Us from Now on

di Walpurgisnacht
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Someone to blame ***
Capitolo 2: *** Accidentally in love ***
Capitolo 3: *** The rest is still unwritten ***
Capitolo 4: *** Kung-fu fighting ***
Capitolo 5: *** La follia della donna ***
Capitolo 6: *** I'll be there for you ***
Capitolo 7: *** N for Vendetta ***



Capitolo 1
*** Someone to blame ***


Quella che avete tra le mani è una raccolta di one-shot legata alla serie Secretception!, e in particolare alle due storie principali: Secrets of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart: quindi se vi apprestate a leggere sarebbe buona cosa conoscere le due storie madri, giusto per non rimanere stupiti dal contenuto di quanto segue :D In attesa di completare la versione riveduta e corretta di Secret Heart, abbiamo deciso di iniziare questa raccolta di one-shot contenente missing moment legati alla serie, in particolare incentrati sulle varie coppie; le storie come da "tradizione" saranno scritte a quattro mani, ma non escludiamo anche storie scritte solo da uno di noi - e in caso specificheremo chi è l'autore.
Speriamo di aver fatto cosa gradita a chi ci ha seguito finora :)
Kaos e Mana Sputachu

Us from now on
 
1. Someone to blame
Well, I suppose you have the facts
To criticize me all the time
Are you the judge who decides?
Someone to blame - Entwine
 
 
“Allora, ci vuole ancora molto?”
“Ci vuole il tempo che ci vuole, Mousse, non mettermi fretta.”
Mousse guardò Ryoga di sbieco mentre controllava le foglie accese per l’ennesima volta. 
Scene come questa erano ormai una consuetudine in casa Tendo: la sua ribellione alle leggi amazzoni, cominciata più di un anno prima (1), aveva fatto in modo che non solo lui e Shan-Pu iniziassero a frequentarsi, ma che si instaurasse anche uno strano ma sincero rapporto di amicizia tra loro, Ranma, Akane e Ukyo. E ora anche con Ryoga, che tornato a Nerima dopo un anno si era ritrovato quel piccolo universo totalmente capovolto - e una inaspettata liaison con Ukyo. (2)
“Ma non potevamo cuocerle in un altro modo?” borbottò “Comincio ad avere fame...”
“Oh papero, calma. Le patate dolci vanno cotte in questo modo, fidati!”
Il cinese sbuffò. Non è che dubitasse delle qualità di boyscout autodidatta di Ryoga, ma non ce la faceva più ad aspettare. Si guardò attorno alla ricerca di Ranma, che sembrava essere sparito da un po’. Anche Shan-Pu in effetti si era volatilizzata...
“Ehi Ranma, dove sei?” lo chiamò, addentrandosi nel giardino di casa Tendo “Ti va uno sparring match? Ryoga è ancora alle prese con quelle patate e io ho fame e mi annoio...”
Stava per raggiungere il dojo, quando...
“NYAAAAAAA!!!”
 
“Ukyo, stiamo solo cuocendo delle patate in giardino, non è un ballo di gala...”
“Ma non è una buona scusa per farsi vedere brutte e sciatte! Ora fammi lavorare, su!”
Akane sbuffò, osservando Ukyo intenta ad acconciarsi i capelli: dopo aver messo a soqquadro la sua stanza per trovarle qualcosa di carino da mettere - e le proteste di Akane sul fatto che non voleva vestirsi elegante per stare in cortile che vennero totalmente ignorate, si era dedicata al suo look. 
“Voglio che Ryoga mi veda carina, ok?”
“E io che c’entro col tuo essere carina per Ryoga?”
“Anche tu devi essere carina per Ranma, mia cara.”
“Anche per mangiare le patate in giardino?”
Ukyo si voltò a guardarla, con un sopracciglio inarcato.
“Ti offendi se ti dico che certe volte il soprannome maschiaccio è proprio azzeccato?”
Si voltò appena in tempo per evitare un cuscino, quando il loro scambio di battute venne interrotto dai passi di qualcuno che correva in corridoio fino alla sua porta.
“A-Akane...? Possiamo entrare?”
“Uh? Ryoga?” chiese Akane, facendo cenno al ragazzo di entrare.
“S-scusa non volevamo interrompervi m-ma è successa una c-cosa e...”
“Ryoga perché balbetti? Cos’è successo?”
“E-ecco v-vedi...”
“Quello che vuole dire” si intromise Mousse, che fece capolino da dietro la porta “è che Ranma si sta... comportando in maniera strana. Parecchio.”
“Più del solito?” ironizzò Ukyo.
“Che vuoi dire?” chiese Akane. Mousse e Ryoga si scambiarono uno sguardo, poi chiesero alle ragazze di seguirli in giardino.
“Credo sia meglio farvelo vedere...”
Giunti fuori, lo spettacolo che si trovarono davanti era sicuramente la scena più assurda che si potesse immaginare... se non si era abituati: Ranma, appollaiato sul ramo di un albero, miagolava e si puliva il muso con una mano chiusa a pugno, a voler imitare la zampa di un gatto.
Akane gemette sconsolata. Era parecchio tempo che non lo vedeva sotto l'effetto più estremo del Nekoken.
Poi il suo istinto le fece presente che, se Ranma era in quello stato, c'era o doveva esserci stato un gatto nei paraggi. Non che la cosa costituisse un pericolo, ovviamente, ma era comunque il caso quantomeno di allontanarlo.
Ignorando gli altri, con gli occhi ancora fissi verso l'albero, cominciò a guardarsi in giro alla ricerca del colpevole.
Toh, eccolo lì. E ha il pelo lilla. Stupida cinese.
Si avvicinò alla gattina e la raccolse senza troppa delicatezza, rimproverandola per aver causato quel pasticcio. Poi la affidò a Mousse dicendo di portarla dentro e di bagnarla con l'acqua calda, che a Ranma ci avrebbe pensato lei.
Che gioia essere l'unica persona che può gestirlo mentre è ridotto così.
"Micio micio micio, vieni giù che sennò cadi e ti spezzi l'osso del collo" disse in tono suadente, con Ryoga e Ukyo che la guardavano a dir poco scombussolati da quel che stava succedendo. Immaginatevi le loro facce quando lo videro saltare giù dal ramo con uno zompo e finire dritto dritto in grembo ad Akane, la quale sospirando prese ad accarezzarlo in un tripudio di fusa e versetti.
"A-Akane" azzardò Ryoga "cosa... cos'è questa cosa?".
"Oh? Non lo sai? Credevo te l'avesse accennato".
"A dire il vero no...".
"Allora lo farò io per lui, visto che al momento è impossibilitato. Vedete, suo padre è un pazzo furioso. Quand'era piccolo, per insegnargli una tecnica, l'ha ricoperto di pesce e l'ha gettato in mezzo a un branco di gatti affamati. Più di una volta. Così facendo gli ha creato la fobia. E quando la fobia raggiunge livelli insopportabili la sua psiche recede e lascia il posto a quello che state vedendo. Ci vorrà un po' prima che torni normale".
"Uh. Allora non sono l'unico ad avere dei problemi con una forma animale...".
Ryoga si paralizzò e pregò con tutto se stesso che Akane non ci avesse prestato attenzione.
Speranza vana.
“Che vuoi dire?”
Per un attimo, Ryoga sperò che un fulmine lo colpisse in quell’istante; o che qualche sfidante folle di Ranma facesse la sua entrata in scena, o che tornasse Happosai, persino i fratelli Kuno gli sarebbero andati bene. Tutto purché qualcuno distraesse Akane da quella conversazione.
“Ryoga...?” 
“N-nulla davvero...”
Qualcuno lassù doveva aver avuto pietà di lui, perché in quello stesso istante Shan-Pu corse fuori in giardino, semi nuda, inseguita da Mousse a sua volta inseguito da Kasumi con in mano gli abiti di Shan-Pu.
“Aiya! Era solo scherzo, non volevo fare diventare Ranma gatto!”
“Ok ti credo, però per cortesia adesso vorresti fermarti e riverstirti?!”
“Shan-Pu non sta bene correre per casa svestiti!”
“Guarda, ci basta già Ranma e il suo inesistente senso del pudore femminile...” commentò Nabiki, rallentando la corsa di Shan-Pu con uno sgambetto.
“Nabiki! Non si fanno gli sgambetti!” commentò Kasumi, piccata.
“Suvvia, è un’amazzone! Non si farà male solo per questo, era solo per fermarla...”
E in effetti riuscì nell’intento... ma finì per inciampare su Akane, spintonando Ranma nel laghetto delle carpe, da cui poco dopo fece capolino Ranmachan.
“Argh! È gelata! Perché mi avete buttato nel laghetto?!”
Mentre tutti si arrabattavano per tirar fuori Ranmachan e rivestire Shan-Pu, Ryoga ringraziò tutti i Kami per quel diversivo. In cuor suo sperò che Akane dimenticasse del tutto la loro conversazione.
 
“E quindi il cambio di sesso interferisce col Nekoken e ti fa tornare normale?”
“Già. Almeno a qualcosa serve” rispose Ranma, intento a rivestirsi ed asciugarsi i capelli. Mousse conosceva il Nekoken per sentito dire, in quanto tecnica bandita e mai più utilizzata, e aveva tempestato Ranma di domande alla quale il ragazzo aveva risposto, da un lato gonfio di orgoglio - perché usare tecniche bandite persino dai grandi maestri non è cosa da tutti!, ma dall’altro con un bel po’ di vergogna che cercava di nascondere. Era fin troppo ridicolo avere la fobia dei gatti, figurarsi mettersi a miagolare per contrastarla e dover diventare donna per tornare a pensare come un essere umano. Farsi coccolare da Akane fino ad addormentarsi e tornare normale era piacevole, almeno...
Quando tornarono in soggiorno trovarono tutto più o meno normale: le patate finalmente pronte, Shan-Pu rivestita e...
“Ehi, ma dov’è Ryoga?”
A quella domanda di Ranma un solo cuore ebbe una leggerissima aritmia: quello di Ukyo. Era stata in silenzio per tutto il tempo, osservando il suo amico d'infanzia che imitava straordinariamente bene un felino domestico e la frase di Ryoga le era passata dentro le orecchie senza che ci prestasse particolare attenzione. Ma sentirglielo chiedere così ad alta voce aveva risvegliato la sensazione di pericolo imminente.
Le passò davanti agli occhi, come in un flash, la scena di un paio di mesi prima quando era tornato a Nerima e stava per rivelare ad Akane quel suo innocente segretuccio da due soldi. In quell'occasione era stata lei a salvargli la vita.
Lo avrebbe fatto anche in quel caso. Soprattutto alla luce del loro nuovo rapporto.
Senza farsi vedere si defilò andando a cercarlo per escogitare una scusa credibile agli occhi di Akane. E poi non era salutare lasciar andare un Hibiki in giro senza guinzaglio.
Cercò nel cortile. Non c'era.
Cercò in palestra. Non c'era.
Cercò in ogni singola stanza che non fosse quella da pranzo. Non c'era.
Non gli sarà mica venuto in testa di andarsene di propria volontà, a quel cretino.
"Ryoooooooooooooooooooooooooooooooga!" prese ad urlare, cominciando a preoccuparsi.
Non gli rispondeva.
Che cos'hai fatto, suino? Dove ti sei nascosto?
Scese in strada per vedere se forse riusciva a scorgerlo. Ed ebbe fortuna: una sagoma inconfondibile stava girando l'angolo in fondo alla via proprio in quel momento.
Prese ad inseguirlo. Le ci volle un po' ma alla fine lo raggiunse.
Afferrandolo di prepotenza lo schiacciò a terra per impedirgli di continuare la fuga.
"Anf anf anf... cosa stai combinando? Perché... anf anf... sei scappato come un ladro?".
"Ukyo! Sei tutta matta, tu".
"Qui c'è un solo matto e non sono io. Si può sapere cosa ti è saltato in testa? Evaporare come una nuvoletta di fumo? Perché?".
"Perché Akane non deve sapere che sono P-chan, dannazione!".
...
"Ryoga".
Si voltarono entrambi verso la fonte della nuova voce.
E naturalmente, come in ogni film che si rispetti, videro la faccia stupita di colei che non avrebbero mai voluto vedere.
E Ryoga ebbe la conferma che lassù qualcuno si divertiva da morire a rendere la sua vita un inferno tragicomico.
Ukyo sudò freddo, chiedendosi perché diamine Akane fosse incapace di resistere alla curiosità.
“Allora è vero...? Ryoga, dimmelo per favore...”
Il ragazzo sentì le lacrime che minacciavano di scendere, ma cercò di trattenersi. Scoppiare a piangere in quel momento non sarebbe servito a nulla.
“Akane, forse è meglio tornare dentro a parlarne...” cercò di prendere tempo Ukyo, ma riuscendo solo ad alimentare il nervosismo di Akane ancora di più.
“Tu... tu lo sapevi...?” chiese, guardando l’amica con occhi sgranati. Ukyo stava per rispondere, quando vennero interrotte da Ranma.
“Finalmente vi ho trovate! Ryoga si può sapere dove cercavi di andare da solo rischiando di-”
“Anche tu lo sapevi, non è vero?!”
Ranma si trovò una Akane furente che lo fissava con le lacrime agli occhi. Non aveva idea di cos’era successo, ma qualunque cosa fosse non prometteva nulla di buono.
“Akane di che parli? Cos’è che so-”
“Perché non mi hai mai detto che anche Ryoga era finito a Jusenkyo?! Perché non mi hai detto che era lui P-Chan?!”
A Ranma saltò un battito.
Come diamine l’aveva scoperto? Che quel cretino di Ryoga avesse deciso, in un impeto di sincerità e autolesionismo, di confessare la verità ad Akane? 
No, impossibile. Si vergognava troppo per rivelarglielo e aveva sempre fatto in modo di nascondere la verità ad Akane, spesso con l’aiuto di Ranma - che nonostante la gelosia e l’astio iniziale, aveva sempre mantenuto il segreto per lui.
“A-Akane, io...”
Akane scosse la testa, incredula. Davvero lo sapevano tutti tranne lei? Corse in casa, inseguita da Ranma che cercava invano di calmarla.
Si sentì incredibilmente stupida.
 
“Akane! Akane per favore fermati!”
Ranma rincorse la fidanzata fin dentro casa, riuscendo finalmente a bloccarla sulle scale. Non che avesse idea di cosa dirle o come spiegarle la situazione, ma meglio non lasciare che la sua rabbia crescesse.
La afferrò per un polso e la bloccò contro la parete. 
“Akane ti vuoi calmare?!”
“In quanti eravate a conoscenza della maledizione di Ryoga? Chi lo sa, oltre te e Ukyo?”
Ranma distolse lo sguardo, indeciso su cosa risponderle. Ma ormai la frittata era fatta...
“Tutti quelli finiti a Jusenkyo... Ucchan lo ha scoperto per caso, non so come...”
“...e nessuno di voi ha mai pensato di dirmelo?”
“Non potevamo dirtelo! Ryoga sarebbe morto di vergogna, vive malissimo la sua trasformazione!”
“Ma non si faceva problemi ad entrare nel mio letto e dormire con me!”
Ranma venne preso in contropiede da quella risposta. Era una delle cose che più l’avevano infastidito, in passato, e Ryoga stesso non ne andava fiero.
“Beh, ti assicuro che se ne è pentito” balbettò “è molto dispiaciuto per questo, ed è uno dei motivi per cui preferiva non dirti nulla e far sparire P-Chan...”
“Io avrei preferito che me lo confessasse! Certo mi sarei arrabbiata, ma l’avrei perdonato! Non è colpa sua se è caduto a Jusenkyo... però avevo il diritto di sapere!”
A quella frase, qualcosa dentro Ranma si spezzò. Qualcosa che aveva tenuto dentro per tanto, troppo tempo, e che ora urlava e pretendeva di uscire fuori.
“Davvero? Ne sei proprio sicura? Sei proprio certa che saresti stata così comprensiva?!”
“Certo che si!”
“Non dire cazzate! Come fai a dire che l’avresti perdonato, quando a me non hai MAI perdonato di essermi presentato a casa tua sotto forma di ragazza e non averti confessato subito che ero un ragazzo?! Come puoi dirlo se per mesi mi hai fatto pesare l’avermi trovato in bagno già trasformato?! Credi che io non provassi vergogna per la mia maledizione, che mi divertisse?!”
Akane fissò il fidanzato sconvolta. Era la prima volta che lo vedeva così adirato con lei, così fuori di sé. Le stava rinfacciando avvenimenti così lontani nel tempo che quasi li aveva dimenticati, smettendo di dar loro peso... e forse era stato quello il suo errore.
“Ranma, io non sapevo...”
“Certo che non sai, non hai mai chiesto!”
E con quest’ultima frase piena di rancore, Ranma corse via.
L'altra coppietta non era in una situazione molto migliore, a dire il vero.
Ryoga si era appena alzato senza neanche spolverarsi gli abiti sporchi di terriccio, la testa bassa e un leggero singhiozzo a scuoterne il corpo. Ukyo lo osservava da breve distanza, incapace di dire o fare alcunché.
Si sentiva costernata e impotente per lui. Aveva appena assistito a una tragedia greca in grande stile e ci mancava giusto il morto per chiudere il pacco regalo con un bel fiocco rosso sangue.
Tentò un paio di volte di avvicinarsi per fare qualcosa, ma entrambi i tentativi cozzarono contro il muro di dolore che Ryoga non faceva alcuno sforzo nel trattenere.
Poi si disse che oh, basta così. Prese coraggio e lo abbracciò con tutte le sue forze, sussurrandogli all'orecchio promesse da marinaio su come le cose si sarebbero aggiustate in qualche modo. Era la prima a non crederci.
Non ci fu la reazione che si sarebbe aspettata... anzi no, che si sarebbe augurata. Ryoga, difatti, rimase immobile come uno stoccafisso, del tutto inerte a ogni sollecitazione esterna. Nella sua mente vedeva scene apocalittiche: Akane che in preda all'ira sfaciava casa Tendo maledicendolo a vita; Ranma che veniva punito duramente per averlo coperto e finiva col promettergli vendetta tremenda vendetta; per qualche motivo si immaginò anche Ukyo che, disgustata dal suo essere bugiardo, lo abbandonava a se stesso dopo avergli sbattuto la faccia in una pozzanghera.
Naturalmente quest'ultima visione era di quanto più lontano dalla realtà potesse concepire, visto che in quegli stessi istanti la suddetta Ukyo stava buttando anima e corpo oltre l'ostacolo per cercare di essergli di conforto. Ma non lo vedeva, era completamente cieco ai suoi sforzi.
"Tesoro, vedrai che la sistemeremo...".
"Non succederà e lo sai".
"No, non lo so. Non accetto questa passività. Hai... abbiamo sbagliato nei suoi confronti, è vero. Ma piangersi addosso col vaso rotto per terra non ha mai giovato a nessuno. Bisogna inginocchiarsi, rimboccarsi le maniche e aggiustarlo come meglio si riesce. Anzi, adesso noi due torniamo là dentro e affrontiamo a testa alta e petto in fuori questa brutta situazione".
"Ukyo, io non ce la faccio...".
"Oh sì che ce la fai. Te lo dimostro che ce la fai".
E così dicendo sciolse l'abbraccio, gli afferrò una mano e lo trascinò a mò di peso morto.
Quel minuto del vecchio Ryoga sconsolato e intristito le aveva fatto un pessimo effetto e non lo avrebbe sopportato un solo istante di più. Anche a costo di litigare con Akane.
I suoi propositi bellicosi vennero interrotti da Ranma che sfrecciava fuori di casa urlando qualcosa ad Akane, e quest’ultima che lo inseguiva con le lacrime agli occhi.
Ok, perché la situazione si era ribaltata?
“U-Ukyo...!”
Non ebbe neanche tempo di esternare quel pensiero che si ritrovò Akane singhiozzante tra le braccia. Persino Ryoga, che fino a poco prima versava in uno stato quasi catatonico, ora osservava la scena esterrefatto. 
“Akane... Akane calma, cos’è successo?” chiese Ukyo, scostando dolcemente Akane per guardarla in viso.
“Ukyo io... credo di aver commesso il più grosso errore della mia vita...”
 
“Ho fatto del the, se vi va. Akane, ti senti un po’ meglio?”
Quest’ultima annuì verso Kasumi, che la osservava con aria preoccupata.
La lite con Ranma non era ovviamente passata in osservata, a giudicare dagli sguardi che si era ritrovata a fissare una volta tornata in casa. Per fortuna Kasumi ebbe l’idea di mandare il signor Genma e suo padre a proseguire la partita a Shogi in un’altra stanza, mentre Nabiki si defilò di sua iniziativa. Rimanevano solo Mousse e Shan-Pu, ma Akane non li considerava intrusi. E comunque avevano assistito a tutta la scena...
“Però... si è tenuto dentro quella roba per un bel pezzo...” commentò Ukyo, interrompendo quel silenzio. Non riusciva ancora a credere al racconto di Akane... soprattutto non aveva ancora capito come la tragedia di Ryoga e P-chan si fosse trasformata un triangolo di sofferenza composto dal lui, Akane e Ranma. Un po’ come ai vecchi tempi ma con meno tensione amorosa, pensò ironicamente.
Akane sospirò, continuando a fissare il suo the.
“Io non... non credevo di aver fatto tanti danni... non immaginavo di avergli fatto così male...”
“Io penso che sia l'eccitazione del momento. Conoscendolo non credo sarebbe stato disposto...".
"Ukyo, l'hai visto. Era furioso. Se non andasse contro il suo codice d'onore avrebbe potuto persino mettermi le mani addosso".
"Ok, era fuori di sé. Ma proprio per quello credo che si sia lasciato andare più di quanto realmente avrebbe voluto. E poi sul serio, Ranma che ingoia uno smacco del genere per anni e anni senza mai accennarlo o fartelo pesare subdolamente in qualche modo? Non è da lui".
Akane sorrise amaramente all'amica. Sin dal primo Gran Casino con i cinesi e il matrimonio e il Consiglio la presenza della cuoca era stata una specie di benedizione su tutti loro. Per carità, anche lei ha avuto i suoi momenti di sconforto e difficoltà, ma era sempre la prima a risorgere dalle ceneri portandosi dietro tutti loro. E anche in quel momento stava facendo tutto quanto era in suo potere per aggiustare, cucire, lenire.
Il cristianesimo ha delle figure bizzarre nei suoi precetti. Li chiamano "santi". Pensò che, anche se ne sapeva molto poco in merito, quel titolo sarebbe stato perfetto per lei.
Eppure, nonostante tutto questo, sentiva che qualcosa con Ranma si era rotto. Non sapeva dire se irrimediabilmente o no, ma non lo aveva mai e poi mai visto tanto adirato. Tutt'al più era stato il contrario, cioè lei che si incazzava oltre ogni dire.
"Ascoltami Akane" riprese la sua amica "cominciamo ad affrontare un problema alla volta. Per ora è meglio lasciare Ranma a sbollire, anche perché sono sicura che è diventato dipendente da te e non può riuscire a starti lontano per più di otto secondi. Tornerà. Per intanto ti pongo le mie più sincere scuse".
"Uh? E per cosa?".
"Per non averti mai detto che sapevo la verità su P-chan. Mi spiace. Non credevo si sarebbero raggiunti simili picchi di devastazione, ma ho agito in buona fede. Ogni volta che il suo alter-ego porcino saltava fuori in una discussione diventava viola e cominciava ad annaspare dalla vergogna. E se reagiva così con me non oso pensare cosa sarebbe successo in tua presenza, considerando che si credeva in grado di conquistarti, l'inetto".
"Ehi" protestò l'uomomaialino, dando un leggero pugno sulla spalla di Ukyo. Lei si limitò a lamentarsi per la botta e a sorridergli, contenta di vederlo ancora capace di agire autonomamente.
"Tranquilla, non devi chiedermi scusa. Non tu, perlomeno".
"Prego?".
"Sto parlando di te, Ryoga. Ukyo, fammi un piacere: vai a cercare Ranma. Io vorrei parlare a quattr'occhi con lui".
Ukyo guardò Ryoga preoccupata. Non credeva che Akane l’avrebbe picchiato, però non era sicura che il ragazzo fosse nelle condizioni migliori per sopportare una simile conversazione.
Quest’ultimo tuttavia le sorrise e la incitò ad andare.
“Tranquilla, so badare a me stesso” scherzò. “E comunque è giusto fare adesso questo discorso... dopo tutto questo casino, glielo devo.”
La cuoca annuì, un po’ riluttante, poi si alzò e corse a cercare Ranma.
Rimasti soli, i due si osservarono per qualche minuto senza proferire parola, poi Ryoga chinò il capo.
“Akane io... ti chiedo scusa. Mi vergogno da morire per quello che ti ho fatto, e so che le mie scuse non basteranno a cancellare il passato... ma credimi se ti dico che mi dispiace.”
Akane continuò ad osservarlo in silenzio, così Ryoga proseguì.
“Io... io mi vergognavo da morire per la mia maledizione... Inizialmente solo Ranma l’aveva scoperto, e nonostante all’epoca non corresse buon sangue tra noi ha sempre fatto in modo di mantenere il segreto per me. Non so cosa lo spingesse a farlo visto che odiava l’idea che ti stessi vicino come animaletto da compagnia, però non lo ha mai rivelato a nessuno e di questo gliene sarò sempre grato... “ disse tutto d’un fiato. “Forse più di tutti capiva cosa volesse dire vergognarsi della propria condizione... anche se l’ha spesso usata a proprio vantaggio. Ma chi sono io per scagliare la prima pietra?”
Akane rimase colpita da quella frase, così simile a quella che Ranma le aveva urlato poco prima. 
“Io... io non ho scusanti per il mio comportamento, per aver... approfittato della mia maledizione” continuò Ryoga, di nuovo sull’orlo delle lacrime “è solo che... all’epoca ero così innamorato di te e credevo fosse l’unico modo per rimanerti vicino...”
Trattenne a stento un singulto, temendo che l’ira di Akane si abbattesse su di lui.
Invece sentì le braccia della ragazza stringerlo a sé, a volerlo consolare.
E crollò, lasciandosi andare a un pianto liberatorio.
 
Non immaginava sarebbe crollato così.
Continuava a rivivere la scena come fosse fosse impressa su nastro, rivivendo ogni secondo.
Era la prima volta che urlava così con Akane. Anche nelle loro peggiori liti, non aveva mai alzato così tanto la voce con lei. E la cosa peggiore era che non si sentiva dispiaciuto come avrebbe voluto.
Perché quelle cose se le era tenute dentro per così tanto tempo che credeva se le sarebbe addirittura portate nella tomba. Fino ad ora aveva continuato a ripetersi che erano storia vecchia, che era passato tanto tempo ed era inutile discuterne ora che le cose con Akane andavano così bene. Errori di gioventù, si disse, come il suo chiamarla maschiaccio in continuazione. Acqua passata.
Ovviamente si era sbagliato, e ora che il metaforico vaso di Pandora era stato aperto non aveva idea di come richiuderlo, né se fosse possibile farlo.
“Sapevo di trovarti qui...”
La voce di Ucchan lo distolse dai suoi pensieri. Tuttavia non si mosse, ma rimase steso sul parquet del dojo a fissare il soffitto.
"Tsk. Dove volevi che fossi? O qui o sul tetto".
"Già. Conosco tutti i tuoi luoghi segreti".
"Bah. Lasciami in pace, per favore. Non è il momento e non sono dell'umore".
"Va bene" disse con falsa accondiscendenza lei, sdraiandosi al suo fianco.
"... mi prendi per il culo, Ukyo?".
"No" ridacchiò "O sì? Decidi tu, per me è indifferente".
"Te lo chiedo gentilmente: vai via. Non voglio gente fra le scatole".
Lei scosse la testa con un sorriso da faina: "Non posso. Un'anima in pena ha bisogno del magico unguento Kuonji".
Ranma lasciò che una rauca risatina gli sfuggisse dalle labbra, vetta massima di allegria che si sentiva in grado di esternare. Poi le diede la schiena, ribadendo che non voleva essere disturbato.
"Ranma" disse lei in tono più serio "pensi davvero quello che hai urlato in faccia a quella poveretta?".
Poveretta? LEI poveretta?
La gente ha deciso di morire male, per caso?
Devo incazzarmi sul serio?
"Sì, lo penso davvero. Akane mi ha reso la vita un inferno per mesi e mesi per questa cosa. Mi sono vergognato come un ladro quando mi sono presentato qui per la prima volta con le tette e i capelli rossi. L'ha scoperto per caso e me l'ha rinfacciato a ripetizione, nei gesti e nelle parole. Non posso dimenticare quanto sono stato male e quanto ho sofferto in quel periodo".
Ukyo si ammutolì, colpita da questo sfogo come un pugno direttamente sul naso. Non si aspettava tanto astio e tanto risentimento, davvero no. Pensava che il nocciolo del problema fosse di portata molto, molto minore.
Qua devo adottare una tattica diversa, altrimenti non me la cavo più.
"E dimmi un po'... perché hai aspettato tutto questo tempo per tirar fuori la questione?".
"Non lo so. Mi è sgorgata naturale dal petto. Cos'è, devo renderti conto anche dei miei tempi adesso?".
"No no, figurati. Era solo una curiosità. Ma mi stuzzicava capirne il perché, ecco".
"Non te lo so dire, davvero. E ora vedi di smammare, per favore".
"No Ranma, non vado da nessuna parte".
Il ragazzo si voltò nella sua direzione. Sbavava.
"Ukyo, se stai cercando di tirarmi fuori dalla grazia dei kami sei già ad un ottimo punto. Vattene finché sono ancora abbastanza lucido o rischio davvero di non rispondere di me stesso".
Un sospiro. Un attimo di indecisione. Poi una certezza.
"Se mi vuoi fuori di qui dovrai buttarmici a forza".
Si chiese mentalmente se Ukyo fosse per caso uscita di senno. Lo stava provocando volutamente, conscia di rischiare grosso.
In realtà nemmeno Ranma credeva di essere in grado di torcerle un capello, se c’era un principio a cui era sempre stato fedele era proprio quello di non picchiare una donna. Ma d’altro canto, nello stato mentale in cui si trovava, non era sicuro di nulla.
“Ukyo, dico sul serio... va via.”
“Anche io sono seria e no, non me ne vado. Non ti lascio solo in questo stato!”
Quando Ranma sferrò un pugno contro il pavimento cacciò un urlo, più per la sorpresa che per reale paura.
“Ukyo... per favore...”
La ragazza fissò le assi di legno spezzate, domandandosi se non fosse meglio seguire il... consiglio di Ranma e andare via. Ma lasciarlo a macerarsi nella rabbia e nel nervosismo non avrebbe giovato a nessuno. Inspirò e cercò di racimolare un po’ di calma e coraggio.
“Mi dispiace, ma non mi muovo di qui.”
“Stai rischiando...”
“Non è vero e lo sai. Se avessi voluto davvero picchiarmi l’avresti già fatto, e non te la saresti presa col parquet. Tu non sei uno che picchia le donne.”
Ranma sollevò lo sguardo, ancora visibilmente nervoso, ma apparentemente più disponibile al dialogo.
“Che cosa vuoi, Ukyo?”
“Parlare. Voglio che mi parli, che mi dici perché il casino di Ryoga e P-Chan è diventato un dramma di proporzioni bibliche tra te e Akane, voglio sapere perché ti sei tenuto dentro tutto questo per più di un anno!”
“Te l’ho già detto, io... credevo di poter dimenticare. Di poterci passare sopra, ora che le cose con lei vanno... andavano bene. Era passato così tanto tempo che era troppo assurdo tirarle fuori! E anche in passato, ogni volta che pensavo fosse il caso di discuterne, finivo per dirmi che era inutile farlo, che lei non avrebbe ascoltato o si sarebbe arrabbiata inutilmente... e quando le ho chiesto cos’era successo con Ryoga, beh... sono esploso. Non ci ho pensato, è stato istintivo...”
“Non credevo che ti vergognassi tanto della tua maledizione...”
Ranma sorrise amaramente.
“Il fatto che la usi spesso a mio vantaggio non vuol dire che mi piaccia. Col tempo mi ci sono abituato ma... è comunque avvilente non poter essere un uomo al cento per cento. Credi che mi piaccia venir palpato costantemente da Kuno, o Happosai? O che non mi abbia infastidito anche Nabiki quando, arrivati qui in casa Tendo, mi ha toccato il seno prendendosi gioco della mia situazione? Se c’è uno che capisce la vergogna che prova Ryoga, ti assicuro che quello sono io. Per questo, nonostante tutto, l’ho aiutato a mantenere il segreto...”
Ukyo sospirò, incerta su cosa fare. Si era fiondata in palestra sicura di dover solo risolvere una scaramuccia tra due testoni innamorati, e che la situazione peggiore fosse quella di Ryoga... ma cominciava a credere di aver giudicato male la questione.
Ok Kuonji, il tempo delle chiacchiere è finito. Tempo di agire, adesso.
"Ranma" disse per l'ultima volta, con tono quasi scontroso "perché invece di sbraitare come un bambino viziato non hai mai pensato di appianare questa divergenza con Akane? Vi conosco abbastanza da sapere che se non sistemate subito il problema ve lo trascinate fino al punto di ebollizione. Piccolo tontolino che non sei altro. Adesso tu vieni con me e parli per bene con lei di questa cosa, possibilmente cercando di venirvi incontro invece di fare muro contro muro".
Non attese neanche una sua risposta, che probabilmente sarebbe stata di stizza, e lo afferrò cominciando a trascinarlo verso il soggiorno fra le sue proteste.
Naturalmente entrambi sapevano che gli sarebbe bastato uno strattone per liberarsi e tornare a fare lo zerbino intristito nel suo angolino sporco, ma pur non essendo particolarmente entusiasta all'idea di affrontare la sua dolce metà dopo così poco tempo... beh, diciamo che Ukyo Kuonji conosce bene i suoi amici d'infanzia. La previsione sulla durata del distacco fra i due piccioncini sbagliava giusto nell'ordine dei decimi di secondo.
"Su su, piantala di sgomitare inutilmente. Non può farti che bene".
"Cattiva!".
"Se fossi veramente cattiva ti avrei lasciato lì nel tuo brodo".
"Cattiva lo stesso!".
"Lo vuoi il ciuccio, bimbo Ranma, o stai bene così?".
E con questa riuscì a zittirlo definitivamente.
Quando giunsero dov'erano diretti, però, ciò che li accolse non ebbe un effetto propriamente positivo.
Akane stava abbracciando un Ryoga in lacrime.
Sentimenti contrastanti nacquero in entrambi.
“Beh questo... non me lo aspettavo.”
La voce funerea di Ranma distolse Akane e Ryoga, che subito scattarono in piedi.
“R-Ranma ti prego, non è come pensi...!”
Ma il codinato non volle sentire ragioni, e l’ultima cosa che i presenti videro fu la sua treccia prima che saltasse su un albero in giardino e si dileguasse.
Akane si lasciò cadere su uno dei cuscini, esausta.
“Ci mancava... ci mancava solo questa!”
Ryoga, dopo la riconciliazione con Akane e il pianto liberatorio, non si perse d’animo e cercò di tirarla su.
“Niente panico” disse, asciugandosi il volto rigato di lacrime con una manica “lo cercheremo e lo faremo ragionare! Quel testone al solito ha interpretato le cose a modo suo, e nello stato in cui è ci starà costruendo sopra castelli di carte...”
Akane annuì, poco convinta.
“Vado a darmi una rinfrescata” disse “poi vado a cercarlo... o lo aspetto qui... insomma, non lo so.”
Ryoga la osservò incamminarsi lungo il corridoio, sinceramente dispiaciuto per quella situazione. I Kami avevano decisamente un tempismo tutto loro - e un senso dell’umorismo particolarmente crudele. Poi, sentendosi osservato, si voltò verso Ukyo: la cuoca stava facendo i salti mortali per sembrare tranquilla e non dare a vedere l’agitazione che la divorava dall’interno, ma ormai Ryoga aveva imparato a interpretare i piccoli tic che la ragazza faceva quand’era nervosa.
Si avvicinò a lei e, inarcando un sopracciglio, sorrise sornione.
“Non avrai mica pesato che...?”
“ASSOLUTAMENTE NO!” fu la risposta di Ukyo, in un tono di voce più alto del normale che fece scoppiare a ridere l’eterno disperso. La cuoca avvampò d’imbarazzo - e anche un po’ di fastidio, ma si sciolse come neve al sole quando sentì poggiarsi sulla sua spalla la fronte del ragazzo.
“Certo certo. Sei tutta d’un pezzo, tu.”
...stupido uomomaialino.
 
Quel pomeriggio andava cancellato dalla sua agenda, dal calendario, dall’universo.
Prima il litigio con Akane, poi... quello.
Razionalmente sapeva che non aveva motivo di preoccuparsi, eppure... era come se tutta la gelosia che aveva provato ai tempi verso Akane e Ryoga fosse tornata a galla tutta d’un colpo.
Cazzo è la giornata dei ritorni in grande stile, pensò.
Ranma sbuffò, e osservò il panorama dal tetto del Furinkan. Non avendo voglia di farsi trovare - non ancora, aveva evitato di arrampicarsi su quello di casa Tendo ed aveva corso fino a scuola.
Non aveva idea di cosa fare. Se non si fosse trovato a fissare Akane e Ryoga abbracciati a quest’ora probabilmente avrebbe parlato con lei e avrebbero fatto pace, e poi avrebbero ripreso a ingozzarsi di patate dolci - il suo stomaco non guardava in faccia i suoi problemi esistenziali.
“Certo che oggi hai dato proprio spettacolo, Saotome.”
"E adesso chi è che rompe, si può sapere?" disse scocciato voltandosi verso la fonte del disturbo.
C'era Mousse di fronte a lui, le mani nelle maniche e lo sguardo... divertito?
Una cospirazione nei miei confronti, non c'è altra spiegazione. I miei supposti amici si sono messi tutti d'accordo per cercare di farmi mangiare il fegato senza neanche un buon contorno. Bella gente che frequento.
"Come mi hai trovato?".
"Segreto segretissimo. Non lo saprai mai".
"Interessante, quasi quanto un documentario sulle otarie. Ora svanisci, grazie".
E come ormai si era abituato quel giorno, lui chiedeva una cosa e l'altra persona faceva l'esatto opposto. Difatti non si meravigliò neanche troppo quando vide il cinese avanzare verso di lui.
"Mi viene da chiedermi se ho cominciato a parlare in mongolo, oggi" rimarcò acido ad alta voce, anche se in realtà stava parlando con se stesso.
"Non conosco le tue acrobazie linguistiche. In compenso ho sentito, anche se solo di sfuggita, la mezza scenata che hai piantato con Ukyo e quella intera con Akane. Se posso...".
"No, non puoi. Volete mettervi in testa di lasciarmi in pace, una buona volta? Sono sovraccarico in questo momento e non voglio gente fra le palle, ok? Se mi concedeste un momento per riflettere e rifiatare...".
"... Nerima avrebbe una scuola in meno. Spiacente, ho abbastanza spirito civico da volerlo evitare".
Ranma sorrise di malavoglia. Capiva il tentativo di Mousse di farlo rilassare, e in parte stava anche funzionando, solo che... non ne aveva nessuna voglia. No, proprio nessuna. Si sentiva in pieno diritto di essere ferito, deluso, arrabbiato. Gli sarebbe passata, probabilmente, ma non aveva nessuna fretta.
"Tsk. Per quanto so di essere forte e figo nelle arti marziali neppure io riuscirei ad abbattere l'intero edificio da solo".
"Meglio non prendersi rischi inutili, non credi?".
"Chissenefrega".
"L'acido muriatico che hai ingoiato in grandi quantità doveva essere proprio buono. Emani simpatia da ogni poro".
"Forse perché non voglio essere simpatico in questo preciso momento, Mousse. Non ti è passato per l'anticamera del cervello? Il concetto di privacy ti è così estraneo?".
"Ascoltami bene, bamboccio. Puoi anche smetterla di succhiarti il dito rivendicando il tuo stupido diritto a voler essere furibondo quando sei il primo che ha fatto impazzire in ogni modo possibile e immaginabile quella povera ragazza. Ora non fraintendermi, so che spesso anche lei ci metteva parecchio del suo. Ma non sei nella posizione più comoda per fare il martire della situazione. Perché, invece di star qui a piangerti addosso come una mammoletta, non vai da lei a sistemare il danno? E possibilmente senza farti trascinare da Ukyo, un'altra donna che ha la sacrosanta pazienza di starti appresso nonostante spesso e volentieri non te lo meriteresti".
Ranma lo guardò come si guarderebbe il fantasma del proprio bisnonno che viene a farti una visita notturna per fare due chiacchiere in pace.
“Se hai sentito tutta la mia discussione con Akane, allora hai anche sentito che è partito tutto dal suo volermi rinfacciare uno stupido equivoco per mesi” rispose Ranma, senza preoccuparsi di nascondere il fastidio “e solo DOPO quell’evento ho cominciato a risponderle e prenderla in giro. E prima che tu lo dica” alzò una mano per zittire Mousse “no, non è una giustificazione a tutti gli insulti che le ho rivolto né per come mi sono comportato con lei. Sono perfettamente conscio dei miei errori - meglio tardi che mai, si!, e mi sono scusato più e più volte con lei perché sapevo di averle fatto male e volevo davvero che mi perdonasse.”
Parlò tutto d’un fiato, e Mousse stava per rispondergli per le rime quando Ranma riprese il suo monologo.
“Ma posso, per una volta, pensare a me e a come mi sento? Lo so che penso SEMPRE a me stesso perché mi ritenete un egoista infantile e bla bla bla, ma stavolta ci sto male sul serio e sarebbe carino se almeno provaste a lasciarmi sbollire - visto che a risollevarmi il morale non siete particolarmente bravi oggi!”
Mousse lo osservò in silenzio, l’espressione assolutamente neutra e impassibile. Eppure Ranma continuava a leggere nello sguardo del cinese una nota di divertimento che lo mandava fuori dai gangheri. Sbuffò e si alzò, camminando su e giù per il tetto senza apparente meta. Non aveva neanche nulla da prendere a calci per sfogarsi. Poteva prendersela con Mousse, in effetti, ma lasciò perdere per diverse ragioni: intanto non voleva aggravare quel casino solo perché gli prudevano le mani; poi, anche se lo infastidiva, sapeva che Mousse agiva in buonafede; e poi, aveva il vago sospetto che il cinese non avrebbe ceduto alle sue provocazioni come un tempo, limitandosi a fissarlo come stava già facendo.
“Non ho mai detto che non hai diritto di sentirti ferito” proruppe Mousse, dopo un silenzio che a Ranma parve lunghissimo “diciamo solo che volevo essere sicuro che non fossero stupide ripicche... mi perdonerai se non conosco tutti i retroscena della tua relazione con Akane.”
Ranma non rispose, ma si limitò ad annuire.
“E comunque sappiamo entrambi che avresti già fatto pace con lei, se non l’avessi vista abbracciare Ryoga.”
Ecco, quella frecciata faceva male.
“Questa potevi risparmiartela, che ne sai di come mi sento?”
Mousse si limitò a sorridere, senza cadere nel tranello delle sue provocazioni.
“Ranma, ricordi tutte le volte che ti ho attaccato perché avevo trovato te e Shan-Pu in atteggiamenti che a me sembravano compromettenti?”
“Oh certo, i vasi da notte che mi hai tirato in testa me li ricordo tutti.”
“Allora ti assicuro che capisco come ti senti. Hai travisato quell’abbraccio, sei fuggito senza chiedere spiegazioni convinto di aver ragione, ma quando ti sei fermato a riflettere hai capito che avevi sbagliato. E ti sei sentito un cretino.”
L’unico pensiero che attraversò la mente di Ranma, mentre ascoltava Mousse spiegargli i suoi atteggiamenti meglio di qualunque psicologo al mondo, era che si era rotto le scatole di essere sentimentalmente prevedibile per tutta Nerima.
E la cosa peggiore era che aveva maledettamente ragione.
"Ma in tutto questo la parte importante è una: hai frainteso. Per carità, capisco perché tu l'abbia fatto e, se al posto di Akane e Ryoga ci fossero stati Shan-Pu e un bellimbusto a caso, probabilmente anch'io avrei reagito così. Ma non lasciare che la tua gelosia ti accechi più del dovuto. Non so i particolari, ma presumo che Akane stesse cercando di consolare un Ryoga distrutto dalla vergogna e dal rimorso per averle tenuta nascosta la faccenda di P-chan. Visto che immagino tu e io siamo i primi a capire come si dev'essere sentito quando la cosa è venuta a galla, prova a mettere da parte il tuo risentimento e a far finta di nulla. Suvvia Ranma, lo sanno anche i muri che Akane ti ama pazzamente. Quest'ultimo anno e spicci è passato così inosservato nel tuo cervellino di gallina? Io non credo, per quanto ti piaccia atteggiarti da scemo del villaggio non sei poi così tanto stupido da non saperlo perfettamente. E allora perdonala, qualunque sia la sua colpa, e va' da lei. La giornata era cominciata così allegramente, non farla finire in un'immotivata nota triste".
E Ranma, come per magilla, sentì una parte della sua incazzatura sciogliersi da sola.
Mousse aveva ragione. Assurdamente ragione.
Se lui e Akane si fossero messi a rinfacciarsi tutto quello che di antipatico e brutto c'era stato fra di loro non avrebbero neanche avuto il tempo di godersi la loro storia. Sarebbero finiti all'ospizio a tirarsi gli aeroplanini di carta sbilenchi facendosi le pernacchie.
Hai avuto il tuo momento al centro del palco. Hai pianto, ti sei sfogato, hai urlato. Ora basta con le scene madri. Non perderci sopra ulteriore tempo prezioso.
Il ragazzo col codino si avvicinò al cinese, che per precauzione si mise in posizione di difesa. Temeva di aver dato troppo fiato alle trombe e di aver detto qualcosa di sbagliato. Si calmò quando l'altro si limitò a mettergli una mano sulla spalla, guardandolo fisso negli occhi, e disse semplicemente questo: "Grazie".
"Prego" recuperò velocemente l'aplomb.
"Ora scusami, ho una fidanzata da recuperare". E senza aspettare una risposta si voltò e zompò via dal tetto del liceo, lasciandovi un tutto sommato soddisfatto ragazzo orbo.
 
