Croix des Croix di Sanae Nakazawa (/viewuser.php?uid=1151)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** Capitolo Tre ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quattro ***
Capitolo 5: *** Capitolo Cinque ***
Capitolo 6: *** Capitolo Sei ***
Capitolo 7: *** Capitolo Sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo Otto ***
Capitolo 1 *** Capitolo Uno ***
Capitolo Due
Il locale, come prevedibile, era
molto affollato durante l'ora di punta. Fiotti di uomini imbacuccati nelle loro
lunghe vesti, donne cariche di pacchi, bauli e pargoli, studenti di Hogwarts che
godevano i pochi giorni di vacana rimasti.
Lo scenario non differiva tanto da quando ci andavo io a Hogwarts, pensai dall'alto della
mia bibita analcolica.
Mi tornò alla mente, come se fosse ieri, la sensazione di pace e benessere provata nello
stare seduto al Leaky Cauldron, Harry da un lato, Hermione da un'altro, e
montagne di libri tra le gambe. Il pensiero di tornare a scuola di lì a pochi
giorni.
La voglia di incontrare persone che dopo giugno non si sapeva che fine
facessero.
Mi meravigliai e presi a guardarmi intorno spazientito. Che lei
facesse tardi era proprio un eufemismo. Se non fossi stato così assonnato e
irritato dal chiacchiericcio della folla che affollava il pub, sarei scoppiato a
ridere,
perchè lei non faceva mai attendere le persone con cui aveva appuntamento.
Probabilmente, però, faceva attendere i vecchi amici.
I miei occhi si incontrarono con quelli di una studentessa molto carina, dal tavolo di
fronte. Il
suo vicino le diede un gomitata infastidito.
Tutto si ripeteva.
Tutto, a sedici, diciassette anni, era totalmente monotono.
Routine.
Termine usato a vanvera, eppure così vicino alla vita di chiunque. Tutti
seguiamo una routine. Chi più, chi meno.
Tutti mangiamo, dormiamo e ci svegliamo. Magari non allo stesso tempo, ma lo
facciamo. Quindi è un'abitudine, una routine.
Hermione non si faceva viva, così ordinai un'altra bibita, spruzzata di gin,
stavolta.
Mentre col dito accarezzavo l'orlo del bicchiere mi tornarono alla mente le sue parole, poche ore prima.
Aveva usato la Metropolvere e la sua testa era apparsa in casa tutto ad un tratto, mentre
espletavo il fastidioso
compito di radermi il viso.
"Oh Ron! Ho bisogno del tuo aiuto!"
Per un attimo mi ero sentito compiaciuto della cosa. Molto compiaciuto.
Poi ci avevo pensato su, presentarsi (anche se non proprio fisicamente) in casa
mia a quell'ora assurda del mattino, dopo più di un mese di assenza, non
salutare, non informarsi sul mio stato di salute. Chiedere aiuto e basta.
Egoismo bello e buono, convenni, sempre miscelando i miei pensieri
all'irritazione di quel ritardo non previsto. Ma Hermione poteva essere egoista
quanto voleva. Con me l'aveva sempre avuta vinta, e sempre così sarebbe stato.
Sei anni dal diploma ad Hogwarts e non era cambiato nulla.
Notai una figuretta conosciuta farsi largo tra la folla del locale ed avvicinarsi
al mio tavolo. Scostai leggermente il bicchiere dalla mano, al quale avevo
dato un sorso scarso, e la guardai cercando un motivo per sorriderle. Ma non fu
facile trovarlo.
Lei, invece, era un turbinio di sorrisi. Si avvicinò, sorrideva, si sedette,
sorrideva.
Indossava un twin set color corallo, piuttosto brutto. Ma era chiaro che aveva
avuto poca cura del suo aspetto, dal momento che ad attenderla c'era solo il suo
vecchio amico che la avrebbe aspettata pazientemente e non avrebbe notato quanto
poco si era curata per lui.
Sorrise, di nuovo, e ordinò un caffè. Non avevo mai visto Hermione bere caffè,
un'altro dei cambiamenti parigini?
"Ci sono stati dei problemi all'ultimo secondo" si giustificò lei,
agguantando dalla sua borsa un'elastico col quale raccogliere la massa incolta
di peluria che le copriva la testa. Altra mancanza di cura, notai, senza
più stupirmene.
"E' da molto che aspetti?"
La guardai furibondo "Più di mezz'ora. Stavo per andar via"
Hermione si morse le labbra, suo tipico atteggiamento quando si trovava in
difficoltà, ma bastò la sua espressione frustrata a far calmare quell'ira di
poco fa.
"Fa nulla..." bofonchiai dopo poco "...noitutti sappiamo quanto
sei in fissa col lavoro. Come mai sei tornata?" chiesi portando il
bicchiere alle labbra. Nel frattanto il caffè di lei era stato egregiamente
servito in una tazza variopinta, che mi ricordò il nostro ultimo anno ad
Hogwarts.
Erano stati nello stesso posto, lo stesso periodo e ad Hermione aveva servito il
thè nella stessa tazza.
Cos'era cambiato da allora?
Alcune cose, che per altri sarebbero stati più che altri *particolati
irrilevanti*. Il gin nel mio bicchiere e i miei capelli, ormai raggiunto il
traguardo delle spalle. E anche la mia irritabilità, pari a zero rispetto
all'adolescenza. Hermione non aveva la divisa, neanche la gonna a dirla tutta.
Era in ritardo e beveva caffè. Curioso come la vita cambi le persone in così
poco tempo.
"Il mio capo vuole una persona di fiducia a Londra per le prossime due
settimane. Dovrò sbrigare alcuni affari, tutta roba noiosissima. Qualcuno
dovrà pur farla, no?" sorrise lei, sorseggiando dalla tazza in maniera,
certamente non voluta, sensuale "...ma in tutto sarò impegnata un paio di
giorni".
Cercai di sorridere, di nuovo senza successo,
così bevvi anche io dal mio bicchiere, col risultato che scolai tutto senza
neanche volerlo.
Dovrò sicuramente dare qualche delucidazione sull'occupazione di Hermione, che,
da circa un anno, viveva all'estero, nella periferia di Parigi.
Subito dopo usciti da Hogwarts tutti i più grandi enti del nostro mondo
avrebbero pagato carte false per averla con se.
Era uscita da scuola con voti eccellenti, la McGranitt il giorno del diploma
quasi piangeva.
Poi era la fida compagna di Harry Potter, assieme allo sfigato dai capelli
rossi. Quella che era stata presa dai cattivi in ostaggio. Quella che aveva
destato la preoccupazione di milioni di maghi e tenuto gli stessi col fiato
sospeso per settimane.
Alla fine aveva deciso per una modesta casa editrice londinese che aveva
contatti anche col mondo babbano. Molte opere babbane, di importanza maggiore,
erano state stampate da essa in edizione extralusso, e viceversa per alcuni
racconti che dai babbani venivano visti come una specie di mondo immaginario o
favole.
Insomma, tutto pur di vendere.
Comunque il lavoro di Hermione coinsiste nella mediazione con gli scrittori, coi
fornitori, coi negozi. Lei è quella che incanta gli apparecchi per la
produzione, che spedisce gufi di sollecito all'autore troppo lento, che risponde
alle lettere di lamentela.
La chiamano manager redazionale, ma è solo una tuttofare sulla quale tutti
fanno affidamento. Brava, brillante e comprensiva.
Persino il direttore ne sa meno di lei, ma nessuno osa farlo presente. Da
qualche mese avevano una grave falla con la loro filiale francese. Una falla
grossa al punto di richiedere l'intervento di qualcuno che le palle, perdonate
la volgarità, le avesse per davvero.
Così Hermione era partita, da un giorno all'altro, lasciando in sospeso tante
cose.
"Tornerò prestissimo!" aveva esclamato mentre la aiutavo a
districarsi tra i bauli. Ma era tutto falso, e avrei dovuto intuirlo.
Qualche gufo di rado. Una chiacchierata con la Metropolvere, o meglio con la sua
testa (trasportarsi per intero era troppo costoso) e l'amarezza che forse non
sei così importante come credevi.
"A cosa pensi?" fece dopo poco. Cercai nuovamente di sorriderle, e
stavolta ci riuscii di cuore. L'alcool cominciava ad entrare in circolo.
"Nulla 'Mione. Parlami meglio del tipo di aiuto che ti serve. Hai bisogno
di ospitalità, ho capito bene?"
Lei annuì posando la tazza dei miei ricordi sul tavolo "Se per te non è
un problema, naturalmente. Ti darei fastidio solo dieci giorni, massimo
quindici" sorrise mordendosi nuovamente le labbra.
Ordinai del caffè anche per me. "Casa mia è casa tua..." dissi
platealmente osservandole la scollatura della maglia "...non credo sia il
caso di dar pena ad Harry, anche se la sua mogliettina ne sarebbe deliziata. Non
fa che chiedersi quando tornerai in pianta stabile in Inghilterra"
Lei sorride imbarazzata, si appoggia una mano sulle clavicole, distoglie lo
sguardo. Reazione prevedibile.
"Ginny mi ha invitata personalmente a stare da loro ma..." fu
interrotta dall'arrivo del mio caffè. La pregai di andare avanti con un gesto
della mano.
"...si sono sposati da due mesi! Con quale coraggio mi piazzerei da loro?
Senza contare che con te sono più a mio agio e che ultimamente abbiamo passato
poco tempo insieme ultimamente"
Qualcosa che non andava. In quella frase c'era qualcosa che non mi suonava
giusto. Non mi diedi pena di scoprire cosa, e mi scolai anche il caffè con la
stessa mole della bevanda di poco prima.
"Non c'è problema. Io sono in ferie fino al mese prossimo" lei
sorrise, ennesimo sorriso da mettere nella lista, io sorrisi.
Non mi stupiva che Hermione mi piacesse ancora, nonostante fossero passati più
di dieci anni. Era semplice e diretta. Odiava le ingiustizie e faceva passare
ogni suo cattivo gesto per una premura.
Quando avevo diciotto anni mi piaceva pensare che un giorno l'avrei sposata. E
che magari ci avessi sfornato una mezza dozzina di pargoli, realizzando il sogno
di mia madre. Che avremmo avuto una casetta sul lago e che avremmo fatto l'amore
ogni sera.
Confessavo spesso ad Harry queste fantasie "Sei tutto matto" mi diceva
ridendo. Ma io facevo sul serio.
Ma, aimhè la mente umana è qualcosa di poco comandabile. Proprio quando ero
deciso a parlarle dei miei sentimenti, cambiavo idea. Dopo dieci minuti mi
pentivo. Poi di nuovo sicuro che la cosa giusta fosse tacere e reprimere.
Intanto la casetta sul lago andava sgretolandosi.
Ormai avevo quasi rinunciato all'idea. Lei così lontana, io così pigro e privo
di iniziativa. Ero piuttosto peggiorato rispetto a quando ero ragazzo.
Le uniche capacità che avevo sviluppato da allora erano il cinismo e la
pigrizia. Più che capacità chiamiamoli difetti.
E così non avevo una casetta, nè un lago. Ma un appartamento piccolo e scomodo
nel pieno centro di Diagon Alley, appena sopra il negozio di Fred e George.
Erano stati loro a raccomandarmi il proprietario, un tempo ci avevano vissuto,
quando erano un duo di squattrinati imprenditori.
Avevo arredato tutto divertendomi da morire e, per un periodo, ci avevo vissuto
con Harry. Ora invece toccava a lei, la fantasia della mia adolescenza e della
mia giovinezza. Probabilmente della mia vita.
"Casa mia fa schifo" confessai "bisognerà darci una bella
pulita, non lo faccio da secoli". Lei sembrava non aspettare altro.
"Perfetto! Se per te non è un problema posso ritirare il baule e mi
trasferisco di già. Così posso subito iniziare la disincrostazione!"
esclamò come se parlasse di una gita in campagna.
Io mi sentii molto felice. Insomma un pò di tempo insieme a lei, la casa messa
in ordine dalle sue manine bianche ed immacolate, ed un pò di compagnia per le
mie cene solitarie.
Davvero niente male, pensai.
Pagai il conto, ignorando le sue proteste riguardo l'opzione di fare a metà,
ritirammo il bagaglio, più piccolo di quanto immaginassi.
Quando spalancai la porta del mio appartamento mi venne naturale osservare la
sua reazione. Non era la prima volta che vi entrava ma era sicuramente la prima
volta che varcava quella soglia per poi uscirne dopo così tanto tempo.
