The rain and it's charm

di parawhoredhead
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ah! La pioggia e il suo incanto! ***
Capitolo 2: *** I'm addicted to you ***



Capitolo 1
*** Ah! La pioggia e il suo incanto! ***


La pioggia batteva piano sulle sbarre arrugginite della piccola finestra e il freddo penetrava nelle ossa,nei suoi cinquemila anni da prigioniero Ulriel aveva imparato a sopportare qualsiasi cosa. Pur essendo un nephilim soffriva fame,sete,freddo,caldo e malattie cioè tutti quei bisogni che derivano dalla sua parte umana. Odiava Lucifero,odiava tutto il fascino di quell'essere malvagio,odiava i suoi occhi,la sua bocca e odiava l'umana debolezza di Helen che la portò a cedere troppo facilmente alle sue avances. Ulriel odiava essere figlio del diavolo. Ma c'era una cosa che adorava del suo lato umano: la sensibilità. Questa sua poetica qualità veniva fuori quando pioveva e lui stringeva con le mani le sbarre della piccola finestrella finchè le nocche non gli diventavano bianche.
 
*Hope*
Ogni volta c'era qualcosa che la portava a farlo,qualcosa che lei non conosceva affatto. Ogni notte di pioggia le era inevitabile alzarsi e correre alla finestra della sua camera per guardare le piccole goccioline scendere sul vetro liscio quasi facendo a gara per chi arriva prima. Non riusciva a spiegarsi il perchè di tutta quella attesa,in fondo era solo pioggia. Ma Hope sapeva che sarebbe piovuto e non dalle previsioni meteo. Sapeva se sarebbe venuto giù un temporale o una lieve pioggerellina e lo sapeva anche giorni prima che accadesse. Le piaceva passare le mani sul vetro e sentire quanto era freddo là fuori. E,anche se era assurdo,sentiva che qualcuno,da qualche parte,aspettava la pioggia come lei e la guardava con le mani nella stessa posizione delle sue quasi come le volesse toccare.
Per quanto Hope amasse la pioggia sapeva che era notte fonda e che il giorno dopo c'era lezione quindi si costrinse a tornare a letto pur sapendo che non avrebbe chiuso gli occhi. "Ah! La pioggia e il suo incanto!" pensò.
Alle sette in punto la sveglia suonò senza pietà e Hope farfugliò assonnata qualche bestemmia prima che la sua mano trovasse quel diabolico strumento sul comodino e lo scaraventasse sul muro. Ormai era sveglia e la scuola non aspettava quindi fece una doccia veloce che le ricordava tanto lo scrosciare della pioggia e la rilassava molto poi si truccò leggeremente,si vestì e preparò due french toast. Mentre sbocconcellava la colazione si fermò a pensare a tutte le idiozie che la pioggia le liberava nella mente. Come avrebbe potuto esserci qualcuno il cui desiderio di toccarla era talmente forte da poterne sentire l'intensità? Idiozie! Solo idiozie! E lei lo sapeva ma non poteva evitare la delusione che le attanagliava il cuore man mano che la realtà prendeva il sopravvento,sembrava quasi che il suo cuore pian piano si colorasse di nero e a quel punto veniva posseduta dal malumore che governava la sua intera giornata.
Il vento gelido da quiete dopo la tempesta le sferzò il volto mentre usciva dal dormitorio femminile di Harvard,i capelli appena pettinati distrussero la gabbia dell'ordine e si sistemarono in stile Tina Turner,le guance struccate diventarono rosse e le iniziarono a lacrimare gli occhi. L'inverno era molto rigido lì a Cambridge,nel Massachuttes. Erano solo le sette e mezza di mattina ma gli studenti già bazzicavano per il campus chi per prendere alcuni libri in prestito dalla biblioteca e chi,come Hope,cercava di prendere uno dei posti migliori per seguire le lezioni. A volte si sentiva davvero strana,insomma miliardi di studenti in tutto il mondo odiavano la scuola e tutto ciò che era legato ad essa. Hope,invece,la amava. Era il suo rifugio e adorava chiudersi in bibllioteca anche dopo ore di lezione,era stata per due anni il capitano della squadra di chimica (pur studiando giurisprudenza) e per tutti e due gli anni il suo team aveva battuto alla grande quello di Yale. Si affrettò a salire le scale della scuola e a raggiungere l'aula 4C dopo aver preso i libri di diritto penale dal suo armadietto,più le ore passavano più tutto della giurisprudenza si insinuava nel suo cuore: gli articoli della costituzione americana,il bellissimo motto in mostra in tutte i tribunali d'America "In God we trust". Hope era cattolica ma non era mai stata osservante e,così come i suoi genitori,il dottor Thomas Watson e sua moglie Heaven,non era mai stata battezzata.
Alla fine della lezione andò in biblioteca e spese lì tutto il pomeriggio.
 
