Broken Arrow

di myskinnylove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Broken Arrow

«Buona serata Dig.» Felicity abbracciò velocemente l’uomo di fronte alla sua scrivania.
«Anche a te Felicity.» sorrise  per poi andarsene via.
Oliver era alle prese con il cellulare, così salutò Diggle con un cenno di mano prima che lui entrasse nell'ascensore.
Felicity quella sera era più stanca del solito e alla Queen C. c’erano solo loro due, si stava massaggiando il collo quando Oliver uscì dal suo ufficio.
«Felicity,» la richiamò.
Sobbalzò nel sentire la sua voce « Si!?»
«Ho ricevuto una chiamata da Sebastian Blood, vuole parlarmi.» disse con tono serio.
«Va bene, andiamo. Incominciavo a stancarmi di mettere in ordine la scrivania, in questo ultimo periodo non faccio altro, mi sto trasformando in una vera segretaria.» continuò a parlare mentre raccoglieva le sue cose ma la mano di Oliver la fermò.
«Tu mi aspetti qui, non ci metterò molto.»
Oliver salì fino al tetto della QC. Felicity si insospettì del luogo di incontro, così accese il suo tablet e aprì il programma per osservare le telecamere di tutti i palazzi accanto alla QC.
Sapeva bene che Oliver era prudente e che Sebastian Blood non era un tipo per niente affidabile. Continuò ad osservare le telecamere, la conversazione sembrava calma.
Poi però notò un scintillio nel palazzo accanto, ingrandì e vide un uomo armato con una qualche spaventosa arma.
La paura prese il sopravvento, non sapeva cosa fare.
Salì tutte le scale e quando si ritrovò di fronte alla porta che portava al tetto la aprì con tutta la delicatezza possibile senza fare rumore. Oliver era di fronte a Blood e stavano parlando di chissà cosa. Forse era troppo concentrato per accorgersi che lei sgattaiolava alle sue spalle.
Si avvicinò raddrizzandosi completamente, e fu in quel momento che un proiettile le se conficcò all'altezza dell’addome.
Non riuscì a parlare, le mancava il fiato, voleva solo dire a Oliver di scappare. Appoggiò la mano nella chiazza di sangue che man mano si allargava, il dolore era talmente forte che le sembrava di non sentirlo.
Oliver si voltò e fu come se il mondo gli stesse crollando addosso, vedere Felicity per terra era il suo incubo peggiore. Corse da lei e si inginocchiò tirandole su la testa «Felicity, mi senti?» con una mano premeva sua ferita cercando di bloccare l'emorragia.
«Oliver…io..» borbottò fievolmente, mentre le forze l’abbandonavano.
«Felicity resta con me, andrà tutto bene.» Prese in braccio la ragazza e la portò in macchina, salì alla guida e sfrecciò al covo.
Tutto quello che era sul tavolo fu scaraventato per terra da Oliver per far sdraiare Felicity.
Con le forbici tagliò il vestito fino a dove era necessario per curare la ferita.
Era davvero grave.
Felicity era ancora cosciente. Sentiva le lacrime che le scorrevano giù lungo le guance per poi finire sui capelli. «Oliver perdonami.» riuscì a dire.
«Non devo perdonarti niente» accarezzò i suoi capelli, spostando una ciocca dalla sua fronte «Devi solo promettermi che resterai forte, dobbiamo subito curare la ferita.»
Aprì la cassa dove teneva tutti i suoi rimedi che aveva portato dall'isola. Però prima doveva estrarre il proiettile.
Chiamò velocemente Diggle prima di iniziare.
Aveva lo sguardo pieno di paura di poter perdere Felicity, voleva solo vederla sana e salva per poi vendicarsi su Sebastian Blood e uccidere chi aveva premuto il grilletto.
La bionda incominciò ad agitarsi.
Oliver si precipitò e la bloccò. «Felicity!»
«Oliver, brucia da morire!» disse a denti stretti mentre cercava di non urlare. Oliver le teneva strette le braccia mentre lei si dimenava in preda al dolore. Non riuscì a trattenere un urlo. Sembrava che il dolore si stesse dilagando su tutto il suo corpo, fino alla testa che le sembrava andare in tilt. Sentiva che tutto il corpo stesse andando a fuoco, il dolore era insopportabile.
«Ti prego, fai qualcosa!» urlò.
Dig entrò e si precipitò accanto a Oliver, ma non c’era tempo per le spiegazioni. Prese il kit e sedò Felicity.
Medicarono la ferita esternamente molto rapidamente, poi dovettero girarla sul fianco per estrarre il proiettile.
Aprirono la ferita ma il proiettile sembrava troppo lontano per estrarlo ed era anche troppo pericoloso.
Nella mente di Oliver passarono a rassegna tutti i momenti di quella sera, mentre stava parlando con Blood sentì uno sparo silenzioso alle sue spalle, e proprio dietro di lui c’era Felicity che sembrava gli volesse dire qualcosa, poi il suo sguardo azzurrino si concentrò sul suo addome e in fine cadde a terra, mentre dentro Oliver scoppiava la paura più grande di perdere la sua Felicity.
«Oliver, c’è qualcosa che non va.» Dig lo richiamò preoccupato.
«Cosa c’è?» chiese.
«Penso che il proiettile sia ricoperto di un veleno che brucia i tessuti. Dobbiamo sbrigarci.»
Non rispose e guardò tra i suoi rimedi e prese un intruglio di erbe e lo spalmò sulla ferita per alleviale il dolore e disinfettarla dal veleno.
Praticarono un taglio e cercarono di nuovo di estrarre il proiettile che sembrava non voler essere trovato. Oliver era arrabbiato ma manteneva la calma per il bene di Felicity che sembrava immersa nel mondo dei sogni grazie ai sedativi.
Era davvero preoccupato, mentre Dig cercava di fare il suo meglio, lui non riusciva a concentrarsi. Prese la mano di Felicity e la strinse, per poi darle un leggero bacio. Sentiva il suo leggero respiro, studiava il suo viso, asciugò una lacrima che si era fermata sulla coda dell’occhio. Felicity si era presa un proiettile per salvarlo, l’ultimo che lo aveva fatto era stato suo padre anche in modo diverso.
«Oliver.» Dig lo richiamò, tra le pinze aveva il proiettile, non riuscì a non accennare un sorriso.
Tutto stava migliorando in quella lunga notte. Dig stava dormendo sulla poltrona dove solitamente sedeva Felicity, mentre Oliver non aveva chiuso occhio, continuava a guardare Felicity, la contemplava nel suo sonno profondo.
Sembrava accorgersi solo ora di quanto fosse straordinaria e forte quella piccola biondina che parlava con i computer.
Sorrise ripensando al suo modo di parlare, svelto e frivolo. Gli occhi sembravano volersi chiudersi per riposare un po’ così si addormentò, forse per una mezz'ora.
Dei movimenti lo risvegliarono bruscamente, Felicity sudava e faceva delle smorfie di dolore. Sul collo si vedevano i rilievi delle sue vene. Stava soffrendo terribilmente, era di nuovo cosciente.
«Felicity!» prese il suo viso tra le grandi mani come per proteggerla. Avrebbe voluto soffrire lui al suo posto.
«Oliver, brucia!» cercava di regolare il respiro. Le lacrime scendevano lungo le sue guance per poi infrangersi sui palmi di Oliver che si sentì impotente.
La pelle di Felicity sembrava prenderle fuoco, si affrettò a bagnare una pezza che posizionò sulla fronte.
Svegliò Diggle dicendo «Non lasciarla sola un secondo.»
«Non lo farò. Dove stai andando?»
Non rispose, si cambiò e prese l’arco.



«Blood.» urlò svegliando colui che poco tempo fa chiamava ‘amico’.
«Arrow.» sibilò,  quasi contento nel vederlo. «Mi dispiace per la biondina, non era lei il bersaglio.»
A grandi passi Arrow si avvicinò a lui, stringendo la sua mano sul suo collo «Cosa diavolo c’è su quel proiettile?» strinse la presa in attesa di una risposta.
«Tranquillo, nulla di mortale.» riuscì a dire. Arrow lasciò la presa. «Dimmi che cosa c’è!» urlò carico di rabbia.
«Wo, come mai ti scaldi tanto? E’ solo la tua segretaria, no?» Oliver non ci vide più per un secondo e gli diede un pugno in pieno viso.
Sebastian rise di gusto e questo non fece altro che aumentare la voglia di ucciderlo con le sue stesse mani «I proiettili sono stati ricoperti di un veleno che provoca dolori allucinanti.» disse trattenendo un sorriso.
«La biondina soffrirà così tanto che desidererà di morire anziché continuare a soffrire. Se sarà abbastanza forte da sopportare il dolore sopravviverà.»
Strinse i pugni, ripensando alle grida di dolore della sua Felicity.
«Mi dispiace per lei, quel proiettile doveva colpire te, mio caro Oliver.»
 «Dammi l’antidoto.»
«Non esiste nessun antidoto. Quel veleno serviva a farti soffrire e non a farti morire. Lei non morirà.»
Arrow con la velocità della luce estrasse una freccia e lo colpì ad una spalla, poi se ne andò.


