L'Intrigo degli Ingannatori. di AxXx (/viewuser.php?uid=218778)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Alex - Mi Rovinano il Natale. ***
Capitolo 2: *** Sinead - Scopriamo un nuovo, adorabile gruppo di Divinità Sanguinarie ***
Capitolo 3: *** Casino nella Dimora dei Nibelunghi ***
Capitolo 4: *** Sinead - Scopriamo di essere stati tutti presi per i fondelli ***
Capitolo 1 *** Alex - Mi Rovinano il Natale. ***
Alex
– Qualcuno mi rovina il Natale
Ad
Asgard era il solstizio d’inverno.
Da
noi come dai greci, era una festività
importantissima, dato che durante quel periodo, la natura si rinnovava.
Era la
festa di Idunn e tutta Asgard era in festa. La città era
piena di elfi, nani e
giganti delle pianure che montavano banconi del mercato e appendevano
festoni.
Dato che il solstizio di inverno, praticamente, coincideva con il
Natale,
praticamente le due feste si erano fuse. La strada principale di
Asgard, già
sfavillante con le sue statue di divinità e gli edifici
dorati, era illuminata
ancora di più da festoni a forma di stella cadente e ossa
con le candeline
negli occhi. A quanto pare le nostre divinità trovavano
molto natalizio appendere
agli alberi spade, teschi e scudi dei nemici abbattuti.
Non
contestavo questa scelta, seppure molto macabra
che, a mio parere, sarebbe stato meglio avere ad Halloween.
Ero
mano nella mano con Astrid che si guardava intorno
con aria molto leggera e allegra. Dopo la fine del mondo, si tende ad
essere
molto felici di essere vivi.
“Sei
bellissima, sta’ sera.” Le sussurrai, mentre le
carezzavo i capelli scuri.
“Grazie,
anche tu non sei male.” Mi rispose, dandomi un
dolce bacio sulla guancia.
Arrossii
osservando la stupida armatura di acciaio
asgardiano che mio padre mi aveva costretto ad indossare
perché ero il figlio
di Odino, salvatore di Asgard, e bla bla bla bla, tutte cavolate per
cui dovevo
indossare quella roba che mi faceva sembrare una disco-ball ambulante.
Almeno
Astrid era vestita bene. Aveva un paio di jeans neri, una maglietta
verde e una
giacca scura, il tutto ben intonato e si era persino truccata e stava
benissimo.
Incredibile,
avremmo avuto una vera serata romantica
senza rischio di mostri che volevano mangiarci.
“Insomma…”
Borbottai. “Sembro una palla da discoteca…
tutte le luci si riflettono sull’armatura. Almeno
è leggera.”
“Ma
smettila!” Disse lei, ridendo e dandomi una patta
sulla nuca. “Sei l’Eroe di Asgard! Sei il nostro
più grande eroe! Devi essere
visibile.”
“Certo,
visibile, non accecante.” Ribattei, con un
sorriso, mentre la baciavo.
Sarei
rimasto incollato per sempre alle sue labbra se
non fosse che qualcuno ci piombò alle spalle, facendoci
prendere un colpo.
“Piccioncini!”
Urlò Einar, con un sorrisone da combina
guai stampato in faccia.
“Einar,
per gli Dei, dovrei strangolarti!” Ribattei
furioso, mentre riprendevo fiato.
Astrid
si era stretta a me per lo spavento, ma appena
si era accorta che era il nostro amico, si era ricomposta subito. Non
le
piaceva mostrarsi debole, ma era arrossita tantissima.
“Lo
so, capo… ma sono qui per ordine di Frigga. Ci
stiamo radunando per il discorso di Odino che vuole ringraziarti
eccetera. Sai
che non puoi mancare.” Si giustificò il figlio di
Loki, dandomi una gomitata.
Era fatto così, lui, doveva per forza far venire infarti
alla gente.
Sbuffai,
mentre pensavo a tutto ciò che avevo passato.
Guerre, sofferenze, morti. Non potevo, semplicemente, passare un
po’ di tempo
con la mia ragazza? Avevo combattuto tanto e l’unica cosa che
chiedevo era un
po’ di calma per me stesso e per lei.
Piccolo inconveniente: la vita di un semidio non PUO’ essere
calma.
“Vai,
eroe. Ti meriti tutte le attenzioni possibili,
hai salvato Asgard, dopotutto.” Mi rimproverò
Astrid, con un sorriso.
“Darei
tutte queste imprese ad altri per poter passare
un po’ di tempo da solo con te.” Risposi, senza
esitare, dandole un bacio sulla
fronte.
“Lo
so, ma potremmo stare dopo, insieme.” Mi rassicurò
abbracciandomi.
Alla
fine dovetti cedere e, insieme ad Einar, mi
diressi al Palazzo principale di Asgard, sede di mio padre, Re supremo
degli
Dei Norreni. Era un edificio maestoso e, in tutto dava l’idea
del palazzo di un
Dio abituato a vincere sempre e comunque. Le colonne erano fatte di
lance, il
tetto e le pareti di scudi, spesso i corredi erano fatti di spade ed
asce
incrociate che sostenevano torce e bracieri. Il trono di mio padre era
sopraelevato, rispetto agli altri e sedeva a capotavola della Sala dei
Banchetti, dove tutti gli Dei e gli eroi si radunavano per festeggiare
le loro
vittorie. Quest’anno era un giorno particolare, dato che
Asgard era stato
salvata, quindi i banchetti erano ancora più allegri e
festosi.
“Padre.”
Dissi, inchinandomi con reverenza, anche se mi
sentivo rigido come uno stoccafisso. Il rapporto tra me e
papà non era proprio
il massimo.
“Figlio.
Questo solstizio d’inverno tu sarai un ospite
d’onore, ad Asgard. Desidero che tutto sia
perfetto.” Disse, senza sprecarsi in
nessun saluto formale. Ormai c’ero abituato, avevo smesso di
preoccuparmene.
“Lo
sarà, padre. Nulla ci minaccia più.”
Replicai, con
sicurezza. D’altro canto non avevo idea di chi potesse
minacciare la nostra
tranquillità. Loki era tranquillo ed i suoi adorabili
figlioletti erano stati rimessi
in catene, il che riduceva di molto i nemici che dovevamo affrontare.
Grazie
agli Dei.
“Lo
spero bene… vai nella tua stanza a prepararti.” Mi
ordinò, mentre si alzava dal suo trono dorato, per poi
dirigersi verso una
stanza, lasciando Gunginr appoggiata ad uno dei braccioli.
Sì,
ho una stanza, ad Asgard. Ufficialmente tutti i
figli di Odino ce l’hanno, preparata a posta per loro, ma non
la usavo
praticamente mai, soprattutto perché mi sentivo a disagio.
Preferivo passare il
tempo a casa di mia madre, pur essendo costantemente minacciato dai
mostri.
Ovviamente era una stanza molto all’antica: letto a
baldacchino, poltrona,
camino e altra roba che andava di moda, si e no, prima
dell’anno mille.
Avevo
voglia di sentirmi un po’ più libero,
così, in
attesa che iniziasse la cerimonia ufficiale, mi liberai
dell’armatura,
appoggiandola su un manichino apposito. Teoricamente per togliere una
corazza
ci vorrebbero trenta minuti, ma, fortunatamente, la mia era un
indumento
magico. Appariva come una comune felpa argentea, ma una volta che
tiravo su la
zip mi si applicava, addosso un’armatura completa in acciaio
Asgardiano. Un
dono di Vidarr per le mie ottime prestazione in battaglia.
Sospirai.
Un'altra
responsabilità di cui curarsi.
“Avanti,
Alex, ancora qualche ora e poi potrai stare tranquillo.”
Mi dissi, massaggiandomi le tempie. Ormai tutti, al Campo e ad Asgard,
mi
chiedevano di tutto. Tutti si affidavano a me per sapere che fare ed io
facevo
del mio meglio per vincere. Ma la verità era che ero
oppresso.
Io
non ero onnisciente, non ero invincibile. Quanto
tempo mancava prima che io commettessi un errore che avrebbe condannato
tutti.
Non volevo pensarci. Avrei voluto stare tutto il giorno con Astrid.
L’unica
persona che non si aspettava nulla, da me, a parte il mio amore. Un
sentimento
che io ricambiavo e non avevo problemi a dare.
Ero
così perso nei miei pensieri che quasi non mi
accorsi dell’urlo spacca-timpani che veniva da sotto.
“AL
LADRO!!! LA MIA LANCIA!!!”
Sobbalzai
finendo con il sedere per terra, mentre
maledivo mio padre che urlava. Mi ci vollero, però, due
secondi per capire che
la situazione era grave. Non mi misi nemmeno l’armatura,
afferrai Excalibur e
corsi di sotto. Per poco non inciampai, mentre correvo giù,
saltando i gradini,
letteralmente. Scansai due servitori elfi e un paggio nano che mi
bloccavano la
strada e, alla fine, riuscii a raggiungere nuovamente la Sala del
Trono.
Odino osservava con orrore il suo trono, insieme alla moglie Frigg e il
figlio
Baldr. Gugnir era sparita.
“Per
gli Dei!” Esclamai, esterrefatto.
“Alex!”
Mi chiamò mio padre, con il volto stravolto
dalla rabbia. “Raduna tutti i tuoi guerrieri! Dai
l’allarme! Il ladro non deve
fuggire!”
Non
mi servirono altri incoraggiamenti. Il suo sguardo
inceneritore bastò. Deglutii e corsi all’esterno,
mentre odino richiamava a sé
gli altri Dei, dando ordini. Superai il portone principale notando che
le
guardie elfiche erano state abbattute. Mi avvicinai un attimo per
esaminare le
ferite: colpi di spada, senza dubbio. Dati da uno spadaccino molto
abile e
violento, inoltre. Dovevo mettere in allerta tutta l’orda.
Io corsi per le strade, radunando tutti i ragazzi che trovavo,
informandoli del
furto dell’arma sacra del Re degli Aesir.
“Cercate
ovunque, anche sotto i sassi, se necessario!
Un arma non se ne va in giro da sola, il ladro dev’essere
ancora ad Asgard!”
Intimai, rivolgendomi a Daniel, uno dei figli di Thor, che mi rispose
chinando
leggermente il capo, in segno di rispetto.
Continuai
a correre, seguendo la via principale
affollata, dando l’allarme a tutti coloro che incontravo. In
poco tempo tutta
la Città Sacra era in allerta. Proseguii ancora, ma, girando
un angolo, mi
trovai davanti, o meglio, investii Astrid che stava correndo nella
direzione
opposta, seguita da Einar.
“Ah!”
Strillò, lei, finendo a terra.
“Scusa,
dolcezza.” Ribattei, con un sorriso,
rialzandomi e porgendole una mano per aiutarla.
“Ti
ho detto mille volte che non mi piace che tu usi
certi nomignoli.” Sbuffò la mia adorata figlia di
Hell che, però, accettò
l’aiuto.
