La dama insofferente. [Storia in pausa, in riscrittura ]

di _Vassilissa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


LA DAMA INSOFFERENTE
                                             di Vassilissa

 



                                                                                   

 
La sorte è decisa,  
ahi! Riccardo non è più.  
Le campane suonano a morto...  
Oh, abbi pietà, Signore!  
Si affaccia alla sua finestrella
a fanciulla dai riccioli biondi.  
Persino gli spettri si commuovono  
all'angoscia del suo cuore..
               Elisabetta di Baviera

                   
                                                                   


                                                               
 


        
 Il castello di Passehofen viene spesso e ingiustamente definito una grande casa di campagna. Alcuni osano anche dire che è un complesso sfacciato a sud della riva occidentale del lago Starnerb, a sud di Monaco di Baviera.
L’edera ha vinto ormai la battaglia contro al bianco splendente dei muri che per trecento anni avevano cercato di resistere ai rampicanti. Non che a Elisabetta dispiacesse quella piccola vittoria della natura sull’artificiale. Anzi le concede quell’aria romantica che alla quarta figlia del duca Massimiliano piace tanto e che fa a pugni con le torri quadrate che ne appesantiscono la struttura.
Anche lei, come il padre, si finge artista. Da quando è bambina intrappola le sue avventure e i sogni in un quadernetto dalla copertina di velluto, nascosto sotto le assi del pavimento della sua stanza.Vi sono racchiuse tutte le sue fantasie, i sogni amorosi e le fiabe che la vedono protagonista.
Si ritrae come una principessa guerriera, indomabile e libera al galoppo del cavallo regalatele dal padre, affettuosamente chiamato “Max”.Un padre assente, scrittore-per essere gentili-che si circonda di poeti per coltivare la sua illusione. Lui viaggia spesso. Torna a casa dalla moglie Ludovica solo di rado e solo per raccontare ai figli le sue avventure esotiche che Elisabetta ascolta estasiata sulle sue ginocchia. La sera, dopo quei racconti, sogna di essere accanto al padre e viverli in prima persona alimentando così quella sfrenata fantasia che l’educazione da “campagnola” ha lasciato a briglie sciolte.
Il matrimonio tra Ludovica e Max è solo di convenienza, nemmeno molto fortunato visto che Ludovica è l’unica delle sorelle a non essere legata ad un principe. Elisabetta è regina di Prussia, Maria di Sassonia, Sofia aveva sposato l’erede al trono Austriaco. Persino le sue sorellastre Amalia e Carolina avevano avuto matrimoni più vantaggiosi. La prima vantava di essere la sposa del Viceré* d’Italia, la seconda di essere la sposa dell’Imperatore Francesco I. A lei invece era toccato Massimiliano, un semplice duca dai modi irriverenti.
Le sue sorelle vivono beatamente nelle loro case  e lei rimane insoddisfatta in campagna a sfornare figli. Nove per la precisione, troppi per un aristocratica. La sua vita viene scandita tra parti, estati a Passenhofen e gli inverni passati nel palazzo Ludwigstrasse.
Sono una famiglia atipica nel panorama nobiliare, stravagante quanto il suo capofamiglia.
Passenhofen piace ai suoi figli, più di Monaco, soprattutto a quella bambina paffuta nemmeno eguagliabile alla bella sorella Elena. Certo, è più solare e simpatica ma queste caratteristiche non valgono quanto un bel viso.
Ha tre anni in più, Nenè, si lascia trasportare da Sissi in quei comportamenti indisciplinati che tanto fanno arrossire le governanti, che non sanno più come trattenere le due bambine. Soprattutto Sissi per cui tutte hanno un debole. Come dire di no ai suoi grandi occhi scuri?
 La sua educazione è più morbida, sono incapaci di contenerla e lei continua a sognare.
Il padre non la ferma, sembra quasi divertito da quanto lei gli assomigli, e non solo per i grandi occhi a mandorla.
È insofferente, alcuni osano dire selvaggia. Ma sebbene Ludovica ami i suoi figli non è lei di cui si interessa. Le troverà probabilmente un marito a tempo debito, un qualche duca o altro che potrà sopportare una moglie irruenta senza troppe difficoltà. La sua pupilla è la bella Nenè. È già graziosa nonostante non sia ancora sbocciata, fin troppo per sprecarla e non essere usata per ottenere quel futuro che Ludovica stessa aveva desiderato.
La moglie del duca Max non è sola, la sorella Sofia è da tempo insediata a corte aspettando di essere proclamata Imperatrice. Si scambiano lettere, scendono a patti per creare la donna perfetta che sposerà suo figlio.
Nenè è ambiziosa, bella, dotata di carattere e di certo non si smarrisce in sogni ad occhi aperti come Sissi. Sembra la zia Sofia ed è pronta a seguire i suoi stessi passi.
Nenè non vuole l’amore ma il potere.
Sissi desidera un principe, quelli delle fiabe.

