13 Reasons Why.

di Just Izzy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Traccia prima. ***
Capitolo 3: *** Traccia seconda. ***
Capitolo 4: *** Traccia terza. ***
Capitolo 5: *** Traccia quarta ***
Capitolo 6: *** Traccia Quinta. ***
Capitolo 7: *** Traccia sesta. ***
Capitolo 8: *** Traccia settima ***
Capitolo 9: *** Traccia Ottava ***
Capitolo 10: *** Traccia nona. ***
Capitolo 11: *** Traccia decima ***
Capitolo 12: *** Traccia undicesima. ***
Capitolo 13: *** Traccia Dodicesima. ***
Capitolo 14: *** Traccia Tredicesima. ***
Capitolo 15: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***


Prologo

"So cosa potresti fare ... Potresti non essere morto."

 

 

 

 

 

 

"Okay."

 

 

 

 

 

 

Sono ore che è là, sulla scrivania.

Con tredici cassette all'interno.

I brividi continuano a scendermi lungo la schiena.

Non riesco a premere il tasto play.

Sono seduto di fronte a lei, con le braccia conserte.

La squadro, le lancio occhiatacce.

Sembra quasi di stare con un essere umano, piuttosto che con una scatola da scarpe.

 

Mi sono sempre sentito uno dei responsabili della morte di Sherlock. Insomma, l'ho visto mentre cadeva dall'ultimo piano di un ospedale. Le motivazioni non sono mai state ben chiare, anzi non me le ha nemmeno accennate, mentre mi "scriveva" quel suo biglietto via telefono. Ma sono quasi sicuro che siano tutte lì, nella scatola.

Quando l'ho aperta, la prima cosa che mi è saltata all'occhio è stato il video originale di quella volta in cui inventò una scusa per non venire al mio compleanno.

O meglio, è stato Greg a farmelo notare.

Gli ho detto che forse non lo avrei mai guardato.

Invece l'ho fatto.

Appena l'ho visto è stato come un colpo dritto allo stomaco.

I suoi bellissimi occhi di colore e forma ancora da definire, i capelli neri, riccissimi.

Non sapevo né dell'esistenza delle tredici cassette, né del suo piano, né del suo suicidio, né delle sue motivazioni.

Niente.

Non nascondo che ho sempre provato qualcosa di dannatamente forte per Sherlock, ma non ho mai pensato di esser ricambiato.

Anzi credo anche che Sherlock abbia avuto una storia segreta con qualcuno, tipo Irene Adler.

Lei sì che era una bellissima donna.

Mi decido.

Adesso prenderò quella maledettissima scatola e la butterò nella spazzatura, farò finta di non saperne niente, farò finta di aver voltato pagina, anzi farò finta di non aver mai conosciuto Sherlock Holmes.

Io sono un normale dottore, lavoro in un ambulatorio e ho trovato un' accoglienza stupenda ritornato dall'Afghanistan.

Eh già.

Non mi aspettava nessuno, nemmeno mia sorella.

Quell'alcolizzata...

La scatola è ad un passo dal cadere nella spazzatura.

No.

Non devo.

La riprendo, metto le cuffie dell'iPod nel lettore CD che non usavo da anni, e sospiro.

Maledetto Greg che me l' ha portata. Pensava davvero che le cose personali di Sherlock riuscissero ad aiutarmi?

Il cellulare della Signora in Rosa. Mi ricordo ancora quel caso, stava per suicidarsi, ma sono riuscito a fermarlo.

Idiota.

Quanto era adorabilmente idiota Sherlock?

Anche con quel suo cervello così grande da riuscire a contenere anche lo stesso Buckingham Palace rimaneva un idiota.

Mi decido.

Ho il dito poggiato sul tasto play.

3...

2...

1...

PLAY.

Buongiorno o buonasera (in base a che ora del giorno stiate ascoltando queste registrazioni). Come tutti ben saprete, il mio nome è Sherlock Holmes e l'indirizzo di casa mia è il 221B di Baker Street, quindi se volete andare a sentire la Signora Hudson che piange o vedere John Watson che va in giro per il suo appartamento come un fantasma trasandato e dal cuore logoro o, meglio ancora, volete semplicemente ricordarmi in qualche modo, vi consiglio di andarci adesso, finché non verrà abbandonata.

PAUSE.

Non posso andare avanti.

Non ci riesco, semplicemente non riesco.

Non appena ho sentito la sua voce ha cominciato a venirmi la nausea.

Sentire la sua voce mi ha fatto ricordare ancor di più la sua assenza, il suo essere così dannatamente assillante, l'essere così...

Perfetto.

Basta vi prego.

Non voglio continuare questo supplizio.

Sto per mandare tutto al diavolo -Sherlock compreso, anche se è morto- quando la parte della mia coscienza più dolce e irragionevole decide di spuntare fuori.

Ha anche ragione, adesso che mi rendo conto.

Se lasciassi perdere tutto ora, probabilmente non farei onore alla memoria di Sherlock, e potrei anche pentirmene per il resto della mia vita.

Rimetto le cuffie, sospiro e continuo. .

PLAY.

Bene... Vi starete chiedendo perché queste cassette siano arrivate proprio a voi. Semplicissimo, siete una delle tredici ragioni del mio suicidio. Non allarmatevi, nulla di grave. Ogni volta che vi vedrete vi guarderete in cagnesco e poi vi imbarazzerete perché siete colpevoli anche voi e chissà cosa avrà sentito l’altra persona su di voi. Nulla di personale.

PAUSE.

Ecco la frittata.

Lo sapevo, me lo sentivo.

Se Sherlock si è buttato è solo colpa mia.

E di altre dodici persone.

 

E queste dodici da dove spuntano?

PLAY.

Okay, prima di iniziare volevo illustrarvi solo due regole da seguire. La prima: ascoltare. La seconda: dovete passare tutto il materiale al prossimo nome sulla lista (tranne se siete gli ultimi, in quel caso potete farne ciò che volete).

Dimenticavo una cosa: nella scatola da scarpe dovrebbe esserci una mappa. Utilizzatela. Se non la utilizzate, fa lo stesso, tanto vi vedrò in ogni caso. Ora mettetevi comodi, che si comincia.

PAUSE

Prendo un respiro profondo.

Ho paura di essere il primo.

Ho una paura fottuta.

 

PLAY.

Kitty. Kitty Riley, ciao. Sei la prima. Contenta?

Note dell' autrice.

Alohaa! Bene, credo che abbiate capito, no? Sì, è ispirata al libro 13 Reasons Why, e niente, visto che non lo aveva fatto nessuno prima in questo fandom (spero) ho deciso di buttarmici e farlo io! D'accordo, bene. Uccidetemi. 

AAAH! Ho dimenticato a dirvi che dovete ringraziare Inathia Len (la mia beta che gnawharawha (?)) per avermi fatto pubblicare :3 

E niente, spero vi piaccia, davvero ^^ 

E' ambientato dopo la Reichnebach Fall (più specificamente (?) durante il mini-episodio "Many Happy Returns") ed è insomma un ritorno diverso da quello che ci hanno offerto Zio Gatiss e Babbo Moffat. 

E spero, che la storia vi piaccia :2

With so much love,

BAZINGAA! 

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Capitolo 2
*** Traccia prima. ***


Traccia prima.

 

 

 

 

Il vento gelido a Londra c'è e si fa sentire.

Premo PAUSE e comincio a chiudere tutte le imposte. È incredibile il meteo di questa città: se poche ore prima, durante il pomeriggio c'era un bel tempo soleggiato, adesso la situazione è completamente cambiata.

In ogni caso, comincio a cercare di capire chi fosse Kitty Riley. In verità il nome già lo odio.

Chi chiamerebbe la propria figlia "Kitty"? È il diminutivo di "Kitten" un nome da gatto.

E non credo che chiamare la propria figlia Kitty (o Kitten) sia un comportamento da uomo (o donna) normale.

Comunque, ora che ci penso bene, questa donna che avevo seppellito nella mia memoria torna a riaffiorare, insieme ai ricordi legati a lei.

Era una specie di giornalista, se non vado errato, l'aveva incontrata durante il processo a Moriarty.

Mi ricordo di quando Sherlock ed io siamo andati a casa sua, violando ogni legge sull'effrazione e la privacy dell'intero Regno Unito, e l' abbiamo aspettata seduti comodamente sul suo divano.

Io continuavo a tenergli la manica del cappotto. Mi dava un senso di protezione, in qualche modo, e lui mi teneva per il maglione.

Solo pochi minuti prima avevamo fatto una corsa squinternata per le strade di Londra, ammanettati per giunta.

Non appena Kitty rientrò a casa, Sherlock sentì il dovere di chiederle spiegazioni.

Tutto stava andando a pezzi, in pochissime ore, e noi... lui... io dovevo sapere.

Perché era quella, fondamentalmente, la questione.

Sherlock voleva che io sapessi che era tutto vero, che non era un falso.

Come se io avessi mai potuto credere il contrario...

Kitty non seppe spiegarsi, balbettava cose talmente assurde che le ho dimenticate nell'esatto momento in cui le ho sentite, e poi Moriarty entrò a casa. Sembrava totalmente diverso, barba sfatta e cardigan, e cominciò a indicare Sherlock e ad accusarlo di averlo ingaggiato come attore per la sua "farsa".

Non ci ho minimamente creduto e ho cominciato ad urlargli contro che lui era quello che voleva farmi saltare in aria.

Lui si è scusato. Ma non mi è passato mai per la testa che lui potesse essere Richard Brook e non James Moriarty.

E poi, appena siamo andati via, Kitty ha sibilato a Sherlock, che ora lui era ripugnante per lei.

Quella parte non l'ho capita, probabilmente aveva a che fare con i loro trascorsi.

Ricordo solo che l'avrei volentieri presa a pugni solo per averla anche pensata, una cosa del genere.

E dire che io le donne non le toccherei mai.

Ma lei aveva messo in dubbio Sherlock, gli aveva dato dell'essere ripugnante, e quello non avevo potuto sopportarlo.

 

PLAY.

Dovete sapere che Kitty Riley è una giornalista ambiziosa che vuole finire in prima pagina ad ogni costo. Ha  cercato anche di fare gossip su me e John. E devo dire che è stata una buona pista. Le rispondo qui, tanto lei è la prima ad ascoltare. No, non c'era nulla di platonico.

PAUSE.

 

Cosa? Sherlock mi amava per davvero? Sento le lacrime fare capolino, ma le ricaccio indietro.

 

PLAY.

Bene, se non fosse stato per lei, io probabilmente non sarei morto disprezzato dall'intera Londra. E sono felice di ripeterle di nuovo: lei è ripugnante per me.

PAUSE

 

Segue una risatina sarcastica.

Sentire Sherlock "ridere" di nuovo è meraviglioso.

Vorrei rimandare indietro la traccia di qualche secondo solo per riascoltarlo ancora e ancora, ma mi costringo ad andare avanti. Non devo dimenticare che, se sto ascoltando questa dannata playlist, è perché anche io centro qualcosa con la sua morte.

 

PLAY

Bene, questa è solo la prima parte leggera del CD. Ti ricordi Kitty cosa ti dissi? Ci sono due tipi di fan. Mi sbagliavo di grosso. C'è ne sono tre. E lei è il terzo tipo: lei è il tipo di fan ipocrita. È solo una occasionale, il tempo del successo e poi PUFF! tutto scomparso.

PAUSE.

 

La Signora Hudson entra nella stanza.

 -John, continui a crucciarti per Sherlock, non è vero?- mi chiede tenendo in mano un vassoio di tè e biscotti. Lo poggia sul tavolino e si siede accanto a me. Mi levo le cuffie e la guardo.

-Signora Hudson, non penso lei abbia mai perso una persona così importante per lei. Perché Sherlock era importante per me. E vederlo morire, davanti ai miei occhi è stato... è... be', non lo dimenticherò. Questo è sicuro.-

La Signora Hudson mi stringe forte a sé.

Ha un buon profumo, sa di casa, di amore e di sicurezza.

È lo stesso odore che sentivo quando mi abbracciava mia madre da piccolo.

-Ah, John. Sei sempre stato un ragazzo d'oro, e continui a dimostrarlo- dice, sciogliendosi dall’abbraccio subito dopo, uscendo dalla stanza.

-Mangia, caro. Starai meglio. Una buona tazza di tè fa sempre bene- mi dice, chiudendosi la porta alle spalle.

 

PLAY.

Bene, ora mi piacerebbe che voi andaste allo Speedy's. Non per mangiare. Certo se avete fame, va bene. Ma se volete ascoltare la prossima storia vi conviene andare là. Tenetevi forte.

 

Lo dice quasi con entusiasmo. Ho paura, ancora.

 

Mike Stamford. È un piacere risentirmi non è così?

PAUSE.

 

Mike? Cosa ha fatto Mike? Non è mai stato un tipo odioso, almeno per quello che ho conosciuto io al Bart's.

Era molto gentile, cortese. Anche più magro a dire il vero.

Quando l'ho rivisto, invece, ho pensato somigliasse a una palla da bowling.

Per questo non l'ho subito riconosciuto. E poi lui è stato un po’ il Cupido (1) della situazione. Ci ha fatti conoscere e diventare coinquilini.

Il resto è venuto da solo.

 

PLAY.

Mentre voi uscite dalle vostre case affrontando le intemperie che la Londra di notte vi offre io vi tengo compagnia. Se invece non state uscendo e state per prepararvi un tea per dormire sogni tranquilli vi tengo compagnia lo stesso.

PAUSE.

 

Come diamine fa a sapere che sono già le 22 qui, a Londra, e che è appunto notte? Come fa a sapere sempre tutto?

Certo la "scienza della deduzione" ma se lui non osserva come diamine fa a capire ciò che faremo o che stiamo facendo?

Be', ormai, dopo tutto questo tempo, dovrei smettere di meravigliarmi.

In fondo, lui è Sherlock Holmes.

O, forse, avrei dovuto dire "era"?

Scendo velocemente le scale e dico alla Signora Hudson di non aspettarmi sveglia. Prendo l'ombrello, il giubbotto ed esco.

 

PLAY.

Siete ansiosi di scoprire perché proprio lo Speedy' s vero? Intanto il cibo è ottimo. E poi perché è un posto nostalgico, almeno per me. È stato il posto dove ho riso di più, insieme a John. Il posto dove abbiamo cenato insieme la prima volta. Da veri amici.

Bè amici...

Dopo quella rivelazione di prima non credo che guarderete la coppia: Scapolo/Eroe della Reichenbach come semplice amicizia. E poi diciamocelo. Tutti ci vedevano bene insieme.

 

Sherlock, fa una piccola pausa e sento in sotto fondo un rumore di un bicchiere di vetro che cozza contro una qualche superficie. Probabilmente ha bevuto.

 

Da Irene Adler a Janette, l' ex fidanzata di John e sinceramente non mi sono mai permesso di correggerli.

Era tutto spudoratamente veritiero.

PAUSE

 

Ho un tuffo al cuore. Avremmo potuto fare tante di quelle cose.

Se solo non mi fossi ostinato a ripetere a destra e a manca che io non ero gay.

Forse Sherlock sarebbe ancora qui. Forse io non continuerei a pensare al suicidio.

Forse molte cose sarebbero cambiate.

Invece è andato tutto a rotoli per quattro parole ripetute allo sfinimento.

"Io non sono gay."

 

PLAY

Diciamocelo anche che nessuno ha mai creduto a John e alla sua eterosessualità.

Non puoi darla a bere a nessuno. Sopratutto a me.

PAUSE.

 

Quindi Sherlock aveva già capito? Aveva capito prima di me, che io, fossi gay? Mi passo una mano sul viso. Sono sfinito.

 

PLAY.

Eccovi arrivati, di fronte le porte dello Speedy's. Bel locale, vero? Non vedete l'ora di entrare, sedervi, togliervi il giubbotto, ordinare qualcosa e abituarvi al calduccio che c'è lì dentro. Io vi avviso: non durerà per molto. I segreti del nostro caro Mike stanno arrivando. E se pensate che lo Speedy's serva a riscaldarvi vi sbagliate. Il cuore rimarrà duro e freddo. Non potrete scioglierlo. E sapete il perché?

 

No, non lo sappiamo. Perché,Sherlock?

 

Perché state ascoltando la testimonianza di un uomo morto.

Un uomo morto che è sulla vostra coscienza ormai.

PAUSE

 

Note dell’ Autrice:

Ebbene, eccoci ad un altro capitolo:3

Ringrazio tutti quelli che hanno recensito, hanno messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate.

Eh, niente io e Inathia Len (la mia beta che è l’ammmmmmmmmmore) ci scusiamo per l’incontinente ritardo, ma ahimè l’estate è una brutta bestia (?)

Quindi, niente, il capitolo 2 è arrivato anche lui:3

With so much love,

BAZINGAAAAA.

(1)   Lo stesso attore ha definito di essere il Cupido della situazione di Sherlock e John. 

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Capitolo 3
*** Traccia seconda. ***


Traccia seconda.

 

 

 

L' accoglienza di Speedy's rimane la stessa.

La stessa che ho trovato la prima volta che ho mangiato in questo posto con Sherlock.

È veramente tutto così accomodante e tranquillo rispetto al mondo esterno.

Mi tolgo una cuffia, più per rispetto per le persone che ho intorno che per me stesso.

Perché, se sono arrivato a sentire la storia di Sherlock, in tutti i minimi particolari, fino a questo punto, sono da considerare masochista. Mi siedo ad un tavolo.

No, non un tavolo.

Il tavolo.

Il nostro tavolo.

Quel tavolo accanto alla finestra che significava noi.

Un cameriere mi si avvicina.

-Cosa vuole ordinare?- mi mette il menu davanti.

-Aspetto un amico- gli dico, sorridendo e abbassando la testa.

-Quell'uomo riccio, alto, con gli occhi azzurri? Sherlock Holmes? Il falso genio suicida? È morto, lo sa?- mi dice cercando il contatto visivo.

Mi alzo di scatto, mi cade anche l'iPod e sbatto i pugni sul tavolo con tanta di quella violenza che il cameriere si allontana.

-Dannazione, lo so che quell'uomo è morto! Gesù... L'ho visto saltare da un palazzo, vuole che non ci arrivi? Ero il suo migliore amico, diamine! E lui mi ha lasciato qui, da solo. E no, non era un falso. Sherlock era una delle persone più oneste che esistessero al mondo!- gli urlo contro con tutto il fiato che ho in gola.

Riprendo fiato e mi risiedo.

Mi tengo la testa fra le mani e comincio a piangere silenziosamente. Il cameriere fa per avvicinarsi quando ci ripensa e se ne va.

-Sherlock ... Dove diamine sei? Perché mi hai lasciato qui, da solo? Ho bisogno di te- sussurro.

Riprendo l' iPod caduto, mi metto entrambe le cuffie e poi poggio la testa sulla tavola.

Tutti riprendono a mangiare e io premo PLAY.

 

PLAY.

Uhm, quindi ricominciamo? Okay, eravamo arrivati a Mike, giusto? Molti si staranno chiedendo che colpa abbia Mike Stamford in tutta questa storia. Bè, forse Mike è uno dei tre che ha più colpa di tutti. Infatti se lui non mi avesse fatto incontrare John, io forse non mi sarei avvicinato ai sentimenti. Non avrei provato l'amicizia, l'amore. Non ne parlerei con questa scioltezza, adesso.

Non sarei morto?

Non lo so, forse sì o forse no, chi lo sa? Sta di fatto che John è uno dei miei punti deboli.

IL mio punto debole.

Forse non sarei nemmeno sottoterra se non lo avessi conosciuto. O forse sì? Riempivo il mio corpo di tanta di quella nicotina che non ho idea di quanto avrebbe potuto resistere, davvero.

PAUSE.

 

 

Questo quasi-complimento mi lusinga. Mi sono sempre sentito come quello che non ha mai fatto nulla per Sherlock. Ed invece è il contrario.

A quanto sembra sono riuscito a tiralo fuori dal giro della droga.

A questo punto non so più cosa pensare. Bene.

Ma cosa c'entra Speedy's?

 

PLAY.

Ora mi piacerebbe vedervi fare una cosa, per me. Sempre che nell'aldilà io possa vedere qualcosa di ciò che succede nel mondo dei vivi e sempre se voi siate da Speedy's.

Andate dal direttore di questo posto e ditegli che questo posto è stato il mio rifugio. Ringraziatelo da parte mia perché io non ho potuto farlo da vivo.

Come ho detto prima, il mio cuore si è addolcito.

Oh diamine, mi sto rammollendo.

Segue una risatina.

Non posso fare a meno di ridere anche io.

PAUSE.

 

Mi asciugo le lacrime e mi alzo.

Vado nelle cucina e cammino imperterrito, senza fermarmi, facendo finta che lo chef capo non mi stia chiamando, di essere sordo ed immune a qualsiasi altro rumore o contatto esterno. Spalanco la porta dove c'è scritta la parola "Direzione, vietato l’accesso se non al personale autorizzato" a caratteri cubitali. Mi si presenta davanti un uomo sulla cinquantina, panciuto seduto su una sedia.

