Back to Life

di KillerQueen86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Run ***
Capitolo 3: *** New Identity ***
Capitolo 4: *** To go in new life ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Back to Life

KillerQueen86

 

 

Serie: Defender of the Earth

 

Personaggi: Rose Tyler, Mickey Smith, Jackie Tyler, Pete Tyler, Jack Simmons

Rating: Verde (può variare)

Avvertimenti: Da collocare dopo 2X13 "Doomsday".

Note: Rose è nel mondo di Pete, con sua madre e Mickey, deve decider cosa fare della sua vita adesso, ma non è facile con il pensiero del Dottore sempre nella sua mente.

Buona Lettura

Disclaimer: Doctor Who e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà (purtroppo), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari, il mio è solo un divertimento.

Beta: Paolettazza e Feyilin

 

Prologo

 

Guardava quel muro bianco da tanto che le facevano male gli occhi; le mani doloranti stringevano quel maledetto disco giallo ancora al suo collo. La mente le urlava di andare via da là, sapeva che aveva bisogno di lasciare quella stanza, ma non ci riusciva, non poteva ancora farlo … si aspettava di sentire la sua voce urlare il suo nome, con felicità stavolta, non con dolore e disperazione, si aspettava di vederselo spuntare dietro, o ascoltare ancora una volta il suono della sua meravigliosa TARDIS.

Si! Il suo Dottore sarebbe tornato a prenderla, e sarebbero tornati a correre tra le stelle. Così era, così dovrebbe essere per sempre.

Si asciugò le ultime lacrime che bagnavano le sue guance, non era quello il momento di piangere, ma di aspettare, aspettare il suo Dottore.

"Tesoro, è ora di andare, sono passate ore" la voce di sua madre la riportò alla cruda realtà. Si era messa accanto a lei, seduta sul pavimento.

"Devo aspettare cinque ore e mezza, devo sempre aspettare cinque ore e mezza" disse con convinzione, con la gola in fiamme per aver a lungo urlato contro quella maledetta parete. Jackie le mise un braccio attorno alle sue spalle.

"Piccola, sono passate otto ore" le disse con gentilezza. Rose chiuse gli occhi respirando lentamente, non poteva essere, non poteva averla davvero lasciata indietro, non dopo tutto quello che si erano detti, non dopo la promessa che le aveva fatto.

"Non posso … mamma non posso" le disse cercando di nascondere le lacrime. La madre la strinse a sé per confortarla.

Faceva male, terribilmente male, dover ammettere di rimanere indietro, di non poterlo più rivedere. Aveva bisogno di lui in modo così inteso da farle paura.

"Non posso lasciarlo andare via" disse lasciandosi andare all'ennesimo pianto mentre la madre le accarezzava la schiena con dolcezza cercando di farla calmare.

"Andrà bene tesoro, supereremo anche questa" le disse con calma dandole un piccolo bacio tra i capelli.

Rose si sentiva devastata come mai nella sua vita, il petto le faceva un male tremendo. Voleva smettere di piangere, voleva alzarsi e lottare per tornare da lui, ma non ci riusciva, sentiva il suo petto squarciato da una profonda ferita.

"Non voglio dimenticarlo" disse tra i singhiozzi.

"Nessuno ti chiede questo, piccola" la consolò la madre prendendole il viso tra le mani e asciugandole le lacrime.

"Devi solo cercare di sopravvivere" disse la donna. Rose sapeva che sua madre aveva passato una volta tutto questo e, se qualcuno poteva capirla, era lei.

"E solo così difficile" continuò la biondina disperata.

"Ce la farai, riuscirai a superarla, del resto sei una Tyler" continuò facendole scappare un piccolo sorriso.

Rimasero così sedute sul quel freddo pavimento, davanti a quella parete, in silenzio, con Rose che cercava di calmare i suoi singhiozzi.

 

Fine

Prologo

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Capitolo 2
*** Run ***


Note dell'autore: Eccovi il primo vero capitolo di questa mia nuova storia. Spero di essere riuscita a descrivere le emozioni di Rose e Jackie in questa nuova situazione e, soprattutto, spero di non essere uscita dai personaggi, non lo sopporterei.

Buona lettura e alla prossima (se volete J).      

 

Beta: Paolettazza e Feyilin

 

Capitolo I

Run

 

Scese con calma le scale guardandosi meglio attorno a sé. Da sempre aveva sognato di vivere in una casa del genere. Certo, non poteva lamentarsi della sua vita a Powell Estate con le sue feste, i suoi amici e la sua piccola Rose, ma mancava quel qualcosa che l'avrebbe resa perfetta, il suo amato Pete, e a quanto sembrava, nonostante l'assurdità della situazione, l'Universo le aveva concesso una secondo possibilità.

