Menzogne e sangue sporco

di Mariam Kasinaga
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il terzogenito ucciderà il re ***
Capitolo 2: *** Il primogenito perderà la corona ***
Capitolo 3: *** L'assassino cadrà in ginocchio ***
Capitolo 4: *** Il tradimento verrà svelato ***



Capitolo 1
*** Il terzogenito ucciderà il re ***


MENZOGNE E SANGUE SPORCO


Capitolo 1: Il terzogenito ucciderà il re

Darui si appiattì nell’ombra del corridoio, quando sentì i passi frettolosi di alcuni soldati camminare nella sua direzione. Il rumore metallico delle loro armature risuonava nel silenzio, mentre le loro voci si sovrapponevano una all’altra: “Sua Maestà è morto! Dobbiamo trovare il Principe!” continuavano a ripetere.

Il ragazzo aspettò che il drappello si fu allontanato ed uscì dal proprio nascondiglio d’oscurità, senza riuscire a trattenere un sorriso: era difficile persino per il migliore dei guaritori riconoscere veleno che aveva utilizzato, lo stesso adoperato dai barbari dell’Ovest, poiché faceva presentare tutti i sintomi di una morte naturale. Non era stato difficile penetrare nella stanza del re, attendere un suo attimo di distrazione ed avvelenare il bicchiere di vino che era solito bere ogni sera.

Dagli appartamenti del defunto reggente provenivano gli strazianti pianti delle dame di compagnia e dei dignitari, svegliati e condotti a palazzo dalla Guardia Reale. Darui si calcò il cappuccio del mantello sul volto e cominciò a camminare a grandi passi verso la piccionaia: una parte di lui voleva correre ad annunciare al suo Signore che il loro piano era perfettamente riuscito, che Re Eon ora giaceva senza vita nel suo letto, mentre, in attesa che Sir Galad fosse tornato dal suo viaggio ai confini del regno, sarebbe stato il Principe terzogenito ad assumere la reggenza.

Il ragazzo si fermò, imponendosi di stare calmo: non doveva attirare l’attenzione, soprattutto ora che il castello pullulava di soldati. Sarebbe stato difficile persino per lui spiegare la propria presenza in quell’ala del castello, a quell’ora di notte. Non aveva timore che la Guardia trovasse Dwen prima di lui, sottraendogli il piacere di comunicargli ciò che era successo. Loro l’avrebbero cercato nella sua stanza, poi nella Sala del Consiglio, qualcuno avrebbe proposto persino il giardino, ma soltanto lui sapeva dove si trovava il Principe in quel momento.

Nonostante la differenza d’età era come se fossero cresciuti insieme, uno allenandosi a tirare coltelli, l’altro a studiare la politica del Regno, uno per essere un assassino, l’altro per diventare Re.

Uno al servizio dell’altro.

Darui conosceva ogni cosa del Principe, ogni più piccolo aspetto della sua personalità: l’aveva visto disperarsi alla morte della madre e della sorella, l’aveva osservato quando studiava nella biblioteca fino a notte fonda, l’aveva ascoltato lamentarsi di come suo fratello fosse soltanto capace di mulinare una spada sopra la sua testa, aveva sorriso quando si congratulava per ogni missione portata a buon fine e aveva sopportato i suoi repentini cambi d’umore. Dwen utilizzava la sua intelligenza ed il suo carisma per farsi strada tra gli intrighi di corte, mentre Darui, grazie a tutti i suoi allenamenti, poteva sopperire alla corporatura gracile e alla salute inferma del suo Signore.

Lo trovò nella piccionaia, come aveva previsto. Per un attimo, guardò quanto assomigliasse all’uomo che aveva appena ucciso: la vita esile, troppo per un uomo di trentacinque anni, i morbidi capelli biondi che scendevano fino alle spalle e, nonostante ora fossero rivolti verso la finestra, due enormi occhi verdi che parevano sempre scrutare le persone fin dentro l’anima.

Darui si schiarì la voce. “Mio Signore, vostro padre è morto. La Guardia Reale vi sta cercando per nominarvi reggente” spiegò. L’altro fece un lieve cenno d’assenso con il capo, continuando a guardare la cittadella che si diramava aldisotto del castello. “Sospettano qualcosa?” domandò, voltando leggermente il busto verso di lui. L’altro scosse la testa, avvicinandosi ulteriormente.