“Capo,
tu si che sai come fare colpo.” Scherzò il
figlio di Loki ghignando.
“Stai
zitto Einar!” Sbottammo sia io che Astrid, nello
stesso tempo, finendo con l’imbarazzarci ancora di
più.
“Sì,
certo. Allora… ascoltate, c’è un
problema.” Inizia,
scuotendo la testa, per far passare il rossore.
“Abbiamo
sentito il casino. Che è successo?” Chiese mi
chiese la mia ragazza, leggermente in ansia.
“Qualcuno
è penetrato nel palazzo principale… e ha rubato
Gungnir.” Risposi, ansimando per la corsa. Ero nervoso, come
al solito, quando
mi davano un compito. Ma dovevo mantenere un minimo di calma e
ragionare.
“Abbiamo
idea di chi sia?” Chiese Einar,
improvvisamente pensieroso. Lo diventava, quando la situazione si
faceva
importante. Poteva essere scherzoso quanto voleva, ma se le cose si
facevano
difficili, non le prendeva sotto gamba.
“No,
nessuno l’ha visto e mentre uscivo ho visto i
cadaveri delle guardie. Chi li ha uccisi dev’essere un
guerriero abilissimo e
uno spadaccino. Le ferite erano, senza dubbio, stati vibrati da una
lama
affilata.” Risposi, subito. Non avevo tempo per girarci
intorno, anche se,
nella mia testa, si affollavano già un sacco di domande. Chi
era il colpevole?
Come aveva fatto a superare il Bifrost? Perché aveva rubato
la Lancia di Odino?
Da dove veniva?
Una
piccola parte di me disse che, forse, potevano
esserci i romani, di mezzo, ma esclusi che fosse colpa loro. Ormai
erano nostri
alleati, anche se, ogni tanto, se la prendevano perché li
battevamo in una
simulazione di battaglia campale.
“Dobbiamo
muovere le chiappe!” Sbottò Astrid, dandomi
uno strattone.
“Dritt!”
Imprecai, sentendomi un idiota. Mi ero
bloccato. “Hai ragione, andiamo!”
La
Città Sacra, ormai, era in allarme. Elfi guardiani,
semidei e nani giravano ovunque, alla ricerca del colpevole, ma non
sembravano
esserci risultati. Feci del mio meglio per organizzare una ricerca a
tappeto.
Detti ordini e direzioni, organizzando squadre, ma ancora nulla.
“Gente,
non stiamo facendo progressi…” Fece notare
Einar, dopo l’ennesimo quartiere battuto a tappeto, senza
successo.
“Hai
ragione… ma dove potrebbe essere il ladro?”
Chiesi, esasperato. Impossibile che avesse già lasciato
Asgard. Non poteva
essere così veloce e sapevo che, come procedura di
emergenza, in questi casi,
Heimdallr chiudeva il Bifrost.
Fu
allora che Hugin mi sorvolò, stridendo furiosamente,
come impazzito. Ad altri risultava incomprensibile, il suo linguaggio,
ma io,
in quanto figlio di Odino, riuscii a capire queste parole: “Il Bifrost! Il Bifrost non si chiude!
Sabotaggio! Il Ladro! In Fuga!
Fermatelo, ordine del Re, Fermatelo!!!”
“Dritt!
Einar, abbiamo già controllato le porte di
Asgard?” Chiesi, mentre una gelida consapevolezza si faceva
strada nella mia
testa.
Lui
si accigliò e rispose: “No, non abbiamo ancora
mandato nessuno, lì.”
“Dannazione!”
Urlai, richiamando Vesa con un fischio.
Dovevo raggiungere la porta, sperando che il ladro non fosse
giù uscito.
“Ehi,
capo! Che succede!?” Chiese il figlio di Loki,
stupito.
“Hanno
sabotato il Bifrost! Il ladro starà sicuramente
fuggendo, dobbiamo intercettarlo!” Strillai in risposta, per
farmi sentire
sopra il battito d’ali della mia viverna, pregando che avesse
sentito e che mi
avrebbe raggiunto.
Una
cosa era certa, però: dovevo assicurarmi che
nessuno fosse uscito.
Sorvolai
rapidamente tutti i quartieri di Asgard,
ancora sfavillanti per le luci e la festa, degenerata, ormai, in una
gigantesca
perquisizione a cielo aperto. Le alte mura erano intere, ma i cancelli
erano
aperti: dovevo assolutamente chiuderle ed impedire il controllo manuale
del
Ponte Arcobaleno, prima che fosse usato.
Atterrai
proprio quando un ragazzo incappucciato, con
un lungo involucro legato alla schiena usciva da un vicolo laterale,
dove
vedevo Astrid, stesa a terra, con una ferita al braccio.
“Astrid!”
La chiamai spaventato. Il suo sangue mi fece
sentire male: non potevo permettere che le succedesse qualcosa.
“Sto
bene, occupati di quell’idiota!” Mi
urlò,
indicando il guerriero che scappava verso il Bifrost aperto.
Mi
bloccai ed osservarlo. Era poco più basso di me,
tarchiato, robusto e indossava jeans e una maglietta rossa che sporgeva
da
sotto la felpa. Da sotto il cappuccio vidi che il volto era ricoperto
di
lentiggini e a fianco aveva una spada. Non sembrava sorpreso di
vedermi, ma
manteneva un volto impassibile, quasi fosse una statua mobile.
“Fermo,
bastardo!” Urlai, per poi darmi dell’idiota.
Era ovvio che, dopo un avvertimento del genere, non
si sarebbe mai
fermato.
Infatti
quello, mantenendo un espressione stranamente
indifferente, si mise a correre ancor più veloce verso i
Cancelli di Asgard,
con io che lo inseguivo alla massima velocità. Vesa era
volata in alto, ma non
osava attaccare, nel timore di danneggiare Gungnir.
Avevo poco tempo per agire e quel tipo era troppo lontano da me, per
poterlo
placcare. Avevo una sola possibilità: concentrai
l’energia magica, di cui mio
padre era custode e la canalizzai nelle mie braccia da cui uscirono
cinque
sfere violette che crepitarono di energia, dirigendosi a tutta
velocità verso
l’intruso.
I
proiettili sfrigolarono fino a colpirlo alla schiena.
Non era una magia letale, ma provocava bruciature e lesioni minori.
Utile per
distrarre o rendere inermi degli avversari. Eppure quello
barcollò, ma non
cadde. Si voltò ed estrasse la spada, pronto ad affrontarmi.
“Come
vuoi.” Lo minaccia, prendendo Excalibur, parando
il primo fendente.
Iniziammo
a duellare vicino alle porte e, dovevo
ammetterlo, era molto abile, non riuscivo a prendere il sopravvento,
nonostante
lo stessi mettendo in difficoltà. Lanciavo fendenti e
affondi, ma il ladro,
nonostante fosse appesantito dalla lancia, riusciva a reggere i miei
assalti.
“Arrenditi.
Restituisci Gungnir e ti lascerò andare.”
Gli promisi, mentre eravamo in stallo.
“Ordine…
rubare… l’arma di Odino.” Rispose il
ragazzo,
con voce atona.
Mi
accigliai: qualcosa non andava. Quel tipo sembrava
un robot privo di volontà. Mi separai da lui, pronto ad
attaccarlo di nuovo. Ci
slanciammo di nuovo l’uno contro l’altro. La sua
spada mancò, di pochi centimetri,
la mia gamba, ma Excalibur volò contro il suo viso.
Avrei potuto ucciderlo, ma la mia coscienza, ancora una volta, mi
bloccò.
Deviai la traiettoria della lama che finì con il tagliare in
due il cappuccio
del ragazzo, permettendomi di vederlo bene in faccia, questa volta.
Aveva gli
occhi scuri, i capelli castani ed era pieno di brufoli, come avevo
intuito. I
suoi occhi erano vitrei e inespressivi. Capii subito che era
controllato. Agiva
al di fuori della sua volontà.
Ma chi era?
Non l’avevo mai visto al campo, eppure, data la sua
abilità, doveva essere per
forza un semidio, o qualcosa del genere.
“Ehi,
tu, ascoltami.” Provai a richiamarlo, abbassando
la spada.
Prima
che potessi fare qualcos’altro, però, il tipo
brufoloso, mi scagliò contro la spada. Era una mossa
disperata, di solito, un
modo idiota per distrarre i propri avversari e avere il tempo di
scappare. Ma
molto efficace.
Infatti, nel tentativo di evitare la letale arma, fui costretto a
gettarmi a
terra. Questo diete il ladro il tempo di scappare e di guadagnare il
Bifrost.
“Non
ci provare, fermo!” Gli intimai, rialzandomi,
pronto a seguirlo.
Troppo
tardi.
Quello afferrò i comandi manuali del ponte
dell’arcobaleno e lo attivò. Le
porte si illuminarono e il suo corpo fu avvolto da quella che sembrava
una
spirale di colori, fino a sparire del tutto.
“Dritt!”
Imprecai, furibondo. Avevo fallito.
“Alex…”
Mi chiamò Astrid, ancora ferita, nel vicolo.
“Non è colpa tua.”
Sospirai
e mi avvicinai a lei: “Per gli Dei, mi sono
fatto fregare da una mossa del genere.”
“Dai,
lascia stare.” Mi rassicurò la mia ragazza,
tenendosi la ferita. La esaminai: non era molto grave, ma per un paio
di giorni
non avrebbe potuto combattere.
“Chiunque
tu sia, ti troverò, ragazzo… scoprirò
cos’è successo e se scoprissi che non eri
comandato, non ti darò mai pace.”
Pensai, stringendo i
denti, furioso. Potevano farmi di tutto, ma nessuno poteva toccare
Astrid.
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[Angolo Autore.]
Salve
gente. Ecco a voi l’ennesimo spin-off (Questa
volta approvata da Water_Wolf) di Cronache del Nord. Questa volta il
crossover
non è con un libro di Rick Riordan, ma con un'altra
Fanfiction: Cronache di Dun
Scaith (Mamma mia, che nomi folli, questi celti).
Ad ogni modo, ecco a voi il primo capitolo in cui vediamo Alex alle
prese con
Astrid, suo padre ed un tizio che, per poco, gli uccide la ragazza.
Direi che
ci sono tutti i presupposti per voler odiare i Celti. :3
Ad ogni modo, se non lo sapete, il tizio che ha rubato la Gungnir
è un celto,
sì, ma non è così semplice. Il
problema è far capire ai Norreni la verità,
perché, probabilmente, Alex massacrerà di botte
il poveretto che gli ha ferito
Astrid.
Ad ogni modo, spero che la storia vi sia piaciuta. J
Un saluto da me e da Fan of the Doors.
Mi raccomando, dite cosa ne pensate.