Rientrò di corsa al covo, dove Dig cercava di fare qualcosa per Felicity che continuava a muoversi animatamente per il dolore.
«Oliver, che hai scoperto?»
«Non esiste nessun antidoto.» buttò l’arco sul tavolo, si tolse il cappuccio e si avvicinò a Felicity che tratteneva le grida, stringendo i bordi del tavolo. Prese la sua mano e la strinse, come per far passare tutto il dolore di lei su di lui, avrebbe voluto tanto risparmiarle quel dolore che sembrava riempire l’aria.
Il suo sguardo incontrò quello di Felicity, e per un secondo sentì qualcosa di strano nel suo cuore.
«Felicity.» accarezzo il suo viso con l’altra mano.
«Oliver…» borbottò mentre stringeva con tutta la forza che il dolore le dava la grande mano di Oliver. «Ti prego fallo smettere, non ce la faccio più.» disse con un filo di voce.
Chiuse gli occhi sapendo che non poteva fare niente per far smettere quel dolore che faceva soffrire così tanto Felicity.
La notte fu lunga e dolorosa per tutti e tre, fin quando il sole non fu alto nel cielo, Felicity riuscì a rimettersi, almeno in parte.
Oliver non l’aveva lasciata sola una attimo, stringeva ancora la sua mano quando lei aveva smesso di avere la febbre alta.
Dormiva profondamente, sembrava un angelo. A Oliver balenò l’idea di baciarla, era così perfetta, non l’aveva mai osservata per così tanto tempo.
Si svegliò come un fiorellino alle prime luci dell’alba. Aveva la vita fasciata, non si muoveva ma i suoi occhi erano aperti.
«Hey…» disse Oliver dolcemente, avvicinandosi al suo viso.
«Oliver.» sembrava sorpresa, aveva un mal di testa terribile. Cercò di alzarsi per capire cosa fosse successo ma una fitta di dolore le impedì qualsiasi movimento.
«Stai giù.» le ordinò. «Ti hanno sparato.»
«Merda.» rispose secca. «Devo aggiungerlo alle cose che pensavo non mi sarebbero mai successe.» sorrise debolmente.
«Ci hai fatto prendere uno spavento.»  Diggle si avvicinò sorridendo, felice nel vedere ancora la Felicity di sempre.
«Scusate.»  borbottò cercando di nuovo di alzarsi, questa volte però non venne fermata solo da Oliver ma anche da Diggle. «Avete preso qualche cattivo?» domandò sbuffando.
«No, se tu non ci sei siamo persi.» commentò Diggle.
«Così mi fai sentire potente, Dig.» sorrise.






 
Salve bellissime ragazze. Ecco la mia prima ff totalmente OLICITY!
Spero vi piaccia, ancora non ci sono molti momenti espliciti dei nostri amati però arriveranno presto.
Continuate a leggere e fatemi sapere cosa ne pensate, è davvero importante.
al prossimo capitolo.
love you all.
 

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Capitolo 2
*** 2. ***


Salve ragazze, scusatemi per il ritardo ma ho avuto dei problemi in famiglia e non sono riuscita
ad aggiornare prima di oggi,
perdonatemi.
Il capitolo però è abbastanza lungo e spero di essere stata brava,
spero anche che vi piaccia.
_________________________________________

Broken Arrow

Capitolo 2
 
Felicity indossava una t-shirt di Oliver e i pantaloni della tuta che qualche settimana fa aveva lasciato nell'armadietto vicino alle scale per i suoi allenamenti.
Girovagava per il covo senza una meta precisa, era sola e pensierosa. Si fermò immobile ad osservare il costume di Oliver, del suo eroe, una lastra di vetro la divideva da quel famoso cappuccio verde.
Aprì lentamente la teca, spinta da qualche forza misteriosa a toccare quella divisa che ogni notte Oliver indossava.
Al tatto la stoffa era ruvida e dura, chiuse immediatamente la teca quando sentì la porta aprirsi.
Oliver scendeva le scale con una busta in mano.
Era da quando si era risvegliata che Oliver se ne era andato, sicuramente per andare alla Queen C. o per stare con Laurel o magari per passare del tempo con Sarah. Abbassò gli occhi stanca di pensare a tutte le belle donne che circondavano Oliver, consapevole che non sarebbe mai stata l’unica per lui.
Oliver rallentò e la osservò attentamente prima di posare il sacchetto con la cena sul tavolo della sua postazione.
«Felcity,» la richiamò, ma lei non rispose «Felicity!» quasi urlò facendola sobbalzare.
«Che succede?»chiese allarmata. Oliver non rispose, si voltò sospettoso della poca attenzione della bionda e aprì il sacchetto tirando fuori diversi piatti cinesi takeaway  «Spero ti piaccia il cinese.» commentò.
«Ad essere onesta non mi piace. Ogni volta che assaggio il sushi penso ai miei pesciolini rossi, che riposino in pace, poverini.»
«Farai uno sforzo.» disse senza far trapelare nessuna emozione, come faceva sempre.
Felicity sospirò, davvero non le piaceva il cinese ma soprattutto non aveva fame. O forse non voleva passare del tempo da sola con Oliver, la faceva sentire come se fosse un peso.
«Oliver…» si avvicinò cautamente, torturando i laccetti della tuta «Posso andare a casa a cenare, non sei costretto a stare con me, sto davvero meglio. Ciò che non uccide fortifica!»
Oliver la fulminò con lo sguardo, non poteva immaginare di star lontano da Felicity, la paura di poterla perdere non aveva fatto altro che aumentare la voglia che aveva di stare con lei «Non se ne parla.» riuscì a dire. Non era riuscito a proteggerla come lei meritava. «Volevo ringraziarti.» disse con tono duro.
Felicity lo guardò meglio come per cercare di capire a cosa si riferisse. «Per cosa?»
«Per esserti beccata un proiettile avvelenato al posto mio.» continuò senza guardarla, aveva paura di perdersi nei suoi occhi sinceri e puri.
«Lo rifarei anche in questo momento.»
Oliver rimase a bocca aperta e si voltò a guardarla. Sconvolto da quelle parole, Felicity avrebbe provato tutto quel dolore di  nuovo solo per lui.
«Non guardarmi così.» lo riprese da quel momento «Lo rifarei anche centinaia di volte.»
«Grazie.» disse stringendo improvvisamente la sua mano. Lei ricambiò sorridendo.
«Però io cinese non mangio.» incrociò le braccia interrompendo il contatto con la mano calda di Oliver.
Aveva paura di lui, ma che, non di lui ma dei forti sentimenti che provava per lui.
Si sentiva attratta da lui come una calamita e stare a contatto con la sua pelle non la aiutava, staccarsi e correre ai ripari era l’unica cosa che le riusciva meglio.
Oliver la guardò allontanarsi verso il grande armadio dove tenevano diversi oggetti.
La piccola donna prese una sedia per raggiungere il punto più alto, dove c’era il suo borsone.
Lo guardò e si alzò in punta di piedi sulla sedia, il dolore all'addome si fece sentire, chiuse gli occhi per un attimo, rialzò il viso e fu in quel momento che le forze le mancarono. Avrebbe dovuto ascoltare Oliver e mangiare qualcosa, era dalla sera precedente che non toccava cibo.
Fece un passo indietro e la sedia si mosse facendola cadere, ma come solo Oliver riusciva a fare, la salvò, stringendola tra le braccia.
I loro nasi si sfiorarono, si guardarono come per conoscersi la prima volta, si osservarono intensamente le iridi scoprendo emozioni a loro sconosciute.
Oliver la stringeva forte, una forma contorta per lui nel sentirla vicina, quando si accorse che le stava facendo male la rimise subito con i piedi per terra. «Ti ho fatto male?» chiese preoccupato guardando Felicity.
«No, non mi hai fatto male.»  si spostò una ciocca dietro i capelli.
Oliver allungò il braccio e prese il borsone senza fatica «A cosa ti serve?»
«Torno a casa.» rispose.
«Non puoi, prima mi devi una cena.» sorrise indicando la cena cinese.
Stava per rispondere ma qualcuno scese velocemente le scale… Sarah.
«Hey!» salutò Felicity, poi si diresse verso Oliver e lo baciò. Felicity abbassò lo sguardo, poi mise in spalla il suo borsone e prese il cappotto ancora sporco di sangue, ma era l’unico che aveva a disposizione.
«Bene, vi lascio soli, buona serata!» spostò i lunghi capelli da una parte e se ne andò, senza voltarsi.
Oliver la vide andare via e si maledì fortemente per averla lasciata andare così. Ferita e senza forze.

 
*** 


Felcity era tornata nel suo appartamento, non sapeva come ma aveva gli occhi offuscati dalle lacrime.
Si asciugò in fretta quelle lacrime che definiva inutili e stupide, piangere per una cosa che non esisteva nemmeno. Lei e Oliver, loro, non sarebbe mai esistito un “loro”.
Così andò in bagno e ci buttò il cappotto sporco, si lavò il viso e si soffermò per un attimo a guardare il suo riflesso. Lei non era il tipo di donna che interessava a Oliver, Laurel lo era, Sarah anche, Isabel. Ma lei no, continuò a guardarsi non riconoscendosi completamente nella ragazza che vedeva dall'altra parte.
Sospirò stanca di quei pensieri, tornò in salotto e si sdraiò sul divano, alzò lentamente la maglietta, dalla fasciatura si vedeva una chiazza di sangue farsi sempre più grande  «Porca vacca.» borbottò cercando di osservare meglio la ferita, poteva cambiare la garze. Si tolse la maglietta e incominciò a togliere la fasciatura. Riusciva quasi a vedere la ferita, però quella nella schiena le era completamente irraggiungibile alla sua vista.
Prontamente il campanello suonò nel momento meno opportuno. Abbassò velocemente la maglietta facendo aderire alla ferita ancora fresca la stoffa. Guardò dallo spioncino e vide Oliver. Deglutì in preda al panico.
Aprì la porta, e si affacciò senza dar a vedere il suo salotto, dove sul tavolo c’era il kit di pronto soccorso.
«Oliver, qual buon vento!» cercò di sorridere.
«Ho portato la cena.» fece vedere la scatola della pizza.
«A dire il vero avevo da fare, sai com'è, ho molta polvere da nascondere sotto al tappeto.» gesticolò con le mani.
«Felcity.» la sua espressione diventò seria. Si insospettì dal tono di voce della ragazza.
«Sicuramente Sarah ti sta aspettando. Grazie per la cena.» prese la pizza dalle mani di Oliver e si chiuse la porta alle spalle. Lasciandolo lì completamente allibito.
Bussò con forza, arrabbiato. Felicity non aveva fatto altro che peggiorare la situazione.
«Hai dimenticato qualcosa?» riaprì la porta.
«Fe li ci ty.» scandì bene il suo nome come solo Oliver Queen poteva fare. «Fammi entrare.» la guardò serio, la bionda si arrese, sapendo che non ci sarebbe stato scampo.
Fece un lungo passo e si fermò ad osservare il suo salottino. Poi focalizzò i suoi occhi sul kit .
«So che non è come casa tua però… »stava per continuare, ma Oliver la fulminò con lo sguardo.
«Che cosa ci fanno queste qui?» prese dal tavolo le bende.
«Stavo cambiando le fasce alla ferita.» alzò la maglietta per guardare il punto dove Diggle era intervenuto, sanguinava. Oliver si tolse la giacca velocemente e tirò su le maniche della camicia.
«Fammi vedere.» ordinò prendendo il disinfettante. Si avvicinò per osservare meglio la ferita, non aveva un bell'aspetto e lui era preoccupato. «Ti fa male?» domandò.
«No…Aia!» urlò quando Oliver passò con un batuffolo di cotone bagnato dal disinfettante sopra la ferita.
Felicity lo osservava mentre si concentrava sulla sua stupida ferita, come poteva un uomo mandarla così tanto in crisi?
Cos'aveva Oliver che le faceva tremare le gambe ogni volta che la guardava? Perché solo lui riusciva a farle questo effetto?
Troppe domande e nessuna risposta.
Oliver continuò a disinfettare la ferita della schiena, però Felicity aveva lasciato il mondo reale da un po’, stava fantasticando su cose che non sarebbero mai successe.
«Fatto.» prese le bende e iniziò a fasciarle la vita, stritolandola. Passò le braccia dietro a lei, e per qualche secondo riusciva a sentire il suo respiro delicato sulla sua pelle, una scossa di brividi partì lungo la sua schiena. Aveva voglia di stringerla a se e baciarla. Con Sarah non aveva questi desideri, non più da tempo ormai.
Stava sbagliando tutto con Felicity.
«Grazie.» sorrise abbassando la maglietta, si trovava quasi petto a petto con Oliver. La sua figura forte e sicura la copriva completamente, quei muscoli che trasparivano dalla camicia la fecero avvampare di imbarazzo.
«Mangiamo la pizza?» si spostò velocemente.
Si accomodarono sul divano, Felicity accese la tv e cenarono chiacchierando come due buoni amici.
Ecco, l’essere buoni amici creava barriere indistruttibili.
Odiava essere definita amica, sembrava essere solo quello: “una buona amica”.
Oliver se ne andò a notte tarda.
Fu quando cercò il pigiama che capì perché era considerata da tutti solo una buona amica.
Il suo armadio era così banale e tremendamente casto. Pochi vestiti le davano l’aria da vera donna, e poi doveva smettere di legare i capelli.