Lei sembrò tranquilla, ma un brillio innaturale le attraversò gli occhi. Avrei
voluto abbracciarla e sussurrarle quanto ero felice.
"Domattina andiamo a fare un pò di compere" dissi mentre sistemavo il
suo baule nella stanza degli ospiti, nella quale aveva risieduto Harry.
"Magari ci svegliamo presto" aggiunse lei, estraendo dall'armadio
qualche lenzuolo pulito. Quella stanza era la più austera di tutta la casa.
Oltre al grande letto e ad un'armadio, gli unici ornamenti erano le macchie di
umido alla parete.
"Ti va di mangiare fuori, stasera?" proposi senza aspettarmi nessuna
risposta particolare. Lei sorrise ed annuì. "Bene" sorrisi di rimando
uscendo dalla stanza "allora sistemati con calma e, appena sei pronta, ci
organizziamo in qualche modo"
Andai in cucina e preparai del thè. Sentii la vaga nostalgia della figura di
spalle di mia madre mentre lo faceva per me.
Mentre lo fece per me quel giorno d'estate.
Il fazzoletto rosa di Ginny inondato di lacrime, gli occhi rossi e brucianti.
Scossi la testa cercando di rimuovere quegli assurdi ricordi e mi concentrai
sulla prospettiva di quella nuova, inaspettata occasione.
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CONTINUA
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I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
Sanae
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Capitolo 2 *** Capitolo Due ***
Capitolo Due
Quando frequentavo il corso
di Auror avevo una ragazza, piuttosto carina anche. Si chiamava Carrie, ma io la
chiamavo raramente per nome.
Quell'addestramento è
terribile come tutti dicono.
Per due anni non ho fatto altro che desiderare di andarmene, ma desistevo
per il solo pensiero che alla fine avrei combinato qualcosa di buono.
Lei era una mia collega e, come dicevo, era abbastanza graziosa da suscitare nei
miei amici l'invidia giusta. In realtà non l'amavo, nè tantomeno mi piaceva
particolarmente.
Una sera, dopo cena, avevamo fatto una passeggiata, lei era sconvolta da una
ramanzina ricevuta. Io, per consolarla, la baciai.
Il giorno dopo, per ringraziarmi, mi baciò. E via dicendo.
Non era lei che volevo, e forse lei stessa lo percepiva. Solo che soffriva in
silenzio, senza controbbattere
Però sapeva tirarmi su di morale come nessun'altra. Mi guardava sbattendo gli
occhi color castagna (potrei dire nocciola, ma è così patetico. E poi la
nocciola è più chiara), sorrideva per un attimo e mi diceva "Chiudi gli
occhi e sarai felice!"
Mi piacevano queste parole dette dalla sua voce. Quando ero particolarmente
incazzato, quando ero giù, mentre mangiavamo, mentre passeggiavamo, mentre
eravamo a letto, se solo avevo un attimo di titubanza in quello che facevo lei
se ne usciva così.
E irrimediabilmente scoppiavamo a ridere.
Pensavo che Hermione avrebbe anche potuto dirmi "Idiota smettila di essere
triste" e sarei stato dieci volte più felice. Ma lei non c'era, o
perlomeno non al momento.
All'addestramento per Auror era vietato avere una ragazza. Più che altro erano
vietati i rapporti interpersonali tra i cadetti.
Le regole erano ferree, Tonks ci aveva tanto raccomandati prima di partire.
Ma io e Carrie eravamo clandestini. Ci ritrovavamo nelle ore più assurde nei
posti più assurdi e, in genere, quando tutti avevano altro da fare.
Scappavamo dalle regole e dai controlli. Potevo anche pensare che fosse
divertente. Eccitante.
Anche se tutti possono pensare il contrario non fui io a lasciarla ma lei a scappare. Non ha mai fatto l'esame finale, nè
è mai diventata un Auror.
In tutto il corso, che contava 63 persone, rimanemmo
in 5.
Non ero triste della sua fuga, semplicemente sorpreso.
Tanto io avrei sposato Hermione, pensavo, avrei dovuto comprare quella casa con
lei. Tanto valeva aspettare un'altro pò e finalmente coronare quel sogno.
Eppure gli anni passavano e, da quel giorno d'estate, di stagioni ne erano
passate molte. Solo di estati ne avevo viste sei.
Osservai Hermione, appena davanti a me, rovistare tra le vetrine di una
pasticceria. Passeggiavamo senza meta per Diagon Alley, l'ora di cena ancora
lontana.
"Che ne dici se faccio un dolce?" mi chiese con un briciolo di
speranza in un mio assenso. Come potevo dirle di no?
"Naturalmente" risposi sorridendo. Mi sentivo naturale, di qualche
anno più giovane rispetto a prima di vederla. Mi sembrava di essere tornato a
scuola o meglio di essere in vacanza da scuola.
Decidemmo di mangiare a casa il suo dolce ed abbandonammo l'idea di cenare
fuori.
Tornammo a casa dopo aver acquistato tutto il necessario e ci fiondammo ai
fornelli. O meglio lei si fiondò, io mi limitai a seguirla curioso.
La cosa strana era che, nonostante l'idea di stare solo con Hermione mi
imbarazzasse, i nostri discorsi, i nostri movimenti, erano talmente naturali da
farmi dimenticare tutto di botto.
Adoravo la sua figura muoversi tra il caos della mia cucina.
"Sai? Quando sto da sola in casa faccio sempre qualche dolce. Ho sempre
usato la magia, ma ho scoperto che farlo *alla babbana* rilassa
particolarmente".
Annuii senza capire come lo sporcarsi da testa a piedi e il rimestare impasto e
crema fino a farsi dolere il braccio potesse essere rilassante.
"Mi sentivo molto sola" disse mentre, con fare sbrigativo, sistemava
il preparato nella forma "avevo bisogno di occupare il tempo in qualche
modo, e così facevo i dolci. Buffo no?"
La guardai con amarezza. Anche io mi sentivo molto solo. Sarebbe stato bello se
a farmi compagnia ci fosse stata lei.
E ora scopro che per lei era lo stesso, il sentirsi sola intendo.
Notai il suo sguardo rabbuiarsi man mano che il contenitore si riempiva e decisi
di fare qualcosa di totalmente irrazionale. Come tutto quello che faccio,
d'altronde.
Mi avvicinai a lei, da dietro, e le chiusi con forza gli occhi.
"Chiudi gli occhi e sarai felice!" esclamai in tono che voleva essere
convincente. Ma forse ero stato solo ridicolo.
Fattosta che, come succedeva con Carrie, scoppiammo a ridere entrambi, come due
scemi.
Questo servì ad accorciare le distanze, infatti quando riaprì gli occhi mi
guardò con affetto e ne fui felicissimo.
Perlomeno l'incantesimo aveva sortito l'effetto su di me, già era qualcosa.
Grazie Carrie.
Dopo aver passato più di un'ora a trafficare in cucina, sporchi e sudati,
eravamo soddisfatti come non mai. Cominciai ad apprendere piano piano come la
preparazione di un dolce alla babbana, rilassasse. Mi ripromisi di ripetere
l'esperimento quando mi sentivo solo e triste.
Quando lei era a pochi chilometri dalla capitale francese a bere caffè.
Ci sedemmo sul divano, nel salottino posto all'ingresso, e mangiammo il dolce
chiacchierando dei vecchi tempi.
"Harry e Ginny sono dei corrispondenti molto assidui" mi raccontò
mentre addentava una meringa "non ho tempo di rispondere ad uno che l'altro
mi scrive. Ed è divertente constatare quanto i fatti che mi raccontano
combacino. Se uno dei due dimentica di dirmi una cosa, ci pensa l'altro"
"Ricordi quando ricevevi gufi anonimi da quella tizia che pensava fossi la
ragazza di Harry?"
Scoppiammo a ridere di nuovo, stavolta senza bisogno di chiudere gli occhi.
"Era una fissata! Non dimenticherò mai l'angoscia della consegna della
posta! Ogni mattina era lì, sigillata e col mittente scritto a caratteri
cubitali. Sempre la stessa lettera! Mamma che spavento!"
In effetti all'inizio ci spaventammo un pò. La tipa in questione minacciava
Hermione di morte almeno una volta al giorno, sempre con le stesse parole.
Non tentammo nemmeno di scoprire chi fosse, ma dopo un pò cominciammo a riderci
sopra e a scommettere sulle possibili mittenti.
"Natalie McDonald!"
"Ma no! E' di certo Millicent Bulstrode!"
"E da quando gli armadi si innamorano dei piccoli sfregiati?"
Risa generali. Passava la tensione, passava la paura.
Sarebbe stato bello ridere ogni qual volta le cose si mettevano male. Tutto
tornava al suo posto, gli occhi di Hermione tornavano a brillare e il mio cuore
a battere alla velocità di una Firebolt. Bella scopa, peccato che la Astrad
l'abbia superata di brutto.
Comunque non scoprimmo mai chi mandava quelle lettere, semplicemente non ne
mandò più. Puff. Tutto scompare.
Hermione sbadigliò sonoramente, riponendo il piattino sporco di crema accanto a
lei, sul divano.
"Ho dormito poco e niente stanotte. Il viaggio mi ha scombussolata più del
normale per questo motivo."
"Dolce compagnia? O semplice insonnia?" azzardai sperando che la
risposta giusta fosse la seconda. E fui accontentato.
"Le partenze mi portano sempre grande agitazione. Detesto viaggiare,
dovresti saperlo" nel dirlo strusciò la schiena contro il divano, aveva
delle occhiaie terribili ora che ci facevo caso.
I capelli le ricaddero sulle spalle, come una nuvola marroncina.
Adoravo quei capelli, detestavo chi li giudicava brutti e antiestetici. Le
conferivano importanza al volto.
Hermione si era addormentata come un sasso senza lasciarmi neanche
l'opportunità di chiederle come era andato il viaggio, sonno a parte.
Dormiva serena, con le labbra leggermente schiuse. I suoi capelli per metà
poggiati contro lo schienale, la testa abbandonata su di esso.
Era un'immagine molto bella ma, allo stesso tempo, molto triste.
Mi ricordava un'altra immagine che avevo di lei. Ma allora non era addormentata.
Nè tantomeno i suoi capelli erano poggiati contro un soffice divano. A dirla
tutta non erano neanche puliti, ma sudici e incrostati di sangue stantio.
Avevo deciso di non pensarci più, ma era difficile. La ferita era troppo
fresca.
Sei estati fa, mi dissi. Solo sei estati fa.
Quando i risultati dei M.A.G.O. erano appena arrivati.
Quando io, per la prima volta in vita mia, ebbi la sensazione di morire per il
dolore.
Scossi la testa cercando di pensare ad altro, ma non servì a molto.
Il tavolo della cucina di Grimmauld Place invaso dal sole. L'odore del thè. La
busta sigillata di Hogwarts con l'esito degli esami.
La mano di mia madre che mi accarezzava il capo, come non succedeva da anni e
anni.
Chiudi gli occhi e sarai felice!
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CONTINUA
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I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
T_____T <-- sempre commossa quando deve scrivere le notine a piè di pagina
;_;
Non sapete quanto sono felice che vi sia piaciuta ((a me in tutta sincerità
poco mi convince ._. ma andiamo avanti ._.;;;)). Questa fanfic è nata da un
periodo un pò particolare. Un periodo durante il quale nulla sembra soddisfarmi
e anche la minima difficoltà mi sembra insormontabile.
Saranno le feste, sarà lo stress da lavoro, sarà l'avvicinarsi del mio
compleanno ((è avvilente diventare sempre più vecchia ;_;)) o del nuovo anno.
Scrivere, come sempre, aiuta. E mi sta aiutando ^_^. Sorrido sempre quando
ricevo i vostri commentini, positivi o negativi che siano, perchè penso a
quanto due righe possano riunire tante persone così diverse e così lontane
geograficamente tra loro.
E' la magia delle fanfic!
Ringrazio con tanto affetto Oryenh ((sempre troppo buona T_T a quando qualche
nuova ficchina Ron/Herm *o*?)), daffydebby ((Ahh *o* leggevo sul commento di
Soffio che sei Orgoglio e Pregiudizio dipendente anche tu *_* Che bello trovare
qualcuno che mi capisce T_T, prossimo capitoletto di Trouble entro questa
settimana, promesso ç_ç)), Giugizzu, _Miwako_ ((è sempre un onore il suo
commento signorina XD)), Cho89, Elivi ((il lunedì è straziante eh ;_;? anche
io sono stanca da morire ;_;)), Bebba, Mika 83 ((non ho una cadenza regolare
nell'aggiornare ._. anche perchè sono moooolto lunatica ;_; comunque grazie per
i complimenti :*)), Hermione Weasley ((anche me vuole essere Hermione T^T)) e
maho3 ((grazie T_T))
Ah! Ps! Se nel primo capitolo si riscontrano errori di battitura o strafalcioni
grammaticali abbiate venia ;_; E' stato concepito all'una di notte ;____;.
