QUARTO CAPITOLO:
"Il Test di Assegnamento"
(Laura)
Il giorno
dopo il nostro arrivo ci spettava la parte più importante di
tutta questa
storia: il Test di Assegnamento a uno dei tre
“partiti” della scuola. Quando
Max accennò a questi credetti che parlasse di partiti
politici e ciò mi
sembrava improbabile quanto assurdo, ma non mi azzardai a chiedergli
cosa
c’entrasse la politica con la scuola. Ero sicura che avrei
fatto una gran
brutta figura. Poi accennò tre nomi: Sirio,
Andromeda e Steno. Allora capii cosa intendeva per partiti.
In attesa di
essere assegnati a qualcosa, sistemarono tutti noi nuovi in un edificio
staccato dalla scuola, una specie di dependance. Erano tre o quattro
enormi
stanze e i bagni. Ci avrei giurato che da fuori non sembrava
così grande. Sarah
ed io per fortuna rimanemmo insieme. Infatti, una ragazza che doveva
certamente
essere dell’ultimo anno ci aveva assegnati alle varie stanze,
ed ero seriamente
convinta che se fossi rimasta nuovamente sola mi sarei fatta prendere
dal
panico. Mi sentivo molto stupida.
Capitammo
la stanza più rossa che un uomo possa immaginare. Le pareti
erano di un rosso
accecante. I vetri delle finestre sembravano avere una raccapricciante
tonalità
rosa antico e le tende erano amaranto. Ai quattro angoli della stanza
c’erano
dei tavolini rotondi con un centrini di un rosso un po’
più chiaro delle
pareti, un vaso in ceramica bianca e rose rigorosamente rosse. I letti avevano una
coperta marrone e
lenzuola, per fortuna, bianche. Quello che mi colpì di
più furono i quadri al
di sopra delle spalliere dei letti su cui era dipinta una bellissima
donna
vestita di pelli leopardate, in diverse pose. Quella era Morgana, senza
dubbio.
Mi sorprese piuttosto il fatto che non le avessero dipinto i capelli di
rosso.
Io e
Sarah ci sistemammo in due letti vicini. Stavo uscendo il pigiama dalla
valigia, quando mi accorsi che una ragazza mi guardava insistentemente.
E con
avversione.
<<
È Cecilia De Santis. >> disse
Sarah quando quella uscì dalla stanza.
<< La ragazza più arrogante
che conosca. >>.
<<
Ma dai… >> dissi con
sarcasmo. Sarah sorrise.
<<
Il padre è il creatore di una delle
due scope più potenti del nostro mondo e pare che di recente
si sia occupato di
tappeti volanti, creandone un modello unico in seta. La ragazza se la
passa
decisamente bene. Per questo ha la puzzetta sotto il naso.
>> mi spiegò
Sarah.
Feci una
smorfia disgustata e tornai a sistemarmi.
La notte
fu inaspettatamente tranquilla. Mi aspettavo di fare sogni terribili
come di
essere divorata dalla scuola, ma nulla di ciò accadde. Mi
svegliai ancora prima
che suonasse la sveglia. Rimasi ancora un po’ a letto a
contemplare il
soffitto, convinta che se mi fossi girata alla mia destra avrei visto
il solito
comodino della mia stanza, pieno di fazzoletti, carte e un bicchiere
d’acqua.
Nulla di tutto ciò accadde quando mi alzai per andare in
bagno a farmi una
doccia.
Sarah fu
l’ultima a svegliarsi. Proprio per questo forse, emise un
urlo disumano quando
andò in bagno. L’acqua rimasta doveva essere molto
fredda. Riuscì comunque a
sbrigarsi prima che fosse troppo tardi.
In men
che non si dica imboccammo il sentiero per la scuola ai cui lati
c’erano
cespugli di rose dai colori vigorosi e le foglie di un verde cenere.
Infine
svoltammo per il sentiero principale, che portava al portone
d’entrata alla
scuola.
Fu con
grande emozione che la vidi in tutta la sua imponenza. Decine e decine
di
finestre si stagliavano lungo la parete bianca della facciata. Fino al
primo
piano arrivavano ad arrampicarsi dei rami d’edera. O qualcosa
che le
assomigliava, difatti le foglie erano dorate.
La
struttura mi ricordò molto le regie francesi del Settecento.
Alle spalle, però,
di questa bellissima facciata, c’era un enorme edificio
cilindrico con ai lati
due torri molto alte.
Queste,
invece, erano molto simili ai castelli Medievali, ma il colore era
bianco come
la facciata settecentesca.