*Per chi non lo sapesse si trattava di Eugenio di Beuharnais
 
 
Gli anni scorrono in fretta, la vita sembra così breve tra risa e corse nei campi. Un anno Elisabetta è una bambina paffuta e l’anno dopo una ragazza armoniosa con i capelli fino alle ginocchia. È diventata più graziosa ma anche più indomabile. È cresciuta nel corpo ma non nello spirito, vive ancora come se stesse giocando e non pensa al futuro. Il suo è un eterno presente fatto di favole, sogni e giochi. In fondo aveva vissuto la sua infanzia gomito a gomito con i ragazzini del paese, correndo e ridendo sguaiatamente ma protetta dal suo rango.
Elena invece non gioca, è fin troppo impegnata con la madre.
Elisabetta ne sente la mancanza, non condivide più nulla con la sorella più grande e preferisce intrattenersi con i ragazzini di rango inferiore.
Con il tallone sprona il cavallo al galoppo, ama sentire i capelli cercare di liberarsi dalla lunga treccia impreziosita con fiori di campo. È il massimo che le serve riescono a fare, l’unica cosa che permette loro di fare senza gridare come qualsiasi ragazzina viziata. Sissi detesta la compostezza e se fosse per lei li lascerebbe in preda alle atmosfere.
Sta ridendo ora, è uno dei suoi sprazzi di allegria che spesso si riducono in pianti isterici.
Riccardo ride con lei, Sissi è simpatica e non sembra affatto una nobile. Si sporca, non si indispettisce se non le dà del lei quando sono soli a cavalcare nei prati.
Riccardo è un conte, giovane come la stessa Elisabetta. Non si può definire ancora un uomo eppure è più alto della sua compagna di giochi e il suo fisico non è più quello di un bambino. È in quella fase a metà tra l’essere grande e il non esserlo.
Giocano insieme fin da quando sono bambini e lei a volte gli aveva confessato i suoi sogni.
Uno solo però l’aveva colpito al cuore, l’unico a cui mancava il classico principe azzurro delle favole che voleva accanto. L’uomo per una volta era  un povero di cui una principessa si innamorava. Una storia così vivida, Sissi la descriveva con così tanti dettagli da far sbocciare in lui un certo pensiero che per anni cercò di far appassire.
“E se fosse lui il povero e lei la principessa? “ Se lo chiede spesso mentre con gli occhi cerulei le lancia occhiate fugaci decise a imprimere nella sua mente tutti i dettagli possibili: dal leggero riflesso rossiccio che può notare in contro luce in estate, al suo grattarsi il polso ogni qual volta è agitata o in attesa. Gli piacciono quelle cose, le ricordano che è umana.
Lei lo prende spesso in giro, soprattutto quando vince quelle gare prive di regole il cui unico scopo è arrivare prima dal “caro Possi”* per controllare che il duca Max fosse tornato da uno dei suoi lunghi viaggi.
Riccardo ama quando il duca torna a casa. Ludovica non lo invita mai tra le mura domestiche mentre lui sì. Anche il giovane scudiero gode dell’esuberanza di quell’uomo proprio come la sua amata Elisabetta. Deve ammettere che a volte la rabbia scoppia nel suo petto, lo rende alle volte lunatico tanto che lascia prima del dovuto il castello. È un po’ geloso, quando il duca torna a casa, lei non lo degna nemmeno di uno sguardo. È tutta intenta ad abbeverarsi delle parole del padre e ridere dei suoi episodi esuberanti.
Seduta sulla sua sedia, con il volto tra le mani, lo guarda con gli occhi sgranati per la meraviglia e le guance leggermente arrossate. Solo Dio sa cosa sacrificherebbe Riccardo per vedere quello sguardo su di sé, si accontenterebbe  anche di un suo riflesso ma a lui non è stato dato il dono di una lingua capace di ricreare atmosfere tanto suggestive da incantare. Non è bravo con le parole, forse un po’ troppo impacciato quando c’è lei di mezzo. Ha visto molti uomini sedurre, le vie di Passehofen sono piene di innamorati eppure lo trova così difficile. Lei è sfuggente, difficile sapere cosa le passa per la testa. È frustrante per Riccardo, come fare a sapere di avere qualche speranza se lei le parla solo di fantasie?
Ludovica e Elena raramente scendono al primo piano per salutare il duca se non al suo ritorno. Per il resto lo ignorano e Elisabetta ne è felice. Se la madre è di Nenè, il padre è tutto suo.
Ora il suo sguardo è totalmente diverso, concentrato in quello che sta facendo mentre il sudore le fa brillare la pelle. Come quando scrive e corruga la fronte.
Riccardo dice qualcosa ma lei non lo sente. Sta andando sempre più lontana, il cavallo corre più veloce e il vento le schiaffeggia il viso più prepotentemente.
Elisabetta si sente libera, le sembra di volare. Lo vorrebbe fare davvero, volare. Una volta l’aveva quasi fatto. Dopo aver pianto si era sporta dalla finestra e aveva pensato “Riuscirò mai a prendere il volo? “. Era pronta a saltare, pronta  a seguire quegli uccellino che si facevano beffe di lei che era costretta alla terra. Volavano vicino alla finestra, cinguettavano svegliandola presto e le ricordavano ogni singolo giorno che lei non aveva le ali. Nell’istante in cui stava per portare una gamba verso il vuoto, vide il duca Max vestito da re Artù accompagnato da tredici uomini a mo’ di cavalieri. Lei aveva ridacchiato dimenticandosi delle presunte beffe. Si era ritratta ed era corsa giù dalle scale per saltare al collo del padre e stringerlo forte.
Lui aveva recitato quel giorno la sua parte, l’aveva chiamata Ginevra e accolta in quel piccolo teatrino errante. Era stata una delle poche volte che Elena era scesa con loro. Era rimasta imperturbabile sulla sedia con le mani in grembo, come se fosse una prova, mentre Elisabetta giocava. Prova che aveva egregiamente superato e che aveva mostrato a Ludovica che aveva la tempra giusta per sopportare qualsiasi marito.
Nenè l’aveva guardata come se fosse di rango inferiore, una semplice contadinotta poco raffinata che per qualche motivo in quel momento era una regina.
Non sorrideva, Nenè non sapeva più sorridere.
Scuote il capo Sissi, vuole liberarsi di quel pensiero. Non vuole più avvicinarsi a Nenè, lei non è più interessata alla sorella o almeno fa finta di non esserlo. Elena sogna di essere imperatrice, che sciocchezze! Troppe pressioni, troppe regole.
Sissi non lo sopporterebbe, pensa “ come è noiosa la vita di mia sorella con tutte quelle sue scartoffie e modi da seguire!”. Preferisce di gran lunga la sua giovinezza: gioiosa. Come darle torto? Lei era stata fortunata a non avere in sé il seme di una bellezza rara, capace di solito di garantire un trono e una fortuna.
« Ho vinto! » Esclama fermando il cavallo dal manto cioccolato. Il caro Poffi è ormai davanti a lei in tutta la sua bellezza mentre si morde il labbro chiedendosi se suo padre quel giorno verrà. Non lo vedeva da almeno un mese e cominciava a mancarle l’unica presenza adulta che capiva i moti del suo cuore e l’accompagnava in passeggiate in riva al lago.
Riccardo arriva subito dopo, ha il fiatone a forza di starle dietro. Si chiede come faccia ad avere tutta quella forza, dopo un corsa del genere a lui fa male la schiena per le troppe botte. Sissi sembra invece fresca come una rosa, pronta ad altre corse o ad azzuffarsi con i fratelli.
« Non avevi detto che era una gara » Bonficchia come difesa il giovane conte prima che lei risponda con una risata che alle sue orecchie sembra cristallina. In verità non è nulla di speciale, anzi si conclude con quello che potrebbe passare per un grugnito ma per Riccardo ogni cosa che riguardi Sissi è incredibile e perfetto. Se fosse un poeta scriverebbe di lei, se fosse uno scrittore la dipingerebbe come una Venere ma non è nell’uno ne l’altro quindi rimane nell’ombra cantandone le lodi solo nella sua testa.
Lui scende da cavallo, uno dei tanti che Sissi gli presta, e si avvicina alla ragazza. L’aiuta a scendere, azzarda uno sfiorar di mani. Lei arrossisce, colta da una palpitazione nuova sotto al seno leggermente accennato. Quel rossore spinge Riccardo a gonfiare il petto, eccolo il riflesso dell’amore che vede riversato sul padre finalmente dedicato a lui! Uno dei suoi desideri si è finalmente avverato, quasi avesse visto una cometa spezzare l'oscurità della notte precedente.
Lei distoglie lo sguardo, timida per la prima volta e lui non riesce a non stiracchiare le labbra in un sorriso che mostra al mondo la vera felicità. La porta a terra, è così immobile che non sembra quasi lei ma ricorda la sorella maggiore. Impacciata, come è impacciato lui che tiene ora lo sguardo basso per non tradire il suo cuore. È quasi tentato di schiarirsi la voce, di scacciare così il rossore e magari di darsi un pizzicotto per assicurarsi che fosse vero e non uno dei tanti sogni da cui si sveglia con un sospiro affranto. Le offre il braccio, lei si lega ad esso senza smettere di guardare l’erba. Non l’aveva mai vista così ammutolita se non quando il padre raccontava. Per l’ennesima volta Riccardo vuole sapere cosa le passa per la testa e per l’ennesima volta non chiede.
Nulla, la testa di Elisabetta per la prima volta è vuota. Sta solo ascoltando il suo cuore che ha preso il ritmo di un tamburo da guerra. Lo stesso ritmo che governa da mesi quello di Riccardo. Per lui era bastato un non nulla per far scattare l’amore, le era bastato vederla trasformare in ragazza e i suoi occhi aveva convocato Amore.
Forse i giochi sono finiti, forse Sissi deve cominciare a far cadere i suoi modi infantili e dare del lei al suo Riccardo.
 

