Quando l’oscurità inghiotte la luce

di Tigre Rossa
(/viewuser.php?uid=260581)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Ti ritroverò ***
Capitolo 3: *** Prigionieri ***
Capitolo 4: *** Grazie ***
Capitolo 5: *** Frammenti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Quando l’oscurità inghiotte la luce
 
 
Prologo

 

 


 
Mezzanotte.
 
La bella New York dormiva tranquilla, avvolta da un’oscurità minacciosa.
 
Erano giorni, ormai, che la luna o le stelle non illuminavano il suo cielo.
 
Quasi nessuno però ci aveva fatto caso.
 
Erano tutti troppo presi dalle loro faccende, dai loro impegni, dalle loro vite.
 
Pochi, troppo pochi, alzavano lo sguardo al cielo anche solo per qualche momento e cercavano la luce lontana e pura degli astri.
 
 
 
Uno di questi pochi era una tartaruga mutante.
 
Anche quella sera stava osservando, come faceva ormai da due settimane, la volta celeste dalle scure finestre di quel luogo fino a poco tempo fa sconosciuto e che ora era l’unico posto sicuro nel quale aveva trovato rifugio.
 
Non sapeva nemmeno lei perché, ma continuava ogni notte a guardare il cielo ed a cercare una qualche luce a cui aggrapparsi, tentando così di riempire il vuoto che avvertiva nell’anima.
 
Ma vedeva sempre e solo tenebre e oscurità.
 
 
Il giovane sospirò e si passò una mano sugli occhi.
 
Quanto avrebbe desiderato avere un po’ di luce.
 
Gli sarebbe bastato il fievole bagliore della stella più piccola e lontana.
 
Era tutto ciò che desiderava.
 
Solo un po’ di luce.
 
Quel poco che bastava per illuminare l’oscurità in cui viveva da quando, due settimane prima, si era risvegliato senza ricordare nulla di sé stesso e del proprio passato.
 
Già, lui non ricordava più nulla.
Assolutamente nulla.
 
Della tartaruga una volta chiamata Leonardo non restava che una creatura sperduta e senza memoria, una creatura facile da ingannare e da manovrare.
 
Un creatura che, pian piano, avrebbe smarrito sé stessa e la propria luce.
 



La tana dell'autrice

Cowabunga dudes!

Si, finalmente ho deciso di presentarmi come si deve!
Il mio nome è Tigre Rossa, ho 15 anni e sono una fan delle mitiche tartarughe fin da quando ne avevo 5.

Le mie preferite sono Leo e Raph, - guai a chi me li tocca!- ma le adoro tutte. Io e il mio fratellino siamo cresciuti con la serie del 2003, che è la mia preferita in assoluto, ma ho visto anche Fast Forwad, il film TMNT del 2007 - che venero-, Taratughe per sempre di non so quale anno e alcuni dei vecchi film con i pupazzi, e attualmente sto vedendo la serie degli anni 80. Purtroppo non ho mai visto una puntata della serie 2012, non in italiano almeno, ma conosco un po’ la storia e i personaggi.
Sono pazza e mentalmente irrecuperabile, la mia più grande passione è la scrittura e quando scrivo amo sperimentare! So qualcosa sulle arti marziali perchè pratico da quasi due anni uno stile derivante dal kung fu shaolin, il wing tsun - scuole di ninjzu non ne ho trovate ahah- e i paesi asiatici mi affascinano tantissimo!

Allora, per quanto riguarda questa fic, l'idea di fondo è nata all'improvviso mentre rivedevo alcune puntate del 2003 con il mio fratellino.
Leonardo ha sempre combattuto contro il Clan del Piede, lo sappiamo tutti. Ma se venisse raggiurato e diventasse uno di loro? C'era stato molto ma molto vicino, nella prima serie del 2003, ricordate?
Ecco, la mia fic si basa proprio su questo, un Leo legato al Clan. Un Leo diviso tra quello che crede di sapere e quello che sente.

 . . . credo che sia proprio uno schifo terribile, però, che devo dirvi? Quando una fic preme per uscire, non so dirle di no!


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Ti ritroverò ***



Quando l'oscurità inghiotte la luce



Ti ritroverò
 



 
 
Un’ombra si muoveva veloce e silenziosa sui tetti della città, controllando ogni angolo con attenzione ed occhio vigile e cercando di non farsi sfuggire neanche il più piccolo movimento, cosa ancora più difficile del solito a causa dell’assenza degli astri notturni e della loro voce.
Ormai erano passate molte ore da quando aveva iniziato la ricerca. Era uscita dal proprio nascondiglio al tramonto, sfruttando il più possibile il buio per muoversi senza essere notata né dai propri nemici e nemmeno dai normali cittadini.
 
A dire il vero, se fosse stato per Raffaello egli avrebbe continuato a cercare in tutta la città anche durante il giorno, incurante degli umani, fino a quando non avrebbe trovato colui che stava cercando.
Ma il maestro Sprinter non aveva voluto sentire ragioni: non avrebbe esposto i suoi figli al rischio di essere visti e braccati, soprattutto non dopo ciò che era successo due settimane prima.
Già era tanto che gli aveva permesso di separarsi per mandare avanti le ricerche e di stare fuori tutta la notte. Meglio non tirare troppo la corda gli aveva consigliato Don, cercando di convincerlo ad ubbidire al sensei.
Ma il ninja dei Sai non li aveva ascoltati ed aveva continuato ad uscire di giorno ogni volta che aveva potuto, accuratamente travestito e pronto a tutto.
Nonostante queste uscite clandestine, però, egli non era ancora riuscito a trovare Leonardo.
 
Raffaello avvertì una fitta di dolore al pensiero di suo fratello, scomparso ormai da due settimane.
Non poté impedire alla propria mente di ritornare agli eventi passati, eventi che tormentavano le sue ore di veglia e che tornavano sotto l’aspetto di incubi durante le poche ore che si concedeva di sonno . . .
 
