Non capisci proprio niente

di Daphne_Descends
(/viewuser.php?uid=23226)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non capisci proprio niente ***
Capitolo 2: *** Conclusione ***



Capitolo 1
*** Non capisci proprio niente ***


Titolo: Non capisci proprio niente
Cliché: #41. Dei ripostigli e degli anfratti (Casual cliché)
Fandom: Originali
Rating: G
 
 
 
 
 
Marta Lombardi sarebbe vissuta ancora per poco, di questo Giulia ne era sicura.
Non importava che Marta Lombardi fosse la sua migliore amica, che fosse gentile e sempre pronta ad aiutare il prossimo e nemmeno che l’omicidio fosse un reato che l’avrebbe portata all’ergastolo, perché Giulia era sempre più convinta che l’avrebbe uccisa, non appena fosse riuscita a mettere piede fuori da lì.
L’avrebbe uccisa ridendo e non sarebbe nemmeno andata al suo funerale. Perché Marta Lombardi in realtà era una stronza. Una stronza che non sapeva farsi gli affari suoi.
E per colpa sua si trovava chiusa in quel lurido sgabuzzino del secondo piano, dove il bidello teneva le scope in più e le scorte di detersivo.
Ed era proprio un cartone di fusti di disinfettante per pavimenti quello su cui era seduta, mentre cercava di ignorare le imprecazioni di Tommaso Crestaldi, impegnato a bussare con violenza sulla porta di legno, un metro più in là. Considerato lo stato in cui quella porta si trovava, era stupita del fatto che non fosse ancora crollata in pezzi.
Ma di certo Marta, la dolce e tenera Marta, non l’avrebbe mai rinchiusa in uno sgabuzzino dalla porta mezza rotta insieme a Crestaldi. Anzi, se fosse stata una vera amica, non l’avrebbe mai rinchiusa in uno sgabuzzino, punto. E soprattutto non insieme a Crestaldi.
Perché Giulia odiava Crestaldi e Crestaldi odiava Giulia. L’unico motivo per cui si sopportavano era perché la sua migliore amica usciva con il suo migliore amico. E Marta e Lorenzo si erano dimostrati pronti a tutto pur di farli andare d’accordo, anche a chiuderli a chiave in uno sgabuzzino.
«Quando esco lo uccido, quel coglione!» berciò Crestaldi, dando un pugno più forte alla porta.
Giulia distolse lo sguardo dalla luce fioca della lampadina appesa in mezzo al soffitto, per posarlo con una smorfia su di lui «E’ inutile che ti agiti tanto, Crestaldi. Tanto non passa mai nessuno qua davanti».
Lui le lanciò un’occhiata contrariata, ma si sedette su un secchio, che aveva rovesciato qualche minuto prima per la rabbia. «Vuoi stare qui dentro all’infinito?» l’accusò sarcastico, incrociando le braccia al petto e facendo inavvertitamente toccare le loro ginocchia, cosa che spinse Giulia a soffiare come un gatto irritato.
«Vuoi stare fermo? Se non l’hai ancora notato, questo posto è già piccolo e se ti agiti qua e là sembra ancora più piccolo!»
«Difficile, dato che più piccolo di così non potrebbe mai essere!»
Giulia gli avrebbe volentieri spaccato uno spazzolone sulla testa, ma si trattenne, perché poi si sarebbe trovata a condividere lo sgabuzzino con un cadavere. Ma ciò non toglieva che odiasse Crestaldi, da morire.
«Come sei finita qui dentro?»
Il tono incuriosito la obbligò a voltarsi e prestargli attenzione e, dato che per una volta aveva un’espressione neutra e non infastidita, decise di rispondergli.
«Come ci sei finito tu».
«Con la forza?»
«No, con l’inganno».
Vai a fidarti degli amici.
Certo, da parte sua era stata ingenua a lasciarsi convincere ad accompagnare Marta a prendere lo straccio per pulire il succo che, distrattamente, aveva fatto rovesciare. Ma chi mai sarebbe andato a pensare che Marta, la dolce e tenera Marta, l’avrebbe spinta con forza dentro lo sgabuzzino e avrebbe chiuso la porta a chiave? Giulia no di certo. Per quello, troppo stupita per fare qualcosa, non era riuscita a sfruttare il lasso di tempo in cui la porta si era riaperta e Tommaso Crestaldi era stato buttato dentro, piombandole addosso e facendola inciampare su una scopa, per poi cominciare a battere i pugni sulla porta, senza nemmeno chiederle scusa.
Ed ora si trovavano in quell’assurda situazione, uscita direttamente da uno stupido filmetto sentimentale di quarta categoria. Avrebbe voluto urlare e, quando si rese conto che nessuno glielo impediva, lo fece.
«Ma sei scema?!» strillò Crestaldi, tappandosi le orecchie con le mani.
«Avevo bisogno di sfogarmi».
«Sfondando i timpani alla gente come una gallina impazzita?»
Giulia lo fulminò con lo sguardo, ma non disse niente, preferendo evitare di cominciare l’ennesima discussione che non li avrebbe portati a niente, se non mandarsi al diavolo a vicenda.
La campanella dell’intervallo era suonata da almeno dieci minuti e Giulia si chiese cosa avrebbe detto la prof della sua improvvisa assenza. Forse si sarebbe decisa a mandare qualcuno a cercarla e sarebbe riuscita ad uscire da lì.
Però, d’altro canto, cosa avrebbero detto trovandola chiusa in un piccolo sgabuzzino semibuio con Tommaso Crestaldi? Non voleva nemmeno pensare a quell’eventualità. Primo, perché non voleva essere considerata l’ennesima conquista di quel maiale senza cervello; secondo, perché avrebbe preferito baciare uno straccio sporco piuttosto che Tommaso Crestaldi.
«Non ti sopporto» disse di punto in bianco.
«E perché mai?» ribatté lui bruscamente, con la voce venata di ironia.
«Credi di essere migliore degli altri».
«Da che pulpito…».
«Almeno io non me ne vanto».