 


*Nome affettuoso che avevano dato al castello.  



                                                                                                                                                                                     
                                                                                                                         


 


 

  • Note: Eccoci qui, capitolo riscritto e allungato. Rileggendola mi sono accorta che non coinvolgeva abbastanza, spero che adesso piaccia di più visto che ci tengo molto a questa storia. Se ve lo state chiedendo...sì, sono incapace di scrivere le note. Spero la lettura sia piacevole, grazie per tutti quelli che lasceranno anche solo un piccolo pensiero. 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


 


                                                                    



E
lena guarda fuori dalla finestra, il duca Massimiliano era tornato quella mattina e ora è  intento in  una delle sue tipiche lezioni. Dietro di lui ci sono i suoi fratelli, curiosi e intenti a guardare un albero mentre il padre parla.
Parla molto il duca Max, sua madre dice anche troppo. Nenè non lo ascolta spesso, tutto quello che dice le sembra un illusione. Lui e la madre insegnano cose diverse, l’uno a sognare e l’altra a sopravvivere. Nenè da bambina era sempre stata portata da Sissi verso il primo, cercava di renderla partecipe a quei giochi di ruolo ma con il tempo lei si era distaccata per rifugiarsi sotto le gonne della madre che voleva mostrarle davvero il mondo. La curiosità di Elena è solo sul piano reale, non le interessa quello che non le servirà in futuro. Sapere come è fatto un albero? Inutile se non sei un contadino. Eppure… eppure avrebbe voluto ascoltarlo per una volta, perdersi come tutti.
Per lei non esistono lezioni all’aria aperta ma mattine e pomeriggi passati sui libri e a migliore la grafia. Dovrebbe studiare francese ora ma non le piace, si sente un estranea in famiglia e confinata in quel corpo ormai reso un oggetto. A volte vorrebbe essere brutta come quelle fanciulle che vede in città, pensa alle volte che darebbe tutti i suoi averi per un naso storto. Ma poi si siede davanti alla specchiera, si spazzola i capelli per cento volte come ogni sera e intravede la madre con i suoi occhi pieni di speranza. Come poterla deludere e buttare via ogni suo sforzo?
Nenè guarda Sissi che rincorre un cane da pastore mentre il padre ride. I suoi fratelli le si arrampicano addosso di tanto in tanto conferendole quell’aria materna che tanto manca a lei stretta nel suo corpetto. Non indossa mai abiti leggeri, sformati ma solo di una fattura tale che le sue forme risaltino abbastanza da far risultare il seno abbondante e il corpo sinuoso. Non è sicura di voler diventare imperatrice, Nenè, almeno non più. Guarda fuori dalla finestra e vuole tornare la bambina libera e spensierata di prima. Vuole scappare con Sissi, correre a piedi nudi per i campi e buttarsi su un prato fiorito per osservare il cielo unirsi alle alpi bavaresi. Sospira, niente piedi sporchi per lei.
Sua madre entra nella sua stanza, le si avvicina sbirciando quello che lei sta spiando con così tanta insistenza. Commenta sgradevolmente il marito, non è quello che lei aveva sognato da ragazza. Il destino di una donna è lo stesso di un oggetto: essere venduto. E Ludovica era stata ceduta per un prezzo davvero misero, quasi fosse merce scaduta. La conduce al suo tavolo, si siede vicino a lei ed ecco che la lezione di francese riprende. Perché i nobili devono parlare francese? È troppo cantilenante e nasale.
Elena si sforza di sorridere, sebbene molti pensino che lei stia pagando gli insuccessi della madre lei sa bene che quello che Ludovica sta facendo è un dono.
Il caldo dell’estate rende difficili gli studi, il sudore e il corpetto che la soffoca di certo non l’aiutano a concentrarsi. Quando Ludovica è intenta a leggere, lei guarda il soffitto. Vorrebbe vedere il cielo, azzardare a chiederle se possono spostarsi sull’erba ma rimane in silenzio. Nenè non chiede mai, cerca sempre di sopire qualsiasi moto interno perché sa che in un futuro dovrà comunque accettare ogni imposizione del marito.
A Nenè Passenhofen non piace. Le estati sono troppe lunghe e lei si rabbuia. La casa le sembra troppo austera, trasandata, nulla in confronto con quella che l’aspetta a Monaco. Le piace la città, il fatto che non sia mai monotona e che i suoi giorni passano da un salottino all’altro. A Monaco può coltivare anche la sua passione per la musica, è quasi la padrona di casa mentre Passenhofen è il regno di sua sorella. I cittadini qui sono tutti contadinotti rumorosi, quando cammina per strada la squadrano da testa e piedi se non parlano, o meglio urlano, con Sissi.
Corrono, fanno capriole, si sbracciano e Sissi non è da meno. Sembra a suo agio con la gente, come il duca. Loro sono fatti per la campagna, per l’assenza di regole che di certo non possono trovare a Monaco. Lei invece è completamente diversa, senza si sentirebbe persa. È in un continuo stato di voglio ma non posso e non fa nulla per cambiarlo. Elena è una foglia che viene trascinata dalla madre, un vento che da anni ormai l’ha staccata da quel ramo della famiglia giudicata “instabile”.
Nemmeno a Ludovica Passenhofen piace, ma per lo meno non è costretta ad arrossire ad ogni comportamento dei figli. Lì possono fare quello che desiderano: sfogarsi per poi ricaricarsi di tensione in inverno.
Nenè studia molto, troppo e quando non studia deve allenarsi nell’arte della seduzione. Sua madre considera quest’ultima parte integrante della buona educazione di una giovinetta, capace di tenere il marito tra le mani senza sembrare troppo pericolosa. Ludovica usa spesso l’esempio della “Spagnola” per mostrare come una donna può ottenere tutto quello che desidera grazie a un bel corpo.
A Nenè la Spagnola* non piace, non vuole diventare una donna simile. A dirla tutta nemmeno a sua madre piace ma è un esempio lampante di una donna ambiziosa e consapevole di sé. Ludovica vuole che Elena diventi così: consapevole di sé. Almeno quel tanto per cancellare la sua pudicizia che sebbene sia una buona qualità non deve trasbordare.
La Spagnola ha avuto molti amanti, troppi e tutti l’hanno aiutata nella carriera da artista- nonostante non avesse talento- e a scalare le classi sociali fino a trovare come protettore il re di Monaco: Luigi.
Lo stesso Luigi a cui loro sono legate per linea di sangue, lo stesso che condivide con il padre i deliri da poeta mediocre che lo portano a sostenere ogni artista. Quale appoggio migliore per Lola Montez se non chi giocava a fare Guglielmo il Trovatore e la nipote Aliénor d’Aquitania?
Aliénor, quanto vorrebbe essere come lei ma non ne ha il coraggio. Le sembra più vicina alla sorella come figura. È così rigida, Nenè, nei suoi corpetti che ormai ha dimenticato cosa significa sognare e volere. Aliénor di certo non avrebbe mai chiuso le labbra per accontentare quelli che la premevano. Lei non era solo un bel corpo, era una regina. E se Nenè non fosse davvero pronta per esserlo? Sembra perfetta al di fuori con i suoi occhi bassi e i suoi sorrisi falsi eppure non ha mai avuto il coraggio di ribattere un affermazione. Abbassa semplicemente il capo, si raccoglie le mani in grembo e rimane in silenzio.
 
