L'Intrigo degli Ingannatori.

di AxXx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alex - Mi Rovinano il Natale. ***
Capitolo 2: *** Sinead - Scopriamo un nuovo, adorabile gruppo di Divinità Sanguinarie ***
Capitolo 3: *** Casino nella Dimora dei Nibelunghi ***
Capitolo 4: *** Sinead - Scopriamo di essere stati tutti presi per i fondelli ***



Capitolo 1
*** Alex - Mi Rovinano il Natale. ***


Alex – Qualcuno mi rovina il Natale

 

 

 

 

Ad Asgard era il solstizio d’inverno.

Da noi come dai greci, era una festività importantissima, dato che durante quel periodo, la natura si rinnovava. Era la festa di Idunn e tutta Asgard era in festa. La città era piena di elfi, nani e giganti delle pianure che montavano banconi del mercato e appendevano festoni. Dato che il solstizio di inverno, praticamente, coincideva con il Natale, praticamente le due feste si erano fuse. La strada principale di Asgard, già sfavillante con le sue statue di divinità e gli edifici dorati, era illuminata ancora di più da festoni a forma di stella cadente e ossa con le candeline negli occhi. A quanto pare le nostre divinità trovavano molto natalizio appendere agli alberi spade, teschi e scudi dei nemici abbattuti.

Non contestavo questa scelta, seppure molto macabra che, a mio parere, sarebbe stato meglio avere ad Halloween.

Ero mano nella mano con Astrid che si guardava intorno con aria molto leggera e allegra. Dopo la fine del mondo, si tende ad essere molto felici di essere vivi.

“Sei bellissima, sta’ sera.” Le sussurrai, mentre le carezzavo i capelli scuri.

“Grazie, anche tu non sei male.” Mi rispose, dandomi un dolce bacio sulla guancia.

Arrossii osservando la stupida armatura di acciaio asgardiano che mio padre mi aveva costretto ad indossare perché ero il figlio di Odino, salvatore di Asgard, e bla bla bla bla, tutte cavolate per cui dovevo indossare quella roba che mi faceva sembrare una disco-ball ambulante. Almeno Astrid era vestita bene. Aveva un paio di jeans neri, una maglietta verde e una giacca scura, il tutto ben intonato e si era persino truccata e stava benissimo.

Incredibile, avremmo avuto una vera serata romantica senza rischio di mostri che volevano mangiarci.

“Insomma…” Borbottai. “Sembro una palla da discoteca… tutte le luci si riflettono sull’armatura. Almeno è leggera.”

“Ma smettila!” Disse lei, ridendo e dandomi una patta sulla nuca. “Sei l’Eroe di Asgard! Sei il nostro più grande eroe! Devi essere visibile.”

“Certo, visibile, non accecante.” Ribattei, con un sorriso, mentre la baciavo.

Sarei rimasto incollato per sempre alle sue labbra se non fosse che qualcuno ci piombò alle spalle, facendoci prendere un colpo.

“Piccioncini!” Urlò Einar, con un sorrisone da combina guai stampato in faccia.

“Einar, per gli Dei, dovrei strangolarti!” Ribattei furioso, mentre riprendevo fiato.

Astrid si era stretta a me per lo spavento, ma appena si era accorta che era il nostro amico, si era ricomposta subito. Non le piaceva mostrarsi debole, ma era arrossita tantissima.

“Lo so, capo… ma sono qui per ordine di Frigga. Ci stiamo radunando per il discorso di Odino che vuole ringraziarti eccetera. Sai che non puoi mancare.” Si giustificò il figlio di Loki, dandomi una gomitata. Era fatto così, lui, doveva per forza far venire infarti alla gente.

Sbuffai, mentre pensavo a tutto ciò che avevo passato. Guerre, sofferenze, morti. Non potevo, semplicemente, passare un po’ di tempo con la mia ragazza? Avevo combattuto tanto e l’unica cosa che chiedevo era un po’ di calma per me stesso e per lei.
Piccolo inconveniente: la vita di un semidio non PUO’ essere calma.

“Vai, eroe. Ti meriti tutte le attenzioni possibili, hai salvato Asgard, dopotutto.” Mi rimproverò Astrid, con un sorriso.

“Darei tutte queste imprese ad altri per poter passare un po’ di tempo da solo con te.” Risposi, senza esitare, dandole un bacio sulla fronte.

“Lo so, ma potremmo stare dopo, insieme.” Mi rassicurò abbracciandomi.

Alla fine dovetti cedere e, insieme ad Einar, mi diressi al Palazzo principale di Asgard, sede di mio padre, Re supremo degli Dei Norreni. Era un edificio maestoso e, in tutto dava l’idea del palazzo di un Dio abituato a vincere sempre e comunque. Le colonne erano fatte di lance, il tetto e le pareti di scudi, spesso i corredi erano fatti di spade ed asce incrociate che sostenevano torce e bracieri. Il trono di mio padre era sopraelevato, rispetto agli altri e sedeva a capotavola della Sala dei Banchetti, dove tutti gli Dei e gli eroi si radunavano per festeggiare le loro vittorie. Quest’anno era un giorno particolare, dato che Asgard era stato salvata, quindi i banchetti erano ancora più allegri e festosi.

“Padre.” Dissi, inchinandomi con reverenza, anche se mi sentivo rigido come uno stoccafisso. Il rapporto tra me e papà non era proprio il massimo.

“Figlio. Questo solstizio d’inverno tu sarai un ospite d’onore, ad Asgard. Desidero che tutto sia perfetto.” Disse, senza sprecarsi in nessun saluto formale. Ormai c’ero abituato, avevo smesso di preoccuparmene.

“Lo sarà, padre. Nulla ci minaccia più.” Replicai, con sicurezza. D’altro canto non avevo idea di chi potesse minacciare la nostra tranquillità. Loki era tranquillo ed i suoi adorabili figlioletti erano stati rimessi in catene, il che riduceva di molto i nemici che dovevamo affrontare. Grazie agli Dei.

“Lo spero bene… vai nella tua stanza a prepararti.” Mi ordinò, mentre si alzava dal suo trono dorato, per poi dirigersi verso una stanza, lasciando Gunginr appoggiata ad uno dei braccioli.

Sì, ho una stanza, ad Asgard. Ufficialmente tutti i figli di Odino ce l’hanno, preparata a posta per loro, ma non la usavo praticamente mai, soprattutto perché mi sentivo a disagio. Preferivo passare il tempo a casa di mia madre, pur essendo costantemente minacciato dai mostri. Ovviamente era una stanza molto all’antica: letto a baldacchino, poltrona, camino e altra roba che andava di moda, si e no, prima dell’anno mille.

Avevo voglia di sentirmi un po’ più libero, così, in attesa che iniziasse la cerimonia ufficiale, mi liberai dell’armatura, appoggiandola su un manichino apposito. Teoricamente per togliere una corazza ci vorrebbero trenta minuti, ma, fortunatamente, la mia era un indumento magico. Appariva come una comune felpa argentea, ma una volta che tiravo su la zip mi si applicava, addosso un’armatura completa in acciaio Asgardiano. Un dono di Vidarr per le mie ottime prestazione in battaglia.

Sospirai.

Un'altra responsabilità di cui curarsi.

“Avanti, Alex, ancora qualche ora e poi potrai stare tranquillo.” Mi dissi, massaggiandomi le tempie. Ormai tutti, al Campo e ad Asgard, mi chiedevano di tutto. Tutti si affidavano a me per sapere che fare ed io facevo del mio meglio per vincere. Ma la verità era che ero oppresso.

Io non ero onnisciente, non ero invincibile. Quanto tempo mancava prima che io commettessi un errore che avrebbe condannato tutti. Non volevo pensarci. Avrei voluto stare tutto il giorno con Astrid. L’unica persona che non si aspettava nulla, da me, a parte il mio amore. Un sentimento che io ricambiavo e non avevo problemi a dare.

Ero così perso nei miei pensieri che quasi non mi accorsi dell’urlo spacca-timpani che veniva da sotto.

“AL LADRO!!! LA MIA LANCIA!!!”

Sobbalzai finendo con il sedere per terra, mentre maledivo mio padre che urlava. Mi ci vollero, però, due secondi per capire che la situazione era grave. Non mi misi nemmeno l’armatura, afferrai Excalibur e corsi di sotto. Per poco non inciampai, mentre correvo giù, saltando i gradini, letteralmente. Scansai due servitori elfi e un paggio nano che mi bloccavano la strada e, alla fine, riuscii a raggiungere nuovamente la Sala del Trono.
Odino osservava con orrore il suo trono, insieme alla moglie Frigg e il figlio Baldr. Gugnir era sparita.

“Per gli Dei!” Esclamai, esterrefatto.

“Alex!” Mi chiamò mio padre, con il volto stravolto dalla rabbia. “Raduna tutti i tuoi guerrieri! Dai l’allarme! Il ladro non deve fuggire!”

Non mi servirono altri incoraggiamenti. Il suo sguardo inceneritore bastò. Deglutii e corsi all’esterno, mentre odino richiamava a sé gli altri Dei, dando ordini. Superai il portone principale notando che le guardie elfiche erano state abbattute. Mi avvicinai un attimo per esaminare le ferite: colpi di spada, senza dubbio. Dati da uno spadaccino molto abile e violento, inoltre. Dovevo mettere in allerta tutta l’orda.
Io corsi per le strade, radunando tutti i ragazzi che trovavo, informandoli del furto dell’arma sacra del Re degli Aesir.

“Cercate ovunque, anche sotto i sassi, se necessario! Un arma non se ne va in giro da sola, il ladro dev’essere ancora ad Asgard!” Intimai, rivolgendomi a Daniel, uno dei figli di Thor, che mi rispose chinando leggermente il capo, in segno di rispetto.

Continuai a correre, seguendo la via principale affollata, dando l’allarme a tutti coloro che incontravo. In poco tempo tutta la Città Sacra era in allerta. Proseguii ancora, ma, girando un angolo, mi trovai davanti, o meglio, investii Astrid che stava correndo nella direzione opposta, seguita da Einar.

“Ah!” Strillò, lei, finendo a terra.

“Scusa, dolcezza.” Ribattei, con un sorriso, rialzandomi e porgendole una mano per aiutarla.

“Ti ho detto mille volte che non mi piace che tu usi certi nomignoli.” Sbuffò la mia adorata figlia di Hell che, però, accettò l’aiuto.