La mattina seguente Felicity era totalmente diversa, entrò alla Queen C. con i capelli sciolti e mossi, gonna stretta a vita alta, con una bella camicetta, le scarpe erano più alte del solito e più accattivanti.
Si sentiva invincibile, sembrava aver dato una svolta alla sua figura, non voleva più essere “una buona amica” per Oliver, voleva fargli capire che Felicity Smoak sapeva essere un tipo da Oliver Queen.
Aveva attirato un po’ gli sguardi dei colleghi che lavoravano sul suo stesso piano.
Sorrise soddisfatta.
Oliver era già nel suo ufficio alzò lo sguardo e rimase completamente imbambolato.
«Buongiorno.» entrò la bionda sorridendo.
«Felicity, cosa ci fai qui?» chiese Diggle, preoccupato.
«Diggle, quello che fate voi, lavoro.» rispose.
«Devi riposarti.» commentò Oliver, squadrandola dalla testa ai piedi.
«Starò tutto il giorno seduta a quella scrivania, mi riposerò abbastanza.» sorrise andandosene, lasciando la vista del suo bel lato b stretto da quella gonna nera aderente.
Quella mattinata molti dipendenti della QC erano passati a chiedere favori a Felicity, o semplicemente a fare due chiacchiere con lei, Oliver torturava una penna, mentre vedeva Jack, un tipo davvero poco affidabile continuare a insistere.
Si alzò con passo veloce e si avvicinò alla scrivania di Felicity.
Si voltò e guardò Jack il più serio possibile, lui sorrise dicendo «Buongiorno signor Queen.»
“Buongiorno un cazzo”
«Buongiorno, non ha nulla su cui lavorare?» chiese scorbutico.
Il ragazzo si dileguò velocemente. Felicity lo guardò sconvolta dalla sua freddezza «Oliver, ma ti sembra il modo?»
“Ma ti sembra il modo di flirtare con gli altri davanti a me, Felicity?”
«Devi seguire tutti gli spostamenti, i tabulati telefonici, tutto quello che riguarda Sebatian Blood.»
«Va bene.» rispose senza guardarlo negli occhi.


Oliver stava aspettando Felicity davanti all'ascensore, dovevano andarsene al covo per prepararsi alla notte.
Felicity appena lo vide raccolse le sue cose e corse verso di lui.
«Allora, da quello che ho trovato…» sbloccò la schermata del suo tablet.
Jack entrò interrompendo la bionda, che subito si zittì. Oliver lo torturò con lo sguardo.
«Fel, allora ti va di cenare insieme?» chiese mettendosi in mezzo ai due.
Felicity fu colta impreparata e iniziò a balbettare qualcosa di indecifrabile, Oliver strinse le labbra e con un movimento veloce, prima che le porte dell’ascensore si chiudessero, colpisce i fascicoli che il moro aveva in mano, lui si precipitò a prenderli fuori dall'ascensore.
Pigiò velocemente il bottone che portava al piano terra.
«Di nuovo?» chiese Felicity.
«Da quando ti chiami Fel?»
«E’ un soprannome.» rispose indispettita la piccola bionda.
Uscirono velocemente per dirigersi alla macchina, Dig li stava aspettando per andare al covo.
Oliver aprì la portiera e Felicity entrò, si accomodarono uno accanto all'altro.
«Bene, ti stavo dicendo che …»
«Buona sera.» una voce a loro sconosciuta interruppe Felicity, sgranò gli occhi, non era Diggle.
«Non vi muovete.» ordinò estraendo una pistola, puntata dritta in fronte.




 
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Eccoci alla fine del capitolo 2, (captain ovvio)
vi ringrazio di cuore per aver letto tutto il capitolo
e se vi piace, potete anche farmi sapere cosa ne pensate lasciando una recensione
aprezzo anche consigli e critiche molto volentieri.
Parlando del capitolo; vediamo un Oliver molto più vicino a Felicity.
Sta per succedere qualcosa nel cuoricino di Oliver?
magari nei prossimi capitoli ci sarà una svolta.

Vi anticipo solo che ci saranno molte scene di salvataggio!!!

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Capitolo 3
*** 3. ***


Broken Arrow
Capitolo 3

 
 
Oliver si risvegliò bruscamente, era stato buttato a terra. Aveva mani e piedi legati, una fettuccia di stoffa tappava la sua bocca.
Cercò subito con lo sguardo Felicity, era a qualche metro da lui, immobile a terra, anche lei con le mani e i piedi legati.
Voleva solo urlare il suo nome e assicurarsi che stesse bene.
Gli uomini alle sue spalle se ne andarono, erano vestiti di nero e indossavano il passamontagna.
L’uomo che li aveva sorpresi con la pistola li aveva condotti fuori città, poi  lo raggiunsero altri uomini per  aiutarlo, prima colpirono Oliver poi Felicity.
Cercò con tutte le sue forze di liberarsi per correre a salvare Felicity.
Più muoveva le mani cercando di scivolare via dalla stretta più dolore provocava ai suoi polsi. Felicity lentamente si riprese, si voltò guardandolo spaventata.
Non c’erano le parole a parlare, i loro sguardi si rincontrarono come per proteggersi a vicenda. Felicity nel rivedere gli occhi azzurri di Oliver le sembrò di essere a casa.
Oliver si avvicinò strisciando, erano sicuramente in qualche magazzino abbandonato fuori città, l’ambiente era aperto e il soffitto molto alto.
Si trovarono viso a viso, Oliver vide una lacrima scendere lungo la guancia ferita di Felicity. Strinse i denti, trattenendo la rabbia verso i loro rapitori.
Se solo avesse potuto liberarsi avrebbe ucciso tutti coloro che aveva toccato Felicity.
Un uomo con una maschera spaventosa entrò. Aveva in mano un pugnale, si avvicinò a loro due, un altro uomo lo affiancò tirando via Felicity.
Con il pugnale accarezzò il viso della bionda, mentre l’altro la sorreggeva. La lama ben affilata sfiorava la sua pelle, scivolò lungo il collo e si fermò sul petto che faceva su e giù velocemente.
Oliver cercava con tutte le sue forze di liberarsi ma non ci riusciva.
Una voce al di sotto di quella maschera parlò  «E’ davvero strana la natura umana, non credi caro giustiziere?».
Sapeva il suo segreto, quell’uomo sapeva chi era lui. Questo significava che aveva a che fare con Arrow.
«Il modo in cui la guardi è commovente.» si avvicinò al viso immobile e spaventato di Felicity, l’altra mano accarezzò il suo fianco.
Oliver non riusciva più a resistere nel vedere quella scena.  
«Ti darò la possibilità di stare con lei ancora per un po’ .» continuò facendo strisciare la punta del pugnale lungo i bottoni della camicetta  «Poi i giochi avranno inizio.» rifilò un pugno nello stomaco di Felicity facendola piegare dal dolore, l’uomo alle sue spalle la lasciò, si accasciò a terra, mentre il dolore si faceva sempre più forte.
«Felicity!» urlò Oliver, si avvicinò di nuovo a lei, la camicetta era sporca di sangue, l’avevano colpita all'altezza della ferita da sparo.
Rimasero vicini per ore, mentre Oliver cercava qualcosa di appuntito per liberarsi, studiò l’ambiente senza tralasciare nulla, in fondo alla grande struttura c’erano delle lastre di ferro.
L’avrebbe raggiunte con facilità se solo quegli uomini non sarebbero entrati all'improvviso.
La porta si aprì, l’uomo mascherato avanzò, seguito da tanti altri uomini.
«Bene bene, eccoci qui, pronti per i giochi?» chiese ridendo beffardo.
Due uomini alzarono bruscamente Felicity. Altri due fecero lo stesso con Oliver, che con riluttanza si spostò alzandosi autonomamente.
Con dei movimenti  veloci sciolsero i nodi che impedivano ai due prigionieri di parlare.
«Che cosa volete?» urlò subito Oliver, quasi ruggendo come un leone arrabbiato.
«Calma, ora ci divertiremo.» fece un passo verso di lui, liberando mani e piedi. Oliver fu circondato da tutti gli uomini vestiti di nero,  l’uomo mascherato liberò anche Felicity, sarebbe caduta a terra per la stanchezza e per il dolore che aveva all'addome, ma gli uomini alle sue spalle la sorressero, portandola via.
«Dove la portate?» chiese cercando di superare la barriera di uomini intorno a lui.