Baciottoni a tutti! E buona settimana *^_^*!
Sanae
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Capitolo 3 *** Capitolo Tre ***
Capitolo Due
Quando ho raccontato l'arrivo di
Hermione non ho accennato allo strano rapporto che si era creato tra me e il
suo "dolce" animaletto.
Grattastinchi era, ed è per la precisione, la bestia più odiosa che abbia mai
conosciuto.
Speravo che Hermione lo avesse mollato ai suoi, sapendo della scarsa simpatia
che scorreva tra di me e l'odioso gatto, invece, quando ritirammo il baule,
questo era
accompagnato dalla familiare gabbietta (si fa per dire dato che quel coso è di
dimensioni bovine) in vimini che fungeva da trasportino.
"Non è diventato un'amore?" aveva detto lei mentre ci avviavamo verso
casa.
Sembrava una madre che parlava del proprio neonato, mi chiesi se Hermione
amava i bambini. A me piacciono. Ne avrei voluti tanti, con lei.
Per quanto mi sforzassi non riuscivo a trovarlo carino, nè tantomeno tenero. Lo
detestavo, lo avevo sempre detestato.
Fattosta che, per accogliere la padrona, dovevo fare lo stesso col suo
"cucciolotto" così tacqui e mi ripromisi di dargli un bel calcio nel
sedere peloso appena ci fossimo trovati soli.
Nei giorni che seguirono il famoso "dolce alla babbana", durante i
quali per l'appunto io ero
in ferie, Hermione lavorò come un mulo, lasciandomi quella gatta da pelare, in
tutti i sensi (magari avessi potuto raderlo. Solo per il piacere di farlo
soffrire).
Durante le vacanze ero la tipica persona che amava starsene chiuso in casa ad
oziare, dare una riordinata superflua, leggere qualche rivista stupida.
Così dovetti sorbirmi l'ingombrante presenza di Grattastinchi in ogni mio
movimento e fu così che si creò quell'ambiguo rapporto.
Il primo giorno maledissi tutti gli stregoni del mondo perchè mi si parava
davanti ad ogni mio movimento. Sembrava quasi lo facesse apposta per farmi
inciampare nella sua massa rossiccia.
Andavo in bagno? Lui appariva davanti alla porta giusto un attimo prima che io
facessi il passo per entrare. E via dicendo.
Quando, scampata la caduta, lo guardavo inviperito, lui mi scoccava una fredda
occhiata di sufficienza e, con una scodinzolata, si allontanava.
Mi mostrava anche il culo, lo stronzo. Avevo sempre più voglia di
calciarglielo.
Hermione tornava ad orari assurdi, altro che piccoli incarichi. Cercavo di
aspettarla ma irrimediabilmente cadevo dal sonno.
Quando mi svegliavo, la porta della sua stanza era chiusa e il suo gatto mi era
salito sulle gambe. E mi guardava con aria frustrata.
"Tu vuoi dirmi qualcosa" affermai una sera, dopo essermelo trovato per
l'ennesima volta acciambellato addosso.
E come diavolo era pesante, aggiungerei!
Lui continuò a guardarmi. Non con sufficienza stavolta.
Se avessero inventato un traduttore per gatti lo avrei comprato al volo perchè
ci scommettevo mia sorella che quel coso peloso e grasso voleva dirmi qualcosa.
"Allora?" dissi con aria di superiorità. Stranamente non mi sentivo
scemo a parlare con un gatto, eppure lo ero.
"Che fai? Non parli? Parla"
Ma il felino rimase immobile.
"Parla"
Il suo sguardò mutò gradualmente e saltò a
terra, come rassegnato.
Lo seguii con lo sguardo e pensai che anche per lui era tutto difficile. Lo era
stato, perlomeno.
Anche lui adorava Hermione ed era per questo motivo che lo detestavo a morte.
Entrambi la amavamo ma lui riceveva tutte le coccole. Lei diceva che era
bellissimo, che era il suo "amorino". Lo baciava, gli faceva i
grattoni dietro le orecchie.
Se fossi peloso e grasso quanto lui, Hermione direbbe anche a me che sono il suo
"amorino"?
Era una sfida imparziale, a lui bastava strusciarsi un pò contro la sua gamba
per essere coccolato. Se lo facevo io mi chiamavano maniaco sessuale,
pervertito, eccetera.
Che vita ingiusta, voglio rinascere gatto.
Come dicevo, Grattastinchi quella sera andò dritto filato alla porta di Hermione, quella della
stanza degli ospiti. Con la zampa grassoccia e altrettanto pelosa bussò con
forza alla porta.
"Idiota! Così la graffi!" saltai su io, cercando di afferrarlo.
Ma non
feci che trovarmi di fronte la sua padrona, in camicia da notte che mi guardava
stranita. "C'è qualche problema, Ron?"
Cercai di mostrarmi rilassato, ma lo sguardo di Grattastinchi mi annebbiava le
attività celebrali.
"Il tuo gatto bussava alla porta" mi sembrò l'unica cosa intelligente
da dire. Lei annuì e si richiuse dentro.
Non riuscivo a pensare che si fosse offesa, in fondo avevo fatto solo una
constatazione.
Lei uscì dopo qualche secondo, con addosso una vestaglia. Si sedette di fronte
a me in silenzio e prese a guardarmi con insistenza.
Il suo gatto era scomparso. Scongiurai mentalmente che non tornasse più.
"Hai lavorato molto, oggi" affermai, notando la sua espressione
sfinita. Lei riusciva a mantenere contegno anche quando era stanca morta.
Sicuramente si stava sforzando a restare in piedi.
Apprezzai lo sforzo.
Si stropicciò gli occhi e mi osservò con espressione annaquata. Bella. Troppo
bella.
"Sembri quasi più stanco di me" disse finalmente dopo un silenzio
preoccupante. In effetti avevo un'aria funerea dopo quel prolungato sonnellino
pomeridiano.
"L'ozio porta stanchezza, eh?" chiese sorridendo. Sorrisi in risposta.
"Chiudi gli occhi e sarai felice..."
"Ancora con questa storia!" scoppiammo a ridere entrambi. La magia si
ripeteva, fin'ora non aveva fallito neppure una volta.
"A volte sembri un santone sbucato da chissà dove" continuò lei, gli
occhi puntati sui miei. Mi sentivo emozionato come un'adolescente.
Ero talmente elettrizzato che, senza pensarci, ero seduto sul bordo del divano
sorreggendomi con le mani. Bella. Troppo bella.
"Una volta la pensavi diversamente" la canzonai continuando a
sorridere. Ma non c'era nulla da ridere.
Lei mi guardò stranita. La sua espressione diceva *Voglio capirci qualcosa*.
Poi sembrò capire. Me ne accorsi perchè aprì la bocca ed esclamò un piccolo
"Oh..."
Era un ricordo dolceamaro. Qualcosa che avevamo condiviso.
"Un angelo" disse poco dopo, seria. Sentii il cuore riscaldarsi e
sospirai. Amaramente.
"Sembri un angelo sbucato da chissà dove" recitai con una vocina,
cercando di farla sorridere di nuovo. E riuscii nel mio intento. Bella. Troppo
bella.
Lo aveva detto per davvero, Hermione.
Lo aveva detto con un tono talmente sincero che quasi ero scoppiato a piangere.
Un pò per la sorpresa, un pò per lo stress accumulato.
Avevo già pianto a sufficienza per piangere ancora. Doveva essere un momento di
gioia, ma non trovavo nulla di bello o di divertente ad essere in quel posto.
Ma questa era un'altra storia, e rivangarla faceva sempre troppo male.
"Mi piaci molto" dissi senza un motivo. Semplicemente l'atmosfera mi
aveva condotto a dirlo.
"Anche tu" rispose lei sorridendo ancora da prima.
"Allora vuol dire che ho sofferto in silenzio per tanti anni senza
saperlo?" scherzai rendendo più drammatico del voluto il mio tono di voce.
Stavolta non rise. Diventò seria, più seria di quanto l'avessi mai vista.
Avevo parlato a sproposito, come sempre. La mia maledetta linguaccia e le mie
battute poco capite.
Mi si avvicinò e la mente cominciò a lavorare in maniera frenetica.
Il suo corpo freddo e rigido.
L'aria putrefatta di quella cella.
Lo sporco tutto intorno. Squallido, fetido e sudicio.
Urla. Urla sovraumane.
La busta nera quella mattina a colazione. Quel gufo mezzo morto. Bill lo teneva
ancora con sè.
L'odore del thè che mia madre stava bollendo e il rosa del fazzoletto di Ginny.
Lei si avvicinò. Ogni suo movimento impresso nella mente.
Un passo. Un'altro passo. L'anca che ondeggia.
La notte di Diagon Alley fresca e tranquilla, la mia mano tremante.
Un'altro passo ancora e si ferma. Mi guarda. Studia la mia espressione. Non so
se avevo un'espressione in quel momento, so soltanto che ero angosciato e
pentito che la conversazione avesse preso quella piega.
No, no, non pentito. Terrorizzato.
La sua mano mi scuote la spalla. "Scherzavi?"
"No". Avrei voluto dirle si, ma la lingua era impostata sull'opzione
*sincerità*.
Si sedette accanto a me, con la mano ancora sulla spalla.
"Da quanto?"
La cosa che desideravo più avere in quel momento era il dono
dell'invisibilità.
"Dai...non ha importanza..." cercai di controbbattere ma lei era
sempre seria. E mi stringeva la spalla. Non so perchè ma in quel momento mi
vennero i pensieri più perversi. Devo farmi curare per davvero, pensai. Al San
Mungo c'è sempre un letto per te, diceva lo spot sulla Gazzetta.
Mi arresi quasi all'istante. "Si e no...otto...nove...anni al
massimo..."
Curioso come il volto umano possa contorcersi al punto di mutare i lineamenti.
Forse Hermione non aveva mai spalancato gli occhi a quel modo.
Era comunque carina.
"Tu...tutto questo tempo..." la sua voce ovattata mi arrivò al
cervello. Era talmente chiara e cristallina che mi sembrava di poterla annusare.
Toccare.
Alzai le dita inconsciamente. Lei le incrociò alle sue, fu un gesto molto
dolce.
"Scusa...avrei dovuto accorgermene"
Scoppiai in una risatina amara, carezzandole le dita con le mie. "Ho fatto
i salti mortali per non fartene accorgere. Almeno in qualcosa sono bravo"
Aspettavo mi dicesse che ero bravo in tante altre cose. A giocare a Quidditch
per esempio. O a sembrare un angelo.
Nulla di tutto questo mi fu detto. Nulla fu detto, per qualche minuto.
Sentivo il suo fiato caldo solleticarmi il labbro. Quando si era avvicinata? Non
me ne ero accorto.
Sorridemmo entrambi, sapevamo cosa sarebbe successo.
Non mi aspettavo succedesse a due giorni dal suo arrivo, anzi a dire il vero non
lo aspettavo e basta.
Ma avevo stravolto il fato. Ciò che doveva essere celato era stato detto.
Mi piaci, ti piaccio. Due parole, un chiarimento.
E un terzo della mia vita a sbavarle dietro.
Le nostre labbra si incontrarono e, dopo neanche un attimo, mi trovai ad
esplorare la sua bocca tiepida.
Sapeva di dentifricio alla menta. Adoro il dentifricio alla menta. Assaporai
più che potevo poggiandole le mani sulle natiche.
Ma, dopo neanche un minuto, lei si staccò e, come me l'ero trovata davanti,
scomparì oltre la porta della stanza degli ospiti.
Effimero. Ma bello. Bello. Troppo bello.
Mi stiracchiai, le ossa della schiena scricchiolarono rumorosamente.
Grattastinchi era sgusciato fuori dalla stanza prima che lei vi facesse ritorno.
Si acciambellò sul divano di fronte, dove era seduta lei poco prima, e mi
guardò. Voleva dirmi di nuovo qualcosa.
"Piange?" gli chiesi. Lui chiuse gli occhi e si addormentò.
Lo presi come un si.