Sto per ripensarci quando mi ricordo di Sherlock.

-Questo posto è stato il rifugio di Sherlock Holmes ed il mio. Entrambi la ringraziamo- dico tranquillo.

Lo vedo rilassato, come se l' irruzione dentro il suo ufficio da parte un estraneo fosse una cosa che vede fare ogni giorno.

Lo guardo interrogativo.

-Lei è la tredicesima persona che me lo dice. È successo anche ieri, è successo una settimana fa e succede oggi, di nuovo, con lei. Lei era il suo fidanzato, non è vero?- mi chiede alzandosi dalla sedia.

Scuoto la testa con un lieve sorriso.

-No. Non abbiamo avuto il tempo- sussurro semplicemente, la voce rotta.

Lui mi poggia una mano sulla spalla.

-Mi spiace- mi dice.

Sembra veramente provato. Faccio un gesto con la mano ed esco dalla stanza.

Mi dirigo verso l'uscita e con il cuore in mano mentre esco dal tepore del ristorante, dall'accoglienza, mi allontano dall'odore di fish&chips che riempie l'aria dell'intero locale. 

Riprendo in mano l'iPod e imbocco un vialetto per arrivare alla strada principale e prendere un taxi.

Non ho il tempo di alzare lo sguardo che un pugno mi si pianta in pancia.

Mi accascio a terra vicino un muro.

-Dacci quel maledetto iPod!- mi urla contro un ragazzetto. 

Mi guardo intorno, frastornato. È più di uno in realtà, sono un gruppo direi, a occhio e croce almeno dieci.

-Cosa vorreste farci? Non guadagnereste nemmeno trecento sterline per questo- dico alzandomi malamente da terra. Mi punta contro qualcosa di freddo.

Solo quando la trovo e tocco la canna che si trova vicina al mio addome capisco che si tratta di una pistola.

Vorrei urlargli di premere il grilletto, vorrei urlargli di uccidermi.

Ma non lo faccio. Lo guardo, preoccupato.

-Dacci l' iPod, coglione- mi sibila, lanciandomi una sfida.

Sto per tirargli un pugno quando una presenza alle loro spalle si mostra alla luce.

Ha i capelli grigi, brizzolati, il viso è moro ed è stanco. Gli occhi sono di colore nero.

-Ehi! Voi! Sono il D.I. Gregory Lestrade. Vi conviene lasciarlo in pace se invece di passare la vostra vita in gattabuia preferite spassarvela- dice con tono deciso mentre si avvicina con la pistola puntata e il distintivo in mano in bella vista.

Vedendolo, gli sorrido mentre la banda scappa.

-Grazie Greg.- gli dico avvicinandomi mentre lui posa di nuovo il distintivo (Dio, la prima volta che l'ho visto lo aveva Sherlock in mano, non lui) e la pistola e mi sorride a sua volta.

-Di niente, è il mio lavoro proteggere le persone. Cosa volevano da te, li conosci?- mi chiede guardandomi negli occhi interrogativo.

E se lui non avesse ascoltato? Se non fosse sulla lista? (Cosa improbabile visto che proprio lui mi ha portato la scatola)

Gli faccio vedere l' iPod e il suo sorriso si spegne.

-Oh, hai trovato anche tu la lista. Senti, appena arriverà il mio turno e sentirai la mia "colpa", ti prego di non guardarmi diversamente da prima. D'accordo? Io non volevo che Sherlock morisse. Davvero- mi dice avvicinandosi.

Sembra davvero triste, in colpa. Annuisco convinto.

-A chi sei arrivato?- mi chiede facendo un cenno con la testa indicando l'iPod.

 -Mike. Mike Stamford- gli rispondo, senza levare lo sguardo dal dispositivo.

Lo vedo annuire.

-Bè, se non ti dispiace, adesso vado al pub. Una birra mi ci vuole- mi dice sorridendo. Mi stringe la mano e poi mi abbraccia.

Non ho il tempo di ricambiare che si scioglie e se ne va.

Mi rimetto le cuffie dell'iPod nelle orecchie e mi dirigo verso la strada principale.

Chiamo un taxi e salto su.

-Per dove?- mi chiede il tassista.

Premo Play, mentre il tassista continua ad insistere seccato.

 

PLAY.

Ora potreste andare al Diogenes Club? Già, siamo arrivati a te.

 

 -Diogenes Club, per favore- mormoro al tassista, passandomi una mano sul viso stanco.

Ho un mal di testa che non se ne va e un senso di nausea continua, ma non posso lasciar perdere.

Anche se sarò io il prossimo non ho paura. Davvero.

 

Anthea!

Mia cara! Non ti aspettavi ci fossi anche tu, vero? Bene, ecco arrivato anche il tuo turno. Sei sorpresa credo. In verità sei anche noiosa e banale. Sempre con quel cellulare, sempre a digitare e premere tasti. Bè, non sapete cosa si nasconde dietro quell'aspetto quasi banale, noioso, che passa inosservato. Non sapete cosa si nasconde dentro quel cellulare. Si nasconde una vita soppressa. Non è vero, Anthea?

PAUSE.

 

 

Note dell' Autrice.

WOO.

Due storie in una settimana. Non posso farci niente, scusate. Non so nemmeno se la prossima settimana scriverò, quindi per adesso godetevi questi due capitoli. Bè ... niente. 

Grazie a tutti per le recensioni e tutto il resto blablablabla.

Grazie ad Inathia len per aver betato (PASSATE DALLA RAGAZZA QUI PRESENTE!).

E nemmeno pensavo che la storia avesse tutto il "successo" che sta avendo AHAHAHAHA.

Grazie a tutti :3 *si asciuga una lacrimuccia*

With so much love,

BAZINGAA! 

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Capitolo 4
*** Traccia terza. ***


Traccia Quarta
 
 
 
Il taxi si ferma a metà strada.
 
-Che succede?- chiedo al conducente mentre lui si volta, appoggiando una mano sul sedile accanto al suo.
 
Mi guarda e mi sorride. Ha un volto simpatico, porta gli occhiali e un berretto di lana. -Siete arrivato.-
 
Arrivato? Di già?
 
Lancio un'occhiata fuori.
 
No, si sbaglia, qui non c'è il Diogenes Club. Non vedo traccia della targhetta color oro, tirata come sempre a lucido, quasi fosse un trofeo. Nessun edificio bianco in stile neoclassico all'orizzonte.
 
Il taxista scende dalla vettura e dopo aver aperto la portiera e tirato su il sedile mi guarda con sguardo gentile.
 
-Non siamo arrivati- ripeto, testardo. -Ci sono ancora due metri da fare, circa- gli dico mentre faccio uno sforzo disumano per scendere. Ho ancora le cuffie nelle orecchie ma non sto ascoltando nulla.
 
-Niente da fare. Io devo fermarmi qui. Ordini del Governo. Se vuole può continuare da solo. Io non posso fare nient' altro per aiutarla- mi dice, amareggiato.
 
Lo guardo e poi mi ricordo di doverlo pagare, così comincio a frugare nelle tasche. Lui con un lieve sorriso, scuote la testa e scrocchia la lingua.
 
-Mi pagate per questo pezzetto di strada? Non si preoccupi- mi dice sorridendo. Sorrido anche io e ricomincio a camminare mentre lui risale sul taxi e se ne va. Mi metto le mani in tasca e premo il tasto PLAY.
 
 
 
PLAY.
 
Bene, bene. Anthea, mia cara. Ti ricorderai quel giorno in cui mi hai convocato facendomi credere che Mycroft voleva vedermi. Ebbene, non c'era mio fratello ad aspettarmi ma eri proprio tu, Anthea. Mi ricordo anche che arrivasti ad offrirmi del "Chardonnay", se non sbaglio. Eri anche visibilmente imbarazzata. Quella volta non avevi il cellulare in mano, è stato strano vederti senza. Mi ricordo anche che avresti voluto cominciare una discussione. Ma non ci riuscivi. Balbettavi parole a caso, senza un nesso logico. All'inizio non riuscì a capire. Facevi quasi paura. E tutto il giorno rimasi con quel pensiero in testa di te che mi guardavi e balbettavi senza senso. Il pensiero di una te tanto strana senza cellulare e che mi aveva invitato con la scusa di Mycroft...
 
Ma mi spiace, la tua storia non è ancora giunta al termine.
 
Infatti ...
 
PAUSE.
 
 
 
Comincia a piovere, sento le gocce sulla pelle. Sono senza ombrello, ma non mi importa. Lascio che il bagnato mi entri dentro, tanto ormai non sento più niente. C'è Sherlock nelle mie orecchie. Di nuovo, dopo tanto, troppo tempo.
 
E la pioggia non esiste.
 
-Dottor Watson? Cosa ci fa qui, a quest'ora?- mi chiede una voce alle mie spalle.
 
Mi volto e trovo davanti a me la nuova ragazza dell'ambulatorio.
 
Dio, non ricordo il suo nome.
 
-Oh, ciao. Facevo un giro, sai com'è mi serve per smaltire la tensione mattutina, Julienne - le dico, sicuro di aver azzeccato il nome.
 
Tengo le dita incrociate dentro la tasca dei pantaloni. Ora che la guardo bene ha anche un bel viso incorniciato dai capelli biondi e corti, due guance paffute e due grandi occhi verdi.
 
-Mary. Mi chiamo Mary- mi corregge, ma non sembra scocciata dal mio errore. Sorride.
 
Sorrido imbarazzato anche io e mi scuso, ma lei mi fa un gesto che interpreto come"Non preoccuparti".
 
-Che band ascolta?- mi chiede indicando cuffie e iPod.
 
Mi ero completamente dimenticato di Sherlock.
 
-Emh, ascoltavo ... I Muse- dico, cercando di mostrarmi convinto, ma alla fine quella che esce dalla mia bocca suona più come una scusa e una cosa buttata lì a caso, anche se in verità i Muse mi sono sempre piaciuti.
 
-Oh, la facevo più un tipo da Beatles- commenta Mary, senza smettere di sorridere.
 
-E lei?- chiedo levando le cuffie e posandole dentro la stessa tasca dell'iPod. -Che musica preferisce?-
 
-Coldplay. Li conosce?- mi chiede, senza smettere di sorridere.
 
Scuoto la testa e lei fa una faccia quasi indignata.
 
-Cosa succede?- le chiedo preoccupato.
 
Mary mi guarda, sembra offesa.
 
-Non conoscere i Coldplay è una specie di eresia! Dovrebbe subito rimediare!- esclama spostandosi sotto un balcone che la ripara dalla pioggia e io faccio lo stesso. Ridiamo insieme, poi getto una rapida occhiata all'iPod, ricordandomi di Sherlock.
 
Incredibile come parlare due minuti con Mary me lo abbia fatto dimenticare così in fretta. Due suoi sorrisi e la voce di Sherlock è solo un eco lontano, una memoria malinconica che ha fatto il suo tempo.
 
-Scusa ma devo andare, si è fatto tardi- le dico, improvvisando, guardando distrattamente l'orologio.
 
Lei annuisce senza perdere il sorriso dolce che ha sul viso.
 
-Quindi ci vedremo domattina a lavoro, Dottor Watson?- mi chiede cominciando a salutarmi.
 
-Ovviamente. Mi raccomando puntuale. E magari porta un CD dei Coldplay- le dico ridendo. Lei ride a sua volta.
 
-E lei ne porti uno dei Muse!- mi risponde e si allontana nella direzione opposta. Procedo per la mia strada sotto i balconi e arrivo all'ingresso del "Diogenes Club".
 
La targhetta c'è sempre, il nome è sempre inciso su di essa, sembra quasi che nemmeno la pioggia riesca a intaccarla. La porta di ingresso è sempre tirata a lucido, così come la maniglia e il numero che si trova attaccato alla porta. Persino la buca delle lettere è perfettamente immacolata. Ed è tutto di color oro.
 
Sorrido e premo PLAY.
 
PLAY.
 
Non voglio che voi entriate. Voglio solo che guardiate quell'edificio in tutta la sua maestosità e che immaginiate che al secondo piano, nella terza stanza, ci siano due persone: Anthea e me.
 
Magari seduti ad un tavolo, che conversiamo amabilmente. 
 
State immaginando?
 
 
 
Alzo la testa e guardo la finestra, figurandomi la scena nella mente. Non è tanto difficile. Anzi, è veramente semplice.
 
 
 
Ora mi piacerebbe che voi immaginaste Anthea che cerca di allungare la mano, il piatto vuoto, a differenza del mio che è pieno. Immaginate anche una rosa rossa che ci separa. Immaginate i nostri sguardi più intensi e carichi d'amore che mai.
 
 
 
-Ho fatto, Sherlock, cosa devo fare ora?- sussurro, come se potesse sentirmi.
 
 
 
 Dimenticate tutto.
 
 
 
Cosa? Dimenticare tutto ciò che ho immaginato?
 
É assurdo.
 
Ma lo faccio, perché è una delle sue ultime volontà.
 
 
 
Ora immaginate che lo stesso uomo di prima abbia le mani a preghiera sotto il mento. Che stia sparando a raffiche critiche e presunzioni sulla vita di Anthea, che le abbia dedotto il passato con un solo sguardo.
 
Mia cara Anthea, non hai potuto tenere nascosti i tuoi segreti tanto a lungo.
 
La colpa è tua.
 
Se non avessi detto a mio fratello che avevo aiutato la Donna a fuggire, forse tutto questo non sarebbe successo.
 
Esatto, Irene Adler è viva.
 
E Anthea, io mi fidavo di te. Tu hai tradito la mia fiducia e io ho tradito la tua. Non sai infatti che ho preso il tuo cellulare, ho scoperto la password in un arco di tempo di quindici secondi (molto semplice, banale e prevedibile a dire il vero) e ho visto tutti i tuoi messaggi.
 
Dovete sapere che la cara Anthea era stata ingaggiata da un certo Jim Moriarty per scoprire i miei punti deboli, quelli più profondi, e che i due si sono inviati messaggi per circa cinque settimane, scambiandosi opinioni non solo su quello che Anthea aveva scoperto su di me, ma anche sulle fortuite relazioni con varie donne che mi stavano accanto. Da Molly Hooper a Irene Adler fino ad arrivare alla stessa Anthea che, sono sorpreso, si è ritenuta incredibilmente interessata a me.
 
 
 
-Come darle torto?-
 
Ho ancora lo sguardo alzato mentre parla del suo incontro con Anthea. Mi colpisce al cuore quando dice il nome di Moriarty. Non lo dice in maniera calma, anzi sembra che un brivido lo attraversi.
 
 
 
E questo è quanto, signori.
 
Provate per Anthea e tutti coloro che sono venuti prima di lei un disprezzo tale da non riuscire ad immaginare quanto voi altri, che venite dopo di lei, mi avete fatto? Oh, miei cari idioti, non sapete cosa vi aspetta. Voi, ultimi, come dice il vecchio detto, sarete i primi, voi e le vostre colpe. E con questo diamo il via al girone di Irene Adler! La Donna, l'unica...
 
Ma sarà vero?
 
Oh be', non vorrei dire, ma lei è veramente stata l'unica donna a farmi male. Tanto male. Oh e ho anche un piccolo messaggio per John.
 
John Watson.
 
PAUSE
 
 
 
Le mani cominciano a tremarmi, le gambe si fanno gelatina.
 
Comincio a camminare sperando di far passare questa sensazione. Ma il punto è che la situazione comincia a peggiorare di gran lunga.
 
Ho un capogiro e ho bisogno di sedermi su un gradino e riprendere fiato prima di riuscire a riprendere a camminare e premere di nuovo PLAY.
 
 
 
PLAY.
 
John, volevo solo dirti che mi manchi.
 
 
 
Ed è adesso che so che quelle sul mio viso non sono gocce di pioggia, ma lacrime amare e salate che mi solcano il viso.
 
Scosso dai singhiozzi, riesco a malapena a premere il tasto PAUSE. Per poco l' iPod non mi cade dalle mani. Chiamo un' altro taxi ed è lì che mi lascio andare davvero.
 
-E allora, se ti manco, perché mi hai lasciato da solo? Non riesco ad andare contro il mondo, senza di te, idiota. Dannazione, Sherlock, sei un fottuto idiota- sussurro.
 
Il taxista è confuso quando mi chiede per dove.
 
-Il pub più vicino- gli rispondo improvvisando.
 
Guardo l'iPod. Per un po’ di tempo non voglio nemmeno vederlo, voglio che sparisca dalla mia vista.
 
Oh ma chi voglio prendere in giro? È ovvio che voglio andare avanti, sentire tutto il resto! Me lo rigiro fra le mani mentre premo il tasto PLAY.
 
 
 
PLAY.
 
Oh, siamo arrivati a Donovan? Sally Donovan? Ciao, Sally. Non so nemmeno perché...

PAUSE.
 
 
 
-C-Cosa? Non sono arrivato qui. Cazzo- impreco a bassa voce.
 
-Che succede?- chiede il taxista preoccupato mentre guarda dallo specchietto retrovisore. -Sto andando in qualche posto sbagliato?-
 
Mi ridesto dal mio Paese delle Meraviglie e ricambio lo sguardo dallo specchietto. -Cosa? No, non parlavo con lei, parlavo con questo maledetto iPod- rispondo squadrando l'oggetto che tengo tra le mani.
 
-Ah, questa tecnologia! Ai miei tempi, questi aggeggi non esistevano! Hanno fatto male ad inventarli!- commenta l'autista.
 
Sicuramente è un uomo anziano, con tanta di quella esperienza alle spalle che non dispone fiducia a nessuno, nemmeno a degli oggetti.
 
Anche io ero così, fino a qualche anno fa.
 
E se penso, che è proprio questo "aggeggio tecnologico" a tenermi in contatto con l'amore della mia vita, mi viene da ridere.
 
Sbuffo e faccio un sorrisetto amaro, e quello riprende il suo viaggio squinternato.
 
Mi ci vuole tutta la forza per trattenere i conati di vomito e premere nuovamente il tasto PLAY, questa volta nella giusta traccia.
 
 
 
PLAY.
 
John, volevo solo dirti, che mi manchi.
 
Bene dopo questa parentesi smielata che ho aperto di malavoglia e chiuso con altrettanta malavoglia, visto che cominciava a piacermi, ritorniamo a cose più amare. Irene Adler, ti volevo solo dire grazie. Grazie per aver reso la mia vita uno schifo. In verità grazie a tutti voi.
 
 
 
Comincia ad applaudire.
 
Grazie di cuore, davvero.
 
 
 
Beve ancora un sorso d'acqua, mentre l'unica cosa di cui ho bisogno io è una bella sbronza.
 
PAUSE.
 
Note dell’ autrice.
 
Hola.
 
Questa volta non sapevo se mettere le note oppure no ma alla fine le ho messe perché vi volevo ringraziare. Davvero questa storia sta avendo un successo enorme e voi siete veramente tantissimi!
 
Davvero grazie di cuore.
 
Niente dopo questa parentesi volevo ringraziare come sempre la mia meravigliosa beta, Inathia Len, e tutti voi che seguite e vi premunite di recensire! Grazie :3
 
Stay tuned!
 
With so much love,
 
BAZINGAA! 

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Capitolo 5
*** Traccia quarta ***


Traccia quarta.

Al primo bicchiere mi chiedo cosa diamine stia facendo.

Al secondo bicchiere mi chiedo se io stia davvero diventando come Harry.

Al terzo bicchiere mi chiedo come tutto quest' alcool e questo star male possano piacere alla gente.

Al quarto bicchiere mi precipito in bagno e vomito tutto.

Odio l'alcool.

Odio la sbronza.

Odio lo "sballo" che sembra farti sentire prima, apparentemente, ingannevole.

Odio il vomito che viene dopo.

Ma questo odio credo sia nato perché io non riesco a reggere l'alcool e non perché l'alcool faccia tanto schifo.

E perché ha completamente rovinato mia sorella Harry. E poi odio le persone che si sbronzano per dimenticare i problemi. Come se questi non si ripresentassero la mattina dopo, a braccetto con una bella emicrania.

Certo, anche io ho bevuto qualche volta. Il giorno prima di partire per l'Afghanistan, per esempio. Anche se, a essere onesti, non ho proprio bevuto io, ma ho visto alcuni miei compagni bere.

Io dovevo restare sobrio, lucido o nessuno avrebbe potuto riaccompagnarli a casa.

Certo, ho bevuto qualcosa.

Un bicchierino o meno, nulla di più, giusto per provare.

Penso che fosse per la paura, paura di morire. Visto che la vita è una sola, avevo deciso di provare il suddetto alcool, forse perché pensavo che l'alcool si dovesse provare almeno una volta nella vita.

Oh mio Dio se ero sfigato.

In ogni caso le mie ginocchia sono ancora appoggiate a questo maledetto pavimento duro, freddo, di marmo e le mie braccia continuano ad abbracciare la ceramica del water.

Continuo a rimettere.

Non ho idea del perché io stia rimettendo, adesso.

Ho smaltito tutto l'alcool che avevo in corpo... Perché il mio corpo continua ad espellere sostanze?

Dio è tutto così strano. Un tempo pensavo di conoscere tutto sulla medicina.