Crestaldi aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse senza dire niente e si limitò a lanciarle un occhiata di compatimento, prima di voltarsi di nuovo a fissare la parete.
Contenta di averlo zittito, Giulia diede un’occhiata all’orologio da polso: erano le undici e mezza e lei era nella merda fino al collo. La prof di matematica le avrebbe dato così tanti compiti che non sarebbe riuscita a finirli nemmeno il mese prossimo. Ed era tutta colpa di Marta.
Con la coda dell’occhio, vide un bagliore soffuso e si voltò verso Crestaldi che stava controllando il cellulare.
«Hai il cellulare?» strillò Giulia con la bocca spalancata. Quel cretino aveva il cellulare e non aveva pensato per un istante ad usarlo per chiedere aiuto a qualcuno di più intelligente di Marta e Lorenzo.
Lui inarcò un sopracciglio «Certo che ho il cellulare».
«E perché non hai chiesto a nessuno di tirarci fuori da qui?» berciò lei, balzando in piedi e allungandosi per prenderglielo di mano. Crestaldi la imitò e alzò il braccio tenendolo fuori dalla sua portata, per quanto il soffitto basso glielo permettesse.
«Dammelo, idiota!»
«Col cazzo, gallina isterica!»
Giulia fremette di irritazione e gli tirò un calcio nello stinco, facendogli scappare un’imprecazione. Quando lui si abbassò per massaggiarsi la gamba, lei gli strappò il cellulare di mano, sicura che la via d’uscita fosse vicina. Ma lo schermo era bloccato da una password che non sapeva e la cosa non le piaceva per niente.
«Qual è la password?» gli chiese velocemente, appoggiandosi di schiena alla porta per tenere più distanza possibile.
«Vaffanculo stronza» rispose lui con una smorfia «Se mi hai lasciato un livido giuro che ti strappo tutti i capelli. E ridammi il cellulare». Allungò un braccio e fece un passo avanti, trovandosi subito davanti a Giulia, che tentò di difendere il suo bottino con tutta la testardaggine che aveva.
«Dimmi la password».
«Dammi il cellulare».
«Mi serve».
«Non ti serve a niente se non sai la password».
Si fissarono negli occhi in silenzio, senza muoversi di un centimetro. Poi Giulia aggrottò le sopracciglia e piegò le labbra in un ghigno.
«Posso sempre scoprirla».
«Auguri» le disse irritato, cercando di riprendersi il cellulare; ma lei non mollò la presa e gli si avvicinò. Crestaldi si bloccò e gli bastò un’occhiata per capire cosa le passava per la testa «Puoi anche torturarmi, ma non te la dirò mai».
«Questo è da vedere».
Lui sbuffò divertito «E come pensi di fare, sentiamo».
Giulia non ne aveva idea, in realtà, sapeva solo che avrebbe fatto di tutto per uscire di lì. E sinceramente non capiva perché lui no.
«Perché non vuoi chiedere aiuto?» gli chiese curiosa.
Crestaldi fece un passo indietro e si passò una mano sulla nuca «Non voglio che mi trovino con te» disse con tono acido.
Giulia odiava Crestaldi, era un dato di fatto. Come era un dato di fatto che non volesse avere niente a che fare con lui, esattamente come lui la odiava e non voleva avere niente a che fare con lei. E su quel punto poteva capirlo, perché nemmeno lei voleva essere trovata lì con lui, ma in quella situazione preferiva essere trovata da qualche loro amico, piuttosto che dal bidello.
«Che scusa del cazzo!» esclamò irritata.
«Non rompere» ribatté lui, mettendosi a sedere su una scatola e incrociando le braccia «Non ho intenzione di dirti la password, tanto Lorenzo e Marta verranno a tirarci fuori al cambio dell’ora».
«Come fai ad esserne sicuro?»
«Lo so e basta».
Giulia si sedette su un secchio rovesciato e mezzo rotto, sperando che reggesse il suo peso, perché non aveva alcuna intenzione di avvicinarsi ancora di più a Crestaldi.
«Dimmi la password» ripeté con decisione.
Crestaldi sospirò «Scordatelo. Possiamo anche passare ore qua dentro, ma non te la dirò mai. E non riuscirai nemmeno a convincermi».
Giulia lo avrebbe volentieri strangolato con uno dei tanti stracci per i pavimenti buttati lì dentro e torturato fino alla morte, se avesse potuto, ma non aveva proprio idea di come convincerlo a fare quello che- «Aspetta!» esclamò, spalancando gli occhi e sorridendo esaltata «Lo so! So il tuo punto debole, me l’ha detto Lorenzo! Soffri il sol-».
Prima che potesse terminare la frase, Crestaldi era balzato in piedi e le si era avvicinato infuriato. Giulia lo imitò e fece un passo indietro, schiacciandosi contro la porta e cercando di trattenere le risate.
«Se ti avvicini ancora, giuro che ti faccio il solletico» lo minacciò.
Crestaldi si fermò dopo un attimo di esitazione e imprecò contro l’amico «Quel coglione non sa tenere la bocca chiusa» borbottò a bassa voce, prima di espirare irritato e allungare il braccio «Dammi quel cazzo di cellulare».
«Dimmi la password» ribatté Giulia, portando davanti a sé la mano libera, pronta ad attaccare.
Crestaldi si passò le mani tra i capelli, esasperato «Va bene, ok. Dammi il cellulare e lo sblocco».
Giulia aggrottò la fronte sospettosa «Non mi fido, chi mi dice che non te lo riprendi senza farmelo usare?»
Lui alzò gli occhi al cielo «Anche se volessi, tu riusciresti a rubarmelo di nuovo».
Ma lei non era ancora convinta «Hai una password così imbarazzante che non vuoi dirla a nessuno? Sono solo numeri, cosa ci può essere di così- no. Sei arrossito!».
«Non dire cazzate!» esclamò lui, ma la luce fioca della lampadina non riusciva a nascondere il rossore comparso sulle sue guance e, purtroppo, Giulia l’aveva visto.