Mi fiondai in camera sua, la camera degli ospiti, senza neanche pensare.
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CONTINUA
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I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
Ma come amo scrivere quando sto per crollare dal sonno!!! Che stupenda
sensazione *^_^* gli occhi che mi si chiudono e la mente annebbiata! Direi che
sono perfettamente in forma! Bwau!
Brevemente:
per vega: Ah! Il 22? Io il 20 *^_^*! Peccato che faccio qualche annetto in più
sob ;_; comunque auguri anticipati!
per mika83: Irritata? Scherzi ^^? Mi fanno molto piacere le tue parole ma ci
tengo a precisare che fondamentalmente sono una persona ottimista e che riesco a
tirare avanti anche in momenti come questo! Magari è solo un pò di malinconia
passeggera, può capitare, ma mi faccio coraggio e per l'anno nuovo devo
rimettermi in forma! *_* grazie per il pensiero :*
Grazie e bacioni a tutti! :******
Sanae
Hogwartstoryline
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Capitolo 4 *** Capitolo Quattro ***
Capitolo Due
Ero fermo. Io, la porta e lei. E
Grattastinchi sul divano, che dormiva.
La vocina diceva "Chiudi gli occhi e sarai felice!". Insisteva
"Chiudili! Forza!". Continuava fastidiosa "Felicissimo!".
Avrei voluto pensare che qualcuno stesse scherzando, urlandomi all'orecchio
quelle cose, ma non c'era nessuno.
Erano chiari segni di pazzia.
Sentivo le voci. Sentire voci è non è normale anche nel mondo magico, diceva
Hermione quando le sentiva Harry.
Ma io non avevo la cicatrice. O perlomeno non sulla fronte.
Comunque, rimasi in piedi, gli occhi li chiusi per davvero. Dall'interno della
stanza non proveniva alcun rumore.
Poggiai il palmo della mano sulla porta, e la accarezzai, come avrei fatto con
la schiena di Hermione. Liscia, fredda.
Era legno levigato benissimo, notai al tatto.
Non so per quale motivo me ne stavo imbambolato lì davanti senza entrare, ad
accarezzare la porta. Hermione piangeva ed io non facevo nulla.
Che piangesse era sicuro, me lo aveva detto Grattastinchi.
Mi tornò in mente qualcosa. Qualcosa che accadde due giorni dopo quel giorno
d'estate.
Io ero lì, ci ero arrivato da solo, nessuno sapeva nulla. Avevo indosso un
pesante mantello, un grande scialle mi copriva il volto.
Non so come ma, mi ero trovato davanti una porta. Non era identica a questa, lo
ricordo bene, ma, ad occhi chiusi, le immaginavo gemelle.
Liscia, fredda.
Avevo molta paura di aprirla, sopratutto perchè ero solo e non conoscevo il
posto. Ma quel poco che ne sapevo bastava a farmi desistere dall'aprire una
porta sconosciuta senza accertarmi del contenuto.
Ma qualcuno ci pensò prima di me, era Hermione. Mi venne incontro, aprendo la
porta dall'altro lato.
Aveva due bei bracciali ai polsi, e lo sguardo raggiante, nonostante fosse
chiaro che non godesse della migliore salute.
Mi si avvicinò, senza parlare. Si limitò a guardarmi con i suoi occhi carichi
di gioia.
Fu in quel momento che piansi l'ultima volta.
Anche se era chiaro che quella non fosse lei. Sapevo perfettamente che quella
non era Hermione, ma facevo finta di non averlo capito.
Mi prese la mano, la accettai, mi condusse all'interno della stanza. Continuava
a non parlare. Buio. Eravamo circondati da buio e nient'altro.
Solo una lucina, proveniente da un punto imprecisato nell'oscurità. Forse era
collegato all'esterno.
Mi baciò il collo, accarezzandomi come non avrei mai pensato che una ragazza
come lei potesse fare, senza motivo poi.
Non stavamo insieme, lo ribadisco anche se credo sia chiaro.
Non aveva detto nulla, nè tantomeno c'era motivo per cui mi toccasse. Ma lo
faceva, ed aveva la solita espressione gioiosa che le avevo visto poco prima.
Poi si spogliò, e rimase a guardarmi.
La stanza era buia, molto buia. Io intravedevo a stento la forma sottile della
sua vita restringersi e poi allargarsi.
Le sue clavicole spuntare dalla pelle, il suo seno in penombra.
Non vedevo la sua espressione, nè tantomeno la immaginavo.
Cominciavo solo ad ammettere che c'era qualcosa di anormale in lei, qualcosa che
non mi spiegavo. Non ebbi neanche il tempo di pensarlo che mi accorsi di essere
incatenato al muro.
Una risata. Gelida. Da far accapponare la pelle.
E' finita, pensai. Stavolta è davvero finita.
Eppure ero lì, era passato tanto tempo. Ero lì e ci pensavo ancora, ma ero
lì. La porta di Hermione, quella della stanza degli ospiti, non era *quella*
stanza.
Il contenuto era lo stesso, però.
Bussai, dopo una lunga pausa. Non faceva caldo, non era estate. Cioè, si lo era
ma non era quella estate, chiaro?
Hermione spuntò con la testa fuori dalla stanza, aveva un accenno di occhi
rossi, sicuramente li aveva sciaquati prima di aprire.
"Dormivo...ho avuto un malore"
Bugiarda. Si vede che menti. Le sorrisi.
"Grattastinchi mi ha detto che piangevi". Lei deve aver sicuramente
dubitato delle mie facoltà mentali. Però ostentò un'espressione piuttosto
serena e mi sentii il cuore in pace. Almeno non piangeva più.
Anche se aveva motivo di farlo, non lo faceva. Va avanti, è forte. Adorabile.
Stava per richiudere la porta, dopo avermi augurato la buonanotte, quando
infilai il piede sulla soglia, impossibilitando la chiusura della porta.
Hermione guardò stranita e confusa. Neanche io sapevo bene cosa dirle. Volevo
baciarla ancora, stenderla sul letto e baciarla.
Grattastinchi mi aveva fatto dimenticare che, poco fa, mi ero addirittura
dichiarato. Gatto del cazzo.
"Che hai, Ron?"
"Dentifricio alla menta, vorrei assagiarne ancora" dissi
meccanicamente. Lei capì all'istante. Sgusciò nella stanza e tornò con un
tubetto verde e bianco, il suo dentifricio ovviamente.
"Tieni" sorrise, infilandomelo in mano. Non aveva capito un tubo, nel
vero senso della parola.
La guardai innervosito. Faceva finta di non capire, come me, due giorni dopo
quel giorno d'estate, quando me la trovai davanti con quel vestito addosso.
Era bianco, stampato a fiori. Aveva i piedi scalzi, nonostante la sporcizia a
terra.
"Scusami per prima..." sussurrò interrompendo i pensieri unilaterali
che mi affliggevano ormai da qualche tempo. Sei anni, per la precisione.
"...tu non hai fatto nulla...è che...non ci riesco, capisci?"
Scossi la testa. Meglio battere in ritirata, almeno per stasera, mi dissi.
"Nessun problema. Mica voglio violentarti. Ah..." osservai il tubetto
stretto nella mano, da grande stronzo mi finsi felice "...grazie per il
dentifricio, sei un'angelo"
"Sei tu l'angelo!" ridacchiò lei chiudendo di nuovo la porta.
Maledetto stupido. Ero un maledetto stupido.
Avrei dovuto urlare, convincerla. I fantasmi del passato, devono restare
fantasmi.
La nostra vita è unita da un filo. Quel filo ci condiziona, amaramente. Un
giorno smetterà di condizionarci?
Tutto colpa della lettera, del vestito a fiori, del puzzo di muffa.
Se quel giorno ero lì, era solo perchè pensavo di non trovarla affatto.
Perchè avevo perso tutte le speranze di portarla indietro.
A che erano servite quelle lacrime e il thè della mamma?
Questo è il ringraziamento.
Ma era adorabile, sempre e comunque.
***********************************************************************************************
CONTINUA
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I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
Capitolino piccino picciò u.u tanto per completare ilo 3 *^_^*
Continuando la meravigliosa tradizione sto morendo di sonno ;_;.
Poi non dite che sono cattiva ;_; piano piano sto svelando i misteri *u.u* dehe!
Come mi piace divagare senza dir nulla *_* è rilassantissimo!
Pardon errori di battitura ma se la rileggo muoio sullo schermo ;_; bazini :****
Sanae
Hogwartstoryline
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Capitolo 5 *** Capitolo Cinque ***
Capitolo Due
"Splendido" mormoravo
tra me, contemplando il soffitto della stanza. La mia.
Una gradevole notte in bianco, con addosso ancora i vestiti della giornata ed un
tubetto di dentifricio alla menta poggiato sul ventre.
Ruotai su me stesso e aprii il cassetto appena accanto il letto. Una
ciocca di capelli era avvolta in un fazzoletto rosa.
Afferrai il fagottino e lo osservai, capelli castani. Una ciocca abbastanza
consistente.
Una volta avevo portato Carrie a casa mia. Ero abbastanza ubriaco da non capire
che era una cosa sconveniente ma, essendo il primo giorno di vacanze natalizie, mi
sentivo euforico.
Niente stanze delle torture per una settimana! Niente regole! Niente di niente!
Come dicevo, Carrie dovette accompagnarmi a casa dato che mi reggevo a stento in
piedi e le idiozie che mi uscivano da bocca erano alquanto imbarazzanti anche per
Fred e George, che fecero un pezzo di strada con noi.
Il che è tutto dire su
come ero messo.
Una volta entrati in casa fu automatico. Andare a letto intendo.
Aveva bevuto abbastanza anche lei e, dopo quattro mesi che ci frequentavamo, era
anche normale consolidare il rapporto una volta per tutte.
Che poi chiamarlo rapporto è un parolone, ma lasciamo perdere.
Andai con lei, e fu anche bello. Non eclatante ma bello. Insomma, sarà una
bassezza, ma in certi casi di necessità uno si accontenta.
Ed era
anche carina di che mi lamentavo?
La mattina dopo, mentre io consumavo ore ed ore di sonno cercando di
smaltire la sbornia, lei trovò il fagottino rosa in fondo al mio cassetto.
Quando mi svegliai lei mi stava guardando con tutto il sospetto di questo mondo.
"Cosa sono questi?" chiese agitando la ciocca, rilegata con un nastro
nero.
Avrei voluto ridere a crepapelle e dirle che intendevo fare il malocchio a
qualcuno, ma con Carrie ero stranamente sincero, su qualunque argomento.
"Di una ragazza"
"E...di chi si tratta?" non era un'interrogatorio di gelosia, si
vedeva. Era semplicemente curiosa e un pizzico preoccupata.
O almeno così speravo.
"Hermione Granger, te ne avrò parlato, andavamo a scuola insieme"
Lei annuì col capo emettendo piccole esclamazioni di assenso. Le avevo detto
tutto di Hermione, naturalmente. Anche che avrei voluto sposarla e comprare la
casa sul lago.
"Ha un significato particolare?" si coprì sino alle spalle col
lenzuolo e ripose la ciocca sul comodino.
Cominciavo a sentire freddo, mi coprii meglio anche io. "Si. E' un...ricordo.
Un pessimo ricordo, ma pur sempre un ricordo"
Lei sorrise incoraggiante. "Vuoi parlarne?"
"Si." risposi di getto. Ed era vero. Avevo bisogno di parlarne anche
se facevo finta che fosse il contrario.
Nessuno mi aveva mai sentito fiatare su quella storia.
Certo, avevo dovuto dare
grandi spiegazioni ai membri dell'Ordine e ad Harry, che ne conosceva la versione
più veritiera. Ma rimaneva sempre qualcosa spiegato
a metà. Come se sapessi che ad un certo punto è meglio interrompere.
"Capitò...l'estate dei M.A.G.O...." Carrie si fece vicina vicina
ascoltando attentamente.
"...ricordi l'agitazione che c'era in quel periodo no?". Lei si era diplomata un anno prima di noi, era nei
Corvonero.
A quella domanda si limitò a farmi un cenno d'assenso senza rispondere. Era evidente che non
voleva che interrompessi la mia confessione.
"Beh, per farla breve, i Mangiamorte ci attaccarono e presero in ostaggio
alcuni dei nostri. Fu lì che morirono Custer e Moody. Mio padre andò in coma e
l'ala est di Hogwarts fu quasi completamente distrutta"
Sentii un groppo salirmi in gola. Ma dovevo continuare, non aveva senso fermarmi.