L'unica cosa che le stringeva il cuore e non le faceva ancora vivere al meglio quella situazione, era il sapere che la sua piccola Rose stava soffrendo e che lei, oltre a starle accanto, non poteva fare altro. Conosceva fin troppo bene come si sentiva Rose, perché in passato aveva provato lo stesso alla morte di Pete. Aveva sperato che la sua piccola non dovesse mai provare quel senso di vuoto e dolore che comporta la perdita di una persona così importante, un dolore che sa bene l'accompagnerà per il resto dei suoi giorni, anche se avrà accanto altre persone.

Arrivò nella cucina di quell'immenso posto, aveva bisogno di una buona tazza di tè, voleva chiarirsi le idee per affrontare al meglio i giorni successivi. Doveva dare una nuova direzione alla sua vita, doveva capire come comportarsi con questa nuova versione di Pete, ma soprattutto doveva occuparsi di Rose, aiutarla a reagire a tutto quel dolore.

"Jackie" la voce di Pete le arrivò una volta superata la soglia della cucina, la donna fu sorpresa di vederlo lì, seduto al tavolo da solo, con una tazza di tè caldo tra le mani.

"Pensavo stessi dormendo" disse avvicinandosi e stringendosi nella sua vestaglia: si sentiva imbarazzata ed emozionata. Era la loro prima notte sotto lo stesso tetto e avevano deciso di passarla in stanze separate, per abituarsi nuovamente all'idea.

"Avevo bisogno di un po’ di tè caldo" rispose sorridendogli. Jackie forzò un sorriso e si versò una tazza di tè per sé, per poi mettersi allo stesso tavolo con lui.

"Anch'io" confessò sorridendole.

"La giornata non è conclusa …"

"Senza una buona tazza di tè" dissero all'unisono sorprendendosi entrambi.

"Anche la mia Jackie aveva quest'abitudine" spiegò Pete abbassando lo sguardo.

"Da quanto tempo l'hai persa, se posso permettermi?" chiese a voce bassa.

"Tre anni" rispose con voce sommessa, senza guardarla negli occhi.

"E' stata colpa dei Cybermen" continuò con tristezza.

"Tu?" chiese di rimando poi schiarendosi la voce.

"Oh beh diciannove anni, per uno stupido incidente d'auto" spiegò con calma, sorseggiando il suo tè.

"Oh diciannove, da parecchio tempo" rimase colpito lui.

"Non abbastanza" aggiunse sinceramente abbassando lo sguardo, stringendo la tazza calda.

"Non ti abbandona mai, immagino" continuò lui.

"Mai, la consapevolezza che non tornerà più è sempre lì con te" ammise con la voce rotta dalle lacrime.

"Beh, potremmo aiutarci l’un l’altro, se vuoi" le disse sorridendole e stringendole le mani. Lei sorrise.

"Possiamo provare, perché no?" rispose sorridendo di rimando.

"Lei come sta?" chiese poi rompendo il silenzio in cui erano caduti entrambi.

"Oh si riprenderà, è una Tyler, noi ci riprendiamo sempre" disse con orgoglio, sapendo comunque che non sarebbe stato così semplice.

"Li ho conosciuti anni fa, erano così uniti, così … " disse non riuscendo a trovare le giuste parole per descriverli.

"Perfetti insieme" continuò lei.

"Beh potrà contare su noi, per venirne fuori" rassicurò Pete.

"Anche se non sarà così facile" ricordò la donna.

Pete le strinse nuovamente le mani per rassicurarla e le sorrise ancora una volta con dolcezza. Jackie si lasciò trascinare da quel senso di benessere che riusciva a provare con lui accanto, proprio come una ragazzina alla sua prima cotta.

 

"Rose" suonò la voce del Dottore nel buio della sua camera, svegliandola, ma lei la ignorò girandosi dall'altra parte decisa a continuare a dormire, sprofondando di più in quelle calde coperte.

"Rose è ora di alzarsi" risuonò ancora, sempre più vicino.

"Va via!" urlò lei nascondendo la testa sotto il cuscino.

"Su, Rose" aggiunse buttandosi sul suo letto accanto a lei. Decisamente doveva imparare a chiudere la camera per evitare tutto questo.

"Come puoi dormire in una giornata come questa" disse attirando la sua attenzione e facendole uscire la testa da sotto il cuscino.

"Cosa succede di così emozionante oggi?" chiese guardandolo scettica.

"Tutto" disse semplicemente sorridendo freneticamente.

Rose si voltò dall'altra parte sperando di poterlo ignorare, nascondendo nuovamente la testa sotto il cuscino.

"Come puoi anche solo pensare di dormire, sapendo cosa ci può esser fuori le porte del Tardis" continuò togliendole il cuscino, costringendola a voltarsi e affrontarlo.