Come mi sbagliavo.

Dopo quasi trenta minuti passati a vomitare, riesco a rialzarmi. Sono senza forze, ma devo continuare. Ne ho bisogno.

Rimetto le cuffie e premo PLAY.

PLAY.

Oh, Irene. Probabilmente sto per metterti in grave pericolo dichiarando la tua sopravvivenza. Ma non ricordi? Ti ho salvata! Hai anche detto che saresti sempre stata in debito con me.

Mmh ... Non è del tutto vero. Dovete sapere che io e John avevamo un caso importante tra le mani, prima del caso del Mastino. Avevamo raggiunto una pista piuttosto promettente. Sono partito per 3 giorni. Ho raggiunto la signorina Adler e le ho chiesto se la "pista Moriarty" fosse una giusta pista, le ho chiesto se lei fosse coinvolta nel piano di Moriarty.

"Signor Holmes ... Davvero crede che io le direi tutto ciò che so su Jim Moriarty? La facevo più ... brillante." mi rispose rischiando di far morire una persona innocente.

Insomma, il suo debito non è stato rispettato. Arrivato a casa sua voleva persino ... Abusare di me, credo si dica così. Sono riuscito ad evitarlo per mia fortuna. Quindi non fidatevi di Irene, è solo una viscida, schifosa vipera che vuole sfruttarvi per i suoi scopi.

PAUSE.

No.

Non posso credere che Irene, sì, proprio Irene Adler volesse ... abusare di Sherlock. In verità non immaginavo nemmeno fosse viva. È ... Disgustoso.

Giuro su Dio che gliela farò pagare. Fece già soffrire Sherlock, non succederà di nuovo. Non rimanendo impunita.

Mi viene da piangere se penso che quando partì pensai fosse per rimanere da solo. Nemmeno sono andato a cercarlo. Non l'ho nemmeno aiutato.

PLAY.

 

Probabilmente se la dolce Irene mi avesse detto fin da subito gli scopi, i piani, di Moriarty io non sarei qui a registrare questo mio ... "Testamento".

Cara Irene, non ti saresti dovuta sforzare tanto, avresti dovuto solo annuire o scuotere la testa. A me sarebbe bastato quello, il resto lo avrei dedotto da solo.

In ogni caso ho detto a qualcuno la tua posizione attuale, verrà a cercarti sicuramente.

Ora, dov'eravamo rimasti? Molly, per piacere, smettila di piangere.

PAUSE.

Mi stropiccio gli occhi. Sono fermo davanti la porta del bagno. Ritorno indietro con la traccia per curiosità. Voglio sentire se c'era davvero Molly con lui.

Se lo ha aiutato a registrare questa cosa, se ha pianto veramente, se lei è stata l'unica persona capace di aiutarlo.

PLAY.

Ora dov'eravamo rimasti?

 

Mi concentro su quel poco di silenzio che c'è e riesco a distinguere qualche singhiozzo. Sgrano gli occhi.

 

 Molly, per piacere, smettila di piangere. Continui a ricordarmi il mio triste destino, davvero, smettila. Sei anche un po’ ... Snervante. No, adesso non piangere ancora di più. Per favore. Ho bisogno di una Molly forte, non di una Molly in lacrime. Tieni qua, asciugati gli occhi.

PAUSE.

 

Spalanco la porta, pronto a scoprire, pronto ad andare da Molly.

So dove abita, quindi se non la troverò al Bart's, benché notte fonda, andrò a casa sua.

Quando guardo il locale, la scena che mi si presenta è raccapricciante.

Le sedie, se prima erano posizionate in un ordine quasi maniacale, adesso sono rivoltate e sparse per il salone. Il bancone è sporco di birra e alcolici.

Mi sporgo e vedo che il barista è stato stordito, credo con una bottiglia rotta.

Non c'è nessuno degli uomini che prima erano dentro il salone.

Se prima la luce illuminava le pareti rosse, adesso va ad intermittenza. Se volessi, potrei giocare alle ombre cinesi.

Mi dirigo fuori, in silenzio.

Mi stringo nel giubbotto, le mani in tasca e mi incammino. Ha smesso anche di piovere. Non mi ci vuole molto per arrivare al Bart's.

Con sorpresa, la luce dell'obitorio è accesa. Entro nell'ospedale e salgo velocemente le scale. Quando entro, la scena che mi si presenta davanti agli occhi è terribile.

Molly ha un fazzoletto, credo stia per uscire dato che è avvolta nella sciarpa e non ha il camice bianco, singhiozza ad intermittenza.

Sta osservando qualcosa ma non vedo bene cosa sia. Mi avvicino e lei appena sente i passi subito si volta.

-John?- mi dice mentre riprende compostezza e si asciuga le lacrime. -Cosa ci fai, qui?- chiede. Ma poi vede l' iPod e io non ho bisogno di spiegare. -Oh... È già arrivato a te?- mi domanda, sempre gentilmente.

Guardo a terra e annuisco.

-Perché stavi piangendo?- le chiedo avvicinandomi.

-Ho dovuto riconoscere due corpi ...- mi dice girandosi a guardarli.

Il primo è il corpo di Jim Moriarty. Poi vedo il secondo ...

-Oh mio Dio, She...- non riesco a terminare il nome che mi porto una mano alla bocca e comincio ad indietreggiare.

-John ... So come ci si sente ...- comincia ma io scuoto la testa e comincio a singhiozzare.

-Quando avete registrato questa ... Questa cosa?- le chiedo con astio.

Lei mi guarda, ha lo sguardo dolce.

-Il giorno prima della Caduta. Lui era triste quando pensava non lo vedessi. Io lo avevo capito subito ... Mi spiace- mi risponde giocando con le estremità della sciarpa, piange.

Molly mi mette una mano sulla spalla e mi abbraccia.

 -Mi spiace John ... Lui aveva detto di non parlarne a nessuno. Aveva detto "Molly, credo di star per morire ..." e da lì mi ha chiesto di aiutarlo a registrare questa ... Cosa. Non si sentiva a suo agio con il registratore- ride appena.

Sorrido pensando a Sherlock.

-Immagino ...- sussurro.

-Mi ha chiesto di prendermi cura di te, John. Sapeva che non saresti riuscito ad andare avanti da solo- mi dice poggiando una mano sulla spalla, solidale.

-Sempre il solito ...- ridacchio - Mi manca, Molly- gli dico affondando le mani nei ricci di Sherlock. Dannazione, mi sento una specie di profanatore di tombe.

Ma Molly non muove un dito quindi credo si possa fare.

-Lo so ... Mi ha detto che ti amava- mi dice, il tono si fa un po’ più freddo.

-Lo amavo anche io- rispondo, guardandola amareggiata.

Non vedo quasi nulla, le lacrime mi annebbiano la visuale.

Sposto lo sguardo su Jim. I capelli sono perfettamente tirati all'indietro, gli occhi sono già chiusi, sul volto ha ancora una specie di sorrisetto, ma è bianco come un cencio.

-Sembrava un bravo ragazzo quando l'ho conosciuto- esordisce Molly, avvicinandosi a Jim. -Era anche bellissimo ... Peccato ...-

La guardo, sorridendo appena. Molly lancia un'occhiata all'orologio e batte le mani producendo un suono ovattato attutito dai guanti.

Guanti e sciarpa sono abbinati, hanno la stessa fantasia di colori e forme ricamati sopra.

-Bè ... Si è fatto tardi. Molti sospetterebbero se vedessero l'obitorio ancora accesso. Sarà meglio andare- chiude Jim e mi guarda

 -Vuoi salutarlo, di nuovo?- mi dice guardandomi negli occhi. Annuisco e mi avvicino a Sherlock. O meglio, al suo corpo, rigido, bianco, freddo.

-Una volta ... Una volta mi hai detto che non eri un eroe ... Alcune volte non sembravi nemmeno un umano ma ... Lascia che ti dica una cosa: tu eri l'uomo migliore che io abbia mai conosciuto e nessuno riuscirà a convincermi che mi hai detto una bugia, ecco. Ero molto solo e ho avuto bisogno di te molto più di quanto tu creda. C'è solo un'ultima cosa ... Un ultimo miracolo Sherlock. Non essere morto. Per me. Smettila, smettila con questa farsa. Io credo ancora in te. Ti amo Sherlock- comincio a singhiozzare, passando freneticamente la mano tra i suoi capelli e Molly con un gesto secco richiude tutto.

Ci precipitiamo fuori e c'è un freddo pungente.

-John ... Credo sia meglio che tu ... ritorni a casa. Smettila, davvero. Salta tutte le tracce, arriva alla tua, torna a casa e non pensarci mai più- mi dice Molly mettendosi i guanti di lana.

-Non posso ... È ... È un mio compito. Io devo onorare la memoria di Sherlock. Devo sapere. Cerca di capire- la guardo supplichevole mentre lei mi getta le braccia al collo in un abbraccio caloroso e mi batte le mani sulla schiena in maniera solidale.

-Ti ammiro davvero tanto, John- mi dice mentre si ricompone e mi lascia andare. Io vado da un lato e lei da un altro.

Riprendo l' iPod e premo di nuovo PLAY.

PLAY.

Victor Trevor ... Ben tornato Vic. Non sarà per nulla allegro, ci tengo a precisarlo.

Non che ci sia stato qualcosa di allegro.

 

A differenza di tutti gli altri, di questo 'Victor Trevor' ne ho sentito parlare una volta sola. Era uno dei suoi amici più intimi dell' Università. Ma non capisco, a distanza di anni, come lui abbia ancora contribuito al suo suicidio.

Bè, non sarà allegro per voi, ma per me lo sarà parecchio.

 

Batte le mani e le strofina, poi ci soffia sopra. Faceva freddo anche quel giorno, a quanto pare.

PAUSE.

 

Note dell’ Autrice.

Hola, mi spiace per il ritardo ma non sapevo come andare avanti e la mia beta si è presa le sue meritate vacanze, quindi mi sono presa una pausa.

Anyway, se riesco, Mercoledì arriverà un altro capitolo. E nulla, spero il capitolo vi sia piaciuto. Ringrazio voi che seguite e vi premunite a recensire, siete veramente delle cutie

With so much love,

BAZINGAA!

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Capitolo 6
*** Traccia Quinta. ***


Traccia Quinta.
Londra di notte è particolarmente inquietante. Per le strade non gira neanche un' anima che sia una.
Premo PLAY, per sentirmi meno solo e continuo ad illudermi che accanto a me in questo momento ci sia Sherlock che mi parla di un caso piuttosto complesso e di come lui lo abbia risolto brillantemente.
 
PLAY.
Victor Trevor è stato uno dei miei compagni all'Università. Oltre ad essere un caro amico è stato anche il mio primo caso. Ero ancora piuttosto inesperto, ma ci sapevo già fare. Suo padre era stato ucciso e lui era avido di vendetta, per cui mi chiese una mano per trovare il colpevole. Prima di continuare però, vorrei che andaste al cimitero. No, non è un luogo a caso e la morte non c'entra niente adesso. O meglio, non c'entra niente con me.
PAUSE.
 
Sospiro esasperato e chiamo un taxi.
Mi sorprendo che a quest'ora continuino a passarne anche se non c'è più nessuno in giro.
-Il cimitero, grazie- dico sbrigativo al tassista e gli porgo i soldi.
 Mi accorgo che non me ne rimangono tanti e quindi decido che alla prossima tappa me la farò tutta a piedi, non importa quanto lontano sia.
 Arrivo al cimitero e premo di nuovo play.
 
PLAY.
Bene, se siete al cimitero, vorrei che vi dirigiate alla lapide di Louis Trevor, il padre di Victor. Non potete sbagliare, ci sono delle calendule appoggiate sopra e la foto è piuttosto vecchia, di quando Louis era nel fiore dei suoi anni, al tempo della spedizione contro i Tedeschi durante la seconda guerra mondiale.
PAUSE.
 
 Comincio a girovagare per il cimitero e mi accorgo solo ora di quanto sia inquietante, specialmente di notte.
E senza contare il fatto che, tra poco sarò io a portare dei fiori nel posto dove Sherlock verrà sepolto.
Dopo pochi minuti, trovo la lapide che sto cercando.
È sotto una quercia secolare, sembra ci sia da molto, perché non è particolarmente nuova.
Ci sono le calendole (ormai appassite) e la foto di cui parlava Sherlock.
Era un bell'uomo: alto, slanciato, tra le dita stringeva un fucile, credo sia un Lee – Enfield (1).
I capelli sono neri e pettinati all'indietro, secondo la moda dell'epoca.
Premo di nuovo PLAY.
PLAY.
Bene, se avete trovato la lapide rimaneteci, non per mia volontà, ma per rispetto di quest'uomo.
Quando quest'uomo è morto, non ha avuto un trapasso “pacifico”.
L'assassino non lo ucciso in maniera normale, voleva che morisse con tutta la sua volontà.
Quando è stata fatta l'autopsia, hanno trovato dei mozziconi di sigaretta dentro la gola, glieli avevano fatto ingurgitare a forza.
Quando l'ho trovato sulla scena del crimine, morto, aveva le braccia mozzate e gli occhi non c'erano più.
Per molti era un abominio, ma per era vera manna dal cielo.
Il mio primo vero caso.
 
Quando dice l'ultima frase sembra quasi emozionato all'idea.
E io non posso fare a meno di ridacchiare.
 
Le cose però non andarono come previsto.
Non riuscì a risolvere il caso. La polizia fece i suoi soliti stupidi interrogatori, rozzi e banali che non portarono a niente, sia a Victor, che alla madre, che al Maggiordomo.
Alla fine incolparono il Maggiordomo, ma le cose non quadravano completamente.
C'era sempre qualcosa che mancava, qualcosa che mi sfuggiva, che non riuscivo a capire bene ...
PAUSE.
 Una mano mi si poggia sulla spalla.
Non è pesante, è leggera ed elegante. Mi volto e vedo un volto particolarmente somigliante a quello nella foto.
Occhi verdi, capelli neri e pettinati all'indietro, bocca sottile e guance piuttosto scarne.
Alto, magro e slanciato proprio come Louis.
Ha delle occhiaie che fanno paura, ma nemmeno le mie sono poi migliori.
Mi sorride amichevole.
-Tu sei John ...- mi dice in un sussurro -Sherlock mi ha parlato molto di te.-
Lo guardo, sgrano gli occhi, stupefatto.
 -C-Cosa? Sherlock ti ha parlato di me? E poi tu chi sei?- chiedo, più per rispetto che per curiosità visto che so perfettamente che lui è Victor Trevor, il figlio dell'uomo sulla lapide.
 -Oh, andiamo, sai già la risposta- mi dice sorridendo.
Poi sposta lo sguardo sulla lapide del padre e la sua faccia diviene estremamente cupa.
-Victor Trevor, giusto?-
Lui non smette di guardare la lapide
 -Vic, per gli amici- continua.
Mette una mano sulla lapida e poggia il ginocchio a terra.
-Queste calendole sono dei fiori talmente belli... ma appassiscono subito- sussurra, spostando quelle appassite e rimpiazzandole con delle nuove, fresche e profumate.
 -Quindi è arrivato anche a te?- si rialza e si pulisce sbarazzino il vestito.
Mi punta gli occhi addosso e poi mi sorride cercando di mettermi a mio agio.
 Non posso fare a meno di sorridergli anche io.
Sembra così amichevole e familiare che se solo volessi lo abbraccerei immediatamente.
Annuisco, prendendo dalla tasca del giubbotto l'iPod e glielo mostro. Lo guarda per un momento e poi me lo dà di nuovo.
-Sai, dopo l'Università, io e Sherlock siamo rimasti ottimi amici. Bè ... Lui a volte veniva da me e mi parlava dei suoi casi: Carl Powers, Genevieve DeBlanc, Lucy Parsons, Jack Greer, Susie Collins, Cristopher Scarf ... Fino ad arrivare a quello della Signora in Rosa, dove ti ha incontrato. Quando mi parlava di te, del tuo altruismo, della tua simpatia e a volte anche della tua bellezza, gli brillavano gli occhi. Non credo ti abbia mai rivelato questo lato di se per un semplice motivo ... Era il suo lato fragile- mentre parla si guarda le scarpe, quasi fosse mortificato per averlo conosciuto sotto una luce diversa.
Io lo guardo, ma sono semplicemente incredulo.
Non sono carico di odio o risentimento, ne carico di gelosia o invidia.
No, semplice incredulità.
-Quando mi ha detto quello che hai fatto per lui, in questi anni di convivenza, ho capito subito che vi amavate entrambi ma eravate troppo orgogliosi per dirvelo. Ne ho parlato con Sherlock ... Solo che lui come sempre voleva trovare il momento giusto per dirtelo, per essere teatrale. Ma il momento giusto non è mai arrivato e tu ... Sei rimasto nell'ignoto, brancolando nel buio.-
 Lo guardo e annuisco.
 Lui solleva lo sguardo e mi sorride, come se avesse trovato di nuovo la ragione per continuare il suo discorso.
-Sherlock non è mai stato bravo con i sentimenti ... Neanche quando era con me- continua lui -lui era fatto così ... Sapeva baciare e abbracciare meglio di chiunque altro ... Ma non riusciva ad esprimere nulla a parole- ora il tono è carico di imbarazzo.
Lo guardo e sorrido.
 -Mi dispiace ...- continua, mentre credo stia singhiozzando.
Lo guardo e gli poggio una mano sulla spalla.
-Sono contento per te- riesco solo a dire.
Lui mi guarda e credo sorrida.
-Anche noi abbiamo avuto alcuni momenti di particolare intimità ... E sì, so benissimo come baciava Sherlock (2)- concludo.
Lui mi guarda e mi sorride, sembra piuttosto contento.
-64C, St. James- mi dice alla fine.
-Come, scusa?- gli chiedo confuso.
 Lui mi guarda, sorride e scuote la testa.
 -Per quando dovrai inviarmi il “testamento” di Sherlock. 64C, St James, il mio indirizzo di casa- prende un foglietto strappato, ci scribacchia sopra e me lo porge.
-Così non lo dimentichi. Ora devo andare. Ciao John- mi sorride e indugia un po’, prima di andare.
Sono combattuto se abbracciarlo oppure no, ne sa più lui su Sherlock che tutti gli altri matusalemme, che si vantavano di conoscerlo, messi insieme.
Alla fine, per correttezza, decido solo di porgergli la mano e stringergliela calorosamente.
Prima di andarsene mi batte una pacca sulla spalla e poi risale il pendio e se ne va.
Lo seguo con lo sguardo finché non lo vedo più e quindi premo di nuovo PLAY.
PLAY.
... che non riuscivo a capire bene. Poi, ho realizzato. Ciò che non tornava, non mi quadrava, era il semplice fatto che il Maggiordomo non c'era stato tutto il giorno, ma aveva assistito la madre di Victor, visto che è malata di SLA.
Quindi dove aveva trovato il tempo per
quella brutale esecuzione?
Ma poi ho subito realizzato.
Mi ricordo ... Mi ricordo di aver parlato con un certo Michael Dickens, il collega in affari del signor Trevor.
Si diceva addolorato per la scomparsa dell'amico.
Tanto addolorato da ucciderlo brutalmente, perché la loro società non riusciva a spiccare e lui non sarebbe riuscito mai a diventare un grande imprenditore con il signor Trevor tra i piedi.
 Quindi ha deciso di sbarazzarsene, uccidendolo.
Ora, Victor, se vuoi puoi compiere la tua vendetta.
 
Quando pronuncia l'ultima frase la voce si fa più bassa e baritonale del solito, e diventa quasi inquietante. Se non conoscessi Sherlock, giurerei su tutto ciò che mi sta più a cuore, che fosse un assassino. Ma Sherlock si divertiva a risolvere e non a creare.
 
Bene, ora arriviamo alla vere motivazioni per cui sei coinvolto, Victor.
Una volta mi hai detto che "non dovevo farmi mettere i piedi in testa da nessuno, non dovevo dipendere da nessuno."
 Mi dispiace dirtelo, ma sei un ipocrita dato che stavo cominciando a dipendere da te.
Ogni piccola cosa, ogni piccolo aiuto in fatto di emozioni si stava trasformando in una cosa più grossa e più grande per entrambi.
Non avrei mai dovuto legarmi così tanto a te, avrei dovuto cercare di mantenere le distanze, avevo John.
Ma tu non hai voluto lasciarmi andare.
Eri diventato dipendente da noi due, quando sapevi che non esisteva più nulla, perché c'era John.
John c'è sempre stato, Victor, eri tu che non lo vedevi, non volevi vederlo.
E mi dispiace veramente molto per averti fatto soffrire Victor.
Davvero, mi dispiace.
PAUSE.
 
Il tono di voce di Sherlock sembrava davvero mortificato, dispiaciuto. Non l'ho mai sentito così. Lui poteva essere di tutto, ma mai dispiaciuto. E per me è una vera sorpresa ritrovarlo così.
 Mi abbasso su un ginocchio, quello buono, e in segno di saluto e rispetto tocco la lapide del Signor Trevor. Risalgo il pendio ed esco dal cimitero.
 