“Capo, tu si che sai come fare colpo.” Scherzò il figlio di Loki ghignando.

“Stai zitto Einar!” Sbottammo sia io che Astrid, nello stesso tempo, finendo con l’imbarazzarci ancora di più.

“Sì, certo. Allora… ascoltate, c’è un problema.” Inizia, scuotendo la testa, per far passare il rossore.

“Abbiamo sentito il casino. Che è successo?” Chiese mi chiese la mia ragazza, leggermente in ansia.

“Qualcuno è penetrato nel palazzo principale… e ha rubato Gungnir.” Risposi, ansimando per la corsa. Ero nervoso, come al solito, quando mi davano un compito. Ma dovevo mantenere un minimo di calma e ragionare.

“Abbiamo idea di chi sia?” Chiese Einar, improvvisamente pensieroso. Lo diventava, quando la situazione si faceva importante. Poteva essere scherzoso quanto voleva, ma se le cose si facevano difficili, non le prendeva sotto gamba.

“No, nessuno l’ha visto e mentre uscivo ho visto i cadaveri delle guardie. Chi li ha uccisi dev’essere un guerriero abilissimo e uno spadaccino. Le ferite erano, senza dubbio, stati vibrati da una lama affilata.” Risposi, subito. Non avevo tempo per girarci intorno, anche se, nella mia testa, si affollavano già un sacco di domande. Chi era il colpevole? Come aveva fatto a superare il Bifrost? Perché aveva rubato la Lancia di Odino? Da dove veniva?

Una piccola parte di me disse che, forse, potevano esserci i romani, di mezzo, ma esclusi che fosse colpa loro. Ormai erano nostri alleati, anche se, ogni tanto, se la prendevano perché li battevamo in una simulazione di battaglia campale.

“Dobbiamo muovere le chiappe!” Sbottò Astrid, dandomi uno strattone.

“Dritt!” Imprecai, sentendomi un idiota. Mi ero bloccato. “Hai ragione, andiamo!”

La Città Sacra, ormai, era in allarme. Elfi guardiani, semidei e nani giravano ovunque, alla ricerca del colpevole, ma non sembravano esserci risultati. Feci del mio meglio per organizzare una ricerca a tappeto. Detti ordini e direzioni, organizzando squadre, ma ancora nulla.

“Gente, non stiamo facendo progressi…” Fece notare Einar, dopo l’ennesimo quartiere battuto a tappeto, senza successo.

“Hai ragione… ma dove potrebbe essere il ladro?” Chiesi, esasperato. Impossibile che avesse già lasciato Asgard. Non poteva essere così veloce e sapevo che, come procedura di emergenza, in questi casi, Heimdallr chiudeva il Bifrost.

Fu allora che Hugin mi sorvolò, stridendo furiosamente, come impazzito. Ad altri risultava incomprensibile, il suo linguaggio, ma io, in quanto figlio di Odino, riuscii a capire queste parole: “Il Bifrost! Il Bifrost non si chiude! Sabotaggio! Il Ladro! In Fuga! Fermatelo, ordine del Re, Fermatelo!!!”

“Dritt! Einar, abbiamo già controllato le porte di Asgard?” Chiesi, mentre una gelida consapevolezza si faceva strada nella mia testa.

Lui si accigliò e rispose: “No, non abbiamo ancora mandato nessuno, lì.”

“Dannazione!” Urlai, richiamando Vesa con un fischio. Dovevo raggiungere la porta, sperando che il ladro non fosse giù uscito.

“Ehi, capo! Che succede!?” Chiese il figlio di Loki, stupito.

“Hanno sabotato il Bifrost! Il ladro starà sicuramente fuggendo, dobbiamo intercettarlo!” Strillai in risposta, per farmi sentire sopra il battito d’ali della mia viverna, pregando che avesse sentito e che mi avrebbe raggiunto.

Una cosa era certa, però: dovevo assicurarmi che nessuno fosse uscito.

Sorvolai rapidamente tutti i quartieri di Asgard, ancora sfavillanti per le luci e la festa, degenerata, ormai, in una gigantesca perquisizione a cielo aperto. Le alte mura erano intere, ma i cancelli erano aperti: dovevo assolutamente chiuderle ed impedire il controllo manuale del Ponte Arcobaleno, prima che fosse usato.

Atterrai proprio quando un ragazzo incappucciato, con un lungo involucro legato alla schiena usciva da un vicolo laterale, dove vedevo Astrid, stesa a terra, con una ferita al braccio.

“Astrid!” La chiamai spaventato. Il suo sangue mi fece sentire male: non potevo permettere che le succedesse qualcosa.

“Sto bene, occupati di quell’idiota!” Mi urlò, indicando il guerriero che scappava verso il Bifrost aperto. 

Mi bloccai ed osservarlo. Era poco più basso di me, tarchiato, robusto e indossava jeans e una maglietta rossa che sporgeva da sotto la felpa. Da sotto il cappuccio vidi che il volto era ricoperto di lentiggini e a fianco aveva una spada. Non sembrava sorpreso di vedermi, ma manteneva un volto impassibile, quasi fosse una statua mobile.

“Fermo, bastardo!” Urlai, per poi darmi dell’idiota. Era ovvio che, dopo un avvertimento del genere, non si sarebbe mai fermato.

Infatti quello, mantenendo un espressione stranamente indifferente, si mise a correre ancor più veloce verso i Cancelli di Asgard, con io che lo inseguivo alla massima velocità. Vesa era volata in alto, ma non osava attaccare, nel timore di danneggiare Gungnir.
Avevo poco tempo per agire e quel tipo era troppo lontano da me, per poterlo placcare. Avevo una sola possibilità: concentrai l’energia magica, di cui mio padre era custode e la canalizzai nelle mie braccia da cui uscirono cinque sfere violette che crepitarono di energia, dirigendosi a tutta velocità verso l’intruso.

I proiettili sfrigolarono fino a colpirlo alla schiena. Non era una magia letale, ma provocava bruciature e lesioni minori. Utile per distrarre o rendere inermi degli avversari. Eppure quello barcollò, ma non cadde. Si voltò ed estrasse la spada, pronto ad affrontarmi.

“Come vuoi.” Lo minaccia, prendendo Excalibur, parando il primo fendente.

Iniziammo a duellare vicino alle porte e, dovevo ammetterlo, era molto abile, non riuscivo a prendere il sopravvento, nonostante lo stessi mettendo in difficoltà. Lanciavo fendenti e affondi, ma il ladro, nonostante fosse appesantito dalla lancia, riusciva a reggere i miei assalti.

“Arrenditi. Restituisci Gungnir e ti lascerò andare.” Gli promisi, mentre eravamo in stallo.

“Ordine… rubare… l’arma di Odino.” Rispose il ragazzo, con voce atona.

Mi accigliai: qualcosa non andava. Quel tipo sembrava un robot privo di volontà. Mi separai da lui, pronto ad attaccarlo di nuovo. Ci slanciammo di nuovo l’uno contro l’altro. La sua spada mancò, di pochi centimetri, la mia gamba, ma Excalibur volò contro il suo viso.
Avrei potuto ucciderlo, ma la mia coscienza, ancora una volta, mi bloccò. Deviai la traiettoria della lama che finì con il tagliare in due il cappuccio del ragazzo, permettendomi di vederlo bene in faccia, questa volta. Aveva gli occhi scuri, i capelli castani ed era pieno di brufoli, come avevo intuito. I suoi occhi erano vitrei e inespressivi. Capii subito che era controllato. Agiva al di fuori della sua volontà.
Ma chi era?
Non l’avevo mai visto al campo, eppure, data la sua abilità, doveva essere per forza un semidio, o qualcosa del genere.

“Ehi, tu, ascoltami.” Provai a richiamarlo, abbassando la spada.

Prima che potessi fare qualcos’altro, però, il tipo brufoloso, mi scagliò contro la spada. Era una mossa disperata, di solito, un modo idiota per distrarre i propri avversari e avere il tempo di scappare. Ma molto efficace.
Infatti, nel tentativo di evitare la letale arma, fui costretto a gettarmi a terra. Questo diete il ladro il tempo di scappare e di guadagnare il Bifrost.

“Non ci provare, fermo!” Gli intimai, rialzandomi, pronto a seguirlo.

Troppo tardi.
Quello afferrò i comandi manuali del ponte dell’arcobaleno e lo attivò. Le porte si illuminarono e il suo corpo fu avvolto da quella che sembrava una spirale di colori, fino a sparire del tutto.

“Dritt!” Imprecai, furibondo. Avevo fallito.

“Alex…” Mi chiamò Astrid, ancora ferita, nel vicolo. “Non è colpa tua.”

Sospirai e mi avvicinai a lei: “Per gli Dei, mi sono fatto fregare da una mossa del genere.”

“Dai, lascia stare.” Mi rassicurò la mia ragazza, tenendosi la ferita. La esaminai: non era molto grave, ma per un paio di giorni non avrebbe potuto combattere.

“Chiunque tu sia, ti troverò, ragazzo… scoprirò cos’è successo e se scoprissi che non eri comandato, non ti darò mai pace.” Pensai, stringendo i denti, furioso. Potevano farmi di tutto, ma nessuno poteva toccare Astrid.  

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo Autore.]

Salve gente. Ecco a voi l’ennesimo spin-off (Questa volta approvata da Water_Wolf) di Cronache del Nord. Questa volta il crossover non è con un libro di Rick Riordan, ma con un'altra Fanfiction: Cronache di Dun Scaith (Mamma mia, che nomi folli, questi celti).
Ad ogni modo, ecco a voi il primo capitolo in cui vediamo Alex alle prese con Astrid, suo padre ed un tizio che, per poco, gli uccide la ragazza. Direi che ci sono tutti i presupposti per voler odiare i Celti. :3
Ad ogni modo, se non lo sapete, il tizio che ha rubato la Gungnir è un celto, sì, ma non è così semplice. Il problema è far capire ai Norreni la verità, perché, probabilmente, Alex massacrerà di botte il poveretto che gli ha ferito Astrid.
Ad ogni modo, spero che la storia vi sia piaciuta.
J
Un saluto da me e da Fan of the Doors.
Mi raccomando, dite cosa ne pensate.
AxXx

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Sinead - Scopriamo un nuovo, adorabile gruppo di Divinità Sanguinarie ***


SCOPRIAMO UN NUOVO E ADORABILE GRUPPO DI DIVINITA’ SANGUINARIE

 

 




Lo so che una serie di ricerche frenetiche, imprecazioni e commenti preoccupati in una specie di bunker sotterraneo è un esordio molto meno figo di una festa nel mondo degli dei, ma per noi andò così.
Mi presento un attimo, prima di continuare: sono Sinead O’Brian, druida e guerriera celtica, reincarnazione della guerriera Scathach, e capo di Dun Scaith insieme alla mia gemella Nancy. Dun Scaith è una sorta di reticolo di gallerie che si estendono per buona parte di una montagna nell’isola di Skye, ed è il posto dove tutti i ragazzi che nella loro vita precedente sono stati personaggi importanti per i celti si addestrano nella magia e nel combattimento.