"Ho bisogno di dormire, lo sai" si difese lei.

"Oh ma voi umani dormite così tanto da perdervi le cose migliori di questo universo" si lamentò.

"Abbiamo un patto noi due, mi lasci dormire per otto ore e poi facciamo quello che vuoi" ricordò la biondina.

"Ma senza di te mi annoio così tanto" si giustificò mettendole il broncio.

Rose sorrise non riuscendo a resistere a quella espressione.

"D'accordo, dammi il tempo di vestirmi" disse alzandosi.

"Aspetto qui!" disse mettendosi comodo su quel letto, mentre la ragazza andava verso il bagno.

"Ah Rose, questo è un sogno, ora devi svegliarti" disse il Dottore fermandola.

 

Si svegliò di colpo trovandosi in quella vuota e silenziosa camera da letto. Sospirò sentendosi una stupida a sognare tutte le notte la stessa cosa, sognare lui che veniva a svegliarla nella sua camera del Tardis, come ogni tanto in passato era successo.

Si mise seduta e si passò le mani sul viso, era stanca, aveva sonno, ma i ricordi e il dolore le impedivano di dormire tranquillamente, era passata solo una settimana, ma ancora il petto e il cuore le facevano tremendamente male.

Si voltò e sul comodino alla sua destra vide la sua chiave, lasciata lì come un qualsiasi oggetto. Ne accarezzò i contorni con la punta delle dita, pregando di poter avere ancora una possibilità di avere con sé il suo amato Dottore, di poter tornare a stringergli la mano e correre insieme verso nuove avventure.

Doveva reagire in qualche modo, riprendere in mano la sua vita, era bloccata nuovamente sulla terra, nonostante tutto. Doveva dargli un minimo di senso, altrimenti tutto quello che aveva fatto con il Dottore non sarebbe servito a niente e lei non voleva tornare ad essere nessuno, voleva che il suo Dottore, anche se lontano, potesse essere davvero orgoglioso di lei.

Prese la chiave sul comodino accanto a lei e si alzò; aveva bisogno di rilassarsi e cacciare per un attimo il pensiero di lui dalla sua mente, anche se sapeva quanto fosse difficile.

Pete, Jackie e Mickey cercavano in tutti modi di farla sentire a suo agio, in questo nuovo mondo, di farla sentire a casa, ma in realtà viveva il tutto come un’estranea. Per non farli preoccupare tentava di sorridere e uscire dalla sua camera anche solo per un saluto e mangiare qualcosa, nonostante lo stomaco rifiutasse categoricamente il cibo.

Quella casa era enorme, ma c'erano volte in cui si sentiva in trappola, soprattutto quando erano tutti in salotto o in cucina a mangiare. Mickey e sua nonna si erano trasferiti lì e, nonostante volesse bene entrambi, a volte desiderava solo essere ancora sola con sua madre nel suo piccolo appartamento a Powell Estate.

Sentiva i muscoli in tensione e non sapeva come fare a calmarsi. Erano ancora le quattro e mezza e non sapeva cosa fare, gli altri ancora dormivano e sicuramente non si sarebbero alzati per altre due-tre ore.

Prese la decisione di uscire un attimo nel giardino, sicuramente sarebbe stata meglio. Si legò i capelli in una coda alta, prese un paio di pantaloni di tuta, una maglia e una felpa, mise la chiave attorno al collo e uscì da quella stanza. Il corridoio era buio e silenzioso, tutti come previsto stavano ancora dormendo tranquillamente. In punta di piedi attraversò il corridoio superando la camera da letto dei suoi, scese di sotto e diede un’occhiata in giro con calma. Non aveva ancora avuto modo di memorizzare quel posto; non era male, era grande, spazioso e ben arredato, anche se mancava ancora un tocco femminile, anzi, mancava del tutto il tocco di sua madre. Era evidente che in quegli anni, da quando era morta l'altra Jackie, Pete non aveva avuto alcuna storia importante.

Andò in cucina, superando la sala da pranzo, e diretta verso il frigo aprendolo, magiare qualcosa poteva aiutarla, peccato che non avesse voglia di niente in quel momento. L'odore di cibo che proveniva dal frigo aperto le fece venire un po’ di nausea, richiuse, quindi, subito e si fermò sulla finestra che dava sul giardino. Ricordò quando era stata in quella casa e i cyberman arrivavano diretti proprio dalla fine di quel posto. Scacciò subito quel ricordo per non ricadere sempre nello stesso circolo, aveva voglia di correre, correre lontano da quei ricordi e così fece. Senza rendersene conto, con un profondo respiro, aprì quelle porte finestre e corse fuori senza una meta prestabilita. L'aria fresca contro la sua pelle fu rigenerante, i muscoli tesi fino a quel momento sembravano sciogliersi con un gesto così familiare per loro. Oh sì, correre l'avrebbe aiutata a riprendere in mano la sua vita.