Akane passeggiava nervosamente per casa. Era stata fatta desistere dal proposito di correre a cercare Ranma, ma proprio causa immobilità si sentiva tremendamente agitata.
Stava per salire le scale per l'ottocentesima volta quando...
"Akane? Posso parlarti?".
Era la voce di Shan-Pu.
Con tutto quello che era successo si era totalmente dimenticata della sua presenza. Sentendosi un po’ colpevole, le chiese di cosa voleva discutere.
Shan-Pu inspirò, raccogliendo un po’ di coraggio e pensando bene a cosa dire visto che il suo giapponese zoppicante non l’avrebbe aiutata.
“Akane io... devo chiederti scusa.”
...EH?
Ok, in un anno a Nerima erano cambiate tante cose. Ma delle scuse da parte di Shan-Pu erano qualcosa ancora fuori dal mondo.
“Per... per cosa mi stai chiedendo scusa?”
“Se non avessi fatto stupido scherzo a Ranma lui non avrebbe usato Nekoken, e Ryoga non avrebbe parlato, e non avreste litigato e-”
“Ok ok Shan-Pu, hai reso l’idea.”
Shan-Pu si zittì, un po’ infastidita per l’interruzione - insomma, le costava fatica mettere insieme un discorso comprensibile in giapponese e nemmeno glielo facevano conlcudere?
Akane la osservò, riflettendo sulle sue parole. Da un lato era cosciente che tutto era cominciato a causa del pessimo senso dell’umorismo della cinesina, e trattenne a stento il desiderio di dirgliene quattro e azzuffarsi con lei, tanto per sfogare la rabbia. E tuttavia...
“Credo invece di doverti ringraziare.”
“Come...?”
“È vero, il tuo scherzo a Ranma ha scatenato un putiferio ma... se non l’avessi fatto certe cose non sarebbero mai venute fuori. E forse avremmo continuato a vivere tranquilli... o meglio, io avrei continuato ad essere serena e ignara di tutto. Ryoga invece avrebbe continuato a stare sul chi vive, e voi con lui nel cercare di reggergli la messinscena... e Ranma non avrebbe mai detto quelle cose, tenendosele dentro in eterno. Oppure sarebbe successo tra tanti anni, ma sarebbe stato ancora peggio di così. Quindi credo sia il caso di dirti grazie... davvero.”
Shan-Pu guardò Akane perplessa. Si era aspettata la sua solita reazione violenta, e invece... la stava ringraziando?
Stupido Mousse, avevi ragione.
“A quanto pare le rivoluzioni cinesi non bastano mai, da queste parti... se non ci sono loro in zona siamo incapaci di parlare sinceramente.”
Le ragazze si voltarono verso la voce, e videro Ranma sulla soglia della porta che le osservava.
“Io... credo andrò a cercare Mousse. Voi due dovete parlare.” disse Shan-Pu, e si defilò alla velocità della luce.
Akane guardò il fidanzato negli occhi, terrorizzata.
Non vi vedeva più la rabbia e il rancore che contenevano solo un paio d’ore prima, ma i sensi di colpa la stavano divorando viva.
“Ranma, io...”
“Akane ti prego... lascia che parli per primo.”
"Ok ok, hai campo libero. Prego" fece lei con un gesto teatrale, quasi a concedergli lo spazio sul palcoscenico.
Sperò che questa pantomima mascherasse la tensione.
"Akane... ho sbagliato. E hai sbagliato. Non nego di aver esagerato con la reazione, e anch'io devo ringraziare una persona che viene dall'altro lato del mare del Giappone per avermene fatto rendere conto, ma resta che potevi evitarti di farmi pesare come un macigno la mia maledizione, i primi tempi che ho vissuto qui. Detto questo, che era giusto per mettere i puntini sulle i, voglio chiederti una cosa: smettiamola di farci vicendevolmente del male. Il passato è quello che è e ormai certe cose non si possono più correggere. Accettiamolo e guardiamo avanti. Alcune ferite, alcune brutte parole, alcune situazioni spiacevoli... fanno ormai parte di noi e di come siamo fatti. E non possiamo cancellarle con un colpo di spugna. Io so solo che non voglio più stare così come sono stato oggi. Ero fuori di me e per un attimo, per fortuna durato lo spazio di un secondo, ho quasi pensato di... di farla finita fra di noi".
La pausa drammatica nel discorso di lui le diede il tempo necessario per galoppare con la fantasia macabra. Questo non fece altro che accentuarle il senso di colpa per quanto aveva detto e fatto.
"Poi sono rinsavito. Sono tornato in me. Ho accantonato quello stupidissimo proposito e, grazie ai saggi consigli di un certo papero e di una cara cuoca, ho visto le cose per quel che sono e non per quel che erano. Ho sbagliato a tirar fuori quella cosa dopo tutto questo tempo. Cancelliamola. Non è mai successa. Nascondere la verità sotto il tappeto è brutto, ma a volte necessario. Ti chiedo solo una cosa, d'ora in avanti".
"S-Sarebbe?".
"Facciamo del nostro meglio per evitare che si ripresentino momenti come quello vissuto oggi. Cerchiamo di non rinfacciarci nulla e, se c'è qualche problema, affrontiamolo al momento invece di seppellirlo e tenerlo da parte per sfoderarlo come asso pigliatutto durante un litigio. Non ci fa bene comportarci in questo modo dissennato. Io voglio solo amarti, non trovarmi a contare gli sgarbi che ci siamo fatti a vicenda. È triste. È ingiusto. È sbagliato".
Quell’ultima frase fece crollare la finta compostezza che aveva esibito solo per riuscire a parlare con Ranma senza singhiozzare. Senza neanche ragionarci si gettò tra le braccia del ragazzo, nascondendo il viso contro il suo petto.
“Mi dispiace, mi dispiace! Se... se solo me l’avessi detto io...” sussurrò tra le lacrime, mentre sentiva le braccia di Ranma stringerla ancora di più a sé.
“Va tutto bene, ormai è passata” le sussurrò all’orecchio “avrei dovuto parlarne prima. Ormai è tutto finito, non pensarci più.”
Akane annuì, tirando su col naso. Poi sollevò lo sguardo.
“Promettimi solo di non dirlo più.”
“Che cosa?”
“Che... che mi avresti lasciata...”
Ranma la osservò per un attimo, intenerito, e ridendo poggiò il mento sulla testa di Akane.
“Ma dove vuoi che vada, che uno che ti sopporta non lo trovi ad ogni angolo di strada...”
Akanè ringhiò, ma venne zittita prontamente dal fidanzato.
“...e soprattutto dove la trovo io, una donna che sopporta un rompiscatole come me?”
Akane sorrise finalmente e, assicurandosi che non ci fosse nessuno in giro, si alzò in punta di piedi e stampò un bacio sulle labbra di Ranma - che preso in contropiede arrossì come un peperone. Ma apprezzò, parecchio.
 
“Oooh, finalmente!”
“Shan-Pu, vuoi smetterla di spiarli?”
La cinesina si voltò verso Mousse, che era impegnato a divorare una delle patate dolci rimaste dal pomeriggio - augurandosi che decidessero di cuocerne altre, che quella era ormai fredda.
“Volevo solo vedere fino a che punto avevi ragione” borbottò Shan-Pu, avvicinandosi al ragazzo “e capire il senso del tuo consiglio.”
“Quale, il dover chiedere scusa ad Akane? Quello dovevi farlo a prescindere” rispose lui, pacato “...e comunque, io ho sempre ragione.”
Mousse sorrise, e Shan-Pu sbuffò. Detestava avere torto, e soprattutto detestava che Mousse glielo facesse notare.
“Scusate voi due, noi il mandarino non lo capiamo” si intromise Ukyo, osservando i due ragazzi parlottare in lingua natia. Ryoga li guardava con uno sguardo altrettanto stralunato di chi non ha capito niente.
“Oh perdono, stavo solo facendo notare a Shan-Pu che io avevo ancora una volta ragione.”
Ukyo sorrise e annuì.
“Dovrebbero proprio farci delle statuette votive, non trovi?”
“O un altare, anche.”
“O un tempio, perché no?”
“Perché non farvi beatificare direttamente e raggiungere i kami nell’alto dei cieli?” disse Ryoga, tanto per interrompere quell’emanazione di boria tra la sua fiamma-o-presunta-tale e il cinese.
“Suvvia Ryoga, dopo oggi ce lo meritiamo proprio” sorrise la cuoca “abbiamo fatto un lavoro enorme per tirarvi fuori da questo dramma. E non è mica una cosa da poco, con voi!”
“Esatto” aggiunse Mousse “due cervelli funzionanti su sei in proporzione sono pochi.”
“Mousse, sulla tua patata dolce ci vuoi mica del foie-gras?”
Ranma, insieme ad Akane, lo osservava dall’entrata della sala da pranzo. Il sorrisone che aveva stampato in faccia lasciava intendere che aveva decisamente fatto pace con Akane, e che l’ira se ne era andata lasciando il posto al suo solito senso dell’umorismo tutto personale.
Mousse stava per rispondergli quando si avvide di una mano all'altezza della sua faccia. Apparteneva ad Ukyo, che lo guardava come a dirgli "e allora, 'sto cinque me lo dai o no?".
Il fatto è che a Joketsuzoku non sono abituati a darsi il cinque. Società guerriera, vent'anni di scuola obbligatoria, tanta formalità. Pertanto la sua reazione fu di sincera confusione di fronte a quel semplice gesto.
Ranma, che aveva recuperato completamente il buon umore dopo la riappacificazione con la sua bella, non mancò di approfittarne: gli afferrò la mano e gliela alzò facendogliela sbattere contro quella di Ukyo. La quale, pur contenta di aver avuto il suo piccolo premio, rimproverò Ranchan per averlo dovuto imboccare come se fosse un bambino piccolo.
"Oh, che vuoi? Aveva la faccia di uno che ha visto un alieno verdognolo. Gli serviva una mano, è proprio il caso di dirlo".
"Sigh" rispose lei "quasi quasi ti preferivo cupo e arrabbiato. Il tuo umorismo è sempre di bassissima lega".
"Io so combattere, non far ridere la gente".
"E meno male. Se ne avessi fatto un mestiere saresti all'angolo della strada a chiedere la carità".
E tutti i presenti, vittima della battuta esclusa, presero a ridere.
Era bello stare insieme in maniera spensierata, specialmente dopo aver ricucito uno strappo così profondo che aveva segnato le loro vite per tanto tempo.
Un altro dei segreti di Nerima era emerso, come un tesoro dalla stiva di una nave pirata. Aveva portato baruffe, urla e incomprensioni ma anche gioia, allegria e momenti di tenerezza.
Sarebbe stato a quei sei giovinastri cercare di fare in modo che il futuro non riservasse altre brutte sorprese.


***
(1) Successo in Secret of the Heart Split in Two.
(2) Successo in Two-Part Secret Heart.



***
Prima storia di questa raccolta legata a Secretception, come annunciato all'inizio legata principalmente a missing moments sulle varie coppiette: tutto quello che avreste voluto vedere ma che Kaos e Mana non sono riusciti ad inserire!
Dato che sarò io (Mana) ad occuparmi di postare la raccolta, troverete note d'autore con chiarimenti vari (se la storia è legata a un pezzo specifico della saga, se è stata scritta a quattro mani o da uno dei due, ecc), e soprattutto niente titoli "sbarazzini" alla Kaos: stavolta decido io :D (La mia vita fa schifo. NdKaos)
Il titolo della raccolta viene dalla OST di Ranma, mentre il titolo della shot e la citazione iniziale provengono da Someone to Blame degli Entwine.
Spero sia stata una lettura piacevole, alla prossima!

Kaos & Mana

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Capitolo 2
*** Accidentally in love ***


2. Accidentally in love
 
How much longer will it take to cure this
Just to cure it cause I can't ignore it if it's love (love) 
Makes me wanna turn around and face me but I don't know nothing 'bout love 
Accidentally in love - Counting Crows
 
 
Al Nekohanten era una giornata fiacca, quasi depressa. Inteso che non c'era l'ombra di un cliente neanche a pagarlo oro.
I tre gestori/impiegati del locale erano tremendamente annoiati. La vecchia Cologne stava in cucina a spignattare per tenersi impegnata, sai mai che quale vagabondo decidesse di rompere l'impasse.
Shan-Pu e Mousse erano invece seduti a un tavolo del salone a fare giochini stupidi per passare il tempo, attendendo l'ormai insperato arrivo di un cliente che li distogliesse dalla noia cosmica.
Se qualcuno non presente nell'ultimo anno abbondante di Nerima li avesse visti avrebbe cominciato a balbettare dallo stupore: se ne stavano lì tranquilli a giochicchiare, sorrisini e battutine inclusi. Roba che era più che impossibile prima dell'arrivo del maremoto che aveva sconvolto le vite di un certo gruppetto di sedicenni, ora diciassettenni. (1)
"Stai barando Shan-Pu, stai barando!" guaì Mousse dopo l'ennesima sconfitta a Carta Forbice Sasso. La dentatura splendente che esibiva ad ogni piè sospinto sarebbe stata un'eccellente reclame per un dentifricio.
"Sei proprio un pessimo perdente, Mu-Si. Come faccio a barare a 'sto gioco, me lo spieghi? Ancora non so leggere nel pensiero" rise lei mentre gli dava qualche buffetto sulla guancia per cercare di placarlo.
"Sarà qualche tecnica che io non conosco! Sì sì, è per forza così!".
"Paperotto, dai. Sei scarso, accettalo. Mica è un dramma non riuscire a vincere una sola mano su ventinove".
Lui stava per rispondere quando sprofondò nella sedia, lo sguardo un po'... malinconico? Intristito? Shan-Pu non capiva l'improvviso cambio di umore.
"Sai, pensavo..." cominciò, un tono di voce più cupo rispetto a prima.
"A cosa? Tutto bene?".
"Sì sì, sto benissimo. Pensavo solo... ecco, in questi momenti mi fa ancora strano rendermi del tutto conto di come le cose siano cambiate. E tutto per causa mia. Voglio essere onesto: sono orgoglioso di quel colpo di testa. Ci ha fatto bene, a tutti. Abbiamo sciolto i legami che ci costringevano nei nostri ruoli predefiniti, consentendoci di vivere la nostra vita al pieno".
"Da quando sei un filosofo, tu?" lo apostrofò scherzosamente.
"Non sono un filosofo, dai. Solo perché ogni tanto ho degli sprazzi di profondità non vuol mica dire che non rimanga lo stesso papero maldestro e pasticcione che ti ha sempre marcato stretto".
"Dici? In quest'ultimo anno ho visto grandi cambiamenti, e non mi riferisco solo alle nostre situazioni. Parlo proprio di te".
"Uh? Che intendi?".
Shan-Pu gli sorrise, quel tipo di sorriso gentile che un anno prima avrebbe solo sognato di vedere sul viso della ragazza.
“Intendo dire che non sei più il ragazzino buffo che andava in giro per il villaggio urlando ai quattro venti il suo amore per me, o il ragazzo che mi ha seguita fino in Giappone per sfidare quello che credevo essere il mio futuro sposo. E per questo non ero mai riuscita a... prenderti seriamente” disse, cercando le parole più giuste per non ferire Mousse e venire fraintesa. “Diciamo che non immaginavo nemmeno che sotto quei versi da poeta e i mazzi di fiori nascosti nelle maniche ci fosse un-”
“...cervello?” suggerì lui, ironico.
Shan-Pu fece una smorfia, mentre Mousse ridacchiava.
"Se non mi avessi interrotta avrei detto che dietro quella maschera si celava un ragazzo incredibilmente perspicace e capace di osservare le persone molto meglio di quanto voglia far credere... ma ci faremo andar bene anche cervello” concluse lei, con una linguaccia.
“Beh, ammetto che quando ti avevo davanti perdevo del tutto il lume della ragione... e finivo per rendermi ridicolo in ogni modo possibile e immaginabile.”
“Anche quando ti trovavi Ranma davanti andavi fuori di testa...”
“Ammetterai che avevo le mie ragioni” disse “ma quando ho capito che non era l’ostacolo che credevo i nostri rapporti sono diventati più... normali, ecco. Certo, tante volte ho anche pensato di mollare e andare via...”
A quella rivelazione Shan-Pu si irrigidì.
“Perché...?”
Mousse rise, un velo di tristezza negli occhi.
“Perché da parte tua non vedevo alcuna speranza, una possibilità, nulla... se non fossi testardo come un mulo probabilmente avrei gettato la spugna tanto tempo fa, invece di perdere la testa e fare ciò che ho fatto. Ma sono contento di aver resistito tutto questo tempo, o non saremmo qui adesso” disse, alzandosi e girando attorno alla sedia su cui Shan-Pu era seduta “e non avrei potuto più urlare al mondo quanto io ti ami, stavolta senza timore di un tuo rifiuto.”
Fece apparire una rosa dalla larga manica della sua veste e la regalò alla cinesina per poi avviarsi verso le cucine, dove la vecchia Obaba urlava già di andare a fare rifornimenti per il ristorante.
Rimasta sola, Shan-Pu osservò il fiore tra le dita e ripensò alle parole del ragazzo. 
Quel “ti amo” detto alla fine, con la naturalezza che aveva sempre contraddistinto Mousse nell’esprimere i suoi sentimenti, aveva fatto tornare a galla una domanda che per diverso tempo aveva evitato... ma che ora premeva per avere la sua risposta.
Mousse la amava. Ma lei? Lo amava?
Naturalmente non poteva dire di trattarlo come lo trattava prima di tutto quel gigantesco casino che aveva movimentato sin troppo le loro vite. Il loro rapporto era immensamente migliorato, tanto che erano arrivati al punto di... come dire senza essere volgari... di condividere una notevole soglia di intimità. Dentro il letto, sì.
Ma è notorio che il mero atto non vuol dir nulla di per sé. Altrimenti le prostitute sarebbero tutte sposate con cinque o sei clienti assieme.
Shan-Pu provava qualcosa di profondo per lui, di questo ne era sicura. Nonostante le apparenze, difatti, non era il tipo di persona che si concede per nulla. Anzi. Però il dubbio persisteva.
Non era mai affettuosa, non più di quanto lo potrebbe essere con un altro amico. Non aveva mai preso l'iniziativa nel baciarlo, in pubblico o in privato che fosse. Non lo abbracciava. Non lo accarezzava. Mancava totalmente di slancio nei piccoli gesti e ciò le creava confusione in testa riguardo ai suoi sentimenti per lui.
C'è anche da capirmi, cavolo. Per un sacco di tempo non ho avuto occhi che per Ranma. Non l'avevo mai minimamente considerato in quel senso, se non in nessun senso. Era Mousse la scocciatura, lo sguattero, l'inutile.
Questo tipo di domanda le galleggiava in testa da relativamente poco tempo e, una volta privata del suo obiettivo con il codinato, si era ritrovata su fondamenta sabbiose e prive di consistenza. Si era aggrappata alla corda che lui le aveva cavallerescamente lanciato ma non era sicura di quanto fosse salda la presa.
"Ni-hao, Shan-Pu" disse una voce alle sue spalle che la ridestò da tutte queste paranoie.
Una voce conosciuta.
Si voltò e di fronte a sé vide Ranma, le mani in tasca e un leggero sorriso sbruffone. Proprio da lui.
"Ehi, ciao. Cosa fai qui?".
"L'ultima volta che ho controllato questo era un ristorante e si dà il caso che sia ora di pranzo. Uno non può nemmeno più andare a mangiar fuori la domenica, ora?".
"No no, ci mancherebbe. Prego, siediti. Se tu mi dà due secondi per sistemarmi...".
"Il tuo giapponese fa sempre pena, cara mia. Perché non ti fai dare lezioni dal tuo fusto miope?" la prese in giro con puro spirito goliardico.
Quando la vide incupirsi improvvisamente si pentì della battuta.
“Uh, ho forse detto qualcosa che non dovevo...?”
“No no Ranma, va tutto bene!” rispose lei, scuotendo lievemente la testa e sfoggiando un sorriso di circostanza. “Accomodati pure, io va in cucina a prepararti il solito!” disse, captando appena il cenno affermativo del codinato.
 
Il “solito” di Ranma, al Neko Hanten, comprendeva almeno due porzioni di ramen, due di ravioli al vapore e, se era in vena di concedersi anche il desert, frutta cinese caramellata. E oggi era uno di quei giorni in cui aveva voglia di dolce dopo tutto quel salato.
Shan-Pu, seduta all’altro capo del tavolo, lo osservava distrattamente mugolare di piacere assaporare la frutta caramellata; visto che Ranma era l’unico cliente, si era concessa il lusso di prendere posto al tavolo e fare compagnia all’amico.
Amico... era ancora così strano per lei definirlo così.
“Ehi, terra chiama amazzone! Sei ancora tra noi?”
La voce di Ranma la distolse dai suoi pensieri.
“Si scusa, Shan-Pu è un po’ sovrappensiero...” disse, parlando di sé in terza persona come non le capitava da tempo - una delle abitudini linguistiche che, al contrario del giapponese altalenante, stava ormai perdendo.
“Si, me ne ero accorto già prima, quando sono arrivato...” commentò Ranma, spazzolando via gli ultimi residui di pastella caramellata dal piatto.
“E tu da quando così acuto?” chiese Shan-Pu, stizzita - ma non troppo.
Ranma sbuffò, un po’ infastidito dal commento.
“Lo so che non sono l’essere più perspicace dell’universo” borbottò “ma in quest’ultimo anno persino io sono cambiato un po’, sai? Comunque nessun problema, ti lascerò annaspare nei tuoi drammi, sia mai che mi intrometta...”
“Scusami Ranma, non volevo essere offensiva” ammise Shan-Pu, cosa più che rara per lei “sono solo... inquieta.”
“Questo l’avevo capito da me” disse lui, addolcendo il tono. “Vuoi... parlarne?”
La cinesina osservò il ragazzo che aveva amato - o creduto di amare per tanto tempo, domandandosi se non fosse troppo strano fare certe confidenze proprio a lui. E tuttavia si disse che sfogarsi non poteva che farle bene.
“Ranma tu... come hai capito di amare Akane?”
A quella domanda Ranma rischiò seriamente di farsi andare di traverso la sua bibita. Diversi colpi di tosse dopo, riacquistò un minimo di lucidità e compostezza per rispondere al quesito.
“Shan-Pu p-perché mi chiedi una cosa del genere?”
“Rispondi e basta” arrossì “se... se vuoi.”
Persino il codinato capì che c’era qualcosa sotto, ma che la cinesina non voleva ancora svelare; così si limitò a fare come gli era stato chiesto.
“Sai non è facile risponderti... suonerò banale, ma credo di essere sempre stato innamorato di lei. Non dal primo momento in cui l’ho vista, intendiamoci, sarebbe uno stereotipo ridicolo persino per me. Anche se ammetto che l’ho subito trovata carina, a dispetto di tutti gli insulti che mi andavo inventando ogni giorno” raccontò, sorridendo mentre riportava alla mente quei ricordi per lui così belli e intensi.
Shan-Pu lo ascoltava attenta, curiosa di capire qualcosa di più di quei sentimenti per lei ancora così complicati - e perché no, conoscere un lato di Ranma che all’epoca della sua corte spietata non si era mai preoccupata di scoprire.
“Credo di essermi innamorato di lei per davvero il giorno in cui mi ha portato in spalla fino a casa dall’ambulatorio del dottor Tofu” proseguì “perché non riuscivo a camminare a causa di uno scherzetto del dottore. Non so cosa sia stato... se era l’atmosfera, o i suoi capelli che mi solleticavano il naso, o l’essere così vicino a lei o semplicemente l’essere soli senza litigare. So solo che è stato quello il momento in cui ho davvero iniziato ad innamorarmi di lei.”
Si fermò qualche secondo, crogiolandosi nel ricordo di quel momento. Poi alzò il viso verso Shan-Pu e le sorrise.
“Il problema però non era certo capire che ero innamorato... era ammetterlo. Con me stesso e con lei. Ma come ben sai è stato un doloroso tira e molla durato anche troppo tempo, e ho dovuto rischiare di perderla davvero per tirare fuori il coraggio di dirglielo...” ammise. “Ma, piuttosto... come mai questa domanda?”
Shan-Pu trattenne il respiro, incerta su cosa rispondere; poi sputò fuori la verità, incapace di trattenerla ancora.
“Io... io non so cosa provo per Mousse... non riesco a capire...”
Ranma sgranò gli occhi, incredulo.
E qualcuno, fuori dal locale, lo imitò. 
Poi si incamminò in silenzio per il vicolo, senza sapere dove andare.
Mousse, perché ovviamente di lui si trattava, si preoccupò a sentirla parlare così.
Allora papero, rifletti. Perché Shan-Pu dovrebbe parlare in questo modo? Da quell'ormai lontano giorno le sei sempre stato vicino, l'hai supportata, l'hai sorretta, l'hai coccolata senza però cadere nel patetismo che ti ha sempre contraddistinto. Sei riuscito ad essere una persona persin normale, in certe circostanze, e a comportarti come farebbe un qualunque ragazzo giapponese della tua età nei confronti della sua bella. 
Quindi, in tutta onestà, non hai nulla da rimproverarti in tal senso. D'accordo, magari in qualche occasione sei stato un po' esagerato o troppo smielato, ma me lo si conceda diamine. Ho finalmente ottenuto quello che volevo dalla tenera età di sei anni e che mi era sempre rimasto precluso.
... l'ho ottenuto davvero, però?
Non si può negare che Shan-Pu sia immensamente più gentile e comprensiva nei miei confronti, questo no. Però, se si fa certe domande, non è sicura neanche con se stessa di cosa prova per me. E ciò, com'è facilmente intuibile, non mi riempie di gioia.
Con calma, Mu-Si. Con calma.
È vero, Shan-Pu ha dei dubbi. Ma è normale, per la miseria. Ha sbavato dietro Ranma per un sacco di tempo, davvero tanto. Un anno, in confronto, è una miseria. E nessuno può negare gli indubbi miglioramenti che ci sono stati fra di noi. È solo questione di tempo. Spero.
Con questi pensieri contrastanti e confusi Mousse proseguì la sua passeggiata senza meta.
 
Nel frattempo, dentro il Nekohanten, Ranma assistette ad uno spettacolo a dir poco unico: Shan-Pu che si apriva come un libro di fronte a lui.
"Perché sì, io sta bene con Mousse e lui è carino e dolce e premuroso ma anche adesso, quando tu entrato, io ho avuto leggero capogiro e dolore al petto. Poco poco ma c'era. Io ho paura... di non averti scordato ancora del tutto...".
Era sull'orlo delle lacrime. Si muoveva affannosamente in mille direzioni gesticolando senza il minimo senso logico. Inspirava con fatica ed espirava con ancor maggiore difficoltà.
Stava soffrendo e non faceva nulla per nasconderlo. Ranma, in una piccola parte del suo cervello, si stupì molto di quanto stava osservando visto che non era facile poter dire di aver visto una prode amazzone in preda ai dolori amorosi. Anche nei momenti peggiori, quando lo inseguiva forsennatamente, aveva sempre avuto attorno a sé una fiera aura di compostezza e dignità. Lì era andata beatamente a donne di facili costumi.
"Shan-Pu, Shan-Pu! Calmati adesso, su. Non esagerare o rischia di venirti un colpo!" disse lui prendendola per le braccia e cercando di ricondurla a una parvenza di ragione.
"Io... non so... non voglio... è complicato per me...".
"Ascolta, facciamo una cosa furba. Tu adesso ti vai a prendere un bicchiere d'acqua e cerchi di rilassarti quel tanto che basta. Io invece mi approprierò del vostro telefono e chiamerò qualcuno in grado di aiutarti meglio di quanto possa far io nei miei migliori sogni. D'accordo? Ti sta bene?".
Annuì con un cenno della testa, troppo spossata per usare le parole. Lui la fece alzare e la accompagnò gentilmente verso la cucina, assicurandosi che ce la facesse da sola prima di dirigersi verso il telefono.
 
Ok, era chiaro che i Kami si stavano ancora sollazzando a sue spese.
Aveva provato a chiamare a casa, certo che una visita a Kasumi sarebbe stata la panacea per tutti i mali d’amore di Shan-Pu: la maggiore delle sorelle Tendo aveva fatto da paciere tra lui e Akane infinite volte, e aveva ascoltato i drammi di mezza Nerima trovando una parola di conforto per tutti. Purtroppo aveva dimenticato che quel giorno aveva pianificato di andare a trovare il Dottor Tofu per, beh... sondare il terreno. Anche lei aveva i suoi piccoli problemi sentimentali, d’altronde.
L’altra opzione, ovviamente, era stata Ukyo. Ma come nella più stereotipata delle gag, aveva dimenticato che anche lei non era al ristorante: la sua amica d’infanzia era infatti fuori città con Ryoga e due biglietti per un concerto di una illustre sconosciuta, tale Yolanda Tasico. Una cantante enka filippina, pare. Nessuno di loro, esclusa Ucchan ovviamente, aveva idea di chi fosse la signorina Tasico: persino il proprietario del negozio di dischi dove la ragazza aveva acquistato i biglietti aveva ammesso di non aver mai sentito parlare della presunta cantante, con buona pace di Ukyo e le grasse risate di Ranma e Ryoga. A proposito di quest’ultimo, Ranma rivolse un pensiero per lui ai Kami, chiedendo loro di dargli la forza di sopravvivere alle insopportabili canzoni enka che Ukyo tanto amava e di farlo desistere dal volersi strozzare con la bandana.
Sospirò. Purtroppo non aveva davvero idea di chi altro chiamare per un consulto... e tuttavia non se la sentiva di lasciare Shan-Pu da sola, in quello stato. Gliene aveva combinate di tutti i colori in passato, ma non poteva fare a meno di considerarla un’amica. E Ranma Saotome non abbandona gli amici nel momento del bisogno.
“A quanto pare la mia fonte di saggezza non è reperibile al momento” disse, sedendosi accando a Shan-Pu “ma non ho voglia di lasciarti in preda alle crisi esistenziali. Quindi... anche se sono la persona meno adatta, proverò a darti una mano io, nei limiti del possibile.”
La cinesina sgranò gli occhi, incredula.
Dopo tutti i problemi che gli aveva causato, Ranma era ancora disposto a darle una mano.
“Io... io non so come ringraziarti...”
“Oh non dirlo neanche, non ho ancora avuto modo di fare danni” scherzò, lieto di vedere l’ombra di un sorriso anche sul volto di Shan-Pu.
“Allora, fammi capire bene” disse “dici di non essere sicura di ciò che provi per Mousse. Beh, magari la mia domanda sarà prevedibile e banale ma se... ecco, se avete questa... relazione” disse, non sapendo come definire bene il loro rapporto - anche alla luce delle piccanti rivelazioni che Mousse aveva fatto a lui e Ryoga, tempo addietro “significa che qualcosa per lui la provi... no?”
“Beh, si... solo che io non... non riesco a capire cosa sia questa cosa... capisci?” piagnucolò Shan-Pu, più confusa di prima.
Ranma si grattò la testa, indeciso... poi si disse che la cosa migliore era provare a calarsi nei panni di un’amazzone confusa dai suoi stessi sentimenti. E la cosa gli riusciva abbastanza bene.
“Shan-Pu, io non sarò un esperto di mali d’amore” disse “ma so cosa voglia dire essere confusi quando una persona ti piace. Lo so benissimo. Come ti ho detto prima, ammettere i miei sentimenti per Akane è stato un procedimento lungo e faticoso, e più volte mi sono ritrovato insicuro su ciò che provavo per lei.”
La cinesina lo guardò, cercando di capire dove Ranma volesse andare a parare.
“Se non fosse stato per il colpo di testa di Mousse, un anno fa, probabilmente la situazione sarebbe rimasta invariata per me e Akane, e per tutti quanti” proseguì “invece quel suo gesto ha avuto il potere di farmi capire quanto stessi rischiando di allontanarla da me, in maniera pericolosa. Diciamo che il suo gesto estremo mi ha davvero chiarito le idee.”
“E avrebbe dovuto chiarirle anche a me?” chiese Shan-Pu, incerta.
“Beh, sulla mia situazione e sull’impossibilità di sposarti con me di sicuro” disse Ranma. Poi, in tono più serio, disse: “Chiediti questo: se ora ti trovassi in una situazione estrema, cosa faresti per Mousse? Saresti disposta a sacrificarti per lui? Ti conosco abbastanza da sapere che non avresti portato avanti il tuo rapporto con lui se non ci fosse di più di un’amicizia a legarti a lui. Forse sono un inguaribile sentimentale, ma credo che la tua confusione derivi più dal timore di accettare una verità per te sconcertante che la paura di non ricambiare quei sentimenti tanto forti.”
Detto questo si congedò da Shan-Pu e si incamminò verso casa, non prima di aver dato una pacca sulla spalla alla cinesina come incoraggiamento a riflettere.
Quest’ultima lo osservò incredula, chiedendosi dove Ranma Saotome tenesse nascosto il cervello di solito.
 
La passeggiata si era rivelata meno rilassante di quanto credesse.
Più camminava, più i dubbi lo assalivano.
Alla fine, in preda alla disperazione, Mousse si abbandonò sull’altalena di un parchetto nei pressi del ristorante. Non aveva ancora voglia di tornare e affrontare Shan-Pu.
Era ancora immerso nei suoi pensieri, quando qualcuno alle sue spalle lo salutò.
“Mousse! Che ci fai da queste parti? Il Neko Hanten è chiuso?”
“Oh... Akane?”
"In persona. Cosa ci fai qui tutto solo? Il ristorante è fallito?".
Quando lui non reagì neanche con un mugugno Akane intuì che c'era un problema. E pure grosso, stando allo sguardo funereo che aveva.
Non se n'era accorta subito e si pentì di aver scherzato in quel modo leggero.
"Mousse? Tutto bene?" chiese accomodandosi sulla seggiola vicina.
Lui non rispose, ancora meditabondo.
"Mousse?".
"Uh? Scusa, scusa. Ero sovrappensiero".
"Ho notato. Qualcosa ti preoccupa". Non era una domanda, era un'affermazione. Non serviva essere Ukyo la Psicologa per accorgersene.
"Già, è proprio così. Prima ho ascoltato Shan-Pu mentre diceva a voce alta che...".
"Che?".
"... che...".
"Mousse. Stiamo giocando a saltarello?".
"Perdonami, sono molto scosso. Shan-Pu... ha ammesso che non sa se mi ama".
Ooooooh. Cumulonembi sulle teste cinesi, mi sa.
Ho da fare, oggi? Uhm. I compiti per lunedì sono smaltiti, Ukyo ha trascinato quella povera anima di Ryoga a spaccarsi le orecchie con della schifida musica enka, altre incombenze od ostacoli non ce ne sono.
Su Akane, su. Non cercare scuse che sai non esserci. Questo ragazzo ha fatto tanto per tutti noi, che lo volesse o no. È stato il suo primo colpo di testa a farci trovare nella situazione attuale, che è fuori da ogni dubbio migliore per tantissime cose rispetto al precedente status quo. E non solo quello: non dimenticarti che ha parlato a Ranma quando è esploso il petardo di P-chan. (2)
Si merita una spalla amica. Al momento altre appendici in vista non ce ne sono. Datti da fare.
"Ti va di parlarne?" chiese cauta. Era disposta ad ascoltarlo, ma non altrettanto sicura che volesse esporsi con lei.
Da Mousse le arrivo uno sbuffo e un quasi inudibile "sì".
Passarono un paio di minuti di silenzio. Akane trovava giusto lasciargli tempo e spazio perché, pur non conoscendo i particolari, aveva perfettamente intuito la portata del problema e in simili casi non bisogna mai mettere pressione.
Ad un certo punto lo vide saltare in piedi sull'altalena e cominciare pian piano a dondolarsi, abbastanza da muoversi ma non così tanto da non poter parlare in tono normale.
"È passato Ranma al ristorante, io ero uscito per un paio di faccende da sbrigare sul retro. Quando stavo per rientrare li ho sentiti confabulare e lei gli ha detto che non sa se mi ricambia".
"Basta? Non c'è altro?".
"Basta? Mi sembra sufficiente, non credi?".
"Sì sì, certo. Scusa, scelta infelice dei termini. Intendevo dire: c'è altro?".
"Non che io sappia, ma è bastato a gettarmi nella depressione più nera".
Akane raccolse le idee. Non sapeva molto, d'accordo, ma abbastanza da poter imbastire una linea d'azione. L'esempio di Ukyo era stato illuminante.
"Mousse, parlerò a puro titolo personale. Sono solo le mie sensazioni e le mie opinioni e sei libero di prenderle come preferisci. Ma, se posso permettermi, credo che tu stia mettendo un po' troppa fretta a Shan-Pu".
"Fretta? Cosa intendi?".
"A quel che ne so la parola «fretta» ha un solo significato. E la fretta è cattiva consigliera. Fidati, sono un'esperta del campo. Ho dato a Ranma tante di quelle cartelle a causa sua che ne abbiamo perso il conto. Ascoltami: Shan-Pu è una ragazza... ostica. Non puoi aspettarti che cambi e diventi un'adolescente zuccherosa dall'oggi al domani".
"Sì, ma un anno...".
"... è poco. Io non ne so molto, ma presumo che a Joketsuzoku foste circondati da signore poco ragionevoli come la nobile Obaba. E che quindi certi modi di fare e certi pensieri vi siano stati inculcati a forza dentro la testa. Prova a confrontare sedici anni o poco meno di una simile vita con il tempo molto inferiore che avete passato qui, dove tra l'altro per lunghi periodi vi siete comportarti in maniera che immagino identica. Non ti sembra di vederci una sproporzione?".
Mousse si fermò un attimo a riflettere sulle parole di Akane.
Aveva davvero messo fretta a Shan-Pu? Non credeva di averlo fatto, non di proposito almeno... ogni gesto affettuoso, ogni pensiero che aveva per lei, era fatto senza secondi fini: non aveva mai preteso che lei ricambiasse sentendosi obbligata, lui li faceva semplicemente perché sentiva di volerlo fare. E gli andava bene. 
“Io non... non credo di averle mai imposto nulla” disse, riflettendo alla ricerca di qualcosa che potesse smentire l’ipotesi di Akane “non intenzionalmente...”
“Non ho mai detto che fosse una cosa volontaria” aggiunse lei, con voce gentile “ma forse Shan-Pu l’ha interpretato diversamente.”
A un certo punto Mousse sgranò gli occhi e arrossì fino alle orecchie.
“Oh... oddio non vorrei che...” 
“Cosa?”
“E-ecco, fo-forse” balbettò il cinese, in preda al panico “ma ma è successo tutto casualmente e lo volevamo entrambi e davvero non l’ho costretta a fare nulla-”
“Mousse! Mousse calmati, non capisco di cosa stai parlando!”
Il ragazzo rivolse ad Akane uno sguardo titubante, mentre cercava di mettere insieme una frase senza balbettare.
“Intendevo... intendevo dire... quello...”
“Quello cos-OH” disse Akane, con un acuto finale che indicava il suo aver capito - e il suo imbarazzo. Aveva scoperto per caso che Shan-Pu e Mousse erano diventati parecchio intimi. (3) Sapeva che il cinese l’aveva confidato a Ranma e Ryoga, ma nessuno dei due aveva voluto dirle nulla; aveva però ascoltato una loro esilarante discussione squisitamente maschile in proposito, ritrovandosi a ridacchiare sul loro imbarazzo - e a invidiare un po’ Shan-Pu.
Scosse la testa per scacciare quei discorsi dalla mente e riacquistò un po’ di compostezza.
“Lo so che non l’avresti mai costretta a... venire a letto con te” disse, superando la timidezza “e sono sicura che fosse qualcosa desiderato da entrambi. Insomma, l’attrazione fisica c’è, l’ormone galoppa...”
“Ok Akane, ho afferrato il concetto “ la interruppe Mousse, ormai rosso come un peperone “sorvola i dettagli, ti prego...”
“Quello che intendo” continuò lei “è che sono abbastanza sicura che lei provi gli stessi sentimenti che tu provi per lei. Forse non sono ancora forti come i tuoi, forse ha ancora dubbi... ma credo che tu non abbia di che preoccuparti. Se avesse voluto troncare Shan-Pu l’avrebbe già fatto, e sai che è così... la conosci meglio di me, no?”
Mousse annuì, ascoltando Akane attentamente.
“Probabilmente le serve tempo per rifletterci attentamente... per com’è fatta e com’è stata cresciuta, credo non sia abituata a ragionare sui suoi stessi sentimenti e ad analizzarli. Obaba l’ha addestrata come una guerriera e l’ha indottrinata con l’idea di sposare un uomo che fosse più forte di lei e in grado di continuare la stirpe delle amazzoni... ma nessuno le ha mai parlato di amore. Di cosa si provi quando ti innamori la prima volta, di come stare accanto alla persona che ti piace ti faccia stare bene e ti faccia sentire le farfalle nello stomaco... lei queste cose non le aveva ancora provate, prima di arrivare in Giappone e convincersi che la sua ossessione per Ranma fosse amore. E quando ha scoperto che non era proprio così sappiamo bene com’è andata...”
Il ragazzo fece un cenno affermativo, ripercorrendo gli eventi di un anno prima... ricordando di come, per la prima volta, Shan-Pu si dovette confrontare con la realtà dei fatti, e con quei sentimenti che aveva creduto reali.
“Credo che Shan-Pu non abbia ancora ben capito come identificare quello che prova... ma il fatto che sia incapace di spiegarlo a parole a se stessa - e a te, non vuol dire che non ti ricambi. O che non senta lo stesso per te.” concluse Akane, con un sorriso.
"Lo... lo pensi davvero?" azzardò lui timidamente.
"Sì, questo è ciò che penso. Vi ho visti assieme, Mousse. Da un anno a questa parte siete affiatati, vi scambiate occhiate complici e lei ti avrà messo le mani addosso solo due o tre volte, che considerati i precedenti è veramente grasso che cola. Aggiungici che... ecco, avete consumato e mi sento di poter dire che se non è amore ci manca davvero, davvero poco".
Il sorriso stentato che le arrivò non soddisfò per niente Akane: "Su, togliti quella smorfia dalla faccia. Sono piuttosto convinta che tu non debba temere nulla, caro mio. E poi, se posso dirla tutta: quale pazza si lascerebbe sfuggire un ragazzo carino, dedicato e dolce come te? Vai tranquillo, Casanova".
I complimenti rivoltigli da Akane fecero rilassare un po' Mousse. In effetti era ben vero quello che lei aveva detto, sia per quanto riguardava il fatto che Shan-Pu fosse comunque un po' in difficoltà con se stessa e sia per quanto riguardava le sue non poche doti.
"Ti devo ringraziare, Akane Tendo. Avevo proprio bisogno di sentirmi confortato".
"Per un amico questo e altro, Mousse. Questo ed altro".
"Non posso credere, un secolo fa, di aver cercato di trasformarti in un'anatra come me. Me ne vergogno profondamente".
"Su su, è acqua passata... ti prego, che gioco di parole squallido. E poi io sono in debito con un po' tutti, qui. Arrancherò per parecchio tempo cercando di ripagarvi di quello che avete fatto per me".
"Ti prego, non incensarmi in questo modo smaccato. Mi metti in imbarazzo".
"Allora la prossima volta cerca di non scatenare un terremoto curativo di tali dimensioni. Io sto raccogliendo i frutti di un lavoro anche mio, ok, ma soprattutto tuo. E mi sembra giusto darti quel che ti spetta. Che, in questo caso particolare, erano un paio di orecchie desiderose di accogliere i tuoi dubbi e scioglierli".
Mousse non seppe trattenersi. Scese in fretta e furia dall'altalena e la abbracciò con foga, badando bene a non esagerare con l'impeto. Era ancora freschissima nella sua memoria l'ultima debacle dovuta a un gesto troppo affettuoso fra due amici.
"Mo-Mousse!".
"Scusa, è stato un impulso incontenibile" disse scostandosi "ma non ho potuto fare a meno di ringraziarti in maniera più pratica. Il solo fatto di sapere che ho una persona fidata con cui posso sfogarmi se ce ne fosse la necessità... non mi è successo spesso, nel resto della mia vita, ed è una sensazione strana".
"Ecco, vedi? Affrontare qualcosa di imprevisto o non abituale può creare reazioni non programmate o confusionarie. Dalle tempo e la possibilità di fare chiarezza dentro di sé. Scommetto che, più presto che tardi, otterrai le parole che vuoi sentire".
Lui si sfilò un attimo gli occhiali. Gli pizzicavano gli occhi.
 