Infatti allargò un sorriso da iena e fece un passo avanti, costringendolo a farne uno indietro «Non ci credo. Allora è imbarazzante sul serio. Cos’è, il nome di una ragazza?»
«Sono numeri, idiota» rispose lui con stizza, cercando di prendersi il cellulare, giusto per distrarla da quella scomoda conversazione, ma lei non ci cascò e nascose il braccio dietro la schiena, osservando divertita le sue guance farsi ancora più rosse. Non aveva mai pensato che Crestaldi fosse uno che si imbarazzava per così poco, anzi, tutto il contrario. L’aveva sempre visto circondato da ragazze che era lui stesso a rimorchiare, era sempre sicuro di sé e non si vergognava praticamente di nulla, neppure trovarsi in mutande davanti alla prof di religione nel corridoio di un albergo durante una gita. Eppure ora era lì di fronte a lei, con le guance e le orecchie in fiamme e l’aria quasi disperata.
«E’ davvero una ragazza! Oddio, ti piace così tanto da mettere il suo numero come blocco?»
«Non è il suo numero!» ormai era talmente imbarazzato che non provava neppure a negare.
E Giulia si stava divertendo come una matta «Non dirmi che è il suo compleanno o la sua data di nascita. Non ti facevo così mieloso».
«Taci!»
«Oppure sono le sue misure. Pervertito!»
«Sono solo quattro numeri, deficiente! Perché devi sempre pensare male?»
«Se non me lo dici sarà qualcosa di brutto, altrimenti perché nasconderlo?» gli chiese con finta aria innocente.
Se le occhiate avessero potuto uccidere, Giulia sarebbe già stata sotto tre metri di terra, con una bella lapide con scritto: “Qui giace un’insopportabile impicciona”. E lui ci avrebbe di sicuro sputato sopra.
«Va bene, te la dico! Basta che la smetti!»
Giulia non si premurò di nascondere il sorriso vittorioso che le spuntò sulle labbra e, tenendo il cellulare tra le mani, aspetto l’agognata risposta «Sono tutta orecchi».
Crestaldi strinse le labbra e dopo un attimo di silenzio borbottò «1906».
«Un po’ vecchia per te, non trovi?» commentò Giulia divertita, inserendo i numeri velocemente e trovandosi nella schermata del menù.
Lui non le rispose, troppo esausto per fare qualcosa che non fosse sedersi su uno scatolone e prendersi la testa fra le mani.
Giulia compose un messaggio e decise di mandarlo a Lorenzo, perché era sicura che lui si sentiva decisamente più in colpa di Marta. Una volta inviato, ridiede il cellulare a Crestaldi, che lo prese senza una parola. Lei lo osservò per un po’, mentre uno strano senso di colpa si faceva largo nel suo stomaco. Certo, odiava Crestaldi, ma si era comportata proprio male a colpirlo per ben due volte nei suoi punti deboli. Se fosse capitato a lei si sarebbe messa a piangere. Per la rabbia, ovviamente.
Così si schiarì la gola e tentò di farlo riprendere «Dai, tanto non conosco nessuno del 1906».
Lui si limitò ad alzare lo sguardo su di lei, senza dire una parola. Giulia non sopportava di essere fissata in quel modo, così continuò a dar fiato alla bocca «Non c’è niente di male se ti piace qualcuna. Non lo dico a nessuno, tranquillo».
Crestaldi sospirò e appoggiò il mento sul palmo della mano libera «Non capisci proprio niente» mormorò a bassa voce.
Giulia si accigliò e incrociò le braccia stizzita. Lei cercava di consolarlo e lui la insultava. Che si impiccasse pure, quell’idiota.
Per fortuna, dopo pochi minuti di completo silenzio, si sentì un rumore nella serratura e la porta si aprì piano, facendo intravedere il volto ansioso di Lorenzo.
Giulia non aspettò un secondo di più e spalancò la porta, facendogliela sbattere contro.
«Oh scusa, traditore che non sei altro!» disse ironica.
Lorenzo alzò le mani davanti a sé «Mi dispiace!» si scusò con foga «Marta ha insistito e-»
«E tu ovviamente non sai dirle di no! Chi porta i pantaloni nella vostra relazione?» lo interruppe irritata.
Crestaldi uscì in quel momento dallo sgabuzzino, chiudendosi la porta alle spalle, e Giulia decise che quello era il momento buono per andarsene.
«Andate a cagare tutti quanti!» esclamò, prima di voltarsi e dirigersi verso il bagno più vicino. Tanto valeva spendere lì il resto dell’ora.
«E’ così tanto arrabbiata?» sentì Lorenzo chiedere, ma non si girò per degnarlo di una risposta.
«Avrà le sue cose» commentò Crestaldi. E se non avesse voluto mettere più distanza possibile tra di loro, sarebbe tornata indietro a dirgliene quattro. Per di più era stata tutto sommato gentile con lui, dopo che l’aveva imbarazzato così vergognosamente, era stata comprensiva, e quello era il ringraziamento? Che se ne andasse al diavolo, lui e la sua stupida password. Era lui che non capiva niente, era lui ad essere un insopportabile idiota.
Come si poteva mettere 1906 per ricordarsi di una ragazza? Era forse la sua bisnonna? Che cazzata. Mettere il compleanno di una ragazza come blocco. Il compleanno di una ragazza! Il compleanno…
Giulia si fermò in mezzo al corridoio, a pochi metri dal bagno delle ragazze. Se era davvero un compleanno, allora non era millenovecentosei, ma diciannove sei. Diciannove giugno. Chi faceva gli anni il diciannove giu-
Spalancò gli occhi, mentre sentiva le guance riscaldarsi e lo stomaco stringersi in una morsa.
Non era possibile, era solo una coincidenza, nient’altro.
“Non capisci proprio niente”.
Si accovacciò a terra, coprendosi il volto in fiamme con le mani e tentando di calmare i battiti del proprio cuore.
Davvero non capiva proprio niente.
 