Se non avessi continuato avrei taciuto per sempre.
E tenermi tutto dentro non
faceva altro che aggravare il mio stato d'insoddisfazione e tristezza.
"Lei fu uno degli ostaggi, ne parlò molto la stampa e divenne un caso
nazionale"
Gli occhi di Carrie si spalancarono leggermente, credo per il fatto che collegò il nome di Hermione alla ragazza di cui tutti parlavano e di cui io
stavo parlando.
Qualunque mago o strega esistente in quel periodo ricordava l'avvenimento.
"Sapevamo che l'avevano presa, in cambio volevano...beh volevano Harry, che
lo uccidessimo con le nostre stesse mani e portassimo loro il cadavere. Per loro
sarebbe
stata una grande vittoria se avessimo accettato le loro condizioni. Harry Potter
morto, ucciso dai suoi stessi compagni. Ma potrai
ben capire che l'Ordine cercò di trovare una soluzione senza necessariamente
fare la festa a nessuno, così trascorsero settimane"
Il groppo si faceva sempre più duro da sopportare. Quasi non respiravo più,
eppure dovevo continuare, lo sentivo.
"Un bel giorno avemmo la risposta a tutti i nostri problemi. Hermione
era stata uccisa. Ci mandarono una ciocca di capelli dentro una busta nera e una
lettera nella quale descrivevano minuziosamente l'esecuzione, con spunti
umoristici tra l'altro"
La bocca mi si seccò all'istante. Non riuscivo ad andare oltre.
Le sensazioni di quel momento riemersero tutte insieme, una dopo l'altra.
Crearono una rete intersecata di spilli che mi trafiggeva dalla gola fino ai
polomoni. Senza pietà.
"Tutto qui" riuscii a dire con voce strozzata. Avrei voluto piangere
di nuovo, perchè il peso di quel giorno era talmente duro da smaltire che
ancora ne subivo le conseguenze.
"Non è tutto qui" sussurrò lei comprensiva "Ma non ti chiederò
altro."
Anuii e mi tirai il lenzuolo sino alla testa. Lei sgusciò fuori dal letto.
Fu l'ultima volta che la vidi. Assurdo, potrete pensare, ma lei sparì,
senza ragione.
Abbandonò tutto.
Come dicevo, non mi sentii particolarmente triste alla sua dipartita, solo mi rammaricavo di non averle raccontato il seguito della storia.
Nessuno, a parte noi due, conosceva quel seguito. Solo io ed Hermione.
Riposi la ciocca con estrema cura nel cassetto, ben deciso a sbarazzarmene un
giorno o l'altro, e chiusi gli occhi.
Un sonno lento e leggero mi pervase il cervello, come se mi avessero dato una
botta in testa e io stessi reagendo a scoppio ritardato.
Quando mi svegliai avevo di nuovo Grattastinchi acciambellato addosso.
"Tu vuoi essere fatto al forno, con le patate" mormorai dandogli un
calcio che lo fece saltare giù all'istante. Adoravo minacciarlo.
Se
mi piacesse mangiare carne di gatto con quel coso starei a posto un mese,
ultimamente era diventato anche più grosso. Lo odiavo. Più era grosso più
Hermione lo coccolava.
Mi trascinai sino in cucina rivendicando una fastidiosa emicrania, e trovai sul
tavolo due biglietti bene allineati. Una calligrafia sottile e ordinata.
Sembravano urlare "Ehi! Ci ha scritto Hermione, non si nota?"
Uno mi ricordava che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno di lavoro e che
sarebbe tornata prima del solito.
Finalmente, dissi fra me e me. In fondo uno schiavo egizio faticava meno di lei.
Il secondo, scritto in fretta e furia, riportava queste esatte parole:
Non allarmarti, ma stasera ti devo parlare di una cosa importantissima! Ti
prego cerca di essere sveglio! Tornerò per le nove.
Non sapevo se allarmarmi per davvero o incuriosirmi.
Decisi di incuriosirmi
e trascorsi quella giornata più serenamente e pateticamente possibile.
Feci il bucato, che da quando abitavo da solo avevo fatto con la media di una
volta al mese, e diedi una rassettata, con la bacchetta ovviamente, alla mia
stanza e al soggiorno.
Andai anche a comprare qualcosa per cena e mi accinsi a preparare qualche piatto
caldo.
Non mi divertiva particolarmente ma, per qualche strana ragione, ero un asso in
cucina. Grattastinchi continuava a starmi alle calcagna.
Impietosito gli gettai un pezzo di manzo, ma lui lo ignorò.
Grattastinchi era triste quanto me, quel giorno d'estate. Nessuno si curava di
lui, la sua padrona non c'era.
E, per quanto ne sapevamo, non ci sarebbe stata mai più.
Fu l'unica volta in cui sentii simpatia per quel coso. Avevano tolto ad entrambi
qualcosa che reputavamo essenziale per continuare a vivere e ci sentivamo allo
stesso modo.
Solo che a lui nessuno lo consolava. Nessuno cercava di alleviare il suo dolore.
Tutti gli passavano di fianco ignorandolo.
Forse anche per lui feci quella cosa. Quando sgusciai via senza dire nulla a
nessuno, inconsciamente andavo a vendicare anche la tristezza di Grattastinchi.
Per quanto lo odiassi ero l'unico che si preoccupava della sua sofferenza.
Hermione, come da programma, tornò alle nove spaccate. Aveva un sorriso beato
stampato sulle labbra e una montagna di scartoffie ben ordinate tra le braccia.
Non si lamentò per nulla della stanchezza e si offrì di preparare la cena.
"E' tutto già pronto, sua signoria. La cena aspetta solo lei" le
sorrisi porgendole il braccio.
Sinceramente non sapevo come comportarmi dopo gli avvenimenti della sera prima,
optai per il "facciamo finta che non sia successo niente".
Lei apprezzò molto, accettò l'invito, e mi seguì in cucina aggrappandosi a
me. "Non dovevi disturbarti, ti avrei aiutato io"
"Per nulla al mondo avrei messo ai lavori forzati una signorina dopo
un'estenuante giornata di lavoro" sorrisi scostando la sedia dal tavolo.
Si sedette, feci lo stesso.
Addentò con estrema lentezza l'antipasto, quasi fosse sospettosa sul
risultato.
"Ma allora sei bravo a cucinare!" esclamò incredula. Sorrisi
compiaciuto. Era davvero carina quando era stupita.
"Modestamente...sono da sposare eh?" chiesi speranzoso ma lei era
tutta intenta a capire gli ingredienti del minestrone.
Vabbè ci avevo provato.
Passammo il resto della cena in religioso silenzio, forse la mia stupida domanda
l'aveva messa in imbarazzo.
Il silenzio non fece che incrementare la moltitudine di previsioni che facevo
sull'argomento di cui doveva parlarmi.
Venni assalito da un'angoscia non indifferente. Lei temporeggiava e io, per
quanto non vedessi l'ora di sapere, temporeggiavo a mia volta per paura.
Speriamo siano buone notizie, ripetevo tra me e me masticando meccanicamente,
speriamo siano buone.
A fine cena mi rinnovò i complimenti, ma stavolta non feci il cretino e mi
limitai a ringraziare.
"C'è qualcosa che hai dimenticato di dirmi o sbaglio?"
Lei fece un piccolo sorriso, abbassò gli occhi, guardò i piatti sporchi
sparpagliati sulla tavola.
Se avesse divagato anche stavolta sorvolando l'argomento, le avrei fatto bere
del Veritaserum tanto ero curioso.
Sospirò, ma l'espressione era immutatamente serena. Mi rallegrai all'istante,
erano buone.
"Stamane ho ricevuto un gufo dalla filiale francese, pare non abbiano più
bisogno di me. Mi hanno rimpiazzata insomma"
Beh mica tanto bella come notizia, almeno per lei. Ma non ne sembrava turbata
come pensavo.
Alzai le spalle in risposta. "Quindi torno a Londra, definitivamente. Ma
dai miei non voglio starci, sinceramente. Da domani dovrei andare alla ricerca
di un'appartamento, anche se provvisorio"
Un formicolio mi salì dallo stomaco sino in gola. Questo significava che non
avrei dovuto aspettare mesi per vederla, nè tantomeno che avrei dovuto saziarmi
dei suoi gufi o delle nostre fugaci chiacchierate via Metropolvere.
La solita vocina, che ormai era chiaro segno della mia follia interiore, mi
incitava a chiederle di venire a stare da me, in pianta stabile.
Vi dividerete le spese, diceva. Le chiederai se vuole sposarti, continuava a
dire. Ma era giusto?
Insomma dal canto mio avrei fatto un passo del genere anche domani, ma chi sono
io per imbarazzarla con proposte così improvvise senza fondamento?
Ignorai la vocina. "Ti dò una mano io, magari chiamiamo anche Harry"
Lei sorrise. Come sempre.
Il sorriso che riservava solo a noi due. A me ed Harry.
Quel sorriso che sul lavoro non aveva, che non aveva mai avuto neppure a scuola.
Quel sorriso che mi scaldava il cuore solo a vederlo.
Grattastinchi mi guardò, io lo guardai.
Entrambi eravamo felici solo a sapere che lei era lì. Ci bastava sentire il suo
respiro.
***********************************************************************************************
CONTINUA
***********************************************************************************************
I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
Bene, bene, bene...
In genere il periodo delle sfighe mi arriva verso marzo ma stavolta pare abbia
anticipato. Questo capitolo era pronto, e dico era, tre giorni fa. E se al mio
computer non fosse venuta la brillante idea di prendersi un virus che non mi
dava neanche la possibilità di accenderlo lo avrei pubblicato quando dovevo
-.-;;;;;
Ma lasciamo perdere T_T
Come sempre ringrazio tutti per il supporto *_* la fic è quasi finita, solo che
non so se riuscirò a pubblicare i capitoli successivi prima di martedì ;_;
pecchè domani divento vecchia *^_^* e casa mia sarà un viavai di persone
;_; perdono ;_;.
Se non ci sentiamo buono Yule a tutti ^*^.
Bacioni sparsiiii :*******
Sanae
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Capitolo 6 *** Capitolo Sei ***
Capitolo Due
Dei giorni a seguire non ho un
granchè da raccontare, anche se si potrebbe pensare il contrario.
In realtà non facemmo nulla di quello preposto. Hermione parve andare in
letargo.
Passava giornate intere a letto, si alzava solo ed unicamente per andare in
bagno o per venire a mangiare.
Non sparecchiava, non mi offriva il suo aiuto in cucina. Aveva il volto esangue
ed un aspetto piuttosto malato.
Sinceramente non mi preoccupai più di tanto, credendolo un normale scarico di
stress dopolavoro ma, dopo tre giorni di questa vita, lei sembrava sempre più
stanca così cominciai a farle visita in camera, nonostante mi sentissi in
imbarazzo, e chiamai addirittura il mio guaritore di famiglia.
"E' un virus, basta che prenda questo infuso tre volte al giorno e in
massimo quattro giorni tornerà in piedi"
Mi fidavo di lui. Era un ometto bassino dai capelli brizzolati, quasi sempre
sorridente. Da piccolo, per farmi stare buono, mi regalava delle gelatine tutti
i gusti più uno. Quando beccavo dei gusti assurdi ridevamo insieme, intanto ero
stato fatto fesso, e qualunque tortura medica dovessi subire, mi era stata già
fatta e io manco me ne ero accorto.
Quando mi disse di non preoccuparmi non lo feci. Mi fidavo di lui. Ciecamente.
Per paura che Hermione si aggravasse senza che me ne accorgessi, passavo le mie
giornate sulla dura sedia in legno accanto al suo letto, al letto degli ospiti.
Le tenevo la mano, accarezzandola gentilmente. In un certo senso questo mi
esimava da altri doveri, quali prepararle un pasto decente o lavarle le coperte.
Mi sentivo comunque utile e in pace con me stesso.
Il 19 di Settembre fu il suo compleanno.
Lei non aveva febbre, quasi per nulla, e il suo colorito cominciava a tornare
bronzeo.
Comunque sarebbe stato sconveniente farla uscire dal letto, così, nonostante i
miei propositi per quel giorno fossero di tutt'altra natura, fui costretto ad
accontentarmi di una cena consumata tra il letto e la dura
sedia.
Aspettammo la mezzanotte svegli e, una volta scoccata, urlammo festanti, come
due cretini.
Cercai di preparare anche un dolce, alla babbana ovviamente, ma il risultato fu
pessimo.