"No, Vostra Maestà” rispose, assaporando come quelle due ultime parole risuonassero alla flebile luce della luna.
Dwen si lasciò sfuggire un sorriso, scompigliandoli delicatamente i capelli neri.
“Sono solo un reggente. Chiama i nobili, riunisci il Consiglio e fai scrivere una lettera per richiamare mio fratello. Dopotutto, è lui l’erede al trono” concluse, congedandolo con un gesto della mano.
L’assassino aprì la bocca per aggiungere qualcosa, ma la richiuse subito dopo. “Come desiderate, mio Signore” mormorò, inchinandosi profondamente. Non appena Darui si fu allontanato, l’intero corpo del Principe venne scosso da un fremito, prima di irrompere di una risata. Fu costretto ad appoggiarsi al muro con la schiena, mentre tentava di riprendere il controllo, temendo che qualcuno lo potesse sentire.
Chiuse gli occhi e si passò una mano sul volto: il Trono della Terra dei Due Soli era ormai nelle sue mani. 

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Capitolo 2
*** Il primogenito perderà la corona ***


Capitolo 2: Il primogenito perderà la corona

Castello reale, piazza d’armi
“Ritorno dopo aver passato gli ultimi quattro mesi a combattere i barbari, orchi e tutto ciò che infestava i confini ad Ovest e mio fratello manda ad accogliermi il suo cane mezzosangue!” tuonò Sir Galad, tirando le redini del suo cavallo.
Per l’ennesima volta, Darui dovette trattenere l’impulso di conficcargli un pugnale nel cuore: in vent’anni di vita, non ricordava una singola volta in cui il primogenito della casata reale non lo avesse apostrofato con quell’odioso appellativo.
“Se non fosse per il sangue di mia madre non potrei servirvi così bene, Vostra Altezza” replicò, abbozzando un inchino.
L’uomo lo fulminò con lo sguardo e, dopo aver consegnato il cavallo allo stalliere afferrò l’assassino per un bavero.
“Ascoltami bene, stupido mezzelfo. Sappiamo molto bene tutti e due che tu non sei altro che il cagnolino di mio fratello. Se non fosse così, avrei dato il tuo corpo in pasto ai cani già da molto tempo” gli sibilò all’orecchio.
Il ragazzo si divincolò dalla presa.
“Sono tutti a piangere Re Eon, Vostra Altezza. Prima che andiate alla camera mortuaria, il Principe Dwen vorrebbe vedervi” disse, cedendogli il passo. Sir Galad impartì degli ordini ai suoi uomini, prima di incamminarsi verso il castello.
“Mio padre è morto da tre giorni e Dwen pensa solo alla politica” borbottò, attraversando la piazza d’armi a larghi passi. Darui lo seguì a ruota, giocherellando con l’elsa del pugnale che portava alla cintola.

Castello reale, Sala del Consiglio
Il ragazzo era furioso: non solo quello stupido di Galad aveva deciso di ignorare la richiesta di Dwen, ma aveva anche deciso che cane fosse un insulto migliore di mezzelfo. Darui si avvicinò alla grande porta della Sala del Consiglio e la aprì leggermente, badando a non far rumore.
Il suo Signore era sprofondato nella sua poltrona da reggente, sorreggendosi la testa con una mano: l’assassino sapeva che per lui quei tre giorni erano stati stancanti, nelle quali aveva dovuto sfruttare ogni sua abilità per poter realizzare completamente il suo piano. Aveva contatto i suoi alleati, isolato i nemici, convinto gli indecisi ad appoggiarlo e cercato di portare l’intero Consiglio dalla sua parte. Tuttavia, i suoi sforzi sarebbero stati inutili, se non fosse riuscito a convincere il Capo consigliere Ward. Probabilmente, il detto “essere testardi come un nano” era nato con lui.
Lord Ward era stato uno dei migliori amici del Re e, sfortunatamente, in più di una riunione aveva palesato il suo appoggio a Galad. Vide il Principe massaggiarsi le tempie: dopo la morte di sua sorella erano rimasti solo in due per la successione. La consuetudine aveva sempre fatto salire al trono il primogenito, ma nulla vietava ad altri eredi di poterlo reclamare.
“Se voi mi appoggiaste, vossignoria, il passaggio della corona avverrebbe senza spargimenti di sangue!” esclamò.
Seduto all’altro capo del tavolo, il nano si lisciò lentamente la barba.
“Vostro fratello non vi lascerà diventare Re” commentò.
Dwen si alzò, cominciando a misurare a larghi passi la grande stanza circolare.
“Mio fratello si adeguerà alle decisioni del Consiglio. E’ un valido guerriero, lo riconosco, ma non riuscirebbe a gestire le faccende del Regno” replicò, fermandosi accanto all’altro. Lord Ward alzò lo sguardo verso di lui.
“Vi siete stancato di essere il Primo Consigliere, non è così?” volle sapere. Darui chiuse la porta e fece per andarsene, quando questa si spalancò improvvisamente. Il Principe uscì 
furioso, il volto livido di rabbia.
“Risolvi la questione, subito” disse velenoso, non appena gli fu passato a fianco.