 
 
 
 
 
 
N/A: Forse la parte finale è un po’ affrettata rispetto all’inizio della storia, ma mi piaceva l’idea di finirla così e spero si capisca come sia questo “così”.
Non è niente di speciale, ma spero vi sia piaciuta. Se volete lasciare un commento, sappiate che non potete altro che farmi un grande piacere. Ciao!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Conclusione ***


Visto che in tanti me l'avete chiesto, ecco il seguito e finale di questa storia. Buona lettura.

 

 

 

Erano quasi due settimane che Giulia Costa evitava Tommaso Crestaldi.
Non che fosse stato difficile, considerato che avevano sempre cercato di ignorarsi il più possibile.
Fino a due settimane prima, Giulia era sicura di poter giustificare il tutto con un “io lo odio, lui mi odia”, ma da quando erano stati rinchiusi nello sgabuzzino del bidello dai loro migliori amici non ne era più così sicura. Perché la password del cellulare di Crestaldi era la data di nascita di Giulia e Giulia era sicura che fosse la sua, perché quello stesso giorno aveva controllato tutti i contatti Facebook di Crestaldi e l'unica nata il diciannove giugno era lei.
Inizialmente la cosa l'aveva imbarazzata e resa incapace di articolare una sola parola in sua presenza per almeno tre giorni. Poi il compiacimento aveva preso il sopravvento, perché quello significava che Crestaldi, lo stesso Crestaldi che aveva una ragazza diversa ogni due settimane, era cotto di lei, la stessa lei che aveva sempre detto di odiare a morte. Ma quando infine era arrivata a chiedersi “E adesso cosa faccio?” aveva deciso di non fare niente e ignorarlo, perché di certo non si sarebbe innamorata di lui solo perché aveva scoperto di piacergli. Ed era meglio fare finta di niente piuttosto che affrontare quella discussione imbarazzante. Così erano due settimane che lo ignorava.
E purtroppo Marta, la dolce e tenera Marta che aveva dato il via a tutta quella storia chiudendola nello sgabuzzino, l'aveva capito.
«Si può sapere che diavolo è successo tra te e Tommaso?». Marta normalmente non avrebbe mai detto “diavolo”, ma erano giorni che cercava di avere una risposta e anche la sua pazienza era giunta al termine.
La risposta di Giulia fu l'ennesimo «Niente», che ovviamente non riuscì a soddisfare Marta.
«Devo chiudervi di nuovo nello sgabuzzino?».
«Taci. Quell'idea del cazzo ha portato solo guai».
L'interesse di Marta si accese: forse quella volta sarebbe riuscita ad avere delle risposte «Cos'è successo? Vi siete baciati?».
«Ma sei scema?!» esclamò Giulia, senza accorgersi delle guance che avevano preso fuoco. Cosa di cui Marta invece si accorse molto bene.
«Però è successo qualcosa».
Giulia grugnì e cercò di scappare verso il bagno delle ragazze, sperando di guadagnarsi qualche secondo di pace, ma Marta la seguì.
«Dai, dimmelo. E' da due settimane che vi evitate. Più del solito, intendo».
Evitate? «Sono io che evito lui!». Era meglio dire le cose come stavano, visto che non ci teneva affatto a passare per la povera donzella abbandonata di turno.
«Ma se giusto ieri se n'è andato via non appena ti ha visto!».
«Cosa?! Non è vero!». Crestaldi non poteva ignorarla così spudoratamente. Era innamorato di lei, no? Come si permetteva di ignorarla?
«Sì, invece. Ma tu eri troppo impegnata a scappare dall'altra parte. Se aspettassi un po', forse-» si interruppe e Giulia si voltò verso di lei, ma Marta era impegnata a fissare qualcosa in lontananza con la fronte aggrottata. Poi la sua espressione si distese di colpo e lei sorrise, urlando «Lori!» e facendo voltare quasi tutto il corridoio.
In quei pochi secondi in cui Marta scattò in avanti per correre incontro al suo ragazzo, Giulia dovette prendere una decisione drastica: continuare a scappare per evitare Crestaldi – che poteva essere lì con Lorenzo, oppure no – o controllare se quello che aveva detto Marta era la verità e Crestaldi aveva davvero il coraggio di evitarla.