 . . . “Devo concedertelo, Raph: il film che hai scelto stavolta era proprio bello!” gli disse Leonardo, sorridendogli da sotto la sciarpa azzurra che gli nascondeva il volto.
Anche il focoso sorrise. Era raro che gli stessi film che piacevano a lui piacessero anche al suo fratellone perfettino “Che ti avevo detto, intrepido? Non valeva la pena travestirci e salire in superficie  per vedere al cinema ‘Rush’? Voi non ascoltatemi mai, mi raccomando . . .”
Don sbruffò e lanciò un’occhiataccia a Michelangelo, che camminava sul marciapiede accanto a lui “ Per quel poco che sono riuscito a capire doveva essere veramente bello, ma non sono riuscito a seguire molto con questa specie di maiale verde che mi masticava nelle orecchie tutti i pop-corn del cinema!”
“Come, sei arrabbiato? Ma se te n’ho anche offerto un po’!” esclamò l’arancione, mentre ingoiava l’ultima manciata di pop-corn “Sei proprio incontentabile!”.
Leo e Don scossero la testa, sconsolati, mentre Raph lo sgridava “Tu sei incontentabile! Quanti soldi avrai speso per tutti quei pacchetti?! Davvero, Mich, oltre che un coniglio sei anche un porco!”
“Oh, ma guarda che sei tu quello che si è finito in un pomeriggio tutta la fornitura di cioccolata che avevamo comprato la settimana scorsa! Guarda che se continui in questo modo diventerai grasso, Raph, e non ti conviene, visto che sei già abbastanza brutto così . . .” lo prese in giro l’altro, ammonendolo con un tono di voce così  simile a quello che usava Leo per le sue ramanzine che tutti quanti scoppiarono a ridere.
“Su, basta” li richiamò all’ordine il maggiore, mentre entravano in una vicolo buio e isolato “Raggiungiamo il Tarta-Corazzato, il maestro ci starà aspetta . . .” la frase gli morì in gola.
Di fronte a loro erano apparsi come dal nulla una dozzina di ninja del Piede, tutti armati di katana e bo, che sembravano aspettare proprio loro.
Mentre questi li circondavano, i ragazzi si lanciarono un’occhiata d’intesa, si tolsero gli abiti in modo da poter combattere con più facilità, estrassero le proprie armi e si mise in posizione di difesa.
I ninja li attaccarono e a loro si aggiunsero molti altri, arrivati da chissà dove, troppi per poterli combattere con facilità in quello spazio ristretto. Peggio che peggio, avevano chiuso ogni possibilità di fuga.
“Raph” disse a bassa voce il leader al fratello accanto al quale stava combattendo “ sono troppi per sconfiggerli tutti. Voi tre avete dei fumogeni, vero?”
Il ninja dei Sai annuì.
“Bene. Quando vi darò il segnale, usateli e sfruttando la confusione cercate di raggiungere il tetto. Da lì seminate i ninja e raggiungete il Tarta-Corazzato. Ok?”
“Ok, fratello. Riferisco io a Mich e Don?”
“Si, ma fai in fretta.”
Il rosso fece come gli era stato ordinato e non appena Leo urlò “Ora!” sia lui che i suoi fratelli lanciarono a terra i fumogeni e nascosti dal fumo raggiunsero il tetto. Da lì si divisero, prendendo strade diverse e attirando un numero minore di ninja che riuscirono a sistemare.
Don e Mich raggiunsero per primi il Tarta-Corazzato e aspettarono i fratelli fuori dal veicolo, con le armi pronte in caso fossero apparsi altri ninja.
Raffaello arrivò poco dopo e circa cinque minuti più tardi apparve anche Leo.
“Però, ce ne hai messo di tempo, intrepido” lo prese in giro il focoso.
“Ne avevo alle calcagna due dozzine come minimo. Sembravano avercela tutti con me.” spiegò l’altro, guardandosi ancora alle spalle. “Su, andiamocene.”
Don aprì la portiera e fece per entrare, quando un shuriken si conficcò con forza proprio ad un centimetro dalla sua mano.
I quattro si voltarono verso la direzione dalla quale era stato lanciato e rimasero di sasso.
Di fronte a loro c’era l’elité di Shredder e Karai.
“Dovevo immaginare che ci fossi tu dietro questo attacco improvviso, Karai” ringhiò quasi Leonardo, stringendo con più forza le katana.
Karai non disse niente. Si limitò a guardarlo con i suoi occhi verdi ed a stringere le labbra. Poi alzò la mano ed a quel gesto le guardie giurate di Shredder si lanciarono contro le tartarughe, attaccandole con tutte le loro forze.
Queste contrattaccarono e riuscirono anche a ferire, seppure lievemente, i ninja dai mantelli rossi, ma il combattimento si faceva sempre più intenso e loro iniziavano a perdere terreno, troppo terreno.
“Ragazzi!” urlò Leonardo mentre ripagava il suo avversario del taglio appena infertogli “Prendete il Tarta-Corazzato e tornate alla tana! Io li trattengo e poi vi raggiungo!”.
“Non se ne parla neanche!” ribatté Raph, tirando un calcio alla guardia giurata che gli stava davanti “Noi non ti lasciamo, Leo!”.
Ma egli, nella foga di rispondere al maggiore, non vide la spazzata del ninja e si ritrovò a terra prima che se ne potesse rendere conto.
Il suo nemico, alzatosi in fretta, lo bloccò con un piede e alzò soddisfatto la propria arma per finirlo.
“No!” gridò l’azzurro, che aveva visto la scena, e si lanciò contro di lui, parando l’attacco e spingendolo lontano dal fratello. Poi aiutò Raffaello ad alzarsi e gli disse di nuovo, guardandolo negli occhi “Andatevene! È un ordine!”.
Il rosso non poté fare in tempo ad aprire bocca che la punta affilata di una lancia attraversò quasi tutta la spalla destra del leader, facendolo gridare dal dolore.
Raffaello allora, furioso,  si lanciò contro il ninja che l’aveva attaccato a tradimento, gli tirò due pugni dritti, un pugno circolare, un doppio calcio volante e quando questi cadde a terra gli conficcò un Sai nel braccio.
Si voltò di scatto per tornare dal fratello e vide Leonardo a terra, esamine.  Sopra di lui c’era il ninja contro il quale Leo prima stava combattendo. Gli stava puntando l’ascia alla gola.
Anche Donatello e Michelangelo videro la scena e fecero per raggiungerlo, ma i loro avversari glielo impedirono. Raffaello, invece, non riusciva a muoversi. Voleva intervenire, ma il muscoli sembravano non funzionare. Era come paralizzato.
“Lo uccido, mia signora?” domandò la guardia giurata a Karai, che era rimasta in disparte per tutto il tempo.
La donna sembrò esitare un attimo, ma poi disse in un soffio “No. Portiamolo via.”
A quelle parole Raffaello si riscosse e urlò, lanciandosi contro il ninja “Lascia stare mio fratello!”.
Questi, però, gli tirò un calcio al centro del piastrone e lo fece volare al muro, dove sbatté violentemente la testa e cadde a terra. Sentì altre urla e poi altri due tonfi proprio accanto a lui.
Cercò di rialzarsi, ma non ce la fece e cadde nuovamente a terra.
Prima di perdere conoscenza l’ultima cosa che vide fu Leonardo che veniva sollevato e poi . . . e poi fu il buio . . .
 
 
Raffaello tentò di ricacciare indietro le lacrime che spingevano per uscire e sollevò lo sguardo verso il cielo, cercando conforto in quella volta celeste e in quei astri che avevano sempre affascinato suo fratello Leo fin da quando era una tartarughina.
Gli sembrava quasi di sentirne ancora la voce entusiasta Vedi, Raph, quella è la costellazione del Saggitario . . . o, guarda, la luna è in fase crescente . . .
Ma gli astri notturni sembravano essere spariti insieme a Leonardo e lui non ne poteva più di quell’oscurità che regnava da quando il suo fratellone non era più lì.
 
“Ti ritroverò, Leonardo” mormorò Raffaello stringendo i pugni “Fosse l’ultima cosa che faccio, ti ritroverò e ti riporterò a casa. Te lo giuro.”
 
Proprio in quel momento vibrò il tarta-cellulare.
Raph sbruffò e rispose, sibilando “Spero che sia importante.”
“Raph!” urlò dall’apparecchiò la voce entusiasta di Casey Jones “Io e Mich abbiamo finalmente incrociato un gruppo di ninja e siamo riusciti a catturarne uno!”
Il cuore del rosso ebbe un guizzo. Finalmente, dopo due settimane di vane ricerche! “Davvero? Dove siete?”
“Nell’appartamento di April. È ancora incosciente.”
“Capito. Arrivo subito.”
La tartaruga chiuse il cellulare e si mise a correre.
 



La tana dell'autrice

Eccomi tornata! Credo che questo sia una specie di record, non ero mai riuscita a pubblicare due capitoli in un solo giorno - beh, sono un prologo e un capitolo, ma non badiamo a simili piccolezze-

Beh, non so cosa dire, spero solo che questo primo capitolo vi piaccia. Ci ho lavorato davvero con molto impegno perchè volevo rendere al massimo Raffaello, il cui legame con il fratello è forse uno dei più belli e complicati mai visti. Non so se ci sono riuscita, ma . . .
Ah, questa è la prima volta che scrivo una scena di combattimento! Che ve ne pare? Ho tentato di scriverla il meglio possibile, ma è stato un po' difficoltoso . . .

Tutto qui, spero che vi sai piaciuto

Cawabunga!

T.r.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Prigionieri ***



Quando l'oscurità inghiotte la luce



Prigionieri


 
 
 

 
“Come procede il lavoro con il nostro giovane ospite?”
 
A parlare era stato Oroku Saki, più noto a nemici ed alleati col nome di Shredder, mentre osservava il cielo senza stelle né luna di New York e ascoltava il resoconto della giornata ‘lavorativa’, per così dire, del Clan del Piede.
Karai, che stava ancora parlando dell’ultimo accordo stipulato con un paio dei più affermati gruppi mafiosi della città, fu presa alla sprovvista da quella domanda.
“Il nostro ospite . . .?”
“Si, Karai. L’ospite che hai portato qui due settimane fa, il cui arrivo è stato a dir poco . . . sorprendente.” disse l’uomo, mentre tornava a sedersi di fronte alla propria pupilla.
Solo allora la giovane guerriera si rese conto di chi suo padre adottivo stesse parlando.
“Ecco . . . abbastanza bene. È ancora sospettoso, ma sta lentamente abbassando la guardia e sembra credere a ciò che gli dico.” rispose a bassa voce.
“Ricorda qualcosa?”
“Fino ad ora sembra di no. Secondo i medici, la sua è un’amnesia completa ed è molto difficile che recuperi la memoria, ma non si può essere sicuri al cento per cento. Comunque, prima di . . . di procedere, è meglio aspettare ancora un po’.” spiegò la ragazza, cercando di mantenere un tono della voce normale.
L’altro annuì lentamente “Mi fido del tuo giudizio, Karai. Però cerca di accorciare il più possibile i tempi. Non mi piace aspettare, lo sai bene.”
Karai chinò il capo “Farò del mio meglio, maestro.”
“Bene. Vai, allora.” disse Saki, licenziandola con un cenno della mano.
La giovane si alzò, si inchinò profondamente e poi lasciò la stanza, dirigendosi col cuore pesante verso la stanza del loro ‘ospite’.
 