PLAY.
Bene, quindi siamo alla sesta motivazione? Dio, si sta facendo tutto più difficile. Ebbene, ora credo ci sia tu ... Sì proprio tu.
 
Mentre cammino senza meta gioco con una lattina.
Chiudo gli occhi un istante e aspetto che Sherlock parli.
Fratello.
 
Lo sento sussurrare con astio.
Dannazione, anche Mycroft Holmes è coinvolto in questa maledetta faccenda?
 
 
 
 
Note dell’ autrice e altre cavolate varie che a nessuno interessano.
Hola!
Bene, sì, anche il quinti capitolo è arrivato anche se devo dire è stato un vero e proprio parto.
Infatti mi scuso per il ritardo :c
In ogni caso avete conosciuto Victor Trevor (Vic, per gli amici). Come vi sembra? Lui esiste nel canone (bè lo hanno solo nominato) ma è stato un personaggio piuttosto importante nella vita di Sherlock (si diceva fosse un amico particolarmente intimo di Sherlock e si diceva anche condividessero insieme la stanza all’ Università) e quindi io ho voluto inserirlo.
Ringrazio, come sempre, Inathia Len che ha betato con pazienza e in maniera eccellente e tutti voi che recensite, seguite, ricordate e preferite (siete tantissimi e siete tutti meravigliosi!)
Eh niente ci vediamo al prossimo capitolo.
With so much love,
BAZINGAA!
 
 
(1)    Il Lee – Enfield è stata un'arma di ordinanza della fanteria britannica per più di mezzo secolo. Ha avuto larga diffusione durante la prima e la seconda guerra mondiale. (Fonte: Wikipedia)
(2)     Ho deciso che Jawn e Sherlack (questi due patatini) avessero avuto un momento particolarmente intimo dove è scattato questo bacio … Vabbè, tutto sarà spiegato meglio nell’ ultimo capitolo.
 

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Capitolo 7
*** Traccia sesta. ***


Traccia sesta

Ho le mani in tasca e giro per Londra, di notte.

Potrei sembrare un qualsiasi maniaco, ladro o assassino.

Ma invece sono più semplicemente alla ricerca di qualcuno che non vedrò mai più. Un qualcuno che mi sono lasciato scappare in maniera così meschina ed egoista. Ho sprecato gli ultimi momenti con lui, le sue ultime parole.

Ho sprecato lui.

Passo accanto ad un uomo, ben vestito, alto, appoggiato ad un ombrello e non mi accorgo che adesso mi sta seguendo e mi sta chiamando, perché ho ancora Sherlock nelle orecchie.

 

PLAY.

Mycroft, caro fratellone.

Oh, quanti rimorsi, quanti trascorsi ... Non credo ci riappacificheremo mai del tutto.

Ma la colpa è semplicemente tua.

 Non mia, tua.

Già.

Il mio caro fratellone: quello che mi ha assicurato un posto all'Università.

"L'intelligenza è massima ... Ma è un egocentrico, non possiamo accettarlo" mi dissero.

Poi, il giorno dopo ci sei andato tu, hai ammiccato, quanto bastava per garantire chissà quale lusso alla preside, e io sono entrato all'Università.

Tu sei anche il caro fratello che mi comprò il violino, certo.

E il caro fratello che "Mamma, Sherlock ha di nuovo sezionato i girini!"

Oh, ma mamma non sa che anche tu li sezionavi.

 

Mi scappa una risatina.

“Sherlock bambino” sarebbe stato esilarante da guardare.

Sempre serio e che con una sola occhiata riesce a capire il tuo personaggio preferito di ogni cartone animato che guardi.

Dannazione, non riesco a credere di essere arrivato a pensare a Sherlock bambino e alle sue abilità deduttive. Adesso che ci penso, però, avrebbero potuto creare un fumetto.

Ah, lasciamo perdere.

 

Sei anche il caro fratello che "Mamma! Sherlock ruba in casa per droga!" e poi eri il primo che mi diceva dove dovevo andare per prenderne un po’.

Dopo una settimana mi venivi a ripescare da quel giro di tossicodipendenti, ma non mi aiutavi mai davvero.

Buttavi solo l'occhio, ma non ti assicuravi mai che non mi cacciassi nei guai.

E poi, tutte quelle volte in cui mi insultavi dicendomi che ero uno stupido, che i sentimentalismi avrei dovuto lasciarli da parte, avrei dovuto completamente evitarli perché non erano di certo un vantaggio.

Quanti controsensi.

 Oh, ma già, è vero, non puoi dichiarare la tua omosessualità, perché saresti preso di mira, più o meno.

Ma mi dispiace dirtelo, si vedeva l'affinità con il Detective Lestrade, è particolarmente lampante.

 

Sgrano per un momento gli occhi, incredulo.

Non capisco, davvero, dove Sherlock vedesse questa affinità, Greg e il fratello non si sono mai visti, almeno che io sappia.

 E ... E adesso salta fuori di questa storia segreta, così segreta da mettere in bilico la carriera di Mycroft.

 Mi passo una mano tra i capelli e mi fermo, in mezzo alla strada.

Sento una mano sulla spalla, mi volto e mi ritrovo davanti Mycroft Holmes che, con il suo solito sopracciglio alzato, mi scruta in malo modo.

-Dottor Watson … Cosa ci fa a quest’ora così tarda per strada?-

Tipico di Mycroft, anche lui è per strada a quest’ora, ma per lui è semplicemente una cosa normale.

-Io … Passeggiavo- cerco di uscire fuori da questa situazione imbarazzante sfoggiando il più rassicurante e convincente sorriso che mi riesce ma questo non sembra aggirarlo perché è ancora con il suo sopracciglio alzato e scandisce un ritmo con la punta dell’ombrello.

-Allora?-

Alzo le mani in segno di resa e mi arrendo vuotando il sacco.

-Okay ... Sto ascoltando le ultime volontà di Sherlock- gli rispondo, porgendogli l' iPod.

Lui lo guarda, se lo rigira tra le mani per un po' e poi me lo da di nuovo.

 -Una perdita di tempo, ovviamente- mi dice mettendosi in posizione eretta e girandomi le spalle, cominciando a camminare lentamente, quasi al rallentatore.

-Una perdita di tempo? Una perdita di tempo? Senta, io non so i trascorsi che aveva con Sherlock e non li voglio sapere e che lei abbia un cuore di ghiaccio è risaputo, ma ... Come può catalogare una perdita di tempo le ultime volontà di suo fratello? Come?-

Non so dove trovo il coraggio di urlare contro Mycroft - letteralmente - il - Governo - Inglese - Holmes, in piena notte, per giunta.

Ma lo faccio, gli urlo contro e lui si ferma all'improvviso.

Personalmente la trovo una piccola vendetta personale ...

Desideravo urlargli contro tutti i risentimenti che provavo verso il suo carattere, così cinico e meschino, da tempo ormai, quindi faccio un piccolo sorrisetto che si spegne non appena lui si volta a guardarmi e, facendosi leva sul suo ombrello, avanza verso di me.

 Lo scruto, ogni suo movimento, e nei suoi occhi vedo una scintilla di dispiacere.

Solo per un nanosecondo, ma riesco a vederla.

Mycroft Holmes è dispiaciuto per la perdita di Sherlock, realizzo. In fondo, era suo fratello.

-Sempre a prendere le difese degli altri, vero, Dottor Watson? Non riesce proprio a capacitarsene che mio fratello sia morto. Non può farcela. Non se la sente proprio di voltare pagina, di tornare alla sua vita prima di Sherlock?- mi chiede mentre si sposta alla luce del lampione.

In tutta risposta riesco solo a scuotere la testa e abbassarla per guardarmi le scarpe e lui, il bastardo, sorride beffardo e mi si avvicina ancora.

-È un egoista. Lei davvero crede di essere l'unico che da questa faccenda ha tratto solo lacrime e dolore? Le faccio un esempio: Gregory Lestrade. Non vuole tornare a Scotland Yard, non senza vedere lei e Sherlock scorrazzare per i corridoi. Philip Anderson non vuole uscire di casa, pensa che Sherlock sia vivo perché il senso di colpa si sta nutrendo di lui- fa un lungo sospiro prima di continuare - Il Sergente Donovan, anche lei, si sente tremendamente in colpa. Vuole che continui la lista o mi fermo qui?- mi chiede alla fine, in un sussurro, con il solito sorrisetto.

 Io scuoto la testa e continuo a guardarmi le scarpe imbarazzato, mentre mi passo una mano tra i capelli e sbadiglio per la stanchezza.

-Mi dispiace per lei, ma non c'era alcun modo per aiutare Sherlock. Avrebbe dovuto pensarci molto prima. E crede che ricordandolo lo farà tornare qui? Sul serio?- Mycroft ridacchia e io lo fulmino con lo sguardo prima che prosegua.

-No ... Ma posso sempre onorare il suo ricordo- sussurro in risposta, a denti stretti.

 Lui mi guarda, confuso e poi sorride, il sorriso di uno che ha dedotto tutto.

Lo conosco quel sorriso, perfettamente, quante volte si è disegnato sulle labbra di Sherlock.

-Quanto deve essere stato frustrante, per lei, vivere sul campo di battaglia con il rimorso di non poter salvare tutti i feriti? O vedere bambini farsi saltare in aria senza la possibilità di fare nulla o di aiutarli? Ma a lei piaceva, altrimenti non si sarebbe arruolato, giusto?- mi guarda col solito sorrisetto e io annuisco. -Anche a Sherlock piaceva. Questa mania di essere sempre nei guai, per le altre persone, per aiutarle, di essere sempre sotto tiro di cecchini, serial killer, assassini, psicopatici. E in più ha assecondato anche il volere di uno psicopatico pur di non annoiarsi ...- mi spiega con semplicità.

Lo guardo a metà tra lo scioccato e il disgustato.

Davvero pensa che Sherlock si sia ucciso per contrastare la noia? La cosa non mi sorprende, dato che una volta ci stava provando veramente.

Ma ... Dio, non ci credo, no.

 Non può essere.

 Sherlock non può essere morto per questo, per la noia, o per scollarsi di dosso tutto ciò che i giornali avevano detto su di lui e uscire di scena in grande stile.

 Dannazione, no, non ci credo ne ora ne mai.

-Si rende conto ... - comincio e poi mi muoiono le parole in bocca.

Lui mi guarda, mi sprona a continuare.

-Si rende conto delle parole che stanno uscendo dalla sua fottuta bocca? Santo Dio, pensare ancora che Sherlock si sia suicidato per noia, fottutissima noia! E invece no! Sherlock è morto per colpa loro!- tiro fuori dalla tasca l' iPod e glielo metto sotto il naso adunco, - ... Per colpa di queste persone Sherlock è morto! Per colpa di Kitty Riley, Mike Stamford, la sua cara Anthea, Irene Adler, Victor Trevor, Greg, Anderson, Donovan, me e altre cinque persone che devo ancora ascoltare e glielo dico adesso, non lo trovo affatto piacevole! Oh, e mi sono dimenticato che c'è anche lei in questa fottuta lista!-

Dannazione, è la seconda volta che gli urlo contro, devo darmi un contegno.

Ma non ci riesco è fottutamente divertente, più o meno.

Lui mi guarda e … sta zitto. Non replica. Il che mi sorprende.

 Mi volta le spalle e se ne va facendo ruotare il suo ombrello.

-Arrivederci, Dottor Watson- mi saluta, a metà strada.

Faccio un sorrisetto.

I fratelli Holmes non si smentiscono mai.

 

PLAY.

Per non parlare del fatto che mi ha portato a questo, al suicido. Tu mi hai venduto a Jim Moriarty, in cambio di piccoli indizi che potevano servire per smantellare la sua rete criminale.

Come ogni fratello maggiore avresti dovuto proteggermi, e invece mi hai buttato in pasto al leone!

 

Al momento credo abbia alzato la voce, anzi credo che stia urlando tutta la sua rabbia repressa.

È ... È inquietante sentirlo così arrabbiato.

 

E adesso, mentre tu sei lì, sulla tua poltrona a bere brandy al Diogenes Club, io sono sottoterra.

 

Mi rendo conto di quanto veritiera sia questa frase solo dopo averla sentita.

 Se l'avesse detta Sherlock, da vivo, avrei pensato che fosse uno dei suoi soliti toni drammatici.

 Ma il problema è che essendo morto, Sherlock e le sue frasi ad effetto fanno male, sempre più male.

 

Quindi, dicevamo? Oh, già, il mio caro fratellone.

Colui su cui potevo contare, quello di cui potevo fidarmi, quello che ci sarebbe stato sempre nei momenti di bisogno per aiutarmi, per salvaguardarmi, per proteggermi.

Ha fatto tutt'altro, lui mi ci ha portato a braccetto verso la morte.

PAUSE.

 

Intravedo un cagnolino e pur di non scoppiare a piangere come una scolaretta lo chiamo e lui si avvicina, piano.

Non so di che razza sia, non mi interessa ...

 So solo che devo distrarmi. Lo accarezzo, il pelo è folto, non è randagio, ha la targhetta, e non sembra nemmeno stato abbandonato da troppo tempo.

 Anzi, non penso nemmeno sia stato abbandonato.

Chi abbandonerebbe un cane per strada, con la targhetta?

Continuo ad accarezzarlo e lui mi si accoccola vicino la gamba.

 Mi si illuminano gli occhi e, intenerito, lo prendo in braccio e guardo la targhetta.

Joe Montgomery, 33A di Dean Street, Soho.

Soho? Seriamente? Il quartiere gay di Londra? Inarco un sopracciglio e guardo il cane che mi ritrovo in braccio.

Ha una faccia mogia mogia, sta cercando il proprio padrone come un ago in un pagliaio. È impossibile resistergli così gli sorrido e gli faccio il solletico sulla pancia.

-Avrei voluto un cane come te ... Sei così carino. Ti aiuterò, ti porterò dal tuo padrone.-

Oh, bravo John! Sei già impazzito di tuo e ora ti metti pure a parlare con i cani?

Dannazione.

 

 

 

 

 

-Dai perché no?- John gli sorride mentre digita sul suo laptop come un forsennato.

-Semplicemente perché sono troppo pelosi. Il pelo canino mi da fastidio- gli risponde Sherlock, seccato, mentre conduce un esperimento, concentrato.

 Lo guarda dai suoi enormi occhiali da chimico e si sistema la camicia viola, con indifferenza.

John sbuffa e si alza dalla sedia per avvicinarsi a lui e mettergli una testa sulla spalla per vedere meglio cosa sta facendo. Sherlock sorride e si volta a guardarlo.

Si guardano sempre così ... Si lanciano lunghissimi sguardi, si sorridono come due che hanno già capito tutto quanto.

 -Dai Sherlock ...- gli sussurra John all'orecchio mentre gli tocca i capelli.

Sherlock ritorna a guardarlo, interrogativo, mugugnando un piccolo "Mh?"

-Possiamo comprarne uno dal pelo corto, no?-

Sherlock sbuffa e rotea gli occhi.

-Eddai .. Lo crescerò io!- Sherlock si allontana da John e si dirige verso la cucina.

 -No ...- sospira Sherlock appoggiandosi al piano di marmo.

-Dai ... Non ti darà fastidio!-

John gli si avvicina e gli tocca il braccio. Sherlock guarda quel movimento ... Non è infastidito, sorride.

-Questo è un sì?- chiede John con due enormi occhi che farebbero intenerire chiunque.

Sherlock ride e scuote la testa.

-Vuoi davvero che lo sezioni?- gli chiede Sherlock, sventagliandogli il bisturi sotto il naso, con un sorriso furbo sulla faccia.

 John sbuffa e abbassa la testa, sconsolato.

 -No ... Lasciamo stare ...-

Sherlock lo guarda ... Ha urtato i suoi sentimenti, lo ha capito fin troppo bene quando John si allontana e ritorna a fissare lo schermo del suo computer, digitando dei tasti sulla tastiera.

Sherlock non sa bene cosa fare, in quel momento.

È tutto ambiguo.

Non capisce e allo stesso tempo capisce fin troppo bene.

Capisce che prova per John qualcosa di più e capisce che anche John prova qualcosa di più ...

Il problema è: cosa provano l' uno per l'altro?

Amicizia? Ha tolto quella parola dalla sua lista da un po' di tempo.

Stima reciproca? No... È qualcosa di più forte.

Amore? Non lo sa... Non capisce... Non comprende.

John invece sì, ha capito, ha capito tutto da molto tempo, da quella notte in piscina con Moriarty.

Ha capito che avrebbe dato tutto pur di far star bene Sherlock, pur di vederlo felice, ha capito che Sherlock è bisognoso di aiuto, ha capito che Sherlock non è felice.

 Se solo fosse arrivato prima lo avrebbe salvato ... Avrebbe potuto rimediare.

Ed invece ...

Sente la mano di Sherlock sul suo braccio che lo percorre per intero fino ad arrivare alla sua mano.

 Sherlock non ha mai amato il contatto fisico.

 Sì, abbraccia spesso la Signora Hudson con entusiasmo ... Ma non aveva mai avuto dei contatti così ravvicinati con lui, con John.

Ma a John la situazione non dispiace per niente, anzi sorride.

Appena arriva sulla sua mano, ferma il suo frenetico digitare e sente Sherlock operare una leggera pressione. John intreccia le sue piccole mani su quelle lunghe e snelle di Sherlock e lo stringe, lo stringe forte e allo stesso tempo piano, dolcemente, impaurito che col suo solo tocco possa sfaldarlo, distruggerlo.

Sherlock sorride piano e si abbassa fino a poggiare la sua testa sulla clavicola di John. John sorride e volta la testa verso di lui.

-Trovi errori questa volta nel mio blog?- gli chiede con sarcasmo.

Sherlock ridacchia.

 -Appena un paio- gli dice stuzzicandogli il naso.

John incrocia le braccia e fa il finto offeso ma poi comincia a ridere mentre Sherlock lo guarda confuso.

 -Cosa c'è da ridere?- si rialza e ritorna alla posizione eretta e guarda sorridente John, che si tiene la pancia mentre ride.

-Nulla solo ... Che anche in un momento così "intimo" rimani sempre il solito idiota. La mia era una domanda retorica.-

 John prova a riprendere fiato mentre si alza e gli si avvicina e vede Sherlock piegare la bocca in un piccolo sorriso.

 John lo guarda per un lungo periodo e quando lo guarda, non è più lo Sherlock che vede nelle scene del crimine di solito.

Vede uno Sherlock fragile che, dietro quelle braccia conserte, nasconde una storia intera, di uno che ne ha passate tante.

John gli si avvicina piano e fa sciogliere quelle braccia così dure e piazzate e appoggia la testa sul suo petto e gli circonda la vita con le sue braccia forti e robuste da soldato.

Sherlock rimane con le mani all'aria, sconvolto.

John sorride e lo annusa: sa di tea e di acido cloridrico, sa ancora di mattina quell'odore che ti rimane quando ti svegli, l' odore del sonno.

-Sherlock ...- sussurra John, mentre Sherlock, indeciso, gli mette le mani sulla schiena e infine decide di stringerlo forte a se.

-John …- gli risponde Sherlock in un sussurro.

Non hanno bisogno di dirsi altro.

E’ perfetto così, a loro va bene.

John scioglie l' abbraccio ed entra in panico.

E se fosse stato troppo avventato? Se non avesse fatto bene ad abbracciarlo? Se si fosse esposto troppo? Sherlock non si era minimamente lamentato, lo aveva abbracciato anche lui, aveva "ricambiato", come se quel gesto potesse confermare tutto quello che John pensava da tempo.

Ma lui continuava a sentirsi scomposto.

Tornò a sedersi sulla sua sedia e tornò a digitare i tasti del suo computer, mentre Sherlock tornava ai suoi esperimenti, più sconvolto di John.

 

 

 

 

 

Ho suonato due volte al campanello del 33A di Dean Street nel quartiere di Soho. Mi sono promesso che dopo il terzo squillo "a vuoto" me ne ritorno a casa e lascio il cane sulla soglia.

 Mi guardo intorno ... Ci sono stati alcuni ragazzi che hanno cercato di rimorchiarmi.

Suono un' altra volta e mi sistemo il cane in braccio.

-Un attimo, un attimo, arrivo!- una voce da dietro la porta mi infonde speranza, così mi sistemo i capelli, mi passo una mano sulla faccia, come se potessi eliminare le occhiaie che mi si sono formate durante il tempo, mi sistemo anche i vestiti e aspetto.

Quando si apre la porta davanti mi trovo un uomo alto, snello, con gli occhi neri e i capelli biondi, che si appoggia allo stipite della porta, quasi fosse una donna.

-Che succede, tesoro?- mi chiede piegando la mano e sorridendomi.

Mi trattengo dal scoppiargli a ridere in faccia e tossisco cercando di camuffare la risata.

-Sono ... Mh ... Sono venuto per riportarle il suo cucciolo- gli mostro il cane e lui spalanca la bocca e si porta le mani al cuore, in preda ad una crisi di pianto.

 Lo guardo inarcando un sopracciglio, confuso.

Sta per sentirsi male?

-Oh mio Dio! Fiffi! Credevo di averti perso per sempre! Tesoro! Vieni qui!-

Tossicchio ancora un po’ ... Non penso di poter resistere ancora dal ridere ...