Tutto questo implica che non sia praticamente mai un posto tranquillo, ma il ventuno dicembre c’era perfino più confusione del solito. La ragione era semplicissima, ma allo stesso tempo la più preoccupante possibile: la Slea Bua, la lancia magica che non mancava mai il bersaglio, era scomparsa.
La Slea Bua era uno dei quattro tesori dei Tuatha de Danann, i quattro oggetti più potenti degli dei celtici. Avevano tutti un potere incredibile, e per questo erano custoditi con quella che noi ritenevamo la massima sicurezza (una stanza piena di corvi enormi pronti a buttarsi addosso al primo intruso. Fidatevi, è un ottimo antifurto). La sola idea di perdere uno di loro, perché magari finisse nelle mani di qualcuno dei nostri nemici, era impensabile.
Ora forse puoi capire il panico che coinvolse l’intera Dun Scaith quando Nancy andò a controllare che fosse tutto a posto, come faceva tutti i giorni, e scoprì che la lancia mancava all’appello. Il nostro rifugio fu letteralmente buttato all’aria da cima a fondo, nella speranza di ritrovarla magari da qualche altra parte, di scoprire che qualcuno l’aveva semplicemente spostata dalla solita stanza, in fondo se i corvi non avevano reagito doveva averla per forza presa uno di noi.

E invece niente! Tutto completamente inutile. La lancia non era da nessuna parte.

Noi che la cercavamo finimmo per ritrovarci tutti nella sala dei combattimenti, la più ampia e quindi la più adatta a contenerci tutti.

“Io non l’ho trovata da nessuna parte” mormorò cupamente mia sorella

“Voi?”

“Niente” risposi io. Tutti i presenti scossero la testa con aria da funerale.

“Non è più a Dun Scaith” concluse Duncan, uno dei nostri guerrieri.

Prima che qualcuno potesse rispondergli, Jacqueline, meglio nota come Jackie, un’altra dei nostri guerrieri, si guardò intorno perplessa e chiese “Ci sto facendo caso solo adesso, ma Orlando dov’è finito?”

Orlando era un altro dei nostri guerrieri, un ragazzo tarchiato, con i capelli scuri e pieno di brufoli, un ottimo guerriero ma piuttosto spaccone e, se proprio devo ammetterlo, non certo il più sveglio del gruppo.

“E’ da ieri sera che non lo vedo” osservò Esther, una dei nostri druidi “Ora che ci penso, non era a colazione”

Prima che qualcuno di voi pensi scandalizzato ‘e non ve ne siete accorti?!’, specifico subito che non era una cosa rara. Orlando andava a dormire tardissimo e di norma ci volevano almeno cinque minuti di grida alla porta di camera sua per farlo arrivare agli allenamenti.

“Sarà ancora in camera sua a dormire” osservò distrattamente la Morrigan, la dea corvo che viveva nel nostro rifugio e ci aveva aiutata in tutte le nostre missioni “Non penserete certo che le vostre grida mentre cercavate la lancia siano state abbastanza potenti da svegliarlo, vero?”

“Ha ragione, sarà ancora nella sua stanza” le feci eco io.

“Vado a svegliarlo” si offrì Violet, la nostra druida esperta in pozioni, con un sorrisino sadico. Mentre lei si dirigeva verso la stanza del guerriero, non dubitai che ci sarebbe riuscita: quei due si odiano, e Orlando non avrebbe probabilmente avuto un piacevole risveglio.

Ma Violet tornò pochissimo dopo, da sola e con un’espressione cupa. “La stanza è completamente vuota” annunciò “Il letto non è intatto, ma è freddo. Ho controllato anche in cucina per vedere se non stesse facendo colazione, ma non è nemmeno lì”

Ci furono alcuni istanti di silenzio, poi Christine, un’altra guerriera, diede voce ai pensieri di tutti: “Non è che la lancia se l’è portata via lui?”

“Non credo” mormorò Nancy, piuttosto perplessa da quella spiegazione.

“Già, ci vorrebbero almeno due neuroni per fare una cosa del genere” osservò Violet.

“Credo che intenda dire che non sarebbe così sconsiderato da fare una cosa simile” intervenne Duncan facendo arrossire mia sorella. “In fondo, Orlando sa benissimo cos’è la Slea Bua, cosa comporterebbe rubarla … e poi, non avrebbe nessun motivo di farlo”

“Vi ricordo che stiamo parlando della persona che se ne andava tranquillamente al bar mentre i Romani ci cercavano per tutta la nazione” fece notare la Morrigan “Da quello lì, ci si può aspettare di tutto”

“Sì, magari ha promesso a una qualche ragazza di Portree di mostrarle la lancia” ipotizzò Violet.

Bisognava ammettere che in effetti questa ipotesi era più che plausibile. Orlando aveva sempre preso le cose importanti piuttosto sottogamba e corso rischi per nulla, in particolare se c’era da farsi belli davanti a qualche ragazza. Me lo potevo proprio vedere, a portare la lancia più potente dei celti sotto lo sguardo di qualche ragazza mortale allibita.

“Okay, ragazzi” intervenni “Al momento, bisogna trovare Orlando, se vogliamo sapere se ha davvero la lancia, quindi adesso scendiamo giù a Portree, ci sparpagliamo e vediamo se qualcuno lo ha visto” decisi.

Grazie agli dei, i Romani avevano ormai rinunciato a darci la caccia e se ne erano tornati al loro Campo, quindi avevamo una libertà di movimento pressoché totale.
Io e mia sorella, nella perlustrazione della città, decidemmo di tenere particolarmente d’occhio i bar: erano i posti dove tendenzialmente Orlando si riempiva di non so quante robe gassate, per poi mollare i rutti più sonori che avessi mai sentito e tirarsi a dietro gli improperi di tutta Dun Scaith. Praticamente tutti i baristi che interpellammo l’aveva visto, cosa che ci diede una discreta idea di quanto fosse stato prudente quando c’erano i Romani, ma nessuno l’aveva visto quel giorno.

“Ma dove cavolo è andato a cacciarsi?” sbottai dopo il quarto bar controllato senza profitto.

“Nell’ultimo posto sicuro per noi celti” osservò cupamente una voce maschile vicino a noi.

Ci voltammo e ci trovammo davanti un uomo alto, robusto, con capelli biondi piuttosto lunghi.

“Divino Lugh” lo riconobbe Nancy.

Lugh era il dio praticamente di qualunque cosa: fabbri, spadaccini, poeti, sacerdoti, mercanti, maghi e pure ladri. E già che c’era, era anche il dio della luce. Non per niente era noto come ‘il dio delle mille arti’. Oltre a questo, era capo dei Tuatha de Danann, gli dei dell’Irlanda.
Io e Nancy lo avevamo già incontrato durante la nostra missione per rubare i Libri dei Romani, e a modo suo, c’era stato molto d’aiuto.

“Cosa stava dicendo di Orlando?” gli chiesi, andando dritta alla cosa più importante. Lugh strinse le labbra, come se stesse per dirci qualcosa che non gli piaceva.

“Le vostre supposizioni erano giuste” confermò “Il ragazzo ha davvero preso la lancia. Ma non l’ha fatto per i motivi che state pensando voi”

“Come?” chiese Nancy.

“Perché?” chiesi io. Non poteva certo voler dire che Orlando era un traditore!

“E’ stato costretto” ci disse infatti.

La cosa non mi faceva certo stare meglio. Anzi, era il modo giusto per mandarmi in bestia: non avrei mai permesso che a chiunque di Dun Scaith venisse fatto del male.

“Chi è stato?” gli chiesi.

Lugh ci fissò con aria cupa. “Avete mai sentito parlare degli dei norreni?”

“Intende quelli del Valhalla?” chiese Nancy “Come Odino e Thor … oh. Esistono anche loro, giusto?”

Il dio annuì. E ti pareva: oltre ai nostri, a quelli greci e ai Romani, esistevano pure gli dei nordici. Stavo iniziando ad avere il forte sospetto che gli dei di tutte le religioni esistessero.

“E cosa vogliono da noi?” chiesi in tono cupo.

Lugh si morse il labbro con aria pensosa. “Cosa vogliano esattamente, non lo so. Quello che credo più probabile, è che siano interessati alle nostre terre. Ai tempi antichi, i loro guerrieri ne facevano di scorrerie sulle nostre coste, sapete?”

Oh, fantastico. Non solo gli dei Romani ci odiavano e ritenevano propria la nostra terra, adesso si aggiungevano alla lista anche i norreni. E’ bello sapere che c’è sempre qualche gruppetto di divinità sanguinarie che ti vuole morto.

“E Orlando cosa c’entra con tutto questo?” chiese Nancy.

“Più che altro, c’è da chiedersi cosa c’entra la Slea Bua con tutto questo. Vedete, sottrarre a un popolo i suoi oggetti più potenti è uno dei modi più sicuro di indebolirlo, ve ne sarete accorte da come hanno reagito i Romani quando avete rubato i loro Libri”

“Difficile non accorgersene” borbottai.
“E io non ho intenzione di permettere che la mia lancia venga usata a tale scopo, o anche solo che finisce nelle mani di quei dannati norreni. E’ per questo che sono venuto a pararvi: perché voi riusciate a recuperarla” annunciò il dio con rabbia.

“La capiamo perfettamente” dissi “Ma di nuovo: perché mettere di mezzo Orlando? Perché non organizzare semplicemente un attacco al nostro rifugio?”