 
“Raffaello! Alla buon ora!” urlò felice Casey, voltandosi verso la figura verde che aveva appena spalancato una delle finestre della piccola cucina di April. “Cos’è, hai trovato traffico sui tetti?”
Il ninja dei Sai, per nulla in vena di scherzare, entrò e sbottò innervosito “Ero dall’altra parte della città. Gli altri sono già arrivati?”
Il Giustiziere Mascherato scosse la testa “Mancano all’appello April e il maestro Sprinter, che erano nella parte ovest della città.”
La tartaruga sbruffò, infastidita. Avrebbe voluto interrogare subito il ninja catturato dal suo amico  e da suo fratello Michelangelo, ma non poteva iniziare prima che il gruppo fosse al completo.
“Dove l’avete messo?” domandò, chiudendo la finestra da cui era entrato.
“È in salotto. Mich e Don gli stanno facendo la guardia, anche se è inutile. L’abbiamo steso a regola d’arte. Dorme come un angioletto.” l’uomo sorrise soddisfatto “Era ora che trovassimo una traccia qualunque, eh?”
“Già. Senti, vado dai ragazzi per fare il punto della situazione.” disse Raffaello, incapace di stare con le mani in mano. “Appena arrivano gli altri, raggiungeteci, ok?”
“Certo, amico.”
Il focoso uscì dalla stanza e raggiunse velocemente il minuscolo salotto di April, dove lo aspettavano Michelangelo e Donatello.
“Raph! Finalmente sei arrivato!” esclamò l’arancione, vedendolo entrare.
“Fai silenzio, Mich! Non vorrai svegliarlo prima del tempo, vero?” sbottò a bassa voce il ninja col bo, indicando con un cenno del capo un angolo della camera, dove era stato accuratamente legato ad una sedia il ninja.
“Ma figurati se si sveglia, quello!”ribatté l’altro, divertito e infastidito insieme “Ha il sonno più pesante di una certa testa calda qui presente!”
A quelle sue ultime parole, però, egli ammutolì, rattristato.
Solitamente era Leo a chiamarlo così . . . pensò amareggiato.
Donatello, indovinando i suoi pensieri, gli posò una zampa sulla spalla, cercando di infondergli un po’ di . . . cosa? Conforto? Ma quale conforto poteva mai offrirgli? Da quando Leonardo era sparito, nessuno di loro aveva avuto pace neanche per un attimo. Il dolore e la paura erano troppo grandi.
Raffaello guardò tristemente i suoi due fratelli, gli unici che gli erano rimasti, persi nel proprio dolore quanto e forse anche più di lui.
Strinse con forza i pugni ed i denti, cercando di domare la propria ira.
Shredder e Karai  pagheranno. Si, pagheranno per aver preso mio fratello e per il loro dolore.
E sarò io a fargliela pagare.
 
 
Karai stava camminando lungo interminabili corridoi, benché avrebbe voluto solo andarsene in camera sua e fare finta che tutta quella storia fosse solo un sogno, anzi, un incubo.
 
Scosse la testa, affranta. Erano ormai due settimane che faceva parte di quella macchinazione crudele e meschina, di quell’inganno senza onore che suo padre aveva progettato e di cui era pedina essenziale e, purtroppo, anche causa.
Si, era lei la causa di tutto ciò.
Lei, che non aveva avuto la forza di opporsi all’ordine del suo maestro.
Lei, che non aveva dato e non dava tuttora ascolto a ciò che l’onore le suggeriva.
Lei, che stava trascinando nel baratro forse l’unica persona che era sempre stata dalla sua parte e che rispettava con tutta l’anima.
 
Io . . . non posso fare altrimenti era questo che continuava a ripetersi ogni volta che il rimorso tornava a tormentarla come in quel momento Devo ubbidire al mio maestro. È questo il mio compito. Non posso farmi assalire dai sensi di colpa. Non posso.
Ma questi, puntualmente, si facevano vivi ogni volta che pensava o vedeva il prigioniero, perché di un prigioniero si trattava, e non di un’ospite, e rischiavano ogni volta di sopraffarla.
E lei non poteva permetterlo.
 
Ancora presa dai suoi angoscianti pensieri, la giovane donna arrivò senza quasi accorgersene di fronte ad una porta piccola e controllata da una dozzina di ninja.
Una misura esagerata e inutile, direbbe qualcuno.
Ma non lo era affatto, visto che dietro quella porta era celato uno degli avversari più temuti e forti del Clan del Piede.
 
Vedendo la luogotenente del loro maestro, i soldati ninja si fecero tutti da parte con un profondo inchino, come facevano ormai ogni sera quando ella si recava dal loro prigioniero.
La ragazza non sembrò neanche notarli. Prese una piccola chiave che portava sempre con sé, l’infilò nella serratura e la girò fino a quando questa non scattò.
Allora, rimessa a posto la chiave, Karai aprì lentamente la porta e, fatto un bel respiro, entrò.
 
Lì dentro, seduto sotto una piccola finestra ed intento ad osservare con attenzione il cielo senza luce, c’era Leonardo.
 
 
Una giovane donna dai capelli rossi, il giustiziere mascherato e un vecchio topo gigante entrarono piano nel piccolo salotto dove le tre tartarughe ninja li stavano aspettando.
“April! Maestro!” esclamò Michelangelo, già dimentico del rimprovero fattogli poco prima dal fratello in viola “Era ora! Bene, allora possiamo iniziare con l’interrogatorio!”.
Il maestro Splinter annuì, silenziosamente. Sembrava invecchiato di almeno vent’anni. La scomparsa di Leonardo era stato un colpo molto duro per lui. Molto duro.
“Me ne occupo io.” sibilò piano Raffaello, estraendo dalla cintura l’unico Sai che gli era rimasto. L’altro, che aveva conficcato nel braccio di una delle guardie giurate di Shredder durante il loro attacco a sorpresa, era scomparso. Probabilmente quel ninja se l’era portato dietro. Ma non gli importava più di tanto, al momento. Aveva affari più importanti di cui occuparsi. E poi, era letale anche con una sola arma.
Il suo sensei lo osservò attentamente “D’accordo, figlio mio” disse infine, acconsentendo “Ma non esagerare e, soprattutto, non scendere ai loro livelli. Noi non siamo torturatori.”.
La tartaruga fece fare un giro completo al proprio Sai “Come desideri, maestro.” rispose solamente.
 
April si avvicinò al prigioniero e, con l’aiuto di Casey, gli tolse la maschera e gli posizionò sotto il naso alcuni sali.
Quando l’uomo iniziò pian piano a riprendersi, la ragazza indietreggiò e fece segno ai compagni di fare altrettanto, mentre il rosso si posizionava davanti a lui con l’arma in pugno e un’espressione poco rassicurante in volto.
Il ninja del Piede aprì lentamente gli occhi, confuso, e quando si rese conto di essere legato e di chi, o meglio, di cosa gli stava davanti, prese ad agitarsi, spaventato.
 “Tu . . .!” l’uomo aveva la voce roca “Tu sei uno di quei mutanti verdi! Una delle tartarughe! Lasciami andare, mostro! Lasciami andare!”
Raffaello gli lanciò un sguardo di fuoco “Ti lascerò andare solo dopo che avrai risposto alle mie domande.” sibilò con tono intimidatorio e spaventoso, facendo fare un’altra veloce rotazione al suo Sai.
“Io non ti dirò niente, mostro! Hai capito? Niente!” gridò l’altro, lottando contro le catene che lo tenevano legato.
La tartaruga gli si avvicinò, continuando a giocherellare con la sua arma. “Non credo proprio” disse con ironia “Sai, so essere molto persuasivo, quando voglio.”.
“Puoi essere persuasivo quanto vuoi, ma da me non saprai nulla, creatura disgustosa!” ribatté il prigioniero.
Un lampo attraversò gli occhi del mutante. Prima che  se ne potesse rendere conto, egli alzò il Sai e con un movimento veloce e fluido tagliò sul simbolo dei Ninja del Piede una grande R maiuscola, senza però ferire la pelle dell’uomo, e subito dopo gli puntò l’affilata lama alla gola e fece un ghigno.
“Ne sei ancora sicuro, ninja dei miei stivali?” sussurrò piano.
L’uomo iniziò a sudare.
“Sai, non sono stata mai una tartaruga molto paziente” continuò lentamente il focoso, facendo scorrere la punta del Sai lungo la gola del prigioniero. “E tu stai mettendo a dura prova la mia pazienza . . .”
L’altro deglutì, spaventato.
“Cosa . . . cosa vuoi sapere?”
Raffaello sorrise, soddisfatto.
 
