dio che disastro’.
«No, non ho voglia, ma grazie» rispose annoiata. Mary annuì poi uscì dalla sua camera, chiudendosi la porta alle spalle.
Jonathan riapparve alle sue spalle facendola sobbalzare. «Non farlo mai più, ho perso dieci anni di vita» disse Caroline portandosi una mano al petto.
«Scusa e che mi piace spaventarti» ribatté Jonathan ridendo.
Caroline lo fulminò con lo sguardo poi prenderlo per un braccio, lo buttò sul letto ma lui essendo più forte di lei, riuscì a portarsela dietro. Caddero entrambi sul letto, si guardarono negli occhi poi scoppiarono a ridere felici.

 

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Capitolo 14
*** Verona e Pizza. ***


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«So che tu e mia sorella andate molto d’accordo» disse Jonathan, accarezzando una guancia di Caroline.
«Sì, è una ragazza così dolce» esclamò Caroline sorridendo dolcemente.
Caroline e Verona si stavano dirigendo verso il centro commerciale più vicino alla scuola. Stavano parlando dei ragazzi della scuola, soprattutto di quello stronzo di Aaron, «Sì, guarda è un coglione! Ieri mi ha persino palpato il culo» raccontò Verona, entrando nel centro commerciale, seguita da Caroline.
Caroline fece un verso disgustato «Che pezzo di merda. Sai che ce l’ha con me solamente perché gli avrò detto almeno un centinaio di volte che non voglio uscire con lui» spiegò lei gesticolando con le mani.
Verona scosse la testa «E’ così stupido, così infantile» commentò la bionda, entrando dentro ad negozio ai lato della navata. Caroline annuì poi si avvicinò ad lato del negozio dove c’erano abiti di ogni genere, da lungo a corto, da colorato a nero o bianco, con le pailettes o senza, a balze o a tubino. Cosa che fece illuminare gli occhi ad entrambe le ragazze. Una cosa che Caroline aveva ricordato quasi subito era quanto amasse lo shopping.
«Voglio provare questo» esclamò Verona, scegliendo un vestito lungo fin sopra al ginocchio, azzurro e a pieghe.
Caroline invece come primo vestito da provare scelse un vestito senza spalline a pois in bianco e nero «Ed io questo» ribatté poi entrarono entrambe nei camerini.
Caroline iniziò a sfilarsi la maglietta che indossava, facendo attenzione alle sue cuciture poi passò alle sue all star rosa ed infine ai pantaloni neri. Quando fu in intimo, sfilò il vestito dall’appendino e lo indossò. Le stava davvero bene, anche se le sue gambe e le sue braccia ricucite si notavano ancora parecchio.
Uscì dal suo camerino e prendendo un paio di stivaletti bassi, neri e borchiati che aveva adocchiato prima e l’indossò. I tacchi le stavano a pennello.
«Verona sei pronta?» chiese Caroline, bussando sul pannello di legno che divideva lei dalla sua amica.
«Sì, sto indossando i tacchi, un attimo» rispose, saltando fuori dal camerino.
Verona era un incanto, il vestito che aveva scelto le stava benissimo. La pelle pallida risaltava ancora di più. A differenza di Caroline, Verona, aveva scelto un paio di tacchi azzurri.
«Sei favolosa» esclamò Caroline sorridendo.
«Anche tu» ribatté Verona, mettendosi al fianco della sua amica e guardandosi nello specchio che c’era nel camerino.
«Ora manca solamente la borsa» disse Verona, facendo un giro su se stessa. Caroline annuì poi rientrarono nei loro camerini per cambiarsi di nuovo. Prossima cosa da comprare: la borsa. Caroline la scelse rosa, invece Verona azzurra, da abbinare al vestito e ai tacchi.
Uscirono da lì per andare a fare un altro giro, in un altro negozio poi stanche per il troppo sfrenato shopping, si fermarono a prendere un frappé.
«Wow, che stanca» esclamò Caroline, stravaccandosi sulla sedia del bar. Le borse erano state messe sopra le restanti sedie.
«Sì, davvero» ribatté Verona sospirando, «Ora ci vorrebbe un buon frappé» esclamò battendo le mani poi chiamò la cameriera per l’ordinazione.
«Jonathan chiama Caroline, ci sei ancora?» chiese Jonathan riportandola al presente.
Caroline arrossì, «Sì, scusami, stavo pensando a una cosa» rispose imbarazzata.
Jonathan sorrise e tirando verso di sé, la fece accoccolare sul suo petto e stettero lì sul letto, stretti in un abbraccio, fin quando il cellulare di Jonathan squillò. Era la madre che lo chiamava per dirgli che erano arrivati i suoi zii, così salutando con un leggero bacio Caroline, saltò giù dalla finestra e sparì fra la boscaglia, dietro casa sua.
Caroline si buttò di peso sul letto e abbracciò un cuscino, ripensando a quello che era successo quella mattina. Jonathan era dolcissimo e a lei piaceva davvero tanto.
I pensieri di Caroline vennero interrotti dall’incessante rumore al piano inferiore, qualcuno stava bussando alla porta d’ingresso.
«Oddio, un attimo» sbraitò Caroline, correndo giù per le scale.
Continuavano a battere contro alla porta d’ingresso, non volevano smettere «Basta, arrivo» urlò ancora la ragazza.
Aprì la porta di casa e si ritrovò davanti Olly, Ice e Ulla. Il ragazzo stava tenendo in mano una scatola contenete una enorme pizza, «Possiamo entrare?» chiese Olly sorridendole, così facendo mostrò le sue adorabili fossette.
«Sì, ma non serviva buttar giù la porta eh» rispose Caroline, dando un colpetto sulla spalla ad Olly. Olly sbuffò «In verità era Ice che batteva alla porta, non io» disse, varcando la soglia di casa Frankenstein.
«Ice, ti aveva sentita al primo colpo sai?» domandò divertita Caroline. Ice arrossì di botto poi mimò un ‘scusa’ ed entrò in casa seguita da Ulla.
«Dai che adesso ti facciamo divertire. Anche se sei in punizione non significa che non ti puoi divertirti con i tuoi amici» disse Ice, abbracciando l’amica.
«Bene, tutti in camera mia» urlò Caroline incominciando a correre, rincorsa da Ulla e Ice. Olly invece camminava tranquillamente tenendo ben salda la pizza. Si prosperava un pomeriggio divertente.



Quello che hanno comprato:
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Quello che Caroline indossava:
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Capitolo 15
*** Parlando del homecoming e facebook. ***


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Caroline stava masticando la sua fetta di pizza mentre ascoltava i discorsi sulla moda di Ice. Il povero Olly non ne poteva più di sentir parlare di gonne, lustrini, tacchi e borse.
«Amore, ti prego basta» esclamò snervato.
Ice lo fulminò con lo sguardo «Perché? Tra una settimana ci sarà l’homecoming e dobbiamo ancora decidere molte cose» ribadì la ragazza.
Olly sospirò rassegnato, buttandosi sul letto di Caroline e coprendosi la testa con il cuscino «Che palle» esclamò annoiato.
Ulla rise mentre scuoteva la testa «Dai Ice, fai una pausa. Ad Olly sta uscendo il fumo della testa» disse scrollando le spalle.
Ice annuì poi incrociò le braccia al petto e fissò il suo ragazzo spostare il cuscino da davanti la sua faccia per poi metterselo dietro alla testa.
«Grazie Ulla» la ringraziò, sorridendole.
Ogni anno, intorno a settembre \ ottobre, la scuola organizzava un ballo che era preceduto da un football game al quale erano invitati tutti gli studenti, i professori, i genitori, ma soprattutto gli ex alunni della scuola ormai adulti che ritornavano a scuola per guardare la partita di football con le loro famiglie.
La settimana dell’Homecoming era una settimana particolare (come aveva detto Ice), durante la quale ogni giorno era rappresentato da un colore o uno stile nel vestire e tutti gli alunni vestono a seconda del tema.
«Un’ultima cosa e poi la smetto» disse seria Ice, guardando attentamente il suo ragazzo per poi spostare lo sguardo sulle sue amiche.
«I temi della settimana di quest’anno sono: il primo giorno i colori fluo; il secondo giorno il rosa; il terzo giorno i ‘twins’ (dove ogni studente sceglie una persona e si vestono nello stesso modo, possibilmente con cose particolari); il quarto giorno anni ’60 e il quinto ed ultimo ‘blue’ (ognuno indossa qualcosa di blu)» le elencò Ice, contandole con le dita.
«Oddio! Rosa? Per l’amor di Dio, no!» esclamò disgustata Caroline.
Ice la guardò scioccata «Il rosa è un colore meraviglioso» disse portandosi una mano sul petto. Caroline sbuffò poi tornò a mangiarsi la pizza. Ulla iniziò a sbuffare «Ci toccherà davvero indossare qualcosa rosa?» domandò.
«Ma come fate ad odiare il rosa» sbraitò Ice alzando le braccia in aria.
Ulla e Caroline risero, mentre Olly scuoteva la testa «Io non metterò nulla di rosa, giusto? E’ solo per le ragazze il rosa?» chiese mettendosi seduto sul letto della mora.
Ice annuì «Il rosa è per le ragazze, i ragazzi hanno il rosso» rispose stringendosi nelle spalle per poi sorridere al suo fidanzato.
«Line chi sarà la tua twin?» domandò Ulla guardando l’amica.
«Penso di chiederlo a Verona» rispose sorridendo dolcemente a Ulla, «La tua invece è Ice, vero?» chiese lei.
«Sì» urlò Ice, buttandosi addosso a Ulla che urlò per lo spavento. Ice iniziò a fare il solletico ad Ulla che urlava come una pazza. Dopo vari scongiuramenti, Ice smise di farle il solletico.
«Bene, ora guardiamoci un film e per favore non parlate più di ‘sto ballo» disse esasperato Olly, accendendo la tv. Ice gli diede una leggera gomitata nello stomaco poi si accoccolò su di lui, come se non fosse successo niente.
 