Mettersi ai fornelli per distrarsi dai quei pensieri si era rivelato controproducente.
Shan-Pu aveva sperato che preparare qualcosa in vista dell’apertura serale potesse aiutarla a dimenticare i suoi problemi almeno per un po’, e invece si era ritrovata a confezionare ravioli rimugiando sulle parole di Ranma.
Sacrificare me stessa per Mousse...
Quella domanda continuava a ronzarle in testa da quando Ranma gliel’aveva posta; era chiaro che il ragazzo aveva fatto riferimento a tutte le volte in cui aveva salvato Akane da qualche pericolo, in particolare alla battaglia sul monte Hooh... dove la ragazza aveva davvero rischiato la vita. E dove Shan-Pu aveva finalmente compreso la profondità dei sentimenti di Ranma per Akane. Non che questo le avesse impedito di presenziare al matrimonio e fare di tutto per sabotarlo - riuscendoci, ma la sua trovata aveva assunto il sapore di un’ultima azione disperata che un piano ragionato come quelli passati.
E tuttavia né lei né gli altri erano riusciti a separare Ranma e Akane nemmeno in quel caso.
Sospirò, chiedendosi se in una situazione analoga anche il suo legame con Mousse si sarebbe rivelato così saldo: di certo i sentimenti di lui erano qualcosa di sicuro e forte... ma i suoi?
Più ci rifletteva, più le sembrava di girare a vuoto attorno al problema. 
Forse, come le aveva detto Ranma, aveva davvero paura di quella risposta che aspettava solo di uscire allo scoperto. 
E in tutto questo... dove diamine si era cacciato Mousse? 
Era uscito per delle commissioni, ma erano passate ormai un paio d’ore. E a meno che il fornitore non gli stesse pescando i gamberetti in diretta, decisamente quel ritardo era immotivato.
Magari ha incontrato qualcuno per strada e si è perso dietro alle chiacchiere, pensò.
Magari... magari ha incontrato una ragazza carina. Magari qualche liceale l’ha fermato solo per fargli qualche complimento.
Sbuffò a quel pensiero. Aveva notato, da un po’ di tempo a questa parte, che spesso e volentieri il ristorante si riempiva di ragazzine che venivano a pranzare solo per vedere Mousse: la cosa andava avanti in realtà già da qualche mese dopo l’arrivo del ragazzo in Giappone, ma Shan-Pu non vi aveva mai dato peso... se non di recente. E se prima l’aveva trovata una cosa ridicola - insomma, chi mai si interesserebbe a un ragazzo goffo e orbo che indossa due fondi di bottiglia come occhiali?, ora che le cose tra loro andavano decisamente bene si era scoperta... gelosa. Dannatamente gelosa. 
Shan-Pu era sempre stata gelosa delle attenzioni del ragazzo, in realtà: ma era ormai passato il tempo in cui era solo voglia di essere al centro dell’attenzione, lasciando il posto alla gelosia più vera... la gelosia che ti prende quando un’altra donna guarda il tuo uomo. 
E non poteva fare a meno di provare un neanche troppo velato nervosismo ogni volta che quelle ragazze flirtavano apertamente con Mousse, ricoprendolo di complimenti su quanto fosse carino, su che begli occhi avesse e che peccato dovesse usare quegli occhiali così brutti... tutte cose che lei stessa pensava. Ma che non gli aveva mai detto... perché non trovava il coraggio.
Poteva mascherarlo da orgoglio amazzone quanto voleva, ma la pura e semplice verità era che Shan-Pu di Joketsujoku non aveva il coraggio di ammettere i propri sentimenti al ragazzo che... amava?
Oh.
Sgranò gli occhi, stupita dal suo stesso pensiero. A quanto pare Ranma le aveva davvero dato un buon consiglio.
Ma il problema di fondo rimaneva... era sicura? Voleva dirglielo?
“Tutto bene bambina? Mi sembri irrequieta, a giudicare dal modo in cui stai torturando quei ravioli.”
"Oh, bisnonna. No no, tutto bene. Ero solo... sovrappensiero".
Gli occhietti raggrinziti di lei si fecero due fessure, gesto che compiva sempre quando si trovava di fronte a un pessimo bugiardo.
"Shan-Pu, non riusciresti a ingannarmi neanche fra mille anni. Cosa c'è che non va?".
L'amazzone più giovane si sentì tipo topolino in una gabbia da laboratorio, pronto per essere vivisezionato. Non aveva la minima possibilità contro trecento e passa anni di esperienza e furbizia.
"Non ti si può mentire neanche volendo, eh. Sì, in effetti c'è un pensiero che mi turba".
"Si notava. Di cosa si tratta?".
"... di Mousse".
"Cos'ha combinato quella papera spennacchiata?" chiese la vecchia con tono più sostenuto.
"No no, lui niente! Non fraintendere. Riguarda Mousse, ma non per via di qualcosa che ha fatto".
"E allora cosa c'entra?".
"C'entra perché... possiamo sederci, per favore?".
Non servì una risposta affermativa. Si diressero nel salone e lì si accomodarono.
Si respirava una strana atmosfera, in quel momento. Shan-Pu non era decisamente abituata a confidarsi con sua nonna in questo campo. Non era abituata a farlo con nessuno, a dire il vero, ma men che meno con lei. Sempre troppo austera e troppo pratica, dal suo punto di vista.
"Sto aspettando, bambina".
"Sì, scusa. Ecco, il fatto è che... non sono sicura di... ricambiarlo...".
Ci mise circa quattro secondi, Cologne, a scoppiare a ridere come una iena con l'asma. Non mancando di suscitare un leggero moto di stizza in sua nipote.
"Mi fa piacere che trovi le mie pene divertenti, bisnonna" commentò con una punta di sarcasmo.
"Ahahahahahahahahah. Oddio, scusami... è che questa vecchia carcassa non può fare a meno di trovare simili turbolenze giovanili molto divertenti. E molto immotivate".
"Prego?".
Dopo qualche secondo l'irrefrenabile crisi di riso andò via via scemando e l'anziana riuscì a formulare una frase di senso compiuto: "Vedi piccola, ho riso perché trovo tenere la tua inesperienza e ingenuità. In questo momento, nella tua testolina, navigano domande stupide e prive di fondamento".
"Non sono sicura che prendermi in giro mi sia di grande aiuto".
"Oh, invece è un toccasana per le mie sfibrate ossa. E comunque toh, ecco la dimostrazione di quel che dico: se vedessi Mousse con un'altra? Come reagiresti?".
Il grugnito che giunse alle sue orecchie fu per lei conferma sufficiente. Non lo fu per Shan-Pu.
"Ci deve solo provare, quella smorfiosa. Se succede la prendo, le cambio i connotati e getto i pezzi che mi avanzano nella spazzatura".
Era abbastanza per Cologne. Si avviò nuovamente verso la cucina, non prima di aver detto "I fatti parlano da sé, nipote. Non perdere tempo prezioso".
Osservando la bisnonna andare via, Shan-Pu si chiese come fosse possibile che tutti conoscessero già quella risposta che lei aveva faticato tanto a trovare. Prima Ranma, ora lei...
Ecco, le sue parole erano quelle che più l’avevano colpita.
Certe volte dimenticava che anche la vecchia amazzone aveva finito per accettare la sua relazione con Mousse. Non in maniera semplice e indolore, ovviamente... portava ancora con sé il ricordo di quei giorni, il ricordo di un Mousse che in preda alla rabbia l’aveva sfidata e l’aveva battuta riportando a galla persino segreti vecchi di anni - e tuttavia rifiutandosi di reclamare ciò che era suo di diritto, per le loro leggi.
Ripensò a come Mousse, dopo averla battuta, l’aveva guardata con... odio. Quegli occhi grigioazzurri così splendidi che l’avevano guardata come fosse la cosa più bella del mondo, in quei giorni le avevano riservato solo sguardi pieni di risentimento.
Sentì una fitta al petto nel ricordarli, e si augurò di non dover vedere quello sguardo mai più.
Ma ora c’era il pericolo che potesse di nuovo guardarla così. Se non avesse fatto chiarezza nei suoi sentimenti, se lui avesse scoperto quali dubbi la stavano tormentando... di sicuro l’avrebbe lasciata. E uno sguardo come quello ora non l’avrebbe retto. L’avrebbe distrutta in mille pezzi.
Cosa poteva fare?
“Sono tornato!”
Il cuore le saltò un battito. Stupidi Kami giapponesi e il loro tempismo del cavolo!
“B-bentornato Mu-si!”
Il ragazzo la osservò per un attimo, poi le sorrise.
“Co...come mai tanto ritardo? C’era molta gente al mercato?” chiese Shan-Pu, con finta noncuranza. Se doveva affrontare il discorso voleva partire... alla larga, ecco. Tanto per raccogliere le idee e mettere su un piano d’azione.
Kami, parlare di affari di cuore come fosse una guerra. Sono senza speranze.
“Oh no, c’era relativamente poca gente” rispose Mousse, mentre tirava fuori la spesa dai sacchetti “ho solo fatto quattro passi, dopo. Ho perso la cognizione del tempo...”
“Capisco” rispose lei, sforzandosi di non dare a vedere l’agitazione “immaginavo te ne fossi andato a zonzo da qualche parte... o che avessi incontrato qualcuno...”
Mousse inarcò un sopracciglio. Dalle cucine arrivò una risata gracchiante della vecchia Obaba, che solo per qualche secondo li distolse dai loro discorsi. Ah, i giovani.
“Chi avrei dovuto incontrare?” riprese Mousse, curioso.
“Ah non saprei, Ranma magari” si affrettò a rispondere Shan-Pu, ora visibilmente nervosa “o qualcun’altro... così, per dire eh.”
Al nome di Ranma qualcosa scattò nella testa di Mousse... e complice il comportamento strano della ragazza, non gli ci volle molto a fare due più due.
“Beh in effetti...” disse, dandole le spalle “ho incontrato qualcuno...”
Shan-Pu tese le orecchie.
“Una ragazza... molto carina.”
Shan-Pu si irrigidì.
“Ha ascoltato i miei problemi... è stata molto gentile, non se ne trovano spesso di persone così.”
Shan-Pu si sentì morire.
Un’altra risatina di Obaba richiamò la loro attenzione, ma liquidò il tutto dando la colpa a una delle sue soap-opera preferite.
"Già. Ho avuto un incontro fausto e mi è stato molto utile".
Lei era a dir poco scioccata. Non lo aveva mai sentito parlare in certi termini... di un'altra. Figurati, per quel che ne sapeva Mousse non concepiva neanche l'esistenza di un'altra oltre a lei.
"E... e dimmi" disse, cercando maldestramente di mascherare il malessere che affiorava "di... di cosa avete parlato?".
"Nulla di che. Avevo degli stupidi dubbi e la sua preziosa consulenza mi ha aiutato a dissiparli".
"D-Dubbi?".
“Sì, dubbi. Sai cosa significa quella parola, vero?".
"Cretino! Intendevo dire... che genere di dubbi?".
"Ma no, nulla. Solo una ragazza che non si sa guardare dentro e dubita di qualcosa che è evidente"
...
...
...
Stai cercando di dirmi qualcosa usando un codice strano, Mu-Si?
Decise che sarebbe stata al gioco: "Oh, ma davvero? E sentiamo un po' che cos'è questa cosa tanto evidente ma che questa scema non riesce a riconoscere".
Risata dalla cucina. Entrambi la ignorarono.
"I propri sentimenti" fece lui, ormai conscio che il divertimento nel prenderla in giro stava scappando via dalle sue dita. Eeeeeeeeh, un vero peccato.
"Quali sentimenti?".
"Amorosi".
"Nei confronti di chi?".
"Nei confronti di un ragazzo che le è fedele".
"Dev'essere proprio una stupida, costei".
"No, non la definirei così. È troppo crudele. Diciamo che, più che stupida, è solo poco abituata alla cosa".
"Beh, ai miei occhi questo non la rende meno cretina".
"Sii comprensiva con lei".
"Perché dovrei? Dico quello che penso di una persona così debole".
Ecco, lì Mousse non resse più. Non disse una parola mentre la abbracciò tipo grizzly.
"Non dire mai più che sei debole o stupida. Mai più. Fa più male a me che a te".
Shan-Pu fece una fatica del diavolo a ricacciare a calci le lacrime che le stavano salendo agli occhi.
E poi gli diede una gomitata.
“Ecco, questo di sicuro ti farà male! Più delle mie parole!”
“Ahia! E ora perché questo ritorno alle origini? Che ho fatto?”
“Fare il cascamorto con un’altra!” 
A quella frase, complice anche l’immagine delle guance di Shan-Pu gonfie come quelle di un criceto, Mousse scoppiò a ridere.
“Che cosa c’è di così divertente, eh?!”
Mousse non rispose, continuando a rotolare per terra dalle risate. Shan-Pu ringhiò, cominciando a odiare sta gente insensibile che rideva dei suoi drammi esistenziali.
“Visto che mi trovi così ridicola tornatene pure dall’altra ragazza!” piagnucolò “Sono sicura che sarete felici insieme!”
“Scusami, non volevo” disse lui, rifiatando “ma è proprio questo che mi fa ridere... davvero credi che ti avrei lasciata per un’altra? Dopo tutto quel discorso?”
Shan-Pu continuò a dargli le spalle, ora perfettamente conscia della sua gaffe e del rossore che cominciava a colorarle il viso.
“E poi dai, mi ci vedi con Akane?”
La cinesina rimase immobile, ora più che mai desiderosa di scavare una fossa e sotterrarsi per la vergogna. Si sentiva la scema del villaggio, non aveva nemmeno il coraggio di aprire la bocca temendo di sparare altre cavolate.
Mousse la osservò per qualche istante, poi sospirò e fece per avviarsi al piano superiore. Si disse che probabilmente aveva ragione Akane e che per Shan-Pu era ancora presto per affrontare il discorso, e decise di lasciar cadere la questione.
“Spero almeno che chiacchierare con Ranma ti sia servito...” si lasciò sfuggire, convinto di non venir udito dalla ragazza.
“...ci hai sentiti?”
...come non detto. Si diede del cretino per aver parlato a voce troppo alta.
“Si, stavo per rientrare quanto ho sentito parte della conversazione... non volevo origliare ma...” fece spallucce, troncando la frase.
“Mousse, io...”
“Guarda che non mi devi spiegazioni” disse lui, cercando di apparire tranquillo “come ti ho detto parlare con Akane ha chiarito in parte i miei dubbi. Forse per te è ancora difficile ammettere certi sentimenti, insomma sei stata addestrata per combattere, e non per innamorarti come un’adolescente normale... non è colpa tua” concluse lui, sorridendo. Un sorriso dolce, ma che a Shan-Pu fece male.
E quando lo vide salire le scale, le sembrò di perderlo sul serio. 
E allora urlò.
“WO AI NI!”
Mousse rimase fermo sui primi gradini, incredulo.
Shan-Pu era rossa in volto e ansimava come se avesse corso la maratona.
Dalla cucina arrivò un’altra risata gracchiante. Doveva essere una soap opera proprio esilarante.
“Anch'io ti amo, ma questo già lo sapevi" rispose fingendo un autocontrollo al di là di ogni sospetto. Perché avrebbe desiderato correre giù per le scale e abbracciarla e baciarla e farla rotolare per terra soffocandola con tutto se stesso.
Si trattenne non sapendo quale divinità ringraziare per il miracolo. Poi riprese la salita, gongolando come un matto per quello che aveva sentito solo pochi secondi prima.
Forse ce l'hai fatta, paperotto. Forse la fine della tua ricerca è arrivata. Forse puoi pensare di aprire il libro delle favole conscio che stavolta ci scriverete in due, invece di lasciare il calamaio in mano solo alla tua fantasia malata da sognatore.
Pensò fieramente di esserselo proprio meritato.
A pochi metri da lui, intanto, un'amazzone diciassettenne cercava di riprendersi come meglio poteva dal fantasma dell'infarto che l'aveva appena colpita in pieno volto.
Non credeva alle sue stesse orecchie. Le era sfuggito in un gesto inconsulto, è vero, ma non gliel'avrebbe mai e poi mai detto se non lo avesse pensato davvero.
È così facile lasciarsi andare a peso morto dalla cima di una cascata, quindi? Basta spegnere la parte consapevole di sé e dare libero sfogo all'emotività?
"Sei troppo cervellotica per la tua stessa salute, nipote. A volte fa bene non riflettere troppo. Adesso, per esempio, ti ha fatto un sacco bene".
Si voltò e vide la faccia di sua nonna che, stranissimo a dirsi, le sorrideva. Non il suo solito sorriso da vipera consumata, ma un sorriso affettuoso. Sincero.
"Bisnonna, io...".
"Non dire niente e vieni con me. Ho una storia da raccontarti".
"Che storia?".
"Di come sono riuscita a compiere l'impossibile impresa di innamorarmi di Happosai, tanto tanto tempo fa".


***
(1) Successo in Secret of the Heart Split in Two.
(2) Successo nel primo capitolo di questa raccolta, Someone to Blame.
(3) Successo nel capitolo 11 di Two-Part Secret Heart e raccontato nel dettaglio in Tutto Quello che Avreste Voluto Sapere sul Sesso di Joketsuzoku (e non Avete mai Osato Chiedere).



***
Secondo capitolo di questa raccolta, stavolta dedicato all'altra coppietta "ufficiale" di Secrets: Mousse e Shan-Pu!
L'idea di una Shan-Pu in preda ai dubbi su ciò che prova per Mousse, nonostante tutte le "rivoluzioni" messe in atto fin dal primo arco narrativo, è stata abbastanza naturale. Insomma, era difficile immaginarsela innamorata e adorante come una normale adolescente! :p
Speriamo di aver reso al meglio i suoi dubbi - e quelli del povero Mousse, e che sia di vostro gradimento!
La citazione e il titolo provengono da Accidentally in Love dei Counting Crows!
Alla prossima!

Kaos & Mana Sputachu

 

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Capitolo 3
*** The rest is still unwritten ***


3. The rest is still unwritten


I break tradition, sometimes my tries, are outside the lines

We've been conditioned to not make mistakes, but I can't live that way.

Unwritten - Natasha Bedingfield



“Come sarebbe a dire che non la conosce?!”
“Sono desolato signorina, ma come le ho già detto non ho idea di chi sia questa Yolanda...”
“...Tasico. Yolanda Tasico! Come può non conoscerla? È un negozio di dischi questo, o sbaglio?”
“N-no non sbaglia ma...”
“E allora perché non avete i biglietti del concerto di Yolanda Tasico?!”

“Magari sono razzisti nei confronti dell’enka...”
Lo sguardo omicida di Ukyo non bastò a zittire Ranma, intento a spanciarsi dalle risate insieme a Ryoga.

Ukyo ringhiò, decidendo che chiedere loro di accompagnarla al negozio era stata una pessima idea: tra quei due che la deridevano e il gestore del negozio che la guardava come le stesse chiedendo informazioni su un alieno, la povera cuoca non sapeva chi maledire prima.

“Abbi pazienza, non è che questa Yolanda Tasico sia poi così... famosa...” osò commentare Ryoga, prima di scoppiare nuovamente a ridere. Ukyo grugnì, ben sapendo che Ryoga aveva disgraziatamente ragione: la sua amata Yolanda Tasico era sì una cantante enka... ma filippina. E ancora poco nota al di fuori della sua patria. Ma non l’avrebbe mai ammesso, né con quei due né col negoziante. Ormai era una questione di principio.

“S-signorina...”
“Seh.” ringhiò verso il pover’uomo, ormai sull’orlo di una crisi di nervi.

“E-ecco f-forse” balbettò, porgendole due biglietti “c-credo di aver trovato i biglietti che cercava...”
Ukyo glieli strappò di mano, emettendo squittii di contentezza.

“Aaaah, che meraviglia! Ha visto che alla fine avevo ragione io e i biglietti li aveva?” sorrise sorniona al povero negoziante, che intanto ringraziava tutti i Kami per quel colpo di fortuna. Soprattutto, ringraziava il fatto che di lì a poco quella signorina l’avrebbe finalmente lasciato in pace.

“Sei contenta ora, bimba Ukyo?” si avvicinò Ryoga al bancone, che teneva in mano un cd di musica occidentale - per l’esattezza, Disintegration dei Cure; Ranma invece aveva fatto razzia di cd heavy metal, che aveva scoperto essere ottimi per i suoi allenamenti. Il signor Tendo la pensava un po’ diversamente, definendolo “rumore”... ma aveva deciso di soprassedere dopo che il ragazzo, così estasiato dai suoi allenamenti a tempo di musica, aveva accettato con piacere di cominciare a dare lezioni pomeridiane al dojo.

“Sono molto contenta” annuì Ukyo, sorridendo “soprattutto perché paghi tu mio caro. Anzi, a che ci sono prenderei quel singolo di Meiko Kaji che manca alla mia collezione!”
"Co-come pago io? Ma non ho uno yen in tasca!" pigolò Ryoga, naturalmente non contento della novità.
"Io ti fornisco vitto e alloggio nel mio ristorante. Mi sembra corretto da parte tua sdebitarti in qualche modo".
"Ukyo, ma sul serio... sono povero in canna. Non me lo posso permettere".
"E va bene. Vorrà dire che mi ripagherai in un altro modo".
"Che modo?".
"Non è appropriato parlarne in pubblico. Diciamo che è una cosa..." disse avvicinandosi all'orecchio del ragazzo, che già stava arrossendo violentemente "... riservata a una camera da letto".
Ryoga cadde come un sacco vuoto fra le braccia di Ranma, che in uno strano impeto di genialità si era messo appositamente dietro di lui perché prevedeva un'evoluzione del genere.
"Ukyo! Sei veramente tremenda. Cosa gli hai detto a 'sto poveretto?".
"Chi? Io? Niente. Firulì firulà".
"Prima o poi gli farai venire un infarto".
"Maffigurati. Il solito esagerato" concluse con un occhiolino. Poi si rivolse verso il negoziante, che aveva assistito alla scena con la bocca spalancata chiedendosi perché certa gente gli era finita in negozio.
"Prendo il singolo di Meiko Kaji e Disintegration per il mio... amico".
"S-S-S-Sì, o-ok".
"Oh, e non dimentichiamoci i biglietti" aggiunse voluttuosa mentre li strofinava sulla faccia dello svenuto Hibiki.
Che bello, che bello. Finalmente vedrò dal vivo la Divina.

Con in mano i preziosi biglietti, Ukyo trotterellò fuori dal negozio intonando sconosciute canzoni enka.

“Scusa se interrompo la tua esibizione, ma lui? Te lo sei dimenticato?” borbottò Ranma, trascinando fuori dal negozio un Ryoga privo di sensi.

“Oh... beh, potresti aiutarmi a riportarlo a casa?” sorrise a Ranma, il quale alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa di indefinito, per poi caricarsi in spalla l’eterno disperso e seguire Ukyo fino al ristorante.


“Eccoci a casa, peso morto!” disse Ranma, senza rivolgersi a nessuno in particolare: voleva essere una battuta per Ryoga, ma al momento l’uomomaialino era ancora svenuto. Si limitò quindi a sistemarlo alla meglio su una delle sedie del locale.

“Ancora privo di sensi? Ipersensibile il ragazzo!” trillò Ukyo, persa nella contemplazione del suo bottino musicale.

“E vorrei anche vedere, con le cose che dici...” borbottò Ranma, sedendosi al bancone.

“E tu che ne sai di cosa gli ho detto?”
“Con la reazione che gli ha causato di sicuro era qualche battuta sconcia che gli ha mandato il cervello in tilt! Non dovresti giocare così con lui, soprattutto se non avete... si insomma...”
“R-Ranma! C-che ne sai tu di co-cosa... !” balbettò Ukyo, presa in contropiede.

“Oh ti prego, Ryoga è un tontolone come me in questo campo! Ti assicuro che se fosse successo l’avrei saputo, non ce l’avrebbe fatta a tenerlo per sè...”
Ukyo avvampò, sia per l’imbarazzo che per un non troppo velato fastidio: odiava quando Ranma aveva ragione su di lei.

“E comunque dovresti davvero essere un po’ più delicata nei suoi riguardi” proseguì il codinato “di questo quel poveretto comincerà a sentire la mancanza di Akari!”
A quel nome Ukyo ringhiò e cacciò Ranma fuori dal ristorante; quest’ultimo corse via ridacchiando, lasciando una cuoca imbarazzata e furente.

Come ha osato quel cafone di Ranchan tirare in ballo Akari?

Non che avesse qualcosa di cui preoccuparsi, al momento: le cose tra lei e l’eterno disperso andavano piuttosto bene, e lui stesso le aveva detto che con Akari non aveva funzionato per diversi motivi... non era così bastardo da stare con una ragazza solo per dimenticarne un’altra. Ma soprattutto non poteva stare con una persona che amava i maiali e che di sicuro lo avrebbe amato anche per la sua maledizione, quando lui per primo odiava quella parte di se stesso e se ne vergognava.

Ukyo, al contrario, non aveva mai avuto problemi con il lato porcino di Ryoga - esclusi quelli per nasconderlo ad Akane, ma oramai risolti e messi da parte. (1)

Inspirò e si avviò verso il tavolo per svegliare il bell’addormentato.

Mi farò perdonare per le battutine, si disse. E sarà un concerto memorabile!

Angolo onestà: nel cervello di Ukyo, per una frazione di secondo, passò un'immagine che col concerto non aveva nulla a che fare. Era il primissimo modo che le era saltato in testa per farsi perdonare.

Sì, è quello che state immaginando brutti maiali.

Per fortuna sua, di Ryoga e dell'intera cittadina non registrò il particolare a livello conscio. Fu solo un velocissimo flash senza conseguenze.

Questo però la diceva lunga su un certo tipo di pensieri che stavano cominciando, molto piano e con molta discrezione, ad affacciarsi di quando in quando.

Ok, basta divagazioni sconce.

Ukyo scosse un po' il corpo senza sensi del ragazzo nel tentativo di svegliarlo. Dopo qualche prova a vuoto riuscì nel suo intento e trovò ad accoglierla uno sguardo decisamente frastornato.

"Che... che è successo?" balbettò lui ridestandosi.

"Nulla. Sei svenuto al negozio dopo che io...".

"Oh. Ora ricordo".

E improvvisamente fu glaciale silenzio dentro l'Okonomiyaki Ucchan.

Entrambi si sentivano come se stessero attraversando un sottilissimo strato di ghiaccio indossando scarponi con la suola alta dieci centimetri. Un solo passo falso e tutto sarebbe crollato in mille pezzi.

"Io...".

"... io...".

Si zittirono nuovamente, imbarazzati oltre ogni dire.

Una semplice battuta, detta con totale innocenza, li aveva gettati in questo delicatissimo equilibrio che nessuno di loro si sentiva pronto a spezzare.

Poi Ukyo prese il coraggio a quattro mani. Non sapeva per far cosa, ma quello stallo era insopportabile.

"Ryoga" disse tutto di un fiato prendendogli la mano.

"S-Sì?".

"Ecco... perché non...".

“Non...?” chiese Ryoga, interrogativo.

“P-perché n-non...” balbettò lei, gesticolando verso Ryoga; quest’ultimo inclinò la testa da un lato, non capendo il senso delle parole confuse della ragazza.

Oh Kami, come ho fatto a cacciarmi in questa situazione?

“Intendo dire” proseguì Ukyo, racimolando quella poca calma che le rimaneva “perché io e te non... non diventiamo... insomma... p-più..”
“Ukyo credo di non seguirtì...” pigolò Ryoga, sempre più confuso.

La ragazza sbuffò, esasperata dalla tontaggine del ragazzo e dalla propria incapacità di mettere insieme una frase di senso compiuto senza balbettare.

“Ascoltami, perché non lo ripeterò una seconda volta” disse “non per oggi almeno. Penso... penso che io e te dovremmo... avvicinarci di più.”
“Ma siamo già seduti vicini...”
“No, non intendevo questo. Voglio dire... dovremmo diventare più... intimi.”
“In che senso?”
Ukyo guardò Ryoga con occhi sgranati. A quanto pare Ranchan non esagerava proprio riguardo l’essere tonti su certi argomenti.

L’eterno disperso continuò a guardarla con un’espressione ingenua da cucciolo, ignaro dei pensieri che albergavano nella mente della ragazza. Poi, finalmente, l’illuminazione: ricordò la battuta di Ukyo che l’aveva quasi mandato all’altro mondo, e la ricollegò allo strano discorso che la cuoca stava cercando di condurre in quel momento. E finalmente capì.

“Oh... OH. T-tu i-i-i-ntendi...”
“Scusate, è aperto?”

Entrambi si voltarono di scatto verso gli incauti avventori del locale, ricordando che era quasi ora di cena e che di lì a poco il ristorante si sarebbe riempito di clienti.

Ryoga osservò Ukyo andare ad accogliere la coppia, e cercò di tornare in possesso delle sue poche facoltà mentali. Si rimise in piedi e andò a prendere il suo grembiule da cameriere - l’unico modo che aveva, al momento, per ripagare Ukyo dell’ospitalità, ringraziando i Kami per quel diversivo: non era sicuro di essere in grado di sostenere quella conversazione. Era... presto. Troppo. Soprattutto per lui, la cui unica relazione prima di Ukyo l’aveva avuta con una ragazza che lo amava più per la sua maledizione che per altro - e che soprattutto era riuscito a vedere pochissimo a causa del suo inesistente senso dell’orientamento.

Mentre prendeva le ordinazioni, pregò che Ukyo dimenticasse quel discorso, ma in cuor suo sapeva che sarebbe tornata all’attacco.

E allora non avrebbe saputo come reagire.


Il giorno dopo, un cartello appeso alla porta d’ingresso del locale avvisava eventuali clienti che il ristorante sarebbe rimasto chiuso per il week-end per motivi familiari. Il reale motivo, neanche a dirlo, era il concerto di Yolanda Tasico.

“Allora Ryoga, sei pronto?” trillò Ukyo, camminando a passo spedito verso la stazione.

“Eh, come no... non vedo l’ora” mentì lui, che non concepiva l’idea di andare in treno in un paesino disperso chissà dove per assistere al concerto di un’illustre sconosciuta - che cantava enka, per di più, genere che lui non digeriva. Ma per Ukyo, si disse, questo ed altro.

“Ti prego, metti da parte tutto quell’entusiasmo o finirai per sentirti male” lo pungolò Ukyo, che in ogni caso era troppo su di giri per lasciarsi condizionare dal malumore del ragazzo.

"Senti, non ci posso fare nulla se l'enka non... non mi piace, ecco". Aveva esitato perché temeva che lei se la potesse prendere più del necessario, ma d'altronde era la pura e semplice verità.

A Ryoga Hibiki l'enka faceva schifo. E non sono a lui. Anzi, a volerla dire tutta era Ukyo Kuonji la pecora nera del circondario, non di certo il contrario.

Ukyo si indispettì un pochino. Sapeva che lo stava più o meno ricattando per farsi seguire al concerto, ma non di certo perché volesse sottoporlo ad indicibili torture. E poi sapete com'è, portarsi Ryoga in giro dà possibilità al suo inesistente senso dell'orientamento di mettersi in mezzo e farlo perdere sul treno, in metropolitana, al palazzetto/stadio/ovunque si tenesse il concerto. Per com'era fatto meno si muoveva e meglio tutti stavano.

No, lo voleva con se... perché teneva alla sua compagnia.

Si era ormai abituata alla sua presenza, goffa e pasticciona, dolce e premurosa, al suo fianco. In un lampo sentì una minuscola fitta al cuore quando davanti ai suoi occhi, accanto al ragazzo con la bandana, apparve lo spettro di Konatsu. Fino a poco tempo prima era il suo ruolo, quello di esserle sempre accanto come ogni bravo cavalier servente che si rispetti.

Scacciò questo pensiero cupo. Non era proprio il momento adatto.

Vedere Ryoga così riottoso le faceva un po' male. A lei sarebbe piaciuto che anche lui trovasse sublimi le canzoni della Divina. Non era così, pazienza. Ma arrivare al punto di farlo sentire moralmente obbligato ad andarle dietro pur di farle piacere...

Non è giusto così, Ukyo. Non puoi approfittarti di lui così tanto.

Poi trovò il colpo di genio.

"Senti Ryoga, so che non sei entusiasta all'idea e me ne dispiace. Io però sono troppo su di giri per rinunciarci, specialmente con così breve preavviso. Facciamo così...". Lasciò volutamente la frase in sospeso.

"Così come?" chiese lui, onestamente stupito dall'evolversi della situazione.

"Così: tu vieni con me al concerto e cerchi, per quanto ti è possibile, di godertelo più che puoi. Ricordati sempre che non stiamo andando davanti al plotone di fucilazione, ma a goderci un paio d'ore di relax e svago. In cambio, però, avrai una contropartita".

"Che genere di contropartita, esattamente? Mi sono perso a «godertelo»".

"Sei proprio senza speranza, maialino. La contropartita la stabilisci tu".

"Come prego?".

"Eddai, sarai mica sordo così giovane. Hai sentito bene. Decidi tu: una passeggiata nel parco, una cena romantica, una fornitura gratis di okonomiyaki per un anno. Quel che ti passa per la testa. Va bene tutto".

"Tutto tutto?".

"Tutto tutto".

"Ukyo, ti rendi conto che..." tentennò "... che potrei chiederti... davvero di tutto?".

Lo schiaffo metaforico che colpì la guancia sinistra della cuoca prese a fare un male cane.

Si era appena messa totalmente nelle sue mani. Non dubitava che non avrebbe mai spinto oltre un certo limite, quello no. Ma era comunque una posizione pericolosa, la sua. E si era consegnata con un sorriso.

Ebbene, Kuonji. Chi non risica non rosica. E poi, ammettilo, la prospettiva di qualche proposta azzardata non ti mette così tanto in apprensione come ti piace pensare.

"Sì, me ne rendo conto. Mi fido di te, Ryoga".

Il ragazzo rimase a fissarla per qualche secondo, riflettendo sulle molteplici implicazioni di quella proposta.

Avrebbe davvero potuto pretendere qualunque cosa... soprattutto alla luce del discorso del giorno prima.

Anzi, specialmente per quello. Ukyo si era dimostrata particolarmente interessata ad... approfondire il loro rapporto, e Ryoga non poteva dirsi del tutto contrario all’idea: in fondo non si erano mai spinti oltre qualche bacetto, quasi sempre per iniziativa della ragazza. Sospirò, dandosi dell’idiota per il suo essere così timido e... tonto.

Magari questo giochetto tra me e lei servirà a sbloccarmi, pensò. Sarebbe anche ora...

“Beh, perché no” disse, tendendole la mano “ci sto.”
Ukyo sorrise e ricambiò la stretta di mano per suggellare l’accordo.

La osservò avviarsi verso la biglietteria della stazione, ritrovandosi a osservare i lunghi capelli che ondeggiavano lungo la schiena, il fisico longilineo, le gambe snelle...

Ok Ryoga, non è il caso di farle la radiografia adesso. Datti una calmata!

Ma chiaramente il suo cervello era di tutt’altro parere, e gli permise di immaginare scenari di ogni tipo legati a quella promessa, dai più casti ai più piccanti... finendo col chiedersi come sarebbe stato lasciarsi andare e chiederle quello. Se avesse davvero trovato il coraggio di chiederglielo - e se lei avesse accettato...

No no no no. Ryoga non puoi farlo.

Scosse la testa e cercò di riassumere un minimo di contegno prima del ritorno di Ukyo. Non aveva ancora idea di cosa le avrebbe chiesto, e decise che ci avrebbe pensato durante il concerto - così almeno si sarebbe distratto da quello stillicidio di musica popolare.

Si, ci avrebbe pensato a tempo debito. Al momento l’importante era godersi il viaggio.


Chiaramente, i Kami la pensavano diversamente.

“Avete solo... una matrimoniale?”
La proprietaria del ryokan osservò i due ragazzi con aria mortificata.

“Sono davvero spiacente, ci sono state delle prenotazioni impreviste...”

Accidenti. Straccidenti. Ci voleva pure questa, eh.

"E scusi, a cosa sono dovute queste prenotazioni extra?" chiese Ryoga. Era una domanda dettata da semplice curiosità, ma alle orecchie di Ukyo giunse come un "sentiamo perché ci sottoponiamo a tutto questo, e spero per il tuo osso del collo che almeno sia un motivo valido".

La signora di mezza età si grattò una mano per malcelare l'imbarazzo di mettere i suoi due nuovi ospiti in una situazione che, a giudicare dalle prime reazioni, non era di loro esatto gradimento.

Che strano però, a vederli entrare sembravano decisamente una coppietta felice e avrei giurato che sarebbero stati contenti della cosa.

"Ecco, vedete... hanno spostato qui a Kawasaki la fiera nazionale dei produttori di moto dopo che la sede originale, a Saitama, si è allagata questa notte. Hanno trovato solo qui e c'è stato un boom di visitatori non previsto. Mi spiace ancora di mettervi in questa situazione..." si scusò inchinandosi, due ciuffi di capelli grigi che la diedero vinta alla forza di gravità.

Ukyo si intenerì di fronte a tutto questo profluvio di scuse per una cosa che, a ben guardare, non era dipesa dalla costernata donna di fronte a loro. Pertanto sorrise e si affrettò a farla rimettere in posizione eretta: "Signora, signora. Non c'è problema, davvero. Io e Ryoga... non abbiamo problemi. Vero, Ryoga?".

Il tono era velatamente minaccioso. E non tanto per una qualsiasi azione avventata che lui avrebbe potuto compiere, cosa di cui peraltro non lo credeva capace neanche nei suoi più selvaggi sogni. Era un non troppo mascherato invito a non piantar casino, che se avesse perso il concerto per questo disguido ci sarebbero state conseguenze pesanti per tutti. Lui in primis.

"Problemi? Chi, io? Ma figurati. È tutto ok" mentì con notevole faccia tosta, sufficiente da quietare persino la sua eccitabile compagna.

"Oh, perfetto. Allora, se mi date due secondi, sistemo le pratiche e vi accompagno alla stanza” disse la proprietaria con un'aria decisamente più sollevata.

La burocrazia venne sbrigata in tempi brevissimi e i due piccioncini presto poterono appoggiare i loro modesti bagagli vicino al futon della loro camera.

"Accipigna, è proprio spaziosa" commentò con leggerezza Ryoga mentre si sdraiava a pancia in su sul soffice materasso.

"Oh sì, e ci sarebbe pure mancato. Con tutto quello che ho pagato" protestò lei dal bagno, dove si era chiusa appena arrivati per darsi una veloce rinfrescata.

"Sigh. Non farmi ricordare che sono spiantato come un neonato, per favore. Fa male all'autostima".

"Ragazzo mio, mai pensato di trovarti un lavoro?".

"Devo ammettere di sì, ci ho riflettuto. Appena torniamo a Nerima mi darò un'occhiata in giro".

"Vicino al Furinkan c'è un cantiere, credo stiano costruendo una nuova palazzina. Potresti provare a chiedere lì, tanto presumo che un lavoro di fatica come quello sarebbe una passeggiata per uno come te".

"Vedremo, vedremo" sciaquò via il discorso lui.

Era nervoso. Si stava rendendo conto, man mano che passavano i secondi, che quel grosso grasso letto greco li avrebbe ospitati per la notte. Insieme. E la nozione lo scombussolava notevolmente.

Era talmente immerso in simili pensieri che non si avvide della persona al suo fianco fintanto che questa non pensò bene di accarezzargli il naso con un dito.

"Ukyo! Da... da dove sbuchi? Da quanto sei qui? Cosa? Come? Dove?".

"Mamma mia, P-chan. Sei più suscettibile di un monaco" scherzò lei, lasciandosi sfuggire una risata.

Ryoga sentì uno strano fremito percorrerlo in ogni muscolo del suo corpo. Qualcosa, dentro di lui, stava spingendo per fare in modo che la abbracciasse di slancio e al diavolo le conseguenze, gli imbarazzi e tutta quella roba inutile.

Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi...

Ukyo lo osservò sorridendo, ignara del tormento interiore di Ryoga.

Smettila di sorridermi così, sei maledettamente carina...

Ok, si disse. Un bacio. Un piccolo, stupidissimo bacio! Posso farcela!

E nello stesso momento in cui formulò quel pensiero, si ritrovò le labbra di Ukyo sulle sue.

Eppure sono abbastanza sicuro di non essermi mosso...

Quando sentì le mani della ragazza accarezzargli il viso, capì che era stata lei a prendere l’iniziativa. Ancora una volta.

Sono un cretino.

Ricambiò il bacio, seppur con meno trasporto di quanto avesse sperato, per poi separarsi da Ukyo.

Quest’ultima lo guardò perplessa.

“Qualcosa non va...?”
“Oh n-no no io...” balbetto, alla ricerca di una scusa plausibile “io ho... solo necessità di fare un bagno! Sai, dopo quel lungo viaggio in treno non sono esattamente fresco come una rosa, ho proprio bisogno di... capisci...”
“Oh certo, vai pure...” sorrise lei. Un sorriso finto che persino Ryoga notò, e si sentì colpevole per questo. Ma in quel momento era troppo agitato e sentiva solo il bisogno di scappare da lì e pensare; così si defilò, lasciando una cuoca sola, coraggiosa e in preda ai dubbi.


Sono un idiota. Il più idiota tra gli idioti!

Se lo ripeteva da quando aveva messo piede nella vasca termale, immergendosi totalmente e riaffiorando di quando in quando solo per riprendere fiato.

Era talmente confuso da quanto successo prima in camera che non aveva neanche pensato che si sarebbe perso alla ricerca del bagno - e guai se l’avesse saputo Ranma, quella del bagno era una delle sue prese in giro preferite! Per fortuna una cameriera era stata così gentile da accompagnarlo fino all’onsen; non aveva idea di come sarebbe tornato indietro fino alla sua stanza, ma per ora era un problema secondario: i drammi che affollavano la sua scatola cranica erano molto più urgenti.

Come diamine mi sono cacciato in questa situazione?

Si sentiva un verme per aver mollato Ukyo in quel modo.

In fondo era stato solo un bacio, un bacetto innocente... ma era bastato a farlo scattare come una molla. Inoltre lo strano accordo che la ragazza gli aveva proposto contribuiva a gettarlo in uno stato che era un mix di euforia, eccitazione, confusione e agitazione.

In realtà quella promessa non voleva dire per forza implicazioni... di quel genere. Anzi, Ukyo gli aveva chiaramente detto che poteva chiedere qualunque cosa, anche una richiesta stupida come una cenetta insieme o una passeggiata. Ma era inutile, la sua mente collegava in automatico l’accordo con la battuta che la ragazza gli aveva fatto al negozio di dischi.

E non era neanche la prima volta... Ukyo aveva un umorismo tutto suo, fatto di battutine e ammiccamenti alle volte piuttosto espliciti. Non sapeva quanto ci fosse di reale in quegli atteggiamenti: era pur vero che, in passato, sia lei sia le altre ex pretendenti di Ranma non si erano mai fatte problemi nel far capire al ragazzo che erano disposte a tutto pur di averlo (che lui avesse recepito o no il messaggio era un altro discorso), ma più conosceva Ukyo più si rendeva conto di quanto in fondo quella non fosse che una facciata... e che se si fosse trovata di fronte quella possibilità sarebbe probabilmente andata nel panico più totale come una normale adolescente. Ma quel modo di scherzare le era rimasto, e probabilmente non si rendeva conto di quanto alle volte mettesse davvero in imbarazzo il povero Ryoga.

Sbuffò e si lasciò scivolare dentro l’acqua, rimuginando.


Nel frattempo la cuoca sola, coraggiosa e sfigata si chiedeva dove aveva sbagliato.

L’ho messo in difficoltà con quel bacio?

Più ci rifletteva, più si diceva che non poteva essere così: era un bacetto innocente, davvero. Non aveva avuto altre intenzioni... per una volta. Forse Ryoga era arrabbiato con lei per qualcosa? Per la camera? Per la battutina al negozio di dischi?
Rotolò sul futon, trovandosi ad osservare il soffitto.

Sentì necessità di parlare con qualcuno. Ma in un paesino dimenticato dai Kami, con chi poteva parlare? Con la statua del tanuki all’ingresso?