-Sei veramente una persona dolcissima! Vieni qui, tesoro, lasciati abbracciare!-

Mi abbraccia frenetico e io rimango indeciso se ricambiare oppure no. Alla fine decido di ricambiare.

-Vuoi venire dentro, tesoro?- mi chiede.

Io tossicchio di nuovo e scuoto la testa.

Lui fa il finto offeso ma poi ridacchia e mi da un bacio sulla guancia prima di rientrare, come se ci conoscessimo da tempo, con quello che a quanto pare si chiama "Fiffi", in casa.

 Io comincio a camminare e ritorno sui miei passi e comincio a ridere come se non ci fosse un domani.

Poi mi ricordo di Sherlock e la felicità sparisce.

Prendo le cuffie e l' iPod e ritorno ad ascoltare Sherlock.

 

PLAY.

Non so se avete mai letto la "Divina Commedia" di Dante.

Diceva che più si scendeva nei gironi dell' Inferno, più i peccati diventavano gravi.

Quindi cominciate a sentire un po’ di più il peso della mia morte ora, scommetto.

Bene, siamo arrivati a ... Grant Lestrade?

 

Sento Molly sussurrargli che il suo nome è "Greg" e non "Grant" e ridacchio appena quando lui si schiarisce la voce e si corregge.

 

Mh, giusto, Greg. In ogni caso siamo già arrivati a te. Bene.

Stiamo andando più veloci, non trovate?

PAUSE.

 

 

Note dell’ autrice.

Hola!

Scusate se il capitolo è arrivato con leggero ritardo ma ho cominciato il liceo e ha già preso la metà del mio tempo ma non preoccupatevi, nulla mi fermerà dallo scrivere questa fan fiction!

Mi sono accorta che siete in tantissimi (anche se non siete tutte/i a recensire ma va bene, a me basta che seguite la storia! :3) e quindi, diciamo che è anche per voi che sto cominciando.

Ringrazio come sempre la mia beta stupenda Inathia Len che ringrazierò bene quando arriveremo alla fine di questa storia, ossia all’ epilogo.

Ringrazio tutti quelli che recensiscono e tutti quelli che mettono tra preferiti/seguiti/ricordate e chi è entrato in questa storia per la prima volta e che vuole leggere in silenzio.

Ora, il capitolo.

Ho messo quel “flashback” per farvi capire un po’ la situazione tra i due patatini (Perché secondo me tra loro due c’era qualcosa che non abbiamo visto, ovviamente. E quindi piccoli stralci di vita quotidiana che appariranno qualche volta ogni tanto) e quella scena del ragazzo “gay” e il cane per alleggerire un po’ l’attenzione.

Ditemi se Myc è OOC la prossima volta cercherò di migliorarmi ^^

Ora, siete curiosi di conoscere cosa c’entra Greg in tutto questo?

Stay Tuned!

P.S. Prima di lasciarvi del tutto, ho creato un profilo Facebook dedicato solamente al mio account su EFP e quindi se avete domande o volete semplicemente che tipo è la ragazza che scrive queste storie terribili (che a voi piacciono, ma okay, sarà scarsa autostima) potete benissimo contattarmi lì! Vi lascio il link qua sotto!

https://www.facebook.com/profile.php?id=100007162518683

With so much love,

BAZINGAA!

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Capitolo 8
*** Traccia settima ***


Traccia settima.
 
Buio.
 
 
 
 
 
Luce.
 
 
 
 
 
Buio.
 
 
 
 
 
Luce.
 
 
 
 
 
Sono in paradiso?
 
 
 
 
 
-John?-
 
 
 
 
 
È una voce familiare. Sherlock?
 
 
 
 
 
Buio.
 
 
 
 
 
No. Sherlock è morto. Eppure ...
Luce.
 
 
 
 
Gli occhi bruciano. Lacrime o la troppa luce? Non lo capisco.
-John?-
La voce è più calma e preoccupata adesso.
No. No. Non è Sherlock. Lo so.
Mi asciugo gli occhi con la manica del maglione.
Sì, ho pianto, ma non penso sia questo il motivo per il bruciore agli occhi.
Apro gli occhi completamente.
Lestrade. Di nuovo.
-Greg.-
Mi aiuta a rialzarmi e barcollo. Preoccupato mi tasto le tasche dei pantaloni cercando l' iPod e per fortuna lo trovo.
Guardo l'ora.
 Le quattro e mezzo del mattino e la batteria è al 60%.
 -Cosa ci fai ancora per strada? Mi sembravi un barbone ...-
Faccio un mezzo sorriso. Ho veramente un aspetto tanto trasandato?
-Perchè tutti si stupiscono nel vedere me, fuori, a quest' ora e non loro stessi? Anche Mycroft mi ha fatto questa domanda- provo ad alludere a Mycroft ma sinceramente non lo faccio con cattiveria, sono solo curioso.
Vedo la mano di Greg tremare non appena dico il suo nome.
-Oh, Mycroft, certo ..-
 Lo vedo temporeggiare e tormentarsi le mani.
Ho scoperto che quella luce era la luce di una torcia che mi stava puntando addosso per farmi svegliare.
 -Allora, bell' addormentato, ti va di svegliarti completamente o sei ancora da "5 minuti, mamma"?-
Greg prova a scherzare, ma è l'unico a ridere alla sua stessa battuta.
Lo guardo con uno sguardo da cane bastonato perché, sinceramente, non sono proprio in vena.
Faccio per andarmene ma lui mi ferma, mettendomi una mano sulla spalla.
-Ehi, so cosa vuol dire. Sherlock era anche un mio amico.-
Sembra piuttosto addolorato, per questo gli sorrido leggermente e lo seguo verso la macchina posteggiata di fronte "Angelo's".
 Il locale è chiuso ma con la luce dei lampioni riesco ad intravedere di sbieco l'insegna del locale.
Butto un'occhiata alla macchina.
Certo non è una Lamborghini o un Alfa Romeo, anche se non mi intendo di macchine visto che non so guidare, ma è una Macchina con la M maiuscola.
 Placcata nera, lo stemma sul cofano, 4 posti. Ha il tettuccio detraibile perché al momento è come se non esistesse.
-Salta su.-
 Salgo sulla macchina e lo aspetto. Non appena sale anche lui e chiude la portiera, cala il silenzio.
-Cosa aspetti ad ascoltare Sherlock?- mi chiede come se fosse la cosa più naturale del mondo.
-Seriamente? Pensavo vorresti parlare con me o ... Che ne so, vantarti di quanto va veloce questo "gioiellino"- dico roteando gli occhi e virgolettato in aria, ironizzando sui film americani. Lui mi guarda e ridacchia sommessamente, sistemandosi sul sedile.
 -Fa finta che io sia un autista e che tu sia su un taxi. Un pó come hai fatto tu questa sera facendo il pendolare, girando per Londra- mi dice con tutta la semplicità che un solo uomo possa possedere.
Prendo l' iPod e le cuffie, premo il tasto PLAY e ascolto Sherlock.
PLAY.
Lestrade.
Allora, il D.I Lestrade ed io abbiamo un'amicizia ... Si dice davvero così? Amicizia?
 
Ridacchio sommessamente e lo guardo con la coda dell'occhio mentre lui infila le chiave e mette in moto correndo a vele spiegate per la strada.
 
Dicevo, io e il D.I Lestrade abbiamo un'amicizia veramente ... Storica.
Ci conosciamo da quando ho iniziato la mia carriera e mi sono sempre fidato di lui, in tutto e per tutto. Lui era come il mio spacciatore.
 Mi procurava i casi che erano la mia alternativa alla droga e io lo ripagavo risolvendoglieli.
 
Mi gira un momento la testa e solo ora mi accorgo che Greg sta correndo su una strada abbandonata.
No, non sta correndo.
Sta, letteralmente facendo il forsennato e starà sicuramente infrangendo le regole della strada a go go.
Ho la nausea, ma non penso che la colpa sia di Greg che si sta divertendo parecchio.
No, forse non è divertimento ... Forse è dolore ... Forse è rammarico, non lo capisco.
 
Però, a volte, coloro che erano i suoi "amici spacciatori", dubitavano di me, delle mie capacità per invidia. Già, invidia.
Dissero che ciò che mi aveva permesso di risolvere il caso, quella volta, non erano state le mie abilità, ma il fatto che probabilmente avevo rapito i due bambini, in quanto la ragazzina, vedendomi aveva cominciato ad urlare.
 Moriarty avrà sicuramente utilizzato qualcuno di molto simile a me per poi ucciderlo e utilizzare questo avvenimento per mettermi tutti contro.
E il povero Lestrade c'è cascato.
C'è cascato davvero e mi ha arrestato.
La cosa che mi ha colpito e mi ha fatto male è stato il fatto che lui ha creduto ciecamente a quei due idioti che non riescono mai a combinare nulla, diversamente da me che ho sempre garantito a lui la risoluzione dei casi, la mia amicizia ... Io mi fidavo di te, Lestrade.
E adesso ... Non so più cosa fare.
PAUSE.
 
 
Lestrade corre per la strada e dandogli un colpetto con il braccio sul gomito gli chiedo di fermarsi.
Lui lo fa e io scendo velocemente dimenticandomi di chiudermi la portiera alle spalle.
Cammino il più lontano possibile e, mettendo le mani sulle cosce, facendo leva sui ginocchi, vomito sul marciapiede.
Vomito tutto.
Vomito tutto quanto e quando smetto mi sento vuoto, smorto ... Cosa sono adesso?
Mi sento completamente svuotato e sembro un mollusco che cammina per la strada, senza più voglia di vivere, di fare.
Come se la mia vita fosse stata rigurgitata insieme a tutto ciò che avevo nella pancia.
È orribile.
Non pensavo e non avrei mai immaginato questa sensazione di vuoto totale.
Greg si avvicina e mi aiuta, ha la faccia di uno che capisce, che comprende e si limita a sorridermi bonariamente e annuire come per dire "Sì, ci sono passato anche io, puoi parlarmene."
È uno degli amici migliori che si possano desiderare.
 -Greg ...- faccio per scusarmi, ringraziarlo, ma poi sussulto e riprendo a vomitare e lui è semplicemente lì, ad aiutarmi, come se lo sapesse, come se fosse stato preparato per questo preciso momento.
Mi mette una mano sulla schiena e mi aiuta a riprendermi dopo che ho vomitato anche l'anima.
Mi asciugo un angolo della bocca col maglione e ci sediamo a terra, sull' erba, con la testa e la schiena appoggiate alla macchina di Greg.
Siamo sfiniti.
O meglio io sono sfinito.
 Greg mi guarda, preoccupato.
-Devi ancora ...?-
Scuoto la testa, ridacchiando.
-No, per oggi ho finito. Grazie.-
Lui sorride e guarda davanti a se, piega la gamba e ci poggia sopra il braccio, prendendo dalla tasca una scatola di sigarette per poi prenderne una ed accendersela.
 Sospiro esasperato e indico il pacchetto.
 -Hai ricominciato?- gli chiedo e lui mi fa un segno con la mano mentre prende una boccata e indica l'MP3
-Su continua.-
Gli concedo un'occhiata scettica prima di mettermi una sola cuffia e premere PLAY.
PLAY.

Greg, però c'è una cosa che devi fare, per me ... Una specie di ultima volontà ...
Vedo Greg poggiare la testa sulla macchina, quasi fosse stufo e tirare un'altra boccata.
Devi ...
 
-... Prenderti cura di John-
... Prenderti cura di John.
PAUSE.
 
Lo guardo stupefatto.
Chissà quante volte avrà sentito questo pezzo.
Prende un'altra boccata e io mi sistemo sull'erba e lo guardo.
-Tu sapevi ...?- non mi da il tempo di finire la frase che annuisce e elimina la cenere in eccesso dalla sigaretta in maniera svogliata.
-Non sapevo che Sherlock stesse per suicidarsi. Solo che ... Quando ho sentito le tracce, le mie motivazioni e tutto il resto ... Non ho nemmeno continuato ad ascoltare. Ho mollato tutto e sono corso a casa tua con la scusa delle cianfrusaglie di Sherlock. Sapevo che tu prima di Sally e Anderson avresti dovuto ascoltare per renderti conto di tutto quello che Sherlock ha fatto per te. La mia "missione" parte proprio da questo, da queste tracce- prende un'altra boccata prima di riprendere il discorso.
Credo che queste sigarette lo rilassino, come se avessero un effetto calmante su di lui, più dei cerotti alla nicotina che utilizzava anche lui.
-Non è stato un caso trovarti fuori dallo Speedy's e salvarti da quel pestaggio. Non è stato un caso aiutarti, ora. Sherlock mi ha dato un compito ed è giusto che lo svolga, ha fatto tanto per me- sul viso ha un sorriso amaro.
Credo che sia davvero dispiaciuto di essere una delle motivazioni.
Dopo altre poche boccate finisce la sigaretta e si alza.
Saliamo in macchina e mi porta a Scotland Yard. Il viaggio è piuttosto silenzioso.
 -È questa la prossima tappa. Quando hai bisogno di aiuto io ci sono- mi sorride prima di vederlo premere il piede nell’ acceleratore e scomparire, nel buio.
Mi guardo intorno, è piuttosto inquietante e decido di premere di nuovo PLAY.
PLAY.
Philip Anderson. Ciao idiota.
 
 
 
 
 
 
Note dell’ Autrice.
Ehilà! Okay, devo scusarmi con voi perchè non ho una “data di consegna” e perché non ho pubblicato “presto” come vi avevo promesso ma ho iniziato il Liceo (come ho già accennato nel precedente capitolo) e ha preso tutto il mio tempo, non riesco proprio ad organizzarmi.
Anyway, dicevo, spero solo che il capitolo vi piaccia e che sia nelle vostre aspettative.
Siete diventati tantissimi, ho notato una certa affluenza e, personalmente, spero che quest’ affluenza cresca sempre di più, ecco.
So, volevo ringraziare la mia beta Inathia Len che nonostante tutto è riuscita a ritagliarsi un po’ di tempo per me e per betare questa storia che sembra non finire mai ew. Ti adoro sweetie.
E adoro voi, sweeties, ma questo dovreste saperlo. Dove sarei senza di voi? A crogiolarmi nello hiatus (e nel latino ew).
Se avete qualche domanda potete farla nelle recensioni o nel profilo Facebook completamente dedicato a questo profilo (che metterò di nuovo a fine capitolo perché sono una persona sueg (?) ).
Se posso rispondervi lo farò, se proprio non posso perché sono domande inerenti a certe parti dell’ epilogo dovrete aspettare un po’. Quindi se avete domande non esitate a chiedere!
Vi adoro tutti, ve l’ho già detto?
Alla prossima (non so quando, ma ci sarà una prossima volta, questo non è un addio, anche perché non penso proprio a lasciare questa storia, e quella di cui vado più fiera uuh.)
With so much love,
BAZINGAA!
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Capitolo 9
*** Traccia Ottava ***


Traccia ottava

Rivedere l'esterno di "Scotland Yard" mi fa leggermente male al petto. Anzi no, non leggermente.

Non ritorno più qui da ... Bè, da quel giorno. Non sono nemmeno andato a deporre la scomparsa di Sherlock. Lo ha fatto Greg al mio posto. Troppi ricordi...

Troppi.

Mi stupisco, quando entro, nel vedere che non c'è solo la solita guardia dormiente all'ingresso ad "aspettarmi" ma  qualcun’ altro che non ho ancora capito chi sia.

Mentre cammino per i corridoi un brivido mi percorre la schiena e flashback su flashback mi passano per la testa. Ogni qualvolta io e Sherlock entravamo c'erano dei sogghigni e un vociare confuso, oppure un "oooh" di stupore, nel notare in quanto poco tempo Sherlock avesse risolto il caso.

Adesso c'è solo un desolante silenzio che mi rimbomba nelle orecchie e che sento fino allo stomaco.

Sherlock è morto e io non sentirò più nulla di tutto quello.

Solo silenzio.

PLAY.

Anderson l'idiota, lo sciocco, l'imbecille, il demente, il cretino, il "limitato-ragionevolmente".

Philip Anderson.

Non mi piace questo nome, insieme al cognome. Mi suscita malevolenza.

Tu, Anderson, me ne suscitavi.

Dal primo giorno in cui ti ho visto: sempre pronto a mettermi in cattiva luce, ad azzardare ipotesi inutili, mal fondate, a volte perfino senza senso, solo per essere migliore di me!

Come ti è saltato in mente?

Nessuno poteva, nessuno può e nessuno potrà esserlo! Mettitelo ben in testa, brutto idiota!

E poi, quando hai visto che Lestrade ha cominciato a non dare più peso alle tue argomentazioni hai cominciato a vacillare, a ...

PAUSE.

Ne ero sicuro! C'è qualcun' altro!

Ritorno bruscamente al presente quando vedo un'ombra correre, spaventata ed isterica, da una stanza all'altra.

E’ Anderson.

Mi avvicino e approfitto di un momento in cui lui è fermo, con le gambe che gli tremano dal nervosismo, per mettergli una mano sulla spalla. Lui sussulta ma non si volta. Anche se sono mille altre le cose che vorrei fargli, considerando che lui è tra le principali cause della morte di Sherlock, al diavolo quello che dice questo maledetto iPod, il suo aspetto mi induce a fermarmi  e a cercare di farlo rilassare.

-Ehi... Hai bevuto troppo caffè? Mi sembri un po' ner ...- mi interrompo bruscamente perché lui si volta e mi guarda con gli occhi rossi. Non capisco se abbia pianto o se stia impazzendo. Ha una folta barba biondo-rossiccia e i capelli sono più lunghi del solito. È irriconoscibile.

-John ... Io ... Mi dispiace ..-

Philip Anderson dispiaciuto? Se fosse stata una barzelletta, probabilmente avrei riso!

Sono passate alcune settimane e lui è ... È già così? Cristo ... Un caso irrecuperabile senza dubbio!

-Tu ...? Ma come ... Cosa ... Quanto cazzo sei in cambiato in due settimane? Ho paura di incontrarti di nuovo tra meno di un mese!- gli dico sarcastico ma mantenendo un tono distaccato.

Lui fa una risatina isterica e indietreggia.

-John ... Mi dispiace ... Non avrei dovuto trattare te e Sherlock in quel modo ... Non sapevo cosa si nascondesse dietro il carattere da "insopportabile - so - tutto - io" di Sherlock. Lo sono venuto a sapere circa due settimane dopo la sua caduta. Non ho più dormito, né mangiato- mi dice mentre si passa una mano fra i capelli. L'aspetto trasandato c'è, il dimagrimento anche, le occhiaie sono apposto ... Sì, gli credo sulla parola.

-Però in questi giorni mi sono dedicato ad altro. Ho elaborato ipotesi, concetti, ho dedotto come Sherlock, per arrivare ad una conclusione- pendo dalle sue labbra, mi lascia con l'ansia e la suspense per qualche minuto e poi prende un profondo sospiro. - ... Sherlock è ancora vivo- mi dice tutto d'un fiato, lo sguardo stralunato. Aspetta in silenzio una qualche mia reazione, lo so, ma è già tanto che non gli scoppi a ridere in faccia. Come diceva Sherlock? Ah, sì! "Fa' silenzio, Anderson, abbassi il quoziente intellettivo dell'intero quartiere!"

Per me l'affermazione di Philip è quasi una bestemmia.

Sherlock non può essere vivo. Non può avermi tenuto all'oscuro così tante cose, per così tanto tempo. E se anche fosse vero, non potrebbe continuare a nascondersi. Non potrebbe farmi questo, farmelo piangere sempre e comunque. Certo, non comprendeva la natura umana, ma questo ... Questo è oltre ogni limite anche per Sherlock.

-Io l'ho visto cadere, con i miei occhi. Gli ho toccato il polso. Ho visto il sangue sui suoi capelli. Ho visto i suoi occhi vitrei, aperti, che non avrebbero avuto più alcuna espressione ... Tu non sai cosa si prova. Non lo sai ... Tu non hai perso Sally, né tua moglie ... Tu non hai perso nessuno- spero di non sembrare troppo duro, secco o martoriato dal dolore (che poi è quello che sono) e poi ricordo le parole di Mycroft.

"Lei davvero crede di essere l'unico che da questa faccenda ha tratto solo lacrime e dolore?"

Anderson abbassa la testa.

Boom, l'ho colpito e affondato.

Provo un qualche malsano senso di rivalsa nel vederlo così distrutto, così perso. Ma non mi dispiace spiattellargli la verità in faccia. Le cose stanno così e, se forse avesse tenuto quella boccaccia chiusa, adesso non avrebbe bisogno di inventarsi un mucchio di cazzate per cercare di fare pace con la propria coscienza. Sherlock è morto, ho visto il suo cadavere all'obitorio ... L'ho visto precipitare da un palazzo, santo Cielo!

Non posso cominciare a dubitare di ciò che ho visto, perché so che se Sherlock fosse, per un qualche motivo, ancora vivo ... Non lo perdonerei mai ... non glielo perdonerei mai...