AxXx
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Capitolo 2 *** Sinead - Scopriamo un nuovo, adorabile gruppo di Divinità Sanguinarie ***
SCOPRIAMO
UN NUOVO E ADORABILE GRUPPO DI
DIVINITA’ SANGUINARIE
Lo so che una serie di ricerche frenetiche, imprecazioni e commenti
preoccupati
in una specie di bunker sotterraneo è un esordio molto meno
figo di una festa
nel mondo degli dei, ma per noi andò così.
Mi presento un attimo, prima di continuare: sono Sinead
O’Brian, druida e
guerriera celtica, reincarnazione della guerriera Scathach, e capo di
Dun
Scaith insieme alla mia gemella Nancy. Dun Scaith è una
sorta di reticolo di
gallerie che si estendono per buona parte di una montagna
nell’isola di Skye,
ed è il posto dove tutti i ragazzi che nella loro vita
precedente sono stati
personaggi importanti per i celti si addestrano nella magia e nel
combattimento.
Tutto
questo implica che non sia
praticamente mai un posto tranquillo, ma il ventuno dicembre
c’era perfino più
confusione del solito. La ragione era semplicissima, ma allo stesso
tempo la
più preoccupante possibile: la Slea Bua, la lancia magica
che non mancava mai
il bersaglio, era scomparsa.
La Slea Bua era uno dei quattro tesori dei Tuatha de Danann, i quattro
oggetti
più potenti degli dei celtici. Avevano tutti un potere
incredibile, e per
questo erano custoditi con quella che noi ritenevamo la massima
sicurezza (una
stanza piena di corvi enormi pronti a buttarsi addosso al primo
intruso.
Fidatevi, è un ottimo antifurto). La sola idea di perdere
uno di loro, perché
magari finisse nelle mani di qualcuno dei nostri nemici, era
impensabile.
Ora forse puoi capire il panico che coinvolse l’intera Dun
Scaith quando Nancy
andò a controllare che fosse tutto a posto, come faceva
tutti i giorni, e
scoprì che la lancia mancava all’appello. Il
nostro rifugio fu letteralmente
buttato all’aria da cima a fondo, nella speranza di
ritrovarla magari da
qualche altra parte, di scoprire che qualcuno l’aveva
semplicemente spostata
dalla solita stanza, in fondo se i corvi non avevano reagito doveva
averla per
forza presa uno di noi.
E
invece niente! Tutto completamente inutile.
La lancia non era da nessuna parte.
Noi
che la cercavamo finimmo per ritrovarci
tutti nella sala dei combattimenti, la più ampia e quindi la
più adatta a
contenerci tutti.
“Io
non l’ho trovata da nessuna parte”
mormorò cupamente mia sorella
“Voi?”
“Niente”
risposi io. Tutti i presenti
scossero la testa con aria da funerale.
“Non
è più a Dun Scaith” concluse Duncan,
uno dei nostri guerrieri.
Prima
che qualcuno potesse rispondergli,
Jacqueline, meglio nota come Jackie, un’altra dei nostri
guerrieri, si guardò
intorno perplessa e chiese “Ci sto facendo caso solo adesso,
ma Orlando dov’è
finito?”
Orlando
era un altro dei nostri guerrieri,
un ragazzo tarchiato, con i capelli scuri e pieno di brufoli, un ottimo
guerriero ma piuttosto spaccone e, se proprio devo ammetterlo, non
certo il più
sveglio del gruppo.
“E’
da ieri sera che non lo vedo” osservò
Esther, una dei nostri druidi “Ora che ci penso, non era a
colazione”
Prima
che qualcuno di voi pensi
scandalizzato ‘e non ve ne siete accorti?!’,
specifico subito che non era una
cosa rara. Orlando andava a dormire tardissimo e di norma ci volevano
almeno
cinque minuti di grida alla porta di camera sua per farlo arrivare agli
allenamenti.
“Sarà
ancora in camera sua a dormire”
osservò distrattamente la Morrigan, la dea corvo che viveva
nel nostro rifugio
e ci aveva aiutata in tutte le nostre missioni “Non penserete
certo che le
vostre grida mentre cercavate la lancia siano state abbastanza potenti
da
svegliarlo, vero?”
“Ha
ragione, sarà ancora nella sua stanza”
le feci eco io.
“Vado
a svegliarlo” si offrì Violet, la
nostra druida esperta in pozioni, con un sorrisino sadico. Mentre lei
si
dirigeva verso la stanza del guerriero, non dubitai che ci sarebbe
riuscita:
quei due si odiano, e Orlando non avrebbe probabilmente avuto un
piacevole
risveglio.
Ma
Violet tornò pochissimo dopo, da sola e
con un’espressione cupa. “La stanza è
completamente vuota” annunciò “Il letto
non è intatto, ma è freddo. Ho controllato anche
in cucina per vedere se non
stesse facendo colazione, ma non è nemmeno
lì”
Ci
furono alcuni istanti di silenzio, poi
Christine, un’altra guerriera, diede voce ai pensieri di
tutti: “Non è che la lancia
se l’è portata via lui?”
“Non
credo” mormorò Nancy, piuttosto perplessa
da quella spiegazione.
“Già,
ci vorrebbero almeno due neuroni per
fare una cosa del genere” osservò Violet.
“Credo
che intenda dire che non sarebbe
così sconsiderato da fare una cosa simile”
intervenne Duncan facendo arrossire
mia sorella. “In fondo, Orlando sa benissimo
cos’è la Slea Bua, cosa
comporterebbe rubarla … e poi, non avrebbe nessun motivo di
farlo”
“Vi
ricordo che stiamo parlando della
persona che se ne andava tranquillamente al bar mentre i Romani ci
cercavano
per tutta la nazione” fece notare la Morrigan “Da
quello lì, ci si può
aspettare di tutto”
“Sì,
magari ha promesso a una qualche
ragazza di Portree di mostrarle la lancia”
ipotizzò Violet.
Bisognava
ammettere che in effetti questa
ipotesi era più che plausibile. Orlando aveva sempre preso
le cose importanti
piuttosto sottogamba e corso rischi per nulla, in particolare se
c’era da farsi
belli davanti a qualche ragazza. Me lo potevo proprio vedere, a portare
la
lancia più potente dei celti sotto lo sguardo di qualche
ragazza mortale
allibita.
“Okay,
ragazzi” intervenni “Al momento,
bisogna trovare Orlando, se vogliamo sapere se ha davvero la lancia,
quindi
adesso scendiamo giù a Portree, ci sparpagliamo e vediamo se
qualcuno lo ha
visto” decisi.
Grazie
agli dei, i Romani avevano ormai
rinunciato a darci la caccia e se ne erano tornati al loro Campo,
quindi
avevamo una libertà di movimento pressoché totale.
Io e mia sorella, nella perlustrazione della città,
decidemmo di tenere
particolarmente d’occhio i bar: erano i posti dove
tendenzialmente Orlando si
riempiva di non so quante robe gassate, per poi mollare i rutti
più sonori che
avessi mai sentito e tirarsi a dietro gli improperi di tutta Dun
Scaith.
Praticamente tutti i baristi che interpellammo l’aveva visto,
cosa che ci diede
una discreta idea di quanto fosse stato prudente quando
c’erano i Romani, ma
nessuno l’aveva visto quel giorno.
“Ma
dove cavolo è andato a cacciarsi?”
sbottai dopo il quarto bar controllato senza profitto.
“Nell’ultimo
posto sicuro per noi celti”
osservò cupamente una voce maschile vicino a noi.
Ci
voltammo e ci trovammo davanti un uomo
alto, robusto, con capelli biondi piuttosto lunghi.
“Divino
Lugh” lo riconobbe Nancy.
Lugh
era il dio praticamente di qualunque
cosa: fabbri, spadaccini, poeti, sacerdoti, mercanti, maghi e pure
ladri. E già
che c’era, era anche il dio della luce. Non per niente era
noto come ‘il dio
delle mille arti’. Oltre a questo, era capo dei Tuatha de
Danann, gli dei
dell’Irlanda.
Io e Nancy lo avevamo già incontrato durante la nostra
missione per rubare i
Libri dei Romani, e a modo suo, c’era stato molto
d’aiuto.
“Cosa
stava dicendo di Orlando?” gli
chiesi, andando dritta alla cosa più importante. Lugh
strinse le labbra, come
se stesse per dirci qualcosa che non gli piaceva.
“Le
vostre supposizioni erano giuste”
confermò “Il ragazzo ha davvero preso la lancia.
Ma non l’ha fatto per i motivi
che state pensando voi”
“Come?”
chiese Nancy.
“Perché?”
chiesi io. Non poteva certo voler
dire che Orlando era un traditore!
“E’
stato costretto” ci disse infatti.
La
cosa non mi faceva certo stare meglio.
Anzi, era il modo giusto per mandarmi in bestia: non avrei mai permesso
che a
chiunque di Dun Scaith venisse fatto del male.
“Chi
è stato?” gli chiesi.
Lugh
ci fissò con aria cupa. “Avete mai
sentito parlare degli dei norreni?”
“Intende
quelli del Valhalla?” chiese Nancy
“Come Odino e Thor … oh. Esistono anche loro,
giusto?”
Il
dio annuì. E ti pareva: oltre ai nostri,
a quelli greci e ai Romani, esistevano pure gli dei nordici. Stavo
iniziando ad
avere il forte sospetto che gli dei di tutte le religioni esistessero.
“E
cosa vogliono da noi?” chiesi in tono
cupo.
Lugh
si morse il labbro con aria pensosa.
“Cosa vogliano esattamente, non lo so. Quello che credo
più probabile, è che
siano interessati alle nostre terre. Ai tempi antichi, i loro guerrieri
ne
facevano di scorrerie sulle nostre coste, sapete?”
Oh,
fantastico. Non solo gli dei Romani ci
odiavano e ritenevano propria la nostra terra, adesso si aggiungevano
alla
lista anche i norreni. E’ bello sapere che
c’è sempre qualche gruppetto di
divinità sanguinarie che ti vuole morto.
“E
Orlando cosa c’entra con tutto questo?”
chiese Nancy.
“Più
che altro, c’è da chiedersi cosa
c’entra la Slea Bua con tutto questo. Vedete, sottrarre a un
popolo i suoi
oggetti più potenti è uno dei modi più
sicuro di indebolirlo, ve ne sarete
accorte da come hanno reagito i Romani quando avete rubato i loro
Libri”
“Difficile
non accorgersene” borbottai.
“E io non ho intenzione di permettere che la mia lancia venga
usata a tale
scopo, o anche solo che finisce nelle mani di quei dannati norreni.
E’ per
questo che sono venuto a pararvi: perché voi riusciate a
recuperarla” annunciò
il dio con rabbia.
“La
capiamo perfettamente” dissi “Ma di
nuovo: perché mettere di mezzo Orlando? Perché
non organizzare semplicemente un
attacco al nostro rifugio?”