Sissi gioca con il suo solito sorriso, saluta disordinatamente la madre e la sorella dalla finestra. Loro ricambiano con solenni cenni del capo. Nonostante a volte Sissi senta Ludovica lontana, non significa che lo sia davvero. Anzi, la donna le ha risparmiato un’infanzia solitaria e frettolosa, regalandole anni felici da conservare per sempre nei suoi ricordi.
 Scappa dal grosso cane che cerca di azzuffarsi con lei e i fratelli mentre il duca Max li osserva, pronto per catturare quei sorrisi e quei giochi nella carta. Gli piace passare tempo con i suoi figli quando le donne che gli scaldano il letto non provocano nessuna emozione nel suo petto, sono loro l’altra sua fonte di ispirazione. Ne uscirà la solita poesia scadente eppure ogni volta che Max rilegge quelle nate per la famiglia il cuore gli si riempie di orgoglio. Non sono semplici mezzi per lui, vuole bene ad ognuno di loro anche se fatica a dimostrarglielo visto che è il più delle volte distante. Sono tutti così indipendenti e vivaci che per Max è già una vittoria. Esprimono le loro idee, cantano, ballano, cercano di anelare ogni conoscenza o almeno quasi tutti.
Lui li riempie di libri, di racconti, di regali. Un anno aveva portato persino con sé delle negrette per tener loro compagnia e raccontagli le favole del loro paese. Si erano divertiti, più del solito, con quelle nuove e bizzarre compagne di giochi. Ma non Sissi, lei voleva sentire lui. Le si era semplicemente accoccolata in grembo, ignorando le ospiti, per la sua dose di cavalieri e principesse. Quel giorno le aveva letto qualcosa di Shakespeare e lei gli aveva fatto ripetere più e più volte alcune battute di Tatiana. Ne era rimasta rapita, si era trovata un posto speciale nel suo cuore scacciando Ginevra.
Poi, una volta finito, era corsa su per le scale per prendere qualcosa: i suoi racconti.
All’età di dieci anni aveva già una fervida immaginazione e nonostante lo stile fosse infantile e ricco di coordinate gli era piaciuto. Gli era quasi venuto da piangere, Elisabetta era di certo quella che più gli somigliava e il suo amore per la scrittura la rendevano ancor più irresistibile per lui che voleva sempre più frequentemente sapere cosa pensasse.
Così quello era diventato un loro rito: una storia a lui e una storia a lei.
 
                                             