Guardò l’orologio. Mancavano ancora un paio d’ore al concerto.

Magari hanno un telefono... con quello che costa questo posto, dovrà pur esserci.

La sua intuizione era giusta: avevano un telefono lì nella hall, in una stanzina che  consentiva una certa privacy. E non bisognava neanche pagare al momento.

Tanto me la addebiteranno sul conto, ci scommetto.

Si trovò a comporre meccanicamente il numero di casa Tendo.

Dimmi che ci sei. Dimmi che ci sei. Dimmi che ci sei.

Dopo qualche squillo a vuoto finalmente una voce.

"Pronto, casa Tendo. Chi è?". Kasumi. Doveva aspettarselo.

"Kasumi? Ciao, sono Ukyo. Senti, per caso c'è Akane?".

"Sì, un secondo che te la chiamo".

Siano ringraziati i kami, c'è. Non avrei retto altrimenti.

Un minuto di attesa, poi rumori confusi di un oggetto che veniva spostato o qualcosa del genere.

"Ukyo? Sei tu?".

"Oh Akane, non sai che gioia per me sentirti".

"Che cos'è tutta questa agitazione? Stai bene? Non sarà mica successo qualcosa?".

"Beh, qualcosa è successo sì... ma non preoccuparti, niente di davvero grave. Si tratta di... Ryoga".

"Ryoga? Spiegati meglio, per favore".

Le riassunse brevemente il tutto: la scenetta al negozio di dischi, l'accordo, il bacetto.

"Ukyo, mi tocca richiedertelo. Sicura di star bene? Stai ansimando".

"Sono nervosissima, Akane. Nervosissima. Fra la mia offerta per sdebitarmi del concerto che gli ho caricato addosso e questa cosa appena successa in camera... e poi ho percepito una strana aria in lui, come se... come se... volesse... provarci... in quel senso...".

"Chi, Ryoga? Lo stesso maialino che mi ha adorata da lontano per anni senza neanche avere il coraggio di svelarmi cosa provasse per me? Parliamo della stessa persona?".

"Oh dai, non mi dirai che lo pensi davvero. Ryoga è cambiato in questi ultimi mesi, esattamente come tutti noi. Non farmi ritirar fuori la storia del durello e di quando mi ha chiesto di rimanere in stanza con lui mentre si cambiava". (2)

"... punto tuo, Kuonji. Ma è pur sempre Ryoga, il ragazzo che perdeva litrate di sangue quando vedeva mezza tetta di Ranmachan. Sarà anche cambiato, non dico di no, ma non può essere improvvisamente diventato un playboy da strapazzo".

"Akane, il problema è diverso. Il problema è che... non so se e quanto voglio andare fino in fondo con lui".

"... oh. Ti senti contagiata dal morbo cinese?".

"Cosa?".

"Come, non lo sai? Shan-Pu e Mousse... hanno dato". (3)

"Mi prendi in giro?".

"Non su queste cose. Chiedi a Ryoga, credo che lui sappia".

"Se chiedo a Ryoga di una cosa del genere, in questo momento, con questi grilli per la testa... rischio di saltargli addosso e...".

"Per favore, niente particolari. Il concetto è chiaro".

"Ti prego, mi serve una mano per schiarirmi le idee".

Akane sospirò, indecisa sul da farsi. Non è che fosse molto più esperta dell’amica sull’argomento... e tuttavia non se la sentiva di abbandonarla in quello stato.

“Ok allora, vediamo di riassumere... tu hai fatto una battuta infelice a Ryoga, gli hai fatto una proposta folle che sul momento ti sembrava geniale, e ora temi le conseguenze. Esatto?”
“Si, all’incirca” rispose Ukyo, intenta a mangiarsi le unghie e camminare avanti e indietro davanti al telefono, per quanto consentiva il filo.

“Sarò sincera: ti stai agitando per niente.”
“Niente?!”
“Ok, magari non proprio niente” si corresse Akane “ma ciò non toglie che a mio parere stai ingigantendo di molto la cosa. Pensaci un secondo: da cosa è nato tutto?”
Ukyò ci pensò qualche secondo.

“Dalla... battuta al negozio?”

“Esatto.”
“Ma... scherzavo!”
“Ukyo, lascia che te lo dica: alle volte scherzi in maniera pesante. Tra noi ragazze va bene, ma coi ragazzi non sempre... perché possono fraintendere. Come Ryoga.”
La cuoca rimase in silenzio, riflettendo sulle parole di Akane.

“Se fosse stato un altro ragazzo allora avresti dovuto preoccuparti sul serio” proseguì Akane “anche se con un paio di colpi di spatola l’avresti sicuramente messo al suo posto. Ma... è Ryoga!”
“Akane... Ryoga è pur sempre un maschio. Insomma... anche lui avrà certe pulsioni! E io temo di averlo spinto al limite...”
“Sicuramente le avrà anche lui, non credo sia immune al tuo fascino” ridacchiò la minore delle Tendo “ma è un bravo ragazzo, e sono più che sicura che non ti toccherà nemmeno con un dito se tu non lo vorrai.”
“Forse hai ragione...”
“E tu?”
“Io cosa?”
“Tu cosa vuoi davvero? Gli hai fatto quelle battute e quella proposta, ma dici che ora non te la senti di andare fino in fondo...”
“...io non lo so. Credo... credo solo di voler avvicinarmi un po’ di più a lui. Insomma, non siamo mai andati oltre i baci, ed ero sempre io a darglieli. Vorrei... vorrei solo che si lasciasse andare di più con me, tutto qui.”
“E perché non glielo dici e basta? Senza battute piccanti o strani accordi fraintendibili?”

Ukyo riflettè sulle parole di Akane. Che avesse davvero ragione? Di solito era lei la fonte di saggezza del gruppo, con l’occasionale supporto di Mousse, ma in quel momento la sua obbiettività era decisamente offuscata dagli ormoni altalenanti e dall’agitazione per un casino in cui si era ficcata da sola.

I suoi pensieri vennero interrotti da rumori e battibecchi proveniente dall’altro capo del telefono.

“Ehi Ucchan! Sei tu?”
“Ranchan...?”
“Mi raccomando, smettila di terrorizzare quel tontolone di Ryoga e - Akane aspetta un attimo! Ora te la ridò la cornetta! Dicevo, smettila di spaventare l’uomomaialino e abbi pazienza con lui! Non siamo tutti svegli come Mousse, in quel senso!”
Ci fu qualche rumore di colluttazione, e poi il telefono tornò in mano ad Akane.

“Pronto? Scusa quel cretino, è imperdonabile!”
“Non fa niente, credo avesse ragione... mi aveva detto la stessa cosa al negozio.”
“Ah si?” chiese Akane, che non aveva ancora smesso di stupirsi per ogni consiglio sensato che sentiva uscire dalla bocca del fidanzato.

“Si. Ti ringrazio per avermi ascoltata, ma avevo proprio bisogno di sfogarmi...”
“Sta tranquilla, pensa a rilassarti e goderti il concerto di... chiunque essa sia!”
“Yolanda Tasico, dannazione! Ma siete tutti ignoranti in materia di enka?”
La risata all’altro capo della cornetta le confermò che sì, erano tutti ignoranti riguardo l’enka e felici di esserlo.


Mezz’ora dopo Ukyo si avviò verso l’uscita del ryokan, vestita di tutto punto e impaziente di assistere al concerto della Divina.

Se solo sapessi dove si è cacciato Ryoga...

Restò ad aspettarlo un po', senza successo. Allora si risolse ad andarlo a cercare, perché lasciarlo col guinzaglio slacciato significava rischiare di trovarselo a Sapporo sotto una tempesta di neve.

Per precauzione si avvicinò al bancone e spiegò la situazione alla proprietaria, chiedendole di trattenerlo se per caso lo avesse visto passare.

Poi si tuffò alla sua ricerca.


Ryoga, in realtà, non era andato proprio da nessuna parte.

I suoi tormenti interiori lo avevano spossato ed aveva finito con l'addormentarsi con la testa appoggiata a un sasso, sotto lo sguardo attonito degli altri avventori. Non sempre capitava di vedere un ragazzo dormire come un pezzo di granito mentre si stava facendo il bagno.

Un uomo di mezz'età con i baffi si rivolse alla cameriera, quella che lo aveva accompagnato lì, chiedendole se fosse il caso di svegliarlo.

"No, non penso. E comunque non mi permetto di infastidire un cliente. Dovrebbe fare lo stesso" rispose quella con un sorriso a sessantaquattro denti e una vaga luce omicida negli occhi. Il signore si zittì immediatamente, pentendosi di essersi impicciato di fatti non suoi.

Dopo un'ulteriore mezz'ora, però, giudicò che il suo protetto stava davvero esagerando. Quindi, con fare professionale, si avvicinò a lui e lo scosse leggermente per destarlo.

"Uh? Che succede? Che c'è?" mormorò lui, la voce pastosa.

"Credo sia il caso che esca da qui, signor Hibiki. Ha passato quasi un'ora dormendo e non le fa bene".

"Oh... oh sì. Aspetti, ha detto un'ora?".

"Sì, pressapoco".

"Ukyo mi ucciderà se arriviamo in ritardo al concerto!". E così guaendo raccattò il suo asciugamano, se lo strinse velocemente in vita e corse via senza una meta precisa. O meglio, una meta ce l'aveva in testa ma non nei piedi.

E dietro di lui Kyoko, la cameriera, che arrancava cercando di stargli al passo. Lui le aveva accennato ai suoi leggeri problemi di spostamento e quindi lei si sentì in dovere di salvaguardarlo.

Ryoga trovava un po’ inquietante l’usanza dei ryokan di affidare una cameriera ad ogni camera che si sarebbe occupata di ogni cosa: dall’accoglienza al portare i pasti in camera, ripulire il tavolo, preparare i futon e svegliare i clienti il giorno seguente per riporre via i futon... e, nel suo caso specifico, anche accompagnarlo in giro per la struttura. Quest’ultimo dettaglio in realtà era anche utile, visto che si era già perso non appena uscito dalla vasca, ma... la presenza costante della cameriera, che lo fissava con un’espressione preoccupante, lo metteva a disagio.

“G-guardi che non c’è bisogno di seguirmi ovunque...”
“Lei e la signorina Kuonji siete stati affidati alle mie cure, è quindi mio preciso dovere occuparmi di lei signor Hibiki.”
“No ma davvero, non si disturbi...”
“Non è un disturbo, è la mia missione.”
“L-la sua missio...”
“Prego signor Hibiki, lasci che prenda quell’asciugamano e le porti uno yukata!”
Ryoga si ritrovò a giocare al tiro alla fune con la signorina Kyoko, che cercava di appropriarsi del suo asciugamano con cui cercava disperatamente di coprire le sue vergogne.

“M-ma non potrebbe portarmi PRIMA lo yukata e POI prendere l’asciugamano?!” pigolò disperato.

“Signor Hibiki, mi lasci fare il mio lavoro!”
Ryoga si disperò in silenzio, chiedendosi cos’avesse fatto di male per trovarsi in quel paesino sperduto per assistere a un concerto di una tizia che nessuno conosceva e con una cameriera squilibrata che cercava di appropriarsi del suo misero asciugamano.

I Kami devono proprio avermi preso in antipatia, si disse.


Stupido uomomaialino, in quale maledetta intercapedine ti sei nascosto?

Ukyo sbuffò, guardando l’orologio per l’ennesima volta: mancava un’ora al concerto, e cominciava ad agitarsi.

Giuro che se perdo il concerto della Divina a causa sua nel menù aggiungerò le okonomiyaki al porcellino nero.

Aveva ispezionato il ryokan in lungo e in largo, ma di Ryoga nessuna traccia; aveva controllato alle terme, visto che voleva fare un bagno, ma a parte un vecchietto dall’aria terrorizzata non c’era nessun’altro. E ovviamente nemmeno la proprietaria l’aveva visto passare. Si ritrovò a camminare sconsolata per i corridoi, perlustrandoli di nuovo nella speranza di incrociarlo, e lasciò vagare i suoi pensieri... idea più che sbagliata, nel suo stato d’animo.

Immaginò subito scenari strappalacrime di un Ryoga che, stanco delle sue battutine sconce, aveva deciso di sfidare il suo senso dell’orientamento inesistente e lasciarla sola in quel ryokan.

E non tornare mai più a Nerima.

E se mai fosse riuscito a tornarvi, ovviamente, l’avrebbe trattata con astio... o magari non le avrebbe rivolto la parola, considerandola meno di una sconosciuta.

Si fermò in mezzo a un corridoio, gli occhi sbarrati. La sola idea che quel pensiero potesse rivelarsi esatto l’avrebbe distrutta. Il fatto che i bagagli di Ryoga si trovassero ancora in camera non bastava a calmarla e farla ragionare lucidamente. Ormai il suo cervello aveva preso la via dello scenario apocalittico e non c’era modo di fermarlo.

No ok, calma Ukyo. Quello scemo non può essere andato da nessuna parte. Si sarà sicuramente perso in uno stanzino mentre tu sei qui a immaginare scene strazianti che contribuiscono solo ad aumentare il tuo malumore...

E tutta via quei pensieri non la abbandonavano, insieme al ricordo di come era scappato via dopo quel bacio...

Kami, dove ho sbagliato?

“La prego, mi lasci tornare in camera!”
Mi sembra quasi di sentire la sua voce...

No aspetta, questa È la sua voce.

Quando finalmente si voltò in direzione della piccola hall, si trovò a guardare un Ryoga seminudo che correva disperato, inseguito da quella che riconobbe come la cameriera che era stata assegnata loro.

“La prego abbia pietà di me!”
“Signor Hibiki, torni qui! Mi lasci fare il mio lavoro!”
“R-Ryoga...?
Quando il ragazzo la notò corse verso di lei e si nascose dietro la sua schiena.
“Oddio Ukyo non sai quanto sono contento di vederti ti pregoaiutamihopauradiquelladonna!” piagnucolò, mente la cuoca non sapeva se ridere o piangere - e soprattutto cercava di non concentrarsi sul microscopico asciugamano che copriva il ragazzo.

“A quanto pare è destino che tu debba ritrovarti svestito in mia presenza, eh?” disse, ricordando l’episodio simile accaduto qualche mese fa a casa sua. Ma quando vide Ryoga abbassare lo sguardo, imbarazzato, si diede della stupida.

Brava Ukyo, non ti eri ripromessa di smetterla con le battutine, almeno finché non vi foste chiariti?

I suoi pensieri vennero interrotti dalla signorina Kyoko, che insisteva per prendere l’asciugamano del signor Hibiki e fornirgli uno yukata.

“Ukyo ti prego, fa qualcosa!” pigolò lui, sull’orlo della disperazione.
“La prego, mi lasci lavorare!”
“S-signorina Kyoko, visto che non siamo poi così lontani dalla nostra stanza” mentì, sapendo che c’erano almeno altri due corridoi di distanza “non sarebbe il caso di tornare in camera e lasciare che si rivesta? Siamo anche in ritardo per il concerto e non vorrei proprio perdermelo, sa...”
La cameriera li osservò in silenzio, un po’ stizzita per non aver potuto fare il suo lavoro correttamente.

"Per favore" insistette la cuoca "ci lasci fare da noi. Le assicuro che ne siamo perfettamente in grado. E poi vede, il mio ragazzo si intimidisce facilmente...".

Silenzio glaciale.

Kyoko se ne andò, a onor del vero ancora un po' indispettita, dopo aver sentito la parolina magica.

I due ragazzi rimasero come pietrificati nelle loro posizioni per lunghi minuti.

Ukyo non credeva alla sua bocca, Ryoga alle sue orecchie.

Era stato un riflesso incondizionato, del tutto involontario. Probabilmente il suo cervello aveva reputato quella la via più veloce e meno complicata di identificare Ryoga rispetto alla cameriera.

Ma quella parola... era ancora troppo per loro.

Poi lei ruppe l'impasse. Prese a camminare verso la loro stanza, assicurandosi di tenerlo per mano. Uno smarrimento bastava ed avanzava.

Non dissero nulla, troppo impegnati a contemplare le conseguenze di quello che era stato detto.

Giunsero in fretta. Lui si cambiò in fretta. Fecero tutto in fretta.

Stavano per uscire quando...

"Ukyo" riuscì finalmente a spiccicare parola.

"C-Cosa c'è?" disse lei voltandosi nella sua direzione, visto che era già in procinto di uscire dalla stanza. Era terrorizzata.

"Dopo il concerto... promettimi che parleremo di questa cosa".

Uffff. Temevo molto, molto peggio. Sì maialino, questo lo possiamo fare. Anzi, dobbiamo farlo.

"Te lo prometto".

"Grazie".

Poi si avviarono, una strana tensione che li faceva stare vicini. Oltre ai soliti problemi di orientamento di lui.


Con gran sollievo di Ukyo, arrivarono al concerto appena in tempo per veder apparire sul palco Yolanda Tasico - o la Divina, come amava chiamarla lei.

E da quel momento in poi Ukyo dimenticò l’esistenza del mondo intero per almeno due ore.

Due ore di pura sofferenza per il povero Ryoga, che ebbe tempo e modo di riflettere sulla vita, l’universo e tutto quanto: notò, ad esempio, come l’età media dei fan della Divina si aggirasse attorno ai quarant’anni e oltre - cosa che faceva di loro due gli spettatori più giovani.

Inoltre ebbe modo di ridersela sotto i baffi osservando Ukyo scatenarsia ritmo di enka... cosa già di per sé improbabile, visto il ritmo soporifero delle canzoni, ma non sembrava essere un ostacolo per la ragazza, che ad ogni nuovo pezzo urlava “Questa è la mia preferita!”
A Shiawase ni naroo squittì come uno scoiattolo.

A Nagai aida Ukyo era quasi in lacrime.

A Gomen ne l’aveva persa definitivamente.

Inoltre, come se il livello di sofferenza non fosse già sufficientemente alto, la Divina si prodigò a cantare alcuni pezzi del suo repertorio in lingua natia... causando ulteriore disperazione al povero Ryoga, che scoprì in quel momento di detestare sia l’enka sia le canzoni enka in filippino.

Più volte accarezzò l’idea di strangolarsi con la sua bandana, per poi accantonare l’idea e sopportare in silenzio. Per Ukyo, si disse, posso farlo.

Poi tutto finì finalmente, e Ryoga, che aveva resistito stoicamente per due ore a quello stillicidio, ringraziò tutti i Kami che ricordava - pur non avendo dimenticato i modi sadici in cui si prendevano gioco della sua esistenza.

“È stato meraviglioso!” trillò Ukyo, con in mano il prezioso bottino del concerto - ovvero il cd e un poster autografato dalla Divina in persona. “Non lo dimenticherò mai! Mi ha persino fatto l’autografo, ci pensi?!”
“Eh caspita, che emozione...” sorrise lui, fintissimo. Per fortuna Ukyo era talmente euforica da non notarlo, e proseguì la loro passeggiata quasi saltellando.

Ryoga sospirò, e rise. Ok, l’enka era una lagna di proporzioni incredibili... ma se rendeva Ukyo così raggiante avrebbe potuto sopportarlo. Per lei l’avrebbe fatto.

Si fermò a riflettere su quel pensiero, che aveva formulato più volte quel giorno.

Nonostante la loro... relazione fosse ancora indefinita e lui andasse nel panico ogniqualvolta saltava fuori l’argomento, si era ritrovato a pensare senza un minimo di dubbio che avrebbe sopportato qualunque cantante enka pur di vederla sempre così sorridente... pur di poterle stare sempre vicino, come in quei mesi.

Ora più che mai sentiva il bisogno di parlarle, di spiegarsi.

Accellerò il passo verso la fermata del bus, un improvviso bisogno di arrivare al ryokan il più presto possibile.


“Aaaah che meraviglia!”
Arrivati in camera, Ukyo si lanciò su uno dei futon - sistemati dall’inquietante signorina Kyoko durante la loro assenza, suppose- intenta ad ammirare il cd della Divina.

Ryoga rientrò in camera dopo una breve sosta al bagno per mettere il pigiama, e rimase sull’uscio a guardare Ukyo che rotolava sul futon e ridacchiava.

“Che hai da guardare?” chiese lei, ancora su di giri.

“Oh niente” sorrise lui, avvicinandosi all’altro futon “eri solo uno spettacolo divertente da osservare, tutta contenta come una bambina...”
Ukyo arrossì e mise il broncio, per poi ridere insieme a lui: in effetti la sola idea di quel concerto l’aveva mandata in brodo di giuggiole per giorni, e trovarsi finalmente lì... beh, era stato fantastico.

“Immagino di essere stata una scena esilarante... sicuramente più interessante del concerto, almeno per te!”

“Oh indubbiamente, osservarti nel tuo habitat naturale è stato... entusiasmante!”

La ragazza gli lanciò un cuscino, fingendosi indispettita. Quando sentì Ryoga ridere si rilassò un po’... voleva che lo fosse, visto il discorso che stavano per affrontare.

“Ryoga, prima che lo dimentichi...”
“Lo so, tranquilla. Abbiamo una questione da chiarire, io e te” sorrise lui, cercando di addolcire il tono.

"Cioè per quanti mesi ti vendicherai per averti trascinato qui a forza?" scherzò lei. Non era una battuta per stemperare o per provocarlo, era semplicemente un tentativo di farlo ridere. A cui lui abboccò con tutta la lenza.

"Ahahahahahah. Sì, te lo meriteresti. Ma non posso farlo. Noi avevamo un accordo, se non ricordo male" disse andando a sedersi al suo fianco.

"Oh no, ricordi benissimo. Anzi, se vuoi puoi riscuotere".

"Di già? La vendetta è un piatto che va consumato freddo. Antico proverbio Klingon".

"Klinche?".

"Niente, niente. Non divaghiamo. No ascolta, cancelliamo quella cosa. Non serve".

"Ryoga, ma a me spiace averti condotto in ceppi a vedere un concerto di cui non te ne fregava nulla".

"Su, come vedi sono ancora intatto. Almeno esteriormente".

"Non mi ha fatto ridere... esteriormente".

"Me la sono meritata. Ma davvero, lasciamo perdere. Piuttosto che parlare di quel bislacco patto preferisco... ecco, preferisco...".

Ok Kuonji, allacciati le cinture di sicurezza. Sta arrivando. Quando comincia a balbettare in questo modo è segno che ci siamo.

"Sì, mio ragazzo?".

Oooooooooh. La signorina giocava pesante.

"Ryoga" riprese poi senza dargli il tempo di rispondere "mi rendo conto che abbiamo un po' di nodi da sbrogliare. Innanzitutto non mi pento di averti chiamato in quel modo, prima. Insomma, ormai sono un paio di mesi che abitiamo sotto lo stesso tetto, mangiamo alla stessa tavola e... sì, ci frequentiamo in tutti i sensi. Credo si possa ormai ufficializzare questa cosa, no?".

Lui arrossì, ma non così tanto come ci si sarebbe potuto aspettare. Aveva deciso, dentro di sé, che quello era il momento della verità e quando Ryoga Hibiki si mette in questo stato mentale non c'è nulla che gli possa impedire di portare a termine lo scopo. Non poteva certo impedirsi di manifestare l'imbarazzo, ma poteva impedire al suddetto imbarazzo di ostacolarlo più del dovuto. E ci stava riuscendo.

"Ukyo, penso... penso... di sì, credo sia tempo di stabilire questa cosa in maniera definitiva".

"E questo era il primo punto, contenta che tu sia sulla mia stessa lunghezza d'onda. Il secondo punto è: ti metto troppo a disagio, io?".

"T-Tu? Mettermi a disagio? Quando?".

"Ryoga, ieri al negozio stavi... anzi, sei svenuto quando ho lasciato correre troppo questa mia linguaccia biforcuta. Io non lo faccio con l'intento di imbarazzarti apposta, questo voglio tu lo sappia. È che...".

"Che?".

"Che..."

Ryoga inarcò un sopracciglio, incerto sulla piega che stava prendendo il discorso. Osservò Ukyo, rossa come un peperone, che gesticolava cercando di mettere insieme una frase sensata.

“Quello che cerco di dire” si sbloccò, finalmente “è che... alle volte scherzo davvero pesante. Ma non lo faccio con l’intento di mettere a disagio le persone - te, in questo caso! Vedi, quel tipo di battute così... spinte mi aiutano a mascherare la timidezza quando... quando si trattano certi argomenti, ecco. Sembrare spavalda e spregiudicata è una sorta di difesa. Ma è solo perché in realtà andrei nel panico se dovessi... dovessi ecco... trovarmi in quella situazione con qualcuno... che... mi... piace...”

Le ultime parole furono quasi un sussurro ma arrivarono dritte all’orecchio e al cuore di Ryoga, che arrossì a sua volta.

“Q-quindi quando... quando facevi certe battute a Ranma era solo per... questo?”
“Beh, si... è così timido che andava nel panico ad ogni avance, e credevo fosse... più facile farlo cadere ai miei piedi, diciamo” sorrise, ripensando alle situazioni assurde in cui si era trovata pur di conquistare Ranma “ma in fondo sapevo che non sarebbe servito. E alla fine mi è rimasto solo un senso dell’umorismo becero come arma di difesa... solo che ho finito per ferirti più volte, e di questo mi scuso. Non volevo, davvero...”
Alla vista di Ukyo così dispiaciuta e quasi indifesa, Ryoga si sentì sciogliere come budino: si avvicinò a lei e, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva, la baciò.

Il primo bacio dato di SUA iniziativa, finalmente!

“Non devi scusarti” disse, poggiando la fronte contro quella di Ukyo “è tutto ok... insomma, anche io dovrei sbloccarmi e uscire da questo stato di timidezza patologico...”
Ukyo, visibilmente sorpresa dal bacio, sorrise.

“Non... non c’è fretta. Insomma, abbiamo tutto il tempo che vogliamo... no?”

“Si, abbiamo tutto il tempo del mondo” ridacchiò lui “non ho intenzione di andare via da casa tua tanto presto. Anzi, credo che prenderò in seria considerazione l’idea di quel lavoro al cantiere vicino al Furinkan...”
E a quella frase Ukyo dimenticò le sue promesse sul non esagerare e andarci piano e si lanciò addosso a Ryoga, abbracciandolo e strillando dalla felicità.

E per una volta lui non ebbe nessuna emorragia al naso.


Dormire le risultava impossibile.

Era ancora troppo euforica per via della serata.

Il concerto di Yolanda Tasico era stato incredibile, certo, ma il dopo... non l’avrebbe mai detto, ma affrontare quel discorso era stata una delle decisioni migliori mai prese.

Ho un ragazzo. Ho un ragazzo, per davvero!

Rotolò su un fianco e osservò Ryoga, che ronfava beato nell’altro futon. Sorrise nell’osservare come la personalità in fondo tenera dell’eterno disperso traspariva persino dalla posizione fetale in cui dormiva.

Più lo guardava, più un idea si faceva largo nella sua testa. Pensò fosse rischiosa, soprattutto dopo la giornata piena di equivoci che avevano avuto...

...ma si, chissenefrega!

Uscì da sotto le coperte e gattonò fino al futon dove dormiva il ragazzo.

“Ryoga?” sussurrò. Nessuna risposta.

“Ryoga...?” disse di nuovo, alzando di pocò il tono di voce.

“Hmmmmghcè” bofonchiò lui, arrotolandosi ancora di più tra le coperte.

Ukyo inspirò e si fece coraggio, formulando la sua richiesta.

“Posso... posso dormire con te?”

“Hmmmmjnjbkj...”
“Era un sì quello?” disse, mentre scostava un po’ il piumino.

Ryoga inizialmente non si mosse, poi bofonchiò qualcos’altro e fece spazio alla ragazza.

“Hmmmvbeneh...”

Ukyo si morse il labbro per evitare di mettersi a strillare in piena notte e si accoccolò vicina al ragazzo, coprendo entrambi con la coperta.

“Grazie!” sussurrò, stringendosi a Ryoga.

“Hmmgmgego...” borbottò lui, abbracciandola e stringendola ancora di più.

Lei si avvinghiò stretta stretta al suo petto, desiderosa di assorbire quanto più calore possibile.

"Etchù". Ecco perché.

"Hmmmmmmsalutgrfpppf" mugugnò Ryoga senza sapere bene cosa stesse dicendo. La fece sorridere ancora di più.

E, vuoi per coincidenza o vuoi per effetto curativo della presenza di lui, ci impiegò quattro minuti netti a prender sonno.

Prima di chiudere definitivamente gli occhi riuscì ad avere un ultimo pensiero lucido: "Akane, la nostra prossima sessione di gossip sarà...". Poi Morfeo, o chi per lui, la avvolse.

Fuori dalla porta di camera loro un occhio spiava tutto da un piccolo buco nel muro. Spiava e digrignava i denti.



***
(1) Nella prima oneshot di questa raccolta, Someone to Blame.
(2) Capitolo 12 di Two-Part Secret Heart.
(3) Se ne è discusso nella seconda shot della raccolta, Accidentally in Love, ma accaduto e raccontato nel capitolo 11 di Two-Part Secret Heart e in Tutto Quello che Avreste Voluto Sapere sul Sesso di Joketsuzoku (e non Avete mai Osato Chiedere).
***
Terzo capitolo della raccolta, stavolta tutto dedicato a Ukyo e Ryoga e... Yolanda Tasico.
Prima che ve lo chiediate... no, Yolanda non ce la siamo inventata. Yolanda Tasico esiste ed è una nota (?) cantante enka filippina: solo sulla sua fama abbiamo un po' messo mano, in quanto ha cominciato ad avere notorietà in Giappone solo dal 2002. Ma per il resto ci siamo attenuti fedelmente alle (poche) notizie su di lei, titoli delle canzoni compresi. E sul perché Ukyo secondo noi ami l'enka... beh, diciamo che è un nostro headcanon XD un delirio in cui, in base alle personalità dei personaggi, abbiamo deciso i loro gusti musicali: e così Ukyo ama l'enka, il povero Ryoga che sopporta predilige più il grunge e la new wave - ascoltando roba allegra come Cure e Nirvana, e Ranma ha una propensione all'heavy metal e si allena a tempo di Skid Row, Metallica e compagni anni '80 (il fatto che io e il socio siamo due metallari brutti e cattivi non ha sicuramente inciso. No.). Siamo gente che ha neuroni che si annoiano facilmente, capiteci.
Per quanto riguarda il ryokan abbiamo cercato di attenerci il più possibile alle info che Wiki e blog sul Giappone ci hanno fornito... estremizzando al massimo il dettaglio comico della cameriera che ti segue ovunque. Si, non ce lo siamo inventato, lo fanno sul serio. Noi lo abbiamo solo... esagerato in the Takahashi's way.
Titolo e citazione provengono dalla bellissima Unwritten di Natasha Bedingfield. Oh, se avete letto la precedente shot avrete notato che questa si svolge negli stessi giorni. Magari non frega nulla a nessuno, ma a me si. LOL
Speriamo sia stata di vostro gradimento, alla prossima!


Kaos & Mana Sputachu

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Capitolo 4
*** Kung-fu fighting ***


4. Kung-fu fighting
 
Everybody was kung-fu fighting
Those kicks were fast as lightning
In fact it was a little bit frightning
But they fought with expert timing.
Kung-fu fighting - Carl Douglas
 
 
“Eh beh...”
“Vero, eh?”
“Nulla da dire, no no” commentò Ukyo, sorniona “anzi, dovrei proprio suggerire a Ryoga di comprare un gi...”
Akane annuì, persa nella contemplazione del suo fidanzato.
Da un po’ di tempo a questa parte, in quei pomeriggi in cui smaltiti i compiti non rimaneva molto altro da fare, Akane aveva scoperto un nuovo passatempo degno di nota: osservare Ranma durante le lezioni al dojo.
Il codinato aveva iniziato ad insegnare ad una classe di ragazzini per volere di Soun Tendo, e Akane si era ritrovata più volte a sbirciare le sue lezioni: era affascinata dal modo di fare di Ranma, che sembrava naturalmente portato all’insegnamento - ed era stupefacente vedere quei bambini che pendevano dalle sue labbra in adorazione, in attesa di qualche dimostrazione mirabolante o qualche occasionale litigio tra Ranma e Ryoga che per loro diventava uno spettacolo emozionante. E inoltre... beh, non l’aveva mai ammesso per con nessuno prima d’ora - nemmeno con se stessa, ma trovava che Ranma con indosso il suo gi bianco fosse... particolarmente sexy.
“Akane, hai finito di fargli la radiografia al sedere?”
"E se ti rispondessi di no, Ukyo? Cosa fai, mi sculacci?" rise.
"Chi, io? È il tuo ragazzo e sono le tue turbe..." iniziò, per poi avvicinarsi al suo orecchio e concludere "... sconce". Non era il caso che i ragazzini sentissero parole poco appropriate.
"Ukyo!!!" disse imbarazzatissima coprendosi la faccia con le mani.
"Che c'è? Ho detto qualcosa che non va, per caso?".
"Direi proprio di sì, diamine!".
"Che esagerazione, su. Sono solo stata un po' pepata...".
"Alla faccia! E se lo fossi stato tanto cos'avresti fatto, eh?".
"Ti avrei detto questo". Si riavvicinò alle sue orecchie e cominciò a parlare.
Nel successivo minuto Akane passò le seguenti tonalità, in quest'ordine: rosa pelle, rosso chiaro, rosso granata, fucsia, viola, più viola, talmentevioladasembrareverde.
Alcuni degli studenti di Ranma, per sua somma sfortuna, si avvidero della sua faccia che prendeva colore come una palla stroboscopica da discoteca e si premurarono di farlo notare al loro maestro. Il quale, non appena si accorse di cosa stava succedendo, impose l'alt alla lezione e si precipitò su di lei.
"Akane! Akane! Che ti succede? Che c'è?".
Lei non rispose, la gola troppo secca e gli occhi troppo gonfi per farlo, limitandosi ad indicare Ukyo con un cenno della testa.
"... Kuonji. Cosa le hai fatto?".
"Niente, niente" rispose quella ghignando come una iena "Perché tutti partite dall'idea che sia sempre colpa mia".
"Perché eravate solo voi due e ti ha indicata come colpevole, per esempio?".
"Ranma, cavolo. Era uno scherzo. Uno scherzo! Per la miseria, non guardarmi come se le avessi appena aperto la gola con un coltello".
"Sarà meglio o potrei...".
"Ranma, a cuccia" riuscì a dire Akane, a quanto pareva tornata a sufficienza in possesso delle proprie facoltà mentali.
"Sicura? Posso picchiarla un po' per vendicarti".
"No, non serve. Però Ukyo, giurami che non dirai mai più quelle cose".
"Uffaaaaaaaaaaaaaaa. E va bene, mai più. Siete brutti e cattivi però, ecco".
Per fortuna l'incidente rientrò senza ulteriori strascichi, Ranma riprese la lezione e la portò a termine evitando altri problemi.
Quando poi si avvicinò alle ragazze venne accolto da uno sguardo... strano di Akane.
"Ranma..." cominciò, inusualmente timida.
"Dimmi".
"Vorresti... prima o poi... dare lezioni anche a me?".
Ranma distolse lo sguardo, sbuffando.
Quell’argomento era probabilmente l’unica cosa ancora in grado di farli litigare. 
“Akane, sai già come la penso...”
“...e tu sai come la penso io. È da quando ti conosco che ti rifiuti di allenarmi, e persino quei pochi sparring match che abbiamo fatto non li hai mai presi sul serio ma ti limitavi ad evitare i miei attacchi! Perché non riesci a prendermi seriamente come artista marziale?”
“N-non è questo” balbettò Ranma, preso alla sprovvista “è che io non picchio le donne per principio!”
“Tralasciando il fatto che potrei menzionare almeno un paio di casi in cui sei venuto meno al tuo codice d’onore, ma non è questo il punto” ringhiò Akane, spazientita “io ti ho chiesto di allenarmi, non di picchiarmi!”
“È la stessa cosa!”
“No che non lo è! Sarai capace di tenere a freno la tua forza diamine!”
I due si guardarono in silenzio per un attimo, entrambi saldamente arroccati sulle proprie posizioni.
“Quello che cerco di dirti” disse Akane, dopo aver inspirato un paio di volte ed essersi calmata “è che voglio migliorare le mie tecniche, e tu sei l’unico che ritengo un valido insegnante. Non conta niente per te?”
Ranma sostenne per qualche secondo il suo sguardo, poi afferrò di scatto il suo asciugamano e si diresse verso casa.
“Mi dispiace ma la mia risposta non cambia” disse, senza neanche voltarsi “io non voglio allenarti!”
Akane rimase a guardarlo mentre rientrava in casa, e sentì le lacrime cominciare a bruciarle gli occhi.
Avrebbe voluto inseguirlo e costringerlo a parlare, pur sapendo che probabilmente non ne avrebbe cavato un ragno dal buco.
Invece si limitò ad esternare la sua rabbia nel modo migliore che conosceva, ovvero urlando a pieni polmoni: “STRONZO!”
"Beh, grazie del complimento ma l'ultima volta che ho controllato ero ancora una femmina. Quindi, al massimo, dovresti darmi della stronza" commentò Ukyo mentre apriva la porta del dojo. "Anche se immagino ti stessi riferendo a quel tornado a forma di Ranma che ho incrociato nel corridoio".
"Non mi dirai che il tuo vestirti da uomo nascondeva qualcosa...".
"Akane! Sono femmina al cento per cento! Santo cielo!".
"Ma sì, ma sì. Si faceva per ridere".
"Comunque non andrò mai più a prenderti un bicchiere d'acqua se il risultato è questo". Glielo porse, desiderosa di sapere quale ennesima frana si stava smuovendo dalla cima del monte.
"Era tanto che non lo insultavo così, cavolo. E non vorrei...".
"Ma l'hai fatto. Perché?".
"Si è rifiutato di allenarmi, per l'ennesima volta. Lo odio quando mi sottovaluta, lo odio".
Ukyo sospirò e si apprestò a un'ennesima seduta. 
Dovrei cominciare a stilare un prezzario, potrebbe essere un secondo lavoro molto proficuo. Chiederò lumi a Nabiki.
"Oh Akane, ancora con questa storia".
"Non è una storia. È un mio desiderio profondo e vorrei che lui lo capisse. Ma non lo fa, quel caprone".
"Strano. Non l'avrei mai detto. Spiegami bene come si sono svolti i fatti".
"Quando ha finito la lezione si è avvicinato e io ho avuto l'ardire di chiederglielo. Non l'avessi mai fatto. Ha cominciato a straparlare che lui non picchia le donne e bla bla bla bla. Come se fossi una maledettissima principessa sul pisello. Non voglio un cacchio di principe azzurro, voglio un insegnante. Chiedo troppo per caso?".
La cuoca osservò l'amica per qualche secondo, sinceramente dispiaciuta per lei. Non comprendeva appieno questa sua smania di migliorarsi perché le arti marziali non erano mai state il suo primo scopo nella vita, ma nel contempo poteva identificarsi nell'ambizione di progredire sempre di più nella strada che ami e che vorresti fare davvero tua.
“Sarò sincera, non capisco fino in fondo questo tuo desiderio di farti allenare” disse, sedendosi sul prato “però so che vuol dire voler migliorare a tutti i costi in un campo che ti piace...”
“Vedi, è questo il punto... io ho scelto di voler praticare arti marziali!” rispose Akane, sedendosi accanto all’amica “Mio padre non ha mai imposto a nessuna di noi di praticare arti marziali... aveva allenato tutte e tre fin da piccole, per poi proseguire solo con me perché avevo mostrato più interesse delle mie sorelle. Ma anche lui ha ormai smesso di insegnare, sia al dojo che a me, e ho sempre proseguito i miei allenamenti da sola senza qualcuno che mi seguisse...”
“...e poi è arrivato Ranma.”
Akane si lasciò scappare un risolino sarcastico nel ripercorrere quei ricordi.
“Sai che vuol dire trovarsi davanti qualcuno migliore di te in qualcosa, e che non solo ne è consapevole ma te lo ricorda costantemente? So che in fondo questo suo pavoneggiarsi era anche una sorta di autodifesa per non mostrarsi debole - al di là del suo ego ipertrofico, ma all’epoca non l’avevo ancora capito... e faceva male. Insomma, prima che lui arrivasse... e che arrivasse Shan-Pu, e altri... ero io l’artista marziale più dotata in zona.”
“Immagino che questo abbia fatto abbastanza male al tuo, di ego...”
“Hmpf, non ti immagini quanto” ammise Akane “ma nonostante tutto riuscii a vederci un lato buono in questa situazione, e sperai inutilmente che Ranma accettasse di allenarmi... ma mi sbagliavo.”
Rimasero entrambe in silenzio, Ukyo incerta su cosa dire. Era la prima volta che sentiva Akane parlare di Ranma in questi termini e per la prima volta si ritrovò a corto di parole per confortarla.
“Sai a volte... ho la sensazione che lui preferisca avermi attorno solo come la damigella da salvare, e non come una sua pari...” sussurrò Akane con un velo di tristezza nella voce.
“Certo che la vostra relazione è peggio del vaso di Pandora, ogni volta che si risolve un problema ne vengono a galla altri dieci...”
Akane osservò Ukyo e sospirò, incerta se ridere o piangere a quel tentativo di tirarla su.
La cosa grave è che aveva dannatamente ragione.
 