Felicity era svenuta, si risvegliò in una stanza, aveva un dolore insopportabile all'addome, guardò il punto dove avevano estratto il proiettile qualche giorno prima, una chiazza rossa sporcava la sua camicetta bianca.
Aveva una strana sensazione di nausea, si accasciò in un angolo, mentre udiva le urla di Oliver che attraversavano le pareti e distruggevano il suo cuore.
Non voleva più ascoltare. Doveva agire per il bene di Oliver. Si guardò intorno, la stanza era completamente vuota, ne una finestra, ne un condotto dell’aria, ne qualcosa di appuntito, niente di niente.
Quel giorno non aveva nemmeno delle forcine, osservò attentamente il petto. Un’idea geniale la mise sull'attenti.
Si sbottonò la camicetta, estrasse dopo vari tentativi i ferretti del reggiseno.  Doveva solamente trovare la forza di alzarsi e provare a lottare contro tutti. Oliver aveva bisogno di aiuto, e lei era l’unica che poteva aiutarlo.
Si alzò, nascondendo i due ferretti,  avvicinandosi alla porta bussò per constatare se c’era qualcuno dall'altra parte. Nessuno rispose.
Si inginocchiò all'altezza della serratura e con le mani tremanti cercò di aprire la porta. Nei film sembrava molto più facile «Andiamo, su…» bisbigliava mentre con forza smuoveva la serratura.
Si sentì un piccolo rumore, ci era riuscita, trattenne un sorriso e aprì la porta senza far rumore, lentamente scivolò fuori chiudendosi la porta alle spalle.  Lungo il corridoio non c’era nessuno. Cercò velocemente qualcosa di pesante o di appuntito come arma, non c’era nulla. Avanzò cautamente,  si accorse che le urla erano cessate, poi dei passi riempirono quel silenzio pieno di tensione e paura. Si nascose dietro una colonna, gli uomini che prima avevano circondato Oliver stavano uscendo uno ad uno, alcuni erano feriti, altri ridevano soddisfatti.
Portò una mano davanti alla bocca, soffocando un piccolo verso.
Uscirono tutti da una porta alla fine del corridoio. Si accertò che non ci fosse nessuno, si tolse i tacchi e corse verso la porta che portava da Oliver.
Era in mezzo al grande magazzino, steso a terra. Le mancò il respiro per un secondo, si riprese e corse verso di lui, inginocchiandosi prese il viso di Oliver tra le mani «Oliver, svegliati.» bisbigliò mentre una lacrima le rigava la guancia,  aveva ferite ovunque. «Oliver, per favore, apri gli occhi.» supplicò accarezzando la sua guancia.
Oliver aprì lentamente gli occhi «Felicity…» si riprese velocemente alzandosi «Stai bene?» stavolta era lui che accarezzava la guancia della bionda.
Annuì asciugandosi le lacrime. «Dobbiamo sbrigarci.» Oliver prese la mano di Felicity, si alzarono.
«Hai qualche piano in mente?» chiese la bionda, seguendo Oliver fuori dal magazzino.
«No.» rispose lui, cercando con lo sguardo qualcosa con cui armarsi.
«Sono tutti entrati in quella stanza.» indicò la porta chiusa in fondo al corridoio.
«Bene.» seguirono lungo il corridoio, finché due uomini non uscirono da quella stanza.
Con un movimento veloce Oliver trascinò Felicity dietro a una colonna. La bionda era spalmata tra il muro e il petto di Oliver. Il cuore le batteva forte in preda al panico.
Il respiro silenzioso di Oliver la fece rabbrividire, averlo così vicino la mandava in tilt.
«Stai ferma qui.» le bisbigliò nell'orecchio. Oliver attaccò alle spalle i due uomini, li mise a KO prendendo le munizioni e le armi.
Oliver tornò da Felicity, tra le mani aveva due pistole.  Ne porse una alla ragazza che era rimasta incollata al muro da quando lui l’aveva lasciata lì «Oliver, non penso sia il c-caso. » .
Dalla radiolina dell’uomo steso a terra si sentì una voce “Tornate alla base”
“Ripeto. Tornate alla base.”
Dopo qualche minuto di silenzio, un uomo uscì dalla stanza, seguito da altri due uomini.
Oliver fu immediatamente pronto a fronteggiarli, tra calci e pugni però non si accorse che anche Felicity si trovò a fronteggiare uno di loro. Velocemente scagliò via l’uomo da Felicity.
«Grazie!» sospirò.
Un uomo in fondo al corridoio, alle spalle della ragazza, stava per aprire il fuoco, Oliver scattò velocemente verso di lei, catapultandola a terra, Felicity si trovò Oliver sopra, le sue labbra a qualche centimetro dalle sue, i respiri irregolari si scontravano come due forze opposte. Oliver si alzò velocemente strappando via all'uomo l’arma per poi colpirlo con essa.   
Il ragazzo tese la mano a Felcity per aiutarla a rialzarsi, la bionda afferrò per poi affiancarsi di nuovo a Oliver. «No che mi dispiaccia, però hai la camicetta sbottonata.» Oliver commentò indicando il petto della ragazza.
Felicity arrossì iniziando a balbettare «Devi ringraziare il mio reggiseno push-up, è lui che ci ha liberati.» mentre si riabbottonava la camicetta.
Oliver la guardò piegando il capo. «Comunque penso che questa serva anche a me, ora.» Felicity prese la pistola che prima Oliver gli aveva offerto.
Sempre sotto lo sguardo freddo e serio di Oliver, Felciity stringeva tra le mani un arma più pesante di lei, poteva uccidere un uomo con quella, lei avrebbe potuto mettere fine ad una vita umana grazie a quel maledetto oggetto.
«Dobbiamo andarcene.» ruppe il silenzio Oliver, posizionandosi di fronte alla bionda.
 «I suv sono parcheggiati fuori, dobbiamo salire le scale.» indicò le scalette che portavano ad una porta con sopra la scritta “exit”.
«Andiamo.» Oliver prese la mano di Felicity ma lei non lo assecondò.
«Se riusciamo a trovare un computer potrei inserire un programma di rintraccio, così possiamo controllare.»
Oliver sospirò «Li ritroverò io, ora voglio solo riportarti a casa.» Strinse la sua mano e la trascinò fuori.



 
        ***

Quando riaprì la porta di casa sua, Thea gli saltò addosso abbracciandolo. «Fratellone, finalmente ci degni della tua presenza.»
«Scusa Speedy, ho avuto da fare.»
«Hai sempre da fare…» si incamminarono verso il salotto «…Per tua fortuna c’è una bella ragazza che ti aspetta.»
«Hey.» Sarah si voltò avvicinandosi per abbracciarlo.
«Hey.» ricambiò lui, in un secondo nella sua testa passò l’immagine di Felicity.
Senza dire niente, Sarah prese la sua mano e lo condusse fino in camera sua, chiudendo la porta a chiave.

Quando riaprì la porta di casa sua, Layla lo accolse con una bella bottiglia di vino. «Ti stavo aspettando.» sorrise prendendo due bicchieri.
Diggle si avvicinò, baciandola appassionatamente. «Mi sei mancata.» bisbigliò.
Quando era uscito di casa, un uomo lo aveva minacciato di uccidere Layla se non avesse fatto quello che lui gli ordinava. Ecco perché Oliver e Felicity non trovarono lui in auto ma il rapitore.
Il profumino di un dolce riempì la casa. «Ho preparato la torta di mele che ti piace tanto.» sorrise la donna.
«Speriamo che non sia bruciata come quella dell’altra volta.» risero entrambi.

Quando riaprì la porta di casa, un silenzio spaventoso riempiva quelle pareti.
Accese la luce della cucina, prese un bicchiere che riempì con il Whisky.
Felicity buttò giù tutto d’un colpo.
Si diresse in camera da letto, cambiò l’abito e poi tornò in cucina, riempì di nuovo quel bicchiere.
Scivolò seduta per terra, portando con se la bottiglia e il bicchiere.
Sola in una casa vuota.


 


Eccomi!
Finalmente ho aggiornato ragazze!!!
sinceramente ho avuto difficoltà nel scrivere scene d'azione, lo ammetto.
Spero die ssermela cavata.
Stiamo vedendo un lato di Felicity nuovo. E' davvero una ragazza sola.
Vediamo anche Oliver, ormai completamente preso da lei, FINALMENTE!
spero vi piaccia, ditemi cosa ne pensate, ci tengo.
vi ringrazio di cuore.
Al prossimo emozionante capitolo. 


 

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Capitolo 4
*** 4. ***



Capitolo 4




«Oliver.» la voce di Diggle suonò dall’altra parte del telefono «Potresti passare a prendere Felicity? Io sono bloccato nel traffico.»
«Certo, prendo la moto.»
«Bene.»

Davanti alla porta dell’appartamento di Felicity, Oliver bussò un paio di volte, ma non ebbe risposta. Preoccupato da quella sua assenza provò a chiamare la ragazza, il cellulare squillò e lui riuscì a sentire il suono della suoneria, ma nessuno rispose nemmeno sta volta.
La porta non era chiusa a chiave dall'interno, così con una forte spallata riuscì ad aprirla senza però rompere la serratura.
L’appartamento era buio e silenzioso, nonostante la luce del giorno, la lampada della cucina era accesa. Girò intorno al tavolo e fu lì che la vide.
Si precipitò verso di lei, il cuore aveva preso a battere forte, però quando si accorse che non era ferita o peggio, si tranquillizzò.
Ma alla vista della bottiglia di Whisky quasi vuota la sua espressione cambiò.  
Non aveva mai visto una Felicity così fragile, dormiva raggomitolata sul tappeto della cucina, tra le mani stringeva il bicchiere vuoto.
Oliver le sembrò di rivedere lui in lei.
Il lato oscuro di Felicity sembrava aver preso forma, approfittandosene del suo punto debole per poterla distruggere.
Qualcosa nascondeva, quel viso angelico continuava a dormire beatamente, e chissà quali incubi la tormentavano.
Oliver la prese tra le braccia e la portò sul suo letto, coprendola in fine con il piumone.