Caroline era rimasta da sola, i suoi amici se n’erano andati da poco e la sua famiglia non era ancora tornata. Si erano per caso persi nel supermercato? Oppure erano stati rapiti dagli alieni?
Caroline sospirò stancamente per poi accendere il suo portatile ed entrare sul suo profilo facebook. Aveva una richiesta d’amicizia. La controllò, era Verona. L’accettò subito e poi le scrisse in posta.
Ciao Vero, volevo chiederti se per la settimana del homecoming volevi diventare la mia twin? Non so a chi altro chiedere e di beccarmi una stupida sfuriata dalla organizzatrice (Lola, la capo cheerleader) non mi va proprio…quindi fammi sapere.
Baci, Caroline.
Non fece in tempo ad aggiornare la pagina che Verona le rispose, andò a controllare la risposta e sorrise nel vederla.
Ciao Carol, per me va benissimo. Che dobbiamo indossare? Qualcosa di nero, spero haha. Oddio, ho letto ora che dovremo vestirci tutte di rosa? Vogliono dei cloni barbie per caso? Lol
Baci, Verona.
Caroline rispose subito alle sue domande e mentre lo faceva, sorrideva guardando lo schermo.
Già, il rosa bleah! Martedì saremo tutte le barbie rosa che Lola ha sempre desiderato…Per me va benissimo il nero, dobbiamo solo metterci d’accordo per cosa indossare. Ci vediamo domani? Puoi venire da me?
Caroline girò la testa verso il suo armadio e pregò di avere almeno una cosa rosa. Non le andava di vestirsi così, ma non voleva che Lola le urlasse contro perché non indossava nulla di quel colore. Quando girò il capo verso il portatile, notò la notifica del messaggio di posta. Lo lesse.
Certo, vengo domani verso le 16.00. Ora vado, baci.
Sorrise poi le rispose che andava bene e che si sarebbero viste domani. Caroline era sul punto di uscire da facebook quando un’altra notifica la fece fermare. Un’altra richiesta d’amicizia: Jonathan.

 

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Capitolo 16
*** Qualche messaggio e la bella addormentata nella serra. ***


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Accettò immediatamente l’amicizia di Jonathan e iniziarono a scriversi in posta. Caroline gli chiese com’era andato il ‘pranzo’, lui gli aveva risposto che si era annoiato a morte e che le mancava.
Caroline gli disse che domani pomeriggio si sarebbe vista con Verona per scegliere i vestiti per l’homecoming. Jonathan gli chiese il numero di cellulare così da potersi sentire anche fuori da facebook. Caroline accettò subito e glielo diede.
 
A: Jonathan
Andrai al homecoming con qualcuno?
 
Da: Jonathan
No e tu?
 
A: Jonathan
No…nessuno mi ha invitata :(
 
Da: Jonathan
E io chi sono? Haha. Vorresti venire al ballo con me?
 
A: Jonathan
Si, certamente.
 
Da: Jonathan
Bene! Ora devo andare, ci sentiamo dopo. Ciao piccola :)
 
A: Jonathan
Ciao vampiro :)
 
Caroline diede un’ultima occhiata ai messaggi poi bloccò lo schermo e buttò il cellulare sul cuscino. Caroline continuava a camminare avanti ed indietro per la stanza, non sapeva cosa fare in quel momento. I suoi non erano ancora arrivati e lei aveva fame (anche se si era mangiata quasi tutta la pizza lei), così decise di scendere in cucina a prepararsi qualcosa da mangiare.
Prese due fette di pane bianco, il prosciutto e la maionese. Mise un po’ di maionese sulla prima fetta di pane, una fetta di prosciutto, un altro po’ di maionese ed infine altre due fette di prosciutto. Coprì il tutto con l’altra fetta di pane e poi soddisfatta se lo portò alla bocca e ne diede un morso.
Uscì dalla cucina e senza nemmeno saper dove andare, si ritrovò nella serra della madre. C’erano moltissime rose, anzi c’erano solo rose, di ogni colore, persino nere. Caroline ne rimase esterrefatta, era bellissimo e il profumo inebriante delle rose era così buono da non sembrare nemmeno terreno.
Si avvicinò ad una rosa e la sfiorò con le dita, era vellutata poi passò a sfiorare le foglie che erano ruvide. Infine toccò il gambo spinoso, bucandosi anche un dito ma non ci fece molto caso. Si allontanò da li e andò a sedersi su una panchina verde al centro della serra, vicino ad un laghetto artificiale.
Stette lì per un bel po’ di tempo, immersa nel profumo delle rose. Si stava rilassando, infatti si addormentò sulla panchina.
 
«Carolineee! Carolineee!» urlò una voce femminile, la voce di Elizabeth. Caroline si svegliò di colpo, scattando immediatamente in piedi. Si guardò in giro e poi ricordò di essere venuta lì e di essersi rilassata così tanto da addormentarsi. Diede un’ultima occhiata alla serra poi uscì di corsa.
«Mamma sono qui» strillò Caroline correndo verso la cucina.
Elizabeth sbucò dalla cucina e abbracciò di slancio la figlia «Ma dov’eri? Mi sono spaventata tantissimo» lo disse cercando di sembrare arrabbiata ma si capiva benissimo che era solo spaventata.
«Ero nella serra. Mi sono addormentata lì» rispose Caroline staccandosi dalla madre.
Elizabeth le sorrise «Ti piace?» domandò accarezzandole una guancia.
Caroline annuì timidamente «E’ bellissimo e il profumo delle rose è inebriante» rispose, sporgendosi verso destra per vedere dietro alle spalle della madre, il padre arrivare con in mano qualcosa di tecnologico.
«Caroline, ciao» sembrava essere sorpreso di trovarla lì, «Abbiamo fatto un po’ di spesa e comprato dei nuovi giocattoli per me» per ‘giocattoli’ intendeva qualche oggetto tecnologico da esaminare nel suo laboratorio.
Caroline annuì, accennando un sorriso «Io vado in camera, ciao» disse svelta per poi correre su per le scale e chiudersi in camera sua.
 
Quando fu dentro la sua camera, si buttò sul letto e controllò il cellulare per vedere se ci fossero stati messaggi. Infatti fu così: due da Ulla e uno da Jonathan.
Lesse per prima quelli di Ulla.
 
Da: Ulla
Ciao bambola voodoo, come va?
 
Senti so che non puoi uscire, ma mi chiedevo se potevi uscire di nascosto e venire alla mia festa domani sera? Finalmente i miei genitori mi fanno fare una festa e vorrei che la mia migliore amica ci fosse.  Quindi ti prego, rispondi.
X Ulla
 
A: Ulla
Ciao Ulla la bulla, va tutto bene. Scusa se ti rispondo ora ma mi ero addormentata nella serra di mamma lol
Comunqueee penso di venire, anzi no, verrò sicuramente. Non posso perdere la prima festa della mia Ulla.
X Line
 
Caroline sorrise poi passò al messaggio di Jonathan.
 
Da: Jonathan
Piccola, stasera posso venire da te e rapirti?
 
A: Jonathan
Ma mi volete tutti? Prima Ulla, ora tu haha. Comunque va bene, ma stai attento e non farti vedere dai miei.
 
Da: Jonathan
Non mi sentiranno e vedranno nemmeno ;)
Ci vediamo dopo, ciao amore mio
 
A: Jonathan
Ciao amore :)
 
Il sorriso di Caroline si allargò ancora di più, l’aveva chiamata piccola e amore mio. Stava tremando per l’emozione.
«Carol stai bene?» domandò Mary che si trovava sulla soglia della sua stanza.
Caroline arrossì di botto «Si, tutto okay, è Ulla che mi ha scritto» rispose scrollando le spalle.
Mary annuì sorridendole «La cena è pronta. E’ meglio se scendi» disse facendole un cenno con la testa come per dire di seguirla. Caroline si alzò dal letto e insieme alla sua cognata, scesero le scale per andare a cena.