"Sei un disastro, Ron! Pensa se avessi avuto bisogno a costo della vita di
quel dolce!"
Adoravo quando diceva cose senza senso, per il gusto di provocarmi. Avrei voluto
schiaffeggiarla e abbracciarla allo stesso tempo.
"Fa di me quello che vuoi" fu l'unica risposta che riuscii a dare,
manco quella aveva senso ma ci stava bene. La
osservai, era serena.
Forse era il caso di riprendere in mano un *certo* argomento. Ma non feci in
tempo a parlare.
"Raccontami una favola"
Rimasi spiazzato. Io di favole ne conoscevo molte, ma in quel momento non me ne
sovvenne alcuna.
Tutte, in quel momento, avevano trame confuse o titoli frammentari.
A tutte mancava qualcosa di essenziale, che fosse il nome di un protagonista o
un pezzo di storia.
"Mhhhh....una favola?"
Lei annuì, in attesa. "Che genere di favola vuoi sentire?"
Temporeggiavo. In realtà non ne sapevo nessuna, o meglio non ne ricordavo
nessuna.
"Raccontami di un principe che salva la principessa"
Scherzava, me ne resi conto quasi subito. Eppure mi incupii.
Con l'espressione più seria che potessi avere, e che forse non avevo mai avuto
in tutta la mia vita, mi avvicinai alla finestra.
Diagon Alley di notte. Londra di notte. Da mezz'ora era il suo compleanno.
Tanti auguri a teee...tanti auguri a te....diceva la vocina, festante.
"Un principe...che salva la principessa..." ripetei meccanicamente.
Lei titubò per qualche secondo. Forse la mia cupidigia l'aveva mortificata,
forse pensava mi fossi offeso per qualcosa che lei non capiva.
Mi piaci, disse la vocina. La mia coscienza è molto loquace, purtroppo.
"Beh...ne so una..." dissi con un filo di voce. Non so cosa sarebbe
successo ma dovevo provarci.
Magari sarebbe scappata via, nonostante il raffreddore e il pigiama, magari mi
avrebbe guardato e sorriso, come solo sorride a me.
Si portò il lenzuolo sino al collo e guardò, a lungo, la mia schiena. Sentivo quello sguardo fremente premermi addosso.
Mi voltai, guardai altrove e cominciai.
"Una volta un principe credeva che la sua principessa fosse morta..."
Le sue labbra ebbero un tremito. Fece un gesto con una mano, piuttosto turbata,
per indicarmi di smettere, farmi capire che era un gioco.
Ma così deciso non lo ero stato mai, tanto valeva andare avanti e conquistarne
l'amore o l'odio.
"...quando lo seppe soffrì molto, già...ma dopo qualche giorno prese una
decisione..."
"Quella di fare di testa sua?" mi chiese con una smorfia, ormai
rassegnata.
"Già" annuii "di testa sua. Scappò dal luogo sicuro dove si
trovava, lasciò i suoi amici, i suoi parenti, tutti, per andare a vendicare chi
l'aveva uccisa. Come in quel coso babbano che vide una volta...come si
chiama...quello che si vede nella radiovisione...?"
"Quella è la televisione, Ron. E comunque il *coso* si chiama film.
Film."
"Si insomma...quel che sia...lui quando arrivò dai cattivi voleva fare una
strage, ma i cattivi erano troppi. Però, nel frattempo, venne a scoprire che la
principessa non era morta e che quella era una trappola per un cretino come
lui".
Beh in fondo cretino lo fui per davvero.
Ero l'unico, così vicino all'Ordine, che aveva fatto una cosa tanto avventata.
L'unico.
"Andò alla ricerca della principessa ed un giorno la trovò. Era
bellissima, eterea. Aveva un vestito bellissimo, bianco a stampe floreali. L'avrebbe
voluta stringere tra le braccia tanto era felice, ma lei lo anticipò e fece
cose strane."
Hermione rimase in silenzio e smise di guardarmi in faccia. Feci lo stesso.
Cominciavo a pentirmi di tutto quello che stavo dicendo.
Stavo riportando alla memoria ricordi dolorosi. Per entrambi. Ma qualcosa mi
spingeva a continuare.
La vocina cantava felice la sua vittoria "Continua! Continua!
Continua!".
La addocchiai per un secondo, lei mi stava guardando, sul punto di scoppiare in
lacrime. Non l'avevo mai vista così turbata. Per di più era in pigiama, a
letto, ed era pallida come un cencio.
Mi sentivo come se stessi picchiando una persona già ferita a morte.
Mi grattai la nuca imbarazzato e, con titubanza, andai avanti.
"Beh...il principe non si accorse che però quella era una trappola. Quella
non era la principessa, era solo il suo corpo. Un malvagio mago la controllava,
la chiamava il suo giocattolo...ma il principe voleva salvarla...ne acchiappò
di santa ragione"
In altri casi avrebbe riso. Invece la sua espressione rimase immutata. C'è da
preoccuparsi, mi dissi. Ma molto.
Continuai, però. Non aveva senso smettere.
"Il principe passò diverse settimane in prigionia. Dopo qualche giorno
anche la principessa lo raggiunse, perchè aveva disobbedito. Ma alla fine
arrivarono gli amici reali e salvarono il culo a entrambi. E vissero felici e
contenti, oddio non contentissimi, ma contenti mediamente"
Tagliai corto più che potevo. Era straziante vedere il luccichio dei suoi
occhi, così lucidi dal punto di far pensare ad un fiume in pieno sostenuto da
argini poco resistenti.
Ma lei non pianse, o perlomeno non subito. Mi guardò, annuì, non sorrise, per
nulla.
Nè tantomeno mi portava rancore, però. Solo...non se lo aspettava.
"Ci penso sempre, sai?" disse dopo un'interminabile pausa che mi fece
temere il peggio sul suo stato emotivo.
Inutile chiederle a cosa. Annuii. "Anche io, Hermione. Sempre"
"Ma ora...è tutto finito, no? Non è normale che ci pensiamo
sempre..." le tornai vicino, più vicino di prima.
Mi sedetti sulla sponda del letto e le cinsi le spalle con il braccio. Lei,
senza fare complimenti, vi affondò il viso piangendo.
Fu un pianto leggero, non eclatante. Durò poco, ma lasciò molta tristezza.
"Nessuno potrà farti del male, sei pur sempre la migliore amica di due
Auror, no?"
Di nuovo non sorrise, però si fece più vicina, forse aveva solo bisogno di un
contatto fisico, di qualcosa che la tenesse piantata alla realtà.
Non ero avezzo al fatto che per lei andasse bene chiunque. Anche se era lei, non
ne traevo beneficio. Mi sentii un'oggetto che fortunatamente si trovava nel
luogo dove serviva.
"Eri sotto Imperio, no?"
Lei mi guardò, stranita. Continuai. "Quando ci vedemmo la prima volta, non
eri tu, me lo dissero"
"Oh...beh credo di si. Non ricordo nulla" c'era una nota stonata in
quella frase. La ignorai.
Decisi di dirglielo. Un giorno o l'altro glielo avrei detto comunque. Il peso
all'altezza dle petto si stava sgretolando...
"Quel giorno siamo quasi stati insieme, Herm. Fisicamente intendo"
Deglutì rumorosamente. Dai suoi occhi trasparì il terrore più assoluto. Non
parlava, eppure potevo sentire la sua mente mettere in ordine le parole, con
scarso successo.
Avrei preferito tacere, ma stavo per chiarire qualcosa di più importante,
quindi era meglio iniziare dal principio.
"Io non volevo, perchè sapevo perfettamente che non eri tu a compiere quel
gesto. Cercai di fermarti e proprio in quel momento tu ti fermasti. Colui che ti
manovrava aveva capito...non volevo che ti facessi del male da sola..."
La mia giustificazione era piuttosto ingarbugliata ma meglio di così non
riuscivo. Scongiurai mentalmente che afferrasse il senso delle mie parole, e
così parve.
Tirai un forte e lungo sospiro di sollievo, meritava il titolo di donna più
intelligente che conosco.
Tuttavia continuava ad essere sconvolta. Mi guardò vacuamente, senza riuscire a
comunicare altro se non il suo turbamento.
"Quando ti ho detto che mi piaci, era vero" continuai, mentre lei
ostentava il mutismo. Diamine quanto era difficile andare avanti.
"Non l'ho detto tanto per dirlo. Mi piaci, stop. Anche se posso passare per
pazzo dopo averti rifiutata quella volta, anche se non eri tu, è la
verità"
Lei non rispose. Ma mi guardò a lungo, come a voler studiare ogni mio
lineamento.
Mi sembrò così piccola e indifesa che promisi a me stesso di non lasciare mai
che le accadesse qualcosa di male, anche a costo della mia stessa vita o di
quella di qualcun'altro.
Per sempre.
"Devo dimenticare, vero?" sussurrò premendo di nuovo la testa contro
il mio braccio. Il contatto tra le nostre pelli sembrò bruciare, forse le era
tornata la febbre.
"Tutto. Dimentica tutto. Ricomincia da dove avevi lasciato" una frase
patetica a volte può avere il risultato sperato.
Successe tutto come qualche sera prima. Le sue labbra sulle mie.
Ma stavolta si era creato qualcosa in più, qualcosa che io stesso non riuscivo
a spiegarmi. Come poteva un ricordo tanto doloroso scuotere le nostre anime ed
unirle a quel modo?
Non ne avevo la benchè minima idea.
So soltanto che, dopo qualche minuto passato ad inebriarmi del suo sapore, mi
stesi su di lei e presi a baciarle il collo. Come era successo in passato, solo
che al contrario.
Non potevo vedere la sua espressione, non riuscivo ad intuire cosa provasse.
Sapevo soltanto che i miei freni inibitori erano andati a puttane e che stavo
per omaggiare la mia virilità con la preda che avevo sempre ambito, quella che
avrei voluto catturare per tutta la vita.
***********************************************************************************************
CONTINUA
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I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
Vi scrivo nell'euforia più totale *_________*! La Row ha appena ufficializzato
che il Principe è CONCLUSO! E che il 16 Luglio avremo finalmente l'onore di
leggerlo *_*! Oh mamma io svengo...SVEEEEENGO! E chi riesce ad aspettare
O____O?!
Comunque, grazie a tutti per gli auguri compleannosi! Sono stata strafelice! Vi
basti sapere che per festeggiare in allegria mi son fatta fuori na ventina di
Lindor XD!
Ah! Ps riguardo la fic! Il prossimo chap è il penultimo *^_^*!
Buon Natale a tutti!
Sanae
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Capitolo 7 *** Capitolo Sette ***
Capitolo Due
"No"
Quel rifiuto mi rimbombò nelle orecchie più e più volte.
"No...no!"
Provai ad insistere, guidato come da una forza esterna al mio essere, ma mano a
mano cominciavo a rendermi conto.
Lasciai
che il mio cervello, a malavoglia, si liberasse dal delizioso intorpidimento che
porta l'eccitazione e tornai in me dopo l'ennesimo "no" secco.
"S..Scusa..." riuscii a biascicare cominciando a sentire il peso della
vergogna gravarmi sul petto.
Mi allontanai, senza neanche sentire cosa mi diceva.
Lasciai immediatamente la stanza, dopo essermi scusato nuovamente, ed aver
raccolto parte dei residui della cena.
Di certo ora lei stava male, di certo le avevo rovinato il compleanno.
Qualcuno potrà pensare che Hermione aveva mantenuto una mentalità ancora
bigotta ed arretrata e che per questo aveva rifiutato di venire con me. Nulla di
più sbagliato.
A farle urlare quella parolina di due lettere tanto odiosa non era stata
immaturità sessuale o eccessivo moralismo. Il motivo era ben più profondo e
radicato nella sua anima. Scemo io che avevo pensato di poterlo far sparire
senza darmi da fare più di tanto.
Mi sedetti sul divano, come se fossi sotto ipnotismo. Automaticamente lanciai a
Grattastinchi, che mi osservava come al solito, i resti del pollo e
dell'insalata. L'odioso gatto non si scompose neppure, viziato del cazzo che
era, manco se li avessi avvelenati.
La porta della stanza degli ospiti si aprì lentamente, me ne accorsi dal lieve
cigolio che proveniva da quella direzione.
Dopo qualche secondo mi sentii una mano poggiata sulla spalla, senza girarmi,
rimasi in silenzio. Non avevo nulla da dirle, le scuse le avevo esaurite tutte ormai.
Anzi, non ero neanche tanto convinto di essere in torto.