Felicity si risvegliò un’ora dopo, guardò l’orologio e si accorse che erano le nove passate. Scese dal letto, non si ricordava niente della sera precedente, l’unica cosa che le era rimasta era un mal di testa terribile.
Dei rumori provenivano dalla cucina, guardò la porta ed era aperta.  I peggio pensieri attraversarono la sua mente, prese la mazza da baseball che teneva in camera vicino al comodino.
Entrò in cucina con la mazza ben alta e pronta ad attaccare il ladro. Riconobbe subito l’uomo che le dava le spalle mentre preparava qualcosa.
Era Oliver.
Stava per voltarsi, velocemente Felicity nascose dietro di se la mazza «Oliver, che ci fai qui? Mi hai spaventata!»
«Sono venuto a prenderti per portarti a lavoro.» Oliver notò che Felicity non si ricordava niente della serata precedente, così non disse nulla, osservando i comportamenti della bionda per capire qualcosa in più.
«E perché sei dentro casa mia? Insomma, non è che non mi piace averti qui, però hai sfondato la porta solo per un caffè? Non è che sei finito in banca rotta e sei diventato un senza tetto? Perché se è così ti posso ospitare.»
 «Felicity.» la richiamò serio.
«Scherzavo…Vado a cambiarmi.» indietreggiò senza voltargli le spalle, continuava a guardarlo dritto negli occhi per assicurarsi che lui non vedesse la mazza.
Era quasi riuscita ad uscire dalla cucina senza dare nell'occhio, poi però la voce di Oliver la fermò «Inutile che la nascondi, l’ho vista la tua bella mazza.»


Appena Felicity chiuse la porta di casa lasciandosela alle spalle, vide la moto di Oliver. Quella mattina non era proprio il caso di sfrecciare tra le macchine, non voleva avere la nausea, le bastava il terribile mal di testa.
«Non ci salgo.» sbuffò.
«Non fare storie.» Olive tirò fuori due caschi.
«Oliver, ho mal di testa, non ce la faccio.» borbottò la bionda cercando di dissuaderlo da quell'idea.
«La prossima volta bevi di meno.» rispose secco, con un pizzico di cattiveria.
In un secondo a Felicity tutto fu chiaro, si era messa a bere la sera prima fino al sorgere del sole. Aveva provato disgusto per se stessa.
Ora si vergognava davvero come non mai.
Strappò dalle mani di Oliver il casco, salì e per tutto il tragitto rimase in silenzio.
Una volta alla Queen C. Felicity entrò senza guardare in faccia nessuno, Dig li stava aspettando all'entrata dell’edificio.
«Buon giorno.» aveva detto con voce piatta a Diggle. Non fece nemmeno in tempo a rispondere che la donna lo sorpassò.
«Che succede?» chiese Diggle ad Oliver che seguiva Felicity.
«Ti racconto tutto dopo.» salì velocemente dentro all'ascensore con la bionda.
Il silenzio riempiva quelle mura di ferro.
Stava per articolare una parola quando Felicity lo bloccò «Non voglio sentire la tua predica, quindi per favore non incominciare.»
«Non voglio farti nessuna predica.» rispose.
«Allora non guardarmi come se fossi un’anima in pena.»
«Non ti guardo così. Voglio solo aiutarti.»
«Non ho bisogno del tuo aiuto, fatti da parte per una buona volta.» queste dure parole non sembravano vere dette da Felicity. Lei c’era sempre per lui, era una delle persone più importanti e non riusciva a capire cosa le stesse succedendo da un giorno all'altro.
Uscì stringendo al petto i suoi fascicoli, nemmeno il tempo di svoltare l’angolo che Jack le fu completamente addosso.
Si ritrovò per terra, con i fogli sparsi ovunque «Scusami.» bisbigliò iniziando a raccogliere i fascicoli.
«La prossima volta stai più attenta, sembra che quelli occhiali non ti servano poi a molto.» rispose Jack provocandola.
Le forze di rispondere all'uomo le mancarono, così abbassò lo sguardo finendo di ordinare i fogli.
Oliver guardò la scena da lontano. Jack stava venendo verso di lui, quando fu abbastanza vicino lo prese per il colletto della camicia «Ascoltami bene testa di cazzo.» stringeva con forza le presa, avvicinandosi con tono minaccioso «Non provare più a rivolgerti a lei con questo tono, sono stato chiaro?» sibilò  denti stretti.
L’uomo preso alla sprovvista annuì velocemente.
«Ora torna da lei e scusati, dicendo che sei un grande deficiente e che lei oggi è più bella del solito.»
Lasciò la presa, mantenendo il suo sguardo glaciale.
Jack tornò da Felicity e fece quello che gli aveva ordinato. Felicity gentilmente sorrise, rimase a terra chiudendo i fascicoli. Era stanca, sospirò ripensando alla sera precedente, le sembrava di aver tradito se stessa, era da tempo ormai che passava le notti da sola a bere, ma questa volta aveva esagerato, tanto che non si ricordava nemmeno cosa aveva fatto.
Il fatto che Oliver l’avesse vista in chissà quali condizioni la faceva sentire vulnerabile e completamente nuda ai suoi occhi. Anche se con Oliver si sentiva sempre così, un gattino vicino a una tigre.
Una mano le apparì di fronte.
Oliver aspettava che lei la afferrasse per aiutarla a rialzarsi.
Felicity lo guardò, sorrise inespressiva, si rialzò da sola e sorpassò Oliver sfiorandogli la spalla.


Felicity era sgattaiolata via qualche minuto prima di Oliver e Diggle per dirigersi al covo senza la presenza dei due uomini.
Aveva bisogno di metabolizzare quello che era successo.
Una volta entrata al Verdant vide il barman che si muoveva tra le bottiglie di alcool e una voglia insaziabile prese il sopravvento dentro di lei.
«Salve, potrei avere un bicchiere?» indicò la vodka.
«Non abbiamo ancora aperto, signorina.»
«Sono un’amica di Oliver Queen e lui sa che sono qui, per favore.» sorrise cercando di essere il più credibile possibile.

«Il mio gatto voglio chiamarlo Gotham City. Gotham è il nome e City il cognome.» Felicity aveva in bocca tre cannucce mentre beveva dal suo quinto bicchiere di vodka.
«Penso possa bastare così signorina, torni a casa.» aveva detto il ragazzo dall'altra parte del bancone.
«Se non le piace il nome Gotham possiamo cambiarlo, solo se ha lo scontrino però.» con l’indice tracciava dei cerchi invisibili, mentre dentro di lei tutto le sembrava inutile e stupido.
La musica incominciava a farsi sentire e la gente a riempire il lussuoso club.
Felicity voleva ancora da bere ma l’uomo non cedeva a nessuna supplica. Così incominciò a girovagare tra i gruppetti di persone, sui tavoli erano poggiati molti bicchieri pieni, approfittandosene di un momento di distrazione prendeva il bicchieri per poi berli in un angolino.
Stava ridendo da sola quando Oliver le si piazzò davanti.
«Felicity. Che diavolo stai facendo?»
«Oliver Queen cattivo.» smise di ridere mentre guardava il bicchiere che Oliver le aveva tolto dalle mani.
«Smettila. Andiamo.» prese il suo polso per trascinarla via.
«Cattivo, cattivo.» con il peso del suo corpo cercava di rimanere dentro, ma il ragazzo la portò fuori grazie alla  superiore forza.
«Ti porto a casa.» Oliver la guardò per un secondo, cercando di capire cosa stesse spingendo Felicity fino a quel punto.
Felicity continuava a tirarsi indietro e in un momento di distrazione scivolò con il sedere a terra sull'asfalto.
Attaccò una risata isterica «è la seconda volta oggi, è divertente stare giù.» continuando a ridere e a rimanere a terra.
«Però fa male il sedere, uffy.»
Oliver la prese in braccia, tirandosela dietro le spalle.
Felicity dava dei pugnetti alle spalle di Oliver urlando di metterla giù.

Una volta dentro l’appartamento di Felicity, Oliver la portò nella sua camera da letto e con un tono serio e arrabbiato disse «Cosa diavolo ti prende Felicity? Non posso stare anche dietro di te, io ho bisogno di te.»
La ragazza bionda era seduta sul bordo del letto mentre Oliver le stava di fronte con le braccia incrociate.
Si lasciò scivolare sul pavimento della sua camera.
Guardò gli occhi delusi di Oliver e qualcosa scattò in lei.
«Scusa Oliver, ti informo che io sono un essere umano e non un computer.» strinse le ginocchia al petto.
«Voglio stare sola ora.»
 Oliver rimase a guardarla, cercando di decifrare quell'espressione così affranta e tremendamente instabile, le lacrime riempirono quell'oceano di occhi, creando tristezza anche nelle labbra .
Aveva voglia di stringerla a se ma era come immobile mentre vedeva Felicity distruggersi piano piano.
«Non ti lascio in queste condizioni da sola.» commentò nel silenzio.
«Oliver, puoi rimanere anche a qualche metro da me, come sei ora, ma io sarò sempre sola.» bisbigliò abbassando il capo, appoggiandolo sulle ginocchia.
Oliver socchiuse le labbra, sorpreso da quell'espressione, un peso nel suo cuore si aggiunse ai tanti altri.
I suoi pensieri furono interrotti dai singhiozzi di Felicity.
La bionda si alzò per andare verso la cucina «Ora ho sete.» disse sorreggendosi allo stipite della porta.
Oliver la tirò indietro, appiccicandola al muro «Ascoltami bene…» Felicity aveva Oliver a qualche centimetro da lei, sentì il suo respiro sulla sua pelle, gli occhi erano puntati dritti sui suoi, i loro battiti del cuore sembravano andare contemporaneamente «…Tu non sei sola, hai me.».
Le distanze sembrarono così corte,
così dolci,
così cariche di amore
?