 

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Capitolo 17
*** Un pomeriggio con Verona. ***


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«Domani verso le quattro viene una mia amica perché dobbiamo discutere dell’homecoming» disse Caroline, inforchettando un pezzetto di petto di pollo, fatto alla piastra.
«Finalmente hanno fatto partire la settimana dell’homecoming» commentò la madre, sorseggiando un bicchiere di vino rosso.
«Sì, quindi mi chiedevo se domani dalle tre e mezza alla sei, mi potreste lasciare la casa libera» provò a chiedere facendo gli occhi dolci alla madre.
Elizabeth sorrise alla figlia «Va bene, ma alle sei noi saremo a casa, quindi se non avrete finito per quell’ora, io non potrò farci niente» disse autoritaria la donna.
Caroline annuì sorridente mentre ringraziava la madre. Non voleva spiegare chi fosse la sua amica perché magari dicendo il suo nome e il suo cognome, i suoi genitori avrebbero capito qualcosa. Ma Stein rompeva sempre le balle.
«Oh andiamo…almeno il nome! Non è che un ragazzo che deve venire e stai inventando questa scusa per stare da sola con lui?» domandò Stein alzando le sopracciglia.
Caroline rise di gusto «No, è una mia amica per davvero e comunque si chiama Verona» disse svelta la ragazza, sperando che i suoi genitori non avessero capito.
«Verona…ho già sentito questo nome» disse il padre, grattandosi in mento.
Caroline iniziò a sudare freddo «Beh…Verona è anche il nome di una città italiana» spiegò la ragazza, guardando attentamente il padre.
«Oh, giusto» ribatté ridendo.
 
Caroline stava tirando fuori dall’armadio un paio di abiti che lei e Verona avrebbero potuto indossare per l’homecoming.
Il suono del citofono di casa la fece fermare. Verona era arrivata. Buttò l’ultimo straccio sul letto poi uscendo velocemente dalla camera, corse giù dalle scale ed andò ad aprire la porta.
«Ciao tesoro» salutò Verona, varcando la soglia di casa Frankenstein con due borse piene di abiti.
«Ciao…Wow quanta roba» commentò Caroline, indicando le borse di lei. Verona scrollò le spalle «E’ il mio primo homecoming, devo essere perfetta» aggiunse.
«Bene, allora andiamo» disse Caroline, prendendo per un polso la sua amica e trascinandola nella sua camera.
 
«Secondo me dovremmo vestirci così» esordì Verona indicandosi. Indossava un maglietta con le maniche a tre quarti, nere con delle stelle bianche e i pantaloni dello stesso colore, strappati sulle ginocchia e sulle cose. In quel momento portava un paio di all star nere e ai polsi due bracciali di pelle nera con delle stelle attaccate.
«Sì, mi piace» commentò Caroline, guardando attentamente l’amica che a sua volta si esaminava per bene allo specchio.
«Bene, abbiamo scelto come ci vestiremo per la giornata ‘twins’, ora ci tocca trovare qualcosa per il resto della settimana. Tu hai qualcosa di fluo e rosa?» domandò Caroline storcendo di poco il naso.
Verona rise nel vedere la faccia della sua amica, «Si, ho questa maglietta rosa e questi pantaloni fluo» disse, mostrandole un paio di pantaloni verde fluo.
Caroline fece una faccia schifata, «Odio Lola» esclamò sbuffando e strappando i pantaloni dalle mani dell’amica. Verona scosse la testa «Ti capisco. Ho fatto una fatica a trovare qualcosa di fluo, soprattutto in questo periodo» spiegò, ritirando in una borsa i vestiti che non servivano più.
«Poi il rosa…Oh! Io odio il rosa» esclamò ancora Caroline, alzando in aria la maglietta rosa di Verona. La bionda rise, «Ora ci mancano solo gli anni 60 e il blu» disse, aprendo la seconda borsa e rovesciandone il contenuto sul letto dell’amica.
«Io stavo pensando di indossare una minigonna color rosa pastello, un girocollo color panna e un paio di stivali gogo. Tu?» Verona le stava mostrando quello che avrebbe indossato.
Caroline ci pensò su bene, «Penso che indosserò un girocollo bianco, una gonna lunga fino alle ginocchia, color azzurro pastello e un paio di tacchi semplici bianchi» lo disse sorridendo, perché si era immaginata vestita in quel mondo e non era affatto brutta.
«Figo! Ora manca solamente qualcosa di blu e poi abbiamo finito» strillò Verona saltellando per la stanza. Anche lei era stanca come Caroline. Erano già passate due ore da quando avevano iniziato e necessitavano davvero una pausa.
«Forza allora» esclamò Carolina sorridendo all’amica.
 
Le due ragazze appena finirono di scegliere i vestiti, si chiusero in camera a parlare di ogni ragazzi. I genitori di Caroline sarebbero arrivati fra poco quindi avevano deciso di chiudere la porta.
«Posso farti una domanda?» chiese Caroline, legandosi i capelli in una coda alta.
«Certo»
«Tu sai chi sono realmente? Chi sono realmente i miei genitori?»
«Sì, ma lo so solamente da pochi giorni, da quando Jonathan me l’ha raccontato» Verona rispose timidamente.
«Quindi sai che i nostri genitori si odiano e che se ti dovrebbero vedere qui, sclererebbero come dei matti?» domandò Caroline, facendole intendere che era meglio se al loro ritorno non si facesse trovare lì.
«Sì lo so, tranquilla, appena sento che stanno per entrare in casa, scappo dalla finestra» rispose Verona dandole un pizzicotto sulla guancia, facendola ridere.
«Grazie Vero, sei la migliore» esclamò Caroline, abbracciando l’amica.
Verona sorrise mentre si stringeva di più a lei, «Ti piace mio fratello vero?» domandò, lasciando completamente spiazzata Caroline.


Quello che indosseranno per la giornata 'Twins':
 
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Capitolo 18
*** Cielo stellato. ***


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La sera prima dell’arrivo di Verona.
 
La finestra della camera di Caroline si spalancò del tutto e Jonathan entrò in tutta la sua bellezza. Indossava una camicia bianca e un paio di pantaloni neri. I capelli erano scompigliati e qualche ciuffo ribelle gli andava davanti agli occhi. Era stupendo.
«Buonasera signorina Frankenstein» la salutò con un sorriso prima di scoccarle un bacio a fior di labbra.
«Buonasera a te Dracul» disse lei, stando con il viso a pochi centimetri da quello di lui. Jonathan rise passandosi una mano fra i capelli «Dato che non puoi uscire, mi chiedevo se potevi almeno venire sul tetto di casa sua, siamo sempre qui eh..» chiese, facendo ridere Caroline.
«Sul tetto? A fare cosa?» domandò lei, raccogliendo da terra un maglioncino nero.
«A vedere le stelle. Non è romantico?» rispose Jonathan, circondandole la vita con un braccio.
«Sì» Caroline rise dolcemente poi gli scoccò un bacio sulla guancia e si avviò verso la sua finestra.
Jonathan la seguì poi facendola salire sulla sua schiena, saltò verso il tetto, andandosi ad aggrappare alle grondaie. Fece un altro salto e finalmente si ritrovarono sul letto della villa dei Frankenstein.
Si sedettero sulle tegole rosso mattone e guardarono attentamente il cielo stellato. «E’ bellissimo» commentò Caroline che era rimasta meravigliata. Era affascinante ed allo stesso tempo unico.
«Lo so, tutte le notti le passò a guardare questa meraviglia, mi rilassa tantissimo» disse Jonathan, prendendo per un fianco Caroline per farla avvicinare a lui. La mora si avvicinò a lui e appoggiò la testa sulla sua spalla e stettero in silenzio a contemplare il cielo.
«E’ davvero stupendo» Caroline era davvero felice in quel momento, ma una domanda continuava a girare per la testa e voleva davvero scoprire qual era la risposta «Jonathan tu quanti anni hai?» gli chiese, girando la testa verso di lui.
Jonathan sospirò «Troppi» rispose a voce bassa. Caroline alzò di scattò la testa e lo fissò dritto negli occhi «Quanti esattamente? Sai devo sapere se sto con un ultracentenario oppure un bicentenario o o o…» ribadì lei, facendolo ridere.
«Ho esattamente centoventisei anni» rispose, aspettando di vedere la reazione di Caroline che arrivò subito. Spalancò sia gli occhi che la bocca «Sei un ultracentenario, wow» commentò schioccata.
«Posso farti una domanda?»
«Certamente»
«Tu non brilli vero?»
Jonathan scoppiò in una fragorosa risata, battendo persino le mani sulle sue gambe, «No e per favore non documentarti con Twilight» rispose divertito.
Caroline arrossì, «Scusa…» si strinse nelle spalle nasconde il viso dentro al suo maglioncino, «Dormi in una bara?» chiese ancora.
«Si e no, cioè posso scegliere, ma dormo quasi sempre nel mio letto» rispose Jonathan, baciandole una tempia.
«L’aglio e le croci ti feriscono?»
«No, quasi niente di quello che scrivono sui giornali è vero. Io l’aglio lo mangio e le croci ovviamente mi feriscono, soprattutto se me le tirano addosso, ma penso che quello ferirebbe anche te» rispose Jonathan, facendo ridere Caroline. «Vuoi sapere altro?» domandò lui, accarezzando la schiena a Caroline.
«Quante fidanzate hai avuto?»
«Due, Lavinia e tu.» Caroline sorrise e si accoccolò sul petto di lui, stringendo le mani intorno alla sua camicia.
«Meglio così. Sai io vivrò per sempre, proprio come te» disse lei, facendo scontrare il suo naso con quello di lui.
«Potremo stare insieme per sempre» disse Jonathan, facendo intrecciare le sue dita con quelle di lei.
«Si, per sempre».
 