-Okay, lo hai visto cadere ... Ma non siamo completamente sicuri di ciò che hai visto, no? Infondo un tizio con la bici ti ha "investito" ... E se fosse uno degli aiutanti di Sherlock? Non vorresti che Sherlock fosse ancora vivo?- mi chiede. Ha la voce triste, si vede che si sente in colpa ... sembra quasi supplicarmi di credergli.

Non capisco...

Mi prende per un braccio e mi trasporta fino al suo studio. Dopo assurdi zigzag tra i vari corridoi deserti, dove rimbombano solo i nostri passi, arriviamo al suo studio. È modesto, piccolo, nulla di ché. Una scrivania, tre sedie, un temperamatite elettronico, un computer portatile, un mini archivio, un divanetto in pelle e ... Una mappa?

Mi strofino gli occhi per rendermi conto se sto sognando oppure no. No, a quanto pare sono sveglissimo. Mi avvicino e la osservo. Non capisco cosa rappresenti.

Ci sono enormi X segnate qui e là, linee tratteggiate che collegano le X fra loro e ... Nomi di alcuni casi? Ne riconosco qualcuno: uno in India, uno in Tibet, uno in Germania ... Dio non ci capisco più nulla.

Alzo lo sguardo e vedo Anderson davanti una bacheca. Si massaggia la barba, riflette.

Io, intanto, mi avvicino per osservarla meglio. Ritagli di giornale, Post - it qui e là, frecce che collegano varie scritte, apparentemente senza senso. C'è ne una che coglie la mia attenzione.

"Ipotesi numero 1:
Sherlock si è legato ad una corda per il bunjee Jumping, si è buttato mentre il famoso illusionista Derren Brown addormentava John. A questo punto Sherlock rompe la finestra del Bart's ed entra, bacia Molly, e se ne va, mentre alcuni suoi assistenti prendono il corpo di Moriarty, mettendogli la maschera di Sherlock e buttarlo al suo posto."

Mentre leggo mi si spalanca la bocca.

Cazzo, riconoscerei Derren Brown se lo vedessi, no? Roteo gli occhi. Non faccio in tempo a passare ad un'altra teoria, perché Anderson mi ferma.

-Ti sei convinto che Sherlock è vivo?- sta ancora riflettendo guardando tutto quel complicato schema che ho cominciato a capire anche io, al quale però mi rifiuto di credere.

 -Ho visto il suo corpo stanotte all'obitorio! Continui a chiedermi se credo a tutto ciò ma mi dispiace per te, la mia risposta è "no"!- esco dalla stanza, mentre lo vedo abbassare la testa.

Si sente in colpa. Rimango affacciato dalla porta.

-Dovevate pensarci! Tutti voi, dovevate! Sherlock era migliore di tutti noi! Non sto parlando solo per quanto riguarda l'intelligenza, io lo conoscevo ... Lui era... era... era umano!- me ne vado, sbattendo la porta.

Mi auguro che non sia entrato nessuno mentre parlavo con Anderson.

Mi metto le cuffie ... Dio, Sherlock, non posso essere diventato il tuo paladino della giustizia.

 

PLAY.

... Hai cominciato a vacillare, a non servire più e questa era una cosa che non potevi permettere, non è così? Questa è una cosa che non riuscivi ad accettare.

E così hai cominciato a lanciare accuse su accuse, lasciandomi a morire nella vergogna.

Nella vergogna di essere un criminale, che commetteva i reati, gli stessi resti che risolveva.

Non è una cosa malsana?

Arrivare a pensare certe cose solo per la propria carriera, per togliere di mezzo un individuo scomodo, farlo arrestare, facendo perdere la fiducia che Lestrade riponeva in me.

 La colpa, infondo, non è di Lestrade, ma tua e di quella Donovan.

Voi due avete insinuato il vostro pensiero dentro la mente di Lestrade, con forza, cosicché anche lui potesse convincersi e seguirvi, ma così non è stato, visto che lui è stato perfino sgridato. Vedete quanto male avete causato?

Non ve ne rendete conto? Ora spero proprio di sì.

 

Durante tutto il discorso di Sherlock non ho pensato a nulla.

Ho camminato, sono uscito da quel luogo, ho respirato di nuovo l'aria fresca e mi son seduto ad ascoltare Sherlock e uno di quei suoi discorsoni che faceva di solito. È stato tremendamente piacevole.

Ora però cerco di concentrarmi sul prossimo individuo.

 

Oh, siamo arrivati a Donovan? Sally Donovan? Ciao Sally, non so nemmeno perché ti ho messa in questa lista dato che sei davvero insignificante.

Oh, la signorina potrete benissimo trovarla a casa di Anderson oppure in qualche bar a sbronzarsi, quando Anderson le dà buca.

Preparatevi perché la Donovan ha dei segreti che dovrebbero rimanere celati,

ma non so per quanto lo saranno.

PAUSE.

 

 

 

 

 

 

Note dell’ autrice.

Miserere di me, ritardataria! Scusate, scusate, scusate!

Sì, dovrei darmi un contegno e prendermi dei giorni per aggiornare, ma non riesco … davvero. Mi dispiace perché vi faccio attendere sempre così tanto, mentre voi siete tutti così carini … grazie.

Un ringraziamento speciale va alla mia beta Inathia Len, che mi salva davvero sempre. Grazie sweetie. Grazie a tutti quelli che sono ancora con me e seguono la storia con entusiasmo.

Anyway, cosa ne pensate di Anderson? E di Sally? Secondo voi quali sono questi “segreti”? Fatemelo sapere!

Vi ricordo come sempre, se volete, il mio profilo FB (da scrittrice, ovvio) e niente, spero solo che continuiate a seguirmi, nonostante tutto. E considerate il capitolo come un regalo di Natale, solo posticipato.  

(Oh, sì, ho cambiato nome, quello di prima non mi piaceva più, dato che vorrei espandermi e non scrivere più SOLO della Johnlock, ecco.)

Stay Tuned.

With so much love,

BAZINGAA!

 Profilo FB: https://www.facebook.com/johnlockisthewayefp?ref=ts&fref=ts

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Capitolo 10
*** Traccia nona. ***


Traccia nona

PLAY.

Sally, Sally.

La mia cara, carissima Sally Donovan, con un'intelligenza particolarmente limitata ma, molto molto furba, c'è da riconoscerlo.

 

Sospiro e mi guardo intorno. I lampioni illuminano pallidamente le strade del quartiere e nella città deserta, c'è un lieve e caldo tepore.

Penso a cosa fare dopo tutta questa storia. Oltre a Sherlock non ho nulla.

La Signora Hudson non mi fa quasi più pagare l'affitto. Almeno fino a che non mi riprenderò del tutto.

Prova compassione per me (come tutti in questo periodo), anche se non ne ho chiesta o cercata.

Comunque credo di avercela già un'idea, su cosa fare dopo.

 

Dovete sapere che, a differenza del Detective Lestrade, la nostra amica Sally non si è conquistata il suo posto di lavoro con grande fatica, no.

Lei faceva la spogliarellista in un posto chiamato "Gold Bitches". Parecchio rassicurante, no?

Anderson tradiva la moglie da molto tempo ormai.

Penso che si siano persino lasciati da un po'.

Lui era dipendente da quel posto quasi quanto io lo sono dall'oppio. Disgustoso.

Una sera incontrò questa bella ragazza, lunghi capelli ricci, occhi penetranti e pelle scura. Ma soprattutto, lunghe gambe aperte.

Potete capire benissimo come andò a finire.

 

Sto zitto per l'intera durata del racconto. Non ci credo ... Sembra una ragazza per bene, nonostante il caratteraccio.

 

 

 

 

-Non credi possa essere stata la sorella? Dopotutto non ha un alibi, il movente potrebbe anche esserci ... Perché non provare?- chiese John, ancora chino sul corpo della sessantenne ritrovata morta quella mattina.

Sherlock sospirò esasperato.

Possibile che anche John a volte debba essere tanto ottuso?

-No John, non può essere la sorella. Guardale le mani! Le tremano troppo per compiere un omicidio tanto perfetto! E poi non posso "provare". La vita è fatta di certezze e riflessioni, non di impulsività- disse Sherlock, guardandolo di sottecchi mentre studiava il cadavere. John sbuffò internamente.

-Ah, certo. Vieni a fare la predica a me, quando ti ricordo che sei stato tu a puntare la pistola su una bomba che minacciava di esplodere- disse John tutto d'un fiato.

Sherlock aprì la bocca, stava per ribattere, ma John lo precedette.

-Non dirmi che sapevi perfettamente del fatto che Moriarty avrebbe ricevuto una chiamata, perché non è possibile nemmeno per te, Sherlock- concluse infine John, mettendolo a tacere.

Lavorarono per pochi altri minuti prima che Sherlock si interrompesse di punto in bianco. John fece per aprire bocca e domandare, ma Sherlock lo zittì

-Devo farti vedere una cosa ...- sentenziò infine, prendendolo per un braccio, alzandolo di peso, fino a trasportarlo in un vicolo cieco, stretto e sconosciuto.

John si era accorto da tempo che Sherlock ... Bè era cambiato.

Era meno "infantile". Tranne quando cercava di conversare, a suo dire, in maniera impossibile, con delle persone che lui riteneva stupidi.

Ma con John. Con John era diverso. Dopo quell'episodio di qualche settimana prima ... Aveva cambiato totalmente atteggiamento con lui.

Come se in lui fosse scattato qualcosa, come se all' improvviso avesse capito tutto.

John invece, continuava a non capire.

Anche lì nel vicolo. Si chiedeva cosa facessero appostati lì.

-Quella ... "Cosa" che è successa qualche settimana fa non passa inosservata. Non ai miei occhi- disse Sherlock guardandolo negli occhi.

John deglutì, nervoso. Sapeva fin dall' inizio che non avrebbe dovuto abbracciarlo. A Sherlock non piaceva il contatto fisico.

-Tu sei attratto da me. Io ti piaccio John- sentenziò Sherlock con autorità.

John sospirò. Non era attratto da lui in quel senso, gli piaceva solo la sua intelligenza.

Al diavolo! Sherlock aveva colpito nel segno di nuovo e mentre cercava una spiegazione a quella situazione, vide il Consulente Investigativo, poggiare le sue lunghe mani sulle sue spalle e chinarsi sul suo viso, poggiando le sue labbra sulle sue. John rimase sconvolto. Non c'era nulla di ... Sconvolgente. Era casto.

Nessun tentativo di andare oltre, nessun tentativo di ... Bè, nulla.

Non appena Sherlock si staccò da lui, John sorrise.

Anche Sherlock sorrise.

E poi arrivò Sally Donovan a rovinare tutto.

-Oh, geniaccio, oltre ad essere completamente svitato sei anche gay. Ma cosa potevo aspettarmi?- disse sarcastica.

John sussultò di sorpresa. Stava per saltarle addosso una volta per tutte, ma Sherlock lo precedette

per l'ennesima volta.

-Ma perché invece di venire qui a disturbare, tu non torni a lucidare il pavimento di Anderson? Sappiamo tutti che tradisce sua moglie ... Dovresti vergognarti.-

Sally scappò via a testa bassa. John sospirò e si allontanò da Sherlock.

-Mi dispiace- sussurrò prima di andare via.

 

 

Non sono molto sicuro adesso, ma so per certo che la metà di voi che sta ascoltando questa cosa si ritroverà ad essere attratto da questa descrizione e non vedrà più Sally Donovan come una semplice Sergente di Polizia.

 

Riemergo, completamente dai miei pensieri e sospiro. Perchè deve avere sempre ragione? E' snervante anche da morto.

L'unica cosa che spero è che non mi salti fuori una Sally Donovan in maniera completamente casuale, visto che non ne posso più di trovare puntualmente persone di cui Sherlock mi sta parlando e condividere quello che Sherlock ci ha lasciato. Non mi va più.

Sherlock è … era, mio. Punto.

Tutta questa ressa di persone, che non lo conoscevano come me, che salta fuori, decretandolo miglior uomo del mondo, grande salvatore, senza conoscere chi era veramente.

Lui era quello che per non annoiarsi e stabilirsi più intelligente degli altri era disposto a giocare con la morte.

Quello che sparava ai muri quando era annoiato e non si faceva scrupoli a sparare ad una bomba che stava per scoppiare.

Quello che interpretava mille ruoli diversi pur di ottenere ciò che voleva.

Che non si faceva scrupoli ad utilizzare gli amici per i suoi stupidi esperimenti, che si divertiva a insultare il più stupido di turno, con un sarcasmo pungente, con un odio spietato per suo fratello e con tutte quelle sigarette.

Che odiava il contatto fisico ma poi è successo quello che è successo.

Quello che mi pregava con gli occhi di credergli, quella sera prima della caduta. E io gli ho creduto, fino alla fine. Fino a che non l'ho visto lì, a terra, gli ho stretto la mano e l'ho sentita fredda. Fino a che non ho sentito più battere il suo cuore. Fino a che non ho visto i suoi occhi vuoti e vitrei e il sangue, cosparso sulla testa.

Fino a che non mi ha detto “addio”.

 

Philip era completamente sbronzo quella notte. Più del solito. Aveva finito un turno estenuante.

Sally gli si avvicinò sinuoso e non lo sedusse come sempre. Voleva smettere di guadagnare soldi in quel modo. E quindi gli chiese di aiutarla. E lui ovviamente lo fece. Le fece cambiare vita, tutto a sue spese. Le fece frequentare dei corsi avanzati di criminologia e le fece incontrare Greg che la ritenne subito preparata.

Ed eccola lì, Sergente, al suo nuovo posto di lavoro.

Come lo so? Mmh, bè ... È semplice da spiegare.

Le gambe di Sally sono slanciate e lei sa stare in equilibrio perfetto sui tacchi a spillo.

Sì, può esserci anche l'opzione dell' "ex ballerina classica" ma ho deciso di scartarla per un motivo che scoprirete dopo.

Ho visto due - tre volte, Anderson mentre entrava nel locale.

Ho visto anche mentre usciva con lei e si andavano ad ubriacare da qualche parte. Ma vi parlo di due giovincelli, circa 35 anni. Alle prime armi.

Lei aveva quasi sempre calze a rete, minigonne e top, abbinati anche piuttosto male. Meno male che adesso va sul sobrio.

E non vi chiedereste anche voi come fa una spogliarellista a passare dalla brace alla padella in men che non si dica? Documenti falsi.

Come ho fatto a capire perché non è un "ex - ballerina" ma una spogliarellista?

Semplice anche questo.

Quale ballerina terrebbe certi strumenti in certi luoghi del proprio ufficio? (Sì, ho rovistato nel tuo ufficio Sally, dovresti stare più attenta a dove metti le chiavi. Una delle cose più divertenti mai fatte, trovarle).

Quale ballerina non conserverebbe almeno uno dei suoi ricordi da ballerina? Scarpette, tutù e quant'altro?

Quale ballerina, da sbronza, non riesce a mantenere un equilibrio costante (la prima cosa che imparano le ballerine, praticamente)?

Quale ballerina non si vanta della propria carriera?

Quale ballerina finirebbe col lavorare in un locale chiamato "Gold Bitches"?

E qui concludo la lista, perché avrei da dirne molte altre.

 

Sospiro e vado a sedermi su una panchina, abbandonandomici completamente.

Sono ancora le quattro e sembra che il tempo non passi mai.

Ma mi sto avvicinando alla fine.

Tutta questa è una preparazione a ciò che mi aspetterà, ne sono sicuro.

Incrocio le braccia. Non c'è nessuno. Le strade sono deserte, solo qualche macchina solitaria che passa e non si cura di me.

Da piccolo, dopo la morte di mia nonna, mi sono sempre chiesto cosa si provasse ad essere un fantasma.

Ora ho la tentazione di chiederlo a te, Sherlock.

Cosa si prova? Puoi passare attraverso i muri? Essere invisibile?

Ho perso tante persone nella mia vita, ho visto persone morire, in guerra, sotto i miei occhi, amici, nemici, persone che non sono riuscito a salvare, ... ma nessuno ha mai lasciato una voragine tanto grande come stai facendo tu.

Sempre con ... queste manie di protagonismo ed esibizionismo ... No, non va.

Non dovrebbe essere così anche da morto.

E allora perché la tua presenza è ancora così ingombrante nella mia testa e nel mio cuore? Perché non riesco a liberarmi di te e della tua stupida presenza?

Perché non te ne vai e basta?

Perché non mi lasci mai da solo?

Perché non riesco a lasciarti andare ...?

Stiamo arrivando agli sgoccioli per davvero. Stiamo arrivando alle ultime persone e non sarà affatto piacevole.

Sarete sorpresi se vi dico il nome di Harry Watson, sorella del buon vecchio John?

 

Cosa? Mia sorella? Cosa diamine c'entra mia sorella con Sherlock?

 

Bene, ecco, siamo arrivati al tuo turno, cara.

Ciao Harry.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell' autrice.

Bene eccoci! Come dice Sherlock siamo agli sgoccioli, quindi tenete duro, possiamo farcela ad arrivare alla fine.

Allora, come vi sembra il capitolo? Io spero che vi piaccia, perchè mi ci sono impegnata.

Siete sempre di più, e la cosa mi fa piacere, anche se mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, insomma le recensioni sono sempre gradite, no?

Ringrazio, come sempre, la mia beta Inathia Len che mi ha corretto e che mi sta accanto in questo percorso. Grazie, dolcezza.

Va be, vi lascio.

With so much love,

BAZINGAA!

 

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Capitolo 11
*** Traccia decima ***


Traccia decima

Harry Watson. La sorella alcolizzata di John. Che chiede di me, Sherlock Holmes. Interessante. Forse non avrei dovuto mettere la mia e-mail sul blog.

 

Lo sento sospirare impercettibilmente e lo blocco prima che possa ricominciare a parlare. Mi chiedo che diavolo c'entri mia sorella con Sherlock.

Che io sappia non si sono mai incontrati.

Lui ha provato a dedurre la sua vita, c'è riuscito, ma non l'ha mai vista. Non gliene ho mai dato l’occasione, né lei ha mai suscitato la sua curiosità. Non ho mai presentato Harry come un caso, quindi come una cliente.

Ma allora, perché Harry ha deciso di contattare Sherlock?

È l'unica domanda che mi ronza in testa.

"Perché?"

Non trovo risposta ed è per questo motivo che mi decido a premere PLAY e ad andare a casa di mia sorella.

Per avere spiegazioni.

Perché devo sapere.

PLAY.

Perché Harry Watson ha chiamato me? Semplice.

Dopo il divorzio da Clara, nonostante fosse già ubriaca di suo, Harriet ha rincarato la dose, con la seria possibilità che potesse scoppiarle il fegato.

Perciò ha chiamato me, perché voleva che prima che accadesse (nonostante non sia successo nulla), voleva far pace con John.

 

Oh, questa è bella. Mia sorella prova rimorso tutto ad un tratto, ha voglia di chiedermi scusa.

E lo fa attraverso il mio "migliore amico".

Che codarda.

Mi ritrovo in un taxi, con i pochi soldi che mi rimangono. Biascico parole confuse che non capisco nemmeno io. Credo sia la via dove abiti Harry, ma ora come ora, non riesco a trovare collegamento alcuno.

 

Non capisco cosa sia il rimorso, perdonatemi.

Harry mi ha spiegato che non è una bella sensazione.

È quando tu soffri pensando a tutte quelle cose che hai fatto contro una determinata persona. In questo caso tutte le oppressioni, di ogni tipo, dalle più piccole marachelle da piccoli, ai "litigi per grandi", che John ha dovuto subire solo perché lei era troppo fatta o semplicemente troppo assetata di Jack Daniel's per capire ciò che il fratello aveva da dirle.

Mi chiedo se Mycroft provi rimorso.

 

Oh, ne prova eccome, Sherlock.

Arrivo, in quindici minuti circa, a casa di Harry e scendo dal taxi dopo aver pagato. Busso energicamente alla porta.

Ho tanta di quella rabbia in corpo che potrei rompere la porta con un solo colpetto ma, fortunatamente, non succede.

Riesco a controllarmi in certe situazioni. Mi ricordo solo dopo di mettere PAUSE, quindi mando indietro mentre sento lo spioncino della porta che si apre, e qualcuno dietro che si affaccia per guardare e scrutare chi è.

Due enormi occhi verdi spuntano da dietro la porta, mi scrutano con fare indagatore e sospettoso. Sono visibilmente stanchi.

-Sono John- dico con tutta la calma e la serenità che possiedo in questo momento. Quindi poca.

Dietro la porta, vedo un sussulto.

Forse non se lo aspettava.

Ma, ci metto la mano sul fuoco, Harry è parecchio sorpresa.

Apre la porta e la vedo nella sua interezza.

Lunghi capelli ricci e biondi, un tempo molto corti. Due enormi occhi verdi. Snella, alta.

Ho sempre pensato che potesse avere una carriera da modella, ma a quanto pare no. A quanto pare mia sorella ha deciso di rimanere nel nostro vecchio monolocale in periferia a bere e ridursi uno straccio, a rovinarsi la vita a ... A distruggersi.

La guardo ed alzo un sopracciglio.