 

Aveva corso per parecchio fino ad arrivare in un delizioso parco, si sentiva decisamente meglio, i nervi e i muscoli si erano rilassati e lei era più tranquilla. Il peso e il dolore, che in quella settimana l'avevano accompagnata, sembravano assopiti, sentiva che poteva farcela, poteva affrontare il tutto.

Dopo essersi fermata a prendere qualcosa da mangiare, decise di riprendere la via di casa. Osservava attorno a sé curiosa, il sole faceva una sua timida apparizione nel cielo sereno, la vita a Londra sembrava prendere vita con calma, la calma delle prime ore di luce. Non aveva idea di che ore fossero, nel suo impeto era partita senza telefono e orologio. Camminò per un bel po’ prima di arrivare a villa Tyler, la porta finestra della cucina era aperta come l'aveva lasciata, dentro sua madre e Pete in vestaglia camminavano nervosamente con il viso teso e preoccupato.

"Oddio, eccola!" disse sua madre nel vederla entrare. Corse ad abbracciarla stringendola a sé.

"Dove dovrei essere?" chiese scettica guardando Pete.

"Non ti abbiamo vista nel letto e ci siamo preoccupati" disse l'uomo.

"Dove sei andata, hai idea di come mi hai fatto stare?" la rimproverò sua madre sciogliendosi dall'abbraccio e guardandola con severità.

"Scusa non è stato intenzionale, sono solo andata a correre" disse avvicinandosi al microonde per riscaldarsi la brioche che si era presa prima.

"E' andata a correre, non lo hai mai fatto in tutta la tua vita. Non puoi andartene in giro come se niente fosse, e se ti fosse successo qualcosa?" la rimproverò ancora sua madre.

"Sto bene mamma, posso cavarmela anche da sola, lo sai" rispose Rose non sopportando quell'atteggiamento che le ricordava troppo l'apprensione che il Dottore aveva nei suoi confronti.

"Jake non è ancora riuscito a trovarla …" entrò in cucina Mickey con il telefono in mano, anche lui in pigiama. Si ammutolì quando vide la biondina.

"Oh eccoti" disse sorridendole.

"Vado a farmi una doccia" disse seccata per la discussione avuta con sua madre. Prese la sua brioche e uscì dalla cucina, correndo nuovamente in camera sua.

I ricordi del Dottore tornarono prepotentemente nella sua testa, il dolore e il peso che sentiva nel petto tornò a tormentarla, buttò via la brioche nauseata dall'odore e sentendo lo stomaco richiudersi di nuovo, sbuffò e si chiuse in bagno per farsi una doccia, forse lì poteva nuovamente trovare un po’ di pace.

 

Fine

Capitolo 1

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Capitolo 3
*** New Identity ***


Note dell’autore: Eccovi il secondo capitolo di questa mia storia.

Dovete perdonare il mio ritardo nell’aggiornare ma sono rimasta senza internet fino a Pasqua e sono riuscita solo ora a rimettermi sotto a scrivere. Spero di non aver perso il tocco e che riesca a rimanere nei personaggi nonostante abbia delle grosse distrazioni, beh aspetto le vostre recensioni.

 

Beta: Paolettazza e Feyilin

 

Capitolo 2

New Identity

 

Dopo una doccia ed essersi cambiata, Jackie arrivò in cucina, ancora nervosa per la discussione avuta con Rose. Quando si era alzata quella mattina e aveva trovato la porta della sua camera aperta, era stata sollevata. Da quando si erano trovati lì Rose usciva raramente da quella stanza, giusto per mangiare qualcosa o solo per salutarli, niente di più. La sua tranquillità, però, era scomparsa nel trovarsi la porta finestra della cucina aperta e nessuna traccia della figlia. Era corsa a svegliare Pete e Mickey, troppa spaventata che le fosse successo qualcosa, la paura era stata più forte della razionalità. E poi lei era spuntata a casa come se niente fosse, tranquilla e sorpresa di vederseli tutti lì, avrebbe potuto almeno avvertirla con un foglietto o almeno portarsi il cellulare.

Respirò cercando di calmare i nervi, si mise ai fornelli per preparare la colazione al resto della famiglia, era quasi ora di andare a lavoro per Pete e Mickey, mentre lei sarebbe rimasta in quell'enorme casa con una figlia che preferiva rimanere chiusa in camera da sola. Doveva trovarsi un qualcosa da fare in quella casa o sarebbe impazzita.

"Jacks lascia stare, non devi farlo tu" giunse la voce di Pete che entrava nella stanza.

"Voglio farlo Pete" disse senza smettere di cucinare.

"Può farlo anche Milly, la pago per questo" continuò l'uomo mentre tentava di sistemarsi la cravatta.