“Buona domanda” concesse il Dio “Credo che vogliano usarlo per una sorta di ricatto. Vi sarà più difficile agire contro di loro, sapendo che lui è nelle loro mani. Credo che di tutti, abbiano scelto lui perché è il più, come dire … non so molto del vostro gruppo, ma da quanto ho sentito dire, non è propriamente il più furbo, dico bene?”

Non era molto carino nei confronti di Orlando ammetterlo, ma annuimmo.

“Come hanno fatto a contattarlo e a convincerlo?” chiese Nancy “E’ quasi tutto il tempo a Dun Scaith con noi … be’, per buona parte del tempo, voglio dire …”

“Immagino che l’abbiano minacciato o ricattato in qualche modo” rispose Lugh cupamente “Non sono tipi che amano le mezze misure. Per come l’abbiano contattato … non lo so, ma sospetto un qualche trucco magico da parte di quell’idiota di Odino”

“E’ il loro re, giusto?” si ricordò Nancy.

Lugh fece una smorfia di disprezzo. “Ah, sì. Alcuni mi paragonano perfino a lui, sapete. Guerriero, come me. Poeta, come me. Qualcuno dice perfino saggio come me, ma non fidatevi, è solo la propaganda norrena. No, quello che avete bisogno di sapere di lui … è che è un tizio decisamente violento”

Ah, fantastico. Ormai ero decisamente preoccupata per il povero Orlando. Dov’era in quel momento? Cosa gli stavano facendo i norreni? Lo stavano torturando? Decisi che non appena avessi messo le mani su chi aveva avuto la brillante idea di usarlo per rubare la lancia, quello si sarebbe pentito di essere stato tanto furbo.

“Sa dove possa essere Orlando?” chiese Nancy.

“ Nello stesso posto dove si trova la mia lancia, suppongo. E quindi posso sapere esattamente dove grazie al mio collegamento con lei” ci informò Lugh

“Era la mia arma, in origine. Tutti i Tuatha hanno una forte connessione con i quattro tesori, ma il mio con la Slea Bua è diverso da tutti gli altri”

“Affascinante” intervenni spiccia “Allora dov’è?”

Per quanto lo conoscevo, era difficile arrivare dritti al punto con Lugh senza divagare, ma quella volta afferrò il messaggio e rispose subito: “La lancia è nell’antica città dei Nibelunghi”

“Dei Nibe-chee?” fu il mio elegante commento.

“Nibelunghi. Sono un antico popolo di nani che vivevano sottoterra e conoscevano i segreti della fusione del ferro. Si trovavano al confine tra noi e i norreni e intrattenevano rapporti commerciali con entrambi. Ormai sono scomparsi, e la loro città sotterranea è disabitata e in rovina. Ma comunque, si trova in Germania, per l’esattezza dove adesso sorge la città di Worms”

“E come facciamo ad arrivare a questa città sotterranea?” chiesi.

“Oh, non è difficile. Basta che scendiate nelle fogne”

“Nelle fogne?” Ripeté Nancy.

“Sì, vi si può arrivare tramite l’impianto fognario della città. Vi suggerisco in particolare un tombino dalle parti del Duomo: è il più vicino alla città sotterranea”

Oh, certo, due ragazze che scoperchiavano un tombino e si calavano nelle fogne non avrebbero assolutamente dato nell’occhio.
Ad ogni modo, annuii.“Perfetto. Direi di partire subito, non ho intenzione di lasciare né Orlando né la lancia nelle mani di quei tipi un secondo di più” annunciai.

“Questo è lo spirito giusto!” commentò Lugh “Vi consiglio però di radunare i vostri tirocinanti e di tenerli chiusi a Dun Scaith. Può occuparsi la Morrigan di eventuali aggressori … si può dire tutto di quel corvo, ma non che non sa combattere”

“E va bene” mormorai cupamente “In fondo, non possiamo certo portarci dietro tutta la squadra”

“D’accordo” disse Lugh serio “Ora vi ho detto tutto quello che sapevo. Vi consiglio di partire immediatamente … più il tempo passa, più ci sono possibilità che la mia lancia finisca in mano a Odino”

“Insieme a Orlando”

“Ah, sì, giusto, insieme al ragazzo. Ebbene … buona fortuna, e riportate la lancia!”

Detto questo, sparì teatralmente in un lampo di luce.
Non perdemmo neanche un attimo.
Corremmo come delle disperate per tutta Portree per radunate i ragazzi, metterli brevemente al corrente della situazione e rimandarli a Dun Scaith insieme alla Morrigan. Noi due, dopo aver prelevato le nostre armi, prendemmo il traghetto e arrivammo in autobus fino alla città con aeroporto più vicina. Da lì prendemmo il primo volo per Worms, che per qualche strano miracolo si concluse senza interventi di dei o mostri – era la prima volta che capitava da quando avevamo scoperto chi eravamo. Arrivammo a Worms dopo circa un paio d’ore, e ci dirigemmo subito verso il Duomo, seguendo le istruzioni che ci aveva dato Lugh.
Tutto questo preoccupate da morire. Be’, insomma, voi che avreste fatto, se un ragazzo di cui comunque vi stavate occupando, che conoscevate e a cui eravate, più o meno, affezionati fosse stato nelle mani di un gruppo di divinità sanguinarie che volevano conquistare il vostro Paese?

“E adesso come facciamo ad entrare?” chiese mia sorella, china su un tombino presso il Duomo, guardandosi attorno. Era pieno di gente.

“Proviamo a fondere il metallo e a scendere come se nulla fosse” risposi “I mortali tendono a dare subito spiegazioni per loro logiche alle cose, magari non ci faranno neanche caso”

“O magari chiameranno la polizia” mormorò Nancy, ma procedette lo stesso a fondere il metallo.

Nel giro di pochi secondi il coperchio del tombino era sparito, e al suo posto c’era un buco con una scala che scendeva. La gente ci osservava con aria un po’ perplessa, ma nessuno tentò di fermarci, quindi iniziammo a scendere lungo quella scaletta che, nel caso possa interessarvi, era scivolosa in maniera assurda.

Arrivammo alla fine dopo qualche minuto. Nancy accese una torcia elettrica che era stata abbastanza previdente da portarsi a dietro e illuminò un tunnel sotterraneo, con un piccolo fiume di acqua maleodorante che scorreva al centro.

“Bene” commentai “Tu vedi da qualche parte una città in rovina?”

La mia spada magica, Freagairiche, decise di rispondere al posto di mia sorella. ‘Ti suggerirei di metterti a camminare verso sinistra’ mi ronzò ‘Se non sbaglio, dovrebbe essere più o meno da quelle parti’

‘Non sapevo che tu facessi anche da navigatore satellitare’ pensai i risposta, avviandomi dove diceva lei e facendo cenno a Nancy di seguirmi.

‘Bella gratitudine’

‘Scherzavo, razza di permalosa!’

Comunque, i mio improvvisato Tom Tom funzionava alla perfezione: non molto tempo dopo, il paesaggio cambiò radicalmente: il nostro tunnel sfociò in un’enorme caverna, il tipo di posto che non ti aspetteresti mai sotto una città.
Ovunque sorgevano edifici veri e propri, anche se si capiva chiaramente che erano abbandonati: quasi tutti non avevano più il tetto, e molti avevano i muri semidiroccati. Se qualcuno aveva la porta, quella penzolava dai cardini e il legno era mezzo marcio. Alcune sembravano abitazioni, altri avevano più l’aspetto di negozi o di quelle botteghe di fabbri che si vedono nei film sul Medioevo (e d’altronde Lugh aveva detto che erano esperti nella lavorazione del ferro).

Entrambe procedemmo, guardandoci intorno impressionate. Decisamente, quel luogo abbandonato e nascosto sotto la città tedesca faceva un certo effetto.

“Chissà come doveva essere vivere qui …” mormorò Nancy, puntando la torcia su bottega sulla quale penzolava un’insegna marcia e ormai illeggibile.

“Non molto diverso che vivere a Dun Scaith, probabilmente” osservai

“Piuttosto, chissà com’è che i Nibelunghi l’hanno abbandonata?”

“Forse se ne sono andati quando hanno iniziato a costruirci sopra la città, ma non è il nostro problema più grosso. Dov’è Orlando?”

Prima che io potessi dire qualunque cosa o avanzare qualunque suggerimento, sentimmo delle voci, abbastanza vicine a noi. Sembravano quelle di due ragazzi, ma non capivo cosa stessero dicendo. Stavano parlando una lingua straniera, forse tedesco.

“E questi cosa fanno qui?” sussurrò Nancy “E chi sono?”

Quello che disse uno dei due subito dopo fu una risposta più che sufficiente. Non capimmo la frase, ma una parola la sentimmo forte e chiara: ‘Odino’.
Stavamo per incontrare i norreni.

 

 

 

 

 

 

 

 

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[Angolo Autrice]

Sì, autrice, perché questo capitolo è di Fan of The Doors. Vi presento la città dei nibelunghi, luogo dove si trovano due oggetti cercati da entrambi i gruppi. Immagino che Alex non sarà felice di incontrare i celti. Non dopo quello che hanno fatto alla sua ragazza e a sua padre.
Anche se, a mio parere, della lancia gliene frega relativamente poco ;)
Ad ogni poco Sinead (NON CI CREDO ME LO SONO RICORDATO!!!!) e Nency, che sono molto carine entrambe (Ma va’, sono sorelle gemelle.) stanno per incontrare il nostro caro figlio di Odino.
Voleranno sicuramente parole grosse (Senza contare spade e magia :P )
Spero che la storia vi piaccia.
A presto, ragazzi!

AxXx e Fan of the Doors

 

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Capitolo 3
*** Casino nella Dimora dei Nibelunghi ***


CASINO NELLA DIMORA DEI NIBELUNGHI

 

 

 

[POV Alex]

Eravamo atterrati a Worms dopo pochi minuti. Heimdallr aveva ricostruito la destinazione del ladro, usando il computer incorporato nel suo trono. Il ladro era andato a Worms, una città nota ai nordici per varie ragioni. In particolare perché lì, nei tempi antichi, sorgeva una città fortezza dei nani. I Nibelunghi. Era un popolo di frontiera, ricco e potente. Furono i primi ad apprendere la fusione dell’Acciaio, insegnatali da Vidarr.
Prima di partire andai a trovare Astrid. Era stata portata nella Sala della Guarigione e le Valchirie le stavano curando le ferite, lamentandosi del fatto che non fosse morta.