Lei mi fissa confusa, chiedendosi, probabilmente, se sono io in carne ed ossa oppure una trappola di qualcuno.

Ha l'aspetto trasandato ... Non è più la stessa ragazza di un tempo che ascoltava i vinili vecchi e pieni di polvere.

-Non mi inviti ad entrare, Harry?- le chiedo con lo stesso tono di quando ero bambino e le chiedevo di entrare nella sua camera per ascoltare musica ad alto volume e non le urla di mamma e papà che litigavano.

Lei mi guarda e si sposta da un lato, facendomi cenno di entrare. La casa è sporca, nonostante l'aria apparentemente rustica. C'è un divano strappato, un tavolino da tè e milioni di bottiglie per terra. Non riesco a camminare senza aver paura di pestare il vetro di una di quelle bottiglie. Abbraccio la stanza con sguardo critico, cercando di immaginare lo stato delle altre. Lei chiude la porta e, mentre si stringe nelle spalle, mi si avvicina.

-Allora, ehm... Vuoi da bere?- mi chiede, mentre si siede sul divano e mi fa segno di imitarla. Per poco non le scoppio a ridere in faccia. Con che coraggio mi chiede "vuoi da bere"?

Che sarcasmo puntiglioso e orribile. Mi limito alla mia solita aria contrariata, alzando un sopracciglio. Lei capisce e si passa le mani sulle ginocchia.

-Posso farti un tè se ..- comincia ma le faccio un cenno della mano, zittendola.

-Non preoccuparti, non ho né sete né fame, sta’ tranquilla. Non te ne sei interessata per anni, perché dovresti adesso?- le chiedo cinico.

Lei si ammutolisce e si tormenta le mani.

Non avrei voluto mostrarmi così duro, ma lei non ha fatto altro che disprezzarmi quando non le servivo, quindi mi prendo qualche rivincite.

-Cosa è venuto a fare Sherlock a casa tua?- le chiedo con fare deciso, senza dar segno di volermi sedere.

-"Sherlock"? Non conosco ne...-

-Harry, non fare la finta tonta. Sherlock Holmes. Alto, snello, riccioli scuri e neri, occhi verdi. Lo conosci- le dico deciso, cercando di non arrabbiarmi o irritarmi troppo.

Lei deglutisce, messa alle strette. È strana vederla così fragile, senza la risposta pronta, mentre era sempre sull'attenti, pronta ad insultarti.

Il divorzio con Clara deve averla distrutta.

Comincia a farmi perfino pietà, forse perché mi immedesimo nella sua situazione.

Anche io ho perso qualcuno.

-L'ho chiamato io. Nel suo blog diceva che lavorava per aiutare le persone e ho inviato un'e-mail al suo indirizzo di posta elettronica. Non mi aspettavo venisse. Ma ti ho visto con lui, in TV e ho pensato che ... Eri mio fratello. Lui era tuo "amico" e quindi ... In ogni caso, dopo il divorzio con Clara sono uscita da questa situazione distrutta. Ho pensato al suicidio. Ho semplicemente chiamato Sherlock per portarti le mie ultime parole. Ma poi non l'ho fatto e lui ha continuato ad aiutarmi. Mi ha detto di raccontargli i nostri litigi: da quelli senza senso a quelli più pesanti. E io ho colto quell'occasione al volo, come una valvola di sfogo. E gli ho raccontato di noi, la nostra infanzia, tutto- mi dice tra i sospiri.

Poi prende un fazzoletto e si soffia rumorosamente il naso.

Mi chiedo come si sia posto Sherlock in questa situazione leggermente inverosimile e soprattutto perché non mi ha mai detto nulla.

Ricordavo certe uscite per "casi troppo complessi per essere aiutati da te, John", ma non avrei mai pensato che incontrasse mia sorella di nascosto.

-La prima volta che ci siamo visti lui mi ha squadrato. Credo gli ricordassi te, per questo mi ha aiutata. Poi ha cominciato a blaterare cose da psicopatici in maniera meccanica. Cose come: "alcolista", "divorziata", "appassionata di musica vecchio stile". Non ho proprio capito cosa significassero. Poi mi ha chiesto cosa avevo che non andasse e gli ho detto che il problema si era risolto ma che volevo comunque chiarire con te, chiederti scusa. Gli ho chiesto alcune cose su come trattarti e lui veniva a casa mia a spiegarmi ogni sfaccettatura del tuo carattere, in maniera minuziosa- mi risponde lei.

Il suo sguardo non è tra noi. È in trance, in un altro mondo. Le succedeva spesso e continua a succederle quando pensa o cerca di ricordare qualcosa.

-È stato straordinario- mi dice, mentre si passa una mano tra i capelli scombinati.

Annuisco, ricordo troppo bene la situazione.

-Poi, dopo altre visite mi ha detto che il suo lavoro era finito. Che quando ti avrebbe riferito tutto, tu saresti venuto qui da me, per chiarire e far pace. Ed eccoti qui- mi dice sospirando. Sembra sollevata.

Non credo sappia del suicidio di Sherlock.

Le vado vicino e le circondo le spalle con un braccio.

-Quando eravamo ragazzi questa situazione significava "nulla di buono"- mi dice appoggiando la sua testa sulla mia spalla.

Sto per ricominciare a piangere, nemmeno fossi una checca isterica. Mi limito a prendere grandi respiri prima di parlare.

-Harry .. Sherlock è ... Lui si è suicidato- le dico, mentre serro occhi e bocca per non scoppiare a piangere.

La sento sussultare, senza mai piangere davvero. Non so se si stia trattenendo o meno.

-Quanto è durata questa situazione?- le chiedo, sospirando alla fine.

-Otto mesi- mi dice, prima di singhiozzare. La stringo più forte a me.

-Lui era innamorato, sai? Quando descriveva il tuo carattere, per quanto sembrasse impassibile, aveva una strana luce negli occhi. Quella luce l'ho vista solo negli occhi di Clara quando ci siamo sposate- mi dice, mentre mi mette una mano sulla schiena.

Rimaniamo in quella posizione, con gli sguardi persi nel vuoto, per quelli che sono dieci minuti buoni. Infine decido di rialzarmi.

-Grazie, Harry. Ti voglio bene- le dico, mentre mi accompagna alla porta.

-Stammi bene, fratellino- mi dice, ammiccando, sulla soglia. Ridacchio leggermente prima di riprendere il mio viaggio squinternato.

 

PLAY.

In ogni caso l'ho aiutata. È una brava ragazza, somiglia molto a John, del resto. La sua non è proprio una colpa. E' solo un' escalation per far andare John da lei e chiarire.

Mi sono ritrovato molto nel suo carattere, nelle sue manie di autodistruzione ...

 

 

Diamine.

Se solo fossi stato più attento ad entrambi, forse, non saremmo arrivati a questo.

 

Infatti, la prossima persona della lista sono io, già.

Sherlock Holmes che accusa Sherlock Holmes. Rassicurante, no?

PAUSE.

 

Rassicurante un cazzo, Sherlock.

 

 

Note dell' autrice.

Rassicurante, no?

Okay, magari no. Non so se siete sorpresi o meno, ma spero lo siate, a questo punto.

Non ho molto da dire se non il mio costante ringraziamente nei vostri confronti e nella mia beta Inathia Len, il mio genio, praticamente.

Ci vediamo al prossimo capitolo!

With so much love,

BAZINGAA!

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Capitolo 12
*** Traccia undicesima. ***


Traccia undicesma.


Non ho la più pallida idea di dove andare.
Sherlock non mi ha dato alcuna istruzione stavolta e io mi sono stancato di girare a vuoto come una trottola.
Ho camminato per un paio di metri, fino a raggiungere uno spiazzo.
Non è uno spiazzo qualsiasi.
C'è una cabina telefonica, rossa.
Di fronte un alto edificio, imponente e bianco. Un ambulanza a pochi metri dall' ingresso. Il St. Bart's.
Qui, dove tutto è iniziato e tutto si è concluso.
Il nostro primo incontro dove lui, con una sola occhiata, ha capito tutto di me. Io al contrario non avevo capito nulla di lui.
E nonostante i nostri giorni e giorni di convivenza, nonostante le milioni di avventure, i casi, tutti qui gesti che facevano capire troppe cose -che tutti avevano compreso tranne noi-, tutti quei manicaretti, quei take - away, quelle ragazze entrate e uscite dalla mia vita -perchè solo una persona è riuscita ad entrare per rimanere-, tutti i nostri litigi, le nostre risate, le visite di Mycroft, gli ammiccamenti di Lestrade e la signora Hudson e nonostante noi due ci amassimo più di quanto credessimo, io non conoscevo Sherlock del tutto. Appariva come l'eterno enigma.
Non sapevi mai cosa gli passasse per la testa quando assumeva determinate espressioni o atteggiamenti.
Non sapevi mai cosa succedesse nel suo Palazzo Mentale.
Non sapevi mai cosa sarebbe successo se avessi temporeggiato e gli avessi fatto perdere la pazienza.
Con Sherlock non sapevi mai nulla, ma allo stesso tempo sapevi tutto perchè lui te lo spiattellava in faccia.
Ed era questa una delle cose che più amavo del suo carattere.
Mi decido a premere il tasto PLAY, mentre non mi azzardo ad avvicinarmi a quello che è stato il suo "letto di morte".
Vedere le macchie incrostate di sangue ... Mi farebbe solo più male.

PLAY.
So cosa vi state chiedendo.
"Chi è il pazzo che aggiungerebbe se stesso, nella lista di persone che dovranno subire la sua ira?"
Beh, io non sono pazzo. Sociopatico ma non pazzo.
Come ormai buona parte di voi ormai sa, ho abusato di droghe.
Io sono un drogato.
Prima di conoscere John ero un drogato. La mia casa era come un centro per drogati. Rimanevo lì, con la mia droga, per settimane, senza mai muovermi dalla mia posizione. Steso per terra, guardavo il vuoto, con la cassetta accanto, la siringa e i lacci per endovena.
Poi Mycroft chiamava qualcuno per cercarmi e quando mi trovava, mi prendeva e mi ospitava per un paio di giorni (il tempo della mia rimessa parziale).
Non c'è bisogno di sottolineare che quel qualcuno era Lestrade, giusto?


Sento un lungo sospiro, come se quel discorso gli avesse prosciugato tutta la linfa vitale che gli spettava. Rimango basito.
Sapevo che Sherlock facesse uso di droghe e sapevo anche che fumava, ma non che ogni volta Mycroft lo andasse a ripescare e a offrirgli dove stare, lo trovava in quelle condizioni drastiche e eccessive.
Se fossi arrivato prima, cazzo.
Ero ad un passo dall' autodistruzione.
Un po’ come John, che è andato in guerra, a fare il soldato.
Io mi stavo auto distruggendo. Ma a differenza di John, io lo facevo per noia, solo noia.
Non avevo casi per mesi? Mmh ... Andiamo a prendere la cassetta sotto al letto.
Sono rimasto così tanto tempo, inerme, senza fare nulla, andando verso la luce sbagliata, in fondo al tunnel.
E parlarne mi fa male, perchè non si ci aspetterebbe da una mente forte e intelligente come la mia, che l'unico scopo sia di distruggermi e distruggerla, fino ad inibire le mie facoltà mentali, fino a distruggere questa stupida testa pensante, che va veloce e veloce, che capisce sempre tutto in anticipo…
Non sapete nemmeno quanto mi abbia fatto male, capire sempre tutto prima degli altri, soprattutto le tragedie.
E io odio questa situazione, odio tutto ciò.
Sembro sempre chiuso in me stesso, senza un briciolo di sentimenti, senza battere ciglio per qualsiasi cosa mi accada intorno ma non è così.
Io soffro, come tutti voi.
In modo diverso, lo ammetto, ma soffro comunque.
PAUSE.


Non riesco ad andare avanti.
Mi chiedo se Sherlock abbia capito quello che stava facendo, che sarebbe andata in quel modo, nonostante tutto.
Mi chiedo se sia stato questo il motivo cardine del suo suicidio.
Mi chiedo se tutto quello che sia successo all'inizio lo facesse impazzire.
E adesso, mi sento tremendamente in colpa: per tutte quelle volte in cui gli ho urlato contro, in cui gli ho detto che era un egoista, che pensava solo alla sua intelligenza, al suo desiderio di mostrare a tutto e tutti quanto lui fosse intelligente, quanto lui potesse fare tutto, senza problemi, quanto lui fosse indifferente a ciò che accadeva nel mondo.
Ma mi accorgo che non è così.
Come per tutti gli eroi (anche se lui non voleva essere trattato così) c'è un peso… un prezzo, una sofferenza da pagare per il proprio potere.
Il professor Xavier ha perso l'uso delle gambe per i suoi poteri telepatici.
Superman è vulnerabile alla kryptonite.
Batman si è consegnato come assassino per il bene di Gotham e ha perso i genitori, quando era un bambino.
Spiderman ha perso la sua ragazza.
Mio padre è morto in guerra.*
E Sherlock ha dovuto subire molte cose. Moltissime cose, pur di avere i suoi "poteri".
Pur di salvare la città e le persone a cui teneva. Pur di salvarci è morto nella vergogna.
E questo non è un prezzo da pagare, per un eroe? Non è abbastanza?
 
PLAY.
Mi chiedo se mancherò a qualcuno.
Se a qualcuno mancherà un detective, con manie di protagonismo eccessive.
Se qualcuno vedrà il mio fantasma da qualche parte per via del senso di colpa. O se mi penserà qualche volta.
Mamma piangerà. Eccome se piangerà.
Papà le metterà una mano sulla spalla chiedendosi dove avesse sbagliato.
Mycroft… non so cosa aspettarmi da lui. Una mano sul volto, mortificato? O una festa a Buckingham Palace per la mia dipartita?
Lestrade… Lestrade sarà sicuramente distrutto dal lavoro, non riuscirà a raccattarsi… ma soprattutto, i casi che risolverà saranno completamente senza fondamento.
Molly? Mmmh… Molly se la caverà, spero. Piangerà, quasi sicuramente, ma piangerà.
Non è vero che piangerai, Molly?


Sento un singhiozzo, ma soprattutto il cuore che mi si spezza.
 
Sì, piangerà.
La signora Hudson? Si disfarà di tutta la roba che ho ancora sul tavolo, la darà in qualche scuola bisognosa o che so io… ma se ne disfarà.
E piangerà anche lei.
E poi… poi c'è John.
Beh… John, non penso piangerà. Ha un carattere di ferro, dei nervi saldi. Riuscirà ad andare avanti, quasi sicuramente. Anzi, non sono nemmeno sicuro che si ricorderà di me, fra poco.
Andrà avanti, troverà una donna che lo ama e formeranno una famiglia.
Ma chi voglio imbrogliare?
La sua vita era basata su di me. E scusa se sto facendo l'egocentrico, ma è vero.
Io ti ho salvato.


-E io no ...- mi ritrovo a sussurrare, tra i singhiozzi. Le nuvole nel cielo si diradano lasciando spazio ai raggi della luna che mi investono.

Bene.
Dopo queste commiserazioni, dove mi dò la colpa da solo come uno sciocco e i pensieri su come andrà la vita dopo la mia morte, passiamo alla penultima persona che è coinvolta in questa storia.
Mia zia Julia.
Sì, mia zia. È morta ormai da tempo ma ha un ruolo importante nella mia storia formativa.
Dopo di lei abbiamo l'ultima persona e dopo possiamo mettere un punto a tutto questo marasma e voi tornerete alle vostre normali vite.
O forse no? Chi può dire che il senso di colpa non vi distrugga dentro?
Non vi uccida come ha fatto con me?
PAUSE.
Ha un tono sarcastico, ma ... Le sue parole, per qualche strano motivo, mi pesano come un enorme, fottuto macigno da cui non posso liberarmi.
O forse posso.




















































Note dell' autrice.
Hola!
Scusate il ritardo, ma un po' io e un po' la mia beta ci siamo fatti aspettare, lo ammetto.
Ma spero che questa storia sia come il vino (?), più si aspetta che venga aggiornata, più bello è il capit- okay, no.
Dicevamo? Ah, sì.
Mi dispiace il ritardo ma, stranamente, meno capitoli devo scrivere più il tempo a mia disposizione scarseggia.
Ma non vi preoccupate, solo altri 2 capitoli e l'epilogo e vi libererete di me e questa storia.
E niente, spero vi sia piaciuta.
Grazie per avere letto!
With so much love,
BAZINGAA!
















*Ho sempre avuto questo headcanon nella mente dove il padre di John è morto da eroe e lui, un po' per autodistruzione e commiserazione, un po' per uguagliare il padre è partito per la guerra, ecco.

 

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Capitolo 13
*** Traccia Dodicesima. ***


Traccia Dodicesima.

PLAY.
Zia Julia! Donna bellissima, lei. L'unica che mi volesse davvero bene in famiglia.
Da quando sono piccolo, la mia famiglia non mi ha mai accettato. Solo Mycroft e per un breve periodo.
Poi, ho dovuto cercare rifugio in me stesso. Un bambino di soli nove anni, costretto a rifugiarsi in una corazza, costruita da lui stesso.
Ho ereditato l'intelligenza da mia madre, ma l'ho affinata da solo. Beh, più o meno.
Zia Julia fu quella che mi spronò a diventare Detective. Avevo sedici anni.
PAUSE.


Cazzo, un sedicenne con le idee tanto chiare!
Io, per capire che volevo diventare medico ci ho messo anni e lui a sedici sapeva già che lavoro fare.
Beh, Sherlock è un caso a parte, questo è vero.
Ma, per l'amor del Cielo, sapere già cosa fare a sedici anni, "avere la strada già spianata", è troppo anche per lui.
Mi guardo intorno. Sono ancora davanti al St Bart's e credo che non ci rimarrò per molto.
Manca poco, me lo sento.
Lo sento dalla voce di Sherlock che si fa più pesante e soprattutto più profonda, quasi stanca.
Mi piaceva quando la sua voce calava così tanto. Era piacevole e, nonostante fosse leggermente inquietante, era rilassante. Sì, anche Sherlock si stancava, incredibile ma vero. Ma, quando si stancava, riusciva anche a diventare adorabile.
E, credetemi, meglio vederlo stanco che in piena forma.
Faccio un gran sospiro, mentre cerco di immaginarmi zia Julia, esuberante come pochi ... Lo "sbaglio" in una famiglia di "ordinari Inglesi perfettini".
PLAY.
Zia Julia era il modello di ciò che viene definito "eccentrico" dalla società odierna.
Capelli rossi, corti, con dei boccoli perfetti, bocca sottile, occhi celesti e grandi.
Aveva una silhouette invidiabile dalle donne di oggi: era alta, slanciata, magra.
Le unghie, laccate di rosso, sempre curate. Vestiva come una pin-up degli anni '50.
Zia Julia era bella.
E nonostante io non capisca cosa sia la vera bellezza quando la vedo … Zia Julia era bella.
PAUSE.


Da quello che racconta Sherlock, questa Julia doveva essere veramente bella.
Le parole che Sherlock usa per descriverla galleggiano nell'aria, come se fossero fatte di elio.
Zia Julia è molto diversa da quella che un tempo era mia madre.
Lunghi capelli ricci e biondi, guance ed occhi scavati, con delle occhiaie paurose. Mamma era bassa e magra come una spiga. Aveva gli occhi scuri, più profondi un pozzo. Era una bella donna ma si curava poco.
 
PLAY.
Aveva un carattere esuberante. Fumava e si faceva accendere le sigarette dagli sconosciuti, le piaceva ballare. Era piena di vita. Fu lei a mettermi in rotta per la mia carriera da detective. Una notte, mentre dormivo da lei e mi carezzava i capelli mi disse "Perché non fai il detective? Hai tutte le potenzialità che ti servono. Sei furbo, intelligente, sveglio ... Perché no?" Non ebbi il tempo di fare spallucce che crollai tra le braccia di Morfeo.
PAUSE.


Riesco ad immaginare la scena. Sherlock scappa di casa e va dalla zia perché lei è l'unica a comprenderlo. E Julia lo lascia fare perché gli vuole talmente tanto bene da non poter fare a meno di aiutarlo.
Per un diverso periodo ho avuto lo stesso rapporto con Harry.
Mamma e papà litigavano e io entravo nella sua stanza. Lei mi accarezzava i capelli fino a che non mi addormentavo. Ma non parlavamo mai. Solo abbracci e carezze, almeno di notte.
 
PAUSE.
Poi mi accorsi che zia Julia aveva il cancro. Me ne accorsi prima di tutti. Ma questo non la salvò. Le mie abilità non servirono a nulla. Ero inutile.
Non è sempre divertente, utile, comodo sapere le cose prima degli altri, soprattutto le cose spiacevoli come questa.
Certe volte vorrei solo non essere nato così, con tutte queste cose a condizionarmi.
Morì nel giro di un anno. Lo stadio era troppo avanzato.
PAUSE.