"Ho fatto a meno della domestica per 40 anni, continuerò a farne a meno" rispose lei un po’ infastidita, si fermò un attimo è sbuffò.

“Sono stata abituata a fare tutte cose da sola e non sono per niente abituata a starmene ferma” disse voltandosi per guardare Pete.

“Lo so e lo capisco” disse lui dolcemente. Jackie sorrise e si avvicinò per sistemargli la cravatta della tonalità azzurra e bianca.

“Ti sta bene questo colore” disse dolcemente accarezzandogli la cravatta, ricordando quando regalò al suo Pete una cravatta dello stesso colore. Naturalmente quella che aveva comprato lei era una qualità più scadente, la più economica in offerta, gliela aveva regalata per il loro prima natale da sposati. Si guardarono sorridendosi dolcemente, gli era mancato tanto il suo sorriso, un sorriso che donava solo a lei o alla piccola Rose.

"Rose?" chiese lui cambiando discorso e scostandosi un po’ da lei.

"Credo sia ancora in camera" rispose con calma, aveva bisogno di tempo per abituarsi gli uni agli altri.

 

Fece tutto con calma, non aveva alcun programma per il giorno, di solito se ne stava nella sua stanza a rimpiangere di non essere con il Dottore, ma quel giorno voleva darsi da fare, voleva iniziare a prendere in mano la sua vita, forse poteva cercarsi un piccolo lavoro che la tenesse impegnata. I suoi pensieri furono interrotti dal bussare alla porta, invitò a entrare aspettandosi sua madre, ma si sorprese nel vedere Mickey.

"Ehi, tutto bene?"chiese il ragazzo entrando.

"Certo, come sempre" disse mettendo via alcuni maglioni che si era provata.

"Stamattina sei andata subito via" disse con tono preoccupato.

"Scusa, ma non sopportavo un'altra discussione con mia madre" spiegò continuando a riordinare.

"Cosa è successo? Tua madre mi ha fatto prendere un colpo svegliandomi, ha interrotto anche un bellissimo sogno" scherzò facendola sorridere un po’.

"Oh, niente di che, sono solo andata a correre" disse mettendosi seduta sul bordo del letto. Mickey la segui mettendosi accanto a lei.

"Sei andata a correre, perché?" chiese sorpreso.

"Non lo so, sentivo di averne bisogno, in realtà non mi sono accorta di aver iniziato a correre fino a che non sono uscita da casa" confessò con calma senza guardarlo.

"Allora, come mai non sei al lavoro?" chiese cambiando discorso.

"Oh giusto dimenticavo, tuo padre vorrebbe parlarti" disse alzandosi e porgendole una mano.

"Non ho voglia di vederli in questo momento" sbuffò lei.

"Rose, è una cosa importante" le disse lui con calma.

La ragazza sbuffò ancora una volta, si alzò indicando la porta a Mickey che le sorrise e la aprì.

Scese con Mickey, si aspettava una ramanzina per quello che era successo nella mattinata, ma una volta arrivata, si trovò sua madre sul divano a leggere qualcosa e Pete in piedi che parlava con un giovane ragazzo dai capelli castani e gli occhi chiari.

"Bene, siete qui" disse Pete vedendola entrare e avvicinandosi a lei.

"Ehi amico, è bello rivederti" disse Mickey colpendo amichevolmente la spalla al ragazzo.

"Ti presento Ianto Jones, il mio braccio destro al Torchwood" disse Pete indicando il giovane accanto a lui.

"E' un piacere conoscerla miss" disse con calma e sorridendo.

"Chiamami Rose per favore" rispose lei mettendosi accanto a sua madre.

"Certo, come vuole”, disse senza scomporsi tanto.

"Ecco, magari dandomi del tu" scherzò lei mentre si metteva seduta accanto a sua madre.

"Allora, cosa dovevi dirmi di così importante?" chiese rivolto verso Pete.

"Bene, allora è passata una settimana da quando siete qui, con Ianto abbiamo pensato di crearvi una nuova identità" spiegò l'uomo con calma.

"Nuova identità? Io non voglio perdere il mio nome" disse di fretta Rose seccata.

"No, tesoro non lo perderai!" la rassicurò sua madre, Ianto le passò una cartellina di documenti.

"Ti chiamerai sempre Rose Tyler, ma non sei mia figlia, beh non figlia naturale almeno" spiegò con calma Pete.

"La mia Jackie aveva una sorella con una figlia, entrambi scomparsi la notte dei Cybermen" continuò la spiegazione.

"Abbiamo pensato che Jackie avrebbe cresciuto la nipote come sua figlia dopo aver perso la sorella" continuò Ianto.