“Dai, amore, non preoccuparti. Ce la farai lo stesso.” Mi rassicurò, dandomi una pacca sulla spalla, mentre osservavo il suo braccio ferito.

“Mi dispiace, lasciarti qui.” Risposi, dandole un bacio. “Vorrei che mi coprissi tu le spalle.”

“Einar è un grande, Date le mie condizioni direi che è la scelta migliore.” Ribadì con un sorriso tirato.

“Allora aspettami, tornerò.” Conclusi, dandole un bacio.

Teoricamente avrei anche usato tutta l’Orda per andare a Worms, ma Odino voleva mandare solo una piccola squadra e tenere tutti i Semidei disponibili per un'altra, possibile incursione. Così atterrammo letteralmente, alle periferie della città.

“Allora, capo, idee su dove andare?” Chiese Einar, togliendosi di dosso il fango del Reno.

“Credo ci fosse un entrata secondaria vicino al fiume.” Risposi, mentre osservavo le sponde del fiume.

Per un attimo riuscii a vedere le battaglie che si erano consumate. Migliaia di legionari romani avevano tentato di attraversarlo e non riuscirono mai ad affrontare i principi germanici che lo tenevano. Mi chiesi quanto sangue avessero visto quei fiumi.
Proseguimmo lentamente, lungo la sponda, fino a trovare una grotta.

“Credo sia qui.” Annunciai, accendendo la torcia elettrica.

Non fu difficile trovare la porta. Anche se nascosta da un illusione, Einar riuscì a scovarla subito e a dissolvere la magia che la copriva. Entrare non fu un ostacolo. Il corridoio procedette fino a che non arrivammo ad un grande piazzale. Ricordava il cortile di un castello medievale, con tanto di botteghe e negozietti. Tutto a misura di nano, eppure tutto perfetto.

“Allora, dove credi che sia?” Chiese, Einar, mentre puntava la sua torcia verso una casa diroccata, alla nostra destra.

“Non lo so. Nemmeno Odino lo sa dire con precisione, ma è d’accordo che il ladro sia qui. Non si è spostato.” Risposi, avanzando cautamente. La mano sempre pronta a volare all’elsa di Excalibur, in caso ci fossimo imbattuti in qualche aggressore.

“Capisco.” Disse Einar, calmo, mentre procedeva. “Ti sei mai chiesto come mai sia rimasto fermo qui, quando sarebbe potuto scappar via?” Aggiunse, dopo qualche secondo, mentre ci avvicinavamo alla parte più interna della città.

“Già, un bel mistero. Inoltre mi è sembrato un po’ troppo… strano. Il ladro sembrava agisse senza volerlo.” Aggiunsi, senza, però fermarmi. Dovevo assolutamente scoprire dove si trovasse la Gungnir. Non potevo fallire. Non dovevo fallire.

Mentre continuavamo a camminare, guardandoci intorno, puntando le torce su ciò che rimaneva della città, un ragno si arrampicò sulla gamba di Einar. Ora, chiunque avesse visto la scena sarebbe stato disgustato, ma i ragni sono l’animale sacro di Loki, suo padre. Per questo il mio amico non ebbe nemmeno un brivido quando quello gli finì in mano.

“Ehi capo… una rossa ci sta seguendo.” Disse, dopo un attimo, mentre procedeva.

Io mi irrigidii subito, ma continuai a camminare per non attirare sospetti:  “Sicuro?”

“Il ragno dice di sì. Una sola.” Ribadì il figlio di Loki, accigliato. “Credi siano con il ladro?”

“Non lo so… ma dovremmo parlarle. Se è entrata riesce a vedere oltre la foschia, no?” Feci notare, mentre lanciavo occhiate furtive alle mie spalle.

“Ottimo… lascia fare a me, capo. Tu procedi e quando dico ora, chinati e corri dietro l’angolo.” Mi consigliò, mentre lo vedevo stranamente serio.

Sapevo di potermi fidare di lui. Era astuto e affidabile, così camminai. Procedemmo per qualche metro, facendo finta di niente finché Einar non mi dette il segnale. Scattai a destra insieme a lui nascondendoci dietro un angolo e capii il suo trucco. Lungo la via principale due illusioni uguali a noi stavano procedendo senza fermarci. Questo avrebbe confuso la nostra inseguitrice. Infatti la vedemmo passare dopo pochi secondi.

Era una ragazzina sui quindici anni, aveva lunghi capelli rossi e occhi di una strana sfumatura violetta. Non era molto alta, ma sentii il suo potere magico, nonostante fosse abbastanza distante. Indossava un paio di jeans, una maglietta, una giacca e al fianco aveva una spada. Mi accigliai perplesso: non l’avevo mai vista al Campo Nord, nemmeno al Campo Mezzosangue. Forse al Campo Giove? No, non credo. Avrei riconosciuto una persona dalle caratteristiche così… particolari.

“Chi credi che sia capo? Non ha un aria familiare.” Rincarò Einar, sottovoce, mentre la guardavamo. Era accigliato e sudava nel tentativo di mantenere le illusioni solide e in movimento.  

“Lo so, amico.” Sussurrai, mettendo mano alla spada. “Fermiamola.”

Lui annuì e fece sparire i nostri due cloni, lasciando la ragazza di stucco.

“Ferma!” Intimai estraendo Excalibur. Il peso della lama mi fece sentire più sicuro. “Non fare un altro passo.”

Lei si irrigidì subito e si bloccò sul posto.

“Alza le mani, gattina.” Aggiunse Einar, con tono stranamente condiscendente. “Estrai la spada e buttala a terra, poi voltati. Se fai la brava usciremo a cena insieme.”

“E se invece ti rompessi il naso!?” Sbuffò la rossa, girandosi e eseguendo gli ordini, a parte, ovviamente uscire.

Avrei voluto ridere, ma volevo mantenere un tono serio: “Chi sei? Cosa ci fai nella città dei Nibelunghi?”

“Come se non lo sapeste.” Ribadì lei aggressiva. “Mi avete fregata, ma sappiate che il vostro piano fallirà.”

Alzai le sopracciglia perplesso e guardai Einar che sembrò altrettanto confuso. Ma di che stava parlando quell’esaltata?

“Potresti aggiornarci, dolcezza? Noi non sappiamo nemmeno chi sei.” Fece il figlio di Loki. Riconobbi che stava usando il potere della sua Lingua Ingannatrice.

“Già, bel teatrino. Siete dei ladri, scommetto che c’è un gruppo di vostri compagni pronti ad attaccarci. Sappiate che i miei compagni sono ben addestrati, vi faremo sudare Dun Scaith.” Ringhiò aggressiva stringendo i denti.

Mi parve di sentire un rumore, alle mie spalle, ma rimasi concentrato su di lei: “D’accordo, mettiamo che sia vero. Allora come mai voi siete qui e non a difendere Dum Schit?”

“Per riprenderci Orlando, ovvio! L’avete rapito, siamo qui per salvarlo. Dov’è?” Chiese, accigliata. Non capivo se fosse per la confusione o la rabbia.

“Ma di chi stai parlando? Noi non abbiamo rapito nessuno!” Risposi, sorpreso.

“Ah, no? Quindi non sapete nulla di un tipo dai capelli scuri e pieno di brufoli?” Chiese allusiva.

“Cosa!?” La descrizione era proprio quella del tizio che aveva osato ferire Astrid. “Quindi siete con lui! Siete dei ladri!”

“Cosa!?” Questa volta fu la rossa a sussultare per la sorpresa. “Ladri noi!? siamo qui per la Lancia!”

“Quindi siete davvero i ladri! Consegnatecela!” Urlai, avanzando con la spada pronta.

All’improvviso Einar, però, fu placcato da qualcosa, finendo con il sedere per terra. Fu allora che feci due errori terribili: il primo mi girai per vedere cos’è successo vedendo il mio amico combattere contro qualcosa che non riuscivo a vedere, il secondo fu dimenticarmi che, anche se la nostra precedente avversaria aveva la spada a terra, ma ancora a portata di mano.

Fortuna che avevo i riflessi pronti: appena sentii il sibilo della lama avvicinarsi mossi Excalibur, deviandone la traiettoria.

“PER ASGARD!” urlai, attaccando con tutta la mia forza, sperando che Einar riuscisse a tener testa al suo avversario.

Attaccai, affondai, menai fendenti con tutta la mia velocità a forza, dando fondo a tutte le mie risorse. Eppure, nonostante la mia nemica fosse in evidente difficoltà, non riuscivo a superarne la guardia. Anzi, nonostante tutto, ogni tanto riusciva a lanciare qualche attacco, come se riuscisse ad anticipare le mie mosse.
Non ebbi tempo di chiedermi come facesse perché, all’improvviso, ecco delle radici emergere dal terreno e avvilupparsi alle mie gambe.

“Cosa!? Per Odino!” Ringhiai, osservando la rossa, che stava facendo crescere le piante.

Non persi tempo: mi concentrai con tutto me stesso, imponendomi la calma necessaria ad evocare la magia. Le fiamme divamparono in pochi secondi, bruciando l piante che mi bloccavano.

“Bel tentativo… ora tocca a me.” La avvertii, evocando di nuovo delle sfere di energia. Questa volta ci misi più potere magico.

I proiettili magici sfrigolarono. Due impattarono contro un muro, facendolo crollare, ma gli altri colpirono il bersagli. Per un attimo pensai che l’avessi sconfitta, ma dovetti ricredermi. La ragazza era ancora in piedi.

“Dovrai fare di meglio!” Mi avvertì, lanciandomi contro un fulmine  magico.

Per poco non venni investito, ma Excalibur mi protesse: la magia deviò la sua traiettoria finendo con lo scaricarsi sulla sua lama che la assorbì completamente. Ringraziai ancora una volta il suo potere che mi difendeva da ogni magia ostile diretta.

“Maledizione.” Ringhiò la maga adirata. A quanto pare pensava che la sua magia fosse infallibile.

“Non prendere mai il proprio nemico sotto gamba.” Replicai mentre riprendevo l’attacco diretto. Da qualche parte, alle mie spalle, sentii Einar dire qualcosa sul “mantello di Harry Potter”.

Il duello riprese più serrato di prima. Volevo farla pagare a quei tizi che avevano rubato la lancia di mio padre e, soprattutto, ferito Astrid. Nessun poteva toccarla senza pagarla molto cara, Dio, Semidio, mortale che sia. Magie e fendenti si alternavano illuminando la grotta abbandonata di scintille.