“Buona
domanda” concesse il Dio “Credo che
vogliano usarlo per una sorta di ricatto. Vi sarà
più difficile agire contro di
loro, sapendo che lui è nelle loro mani. Credo che di tutti,
abbiano scelto lui
perché è il più, come dire
… non so molto del vostro gruppo, ma da quanto ho
sentito dire, non è propriamente il più furbo,
dico bene?”
Non
era molto carino nei confronti di Orlando
ammetterlo, ma annuimmo.
“Come
hanno fatto a contattarlo e a
convincerlo?” chiese Nancy “E’ quasi
tutto il tempo a Dun Scaith con noi … be’,
per buona parte del tempo, voglio dire …”
“Immagino
che l’abbiano minacciato o
ricattato in qualche modo” rispose Lugh cupamente
“Non sono tipi che amano le
mezze misure. Per come l’abbiano contattato … non
lo so, ma sospetto un qualche
trucco magico da parte di quell’idiota di Odino”
“E’
il loro re, giusto?” si ricordò Nancy.
Lugh
fece una smorfia di disprezzo. “Ah,
sì. Alcuni mi paragonano perfino a lui, sapete. Guerriero,
come me. Poeta, come
me. Qualcuno dice perfino saggio come me, ma non fidatevi, è
solo la propaganda
norrena. No, quello che avete bisogno di sapere di lui …
è che è un tizio
decisamente violento”
Ah,
fantastico. Ormai ero decisamente
preoccupata per il povero Orlando. Dov’era in quel momento?
Cosa gli stavano
facendo i norreni? Lo stavano torturando? Decisi che non appena avessi
messo le
mani su chi aveva avuto la brillante idea di usarlo per rubare la
lancia,
quello si sarebbe pentito di essere stato tanto furbo.
“Sa
dove possa essere Orlando?” chiese
Nancy.
“
Nello stesso posto dove si trova la mia
lancia, suppongo. E quindi posso sapere esattamente dove grazie al mio
collegamento
con lei” ci informò Lugh
“Era
la mia arma, in origine. Tutti i
Tuatha hanno una forte connessione con i quattro tesori, ma il mio con
la Slea
Bua è diverso da tutti gli altri”
“Affascinante”
intervenni spiccia “Allora
dov’è?”
Per
quanto lo conoscevo, era difficile
arrivare dritti al punto con Lugh senza divagare, ma quella volta
afferrò il
messaggio e rispose subito: “La lancia è
nell’antica città dei Nibelunghi”
“Dei
Nibe-chee?” fu il mio elegante
commento.
“Nibelunghi.
Sono un antico popolo di nani
che vivevano sottoterra e conoscevano i segreti della fusione del
ferro. Si
trovavano al confine tra noi e i norreni e intrattenevano rapporti
commerciali
con entrambi. Ormai sono scomparsi, e la loro città
sotterranea è disabitata e
in rovina. Ma comunque, si trova in Germania, per l’esattezza
dove adesso sorge
la città di Worms”
“E
come facciamo ad arrivare a questa città
sotterranea?” chiesi.
“Oh,
non è difficile. Basta che scendiate
nelle fogne”
“Nelle
fogne?” Ripeté Nancy.
“Sì,
vi si può arrivare tramite l’impianto
fognario della città. Vi suggerisco in particolare un
tombino dalle parti del
Duomo: è il più vicino alla città
sotterranea”
Oh,
certo, due ragazze che scoperchiavano
un tombino e si calavano nelle fogne non avrebbero assolutamente dato
nell’occhio.
Ad ogni modo, annuii.“Perfetto. Direi di partire subito, non
ho intenzione di
lasciare né Orlando né la lancia nelle mani di
quei tipi un secondo di più”
annunciai.
“Questo
è lo spirito giusto!” commentò Lugh
“Vi consiglio però di radunare i vostri
tirocinanti e di tenerli chiusi a Dun
Scaith. Può occuparsi la Morrigan di eventuali aggressori
… si può dire tutto
di quel corvo, ma non che non sa combattere”
“E
va bene” mormorai cupamente “In fondo,
non possiamo certo portarci dietro tutta la squadra”
“D’accordo”
disse Lugh serio “Ora vi ho
detto tutto quello che sapevo. Vi consiglio di partire immediatamente
… più il
tempo passa, più ci sono possibilità che la mia
lancia finisca in mano a Odino”
“Insieme
a Orlando”
“Ah,
sì, giusto, insieme al ragazzo. Ebbene
… buona fortuna, e riportate la lancia!”
Detto
questo, sparì teatralmente in un
lampo di luce.
Non perdemmo neanche un attimo.
Corremmo come delle disperate per tutta Portree per radunate i ragazzi,
metterli brevemente al corrente della situazione e rimandarli a Dun
Scaith
insieme alla Morrigan. Noi due, dopo aver prelevato le nostre armi,
prendemmo
il traghetto e arrivammo in autobus fino alla città con
aeroporto più vicina.
Da lì prendemmo il primo volo per Worms, che per qualche
strano miracolo si
concluse senza interventi di dei o mostri – era la prima
volta che capitava da
quando avevamo scoperto chi eravamo. Arrivammo a Worms dopo circa un
paio
d’ore, e ci dirigemmo subito verso il Duomo, seguendo le
istruzioni che ci
aveva dato Lugh.
Tutto questo preoccupate da morire. Be’, insomma, voi che
avreste fatto, se un
ragazzo di cui comunque vi stavate occupando, che conoscevate e a cui
eravate,
più o meno, affezionati fosse stato nelle mani di un gruppo
di divinità
sanguinarie che volevano conquistare il vostro Paese?
“E
adesso come facciamo ad entrare?” chiese
mia sorella, china su un tombino presso il Duomo, guardandosi attorno.
Era
pieno di gente.
“Proviamo
a fondere il metallo e a scendere
come se nulla fosse” risposi “I mortali tendono a
dare subito spiegazioni per
loro logiche alle cose, magari non ci faranno neanche caso”
“O
magari chiameranno la polizia” mormorò
Nancy, ma procedette lo stesso a fondere il metallo.
Nel
giro di pochi secondi il coperchio del
tombino era sparito, e al suo posto c’era un buco con una
scala che scendeva.
La gente ci osservava con aria un po’ perplessa, ma nessuno
tentò di fermarci,
quindi iniziammo a scendere lungo quella scaletta che, nel caso possa
interessarvi, era scivolosa in maniera assurda.
Arrivammo
alla fine dopo qualche minuto.
Nancy accese una torcia elettrica che era stata abbastanza previdente
da
portarsi a dietro e illuminò un tunnel sotterraneo, con un
piccolo fiume di
acqua maleodorante che scorreva al centro.
“Bene”
commentai “Tu vedi da qualche parte
una città in rovina?”
La
mia spada magica, Freagairiche, decise
di rispondere al posto di mia sorella. ‘Ti
suggerirei di metterti a camminare verso sinistra’
mi ronzò ‘Se non
sbaglio, dovrebbe essere più o meno da
quelle parti’
‘Non
sapevo che tu facessi anche da navigatore satellitare’
pensai i risposta, avviandomi dove diceva lei e facendo cenno a
Nancy di seguirmi.
‘Bella
gratitudine’
‘Scherzavo,
razza di permalosa!’
Comunque,
i mio improvvisato Tom Tom funzionava
alla perfezione: non molto tempo dopo, il paesaggio cambiò
radicalmente: il
nostro tunnel sfociò in un’enorme caverna, il tipo
di posto che non ti
aspetteresti mai sotto una città.
Ovunque sorgevano edifici veri e propri, anche se si capiva chiaramente
che
erano abbandonati: quasi tutti non avevano più il tetto, e
molti avevano i muri
semidiroccati. Se qualcuno aveva la porta, quella penzolava dai cardini
e il
legno era mezzo marcio. Alcune sembravano abitazioni, altri avevano
più
l’aspetto di negozi o di quelle botteghe di fabbri che si
vedono nei film sul
Medioevo (e d’altronde Lugh aveva detto che erano esperti
nella lavorazione del
ferro).
Entrambe
procedemmo, guardandoci intorno
impressionate. Decisamente, quel luogo abbandonato e nascosto sotto la
città tedesca
faceva un certo effetto.
“Chissà
come doveva essere vivere qui …”
mormorò Nancy, puntando la torcia su bottega sulla quale
penzolava un’insegna
marcia e ormai illeggibile.
“Non
molto diverso che vivere a Dun Scaith,
probabilmente” osservai
“Piuttosto,
chissà com’è che i Nibelunghi
l’hanno abbandonata?”
“Forse
se ne sono andati quando hanno
iniziato a costruirci sopra la città, ma non è il
nostro problema più grosso.
Dov’è Orlando?”
Prima
che io potessi dire qualunque cosa o
avanzare qualunque suggerimento, sentimmo delle voci, abbastanza vicine
a noi.
Sembravano quelle di due ragazzi, ma non capivo cosa stessero dicendo.
Stavano
parlando una lingua straniera, forse tedesco.
“E
questi cosa fanno qui?” sussurrò Nancy
“E chi sono?”
Quello
che disse uno dei due subito dopo fu
una risposta più che sufficiente. Non capimmo la frase, ma
una parola la
sentimmo forte e chiara: ‘Odino’.
Stavamo per incontrare i norreni.
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
[Angolo Autrice]
Sì,
autrice, perché questo capitolo è di Fan of The
Doors. Vi presento la città dei nibelunghi, luogo dove si
trovano due oggetti
cercati da entrambi i gruppi. Immagino che Alex non sarà
felice di incontrare i
celti. Non dopo quello che hanno fatto alla sua ragazza e a sua padre.
Anche se, a mio parere, della lancia gliene frega relativamente poco ;)
Ad ogni poco Sinead (NON CI CREDO ME LO SONO RICORDATO!!!!) e Nency,
che sono
molto carine entrambe (Ma va’, sono sorelle gemelle.) stanno
per incontrare il
nostro caro figlio di Odino.
Voleranno sicuramente parole grosse (Senza contare spade e magia :P )
Spero che la storia vi piaccia.
A presto, ragazzi!
AxXx e Fan of
the Doors
|
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Capitolo 3 *** Casino nella Dimora dei Nibelunghi ***
CASINO
NELLA DIMORA DEI NIBELUNGHI
[POV
Alex]
Eravamo
atterrati a Worms dopo pochi minuti. Heimdallr
aveva ricostruito la destinazione del ladro, usando il computer
incorporato nel
suo trono. Il ladro era andato a Worms, una città nota ai
nordici per varie
ragioni. In particolare perché lì, nei tempi
antichi, sorgeva una città
fortezza dei nani. I Nibelunghi. Era un popolo di frontiera, ricco e
potente.
Furono i primi ad apprendere la fusione dell’Acciaio,
insegnatali da Vidarr.
Prima di partire andai a trovare Astrid. Era stata portata nella Sala
della
Guarigione e le Valchirie le stavano curando le ferite, lamentandosi
del fatto
che non fosse morta.
“Dai,
amore, non preoccuparti. Ce la farai lo stesso.”