Ci risiamo...
Ranma aveva sperato che una doccia l’avrebbe aiutato a schiarirsi le idee e calmarsi, ma ovviamente la sua previsione si era rivelata sbagliata: aveva passato quasi venti minuti sotto l’acqua borbottando da solo sul perché non voleva allenare Akane, ringhiando per lo shampoo che gli era finito negli occhi e per i capelli che non ne volevano sapere di lasciarsi spazzolare. Ringraziò i Kami che sua madre non fosse in casa quel pomeriggio, o avrebbe rischiato un terzo grado sul perché parlare da soli in quel modo fosse “poco virile”.
Sospirò.
Conosceva bene Akane, e sapeva che se aveva tirato fuori l’argomento non se ne sarebbe dimenticata tanto presto.
Che fare?
Non c'è niente da fare. Io non allenerò Akane e discorso chiuso. Stop. Kaputt. Finito. Morto.
Non voglio, non posso, non mi compete.
Quindi quella lì può togliersi dalla testa di continuare ad asfissiarmi con le sue assurde pretese e...
...
...
...
...
...
...
Assurde... pretese?
Ranma, non so se è l'acqua calda della doccia o se oggi i tuoi neuroni hanno deciso di farsi belli e cominciare a funzionare decentemente.
Ma guardami in faccia e dimmelo chiaramente: perché non vuoi allenare Akane? Ti rendi conto che la sua richiesta non è affatto assurda, neh?
Non c'è nulla di assurdo nel guardare con anche ammirazione, perché no, a qualcuno che è obiettivamente più bravo di te in qualcosa e chiedergli di aiutarti per giungere al suo livello. Nulla.
Perché, vanità da macho fallito a parte, che tu sia migliore di lei è innegabile.
E allora? Perché? Perché? Perché?
Te lo dovrai dire, prima o poi. Non puoi tenerlo chiuso in un cassetto del tuo cuore per sempre. Sai che quei cassetti vanno oliati di continuo, che alla lunga si arrugginiscono e non si aprono più.
E poi... eh, bello predicar bene e razzolar male.
"Se c'è qualche problema affrontiamolo al momento invece di seppellirlo e tenerlo da parte per sfoderarlo come asso pigliatutto durante un litigio". 
Ecco emerito cretino, tu sì che sai dar seguito alle parole che dici.
Uffffff. Difficile essere Ranma Saotome. Per causa tua e per causa degli altri.
Finì la doccia, si coprì le pudenda e uscì dal bagno.
In corridoio, proprio di fronte alla porta, vide Akane con le braccia conserte e uno sguardo decisamente... incazzato, perché "arrabbiato" non bastava. A circa mezzo metro, sulla sua sinistra, Ukyo che stava indietereggiando e dicendo che era il caso di lasciarli soli.
“Chissà dove sarà finito l’uomomaialino, ho dimenticato il guinzaglio a casa...” disse ad alta voce, certa che i due l’avrebbero bellamente ignorata, e si avviò in giardino.
Ranma si avvicinò con cautela ad Akane, che emanava rabbia da ogni poro.
Questa sarà grama, sul serio. In confronto dirle “ti amo” è stata una bazzeccola...
“S-senti Akane...”
“Cosa.”
Eeeeh, ottime premesse...
Chiuse gli occhi e inspirò, cercando le parole più adatte per affrontare l’argomento.
“Senti... possiamo parlare?”
“Ah, adesso vuoi parlare?” ringhiò lei, ancora ferma contro il muro. Ranma sbuffò, notando come in questo si somigliassero anche troppo: avevano lo stesso modo nascondersi dietro all’orgoglio pur di non venirsi in contro e ammettere di aver sbagliato. Rimanere incavolati l’uno con l’altro diventava una questione di principio.
Mentre ragionava notò con la coda dell’occhio Akane che si allontanava e tornava in giardino, forse per raggiungere Ukyo.
“Ehi, dove pensi di andare?”
“A fare quattro passi, non ho proprio voglia di chiacchierare!”
“E allora perché mi aspettavi fuori dal bagno?”
“...non ti aspettavo, dovevo fare pipì.”
“Grazie dell’informazione ma non ti credo.”
“Puoi credere quello che ti pare per quanto mi riguarda!” 
“E infatti credo che tu voglia parlare, anche se ti rifiuti di ammetterlo” disse lui, intercettandola e fermandola contro la parete “credi che non l’abbia sentito il tuo... richiamo?”
Akane arrossì, ripensando a quello “stronzo” urlato a squarciagola. In effetti voleva che Ranma sentisse, ma sperava non lo riutilizzasse contro di lei. La posizione in cui si trovavano inoltre contribuiva a metterla in imbarazzo - anche se non la trovava del tutto spiacevole...
“Akane... non ci eravamo detti di affrontare ogni problema una volta per tutte, anzichè rinfacciarceli di continuo?”
La ragazza abbassò lo sguardo, ricordando quelle parole... dette in occasione di un altro grosso litigio. E in quel caso aveva davvero temuto che le cose non potessero aggiustarsi in alcun modo.
“Ranma tu... mi ritieni davvero una palla al piede?”
“Co-come...?”
“Insomma, quante volte mi hai detto che sono una seccatura perché ti tocca venirmi a salvare da questo o quel pazzo di turno... ci credo che tu non abbia voglia di allenare un’impedita come me...”
A quella frase Ranma sentì qualcosa spezzarsi.
Ricordava bene ogni volta in cui le aveva detto che era goffa, e per quanto non lo pensasse realmente sapeva che erano tutte frecciate andate a segno che avevano incrinato la già poca autostima della ragazza.
“Akane io... io non ti ho mai creduto che fossi un peso” sussurrò “e se sono venuto a salvarti ogni volta è perché... perché a te ci tengo, ed è mio compito difenderti e proteggerti e-”
“E tutto questo è bellissimo, davvero” lo interruppe lei, alzando il viso e guardandolo negli occhi “ma... io non sono una principessa da salvare. Non sono una damigella in difficoltà o una ragazzina indifesa. Io sono un artista marziale, come te! Forse non sarò mai al tuo livello, o al livello di Shan-Pu o chi altri, ma sono comunque capace di difendermi da sola! E prima che tu lo dica” disse, poggiando le dita sulle labbra di Ranma per zittirlo “tu non sarai sempre presente. Puoi avere tutte le migliori intenzioni del mondo, ma arriverà il momento in cui mi troverò davanti un avversario e tu non sarai nei dintorni... e io voglio essere perfettamente in grado di badare a me stessa.”
Ranma non potè fare a meno di concordare sulle parole di Akane, il suo discorso non faceva una piega.
“Senza contare” proseguì lei “che non sopporto che qualcuno interferisca nei miei combattimenti.”
Non riuscì a fare a meno di sorridere insieme ad Akane e a notare come anche in questo lei gli somigliasse.
“Tutto quello che dici ha senso, e hai perfettamente ragione ma...” 
“Ma cosa?”
“...io non voglio che tu ti faccia male. Non voglio che tu rimanga ferita o peggio...”
"Ranma" cominciò lei in tono dolce "le arti marziali sono questo, lo sai meglio di me. Combattere rischiando di ferirsi, nei casi peggiori di morire. Non che ne abbia la minima intezione, ovviamente. Ma diamine, che razza di praticante sarei se non mettessi in conto tutto questo? E mi è già successo, se quella tua testolina da galletto spennacchiato se ne fosse dimenticata. Tipo quando ho affrontato il dojo yaburi con la caviglia in disordine".
"Ma... non devi prenderti rischi inutili...".
"E non ho intenzione di farlo. Non rischi inutili. I rischi che servirà prendere, se e quando sarà il caso. Guarda che non ti sto chiedendo di insegnarmi ad essere una pazza suicida, ti sto chiedendo di insegnarmi per avvicinarmi al tuo livello. Da quel punto di vista ti ho sempre invidiato da matti".
"A-Addirittura?".
"Certo che sì. Ranma, maledizione. Sei uscito vincitore da scontri impossibili. Come quando hai combattuto contro Herb pur essendo bloccato nel tuo aspetto femminile. O con Safulan. Come posso dimenticarmi di Safulan? E come posso non averti invidiato per la bravura da dio della guerra che hai dimostrato? Significherebbe che non do sufficiente importanza all'Arte, e non è così. Sarò anche una combattente mediocre se paragonata a te, ma questo non vuol dire che non ami questa cosa con tutta me stessa".
Fu lì che Ranma, dentro di sé, si arrese. La convinzione e la passione che Akane aveva messo in quel discorso sciolsero tutte le sue difese, le sue obiezioni, i suoi dubbi.
Ci teneva. Ci teneva da impazzire. Nei suoi occhi poteva leggerci chiaramente una smania senza limite, voglia di migliorarsi, di salire al livello successivo, di avvicinarsi almeno un po' a lui.
"E va bene, Akane. Ti allenerò. Ma a una condizione".
"Che condizione?".
"... ancora non lo so. Ci devo pensare bene. Nel frattempo sentiti pure in debito".
"Non succederà, cretino. È ufficiale allora? Mi prometti che non ti rimangerai la parola data?".
"Non lo farò. Hai ragione in tutto quello che hai detto da quando abbiamo cominciato a parlare. Non è giusto che la mia testardaggine ostacoli la tua crescita di artista marziale".
"Yaaaaaaaah! Grazie Ranma, grazie!" squittì lei avvinghiandosi al suo collo e schioccandogli un bacio sulla bocca.
E si ritrovò ad abbracciare un corpo svenuto.
 
SBRAAAAAAM.
"In piedi, Akane" sbraitò Ranma mentre lei rotolava per terra, travolta in pieno da un suo pugno.
"Ahio! Dammi un sec...".
"Hai voluto che ti allenassi? Allora muta e in piedi. Un nemico non ti darebbe il tempo di spolverarti l'abito".
Akane si rialzò, asciugandosi il sudore dalla fronte con la manica del gi.
Di sicuro Ranma aveva finalmente preso sul serio la sua richiesta, a giudicare dalla fatica immane che le stava facendo fare e dall’espressione serissima in volto. L’indole dell’insegnante ce l’aveva nel sangue, questo era indubbio.
“Sei pronta?”
“S-si, sono pronta!”
Pugno, pugno, doppio calcio al mento: schivata, schivata, parata.
Doppio calcio basso: schivato.
Aveva preso il ritmo e stava andando piuttosto bene, riuscendo a schivare quasi tutti gli attacchi di Ranma... ma non l’aveva proprio visto abbassarsi. Troppo veloce. E con una spazzata l’aveva di nuovo mandata al tappeto. Rotolò su un fianco, biascicando un “Ouch” di dolore. Ok, Ranma non scherzava quando diceva che ci sarebbe andato pesante...
E si sta anche contenendo...
Si rimise di nuovo in piedi, rifiatando.
“Ranma *anf* possiamo fare una... pausa?”
“No.”
“Ma... ma come... ?”
“Niente pause, non finché non sarai riuscita a colpirmi almeno una volta.”
“Cosa...?”
“Non hai fatto altro che schivare i miei colpi, ma non puoi stare perennemente in difesa. È ora che passi all’attacco!”
“Ma... sei troppo veloce!”
“Sei stata tu a chiedermi di allenarti” rispose lui, incrociando le braccia al petto “hai già cambiato idea?”
“Certo che no!”
“E allora attacca!”
Akane fece appena in tempo a spostarsi e schivare un calcio alto, per poi evitare - e in un paio di casi fortuiti persino bloccare una serie di pugni velocissimi diretti al torso. Cercò di contrattaccare provando a parare un pugno e bloccare il braccio del codinato in una presa, ma si ritrovò di nuovo per terra a causa del calcio allo stomaco. Tuttavia non si arrese e continuò a rialzarsi e schivare i calci di Ranma cercando ogni volta un’apertura, un movimento errato che le consentisse di contrattaccare.
Ukyo osservava affascinata e al contempo inquieta quello sparring match.
Se da un lato conosceva bene il mostruoso livello tecnico di Ranma, dall’altro era davvero sorpresa da quello di Akane: non aveva mai avuto un combattimento *serio* con lei, ma di sicuro quella non era il maschiaccio goffo e lento che Ranma aveva preso in giro per tanto tempo. Certo non era paragonabile a Ranchan, o a Shan-Pu, ma indubbiamente Akane aveva una buona tecnica - e una forza fisica invidiabile. Si ritrovò a pensare che se l’avesse affrontata senza la sua fida spatola probabilmente avrebbe passato un bruttissimo quarto d’ora...
Ma quando la vide di nuovo a terra non riuscì più a rimanere in silenzio.
“Ranchan adesso basta! Non credi di esagerare?”
“Stanne fuori Ukyo” rispose lui, avvicinandosi ad Akane “non è una faccenda che ti riguarda.”
“Ma la stai massacrando!”
“È stata lei a chiedermi di allenarla e sapeva bene che non l’avrei trattata coi guanti, una volta accettato. A meno che non preferisca lasciar perdere...”
“No che non lascio perdere!”
Entrambi si voltarono a guardare Akane, esausta ma di nuovo in piedi e con negli occhi la determinazione di chi non ha idea di cosa voglia dire arrendersi.
“Ukyo ti ringrazio per la preoccupazione, ma come ha detto Ranma è una cosa tra me e lui” disse, tornando in posizione “e io non ho intenzione di mollare. Non voglio dargli questa soddisfazione.”
Akane sorrise in un’ottima imitazione del sorriso da sbruffone che aveva sempre contraddistinto Ranma. E quest’ultimo ricambiò il sorriso, colpito dalla forza di volontà della fidanzata - e perché no, anche orgoglioso.
“E allora, ricominciamo!”
E ricominciarono.
Furono botte da orbi. O meglio, furono botte da orbi quelle che prese Akane. Calci, pugni, persino una gomitata nel fianco.
Ranma aveva deciso che questo sarebbe stato lo scotto che la sua testarda, orgogliosa, ambiziosa fidanzata avrebbe pagato in cambio del suo aiuto. E lei lo pagò senza lamentarsi, senza ridire nulla. A parte sputare un poco di sangue verso la fine.
All'ennesimo ruzzolone Ukyo ne ebbe seriamente abbastanza. Non le interessava quanto duro fosse il granito che la sua amica aveva in testa, non sarebbe stata ferma a vederla farsi ammazzare dal ragazzo che amava. Si frappose fra i due con le braccia spalancate nel classico gesto da "Thou shalt not pass" di Gandalfiana memoria.
"Spostati, Ukyo" fu il glaciale ordine di Ranma "Non abbiamo ancora finito, io e lei".
"Sì che avete finito. A meno che tu non voglia seppellirla in giardino".
"Ukyo, levati".
"Obbligami".
"Devo mettere le mani addosso anche a te, per caso?".
E qui lei non ci vide proprio più. Poco prima di muoversi si rese conto che stava realmente rischiando, ma quando è troppo è troppo.
SCIAFF.
Ecco come si colpisce Ranma, cara mia.
"Ranma Saotome, ti sei rincoglionito o cosa? Ti rendi conto o no che stai andando veramente oltre? Va bene l'allenamento, va bene fare il sergente Hartman ma non intendo stare qui ferma ad assistere mentre la brutalizzi in questo modo".
Lui parve tornare in sé. Gettò un'occhiata verso Akane, ancora a terra con la faccia dolorante, e improvvisamente schizzò su di lei cominciando a blaterare scuse a raffica sul fatto che aveva esagerato.
La cuoca sospirò. Aveva ottenuto quel che voleva senza rimetterci alcun osso, poteva considerarsi fortunata. Gli diede una mano a farla rialzare e a medicarla.
Era un quadretto strano quello, lì al dojo Tendo. Di solito era Ranma quello ferito che andava rattoppato e Akane quella che rattoppava, mai il contrario. Eppure quel giorno successe anche il quasi impossibile.
"Certo che ci sei andato giù pesante, caro mio..." commentò Akane a mezzi denti mentre Ukyo le metteva un cerotto sul gomito ormai completamente arrossato dalle ripetute cadute.
"Perfavoreperfavorescusami. Mi sono lasciato andare. Non succederà più, te lo prometto".
Il silenzio di Akane mise gli altri due in una strana apprensione.
“Invece devi promettermi che accadrà ancora. Dammi la tua parola che non smetterai di allenarmi.”
Ukyo e Ranma la osservarono con occhi sbarrati e la mascella a terra, increduli.
“Akane! Non ti è bastata la dose di mazzate che hai preso poco fa?!”
“Le avevo messe in conto, cosa credi? Non puoi pensare di praticare arti marziali e rimanere illeso a lungo!”
“Ma hai visto come sei ridotta? Sei uno straccio!” replicò Ukyo, e nel farlo lanciò un’occhiataccia a Ranma. Quest’ultimo incassò il colpo senza proferire parola. Si stava pentendo di aver dato retta ad Akane e aver accettato di allenarla: la determinazione che le aveva letto negli occhi gli aveva apparentemente fatto perdere il senso della misura, dimenticando totalmente i suoi onorevoli propositi di non torcerle un capello. E invece ora si ritrovava a crogiolarsi nei sensi di colpa mentre la medicava.
“Ucchan ha ragione” disse, sospirando “mi sono lasciato andare e ho calcato troppo la mano, e non va bene! Credo sia meglio smetterla qui e-”
“Non. Provarci.”
“Akane...”
“NO. No no no e ancora no!” insistette lei, ritraendo di scatto la mano che Ranma le stava fasciando. “Ranma me l’hai promesso, ricordi? Hai detto che mi avresti allenata, senza se e senza ma. Ed è esattamente quello che voglio! Non importa se ne uscirò malconcia ogni volta, sai meglio di me che non si sviluppa resistenza senza prendere botte!”
“Si ma ho esagerato!”
“Hai fatto esattamente quello che ti ho chiesto” sorrise lei “e non fa niente se ti sei lasciato andare un po’ troppo, davvero. Se ti fa sentire meglio ti perdono, ok? Ma davvero, sto bene. Non sono fatta di vetro, posso sopportare qualche colpo più forte del normale!”
Ranma la osservò in silenzio, indeciso se annegare nei suoi stessi sensi di colpa e rifiutarsi di allenarla ancora... o abbracciarla e stringerla a sé, impressionato da tanta dedizione per l’Arte. Aveva quasi scordato cosa volesse dire dedicarsi alle arti marziali per la semplice voglia di migliorarsi: negli ultimi anni lui si era focalizzato quasi esclusivamente in allenamenti mirati all’apprendimento di tecniche potentissime e tutto ormai si limitava al piacere di padroneggiare mosse incredibilmente complesse e letali, dimenticando invece la sensazione che dava lo spingersi al limite per migliorare sempre di più, acuire i propri sensi, diventare sempre più agili e veloci... qualcosa che invece Akane non aveva mai messo da parte. 
“Ranma, non posso vivere costantemente sotto una campana di vetro... lo sai meglio di me. Prima o poi ci sarà un momento in cui io sarò sola e avrò davanti un avversario più forte di me... e voglio che mi insegni ad affrontarlo al meglio. Voglio essere la degna compagna di un maestro di arti marziali del tuo livello, è chiedere tanto?”
Ranma decise.
La abbracciò. Era seriamente stupito da una simile abnegazione che lui aveva forse perso un po' per strada.
"R-Ranma! Mi... mi fai male...".
"Oh. Scusami, per favore. Non volevo".
"Soffri di personalità multiple, per caso?" gli chiese caustica Ukyo, giusto per infastidirlo. Lui la ignorò abbastanza platealmente, salvo un mezzo buffetto sulla spalla.
"Perché questo slancio?" chiese Akane, incuriosita dallo sfoggio del fidanzato.
"Perché mi hai davvero colpito. Se devo essere onesto non sospettavo tutto questo impeto da parte tua. E prima di mettermi le mani addosso lascia che ti spieghi: non mi aspettavo così TANTO da te, ecco. So che sei dedicata all'Arte, lo so benissimo. Ma sinceramente non pensavo al punto di farti gonfiare come un punching ball senza proteste. Mi hai veramente impressionato in positivo. Hai la stoffa per fare grandi passi in avanti, lo dico col cuore in mano".
"Ranma...".
"Che c'è? Che ho detto che non va? Perché piangi?".
"Ma sarai scemo, allora" si intromise ancora Ukyo "Le ha fatto piacere quel che hai detto, tordo che non sei altro". Ranma si voltò verso di lei e la fulminò con uno sguardo assassino a cui lei rispose, senza parole, "la prossima volta non essere così dolce se non vuoi questo".
Si sorrisero. Poi lui si dedicò alla fidanzata e la coccolò un po' per cercare di farla calmare.
"Io... io sono felicissima...".
"Lo so, lo so".
"E tu sei sempre il solito modestone".
"Faccio del mio meglio. Ma tutto quello che ho detto lo penso davvero".
"Tutto... tutto tutto?".
"Tuttissimo".
"Smettila o... esplodo...".
"Akane, se ti meriti dei complimenti ti meriti dei complimenti. Sei stata davvero esemplare ed è giusto darti quello che ti spetta".
"Cioè una scarica di botte?".
"Se è quello che vuoi sì, anche quelle".
"Sì, le voglio. Ma solo se sei tu a darmele".
"Sarà un onore".
Ukyo li guardò stranita, mezza addolcita dall'affetto e mezza disturbata dalla malata dichiarazione d'amore.
“Ok, voi due mi state seriamente inquietando.”
I piccioncini non diedero segno di aver sentito il sacrosanto commento di Ukyo, e in ogni caso avevano deciso di ignorarla bellamente per dedicarsi alle loro effusioni che in quell’istante oscillavano tra il tenero e l’inquietante.
“Va bene va bene, ho capito! Vi lascio soli, torno dal mio uomomaialino prima che si perda dietro al bancone del locale, senza contare che è quasi ora di cena e stanno per arrivare clienti...”
Silenzio di tomba dal fronte Tendo-Saotome. Spazientita, Ukyo si avviò verso la porta, non prima di aver urlato: “E comunque fate un favore all’universo E PARLATE! Ditevi TUTTOTUTTOTUTTO, qualunque cosa possa diventare un problema, confessatevi pure i furti di caramelle se dovete! Prendetevi un paio di giornate libere e sfogatevi prima di ricominciare a litigare per cose passate! È chiaro?!”
Ad accompagnarla verso il cancello furono le fragorose risate di Ranma e Akane.
“E dalla prossima volta mi faccio pagare! Niente più sfoghi in amicizia, sia chiaro!”
 
“Qualcosa non va?”
Ukyo si voltò verso Ryoga, intento a sistemare le sedie sui tavoli per la chiusura.
“Perché me lo chiedi?”
“Ah non saprei, è da quando abbiamo chiuso che stai lì appoggiata al bancone con lo sguardo perso nel vuoto facendo smorfie apparentemente senza senso.”
Ukyo rispose con un’altra smorfia, stavolta giustificata per aver lasciato galoppare i suoi pensieri in compagnia della sua mimica facciale. 
“Stavo solo rimuginando sulla giornata di oggi...”
“Successo qualcosa di bello?”
“Oh, solite cose: Ranma che allenava marmocchietti, Akane che gli moriva dietro, entrambi che litigano...”
“E quando mai” sospirò lui, lanciando il grembiule sul bancone e avvicinandosi a Ukyo “e qual era l’argomento, stavolta?”
“Akane voleva essere allenata da Ranma ma lui non voleva saperne.”
“Oh, ancora...”
“Tu ne eri a conoscenza?”
“Come no, è storia vecchia” bofonchiò Ryoga, stiracchiandosi “e sai com’è... Akane con P-chan si sfogava.” (1)
Ukyo annuì, pensierosa.
“Fammi indovinare, hai finito per fare da paciere per l’ennesima volta?”
“Ovvio.”
“Scemo io che chiedo. Mi chiedo solo quanto durerà prima che Ranma le dia di nuovo della goffa...”
“Qui viene il bello: Ranma ha finalmente deciso di allenarla!”
“Non ci credo, si è convinto?”
“Eccome se si è convinto! Ma ci è andato davvero pesante cavolo, secondo me ha esagerato...”
“Tu dici?”
Ukyo inarcò un sopracciglio, sorpresa. Ryoga era sempre stato il primo a schierarsi in difesa di Akane, soprattutto quando riteneva che Ranma le avesse fatto un torto; e a prescindere da come si erano evoluti gli eventi credeva che avrebbe mantenuto quel comportamento: Akane era pur sempre un’amica.
“Ryoga perché non ti metti a urlare di voler uccidere Ranchan? Non mi ingelosisco mica se difendi Akane, io per prima l’ho fatto oggi pomeriggio!”
Ryoga sorrise - quel sorriso tanto carino che la mandava in brodo di giuggiole.
“Hai perfettamente ragione ma... Akane è un artista marziale, e sa che per migliorare bisogna accettare il rischio di farsi male. Forse Ranma ha esagerato - e spero almeno che quello zotico si sia scusato o lo scuoio, ma sono sicuro che non l’ha fatto con l’intenzione di farle male.”
“Cos’è, voi artisti marziali di un certo livello avete un copione predefinito? Mi sembra di sentir parlare Akane!”
Ryoga si limitò a fare spallucce e sorridere. Ukyo sospirò e tornò ad osservare il nulla e rimuginare, finchè un pensiero cominciò a ronzarle in testa. Poi si voltò a guardare Ryoga, e quest’ultimo ricambiò con uno sguardo preoccupato.
“Ukyo smettila di fissarmi mentre fai quelle smorfie strane, mi inquieti.”
“P-Chan...” sorrise, sorniona.
“C-che c’è...?”
“Ti andrebbe di allenarmi?”
“Allenarti? Perché?”.
"Così. Mi è saltato il grillo per la testa. Vietato, per caso?".
"Oh no, assolutamente no. Ero solo curioso di capirlo visto che non ti sei mai particolarmente interessata all'argomento".
"Beh, diciamo che l'esempio di Akane mi ha smosso. Dovevi vederla, Ryoga. Si può dire che le bruciassero gli occhi dalla determinazione. Io non ho tutta questa convinzione, lo ammetto, però non voglio rimanere troppo indietro rispetto a lei. Se Ranma mantiene sempre lo stesso ritmo di oggi quella diventerà per me irraggiungibile. E non lo voglio".
"Ti senti punzecchiata nell'orgoglio?".
"Sì, non lo nego. Anche se, lo ripeto, non sono Akane e non ho il suo fuoco. Però appunto, ecco...".
"Sì sì, ho capito. Non vuoi restare troppo indietro. Si può fare comunque, non c'è problema. Ma mettiamo le cose in chiaro fin da subito: quanto in là ti vuoi spingere?".
"Ecco maialino, la tua domanda è pertinente. Diciamo che non ho intenzione di finire una seduta sudata e insanguinata com'era Akane oggi e quando ti dirò basta sarà basta. Ok?".
"Fai tu le regole, mia bella signora. Ci sto".
"Ecco, mi piaci molto quando sei ubbidiente".
"Con te mi devo adattare in qualche modo. Sei un cliente difficile" concluse il discorso Ryoga avvicinandosi a lei con fare suadente.
"Oh oh oh oh oh. Ti senti accaldato, per caso?".
"Può essere. Ti va di testarlo?".
"Non devi neanche chiederlo".
Fu lui a proporre il bacio. Proposta che lei non pensò neanche per un secondo di rifiutare.
"Cominciamo domani quando rientro dal cantiere" riprese lui dopo che si furono staccati "Vedi di farti trovare pronta e attenta".
"Signorsì signore" rispose lei in tono canzonatorio, portandosi addirittura la mano sulla fronte a mò di saluto militare.
"Per questa ti farò fare due giri in più del cortile, sappilo".
"Uh. Fai il poliziotto cattivo, eh?".
"Intendo essere un maestro intransigente".
"Devo spaventarmi per caso?".
"Aiuterebbe ma non è necessario".
"Meglio. Altrimenti sono spatolate che volano".
"Urca. Ora sì che ho paura".
"Siamo arrivati già al punto in cui le minacce reciproche non fanno più effetto?".
"Parrebbe di sì. Ma fammi capire, la cosa ti dispiace?".
"Un po'. Era divertente".
"Io lo vedo come un eccellente sviluppo nella nostra relazione, invece".
La lamentela di Ukyo che stava per arrivare fu soffocata da un altro bacio.


***
(1) Cosa che non succede più a causa di quanto narrato nella prima oneshot di questa raccolta, Someone to Blame :D



***
Quarto capitolo, dedicato ancora a Ranma e Akane. Onestamente odio chi dipinge Akane come una specie di principessina da salvare, o un'impedita che non sa difendersi: pur non essendo al livello di Ranma o Ryoga, o Shan-Pu tra le ragazze (pur amando Ukyo la metto al di sotto di Akane, perché se disarmata dubito sarebbe capace di difendersi al meglio), è comunque una combattente che ha *scelto* di praticare arti marziali, non le è stato imposto. E il fatto che Ranma si sia sempre rifiutato di allenarla seriamente era un argomento interessante, e quindi...
Il titolo viene da Kung-fu Fighting di Carl Douglas... oh insomma, non è che possiamo sempre usare canzoni serie (anche perché non riuscivamo a trovarne!). E poi questa era comunque adatta, in qualche modo XD
E dimenticavo: le mosse descritte nello sparring match le ho prese da questo video walkthrough di Tekken Tag Tournament 2. *Mana ringrazia la sua fissazione per i picchiaduro e Lei Wulong - inconsapevole fonte d'ispirazione, che l'hanno aiutata a descrivere quella scena in maniera semi-decente*
Speriamo sia di vostro gradimento :3

Kaos & Mana

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Capitolo 5
*** La follia della donna ***


5. La follia della donna


La follia della donna,

il disagio mentale

di iniettarsi l'inchiostro con gli aghi.

La follia della donna - Elio e le Storie Tese


"Non riesco ancora a crederci" bisbigliò Ranma con la testa bassa. Abbastanza bassa da obbligare Akane a trattenerlo per evitare che attraversasse la strada senza prestare attenzione alle macchine.

"Eddai, non è poi questa tragedia" cercò di consolarlo lei. Aveva il tono di un condannato al patibolo. Un patibolo lento e doloroso.

"Checcosa? Non è poi questa tragedia? Ma tu sai cosa stiamo andando a fare, sì?".

"Ovvio che lo so. Sono stata io a parlare con lei".

"Ecco, allora per favore non insultare la mia intelligenza. Non sarò un plurilaureato, ma non sono neanche lo scemo del quartiere".

"Sicuro di questa ardimentosa affermazione?".

"Ah ah ah ah ah ah. Akane, non faceva ridere".

"Dai, siamo quasi arrivati".

"Che gioia. Devo anche mettermi a saltellare, per caso?".

"Non servirà. Potresti, in compenso, toglierti quella faccia da funerale. Ukyo non vorrà vederti così".

A lui si ruppe un fusibile. Cornuto e mazziato no eh, proprio no.

"Akane!" sbottò afferrandola per un polso "non puoi chiedermi di indossare una maschera. Già mi hai incastrato in questa cosa contro la mia volontà, se poi devo pur fingere di esserne felice...".

"E lasciami!" sbraitò la fidanzata divincolandosi "e non mettermi mai più le tue manacce addosso in questo modo!".

"Potrei rifarlo se continuerai ad abusare della mia pazienza".

"Ma finiscila, uomo senza un grammo di fiducia. Potrebbe essere... divertente".

"Non ci credi neanche tu. Sarà un supplizio e non ce lo meritiamo".

"Taci ora. Ci siamo. Sorriso e faccia allegra".

Sogna. Non potrò mai mostrare allegria per questa... cosa.

Questa me la paghi, Akane Tendo. Non ti perdonerò mai per un simile tiro mancino. Come hai osato accettare anche a nome mio senza consultarmi?

Sai che odio l'enka. Lo odio. Lo odio.

Voglio bene a Ukyo come se fosse una sorella. Ma neanche per mia sorella mi getterei nelle fiamme infernali.

“Buongiorno a tutti!”
“Akane! Ranchan! Ben arrivati, aspettavamo solo voi!”

Ukyo trotterellò verso i due ragazzi, sul viso un sorriso a trentadue denti. Ranma gemette impercettibilmente, e si costrinse a sorridere di rimando; nonostante quanto detto poco prima di varcare la soglia del ristorante non avrebbe mai rovinato la giornata ad Ucchan.

Ryoga, seduto al bancone, fece un cenno con la testa ad entrambi. Lui e Ranma si scambiarono un lungo sguardo d’intesa, lo sguardo complice di chi condivide lo stesso destino: una maledizione vergognosa, una vita sentimentale tragicomica, un infame concerto enka.

“Bene, visto che siamo tutti qui direi che siamo pronti ad andare!” trillò Ukyo, decisamente su di giri. Aspettava da mesi il Festival di musica Enka di Kawasaki - celeberrima manifestazione canora conosciuta solo da lei e dal circolo bocciofili di Nerima, e non vedeva l’ora di trovarsi davanti tutti i più famosi interpreti del genere, in particolare le sue amatissime Meiko Kaiji e Yolanda Tasico. Quest’ultima, da lei soprannominata la Divina, l’aveva vista giusto un mese prima proprio a Kawasaki: quella data era speciale per lei, sia per il concerto, sia perché lei e Ryoga avevano finalmente ufficializzato la loro relazione. (1)

“Allora, si va? Io non vede l’ora di rilassarmi alle terme!” miagolò Shan-Pu, che stava letteralmente divorando con gli occhi il depliant del ryokan in cui avrebbero alloggiato. Ukyo fece cenno a tutti di uscire per poi chiudere il locale e affiggere il solito, falsissimo cartello “Chiuso per motivi familiari”.

“Dì un po’, come fai ad essere così tranquillo?”
“Probabilmente non ha idea di cosa lo attende, povero papero...”
Mousse si voltò verso Ranma e Ryoga, inarcando un sopracciglio.

“È solo un concerto, non c’è bisogno di essere così negativi... e poi ogni scusa capace di tenermi lontano dal vecchio ghoul per un paio di giorni va bene, per me.”

"Non parlare male della mia bisnonna, screanzato!" disse arrabbiata Shan-Pu dandogli un pugno sulla schiena. "Quella donna è fin troppo gentile con un elemento come te".

"Ahio!".

E gli altri quattro scoppiarono a ridere nel bel mezzo della strada, anche se non avevano capito nulla di quanto era stato detto. La percossa bastava ed avanzava.

A Ryoga, tuttavia, balenò nella mente un dubbio. Si rivolse verso la ragazza cinese e le chiese di passargli il depliant.

Quando lo ebbe fra le mani sbiancò.

"Maiale, che hai? Stai bene?" gli chiese Ranma col suo solito tatto da scaricatore di porto. Ebbe come risposta un vagito di morte.

Ryoga si girò verso Ukyo e le rivolse uno sguardo omicida: "Cara la mia ragazza, dimmi un po'... dobbiamo proprio pernottare in questo preciso ryokan?".

"Uh?" fece lei, onestamente sorpresa "Che cosa c'è che non va?".

"... davvero non te lo ricordi?".

"Cosa mi devo ricordare? Piantala di parlare per enigmi e sii più chiaro".

"Ukyo... la cameriera psicotica. Te ne sei scordata?".

Alla signorina Kuonji uscirono gli occhi dalle orbite. Strappò il depliant dalle mani di lui, lo aprì in lungo e in largo e si accorse dell'orribile verità: era proprio QUEL ryokan.

"Di cosa state parlando voi due?" chiese innocentemente Akane, che come tutti gli altri era ovviamente all'oscuro.

Si vide rivolgere l'equivalente giapponese de L'Urlo di Edvard Munch: "Già, voi non sapete...".

"Cosa dobbiamo sapere, P-chan?" lo incalzò Ranma con concitazione. Gli si era accesa una spia di pericolo in testa, sebbene una parte del suo cervello pensasse che Hibiki fosse il solito esagerato.

Lui spiegò brevemente quei momenti di panico, con quella furia dai capelli rossi che sembrava diventata la loro stalker personale e non lasciava loro neanche lo spazio per andare in pace al bagno.

"Ryoga" disse poi Ukyo con voce oltretombale "purtroppo ho trovato posto solo lì... scusa, me n'ero dimenticata completamente".

Ryoga non sapeva se ridere o piangere. Ancora una volta i Kami si stavano divertendo a sue spese, portandolo alla disperazione. Quella cameriera folle aveva reso un inferno il loro precedente soggiorno al ryokan e infestato i suoi incubi nei giorni seguenti; lo sguardo alienato della signorina Kyoko era qualcosa che difficilmente avrebbe dimenticato. (2)

“Non... non fa niente Ukyo... non l’hai fatto apposta...” mormorò, facendosi piccolo piccolo e accartocciandosi in un angolo della stradina.

“Oh andiamo Ryoga, non starai facendo un po’ troppo il melodrammatico?” lo pungolò Ranma, ma lo sguardo di puro terrore che ricevette in risposta lo fece desistere dal prenderlo ancora in giro.
“Tu non capisci Ranma!” proruppe Ryoga, afferrando il codinato per le spalle e guardandolo dritto negli occhi “quella donna è pazza. Pazza ti dico! Pensa a Kodachi Kuno, ma meno isterica e più subdola.”
Ranma rabbrividì al solo pensiero.

“Ma dobbiamo proprio andare?!” piagnucolò voltandosi in direzione di Akane e Ukyo, dalle quali però non ottenne la clemenza sperata.

“Smettila di fare il bambino, ormai ho prenotato” chiosò la cuoca, trascinando per il codino Ranma - e di conseguenza Ryoga, ancora saldamente attaccato a lui “e soprattutto non salterò il Festival per causa vostra! In marcia ora, o perderemo il treno!”

Detto questo il gruppetto si avviò alla stazione; Ryoga continuò a terrorizzare Ranma coi suoi racconti, finendo per coinvolgere persino Mousse. Ma nonostante tutto la tabella di marcia venne rispettata senza intoppi, e si ritrovarono sul treno.



“Hai perso! Hai perso di nuovo!”

Ranma sbuffò. Sembrava l’avessero fatto di proposito a proporre l’Uomo Nero come gioco per passare il tempo in treno, tanto per ridere di lui.

“Scusate, posso fare una domanda?” chiese Shan-Pu “Me lo chiedo da quando Ukyo ha proposto noi questo viaggio.”
Ukyo sorrise e le fece cenno con la testa di proseguire.

“Esattamente... cosa è enka?”
Ryoga sorrise, un sorriso pieno di sarcasmo che sembrava dire “Beata ingenuità”.

"L'enka è la musica del diavolo, giovinastra, e presto infetterà anche le tue orecchie" disse solenne. Sapeva di star esagerando, ma voleva farla pagare a Ukyo per non essere riuscita a trattenere un'informazione basilare come "dove ci sta la cameriera senza il senso della privacy no, stai tranquillo che non ci andiamo". E poi oh, l'enka lo schifava davvero.

"Risposta seria, per favore?" fu l'annoiata replica di Shan-Pu. Naturalmente non aveva creduto a una sola parola di quelle dette dall'uomomaialino.

"È un genere musicale tipico giapponese" rispose in tono accademico Ukyo, appena autoproclamatasi Esperta Mondiale di Enka del loro gruppo (non che a qualcuno importasse realmente, e anzi le lasciavano quel titolo molto molto molto volentieri). "Avrete anche in Cina della musica folkloristica, no?".

"Ovvio che sì".

"Ecco, più o meno è la stessa cosa. Solo che i miei conterranei sono troppo rozzi e ignoranti per apprezzarla come merita".

Tre paia di occhi presero a trapanarla, iracondi. Lei scrollò le spalle, ben salda nella consapevolezza di aver detto la pura e semplice verità.

"Non starai magnificando un po' troppo i pregi di quella... roba?" azzardò Ranma, conscio di rischiare un pugno ma determinato nel non subire passivamente la beffa oltre al danno.

"No, non direi Ranchan. Siete davvero dei buzzurri per non trovare bella la musica delle vostre radici".

"Sarà. Se le mie radici sono quelle, però, sono ben contento di essere stato sradicato dal terreno".

"Mpf".

Ryoga e Akane gli fecero i complimenti mentalmente per la faccia tosta, il coraggio e la capacità di farsi portavoce del loro gruppetto di dissidenti.


"Oh, i signori Kuonji" trillò la proprietaria del ryokan. Stranamente per lei, che vedeva passare frotte di clienti a cadenza quasi giornaliera, le loro facce si erano ben impresse nella sua memoria.

"Signora, si ricorda di noi. Molto bello da parte sua, grazie" disse Ukyo, realmente stupita dalla piacevole sorpresa.

"Non mi dimentico facilmente di due persone come voi. Anche se vedo che siete in compagnia, stavolta".

"Già. Ho trascinato questi insensibili dei miei amici per il grande Festival".

"Capisco, sì...".

"...".

"...".

"...".

Ryoga perse il filo del discorso. Si guardava attorno guardingo, cercando...

Eccola.

La vide passare per un corridoio. Per fortuna lei non si avvide di loro.

Non poteva permettere che si ripetesse quella sciagura.

Svelto come una faina si nascose dietro Ranma, che lo guardò sospettoso.

“Cosa ti prende adesso, maialino?”
“Il mio senso di cameriera psicopatica pizzica” sussurrò, temendo di venire udito da orecchie indiscrete.

“Ma di che stai farneticando?” si intromise Mousse, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

“È lei, l’ho vista!” sbiancò, indicando un corridoio.

“Ah dici la cameriera fol-AHIA!” ringhiò Ranma, che si beccò una gomitata in pieno petto solo per aver provato a girarsi nella direzione in cui Ryoga aveva puntato il dito. Quest’ultimo attirò entrambi i ragazzi a sé arpionandoli per i colletti, e disse a bassa voce: “Non siate così avventati! Quella non deve capire che sono qui, o è la mia fine!”
“Ryoga, davvero... non starai esagerando?” chiese Mousse, sinceramente preoccupato.
“Riparliamone quando giocherà al tiro alla fune col tuo asciugamano.”
Il cinese ricambiò con uno sguardo inquieto.

“Bene signori, questa è la chiave della vostra camera” comunicò la proprietaria del Ryokan porgendola ad Ukyo: per risparmiare ed evitare di andare sul lastrico avevano deciso di comune accordo di prendere una stanza per tutti e sei. Questo ovviamente limitava di molto la privacy, anche se gli unici a potersene davvero lamentare erano i cinesi - Mousse in particolare, ma si disse che per un week end avrebbe potuto sopportare. (3)

“Oh dimenticavo di presentarvi la cameriera assegnata alla vostra camera” proseguì la signora “e visto che la scorsa volta vi siete trovati così bene, spero di aver fatto cosa gradita affidandovi di nuovo alle cure della signorina Kyoko.”
Ukyo si sforzò di sorridere, consapevole della catastrofe imminente.

Ryoga gemette impercettibilmente, e mai come in quel momento desiderò di perdersi da qualche parte, fosse anche un ripostiglio; tutto, purché fosse lontano da quella donna.

La quale osservò il gruppo con sguardo severo, annuendo in direzione di Ukyo.

“Che... che bello...” commentò quest’ultima con voce tremante.

Sarà un lungo, lunghissimo week end...

I sei posero i loro bagagli nell'ampio stanzone. I futon erano tutti allineati vicino al muro opposto alla porta d'ingresso e la cosa provocò negli astanti più di uno sguardo storto.

Situazione da rettificare il prima possibile. Cioè adesso, pensò Shan-Pu. Fece cenno a Mousse di seguirla per prenderne due e spostarli da un'altra parte più... privata.

Quando sentì che gli altri la stavano osservando tutti assieme si voltò con nonchalance verso di loro e disse: "Beh? Sono mica sola che vuole privacy e il suo uomo vicino?". Mousse sarebbe arrossito se non fosse stato che la cosa lo riempì di gioia... e di voglia.

No papero cretino, no. Siamo in compagnia, non si può proprio. A meno che non si riesca a trovare una scusa per defilarsi e chiudersi in qualche sgabuzzino o posto altrettanto isolato.

"No, in effetti no..." concordò Ukyo a bassa voce. Non abbastanza bassa, però, da farsi sentire da Ryoga che le si avvicinò all'orecchio e le sussurrò: "Hai qualche... idea strana, per caso?".

"Dipende da cosa intendi per strana, maialino" gli rispose a sua volta nell'orecchio.

FIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII. No, non erano vicino alla stazione dei treni. Erano il naso, le orecchie e ogni singola cavità corporea di Ryoga che presero a fischiare.

In tutto questo Ranma e Akane si guardarono interdetti, non sapendo bene che posizione prendere nella querelle.

Furono quasi contenti di vedere il loro momento di stallo interrotto dall'invero rumoroso arrivo della temutissima cameriera Kyoko, che senza troppe cerimonie spalancò la porta d'ingresso e chiese con gentilezza se era tutto a posto.

Ryoga interpretò quel tono affabile come il savoir faire del serial killer che prima ti offre da bere e poi ti sgozza.

“Vogliate perdonare l’intrusione, volevo assicurarmi che fosse tutto apposto... oh, signor Hibiki! Che piacere rivederla!” chiosò la donna quando notò la presenza di Ryoga nella stanza. Quest’ultimo avrebbe preferito che una voragine gli si aprisse sotto i piedi e lo inghiottisse, ma visto che il parquet non sembrava collaborare si limitò a nascondersi dietro Ukyo... non troppo, ma abbastanza da usarla come diversivo in situazioni disperate: tipo tiri alla fune con mutande e abbigliamento vario, pensò.

“Guarda che le ho capite le tue intenzioni, P-chan” borbottò Ukyo, continuando a sorridere affabile come nulla fosse “sei un codardo! Che razza di uomo sei?”
“Uno che ci tiene a uscire vivo dal ryokan” rispose lui, ricambiando il sorriso. Poi si voltò verso la signorina Kyoko e aggiunse “I-il piacere è t-tutto mio, signorina...”.

La cameriera annuì compiaciuta, poi squadrò il resto dei presenti: Shan-Pu e Akane provarono un istintivo fastidio, mentre Ranma e Mousse sembravano tutto sommato tranquilli; c’era uno strano formicolio alla nuca che li infastidiva, come a volerli avvertire di qualcosa, ma lo imputarono alle paranoie di Ryoga e ai racconti del precedente viaggio. Quando ebbe finito di studiare i suoi nuovi protetti la signorina Kyoko uscì dalla stanza, per rientrarvi poco dopo con un vassoio che andò a sistemare sul tavolino.

“Spero gradirete del the” disse, mentre versava il liquido nelle tazze e disponeva i piattini coi dolci.

“Grazie mille!” trillò Akane che subito si andò a sedere al tavolo, seguita da Shan-Pu.

“A me non sembra così pericolosa” ridacchiò Ranma dando una pacca sulla spalla a Ryoga. Mousse annuì, trovandosi d’accordo con il codinato.

“Vedremo cosa dirai quando ti inseguirà come un’ombra lungo i corridoi...”

“Secondo me esageri, magari il vostro fu solo un malinteso...” suggerì Mousse, ma venne zittito da un’occhiataccia di Ryoga.

“Al mio paese una che cerca di toglierti l’asciugamano di dosso non si chiama malinteso!”

“Signor Hibiki, lei e i suoi amici volete farci la gentilezza di unirvi a noi...?” tuonò la signorina Kyoko, lo sguardo che non ammetteva repliche.

Ryoga deglutì rumorosamente e annuì, sedendosi al tavolino con la stessa voglia di un condannato a morte.

E sperò che l’inquietante cameriera non avesse sentito i suoi discorsi.


“Aaaah, se c’è una cosa che amo di Giappone sono le terme!”

Shan-Pu si lasciò scivolare nell’acqua calda emettendo versetti di piacere. L’onsen era deserta al momento, quindi lei Akane e Ukyo potevano godersela in santa pace.

Quest’ultima, stranamente silenziosa, rimuginava sulla loro situazione. Si chiese se la presenza della signorina Kyoko non si sarebbe rivelata un problema per tutti loro... il suo sesto senso le diceva che i guai non sarebbero mancati. E in genere dove erano presenti loro sei c’erano sempre guai.

“Ukyo, posso farti una domanda?”
La cuoca si voltò verso Akane, che la osservava curiosa.
“Dimmi pure.”
“Pensi che le paure di Ryoga siano esagerate? Voglio dire... mi ha un po’ infastidito quando la cameriera ci ha squadrati dalla testa ai piedi, ma tutto sommato non mi sembra così tremenda...”
Ukyo gemette, ricordando il precedente soggiorno al ryokan.

"Devo ammetterlo" esordì, per poi interrompersi bruscamente per guardarsi attorno, volendo assicurarsi che non ci fosse "Ryoga non ha tutti i torti quando dice che è stata un'esperienza abbastanza traumatica. L'ho vista la prima volta che lo stava inseguendo in corridoio. Lui era mezzo nudo e urlava di morte e distruzione, lei lo inseguiva con una luce strana e poco rassicurante negli occhi. D'accordo, conoscendolo stava probabilmente esagerando ma era veramente, veramente terrorizzato. Non mi sento di dire che sia tutto frutto della sua fantasia distorta, ecco".