Rose diede un occhiata ai documenti che Pete le aveva passato; c'era tutto, certificato di nascita, il certificato di morte dei veri genitori, i documenti dell'adozione di Jackie e Pete, i documenti delle scuole e le pagelle, e poi anche un diploma.

Si soffermò su quel pezzo di carta tenendolo tra le sue mani, per anni si era pentita di non averlo preso, di non aver potuto rendere la madre orgogliosa, e ora eccolo lì, un misero foglio di carta che attestava che lei si era diplomata, peccato che non fosse così.

"Cos'è questo?" chiese senza alzare lo sguardo.

"Il tuo diploma" spiegò Mickey.

"Io non mi sono mai diplomata" rispose lei.

"Serviva una qualche qualifica per farti entrare al Torchwood e questo era un punto di partenza" continuò a spiegare Pete. Rose lo guardò infastidita. Lei al Torchwood? Dicevano sul serio?

"Io non voglio lavorare al Torchwood" disse.

"E' la scelta più logica Rose, sei stata preparata dal Dottore, nessuno può vantare un addestramento simile" intervenne Pete, a quello Rose scattò in piedi.

"Non era per niente un addestramento" disse stringendo i pugni e trattenendo le lacrime, perché era così difficile anche solo parlare di lui?

"Rose, ascolta, tu sei adatta a fare questo lavoro, hai più esperienza di metà dei miei colleghi" continuò Mickey con calma.

"Io non voglio lavorare al Torchwood e non voglio assolutamente un diploma falso" continuò lei.

"E allora cosa vuoi fare, non puoi restare in camera nella speranza che lui torni, lo sai che non può farlo" le ricordò la madre con severità.

"Lo so mamma, non c'è bisogno che me lo ricordi" le rispose con lo stesso tono.

"Tesoro, so quanto tu stia soffrendo, ma devi reagire in qualche modo, accettare questo lavoro potrebbe fare la differenza per te" le disse con più dolcezza Jackie avvicinandosi e accarezzandole le braccia per confortarla.

"Io non voglio lavorare per loro, lo capisci?" chiese lei con più calma.

"Prenderò il diploma per conto mio, e poi lavorerò lontano da loro, cerca di capirlo mamma, io non riesco a …" cercò di parlare con un groppo in gola, la madre l'abbracciò forte, accarezzandole la schiena.

"Bene, allora t’iscriveremo nel miglior corso, potresti prendere anche lezioni in privato e …" cercò di spiegare Pete ma Rose lo fermò, si sciolse dall'abbraccio di sua madre, scuotendo la testa.

"No Pete, davvero, anche se lo apprezzo molto, non voglio essere privilegiata solo perché sono la figlia di Pete Tyler, voglio essere solo io, Rose Tyler" spiegò con calma.

"Lo capisci, vero?" chiese la ragazza con calma, Pete annuì, Rose prese il finto diploma e lo gettò nel camino acceso.

"Bene, sistemerò le ultime cose prima di questo pomeriggio, ci vediamo alla Vitex"disse Ianto salutando tutti e distraendo Rose dai suoi pensieri.

"Cosa succede oggi?" chiese la ragazza prima che il ragazzo potesse uscire.

"Terremo una conferenza stampa, così che i giornalisti sappiano della vostra identità ed evitino di seguirvi ovunque andiate" spiegò il ragazzo con gentilezza.

"I giornalisti? Sul serio?" chiese guardando Pete.

"Mi dispiace Rose, ma dobbiamo, i giornalisti potrebbero diventare fin troppo pressanti, non avremmo più pace" spiegò l'uomo preoccupato. Rose fece una smorfia infastidita, l'idea che la sua vita privata fosse disturbata da altre persone, le faceva rivoltare lo stomaco.

"Pete è un uomo importante, Rose, devi abituarti" disse il suo amico Mickey.

"D'accordo, ma non voglio che mi siano fatte domande o altro, intesi?" disse rivolta verso Ianto, il ragazzo le sorrise.

"Farò il possibile, a più tardi" disse per poi uscire.

Rose guardò ancora una volta la cartellina dei documenti che aveva lasciato sul divanetto accanto a sua madre, vide Pete sedersi accanto a lei e rassicurarla accarezzandole la mano e sorridendole. Aveva sognato questo per tutta una vita, ma adesso non le bastava più, adesso non si sentiva affatto felice.

"Vado a mangiare qualcosa" disse prendendo i documenti della sua nuova identità e uscì via.

 

Fine

Capitolo II

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Capitolo 4
*** To go in new life ***


Note dell’autore: Eccovi il terzo e conclusivo capitolo di questa storia, naturalmente questo è solo l’inizio, consideratelo solo un grande prologo, dalla prossima storia si fa sul serio, Rose entrerà davvero in azione.