Mi rassicurò, dandomi una pacca sulla spalla, mentre
osservavo il suo braccio
ferito.
“Mi
dispiace, lasciarti qui.” Risposi, dandole un
bacio. “Vorrei che mi coprissi tu le spalle.”
“Einar
è un grande, Date le mie condizioni direi che è
la scelta migliore.” Ribadì con un sorriso tirato.
“Allora
aspettami, tornerò.” Conclusi, dandole un
bacio.
Teoricamente
avrei anche usato tutta l’Orda per andare
a Worms, ma Odino voleva mandare solo una piccola squadra e tenere
tutti i
Semidei disponibili per un'altra, possibile incursione. Così
atterrammo
letteralmente, alle periferie della città.
“Allora,
capo, idee su dove andare?” Chiese Einar,
togliendosi di dosso il fango del Reno.
“Credo
ci fosse un entrata secondaria vicino al fiume.”
Risposi, mentre osservavo le sponde del fiume.
Per
un attimo riuscii a vedere le battaglie che si
erano consumate. Migliaia di legionari romani avevano tentato di
attraversarlo
e non riuscirono mai ad affrontare i principi germanici che lo
tenevano. Mi
chiesi quanto sangue avessero visto quei fiumi.
Proseguimmo lentamente, lungo la sponda, fino a trovare una grotta.
“Credo
sia qui.” Annunciai, accendendo la torcia
elettrica.
Non
fu difficile trovare la porta. Anche se nascosta da
un illusione, Einar riuscì a scovarla subito e a dissolvere
la magia che la
copriva. Entrare non fu un ostacolo. Il corridoio procedette fino a che
non
arrivammo ad un grande piazzale. Ricordava il cortile di un castello
medievale,
con tanto di botteghe e negozietti. Tutto a misura di nano, eppure
tutto
perfetto.
“Allora,
dove credi che sia?” Chiese, Einar, mentre
puntava la sua torcia verso una casa diroccata, alla nostra destra.
“Non
lo so. Nemmeno Odino lo sa dire con precisione, ma
è d’accordo che il ladro sia qui. Non si
è spostato.” Risposi, avanzando
cautamente. La mano sempre pronta a volare all’elsa di
Excalibur, in caso ci
fossimo imbattuti in qualche aggressore.
“Capisco.”
Disse Einar, calmo, mentre procedeva. “Ti
sei mai chiesto come mai sia rimasto fermo qui, quando sarebbe potuto
scappar
via?” Aggiunse, dopo qualche secondo, mentre ci avvicinavamo
alla parte più
interna della città.
“Già,
un bel mistero. Inoltre mi è sembrato un po’
troppo… strano. Il ladro sembrava agisse senza
volerlo.” Aggiunsi, senza, però
fermarmi. Dovevo assolutamente scoprire dove si trovasse la Gungnir.
Non potevo
fallire. Non dovevo fallire.
Mentre
continuavamo a camminare, guardandoci intorno,
puntando le torce su ciò che rimaneva della
città, un ragno si arrampicò sulla
gamba di Einar. Ora, chiunque avesse visto la scena sarebbe stato
disgustato,
ma i ragni sono l’animale sacro di Loki, suo padre. Per
questo il mio amico non
ebbe nemmeno un brivido quando quello gli finì in mano.
“Ehi
capo… una rossa ci sta seguendo.” Disse, dopo un
attimo, mentre procedeva.
Io
mi irrigidii subito, ma continuai a camminare per
non attirare sospetti: “Sicuro?”
“Il
ragno dice di sì. Una sola.” Ribadì il
figlio di
Loki, accigliato. “Credi siano con il ladro?”
“Non
lo so… ma dovremmo parlarle. Se è entrata riesce
a
vedere oltre la foschia, no?” Feci notare, mentre lanciavo
occhiate furtive
alle mie spalle.
“Ottimo…
lascia fare a me, capo. Tu procedi e quando
dico ora, chinati e corri dietro l’angolo.” Mi
consigliò, mentre lo vedevo
stranamente serio.
Sapevo
di potermi fidare di lui. Era astuto e
affidabile, così camminai. Procedemmo per qualche metro,
facendo finta di
niente finché Einar non mi dette il segnale. Scattai a
destra insieme a lui
nascondendoci dietro un angolo e capii il suo trucco. Lungo la via
principale
due illusioni uguali a noi stavano procedendo senza fermarci. Questo
avrebbe
confuso la nostra inseguitrice. Infatti la vedemmo passare dopo pochi
secondi.
Era
una ragazzina sui quindici anni, aveva lunghi
capelli rossi e occhi di una strana sfumatura violetta. Non era molto
alta, ma
sentii il suo potere magico, nonostante fosse abbastanza distante.
Indossava un
paio di jeans, una maglietta, una giacca e al fianco aveva una spada.
Mi
accigliai perplesso: non l’avevo mai vista al Campo Nord,
nemmeno al Campo
Mezzosangue. Forse al Campo Giove? No, non credo. Avrei riconosciuto
una
persona dalle caratteristiche così… particolari.
“Chi
credi che sia capo? Non ha un aria familiare.”
Rincarò Einar, sottovoce, mentre la guardavamo. Era
accigliato e sudava nel
tentativo di mantenere le illusioni solide e in movimento.
“Lo
so, amico.” Sussurrai, mettendo mano alla spada.
“Fermiamola.”
Lui
annuì e fece sparire i nostri due cloni, lasciando
la ragazza di stucco.
“Ferma!”
Intimai estraendo Excalibur. Il peso della
lama mi fece sentire più sicuro. “Non fare un
altro passo.”
Lei
si irrigidì subito e si bloccò sul posto.
“Alza
le mani, gattina.” Aggiunse Einar, con tono
stranamente condiscendente. “Estrai la spada e buttala a
terra, poi voltati. Se
fai la brava usciremo a cena insieme.”
“E
se invece ti rompessi il naso!?” Sbuffò la rossa,
girandosi e eseguendo gli ordini, a parte, ovviamente uscire.
Avrei
voluto ridere, ma volevo mantenere un tono serio:
“Chi sei? Cosa ci fai nella città dei
Nibelunghi?”
“Come
se non lo sapeste.” Ribadì lei aggressiva.
“Mi
avete fregata, ma sappiate che il vostro piano
fallirà.”
Alzai
le sopracciglia perplesso e guardai Einar che
sembrò altrettanto confuso. Ma di che stava parlando
quell’esaltata?
“Potresti
aggiornarci, dolcezza? Noi non sappiamo
nemmeno chi sei.” Fece il figlio di Loki. Riconobbi che stava
usando il potere della
sua Lingua Ingannatrice.
“Già,
bel teatrino. Siete dei ladri, scommetto che c’è
un gruppo di vostri compagni pronti ad attaccarci. Sappiate che i miei
compagni
sono ben addestrati, vi faremo sudare Dun Scaith.”
Ringhiò aggressiva
stringendo i denti.
Mi
parve di sentire un rumore, alle mie spalle, ma
rimasi concentrato su di lei: “D’accordo, mettiamo
che sia vero. Allora come
mai voi siete qui e non a difendere Dum Schit?”
“Per
riprenderci Orlando, ovvio! L’avete rapito, siamo
qui per salvarlo. Dov’è?” Chiese,
accigliata. Non capivo se fosse per la
confusione o la rabbia.
“Ma
di chi stai parlando? Noi non abbiamo rapito
nessuno!” Risposi, sorpreso.
“Ah,
no? Quindi non sapete nulla di un tipo dai capelli
scuri e pieno di brufoli?” Chiese allusiva.
“Cosa!?”
La descrizione era proprio quella del tizio
che aveva osato ferire Astrid. “Quindi siete con lui! Siete
dei ladri!”
“Cosa!?”
Questa volta fu la rossa a sussultare per la
sorpresa. “Ladri noi!? siamo qui per la Lancia!”
“Quindi
siete davvero i ladri! Consegnatecela!” Urlai,
avanzando con la spada pronta.
All’improvviso
Einar, però, fu placcato da qualcosa,
finendo con il sedere per terra. Fu allora che feci due errori
terribili: il
primo mi girai per vedere cos’è successo vedendo
il mio amico combattere contro
qualcosa che non riuscivo a vedere, il secondo fu dimenticarmi che,
anche se la
nostra precedente avversaria aveva la spada a terra, ma ancora a
portata di
mano.
Fortuna
che avevo i riflessi pronti: appena sentii il
sibilo della lama avvicinarsi mossi Excalibur, deviandone la
traiettoria.
“PER
ASGARD!” urlai, attaccando con tutta la mia forza,
sperando che Einar riuscisse a tener testa al suo avversario.
Attaccai,
affondai, menai fendenti con tutta la mia
velocità a forza, dando fondo a tutte le mie risorse.
Eppure, nonostante la mia
nemica fosse in evidente difficoltà, non riuscivo a
superarne la guardia. Anzi,
nonostante tutto, ogni tanto riusciva a lanciare qualche attacco, come
se
riuscisse ad anticipare le mie mosse.
Non ebbi tempo di chiedermi come facesse perché,
all’improvviso, ecco delle
radici emergere dal terreno e avvilupparsi alle mie gambe.
“Cosa!?
Per Odino!” Ringhiai, osservando la rossa, che
stava facendo crescere le piante.
Non
persi tempo: mi concentrai con tutto me stesso,
imponendomi la calma necessaria ad evocare la magia. Le fiamme
divamparono in
pochi secondi, bruciando l piante che mi bloccavano.
“Bel
tentativo… ora tocca a me.” La avvertii, evocando
di nuovo delle sfere di energia. Questa volta ci misi più
potere magico.
I
proiettili magici sfrigolarono. Due impattarono
contro un muro, facendolo crollare, ma gli altri colpirono il bersagli.
Per un
attimo pensai che l’avessi sconfitta, ma dovetti ricredermi.
La ragazza era
ancora in piedi.
“Dovrai
fare di meglio!” Mi avvertì, lanciandomi contro
un fulmine magico.
Per
poco non venni investito, ma Excalibur mi protesse:
la magia deviò la sua traiettoria finendo con lo scaricarsi
sulla sua lama che
la assorbì completamente. Ringraziai ancora una volta il suo
potere che mi
difendeva da ogni magia ostile diretta.
“Maledizione.”
Ringhiò la maga adirata. A quanto pare
pensava che la sua magia fosse infallibile.
“Non
prendere mai il proprio nemico sotto gamba.”
Replicai mentre riprendevo l’attacco diretto. Da qualche
parte, alle mie
spalle, sentii Einar dire qualcosa sul “mantello
di Harry Potter”.
Il
duello riprese più serrato di prima. Volevo farla
pagare a quei tizi che avevano rubato la lancia di mio padre e,
soprattutto,
ferito Astrid. Nessun poteva toccarla senza pagarla molto cara, Dio,
Semidio,
mortale che sia. Magie e fendenti si alternavano illuminando la grotta
abbandonata di scintille.