"Bah. Ragazzo-maiale solito isterico senza motivo" disse Shan-Pu, irriguardosa per il piccolo grande dramma dell'eterno disperso.

"Questa volta mi tocca darle ragione. Era giusto un pochino indisponente, forse, ma non mi dava davvero l'idea di qualcuno in grado di portare reale pericolo. Non con uno come Ryoga, peraltro".

"Eeeeh, ma sai com'è fatto lui con noi ragazze. Non era mai neanche riuscito a dirti chiaro e tondo cosa provava per te".

Akane sprofondò nell'acqua, stranamente imbarazzata. Ukyo non credeva di aver detto niente di inappropriato.

"Akane, tutto bene?".

"Sì, sì... non so cosa mia sia preso. Reazione inconsulta". O meglio, questo è ciò che avrebbe voluto comunicare. Data la sua posizione, però, le uscirono dalla bocca solo dei gorgoglii e delle bolle. Si riportò fuori dal pelo dell'acqua e lo ripetè più chiaramente.

Alla cuoca qualcosa puzzò, ma non sapeva bene identificare il punto caldo. Provò ad approfondire l'argomento, visto che aveva colto il suo interesse da comare, ma non riuscì ad ottenerne nulla.

All'ennesima domanda inquisitoria...

"AIUTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!". L'urlo giunse dal corridoio e si faceva sempre più vicina.

Le tre, ovviamente, si voltarono verso la fonte di tale terrore. E, manco a farlo apposta, c'era un Ryoga inseguito dalla signorina Kyoko.

Lui non si preoccupò di essere vestito. Non si preoccupò delle conseguenze. Non si preoccupò di nulla.

Si gettò a peso morto nelle terme, schizzando le poverette a profusione.

Riemerse di colpo dall’acqua e dopo aver individuato le ragazze sguazzò verso di loro per usarle come nascondiglio.

“Ryoga! Che stai combinando?!”
“Cerco di sopravvivere!”
“Nella vasca delle donne?!”
Ryoga si fermò un attimo a riflettere, poi si guardò attorno. Gli sguardi furenti di Akane e Shan-Pu incrociarono il suo. Quando l’uomomaialino finalmente capì la sua situazione cominciò a balbettare sillabe a caso e il suo naso cominciò a sanguinare come non faceva da tempo.
“O-o-o-oddio s-s-s-siete n-n-n-nuuuuuuuuh-” pigolò senza riuscire a completare la frase, troppo impegnato a coprirsi il naso sanguinante.
“Ma va?!” ringhiò Ukyo, mentre cercava di nascondere le sue nudità come meglio poteva con l’asciugamano. Stava per dirgliene quattro, quando dal bagno si sentì tuonare: “Signor Hibiki!”

Oddio, è lei...

“Hai viso? HAI VISTO?! È qui per me, mi insegue e nonmilasceràinpacemelosentoh” piagnucolò Ryoga, dimenticando la sua imbarazzante situazione e lasciandosi andare alla disperazione. Ukyo lo guardò per un attimo, poi si voltò verso il bagno - dove la signorina Kyoko stava perlustrando la zona con la precisione di un segugio, e infine si voltò verso Akane e Shan-Pu; le due ragazze sospirarono e poi annuirono, acconsentendo silenziosamente ad aiutare l’eterno disperso. Conoscendolo, dopo si sarebbe prostrato ai loro piedi chiedendo scusa in venti lingue diverse per quella situazione.

“Signorina Kuonji, ha per caso visto il... signor Hibiki?” chiese Kyoko, avvicinandosi a bordo vasca.

“Ryoga? Qui nella vasca delle donne?”

“Eppure sono sicura di averlo visto passare di qua...” borbottò la cameriera, rimuginando sul percorso del ragazzo.

“Col senso dell’orientamento che ha non l’avrebbe trovata nemmeno se avesse avuto una mappa, gliel’assicuro” ridacchiò Ukyo “e poi è così timido, non oserebbe MAI nascondersi qui...”
La signorina Kyoko fissò per un attimo Ukyo e le altre due ragazze, incerta se crederle o meno. Poi si disse che non aveva motivo per dubitare delle parole della giovane, per cui si limitò ad annuire e tornò a cercare Ryoga... il quale riemerse qualche, qualche minuto dopo, da dietro una roccia posta al centro della vasca.

“...ho notato del sarcasmo nella tua ultima frase, cara Ucchan...”
La ragazza si voltò a guardarlo con un ghigno e uno sguardo che recitava “Ma non mi dire!”.

“E ora maialino, FUORI DI QUI!”


Nel frattempo, nella stanza comune, Ranma e Mousse sorseggiavano placidi il loro tè. Erano del tutto ignari dell'odissea di Ryoga, a parte quando lo videro  schizzare via come una saetta quando Kyoko ebbe posato gli occhi su di lui per più di un minuto consecutivo.

"Quel ragazzo ha decisamente qualche problema con le donne" commentò leggero Mousse dall'alto della sua recente esperienza nel campo.

"Sei crudele con lui" ribattè il codinato, con sua stessa sorpresa calatosi nei panni dell'avvocato difensore di Hibiki "D'accordo, è Ryoga ed è un deficiente per definizione ma con la sua ragazza, o con le nostre, non è poi così tanto spaventato. Credo abbia davvero la fobia di quella specifica cameriera".

"Ucci ucci, sento odore di giustificazione gratuita. E poi da quando ti interessa essere così tanto pappa e ciccia con lui?".

"Da quando sto cercando di mettere la testa a posto. Se un anno e mezzo fa ti avessero detto che io e te ci saremmo trovati seduti a un tavolo a bere tè e a chiacchierare tranquillamente... quanti anni di casa psichiatrica avresti consigliato allo sprovveduto? So che ti può sembrare assurdo, ma ogni tanto capita anche a me di far funzionare le rotelline. Specie da quando ho deciso di non vedere te e lui come nemici, ma come amici. E io gli amici li difendo e li aiuto, se posso".

Mousse subì il colpo. Non si aspettava una tale sincerità da quel blocco di cemento di Ranma Saotome. Cioè, in parte sì, soprattutto dopo il casino col Consiglio e tutto il resto. Ma non così. Anche se forse, aggiunse in seconda battuta, non avevamo mai davvero avuto la possibilità di esplorare questo lato del nostro rapporto e davo per scontato che fossimo più indietro di quanto in realtà siamo, anche alla luce delle nostre più recenti iterazioni che sono sempre state amichevoli come non mai.

"Va bene Ranma, va bene. Sei una persona nuova, migliore e gli uccellini cinguettano. Torniamo al nostro amico dai canini troppo sviluppati, adesso".

"E che altro c'è da dire, cinese? Ti ho spiegato come la penso. Per me il suo cervellino da gallina è rimasto sconvolto da qualcosa accaduto durante la loro precedente permanenza in questo posto e gli ha lasciato una cicatrice mentale inasportabile. Poi ripeto, essendo che stiamo parlando di Ryoga potrebbe anche trattarsi di una stupidaggine e i risultati potrebbero essere tranquillamente tanto disastrosi. Però...".

Venne interrotto da uno strillo che si materializzò d'improvviso nella loro stanza. Era Kyoko, furibonda per aver perso una preda.

Ma qua ce ne sono altre due, in effetti. Su Sakura, non buttarti giù così presto. Hai ancora carne da sbranare.

"Tutto bene, gentili clienti?" chiese dolce.

Un leggero brivido percorse i due ragazzi, che però decisero ancora una volta di ignorare. Non si sarebbero lasciati contagiare dalla paranoia di Ryoga.

“Assolutamente signorina, tutto a meraviglia” rispose Mousse con un sorrisone. Tempo due secondi e si ritrovò la cameriera di fianco, che lo studiava con attenzione. Il sorriso del ragazzo vacillò per un attimo, ma non si scompose.

“Qualcuno ha fatto colpo...” ridacchiò Ranma sotto voce, ma venne fulminato con lo sguardo da Mousse.

“Siete sicuri? Nessun fastidio? Rimostranze sul mio... servizio?” continuò lei, negli occhi uno scintillio inquietante che preoccupò il miope cinese. Giusto un po’.

“N-no assolutamente” balbettò “è tutto perfetto, e lei è davvero una cameriera... attenta...”
“Molto...” aggiunse Ranma, riferendosi ai racconti di Ryoga.
Kyoko si voltò di scatto nella sua direzione, facendo trasalire il codinato.
“Davvero signor Saotome...?”
“D-davvero” rispose lui, ora seriamente inquieto “è così... così... premurosa!” si affrettò ad aggiungere, iniziando a temere ritorsioni nel caso avesse scelto l’aggettivo sbagliato. Ma a giudicare dal sorrisone sul volto della donna doveva averlo azzeccato.

“Ne sono lieta” rispose lei, alzandosi e dirigendosi verso la porta “non voglio che i miei clienti rimangano insoddisfatti. Ora scusatemi ma devo assentarmi, ma tornerò tra poco con la vostra cena.”
Fece loro un inchino, e infine se ne andò.

Ranma e Mousse rimasero per un attimo ad osservare la porta chiusa, poi si scambiarono uno sguardo preoccupato.

“Sai... comincio a credere che Ryoga non esagerasse...” ammise Ranma.

Mousse sostenne lo sguardo del codinato per un attimo, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore. Era ancora convinto che l’eterno disperso stesse ingigantendo di molto la cosa, eppure...

“Ma no dai, ci stiamo solo facendo suggestionare da quanto ci ha detto Ryoga...”

“Si, forse hai ragione...” ridacchiò Ranma, ma entrambi erano consapevoli di stare mentendo.


“Non posso credere che tu ha lasciato uomomaialino dentro nostra vasca, dovresti davvero tirare di più guinzaglio!”
“Suvvia Shan-Pu, era una situazione particolare! Sii clemente con lui!”
Ukyo sospirò.

Sulle prime aveva avuto la tentazione di tirare il collo a Ryoga per essersi nascosto nella vasca termale delle donne... ma lo conosceva troppo bene per poter pensare anche solo per un attimo che l’avesse fatto di proposito. Probabilmente si era infilato nella prima porta che si era trovato davanti pur di sfuggire alle grinfie della cameriera Kyoko, senza neanche pensare a possibili conseguenze. Si voltò a guardare l’eterno disperso, che camminava poco dietro di loro mogio e silenzioso.
Ukyo sospirò di nuovo.

Quella donna potrebbe diventare un problema, non voglio che porti Ryoga alla follia... e soprattutto non voglio che rovini il mio weekend. Ho sborsato una cifra enorme per venire qui a vedere il Festival!

Quando entrarono in camera, trovarono la cena già disposta sul tavolo. Mousse e Ranma, stranamente inquieti, erano fermi esattamente dove li avevano lasciati.

“Bentornati, la cena è servita.”
Ukyo e Ryoga gemettero all’unisono, impercettibilmente. Quest’ultimo si attaccò al braccio della ragazza con disperazione, bagnandole la manica dello yukata; nella fretta non aveva avuto tempo e modo di cambiarsi.

"Ho detto che la cena è servita" reiterò Kyoko con un tono di voce appena appena più minaccioso. Ovviamente sempre gentile ed educato, ma un orecchio allenato avrebbe facilmente colto la leggerissima nota da "sedetevi o davanti al camino ci stendo voi invece degli orsi".

Le tre ragazze e Ryoga non trovarono nulla da obiettare e si accomodarono.

La cena passò lenta in un'atmosfera a dir poco surreale: i sei mangiarono ordinatamente e si gustarono i pur ottimi piatti, ma non volò una mosca per tutta la durata del pasto. La sola presenza di quella persona li riempiva... no, non di terrore, né di raccapriccio, né di morte interiore. Erano solo terribilmente spaventati all'idea di poter dire o fare o baciare o lettera o testamento... ehm, scusate la deviazione. Dire o fare qualcosa di... eccessivo? Non lecito? Qualcosa che facesse arrabbiare la loro balia.

Ukyo e il suo ragazzo non volevano per esperienza pregressa. Gli altri perché sentivano, a livello inconscio, che sarebbe stata una pessima cosa se fosse successa.

Dopo un resto di serata piatto e noioso arrivò finalmente il momento di andare a letto.

E la situazione precipitò definitivamente.

I ragazzi attendevano che la cameriera se ne andasse. E non accadeva.

Non accennava a voler togliere il disturbo, senza il minimo cenno di preoccupazione sul fatto che... oh, non so, dovesse levarsi dalle balle per permettere loro di cambiarsi e, nei casi più pazzi, fare le loro cosacce in santa pace.

A Ranma si gonfiò una vena sulla testa. Questo non lo avrebbe accettato, no.

Tra l'altro, vuoi per stanchezza pregressa e vuoi per antipatia a pelle, cominciò a visualizzarla come un maschio. Forse quello che lui chiamava subcocente cercava solo una scusa per riempirla di botte come un tamburo, e visto che Ranma Saotome non picchia le donne...

Si alzò le maniche nel più classico dei gesti da bullo che stava per far mulinare le mani. Fece un passo nella sua direzione.

Poi una mano sulla sua spalla lo trattenne.

"Ranma! Cosa stai facendo?". Era Ryoga, terrorizzato.

"Faccio capire a quella donna chi comanda qui".

“Oh no... nonononoNONONONO TU NON PUOI!” pigolò Ryoga disperato, temendo ritorsioni da Kyoko.

“No cosa? Io non voglio dormire con quella in camera che mi fissa!”
“Ma non puoi picchiarla, è pur sempre una donna!” si intromise Akane parlando sottovoce, cercando di far ragionare il fidanzato. Quest’ultimo sembrò riacquistare un minimo di lucidità, e tornò a sedersi accanto a lei. In realtà il suo cervello continuava a suggerirgli di eliminare il problema alla radice, ma ora che gli avevano ricordato che la signorina Kyoko era appunto una donna cominciò a non ritenere più tanto geniale il suo proposito.

“Sentiamo allora, cosa proponete di fare?” sbottò, cercando di non farsi sentire “Siamo tutti stanchi e penso che nessuno di noi la voglia in camera durante la notte...”
Gli altri cinque annuirono, tutti d’accordo su quel particolare. Alla fine Ukyo prese l’iniziativa e si rivolse alla cameriera.

“Ehm... signorina Kyoko...”

Quest’ultima si voltò a fissarla, squadrandola come un animale che studia la sua preda.

Oddio...

“S-signorina vede... è tardi, e io e i miei amici vorremmo andare a dormire... quindi s-se lei potesse...”
La signorina Kyoko si alzò di scatto, sgranando gli occhi.

“Ha perfettamente ragione signorina Kuonji, come ho potuto non pensarci! Questo è così poco professionale da parte mia!”
“Ma no, non si preoccupi è tutto apposto...” disse Ukyo, ma non riuscì nemmeno a finire la frase che vide la cameriera sgattaiolare via dalla camera. Stava per girarsi verso il gruppo e fare un gesto di vittoria, quando la vide rientrare nuovamente con alcuni dei loro futon. Ordinò ai ragazzi di farle spazio, e in pochi minuti sistemò i letti per la notte.

Tre per lato.

Una fila per i ragazzi e una per le ragazze.

Separati in camera.

E al centro, la malefica signorina Kyoko.

“Prego signori, accomodatevi.”
I ragazzi la fissarono con occhi sgranati, probabilmente pensando tutti la stessa identica cosa:
MA È FUORI DI TESTA?

Ukyo deglutì e prese di nuovo parola.

“S-signorina Kyoko ma... i f-futon...”
“Sono pronti, come vede.”

“S-si avevo notato... volevo dire, c-come mai questa strana d-disposizione...”
“Perché non sta bene che i ragazzi dormano con le ragazze” rispose Kyoko, solenne “e visto che condividete la stessa stanza ho fatto di necessità virtù.”
“Ma sta scherzando?!” ringhiò Ranma, stufo delle assurdità di quella donna. Ma tutto ciò che ottenne fu uno sguardo da serial killer che lo inchiodò sul posto.

“Ha forse qualcosa da ridire, signor Saotome?”
“...assolutamentenulladavverononosereimaimiscusi” piagnucolò lui, nascondendosi dietro Akane.

“Bene” sorrise la cameriera “allora direi che è ora di dormire.”

“Psst. Ehi, Ranma.”
“Parla piano, cosa c’è?”
“Secondo te è ancora in camera?”
“Perché non guardi? L’ultima volta l’ho fatto io!”
“Perché ho paura!”
“Ryoga, sei un pusillanime!”
“Senti chi parla!”
“Oh piantatela, lo faccio io!”
Mousse tirò fuori la testa da sotto la coperta, il minimo indispensabile per poter sbirciare. Recuperò velocemente i suoi occhiali e poi si guardò attorno con circospezione... e per una volta la sua vista pessima non lo tradì: in un angolo in fondo alla stanza, la signorina Kyoko li osservava.

Mousse si lasciò di nuovo sprofondare sotto le coperte e gli altri due capirono che per quella notte non ci sarebbe stata alcuna speranza.


Il mattino dopo la sempre efficientissima signorina Kyoko portò loro la colazione, ma la stanchezza data dalla notte insonne impedì loro di godersela appieno. Quando la donna chiese se avevano dormito bene dovettero trattenere Mousse dallo strangolarla con un paio di catene; per fortuna la cameriera non si accorse assolutamente del rischio che aveva corso.

Quando finalmente andò via portando con se i vassoi della colazione, tutti tirarono un enorme sospiro di sollievo.

“Credo che questo causerà me parecchi incubi” borbottò Shan-Pu, massaggiandosi le tempie con le dita.

Ryoga li osservò tutti con uno sguardo che sembrava dire: “Io vi avevo avvertiti, ma voi non mi avete voluto credere!”. Poi scoppiò a ridere, una risata rauca e stanca.

“Che hai da ridere, P-chan?” chiese Ranma, che nonostante la stanchezza non aveva lasciato una briciola della sua colazione.

“Rido perché, alla luce di quanto successo ieri sera, la prospettiva del Festival di musica Enka adesso mi sembra persino piacevole.”

"Io vi avviso sin da ora" disse Akane a voce sostenuta "che quanto successo stanotte a stanotte si limiterà. Se questa sera la signora ha intenzione di piantarsi di nuovo in mezzo alla stanza tipo palo della luce giuro, su quanto sono veri i kami, che la sollevo e la scaravento fuori dalla porta".

"Sono con te" confermò Shan-Pu, che aveva creato non si sa da dove i suoi bonbori e ora li stringeva nelle mani con fare minacciosissimo.

"Contate anche me" si aggiunse Ukyo. Una notte da incubo le era bastata ed avanzata. Inoltre lei, al contrario delle colleghe di sventura, aveva anche degli arretrati risalenti al concerto della Divina.

I maschi le guardarono esterefatti. Raramente le gentili pulzelle erano apparse così determinate nel far male fisicamente a qualcuno. Qualcuno che non fosse uno di loro tre, quantomeno. E nonostante questo nessuno ebbe da ridire. Anzi, erano contenti di non doversi sporcare le mani direttamente, anche se soprattutto Mousse sentiva le mani che gli prudevano.

"Per prima cosa" proclamò ancora Akane, il cipiglio del generale di cavalleria "rimettiamo un po' i futon come ci pare". Non appena ebbe finito si avvicinò al proprio e lo spostò dove preferiva, esortando Ranma e gli altri a seguire il suo esempio.

Quando anche gli altri si mossero giunse un colpo di tosse posticcio.

"Kerumph. Cosa state credendo di fare?".

Era tornata.

Calò il gelo.

Gelo che però Akane, ormai lanciatissima nella sua opera di pulizia, spaccò con una gomitata. Si avvicinò baldanzosa alla cameriera, senza mai staccarle gli occhi di dosso, e disse "Signorina Kyoko, apprezziamo quanto ha fatto per noi. Ma credo siamo grandi abbastanza per poter decidere la disposizione dei letti in maniera autonoma. Inoltre, se non le dispiace... e anche se le dispiace, le devo chiedere di non ripetere il piantonamento di stanotte e di lasciarci da soli, quando sarà il momento di andare a letto".

Per la prima guerra mondiale fu l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando. Per la seconda fu l'invasione della Polonia da parte del Reich. Per la terza fu questa sprezzante dichiarazione di Akane Tendo.

Ranma rabbrividì. Conosceva Akane meglio di tutti quanti, e sapeva che quelle minacce erano destinate ad avverarsi. Tuttavia non osò alzare un dito: non voleva finire in mezzo a una battaglia all’ultimo sangue tra donne, soprattutto se una era la sua fidanzata e l’altra una cameriera squilibrata.

La quale rimase in silenzio ad osservare Akane, indispettita da tanta sfrontatezza.

“Mi spiace se i miei modi vi hanno infastidito, tuttavia ritengo necessario mantenere certi limiti in situazioni del genere” disse, sostenendo lo sguardo della piccola Tendo. Poi abbozzò un sorriso che fece gelare il sangue nelle vene dei tre maschietti presenti: “Sono la migliore in quello che faccio, e che quello che faccio è sempre corretto e piacevole.”
“Non lo metto in dubbio” proseguì Akane, sorridendo a sua volta “ma come le ho già detto siamo in grado di gestire da noi la situazione... notturna. Non siamo degli scapestrati incoscienti, ma nemmeno bimbi dell’asilo.”

Lo sguardo che le lanciò Kyoko creò scompensi ai tre ragazzi, che si chiesero se non fosse meglio fare i bagagli e scappare da quel posto dimenticato dai Kami; tuttavia non proferì parola ma si limitò a prendere i futon e sistemarli nell’armadio a muro, voltandosi a guardare le ragazze come a voler dire: “E comunque i futon vanno messi nell’armadio al mattino, non sapete nemmeno questo? Che donne siete?”. Poi uscì dalla stanza.

“Akane tu sei... sei... temeraria! Incosciente!” pigolo Ryoga ormai sull’orlo di una crisi di nervi, ma si zittì quando la ragazza gli rivolse una delle sue occhiatacce; l’uomomaialino si limitò a tacere e nascondersi dietro Ranma.

“A quanto pare ce l’abbiamo fatta...” disse Ukyo, avvicinandosi all’amica.

“Io non canterei vittoria tanto presto... da una del genere c’è da aspettarsi di tutto.”
Ukyo annuì a quell’affermazione di Akane, imitata da Shan-Pu.

I tre ragazzi si limitarono ad osservare le rispettive ragazze confabulare come generali impegnati a decidere la prossima strategia di guerra, e invocarono tutti i Kami esistenti nella speranza che non succedesse altro.


“Allora, come sto?”
“Hmm secondo me ti sta meglio l’altro!”
“Ragazze... è un concerto enka, non interessa a nessuno come siete vestite...”
Il ringhio prodotto dalle tre ragazze fece capire a Ranma che forse era meglio tacere.

“Per favore non provocarle, sono già sul piede di guerra per la cameriera...” borbottò Mousse, che se da un lato aveva ancora voglia di fargliela pagare dall’altro provava per lei un terrore che nemmeno Obaba nelle sue giornate peggiori.
“Bene, ci siamo! Signori siete pronti per il Festival di musica Enka?” trillò Ukyo, tutta contenta. E i gemiti di disappunto che ricevette non bastarono a scalfire il suo buon umore.

"Su su" insistette, tutta felice "sapete come si suol dire: prima di una battaglia è bene rilassarsi".

"Veramente te lo sei inventato adesso, questo presunto proverbio".

"Ranma, contraddicimi ancora una volta e getterò il tuo corpo su quello che resta della signorina Kyoko".

Accipigna. Sono davvero intrattabili. Beh, non me la sento neanche di dar loro torto, quella donna saprebbe far infuriare persino il Buddha.

Sarà divertente vederle prendersi a borsettate, stasera. Sempre che qualche proiettile non mi arrivi casualmente in faccia.

Anzi, dopo mi converrà parlare un po' con Ryoga e Mousse in merito a tutto questo. Giusto per sapere cosa ne pensano e cosa vogliono fare in proposito.

"Bene truppa, è tempo di cominciare a muoversi. E poi meno sto qui, con quella pazza furiosa che potrebbe fare chissà cosa, e meglio sto" dichiarò solennemente la cuoca, presto supportata dalle sue degne compari.

I ragazzi scossero la testa, sebbene sui loro volti fossero ben visibili degli ampi sorrisi di compiacimento.

Si mossero come un'unità ben oliata ed irruppero nella hall, dove lasciarono le chiavi della stanza.

Poco prima di uscire capitò che passassero davanti a una Kyoko affaccendata nelle pulizie.

Lo sguardo di fuoco che lei ed Akane si scambiarono preannunciò sangue, budella e distruzione generalizzata.

"Ok gente, abbiamo un intero pomeriggio a nostra totale disposizione. Andate e divertitevi come più preferite. L'appuntamento è qui alle sette, vedete di essere puntuali. E tu" disse il feldmaresciallo Kuonji accalappiando il povero Ryoga per la collottola "sei sotto la mia tutela. Non ti dovrai allontanare più di due metri da me. Sono stata chiara?".

"Signorsì signora generalessa".

"Scusi se mi permetto, Oda Nobunaga di noialtri. Ma mi servirebbe il suo fusto per un attimo. Dovrei chiedergli una cosa" azzardò Ranma, invero piuttosto intimidito dall'ardore che Ukyo stava esternando in quei momenti.

"Pfff. E va bene. Ma che sia una cosa veloce" concesse lei, scocciata.

"Farò in un lampo, promesso".

Lo trascinò un attimo da parte e gli chiese quello che si era prefissato: "Ryoga, senti... in caso di conflitto termonucleare in camera, stasera, tu cosa hai intenzione di fare? Partecipare? Rannicchiarti in un angolo a piangere? Far finta di non esistere?".

"Io? Io non c'entro nulla! Non ho nessuna intenzione di mettermi contro quella squilibrata della signorina Kyoko. Quella donna mi terrorizza".

"Sì, questo l'avevo notato. Ma dovrai pur mettere la zampa fuori dal nascondiglio. Lascia che te lo dica, dubito che Ukyo apprezzerebbe una tua così esagerata neutralità".

E l'uomomaialino si trovò a bocca aperta, incapace di rispondere.

La legittima domanda di Ranma aveva pizzicato il suo istinto di combattente, che non apprezzava il suo rintanarsi dietro una ragazza aspettando che la tempesta passasse; ma il suo istinto di sopravvivenza, che tante volte gli aveva salvato il deretano durante i suoi viaggi senza meta, continuava a urlargli di farsi da parte e che era meglio sopravvivere nella vergogna piuttosto che morire con onore...

...no cervello, non esageriamo eh?

“Si può sapere che avete voi due da confabulare?”

“Oh Mousse, capiti giusto a proposito” lo attirò a sé Ranma, e gli fece un breve riassunto di quanto detto prima a Ryoga.

“Sarò sincero, pur avendo ancora voglia di torcerle il collo preferirei davvero mantenere la cosa su toni più o meno civili.”
“Anche perché, se dovesse scatenarsi davvero il putiferio e ci fossero eventuali danni alla struttura, toccherebbe ad Ucchan pagare tutto...” ragionò Ranma.

“...e una volta tornati a casa ce la farebbe scontare da qui all’eternità.” concluse Ryoga, serissimo.

“Beh ora non cominciate a viaggiare con la fantasia, nessuno qui ha intenzione di radere al suolo il ryokan...”

“...ma potrebbe accadere, involontariamente. Sai che il rischio c’è.”
Mousse stava per rispondere, ma si zittì. Ranma aveva purtroppo ragione: da quando viveva lì a Nerima non aveva mai visto un qualsivoglia scontro in cui qualche edificio non avesse subito danni; di solito a pagarne le conseguenze era casa Tendo, con occasionali spostamenti verso il Furinkan.

“...ok, cosa proponete?”
“So che sembra strano detto da me” annunciò Ranma “ma direi di non alzare un dito. Ovviamente se le cose dovessero... degenerare, cercheremo di contenere i danni e le nostre belligeranti signore il più possibile.”
Mousse e Ryoga annuirono compiaciuti.

“Non l’avrei mai detto Saotome ma mi trovi d’accordo per una volta. Credo sia proprio il caso di limitare i guai e mettere da parte la vendetta...”
“...io questo non l’ho mai detto.”
“...oh cielo.”

“Ranma, che intenzioni hai?” ringhiò Ryoga.

“Niente, per ora. Ma se la signorina Kyoko si inventa qualcos’altro al nostro ritorno stai sicuro che non gliela farò passare liscia. Solo... senza scatenare l’inferno.”
Mousse e Ryoga si scambiarono un’occhiata interrogativa, per poi finalmente capire cosa il codinato intendesse.

“Ora ho capito... tu hai in mente un piano.”
“Non ancora ma... abbiamo due ore e mezza di concerto per organizzarci.”
Il cinese e l’eterno disperso sorrisero maligni. L’idea di Ranma di un piano d’emergenza era stata pienamente approvata.

I tre risero, soddisfatti del loro operato.

Da qualche parte nel giardino, Ukyo starnutì e un brivido le percorse la schiena. Per un attimo si guardò attorno alla ricerca di Kyoko, ma non vedendola si tranquillizzò e sciacquò tutto come un semplice raffreddore.


“Allora, di cosa stavate parlando voi tre?”
“Come?”
“Oh ti prego, credi che non me ne sia accorta? Non siete furbi come vi piace pensare!”
Ranma sbuffò mentre Akane ridacchiava.

“Erano cose... da uomini.”
“Tipo qual è la moda di Jusenkyo di quest’anno in fatto di sorgenti maledette?”
“Ah. Ah. Ah. Mi sto sbellicando.”
“Oh povero il mio piccolo Saotome colpito e affondato!”
Ranma lasciò correre, troppo impegnato a godersi la sensazione di Akane abbracciata stretta stretta a lui. Avevano ancora un paio d’ore prima del concerto, e quell’angolo del giardino sembrava assolutamente deserto. Di tanto in tanto lanciava occhiate guardinghe attorno a sé, ma di capelli rossi nemmeno l’ombra.

"Ehi Ranma, visto che abbiamo un po' di tempo" disse Akane, stranamente audace "perché io e te... non ci scambiamo tenerezze?". Gli strinse la vita più forte, avvinghiandosi a lui.

"A-Akane... qui, all'aperto... dove chiunque ci potrebbe... spiare?".

"Guarda che non dobbiamo mica buttarci nudi nell'erba. Voglio solo..." miagolò, seducente come poche altre volte "... un pezzetto di te e della tua bocca".

E si avvicinò alle sue labbra.

Lui decise che oh, a bacio donato non si guarda in bocca.

Chiuse gli occhi, pronto a lasciarsi andare.

E poi...

"Signori, un po' di contegno per favore".

Riaprì le palpebre all'improvviso. Vide quell'odiosa faccia, incorniciata dagli altrettanto odiati capelli rossi, che li osservava con lo sguardo da maestra che ha beccato gli alunni mentre tentavano di marinare.

Ok gente, questa donna non è normale. O ci è stata mandata addosso come una maledizione da qualche divinità dispettosa, oppure... oppure non lo so. Ma niente che mi piaccia.

Akane alzò la sinistra chiusa a pugno, parecchio alterata. Era evidente che volesse sfasciarla lì sul momento, senza aspettare il post concerto.

Il suo ragazzo, in quel momento la metà sana della coppia, ebbe un'idea migliore: la prese in braccio e si allontanò di corsa.

"Ranma! Lasciami, devo cambiare i connotati di quella strega!".

"Akane, santo cielo. Datti una calmata. Ricorrere alle maniere forti non è sempre la soluzione migliore".

"Ora lo è. Mollami!".

"Dai, non farti prendere dall'incazzatura. Non ne vale la pena. E poi non vorrai farti trovare da Ukyo tutta ammaccata e piena di lacerazioni. Ti rovineresti il vestito".

"Mi stai dicendo... che non riuscirei neanche a riempirla di botte come merita?".

"Ti fidi del tuo maestro?".

"S-Sì... mi fido...".

"Ecco. Il tuo maestro dice che quella donna non è ciò che sembra. In più di un caso mi ha dato la distinta sensazione di essere come il boss finale di qualche videogioco, di quelli che ti serve un chilo di gettoni per poter sconfiggere".

"Mi... mi prendi in giro?".

"Assolutamente no. E non voglio vederti in difficoltà per qualcosa di francamente evitabile".

Akane ringhiò, ma fece quanto detto. Di solito il sesto senso di Ranma non si sbagliava su queste cose.

Tuttavia non le impedì di lanciare un’occhiataccia a Kyoko che prometteva vendetta.

La quale non si preoccupò di nascondere un ghigno soddisfatto.

Uno a zero palla al centro, mia cara.


In quello stesso momento, in camera, un’altra coppietta esternava il proprio... fastidio.

“Io quella la disintegro! La uccido! Ne faccio cibo per gatti! Anzi no, la passo al tritacarne e la servo dentro i ravioli al Neko Hanten!”

Mousse osservò Shan-Pu lanciare urla di guerra nella loro lingua natia e anche un pelo inorridito dalla vena splatter della ragazza. Non che avesse torto, intendiamoci: approfittando di quelle orette di svago prima del concerto, erano riusciti con fatica a trovare un angolino solitario in cui appartarsi. Essendo guerrieri amazzoni discretamente navigati per la loro giovane età, prima di darsi alla pazza gioia avevano perlustrato ogni centimetro, ogni angolo, ogni intercapedine che potesse celare loro la presenza della maledetta cameriera; e quando finalmente si sentirono al sicuro si chiusero alle spalle la porta di uno sgabuzzino - che al momento per loro era il rifugio perfetto, pronti a far volare vestiti e inibizioni.

Ma il destino e i Kami sanno essere particolarmente infami e così anche la signorina Kyoko, che apparve assolutamente dal nulla da una minuscola, strettissima finestrella posta in alto su una delle pareti dello stanzino. I due giovani persero un paio di anni di vita per lo spavento insieme alla pazienza, ma Mousse ritenne opportuno portare via Shan-Pu prima che commettesse un omicidio fuori dalla giurisdizione di Joketsuzoku.

“Quella maledetta donna ha le ore contate” ringhiò Shan-Pu, intenta a spazzolarsi i lunghi capelli violetti: l’ora del concerto era ormai vicina, e la voglia di fare qualsivoglia porcellata era svanita lasciando il posto all’istinto omicida.

Mousse rabbrividì pensando a cosa sarebbe successo quando sarebbero rientrati dal Festival...


“Allora ragazzi, trascorso bene il pomeriggio?”
All’innocente domanda di Ukyo gli altri quattro risposero con un ringhio bestiale e sguardi omicidi.

Ukyo deglutì.

“Ne deduco di no...”
Si sentì dispiaciuta per i suoi amici: per una volta lei e Ryoga erano riusciti a rimanere soli senza interruzioni - soprattutto senza la cameriera folle attorno, che a quanto pare aveva deciso di dedicarsi ad altre prede.

“Su su avanti, via quelle facce tristi! Lasciate che l’enka vi consoli!” trillò Ukyo, che non stava più nella pelle.

“Voglio morire...” borbottò Ranma, e per una volta nessuno osò contraddirlo. Ukyo l’avrebbe fatto ben volentieri, se le luci sul palco non avessero attirato la sua attenzione.

“Oddio! Oddio comincia!”
E fu lì che Ranma e gli altri salutarono il cervello di Ukyo Kuonji per almeno due ore.

Il cervello se n'era andato a fare un lungo picnic lontano da lì, sì. Ma il corpo era fin troppo presente per i loro gusti.

Una parte del corpo, nello specifico: i gomiti.

Saltellando come una scimmietta senza la minima restrizione, difatti, Ukyo finiva con lo sgomitare a destra e a manca. Centrando immancabilmente nasi e guance dei suoi sfortunati compagni di (dis)avventura.

Specialmente Ranma venne tempestato, più o meno involontariamente, ma dopo il terzo colpo approntò un efficace sistema di difesa ed evitò i danni peggiori.

Sul palco passò la creme della creme dell'enka: Izuko Yoshi, Teresa Teng, Sarbjit Singh Chadha, Fuyumi Sakamoto, Ayako Fuji. Senza ovviamente tralasciare i pesi massimi come Meiko Kaji e nientepopodimenoche la Divina Yolanda Tasico, forse la preferita di Ukyo. Quando fu il suo turno Akane temette di vederla sciogliersi come un budino scaldatosi troppo, ma Ryoga la rassicurò su come quello fosse del tutto normale.

"Ah, se lo dici tu..." commentò inacidita.

La tortura fu lenta, dolorosa e apparentemente senza fine. I ragazzi escogitarono i più assurdi stratagemmi per sopravvivere, fra cui il prendersi a testate e il giocare a Carta Forbici Sasso. Tutto pur di non farsi trapanare le orecchie da quell'insopportabile lagna per vecchi incartapecoriti.

Poi il mondo ebbe pietà di loro e finalmente finì.

"È stato spaziale!" urlò la cuoca come un'esagitata uscendo dal palazzetto.

"Concordo. Nel senso che avrei preferito stare nello spazio aperto senza ossigeno" disse Ranma, la testa bassa e il fiato corto.

"Morte, che qualcuno mi dia la morte" supplicò Ryoga verso nessuno in particolare. Sperava che i kami, stufatisi di prenderlo in giro, gli concedessero almeno questo desiderio.

"E questa è musica che piace a Ukyo? Mai più" fu il commento di Shan-Pu. Le scappò una smorfia di disgusto.

Akane era troppo sconvolta anche solo per emettere dei suoni inutili. E poi doveva risparmiare le energie in vista dell'ecatombe imminente.

Mousse invece, con suo stesso grande stupore, non aveva del tutto disprezzato. Certo, era musica per persone molto più vecchie di loro e non ci impazziva del tutto ma, alla fin della fiera, dovette ammettere che si aspettava molto, ma molto peggio.

"Ecco paperotto, diglielo. Almeno non sono la sola con un po' di buon gusto in questo sgangherato gruppo" disse Ukyo, confortata dal non essere totalmente isolata.

"Ok ragazzi" fece poi Akane ponendosi davanti al gruppetto e arrestandone l'avanzata, improvvisamente ringalluzzita "adesso è il momento della verità. Stiamo per tornare nella tana delle tigri e non posso affrontare quella bestia da sola. Chi si sente all'altezza del compito?".

Ukyo e Shan-Pu ghignarono, pronte a far volare denti a destra e a manca. Tutte e tre annuirono soddisfatte, decise a far capire alla cameriera folle come stavano le cose.

“E voi tre cosa mi dite?”

Ranma, Ryoga e Mousse si voltarono a guardarle, consapevoli che quel momento sarebbe arrivato. Il miope cinese deglutì rumorosamente e si fece avanti, prendendo parola per tutti e tre.

“Ecco noi... ne avremmo parlato e...”
Le tre ragazze lo studiavano in silenzio, squadrandolo dalla testa ai piedi.

“D-dicevo... ne abbiamo parlato e... r-riteniamo che sia più opportuno non fare n-nulla di avventato, ecco...”
Gli occhi di Shan-Pu erano ridotti a due fessure.

“Starai scherzando spero.”
“M-ma p-pensaci un attimo” balbettò, girandosi di quando in quando a cercare manforte da Ryoga e Ranma “s-se la affrontiamo così apertamente potrebbe... potrebbe succedere qualcosa di brutto...”
“Qualcosa tipo...?”
Lo sguardo inquisitore di Akane gli fece tremare le ginocchia; si chiese come Ranma riuscisse a sopportarlo.

“T-tipo... danni al ryokan. Involontari, eh! M-ma sarebbe grave... voglio dire, poi ci toccherebbe ripagare... e dovrebbe farlo Ukyo perchè la prenotazione è a nome suo!”
La cuoca sgranò gli occhi: l’osservazione del cinese l’aveva colpita in pieno.

“Hai ragione.”
Mousse si concesse di riprendere a respirare normalmente.

“E quindi cosa suggerite?”
Mousse smise di nuovo di respirare.

Per fortuna gli altri due decisero di venire in suo soccorso, o non ne sarebbero più usciti.

“P-per ora non facciamo nulla” suggerì Ranma “perché... perché... perché se attaccassimo noi per primi la padrona del ryokan potrebbe pensare che abbiamo deciso di far casino volontariamente...”
“...mentre invece noi vogliamo che sappia che Kyoko è una squilibrata e noi siamo povere vittime innocenti!”
Le tre ragazze li osservarono in silenzio per lunghi minuti che parvero anni durante i quali i poveretti capirono la definizione di “santa inquisizione”.

“Concordo, non voglio assolutamente che quella ci faccia passare per vandali” decretò infine Akane.

“E io non voglio assolutamente sborsare soldi in più per causa sua” aggiunse Ukyo.

“Ci inventeremo qualcosa sul momento, se necessario” disse Shan-Pu, rilassandosi.

I tre ragazzi tirarono un enorme sospiro di sollievo, augurandosi di non trovare sorprese una volta tornati in camera.


“Bentornati, andato bene il concerto?”

Come volevasi dimostrare, la signorina Kyoko non aveva abbandonato i suoi folli propositi: la trovarono in camera, con i futon già disposti secondo le sue regole.
Allora è guerra.

“Benissimo, grazie” sorrise Ukyo, melliflua. Si avvicinò ai bagagli, prese alcuni oggetti per il bagno e tornò alla porta.

“Io e le mie amiche ci concederemo un bagno serale, tanto per rilassarci prima di dormire. Faccia compagnia ai ragazzi intanto!” disse, e svelta corse verso le terme trascinandosi Akane e Shan-Pu.

Kyoko indugiò per qualche secondo sulle tre figure che uscivano di corsa dalla stanza, poi si rivolse a Ranma, Ryoga e Mousse, ancora in piedi sulla soglia.

Poi sorrise.

E i tre sentirono un improvviso bisogno di scappare.


“Si può sapere cos’è questa storia del bagno? Nessuna di noi ne aveva voglia!”
“Lo so Akane, ma avevo bisogno di tempo per pensare!”
“Pensare a cosa?”

“A un piano, ovvio!” concluse Ukyo, borbottando e sguazzando nell’acqua bollente.

“Non avevamo detto di non fare cose avventate?” ricordò Shan-Pu alle altre due.

“Infatti non voglio attaccarla... ma abbiamo bisogno di mettere su un piano di difesa” rispose Ukyo “soprattutto perché da quei tre conigli dei nostri... uomini non possiamo aspettarci aiuto, stavolta.”
Le tre ragazze annuirono solenni, consapevoli che il peso della battaglia stavoltra gravava solo sulle loro spalle.

Poi Ukyo sgranò gli occhi.

“Ragazze... l’illuminazione!”
“Eh? Serve lampadina?”
“No Shan-Pu, intendo dire che ho un’idea!”


Nel frattempo, in stanza, i tre ragazzi volevano una morte rapida e indolore. Dopo i precedenti supplizi per mano di Kyoko e il concerto non ne potevano più di soffrire come vitelli portati al macello.

Una morte rapida e indolore, sì.

"Gente..." bisbigliò un terrorizzato Ryoga "siamo spacciati... quelle si sono date... alla macchia... lasciandoci con questa psicotica...".

A quel punto Ranma, al contrario di tutto quello che aveva predicato fino a quell'istante, decise che la situazione si era fatta del tutto insostenibile.

Guardò i compagni e trasmise loro, senza parole, l'intenzione di farsi sotto e porre fine alla loro odissea.

Quel muto "Io vado" fu preso dagli altri due come il testamento di Ranma Saotome. Cercarono di trattenerlo ma invano, ormai aveva deciso.

Si avvicinò alla fonte di tutti i loro guai, che non si era ancora mai mossa dalla sua posizione.

O la va o mi spacca. Più facile la seconda.

"Si-signorina Kyoko..." azzardò per rompere il ghiaccio.

"Mi dica, signor Saotome" rispose con assoluta calma.

"Io... io... mi rendo conto che siamo... partiti col piede sbagliato... e vorrei, se... se fosse possibile... raddrizzare la situazione...".

"Cosa va cianciando? Suvvia, non mi faccia perdere tempo. Devo ancora finire di sistemare la vostra stanza prima che vi corichiate". Così dicendo si alzò le maniche, nel classico gesto da "ora di metterci l'olio di gomito".

E fu lì che battito, respirazione e qualsiasi funzione vitale di Ranma si azzerarono.

Intravide, appena sopra il polso, un tatuaggio.

Gentile lettore, devi sapere questo: in Giappone quella pratica è esclusiva di una singola categoria di persone.

Gli yakuza.

Kyoko Sakura, cameriera fuori di melone del ryokan che avevano sfortunatamente deciso di usare, portava sulle braccia un tatuaggio molto particolare. Ranma riuscì a scorgere la sagoma di un uomo biondo che rideva con ai suoi piedi un cadavere con pugnali conficcati ovunque, dalla testa ai piedi.

"Ops" si lasciò scappare lei, conscia di aver fatto vedere troppo.

"Lei... lei...".

"A questo punto non ha senso tacere. Mi chiamo Kyoko Sakura e sono la wakagashira dell'Inagawa-kai".