Caroline si stava spazzolando i capelli mentre cercava di pensare ad una scusa per uscire di casa e andare da Ulla.
Ulla quella mattina le aveva chiesto esplicitamente di inventare una scusa, una scusa per poter andare insieme a lei a comprare gli alcolici.
Non sapeva esattamente come convincere i suoi genitori, ma un’idea l’era venuta. Appoggiò la spazzola sul lavandino e uscendo di corsa dal bagno e dalla sua camera, andò a cercare sua madre.
«Mamma, Ulla ed io dobbiamo fare una ricerca e vorremmo andare in biblioteca, posso uscire almeno per un’ora?» domandò Caroline, sedendosi al fianco della madre che si trovava sul divano del salotto.
La madre distolse lo sguardo dal suo giornale e sorrise alla figlia «Per me va bene. Devi chiedere a tuo padre, è nel suo laboratorio» rispose, scrollando la sua lunga chioma corvina.
Caroline sospirò rumorosamente poi alzandosi dal divano, si diresse verso il laboratorio del padre e pregò tutte le lingue del mondo per farsi si che accettasse.
Scendere quelle scale di cemento, che portavano al laboratorio in cui era stata riportata in vita, le fece venire la pelle d’oca. Toccò la ringhiera di legno e aggrappandosi ad essa, scese le scale. I gradini erano davvero alti e irregolari, quindi potevi facilmente scivolare e ritrovarti con qualche osso rotto.
«Papà, mamma ha detto che sei qui» urlò Caroline, sporgendosi verso la ringhiera. Il padre era lì con in mano un aggeggio elettronico.
«Sì tesoro, che succede?» domandò il padre, senza distogliere lo sguardo da quell’oggetto elettronico.
«Io e Ulla dobbiamo fare una ricerca, quindi mi chiedevo se posso andare in biblioteca con lei?» chiese Caroline, alzandosi sulle punta dei piedi e mettendo le mani davanti al petto incrociandole tra di loro.
Il padre ci pensò su poi rispose «Va bene, ma tra un’ora devi essere qui». Caroline fece un piccolo salto poi corse su per le scale e si chiuse la porta blindata alle spalle. Aveva un’ora di liberta, finalmente.

 

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Capitolo 19
*** Se qualcuno si facesse i cazzi propri... ***


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Caroline era uscita di corsa dalla villa e si era diretta verso la macchina di Ulla che la stava aspettando dietro ad una siepe.
«Ciao» salutò Caroline entrando nella macchina.
«Ciao bellissima» Ulla ricambiò il saluto e poi fece partire l’auto.
Si fermarono davanti alla casa di Ice e aspettarono quasi venti minuti, prima che la loro amica apparisse in tutto il suo splendore. Indossava un paio di shorts con sotto dei leggings di stoffa nera e una maglietta rosa.
«Finalmente» esclamarono in coro le due ragazze mentre Ice fece spallucce, entrando nella macchina. Si sedette sul sedile centrale nella parte posteriore dell’auto.
«Ora parti però» disse Ice, sventolando una mano davanti alla faccia di Ulla che le fece la linguaccia.
Ripartirono di nuovo, viaggiarono per venti minuti, fino ad arrivare davanti al negozio di liquori meno conosciuto della città.
«Okay, facciamo così, io e te - indicò Caroline - compriamo qualcosa da mangiare mentre Ice compra le birre e il resto» spiegò il piano Ulla indicando le amiche.
«Ragazze abbiamo un problema, ho dimenticato a casa la mia carta d’identità finta» esordì Ice, controllando per bene il borsellino e la sua borsa.
Ulla grugnì dalla rabbia, «Cazzo! E adesso?» domandò battendo nervosamente i piedi sull’asfalto.
«Non lo so, cazzo Ulla mi dispiace, pensavo di averla presa» si scusò Ice abbassando lo sguardo.
«Ragazze vi serve una mano?» domandò una voce femminile alle loro spalle. Quando si girarono trovarono Verona che sorrideva.
«Verona!» esclamò Caroline andandole incontro per abbracciarla, «Ti prego ci puoi comprare delle birre e qualche altro liquore?» le domandò gentilmente.
«Ah e sei invitata alla mia festa. Non sapevo come avvisarti, non ho il tuo numero» disse timidamente Ulla sorridendole.
Verona ricambiò il sorriso poi tornò a guardare Caroline, «Va bene, vado e torno» le rispose staccandosi dal suo abbraccio per poi sparire nel negozio.
«Che fortuna!» esclamò felice Ice.
«Già» ribatté Ulla.
Caroline sorrise alle amiche, «Speriamo solo che qualcuno non mi trovi qui e poi vada a spifferare tutto ai miei» disse seria la mora.
Ulla si avvicinò a lei, le mise un braccio sulla spalla e se la tirò addosso, «Vedrai che andrà tutto bene» le sussurrò all’orecchio.
Pochi minuti dopo, Verona uscì dal negozio con due sacchetti pieni di liquori e un enorme sorriso sulle labbra.
«Ecco quello che ho preso» disse porgendo un sacchetto a Ice e uno a Ulla.
«Wow, grazie. Quanto ti devo?» domandò Ulla mentre ritirava i sacchetti nel baule della macchina.
Verona scosse la testa, muovendo nel vento i suoi lunghi capelli biondi, «Niente, offro io» disse semplicemente.
Ulla spalancò gli occhi «Grazie, cioè oddio grazie davvero» disse gentilmente. La ragazza era rimasta esterrefatta dalla dolcezza di Verona.
«Beh, ci vediamo stasera, giusto?» domandò Verona mentre faceva qualche passo verso la sua auto.
«Certamente» urlò Ulla sventolando la mano per salutarla. Anche Caroline e Ice la salutarono poi salirono tutte e tre in macchina e tornarono a casa.
 
Caroline stava entrando in casa, quando un forte schiaffo la colpì in pieno viso, facendola scattare indietro.
Il padre le aveva appena tirato uno schiaffo e per quale diamine di motivo?
«Noi avevamo fiducia in te e tu l’hai sprecata così» le urlò contro. A cosa si riferiva? Hanno scoperto di Jonathan e Verona? Oppure di oggi? Ma come?
«Cosa?» domandò Caroline massaggiandosi la guancia.
«Un ragazzo è venuto qui e ci ha detto che tu e le tue amiche eravate davanti ad un negozio e volevate comprare dei liquori. Non dovevate essere in biblioteca a studiare?» domandò il padre alzando entrambe le sopracciglia.
«Siamo andate in biblioteca ma prima ci siamo fermate a prendere qualcosa da mangiare e da bere» inventò quella bugia sul momento anche perché era terrorizzata «E poi chi era il ragazzo?» domandò alzando un sopracciglio.
«Ha detto di chiamarsi Aaron, ma questo non conta, tu ci hai mentito» disse secco il padre, incrociando le braccia al petto.
«Aaron? Oddio, quello mi odia perché non esco con lui! Ha inventato questo per mettermi nei casini. Mentito? Abbiamo comprato qualcosa da mangiare e basta» Caroline stava gesticolando e quando gesticolava era o perché era nervosa o perché preoccupata. In questo caso nervosa, molto nervosa.
Il padre sospirò esasperato «Perché sei cambiata così tanto? Prima non eri così» disse guardando negli occhi la figlia.
«Già, prima che morissi e tu mi riportassi in vita» esclamò furiosa prima di sorpassare il padre, salire le scale e chiudersi nella sua camera.