Varcammo
la soglia del portone e osservai meglio anche dentro. Ai lati
dell’entrata
c’erano degli arazzi raffiguranti Morgana. Alla nostra destra
c’era un breve
corridoio che portava ad un cortile. Probabilmente lo avremmo visitato
dopo.
Alla nostra sinistra c’era un altro corridoio, ad occhio e
croce un po’ più
lungo, alla fine del quale sembrava esserci una grande sala. Di fronte,
invece,
c’era un altro portone, leggermente più piccolo di
quello principale.
<<
Test di Assegnamento? >> una
voce alle nostre spalle ci fece sobbalzare. Avanzai di un passo e mi
voltai con
uno scatto. A parlare era stata una ragazza che non avevo ancora visto.
O forse
solo tra i rappresentanti degli studenti. Non avrei saputo dirlo con
certezza.
Aveva un
aspetto piuttosto gradevole. Capelli lunghi, castani, tenuti fermi alla
nuca da
un fermaglio. Gli occhi cerulei avevano l’aria felice di chi
ha scoperto di
aver vinto una gran somma di denaro. Guardava me e Sarah con una
vivacità che
allora non avrei saputo eguagliare. Accanto a lei c’era
un’altra ragazza.
Pensai che senza ombra di dubbio le due dovevano essere sorelle, tanta
era la
somiglianza. La sola vera differenza stava nel colore dei capelli:
l’altra ragazza,
la seconda, li aveva più scuri. E inoltre lei aveva
l’espressione annoiata.
Sarah
sembrava conoscerle.
<<
Silvia! Marta! Che piacere vedervi!
>> esclamò Sarah con enfasi, abbracciando la
ragazza che ci aveva parlato
prima. Si divisero in fretta e Sarah si rivolse a me.
<<
Laura, questa è Silvia, la
fidanzata di Robbie. >> e la tipa allegra mi porse la
mano molto
cordialmente. Io la strinsi e mi presentai, abbozzando un sorriso che
non fosse
troppo timido. Silvia indicò la ragazza accanto a lei.
<<
Questa è mia sorella Marta! >>
strinsi la mano anche a lei, che perse per un momento
l’espressione tediata di
prima.
Sarah si
voltò proprio verso di lei e la guardò curiosa.
<<
Che c’è che non va? >>
Marta
stava cominciando a dire qualcosa, ma fu anticipata dalla sorella.
<<
Non vuole fare Alchimia oggi. >>
spiegò Silvia roteando gli occhi.
<<
E perché? Tu non amavi l’Alchimia?
Mi pare di averlo sentito dire a mio fratello una volta…
>> fece Sarah,
facendosi pensierosa.
<<
Sì, eccome! >> Marta poté
finalmente parlare << Ma oggi c’è il
nuovo insegnante e ho una profonda
antipatia per lui già da ora! >>.
<<
È stupida, non farci caso. >>
mi sussurrò Silvia, facendomi agitare. Le persone
così vivaci mi incutevano
terrore al primo incontro. Un po’ come Sam, Johnny,
Sarah… La presenza di Max
riusciva a rilassarmi un po’, invece. Lasciai perdere questi
inutili pensieri e
ripresi ad ascoltare le ragazze.
<<
…in ogni caso il Test quest’anno si
svolge al primo piano, nell’aula di Historìa. Sai,
in assenza del professore… >>
<<
Non è che ci accompagneresti? Io…
>>
cominciò Sarah.
<<
No, no, no! Andate pure, sorelle
Previti… della nostra sorellina ci occupiamo noi!
>> esclamò Johnny
spuntando alle nostre spalle. Lui e Sam avevano due identici ghigni
malefici,
il che mi fece preoccupare. Sarei stata una loro vittima? Mi risposi
che
probabilmente mi stavo creando troppi problemi.
Silvia e
Marta, non molto convinte, ci salutarono e si dileguarono in breve
tempo.
<<
Ma ci stavate seguendo? >>
chiese Sarah ai suoi fratelli aggrottando la fronte.
<<
Non lo so! Johnny, le stavamo
seguendo? >> chiese Sam con espressione innocente.
<<
Non saprei… Laura, vi stavamo
seguendo? >> mi chiese Johnny. Inutile dire che non
risposi. Mi limitai
solo a mordermi un labbro, facendomi pure male.
Lui
capì
l’antifona e lasciò perdere il mio silenzio
imbarazzato. Sarah mormorò qualcosa
che non riuscii a sentire e aprì quel portone di fronte a
noi.