Ranma soffocò una bestemmia. Era addirittura il primo tenente di uno dei più grandi gruppi criminali dell'intero Giappone.

"Ma... ma...".

"Perché lavoro come cameriera in un ryokan, dice? Oh, la vita da gangster non fa per me. I colli si spezzano troppo facilmente e dopo un po' mi sono annoiata. Pertanto ho chiesto al mio oyabun un periodo di relax e lui, da brava persona qual è, me l'ha concesso".

Il codinato cascò all'indietro, prendendo una sonora culata.

Un metro più indietro Mousse guardava stranito Ryoga, non avendo le basi per capire cosa fosse appena successo. Alla richiesta di chiarimenti il disperso si limitò a dire che non c'era nulla da fare per loro.

Quella donna se li poteva gestire come ne aveva voglia e loro sarebbero dovuti solo stare zitti.

Ranma tornò silenziosamente al suo posto con la morte nel cuore.

“Mi spieghi che succede? Ryoga sta piagnucolando in un angolo e io non ho capito niente di quello che tu e la signorina Kyoko vi siete detti.”
“Faresti meglio a seguire l’esempio di Ryoga se vuoi assicurarti la sopravvivenza.”
“Che cosa stai blaterando?”
“Hai mai sentito parlare della yakuza?”
“La... mafia giapponese?”
Ranma annuì, solenne.

“La qui presente Kyoko” sussurrò per non farsi sentire “è il braccio destro del più pericoloso boss del Giappone.”
Mousse sbiancò.

Non è possibile, è uno scherzo, qualcuno ci prende per il culo e si diverte anche...

“...e le ragazze non sanno nulla.”
“E se fossero ancora intenzionate a...”
“Non possiamo nemmeno avvertirle!”

I tre si trovarono raggomitolati in un angolo, il più lontano possibile, mentre la signorina Kyoko sistemava con fare professionale i loro futon.

“Siamospacciatimoriremotuttinoncèsperanzapernoi!”
“Ryoga smettila di mettermi ansia! Come se non ne avessi abbastanza di mio!”
“Maiononvogliomorire!” pigolò l’eterno disperso, aggrappandosi al codino di Ranma; il quale, pur non apprezzando particolarmente il gesto, lasciò correre perché sentiva la necessità di tenersi stretti i suoi due nemici/amici: se doveva morire per mano di un membro della yakuza, se li sarebbe portati dietro.

“Il problema rimane” proseguì Mousse, senza scollare gli occhi di dosso alla donna “come le avvisiamo di non fare nulla di avventato?”
“Non lo so, non ne ho idea! Sto pensando!”

“E pensa più in fretta!”
Stava per rispondere a tono quando si accorse che nella stanza cominciava a fare freddo.

Chi diamine ha spento il termostato...

“Bingo.”
“Cosa?”
“Ho un’idea. È disperata ma... possiamo tentare.”
Mousse e Ryoga ascoltarono il piano di Ranma e convennero entrambi che era una cretinata colossale, ma non avendo idee migliori da proporre decisero di seguirlo.

“Certo che fa freddo in camera, eh?”

La signorina Kyoko, intenta a sistemare gli ultimi futon, inarcò un sopracciglio in direzione di Ranma.

“Le spiace se alzo un po’ il termostato?”

“Io continuo a dire che è un’idea stupida.”
“Hai forse idee migliori, Shan-Pu?”
“No, ma provare a cogliere donna pazza di sorpresa, legarla come salame e nasconderla in sgabuzzino non è piano intelligente.”
“Perché non proponi qualcosa tu, o saggia amazzone?”
“Ragazze per favore, non è il caso di litigare!”
Akane si intromise nel battibecco tra Ukyo e Shan-Pu, riuscendo a calmarle. In effetti l’idea di Ukyo era assolutamente folle e pericolosa, ma nessuna aveva di meglio da suggerire... e la loro pazienza aveva raggiunto il limite.

“Sentite, ormai siamo in ballo e ci tocca ballare” proseguì Akane con fare battagliero “quindi entriamo come se niente fosse e vediamo come si comporta. Se insiste nei suoi modi di fare assurdi partiamo al contrattacco, ok?”
Le altre due annuirono, pronte a sfidare la cameriera squilibrata. Akane annuì a sua volta compiaciuta, poi si voltò verso la porta scorrevole della loro stanza e la splancò.

“Wah!”
Quando aprì venne investita da un getto d’aria caldissimo: qualcuno doveva aver alzato al massimo il riscaldamento.

“Si può sapere perché i termostati sono al...” disse, ma la frase le morì in gola quando si accorse della scena che si stava svolgendo in quel momento: i ragazzi, rannicchiati in un angolino in silenzio; la signorina Kyoko seduta vicina ai futon delle ragazze. Quest’ultima, data la temperatura elevata, aveva arrotolato le maniche del kimono.... svelando ciò che avevano nascosto fino a quel momento.

Tatuaggi.

Lungo le braccia. E probabilmente anche sul resto del corpo.

Akane e Ukyo, le uniche a capire il significato di quei disegni, si voltarono verso Ranma e Ryoga, che solenni annuirono.

La signorina Kyoko è un membro della yakuza.

È la fine, ha vinto lei.

“Bentornate signorine, è stato un bagno rilassante?”
































***
(1) e (2) Nella terza oneshot di questa raccolta, The Rest is still Unwritten.
(3) Successo nel capitolo 11 di Two-Part Secret Heart, ampliato in Tutto Quello che Avreste Voluto Sapere sul Sesso di Joketsuzoku (e non Avete mai Osato Chiedere) e ripreso nella seconda oneshot di questa raccolta, Accidentally in Love.




***
Quinto capitolo di questa raccolta, che vede il ritorno in grande stile della cameriera psicolabile Kyoko, apparsa nella terza oneshot della raccolta (The Rest is still Unwritten) e tornata per incutere ancora terrore al povero Ryoga - e a tutto il resto della combriccola :D 
Il personaggio in sé, pur essendo un OC, è basato su Kyoko Sakura di Puella Magi Madoka Magica, personaggio e anime che entrambi amiamo. Diciamo che è un voluto omaggio a un personaggio badass che adoriamo :D
E visto che ero particolarmente ispirata, io (Mana) ho deciso di farne un piccolo ritrattino che trovate in calce alla storia: come potete vedere anche esteticamente somiglia a "quella" Kyoko, solo con dieci anni in più e i tatuaggi da yakuza :D 
Anche stavolta tutti i cantanti enka citati sono realmente esistenti - anche Sarbjit Singh Chadha, si. Non ce lo siamo inventati, giurin giurello.
Per questi ultimi si ringraziano Elio e le Storie Tese e la loro La Follia della Donna, da cui abbiamo tratto titolo e citazione.
Speriamo vi abbia divertiti tanto quanto noi durante la stesura :D
Alla prossima!

Kaos & Mana

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Capitolo 6
*** I'll be there for you ***


6. I’ll be there for you
 
 
No one could ever know me, no one could ever see me 
Seems you're the only one who knows what it's like to be me 
I’ll be there for you - The Rembrandts
 
 
"Vorrei proprio sapere chi me l'ha fatto fare...".
Ranma guardò di sottecchi Ryoga che gli stava dietro di circa un metro mentre cercavano i loro posti sul treno.
Vorrei saperlo anch'io chi me l'ha fatto fare.
Perché a Ukyo è venuto in mente di andare a recuperare Biancanera e i cuccioli, eh? E perché ad Akane è venuto in mente di usare me come guida per Ryoga "il senso dell'orientamento è un condimento da mettere sulle okonomoyiaki" Hibiki, eh?
Va bene, va bene. Sono uno dei pochi, se non l'unico, che sa bene la strada per casa sua. Ma... sul serio? Io e Ryoga a fare un viaggio assieme? Seriously?
"Dillo a me, maiale" commentò sarcastico con un mezzo sorriso sbruffone. Avrebbe preferito... no, non esageriamo. Non avrebbe preferito un concerto enka a Kawasaki, no.
Un concerto enka a Kawasaki significava noia a livelli mai raggiunti prima, orecchie come se ci avessero versato sopra del diserbante, una Ukyo ingovernabile... e soprattutto la cameriera yakuza. Tutte cose che avrebbe volentieri evitato di ripetere. (1)
E poi... era davvero così scazzato all'idea? Capiamoci, gli venivano in mente duecento modi più proficui di passare un pomeriggio piuttosto che di fare da balia all'uomomaialino, ma in tutta onestà non poteva dire di essere realmente disgustato all'idea.
Era solo un compito fastidioso e nulla più. E poi poteva essere in compagnia peggiore, alla fine.
"E a chi altri devo dirlo? Io e te siamo".
"Wow, sai persino contare. Non sforzarti troppo però, potrebbero esploderti quelle poche cellule cerebrali che ti rimangono".
"Vuoi botte, Saotome? Così ti lasciò qui moribondo per terra e a casa mia ci torno da solo".
"Sì, ovviamente. Non dubito che sbrigheresti la commissione a tempo di record, tutto da te. Io sono qui solo per bellezza".
"Grrrrrrr".
"Dai su, cerchiamo di non litigare. Non ne ho nessuna voglia".
"Io invece ne ho parecchia. Mi sono alzato male, stamattina, e ho le nocche che prudono".
"Allora perché non abbracci qualche palo della luce credendo che sia Akane? Anzi no, credendo che sia Ukyo...".
A quest'ultima frecciata l'eterno disperso digrignò i denti.
“Non tirare fuori quell’argomento!”
 “Quale? Ucchan?”
 “NON. LO. FARE.”
 Ranma lo osservò per qualche secondo, decisamente stupito da tanto nervosismo. Ecco, ORA era curioso come una scimmia.
“E sentiamo, perché non dovrei?”
 “Perché... perché... perché non sono fatti tuoi!” balbettò Ryoga, intuendo di essersi fregato con le sue stesse mani.
“Non è una buona motivazione” concluse Ranma, accomodandosi meglio sul sedile e rivolgendo tutta la sua attenzione a Ryoga. “Ritenta, sarai più fortunato.”
L’uomomaialino si ritrovò a ragionare sulla scusa migliore, pur rimanendo convinto che davvero la sua relazione con Ukyo non fosse roba che riguardasse Ranma. Relazione che, tra l’altro, ormai non poteva più definire in modi bizzarri come “non-esattamente-amicizia-ma-neanche-amore”, “forse-infatuazione-ma-non-ne-siamo-sicuri”, “io-vorrei-non-vorrei-ma-se-vuoi” e via discorrendo. Avevano deciso ormai da un mesetto e spicci che la loro era una relazione a tutti gli effetti. (2) E forse era questo a mettere il povero Ryoga tanto in agitazione, la cui unica relazione che aveva avuto prima di Ukyo era durata diversi mesi solo perché non ricordava come arrivare alla fattoria di Akari - ed era un argomento da non prendere davanti ad Ucchan.
 “Ryoga? Sei ancora qui con me?”
 “Uh?”
“Bentornato sulla terra, ti eri perso nelle tue paranoie? Riesci a perderti proprio ovunque...”
 Ryoga ringhiò, anche se con poca convinzione; era troppo impegnato a constatare come Ranma lo conoscesse molto meglio di quanto entrambi avessero mai ammesso.
“Ranma... da quando mi conosci così bene?”
 “Hm?”
 “Si insomma... ammetto che ci hai preso riguardo le mie crisi esistenziali di prima, e non è nemmeno la prima volta” ragionò.
“Beh maialino, ci conosciamo da tanti anni ormai... sarà per questo.”
 “Ok, ma due persone possono anche conoscersi da una vita e non essere capaci di intuire cose sull’altro in quel modo...”
 “Ryoga, questi discorsi profondi a stomaco vuoto no per favore...”
“È una domanda che mi assilla da un po 'e vorrei riuscire a trovare una risposta, e comunque ti sei fatto fuori tre okonomiyaki prima di partire.”
 “Era uno spuntino quello.”
“Hmpf, poi sono io il porco...” borbottò.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, entrambi ragionando sul discorso tirato fuori da Ryoga; quest’ultimo si chiedeva ormai da un po’ a che punto del loro rapporto fossero lui e Ranma, mentre il codinato aveva già accettato da un po’ il cambiamento ma senza mai ammetterlo apertamente.
Kami, neanche stessi parlando di un’altra fidanzata, pensò Ryoga.
"No, sul serio. Mi interessa molto capirlo. In fondo, a ben guardare, attorno a tutti noi le cose sono cambiate parecchio. Tu stai con Akane senza che pazze isteriche o io cerchino di ucciderti, io sto con Ukyo, Shan-Pu sta con Mousse... non credevo che sarei mai sopravvissuto per vedere simili novità". (3)
Ranma lo osservò con attenzione. Sul suo volto non vedeva smargiasseria o voglia di competizione o un qualsiasi stupido motivo che poteva presupporre una tal domanda. Era solo curioso, turbato e curioso. O forse non tanto turbato quanto... curioso e basta.
Gli premeva davvero sapere. E Ranma, dentro di sé, alzò le spalle e si disse che poteva anche soddisfarlo. Che male c'era, d'altronde. Già con Mousse, in occasione di quel disastroso concerto, aveva scoperto un po' le carte e non vedeva motivo per non fare lo stesso con lui, che anzi conosceva da pure più tempo e con cui i trascorsi, nel bene e nel male, erano più profondi.
Eppure, con sua stessa somma sorpresa, non riuscì a non giocare sporco: "Va bene Ryoga, va bene. Ma solo quando saremo arrivati a casa tua".
"E perché?".
"Così. Non ho voglia di snocciolarti tutto subito. Sai che noia. Adesso noi, da bravi ragazzi, ce ne arriviamo a Tokorozawa, entriamo nella villetta Hibiki, prendiamo Biancanera e relativi cuccioli, ce li riportiamo a Nerima e poi, solo poi, affronteremo per bene il discorso".
"Evviva la coerenza. Adesso, dopo o mai più? Perché non credere che ti permetterò di usare la schizofrenia come giustificazione per non farlo".
Ranma sbuffò. Quel ragazzo sapeva essere duro come il titanio, se ci si metteva. "Da te. Facciamo da te".
"Devi promettermelo, Saotome. Promettimelo o ti scaravento fuori da questo treno in corsa".
"Ellalà Ryoga, come sei su di giri. Te lo prometto, te lo prometto. Da dove ti salta fuori tutta questa smania, poi...".
"Ho solo intenzione di essere chiaro con più persone possibili. Quando Ukyo mi ha definito «fidanzato» per la prima volta, ed eravamo davanti a Kyoko la Sanguinaria...".
"Oh beh, battesimo del fuoco col botto".
"Puoi dirlo forte. Comunque: quando l'ha fatto, io... ne sono stato felice, da una parte. Dall'altra tremavo come una foglia perché, e in quanto mio biografo lo sai meglio di me, questo tipo di avvenimento mi terrorizza. Ma era l'ufficializzazione di qualcosa che entrambi sapevamo, perché eravamo usciti e vivevamo insieme e la aiutavo al ristorante e bla bla bla bla".
"Vieni al sodo, Ryoga. Non ho tutto il giorno per i tuoi vaneggiamenti".
"Ti piacerebbe. Sei incastrato con me finché la missione non sarà conclusa e lo sai. O vuoi provare a vedere come reagirebbe Akane se non dovessimo tornare col mio cane sano e salvo?".
A Ranma venne un brivido.
"Quindi mi farai finire, ok?".
"Ok ok ok ok. Che lagna".
“Il punto è: voglio chiarire tutto con tutti. L’ho fatto con Akane, l’ho fatto con Ukyo... manchi solo tu.”
 La frase di Ryoga colse un po’ di sorpresa il codinato, da un lato contento di poter definire per bene qualcosa che anche lui pensava già da tempo, ma che dall’altro lo imbarazzava perché l’incapacità di saper gestire i propri sentimenti è roba difficile da mandar via. E come sempre faceva in questi casi...
“Guarda Ryoga, sono lusingato ma non sei proprio il mio tipo.”
 “...demente.”
 
 
Il viaggio in treno proseguì abbastanza tranquillamente, tra battibecchi di routine, frecciatine di Ranma a Ryoga perché era costretto ad accompagnarlo al bagno per evitare di perderlo dentro il vagone, e ostinazione nel voler giocare in due con giochi di carte per tre o più persone - chiedendosi pure “Perché la partita sembra infinita!” o “Ma perché continuiamo a palleggiarci la carta dell’Uomo Nero come un pallone da spiaggia?”.
Il tragitto a piedi dalla stazione a casa Hibiki fu un po’ più drammatico, in cui Ranma si ritrovò più volte a inseguire Ryoga che si avventurava per viuzze sconosciute commentando “Ma questa mica c’era quando sono venuto qui l’ultima volta!”, e finiva per maledire i Kami in silenzio borbottando da solo che “Al primo negozio per animali che vedo entro e ti compro un guinzaglio”. Alla fine decise di tagliare la testa al toro e tenere per mano Ryoga per il rimanente percorso - cosa che non piaceva a nessuno dei due, ma risolveva alla radice un problema non da poco.
 
 
Quando finalmente giunsero a casa Hibiki, battibecchi e malumori vennero dimenticati e cancellati da una marea di batuffolini bianchi e neri a quattro zampe pronti a far loro le feste.
 “Ma come siete carini! Ma io vi porto tutti a casa e vi faccio giocare con zia Akane! Siete meravigliosamente pelosi e morbidosi e carini!”
 Ryoga osservava sconvolto e al contempo divertito Ranma che, mandando al diavolo i suoi discorsi da “vero uomo”, si stava rotolando sul pavimento insieme ai cuccioli di Biancanera.
"Tu non sei reale, vero? Non sei Ranma Saotome. Sei posseduto da un oni col senso dell'umorismo" scherzò Ryoga con voce secca, un po' divertito e molto stupito dall'esibizione così poco caratteristica.
"Che cavolo vuoi, Hibiki? Cerchi di farmi pesare il fatto che adoro i tuoi adorabilissimi animali domestici, per caso?" rispose quello mentre si divertiva a giocare a una versione improvvisata di Twister.
"Oh, quando le nostre signore sapranno di questo tuo lato teneroso..." buttò lì con nonchalance, sperando di attrarre la sua attenzione.
Si ritrovò la sua faccia a dieci centimetri dal proprio naso.
Sei proprio bravo, Ryoga.
"Tu azzarditici. Azzarditici solamente e...".
"E niente. Lo farò, a meno che...".
"...".
"A meno che...".
"... Ryoga, ho capito che mi stai ricattando. Biancanera è spupazzosa ma non sa ancora assorbire le mie pur limitate facoltà mentali".
"Allora accompagnami in cucina. Ho voglia di un tè, e non sono il solo".
"Ma...".
"Non sono il solo" ribadì, glaciale. E a Ranma non restò che abbassare la testa, sconfitto, e andargli dietro. Anzi no, troppo bello. Gli toccò pure fargli strada.
Andare in giro con Ryoga Hibiki era peggio del fil rouge a Giochi senza Frontiere. E chissenefrega se Ranma e Ryoga non sanno cos'è Giochi senza Frontiere.
C'è da dire che Ranma non metteva piede in quella casa da parecchio tempo e non è che si ricordasse perfettamente la planimetria, quindi ci vollero un paio di tentativi a vuoto prima di trovare la cucina.
"Uff. Meno male, ce l'ho fatta" sussurrò, più rivolto a se stesso che al suo compagno d'avventura. Il quale, però, lo sentì e non perse occasione per prenderlo in giro: "E bravo il navigatore Saotome. Meno male che non ti fai pagare, sei pessimo".
"Si dà il caso che questa sia casa tua, non mia. Dovresti essere tu a condurre me, non viceversa".
"Se se" commentò l'uomomaialino, consapevole di non avere argomentazioni ficcanti con cui controbattere. "Basta ciance. Come lo vuoi il tè?".
"Non lo voglio, grazie tante".
"Oh su, non farmi il bimbo offeso. Quanti anni hai, tre?".
"Anche di meno, se ti fa piacere pensarlo. Ma questa cosa mi ha molto indispettito, sappilo. E comunque il tè non mi va, davvero".
"Oh santo cielo, sei impossibile".
"Ha parlato l'ometto facile, ha parlato".
Momenti di silenzio, invero piuttosto teso. Ryoga spignattava con la pentola e la bustina, mentre Ranma si era seduto al tavolo aspettandolo. Si era rassegnato al discorso che l'altro voleva assolutamente estorcegli e non cercava di rifuggirlo più, ma questo non significa che lo affrontasse con un sorriso. Neanche troppo piccato, in realtà. Era solo l'insistenza di Ryoga a maldisporlo. Se fosse stato meno calcato può darsi che il suo approccio sarebbe stato diverso.
"Meno male che il tè si conserva bene" commentò casualmente il padrone di casa mentre se lo versava nella tazza "altrimenti tanta fortuna". E lo bevve tutto di un fiato.
Quando divenne verde in faccia... diciamo che a Ranma saltò in testa un leggerissimo dubbio su quest'ultima affermazione.
“Si conserva BENISSIMO eh, soprattutto dopo anni che non torni a casa...” commentò mentre attendeva fuori dal bagno che Ryoga finisse di rimettere anche l’anima.
“Ta... taci...” balbettò lui, bianco come uno spettro “ho... ho solo bisogno d-di... di qualcosa per lo stomaco e poi starò meglio, non ho scordato il... il nostro discorso. Devo solo trovare l-l’armadietto dei medicinali...”
 “Tu sei fuori” ringhiò Ranma, trascinandolo in salotto “la tua cucina pullula di roba andata a male che probabilmente ha ormai  preso vita e cammina per casa, e tu vorresti addirittura ingurgitare medicinali risalenti a chissà quale anno? Fai prima a chiedermi di farti da kaishakunin per il tuo harakiri.”
 “Eh già, tu sei un esperto in quel campo...”
 “...giuro che ti mollo qui, poi ti voglio vedere a cercare di tornare a Nerima da solo.”
Tornati in salotto si buttarono entrambi sul divano, dove ad attenderli c’erano Biancanera e i suoi cuccioli. Ranma riprese a giocare con loro osservando di tanto in tanto Ryoga, che agonizzava sull’altro divano.
“E quindi...”
 “E quindi... dovremmo andare...”
 “Quando sarai meno verde in faccia e riuscirai a reggerti in piendi ci avvieremo in stazione, non prima. Già devo evitare che tu ti perda uscendo di casa, se devi pure farlo vomitando in giro e con i cani al guinzaglio non se ne parla proprio.”
 “Mamma mia come sei melodramattico...”
 “Solo realista.”
“Allora, visto che dobbiamo aspettare che io mi riprenda” sorrise sornione Ryoga massaggiandosi la pancia “direi che possiamo dedicarci a quel discorso...”
 “Uff! Va bene, va bene!” rispose Ranma, intento a farsi mordicchiare le dita dai cagnolini, cosa che lo metteva stranamente in pace con l’universo. Avrebbe voluto rimanere ancora piccato per il puro piacere di esserlo, ma tutta la carineria emanata da quelle piccole palle di pelo scioglieva tutto il suo acidume nei confronti dell’insistenza di Ryoga.
“Sentiamo maialino, cosa vuoi che ti dica?”
 “Cosa siamo io e te?”
 “Sfigati?”
 “A parte quello.”
“Beh... se l’ho ammesso con Mousse non vedo perché non posso farlo con te che sei il diretto interessato” sospirò, continuando a far grattini ai cuccioli. “Ok Ryoga, la verità è questa: io ormai ti considero un amico. Sul serio, senza ironia. Sono passati i tempi in cui ce le davamo di santa ragione solo perché nessuno dei due sopportava la vista dell’altro, ti urlavo di smetterla di girare attorno ad Akane in veste di suino da compagnia - e te le facevo passare TUTTE, e via discorrendo. Ormai sono cambiate tante cose e sarebbe perfettamente inutile continuare a tirar fuori vecchi discorsi solo per il principio di fare gli stronzi a vicenda. Nessuno ci impedisce di continuare a picchiarci solo per divertimento, cosa che ai miei allievi del dojo piace parecchio tra l’altro. Ma di motivi reali direi che non ne abbiamo più. Insomma, condividiamo entrambi un destino infame e una maledizione altrettanto odiosa, e ci siamo parati il culo a vicenda più volte in questo senso, perché continuare coi litigi?”
 Ryoga lo osservò, piacevolmente stupito da quel discorso: la pensava esattamente alla stessa maniera, ennesima prova di quanto loro due in fondo non fossero poi così diversi.
 “E ti dirò di più” proseguì Ranma, ormai in vena di grandi rivelazioni “credo di averti sempre considerato un amico, o quantomeno la cosa che più si avvicinava a quella definizione. Intendiamoci, voglio bene a Hiroshi e Daisuke, ma... io e te condividiamo lo stesso amore per le arti marziali, le stesse situazioni ridicole e un’infanzia tremenda e solitaria, per non parlare dello stesso essere sentimentalmente e socialmente inetti...”
 “Era un complimento quello?”
 “Taci, fammi finire. Dicevo... io e te ci somigliamo più di quanto non vogliamo ammettere, ed è qualcosa che con Hiroshi e Daisuke non ho. Il feeling di capirsi al volo quando succedono determinate cose, di...”
 “...trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda?”
“Già.”
 Ryoga annuì. Non avrebbe potuto esprimere meglio quel concetto.
“E tutta questa pappardella l’hai detta prima a Mousse e non a me?” (4)
 “Geloso per caso?”
 “Forse. Potrei avanzare pretese solo perché ti conosco da prima.”
 “Lo sai che sei l’unico maialino nero per me.”
"Per forza, sono l'unico che conosci".
"Non fa alcuna differenza. Non potrei mai consegnare il mio rozzo cuore a un altro quattrozampe che non sia tu".
Si guardarono e si mandarono vicendevolmente a quel paese. Erano amici e l'avevano appena ammesso (più implicitamente per Ryoga, d'accordo, ma l'ammissione era stata comunque abbastanza palese) ma questo non significava che dovessero improvvisamente diventare liceali zuccherosi e abbracciarsi e darsi i bacetti sulla guancia. Brrrrrrrrr.
Trascorsero le successive due ore attendendo che la colonia di batteri, funghi e muffe che stava festeggiando il capodanno dentro la pancia di Ryoga gli desse tregua quel tanto che bastava per consentirgli di viaggiare. Il malato stette sdraiato tutto il tempo, con le mani sulla nuca e ci mancava giusto la spiga di grano in bocca per farlo assomigliare al Tom Sawyer dei poveri; Ranma invece aveva proprio deciso di darsi alla pazza gioia con Biancanera regredendo, se possibile, all'età mentale di un bambino dell'asilo nido. No, per la scuola materna era ancora troppo presto.
"Conosco quello sguardo, Ryoga" disse ad un certo punto "e non mi piace. Cosa stai tramando?".
"Io?" rispose innocentemente l'accusato, indicandosi con un dito "Cosa dovrei star tramando? So a malapena cosa significa quella parola, figurati se so metterla in pratica".
"Non fare l'ignorante buzzurro con me. Cioè, sei ignorante e buzzurro ma non fino a questo punto. Rispondi".
"Obbligami".
Un gesto di diniego e Ranma si voltò: "Non picchio gli infermi".
"Infermo? Saotome, devo considerare i tuoi connotati come i pezzi di un puzzle da smontare?" sibilò alzandosi in piedi.
"Ecco, stai bene. Possiamo andare".
"...".
“Su su, muovi quel tuo sedere suino o perdiamo il treno!”
 
 
Il rientro fu abbastanza tranquillo: Ryoga riuscì non solo a non perdersi per strada e sul treno, ma al contrario delle previsioni di entrambi non ebbe bisogno di chiudersi in bagno per vomitare; Biancanera si comportò egregiamente, e i cuccioli rimasero buoni buoni nello scatolone in braccio a Ranma - autoproclamatosi zio nonostante le frecciatine di Ryoga.
A Nerima trovarono ad attenderli due ragazze che credevano di avere le allucinazioni.
“Ryoga, ma a Ranma che hai dato da bere?”
 “Niente. Sono io quello che è stato male per il tè avariato semmai, grazie per la preoccupazione.”
 “Suvvia, sei un omaccione grande e forte! Cosa vuoi che ti faccia un po’ di tè andato a male?”
 “Ti prego Ukyo, non disperarti così tanto che poi ci rimango male.”
 “Basta battibeccare, piccioncini” si intromise Akane “qui ci sono situazioni più urgenti: che ne è stato del mio fidanzato che si atteggiava a macho della domenica?”
 “Guarda che ti sento, maschiaccio, e non apprezzo per niente queste tue battutacce. È vero che la zia Akane è cattiva, piccolino? È vero?” chiosò il codinato mentre teneva in braccio uno dei cuccioli.
 I tre continuarono a guardare allbiti il fu Ranma Saotome, portavoce del comitato di quartiere “Sono un vero uomo, non faccio cose da donnicciole” sciogliersi in una marea di squittii e versetti mentre giocava con quei cagnolini.
“La cosa che più mi inquieta” commentò Akane “è che fino a qualche tempo fa, per lasciarsi andare in questo modo, lo faceva diventando ragazza! Così aveva una... giustificazione!”
 “Non è vero! Menti!” borbottò lui.
“Ah no? E tutte le volte che siamo usciti a comprare un gelato e tu eri donna?”
 “Che c’entra, in quel caso sfruttavo il mio innegabile fascino femminile per avere uno sconto o del gelato in più!”
Akane roteò gli occhi e lasciò cadere il discorso, dedicandosi anche lei a Biancanera e i cagnolini insieme a Ukyo, mentre Ranma ancora strillava cose come: “Zia Akane è vero che ce ne portiamo uno a casa? È vero?”
 “Scoperta del lato tenero di Ranma a parte” riprese Ukyo “e mal di pancia di Ryoga, che poi si offende perché non lo considero abbastanza...” al quale il suddetto Ryoga rispose con una pernacchia. Ukyo ridacchio, poi proseguì: “Dicevo, a parte questo com’è andato il viaggio? Avete perso una giornata intera, credevo ci volesse meno tempo...”
 “Sai com’è, ho preferito essere sicuro di essermi ripreso del tutto prima di affrontare il treno...”
 “Mi sembra giusto.”
 “E ne abbiamo approfittato per chiacchierare - senza picchiarci e con pochi insulti, lo giuro” aggiunse Ranma.
“Oh, questo mi fa piacere!”
 “E poi abbiamo svelato un po’ di altarini, dichiarandoci amore reciproco.”
 “Anche quest-NO ASPETTA. Cosa.”
 Akane e Ukyo si augurarono di aver capito male.
“Sai com’è, Ryoga stava diventando geloso di Mousse...”
 “Ne ho tutte le ragioni! Hai detto che mi consideri un amico prima a lui che a me, è normale che io sia geloso!”
 “Oh suvvia, te l’ho già detto che non ho altri maialini neri che te! Cos’è, non ti fidi?”
 “Hai un passato di poligamia non indifferente, e io non voglio soffrire.”
 Le due ragazze si scambiarono uno sguardo allibito. Cosa diamine stava succedendo tra quei due buzzurri?
"Però, per mantenere una parvenza di enerosessualità, ci conviene tenere le qui presenti come schermo per la nostra bollente storia d'amore" disse Ranma mentre Biancanera gli saltava sulla faccia per riempirgliela di affetto e bava.
"Ouch! Ti voglio bene anch'io, cagnolona, ma ti prego ora smettila!".
"Penso che tu abbia ragione. Non mi sento ancora pronto ad andare in giro con te mano nella ma..." rispose Ryoga, venendo però interrotto da un rumorosissimo THUD.
Sulla sua testa un bozzo gigantesco che andava ingrossandosi di secondo in secondo.
A pochissima distanza da lui una Ukyo furibonda con in mano la sua fida spatola da guerra.
"Ryoga, ciccino!" guaì Ranma, ma ogni ulteriore sussulto da ragazzina isterica venne interrotto da Akane che lo prese per un orecchio.
"Dimmi che stai scherzando o ti castro" dissero pressoché all'unisono le due ragazze.
"STOSCHERZANDOMOLLAMIPERFAVORE" supplicò Ranma.
"STOSCHERZANDOTIPREGONONBASTONARMIPIÚ" supplicò a sua volta Ryoga.
"Kuonji, personalmente penso che questi due deficienti vadano puniti in maniera esemplare per aver cercato di farci venire un infarto quadruplo".
"Sono d'accordo, Tendo. Pane e acqua per i prossimi trenta secoli?".
"Troppo poco. Devo studiare qualcosa di più appropriato...".
"Come vuoi, Crudelia De Mon. Portati il tuo tomo a casa, che io penso al mio. Oh, idea: perché non ti fai consigliare da quello squalo di tua sorella?".
"Eccellente trovata. Bene Ranma, vediamo se un paio di giorni in mano a Nabiki ti faranno pensare dieci volte prima di rimettere in piedi una scenetta simile" ruggì trascinandolo fuori dall'Ucchan. Si era pure dimenticata dei cuccioli e di Biancanera, i quali guardavano il loro nuovo migliore amico venire portato via da una Erinni in guisa umana.
"Mi raccomando Akane, quando hai trovato qualcosa di efficace non dimenticarti di telefonarmi!".
"Ma... ma...".
THUD.


***
(1) Successo in La Follia della Donna, quinto capitolo di questa raccolta.
(2) Relazione nata in Two-Part Secret Heart, e "consacrata" in The Rest is Still Unwritten (terzo capitolo di questa raccolta).
(3) Tutto cominciò in Secrets of the Heart Split in Two :D
(4) Sempre in La Follia della Donna.

***

 

*Mana si augura di non dover di nuovo litigare con l'editor html*
Sesto capitolo di questa (un po' ignorata ;_; ) raccolta, tutta dedicata a Ranma e Ryoga e al loro rapporto di nemici/amici (ormai in via di miglioramento!), all'entrata in scena in questi lidi di Biancanera e prole (questi ultimi dovrebbero ormai essere abbondantemente cresciuti, ma ci servivano adorabili palline di pelo per far rincretinire Ranma *propositi importanti*) e, soprattutto, focosi risvolti shonen-ai! *ride*
La citazione musicale di questa oneshot viene da I'll be There for You dei The Rembrandts, che fa anche da titolo.
Speriamo che tanta idiozia e tanto fluff siano stati di vostro gradimento - e in caso fatecelo sapere anche con due righe, che a noi fa sempre piacere!

PS: Il "seriously" di Ranma è voluto, così come "enerosessuale" (citazione goliardica da una storia di Kaos). Just sayin' :D
Alla prossima,

Mana e Kaos

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Capitolo 7
*** N for Vendetta ***


7. N for Vendetta


“...And you, you better run because I'm going to destroy you for what you've taken from me.”
 
Samantha Young - Blood Will Tell




Ranma e Akane stavano tornando a casa dopo l'ennesima, noiosa, insulsa giornata di scuola.

Camminavano affiancati. Più o meno. Nel senso che lui stava sulla solita rete mentre lei stava, come ogni persona normale, sul marciapiede. Ma fianco a fianco, eh. Nonostante qualche discussione in merito, e un paio di volte si era seriamente rischiato di scalare oltre il dovuto, i due avevano raggiunto una sorta d'accordo e Ranma era libero di camminare un po' dove cavolo gli pareva. Come contropartita, però, Akane aveva strappato una promessa fumosa, del tipo "mi darai qualcosa di pari valore più in là, mascalzone". E aveva una mezza idea di quando e come riscuotere.

Lei stava proprio ripensando a questa cosa. Non poté trattenere un brivido alla consapevolezza che questo era il tipo di discorso che di solito faceva quell'adorabile personcina di sua sorella Nabiki. Almeno lei, al contrario della parente, non stava lì a sfregarsi le mani attendendo il momento di azzannare la preda per portarsi via e mangiarsi un pezzo di intestino. Forse.

O almeno non con la stessa ferocia. Forse.

D'altronde l'idea che le frullava in testa era audace, pericolosa e potenzialmente portatrice di un maremoto. Era meglio andarci coi piedi di piombo, almeno per un po'.

"Ehi Ranma..." si trovò a dire meccanicamente ad alta voce senza un motivo preciso. Aveva solo voglia di sentirlo.

Ma non poté finire la frase perché si sentì afferrata e trascinata da qualche parte. Alzando la testa si calmò un pochino, visto che era stato proprio lui a prenderla e a portarla al riparo in un vicolo laterale.

"C-cavolo succede? C'è qualche problema?" chiese, un poco tesa.

"No, non esattamente" rispose lui cercando di calmarla "Però ho preferito nasconderci". Poi fece fare capolino alla sua testa sulla strada che sino a pochi secondi prima stavano attraversando.

"E perché?".

"Perché ho intravisto tua sorella Nabiki muoversi con circospezione per la via e il mio campanello d'allarme interno ha preso a suonare all'impazzata".

Akane rise: "Feh. Ti starai mica rammollendo, Saotome?".

Lui la guardò un po' duro: "Ti ricordi la storia sul mio mirabolante intuito?".

"Ovvio. Continui a martellarla, come un disco rotto".

"Bene. Il suddetto intuito mi dice che Nabiki ha per le mani qualcosa di grosso. A mia memoria non si è mai mossa cercando di mimetizzarsi ai muri, mi sbaglio?".

"No, devo dire di no. Non è da lei" concesse Akane.

"Ecco. E visto che io ho ancora un conto in sospeso con lei per la faccenda delle gabbie...".(*)

"Meschina vendetta, Ranma? Il tuo onore di artista di arti marziali dov'è finito? Non mi starai diventando come tuo padre, spero".

"Non osare insultarmi così" disse, più serio di quanto lei avrebbe creduto. Si rese conto di aver un poco esagerato, quindi si ammorbidì quando riprese: "E poi si tratta solo di trovare un punto debole nella corazza della Cannibale e colpire con la giusta forza".

"Va bene. Ma questo non spiega perché mi hai trascinata qui".

"Semplice. Ti va di pedinarla un po'?".

“Per quanto l’idea sia allettante, ti ricordo che abbiamo parecchi compiti da fare” rispose lei, allontanandosi di qualche passo e dando una sistemata alla gonna “e no, non guardarmi con gli occhioni da cucciolo: non te li farò copiare quando torni.”
Ranma si limitò a grugnire e mettere il broncio; Akane rise: “Quindi, se vuoi spiare Nabiki, lascio a te l’onore. In fondo sei tu che vuoi vendicarti di lei, mica io!” concluse, dando un bacetto sul naso già rosso d’imbarazzo del fidanzato, per poi trotterellare verso casa.

Ranma non le urlò di rimanere con lui o di aspettarlo, la voglia di inseguire quella sadica di Nabiki era tanta.

E poi Akane aveva ragione: non era lei che aveva un conto in sospeso con la mediana delle Tendo.

Ma c’era un’altra persona che invece aspettava questo momento.

Fischiettando, si diresse verso l’Ucchan.


“Sei in anticipo Ranchan, non ho nemmeno aperto il locale!”

Ranma ridacchiò, andando incontro ad Ukyo e Ryoga; la ragazza aveva preso l’abitudine di aspettare che l’eterno disperso finisse il suo turno al cantiere vicino al Furinkan, dove lavorava, per poi tornare a casa assieme - che per quanto romantico era solo una maniera semplice di non perdere Ryoga per strada.

“Ammetto che ingurgiterei volentieri una delle tue deliziose okonomiyaki, Ucchan, ma” rispose, piazzando una mano sulla spalla di Ryoga “stavolta sono qui per il tuo omaccione!”

Ryoga lo guardò perplesso, indicandosi con un dito.

“Eh? Io?”
“Non frequento altri porcellini neri all’infuori di te.”
“Me lo auguro, potrei rimanerci male.”
“Per favore, smettetela con la storia della vostra finta tresca” rabbrividì Ukyo, aprendo la porta del locale “è... inquietante!”
“Tranquilla, te lo riporto tutto intero il tuo maialino” trillò Ranma, “abbiamo solo una cosa di cui discutere!”
Ukyo lo osservò un attimo, dubbiosa; poi fece spallucce e si limitò a dirgli di riaccompagnarlo quando avessero finito, che tra un po’ avrebbe aperto il locale e lei non avrebbe avuto tempo di fiondarsi in strada a cercarlo. Poi entrò e si chiuse la porta alle spalle.

“Bene, ora vuoi dirmi di cosa dobbiamo parlare?”
“Nabiki.”
Ryoga si irrigidì appena sentendo quel nome: il ricordo dell’asta era ancora fin troppo vivido.

“Cos’ha fatto stavolta?”
“Non lo so ancora, ma poco fa l’ho vista aggirarsi per strada con fare circospetto.”
“E allora? Magari stava andando a riscuotere da qualche povero disgraziato.”

“Comportandosi come una fuggitiva? Nah. Credo che abbia in ballo qualcosa di grosso...”
“E...?”
“...e noi abbiamo una vendetta da mettere in atto, ricordi?”
Ryoga sorrise, mostrando i canini. Quel sorriso da iena che avrebbe fatto rabbrividire chiunque - persino Ukyo, ma per ragioni diverse.

“E chi se lo scorda.”


“Ranma, sei un idiota.”
“Taci.”
“No che non sto zitto! Avevi già perso di vista Nabiki prima di venire a cercarmi, come pretendi di ritrovarla adesso?!” ringhiò Ryoga, esasperato.

“Senti, io e Akane eravamo qui quando l’abbiamo vista!”
“È passata mezz’ora, si sarà spostata, ti pare?”

Ranma stava per rispondere qualcosa, quando vide Nabiki svoltare l’angolo.

"Che botta di culo" disse giocondo afferrando Ryoga per il polso e trascinandoselo dietro. Dirgli di seguirlo sarebbe normalmente stato meglio nel caso di una persona con un senso dell'orientamento un minimo decente, ma dato che si parlava della Bussola Inumana Hibiki era davvero consigliabile far finta che fosse un bimbo di due anni.

"Cosa c'è? Hai visto un ometto che vendeva acqua di Jusenkyo?" chiese l'altro, ironico.

"No. Meglio... quasi meglio. La nostra preda".

"Preda? Da quando giochi al cacciatore, Ranma?".

"Da quando devo rendere pan per focaccia a quella stronza".

"Accipigna. Hai veramente a cuore questa vendetta".

"Più di quanto ti possa immaginare, maiale. E ora buonino che altrimenti si accorge di noi. Anzi, fai una bella cosa: sali sul tetto e non perderla di vista. Io la pedino con l'Umisenken".

Ryoga lo guardò strabuzzando gli occhi. Si era rincretinito o cosa?

"Ranma, mi stai chiedendo di seguire una persona... da solo? Sai che tempo un minuto e comincerò a saltellare come una scimmietta impazzita, vero?".

"Madò Ryoga, devi solo non perderla di vista. Persino tu ce la puoi fare, dai. O sei davvero tanto impedito? Su su, vai e non farci perdere tempo che se ne sta andando".

"Va bene, va bene. Ma poi non lamentarti quando dovrai venire a recuperarmi a Sapporo. Perché verrai a recuperarmi a Sapporo, non ho intenzione di piantare in asso Ukyo a causa del tuo sgangherato piano. E fra l'altro, come vorresti vendicarti esattamente?".

"E che ne so? Dico solo che un atteggiamento tanto guardingo non è proprio tipico di Nabiki e se si comporta così l'unica spiegazione che ci trovo è che ha qualcosa da nascondere. Smamma ora, su. Se ne sta andando!".

Ryoga non gli rispose, in fondo aveva ragione nel predicare rapidità. E sotto sotto neanche lui voleva farsi scappare l'occasione di far ingoiare un po' di veleno a quella vipera mascherata da essere umano. L'asta al Furinkan era stato il suo peggior incubo per lunghe notti e non intendeva farsi sfuggire la possibilità, per quanto remota, di fargliela pagare. Pertanto si limitò a zompare sul tetto più vicino.

In quanto a Ranma celò la sua presenza. Quel nerd del vostro autore si permetterà di dire che ciò gli conferiva la capacità di nascondersi in piena vista, esattamente come l'omonimo talento di D&D. Quindi non prese precauzioni ulteriori e cominciò a seguirla, potendosi permettere addirittura di avvicinarsi un po' a lei senza timore che lo scorgesse. Ebbe un mezzo colpo quando si fermò e sembrò annusare l'aria come un segugio, come se percepisse qualcosa di strano o fuori posto.

Diavolo Nabiki, sei inumana. Per questo sarà ancora più gustoso metterti nel sacco.

La ragazza si guardò attorno ancora per qualche istante, poi fece spallucce e riprese a camminare. Ranma e Ryoga la seguirono per un pezzo, e in quel lasso di tempo tutto ciò che ottennero fu uno spaccato di vita di Nabiki Tendo: riscosse diversi pagamenti da alcuni studenti del Furinkan - e non, e col ricavato andò a sviluppare delle fotografie di Ranmachan seminuda che andò poi a rivendere ad alcuni compagni di classe - cosa che per un attimo fece quasi saltare la copertura di Ranma, tenuto a bada solo da Ryoga che a fatica calmò i (giustificati) istinti omicidi dell’amico. Finito il suo giro d’affari Nabiki si fermò in una gelateria a concedersi uno spuntino, per poi fare tappa in un negozio di biancheria intima dove... beh, i nostri eroi non osarono seguirla lì dentro. Si limitarono ad attendere che finisse i suoi acquisti, poi ripresero il pedinamento. Quando la videro entrare nel giardino di casa Kuno erano sul punto di gettare la spugna.