 

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Capitolo 20
*** Il primo vero incontro con Jonathan. ***


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Caroline se ne stava con le braccia appoggiate al balcone mentre guardava con occhi affascinati, lo spettacolo che si era ritrovata davanti. Il cielo era cupo, simile a una grande cappa grigia e pesante. Minacciava neve.  La dolce vallata sottostante al castello di Dracul era immensa ed era imbiancata, era simile ad una grande corona per una regina delle nevi. Il fiume era ricoperto da una spessa lastra di ghiaccio, ai cui bordi si addensano montagnole di neve. Faceva freddo. Il terreno era coperto di bianco e gli alberi spogli, i cui rami scheletrici puntavano verso il cielo ed erano incoronati da fiocchi di neve. Le nuvole sembravano dei grandi batuffoli di cotone sparse nel cielo notturno. Lontano, a sud, il cielo sembra farsi ancora più nero e minaccioso. Si stava preparando per una bufera.
«Bello vero?» domandò una voce profonda alle sue spalle.
Caroline si girò di scatto e con una mano, stava quasi per far cadere al suolo la sua maschera veneziana. Il ragazzo che le aveva posto la domanda, fu svelto, allungò il braccio e afferrò la maschera prima che si frantumasse al suolo. Gliela porse, mostrandole un sorriso affascinante.
«Grazie» Caroline l’afferrò subito con un mano guantata e arrossì imbarazzata.
«Non vi piace la festa?» domandò il ragazzo, appoggiandosi al balcone. Il balcone era stato ripulito per la festa, non c’era alcuna traccia di neve, ma in qualche punto, era ghiacciato.
Caroline scosse la testa, facendo così muovere i suoi capelli corvini nell’aria gelata e invernale. «Sì, ma volevo solo stare un po’ da sola» rispose sorridendogli, mostrandogli così le sue fossette ai lati delle guance.
«Oh, allora vado via, non voglio disturbarvi» disse il ragazzo staccandosi dal balcone per poi avvicinarsi alla porta-finestra, con passo svelto.
«No! Potete restare» Caroline quasi grido, allungando una mano verso l’estraneo per fermarlo. Quando si rese conto di star stringendo la camicia bianca del ragazzo, si staccò e scattò indietro imbarazzata.
«Scusate» mormorò Caroline, guardando negli occhi il ragazzo che le sorrise poi tornò vicino al balcone e ci si sedette sopra.
«Come vi chiamate?» chiese il ragazzo, passandosi una mano fra i lunghi capelli neri.
Caroline guardò attentamente il ragazzo al suo fianco e ne rimase incantata. Aveva il viso lungo e pallido. La pelle bianca brillava, illuminata della luna. Gli occhi erano neri come la pece, brillanti e sorridenti. I capelli erano lunghi fino alle spalle, luminosi come la seta e neri come la notte. La bocca tirata su in un sorriso era piccola con carnose labbra rosee. Indossava un paio di jeans stretti che mostravano le sue lunghe gambe ossute e un camicia bianca, sbottonata sul davanti che lasciava travedere un po’ di muscoli. Era affascinante.
«Uhm?»
«Come vi chiamate?» domandò ancora lui.
Caroline sorrise, «Mi chiamo Caroline Beaufort Frankenstein e voi?».
«Mi chiamo Jonathan Alexander Dracul» rispose poi le porse gentilmente una mano «Vi va di andare a ballare, signorina Frankenstein?» le chiese, sorridendole.
Caroline afferrò la sua mano e annuendo, entrarono nella sala da ballo del castello Dracul.
La sala da ballo era illuminata da quattro lampadari di cristallo appesi al soffitto. La gente stava ballando al centro della stanza. La sala era circolare, nella parte di sinistra della stanza: c’era il banchetto in cui potevi prendere di tutto e nella parte di destra invece c’era un palco e sopra di esso c’era un’orchestra che stava suonando una melodia malinconica.
Caroline cercò con lo sguardo i suoi genitori, quando li trovò, vide che erano intenti a parlare con una donna e un uomo dall’aria molto affascinante per poi sparire insieme ad essi al piano superiore.
Jonathan portò Caroline in mezzo alla sala e appoggiando la mano sui suoi fianchi, iniziò a dondolare. Caroline portò entrambe le mani intorno al collo di lui e sorrise. Le guance le si tinsero di rosso e cercò di nasconderle, appoggiando la testa sulla spalla di lui. Ondeggiavano avanti e indietro mentre si facevano domande a vicenda. Jonathan le fece fare una piroetta per poi stringerla al petto e continuare a dondolare.
«Allora di dove sei tu?» domandò Jonathan, spostandole una ciocca di capelli dietro all’orecchio.
«Ginevra, in Svizzera» rispose Caroline, staccando un braccio da Jonathan per potersi sistemare al meglio la maschera. Una maschera dai ghirigori azzurri e blu.
Jonathan le sorrise poi all’orecchio le sussurrò: «Il vestito ti sta d’incanto, lo sai?» facendola tremare appena.
Il vestito che Caroline indossava era color azzurro lungo fino ai piedi, di seta ed organza effetto sirena con vari veli che partivano da sopra al ginocchio per arrivare a tutta la lunghezza dell’abito.
«Grazie, anche tu sei un incanto» rispose Caroline arrossendo. Le sue guance erano rosse come un pomodoro ed erano accaldate.
Caroline e Jonathan continuarono a ballare per un sacco di tempo, fin a quando non sentirono i genitori di lei urlare contro a quelli di lui.
Il padre di Caroline, Victor Frankenstein, appena vide la figlia ballare con quel ragazzo  che aveva capito essere il figlio di Dracul, le corse il contro e la strattono, portandola via da lui e dalla festa. La madre, Elizabeth, li raggiunse poco dopo. Tutti gli occhi della gente puntati verso di loro, ma la madre sembrava far finta di niente.
«Jonathan» urlò Caroline cercando di divincolarsi dal padre, ma lui era più forte e riuscì a portarla via da lì.
«Caroline» lui gridò, ma ormai la famiglia Frankenstein era sparita dietro alle porte della sala da ballo.
 
Caroline si svegliò di colpo, completamente sudata e con le lacrime che sgorgavano calde e copiose sul viso. Suo padre l’aveva portata via da lui, ma perché? Sembrava andare tutto per il verso giusto, perché di colpo il padre aveva reagito così?
Caroline si sentiva soffocare. L’unico pensiero che aveva in testa ora era che aveva già incontrato Jonathan e che era stata benissimo con lui, anche se per poco tempo.
«Jonathan» sussurrò Caroline tra i singhiozzi silenziosi per poi stringere al petto le coperte.

 

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Capitolo 21
*** Al party. ***


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Caroline guardò l’orologio digitale sul suo comodino, erano le 18.45 e lei doveva ancora prepararsi per la festa. Era rimasta addormentata, dannazione. Poi quel dannato ricordo l’aveva scossa tantissimo. Jonathan. Si era innamorata di Jonathan quello stesso giorno che si erano incontrati, il giorno che aveva dimenticato ma che ora era tornato forte e chiaro. Nitido. Il padre l’aveva portata via da lui senza un motivo.
Caroline si alzò con malavoglia dal suo letto, ma aveva promesso ad Ursola che alla festa ci sarebbe stata, quindi era meglio se si preparava per poi sgattaiolare fuori dalla finestra.
Indossò un vestito nero che le arrivava fino a sopra le ginocchia e con le spalline larghe; un paio di calze altrettanto nere e un paio di stivaletti di pelle. Si mise lo smalto nero alle unghie appunti, un filo di rossetto rosso e un trucco smoky eyes. I capelli li rese mossi con l’arricciacapelli poi ci passò sopra un po’ di lacca per tenerli intatti.
Guardò di nuovo l’orario, erano le 20.00. Caroline aveva detto ai suoi genitori che non voleva mangiare e che non voleva essere disturbata. I genitori aveva annuito senza fare storie.
Si diede un’ultima occhiata alla specchio poi facendo un profondo respiro, si avvicinò alla finestra e la scavalcò, facendo un bel po’ di fatica per via dei tacchi e del vestito. Ma alla fine riuscì a saltare giù, ed era ancora viva e vegeta. Prese a correre verso la strada, però non passando davanti alla villa, sennò i suoi genitori l’avrebbero sicuramente vista.
Quando sbucò sulla strada, ad aspettarla c’erano Ice e Olly. Ice le fece cenno di salire in macchina, Caroline non se lo fece ripetere due volte, corse verso l’auto e ci entrò dentro.
«Sono agitata. Se i miei genitori dovessero scoprirlo?» domandò Caroline guardando la villa Frankenstein ancora illuminata.
Ice le due un colpetto sul braccio, «Sta’ tranquilla. Non lo scopriranno» rispose, sorridendole dolcemente. Caroline annuì, ricambiando il sorriso.
In poco tempo arrivarono alla casa di Ursula. Era a Collonge-Bellerive, vicino al lago. La villa si trovava in una zona residenziale molto tranquilla. Il centro di Ginevra era a circa quindici minuti di auto. La villa di Ulla, infatti, non era tanto lontana da quella di Caroline.
I tre ragazzi uscirono dalla macchina e si avviarono verso la villa. Suonarono al citofono del cancello elettrico, all'ingresso principale con anche un enorme cortile.
«Sì?» domandò Ulla da dentro la casa.
«Siamo noi» rispose Ice saltellando sul posto.
Ulla aprì il cancello, che si spalancò da solo. Si misero a camminare velocemente sul prato della villa, anche se per le due ragazze era un problema perché l’erba era bagnata e loro avevano i tacchi.
A spalancare la porta fu Ulla che sorrise, il suo sorriso si allargò ancora di più quando vide che c’era anche Caroline.
«Venite, forza» strillò facendo segno di muoversi.
«Idiota, l’erba è bagnata» gridò Ice fulminandola con lo sguardo.
«Sorry» disse ridendo.
Finalmente arrivarono davanti alla porta di casa ed insieme entrarono dentro. La musica era altissima e c’era gente che ballava in soggiorno con in mano bicchieri di punch o alcolici.
L’ampio soggiorno di Ulla: era a forma di L con un camino, un lungo tavolo di legno con sei sedie, un comodo salotto e un televisore gigante a schermo piatto, che ovviamente era stato spostato in qualche stanza per non romperlo.
«Ursula quel cretino di Tommy ha vomitato sulla mia gonna…posso andare in lavanderia?» domandò mezza ubriaca Elisa Brice. Una ragazza dai folti capelli castani e dal sorriso contagioso.
«Sì, vai pure» rispose Ulla, scrollando le spalle.
La lavanderia era al piano interrato. Oltre a quello era composta anche da una camera da letto multiuso con anche un bagno incorporato, una sala fitness, una cantina climatizzata, e un locale caldaia.
«Ma quanta gente hai invitato?» domandò Olly a voce alta per farsi sentire da Ulla.
«Un po’» rispose con voce infantile per poi sparire fra la folla.
Olly non fece in tempo a sospirare che Ice l’aveva già tirato in mezzo alla mischia. Caroline rimase da sola. Non aveva una granché voglia di ballare così decise di salire al piano superiore.
Entrò nella camera di Ulla che la prima a destra. Si diresse senza nemmeno dare un’occhiata alla camera dell’amica, sul balcone per prendere un po’ d’aria. Tutti balconi delle camere si affacciavano sul giardino recintato e si passava attraverso le ampie vetrate scorrevoli. Si poteva vedere anche l’enorme piscina, nella parte posteriore della villa, dove c’era pure un doppio garage.
Fece scorrere una vetrata ed uscì fuori. L’aria fresca di ottobre la colpì in pieno, non che le dispiaceva. Il freddo le ricordava Jonathan. Lui era così freddo, ma riusciva sempre a riscaldarla.
Caroline sentì che qualcuno stava entrando nella camera di Ulla. Ma con quattro camere da letto, proprio quella doveva scegliere?
La villa di Ulla aveva ben quattro camere da letto più quella nel interrato e quattro bagni in ogni stanza più uno per gli ospiti.
«Caroline sei tu?» domandò una voce maschile. La voce di Jonathan.
«Jonathan?» domandò sorpresa lei, rientrando in camera.