“Due settimane fa, Karai, le guardie giurate di Shredder e un buon numero di ninja semplici ci hanno attaccato e hanno portato via uno di noi. Voglio sapere tutto ciò che sai su quell’attacco e su nostro fratello. E bada, niente scherzi. Non li sopporto.” disse il rosso, continuando a tenere la lama dell’arma premuta contro la gola del ninja.
“A-allontana il Sai e ti dirò tutto quanto.” rispose quasi tremante il prigioniero.
La tartaruga allontanò l’arma, incrociò le braccia e fissò l’uomo.
“Sto aspettando.”.
L’altro sospirò e, dopo un momento di esitazione, iniziò a parlare.
“All’attacco che hai nominato . . . ero presente anch’io. Era stato comandato a tutti noi di cercarvi, prendervi di sorpresa e di isolare la tartaruga con le katana, per poi lasciare all’elité guidata dalla signorina Karai il resto del lavoro. Non so se il fine ultimo della missione fosse l’annientamento di quella tartaruga o semplicemente il suo rapimento. Alla fine, comunque, le guardie giurate sono riuscite a prenderla e a portarla al nostro quartier generale. Il maestro l’ha fatta portare in una zona top secret dell’edificio, dove possono entrare solamente i suoi servi più abili e fedeli. Non so esattamente dove sia. Nessuno, tra noi ninja semplici, lo sa. Poi, il giorno seguente, è successo un . . . un incidente.”
“Un incidente?” Raffaello si era fatto ancor più attento “Che incidente?”
“Io . . . non lo so con certezza.” L’uomo si interruppe per un attimo, come per raccogliere le idee, e poi riprese a parlare “So solo che, mentre io ed altri soldati ninja ci allenavamo, è scattato l’allarme. Siamo subito corsi al nucleo comando e lì, tra la confusione generale, ho sentito alcuni dire che il prigioniero catturato il giorno prima era riuscito a liberarsi e a fuggire dalla zona top secret. Così siamo stati mandati tutti a pattugliare l’edificio e dopo una mezz’ora circa l’allarme è cessato e ci è stato ordinato di tornare alle proprie attività.
Tenendo le orecchie ben tese, però, ho scoperto che, dopo questo fatto, il prigioniero è stato tenuto sotto controllo per un’intera giornata da alcuni medici ninja per una specie di botta o ferita alla testa, credo, e poi è stato spostato altrove. Questo . . . questo è tutto. Non so nient’altro.” mormorò infine il prigioniero “Adesso, lasciami andare! Giuro che non dirò a nessuno ciò che ti ho rivelato! Lo giurò!”.
La tartaruga lo guardò con disprezzo. “Non sai nient’altro?”.
“No!” il ninja aveva ripreso ad agitarsi “È già tanto che possa dirti questo! Pochi, all’interno del Clan, sanno di questi fatti, e ancora di meno posso darti risposte riguardanti tuo fratello! Il maestro lo tiene celato a tutti, tranne alla sua elitè e alla sua luogotenente Karai, chiaramente. Loro si che sanno tutto! Loro hanno le risposte che cerchi, non io! Lasciami andare ora, lasciami andare!”.
Il mutante si abbassò e lo guardò negli occhi “Voglio crederti, esserino schifoso.” sibilò con rabbia “Ma bada ben: se ti azzardati anche solo ad accennare all’accaduto con qualcuno te ne pentirai molto ma molto amaramente. Se non terrai questa boccaccia che ti ritrovi chiusa, ti troverò e ti farò rimpiangere di essere nato. Mi hai capito?”
Il Ninja del Piede annuì, spaventato.
“Ho detto: Mi hai capito?” insistette l’altro, alzando il Sai.
“Si, si! Adesso lasciami andare, ti prego!” urlò l’uomo.
Il ragazzo si alzò, lo squadrò e fece uno strano segno che il prigioniero non capì.
A quel segno Casey, che era rimasto nascosto dietro il Ninja del Piede per tutto questo tempo, lo colpì con forza con la mazza di baseball, rimandandolo nel mondo dei sogni.
 
 
Mentre Raffaello, dall’altra parte della città, trattava con il suo ‘prigioniero’ e mandava avanti l’interrogatorio, Karai aveva chiuso la porta della stanza dietro di sé, guardando con attenzione la tartaruga, tutta presa dall’osservazione della volta celeste.
Era così assorta che sembrava quasi che non si fosse accorta della sua presenza.
Ma non era così.
“Buonasera, Karai.” disse infatti a bassa voce, senza distogliere gli occhi dal cielo.
La ragazza sentì il proprio autocontrollo tremare nell’udire quella voce, così stanca, spezzata, diversa da quella che conosceva.
Cercando di dominare i sensi di colpa che cercavano di minare la sua risolutezza, ella gli si avvicinò e si sedette su una piccola sedia posizionata di fronte a lui.
“Come ti senti oggi, tartaruga?” chiese, tentando di mantenere un tono di voce tranquillo.
Il mutante si toccò con una mano la spalla destra, ancora fasciata e dolorante “Questa mi da’ ancora qualche problema” rispose lentamente “ma per il resto il mio corpo si sta riprendendo abbastanza bene.”.
Karai si trattenne a stento dal mordersi il labbro. Tutte quelle ferite gli erano state inflitte per suo ordine. “Ne sono lieta.” disse “E per quanto riguarda la memoria? Hai iniziato a ricordare qualcosa?”.
Solo allora il giovane spostò lo sguardo dal cielo a lei “Nulla.” disse con voce affranta “Ho cercato di ricordare, ma nulla. È come se, prima di due settimane fa, io non fossi mai esistito.”
“Neanche ciò che ti ho raccontato ti ha aiutato?” insistette la ragazza, stando ben attenta a non incontrare i suoi occhi.
L’altro scosse la testa “No. Anzi, forse mi ha reso più confuso di prima. Insomma, scoprire di essere un esperimento sulla mutazione genetica fuggito dalla propria gabbia non è che sia molto rassicurante.”
“Non affaticarti, tartaruga. Sono sicura che, tra qualche tempo, tutto ti apparirà più chiaro e tutta questa oscurità che ti opprime sparirà, lasciando spazio alla luce” cercò di rassicurarlo la giovane donna.
Il mutante tornò ad osservare il cielo “A proposito d’oscurità” mormorò piano “Il cielo di New York è sempre così oscuro? È da quando mi sono svegliato, due settimane fa, che non vedo né stelle né luna.”
Karai alzò un sopraciglio “Veramente non me n’ero accorta.” rispose, sorpresa che egli si fosse reso conto di una cosa del genere. Beh, dopotutto, che altro poteva fare tutto il tempo rinchiuso in quel posto, se non guardare fuori dalla finestra?
Lo osservò per un po’, mentre egli continuava ad ammirare la volta celeste.
“Ti piace così tanto il cielo?” domandò, incuriosita.
La tartaruga annuì “Mi conforta. Però preferirei vedere un po’ di luce e non solo tutto questo buio. Mi sembra quasi di essere cieco. E non è affatto una bella sensazione. Mi fa sentire ancora più perso.”.
La ragazza sospirò silenziosamente.
 
I due rimasero così per un bel po’, lui ad osservare il cielo e lei ad osservare lui.
Alla fine, la giovane ninja si alzò e fece per andarsene. Per quella sera non poteva fare altro.
Stava proprio abbassando la maniglia della porta, quando la voce di Leonardo la fece sobbalzare “Sai, a volte ho la sensazione che qualcosa, o meglio, qualcuno mi stia cercando, fuori da qui. Ma non per riportarmi in gabbia o altro, ma perchè è preoccupato per me. È strano, non è vero?”
Karai sentì un groppo alla gola. Certo che qualcuno lo stava cercando. La sua famiglia, a cui lei lo aveva crudelmente strappato, lo stava di certo cercando.
“Già” mentì “è molto strano.”.
E poi, incapace di mentire ancora, uscì e chiuse a chiave la porta di quella piccola prigione.
Perdonami, Leonardo pensò amaramente Perdonami, se puoi, per quello che ti sto facendo.
 
 
 



La tana dell’autrice
 
Eccomi qui, dudes! Eh eh, pensavate di esservi liberati di me, non è vero? Ma io sono come Shredder: Torno sempre, per vostra sfortuna!
 
Allora, cosa dire? Mi sono molto divertita a scrivere la parte dell’interrogatorio, anche se ho cercato di non cambiare troppo il personaggio del mio amato Raffaello, e ho cercato di rendere al meglio i sentimenti di Karai, divisa tra dovere e onore, tra mente e cuore.
Si, è ancora tutto molto confuso, ma cosa posso dirvi? Mi piace creare problemi ai miei personaggi . . .
 
Ah, volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto e stanno continuando a  leggere questa mia folle fic, e in particolare volevo ringraziare LisaBelle_99 e ladyzaphira che hanno recensito, e anche Armstrong_44 che ha messo questa fic tra le sue seguite! Grazie di cuore e a presto, dudes!
 
Cowabunga!
 
T.r.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Grazie ***



Quando l’oscurità inghiotte la luce
 


Grazie
 
 



 
Splinter, seduto di fronte alla propria camera con gli occhi chiusi e nell’oscurità più assoluta, cercava di liberare la mente da ogni pensiero e di meditare.
 