"Non sei tu a doverti scusare..." mormorò lei con un tono che mi
raddolcì all'istante l'animo "...davvero Ron. Scusami. Sei arrabiato,
vero?"
"No" mentii. In realtà ero arrabbiatissimo, ma non con lei.
Ero
furioso con tutti quelli che l'avevano ridotta così.
Le strinsi la mano facendole posto accanto a me, per permetterle di sedersi. Tremava
percettibilmente, anche se, sono certo, voleva nasconderlo a tutti i costi.
Da quando si era creata quella distanza tra noi due?
Da quel giorno. Da quando
la Hermione che riportammo indietro non era la stessa che ci avevano rubato.
Ricordo ancora l'interminabile attesa a Grimmauld Place, mentre lei veniva
interrogata.
Ritennero opportuno, quelli dell'Ordine, l'utilizzo del Veritaserum. Non perchè non si fidassero di
lei, anzi, lo fecero semplicemente per riuscirle a strappare qualcosa del periodo in cui era
stata sotto Imperio, del quale consciamente non ricordava nulla.
Nè io, nè Harry avemmo il permesso di essere presenti. Volevano
evitarci sofferenze, ne sono certo, ma non reputai per nulla giusto quel gesto.
Insomma, se non fosse stato per me, manco l'avremmo saputo che era viva.
Avevo rischiato la pelle senza pensarci due volte, anche se da sciocco,
e manco potevo sapere cosa avevano combinato per sconvolgerla a quel modo? Era
ingiusto, anche a ripensarci ora.
So soltanto che quando sguciò fuori da quella stanza piangeva a dirotto e che si chiuse
in camera per una settimana.
Quando uscì sorrideva a tutti e per tutto. Un
sorriso carico di magistrale interpretazione, ogni cellula dei suoi lineamenti
gridava "Sto fingendo! Sono brava? Sto fingendo!".
Nessuno riprese in mano l'argomento, da quel giorno. Tutti ci eravamo abituati a
quel sorriso così finto e così carico di tristezza.
Ci addormentammo così, sul divano, seduti. Le mani intrecciate tra loro.
L'eco del mio "no" ancora aleggiava nel salotto, come se cercasse una
via d'uscita, che non trovò.
Il giorno dopo mi ero accordato con Harry per vederci e pattuire alcune cose
riguardo il lavoro. Era una scusa per fargli incontrare Hermione.
Ma quando mi svegliai lei non c'era. Al posto suo trovai un nuovo bigliettino che
portava la scritta "Faccio una scappata dai miei, non li vedo da una vita!
Non preoccuparti sto bene, grazie per esserti preso cura di me. Quell'infuso è
stato miracoloso, non ho neanche il minimo sintomo influenzale, ora. Ti ho
preparato la colazione per ringraziarti, spero di tornare entro stasera. Saluta
tanto Harry da parte mia"
Rimasi piuttosto male nel ricevere la notizia della sua partenza, anche se
breve. Insomma, Harry era stracontento di poterci vedere entrambi, e già
immaginavo la faccia che avrebbe fatto nel vedermi arrivare da solo.
Svogliatamente mi alzai, stringendo il bigliettino tra le dita, e presi a
vestirmi con lentezza disumana.
Quando raggiunsi il luogo dell'appuntamento, una trattoria piccola ed
accogliente, in un vicolo isolato di Diagon Alley, Harry mi aspettava con un
sorriso amaro, come per dire "lo immaginavo".
"Mi spiace, stamattina mi sono svegliato e lei non c'era"
"Mhhh..." sapevo che non voleva mostrarsi scortese, ma c'era rimasto
davvero male.
"Siete i miei migliori amici...è mai possibile che anche prendendo
appuntamento con largo anticipo manco riesco a beccarvi insieme?".
Scoppiammo a ridere entrambi. Non perchè ci fosse qualcosa di comico nella
domanda, semplicemente perchè io e Harry quando ci vedevamo dovevamo ridere,
era più forte di noi.
Quella risata mi aveva aiutato anche nei momenti peggiori.
Quando, nello stesso locale, ci arrivavo con l'animo talmente inquieto da non
avere neanche la forza di camminare. Ci guardavamo, ridevamo, e tutto sembrava
andar meglio.
"Come sta mia sorella?" chiesi tanto per dire qualcosa. Avevo ricevuto
un gufo di mia madre proprio quella mattina, dove mi rassicurava sulla salute di
tutta la famiglia.
"Starebbe meglio se dovesse lavorare di meno"
Ginny lavorava come guaritrice da un paio d'anni ormai. Una volta superata una
certa età ti rendi conto che le chiacchierate che fai con le stesse persone di
un tempo vergono sempre sugli stessi argomenti.
Nel caso mio e di Harry, qualunque cosa dicessimo, arrivavamo a parlare di lavoro,
aneddoti divertenti su persone che non vediamo spesso e sesso.
Dato che era nel menu del giorno, mi arrischiai. Raccontai al mio amico quale
gesto *ignobile* mi fossi permesso di compiere la sera prima.
Lui scosse la testa, con aria grave. "Mi rendo conto che sia difficile, ma
cerca di capirla. Non sappiamo con precisione cosa le sia successo, ma possiamo
immaginarlo, no?"
La frase di Harry mi aveva aperto la mente. Insomma, quando mi chiedevo
"Cosa diavolo le avranno fatto mai?" non mi davo risposta. O perlomeno
mi rispondevo semplicemente "Non lo so, non me l'hanno detto"
Fuggivo dalla mia immaginazione.
Hermione fu tenuta sotto Imperio per una settimana, prima di essere sbattuta
nelle carceri, insieme a me. Per quanto ne sapevamo potevano averle fatto di
tutto, padroni com'erano del suo corpo e della sua mente.
L'avevano di certo picchiata, lo notai dagli evidenti lividi presenti sul suo
corpo. Magari le avevano prestato anche altra violenza.
No...no...era a questo che non volevo arrivare a pensare. Inevitabilmente,
guardai Harry e cercai una conferma "Secondo te l'hanno violentata? E'
possibile?"
Lui fece un movimento impercettibile con le sopracciglia. Non rispose per un
buon minuto, segno che stava riflettendo sulla cosa.
"E' molto probabile" rispose infine, senza alcuna espressione nel
viso.
Se non fossero già tutti morti o quasi, correrei di nuovo lì a rivendicare la
mia sete di vendetta.
Ad Hermione avrei dovuto chiederlo? No. Magari non lo ricordava neppure.
Ma ne portava il
segno nel subconscio. La cosa cominciò a sembrarmi talmente palese che mi
rimproverai di non essermene accorto prima.
Il suo atteggiamento ferito, le percosse sul suo corpo. Quegli schifosi pezzi di
merda chissà quante gliene avevano fatte. Li avrei ridotti in pezzetti
microscopici se solo li avessi avuti davanti.
Pagammo il conto e ci avviamo verso casa, senza proferir parola. Il sapere le
cose a metà è peggio del saperle per intere, se son brutte.
Quando tornai la casa era deserta. Non c'era neppure Grattastinchi.
La cosa mi intristì non poco. Certo ero abituatissimo a vivere solo e a
quell'atmosfera depressiva che mi attendeva nei ritorni a casa, ma avevo fin
troppo gradito la compagnia di quei giorni, tanto da non riuscire più a
staccarmene.
Controllai con un filo di speranza in tutte le stanze con la coscienza che
macinava illazioni su illazioni.
L'hanno violentata.
Le hanno fatto del male.
Ha sofferto per questo.
Per questo mi ha rifiutato, non c'è dubbio.
Vorrei poterli uccidere per la seconda volta.
Le hanno fatto del male.
Parole su parole che mi affollavano la mente.
Non riuscivo più a stare in piedi. Gli occhi mi si chiudevano da soli. Ebbi
appena la facoltà di controllare l'orario e si stendermi sul letto. Mi
addormentai all'istante.
Erano le otto di sera, lei ancora doveva tornare ed io ero talmente stanco
mentalmente che non avevo neppure la forza di preoccuparmi. Che schifo mi
faccio.
Non sognai nulla. Fu un sonno pesante. Di quelli che ti stordiscono appena ti
svegli, come se qualcuno ti avesse spiaccicato una padella in faccia con forza.
Ma per me non fu così.
Una voce sottile e ovattata mi si insinuò nel cervello. Tutto sembrava
null'altro che un sogno.
"Ron...ehi...svegliati...Ron..."
No. Non volevo svegliarmi. E poi era solo un sogno. La voce smise quasi subito
di chiamarmi, dopo qualche altro tentativo più forte.
Non riuscivo ad identificarla, anche perchè la mia testa era talmente
intorpidita da farmi perdere il senso della realtà, come se non dovessi
svegliarmi mai più in vita mia.
Poi due sottili dita mi sfiorarono leggermente la guancia. Sentivo chiaramente
la sensazione, ma non riuscivo ad aprire gli occhi.
Tanto era un sogno, che senso aveva? Un sogno ben riuscito, oserei aggiungere.
Poi ancora...un'altra carezza...un corpo schiacciato contro il mio. Un sussurro
all'orecchio.
"Svegliati"
Aprii gli occhi immeddiatamente. Era fin troppo realistico.
Hermione era stesa accanto a me, un maglioncino leggero che usava a mò di
giacca, ancora addosso, affanno e capelli scompigliati, tipici di qualcuno
che ha corso per arrivare presto.
Ci misi qualche minuto per riprendermi da quel sonno assurdamente fitto, lei
continuava il suo movimento con le dita.
"Sei tornata tardi" riuscii a dire con la bocca impastata dai postumi
della dormita.
Osservai i suoi occhi, erano sereni, limpidi. Sembravano innaffiati di
freschezza e aria pura.
"Mia madre voleva che restassi a dormire ma dovevo tornare
assolutamente" mi disse con un tono tranquillo, per nulla turbato,
nonostante la nostra innaturale vicinanza. Feci per dire qualcosa ma lei mi
zittì all'istante, posandomi un dito sulle labbra.
"Me lo hai detto tu. Di ricominciare da dove avevo lasciato..."
Quelle parole mi suonarono familiari ma in quel momento non riuscivo a ricordare
di averle dette io, si e no ventiquattro ore prima.
Tacqui. Lei sorrise appena, un sorriso sincero.
Le facoltà mentali tornavano poco a poco, sentivo l'umido calore del suo dito
premermi sul labbro.
"Chiudi gli occhi..." mi disse a mò di ordine.
"...e sarai felice" scherzai spostandole il dito sulla mia guancia e
chiudendo a poco a poco le palpebre.
"Scemo" mormorò un attimo prima di avvicinarsi al mio viso.
Sentivo i suoi capelli solleticarmi il collo.
Quelle poche parole, dette senza neanche pensarci su, mi avevano comunicato il
suo stato d'animo.
Sentii che stavolta potevo azzardare.
E, anche se ero io quello ad essere turbato, volli azzardare.
***********************************************************************************************
CONTINUA
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I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
Non sono felicissima, anzi sono molto tristola, e giuro che partorire questo
capitolo è stato più difficile di quanto pensassi ;_; ma sentivo di doverlo
fare *_* ho anche io la vocina che mi da indicazioni *^^*.
Questo è il penultimo capitolo ((effinalmente!)) il prossimo spero di
pubblicarlo a santo stefano, dato che mi arrovellerò in pigiama tutto il giorno
senza dover far nulla ((è stupendo avere tre giorni di ferie uno dopo
l'altro!))
Vado a rimpizzarmi di gioie natalizie ((vedi: torroncini al cioccolato,
mostaccioli e pandoro con nutella caldo)) intanto vi auguro Buon Natale a tutti!
E grazie mille per gli auguri!! ^*^
Per Cho89: ma certo che ti perdono! Figurati! Grazie mille per gli auguri sei
sempre carinissima, bacio bacio :*
Sanae
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Capitolo 8 *** Capitolo Otto ***
Capitolo Due
L'odore intenso di muffa mi
impediva di respirare normalmente.
Mi abituai a quell'oppressiva atmosfera tanto che, una volta uscito da quel posto, mi sembrò di rinascere.
Fu come respirare l'aria per la prima volta.
Sapevo a cosa andavo incontro, sapevo che l'aria sarebbe stata viziata.
Ero poco più che maggiorenne ma non tanto sciocco da aspettarmi un prato
fiorito con tanto di farfalline svolazzanti.
Un attimo prima di introdurmi nella tenuta mi pentii di essere lì e,
sopratutto, di essere solo.
Tutto intorno regnava una calma irreale. Una quiete talmente agghiacciante da
far pensare ad un cimitero.