Alla fine, dopo un urlo attirò la mia attenzione, e anche la sua: Einar aveva intrappolato il suo avversario in una casa crollata. O meglio, la sua avversaria, identica alla mia.

“Nancy!” Urlò la rossa che stavo combattendo, voltandomi le spalle, per vedere meglio.

Avrei potuto colpirla alle spalle, ma non ero così stronzo da attaccare a tradimento, così abbassai Excalibur ed indietreggia, lasciando che lei corresse dalla compagna (La sorella gemella, forse?)

“Einar!” Urlai, avanzando verso la scalinata principale. “Lasciamo perdere, dobbiamo trovare la Lancia!”

 

 

 

 

[POV Einar]

Stavamo per attaccare, quando un improvviso peso mi caracollò addosso, facendomi finire con il sedere per terra. Qualcuno stava cercando di tenermi a terra, ma non riuscivo a vederlo. Fu uno scintillio che attirò la mia attenzione: un pugnale.
Fortuna che ero stato addestrato bene e riuscii a prendere al volo il braccio invisibile che reggeva l’arma letale. Dovetti usare tutte le mie forze per non farmi sopraffare. Chiunque fosse, era una persona con un buon addestramento.

Accanto a me il Capo e la ragazza si erano messi a duellare. Era strano che una ragazza così minuta riuscisse a tenere testa al figlio di Odino. Non era mica facile tenere testa ad Alex. Si era addestrato a lungo per essere il più abile e il più forte del campo.

Avrei voluto aiutarlo, ma avevo altro a cui pensare: me stesso. Chiunque mi fosse addosso era leggero, m,a faceva di tutto per tenermi a terra, continuando a cercare di colpirmi. Alla fine riuscii a rotolare via, sentendo un gemito e un lamento. Invisibile o no, dovevo avergli fatto male.
Seguendo il rumore riuscii a capire dove si trovava e la saltai addosso nel tentativo di immobilizzarla.
Peccato che immobilizzare qualcuno di cui non vedi braccia e gambe tende ad essere un operazione alquanto complicata.
Continuava a sfuggirmi e a scappare. Ogni tanto, se la sfioravo lanciava degli urletti o delle esclamazioni che non capivo. Intuii solo che doveva essere una ragazza.

“Smettila di sgusciare via, piccola anguilla.” Ringhiai, dopo l’ennesimo tentativo fallito.

Per tutta risposta, una spada, per poco, non mi colpì alla spalla. Non era una che scherzava. Estrassi la mia spada, l’Arco di Robin mi era inutile in quella circostanza. Dovevo affrontarla.

“Vediamo che sai fare, tesorino.” Sbuffai, concentrandomi evocando tre me stessi, per confonderla.

Dovette funzionare perché quello alla mia destra sparì, tagliato a metà da una spada invisibile.
Eccola!
Questa volta non mi sarebbe scappata. Attaccai con la spada e la presi alla sprovvista, bloccando la sua usando la guardia a croce per incastrarla contro il muro più vicino. Mentre lei provava a liberarla, allungai la mano, cercando di afferrarla. Alla fine le mie mani si strinsero su qualcosa di leggero e quasi impalpabile tessuto. Nonostante tutto riuscii ad afferrarlo e tirai con tutte le mie forze. Alla fine riuscii a sfilare quella roba di dosso alla mia avversaria. Avevo tra le mani una specie di velo trasparente che, appena toccava una parte del mio corpo, la faceva sparire.
Invece la ragazza davanti a me era bassa e minuta come l’altra, aveva gli stessi capelli rossi e occhi violetti.

“Oh, ciao, gattina, sei la sorella gemella dell’altra, immagino. Bel mantello, te l’ha prestato Harry Potter?” Chiesi, ghignando. Altro bel bocconcino per Einar.

“Non chiamarmi in quel modo tu, brutto maniaco o ti taglio il…” Salto il termine per non turbare la mente di nessuno. Ad ogni modo capii subito che era pazza di me.

Liberata l’arma si lanciò all’attacco e, devo dirlo, la signorina ci sapeva davvero fare. Fendenti e affondi da maestra. C’era ì, però, il fatto che, avendo combattuto varie volte, non ero nemmeno io a digiuno di scherma. Anzi.

Continuavo ad indietreggiare, ma non tanto perché lei era più forte di me. La verità è che io non sfioro le ragazze nemmeno con un fiore.

“Che ne dici di un appuntamento su, in città? Sai, quella vera. Una pizzeria?” Chiesi, usando tutto il mio tono più affascinante, mentre evitavo che mi saltasse un orecchio.

“Smettila e combatti seriamente.” Mi rispose la ragazza, diventando improvvisamente rossa.

“Come mai così in imbarazzo? Non mi sono mica spogliato, ma se vuoi…”

“No!” Strepitò lei, improvvisamente in difficoltà. “Non ci provare.”

“Hai ragione, prima c’è bisogno di un vero appuntamento.” Commentai, sorridendo e riprendendo l’attacco, approfittando della sua distrazione.

Peccato doverla ferire, era proprio carina. Ma sono ordini di Odino, non si può disubbidire senza il rischio di essere inceneriti.
Così continuai a difendermi, anche se dovetti nascondermi non appena una sfera di fuoco non incenerì il mio sopracciglio destro.

“Wow… una tipa focosa, eh?” Dissi, mentre mi riparavo dietro una parete. Ancora una volta lei arrossì.

Mamma mia, non aveva mai avuto un flirt con un normale ragazzo? Ok che ero figlio di Loki, ma lei era davvero una signorina puritana. Il problema, adesso e che altri proiettili magici stavano volando contro di me e ciò che rimaneva della casa crollata non avrebbe retto ancora a lungo.
Sbuffai esasperato, mentre mi arrampicavo su una casa vicina, prendendo l’Arco di Robin, anche se dubitavo mi sarebbe servito.

Avevo bisogno di un piano astuto. Un piano da figlio di Loki.

Poi mi venne l’illuminazione. La maggior parte dei tetti, intorno a me, erano tetti di pietra, ma alcune case e negozi li avevano di legno ed erano quasi del tutto marci. Dovevo solo attirarla verso uno di essi.

“Ehi, tesorino!” La chiamai, sapendo che non poteva resistermi. “Se mi arrendessi, la smetti di tirare magie?”

Gli attacchi si fermarono e la sua voce risuonò cauta, ma anche autorevole: “Se ti vuoi arrendere, allora, vieni giù.”

“Troppa fatica.” Replicai. “Vieni tu.”

Ovvio che lei sospettò di una trappola, ma era in una situazione di stallo: o veniva a prendermi, o sarebbe scappata, rischiando di essere attaccata da dietro. Le stavo forzando la mano. Infatti, come previsto lei scelse di venire su. Si arrampicò lentamente, stando attenta e io ne approfitta. Individuai la casa con il tetto di legno messa peggio e evocai un illusione. Ne avevo usate parecchie, quel giorno, ma potevo ancora farne qualcuna per le emergenze.
Era seduta sulle assi di legno e sembrava veramente appoggiato. Peccato che era totalmente senza peso e quella copertura avrebbe ceduto anche se ci avesse camminato sopra uno scoiattolo.
Io mi nascosi dietro un altro tetto di pietra, onde evitare di finire io stesso in trappola.

Tutto andò secondo i piani: la ragazza vide la mia immagine e si avvicinò ad essa e, non appena mise piede sul legno marcio, quello cedette.

Lei precipitò di sotto lanciando un urlo di sorpresa, mentre il mio doppione spariva del tutto. La rossa precipitò di sotto. Sperai che il salto non fosse troppo, ma avevo visto bene: non era un edificio particolarmente alto, immagino che fosse finita nel nanico salotto.

Infatti non mi sbagliai: era finita con la schiena su un tavolo di pietra e sembrava respirare appena.

“Ehi, bellezza. È una mia impressione o la situazione è precipitata?” Chiesi, con un sorrisetto odioso.

Lei si limitò ad arrossire e a guardarmi male. Cavolo, ce l’aveva proprio con me.

“Senti, tesoro, che ne dici se mi fai capire come mai ci avete attaccati senza motivo?” Chiesi, scendendo di sotto, usando varie mensole e mobili di pietra.

“Senza motivo?” Sbottò lei, ansimando per la botta. “Avete rapito un nostro amico!”

“Affascinante, dev’essere il tuo amico immaginario, dato che non ho idea di cosa tu stia parlando.” Ribadii, mentre mi sedevo accanto a lei, avvicinando la mia mano al suo viso.

Appena la sfiorai lei si ritrasse e arrossì ancora di più.

“Sai di chi sto parlando.” Ringhiò, cercando di assumere un tono più fermo.

“Intendi il brufoloso? Se è vostro amico vi informo che è lui ad aver attaccato noi. Ha rubato un oggetto magico dai nostri Dei, quindi direi che i ladri siete voi.” Dissi, senza abbandonare il sorriso.

Lei sgranò gli occhi sorpresa, come se le mie parole l’avessero colta alla sprovvista. Sentivo odore di complotto di Loki, in questa storia. Era troppo strano che un tizio loro fosse sparito e che fosse riapparso, così, a caso, ad Asgard per rubare qualcosa a noi.

“Quello che dici non ha senso.” Sbottò la rossa che si stava riprendendo.

“Nemmeno quello che dici tu.” Replicai sarcastico.

In quel momento sentii la voce del capo che mi chiamava. Mi voltai verso l’uscita, o meglio, verso il muro crollato su cui un tempo c’era l’uscita e vidi Rossa numero Due correre verso di me con un aria decisamente assassina.

“Ci vediamo bellezza!” Dissi, decidendomi a togliere il disturbo.

La tizia non stava puntando a me, per fortuna, ma cercava di aiutare la gemella. Si limitò a lanciarmi un occhiata della serie: a te uccido dopo. Così non ebbi problemi a radunarmi con il capo che, ormai, aveva già raggiunto la scalinata davanti al portone della fortezza.

“Andiamo, presto!” Mi incitò Alex, aprendo le pesanti porte, sorvegliate, lateralmente, da due statue di Re dei Nani gigantesche. Sembrava di star per entrare a Moria, nel Signore degli Anelli.