Erano le sei di mattina e il vecchio sensei aveva assunto quella posizione due ore prima, subito dopo essere tornato alla tana ed aver spedito i figli, stanchi e sconfortati, a letto.
Le tartarughe, come ogni sera, avevano insistito per rimanere ancora alzate e mettere a punto un nuovo piano per le loro ricerche notturne, ma lui non aveva voluto sentire ragioni.
Donatello, Michelangelo e Raffaello erano dei ninja molto forti ed abili, certo, ma erano pur sempre ragazzi, ed i ragazzi hanno bisogno di riposare e di recuperare forze ed energie. E loro ne avevano davvero bisogno, con tutto quello che stavano passando.
 
A dire la verità, anche lui avrebbe dovuto dormire. I danni che la mancanza di sonno può causare al corpo, soprattutto se vecchio come il suo, non sono affatto roba da nulla.
Ma lui non ci riusciva. Aveva tentato, ma era impossibile per lui dormire col pensiero di Leonardo, solo e ferito, nelle mani del Clan del Piede e del suo terribile capo, Shredder.
 
L’anziano sensei posò una zampa sugli occhi già chiusi, stancamente e con dolore, mentre il suo pensiero tornava a rivolgersi al figlio scomparso ed agli eventi dei giorni passati.
 
Quando, due settimane addietro, i ragazzi erano usciti per andare al cinema, non aveva neanche lontanamente sospettato ciò che sarebbe accaduto da lì a poche ore.
 
Li aveva aspettati come faceva ogni volta, vicino alla porta e meditando, tenendo sempre d’occhio l’orologio.
Benché ormai fosse abituato alle loro uscite notturne, non si sentiva mai completamente tranquillo. La paura che fossero attaccati dai ninja del Piede, e dagli uomini di Bishop oppure semplicemente visti dagli esseri umani era sempre presente nel suo cuore, anche se conosceva le grandi abilità dei suoi ragazzi. Dopotutto preoccuparsi per i propri figli non è il principale compito di un padre?
Comunque, quando quella sera aveva notato che i suoi figli tardavano, aveva cercato di mantenere la calma e di non preoccuparsi. Magari si era detto si sono fermati dal signor Jones e dalla signorina O’Neil, come l’ultima volta, oppure si sono scordati delle mie raccomandazioni e si sono attardati a correre sui tetti.
Li aveva aspettati per un bel po’, poi aveva sospirato e aveva preso il suo Tarta-cellulare.
Odiava quell’aggeggio, ma sapeva che era l’unico modo per contattare le tartarughe quando uscivano e di conseguenza aveva chiesto a Donatello di insegnargli ad usarlo. Non ci aveva capito granché, ma aveva imparato come telefonare e questo gli bastava e avanzava.
Così, preso il cellulare, aveva fatto il numero di Leonardo.
Risultava irraggiungibile.
 
Iniziando seriamente a preoccuparsi, aveva provato più volte a telefonare gli altri, ma non aveva ricevuto risposta da nessuno dei tre.
Allora aveva composto il numero di April per chiederle se sapesse dove fossero i ragazzi.
April aveva risposto subito, ma non era riuscita ad aiutarlo “Sono passati da me prima di andare al cinema, ma poi non li ho più sentiti né visti.” gli aveva risposto preoccupata “Non credo che siano andati da Casey, visto che ha un po’ di influenza. Ma se vuoi posso provare a chiamarlo e a chiedergli se sono da lui.”.
L’anziano topo l’aveva ringraziata ed aveva atteso che lo richiamasse, ma prima che April potesse farlo, la porta della tana si era aperta ed erano apparsi Michelangelo pieno di lividi e tagli, Donatello che camminava con l’ausilio del suo bo e, poco dopo di loro, Raffaello ricoperto di sangue e ferite varie.
Appena li aveva visti la preoccupazione e il successivo momentaneo sollievo era scomparso, lasciando posto alla più viva e profonda paura.
“Cosa è successo? Dov’è Leonardo?” aveva chiesto, mentre gli si avvicinava e osservava sconvolto le loro ferite e i loro visi stanchi.
I due fratelli più giovani si erano guardati, insicuri su cosa dire, ed erano rimasti in silenzio, senza incontrare il suo sguardo nemmeno per un attimo.
Alla fine il focoso si era fatto avanti, stringendo con rabbia uno solo dei suoi Sai, ed aveva sussurrato con una voce che non gli apparteneva “Siamo stati attaccati dall’elité di Shredder e da Karai. Abbiamo combattuto, ma alla fine abbiamo tutti perso i sensi. E quando ci siamo risvegliati Leo . . . Leonardo era scomparso.”.
In quel momento, Splinter ne era certo, aveva sentito il proprio cuore smettere di battere.
 
 
Il maestro di arti marziali, dopo essere rimasto a lungo immobile e con lo sguardo perso, si era fatto forza, aveva fatto sedere i ragazzi e, senza dire una parola o chiedere ulteriori spiegazioni, si era occupato delle loro ferite.
 
In realtà lui sarebbe voluto andare immediatamente alla ricerca di suo figlio Leonardo, ma non poteva farlo. Avrebbe causato solo altri guai. E poi, anche i suoi altri tre figli avevano bisogno di lui.
 
 
Quando April l’aveva richiamato per dirgli che Casey non sentiva le tartarughe da ore, le aveva riferito ciò che era avvenuto e lei, preoccupata quanto lui, si era recata sul luogo dell’aggressione e aveva cercato di trovare tracce dei ninja che potessero indicarle la direzione presa dai rapitori dell’azzurro.
Poco dopo l’aveva raggiunta anche Casey che, saputo del fatto da Splinter, si era preso un’aspirina ed era uscito per darle una mano. Non avevano trovato niente, però, e così avevano deciso di andare nella zona della residenza di Oroku Saki e di tenere gli occhi aperti per individuare possibili movimenti sospetti. Ma non avevano visto neanche un ninja del Piede per tutta la notte.
 
 
Nessuno aveva idea di dove Leonardo fosse stato portato. La casa di Shredder era l’opzione più ovvia, ma non erano sicuri che fosse quello il posto giusto.
La settimana prima, infatti, avevano scoperto, grazie a una cimice, che i prigionieri, le armi e i materiali più importanti per il Clan erano stati spostati altrove, in un angolo ben nascosto e protetto di New York, la cui collocazione era nota solo ai più stretti collaboratori di Shredder.
Probabilmente la tartaruga era stata portata lì. Ma finché non avrebbero trovato qualche indizio non avrebbero potuto fare nulla.
 
Così, il giorno seguente tutta la famiglia si era impegnata a fondo per scoprire dove i ninja avessero portato l’azzurro.
April e Casey, con l’aiuto di Angel e qualche altro amico, avevano pattugliato la città alla ricerca di indizi.
Anche le tartarughe avrebbero voluto subito unirsi a loro nella ricerca, ma il vecchio topo non glielo aveva permesso. Per quanto gli facesse male il pensiero di Leonardo catturato dal Clan, non poteva permettere che i suoi tre figli andassero in giro in quelle condizioni. Era troppo pericoloso, viste le loro condizioni. Erano facili prede per i ninja del Piede e avrebbero solo rischiato di peggiorare la situazione. Avevano bisogno almeno di un intero giorno assoluto prima di poter uscire.
Ma loro, anche se confinati nella tana, non erano rimasti con le mani in mano, anzi.
Michelangelo aveva contattato i suoi amici supereroi della Justice Forze e gli aveva chiesto aiuto per le ricerche, Raffaello, dopo aveva raccontato al padre dell’attacco, aveva cercato di uscire di nascosto per continuare le ricerche, fallendo miseramente, mentre Donatello aveva cercato di rintracciare il fratello tramite il localizzatore del suo Tarta-cellulare.
Il telefonino, però, risultava totalmente inesistente. Probabilmente i ninja del Piede aveva provveduto a distruggerlo, come aveva fatto Hun quando aveva interrogato Raffaello, all’inizio del loro scontro con il Clan.
La tartaruga in viola, però, non si era arresa, e con l’aiuto di Lederhead aveva cercato di attivare a distanza alcune dei tarta-segnalatori che Leonardo portava sempre con sé, ma a quanto pare i ninja avevano distrutto anche quelli, perché non erano riusciti a ottenere nulla.
 
Passato il giorno di ‘riposo’ forzato, le tartarughe avevano dato il vero e proprio via alle ricerche.
 
Per le due settimane seguenti, ogni mattina Donatello, Splinter e Lederhead avevano ascoltato le indiscrezioni che riuscivano a cogliere dalla manciata di cimici che erano riusciti ad introdurre nella residenza di Shredder la sera dopo la scomparsa di Leo.
 