Riccardo cammina spesso intorno alle tenute dei Wittelsbach, spera di incontrare Elisabetta. Sa che lei cammina e cavalca spesso e per di più lo fa sempre sola. A volte alla ragazza piace nascondersi, solo così Ispirazione le parla e la natura si fa in quattro per mostrarle un avvincente storia ambientata nei boschi.
Riccardo sospira, non sa se deve scusarsi per il suo azzardo. Veramente non sa molte cose, troppe e non può competere con l’immagine dell’uomo ideale a cui Sissi aspira. Lei vuole un altro duca Max, lui è solo Riccardo invece. Forse è meglio lasciar cadere la cosa, dice a se stesso mentre cerca di convincersi che quello che era successo non era andato proprio così. In fondo il mondo è fatto di impressioni, lui poteva averne avute alcune errate no? Lasciar cadere… Come può? Anche solo il pensiero della mano di Sissi gli imporpora le guance sbarbate. Per non parlare della strana sensazione al ventre, quello strano gorgoglio insistente!
Forse ora sta subendo la sua punizione per aver toccato gli eletti di Dio. Si stringe nelle spalle, ogni volta che pensava che i Wittelsbach vengono definiti in quel modo sente ancora più forte il divario tra lui e l’amata. Amata, l’ha finalmente ammesso a se stesso. La sua non è una di quelle cottarelle che il padre una volta gli aveva descritto, è amore. Il puro amore che prende possesso dei cuori dei giovani, se Elisabetta potesse leggere questi pensieri commenterebbe con un “come Giulietta e Romeo”. Oh, ma lui non è affatto Romeo. Non è un uomo ricco e di certo non ha nessun amico o alleato fidato. È solo, solo contro una potenza che ha steso così tanti grandi da essere immortalata nella poesia. Alcuni l’hanno descritto con benevolenza e lode mentre altri come un essere crudele che distrugge. Ora Riccardo subisce la faccia più crudele di Amore.
Sospira, di nuovo. Nemmeno gli errori commessi da Luigi, il fatto che avesse dovuto-in parte a causa di una donna- nel 1848 lasciare il trono, aveva cancellato quella credenza: il loro potere veniva comunque da Dio.
Gli viene quasi voglia di bestemmiare, non poteva far nascere Elisabetta in una famiglia come la sua? Il suo amore così sarebbe stato possibile e facile. Però… tutto è a rischio, la restaurazione non sembra funzionare e i cittadini sono sempre più malcontenti. Il 1848 è passato ma si sente ancora nell’aria il suo suono. Suo padre lo dice sempre: "un nuovo quarantotto è alle porte."
E in cuor suo Riccardo lo spera solo per rendere Sissi più simile a lui.
Il giovane ha ormai imparato i nascondigli di Elisabetta: le radure, gli alberi dove ama arrampicarsi, la sponda del lago Starnberg che più preferisce. Ce ne è una porzione più malinconica delle altre dove lei osserva i riflessi del sole sull’acqua tra una parola e l’altra. È la sua fonte di ispirazione quella distesa che in inverno si ghiaccia, ma a lui l’inverno non interessa. Sissi in quella stagione è lontana e ìsembra durare anni. Ama solo l’estate, il cielo non gli sembra ridere se non quando Sissi corre sotto di esso.
La vede, il cuore rimbalza come sempre nel petto. Prende un grosso respiro, sotto allo sterno qualcosa si ferma e lui continua a deglutire. Cerca di cacciarlo senza riuscirci, quella sensazione gli attanaglia il corpo.
Si avvicina, lentamente come un qualsiasi codardo per poi sedersi al suo fianco in silenzio. Elisabetta non sembra accorgersi di lui per qualche minuto, il tempo necessario per fargli sbirciare quello che sta scarabocchiando. Riccardo sorride, si sente un girasole che segue la luce di Sissi. Quando lei è assente gli sembra di appassire ma ora che vede che in parte ricambia le sue sensazioni per lui sarà un eterna estate, o almeno in questo momento lo pensa.
Le parole lo celebrano, lo lodano proprio come i poeti del dolce stil novo hanno descritto le loro donne angelo. Stava scrivendo di lui prima che chiudesse di colpo il suo cuore e lo sistemasse in grembo.
Ora Elisabetta alza di tanto in tanto lo sguardo, sorride appena, insicura come il giorno prima. È tutto così strano, il suo cuore batte ancora forte e Riccardo sente le fitte allo stomaco.
Non sanno che dirsi, lui alza puntualmente una mano per poi riabbassarla di colpo preso dall’indecisione. A Elisabetta sembra che conti ogni volta fino a dieci, come se stesse valutando la cosa. I loro occhi si cercano, sfuggono, si ricercano incapaci di non fare quel gioco.
Rimangono però in silenzio, solo i loro corpi parlano. Riccardo ormai lascia la mano a terra anche se con il mignolo riesce a sfiorare quello di lei. L’uno vicino all’altra con le braccia nude si toccano e l’elettricità sale dalla pelle per spargersi in tutto il corpo.
Guardano il lago, cercano una soluzione nel suo specchio ma non la trovano: il mondo desidera che se la cavino da soli.
Riccardo finalmente si alza, ormai le fitte sono passate e riesce a respirare normalmente senza autoimporsi regolarità. Le porge la mano, le dà del “lei” e le chiede se può riaccompagnarla a casa. Si fa così no? Si maledice per non aver chiesto informazioni in più al padre. Forse ora sarebbe stato più preparato, meno…meno sciocco.
Lei l’afferra, un nuova ondata di calore li fa fremere. Sta succedendo, Elisabetta non ci può credere. L’amore che tanto aveva desiderato era sempre stata sotto ai suoi occhi e ora lo sentiva nascere per la prima volta. Ricambia la sua domanda con parole altrettanto cortesi ma non dura molto. Il carattere selvaggio di lei prende il sopravvento, comincia a correre trascinandolo e continuando a ripetere il suo nome al mondo « Riccardo, Riccardo, Riccardo! ». Non le sembra esserci un nome migliore, lui ride soltanto e a volte la punzecchia con le solite battute. Che risata meravigliosa, e lei non se ne era mai resa conto!
Corrono, danzano, chiacchierano come prima… se non si guardassero così insistentemente e non cercassero di toccarsi probabilmente nessuno si accorgerebbe del cambiamento che i loro cuori hanno subito.
 
 
 
 
 
 
 
 
*Si tratta di Maria Dolores Elisabeth Rosanna che assunse il nome d’arte di Lola Montez. ( 1821-1861)
 




                                                                     

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


 
                                                             