Alla
fine, dopo un urlo attirò la mia attenzione, e
anche la sua: Einar aveva intrappolato il suo avversario in una casa
crollata. O
meglio, la sua avversaria, identica alla mia.
“Nancy!”
Urlò la rossa che stavo combattendo,
voltandomi le spalle, per vedere meglio.
Avrei
potuto colpirla alle spalle, ma non ero così
stronzo da attaccare a tradimento, così abbassai Excalibur
ed indietreggia,
lasciando che lei corresse dalla compagna (La sorella gemella, forse?)
“Einar!”
Urlai, avanzando verso la scalinata
principale. “Lasciamo perdere, dobbiamo trovare la
Lancia!”
[POV
Einar]
Stavamo
per attaccare, quando un improvviso peso mi
caracollò addosso, facendomi finire con il sedere per terra.
Qualcuno stava
cercando di tenermi a terra, ma non riuscivo a vederlo. Fu uno
scintillio che
attirò la mia attenzione: un pugnale.
Fortuna che ero stato addestrato bene e riuscii a prendere al volo il
braccio
invisibile che reggeva l’arma letale. Dovetti usare tutte le
mie forze per non
farmi sopraffare. Chiunque fosse, era una persona con un buon
addestramento.
Accanto
a me il Capo e la ragazza si erano messi a
duellare. Era strano che una ragazza così minuta riuscisse a
tenere testa al
figlio di Odino. Non era mica facile tenere testa ad Alex. Si era
addestrato a
lungo per essere il più abile e il più forte del
campo.
Avrei
voluto aiutarlo, ma avevo altro a cui pensare: me
stesso. Chiunque mi fosse addosso era leggero, m,a faceva di tutto per
tenermi
a terra, continuando a cercare di colpirmi. Alla fine riuscii a
rotolare via,
sentendo un gemito e un lamento. Invisibile o no, dovevo avergli fatto
male.
Seguendo il rumore riuscii a capire dove si trovava e la saltai addosso
nel
tentativo di immobilizzarla.
Peccato che immobilizzare qualcuno di cui non vedi braccia e gambe
tende ad
essere un operazione alquanto complicata.
Continuava a sfuggirmi e a scappare. Ogni tanto, se la sfioravo
lanciava degli
urletti o delle esclamazioni che non capivo. Intuii solo che doveva
essere una
ragazza.
“Smettila
di sgusciare via, piccola anguilla.”
Ringhiai, dopo l’ennesimo tentativo fallito.
Per
tutta risposta, una spada, per poco, non mi colpì
alla spalla. Non era una che scherzava. Estrassi la mia spada,
l’Arco di Robin
mi era inutile in quella circostanza. Dovevo affrontarla.
“Vediamo
che sai fare, tesorino.” Sbuffai,
concentrandomi evocando tre me stessi, per confonderla.
Dovette
funzionare perché quello alla mia destra sparì,
tagliato a metà da una spada invisibile.
Eccola!
Questa volta non mi sarebbe scappata. Attaccai con la spada e la presi
alla
sprovvista, bloccando la sua usando la guardia a croce per incastrarla
contro
il muro più vicino. Mentre lei provava a liberarla, allungai
la mano, cercando
di afferrarla. Alla fine le mie mani si strinsero su qualcosa di
leggero e
quasi impalpabile tessuto. Nonostante tutto riuscii ad afferrarlo e
tirai con
tutte le mie forze. Alla fine riuscii a sfilare quella roba di dosso
alla mia
avversaria. Avevo tra le mani una specie di velo trasparente che,
appena
toccava una parte del mio corpo, la faceva sparire.
Invece la ragazza davanti a me era bassa e minuta come
l’altra, aveva gli
stessi capelli rossi e occhi violetti.
“Oh,
ciao, gattina, sei la sorella gemella dell’altra,
immagino. Bel mantello, te l’ha prestato Harry
Potter?” Chiesi, ghignando.
Altro bel bocconcino per Einar.
“Non
chiamarmi in quel modo tu, brutto maniaco o ti
taglio il…” Salto il termine per non turbare la
mente di nessuno. Ad ogni modo
capii subito che era pazza di me.
Liberata
l’arma si lanciò all’attacco e, devo
dirlo, la
signorina ci sapeva davvero fare. Fendenti e affondi da maestra.
C’era ì, però,
il fatto che, avendo combattuto varie volte, non ero nemmeno io a
digiuno di
scherma. Anzi.
Continuavo
ad indietreggiare, ma non tanto perché lei
era più forte di me. La verità è che
io non sfioro le ragazze nemmeno con un
fiore.
“Che
ne dici di un appuntamento su, in città? Sai,
quella vera. Una pizzeria?” Chiesi, usando tutto il mio tono
più affascinante,
mentre evitavo che mi saltasse un orecchio.
“Smettila
e combatti seriamente.” Mi rispose la
ragazza, diventando improvvisamente rossa.
“Come
mai così in imbarazzo? Non mi sono mica
spogliato, ma se vuoi…”
“No!”
Strepitò lei, improvvisamente in difficoltà.
“Non
ci provare.”
“Hai
ragione, prima c’è bisogno di un vero
appuntamento.”
Commentai, sorridendo e riprendendo l’attacco, approfittando
della sua
distrazione.
Peccato
doverla ferire, era proprio carina. Ma sono
ordini di Odino, non si può disubbidire senza il rischio di
essere inceneriti.
Così continuai a difendermi, anche se dovetti nascondermi
non appena una sfera
di fuoco non incenerì il mio sopracciglio destro.
“Wow…
una tipa focosa, eh?” Dissi, mentre mi riparavo
dietro una parete. Ancora una volta lei arrossì.
Mamma
mia, non aveva mai avuto un flirt con un normale
ragazzo? Ok che ero figlio di Loki, ma lei era davvero una signorina
puritana. Il
problema, adesso e che altri proiettili magici stavano volando contro
di me e
ciò che rimaneva della casa crollata non avrebbe retto
ancora a lungo.
Sbuffai esasperato, mentre mi arrampicavo su una casa vicina, prendendo
l’Arco
di Robin, anche se dubitavo mi sarebbe servito.
Avevo
bisogno di un piano astuto. Un piano da figlio di
Loki.
Poi
mi venne l’illuminazione. La maggior parte dei
tetti, intorno a me, erano tetti di pietra, ma alcune case e negozi li
avevano
di legno ed erano quasi del tutto marci. Dovevo solo attirarla verso
uno di
essi.
“Ehi,
tesorino!” La chiamai, sapendo che non poteva
resistermi. “Se mi arrendessi, la smetti di tirare
magie?”
Gli
attacchi si fermarono e la sua voce risuonò cauta,
ma anche autorevole: “Se ti vuoi arrendere, allora, vieni
giù.”
“Troppa
fatica.” Replicai. “Vieni tu.”
Ovvio
che lei sospettò di una trappola, ma era in una
situazione di stallo: o veniva a prendermi, o sarebbe scappata,
rischiando di
essere attaccata da dietro. Le stavo forzando la mano. Infatti, come
previsto
lei scelse di venire su. Si arrampicò lentamente, stando
attenta e io ne
approfitta. Individuai la casa con il tetto di legno messa peggio e
evocai un
illusione. Ne avevo usate parecchie, quel giorno, ma potevo ancora
farne
qualcuna per le emergenze.
Era seduta sulle assi di legno e sembrava veramente appoggiato. Peccato
che era
totalmente senza peso e quella copertura avrebbe ceduto anche se ci
avesse
camminato sopra uno scoiattolo.
Io mi nascosi dietro un altro tetto di pietra, onde evitare di finire
io stesso
in trappola.
Tutto
andò secondo i piani: la ragazza vide la mia
immagine e si avvicinò ad essa e, non appena mise piede sul
legno marcio,
quello cedette.
Lei
precipitò di sotto lanciando un urlo di sorpresa,
mentre il mio doppione spariva del tutto. La rossa precipitò
di sotto. Sperai
che il salto non fosse troppo, ma avevo visto bene: non era un edificio
particolarmente alto, immagino che fosse finita nel nanico salotto.
Infatti
non mi sbagliai: era finita con la schiena su
un tavolo di pietra e sembrava respirare appena.
“Ehi,
bellezza. È una mia impressione o la situazione è
precipitata?” Chiesi, con un sorrisetto odioso.
Lei
si limitò ad arrossire e a guardarmi male. Cavolo,
ce l’aveva proprio con me.
“Senti,
tesoro, che ne dici se mi fai capire come mai
ci avete attaccati senza motivo?” Chiesi, scendendo di sotto,
usando varie
mensole e mobili di pietra.
“Senza
motivo?” Sbottò lei, ansimando per la botta.
“Avete rapito un nostro amico!”
“Affascinante,
dev’essere il tuo amico immaginario,
dato che non ho idea di cosa tu stia parlando.” Ribadii,
mentre mi sedevo
accanto a lei, avvicinando la mia mano al suo viso.
Appena
la sfiorai lei si ritrasse e arrossì ancora di
più.
“Sai
di chi sto parlando.” Ringhiò, cercando di
assumere un tono più fermo.
“Intendi
il brufoloso? Se è vostro amico vi informo che
è lui ad aver attaccato noi. Ha rubato un oggetto magico dai
nostri Dei, quindi
direi che i ladri siete voi.” Dissi, senza abbandonare il
sorriso.
Lei
sgranò gli occhi sorpresa, come se le mie parole
l’avessero colta alla sprovvista. Sentivo odore di complotto
di Loki, in questa
storia. Era troppo strano che un tizio loro fosse sparito e che fosse
riapparso, così, a caso, ad Asgard per rubare qualcosa a
noi.
“Quello
che dici non ha senso.” Sbottò la rossa che si
stava riprendendo.
“Nemmeno
quello che dici tu.” Replicai sarcastico.
In
quel momento sentii la voce del capo che mi
chiamava. Mi voltai verso l’uscita, o meglio, verso il muro
crollato su cui un
tempo c’era l’uscita e vidi Rossa numero Due
correre verso di me con un aria
decisamente assassina.
“Ci
vediamo bellezza!” Dissi, decidendomi a togliere il
disturbo.
La
tizia non stava puntando a me, per fortuna, ma
cercava di aiutare la gemella. Si limitò a lanciarmi un
occhiata della serie: a te uccido dopo.
Così non ebbi problemi
a radunarmi con il capo che, ormai, aveva già raggiunto la
scalinata davanti al
portone della fortezza.
“Andiamo,
presto!” Mi incitò Alex, aprendo le pesanti
porte, sorvegliate, lateralmente, da due statue di Re dei Nani
gigantesche.
Sembrava di star per entrare a Moria, nel Signore
degli Anelli.
Sentimmo
alle nostre spalle i passi delle due sorelle,
ma non avevamo tempo di chiudere la porta. Percorremmo il corridoio
scuro,
grande quanto una cattedrale, fino a raggiungere, circa metà
del percorso. Le
torce si illuminarono tutte, come per un effetto scenico. Vedemmo il
ragazzo
brufoloso.