Chiesa dei Re, cripte
Uccidere il Consigliere con la garrota non era stato complicato. Era bastato seguirlo per qualche minuto e, non appena avevano raggiunto un corridoio completamente deserto, l’aveva attaccato alle spalle.
Si massaggiò energicamente il fianco destro: non immaginava che quel vecchio avesse ancora così tanta forza in corpo! Il suo piano non era cervellotico come uno di quelli del suo Signore, ma era sicuro che avrebbe funzionato ugualmente. Re Eon era malato da tempo e tutti sapevano che, negli ultimi anni, era il Principe a prendere le decisioni più importanti per il Regno. Nessuno avrebbe posto domande, se si fosse venuto a sapere che Lord Ward, in combutta con Sir Galad aveva deciso di uccidere il Re per affrettare i tempi della successione. Non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di fornire prove: la storia insegnava che, quando il Trono era vacante, tutti agivano con sveltezza per seguire i propri interessi.
Il suo Signore non avrebbe dovuto far altro che riferire al Consiglio di aver scoperto l’intrigo di quei due miserabili e, temendo per la sua vita, agire di conseguenza.
Darui fissava la schiena di Sir Galad, in ginocchio davanti al corpo del padre. Il cavaliere era così impegnato a pregare che non si era nemmeno accorto della sua presenza. L’assassino aveva impiegato qualche minuto per decidere con che arma uccidere l’uomo che aveva reso la sua vita all’interno del castello un inferno. Quando era un bambino, la prima volta che Galad l’aveva chiamato mezzosangue, aveva addirittura costruito un arco per ucciderlo durante una battuta di caccia. Tuttavia, in un luogo stretto ed angusto come le cripte, l’arma più adatta sarebbe stata sicuramente il pugnale.
Se lo avesse colpito al collo, l’erede al trono sarebbe morto in pochi minuti. L’assassinò compì il rito che eseguiva ogni volta che si prestava a togliere una vita, estraendo il pugnale dal fodero che portava alla cintura: chiuse gli occhi, ascoltò i battiti del proprio cuore ed armonizzò la respirazione.
Incominciò a muoversi furtivo attraverso i bancali della cripta, fermandosi ogni volta che l’altro interrompeva la sua litania.
Gli scivolò alle spalle, già assaporando il piacere che avrebbe provato una volta che il sangue caldo del cavaliere gli avesse imbrattato i vestiti ed il volto.
Alzò il braccio per caricare il colpo e, quando lo sentì pronunciare l’ultima parola della preghiera, fece penetrare con forza il pugnale nel collo fino alla carotide, per poi estrarlo velocemente. Lo spruzzo di sangue che fuoriuscì dalla ferita lo investì in pieno, costringendolo ad arretrare di qualche passo.
Sir Galad si alzò di scatto, premendosi una mano sul collo e barcollò verso di lui, appoggiandosi ai bancali. Darui simulò una riverenza.
“Avreste dovuto far più attenzione, Sir Galad. I cani mordono” concluse con amarezza, mentre il corpo dell’altro cadeva rumorosamente al suolo.

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Capitolo 3
*** L'assassino cadrà in ginocchio ***