 
***
Salve ragazze, scusate per il ritardo ma non avevo internet!
Eccomi qui comunque, ho partorito il quarto capitolo?
che ne pensate? Vediamo una Felicity fragile e stanca della sua vita che si butta sull'alcool, in stile Laurel!
Però questo aiuterà i dueeeeeee jdsghksdjhgkdfhg
aspetto vostre opinioni, spero vi piaccia.
A presto!!!!
baci


myskinnylove

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Capitolo 5
*** 5. ***



Capitolo 5

Scusate il ritardo ma non sempre riesco a concludere i capitoli in tempo!
perdonatemi


 
Le distanze sembrarono così corte,
così dolci,
così cariche di amore?

Le loro labbra stavano quasi per sfiorarsi.
Oliver e Felicity erano come calamite, nonostante tutte le forze che li spingevano lontani loro riuscivano a tornare vicini, forse perché era quello di cui avevano bisogno per continuare.
«E’ meglio che tu vada.»

Questa volta fu Felicity ad allontanarlo, sebbene non desiderasse altro che baciare quelle labbra.
La consapevolezza uccideva Felicity ogni volta, sapeva che Oliver non ricambiava e che quello che provavano era puro desiderio.
Forse il suo era più profondo e forte, ma questo non aveva importanza. I suoi sentimenti non dovevano essere presi in considerazione.
Oliver annuì impercettibilmente con il capo. Fece un passo indietro allontanandosi dalla donna che gli stava completamente stravolgendo la vita.
«Buona notte, Felicity.» disse quasi in un sussurro una volta vicino alla porta della sua camera.
«Buona notte Oliver.» Felicity lo sorpassò aprendo la porta per far uscire l’uomo da casa sua.
Senza vederlo andare via Felicity chiuse la porta frustata, si lasciò cadere a terra, mentre le lacrime rigavano il suo volto stanco e assonnato.
Tutto le sembrava andare a pezzi.

La mattina seguente Felicity si recò a lavoro, sempre pronta con il suo bel tablet in mano.
Quando Oliver entrò nel suo ufficio, vederla così in forma lo fece sorridere.
Tuttavia il ricordo di loro due a qualche centimetro di distanza non gli permetteva un comportamento normale, non riusciva a guardare gli occhi color oceano di Felicity, non riusciva a stare vicino a lei.
Per tutta la mattina cercò di evitarla il più possibile, all' ora di pranzo uscì dall'edificio senza dire niente a nessuno.
Felicity lo aveva osservato per tutto il tempo, vedeva in lui tutto quello di cui aveva bisogno in quel momento, ma tutto quello lei non poteva averlo.
Sospirò mettendo a posto la sua scrivania, in seguito comprò il pranzo in una piccola rosticceria vicino alla Queen C.
Prese i suoi salatini e si diresse al parco accanto al piccolo negozietto.
Si accomodò su una panchina, poco dopo Diggle la raggiunse sedendosi accanto a lei.
«Eccoti qua, ti stavo cercando.»
«Scusa Dig, sapevo che avevi da fare con Lyla.»
«No, ho risolto. Volevo portarti a mangiare qualcosa in un ristorante italiano a pochi passi da qui, che te ne pare?» propose l’uomo sorridendo.
«Volentieri ma ho già provveduto al pranzo, vuoi?» porse la scatola a Diggle.
«Grazie.» prese una pizzetta «La prossima volta però ti porto a pranzo.»
«Non vedo l’ora.» rispose la bionda sorridendo.
«Felicity…» Dig richiamò la ragazza.
«Uhm..»
«Cosa ti sta succedendo?» a quella domanda così inaspettata Felicity smise di mangiare e chiuse la scatola.
«Cosa intendi?»
«Oliver mi ha detto che è preoccupato e lo sono anche io.» Dig la guardò con occhi sinceri di un amico davvero preoccupato, lui c’era sempre per lei e questo la rendeva sicura quando era accanto a lui.
Diggle era un po’ la sua parte mancante.
«Cosa ti devo dire? Non succede niente.» concluse spostando lo sguardo verso la strada.
«A me certe cose non puoi nasconderle, lo sai?»
«Non è per quello che pensi tu, riguarda altro Diggle. In questo ultimo periodo non faccio altro che aiutare Oliver, e questo mi piace, ma per lo meno, voi due, ogni volta a fine serata avete qualcuno con cui stare. Io invece me ne torno a casa per stare da sola.»
Diggle stava per rispondere ma Felicity aveva altro da aggiungere.
«E non dirmi che non è vero perché è così. Odio tornare a casa e rendermi conto di essere sola, passo ore a fissare il vuoto sempre da sola!» trattenne le lacrime, odiava le lacrime facili.
L’uomo seduto accanto a lei non rispose, la guardò per poi abbracciarla forte.



Oliver la sera stessa si stava preparando attentamente all'azione.
Lucidava e ripuliva l’arco, affilava le punte delle sue frecce. 
Preso dal lavoro non si accorse che Diggle, Felicity e Roy erano nel covo, tutti e tre pronti per un allenamento.
«Oliver» Diggle si avvicinò riportandolo sulla terra ferma.
«Cosa ci fate vestiti così?»
«Felicity ci ha chiesto di insegnarle qualche mossa.» intervenne Roy avvicinandosi alla bionda.
«Non voglio essere l’ultima ruota del carro.» sorrise energica dirigendosi verso il tappeto per l’allenamento.
«Forza voglio imparare a dare calci e pugni… Magari posso comprarmi un costume da super eroina su eBay.»
Roy rise raggiungendo la donna.
«Non penso sia una buona idea farla allenare con Roy.» Oliver si alzò, sussurrando queste parole nell'orecchio di John.
«Andiamo, dagli un po’ di fiducia, povero ragazzo.»
«Tu non sai cosa può fare il Mirakuro. Potrebbe fare del male a Felicity.» Distolse lo sguardo dall'amico per poi guardare Felicity e Roy che iniziavano l’allenamento ridendo.
Rimase a guardare per un po’, ogni volta che Roy aumentava la forza Oliver si avvicinava cautamente per assicurarsi di avere tutto sotto controllo.
Un paio di volte Felicity finì completamente a terra.
«Devo ammettere che faccio proprio schifo.»
Cercò di rialzarsi velocemente per cogliere alla sprovvista il giovane ragazzo ma lui istintivamente replicò mettendola KO bruscamente.
Oliver scattò verso i due. «Diavolo, controllati.» quasi urlò.
Il piccolo tremolio aveva incominciato a far percuotere la mano di Roy, che spaventato da se stesso indietreggiava.
«Io non volevo…» cercò di scusarsi aiutando Felicity a rialzarsi, ma Oliver lo anticipò tirando su quasi di peso la bionda che continuava a stare sdraiata.
«Ti ho sempre detto di controllarti!» Oliver continuò con uno sguardo arrabbiato.
«Felicity scusa, non volevo, davvero…»
«Tranquillo Roy, non è successo niente.» si avvicinò al ragazzo per fargli coraggio. Oliver stava per intervenire di nuovo ma la voce della bionda lo interruppe «Non dire niente! Non capisco tutto questo accanimento. Ora Roy riprendiamo l’allenamento.» fissò con uno sguardo di sfida l’uomo che fino a qualche secondo fa attaccò Roy.
Oliver serrò la mascella, odiando la testardaggine di Felicity.
Sarah raggiunse il gruppo pochi minuti dopo, era pronta per entrare in azione con Arrow.
I due ragazzi si sentivano molto vicini, avevano passato l’inferno in quell'isola e entrambi sapevano cos'era il dolore, ma anche Sarah sapeva che in fondo quello non era amore, Oliver meritava qualcosa di diverso, lei non era la sua parte mancante.
Felicity dopo averla salutata si mise alla sua postazione, con l’asciugamano appoggiato sul collo.
«Vi ricordate quelle strane scomparse a The Glades? Bene, ho controllato tutte le telecamere della zona e a quanto pare sono stati prelevati da degli uomini mascherati. » pigiò i tasti della tastiera velocemente «Purtroppo sono tutti morti.» commentò abbassando il tono della voce.
«Continuano a testare il Mirakuro.» Sarah intervenne «Dobbiamo fermarli il prima possibile e capire chi diavolo sono.»
«Dobbiamo capire chi diavolo li manda.» Oliver prese arco e frecce, seguito da Black Canary.
Felicity continuava a dare informazione ai due eroi della notte, ma quando arrivarono a destinazione, l’edificio era pieno di cadaveri, uomini e ragazzi che non avevano retto la potenza del veleno.
Il sangue ormai secco rigava le loro guance, la morte sembrava così percettibile nell'aria. Arrow era sicuro che sotto c’era qualcosa di più grande, qualcuno di più potente.
Tornarono alla base meditando sul da farsi.
La bionda dei computer continuò a scavare informazioni nei database della polizia ma non trovò nessun riscontro.
Nel frattempo Sarah ricevette un messaggio da Laurel, così velocemente si dileguò salutando il suo ragazzo.
Diggle ed Oliver iniziarono ad allenarsi duramente, Felicity avrebbe passato ore ad osservarli, qualsiasi donna avrebbe voluto essere la posto.
L’una di notte era passata da un bel po’, lo schermo del computer continuava a far scorrere informazioni su informazioni, mentre gli schermi ai lati mandavano le immagini delle telecamere di sorveglianza nel capannone abbandonato dove poco tempo prima Arrow e Balck Canary avevano fatto irruzione .
Stava quasi per addormentarsi di fronte alla scena deserta dell’edifico abbandonato, si riattivò immediatamente quando vide un gruppo di uomini entrare.
Avevano le stesse maschere.
Tutti i ricordi le tornarono alla mente.
«Oliver…» indietreggiò con la sedia.
«Dig…» disse girandosi verso i due che nel sentire la sua voce tremare avevano smesso di combattere corpo a corpo.
«Che succede?» Oliver si avvicinò alla postazione di Felicity per osservare meglio.
«Guarda bene quella maschera, è la stessa Oliver.»
Ricordò tutto anche lui.
Era la stessa maschera che copriva il viso dell’uomo che li aveva rapiti.
«Hanno parcheggiato un’automobile sul retro.» premette velocemente le dita sui tasti della tastiera «E’ intestata ad un certo…» aspettarono il caricamento.
«Jack!» esclamò sconcertata.
Il suo collega Jack faceva parte di quella specie di setta segreta, si massaggiò le tempie cercando di collegare tutto.
Si girò con la sedia per avere un confronto con i due uomini.
«Cosa si fa ora?» chiese incrociando le braccia al petto.
«Potrebbero aver tutti preso il mirakuro.» commentò Diggle.
«Dobbiamo trovare un modo per scoprire chi li manda.»
«Hai in mente qualcosa, Felicity?» Oliver scrutò la ragazza cercando di capire la sua idea.
«Si.» rispose.