April invece, durante i momenti liberi al negozio, aveva controllato tutte le notizie riguardanti la città e Casey aveva esplorato le strade della città, aveva controllato ogni movimento delle bande legate al Piede e aveva teso le orecchie ad ogni indiscrezione collegata alla malavita.
Spesso Raffaello, accuratamente travestito, aveva infranto il divieto del suo maestro ed era uscito a dare una mano al suo amico, cercando sempre di tornare prima che il vecchio topo si accorgesse della sua assenza.
 
Ogni pomeriggio il giustiziere veniva raggiunto da Angel e ogni sera April e Casey si erano incontrati con i mutanti alla vecchia biblioteca abbandonata vicino al negozio d’antiquariato, avevano fatto il punto della situazione e poi tutto il gruppo si era nuovamente separato.
 
Donatello si era occupato di sorvolare tutta la città con il tarta-plano e i suoi occhiali infrarossi, Michelangelo, dopo aver incontrato la Justice Force per informarsi sulle eventuali novità, aveva affiancato Casey nel controllo di vicoli e zone d’incontro dei maggiori gruppi malavitosi, Splinter e April avevano controllato le strade con il Tarta-corazzato e Raffaello li aveva affiancati con la Tarta-cicletta ogni sera per un paio d’ore, per poi dedicarsi totalmente ai tetti.
 
Il loro unico e disperato scopo era trovare qualche indizio, o, nel caso più fortunato, riuscire a catturare un ninja del Piede per interrogarlo e sapere di più sul rapimento di Leonardo e su dove fosse nascosto. Cosa che sembrava impossibile, visto che dalla sera dell’attacco le pattuglie dei soldati ninja sembravano essere scomparse nel nulla.
 
Erano stati giorni tremendi, assolutamente tremendi.
 
Avevano impiegato tutte le loro forze in quella disperata ricerca, combattendo costantemente contro il pensiero che ogni giorno che passava, ogni ora, ogni singolo minuto, rendevano le possibilità di ritrovare Leonardo e riportarlo a casa si facevano sempre più rare e fragili.
Quando Casey e Michelangelo avevano detto di essere riusciti a catturare un ninja del Piede, il vecchio sensei si era illuso di essere più vicino al momento in cui avrebbe potuto rincontrare gli occhi del suo amato ragazzo, ma poi, quando aveva sentito le scarse informazioni del prigioniero, aveva sentito il proprio cuore precipitare nello sconforto più totale.
 
Non voleva neanche immaginare cosa avesse passato in quei giorni e cosa stava ancora passando il suo povero figliolo, prigioniero di quei nemici crudeli e senza scrupoli! Poteva quasi sentirne le urla strazianti e vederne il corpo martoriato da numerose ferite, una più dolorosa dell’altra!
Non riusciva a sopportare tutto questo!
Non riusciva a sopportare il pensiero di suo figlio prigioniero e sofferente e il fatto di non poter fare nulla per aiutarlo!
Perché era quello che stava facendo in quel momento, nulla, assolutamente nu. . . .
 
Un lieve scricchiolio distrasse Splinter dai suoi angoscianti pensieri.
Aprì gli occhi e tese le orecchie, preso un po’ di sorpresa, prima di capire cosa, o meglio, chi avesse causato quel rumore.
Sospirò stancamente prima di dire a voce bassa, ma abbastanza alta da essere udita “Non dovresti essere a letto, Raffaello?”.
La tartaruga, che stava cercando di uscire di nascosto, si immobilizzò dalla sorpresa, ma poi riprese il controllo di sé e, spostando lo sguardo nella direzione dalla quale veniva la voce, sbruffò infastidita “Come sapevi che ero io?”.
Il vecchio topo prese uno dei fiammiferi poggiati accanto a sé e accese una delle sue candele per poter guardare il giovane in faccia “Credi che non sia a conoscenza delle tue uscite clandestine? Da due settimane, ormai, scompari per ore e ore. Eppure sai bene che non voglio che tu o i tuoi fratelli andiate in superficie, non durante il giorno e dopo quello che è successo.” gli rispose piano.
Raffaello sembrò confuso da quella risposta “Allora perché non mi avete mai detto nulla prima d’ora?” domandò stringendo gli occhi.
Splinter sospirò “Perché capisco quello che provi, Raffaello. Sei preoccupato per la sorte di tuo fratello. Ti manca, e vuoi ritrovarlo il prima possibile. E io lo capisco, figlio mio. Lo capisco benissimo. Anche io provo la stessa identica cosa. Ma devi capire che, comportandoti in maniera avventata e pericolosa, non fai altro che allontanare il momento in cui potremo avere indietro Leonardo. Quante ore avrai dormito, in queste quattordici giorni? Trenta in tutto? Come credi di riuscire a sostenere un combattimento contro l’elité di Shredder, contro Karai o addirittura contro Oroku Saki per liberare tuo fratello, con così poco riposo ed energie? Così non metti solo in pericolo te stesso, ma anche tutti noi.”
Il ninja dei Sai strinse i pungi e scosse il capo“Tu non capisci, maestro. Io non posso restare qui a dormire od oziare! Non posso! Leonardo è prigioniero di Shredder! E da due settimane ormai! Chissà cosa gli hanno fatto e cosa gli stanno facendo in questo preciso momento! No, non posso restare qui a non far nulla! Non posso! È . . .” a questo punto abbassò la testa e la sua voce si alzò “ . . . è colpa mia se è stato preso. Se fossi stato più attento, la guardia giurata non mi avrebbe atterrato e Leo non sarebbe intervenuto per salvarmi e non sarebbe stato colpito. E poi, non posso fare a meno di pensare che se io non mi fossi immobilizzato forse . . . forse sarei riuscito ad impedire che lo portassero via . . .” una lacrima solitaria scese silenziosamente lungo la sua guancia sinistra, simile a una preghiera mai ascoltata. 
Il sensei si alzò piano e, una volta di fronte a lui, gli prese i pungi chiusi e li strinse nelle sue zampe ossute “Tu non hai alcuna colpa, Raffaello. Mi hai sentito? Nessuna colpa. Smettila di tormentarti così. Smettila. È stato Shredder a causare il rapimento di Leonardo. È sua la colpa di tutto questo. Solamente sua. E io ti giuro, figlio mio, che farò l’impossibile per riportare qui con noi tuo fratello. Te lo giuro.”
Raffaello alzò esitante lo sguardo su suo padre, con il cuore un po’ rincuorato da quelle parole, e poi lo strinse in uno dei suoi rari abbracci, lasciandolo un po’ stupito.
“Grazie . . . padre.”
 
 


 
La tana dell’autrice
 
Ok, adesso Ladyzaphira mi ucciderà!
Si, lo so, ti avevo promesso un capitolo incentrato quasi interamente su Leo, come avevo in realtà progettato, ma poi la parte iniziale, che era incentrata su Raph e Splinter e doveva essere giusto una parentesi tenera e triste, è diventata un intero capitolo! Chiedo umilmente perdono! Giuro solennemente che il prossimo capitolo sarà solo ed esclusivamente su il nostro Leonardo, e questa volta sarà così!
 
Cosa dire di più? Ecco, con questo capitolo un po’ lento ho cercato di descrivere il dolore di Splinter e tutto ciò che è successo alle tartarughe nelle due settimane successive alla scomparsa di Leo . . . ma anche il legame tra padre e figli, a volte un po’ trascurato, diciamolo . . .
 
Beh, il capitolo è questo, spero nonostante tutto che vi sia piaciuto!
 
Cowabunga!
 
T.r.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Frammenti ***


Quando l’oscurità inghiotte la luce
 


Frammenti
 
 
 


 
“ Andatevene . . . vi prego, andatevene . . . andatevene! No, No! No!”
 
Leonardo si svegliò di soprassalto, gridando con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre il suo cuore batteva così forte e così velocemente che sembrava voler esaurire in quel breve momento tutti i battiti disponibili per una vita intera.
 
Spaventato, il mutante si guardò attorno senza veramente vedere ciò che lo circondava e poi si accasciò contro il muro della sua stanza, cercando di riprendere fiato e, soprattutto, di calmarsi.
Lentamente, man mano che il battito del suo cuore si attenuava, egli chiuse gli occhi, tentando disperatamente di trattenere frammenti di quel sogno, anzi, di quel incubo che lo tormentava.
 