“Seguiamo Nabiki, hai detto! Sarà divertente, hai detto!” borbottò Ryoga, che si stava chiaramente pentendo di aver dato retta a Ranma; il quale gli diede una gomitata e sbuffò a sua volta: “Io non ho detto che sarebbe stato divertente, ma che avremmo avuto l’opportunità di vendicarci!”
“Io ho visto solo come si guadagna da vivere quell’arpia, e lasciami dire che ha un futuro roseo come capo yakuza!”

“Sì, in famiglia glielo ripetiamo spesso.”
“E comunque sarebbe il caso di andarcene, il giardino di casa Kuno mi inquieta!” pigolò l’eterno disperso, guardandosi attorno nel timore che qualche strana trappola scattasse, o che facesse la sua comparsa Verdolino - il coccodrillo domestico di Kodachi di cui Ranma gli aveva raccontato più volte...

“Se stiamo attenti e tu la smetti di urlare come una bertuccia non succederà niente!” rispose l’altro, impegnato a sbirciare attraverso le varie finestre, ma sembrava tutto tranquillo.

“Dannazione” sospirò, “forse è solo venuta a vendergli le foto che ha sviluppato prima...”

“Un po’ poco per organizzare una vendetta” rispose Ryoga, dando una pacca sulla spalla a Ranma.

Stavano per tornare sui loro passi e andarsene, quando...

“Sei proprio un bricconcello, Tatchi.”
I due si scambiarono un’occhiata stralunata.

“Quella era...”
“...Nabiki.”
“E Tatchi è...”
“...il senpai Kuno.”
No. Impossibile.

Impossibile la ceppa. Alle loro orecchie arrivarono altre frasi... inusuali, per carenza di un termine migliore. A dire il vero a Ranma qualche sostituto balenò per la testa, ma temeva di imbarazzare troppo Ryoga. Come se lui stesso non si imbarazzasse solo a pensarle, quelle cose.

Da dove veniva la sua voce?

Dobbiamo trovarla. Dobbiamo.

Si misero a perlustrare ogni centimetro cubo della dimora, aprendo ogni porta e spiando dentro ogni finestra. Chiaramente si presero un sacco di rischi fra alligatori, Kodachi e quant'altro. Più che una casa quella sembrava un gigantesco campo minato.

"Ascolta" disse a un certo punto l'uomomaialino "perché non facciamo una cosa furba e non torniamo la prossima volta, magari meglio attrezzati?".

"Prossima volta? Potrebbe non esserci una prossima volta" rispose Ranma, sussurrando furibondo. Sentiva l'occasione d'oro che gli stava pian piano scivolando fra le dita e non era disposto a permetterglielo.

"Ragiona. Se Kuno e Nabiki s-s-stanno... p-p-per..." balbettò Ryoga, sopraffatto dal rossore.

"Sì, ho capito cosa intendi, vai avanti" tagliò corto Ranma, imponendosi di ignorare le sue stesse guance che assomigliavano a due pomodori.

"Ok. Se è... quella cosa lì, o anche solo qualcosa che ci assomiglia, credi che Nabiki si accontenterebbe di una volta sola? Io non penso".

"Perché dici così?".

"Oh santo dio, ma rifletti ogni tanto. Presupponendo che... abbia ragione, secondo te dov'è che Nabiki rimedia un altro tizio tonto, ricattabile e danaroso come Kuno? Inoltre, e sia chiaro che questo è un puro giudizio estetico, non è che il vostro senpai sia un così brutto ragazzo... diciamo che io, fossi in lei, lo terrei quantomeno sott'occhio. E poi, onestamente: per quanto le piaccia passare per priva di ogni impulso... animale, anche Nabiki Tendo dovrà pur sfogarsi in qualche modo ogni tanto".

Va bene. Quand'è che il mio amico peloso è stato posseduto? O quando gli si è sostituita una persona intelligente? Perché quel che ha detto ha incredibilmente senso. Pure tanto.

Ovviamente non gli diede la soddisfazione di dirlo ad alta voce, manco morto. Si trovò, però, a chiedergli cosa suggeriva di fare se la sua intuizione fosse stata corretta.

"B-beh, potremmo... non so, potremmo seguirla in un'altra occasione dopo esserci preparati meglio. Portarci dietro una macchina fotografica, per esempio. O ancora meglio una videocamera".

"Mi stai dicendo che dovremmo combattere il fuoco con il fuoco?".

"Era un'idea...".

"Mi piace quel che dici. Si può fare, sì. Bisogna solo sperare che la tua ipotesi regga".

"Già...".

Si risolsero ad andarsene con le mani vuote, pur consapevoli che qualcosa di potenzialmente interessante era saltato fuori.

La prossima volta te lo facciamo il salasso, Nabiki. Non preoccuparti e attendici paziente vicino la riva del fiume.

“Dimenticavo: non diciamo nulla ad Ukyo e Akane, per ora” aggiunse Ranma davanti alla porta dell’Ucchan, prima di andar via.

“Uh? E perché mai?”
“Per sicurezza, sia mai che Nabiki se la prenda anche con loro, nel caso avessimo ragione” sussurrò Ranma, “e poi l’hai detto anche tu che non siamo ancora sicuri di cos’abbiamo per le mani.”

Ryoga annuì e si voltò, un piede già dentro al locale.

“Certo che... sarà difficile non spifferare niente ad Ukyo. Una notizia del genere...” aggiunse Ryoga, serio.

“Oh, non dirlo a me maialetto...”
Detto questo le due portinaie si salutarono.

A casa Ranma ebbe non poche difficoltà a rimanere impassibile, sia per la voglia di spifferare tutto ad Akane, sia perché si agitava ogni volta che incrociava Nabiki: impedire al suo cervello di formulare scene vietate ai minori che coinvolgessero la ragazza e Kuno era impossibile, e più volte aveva rischiato di farsi scoprire.

“Va tutto bene Ranma?”
Ranma sussultò.

“Tu-tutto ok Nabiki.”
“Sicuro? Non hai ancora toccato cibo... e di solito ti ingozzi da far schifo senza nemmeno masticare. Sicuro di star bene?”

Ranma ebbe un principio d’infarto.

“B-benissimo, vo-volevo solo... mangiare... con più... calma, chemalecè?” pigolò.

“Mangiare con calma?” inarcò un sopracciglio Nabiki, che chiaramente non era del tutto convinta. “Non è da te una cosa del genere... stai forse nascondendo qualcosa?”
Ranma sentì chiaramente la Morte poggiargli la mano scheletrica sulla spalla, in attesa di appropriarsi della sua anima.

“Nabiki, lascia stare Ranma-kun! Devi infastidirlo anche a cena?”
Per sua fortuna l’angelo di casa Tendo lo soccorse appena in tempo, salvandolo dalle grinfie del Tristo Mietitore.

“Che esagerata che sei, Kasumi, stavamo solo chiacchierando!”
Ranma avrebbe voluto specificare che la sua idea di chiacchierata era un pelo diversa dalla Santa Inquisizione, ma era già andato abbastanza vicino al collasso per quella sera. Si limitò a ringraziare Kasumi e finì di cenare, per poi sfogare la tensione in palestra. Lì riuscì a dribblare con maestria il secondo interrogatorio, ma trattandosi di Akane ebbe meno problemi.

Poco prima di addormentarsi prese un po’ di appunti per il giorno dopo.

Intanto, quel mancato infarto sarebbe finito nella lista della vendetta.

Secondo, l’indomani sarebbe andato a comprare una macchina fotografica: grazie alle lezioni che dava ai bambini al dojo, aveva messo abbastanza soldi da parte da potersene permettere una. Avrebbe preferito una videocamera, ma probabilmente non sarebbero bastati - e prendere quella di Nabiki era fuori discussione. Inoltre quei soldi avrebbe preferito spenderli per le vacanze, magari lui e Akane da soli...

Ecco Nabiki. Ti farò scontare anche questa.

Borbottando, si addormentò fantasticando sui suoi terribili piani di vendetta.


Passarono tre giorni, e arrivò finalmente il week-end.

E quale modo migliore di passare il fine settimana se non pedinando Nabiki Tendo?

“In realtà ce ne sarebbero molti altri...”
“Oh zitto Ryoga. Vuoi vendicarti anche tu, mi pare. Ma se vuoi fargliela passare liscia basta dirlo...”

Ryoga ringhiò, e prese la macchina fotografica dalle mani di Ranma, studiandola: “Non ho rinunciato, idiota. Non esiste che quella la passi liscia...”
“Ok ok, ma non prendertela con la mia macchinetta, che mi è costata un capitale!” rispose Ranma, riappropriandosene.

“Allora sentiamo, qual è il tuo mirabolante piano?”
“Semplice: Nabiki è uscita venti minuti fa dicendo che sarebbe stata fuori tutto il giorno, rincasando probabilmente per cena. Se la sua lista di cose da fare è simile a quella dell’altra volta noi non dobbiamo far altro che attenderla direttamente a casa Kuno e poi... aspettare.”

“E dimmi Sherlock dei poveretti, come facciamo ad aspettarla lì tranquilli, se in quel giardino ci sono più trappole mortali che aiuole?”
Ranma non rispose, mostrandogli invece un pacchetto.

“Nikuman? Proponi di passarci il tempo facendo un picnic tra coccodrilli ammaestrati e rose paralizzanti?”
“No idiota. Questi nikuman vengono dal Neko Hanten, una... ricetta speciale di Shan-Pu.”
Ryoga strabuzzò gli occhi, e capì.

“Ti sei fatto preparare apposta nikuman esplosivi?!”
“Soporiferi in realtà, quelli esplosivi ci avrebbero fatti scoprire. Sai com’è, mi doveva qualche favore dai tempi in cui andava avanti la storia delle fidanzate... ho pensato potessero tornarci utili in caso Sasuke o Verdolino, o persino Kodachi decidessero di farci compagnia in attesa dell’arrivo di Nabiki.”
“Non male Saotome, non male.”

“Grazie maialino” rispose Ranma mettendo via i nikuman, “e ora andiamo.”

Si avviarono, baldanzosi e carichi come molle.

Ce l'avrebbero fatta. Avrebbero scattato delle foto compromettenti di Nabiki e Kuno mentre... nel migliore dei casi mentre si sbaciucchiavano, nel peggiore... beh, sottintendiamo che questo non è un porno.

Il contenuto delle frasi che entrambi avevano sentito non dava adito al minimo dubbio: Nabiki Tendo se la spassava con Tatewaki Kuno. Qualunque fosse il modo.

Poi ti voglio vedere, faina. Voglio vedere come ti atteggerai a regina del mondo quando la tua vergogna sarà sparsa ai quattro angoli di Nerima e nessuno riuscirà più a prenderti sul serio. Voglio proprio vedere come farai.

Ranma, completamente perso in questi deliri di onnipotenza, dovette farsi scuotere da Ryoga per trovare la strada giusta. E per gradire si prese anche una sberla sulla nuca, giusto per farlo tornare con i piedi per terra.

Finalmente furono davanti al loro obiettivo: il cancello di villa Kuno.

"Sei pronto, Ryoga? Non ti tirerai indietro all'ultimo momento?" chiese Ranma in tono di sfida, tanto per provocare l'amico. Anche per assicurarsi che comunque volesse andare fino in fondo, che dato l'elemento non si sapeva mica mai.

"Pronto, Ranma. Pronto. Non vedo l'ora di far mangiare a Nabiki qualcuna delle tonnellate di foto che svilupperemo".

"Guarda che non serve".

"È un gesto simbolico, imbecille".

"Ah, vabbè...".

Salsa per gli okonomiyaki, ecco cosa aveva in testa Ranma. Tanta e densa salsa per gli okonomiyaki.

Scavalcarono con agilità e si acquattarono in un angolo subito vicino all'ingresso, attendendo. Non aveva senso rischiare di farsi beccare prima del tempo.

Si sentirono molto fortunati quando si accorsero che erano già passate due ore e non c'era stato un solo intoppo: niente ginnaste psicotiche, niente ninja in miniatura, niente animaletti troppo cresciuti. Anzi, regnava una gran pace. Ryoga rischiò persino di addormentarsi e Ranma non mancò di essere felice per potergli restituire lo scappellotto.

"Sveglia maialino, sveglia! Non mollarmi sul più bello!".

"Eh? Uh? È già mattina, Ukyo? Posso avere il solito bacio di buongiorno?".

Il codinato rischiò di mandare a monte la loro copertura scoppiando a ridere come un ossesso.

Il... bacino del buongiorno. Chettenero.

"Te lo potrei dare" bisbigliò fra le risatine "ma non credo di assomigliare abbastanza a Ucchan...".

Per fortuna qualcosa di più pressante lo distrasse e lo ricondusse sulla strada della giusta vendetta che lui e Ryoga pregustavano da tempo.

Suonò il campanello e, invece di Sasuke, fu un Kuno estremamente guardingo ad avviarsi per aprire.

Quando lo fece...

"Ciao Tatchi" miagolò Nabiki dandogli un bacio sulla guancia.

Il flash rischiò di farli beccare.

“Cos’è stato?” disse Kuno, guardandosi attorno con circospezione.

“Non preoccupartene, siamo soli” rispose Nabiki, spingendolo dentro casa, “perché non andiamo a dedicarci ai nostri... affari?”
E Ranma e Ryoga li videro sparire dentro casa.

I due si guardarono, sconvolti e su di giri al tempo stesso.

“Kami, allora è vero...”
“Nabiki Tendo se la spassa con Tatewaki Kuno. Con Kuno, capisci!”

“Ma non si odiavano, poi?”
“Chi disprezza compra, mio caro, dovresti saperne qualcosa” rispose Ranma, riferendosi a tutte le volte in cui lui e Ukyo se ne erano dette di ogni dopo essersi alleati per separare lui e Akane. “E poi l’hai detto tu stesso, Kuno non è da buttare e ha soldi a palate... immagino che per una come Nabiki sia l’uomo perfetto.”
Ryoga annuì, per quel che sapeva di quella vipera col caschetto non gli sembrava proprio capace di provare sentimenti umani.

“Comunque ora abbiamo un problema” aggiunse, facendo capolino dal cespuglio in cui si erano nascosti, “come entriamo in casa? Se hanno trappole in giardino, figurati cosa ci sarà lì dentro...”
Ranma gemette, ricordando con orrore tutte le volte che si era ritrovato tra quei corridoi per colpa di Kodachi. Si allontanò un po’ per guardare meglio le finestre.

“Immagino che la stanza di Kuno sia al secondo piano” disse, “l’unica è arrampicarsi e sperare che una delle finestre sia aperta.”
“E se finiamo in camera di sua sorella?”
“Tu e l’ottimismo andate a braccetto, vedo.”


“La prossima volta...*anf* ricordami di bocciare qualsiasi tuo *anf* geniale piano...*anf*”

“Sta zitto maiale *anf* sei tu che hai portato sfiga *anf*”

Come volevasi dimostrare, l’unica stanza che trovarono con la finestra aperta fu quella di Kodachi: la camera sembrava vuota all’apparenza, e stavano per sgattaiolare via in tutta sicurezza quando la padrona di casa spalancò la porta, quasi avesse un sesto senso per Ranma.

“Ranma! Mio amore! Sapevo saresti venuto a trovarmi, non puoi resistere al mio fascino! Vieni qui mio amore, prendimi e fammi tua!”
Il codinato cercò di sfuggire alle grinfie della squilibrata con disperazione, mentre Ryoga osservava il tutto in un misto di divertimento e inquietudine; alla fine si decise a dare una mano all’amico, e bloccò Kodachi facendole ingoiare un nikuman soporifero a forza. Kodachi cadde a terra apperentemente addormentata; per sicurezza Ranma le infilò un altro panino in bocca, nel caso si svegliasse, e la legò per bene col suo stesso nastro.

“Ok, scappiamo prima che si svegli.”
“Kami che inquietudine quella ragazza... è suonata sul serio!”
“Non parlarmene! Muoviti dai, non vorrei che le sue urla abbiano attirato l’attenzione dei piccioncini!”

Per loro fortuna nessuno sembrava essersi accorto della loro presenza, a parte Kodachi che era ormai fuorigioco. Camminarono per un po’ attraverso i vasti corridoi di casa Kuno, evitando trappole e cercando di non perdersi.

Furono alcuni strani rumori a guidarli verso la loro meta.

“Ranma, s-secondo te cosa staranno...”
“...giocano a scacchi. Cosa vuoi che stiano facendo?!”
“M-ma non credevo che Nabiki fosse c-così...”
“Feh, si vede che non la conosci abbastanza. Delle tre Tendo è di sicuro la più smaliziata.”

“M-ma fino a questo punto...”
“Che ti devo dire, è una a cui piace godersi la vita... in tanti modi. E ora silenzio, voglio sentire.”
Incollarono le orecchie alla porta, pronti a captare ogni rumore o parola.

“Tatchi, sei proprio un bambino cattivo.”
“Nabiki Tendo, ti ho detto più volte di non rivolgerti a me con quell’odioso nomignolo.”

“E io ti ho sempre risposto che, quando siamo soli e tu sei... sottomesso, ti chiamo come mi pare. E poi non mi sembrava ti dispiacesse tanto, poco fa...”
Kuno non rispose, o se lo fece aveva sussurrato o borbottato... qualcosa impossibile da udire dietro una porta.

“E inoltre, se continui a fare il bambino cattivo” continuò lei, in un tono da gatta che ricordava parecchio la Shan-Pu dei tempi andati, “non verrò più a farti visita... e non ti porterò più video della ragazza col codino.”
Ci mancò poco che Ranma buttasse giù la porta a calci.

“Datti una calmata! Vuoi forse che ci scoprano?!” ringhiò Ryoga, tappandogli la bocca con la mano.

“Video! Mi ha fatto dei video!” disse, liberandosi dalla stretta dell’altro, “Non voglio nemmeno immaginare che roba siano!”
“Mia povera ragazza col codino!” si udì dall’interno della stanza, “Che quella povera fanciulla possa perdonarmi se la sto tradendo con una donna senza cuore! Ma ti assicuro che non c’è nulla tra me e lei se non un rapporto di puro interesse, niente paragonato al candido amore che provo per te!”

Probabilmente Kuno stava piangendo su uno dei tanti poster di Ranmachan che teneva in camera.

“Ma sì, ma sì, mica voglio l’esclusiva” ridacchiò Nabiki, “a parte sui tuoi soldi, s’intende. Sono sicurissima che la ragazza col codino capirà!”

“Invece non deve sapere! Non voglio che il suo cuore si spezzi a causa della mia debolezza!”

Nel sentire quella frase, Ranma ebbe un’idea.

"Ryoga, andiamocene".

Co... co... cosa? Andarsene? Col tesoro a pochi passi e nelle sue mani il mezzo per accapararselo?

"Ranma, ti sei bevuto il cervello con la cicuta come Sosate?".

"Come chi?".

"Era un filosofo thailandese. Ma non importa, la cosa importante è che non ti permetterò di fare una scemata del genere. Non quando possiamo rovinare Nabiki in maniera totale".

"Se farai come dico io la sua fine sarà ancora peggiore".

"Cosa ti frulla per quella testa bacata, si può sapere?".

"Seguimi e capirai".

All'eterno disperso non restò che sospirare profondamente e rassegnarsi di fronte alla testardaggine del compagno. Sapeva che non avrebbe cavato un ragno dal buco insistendo e, conoscendo se stesso e lui, avrebbero finito con il litigare. Facendosi quindi beccare con le mani nella marmellata dai due piccioncini. E sancendo il loro suicidio.

Si allontanarono di soppiatto da casa Kuno, il rullino della macchina desolatamente vuoto salvo quel solitario scatto di un bacino innocente che non significava nulla e nulla rappresentava.

"Bada che la tua trovata sia geniale come sostieni, Saotome. O questa non te la faccio passare liscia".

"Fidati di me, Hibiki".

"È proprio perché mi sto fidando che ho il terrore".


Il giorno dopo, a scuola.

Akane si grattava la testa. Era perplessa.

Ranma sembrava eccitato... e no, purtroppo non nel senso che avrebbe sperato... per qualcosa. Continuava ad osservare l'orologio, sia il suo personale sia quello della classe, come se fremesse per un momento specifico.

E a lei la curiosità saliva imperterrita.

Ad un certo punto non ce la fece più e si allungò verso di lui sussurandogli: "Ranma, tutto bene?".

Lo sguardo che le restituì la mise seriamente in soggezione. Sembrava una faccia da killer: "Oh sì, mai stato meglio".

"Tu stai escogitando qualcosa, mio bel furbastro. Posso esserne fatta partecipe?".

"Oh no, mia cara. Non ancora. Aspetta solo l'intervallo e vedrai".

"Avrà mica a che fare... con Nabiki? Con quello successo l'altro giorno?".

"Sei intuitiva".

"Come se ci volesse la scienza infusa. Che cosa stai archittettando, genio del male mancato?".

"Niente anticipazioni per il gentile pubblico".

"Bene, Saotome e Tendo. Accomodatevi fuori dall'aula, così potete discutere dei fatti vostri in santa pace senza disturbare gli altri alunni" ordinò la professoressa Ninomiya, in quel momento in forma adulta e quindi in grado di pronunciare una frase del genere con il dovuto grado di autorità.

... qualcuno mi dica perché non gli ho ancora staccato la lingua, a questo qui.

“Grazie per avermi fatta buttare fuori dalla classe” borbottò Akane una volta in corridoio, in mano il solito secchio d’acqua.

“Vedila così, poteva usare l’Happo-goen-satsu contro di te ma non l’ha fatto” rispose Ranma, che stranamente sorrideva nell’osservare il suo secchio, “e in ogni caso sei stata tu a rivolgermi la parola, mica io.”
“Noto che ci siamo alzati di buon umore, stamattina” replicò lei, piccata dalle risposte saccenti del fidanzato. C’era qualcosa sotto, ma ancora non sapeva cosa.

“Oh, non immagini quanto!” fu la risposta di Ranma, che se ne andò trotterellando lungo il corridoio.

“Aspetta! Dove stai andando?”
“Ci vediamo dopo, ho da fare!”
Akane sbuffò, chiedendosi che cosa diamine stesse tramando quel cretino.


Mio caro Kuno,

aspettami dietro la palestra della scuola. Ho qualcosa di molto importante da dirti.

Tua Ragazza con il codino.


Kuno rilesse il biglietto più e più volte, combattuto tra l’ansia e l’eccitazione.

Cos’aveva mai da dirgli, la sua amata? Oh, di sicuro voleva finalmente confessargli il suo amore! Dopo tanto tempo avrebbe finalmente coronato i suoi sogni e vissuto felice con il suo dolce angelo! La loro relazione sarebbe stata magnifica e avrebbe finalmente chiuso i ponti con quel mercenario di Nabiki Tendo!
Oh Kami del cielo... e se...

No, impossibile. Era un’ipotesi che non avrebbe mai preso in considerazione, era del tutto ridicola.

“S-senpai.”
Il suo cuore saltò un battito! Il suo angelo era finalmente arrivato!
“Mia adorata ragazza col codino!” urlò, lanciandosi addosso alla minuta ragazzina e stringendola a sé. In men che non si dica si ritrovò spalmato sul prato; com’era tenero il suo amore, si imbarazzava così facilmente da respingere le sue avances in pubblico con eccessivo ardore!
“Mia amata, sono lieto che tu abbia deciso di venire a trovarmi a scuola! A cosa devo questa tua visita?”
“Kuno noi... dobbiamo parlare.”
Quella frase lo mise sull’attenti. Era un fatto noto a tutto l’universo maschile che “dobbiamo parlare”, in gergo femminile, significava guai in vista.

“D-di cosa vuoi parlarmi, mia amata?” chiese, titubante.

La ragazzina distolse lo sguardo, imbarazzata, probabilmente cercando le parole più adatte. La osservò torturarsi la punta della treccia, in attesa di una sua parola.

“Kuno io... so tutto.”
“Tutto... cosa?”
“Di te e … Nabiki Tendo.”
Oh. Santissimi. Kami.

“Io non posso dividerti con un’altra donna” rispose lei, sfiorandogli la guancia con la mano “e se non posso averti... allora preferisco lasciarti!”
“Co-cosa? Ragazza col codino, non puoi-”
Ma lei era già sparita alla sua vista - usando la sua testa come trampolino di lancio.

L’urlo di dolore del Tuono Blu del liceo Furinkan risuonò in tutto l’istituto.


“Devo farti i miei complimenti, sei proprio una smorfiosetta senza pari. Nonché un’ottima attrice” disse Ryoga, porgendo a Ranmachan un thermos d’acqua calda.
“Grazie maialino, lo prendo come un complimento!” chiosò lei, facendogli l’occhiolino per poi versarsi addosso l’acqua calda.

“E ora che facciamo?”
“Si aspetta.”
“Cosa?”
“Che la notizia arrivi alle orecchie di Nabiki.”
“E come le arriverà?”
“Sarà Kuno stesso a dirglielo. Cosa vuoi che sia perdere la sua fonte di foto della ragazza col codino, dopo aver saputo che ha perso davvero il suo dolce angioletto?”
Ryoga rise, una risata sguaiata da iena. Il loro piano sgangherato prendeva forma.

“Certo che mi ha fatto quasi pena, mentre urlava...”
“Vero? Ammetto di essermi quasi sentito in colpa.”


Nabiki non credeva alle sue orecchie.

Tatewaki Kuno l'aveva accalappiata alla fine delle lezioni e l'aveva portata in un angolino riparato del cortile del Furinkan. E già qui le era montata un po' di stizza, ma vabbè. Per denaro, diretto o indiretto che fosse, si fa questo ed altro.

Poi il tomo aveva aperto bocca.

Non l'avesse mai fatto.

Ha cominciato un discorso intriso di patetismo su come la loro pseudo-relazione (che per gli smemorati è: vedersi una volta a settimana, neanche sempre, e svuotare il barattolo delle esigenze sessuali) non avesse futuro e che la Ragazza col Codino non poteva uscire dalla sua vita in quel modo. E giù lacrime e schiamazzi e invocazioni alla pietà dei kami verso la sua anima e tutta una serie di stupidaggini col botto.

La ragazza teneva una mano sulla fronte e la testa bassa, incredula al profluvio di roba senza senso che le stava arrivando addosso. Perfino troppo complicato, insensato e privo di filo logico da poter essere riassunto.

Poi un particolare la colpì virtualmente in faccia: come era saltata fuori questa magagna.

"Kuno, ti prego, ferma il bocchettone delle idiozie e stammi ad ascoltare".

"E non posso permettermi di perdere l'astro del mio cielo, il faro della mia oscurità, l'immensità del... eh?".

"Ti ho detto di stare zitto un secondo e di rispondere a una domanda".

"Ebbene?".

"Chi ti ha reso noto che la Ragazza col Codino sa di quel che io e te facciamo al sicuro della tua cameretta?".

Al kendoista non parve possibile sentire una domanda tanto stupida: chi doveva essere stato se non il suo angelo?

Balbettò nel rispondere, sconcertato da una simile cecità: "Ma... ma... naturalmente è stata lei stessa, colpita nel profondo del suo dolce cuore da tanta ingiustizia e volgarità".

A Nabiki si accesero due fiamme negli occhi. E per modo di dire fino a un certo punto.

"Ah davvero? È stata lei in persona? Sicuro sicuro?".

"Certo che ne sono sicuro".

"Bene Kuno, qui abbiamo finito. Ci si vede fra qualche giorno, alla solita ora".

"Ma... non so se le tue malvagie orecchie lo hanno capito, ma ti ho appena comunicato che...".

"Non importa. Non intendo rinunciare a una delle mie preferite valvole di sfogo".

"Ma io non posso perdere l'amore dell'ultraterrena dea della bellezza per te".

"Oh, stai pur tranquillo. Quando avrò messo la parola conclusiva su questa storia avrai perso parecchio".

Kuno rabbrividì: "Cosa... cosa intendi?".

"Altro che amore. Sarà un mezzo miracolo se quella sarà ancora viva".

Detto ciò gli diede le spalle, ignorando ogni suo possibile reclamo o minaccia.

Ranma, sei così fottuto che mi pregherai in ginocchio di porre fine alle tue sofferenze con un colpo di pistola in testa. E io te lo negherò ridendo.


I giorni successivi furono tranquilli.

Anche troppo, in realtà, ma era una sfumaturina troppo delicata perché i nostri eroi se ne accorgessero.

Erano convinti di aver fregato Nabiki, e tanto bastava loro per vivere felici e spensierati.

Fino al week-end successivo.


Il week-end all’Ucchan cominciava come tutti gli altri week-end: pulizia del locale, controllo delle provviste, eventuale giro di spese in caso di ingredienti mancanti. Ukyo stava appunto tornando dal mercato, fischiettando allegramente una canzone non altrettanto allegra della Divina Yolanda Tasico, quando notò un pacchetto poggiato davanti alla porta.

“Postino sfaticato.”

Borbottando lo raccolse da terra ed entrò nel locale, richiudendosi la porta alle spalle. Mentre sistemava la spesa sul bancone diede un’occhiata al pacco, scoprendo che non aveva mittente.

Ukyo inarcò un sopracciglio, sospettosa.

“Strano.”

Dimenticando la spesa, aprì velocemente l’involucro, tirando fuori un’altra busta. Aprì anche questa, riversando sul tavolo il contenuto.

Quando vide cos’era, il suo urlo svegliò tutti i cani del quartiere.


“Akane, sei in camera?”
“Sì, entra pure!”
Kasumi aprì la porta ed entrò in camera della sorella, sul viso un’espressione piuttosto perplessa.

“Qualcosa non va, sorellina?”
“C’è Ucchan al telefono, ti sta cercando…”
“E…?”
“Sembra… uhm. Agitata, quasi adirata direi… è successo qualcosa tra di voi?”
Akane sgranò gli occhi, cadendo totalmente dalle nuvole.

“Non che io sappia” si strinse nelle spalle, per poi scendere a rispondere.

“Pronto? Ukyo?”
“TU NE SAPEVI NIENTE?!”

“Sapere di cosa? E non urlare, diamine!” borbottò Akane, allontanando un po’ la cornetta. “Posso sapere di cosa stai parlando?”

“Stamattina hai ricevuto posta?”

“Hmm… no, non credo. Ehi, Kasumi” si voltò verso la sorella, che stava tornando in cucina “per caso è arrivata posta per me?”

“Oh sì, che sbadata! Te la stavo portando in camera, ecco qui!” disse Kasumi, porgendo alla sorella un pacchetto per poi dedicarsi alle faccende domestiche.

“Ok, a quanto pare ho ricevuto posta” parlò di nuovo al telefono, mentre apriva il pacco “ma tu come lo sai?”

“Aprila e dimmi cosa contiene.”

“Vuoi giocare a fare la misteriosa, Kuonji? E va bene…” la assecondò Akane, scartando la busta contenuta nel pacchetto. “Ok, vediamo un po’ cosa c’è den…”

L’urlo di guerra che seguì confermò i timori di Ukyo.


“Ukyo”.

“Akane”.

“Fra tre minuti da te. Bada che Ryoga non ci sia e, se ci fosse, aspettami fuori dal locale che ce ne andiamo”.

“Ricevuto”.

“Stavolta scorrerà del sangue. E spero che tu non sia contraria all’idea”.

“Contraria? Figurati. Basta che me ne lasci un pezzetto”.

Detto ciò sbatté il telefono e si diresse a rapide falcate verso l’ingresso, non badando neanche a mettersi una giacchetta.

Qualcuno qui l’avrebbe pagata salata. Ma tanto salata.


“Benarrivata, Tendo” la accolse Ukyo non più di cento ottanta secondi dopo. Ammazza se sa essere puntuale anche quando è furibonda.

“Il tuo tomo?”.

“Disperso da qualche parte. Ti offrirei qualcosa, ma sappiamo entrambe che non c’è tempo per le smancerie. Hai portato il corpo del reato?”.

“L’ho portato. Fammi vedere il tuo”.

Prima di mostrarsi le rispettive armi del delitto Akane provvide a colmare la distanza che ancora le separava, venendo a trovarsi dal lato clienti del bancone. Poi la estrasse.

Lo stesso fece Ukyo.

Entrambe confermarono che si trattava dello stesso abominio.

Una foto in cui Ranma e Ryoga… si davano all’esplorazione delle rispettive bocche.

A vederle dall’esterno non si sarebbe colto appieno il motivo del loro tremare d’ira. O meglio, non se ne sarebbe colto il reale peso. Nel senso che al momento si limitavano a tremare, ma avrebbero voluto esplodere e andare a mangiare la faccia del rispettivo fidanzato.

“Come… come hanno osato fare una cosa del genere?” digrignò Akane fra i sussulti “Sono sempre stati due idioti da primato, ma questo…”.

“Non lo so, e non so neanche chi dobbiamo ringraziare per la dritta. Ma una cosa del genere urla vendetta, tremenda vendetta”.

Ci furono alcuni minuti di silenzio, in cui le due ragazze si visualizzarono le morti più atroci per quei due poveri disgraziati.

Poi, incredibile dictu, su quel ristorante planò lieve un minimo di razionalità.

“Akane” disse ad un tratto Ukyo “aspetta…”.

“Cosa devo aspettare prima di tirargli il collo, a quello stronzo fedifrago?”.

“Siamo davvero sicure che… tutto questo… sia vero?”.

“Cosa intendi?”.

“Voglio dire… sappiamo che i nostri ragazzi sono due deficienti e ogni tanto si divertono a farsi le fusa e a far finta di stare assieme, ma credi sul serio che abbiano una tresca alle nostre spalle… fra di loro? Penso che Ranma sarebbe a dir poco disgustato all’idea di baciare un altro maschio, e posso dire lo stesso di Ryoga. A loro piacciono le femmine”.

Fu un miracolo quello che permise ad Akane di ascoltare il ragionamento dell’amica senza frantumarle qualche suppellettile. Ma, a miracolo concluso, dovette concordare con lei. Era una situazione sin troppo surreale per essere accaduta davvero.

“Ma allora queste foto? Da dove saltano fuori? E come?” si trovò a chiedere, priva com’era di una risposta soddisfacente.

“Esiste l’arte del fotomontaggio, Akane. Ormai è possibile far apparire su una foto anche un criceto che solleva un’automobile e spacciarlo per reale, ma questo non vuol dire che lo sia”.

E tutta la vulcanica incazzatura di Akane Tendo si sciolse. O forse non proprio tutta, ma abbastanza da permetterle di non spellare vivo Ranma non appena ce l’avesse avuto sottomano.

Prese a girare come una trottola per il locale, un vortice di domande per la testa: perché? Chi? A che scopo? Perché le foto erano finite proprio a loro due?

“Akane” riprese la parola la cuoca “credo che tu e io si debba andare a scambiare due parole con tua sorella Nabiki…”.



“Kasumi!”

La maggiore delle Tendo fece capolino dalla cucina, sorridente e con una ciotola ripiena di un qualche impasto tra le mani: “Sì, Akane? Oh Ukyo, ciao! Ti fermi per cena?”
“Sorellina, sai dov’è Nabiki?”
“È rientrata da circa mezz’ora, penso sia in camera sua.”

Le due ragazze si lanciarono su per le scale, lasciando una Kasumi perplessa alla porta della cucina. Alla fine scrollò le spalle e tornò in cucina, tenendo a mente di aggiungere un posto a tavola per Ukyo.


Nabiki era impegnata a controllare i suoi conti, quando apparentemente qualcosa cercò di abbatterle la porta della stanza.

“Nabiki! Sappiamo che ci sei, esci fuori!”
“Datti una calmata Akane, non c’è bisogno di buttarmi giù la porta” disse, aprendo uno spiraglio. “Oh, ma guarda, c’è anche Ucchan!”
“Non fare la finta tonta” tuonò quest’ultima, cercando di scavalcare Akane “sai bene perché siamo qui!”

“Certo che lo so. Piaciuto il mio regalino?”

Le due ragazze si scambiarono uno sguardo perplesso, mentre Nabiki le invitava ad entrare e a sedersi sul suo letto, quasi fosse una normale visita di cortesia.

“Allora?” incalzò, accomodandosi alla sedia della scrivania.

“Co… come diamine fai ad essere così tranquilla dopo averci mandato quelle foto?!” chiese Akane, ancora una volta stupita dalla cattiveria della sorella, ma soprattutto dalla calma dimostrata nell’ammettere la sua colpevolezza.

“Era uno scherzetto, suvvia” trillò lei, giocando con una penna.

“Ma… perché?! Io e Ucchan non ti abbiamo fatto niente!”

“Infatti eravate solo pedine del mio piano” spiegò Nabiki, “quelle foto non le ho fatte perché miravo a far incavolare voi due.”
“E allora qual è il motivo?” sbottò Ukyo, esasperata.

Nabiki non rispose, limitandosi a sorridere e guardarle con lo sguardo di chi la sa lunga. Rimasero qualche istante in silenzio, quando finalmente arrivò l’illuminazione: “...Ranma e Ryoga. Era una vendetta ai loro danni?” proruppe Ukyo, scambiandosi uno sguardo con Akane.

“Ovviamente sì” ammise Nabiki “quei due me ne hanno combinata una troppo grossa stavolta… e non potevo certo lasciarli impuniti. Sono certa che lunedì riceverò parecchie offerte a scuola, per queste foto…”

“Scusa ma…” chiese Akane, perplessa “cosa ti avrebbero fatto?”

“Qualcosa che non dimenticherò facilmente.” ringhiò Nabiki.

“Wow. Stavolta devono averla fatta proprio grossa…” commentò Ukyo, sorpresa di vedere Nabiki realmente adirata.

“Anche troppo. Impicciare il naso nei miei intrallazzi sessuali è qualcosa per cui posso uccidere.”
“In effetti hai rag-ASPETTA, COSA?”

“Fortunatamente quello scemo di Kuno è facile da raggirare, e non ci metterò molto a farlo tornare da me.”
“Nabiki COSA STAI-”
“Ma quei due non possono passarla liscia.”
“NABIKI!”
“Che c’è?” chiese Nabiki, che non capiva lo stupore della sorella e di Ukyo. “Anche io mi diverto, cosa credete? Solo che non ne faccio una questione di stato.”
Nabiki e Kuno. Kuno e Nabiki.

Impossibile.

“Tu stai dicendo che… hai una relazione con Kuno Tatewaki? Il Tuono Blu del liceo Furinkan?!”
“Oh, per cortesia, Ukyo… relazione è un parolone. Semplicemente ci divertiamo. È un passatempo, nient’altro.”
“Un… passatempo?” chiese Akane, allibita.

“Sì. Non a tutti interessano le relazioni serie e durature, e io sono una di queste persone.” rispose pacata la ragazza. “Ma per favore, non parlarne con Kasumi… sai meglio di me che reagirebbe in maniera terribilmente drammatica.”
Tutte e due annuirono, concordando con Nabiki.

“Scusa se insisto con le domande” riprese Akane, “ma perché ti avrebbero fatto una cosa del genere? Ranma e Ryoga non sono così stupidi da farti incavolare senza un motivo.”
“Oh, il motivo ce l’avevano eccome. Credo non avessero ancora digerito la storia dell’asta…”
Akane e Ukyo rimasero in silenzio, per poi lasciarsi andare un lungo sospiro.

Ovviamente quei due se l’erano legata al dito, in attesa dell’occasione migliore per vendicarsi e, a senso loro, passarla liscia.

“Come se non sapessero con chi hanno a che fare…” borbottò Nabiki, quasi avesse letto loro nel pensiero.

“In effetti…” constatò Ukyo sovrappensiero. Non che non lo avrebbe potuto fare coscientemente.

“E quindi, ragazze? Mi avete quasi sfasciato la porta per così poco?” disse la proprietaria della stanza.

“A dire il vero… ecco, noi…” balbettò sua sorella, completamente svuotata di qualsiasi impeto distruttivo da quando aveva sentito la notizia dei funambolismi sotto le coperte di Nabiki.

“Beh, se la vostra visita era limitata all’appurare che quelle foto provengono da me… direi di avervi già soddisfatte. Potete sloggiare”.

“No no, senza fretta. Mi è appena venuta un’idea”. E su Ukyo si spostarono gli sguardi di entrambe le Tendo, quello interrogativo di Akane e quello incuriosito di Nabiki.

“Stai architettando qualcosa, Kuonji?”.

“Può darsi, Cannibale. Vero che hai a disposizione la tua fida macchina fotografica?”.

“Ovvio. Non esco mai dal letto senza”.

“Eccellente. Vieni un po’ qui, Akane, che ti espongo il mio piano e mi dici cosa ne pensi”.

L’interpellata porse l’orecchio e, man mano che l’altra parlava, i suoi occhi e la sua espressione mutavano. Prima perplessi, poi stupiti e infine maleficamente contenti.

“Sai che mi piace un sacco?”.

“Com’è che lo sospettavo?”.

“Mi conosci. E hai la mia approvazione”.

“Oh, benissimo. Nabiki, preparati. Hai davanti a te parecchie ore di lavoro”.

La mezzana Tendo non disse nulla, ma dentro di sé provò una punta di piacere nell’appurare che sua sorella un pochino le assomigliava, se si sforzava.


Lunedì mattina.

Ranma, affiancato immancabilmente dalla fidanzata, entrò sbadigliando al Furinkan.

Riuscì a fare dieci metri prima che una frotta di persone, di tutte le classi, gli si avventasse addosso. Akane sarebbe stata coinvolta dalla furia dell’orda se non fosse che sapeva benissimo cosa sarebbe successo e aveva furbescamente provveduto a scostarsi per tempo.

“Ranma! Hai una relazione omosessuale con Ryoga?”.

“Chi sta sopra e chi sta sotto?”.

“Vergognatevi, pervertiti!”.

Il poveretto venne travolto, figurativamente e non, da quella bolgia. Venne strattonato, spinto, ci mancava poco che qualcuno di particolarmente intrepido cercasse di calpestarlo. E in tutto quel casino fece fatica ad accorgersi di una cosa: assieme alla foto della sua presunta liaison con l’uomomaialino, ne girava un’altra.

Un’altra che, se non fosse stato troppo impegnato a cercare di sopravvivere alla calca, lo avrebbe mandato su tutte le furie.

Una foto di Akane e Ukyo che si baciavano.

No beh, diciamo le cose come effettivamente stavano: si incazzò. E di brutto. Aveva altre priorità in quel momento, tipo cercare di respirare, ma non significa che la cosa non gli fece effetto.

Tutt’altro.

E più passavano i secondi, più la combo “gente suicida & cosa ho appena visto?” ebbe la meglio e lo portò ad allontanare i più invadenti.

“Allora, vi volete levare dalle palle o no? Sparite!” ruggì, riuscendo finalmente a scrollarsi di dosso la maggior parte della gente. Poi, quasi avesse la bava alla bocca, strappò di mano la foto incriminata per chiedere spiegazioni alla fidanzata. Che, molto saggiamente, si era dileguata ridendo e in quel momento lo osservava a debita distanza, da una finestra, sbracciarsi a destra e a manca.

“Ah Ranma, non cambiare mai. Sei così amorevolmente divertente…” disse a se stessa, concedendosi un sorriso soddisfatto. Avrebbe avuto delle conseguenze per questa bravata, ne era consapevole, ma la vista di Ranma Saotome che diventava idrofobo nel cercarla la ripagava di tutto.

E poi, quando Ukyo la raggiunse e si mise a ghignare con lei, il quadro fu completo.

Un paio di metri più indietro Nabiki le osservava, seminascosta dall’angolo del muro. E per una volta fu quasi contenta di vedere qualcuno che, come lei, traeva godimento dalla disgrazia altrui. Ancora di più perché una delle due persone era sua sorella.

Forse, dopotutto, c’era speranza anche per lei. Non ci contava troppo ma in quel momento le faceva piacere pensarlo.

D’altronde nessuno può permettersi di prendere in giro Nabiki Tendo e sperare di uscirne indenne. Aveva una reputazione da difendere e un feudo da governare, i colpi di testa dei paesani non erano ammessi.

Se ne andò fischiettando, conscia che quella sarebbe stata una giornata molto bella.



(*): È successo nell'ultimo capitolo di Two-part Secret Heart!




*** E spuntiamo dal nulla, come gli Unni-margherite di Mulan, dopo... boh? Un anno?
Dopo esserci dedicati ad altro abbiamo finalmente ripreso in mano Mysterious Secrets per portarla a termine, e in parallelo proseguire questa raccolta - che è legata a tutto il Secretverse. Questo episodio nello specifico getterà una luce diversa su un commento di Nabiki fatto nel capitolo 9 di Mysterious Secrets... :p
Come sempre speriamo vi diverta almeno la metà di quanto ha divertito noi :)
Alla prossima!
La premiata ditta Mana Sputachu e Subutai Khan.


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