Era a terra, il colorito smunto e gli occhi chiusi, come se fosse
svenuto.
Accanto a lui.
“Loki!”
“Papà!”
“Ragazzi!”
Ci salutò il Dio degli Inganni, con un
sorriso divertito.
“Cosa
ci fai qui, dovresti essere incatenato!” Gli
ricordai. Quanta fatica per mettergli, di nuovo, le dannate corde.
“Vero,
Einar, ma un Dio può mandare ancora sue
emanazioni ovunque. Ecco come faccio ad essere qui.
Sorridete.” Spiegò lui,
scattando una foto, immortalando le nostre espressioni.
Ecco
quando si odia di essere figli di Loki. Quando
capisci che tuo padre sta escogitando qualcosa e che, quel qualcosa, si
ripercuoterà sicuramente contro di te.
Eravamo in grossi guai.
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Capitolo 4 *** Sinead - Scopriamo di essere stati tutti presi per i fondelli ***
Sinead
- SCOPRIAMO DI ESSERE STATI TUTTI PRESI PER I FONDELLI
“Stai
bene, Nan?” chiesi a mia sorella.
Lei
annuì, mentre la aiutavo a rialzarsi
dal tavolo su cui quel cretino di un norreno l’aveva fatta
cadere.
“Comunque quel tipo era un maniaco” disse
rimettendosi in piedi. Be’ questo spiegava
perché fosse bordeaux.
“Peccato
non aver avuto qui Duncan, allora”
commentai “Non ne sarebbe rimasto molto da seppellire, di
quel tipo”
L’unico
risultato del commento fu che Nancy
arrossì oltre l’umana immaginazione, quindi decisi
di lasciar perdere. I
norreni si erano dileguati e avevano infilato un portone enorme,
presumibilmente di una fortezza. Io e Nancy ci precipitammo sui loro
passi. Non
avevamo nessuna intenzione di lasciarli scappare, non quando avevano
Orlando.
“Tu
come te la sei cavata con l’altro
tipo?” mi chiese Nancy mentre correvamo.
“Non
molto bene” replicai cupa “Quel tizio
sapeva usare la magia, ed è riuscito ad annullare i miei
incantesimi con quella
sua spada”
‘Excalibur.
Non la sopporto’
ronzò
Freagairiche disgustata ‘Forgiata
da
Vidarr. Benedetta da Odino. Potente quasi quanto un’arma
divina. Incisa di rune
in modo da poter deviare o assorbire la magia usata contro il suo
proprietario.
Ha condotto molti eroi alla rovina causando loro dei complessi di
superiorità.
Peccato che non sia ancora successo a quel bisonte, ci saremmo evitate
molti
problemi’
‘Sei
meglio di Wikipedia’
pensai mentre
entravamo nella fortezza. Ci ritrovammo davanti un lungo corridoio, con
due
lunghe file di torce sulle pareti. Molto più avanti,
riuscivo a vedere i due
norreni che correvano a rotta di collo.
Mentre
correvo ripensai rapidamente al
duello che avevo appena affrontato. Il Pirata (lo chiamavo
così a causa della
benda sull’occhio) era stato veramente un osso duro, uno dei
pochissimi esseri
umani con cui mi fossi davvero trovata in difficoltà.
Perfino con Freagairiche
che ronzava come una disperata mettendomi al corrente delle sue mosse
– e negli
ultimi tempi era una cosa che faceva raramente visto quanto ero
migliorata –
non ero riuscita a disarmarlo. E neanche la magia aveva funzionato!
Anzi, era
stato in grado di usarne lui stesso.
E poi c’era anche quell’altra cosa strana che aveva
detto … prima aveva preteso
di non sapere chi fossimo, e poi, non appena avevo accennato alla Slea
Bua, si
era messo a dire di restituircela. Cosa piuttosto impossibile, dato che
ce
l’avevano loro. Ma allora perché montare tutto
quel teatrino fingendo che i
ladri fossimo noi?
Le mie riflessioni finirono quando raggiungemmo i due norreni. Per
qualche
ragione, si erano fermati nel bel mezzo del tunnel, e quando fummo
più vicine,
vidi il perché. Erano occupati a farsi fare una foto con il
cellulare da un
tizio.
Era alto e magro, con la pelle chiarissima, i capelli lisci e neri
raccolti in
una piccola coda e strani occhi che erano blu, ma non si capiva bene di
che
sfumatura, tanto cambiavano. Era vestito come un cantante rock.
Somigliava
parecchio al Maniaco, probabilmente era un parente, forse addirittura
il padre.
Ma non fu quella la cosa che mi preoccupò di più.
Quello che mi preoccupò di più fu che ai suoi
piedi c’era Orlando, con gli
occhi chiusi e un colorito cadaverico. Oh dei … che gli
avevano fatto? Era solo
svenuto, vero?
“Oh,
ecco, ci sono anche le due celte” ci
salutò il tizio del cellulare “Potete fare una
foto tutti insieme, che dite?
Dunque, i due ragazzi al centro, le signorine ai lati … e
tutti con le braccia
attorno al collo di chi sta vicino!”
“Loki!”
sbraitò il Pirata, senza commentare
il suggerimento”Cosa stai succedendo? Cosa stai facendo? Chi
sono questi?”
chiese, indicando me, Nancy e Orlando. Quel Loki aprì la
bocca per rispondere,
ma fu prevenuto da una voce che, purtroppo, io e mia sorella
conoscevamo
benissimo.
“Loki,
sei stato tutto il tempo alle prese
con le foto e non hai spiegato loro nulla? Crea una pessima
impressione, nel
campo degli affari!”
Il
proprietario della voce comparve dal
nulla. Era un uomo alto e robusto, con i capelli rossicci legati in una
coda e
una corta barba sempre rossiccia. Aveva gli occhi del tutto neri, senza
traccia
di bianco, e indossava jeans con una maglietta di non so quale battuta
di
caccia. Io e Nancy avevamo la sfortuna di imbatterci in lui tre volte
prima di
allora, e tutte avevano rischiato di finire male. Era Arawn, dio
dell’ inferno
celtico, nonché dio dell’inganno.
“Arawn”
borbottò nervosamente mia sorella.
Il
Pirata si girò a guardarla “Lo
conoscete? Allora siete tutti in combutta con Loki! Chi è
quello, il vostro
genitore divino?” chiese, alludendo probabilmente al fatto
che avevamo tutti i
capelli rossi.
“Ma
neanche un lontano parente, grazie agli
dei!” sbottai “Invece, com’è
che voi siete qui a farvi fotografare da questo
tizio che ha Orlando?”
“Allora
è quello Orlando?” chiese il
Maniaco, guardando il nostro allievo steso a terra “Vi
meritereste un po’ di
meglio, carine …”
“Chiudi
il becco” sbottammo io e Nancy in
contemporanea, cosa più unica che rara.
“Basta!”
sbottò il Pirata “Dov’è la
Lancia?”
“Un
po’ difficile dirlo visto che ce
l’avete voi!” ribattei io.
“Cosa?
Avete ammesso voi stesse che il
ladro è il vostro compare!”
“Perché è stato costretto da
voi!”
“Me
se non sappiamo neanche chi siete!”
“Sei
ancora così convinto che dobbiamo
spiegargli tutto, Arawn?” chiese quel Loki, senza staccare
gli occhi dallo
schermo del cellulare “Sarebbe molto meglio lasciare che si
ammazzino tra loro,
sono sulla buona strada”
“Oh,
lo faranno comunque” lo rassicurò
Arawn “Ma moriranno tutti tra poco e non diranno niente a
nessuno, no? Tanto
vale dirglielo … e godersi le loro espressioni”
Loki
guardò Arawn, poi guardò noi che lo
stavamo fissando tutti, poi concluse. “E va bene. Le foto
faranno il giro del
web”
“Ora
che siete pervenuti a questa difficile
decisione, vi disturba troppo dirci dov’è la
Lancia?” chiese il Maniaco.
Loki
tossicchiò. “Dovresti essere più
preciso, figliolo. A quale lancia ti riferisci?”
Arawn
fece un rapido gesto con la mano, e
un paio di lance comparvero dal nulla. Una era enorme, ma abbastanza
normale, e
non mi sembrava di averla mai vista. L’altra invece la
conoscevo benissimo.
Era molto lunga e di legno chiaro, e dalla punta argentea uscivano
sibilando
scintille bianche, cosa che dava all’arma l’aspetto
di un missile pronto a
partire. La Slea Bua.
“La
Gungnir!” esclamò il Pirata, fissando
l’altra lancia.
“E
quell’altra che cos’è?”
inquisì il
Maniaco.
“E’
la nostra Slea Bua” gli rispose Nancy
“Ma che accidenti sta succedendo?”
“No
scusate, ma voi chi siete?” chiese il
Pirata che, al pari di tutti noialtri, non ci stava capendo
più niente.
E
in effetti la situazione era assurda:
gente che sapevamo averci rubato la lancia, ci accusava di aver rubato
una
lancia, e alla fine comparivano due lance e due dei
dell’inganno. Che razza di
casino.
Arawn
tossicchiò , riportando la nostra
attenzione su di lui. “Innanzitutto mi presento, signori: io
sono Arawn, dio
celtico degli inferi”
“E
dell’inganno” aggiunsi io.
I
due norreni sgranarono gli occhi.
“Celti?!” chiese il Pirata, esterrefatto.
“E
già! Ma lo sapevate, no?” chiesi.
Le
loro facce furono una risposta più che
sufficiente. La cosa mi lasciò completamente spiazzata.
Come, non sapevano chi
eravamo? Ma allora perchè ci avevano attaccate? E poi, Lugh
aveva detto che
erano stati loro a rapire Orlando e a rubare la Slea Bua. Tutta quella
situazione non aveva senso.
Arawn ridacchiò, poi il suo aspetto cambiò.
All’improvviso, era diventato un
uomo biondo … Lugh.
“Questo
vale più di una spiegazione troppo
lunga e complicata, no?” chiese lui.
“Maledetto
… ci hai messe apposta contro i
norreni!” capii. Uno scatto mi informò che Loki
aveva immortalato la mia
espressione feroce.
“Come?”
mi chiese il Pirata.
“E’
stato lui a dirci che voi avevate
rubato la nostra lancia e rapito Orlando …”
spiegai, senza smettere di fissare
Arawn con aria omicida.
“Sì,
se l’è cavata” disse Loki beccandosi
un’occhiataccia dall’oggetto della discussione
“Del ragazzo invece mi sono
occupato io” continuò accennando al povero
Orlando,a ancora a terra. “Dovevo
fargli rubare entrambe le lance … e non è stato
affatto difficile. Non è certo
un genio, ve ne sarete accorte anche voi. E il vostro rifugio Dun
Scaith non è
irraggiungibile come credete, almeno per un dio”
“Quindi
è stata una combutta tra due dei
dell’inganno”
capì il Maniaco.