Per quanto gli infondesse nell’anima un intenso sentimento di paura e ansia, infatti, il giovane non riusciva mai a ricordare molto una volta sveglio e così, nei fragili momenti che separavano la consapevolezza del risveglio dal regno dei sogni, cercava di trattenere tutto ciò che poteva.
Era convinto, infatti, che quell’incubo ricorrente fosse una tessera misteriosa ma essenziale per ricostruire lo strano puzzle che era diventato il suo passato. O almeno, lo sperava. Dopotutto, era l’unica cosa a cui poteva aggrapparsi, in quel momento.
Fino ad allora, però, era riuscito ad afferrare ben poco: il freddo di una serata autunnale, il suono di una risata allegra, la consapevolezza di essere inseguito, il luccichio di un raggio di luna sulla lama affilata di una spada, un dolore intenso proprio nella zona offesa della sua spalla destra, un grande senso di preoccupazione e d’urgenza, e ora . . . ora un’altra immagine confusa.
 
La tartaruga strinse gli occhi con più forza, cercando di concentrarsi e di mettere a fuoco quel frammento di immagine.
Un arma, ecco cos’era. Un arma strana, inusuale, ma . . . familiare, in qualche modo.
Somigliava . . . somigliava a una specie di pugnale, si. Era un pugnale, ma era uno strano tipo di pugnale. Aveva tre lame, una centrale più lunga, due, lievemente curve, laterali, e un lungo manico fasciato di rosso. Aveva un suo nome, quel pugnale . . . un nome preciso, specifico . . .
Sai pensò a un certo punto il mutante Quell’arma è un Sai.
Si sentì stupito e un po’ confuso da quel suo pensiero. Come sapeva il nome di quell’arma? Come faceva a essere così certo del nome di un oggetto mai visto prima d’allora, un pugnale visto in un sogno?
E poi, cosa centrava un Sai, un tipo di arma antico e ormai superato, in quel suo sogno e con il suo passato?
 
Non riusciva a capirlo, come per la maggior parte delle cose che salvava dal suo incubo, tra l’altro. Quasi nessuna confermava la storia che gli aveva raccontato Karai su come era stato trovato e raccolto dal Caln del Piede. Forse solo la consapevolezza di essere inseguito. Ma il resto? No, non lo capiva affatto.
E poi c’era quella preoccupazione, quell’urgenza, quell’ansia così forti e travolgenti . . . non riusciva a togliersi dalla mente la certezza che quei sentimenti non erano per lui o la sua situazione, no . . . erano per qualcos’altro. Qualcun’altro. Ma chi? Chi?
 
Leonardo sospirò, scoraggiato, aprì gli occhi e guardò fuori dalla finestra.
Doveva essersi addormentato mentre guardava il cielo, come al solito. Ed a giudicare dalla luce doveva aver ‘riposato’per circa un paio d’ore, non di più. Erano probabilmente le sei di mattina, giudicò osservando il sole che sorgeva piano.
Erano da due settimane che dormiva due, tre, quattro ore al massimo e poi si svegliava. Non gli serviva molto sonno. Probabilmente era un tipo mattiniero, prima di tutto questo.
 
Il mutante si guardò le mani.
Prima di tutto questo.
Cos’era lui, prima di tutto questo? Chi era? Cosa faceva? Com’era la sua vita? Aveva amici, una famiglia a cui tornare? Cosa gli era successo?
Non sapeva darsi alcuna risposta, benché la cercasse senza mai stancarsi.
I medici avevano detto che la sua era un tipo di amnesia completa, difficile da combattere, e che non poteva far altro che aspettare e di fidarsi di chi gli stava accanto.
Ma lui non riusciva ad accettarlo.
 
Come poteva una vita, un’intera esistenza, cancellarsi così, tutta d’un tratto, senza lasciare alcun ricordo a chi l’aveva vissuta?
Come poteva qualcuno trovarsi di punto in bianco senza più un passato, un posto dove stare, dei visi conosciuti, dei semplici ricordi a cui aggrapparsi la notte?
Come poteva qualcuno dimenticare per sempre ciò che era e che era stato?
Come poteva?
 
La tartaruga si prese la testa tra le mani, mentre la sua mente tornava ai fatti avvenuti due settimane prima, gli unici che riusciva a ricordare.
 
La prima cosa che ricordava era che si era svegliato legato su un lettino di ferro, circondato da strani individui, e che si era fatto prendere dall’agitazione. Beh, chi non si sarebbe fatto prendere dall’agitazione, svegliandosi legato da pesanti cinghie e circondato da persone sconosciute con in mano strani attrezzi medici e scientifici?
 
Aveva fatto la prima cosa che gli era venuta in mente, quella che l’istinto gli aveva suggerito.
Fingendosi ancora confuso e senza forze, aveva cercato di aprire le cinghie che gli tenevano ferme la mano destra e, una volta liberato l’arto, aveva approfittato di un momento di distrazione di uno dei tizi a lui più vicini, aveva afferrato un piccolo coltello che spuntava da una delle sue tasche, aveva velocemente tagliato le altre cinghie e, quando gli uomini avevano cercato di fermarlo, aveva combattuto.
Non sapeva neanche lui perché o come ciò fosse successo, ma gli era venuto così naturale, così istantaneo . . . sembrava quasi che fosse nella sua natura combattere. Che lui fosse nato per combattere.
Poco dopo, era apparsa una giovane ragazza dai corti capelli neri e dagli occhi verdi come la giada.
L’aveva attaccato e lui aveva risposto, un po’ sorpreso dal fatto di riconoscere alcune delle complicate mosse che la giovane utilizzava. Era forte ed aveva autorità. Probabilmente era lei il capo, lì. Le aveva urlato ‘Chi sei? Dove sono?’ e lei era sembrata per un attimo sorpresa dalle sue domande.
 
Lui non era riuscito a sostenere a lungo lo scontro. Non solo perché il suo corpo era ricoperto da molte ferite e la spalla destra era ridotta in condizioni pietose, ma anche perché era ancora molto indebolito e rallentato, probabilmente dall’effetto di un sonnifero.
Era bastato un secondo di distrazione, ed ecco che quella ragazza, approfittando di tutto ciò, gli aveva piantato nella spalla sinistra una siringa piena di una qualche strana sostanza che gli aveva fatto perdere i sensi.
 
Quando si era nuovamente svegliato, si era ritrovato nella piccola stanza che successivamente sarebbe diventata il suo alloggio. Era stato nuovamente legato, ma non era più circondato dagli uomini con gli attrezzi dall’aria letale. Era solo. O quasi.
Di fronte a lui, infatti, c’era la ragazza dagli occhi verdi.
 
Il suo primo istinto era stato di tentare di attaccarla, ma la sostanza che gli aveva iniettato lo rendeva debole e le cinghie con cui era stato legato stavolta erano molto più forti e strette delle precedenti.
Così era stato costretto a rimanere immobile ed a ripeterle le domande che le aveva fatto già prima. “Chi sei tu?” le aveva chiesto, infatti, con la voce ancora un po’ impiastrata “Dove sono? Perché . . . perché mi hai portato qui?”.
La donna, allora, aveva incrociato  le braccia e aveva risposto piano “Il mio nome è Karai e sono la seconda in comando del Clan dei Ninja del Piede. Ma dimmi . . . tu chi sei?”.
Il mutante era rimasto stupito da quella domanda, e ancora di più dal rendersi conto che non sapeva rispondere.
“Io . . . io non lo so . . .” aveva mormorato confuso “Non ricordo . . . “.
Lei lo aveva scrutato “Sai dirmi ciò che ti ricordi prima del tuo risveglio qui?” aveva insistito.
Aveva tentato di spremersi le meningi, di ricordare qualcosa, ma era impossibile. La sua mente era come una lavagna che un professore frettoloso aveva cancellato troppo presto e senza aspettare che l’alunno finisse di copiare ciò che c’era scritto sopra.
“Io . . . io non ricordo  . . . non ricordo nulla . . . perché non ricordo? Cosa mi è successo?” aveva detto ancora più confuso e stupito.
La giovane, allora, aveva fatto un piccolo sospiro, si era seduta su una sedia che prima non aveva notato e aveva iniziato a parlare, anche se sembrava che ogni singola sillaba le costasse un’enorme fatica.
 
Il Clan dei Ninja del Piede, aveva raccontato la ragazza, era un’antica organizzazioni di guerrieri di New York ma originaria del Giappone guidata da un grande e nobile maestro ninja, Oroku Saki.
Il Clan, fin dalla propria fondazione, era un ordine di ninja votato alla giustizia e da sempre in lotta contro la malvagità, la criminalità e il male, e da qualche tempo era anche entrato in contatto con alcune cavie della crudele ed avventata mutazione genetica esercitata da alcuni –molti, a dire il vero,-  laboratori dello Stato.
A volte queste cavie erano semplici umani raccolti per strada o rapiti dalle proprie case o dai loro posti di lavoro e poi modificati geneticamente, ma più spesso erano animali di varie specie e caratteristiche, che venivano sottoposti agli esperimenti più crudeli e pericolosi senza alcuna pietà. Da quando avevano scoperto tale cavia, i ninja del piede gli avevano sempre offerto il loro sostegno e aiuto e avevano tentato di ostacolare la mutazione genetica ad ogni costo.
Il più grande laboratorio, contro il quale stavano cercando di combattere e dal quale provenivano i mutanti più provati e malvagiamente trattati, era il laboratorio dell’agente Bishop, un agente dell’FBI crudele e senza pietà.
Proprio lì, lei e un gruppo dei suoi ninja l’aveva trovato steso a terra in stato d’incoscienza mentre cercavano d’entrare senza essere notati nell’edificio, due giorni prima.
Era stremato e pieno di ferite, alcune delle quali abbastanza profonde e gravi.
Non gli era servito molto per capire che doveva essere uno dei mutanti di Bishop scappato per miracolo dalla propria gabbia, e, impietositi dalle sue condizioni, l’avevano raccolto e portato al loro quartier generale.
 