Quello che indossa al party e anche il make up:
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Capitolo 22
*** Lo sai che sei bellissima? ***


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«Jonathan che ci fai qui?» domandò Caroline, andandogli incontro per abbracciarlo.
Jonathan le accarezzò i capelli, portandosi due ciocche fra le dita per poi incominciare ad attorcigliarle.
«Mia sorella mi ha portato alla festa dicendomi che c’eri anche tu» rispose lui, baciandole il naso, «Mi sei mancata» le sussurrò all’orecchio prima di far combaciare le loro bocche.
Quando si staccarono, Caroline arrossì e arricciò il naso «Anche tu» disse dolcemente «Molto» continuò, appoggiando la testa sul suo petto. Non c’era battito, ma riusciva a rilassarsi lo stesso perché Jonathan aveva l’abitudine di muovere il petto, come se stesse respirando.
«Amore posso chiederti una cosa?» domandò Caroline, staccando il viso dal petto di lui per far incrociare i loro sguardi. Jonathan annuì.
«Oggi mi sono addormentata e mi è ritornato in mente il nostro primo incontro. Perché i nostri genitori stavano litigando? Perché mio padre mi ha portata via da te?» chiese, curiosa di sapere il motivo.
Jonathan sospirò andandosi a sedere sul letto di Ulla, «I nostri genitori stavano litigando perché mio padre rubò a tuo padre l’esperimento o antidoto, chiamalo come vuoi, per stare alla luce del sole» spiegò.
Caroline scosse la testa, «Allora quella mattina mi hai mentito! Perché tu mi avevi detto: ‘Sì, ero io, ma appena tuo padre ha scoperto che anche i Dracul erano alla festa, vi ha portato via’ Perché?» domandò rattristata.
Jonathan si passò una mano fra i capelli e poi guardò Caroline negli occhi «Ti ho mentito perché volevo che ricordassi da sola. Non l’ho fatto in cattiva fede, volevo solo che ricordassi com’era andata davvero» disse serio.
Caroline annuì poi si andò a sedere al fianco di Jonathan e gli prese una mano «Ora ricordo ogni cosa. Ma perché tuo padre l’ha fatto? Non poteva chiedere e basta?» chiese.
«Tuo padre voleva parecchi soldi per l’antidoto e noi non li avevamo, eravamo in bancarotta in quel periodo» rispose Jonathan scrollando le spalle.
Caroline fece una smorfia fra tristezza e rabbia verso suo padre, «Mi dispiace. Non pensavo che mio padre fosse così» disse facendo intrecciare le sue dita con quelle di lui.
«Non fa niente. Ora siamo di nuovo insieme» disse addolcito Jonathan.
«Che ti va di fare? Andiamo giù a ballare oppure andiamo da qualche altra parte?» le chiese, accarezzandole un braccio.
Caroline ci pensò su un po’, «Andiamo a ballare, come la prima volta» rispose sorridendogli dolcemente. Lui ricambiò il sorriso e intrecciando le sue dita con quelle di lei, si alzarono e scesero al piano inferiore.
«Woah, tu e lui? Cioè era lui il ragazzo?» domandò Ulla tra lo scioccato e il contento. La ragazza stava stringendo fortemente fra la mano un bicchiere pieno di birra e sorrideva ai due ragazzi.
«Sì, cioè, sì è lui» rispose imbarazzata Caroline. Jonathan sorrise nel vederla così impacciata.
«Beh divertitevi» esclamò Ulla alzando il bicchiere in aria e per poco lo faceva cadere a terra.
«Sì e tu siediti un attimo» disse apprensiva Caroline, appoggiando una mano sulla spalla dell’amica che annuì.
Jonathan prese per mano Caroline «Andiamo?» chiese tirandola verso la pista. Iniziarono a ballare uno di fronte all’altro: Jonathan le teneva le mani sui fianchi invece lei teneva gli mani intorno a collo.
La musica era altissima e rimbombava in quella stanza piena di gente e alcool. C’era gente che barcollava in cerca del bagno o di altro alcool. Altri che pomiciavano in ogni angolo della stanza e altri svenuti in  qualche parte della casa.
«Lo sai che sei bellissima?» le sussurrò all’orecchio Jonathan. Caroline arrossì appoggiando la testa sulla spalla di lui, «Anche tu sei bellissimo» sussurrò anche lei.
Continuarono a ballare fin quando Verona non gli andò incontro per salutarli «Ehi fidanzatini» disse euforica.
Caroline rise arrossendo «Sei ubriaca?» le domandò guardandola attentamente. Verona quella sera era davvero bella. Indossava un vestito rosso acceso. Il suo rossetto richiamava il vestito e i suoi capelli biondi avevano un look fintamente trasandato che faceva molta tendenza in quel periodo, con una treccia lunga, portata da un lato.
«No, noi vampiri non possiamo ubriacarci. Bella merda! Sto solo fingendo» disse seria poi portò gli occhi sul fratello «Fratellone hai visto Aaron?» gli chiese.
Jonathan scosse la testa «No e non penso nemmeno ci sia. Ursola lo odia» rispose alzando lo sguardo per vedere fra la folla.
«Che peccato! Volevo farlo diventare il mio schiavetto personale» piagnucolò lei, picchiettando i piedi sul pavimento bianco della villa di Ursula.
«Schiavetto? Come?» domandò schioccata Caroline.
«Sì, con la compulsione» rispose Verona scrollando le spalle con nonchalance.
«Oh..» Caroline rimase senza parole. La ragazza alzò lo sguardo e fissò Jonathan che rideva sotto ai baffi, «Perché ridi?» le domandò.
«Perché non potrebbe nemmeno, sotto effetto di alcool la compulsione non funziona» rispose guardando beffardo la sorella che gli fece la linguaccia poi salutandoli, scappò via.
Caroline puntò gli occhi su Jonathan che si stava allontanando per prendere un bicchiere di punch, suppose per lei.
«Stai tranquilla, non lo farebbe comunque» le sussurrò all’orecchio Jonathan dopo essere tornato al suo fianco con il bicchiere. Caroline annuì accennando un piccolo sorriso.
«Ti va di andare da qualche parte?» le domandò Jonathan accarezzandole i capelli. Caroline disse di sì poi gli diede un bacio sulle labbra.