Sentimmo alle nostre spalle i passi delle due sorelle, ma non avevamo tempo di chiudere la porta. Percorremmo il corridoio scuro, grande quanto una cattedrale, fino a raggiungere, circa metà del percorso. Le torce si illuminarono tutte, come per un effetto scenico. Vedemmo il ragazzo brufoloso.
Era a terra, il colorito smunto e gli occhi chiusi, come se fosse svenuto.
Accanto a lui.

“Loki!”

“Papà!”

“Ragazzi!” Ci salutò il Dio degli Inganni, con un sorriso divertito.

“Cosa ci fai qui, dovresti essere incatenato!” Gli ricordai. Quanta fatica per mettergli, di nuovo, le dannate corde.

“Vero, Einar, ma un Dio può mandare ancora sue emanazioni ovunque. Ecco come faccio ad essere qui. Sorridete.” Spiegò lui, scattando una foto, immortalando le nostre espressioni.

Ecco quando si odia di essere figli di Loki. Quando capisci che tuo padre sta escogitando qualcosa e che, quel qualcosa, si ripercuoterà sicuramente contro di te.
Eravamo in grossi guai.   

 

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Capitolo 4
*** Sinead - Scopriamo di essere stati tutti presi per i fondelli ***


Sinead  - SCOPRIAMO DI ESSERE STATI TUTTI PRESI PER I FONDELLI



 

 

“Stai bene, Nan?” chiesi a mia sorella.

Lei annuì, mentre la aiutavo a rialzarsi dal tavolo su cui quel cretino di un norreno l’aveva fatta cadere.
“Comunque quel tipo era un maniaco” disse rimettendosi in piedi. Be’ questo spiegava perché fosse bordeaux.

“Peccato non aver avuto qui Duncan, allora” commentai “Non ne sarebbe rimasto molto da seppellire, di quel tipo”

L’unico risultato del commento fu che Nancy arrossì oltre l’umana immaginazione, quindi decisi di lasciar perdere. I norreni si erano dileguati e avevano infilato un portone enorme, presumibilmente di una fortezza. Io e Nancy ci precipitammo sui loro passi. Non avevamo nessuna intenzione di lasciarli scappare, non quando avevano Orlando.

“Tu come te la sei cavata con l’altro tipo?” mi chiese Nancy mentre correvamo.

“Non molto bene” replicai cupa “Quel tizio sapeva usare la magia, ed è riuscito ad annullare i miei incantesimi con quella sua spada”

‘Excalibur. Non la sopporto’ ronzò Freagairiche disgustata ‘Forgiata da Vidarr. Benedetta da Odino. Potente quasi quanto un’arma divina. Incisa di rune in modo da poter deviare o assorbire la magia usata contro il suo proprietario. Ha condotto molti eroi alla rovina causando loro dei complessi di superiorità. Peccato che non sia ancora successo a quel bisonte, ci saremmo evitate molti problemi’

‘Sei meglio di Wikipedia’ pensai mentre entravamo nella fortezza. Ci ritrovammo davanti un lungo corridoio, con due lunghe file di torce sulle pareti. Molto più avanti, riuscivo a vedere i due norreni che correvano a rotta di collo.

Mentre correvo ripensai rapidamente al duello che avevo appena affrontato. Il Pirata (lo chiamavo così a causa della benda sull’occhio) era stato veramente un osso duro, uno dei pochissimi esseri umani con cui mi fossi davvero trovata in difficoltà. Perfino con Freagairiche che ronzava come una disperata mettendomi al corrente delle sue mosse – e negli ultimi tempi era una cosa che faceva raramente visto quanto ero migliorata – non ero riuscita a disarmarlo. E neanche la magia aveva funzionato! Anzi, era stato in grado di usarne lui stesso.
E poi c’era anche quell’altra cosa strana che aveva detto … prima aveva preteso di non sapere chi fossimo, e poi, non appena avevo accennato alla Slea Bua, si era messo a dire di restituircela. Cosa piuttosto impossibile, dato che ce l’avevano loro. Ma allora perché montare tutto quel teatrino fingendo che i ladri fossimo noi?
Le mie riflessioni finirono quando raggiungemmo i due norreni. Per qualche ragione, si erano fermati nel bel mezzo del tunnel, e quando fummo più vicine, vidi il perché. Erano occupati a farsi fare una foto con il cellulare da un tizio.
Era alto e magro, con la pelle chiarissima, i capelli lisci e neri raccolti in una piccola coda e strani occhi che erano blu, ma non si capiva bene di che sfumatura, tanto cambiavano. Era vestito come un cantante rock. Somigliava parecchio al Maniaco, probabilmente era un parente, forse addirittura il padre. Ma non fu quella la cosa che mi preoccupò di più.
Quello che mi preoccupò di più fu che ai suoi piedi c’era Orlando, con gli occhi chiusi e un colorito cadaverico. Oh dei … che gli avevano fatto? Era solo svenuto, vero?

“Oh, ecco, ci sono anche le due celte” ci salutò il tizio del cellulare “Potete fare una foto tutti insieme, che dite? Dunque, i due ragazzi al centro, le signorine ai lati … e tutti con le braccia attorno al collo di chi sta vicino!”

“Loki!” sbraitò il Pirata, senza commentare il suggerimento”Cosa stai succedendo? Cosa stai facendo? Chi sono questi?” chiese, indicando me, Nancy e Orlando. Quel Loki aprì la bocca per rispondere, ma fu prevenuto da una voce che, purtroppo, io e mia sorella conoscevamo benissimo.

“Loki, sei stato tutto il tempo alle prese con le foto e non hai spiegato loro nulla? Crea una pessima impressione, nel campo degli affari!”

Il proprietario della voce comparve dal nulla. Era un uomo alto e robusto, con i capelli rossicci legati in una coda e una corta barba sempre rossiccia. Aveva gli occhi del tutto neri, senza traccia di bianco, e indossava jeans con una maglietta di non so quale battuta di caccia. Io e Nancy avevamo la sfortuna di imbatterci in lui tre volte prima di allora, e tutte avevano rischiato di finire male. Era Arawn, dio dell’ inferno celtico, nonché dio dell’inganno.

“Arawn” borbottò nervosamente mia sorella.

Il Pirata si girò a guardarla “Lo conoscete? Allora siete tutti in combutta con Loki! Chi è quello, il vostro genitore divino?” chiese, alludendo probabilmente al fatto che avevamo tutti i capelli rossi.

“Ma neanche un lontano parente, grazie agli dei!” sbottai “Invece, com’è che voi siete qui a farvi fotografare da questo tizio che ha Orlando?”

“Allora è quello Orlando?” chiese il Maniaco, guardando il nostro allievo steso a terra “Vi meritereste un po’ di meglio, carine …”

“Chiudi il becco” sbottammo io e Nancy in contemporanea, cosa più unica che rara.

“Basta!” sbottò il Pirata “Dov’è la Lancia?”

“Un po’ difficile dirlo visto che ce l’avete voi!” ribattei io.

“Cosa? Avete ammesso voi stesse che il ladro è il vostro compare!”
“Perché è stato costretto da voi!”

“Me se non sappiamo neanche chi siete!”

“Sei ancora così convinto che dobbiamo spiegargli tutto, Arawn?” chiese quel Loki, senza staccare gli occhi dallo schermo del cellulare “Sarebbe molto meglio lasciare che si ammazzino tra loro, sono sulla buona strada”

“Oh, lo faranno comunque” lo rassicurò Arawn “Ma moriranno tutti tra poco e non diranno niente a nessuno, no? Tanto vale dirglielo … e godersi le loro espressioni”

Loki guardò Arawn, poi guardò noi che lo stavamo fissando tutti, poi concluse. “E va bene. Le foto faranno il giro del web”

“Ora che siete pervenuti a questa difficile decisione, vi disturba troppo dirci dov’è la Lancia?” chiese il Maniaco.

Loki tossicchiò. “Dovresti essere più preciso, figliolo. A quale lancia ti riferisci?”

Arawn fece un rapido gesto con la mano, e un paio di lance comparvero dal nulla. Una era enorme, ma abbastanza normale, e non mi sembrava di averla mai vista. L’altra invece la conoscevo benissimo.
Era molto lunga e di legno chiaro, e dalla punta argentea uscivano sibilando scintille bianche, cosa che dava all’arma l’aspetto di un missile pronto a partire. La Slea Bua.

“La Gungnir!” esclamò il Pirata, fissando l’altra lancia.

“E quell’altra che cos’è?” inquisì il Maniaco.

“E’ la nostra Slea Bua” gli rispose Nancy “Ma che accidenti sta succedendo?”

“No scusate, ma voi chi siete?” chiese il Pirata che, al pari di tutti noialtri, non ci stava capendo più niente.

E in effetti la situazione era assurda: gente che sapevamo averci rubato la lancia, ci accusava di aver rubato una lancia, e alla fine comparivano due lance e due dei dell’inganno. Che razza di casino.

Arawn tossicchiò , riportando la nostra attenzione su di lui. “Innanzitutto mi presento, signori: io sono Arawn, dio celtico degli inferi”

“E dell’inganno” aggiunsi io.

I due norreni sgranarono gli occhi. “Celti?!” chiese il Pirata, esterrefatto.

“E già! Ma lo sapevate, no?” chiesi.

Le loro facce furono una risposta più che sufficiente. La cosa mi lasciò completamente spiazzata. Come, non sapevano chi eravamo? Ma allora perchè ci avevano attaccate? E poi, Lugh aveva detto che erano stati loro a rapire Orlando e a rubare la Slea Bua. Tutta quella situazione non aveva senso.
Arawn ridacchiò, poi il suo aspetto cambiò. All’improvviso, era diventato un uomo biondo … Lugh.

“Questo vale più di una spiegazione troppo lunga e complicata, no?” chiese lui.

“Maledetto … ci hai messe apposta contro i norreni!” capii. Uno scatto mi informò che Loki aveva immortalato la mia espressione feroce.

“Come?” mi chiese il Pirata.

“E’ stato lui a dirci che voi avevate rubato la nostra lancia e rapito Orlando …” spiegai, senza smettere di fissare Arawn con aria omicida.

“Sì, se l’è cavata” disse Loki beccandosi un’occhiataccia dall’oggetto della discussione “Del ragazzo invece mi sono occupato io” continuò accennando al povero Orlando,a ancora a terra. “Dovevo fargli rubare entrambe le lance … e non è stato affatto difficile. Non è certo un genio, ve ne sarete accorte anche voi. E il vostro rifugio Dun Scaith non è irraggiungibile come credete, almeno per un dio”

“Quindi è stata una combutta tra due dei dell’inganno” capì il Maniaco.