Prendendo un respiro profondo, optò per la seconda opzione e si incamminò verso la coppia d'oro, che si stava abbracciando come se non si vedesse da un secolo invece di sole tre ore. Ovviamente con Lorenzo c'era anche Crestaldi e i suoi occhi si posarono su di lui, proprio mentre lui voltava lo sguardo nella sua direzione. La smorfia che fece e le parole che non disse mentre le dava le spalle e si allontanava bastarono per dare ragione a Marta: Crestaldi la stava proprio evitando.
Giulia si accigliò. Eh no, così non andava bene. Come si permetteva di ignorarla in quel modo? Era lei che poteva farlo, non lui.
Così i suoi piedi si mossero da soli dietro a Crestaldi e la sua mano lo afferrò per una manica prima che potesse entrare nel bagno dei maschi. L'espressione raggelata che le mostrò valeva tutto il disturbo di averlo seguito. Ma durò poco e lui riassunse il solito atteggiamento arrogante che aveva quando parlava con lei.
«Cosa vuoi?».
«Mi stai evitando?!».
Il tono offeso di Giulia gli fece inarcare le sopracciglia. «Sei tu quella che mi evita», disse mentre scrollava il braccio per farle lasciare la presa e si spostava dalla porta.
«Ma se sei tu ad essere scappato!».
«Non sono scappato, dovevo andare in bagno. E se mi lasci forse ci riesco».
«Te ne sei andato non appena mi hai visto!».
«Forse perché la tua faccia mi fa cagare».
Giulia quasi esplose dalla rabbia e cercò di tirargli un calcio nello stinco, ma Crestaldi riuscì a scansarsi in tempo e lei sbatté il piede contro il muro. «Come ti permetti, maleducato!» sibilò tra i denti digrignati, mentre cercava inutilmente di massaggiarsi il piede.
«Senti, lasciami stare, ok? Non ho voglia di discutere con te» rispose lui annoiato, cercando di entrare in bagno per scampare a quella gallina isterica.
«Invece discutiamo!» esclamò la gallina isterica, trattenendolo di nuovo con forza. «Non mi sta bene che mi eviti. Posso farlo solo io!»
Crestaldi la fissò come se fosse una povera pazza «Ti senti quando parli? Dici più cazzate tu di tutta la gente che conosco messa insieme!»
«La smetti di insultarmi?». Giulia davvero non capiva tutto quell'astio nei suoi confronti. Crestaldi era innamorato di lei, ne era certa, altrimenti perché mai avrebbe avuto la sua data di nascita come password? Non poteva essersi sbagliata. A meno che non ci fosse un'altra ragazza che faceva gli anni il diciannove giugno, ma non aveva un profilo Facebook. Però nello sgabuzzino Crestaldi era arrossito e l'aveva fissata fastidiosamente e aveva detto che non capiva niente. Era ovvio a che cosa si riferisse, non poteva essersi sbagliata. Non poteva assolutamente essersi sbagliata.
Giulia si morse un labbro e, ignorando il calore che iniziava a sentire salire lungo il collo fino alle guance, puntò lo sguardo in quello di Crestaldi e gli fece la domanda che si era ripromessa di non fargli mai.
«Era la mia data di nascita?»
Nello stesso momento in cui le parole le uscirono di bocca avrebbe voluto riprendersele, anche a costo di ficcarsele giù per la gola. E nello stesso momento in cui gli occhi di Crestaldi si spalancarono leggermente e le sue guance si tinsero appena di un rosso leggero, avrebbe voluto scavarsi una fossa e seppellirsi nelle profondità della terra. E nello stesso momento in cui lui aprì la bocca per darle una risposta che non era pronta ad ascoltare, Giulia si decise a bloccare tutto quanto.
«No, niente, lascia stare» disse tutto d'un fiato, con voce leggermente acuta, prima di girarsi di scatto, camminare velocemente verso Marta e Lorenzo, afferrare l'amica per un braccio e trascinarla via con sé. Dopo quell'episodio avrebbe evitato Tommaso Crestaldi per il resto della sua vita e oltre.