Spero che vi piaccia e che continuate a seguirmi, anche se in questa serie il Dottore sarà solo nominato. Aspetto le vostre recensioni e i vostri giudizi.

 

Beta: Paolettazza

 

Capitolo III

To go in new life

 

Arrivarono alla Vitex nel pomeriggio, a bordo di una limousine nera, il palazzo non era molto grande c’erano in tutto quattro piani, tutto in vetri, sulla porta d’ingresso una grande scritta “Vitex” dagli stessi colori dell’etichetta sulle varie bibite. Rose seguì Pete e la madre fuori dell’abitacolo, davanti all’ingresso, nel suo completo, c’era Ianto con accanto Mickey, sorrise cordialmente e salutò prima Pete poi Jackie e lei.

“Sono arrivati?” chiese Pete in tono apprensivo mentre si accomodavano nell’atrio del palazzo.

 “Stavamo aspettavo voi” rispose Ianto, Rose si guardava attorno, la Hall era accogliente, colori caldi come l’arancio sulle pareti e il rosso scuro sui divanetti e le poltrone alla loro destra accoglievano i visitatori, al centro in fondo c’era un lungo bancone di legno chiaro dietro il quale sedeva una giovane donna, poco più grande di Rose, lavorava al computer mentre parlava all’auricolare.

Ianto li condusse in un corridoio a sinistra, dove una serie di porte si susseguivano una dopo l’altra ed in fondo c’era una porta trasparente che si apriva sulle scale antincendio.

“Credevo che avessi una fabbrica” disse Jackie guardandosi attorno.

“Infatti, questo è solo il centro amministrativo, la fabbrica vera e propria si trova a qualche chilometro a sud di qui” spiegò Pete con calma.

"Po … potremmo andarla a vedere se ti va” disse un po’ indeciso.

Ianto si fermò davanti ad una porta bianca senza alcuna scritta, sulla parete a destra un lettore per le tessere; Ianto fece scorrere la sua fin quando la luce verde si accese e la porta si aprì con uno scatto, si ritrovarono in una stanzetta con due divanetti uno di fronte all’altro, e un tavolinetto al centro.

“Che cosa dovremmo fare?” chiese Jackie guardandosi attorno.

“Oh, entreremo da quella porta” disse indicando alle sue spalle, “Voi vi accomoderete dietro il tavolo ed io parlerò con i giornalisti” spiegò il ragazzo, Rose iniziò a sentirsi davvero in forte disagio in mezzo a tutta quella situazione, non le piaceva, voleva tornarsene alla villa.

“Tutto bene?” chiese sottovoce Mickey accanto a lei, Rose deglutì e fece di si con la testa cercando di calmarsi. Seguirono ancora una volta Ianto nella stanza accanto, Rose si fermò un attimo e cercò di respirare con calma, si accorse di stare tremando leggermente, strinse le mani a pugni come per calmare il leggero tremore, per poi seguire gli altri, Mickey la stava aspettando, mentre sua madre e Pete si erano accomodati dietro  un tavolo bianco con delle caraffe di acqua. La stanza era molto più grande con delle vetrate che davano sul giardino, il tavolo era rialzato su una piccola pedana di velluto rosso come le sedie sulle quali erano seduti una decina di giornalisti davanti a loro.

Ianto rimase alzato, mentre lei si metteva tra Jackie e Pete, i giornalisti li osservavano e i fotografi si scatenarono con le loro macchinette, tutti interessati a loro, si sentiva a disagio, come un animale in trappola, trovava tutta quella situazione assurda, cosa poteva importargli della loro vita privata, perché dovevano dare spiegazioni?

Ianto sembrava a suo agio mentre parlava tranquillamente, proprio come Pete e Mickey, Jackie si vedeva che sta sforzando un sorriso per nascondere la tensione e lei, beh lei era sempre più un pesce fuor d'acqua, avrebbe dato tutto pure di tornare a essere la semplice Rose Tyler che abitava al Powell Estate con sua madre. Sentiva il tremore aumentare a ondate e un’orrenda sensazione di soffocamento si faceva strada in lei lentamente, sentiva la voce di Ianto soffocata e irreale.

"Che cosa si prova a diventare l'erede principale di una delle aziende più produttive dell'Inghilterra?" chiese un giovane giornalista verso di lei, Rose si sentì in forte disagio, guardò Ianto e poi Pete.

"Niente domande alla famiglia, grazie" disse Ianto, ma non sembrava essere ascoltato.