“Diciamo
solo che recentemente sono entrato
in affari con l’estero” rettificò Arawn.
“Perché?”
chiese Nancy “Cosa ve ne viene in
tasca?”
“Oh,
un buon numero di cose” disse Loki
senza smettere di cincischiare con il cellulare. Mi veniva voglia di
strapparglielo di mano e romperglielo in testa. “Primo, e
più importante: io sarò
libero grazie al potere delle due lance combinate”
“A
me libero lo sembri fin troppo”
commentai.
“Oh,
questa è solo una mia emanazione … io
sono legato come un salame a svariati chilometri da qui”
“Secondo,
voi quattro finirete tutti nel
mio regno una volta morti” intervenne Arawn con
soddisfazione.
“Ma
è impossibile” fece notare Nancy “Loro
appartengono a un’altra cultura, quindi dovrebbero finire nei
loro inferi …”
“Oh,
non esattamente” spiegò Loki, sempre
armeggiando con quel benedetto cellulare “Uccidendovi tra
voi, finirete tutti
per uccidere persone innocenti, quindi voi celti dovreste andare da
Arawn e i
norreni nel Hellheim …”
“Ma
secondo la clausola 45 della norma 27
dello statuto dei regni dei morti …”
iniziò Arawn.
“Le
vostre anime possono essere cedute a
lui, in quanto siete venuti in contatto con la loro cultura e avete
ucciso
alcuni dei loro. E sono sicuro che convincerò mia figlia a
farlo” completò
Loki, alzando lo sguardo per vedere se ci fosse
un’espressione che valesse una
foto.
“E
non sarete i primi. I rispettivi gruppi
vorranno vendicare la vostra morte. Si scatenerà una guerra
tra celti e
norreni. E riceverò molte più anime che negli
ultimi tempi!” annunciò Arawn
soddisfatto.
“Piccolo
particolare” disse il Pirata con
aria cupa. “Noi non abbiamo nessuna intenzione di uccidere
queste due”
“Lo
stesso vale per noi nei vostri
confronti” risposi.
“Oh,
lo farete, state tranquilli …” rispose
Loki distrattamente.
“E
come credi di farcelo fare?” La risposta
me la fornì Freagairiche. ‘Affondo
dietro
di te!’ ronzò.
Mi
voltai di scatto, appena in tempo per
parare un fendente … del Pirata. No, ma non aveva appena
detto di non volerci
uccidere? E invece era lì davanti a me che combatteva come
un invasato.
Uno strillo alle mie spalle mi costrinse a girarmi per un attimo, ma mi
fu
sufficiente per vedere qualcosa che mi lasciò a bocca
aperta. Tutti stavano
combattendo contro … copie degli altri. Stando a quello che
mi offrivano i miei
occhi, in quel momento c’erano tre me, tre Nancy, cinque
Pirati e otto Maniaci.
Mi ricordai subito di quando il Maniaco aveva fatto delle copie di
sé e del suo
compare per sviare me e Nancy che li seguivamo … Loki lo
aveva chiamato
‘figliolo’. Doveva essere il suo genitore divino.
Mi dispiaceva per lui.
In quel momento, però, i legami familiari non erano la cosa
più preoccupante:
la cosa più preoccupante era che le copie ci stavano
attaccando, tutti stavamo
combattendo, e non si riusciva a distinguere una copia
dall’originale. Avremmo
anche potuto ucciderci tra noi, scambiandoci per le illusioni
…
Riuscii a sconfiggere facilmente l’illusione –
Pirata, non era tosta quanto
l’originale: appena la mia spada lo colpì, si
dissolse nel nulla. Ma
prontamente fui attaccate al contempo da un altro Pirata, una Nancy e
un paio di
Maniaci.
“Ehi”
mi apostrofò uno di questi ultimi
“Datti una calmata, carina. Io sono quello
originale”
“Chissà
perché, ma ho l’impressione che lo
diresti anche se fosti una copia” ribattei.
“Giusta
osservazione” fece lui, dopodiché
attaccò senza esitazione la sua altra versione, il Pirata e
la Nancy, che io
avevo esitato a colpire perché non sapevo se fossero quelli
veri o no.
Si dissolsero tutti.
Questo poteva voler dire che ero davanti al Maniaco originale
… o che era un
astuto trucco per farmi abbassare la guardia. Mantenni comunque una
posizione
di difesa, ma lui non attaccò.
“Ehi,
ehi, non ti sei ancora convinta,
gattina? Guarda che se mi uccidi poi non possiamo più uscire
insieme!”
“Chiamami
un'altra volta gattina e ti …”
“Oh,
anche tu vuoi tagliarmi …” sorvolo il
termine per motivi di decenza, tanto avrete già capito tutti
di che cosa si
tratta.
“Veramente
stavo pensando di cavarti gli
occhi. E poi come fai a essere così certo che le altre siano
illusioni?”
“Sono
pur sempre figlio suo, no?” rispose
indicando Loki che stava fotografando tranquillamente lo scontro.
“Uhm
… okay” commentai, abbastanza sicura
che quello non fosse il massimo come parentela “Bene, tipo,
suppongo che adesso
un’alleanza sia di rigore” dissi mentre colpivo una
mia versione che cercava di
attaccarmi.
“Ma
davvero?” ribatté lui
“Un’alleanza! Chi
ci avrebbe mai pensato! Accidenti, gattina, un’idea davvero
originale” Tutto
questo mentre colpiva un paio di sé stesso.
Mi
limitai a mollargli un’occhiataccia e a
rispondere “Se mi chiami ancora gattina non solo ti cavo gli
occhi, ma compio
anche l’operazione che hai citato tu”
“Allora
mi dici come ti chiami?” mi fece
lui con un sorrisetto da pseudo conquistatore navigato..
“Sinead”
“Ma
che razza di nome! Io comunque sono
Einar”
“Sì,
perché questo non è un nome strano.
Adesso mi dici quali sono gli originali, così magari
riusciamo a uscire da
questa situazione?”
“Alex
è quello che combatte contro te e tua
sorella, tua sorella invece sta combattendo contro i due Alex e
quell’altro me”
spiegò lui. Dedussi che Alex doveva essere il Pirata.
Io ed Einar iniziammo ad attaccare le restanti illusioni, tenendo a
mente la
posizione degli originali.
“Ehi
capo!” urlò a squarciagola Einar “Sai
che adesso siamo alleati ufficialmente? Adesso almeno posso uscire con
una
delle due senza problemi”
“Neanche
per sogno!” sbottò quella che
doveva essere per forza la Nancy originale.
“Okay,
se vuoi posso uscire solo con te, ma
non garantisco, è impossibile distinguervi”
“Silenzio!”
intimò Alex, distruggendo una
delle ultime due illusioni “Mi è sembrato di
sentire …”
Un
ronzio, ecco quello che si sentiva. Non
si capiva bene cosa lo producesse. Notai, però, che le
fiamme delle torce si
stavano alzando, e che una gran quantità di scintille si
staccava e rimaneva
sospesa per aria … non prometteva niente di buono. E infatti
di colpo le
scintille si trasformarono in vespe.
“Dritt!”
gridò Alex, mentre io commentavo
qualcosa di probabilmente analogo in irlandese.
“Okay,
con le illusioni ve la siete cavata
bene, ora voglio vedervi con queste …” disse Loki,
scattando una bella foto
alla scena, mentre Arawn osservava compiaciuto.
“Ma
cosa cavolo …?!” borbottai, mentre
cercavo di allontanare le vespe con la spada.
“E’
il dio della stregoneria” rispose Alex
da qualche parte – le vespe ormai erano così tante
che era difficile vederci
qualcosa “Ma dove accidenti l’ho messa
…”
Non
riuscii a capire di che cosa stesse
parlando, perché quelle bestiacce mi aggredirono in massa. E
tutto quello che
potevo fare era cercare di scacciarle con Freagairiche, che continuava
a
strillare di non essere un acchiappamosche. Purtroppo, la magia celtica
non
offre incantesimi ‘Autan’:
al massimo
potevo cercare di entrare nella mente degli animali e convincerli a
calmarsi,
come una volta avevo fatto con il cavallo di una Romana.
Solo che, quando ci provai, non ci riuscii …
perché non erano vere e proprie
vespe, certo! La loro natura era quella del fuoco. Dovevo solo
concentrarmi e
cercare di farle tornare alla loro forma originaria.
“Ehi,
perché alcune sono diventate
lucciole?” gridò Einar pochi minuti dopo. Okay,
ecco il bel risultato dei miei
sforzi.
“Eccola!”
esclamò subito dopo Alex, insieme
a qualcosa di assolutamente incomprensibile. Le vespe si diradarono,
ronzando
intorno come impazzite, e poi volarono via lungo il corridoio.
Abbastanza
chiaro che fosse stato lui.
“Come
hai fatto?” gli chiesi. Accidenti, io
con tutti i miei sforzi ero riuscita a ottenere qualche lucciola, e lui
con una
parola le mandava via tutte.
“La
runa …” iniziò a dire lui, ma si
interruppe. C’era un nuovo suono questa volta. E non un
ronzio … come de passi
pesanti – molto pesanti – di qualcuno che stesse
venendo nella nostra
direzione.
“Bravi!”
ci disse quell’idiota di Arawn con
un sorriso “Con i vostri combattimenti, avete fatto
abbastanza chiasso da
svegliarlo”
“Allora
serviva tutto a distrarci in vista
di un nemico più tosto” commentò Einar
“Neanche un po’ cliché”
“Oh,
il classico fa sempre effetto,
figliolo … come sarebbe a dire ‘batteria quasi
scarica’?!” fu la risposta di
Loki.
Nessuno
se la sentì di commentare l’ultima
domanda, perché in quel momento il suo
‘classico’ fece il suo ingresso in
scena.
Era il mostro più grosso che avessi mai visto. La sua testa
sfiorava il
soffitto, e riusciva a passare lungo il corridoio solo
perché teneva le ali
molto aderenti al corpo. Somigliava al canonico drago: completamente
ricoperto
di squame verde brillante, con ali membranose di un verde
più scuro. I suoi
occhi erano di un giallo brillante, e quando si posarono su di me, ebbi
la
sensazione che quel mostro avesse subito saputo tutto di me, chi ero,
tutto
quello che avevo fatto, tutto quello che pensavo, il modo in cui mi
comportavo
e combattevo di solito, come se mi avesse passata allo scanner. Era una
sensazione che faceva venire i brividi.
L’essere passò quel suo sguardo assurdo su tutti
noi, e poi fece saettare
un’enorme lingua biforcuta – gesto certamente molto
rassicurante.
Arawn
rivolse a tutti noi un gran sorriso,
mentre Loki continuava a imprecare contro il suo telefono.
“Signore e signori”
annunciò allegramente “ho l’onore di
presentarvi l’unico, inimitabile …
Fafnir!”
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