Ma Marta non era d'accordo e, non appena le lezioni finirono, cominciò a tempestarla di domande, senza darle nemmeno il tempo di iniziare a mettere nello zaino le cose sparse sul banco.
«Allora? Cos'è successo nello sgabuzzino?».
«Basta! Non te lo dico, punto. Smettila di chiedermelo».
«Senti, qualcosa è successo. Per di più qualcosa che vi ha fatto decidere di ignorarvi peggio di prima e considerato che tu sei la mia migliore amica e Tommaso è il migliore amico di Lorenzo e io e Lorenzo non abbiamo alcuna intenzione di lasciarci voi due non potete continuare ad evitarvi!» esclamò Marta tutto d'un fiato, facendo mancare l'aria persino a Giulia.
Lei non era d'accordo, ma quello che stava dicendo Marta era giusto: quella situazione iniziava a diventare pesante e Giulia non sapeva cosa più cosa pensare, così decise di rivelarle tutto. Forse avrebbe potuto ricevere un consiglio intelligente.
«Ok» fece un bel sospiro e posò lo sguardo su Marta «Sai se Crestaldi conosce qualcuno nato il diciannove giugno, oltre a me?»
Marta alzò un sopracciglio e ci pensò su un attimo, prima di rispondere «No, non credo. L'anno scorso si lamentava che la notifica del tuo compleanno era l'unica di quel giorno e che era costretto a vedere il tuo nome su tutta la Home. Perché?».
Giulia fece una smorfia e cominciò a mettere le sue cose nello zaino, per guadagnare tempo. Ma Marta le diede una leggera gomitata impaziente «Perché? Dimmelo, dimmelo, dimmelo, dimmelo, dimm-».
«Credo di piacergli!».
Non voleva rivelarlo così, ma quella demente di Marta la stava proprio esasperando.
«Lo sapevo! Lo sapevo che gli piacevi!».
«Cosa?!».
«Ma sì, è talmente ovvio! Non so come hai fatto a non accorgertene prima. Ha persino messo la tua data di nascita come- no! Te ne sei accorta così? Sei proprio una stordita!».
Giulia avrebbe voluto scavare una bella buca profonda, sotterrarsi e non uscirne mai più. Se anche Marta aveva pensato che fosse la sua data di nascita allora doveva essere vero e quindi aveva avuto ragione quando credeva che Crestaldi fosse innamorato di lei.
Si accasciò sulla sedia con un gemito «Cosa faccio?».
«Beh, potresti andare da lui e baciarlo, tanto per cominciare» le rispose Marta, finendo di chiuderle lo zaino «poi gli dici che anche lui ti piace, vi sposate e fate tanti bambini».
«Sei deficiente?» sibilò Giulia, alzandosi di colpo e afferrando lo zaino «Non ci penso proprio, neanche mi piace!».
Marta la seguì fuori dalla classe e verso l'uscita, con aria esasperata «Se davvero non ti piacesse nemmeno un po', gliel'avresti già rinfacciato, o peggio».
«Per chi mi hai preso? Non sono così insensibile. E poi mi faceva pena, è arrossito e non riusciva nemmeno ad insultarmi. Perché poi mi insulta se gli piaccio? Non dovrebbe cercare di farsi piacere?».
«Sei sempre tu la prima ad insultarlo, cosa deve fare quel povero ragazzo? Non è il tuo zerbino. Ammetti che ti piace almeno un pochino e risolvi questa stupida situazione».
Giulia arricciò le labbra in disaccordo. Forse odiava Crestaldi un po' meno di prima, ma quello non significava che si fosse improvvisamente innamorata di lui. E forse era vero che lei era sempre la prima a trattarlo male, anche quando lui non diceva niente, ma le veniva naturale e non sapeva proprio come fermarsi. Lei e Crestaldi erano troppo diversi per poter andare d'accordo: già non erano amici, figurarsi diventare qualcosa di più. E poi Giulia era sicura che Crestaldi non volesse nemmeno avere una relazione con lei, perché sapeva perfettamente che Giulia non era una ragazza da una sera e via e l'unico ragazzo che aveva avuto era durato quasi due anni e dopo lei aveva pianto per almeno due mesi. Quindi no, non erano per niente compatibili, perché Crestaldi invece amava cambiare ragazza ogni volta che voleva e provarci con chiunque indipendentemente dal fatto che in quel momento fosse già impegnato o meno. E non aveva mai smesso nemmeno se era innamorato di lei.
«Perché dovrei mai stare con un tipo del genere?» esclamò Giulia, puntando il dito contro Crestaldi che stava facendo il marpione con un paio di ragazze dall'altra parte della strada «Sono io che gli piaccio, no? Perché allora ci prova con tutte quelle che incontra? Dovrebbe provarci solo con me!»