Ci
trovammo in una stanza di forma quadrata. Di fronte a noi
c’era una rampa di
scale in marmo bianco, illuminate da una grande vetrata. Alla nostra
destra
un’altra rampa di scale portava a un piano inferiore. Delle
porte si
affacciavano su questa specie di atrio. Erano delle aule da quel che
potei
capire. Non molto in ogni caso.
Le
pareti, color panna, erano tappezzate di quadri raffiguranti nature
morte,
maghi e streghe di ogni tempo (compresa Morgana) e animali mitologici.
<<
Volete restare qua per molto
ancora? >> domandò Sam, un po’
più avanti rispetto a noi. Scossi la testa
e vidi Sarah fare lo stesso. Seguimmo lui e Johnny senza discutere e
arrivammo
al primo piano. Imboccammo il corridoio. Il pavimento in legno faceva
sembrare
i nostri passi svelti molto cupi, ma l’unica cosa che mi
incupì veramente fu il
ritardo con cui arrivammo. I gemelli stranamente non ci trattennero, ma
ci
raccomandarono di non entrare in Steno. Non capii perché, ma
non m’importava
molto.
Io e
Sarah entrammo contemporaneamente in classe e chissà per
quale buon dio, il
professore non era presente.
L’aula
era abbastanza grande. Eravamo in tutto una trentina di ragazzini,
disposti in
file ordinate di banchi singoli. Da una finestra entrava giusto un
po’ di luce.
Le tende non permettevano ai raggi del sole di arrivare a noi.
Io e
Sarah trovammo due banchi vicini, l’una dietro
l’altra. Con mia grande
sfortuna, davanti a me trovai quella tipa snob della sera prima,
Cecilia De
Santis. Quella si voltò lentamente verso di me, mi
lanciò un’occhiata
sprezzante e sbuffò.
<<
C’è qualche problema? >> le
chiesi cominciando a scaldarmi. A quel punto nulla avrebbe potuto
fermarmi.
<<
Dici a me? >> rispose quella
dandosi un mucchio di arie.
<<
Vedi altre oche in giro? >>.
La mia
risposta dovette offenderla molto, poiché tornò a
guardare davanti a sé con
aria furiosa. Qualcuno ridacchiò sotto i baffi, in
particolare un ragazzo con i
capelli rossi nel banco accanto al mio. Sembrava che volesse
complimentarsi, ma
non ne ebbe il tempo. Una donna dai capelli corvini entrò in
classe reggendo
dei fogli e si voltò a guardarci, appoggiata alla cattedra.
<<
Buongiorno ragazzi. Io sono Miranda
Duffa e sono la bibliotecaria. Oggi sono in missione per voi.
>> alzò per
qualche secondo i fogli facendoli vedere per bene. <<
Questi sono i
vostri Test. Da questi dipende il vostro futuro scolastico. Dovrete
rispondere
a 100 domande su di voi, e siete pregati di essere sinceri. Potreste
pentirvene. >> il suo sguardo
s’incupì. Forse lei non era stata sincera.
Cominciò a passare tra le file per distribuire quella serie
di fogli. Anzi,
erano più dei fascicoli. Erano qualcosa tipo undici fogli.
Nell’ultimo c’era
pure lo spazio per firmarsi. Prima che la bibliotecaria ci desse il via mi voltai verso Sarah, guardandola
speranzosa.
<<
Potete iniziare! E fate
velocemente! >>.
Cominciai
a leggere la prima domanda: “Come
ti
senti?”. Ma che razza di domanda era? E le
risposte: A) Ottimista, B) Insicuro, C) Arrabbiato.
Come
poteva dipendere il mio destino scolastico da simili domande? Alcune
erano più
interessanti, come la 16 (“Cosa fai
in
caso di pericolo?”), ma altre erano assurde e
inutili come la 50 (“Che animale
preferisci tra il cane, il
cavallo e il serpente?”).
Andai
avanti ancora un po’ con le domande dopodiché
completai il Test e scrissi il
mio nome nella prima pagina.
Mi alzai
molto discretamente dalla sedia e andai alla cattedra dalla signora
Duffa.
<<
Bene, cara… >> mi disse
quella con un gesto impaziente della mano << adesso puoi
andare. >>.
Io restai
là a fissarla imbambolata. << Andare?
>> le chiesi.
<<
Sì, ragazzina. Fuori, fuori
dall’aula! >>.
Che
oltraggio avevo subito! Perché una ragazzina calma e
assennata come me doveva
stare fuori? Da sola!