Solo. Senza respiro. Solo.
Non avevo un piano, nè tantomeno la vaga idea di cosa fare. Sapevo soltanto che
lì dentro giaceva il suo cadavere, freddo e rigido.
La prima cosa che mi sembrò giusta fu quella di accertarmi di trovarlo, per
portarlo indietro.
Sorrisi istintivamente. Un sorriso triste.
Prima dovevo vedere se io ci tornavo indietro.
Ma se dovevo proprio donare la vita al nemico, tanto valeva farlo con classe.
Così creai un foro nel muro abbastanza grande da farmi passare. Nessuno a
controllare se ci fossero intrusi.
Strano. Molto strano.
L'Oscuro Signore che tutto vedeva e sentiva non si era accorto della mia
presenza.
Nello stesso momento in cui formulai questo pensiero mi sembrò talmente
sciocco, così mi voltai indietro, prima di intrufolarmi all'interno.
Nessuno.
Sempre più strano.
Ettari ed ettari di terreno incolto. Entrai. Tremavo come una foglia.
Che non si fossero accorti per davvero della mia presenza? Oppure, una volta
all'interno, avrei trovato l'attesa sorpresa?
Come se servisse a salvarmi mi tirai sul capo il mantello riducendo la mia visuale.
Sgusciai all'interno del foro, muovendomi sui gomiti.
Un dolore lancinante, la pelle che si sfregava sul pavimento ruvido.
Una volta dentro mi stropicciai gli occhi. Ero circondato dal buio più
intenso.
La mia vista ci mise un pò ad abituarsi, dato che appena due secondi prima ero
sotto ad un sole accecante.
Il sole d'estate.
Quando ne fui in condizione, mi tirai in piedi guardingo.
Ancora nessuno. Solo un'odore di muffa più soffocante. A pensarci ora quella
sensazione torna vivida insieme ai ricordi visivi.
Non respirai per almeno un minuto, non c'era aria da respirare, solo muffa,
muffa e muffa.
Camminai ininterrottamente per quelle che sembrarono ore. L'ambiente non mutava,
mi sembrava di girare in tondo.
Solo colonne e mura diroccate. E la solita muffa, che stava diventando la mia
linfa vitale.
Avendo perso la cognizione del tempo non so quanto dopo mi ritrovai di fronte
quella porta.
Sentivo l'aria sempre più opprimente.
"Cosa sei nelle mie mani?" "Ah...non lo so..."
Accarezzai la porta, come per capacitarmi del fatto che esistesse per davvero e
che non fosse soltanto una mia illusione.
Era vera, ed era fredda. Come una lastra di ghiaccio.
Ormai, persuaso com'ero, mi aspettavo di tutto.
La osservai nei suoi minimi particolari cercando un buon motivo per aprirla. La
paura saliva di momento in momento, sempre di più.
Cosa mi attendeva oltre la porta? Avrei fatto in tempo a vederne il contenuto?
Avevo promesso la vita in cambio di quello che stavo facendo, tanto valeva
farmi coraggio. Aprirla.
Sentii uno scatto, prima che il cervello desse ai muscoli del braccio il comando
di alzarsi in direzione della maniglia.
Dopo un attimo lei era lì, davanti a me. Felice come non l'avevo mai vista.
Il cuore pervaso di gioia, il presentimento che lei fosse viva finalmente
sfamato dalle conferme che cercava. Lei era davanti a me, viva e sorridente.
Mi condusse all'interno della stanza, sudicia, buia. La puzza di muffa però
andava affievolendosi, magari per la presenza di un minimo spiraglio aperto, dal
quale proveniva una fioca lucetta.
Non ebbi il tempo di chiederle nulla.
Il suo fiato caldo mi inebriò i sensi, le sue labbra lisce ed umide stavano
attraversando la pelle del mio collo con delicatezza quasi eterea.
Eterea. Così sembrava Hermione quel giorno d'estate.
Talmente finta da far accapponare la pelle. Tra lei ed una bambola babbana la
differenza era solo di proporzioni.
Mentre insinuava la mano sotto il mio mantello, non smetteva di sorridere.
E' come un sogno, mi trovai a pensare. Come un sogno sconcio. Solo quello può
essere.
Per buoni dieci secondi mi autoconvinsi di essere vittima di qualche pozione o
chissà che.
Hermione poi si staccò, lasciando incompiuto ciò che aveva iniziato.
La pelle che mi aveva toccato sembrava esser diventata della sua materia, non
sentivo più il mio corpo.
L'unica cosa che riuscii a fare fu rimanere a bocca aperta, mentre lei mostrava
centimetro per centimetro la sua pelle bianca.
Lividi vicino alle cosce. Graffi al ventre e alle braccia. La fioca luce
illuminava quel corpo deturpato, eppure così incantevole da non permettermi di
distogliere lo sguardo.
"Ti amo" pensai mentre nella mente poco a poco si faceva chiara la
consapevolezza che quella non era Hermione. Ma solo il suo corpo.
E fui nuovamente pervaso dalla tristezza, come se lei fosse morta per la seconda
volta ed io avessi contiribuito alla sua uccisione.
Una risata gelida rimbombò ai lati della stanza, salendo verso il soffitto.
"Bene..." sorrise lei, nuda, accarezzandosi i capelli.
"Conta fino a tre...conta fino a tre..."
Impossibile. In quel momento non ricordavo neppure come si arrivasse al tre. La
mente era completamente annebbiata e il corpo talmente rigido come se fosse
incatenato. Forse ero incatenato, non lo ricordo.
"Conta fino a tre..."
Sentii le palpebre pesanti. E solo in quel momento ricordai di aver passato
entrambe le notti insonni.
"Conta...fino...a tre..."
La sua voce era gelida e priva di calore.
Ridatemela! Ridatemi la sua voce!
Ridatemi quella voce! Il mio cuore gridava. Gridava come un ossesso.
Cosa ti hanno fatto? Per cosa dovrò maledirli in eterno?
Dimmelo. Con la tua voce.
"Conta fino a tre..."
"Uno...Due...T..Tre..."
*
Se fosse la cosa giusta o meno non
ebbi neanche la forza di chiedermelo. E' triste constatare quanto davvero noi
uomini, una volta attivato l'altro "cervello" non pensiamo ad altro.
Insomma, l'occasione era fin troppo appetibile per fare il puritano (senza
contare il fatto che puritano non lo sono mai stato).
Sembrava di nuovo come un sogno, solo che stavolta
non eravamo al buio, e lei non sorrideva.
Leggevo nei suoi occhi un misto di paura e determinazione, la sua voce era calda
e carica d'espressione.
Dopo quel lungo bacio, fu lei per prima a staccarsi e ad aggrapparsi al mio
collo stringendomi, come per paura di lasciarmi andare.
Quella era Hermione, finalmente me l'avevano ridata.
Presi ad accarezzarle la schiena, incapace di fare altro. Lei mi guardò negli
occhi, con un velo di tristezza.
La sua pelle, sotto le mie dita, sembrava percossa da una scarica elettrica.
Ogni suo centimetro di carne mi cercava, lo sentivo.
"Non voglio far nulla che possa turbarti..." mentii. Quella sera lei
sarebbe diventata mia a tutti i costi. Ne sentivo il bisogno, stavolta.
"Non capisco..." la sua testa strusciò delicatamente contro l'incavo
tra il mio collo e la spalla. Un'altra scarica ben distinta.
"Se non mi fermi tu, dubito di fermarmi...mi sa che è già troppo
tardi..."
Tacque. Si mise a sedere.
La guardai. La sua espressione non sembrava respingermi.
Mi avvicinai, titubante. Atteggiamento da o la va o la spacca, con la
consapevolezza che due mesi di reclusione e vergogna non sarebbero bastati in
caso di rifiuto.
Lei protese le braccia verso di me. Gliele accarezzai cingendole la vita con un
braccio.
Presi a spogliarla lentamente, molto lentamente.
I suoi indumenti estivi, una volta staccatole si dal corpo, ricadevano morbidi
sul letto, come fiocchi di neve molto grossi.
Quel momento parve durare un'eternità. Mano mano che il suo corpo veniva messo
a nudo, i ricordi di quel giorno tornavano vividi.
Quella stessa emozione, quegli stessi pensieri.
"Ti amo..." sussurrai quando anche l'ultimo pezzo di stoffa fu
abbandonato altrove.
Quelle parole rimbombarono nella stanza come il suono di un martello. Seguite
dal suono dei nostri baci e il molleggiare di un materasso troppo vecchio.
Ogni suo movimento...ogni suo centimetro di pelle...impressi nella mente. Come
se quella fosse la nostra ultima volta.
Qualcosa in me finalmente si ricomponeva. I pezzi mancanti, il vuoto, la rabbia,
il dolore. Tutto stava vorticando intorno a noi, mentre le nostre anime e i
nostri corpi si univano in una cosa sola.
Integro. Stavo tornando integro. E felice, finalmente.
Quando lei mi rotolò accanto, madida di sudore, mi resi conto di quanto fosse
piccola. Così piccola che avevo rischiato di farmela portare via.
"E' stato bello..." ridacchiò facendosi più vicina possibile.
Indifesa e carina.
"Se fai così ti salto addosso di nuovo...ah...anzi...rimandiamo a tra
cinque minuti devo ancora riprendermi!"
Scoppiammo a ridere. Le nostre risate sembrarono dieci risate unite insieme. Da
quanto non ridevamo così sinceramente?
"Ti amo..."
"Se alla tua età sei già così arrugginito...dov'è il mio vestito?"
"Sul pavimento" le indicai una matassa informe di stoffa.
"Come diamine sono finiti lì?!". Evidentemente ci eravamo agitati
più di quanto non sembrasse.
"Dove vai...?" mi lagnai guardandola rivestirsi, molto a malincuore.
Avrei gradito guardarla un'altro pò, magari farci qualche ora di sonno insieme,
abbracciati.
"Mhhhh..."
Grattastinchi entrò dalla porta semichiusa. Maledii tutte le ranocchie della
terra, avevo piacevolmente dimenticato la sua presenza.
Mi alzai controvoglia, nudo come un verme, e lo guardai con aria di
superiorità.
"Dove vai?" insistei.
"Appuntamento col mio capo..." arricciò le labbra in modo
carinissimo. La aiutai a sistemare le ciocche di capelli incastrate nel collo
della maglietta.
"...mi aiuterà a trovare un alloggio conveniente, magari in zona"
"Vieni a stare qui..." proposi di slancio. Lei rimase a guardarmi come
se fossi pazzo per qualche minuto. Forse ci stava riflettendo, mi augurai.
"Ma...beh...non voglio dar fastidio...poi...la tua intimità..."
"Vieni a stare qui. E' la cosa che desidero di più"
Continuò a guardarmi, con un'espressione indescrivibile. Non riuscii a leggere
nei suoi pensieri.
Fattosta che dopo dieci minuti eravamo di nuovo a letto, non so come, ricordo
solo il calore del suo corpo premuto contro il mio. La sua dolce aura fondersi
con la mia.
L'umido delle sue labbra contro la mia pelle.
La mia vita era arrivata ad un bivio. Trascinarmi nella patetica illusione che
tutto segue il suo corso o azzardare?
Ho azzardato e ora sono felice. Quando ripenso a quel giorno d'estate mi si
accappona ancora la pelle, ma è inevitabile.
Certe ferite rimangono aperte e forse non si rimargineranno mai. Ma l'importante
è disinfettare, di tanto in tanto.
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FINE
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I Pg della saga non sono miei,
ma appartengono a JK Rowling!
T_______T Buuu così anche questa fatica è terminata ;_; che tristezza ;_;.
Scrivere questo capitolo, in questo orrificoso periodo, è stato qualcosa di
difficilissimo. Sono reduce da una giornata davvero orrenda, che va ad
aggiungersi alle altre 4 o 5 orride uguali dei giorni scorsi.
Ma pazienza...come al solito vorrei ringraziarvi tutti per avermi seguito fin
qui. So di non aver trattato benissimo la parte *clou* della fic XD ma
sinceramente vedevo poco adatta una descrizione come per Still Remember, e ho
optato per qualcosa di più sobrio u.u!
Sono stata davvero tanto felice che questa fic sia piaciuta, ed è stata una
piacevole sorpresa scoprire quanto possa essere rilassante parlare in prima
persona, ti aiuta a sfogare molto più della terza!
Mando un bacione a tutti con l'augurio di un anno nuovo meglio del vecchio ^_-
Sanae
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