"I nostri lettori saranno davvero incuriositi da lei" continuò il giovane, Rose si guardò in giro, tutti quei giornalisti aspettavano una sua risposta, questo la metteva in crisi. Era strano, aveva sempre avuto la risposta pronta per tutti, non importava chi erano, ma in quel momento sentì la bocca impastata, sudava freddo, le mancava fiato e il cuore sembro aumentare vorticosamente il battito, non sapeva che fare, come reagire a tutto quello quindi seguì il suo istinto, si alzò e corse via, uscì dalla sala da una delle due porte a due ante, salì le scale antincendio cercando di calmarsi senza successo, corse per diversi piani, fino a quando non arrivò sul tetto, e fu una liberazione, l’aria fresca contro il viso sembrò ristorarla, prese un respiro profondo riprendendo il controllo del suo intero corpo, si lasciò scivolare contro il muro fino ad arrivare a terra, il cuore sembrava rallentare lentamente, e il suo respiro ristabilirsi, il tremore stava lentamente andando via.

Già immaginava i titoli dei giornali il giorno dopo, giovane ereditiera scappa dalla conferenza stampa. Sentì la porta aprirsi e Pete fare capolinea.

"Tutto bene?" chiese preoccupato sedendosi accanto a lei.

"Adesso sì, grazie" rispose lei sorprendendosi nel sentire la sua voce un po’ tremante.

"Mi dispiace, so che era importante, non capisco cosa mi sia preso" si scusò sentendosi tremendamente in colpa.

"Tranquilla, hai avuto solo un attacco di panico, può capitare a tutti" spiegò Pete.

"Non mi era mai successo" disse ancora appoggiando la testa al muro, sentendo ancora le mani tremanti.

"Un attacco di panico, dio è così assurdo" continuò incredula.

"Io ho affrontato di tutto in questi ultimi anni, Dalek, Cybermen, Sicorax, ho visto la fine del mondo nel futuro, sono stata intrappolata in una televisione negli anni 50 e sono stata insignita del titolo di Dame dalla Regina Vittoria in persona dopo averle salvato la vita da un lupo, ed ero ho avuto un attacco di panico perché un giornalista mi ha fatto una domanda diretta, non ha alcun senso" disse senza fermarsi con tono ironico, Pete sorrise.

"Beh prima di oggi non avevi perso una persona così importante" spiegò l'uomo.

"E’ successo anche a te?" chiese lei guardandolo, l'uomo abbassò lo sguardo

"Alla prima uscita pubblica dopo la morte della mia Jackie" disse con tristezza.

"Quando hai smesso di avere questi attacchi?" chiese la ragazza cambiando argomento.

"Non ho mai smesso" disse sinceramente.

"Bugiardo" lo accusò sorridendo.

"Ti ho visto in mezzo alle persone, sei così calmo e tranquillo, ti viene quasi naturale" disse Rose.

"E' solo una facciata, devo esserlo, la mia posizione lo richiede, non ho mai avuto il coraggio di seguire l'istinto di scappare, come hai fatto tu oggi" le spiegò sorridendo.

"Devi Imparare solo a conviverci e poi andrà meglio" continuò in tono rassicurante.

"A volta credo che invece sarà una cosa impossibile" disse la ragazza sinceramente.

“Dipende solo da te, Rose, da come affronterai la cosa, io e gli altri ti saremo sempre vicino” continuò.

“Io non so cosa voglio, questa non è la vita che volevo, avrei continuato a viaggiare con lui per il resto dei miei giorni”.

“E tutta questa situazione mi terrorizza, perché non sono niente senza di lui, non mi sento in grado di affrontare nulla” continuò la ragazza tremante.

“Non essere ridicola, sei Rose Tyler, sei la ragazza coraggiosa che è a discapito di tutto, è entrata con me nella fabbrica dei Cybermen” la incoraggiò l’uomo.

“Sarà” disse non molto convinta.

 “Su avanti, torniamo da tua madre, o saremo entrambi nei guai” disse alzandosi e porgendole una mano.

“Allora vieni?” chiese sorridendole, la ragazza accettò l’invito di Pete e si alzò.

“Grazie Pete” disse con gentilezza abbozzando un piccolo sorriso.

“Grazie, per prenderti cura di lei, di entrambe” continuò sinceramente colpita dall’atteggiamento dell’uomo che aveva di fronte.

“E’ un vero onore avere questa secondo possibilità con voi” disse lui con la sua solita calma e il suo sorriso incoraggiante, le circondò le spalle con un braccio e insieme andarono alla porta che portava all’interno dell’edificio.

“Sai penso che dovresti invitare mamma ad un primo appuntamento romantico” suggerì la biondina, Pete scosse la testa sorridendo a quella prospettiva. Sarebbe andato bene, doveva solo impegnarsi un po’, accettare l’aiuto di chi aveva attorno, e un giorno sarebbe andata avanti per la sua strada.

Questo era il primo passo verso una nuova vita, una vita senza il suo amato Dottore, le faceva paura certo, ma era certa che poteva rialzarsi, glielo doveva, per tutte le volte in cui le aveva salvato la vita e aveva creduto in lei.

 

Fine

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