 

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Capitolo 23
*** Devastazione. ***


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«Signor Frankenstein, sua figlia Caroline era alla festa di Ursula Wood. Ho visto che ha lasciato la festa con Jonathan Dracul. Ecco, volevo avvisarla» parlò Aaron attraverso il suo cellulare, sorridendo malignamente.
 
 
«Victor, fermati!» urlò Elizabeth, rincorrendo il marito su per le scale del castello dei Dracul.
«No! Sei Caroline è qui, faccio una strage di Dracul» ribatté furioso.
Victor bussò incisivamente al portone del castello, fin quando un maggiordomo non venne ad aprirlo. L’uomo spinse il povero anziano d’un lato ed entrò con passo svelto nella dimora dei Dracul.
«Dov’è? Dov’è mia figlia?» sbraitò contro l’anziano maggiordomo, che tremò spaventato.
«Victor! Victor mettilo giù» Elizabeth si avvicinò al marito, con entrambe le mani gli strinse un braccio dell’uomo e lo strattonò per far si che lasciasse andare il maggiordomo.
«Te lo ripeto ancora una volta dov’è mia figlia?» domandò stringendo maggiormente la presa sul maggiordomo. Il povero maggiordomo con la poca forza che gli rimaneva, indicò una stanza sulla sinistra. Victor lasciò la presa e il maggiordomo cadde a terra. Elizabeth lo aiutò e si scusò per il comportamento del marito poi lo seguì con passo veloce, verso la stanza indicata dal maggiordomo.
Victor spalancò la porta ed entrò velocemente dentro alla stanza urlando: ‘Dov’è mia figlia? Dov’è Caroline?’.
Caroline era lì, fra le braccia di Jonathan intenta a guardare un film con anche i genitori di lui. Stava mangiando una manciata di pop corn, quando il padre irruppe nella stanza.
«Caroline» disse Victor digrignando i denti «Esci subito da questa casa» continuò furibondo.
«No. Io voglio bene a Jonathan e tu non mi porterai via da lui di nuovo» disse Caroline con il viso in fiamme per il nervoso.
«Ah. Lui è un mostro. Loro sono dei mostri. Sono dei succhiasangue e tu vorresti stare insieme a lui?» domandò stupito dal comportamento della figlia.
Caroline si alzò in piedi ed incrociò le braccia al petto «Sì e loro non sono mostri. Tu sei un mostro» disse cercando di non far fuori uscire le lacrime «Sei tu il mostro! Sei tu che mi hai fatta sbranare dai lupi per potermi ricostruire e sperare che non mi tornasse la memoria» continuò con le guance bagnate.
«Caroline» disse senza fiato «Mi dispiace, ma non potevo permettermi di perderti. Soprattutto con uno di loro» continuò indicando i genitori di Jonathan che si era alzati e si erano messi uno al fianco dell’altro.
«Loro sono persone. Loro mi hanno accettata subito. Sono felici per me e Jonathan» urlò furiosa Caroline. La mora puntò il dito contro al padre «Tu mi hai fatto sbranare dai lupi perché volevi ricostruirmi e per farmi diventare ‘la figlia perfetta’».
Caroline appena aveva messo piede nel castello, si era ricordata il giorno in cui era stata uccisa, come se un fulmine l’avesse presa in pieno. Aveva litigato con il padre perché voleva rivedere Jonathan, dato che era in una città vicino alla loro e lui non le aveva dato il permesso, così era scappata nei boschi, dove ad aspettarla c’erano dei lupi che l’avevano sbranata.
«E tu come hai potuto? Io sono tua figlia» questa volta punto il dito contro alla madre che abbassò immediatamente il viso.
«Io non volevo. Ha fatto tutto tuo padre. Mi dispiace Caroline» disse mortificata, facendo qualche passo verso la figlia.
«Elizabeth sta’ zitta!» le gridò contro Victor. Elizabeth tremò appena ma poi lo fulminò con lo sguardo, «No, Basta! Sono stanca di fare tutto quello che vuoi tu e così anche tua figlia. Lasciala vivere la sua vita» le disse seria.
Victor rise malignamente poi con passò svelto, si avvicinò a Caroline, la prese per il polso e cercò di trascinarla via da lì. Trascinarla via da Jonathan per la seconda volta.
«Victor toglile le mani di dosso. Caroline può decidere da sola» Vladislaus parlò per la prima volta, fulminando con lo sguardo Victor.
Caroline si divincolò dal padre e tornò fra le braccia di Jonathan con le lacrime agli occhi, «Ti odio» gli urlò contro poi tirò su con il naso.
«Tu non darmi ordini su come devo trattare mia figlia» disse Victor, avvicinandosi con svelta a Vladislaus per poi mettergli le mani al collo.
Carmilla - la madre di Jonathan e Verona - urlò spaventata. Elizabeth trascinando il suo vestito, si avvicinò al marito e cercò di fermarlo, così come anche Carmilla, dopo che si fu ripresa dallo shock.
«Basta» urlarono in coro Jonathan e Caroline. Le due famiglie si fermarono e guardarono verso i due ragazzi che stavano sospirando rumorosamente, Caroline fra le lacrime e Jonathan con una mano fra i capelli.
«Bene. Elizabeth andiamocene. Spero che siate felici di esservi portati via mia figlia» disse serio Victor prima di prendere per mano Elizabeth e trascinarla fuori dalla stanza e dalla casa dei Dracul.
Caroline guardò tutta la scena trattenendo il respiro poi si accasciò al suo e pianse tutte le lacrime che aveva in corpo. Che cosa aveva fatto di male per non meritarsi l’amore? Che cosa aveva fatto di male per meritarsi l’odio del padre? Perché non poteva accettare il loro amore e basta?

 

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Capitolo 24
*** Vendetta contro Aaron. ***


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Verona entrò nel salotto con un velocità sovraumana, guardò sconvolta Caroline mentre piangeva sulla spalla del fratello. Aveva capito. Aveva capito che il messaggio che Aaron aveva inviato al padre di Caroline era stato recepito. Il padre di Caroline era sicuramente già passato a casa loro e l’aveva distrutta, ancora una volta.
«E’ stato Aaron. E’ stato lui a chiamare tuo padre per dirgli che eri con Jonathan. Mi dispiace» parlò velocemente Verona, raggiungendo l’amica e il fratello.
Caroline alzò il viso e guardò l’amica. Aveva gli occhi gonfi e arrossati e le labbra gonfie e tremolanti.
«Come? Come fai a saperlo?» le domandò tirando su con il naso.
«Ho sentito la fine della sua chiamata mentre era alla festa, ovviamente si era imbucato. Ma sta tranquilla glielo fatta pagare. Non era ubriaco così ho usato la compulsione su di lui» le rispose sorridendo incattivita,  un scintilla di malvagità le comparve negli occhi.
Caroline annuì abbracciando l’amica. Aveva seriamente bisogno di un suo abbraccio.
 
Caroline si trovava nel bagno della camera di Jonathan ed era intenta a sciacquarsi la faccia, quando il suo cellulare iniziò a squillare. Era Ursula.
– Pronto? – disse Caroline mentre si asciugava il viso.
– Tesoro! Come stai? Verona mi ha raccontato quello che ha fatto Aaron, mi dispiace così tanto – disse rattristata Ursula.
– Non sto bene, ma per fortuna sono ancora da Jonathan. Mio padre mi ha urlato di andare a casa con lui poi ha messo persino le mani al collo del padre di Jonathan, Dio è stato orribile! –
– Non ci posso credere, pensavo che tuo padre fosse una così brava persona! –
– Lo so, anche io. Ti rendi conto che mi ha fatta sbranare dai lupi per potermi ricucire e rendere perfetta? – domandò sconvolta Caroline.
Ursula emise un urlo strozzato – Scherzi vero? Tuo padre ha davvero fatto una cosa del genere? –
– Sì. Oddio, mi sento uno schifo –
– Piccola…mi dispiace così tanto –
– Anche a me. Ora vado, ci vediamo domani a scuola, ti voglio tanto bene –
– Te ne voglio anche io –
Caroline chiuse la chiamata. Si cambiò, indossando una camicia di Jonathan poi uscì dal bagno per mettersi sotto alle coperte e aspettare l’arrivo del suo fidanzato.
 