Maria Sofia afferra la piccola pratolina tra due dita, se la rigira nella manina da bambina, osservando solo il piccolo fiore e non le sorelle e i fratelli giocare.
Si sente come quel fiorellino: comune. Maria Sofia non ha ereditato la bellezza di Nenè o l’indole indomabile del padre. Sin da piccola era stata calma e placida come il lago, preferiva osservare il mondo che governarlo. Non ha desideri ambiziosi la piccola Maria Sofia, ne vuole più libertà. Il suo unico desiderio è quello di assomigliare un poco alla sorella maggiore che con il suo animo caritatevole riscaldava qualsiasi cuore incontrasse. Sua madre le racconta spesso che era stata l’unica a non piangere nella culla fatta di merletti e stoffe pregiate. Rimaneva a guardare i pendoli a cavallino sopra alla sua testa con i suoi grandi occhioni di un blu notte.
Lascia cadere la pratolina, è così simile a una margherita eppure non lo è. Un po’ come lei che assomiglia alle sorelle senza essere come loro.
Si sistema la gonna, cancellandone le pieghe createsi da quella posizione. Ha una gamba sotto ai glutei mentre un’altra accostata alla coscia. È così regale, questo è l’aggettivo che spesso le amiche di sua madre le affibbiano per descriverla. Persino più regale di Nenè! Se fosse solo più graziosa e ambiziosa potrebbe rubare il posto alla sorella, peccato che lei non desideri rovinare la vita di Elena. Non è Sissi, non prova nessuna piccola gelosia nei suoi confronti, solo un ammirazione che la porta spesso nella sua stanza per sentirla parlare francese o ripetere quello che ha imparato. A soli nove anni Maria Sofia riesce a mettere in soggezione donne più anziane per la sua educazione e per i modi che nessuno le aveva impartito. La grazia è una dote naturale e sembra aver abbeverato solo la piccola.
Sissi le si avvicina, è così prepotente alle volte quando tenta di trascinarla nel suo mondo.
« Farai la principessa rinchiusa nella torre! » Le ordina quasi, assegnandole un ruolo che richiede solo lo sforzo di osservare, spera. Ma le sue speranze si frantumano non appena Sissi la solleva malamente per trascinarla fino ad un albero. Lei non dice nulla, non ribatte. La guarda solamente con la sua solita aria superiore che tanto rende fiera la madre.
I fratelli la incitano a salire, Sissi anche.
Maria però non vuole, si sporcherebbe il vestito e lei ci tiene ad assomigliare a una margherita e non a una pratolina. Si impegna per essere almeno paragonata a Nenè, non vuole rischiare di avere una “macchia” spirituale per colpa di Sissi. Si imbroncia, più per confermare il suo no che per capriccio. Ma non può dire di no, si lascia quindi “convincere”. Come può ribellarsi se Sissi la prende tra le braccia e la spinge dal sedere? Non può fare altro che arrampicarsi mentre i fratelli sghignazzano. Lei non parla, non è affatto chiassosa e si morde il labbro inferiore per mantenere la pellicola di regalità che Dio le ha regalato. Vorrebbe solo gridare, mostrare quanto è contrariata... ma poi perderebbe senso e diventerebbe una ragazza capricciosa e lunatica come Elisabetta.
Sale del tutto, persino ora la parola “grazia” si sposa perfettamente con lei. Si addossa al tronco e lo stringe con un braccio. Sembra una bambola dagli occhi lucidi, trema ma non intende dimostrare ai fratelli che è una debole e per questo rimane in silenzio.
Li guarda giocare, combattere con un bastone fingendosi cavalieri, principi e draghi. Non li capisce mentre li osserva dall’alto. Scosta lo sguardo, vorrebbe ancora tra le mani il suo piccolo fiore di campo e intrecciarlo con altri per creare una ghirlanda da dare a Nenè.
Per Maria Sofia i fratelli sono dei piccoli delinquenti, paragonabili a qualsiasi rozzo popolano che per strada gioca con il fango, pietre o la paglia. Si divertono poi a vederla impallidire, come in questo istante mentre ormai aderisce completamente all’albero cercando di rimanere immobile per non pensare ai piedi nel vuoto. Vorrebbe chiamare Sissi, dirle di farla scendere immediatamente ma in gioco c’è la sua dignità e nonostante sia ancora una bambina è fin troppo orgogliosa.
Deglutisce, ricaccia per l’ennesima volta le lacrime indietro.
Finalmente i giochi finiscono, Sissi le torna vicino e allarga le braccia
« Buttati, mia regina! » Ridacchia la più grande, trovando come risposta il no secco di Maria che scuote il capo. I capelli castani le si scompigliano ma ora come ora non le importa.
« Dovete buttarvi se volete scendere, sua maestà! » Ed eccoli anche i fratelli, canzonieri come al solito ma che al suo posto piangerebbero come lattanti. È così facile per loro prendersela con lei quando sono in gruppo, preso ad uno ad uno non oserebbero mai affrontare i suoi occhi accusatori.
L’ennesimo no secco, loro ridono e Sissi la guarda con insistenza. Potrebbe benissimo salire anche lei ad aiutarla ma non vuole intaccare la storia: la regina si deve buttare dalla torre e affidarsi al principe. Che sciocche storie! La piccola storce il naso e questa volta le lacrime scappano e le rigano le guance. Non sembra comunque importare agli altri. Loro ridono, ridono e ancora ridono.
Maria stringe il pugnetto libero, sono così infantili.
« Guardate c’è Riccardo » Esordisce uno dei fratelli non appena si volta, si sbraccia così che lo scudiero possa vederlo meglio.
Anche Sissi si volta, sorridendo e gli corre incontro. Corre anche lui, sembra la scena d’amore perfetta e i maschi di casa esprimono il loro disgusto con delle smorfie.
Si fermano l’uno davanti all’altra, si guardano prima che lei gli afferri la mano e lo porti da Maria.
Spiega la situazione, il fatto che lei non voglia fare la sua parte.
Riccardo si sistema sotto all'albero, è abbastanza alto da farle fare solo un piccolissimo tuffo prima di essere presa. Lui è sempre stato gentile con lei, forse per questo si fida e si lascia andare per trovare le sue braccia. Viene finalmente messa a terra, le lacrime silenziose non si sono interrotte. Sfrega gli occhi sulla manica dell’abito azzurro pastello e punta gli occhioni  su Riccardo. Non sembra calcolarla come faceva di solito, guarda Sissi e si morde il labbro inferiore. Strano, il sospetto si insinua nel suo cuoricino.
 Dovrebbe dirlo forse a Nenè?
Lei di certo potrebbe dirle se aveva capito bene cosa stava succedendo e risolvere la situazione in caso. Nonostante sia una bambina, sa che l’amore non è per loro. Sa anche che suo marito sarà scelto in base alla politica e che la convenienza è l’unico requisito per esso.
Si congeda, le basta un semplice cenno del capo. Sono così presi da Riccardo che neanche la salutano, meglio. Non vuole di certo essere inseguita o riportata su un albero. Corre verso casa tenendo il vestito con una mano, attenta a non inciampare.
Entra in casa, fa una piccola riverenza quando vede la madre e sale le scale con il fiatone. Si ferma davanti alla camera di Elena solo per darsi una sistemata. Si tira il vestito per renderlo ancora liscio e perfetto, si sistema qualche ciocca di capelli e si pizzica le guance.
Apre la porta, fa un’altra riverenza sorridendo appena. In fondo la sua Nenè sarebbe diventata Imperatrice. La sorella le si avvicina, si abbassa per guardarla meglio e le accarezza dolcemente una guancia. Lei sì che è dolce, non come Sissi che spesso le strappa le lacrime.
Maria Sofia dischiude le labbra, comincia a raccontare mentre Nenè le accarezza i capelli con le dita affusolate. Da grande vuole diventare come lei: bella, regale e assolutamente perfetta


                                                           

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


  •  Note: Ho cancellato il quarto capitolo visto che l'ho allungato e corretto. Sono stati anche sistemati i capitoli I, II e III. Spero che la storia vi piaccia e di non annoiarvi, se notate qualcosa di errato vi prego di dirmelo. Grazie per tutti quelli che hanno aggiunto la storia in "preferite", "seguite" e " da ricordare" e un grazie a chi ha recensito e recensirà. Fa sempre piacere sapere di non scrivere cose orripilanti.  Vi auguro una piacevole-spero- lettura.
 