“Diciamo solo che recentemente sono entrato in affari con l’estero” rettificò Arawn.

“Perché?” chiese Nancy “Cosa ve ne viene in tasca?”

“Oh, un buon numero di cose” disse Loki senza smettere di cincischiare con il cellulare. Mi veniva voglia di strapparglielo di mano e romperglielo in testa. “Primo, e più importante: io sarò libero grazie al potere delle due lance combinate”

“A me libero lo sembri fin troppo” commentai.

“Oh, questa è solo una mia emanazione … io sono legato come un salame a svariati chilometri da qui”

“Secondo, voi quattro finirete tutti nel mio regno una volta morti” intervenne Arawn con soddisfazione.

“Ma è impossibile” fece notare Nancy “Loro appartengono a un’altra cultura, quindi dovrebbero finire nei loro inferi …”

“Oh, non esattamente” spiegò Loki, sempre armeggiando con quel benedetto cellulare “Uccidendovi tra voi, finirete tutti per uccidere persone innocenti, quindi voi celti dovreste andare da Arawn e i norreni nel Hellheim …”

“Ma secondo la clausola 45 della norma 27 dello statuto dei regni dei morti …” iniziò Arawn.

“Le vostre anime possono essere cedute a lui, in quanto siete venuti in contatto con la loro cultura e avete ucciso alcuni dei loro. E sono sicuro che convincerò mia figlia a farlo” completò Loki, alzando lo sguardo per vedere se ci fosse un’espressione che valesse una foto.

“E non sarete i primi. I rispettivi gruppi vorranno vendicare la vostra morte. Si scatenerà una guerra tra celti e norreni. E riceverò molte più anime che negli ultimi tempi!” annunciò Arawn soddisfatto.

“Piccolo particolare” disse il Pirata con aria cupa. “Noi non abbiamo nessuna intenzione di uccidere queste due”

“Lo stesso vale per noi nei vostri confronti” risposi.

“Oh, lo farete, state tranquilli …” rispose Loki distrattamente.

“E come credi di farcelo fare?” La risposta me la fornì Freagairiche. ‘Affondo dietro di te!’ ronzò.

Mi voltai di scatto, appena in tempo per parare un fendente … del Pirata. No, ma non aveva appena detto di non volerci uccidere? E invece era lì davanti a me che combatteva come un invasato.
Uno strillo alle mie spalle mi costrinse a girarmi per un attimo, ma mi fu sufficiente per vedere qualcosa che mi lasciò a bocca aperta. Tutti stavano combattendo contro … copie degli altri. Stando a quello che mi offrivano i miei occhi, in quel momento c’erano tre me, tre Nancy, cinque Pirati e otto Maniaci.
Mi ricordai subito di quando il Maniaco aveva fatto delle copie di sé e del suo compare per sviare me e Nancy che li seguivamo … Loki lo aveva chiamato ‘figliolo’. Doveva essere il suo genitore divino. Mi dispiaceva per lui.
In quel momento, però, i legami familiari non erano la cosa più preoccupante: la cosa più preoccupante era che le copie ci stavano attaccando, tutti stavamo combattendo, e non si riusciva a distinguere una copia dall’originale. Avremmo anche potuto ucciderci tra noi, scambiandoci per le illusioni …
Riuscii a sconfiggere facilmente l’illusione – Pirata, non era tosta quanto l’originale: appena la mia spada lo colpì, si dissolse nel nulla. Ma prontamente fui attaccate al contempo da un altro Pirata, una Nancy e un paio di Maniaci.

“Ehi” mi apostrofò uno di questi ultimi “Datti una calmata, carina. Io sono quello originale”

“Chissà perché, ma ho l’impressione che lo diresti anche se fosti una copia” ribattei.

“Giusta osservazione” fece lui, dopodiché attaccò senza esitazione la sua altra versione, il Pirata e la Nancy, che io avevo esitato a colpire perché non sapevo se fossero quelli veri o no.
Si dissolsero tutti.
Questo poteva voler dire che ero davanti al Maniaco originale … o che era un astuto trucco per farmi abbassare la guardia. Mantenni comunque una posizione di difesa, ma lui non attaccò.

“Ehi, ehi, non ti sei ancora convinta, gattina? Guarda che se mi uccidi poi non possiamo più uscire insieme!”

“Chiamami un'altra volta gattina e ti …”

“Oh, anche tu vuoi tagliarmi …” sorvolo il termine per motivi di decenza, tanto avrete già capito tutti di che cosa si tratta.

“Veramente stavo pensando di cavarti gli occhi. E poi come fai a essere così certo che le altre siano illusioni?”

“Sono pur sempre figlio suo, no?” rispose indicando Loki che stava fotografando tranquillamente lo scontro.

“Uhm … okay” commentai, abbastanza sicura che quello non fosse il massimo come parentela “Bene, tipo, suppongo che adesso un’alleanza sia di rigore” dissi mentre colpivo una mia versione che cercava di attaccarmi.

“Ma davvero?” ribatté lui “Un’alleanza! Chi ci avrebbe mai pensato! Accidenti, gattina, un’idea davvero originale” Tutto questo mentre colpiva un paio di sé stesso.

Mi limitai a mollargli un’occhiataccia e a rispondere “Se mi chiami ancora gattina non solo ti cavo gli occhi, ma compio anche l’operazione che hai citato tu”

“Allora mi dici come ti chiami?” mi fece lui con un sorrisetto da pseudo conquistatore navigato..

“Sinead”

“Ma che razza di nome! Io comunque sono Einar”

“Sì, perché questo non è un nome strano. Adesso mi dici quali sono gli originali, così magari riusciamo a uscire da questa situazione?”

“Alex è quello che combatte contro te e tua sorella, tua sorella invece sta combattendo contro i due Alex e quell’altro me” spiegò lui. Dedussi che Alex doveva essere il Pirata.
Io ed Einar iniziammo ad attaccare le restanti illusioni, tenendo a mente la posizione degli originali.

“Ehi capo!” urlò a squarciagola Einar “Sai che adesso siamo alleati ufficialmente? Adesso almeno posso uscire con una delle due senza problemi”

“Neanche per sogno!” sbottò quella che doveva essere per forza la Nancy originale.

“Okay, se vuoi posso uscire solo con te, ma non garantisco, è impossibile distinguervi”

“Silenzio!” intimò Alex, distruggendo una delle ultime due illusioni “Mi è sembrato di sentire …”

Un ronzio, ecco quello che si sentiva. Non si capiva bene cosa lo producesse. Notai, però, che le fiamme delle torce si stavano alzando, e che una gran quantità di scintille si staccava e rimaneva sospesa per aria … non prometteva niente di buono. E infatti di colpo le scintille si trasformarono in vespe.

“Dritt!” gridò Alex, mentre io commentavo qualcosa di probabilmente analogo in irlandese.

“Okay, con le illusioni ve la siete cavata bene, ora voglio vedervi con queste …” disse Loki, scattando una bella foto alla scena, mentre Arawn osservava compiaciuto.

“Ma cosa cavolo …?!” borbottai, mentre cercavo di allontanare le vespe con la spada.

“E’ il dio della stregoneria” rispose Alex da qualche parte – le vespe ormai erano così tante che era difficile vederci qualcosa “Ma dove accidenti l’ho messa …”

Non riuscii a capire di che cosa stesse parlando, perché quelle bestiacce mi aggredirono in massa. E tutto quello che potevo fare era cercare di scacciarle con Freagairiche, che continuava a strillare di non essere un acchiappamosche. Purtroppo, la magia celtica non offre incantesimi ‘Autan’: al massimo potevo cercare di entrare nella mente degli animali e convincerli a calmarsi, come una volta avevo fatto con il cavallo di una Romana.
Solo che, quando ci provai, non ci riuscii … perché non erano vere e proprie vespe, certo! La loro natura era quella del fuoco. Dovevo solo concentrarmi e cercare di farle tornare alla loro forma originaria.

“Ehi, perché alcune sono diventate lucciole?” gridò Einar pochi minuti dopo. Okay, ecco il bel risultato dei miei sforzi.

“Eccola!” esclamò subito dopo Alex, insieme a qualcosa di assolutamente incomprensibile. Le vespe si diradarono, ronzando intorno come impazzite, e poi volarono via lungo il corridoio. Abbastanza chiaro che fosse stato lui.

“Come hai fatto?” gli chiesi. Accidenti, io con tutti i miei sforzi ero riuscita a ottenere qualche lucciola, e lui con una parola le mandava via tutte.

“La runa …” iniziò a dire lui, ma si interruppe. C’era un nuovo suono questa volta. E non un ronzio … come de passi pesanti – molto pesanti – di qualcuno che stesse venendo nella nostra direzione.

“Bravi!” ci disse quell’idiota di Arawn con un sorriso “Con i vostri combattimenti, avete fatto abbastanza chiasso da svegliarlo”

“Allora serviva tutto a distrarci in vista di un nemico più tosto” commentò Einar “Neanche un po’ cliché”

“Oh, il classico fa sempre effetto, figliolo … come sarebbe a dire ‘batteria quasi scarica’?!” fu la risposta di Loki.

Nessuno se la sentì di commentare l’ultima domanda, perché in quel momento il suo ‘classico’ fece il suo ingresso in scena.
Era il mostro più grosso che avessi mai visto. La sua testa sfiorava il soffitto, e riusciva a passare lungo il corridoio solo perché teneva le ali molto aderenti al corpo. Somigliava al canonico drago: completamente ricoperto di squame verde brillante, con ali membranose di un verde più scuro. I suoi occhi erano di un giallo brillante, e quando si posarono su di me, ebbi la sensazione che quel mostro avesse subito saputo tutto di me, chi ero, tutto quello che avevo fatto, tutto quello che pensavo, il modo in cui mi comportavo e combattevo di solito, come se mi avesse passata allo scanner. Era una sensazione che faceva venire i brividi.
L’essere passò quel suo sguardo assurdo su tutti noi, e poi fece saettare un’enorme lingua biforcuta – gesto certamente molto rassicurante.

Arawn rivolse a tutti noi un gran sorriso, mentre Loki continuava a imprecare contro il suo telefono. “Signore e signori” annunciò allegramente “ho l’onore di presentarvi l’unico, inimitabile … Fafnir!”

 

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