Capitolo 3: L’assassino cadrà in ginocchio

Lo schiaffo risuonò all’interno della stanza: “Le mie intenzioni? Chi sei tu per chiedere ad un re quali sono le sue intenzioni?” domandò Dwen ad alta voce.
L’assassino incassò il colpo: “Perdonatemi, Vostra Altezza. Volevo sapere se avevate ancora bisogno di me” mormorò, inchinandosi leggermente. Di scatto, l’altro lo afferrò per i capelli, costringendolo ad alzare lo sguardo: “Io ho sempre bisogno di te” replicò, sfiorandogli con l’altra mano la guancia che aveva colpito.
Darui sapeva perfettamente cosa stavo capitando al Re: dal giorno dell’incoronazione, poche settimane prima, i sintomi della malattia del doppio si erano nuovamente ripresentati. Il suo Signore si aggirava per il castello come un’anima in pena, dispensando sorrisi e punizioni senza alcuna logica, alimentando i pettegolezzi di corte. Eppure, anni prima, i guaritori avevano sostenuto con la più assoluta certezza che fosse completamente guarito. Dwen aveva trascorso gran parte della sua vita cercando di mantenere la malattia sotto controllo, nascondendola dietro alla facciata di un uomo freddo e pacato, ma nelle ultime settimane la corazza che si era pazientemente costruito stava inesorabilmente cadendo a pezzi.
Entrambi erano immobili, uno intento ad osservare gli occhi dell’altro. Ad un tratto, il ragazzo tentò di sottrarsi a quel contatto, cercando di riprendere il controllo del proprio corpo, nonostante l’odore penetrante dell’uomo si stesse insinuando fin nel cervello.
Lo voleva. Era inutile negare l’evidenza, lo desiderava da tempo. Aveva sentito quella strana sensazione nascere in lui giorno dopo giorno, stando sempre al suo fianco.
No, non era il semplice desiderio ciò che lo tormentava la notte, era amore.
Avrebbe potuto farlo suo in ogni momento, anche solo per una notte. Non avrebbe incontrato difficoltà a prendere il suo Signore, trascinarlo nel letto e far di lui ciò che voleva, prima di essere messo a morte. Però, quando lui sarebbe stato nient’altro che un cadavere, l’unico che non l’aveva mai insultato per il suo sangue misto, sarebbe rimasto completamente solo.
“Sempre ai vostri ordini, Maestà” disse, svincolandosi dalla presa. Dwen lo stava guardando con un’espressione divertita, le labbra increspate in un sorriso, quasi avvertisse l’imbarazzo dell’altro.
“Voglio dare a questa gente un grande re. Un monarca che venga ricordato per secoli nelle ballate. Per riuscire in questo, ho bisogno del tuo aiuto” concluse, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo.
Lentamente, percorse con il dito indice lo zigomo dell’assassino, scendendo dolcemente fino al collo e alla clavicola. Darui annuì lentamente, mentre gli sembrava di aver consumato ogni grammo di ossigeno nella stanza. Ogni singola cellula del suo corpo gli ordinava di assaggiare quella bocca così invitante, quel corpo così esile che avrebbe potuto rompere in qualsiasi momento. Per un attimo, nel momento il cui il suo Signore sfiorò i lacci della casacca, fu tentato di allontanarlo ed uscire dalla stanza, cercando sollievo nell’oscurità della notte. Prese il volto dell’altro tra le mani e, per un momento che gli sembrò eterno, fissò quel volto pallido che gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano reso ancora più emaciato.
“Sono il più fedele dei vostri servi” sussurrò, appoggiando le sue labbra a quelle del Re. Gli occhi di Dwen si sgranarono dallo stupore a quel contatto così inaspettato, mentre con le mani si aggrappava convulsamente al bordo della scrivania alle sue spalle. L’assassino ebbe paura che lo schiaffeggiasse nuovamente o, peggio ancora, che chiamasse le guardie per ucciderlo seduta stante, ma quando sentì il corpo di Dwen rilassarsi, si staccò leggermente dalle sue labbra, beandosi dell’espressione del suo Signore.
“Intraprendente, per essere un servo” commentò l’altro, passandogli quasi distrattamente una mano sul petto. Darui non potè far a meno di sorridere: “Eseguirò soltanto i vostri ordini, mio Signore” gli bisbigliò all’orecchio.