                                                                                                                                   


Nenè saluta la sorella, la fa uscire e si assicura di essere sola prima di lasciar trapelare qualche emozione. Il sorriso di convenienza, quello che le hanno insegnato a mostrare nelle cerimonie o quando proprio non riusciva a trattenere una smorfia, si spegne. La sua bocca non riusciva più a sopportarne il peso, le fanno male le guance per lo sforzo.
Con le mani in grembo si avvicina alla finestra, guarda fuori cercando con lo sguardo i fratelli e la sorella in particolare.
Perché Sissi deve essere sempre così insofferente? Perché non capisce che le sue azioni non feriscono solo lei ma tutte? In che guaio sta cercando di cacciarsi?
L’amore. Non c’è nulla di peggiore. Nessun guaio è paragonabile ad esso e Sissi, sciocca e sognatrice come è, ne è una facile vittima. Le basterà solo una parola dell’amato e lei si concederà, rovinandosi per sempre.
Crede davvero che l’amore per loro esiste? Sciocca, sciocca piccola Sissi. Nenè sa bene cosa ora sta provando, può sentirne il riflesso nel suo di cuore. Può prevedere ogni loro mossa, il momento in cui le loro labbra in cerca di peccato si sfioreranno. Conosce persino il ritmo del suo cuore, i pensieri che sembrano farla camminare a un metro da terra.
Nenè sa, rivive anche lei le ore passate a immaginare, i sospiri, gli sguardi che sfuggono per poi rincatenarsi e i sussurri nei fienili.
Persino lei era ceduta una volta, aveva pensato che quella fosse la felicità tanto che era decisa a lasciarsi tutto alle spalle: la sua educazioni, le aspirazione della madre, gli accordi con zia Sofia.
Ma l’amore è illusione, solo questo. O almeno per loro lo è, non possono tradire il loro rango con dei futili sentimenti di contorno. Si impara ad amare in seguito o si finisce per essere intrappolate in un limbo di insoddisfazione.
Le viene quasi da ridere, l’amore! Non è niente di speciale, non è quello che raccontano nei libri.
La ragazza all’Elizabeth Bennet non esiste, a nessuna è permesso di scegliere chi sposare.
Le donne sono merce, i loro padri i commercianti che stabiliscono il prezzo. L’unica cosa che devono fare è imparare ad amare l’uomo che gli viene imposto o almeno fingere di amarlo.
Devono tenere lo sguardo basso per non incrociare gli occhi dei loro promessi, capirebbero l’odio che la donna prova dietro a quei fuochi circondati da ciglia. Quella che dovrebbe essere modestia non è altro che una forma di protezione: è cercare di essere amabili e di sfuggire dalla prigione di carne il tempo necessario per far sì di non sentire i loro respiri vicino alla pelle.
Scuote il capo, la preoccupazione l’ha ormai abbracciata e sospira sul suo collo come un amante.
Una mano cerca l’altra, la fagocita per poi risputarla così come fa l’amore.
Esso stringe, ti mangia il cuore, ti brucia e poi si spegne lasciando solo polvere informe. È questa la fine dell’amore: il silenzio. Si ammutolisce per vecchiaia, per volere paterno o perché qualcuno più bello lo ruba. Non importa il contenuto, la modalità, la storia…l’amore è sempre finito. Non è paragonabile al cielo, non vive in eterno, i poeti si sbagliano.
“ Oh Sissi” sospira. Vorrebbe stringerla al petto, rivelarle quello che sa ma quella ragazza testarda deve impararlo a sue spese. Solo così potrà imparare che il cuore porta solo a sventure e dolore. Forse…forse smetterà anche di sognare e accetterà il suo ruolo nel mondo.
 
Ludovica si abbandona sulla poltrona, chiude gli occhi sperando che la testa smetta di pulsare.
 I suoi poveri nervi. Ogni volta che il marito si ferma nella loro casa la sua testa si ribella e non solo quella. Il suo cuore tuona ogni volta che lo vede, non per amore ma per rabbia. Grida all’ingiustizia, desidera vederlo sparire per sempre.
Ludovica non sopporta quell’uomo, come potrebbe? Ha portato l’infelicità nella sua vita e stampato sulla sua fronte la parola “tradita”. Troppe donne hanno il suo seme in grembo e troppi bastardi sono nati con i suoi occhi. Troppi perché Ludovica possa anche solo perdonarlo. Lui le ha rubato tutto, persino il carattere gioioso che la caratterizzava. Ora è solo una donna insoddisfatta, sformata dai parti e dalla fatica di allevare i numerosi figli.
Lei si guarda spesso intorno, le servette ridono e come può fare a meno di chiedersi “ anche a loro lui ha sussurrato parole dolci dentro il talamo?”.
Sospira, se solo non fosse nata donna. Sarebbe stata diversa la sua vita, sarebbe lei quella a divertirsi con i poeti ora. Avrebbe potuto avere il mondo ai suoi piedi , scegliere chi amare e chi sposare. Invece eccola, intrappolata in quella gabbia da uccellino.
Grande, certo, ma pur sempre una gabbia che le impedisce di spiccare il volo.
 
 
 
« Sissi »
 
Nenè la chiama, stranamente vestita come la sorella e pronta per lasciar cadere un attimo la donna che si è abituata ad interpretare. Un piccolo sforzo per insegnare alla sorella la differenza tra amore e cotta.
Fa un piccolo inchino verso Riccardo. Lui, quel piccolo maleducato, risponde solo con un cenno del capo appena accennato. Nenè sorride, cerca di non fare una smorfia e di non roteare gli occhi. Sì, sono perfetti. Due piccoli maleducati e rozz-no, non dovrebbe concedersi commenti così crudeli.
Ora che li osserva capisce che la sorellina aveva intuito più di quanto avrebbe dovuto , è così acuta la piccola Maria Sofia. A Nenè fa quasi paura il modo in cui guarda il mondo, la invidia anche un po’: niente sembra toccarla.
E come se fosse stata chiamata dai pensieri di Elena, Maria li raggiunge infilando una manina nella sua pronta per quel raro pomeriggio in compagnia. Se solo sapessero perché si è spinta a tanto, sfuggendo per la prima volta dopo anni dai suoi studi.
 