Mi avviai
lo stesso verso l’uscita. Mentre passavo vicino al suo banco,
Sarah mi fece
segno di aspettarla fuori, ma vidi con grande dispiacere che era ancora
alla
terza pagina del Test. Annuii e uscii definitivamente.
Sperai in
parte che uscisse qualcuno, ma non avrei saputo che dire,
perciò cambiai subito
idea.
Fissai la
mia attenzione su un quadro appeso alla parete. Ritraeva due uomini
vestiti
alla maniera rinascimentale seduti a un tavolo che guardavano
pensierosi un
pezzo di legno che ricordava molto la bacchette. Le mie riflessioni
furono
interrotte da un borbottio sommesso. Mi voltai e vidi la fonte del
rumore: un
ragazzo di non più di venticinque anni veniva verso di me
reggendo dei fogli.
Sembrava che quelle letture lo stessero contrariando molto.
Tanto fu
il mio timore di disturbarlo in un momento così delicato e
tanta la sua
distrazione, che mi venne addosso e gli caddero alcuni fogli.
<<
Scusami! >> mi disse
mortificato, aiutandomi ad alzarmi. Sì, avevo fatto una
bella caduta.
Era un
ragazzo piuttosto carino: alto, magro, con dei sottili occhi scuri e
capelli
neri. Il tutto contornato da un sorriso disarmante che, a modo suo,
doveva
essere incoraggiante.
<<
Oh, no! È colpa mia! >>
esclamai io agitando le mani furiosamente. Non volevo che si sentisse
in colpa.
D’altronde ero stata io la stupida a non spostarmi.
Lui
guardò la porta dell’aula dove si stava svolgendo
il Test. << È la
signora Duffa a presiedere al Test? >> mi chiese.
Io annuii
timidamente e lo vidi guardarmi come intenerito.
<<
Non voglio mica mangiarti! >>
mi disse sorridendo con accondiscendenza. << Sono Luiz
Fernandez e tu? >>
<<
Laura… Laura Monti. >>
<<
Piacere Laura. >> disse
porgendomi una mano << Ma mi sa che noi ci vedremo tra
qualche anno! >>.
<<
Perché? >> chiesi io con
curiosità, mentre gli stringevo distrattamente la mano.
<<
Io insegno Alchimia e voi la farete
al sesto anno. Per il momento dovete accontentarvi delle basi e di
altre
materie… >> mi si fece più vicino
affinché nessuno (e chi poi?) potesse
sentirlo, << …noiose. >> fece un
buffo sospiro. << Io avrei
lezione e invece sto qui a fare perdere tempo a te e a chiacchierare.
Non male
come primo giorno! >>.
Decisi
che avrei potuto sorridere, anche se l’idea che fino a poco
prima avevo pensato
che il mio futuro professore fosse un bel ragazzo mi imbarazzava
ancora,
impedendomi di essere me stessa.
<<
Arrivederci, Laura. >> si
congedò lui con un cenno del capo.
<<
Arrivederci, professore. >>
salutai io. Continuai a guardarlo finché non scomparve dalla
mia vista.
Poco dopo
la porta dell’aula si aprì e con mio gran sollievo
ne uscì Sarah e dietro di
lei una ragazzina di colore dall’aria sperduta. La capivo
perfettamente.
<<
Tutto chiaro il Test? >>
chiesi a Sarah.
<<
Sì, ma c’erano domande degne del
più imbecille degli imbecilli. Mi pare ci fosse a pagina 9
una domanda di
questo genere: voleva sapere se veniva prima l’uovo o la
gallina e tra le
risposte c’erano la gallina, l’uovo o nessuno dei
due. Mi chiedo a cosa serva
sapere certe cose. >>
Feci
spallucce, ignorando anche io il significato di quei quesiti.
<<
Abbiamo da fare ora? >>
chiesi a Sarah.
<<
Sì. >> rispose lei.
<<
Oddio! Cosa? >> cominciai a
preoccuparmi. Anch’io come il professor Fernandez, avevo la
fobia da primo
giorno. Solo che nel mio caso era più accentuata.
Sarah
prese a ridacchiare. << Oziare! >>
esclamò lei come se la cosa
fosse scontata.
<<
Ah… >> mormorai io
imbarazzata, << Certo… >>.
Dovetti
correre un po’ per starle dietro, ma alla fine, insieme,
raggiungemmo il
cortile e ci sedemmo su una panchina di fronte a una fontana
monumentale.
Finalmente
il primo passo era stato fatto.
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