«Amore, amore mio, dobbiamo andare a scuola» le sussurrava all’orecchio Jonathan, lasciandole anche dei baci sulle guance.
Caroline mugugnò qualcosa poi si girò dall’altra parte. «Amore, forza» le disse ancora scuotendola appena. Caroline tirò su la testa poi si girò verso il suo ragazzo, mostrandosi in tutto il suo disastro. Aveva gli occhi e le labbra gonfissimi, e i capelli erano disastro, erano arruffati e disordinati.
«Ciao» disse sbadigliando.
«Ciao piccola, come stai oggi?» le domandò accarezzandole una guancia. Caroline arrossì poi si coprì il viso con le mani.
«Meglio, perché sono con te» gli rispose, avvicinandosi a lui per poi ricevere un dolce bacio a fior di labbra.
«Ora andiamo» disse tirandola fuori dal letto con un’unica mossa. Caroline si trattenne dall’urlare.
«Ragazzi vi muovete» urlò Verona da fuori. Caroline e Jonathan si guardarono negli occhi poi entrambi corsero in bagno. Caroline indossò i vestiti del giorno prima e si truccò un po’ per nascondere il rossore e il gonfiore degli occhi. Jonathan invece indossò una camicia nera e un paio di pantaloni dello stesso colore.
Uscirono insieme dal bagno dove trovarono Verona sdraiata sul letto del fratello e al suo fianco c’era la borsa di Caroline.
«Sono entrata di nascosto nella tua stanza per prenderti questa» disse Verona sventolando la borsa davanti al suo viso.
Caroline le sorrise poi prese la borsa e tutti e tre insieme uscirono dalla camera di Jonathan.
I tre ragazzi fecero il giro più largo per non passare vicino alla villa dei Frankenstein. Caroline non aveva proprio voglia di vedere qualcuno della sua famiglia.
Durante il tragitto incontrarono Ursula e Alice che si avviarono insieme a loro verso la scuola. Sia Ulla che Ice abbracciarono Caroline chiedendole più volte come stava. Lei continuava a rispondere che stava meglio, ma non era vero, almeno non del tutto.
Quando furono arrivati davanti alla scuola, trovarono Olly già lì ad aspettarli. Li salutò con la mano poi si avvicinò a loro e diede un bacio sulle labbra ad Ice.
«Complimenti Verona. Aaron è diventato lo zimbello della scuola» esclamò Olly facendo l’occhiolino alla vampira che sorrise divertita.
«Che cosa gli ha fatto fare?» le domandò Caroline curiosa. Verona non le rispose, ma continuò a camminare verso l’entrata della scuola.
Entrarono nella scuola. Tutti stavano parlando dell’avventura di Aaron con un ragazzo del secondo anno. Verona rise divertita. Caroline invece ne rimase scioccata poi scoppiò a ridere, seguita da tutti gli altri.
«Non ci credo» commentò Caroline portandosi le mani davanti alla bocca per lo stupore.
«Credici, credici. Quello stronzo prendeva in giro uno del secondo anno perché era gay e beh ora ha avuto il suo benservito. Non camminerà dritto per un bel po’» ribatté Verona sorridendo malignamente.
«Cazzo Vero, sei stata fantastica» le sussurrò all’orecchio Jonathan poi le appoggiò una mano sulla spalla e la strinse appena.
«Voglio diventare anche io un vampiro per poter usare le compulsione» esclamò sbuffando Ursula.
Caroline spalancò gli occhi, «Voi sapete che sono vampiri?» domandò scioccata ai suoi amici.

 

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Capitolo 25
*** Giornata Fluo. ***


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«Sì, ci hanno raccontato ogni cosa» disse felice Ice. Caroline chiuse lentamente la bocca dapprima spalancata e sorrise ai suoi amici. Un sorriso affettuoso.
«Ragazze, abbiamo un cazzo di problema! Lola sta venendo qui» disse Ulla strattonando per un braccio Caroline. La mora alzò lo sguardo e si vide arrivare di fronte: una bionda finta, dalla faccia quasi marrone per via dal fondotinta e dallo sguardo furibondo.
«Voi! Oggi è il primo giorno di Homecoming e voi vi siete vestiti come se foste appena usciti da un rave! State rovinando tutto. Oggi era la giornata del fluo, stupide ragazzine!» sbraitò Lola gesticolando con le mani.
Verona sbuffò, «Hai qualcosa di fluo così la smetti di rompere le palle?» le domandò la vampira alzando le sopracciglia.
Lola la fulminò con lo sguardo poi incrociando le braccia, sotto al seno facendolo diventare più grosso, annuì «Seguitemi» disse poi girò i tacchi.
Le quattro ragazze la seguirono fino alla palestra, dove c’erano vari scatoloni pieni di abiti, in caso qualcuno non si fosse ricordato del homecoming - come loro - e volessero indossare qualcosa. O nel loro caso: essere costrette da Lola ad indossare qualcosa.
«Caroline per te andrà più che bene questa» disse Lola trafficando in uno scatolone. Tirò fuori una maglietta rosa fluo e gliela lanciò.
«Ursula tu puoi indossare questo» le lanciò un bracciale verde fluo che prese al volo e arricciò il naso schifata.
«Alice per te questo. Puoi cambiarti nello spogliatoio» le disse, lanciandole un paio di pantaloni gialli fluo.
«Ed infine Verona…» Lola trafficò nello scatolone per poi tirare fuori una maglietta abbastanza corta e arancione fluo, proprio come quella che indossava lei per poi lanciarla alla vampira. «Spero vada bene» le disse giocherellando con una ciocca di capelli per poi lasciare le ragazze da sole nella palestra.
 
Le ragazze dopo essersi cambiate andarono alla ricerca di Jonathan e Olly. Li trovarono seduti sulle scalinate che portavano alle classi ed erano intenti a parlare.
«Ehi» salutò Ice buttandosi su Olly per poi morsicargli una guancia. Olly cercò di divincolarsela da dosso.
«Staccati sanguisuga» disse Olly ridendo poi si fece serio di colpo e si scusò con Jonathan e Verona per il nominativo ‘sanguisuga’. Loro risero e dissero che non c’era nessun problema anche perché l’avevano chiamati in modi peggiori.
«Quindi che si fa oggi pomeriggio?» chiese Ice mettendosi fra le gambe di Olly.
Caroline alzò le spalle «Non ne ho la più pallida idea anche perché io non sono in vena di fare niente» rispose sospirando.
Jonathan allungò una mano, afferrò il polso ricucito di Caroline e la tirò verso di sé per poi farla sedere sulle sue gambe e abbracciarla da dietro.
«Vedrai che andrà tutto bene» le sussurrò all’orecchio per poi darle un bacio sulla guancia.
«Ah quanto siete carini» esclamò Ulla facendo gli occhi dolci. Jonathan e Caroline risero.
Verona che se ne stava in piedi davanti al fratello sospirò rumorosamente.
«Ve che succede?» le chiese Jonathan preoccupato.
Verona scosse la testa «Niente. Non ho studiato, tutto qui» rispose lei. Caroline emise un risolino «Tranquilla. Qui a parte Ice, nessuno ha studiato» disse lei alzando le spalle.
«Ehi! Non è colpa mia se i miei genitori non sono così generosi come i vostri» ribatté Ice pentendosene alla fine. Perché il padre di Caroline era tutto tranne che generoso.
«Scusa» disse ancora abbassando la testa. Caroline scrollò le spalle «Fa niente. Ora andiamo in classe che è meglio» disse lei, alzandosi dalle gambe di Jonathan poi prendendo per un braccio Ice, la trascinò via dal suo adorato Olly.
 
Le quattro ragazze alle prime due ore avevano educazione fisica e di certo non avevano voglia di farla, ma Lola le aveva costrette a giocare, essendo il primo giorno di Homecoming.
Caroline non riusciva a prendere nemmeno una palla, mentre Ice sembrava essere perfetta per la pallavolo. Ulla invece riusciva sì o no a prendere una palla. Verona invece cercava in ogni modo di stare il più lontano possibile dalla palla.
«Eddai Verona, gioca!» urlò Lola battendo le mani da fuori campo.
Verona scosse la testa, «Non ci tengo a prendermi una pallonata in faccia» sbraitò la vampira, uscendo dal campo e sedendosi a terra. Lola sbuffò per poi tornare a guardare la partita. Finirono di giocare e la squadra delle ragazze aveva perso contro a quella dei ragazzi che si stavano pavoneggiando come se fossero dei Re.
«Ragazzi evitate» gridò furiosa Lola, battendo anche un piede sul pavimento della palestra.
I ragazzi fecero finta di non averla sentita e si diressero verso il spogliatoio maschile, mentre le ragazze in quello femminile.
 
«Com’è andata la giornata?» chiese Jonathan, abbracciando da dietro Caroline che si trovava davanti al suo armadietto.
Caroline sospirò, «Una noia mortale, la tua?» chiuse l’armadietto per poi girarsi verso il suo ragazzo.
Jonathan fece sfiorare le sue labbra con quelle di lei per poi cingerle i fianchi con le braccia e tirarsela più vicina.
«Fatele a casa vostra queste cose» esclamò Ice fra il disgustato e il divertito.
Caroline si staccò dalle morbide labbra di Jonathan e fece la linguaccia a Ice che sorrideva beffarda.
Ulla arrivò di corsa verso di loro insieme a Verona e Olly, «Caroline tuo padre è qui» disse senza fiato la rossa.
Caroline sbiancò di colpo e boccheggiò un paio di volte. Che diamine ci faceva a scuola?

 

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