Caserma del Sacro Ordine dei Draghi, arena di combattimento
Gli erano sempre piaciuti i draghi: il modo in cui si libravano nel cielo, da autentici padroni dell’aria, conferiva loro un fascino quasi regale. Seduto sugli spalti attorno all’area di addestramento, Darui osservava alcuni cavalieri intenti a pulire uno degli animali. Il drago era sdraiato al centro dell’arena, con gli occhi chiusi. Di tanto in tanto, ad un gesto particolarmente energico di uno dei due uomini, faceva schioccare la lunga coda rossa in aria, mentre all’interno della membrana traslucida della gola si poteva distinguere lo scintillio del suo fuoco.
Uno dei due cavalieri lo accarezzò dolcemente su un fianco e si avvicinò a Darui, salutandolo con la mano. “Era da molto che non venivi qui, fratello. Cominciavo a credere che ti fossi dimenticato di me!” scherzò, sedendosi affianco a lui. L’assassino fece un sorriso tirato: in realtà, soltanto metà del sangue che scorreva nelle sue vene era in comune con quello di Fenfir. Tuttavia, nonostante fossero stati cresciuti in due ambienti diversi, era stato proprio il cavaliere a rivelargli la parentela che gli univa. Come il suo Signore, anche Fenfir sembrava non dar troppo peso alla condizione da mezzosangue del ragazzo. Nelle occasioni in cui si erano incontrati, Darui si era sempre trovato a suo agio con lui.
“Il tuo nome è su una lista di congiurati” disse senza preamboli, ritornando ad osservare il drago.
L’espressione dell’altro si rabbuiò: “E tu credi sia vero?” volle sapere, guardandolo di sbieco.
Darui si lasciò sfuggire un sospiro profondo, prendendosi il volto tra le mani: “Non lo so. Non hai mai fatto mistero di non condividere l’operato del Re” rispose.
Il cavaliere annuì lentamente, passandosi un mano tra i capelli: “Quando era Consigliere, ho sempre condiviso le opinioni di Sua Altezza. Tuttavia, non puoi negare che, nell’ultimo periodo, si comporti come se non seguisse una logica. Per colpa sua tutti i villaggi della Val di Luce vertono in condizione di estrema povertà. Abbiamo perso terreni ad Ovest, gli orchi arrivano sempre più spesso al confine del Regno, le tasse aumentano per finanziare chissà quali progetti e lo scontento del popolo è in continua crescita” spiegò tutto d’un fiato.
L’assassino si alzò: “Qualcuno potrebbe scambiare le tue parole per una confessione. Dovresti prestare più attenzione a ciò che dici” lo ammonì.

“Uccidilo, dobbiamo stroncare questa ribellione sul nascere”
“Mio Signore, è mio fratello! Lui è...è l’unica persona di famiglia che mi rimane” “Non discutere i miei ordini, mai”

Anche Fenfir si alzò di scatto, prendendolo per le spalle: “So quanto sei affezionato al Re, ma non puoi non concordare con me sul fatto che agisca come un pazzo. Sei disposto a lasciar morire un Regno, eppure sei venuto a salvarmi. Darui, devi fare una scelta!” esclamò.
L’assassino scosse con forza la testa: “Io non sono venuto a salvarti” sibilò.
L’espressione del cavaliere si addolcì: “Fratello, tu sei uno dei migliori assassini del Regno. Se avessi voluto uccidermi, l’avresti già fatto. Ascolta, Dwen sta solo cercando di metterti alla prova. Appartengo al Sacro Ordine, ho giurato fedeltà alla Corona. Qualsiasi cosa accada, nonostante io possa dissentire con il Re, non potrei mai ordire una congiura contro di lui. Devi credermi, fratello!” concluse, guardandolo dritto negli occhi.
Darui rimase un attimo in silenzio, cercando di far ordine nei suoi pensieri: conosceva Fenfir, sapeva che poteva fidarsi di lui. “Parlerò io con Sua Altezza, non preoccuparti” disse.

 

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Capitolo 4
*** Il tradimento verrà svelato ***


 