« Facciamo una passeggiata in riva al lago? »
 
Propone, decisa a staccarli per dimostrarle che il suo amore è fatto solo di occhi. Perché è solo questo l’amore dei ragazzi: solo corpo. Sissi dovrebbe domandarsi perché i ragazzi e le ragazze che non possiedono corpi abbastanza graziosi non vivono l’amore, forse capirebbe quanto ridicolo sia quel sentimento fin troppo sopravvalutato.
Nenè vuole sospirare di nuovo ma si trattiene, aspetta solo la risposta.
Riccardo guarda Sissi, lei ricambia lo sguardo scambiandosi discorsi sottointesi comprensibili solo a loro. Vogliono mangiarsi da un momento all’altro o almeno così le sembra.
Si trattiene dal picchiettare il piede a terra, sembrano ignorarla e proprio quando sta per riporre di nuovo la domanda uno dei fratelli interviene. Come è sgarbato… davvero sono così? C’è da notare che i contadinotti stanno facendo davvero un buon lavoro, di certo non sembra un nobile così sporco di fango e da come parla.
Sorride di nuovo, scopre a malapena i denti.
No, non vuole sorridere ora ma solo gridare. Scacciare Riccardo magari, dirgli di non presentarsi più e risolvere così la questione. Sente in sé la rabbia crescere, una rabbia ingiusta ma che grida “Come osa sedurla? È solo una bam-“ si ferma, deglutisce mentre abbassa le palpebre.
Non è nella posizione di criticare, aveva la sua stessa età quando si era lasciata andare per la prima e ultima volta ai bisogni del cuore.
Stringe forte la mano di Maria Sofia, cerca conforto per il suo cuore ancora strappato. Era bastato così poco per farlo scappare e da quanto ne sa lei adesso potrebbe essere già maritato con una nidiata di piccoli sé in giro per casa. Lei stessa l’aveva aiutato a strapparle il cuore, lei aveva sussurrato alla madre a mo’ di confessione i baci e l’amore. Era passata solo una notte e lui era già lontano.
Sissi fa strada, come al solito. Ci tiene sempre a mostrare luoghi nuovi, ad ammaliare grazie alla sua conoscenza dei territori vicino alla loro casa.
Forse è troppo chiassosa, impertinente e per niente educata, riuscirà a sposarsi? Questo è quello che tormenta Nenè, le sorti di colei che l’aveva sempre spalleggiata.
Gli occhi di Elena si fanno sempre più affettuosi, pietosi mentre lei si allontana affiancata da quel ragazzo. Ma non solo questo la tormenta. Deve forse avvertire la madre e distruggere subito il suo sogno o lasciarla ancora intorpidita nell’infanzia per un po’?
Stringe per qualche secondo una mano a pugno, perché tocca a lei decidere questo? Non vuole questo potere, è troppo. Un conto è governare sui più e non conoscerne i visi e un altro è manipolare il destino di una persona cara.
Perché Maria Sofia è stata così…brillante? Perché il seme del sospetto doveva nascere proprio in quel piccolo corpicino fatto di severe regole autoimposte e regalità?
Maria vede solo il bianco o il nero, Sissi solo a colori,  Nenè invece è costretta al grigio. E proprio nel grigio sta il dovere, l’incertezza e quelle sfumature che convogliano tutte in preoccupazione.
 
 
Sissi corre veloce, sempre più veloce per seminare la sorella. Non la vuole, con lei vicina non può allontanarsi con Riccardo e giocare con le sue mani. È una tortura, prova odio nei suoi confronti, perché proprio ora torna nella sua vita? Perché cerca di distruggere la sua felicità? Non le basta quello che la madre ha deciso per lei? Ora vuole anche Riccardo?
Lui rimane indifferente, ammira di tanto in tanto la bellissima Nenè per poi tornare a Sissi. È innegabile che i suoi istinti cerchino anche la più grande ma il suo cuore, dolente ogni volta che non si toccano, è dedito a Sissi. Solo a lei, pompa poesie e canzoni che vorrebbe sussurrarle la mattina prima di colazione. Eppure… eppure Riccardo non riesce a non ammettere a sé stesso che il suo amore è ancora precario. È solo sguardi e carezze, nulla di più. Ma lui lo desidera, quel più. Lo agogna, lo sogna la notte e lo immagina ogni volta che altri uomini lo citano.
La folle corsa di Sissi deve fermarsi una volta davanti al lago.Nenè aveva scelto bene il luogo: Sissi non può sfuggirle. Tutti quegli anni passati a scappare insieme erano serviti a qualcosa, conosce le sue modalità e  i suoi schemi.
Comincia a parlare del più e del meno, interpella Elisabetta ma lei risponde svogliata. Le sta mettendo il broncio, forse tra poco scoppierà in un grido isterico che porterà Nenè a vergognarsi. Lo fa spesso: urlare. Soprattutto quando non ottiene quello che vuole, quando deve rassegnarsi a una piccola “sconfitta”. È una ragazza infantile e di certo il padre non fa altro che spingerla a rimanere così.
Elena si avvicina a Riccardo, si fa offrire il braccio e gli sorride. Lascia che lui ricambi, che le parli come qualsiasi uomo: gonfiando il petto e tessendo le proprie lodi. Lui non può farne a meno, come tutti davanti a una bella ragazza cerca di mostrarsi. Sa che Elena è ancora più irraggiungibile ma l’istinto supera il buon senso e per qualche secondo si dimentica di Sissi.
Lei però li osserva, qualcosa nel suo cuore fermenta e prolifera in ogni suo capillare.
Stringe le mani a pugni, li guarda con occhi furiosi. Si trafigge le labbra con i denti mentre le lacrime le pungono le guance. Per la prima volta scopre la vera gelosia, quella che divora e porta le persone a fare cose folli.  Pesta un piede prima di correre verso il bosco.
Nenè impedisce a Riccardo di seguirla, le basta un cenno del capo. Guarda la sorella alle prese con la prima ferita da parte di amore, “spero che tu capisca la lezione, l’amore è così crudele sorella mia.”
Riccardo sposta i suoi occhi da Elena all’erba. Sa che dovrebbe seguirla ma non può, il loro amore deve rimanere segreto e spera che la reazione di Sissi passi come il solito scatto di isteria. La colpa gli grava sulla schiena, sa che non doveva fare l’uomo di carne, se solo fosse più bravo in queste cose! Rialza lo sguardo, Maria Sofia lo sta fissando. Le Wittlesbach riescono sempre ad avere quel espressione indecifrabile che ormai Riccardo ha imparato a odiare. Non possono come tutte mostrare ogni loro sentimento? No, loro hanno quegli occhi simili a pozzi che cercano di fagocitarti l’anima!
Riccardo decide di congedarsi, si scusa e finge di essersi ricordato di una mansione da sbrigare. Si slega da Nenè e comincia a correre, un unico pensiero nella testa “Sissi, sto arrivando.”
 
 


                                                             
 

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