La notizia mi colpisce come un pugno in pieno stomaco. Deve essere stato orribile per Sherlock: saperlo prima di tutti gli altri, sapere quanto tempo le rimaneva ...
E poteva solo guardarla andare via, perché il cancro è così, ha bisogno di tempo e pazienza per essere curato.
E semplicemente tu non puoi farci niente, solo guardare lo scorrere del tempo e vedere il paziente che si avvicina alla distruzione ... Vederlo combattere con le unghie e con i denti per poi arrivare ad una conclusione: per quanto si possa combattere per la propria vita, nonostante tutto, non si può mai sapere se riusciremo o meno a salvarla, a tenercela stretta.
 
PLAY.
Inutile dire che i tentativi medici furono vani, provammo di tutto. Ma adesso voi vi starete sicuramente chiedendo cosa c'entra mia zia Julia in tutta questa storia.
Siete così idioti ... Non ho forse detto che fu lei a spronarmi a diventare quello che sono ora? Lei disse detective, ma io inventai il mio lavoro di sana pianta: "consulente investigativo" vi dice nulla?
Se lei non mi avesse messo quest'idea in testa, probabilmente io sarei ancora in camera mia a giocare al piccolo Chimico.
O in una stanza, a drogarmi, dipende dalle aspettative.
Ma, comunque sia, non starei combattendo contro uno dei criminali più spietati e malvagi che io abbia mai conosciuto: James Moriarty.
Non che sia noioso, certo, ma ... Non so se avete capito il concetto.
Senza Julia, Sherlock Holmes non esisterebbe.
Quindi voi dovete solo ringraziarla ...
Io probabilmente dovrei odiarla, per avermi messo quest'idea in testa. Ma non ci riesco.
PAUSE.


Mi siedo sul marciapiede e aspetto, non so bene cose, fissando il vuoto.
Cristo, dopo viene il mio turno.




















Note dell' Autrice:
Halo!
Anche il penultimo capitolo c'è. E la prossima settimana ci sarà anche l'ultimo.
Preparatevi.
E dopo l'epilogo e la storia si è conclusa.
Ringrazierò tutti più avanti (?), intanto ringrazio la mia beta, Inathia Len, senza di lei non so che cosa farei.
E niente, ci vediamo la prossima settimana.
With so much love,
BAZINGAA!
 

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Capitolo 14
*** Traccia Tredicesima. ***


Traccia Tredicesima.
Quando mi accorgo che è da più di un'ora che sono seduto sul marciapiede a osservare il vuoto, i primi spiragli di sole mi colpiscono il viso.
Sono pochi e cercano di farsi strada tra le nubi alte e scure di Londra, lottano con tutte le loro forze per arrivare a me, a noi, per svegliare la città che sta ancora dormendo nel più completo tepore.
Ma sono ancora le cinque e mezza di mattina, la città non si sveglierà fino alle prossime due ore.
Io, intanto, non ho dormito per una notte intera e mi chiedo ancora come riesca ad essere sveglio.
Questa cosa, questa giostra è già durata abbastanza. Ho incontrato molte persone con cui ho condiviso, volente o nolente, quello che era Sherlock. Ho dato un po' del mio e loro hanno dato un po' del loro Sherlock.
E mi è bastato.
Premo il tasto PLAY.
PLAY.
Dopo la commovente storia di mia zia Julia, eccoci arrivati all'Epilogo. John Watson. Ehi.


Ha la voce un po' più rilassata.
Sembra quasi sollevato. È un bene? Non lo so, Sherlock è imprevedibile.
Mi correggo, "era". 
 
 
 
Non è una traccia come le altre, questa. John ha tutte, ma allo stesso tempo nessuna colpa. Tutto cominciò quando John mi salvò la vita per la prima volta. In maniera anche piuttosto idiota mi resi partecipe ad uno dei giochi più screanzati mai inventati, tutto solo per dimostrare la mia intelligenza contro un tassista psicotico. John gli sparò, lui morì e mi salvò dal mio tragico destino, proprio come un soldatino viene addestrato a fare. Salvare la gente, la vita delle persone

Accenno una risata e mi alzo dal marciapiede, mentre cerco una scala antincendio per salire su, sul tetto del St Bart's.
Con mia sorpresa la trovo e comincio a fare la mia scalata verso ciò che è stato il palcoscenico della morte di Sherlock.
 
Poi, mi salvò la vita un'altra volta. Avrete sicuramente letto da qualche parte la notizia.
Vi dò alcune parole chiave: piscina, Jim Moriarty, bomba.
È stato un vero e proprio faccia a faccia.
Sapere che lo incontrerò di nuovo fra poche ore scatena in me emozioni contrastanti.
Proprio così, emozioni.




Per poco non cado dalle scale per le risate. Lo ha detto con un tono sarcastico che mi ha lasciato di stucco e allo stesso tempo mi fa ridere.
In qualche modo lo sento ancora con me, come se lui fosse arrivato già in cima.
Posso quasi sentire la sua voce che dice "Muoviti John, i criminali non si fanno aspettare!" e immagino me che accelero il passo, perché lui ha di nuovo ragione.
 
La terza volta che mi salvò la vita fu quando cominciammo a seguire il caso della Donna. Lei si finse morta e io, scioccamente, non mangiai e non dormii per giorni. Rischiavo di mettere in serio pericolo la mia salute e John, sempre più preoccupato, parlò con Irene, convincendola a parlarmi.
Ovviamente scoprì tutto da solo, ma non è questo il punto.
Lui si preoccupò per me, era sul punto di smuovere mari e monti pur di risollevarmi il morale, di salvarmi da me stesso.


-Semplice dovere di medico ...- sussurro, mentre arrivo sul tetto.
Con uno sforzo immane riesco a toccare terra e sono sorpreso dal fatto che io sia tutto intero.
Mi tasto faccia, braccia, corpo, gambe per controllare che non ci sia nulla di anomalo o fuori posto e fortunatamente non c'è nulla di fuori posto, tranne i capelli, che sistemo subito.
Prendo una boccata d'aria profonda e mi siedo per terra, continuando ad ascoltare la voce profonda di Sherlock.
 
Mi salvò altre due volte.
La prima, da quello che doveva essere "il Mastino infernale".
La seconda quando lo baciai la prima volta, in quel vicolo, quando Sally ci vide.
Sì, fui io a baciarlo, ma John ... Per amore della scienza, John fu meraviglioso. Mi guardò con uno sguardo che non avevo visto fare da nessun'altro.
Tutti, quando mi guardano, provano solo due cose: desiderio o disgusto.
Disgusto per quello che è il mio cervello, quello che riesco a fare con il mio esso.
Desiderio ... Perché pensano che sia una bella persona, da guardare almeno.
John invece, nel suo sguardo riusciva ad unire la pietà verso quella che è la mia "fragilità" e, quello che voi chiamate "amore".
Ho capito che lui mi amava. E non parlo solo di un fattore estetico ... Lui amava me, quello che sono.
Victor scalfì la superficie ma John ... Oh, John ha osato scavare in profondità, tanto in profondità da conoscermi per ciò che sono.
Non il solito geniaccio arrogante che con uno sguardo sa tutto di tutti.
Ma molto di più. Io sono così, ma dentro ... Dentro sono di più.
PAUSE.


Faccio un enorme sospiro, mentre mi guardo intorno e credo di scorgere un giubbotto nero che svolazza al primo alito d'aria che tira.
Illusioni, John, semplici illusioni.
Mi passo una mano tra i capelli e mi permetto, finalmente, di sbadigliare. Stringo i denti per non piangere. Sto cercando con tutte le forze di non farlo.
Non piangere.
Ma, Cristo, Sherlock mi sta confidando i suoi segreti, sta aprendo il suo cuore a me, mi sta confessando i suoi sentimenti.
Per l'amor del cielo, fa che sia vivo, ti prego.
Fa che questo sia uno stupido scherzo montato ad arte. Fa che quel coglione, quella testa di cazzo, quell'idiota mi giri ancora intorno domani, pregandomi di uscire e risolvere un altro caso insieme, nonostante lui insulti il mio cervello la metà delle volte.
Fa che io possa tornare a mettere il mio culo su quella stupida sedia, con quello stupido computer davanti, con quella stupida tastiera sotto le dita.
Ti prego.
Non mi rivolgo più a te da quando ho visto Maurice morire in Afghanistan.
Quella sera ti avevo chiesto di proteggere il nostro plotone.
50 morti e 65 feriti.
Non puoi aspettarti che ritorni da te, dopo averti chiesto di salvarli, dopo averti appellato così tante volte, dopo averti ringraziato ogni giorno della mia vita.
Ma guardami, adesso sono qui, sono tornato. Sono John Watson. Lì sopra c'è nessuno?
Fammi almeno sapere se lì con te c'è Sherlock. Se si sta divertendo, se sta impazzendo perché "tu non sei scientificamente possibile", se si diverte a spiegare le leggi Chimiche ai grandi Chimici che sono morti e che non ci sono più.
Se semplicemente sta zitto o se parla ogni momento che riesce. Se è di nuovo con sua zia Julia.
Ma ti prego, dimmi qualcosa, dimmi che lui è lì al sicuro. Perché se è lì, potrei venire anche a trovarlo.
PLAY.
Quindi, John, in fin dei conti non ha delle vere e proprie colpe. Le uniche colpe che ha, sono quelle di avermi conosciuto, probabilmente.
E di avermi salvato più e più volte, senza risparmiare al mondo una delle persone più arroganti e terribili che si potesse meritare.
Egoista, in parte.

L'unica cosa che mi dispiacerebbe non vedere più una volta morto è quello sguardo.
Lo sguardo di John. Nient'altro.
Oh e le vostre facce scioccate, che non riescono a capacitarsi di ciò che è appena accaduto e di ciò che accadrà.
Okay, credo di aver finito.
Addio.


La traccia si interrompe qui, con uno stupido rumore di sottofondo.
Guardo per minuti interminabili l' MP3 che mi ha accompagnato per tutta la notte.
So che Victor vuole sentire le motivazioni di Sherlock ed è l'unico motivo per cui non lo distruggo.
Non ci sarà più nessuno Sherlock.
Nessuna voce registrata. Solo il ricordo di un eroe Londinese incompreso.
Mi alzo da terra e mi sporgo da quello che dovrebbe essere il cornicione. È piuttosto alto.
Metto un piede e poi un altro. Cerco di immaginare le sensazioni provate da Sherlock in quel momento, mentre mi parlava al telefono.
Eri in ansia oppure eri tranquillo, rilassato? Io so di essere tranquillo.
Guardo giù ancora una volta.
I raggi del sole vengono coperti ancora e sembra di nuovo notte.
Ed è in questo momento che so di doverlo fare. Mi sporgo ancora e precipito, sentendo l'aria che mi punge il viso.
Mi sento leggiadro, libero, non c'è più nulla che mi pesa ora.
Vedo l'asfalto che si avvicina e chiudo gli occhi.
Sento le lacrime sul viso e una voce, profonda viene dall'alto.
-John!-
Sherlock?


Note dell' autrice.
Mi dispiace se questo è il finale che non avete pensato (ma, ammetiamolo, l'ho fatto intendere moooooooooooolte volte, forse con troppa insistenza, ma l'ho fatto capire) per questa storia, ma io ho voluto che ci fosse questo finale.
Credo fosse il finale più giusto.
Un mega bacio e ringrazimento alla mia bellissima beta, Inathia Len, che c'è sempre stata per me e tutto il resto … bè, vi ringrazierò all' epilogo, la prossima settimana.

 

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Capitolo 15
*** Epilogo. ***


 
Epilogo.


-64C, St James, Victor Trevor-
Il pacco si muove sul “nastro trasportatore” e lo vedi scomparire, dopo che la ragazza davanti a lui lo ha bollato come “fragile” e ha controllato che non ci fossero bombe e che, sopratutto, il pacco non fosse troppo pieno.
Pieno, poi … 13 cassette, una “mappa” e nient' altro. Cosa dovrebbe renderlo pieno se è più leggero di una piuma? Bè … non proprio, però il concetto è quello.
-Signore, è vietato fumare- spiega, la ragazza di fronte a te, con tono cordiale e un sorriso gentile sulla faccia. Si chiama Johanna, è bionda e ha gli occhi azzuri.
Fa male. Ti ricorda lui.
-Oh, è vietato?- chiedi tu, con la faccia più innocente che riesci a sfoggiare, di solito funziona.
La ragazza davanti a te annuisce, l'espressione di chi vorrebbe ma non può, mentre indica un cartello con scritto "Vietato Fumare". Abbassi lo sguardo e osservi la sigaretta che comincia a bruciare e deteriorarsi.
-Però … potrei chiudere un occhio … mi sembra triste ...- conclude lei, mentre cerca il tuo sguardo, sperando di averti reso un po' più felice. Tu fai un sorrisetto amaro. Sei cambiato in questi giorni. Sei più … distrutto. Sei un uomo distrutto.
Sei consapevole del fatto che tutto quello che hai fatto è stato terribilmente sbagliato.
Quelle tredici cassette, registrate per divertirti e veder soffrire chi doveva soffrire per tutto quello che ti aveva fatto, hanno soltanto reso la situazione peggiore di quanto non fosse.
Era proprio giusto coinvolgere per l'ennesima volta John? Sì, era giusto.
Perchè era giusto? Perchè lui doveva sapere. Doveva sapere quello che mi succedeva.
Perchè non dirglielo tu stesso? Non ne avrei avuto il coraggio.
Ecco che ogni domanda che ti sei posto in una settimana, adesso, dopo aver rivisto i suoi occhi … no, non i suoi, quelli di Johanna, che, Dio, gli somiglia così tanto, riesce ad avere, finalmente una risposta.
Ogni singola domanda.
Perchè non ti sei fatto vedere prima? Perchè volevo sapesse tutto prima di vedermi.
Perchè non sei intervenuto quando hai visto John sul cornicione? Non avevo capito … no, non avevo dedotto che volesse buttarsi … pensavo solo che volesse sentire le mie sensazioni … non pensavo che fosse tanto devoto … no, non devoto, Molly, mi ha detto che si dice “innamorato” … non credevo fosse tanto innamorato di me a tal punto da seguirmi perfino dopo che tutto fosse finito.
Ti sbagliavi. Mi sbagliavo.
Milioni di immagini vorticano nella tua testa, possibilità, scenari … esattamente come in una partita a scacchi, dove ogni mossa fa scattare un modo diverso di giocare, dove ogni mossa è fondamentale per il gioco.
Non mi piace giocare a scacchi. Non mi piace calcolare troppo le cose prima di arrivare alla vittoria.
No, certo che no. Preferisci essere più teatrale, preferisci essere sempre migliore, preferisci sempre illudere le gente del fatto che anche quando “improvvisi” la cosa riesce sempre.
Ma a quanto pare non è così, giusto? No, non è così.
Ed ora ti autocommiseri per la morte del tuo … qualunque cosa fosse! Dovresti smetterla, invece. Dovresti semplicemente accettare la realtà: John si è ucciso e tu non hai fatto nulla. Non inventare scuse, non era per nessuna delle ragioni che hai appena pensato.
E' stata la paura.
Esatto, hai avuto paura. Le gambe sono diventate gelatina, la bocca si è seccata e tu non sei riuscito a fare un singolo passo. Non hai nemmeno provato a fermarlo, pur sapendo quello che stava per succedere, pur non fidandoti del buon vecchio John Watson.
E lui si è buttato.
E tu sei rimasto a guardare, pietrificato.
E lo hai visto semplicemente volare via. Poi, tutto un tratto, la voce è tornata e hai urlato con tutto il fiato che avevi in corpo. Non hai la più pallida idea di nulla: non sai se ti ha sentito, non sai se era consapevole del fatto che stava morendo per nulla.
No, non per nulla, per amore.
Amore? Davvero? Non mi sembra amore, questo.
E' morto per raggiungermi, per amore.
E' morto per raggiungere una persona che non aveva bisogno di essere raggiunta, ma di raggiungere! Tu avevi bisogno di raggiungerlo! Non lui! Perchè tu non sei morto davvero, tu hai solo fatto finta e sei scomparso! Poi sei tornato e dovevi subito correre da lui. Non c'era altro da fare, solo raggiungerlo.
Ma il tuo stupido orgoglio ha fatto per te. Hai fatto sì che lui ti raggiungesse … ma il problema è che lui lo ha fatto a modo suo.
Qualcosa è cambiato, ha stravolto i miei piani, non doveva andare così, lui non doveva …
Suicidarsi? Bè, lo ha fatto. Continua a nasconderti dietro la parola “per amore”. Nasconditi, come hai fatto sempre, dietro concetti e piani troppo complessi a cui inizialmente non credevi neppure tu.
Intanto, lui è morto.
E adesso che fai?
-Signore?- la voce della ragazza ti fa riemergere dal tuo Palazzo Mentale. La sigaretta è completamente finita e tu sospiri. Avresti voluto finirla.
Rotei gli occhi e ti sistemi il cappotto.
-Arrivederci- ti congedi e con un gesto sbrigativo la saluti. Ti volti ed esci.
Affronti Londra, da solo. Non c'è nessuno al tuo fianco, nessuno a parlarti, cercando di fare l'etero, parlando di quanto fosse carina la ragazza. Non c'è nessuno che si lamenta del fatto che non mangia qualcosa di veramente buono da giorni.
Non c'è nessuno che ti adora, nessuno che ti guarda nella più completa ammirazione, che ti ama.
Non c'è più nessuno, perchè l'unica cosa che avresti voluto era John.
E adesso sei solo ed è strano dirlo ma … somigli a tuo fratello, Mycroft. Avvolto in solitudine e commiserazione … disperato, quasi.
Strano che fino a pochi anni fa credevi che la solitudine ti proteggesse. Per l'ennesima volta John aveva ragione.
“Gli amici ti proteggono, Sherlock.”
E fa male risentire la sua voce che rimbomba nella tua testa, prepotentemente.
Fa un male cane.
Ma … non puoi più “liberartene” perchè … anche se fa male, ne hai bisogno. Più delle sigarette.
Però sei solo.
E forse, questo, fa più male della sua voce che rimbomba.







Note dell' autrice.
*Esce, spaventata, con una mano alzata, salutando tutti.*
Ehilà! Aspettate l'epilogo da un po' … okay, forse non un po'. Mi dispiace ma la scuola negli ultimi tempi è stata più estenuante del solito. Ma finalmente è finita. Come è finita definitivamente questa storia.
Già, finalmente vi siete liberati di me! *Cori di giubilo e “alleluja” si sentono in lontananza.*
Bene, nonostante tutta la fatica che ho fatto per partorire (?) ed arrivare all' epilogo, ne è valsa le pena. Sono orgogliosa della storia, di come è finita (sì, sopratutto di quello), sono contenta perchè ho intrapreso un viaggio che consideravo senza speranza con voi, miei amati lettori e recensori e … fa male mettere un punto a questo viaggio. Quando sono partita, pensavo non avessi mai finito, pensavo di non arrivare mai in porto … ma a quanto pare mi sbagliavo. Sono maturata anche io, spero che il mio modo di scrivere sia migliorato nel tempo e spero di avervi lasciato con un sorriso sulle labbra, un po' come me, adesso.
Non per il finale ma perchè abbiamo affrontato una cosa meravigliosa tutti insieme e io non smetterò mai di ringraziare uno per uno, ogni persona che ha speso il suo tempo a recensire, ogni persona che ha messo tra preferiti/seguite/ricordate, ogni persona che ha semplicemente letto, ogni persona che ha seguito.
E se proprio vi va, i capitoli sono tutti lì, quando volete, potete ritornare al punto di partenza e ripercorrere di nuovo il nostro viaggio. Magari in maniera più veloce di quanto io sia riuscita a fare ma il tempo a mia disposizione era quello che era …
Un ringraziamento speciale va alla mia beta Inathia Len che dal primo giorno mi ha spronato a migliorare, a scrivere, anche quando la situazione si faceva complicata, l'ispirazione mancava e succedevano un mucchio di cose tutte insieme … Insomma, grazie mille per aver sopportato ogni mio sclero e per aver supportato il mio lavoro. Davvero, grazie mille. Non riuscirò mai a ringraziarti come si deve.
E non riuscirò nemmeno a ringrazire bene voi, che mi avete seguito. E sarò ripetitiva, ma grazie, grazie mille.
Ci si rivede in giro!
Non è un addio, questo.
(Quanto sono tragica? HAHAHAHAH, peggio di Sherlock.)
With so much love,
BAZINGAA!
P.S. Scusate se le “note dell' autrice” sono più lunghe del capitolo stesso, ma non me la sentivo proprio di lasciarvi così, senza nemmeno un grazie. Vi amo tutti e vi abbraccio da qui, per quanto mi è possibile. Devo a voi gran parte di tutto questo e gran parte della mia felicità.
P.P.S. Mi potete trovare anche su FB, vi lascerò il link del profilo qui accanto: https://www.facebook.com/johnlockisthewayefp?fref=ts
P.P.P.S Sto diventando noiosa, lo so, ma dovete sorbirmi ancora per un po': la storia l'ho pubblicata anche su Wattpad perchè ho un ego fin troppo SPROPOSITATO e … si chiama così anche lì, su Wattpad. Non so perchè l'ho detto … se vi va potete trovare pure lì questo ammasso di capitoli sfiancantissimi.
Adieu, adieu, adieu! (sul serio 'sta volta.)

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