Capitolo 4: Il tradimento verrà svelato

Dwen non lo degnò nemmeno di uno sguardo, troppo impegnato a scrivere con la sua minuta calligrafia su una pergamena. L'assassino rimase in piedi, immobile, davanti alla scrivania: il colloquio con Fenfir l'aveva profondamente scosso, dimostrandogli quanto fossero fragili le sue certezze. Non sapeva ancora se la fiducia in suo fratello era stata ben riposta o se, come tutti gli altri, era stato solamente usato per degli scopi.
Il suo Signore smise di scrivere, alzando leggermente lo sguardo: "In tutto questo tempo quante volte mi hai mentito?" volle sapere, scrutandolo attentamente in volto. L'assassino non diede segno di turbamento a quella domanda, complici gli intensi anni di allenamento per pensare freddamente in ogni situazione.
"Non potrei mai mentirvi, Vostra Maestà. Mi addolora sapere che possiate sospettare il contrario" replicò. L'altro cominciò a giocherellare con la penna d'oca.
"La scorsa notte hai giurato che mi saresti stato sempre fedele. Nonostante sembrassi quasi non essere in te, ho giudicato vere quelle parole" commentò. A quelle parole, Darui non poté fare a meno di arrossire leggermente: si ricordava bene a cosa stesse alludendo Dwen. Aveva pronunciato quel giuramento mentre giacevano tra le coperte sfatte, cercando di trattenere i gemiti per non allarmare le guardie. Quelle parole gli erano uscite dal cuore, interrotte soltanto dai baci che depositava sulla pelle diafana e bollente del suo Signore.
Lo sguardo dell'assassino si addolcì involontariamente: "Io non sono un uomo colto, le mie frasi possono sempre sembrare banali. Eppure, non è nient'altro che la verità, quando sostengo che darei la mia stessa vita per te" mormorò. Anche dopo la loro notte d'amore, erano state molto rare le occasioni in cui si era rivolto a Dwen in modo così intimo: non era solo amore, quello che provava nei suoi confronti, ma una vera e propria ammirazione. Fenfir, lui era stato l'unico a farla vacillare.
L'altro prese una caraffa piena di vino e, con lentezza studiata, riempì entrambi i bicchieri che si trovavano davanti a lui: "Le mie spie hanno seguito tuo fratello, dopo che vi siete incontrati all'arena di allenamento. E' partito verso la città di Kashu, dove è probabile vi sia la base dei ribelli che attentano alla mia vita. Mi sembrava di averti dato ordine di ucciderlo" aggiunse, avvicinando il bicchiere alle labbra ed annusando il dolce aroma della bevanda.
Per un attimo, a Darui sembrò che il mondo si fosse fermato: l'aveva ingannato, aveva usato il legame che li univa per avere il tempo di scappare. Lui era stato disposto a fare un'eccezione, a disubbidire agli ordini del Re, ma Fenfir gli aveva raccontato soltanto bugie. Il ragazzo strinse i pugni, mordendosi il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.
"Mi aveva giurato di essere innocente e ho creduto che i vostri informatori si fossero sbagliati. Ho fallito, mio Signore, permettetemi di rimediare. Vi porterò la sua testa" disse velenoso.
L'altro si limitò a bere un sorso di vino, facendogli cenno con l'altra mano di fare altrettanto: "Se tu avessi eseguito i miei ordini senza discutere, a quest'ora i ribelli avrebbero un capo in meno su cui fare affidamento. Tu non devi pensare, devi agire" Darui annuì, svuotando il bicchiere in pochi sorsi: "Non accadrà più. Non dovrai più preoccuparti di un mio errore" mormorò.
L'altro sorrise: "Mi piace quando lasci da parte i convenevoli. Ti rendono più sincero" commentò, avvicinandosi a lui. Gli diede un leggero bacio sulle labbra, ma non appena Darui cercò di ricambiare con uno più passionale, gli sfuggì, tornando a sedere alla scrivania.
"Ho fatto in modo che tu non ti debba più preoccupare dei tuoi errori” spiegò, continuando a sorridere sornione. Il ragazzo sentiva la rabbia martellargli nel cervello, mentre l'odio che provava per suo fratello gli offuscata la vista.
"Ricordo ancora quando eri poco più di un bambino, disprezzato da tutti per essere un mezzosangue". Le gambe gli credettero, costringendolo ad aggrapparsi al cornicione del grande camino che illuminava la stanza. "Il tuo maestro non voleva insegnarti l'arte dei veleni. E' grazie a lui che ci siamo conosciuti. Tu cercavi disperatamente qualcuno che ti svelasse quei segreti, io desideravo qualcuno a cui poter mostrare tutto ciò che sapevo sull'argomento".
Il ragazzo faceva fatica a respirare, ogni inspirazione era una fitta di dolore.
"Vedi, quando si riconosce un cane eccezionale, si fa di tutto per ottenere la sua fiducia. Un bravo padrone gli lega attorno al collo una catena che, alternativamente, si preoccupa di accorciare o allungare".
L'assassino fece qualche passo incerto in avanti, senza più preoccuparsi di trattenere le lacrime.
"Tuttavia, se un cane morde la mano del padrone, anche solo per una volta, deve essere abbattuto".
Darui tentò di articolare una frase, ma tutto ciò che uscì dalle labbra fu un rantolo.

In quel mondo non c'era spazio per quelli come lui, i mezzosangue nati dagli stupri dei soldati. Quando aveva incontrato Dwen aveva creduto di aver trovano qualcuno a cui non interessasse il suo sangue misto, si era illuso che il Principe lo rispettare per quello che era.

Gli anni erano passati così, uno al servizio dell'altro. Uno ad uccidere nell'ombra, l'altro a costruire menzogne.

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