Lui era rimasto incosciente a lungo, e i dottori del Clan avevano si erano messi a studiarlo per poter poi curare le sue ferite, tenendolo ben legato in caso si fosse risvegliato e dimostrato pericoloso.
Dopo alcuni test che avevano confermato che la sua forma originale fosse non quella di un umano, bensì quella di una tartaruga, avevano curato le sue ferite con attenzione.
Il problema più grave in questo ambito si era dimostrato, oltre la spalla destra il cui muscolo era stato quasi del tutto tagliato, una ferita alla testa.
I medici avevano supposto che, quando era riuscito a fuggire, gli addetti alla sicurezza del laboratorio avevano tentato di fermarlo e uno aveva avuto una mira così pessima che il coltello che gli aveva lanciato contro gli aveva appena sfiorato la testa. Ma questo era bastato ad aprire quella grande ferita.
E proprio quella ferita aperta e sanguinante era la causa della sua perdita di memoria.
 
Infatti i medici, dopo aver esaminato la ferita ed ascoltato il racconto dei ninja che l’avevano trovato, avevano supposto che, una volta lontano dalle guardie armate, lui poteva aver perso i sensi e sbattuto proprio con la parte della testa ferita contro il marciapiede, causando così una grave amnesia. Le loro erano solo supposizioni, semplici ipotesi causate dalla gravità della ferita, ma ne avevano informato Karai, la quale aveva notato lo sguardo ‘sperduto’, aveva detto proprio così, del mutante durante il loro breve combattimento e aveva iniziato a sospettare che non fossero del tutto infondate.
Allora ne aveva parlato con il maestro Shredder, capo clan del Piede e suo padre adottivo, il quale le aveva ordinato di accertarsi di ciò e, se l’amnesia si fosse rivelata reale, di fare ogni cosa per aiutarlo in quella difficile situazione.
 
“Mio padre Oroku Saki ha preso molto a cuore il tuo caso.” gli aveva spiegato la ragazza “ Mai, prima d’ora, avevamo incontrato un mutante con tale coraggio ed iniziativa da sfuggire ai propri aguzzini. Ha dato precise istruzioni di prenderti cura di te nel migliore dei modi. Ti aiuteremo a guarire ed a recuperare la memoria. I nostri migliori medici si occuperanno personalmente di te e, attraverso alcune spie infiltrate nel laboratorio dell’agente Bishop, tenteremo di scoprire tutto ciò che possiamo su di te e sulle procedure a cui ti ha sottoposto. Chiaramente, però gradiremmo la tua collaborazione. Niente più attacchi ai nostri medici. Sono dottori, non ninja. E, soprattutto, non sono tuoi nemici. Nessuno di noi, qui, è tuo nemico.”.
E, quasi a sostegno di quell’ultima affermazione, l’aveva liberato dalle cinghie e gli aveva lasciato lì accanto una zuppa calda e un bicchiere di acqua, per poi andarsene senza neanche guardarlo un’ultima volta.
 
Leonardo all’inizio non aveva creduto a quella storia, né aveva accettato il cibo o le cure del Piede.
Non riusciva a fidarsi di quei ninja. Qualcosa, dentro di lui, gli diceva di non essere al sicuro. Di essere in pericolo.
Con il passare del tempo, però, aveva iniziato ad abbassare le difese.
Perché, si era chiesto, continuare a respingere il loro aiuto, l’unico aiuto in cui poteva sperare, tra l’altro?
Perché continuare a tenere le distanze?
Non gli avevano fatto nulla di male, anzi.
L’aveva preso sotto la loro ala protettiva.
Si erano occupati di lui quando nessun altro l’avrebbe fatto.
Gli avevano offerto un rifugio, cibo, cure mediche.
Non gli avevano fatto del male, nonostante la sua diversità.
Così, aveva permesso ai medici di controllare le sue ferite una volta ogni giorno, aveva ingoiato qualche boccone di pane e mandato giù un po’ di zuppa ad ogni pasto ed aveva risposto alle domande che Karai gli faceva ogni sera, quando veniva a vedere come stava.
Aveva iniziato a fidarsi.
 
Ancora, però, non riusciva ad accettare ciò che gli avevano raccontato.
Il suo essere stato una cavia da laboratorio. La sua mutazione. La sua fuga. Gli sembrava tutto così incredibile, così . . . così strano.
Ma quale altra spiegazione poteva esserci?
Per quanto si sforzasse di pensarci, non riusciva a trovarne.
Tentava disperatamente di ricordare, di ritrovare sé stesso, ma qualsiasi tentativo era inutile.
Il suo passato sembrava essersi dissolto completamente, come neve al sole.
Era una creatura sola e senza memoria, persa in un’oscurità che nessuna luce riusciva a illuminare.
 
La tartaruga sospirò e chiuse gli occhi.
 
A volte, quando era così affranta e sentiva la malinconia stringergli il cuore, avvertiva anche qualcos’altro. Una strana sensazione, che non riusciva a spiegarsi.
La sensazione che qualcosa, o meglio, qualcuno lo stesse cercando, fuori da lì. E non, come aveva rivelato a Karai la sera prima, per catturarlo e  riportarlo indietro, ma perché era preoccupato per lui.
Forse era una sua illusione, ma . . . ma questa sensazione era così forte, così tangibile, così vera, che lui non riusciva ad ignorarla. Qualcuno lo stava cercando, lì fuori. Qualcuno che era preoccupato per lui. Ma chi? Chi poteva essere?
Forse le stesse persone per cui avvertiva quella preoccupazione così intensa nel suo incubo?
Forse c’era davvero qualcuno, là fuori, a cui tornare?
Qualcuno che faceva parte del suo passato e che avrebbe potuto aiutarlo a ricostruire la sua vita e la sua memoria?
 
 
Un familiare rumore di passi distolse Leonardo dai suoi pensieri.
Cosa ci fa qui Karai a quest’ora? Pensò sorpreso alzando la testa ed osservando la porta aprirsi con uno scricchiolio.
La ragazza non entrò né lo guardò in faccia “Il maestro vuole vederti. Seguimi.” mormorò a bassa voce, prima di voltarsi e di riprendere a camminare.
Il mutante rimase per un attimo immobile, troppo sorpreso per muoversi.
Shredder vuole vedere me?
Ignorando la strana sensazione, un misto di ira, paura e preoccupazione che per un attimo l’aveva assalito, egli si alzò e, andando contro il suo istinto, seguì Karai.
 
 
 
 
 
La tana dell’autrice
 
Ed eccomi tornata con il capitolo su il nostro amato Leo, come promesso!
 
Allora, questa volta ho cercato di narrare un po’ ciò che il nostro mutante ha passato – o meglio, ciò che ricorda di aver passato-, i suoi pensieri e le sue emozioni. Non sono granché sicura del risultato, ma . . .
Comunque, dal prossimo capitolo si entra nel vero centro della narrazione e dell’azione! Non voglio anticiparvi niente, ma ci saranno un paio di sorpresine . . .
 
Ah, volevo dirvi che ho finalmente trovato le colonne sonore di questa mia fic!
Dovete sapere che io, come molti scrittori di fanfiction del resto, scrivo sempre con una canzone in sottofondo legata a ciò che sto scrivendo . . . ho penato molto per trovare le canzoni adatte a questo lavoro, ma finalmente ci sono riuscita!
Sono due, ‘Somewhere’ e ‘Lost’, entrambe dei Within Temptation. Se volete ascoltarle – secondo il mio modesto parere sono tutte due molto belle- vi do’ i link con il lyrics :
http://www.youtube.com/watch?v=EEq4ipHJ6Mo
http://www.youtube.com/watch?v=mhQUXASkffE
 
Se, come me, preferite sentire la canzone e al contempo saperne il significato, vi do anche i link con le traduzioni in italiano :
http://www.youtube.com/watch?v=m30GPiaHaWo
http://www.youtube.com/watch?v=vGYPz1HaoKM
 
Un bacio e a presto . . .
Cowabunga!
 
T.r.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2658615