 


Scusate di nuovo per il ritardo!!!
Spesso l'ispirazione vola via (hahaha .....)
Ancora nessun BOOOM per la nostra amata coppia.... non ancora ma MOLTO presto accadrà. Volevo anche dirvi che Jack è un personaggio di mia invenzione. Non seguirò passo per passo la serie tv. Modifico a mio piacimento.
Felicity entrerà presto in azione?
Vi anticipo che la parola chiave del prossimo capitolo è "
SCOMMESSA


A presto care amiche, spero di leggere molte vostre recensioni.
Ma soprattutto spero vi piaccia, ci metto anima e cuore.


myskinnylove




 







 

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Capitolo 6
*** 6. ***



Capitolo 6

 
«No. Non se ne parla.» sibilò Oliver a denti stretti.
«Andiamo, è una buona idea!» Felicity replicò cercando di convincere l’uomo di fronte a lei.
«Non insistere.»
«Diggle per favore, almeno tu! Ammettiamo che è l’unica cosa che possiamo provare.»
«Nemmeno io penso che sia una buona idea mandarti sul campo. » incrociò le braccia l’ex militare.
«Tu, Oliver e Sara siete sempre in pericolo, per una volta voglio fare anche io qualcosa di concreto.»
«E’ diverso, noi siamo addestrati.» Diggle continuava a controbattere cercando di far cambiare idea a  Felicity.
«Possiamo dividerci il lavoro. Oliver si occupa di Sebastian e io di Jack.»
«Mi piacerebbe vedere blondie con maschera e calzamaglia.» intervenne spiritoso Roy.         
«Non se ne parla. Me ne occuperò io, sia di Blood che di Jack.»
«Io scommetto su la piccola Blondie, sono sicuro che riuscirà a trovare chi vi ha rapiti.» il giovane con la felpa rossa aggiunse.
«Grazie Roy, per la fiducia almeno tu. Comunque scommettiamo che riesco a trovare quello che Oliver non riesce?» l’aria tesa riempiva il covo.
«No. Qui non si fanno scommesse, e quando dico no è no.»
L’idea di fingere di voler uscire con Jack per trovare qualche informazione andò in mille pezzi. Felicity si arrese non appena Oliver pronunciò quelle parole.
«Ora basta con le stupidaggini, andiamo a casa.»
Stupidaggini, ecco cos’era per Oliver, stupidi capricci di una bionda buona a nulla.
Raccolse le sue cose in fretta, cercando di non dare a vedere il suo disappunto, era stanca di farsi valere ed era ora di dormire.


Felicity era in ritardo, aveva le braccia occupate dal tablet e dalla borsa, camminava svelta svelta, borbottando scusa ogni volta che sfiorava qualcuno lungo il suo tragitto.
L’ascensore stava quasi per  chiudersi ma una mano dall'interno lo bloccò. Era Jack.
«Buon giorno, Felicity, anche tu di fretta?»si fece da parte sfoggiando un bel sorriso.
«Si.» rispose mentre tra se e se pensava al comportamento di Jack.
Forse lui stava anticipando la sua idea?
Incominciò a sudare freddo, doveva calmarsi e focalizzarsi sull'obbiettivo.
«Com'è lavorare al fianco di Oliver Queen?»
«E’…. è divertente, in tutti i sensi. Cioè, non proprio tutti, solo in alcuni…Okay smetto di parlare. »
Jack rise dolcemente nel vederla arrossire per l’imbarazzo. «Sei davvero forte Felicity Smoak. Mi chiedevo se ti andrebbe di uscire a cena con me, visto che l’altra volta non mi hai risposto perché il tuo capo mi ha spinto fuori dall’ascensore.»
«Perché no?» commentò con tono teso.
«Perfetto.» accennò un sorriso «Volevo anche chiederti scusa per l’altro giorno, era una giornata no e non avrei dovuto dirti quella cosa, sono contento che tu abbia accettato. Mi farò perdonare.»
Felicity sarebbe stata contenta di quelle parole se solo Jack non lavorasse per il nemico.
Sempre amori impossibili i suoi.
«Tranquillo. Ci vediamo alla fine del turno.» si dileguò velocemente.
Fece un bel respiro una volta seduta alla sua scrivania. Era riuscita a mascherare l’ansia e l’incertezza.
 «Complimenti Felicity Smoak, meriti un oscar.» borbottò accomodandosi meglio sulla sedia.


La giornata fu lunga, Felicity non faceva altro che pensare a quello che doveva fare, alla reazione di Oliver e di Diggle, alle conseguenze se non fosse riuscita a trovare quello che cercava.
Durante la pausa pranzo, passò al Verdant e prese dei cip.
Fece i suoi calcoli, grazie alle telecamere di sicurezza osservò Jack per tutto il giorno e controllò il suo cellulare.
Tutto sembrava normale. Troppo normale.
E se automobile parcheggiata in quel punto era una casualità?
Troppe domande occupavano la sua mente e zitto zitto il tempo passò velocemente.
Era giunto il momento.
Mentre Oliver parlava con un socio, Jack varcò la soglia sorridendo.
Felicity si alzò in piedi, sistemandosi la gonna «Sono pronta.» .
All'entrata dell’uomo Oliver si mise sull'attenti, lo squadrò da testa a piedi e con uno sguardo infuocato dalla rabbia guardò Felicity che nel frattempo stava raccogliendo le sue cose.
«Mi scusi, torno subito.» si congedò raggiungendo la bionda.
«Buona sera.» si rivolse ai due che stavano per uscire.
«Oliver Queen, che bello rivederla.» Jack si avvicinò stringendogli la mano.
La stretta di Oliver fu più forte del normale.
Nella stanza si respirava un’aria tesa di sfida, Felicity preoccupata dagli sguardi arrabbiati di Oliver sorrise «Bene, signor Queen, noi dobbiamo andare. Buona serata.» prese il suo cappotto, mentre Jack dopo averlo salutato si stava dirigendo alla porta.
Oliver bloccò la ragazza per un polso, avvicinandosi al suo orecchio sussurrò «Che diavolo stai facendo?».
Il suo tono era tanto arrabbiato quanto preoccupato.
«Lasciami fare.» scivolò via dalla presa di Oliver per poi andarsene di fianco a Jack.
La vide andare via, fu come una tempesta a ciel sereno, Felicity si stava mettendo nei guai…



La porta del covo si aprì con un tonfo. Diggle era poggiato sulla scrivania mentre osservava Roy e Sara allenarsi in attesa dei due.
Oliver entrò come un uragano, correndo subito verso il suo arco e le sue frecce.
«Hey, che succede? Dov’è Felicity?» chiese allarmandosi.
«E’ uscita con Jack.» rispose serio.
«Che cosa!? Blondie allora si è data da fare!» accennò un sorriso Roy che fu spento subito dopo dallo sguardo di Oliver.
«Posso provare a rintracciare il suo cellulare.» Sara lasciò l’area allenamenti e corse alla postazione di Felicity.
«Dig, preparati, dobbiamo andare.» Oliver era pronto.
John prese due pistole e la sua giacca in pelle.
«Non trovo nessun segnale, è come se Felicity avesse disabilitato il trasmittente.»
«Feliciti sa come sparire.» Roy intervenne.



Sara occupò il posto dell’IT girl per quella sera, Oliver incominciò a vagare per la città.
«Sono riuscita a rintracciare l’auto di Jack grazie alle telecamere della Queen C.»
«Forza Sara, non abbiamo molto tempo. Dimmi il luogo.»


«Non sono un’amante del pesce, ma questo salmone è proprio delizioso.» Felicity aveva un tic compulsivo alla gamba, era nervosa e dal suo tono di voce trapelava ogni minima esitazione.
«Nemmeno a me piace.» sorrise timida.
Guardò il cellulare del ragazzo, era vicino alla bottiglia di vino, avrebbe potuto prenderlo per qualche secondo e inserire la trasmittente, ma non era arrivato ancora il momento giusto.


«Oliver, sono in un ristorantino tra la dodicesima e richard avenue.»
Dig sfrecciò verso la meta insieme ad Oliver.
«Che diavolo le è saltato in mente? Senza nessuna copertura!» Arrow non riuscì a trattenere la rabbia, e con un pugno colpì il cruscotto.
«Hey, calmati. Io mi fido di Fel.»
«Anche io, Dig, ma non voglio che gli accada nulla per colpa mia.»


«Oh cavolo…» borbottò la ragazza tirando fuori dalla borsa il suo cellulare «…Questo stupido cellulare è proprio andato.»
«Potresti prestarmi il tuo? devo chiamare mia madre, è urgente.»
 sorrise dolcemente cercando di essere il più convincente possibile.
«Ma certo.» porse il suo personale telefono.
Felicity ringraziò, lo prese e uscì dal ristorante. Rimanendo ferma vicino alla porta. Tutto però le sembrò così facile, troppo facile.
In quel momento Dig parcheggiò la macchina di fronte al ristorante, in lontananza. Appena la vide tirò un sospiro di sollievo, stessa cosa fece Oliver, che però subito dopo uscì dalla macchina.
«Oliver! Stai fermo qui!» Diggle lo tirò dentro per un braccio.  «Controlliamola da qui, lasciamo che ci provi.»
Oliver non rispose, serrò la mascella e rimase a guardare la bionda in piedi vicino alla porta di vetro del ristorante.
Felicity incominciò a maneggiare l’aggeggio elettronico, i suoi occhi continuarono a dividersi tra il tavolo dove Jack era seduto e la trasmittente che doveva inserire vicino alla batteria.
Il ragazzo seduto al tavolo fece un veloce movimento indecifrabile, poi si alzò e andò verso Felicity che doveva solo attivare la micro trasmittente per poter ridare il telefono.
La porta si aprì e Jack la raggiunse «Grazie mille.» Felicity restituì il cellulare con la trasmittente appena attivata.
Il moro si avvicinò e prese il cellulare, accorciando quasi ogni distanza Felicity e Jack si trovavano viso a viso.
Lentamente le mani del collega le si posizionarono sui fianchi, sorrise dolcemente, avvicinandosi ancora di più.