Marta mascherò una risata con un colpo di tosse, ma per fortuna Giulia era troppo occupata a fulminare Tommaso per accorgersene. Certo che se le dava così fastidio vederlo con delle altre ragazze, doveva davvero farsi qualche domanda. In quanto fantastica migliore amica, Marta decise di prendere in mano la situazione e di dare a quella stordita di Giulia un bello spintone.
«Qual è il problema, scusa? Tanto hai detto che non ti piace, no? Se si trova un'altra cotta, almeno ti lascia in pace».
Giulia strinse le labbra e le lanciò un'occhiataccia «Cosa vuol dire, scusa? E' innamorato di me. Di me! Non di qualcun'altro. Dovrebbe venire da me, invece di fare l'idiota con le altre. Che razza di comportamento è?»
«Ma tu hai detto che non ti interessa» Marta si stava divertendo da morire, perché una Giulia arrabbiata era ancora più assurda di una Giulia normale. E quella Giulia era davvero la più assurda che avesse mai visto.
«Infatti non mi interessa» sibilò irritata, stringendo con forza una spallina dello zaino, senza nemmeno accorgersi dei segni che le lasciava sulle mani. I suoi occhi sembravano lanciare fulmini e le sue guance erano rosse – di rabbia o imbarazzo, non si capiva – e quando aprì di nuovo bocca Marta si trattenne dal darsi una pacca compiaciuta sulla spalla «ma lui è mio!».
Con quelle parole Giulia marciò verso l'altro lato della strada e verso Crestaldi. Non pensava a niente di definito in quel momento, il suo cervello sembrava essersi spento e tutto sembrava surreale, come se non fosse nemmeno lei a muovere il suo corpo.
Crestaldi incrociò il suo sguardo prima ancora che lei li raggiungesse e di colpo Giulia piombò nel vuoto: non sapeva cosa fare, non sapeva cosa dire, non sapeva nemmeno perché era lì, vicino a quelle due sceme che la fissavano come se fosse una povera pazza. Perché diavolo Marta non l'aveva fermata per evitarle l'ennesima figuraccia che avrebbe fatto di lì a pochi secondi?
No, Giulia doveva pensare in positivo. Crestaldi era innamorato di lei. Quell'idiota di Crestaldi di cui sapeva un sacco di cose – anche troppe – e che si era imbarazzato davanti a lei – anche quando lui non si imbarazzava quasi mai – e che la fissava con uno sguardo indecifrabile – anche se era lei quella che avrebbe dovuto essere tranquilla – era innamorato di lei e lei era quella che stava per scoppiare di nervosismo.
Ma poi la sua mascella tremò appena e il pomo d'Adamo andò su e giù e Giulia improvvisamente si calmò. A parte i battiti del suo cuore, che invece avevano optato per un movimento sconclusionato e troppo veloce per i suoi gusti, tanto che non riusciva nemmeno a sentirsi pensare.
Così non pensò affatto e con un groppo in gola tirò fuori il cellulare e glielo mise sotto il naso.
«Io metto la tua data di nascita, ma devi darmi un po' di tempo» mormorò a bassa voce, abbassando la testa per nascondere le guance in fiamme.
Non sentì nessuna risposta e quello non era affatto un buon segno. E se avesse davvero si fosse sbagliata? Più imbarazzata che mai, sollevò appena lo sguardo, sicura di vedere l'espressione soddisfatta di lui che per una volta l'aveva fregata alla grande, ma invece si ritrovò davanti un'espressione sconvolta che non aveva mai visto prima e, quando i loro sguardi si incrociarono, le guance di Tommaso divennero visibilmente più rosse.
Lui aprì e chiuse la bocca un paio di volte, senza trovare la voce per dire qualcosa e per un istante Giulia credette di aver completamente frainteso tutta quella situazione. Almeno finché lui non esalò un «O-ok», che sciolse immediatamente il groppo che le si era formato in gola e nello stomaco e nelle viscere e praticamente ovunque.
Lei sorrise, lui abbassò lo sguardo e si passò una mano sulla nuca. Le due ragazze si erano allontanate e la gente continuava a fare quello che stava facendo senza curarsi di loro due. Marta e Lorenzo erano gli unici che stavano guardando, quasi in religioso silenzio, se non fosse stato per i sussurri e i gridolini di Marta.
«Dici sul serio?» chiese finalmente Tommaso, dopo aver ripreso il controllo.
Quella volta fu Giulia a distogliere lo sguardo e a non trovare le parole. Così annuì soltanto.
Tommaso rilasciò il respiro e la sua postura si rilassò «Quanto tempo?».