«Hey Ollie, avete trovato Felicity?» dall’altra parte dell’apparecchio Sara chiedeva informazioni.
«Si la ve…» le parole gli morirono in gola, quando la luce soffusa del lampione vicino al ristorante illuminava un dolce bacio tra Jack e Felicity.
La sua Felicity.

 


 
 Eccomi qui, mie care bellezze!
Ebbene, Felicity entra in azione autonomamente senza chiedere niente a nessuno,
e brava la nostra piccola leonessa!
Secondo voi Jack ha qualcosa da nascondere?
E poi, come risponderà al comportamento di Fel il nostro arciere di ghiaccio?
Ma soprattuto la bacio!
Finalmente Felicity infatuata di un altro ragazzo all'infuori di Oliver.
Poi, ammettiamo, a tutte noi piacciono i cattivi ragazzi.
C'è solo da scegliere tra Freccia Verde e Mister Mistero!
Spero vi sia piaciuto. Lo spero con tutto il cuore.

Volevo scusarmi per il ritardo ma queste ultime due settiamane scolastiche sono piene di compiti! Perdonatemi.
Ultima cosa: fatemi sapere cosa ne pensate.
Baci Baci
(sto divagando, vi adoro)
 

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Capitolo 7
*** 7. ***



Capitolo 7
 

Le loro labbra iniziarono a conoscersi un po’ di più mentre le mani stringevano corpi ancora sconosciuti.
Tuttavia a Felicity non piaceva, non si sentiva a suo agio e non vedeva l’ora che tutto quello finisse.
Lentamente si staccò «Devo andare…» schernì sorridendo delicatamente, entrò nel locale prese la borsa e il cappotto, con un leggero bacio sulla guancia salutò Jack e si diresse verso il parcheggio.
Camminava velocemente, stringendosi a se per proteggersi dal freddo quando qualcuno la bloccò facendola voltare.
Oliver.
«Santo cielo, mi hai fatto venire un infarto, ti sembra il modo!?» si portò una mano sul petto come a constatare se il suo cuore era ancora lì dopo lo spavento.
«Tu! Tu me lo hai fatto venire a me l’infarto! Ma che diavolo ti è saltato in mente?» Oliver stringeva il suo braccio, scuotendola leggermente. Aveva avuto molta paura quando l’aveva vista tra le braccia di quello che poteva essere un assassino.
«Come vedi non è successo niente!» rispose staccandosi bruscamente dalla presa del giustiziere.
Per Oliver era successo il peggio che poteva succedere. Qualcosa dentro di lui bruciava ogni principio che aveva nei riguardi di Felicity.
«Felicity, se disubbidisci ancora come hai fatto questa sera mettendo a rischio te stessa e il Team dovrò tagliarti fuori da ogni missione.»
Dig ascoltò tutto tramite la trasmittente "Andiamo Oliver, non esagerare." borbottò mentre sentì il tono freddo e duro di Arrow.
«Ah davvero? Bene, se non apprezzi nemmeno quello che faccio per ritrovare chi ti ha torturato non puoi apprezzare nient'altro di me. Stavo solo cercando di aiutarti. E - e se questo è il ringraziamento, m-me ne vado io allora.» si girò velocemente per non affrontare lo sguardo e le parole di Oliver che fino ad ora non avevano fatto altro che ferirla.
"Idiota." commentò Diggle.


Appena riaprì la porta di casa Felicity corse ad accendere il suo tablet per spiare tutto il contenuto del cellulare di Jack.
Per quello che ne sapeva era stato tutto fin troppo facile. Jack faceva parte di qualcosa di più potente, qualcuno che voleva colpire Oliver e lei, per quanto potesse lo avrebbe impedito.
Prese il suo personale cellulare e disattivò tutto.
Controllò ogni tasca del cappotto per trovare eventuali trasmittenti. Smontò tutto l’apparecchio elettronico del suo telefono ma nulla.
Niente di niente. Come se Jack fosse veramente innocente.
Digitò la password e si collegò alla trasmittente. Aprì tutti i file che conteneva e li passò sul suo computer.
Attuò un programma che impediva la localizzazione e attentamente controllò ogni cartella che riempiva il suo schermo.
“Operazione Arrow”
Visualizzò quel nome e un brivido le attraversò la schiena.
La copia di un’e-mail era l’unico documento al suo interno.
Salve sig.Jack Harley,
la prego di mantenere l’anonimato e so che di lei mi posso fidare.
Si rechi al mio studio non appena legge questa e-mail.
L’indirizzo è: Central Avenue n.17


Sebastian Blood
.”

Sebastian.
La data era di un giorno prima del loro rapimento.
Felicity frenò l’istinto di chiamare Oliver.
Passò la notte in cerca di notizie, elaborando un piano.


Oliver entrò nella fonderia con passo deciso. Voleva solo prendere a pugni il primo sacco che gli capitava.
«Felicity?» chiese subito Sara non appena vide Oliver seguito da Diggle.
L’arciere non rispose e continuò dritto verso l’area allenamento. Dig si avvicinò alla ragazza e sbuffò «E’ sempre il solito cretino.»
«Ma Felicity dov'è? Sta bene?»
Il soldato annuì.
«Quindi la piccola blondie ha fatto il suo primo debutto da spia?» Roy intervenne.
«Roy…» lo ammonì Sara.
«Penso che la scommessa la vincerà lei.» bisbigliò sorridendo fiero della sua amica non presente.

 
***
Il sole era chiaro in cielo, appena sveglio dopo una lunga notte, come quella di Oliver.
L’aveva passata al covo, rigirandosi sul piccolo divano.
Una notte da scordare in pratica.
Dei passi interruppero quello che era un silenzio contornato dal cinguettio degli uccellini e dal rumore della città.
Felicity era appena scesa dalle scale con un fare incerto e imbarazzato.
«Voglio dirti che mi è costato molto venire qui stamattina.» chiarì quando fu nella visuale di Oliver.
Il ragazzo si tirò su velocemente posizionandosi di fronte alla bionda.
«Quando sono tornata a casa ho trovato molte informazioni...» dalla borsa estrasse un fascicolo che con lentezza posò sul tavolo più vicino. «…Spero ti siano utili.» commentò alla fine, guardandolo dritto negli occhi, urlando in silenzio il dolore che provava nel sentirlo così distante.
«Feli» Oliver sussurrò ma le parole scomparirono in un sospiro.
«Buona fortuna, Oliver.» strinse le labbra, soffocando qualche parola di troppo, si voltò e uscì da dove era entrata.
Chiuse gli occhi, cercando di trovare le parole per spiegare quella situazione.
Cosa stava spingendo via Felicity da lui?
La risposta era nella domanda: lui.
Aprì il fascicolo, notò che erano moltissimi fogli, con allegate tantissime foto. Felicity ci aveva lavorato tutta la notte.
Una piccola  grande donna.


Quando entrò alla Queen Consolidated la scrivania della sua IT girl era vuota.
«Ha preso qualche giorno di malattia.» rispose la segretaria all'entrata.
Diggle lo raggiunse poco dopo «Felicity?» chiese indicando la postazione vuota.
«Stamattina è passata e mi ha dato tutte le informazioni che ha trovato, sono tantissime, Jack è inevitabilmente collegato con Blood, ma Sebastian ha a che vedere con un uomo, dobbiamo scoprirne al più presto l’identità.»
«Ok, ma hai chiesto scusa a Felicity ?» domandò di rimando, completamente disinteressato della faccenda di Blood.
Oliver non rispose, si voltò e guardò Starling City, cercando di immaginare cosa stesse facendo Felicity in quel preciso istante.
«Oliver.» lo richiamò Diggle, la risposta era chiara «Va da lei e chiedile scusa, in ginocchio… con un bel pacco di cioccolatini, dei fiori magari, e un diamante visto che puoi permettertelo poi magari forse… ti perdonerà!»
«Non penso sia il caso.»
«Non mi importa quelli che pensi, lei merita le tue scuse, hai esagerato. Felicity è tanto fragile quanto forte, ma tu sai davvero come ferirla. Lo fai tutti i giorni.»
«Cosa intendi?» si rizzò sulla sedia.
«Andiamo, non ci crede nessuno a questa finta sorpresa. Lo sanno tutti tranne te.» Con queste parole enigmatiche per il cervello di Oliver, Diggle lasciò l’ufficio.


Senza nessuna spiegazione di come fosse finito lì, Oliver si ritrovò di fronte alla soglia dell’appartamento di Felicity.
Aveva il pugno alzato, pronto a bussare.
Ma qualcuno lo anticipò aprendo all'improvviso la porta.









 
ECCOMI, SEMBRAVA IMPOSSIBILE, MA CE L'HO FATTA (L'ANTICO CAPITOLO ANDv PORTATO IN SALVO!)
AAAAAAAAAAH, LA SCUOLA è AL TERMINE E FINALEMNTE POTRò DEDICARMI SOLO ALLA FF.

Spero vi sia piaciuto questo capitolo.
Ebbene Felicity rinuncia alla sua carriera da spia solitaria e decide di lasciare il lavoro ad Oliver e farsi da parte.
La sua uscita dalla fonderia è stata tipo: BITCH PLEASE, BOW DOWN, QUEEN SMOAK IS HERE.
E brava Felicity dalle mille sfumature.
Oliver sempre il finto tonto , Diggle la voce della ragione e della nostra 'Speranza'.
Bene, secondo voi chi c'è dietro Blood? Ammetto che non è molto difficile da indovinare.... un cattivone molto sexy!
Comunque scopriremo tutto molto presto, e ricostruirò la trama delle ultime puntate a modo mio!

con questo vi saluto mie carissime lettrici, aspetto con curiosità le vostre parole.
Un bacio grandissimo.
Scusate ancora per il ritardo.

Myskinnylove.

 

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