Giulia tornò a fissarlo e aggrottò la fronte «Come faccio a saperlo?».
«Pensavo avessi almeno un'idea» ribatté Tommaso chiaramente esasperato «Sei stata tu a dirmelo!».
«Non lo so! Un po' e basta».
«“Un po'” una settimana o “un po'” un mese? C'è una bella differenza!».
Giulia avrebbe voluto strangolarlo. Davvero. Gli stava dando quello che voleva, più o meno, e aveva anche il coraggio di farle tutte quelle domande. Poteva semplicemente accettare il fatto che forse era disposta a non odiarlo più così tanto. E poteva evitare di trattarla sempre così male. «Dipende quanto tempo ci metti a farmi innamorare di te» ribatté piccata «E di questo passo ci vorrà un'eternità!».
«Se tu fossi una persona normale, saresti già innamorata di me».
«Certo, come no. Sei il solito arrogante!».
«Io? E tu, allora? Hai visto la tua data di nascita e hai subito pensato che fossi innamorato di te».
«Perché, non è vero?».
«Sì che è vero, ma cosa c'entra? Avrebbe potuto significare qualsiasi altra cosa!».
«Ma se ti sei subito imbarazzato quando l'ho scoperto! E non hai nemmeno negato! E mi hai anche detto che non capivo niente!».
«Perché davvero non capisci niente! Per farti capire che mi piaci te lo devo scrivere?».
«Non mi hai mai scritto niente! Neanche gli auguri al mio compleanno! Non credevo nemmeno che sapessi che giorno è!».
«Perché tu invece mi hai sempre fatto gli auguri, vero? Non sai nemmeno quand'è il mio!».
«Sì che lo so! E' il venticinque gennaio!».
Entrambi arrossirono e si tapparono immediatamente la bocca. Ecco, quello Giulia avrebbe preferito non farselo scappare, perché non voleva si facesse strane idee. Non era come se ogni venticinque gennaio controllasse morbosamente la sua bacheca, indecisa se fargli o meno gli auguri. No, per niente.
«Beh, quando sai quant'è questo “un po'” fammelo sapere» si decise a dire Tommaso, facendo per andarsene.
Ma Giulia lo bloccò per un braccio «Te ne vai già? Non mi baci neanche?» gli chiese offesa. Baciava sempre tutte, anche un minuto dopo essersi messi insieme, perché lei no, allora? Non che fossero insieme o si fossero proprio dichiarati o altro di simile, ma Giulia era sicura che almeno un bacio gliel'avrebbe dato. Dopotutto era innamorato di lei.
«Cosa?» esclamò invece lui, completamente preso alla sprovvista «Ma se mi hai detto tu di darti un po' di tempo!»
«Beh, ma che c'entra! E' solo un bacio, per quello che ho fatto dovresti almeno dar-»
Non riuscì a completare la frase perché le labbra di Tommaso si erano posate con forza sulle sue e la sua bocca e la sua lingua furono improvvisamente occupate a fare altro.
In quel momento Giulia capì perché tante ragazze si lasciavano baciare da Tommaso e, mentre gli passava le braccia intorno al collo e si stringeva di più a lui, decise che quella era una cosa che non avrebbe avuto problemi a sopportare anche durante quel “un po'” di tempo.
Che poi, quel “un po'” di tempo era davvero necessario?
Sentendola ricambiare con forza il bacio, Tommaso era sicuro di riuscire a farla crollare ancora prima che quel “un po'” di tempo cominciasse.

 

 

 


N/A: In tanti me l'avevate chiesto ed io per prima volevo scriverlo, quindi dopo tanto tempo ecco qui il seguito. In realtà la storia è stata concepita come oneshot e perciò è completa anche con solo il primo capitolo, ma forse qualcosa effettivamente mancava.
Non so se è come ve lo aspettavate o se abbia tradito le vostre aspettative, ma mi è venuto così e sono abbastanza soddisfatta.
Se manca della punteggiatura, soprattutto nei pensieri liberi di Giulia, sappiate che è voluto, per rendere la stessa confusione che ha lei in testa.
Per quanto riguarda la storia in sé non ho molto altro da dire: Giulia non è proprio innamorata di Tommaso, diciamo che è più una leggera infatuazione, nascosta sotto tutto quell'odio; Tommaso invece è proprio cotto di lei, ma come avete potuto leggere questo non cambia affatto il loro rapporto perché comunque continueranno a litigare lo stesso.
Spero vi sia piaciuta e che vogliate farmi sapere cosa ne pensate. Inoltre vorrei ringraziare tutti quelli che hanno letto lo scorso capitolo, che l'hanno recensito e che hanno inserito la storia in una delle liste. Mi ha fatto davvero molto piacere.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2664063