*Ulriel*
Passi. Dopo cinquemila anni. Passi sempre più vicini. Era lei.
-Salve Ulriel-.
-Galadriel- disse salutandola con un cenno del capo a testa bassa.
-Qualcuno ha deciso che hai pagato abbastanza-.
Impassibile Galadriel,l'angelo guardiano, aprì la cella con la sua stellasaetta e con questa spezzò le catene che imprigionavano le grandi ali scure del nephilim.
-Perchè? Cosa vogliono in cambio?-
-Ulriel,corre voce che tu sia il Redentore-
 

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Capitolo 2
*** I'm addicted to you ***


Quella Mattina Hope aveva una strana sensazione,le faceva male lo stomaco anche se la sera prima aveva mangiato soltanto un'insalata con vinaigrette all'aceto di mela e qualche fetta di baguette comprata da Faith,la sua spumeggiante compagna di stanza. Entrambe facevano parte della confraternita delle sigma-tau,popolata per lo più da ragazze nerd. La confraternita delle delta,invece,era quella delle cheerleader ma,a differenza dei film popolati da ochette biondone il capitano,Ariel,aveva i capelli scuri,la pelle bianca e dei grandissimi occhi azzuri. Era un angelo sia fuori che dentro,prendeva parte a tutti i progetti di beneficenza organizzati dal college,donava spesso vestiti a chi non poteva permetterseli,era volontaria alla mensa dei poveri della vicina Boston e la sua famiglia aveva adottato due bambini rimasti orfani dopo il terremoto nelle Filippine. Inoltre,Ariel,era anche una grande amica di tutti gli studenti del college inclusa Hope. E proprio Ariel quella mattina bussò alla sua porta. Quando Hope aprì il frizzante capitano delle cheerleader si fiondò dentro la stanza con in mano una scatola di ciambelle glassate e due frappuccini.
-Ti ho portato la colazione!- urlò.
-Oh,ehm,grazie Ariel!- rispose Hope stordita.
-Io sento quando le persone non hanno una bella cera,mein liebe!-.
In effetti sembrava sul serio che Ariel avesse il famoso "sesto senso" delle donne,captava influenza,morbillo e varicella da chilometri e correva ad aiutare il malato rischiando di essere contagiata. Hope le disse che avrebbe preso qualcosa per il mal di stomaco e sarebbe uscita perchè quel giorno doveva lavorare quindi ringraziò di nuovo Ariel per la colazione,le diede tre delle sei ciambelle e la cacciò dalla stanza in modo scherzoso.
In realtà Hope non aveva bisogno di lavorare,i suoi genitori non avevano nessun problema a livello economico,anzi le tasse universitarie erano viste come semplici bollette della luce in casa sua eppure lei sentiva il bisogno di darsi da fare in qualche modo quando non aveva lezione,odiava dover poltrire a letto,era come se si sentisse in dovere di ripagare i suoi genitori che tanto l'avevano incoraggiata fino a quel punto. Uscì dal dormitorio e si diresse al ristorante italiano,il Nando's, dove lavorava.
*Ulriel*
-Silenzio!-. La sua voce era forte,decisa e molto,molto arrabbiata. Il serafino Achaiah zittì i Cherubini e i Troni che bisbigliavano indignati.
Ulriel era inginocchiato davanti a lui e a suo fratello Mikael con le ali nere imprigionate dai fuochi angelici.
-C'è un motivo se Il Creatore ha voluto risparmiare il nephilim!- tuonò -chi siamo noi,suoi sottoposti,per contrastare la sua volontà?-.
-I nephilim hanno una loro storia- continuò Mikael- sapete tutti che gli angeli ribelli guidati da Lucifero una volta caduti sulla terra si accoppiarono con gli umani e che Lui per sterminare i mezzosangue,la loro prole,scatenò il Diluvio Universale. Ma questo nephilim è diverso,miei fratelli. Questo nephilim è figlio di Lucifero!-.
Un brusio si sollevò dall'enorme schiera angelica presente.
-Questo nephilim è il Redentore,un'oscura figura capace di redimere gli angeli caduti! Non possiamo accettare che quei traditori tornino qui,nei nostri cieli!- tuonò ancora Mikael,l'angelo conservatore.
Tutto ciò che Ulriel vedeva a testa china,dai suoi grandi occhi verdi erano le nuvole. Era inginocchiato sulle nuvole,sotto processo per cosa? Per ciò che era,un bastardo. Non aveva alcuna colpa se non quella di essere nato. Sin da quando era un giovane nephilim tra gli angeli caduti era stato visto come una creatura demoniaca solo a causa di chi era suo padre,i fuochi pii avevano deciso di imprigionarlo finchè non avessero capito cosa farne e lui aveva dovuto aspettare cinquemila anni per sapere se sarebbe morto o no.
-Non siamo sicuri che sia il Redentore!- urlò Seraphiel lontano -dobbiamo mandarlo sulla terra,se il nephilim è davvero ciò che pensate allora Binael sarà incaricato di osservare se gli angeli caduti seguono la scia del mezzosangue per far sì che lui li redima!-.
-Faremo così- decise Achaiah,il più anziano -Binael,angelo osservatore,adempirai al tuo compito. Osserverai il Nephilim-.
Luce. Luce del sole. Terra.
Ulriel sbattè piano gli occhi cercando di abituarsi alla luce del sole,indossava degli abiti antiquati:una tunica romana e dei sandali alla schiava. Si guardò attorno e sulla destra scorse la figura di una donna con una gonna stiminzita e una canotta del medesimo colore con su stampata la lettera H. Quella lettera fu l'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi.
*Ariel*
Ulriel era debole,l'ascesa sulla terra aveva spazzato via tutte le sue forze. L'aveva sistemato sul letto nella sua stanza e aveva chiuso la porta a chiave così che nessuno potesse entrare mentre lo curava con la sua runa della guarigione. Un bagliore scaturiva dal piccolo ciondolo a forma di mezzaluna mentre l'angelo custode lo passava piano sul corpo del nephilim indebolito,pian piano i segni delle catene sui polsi,i segni della sua prigionia scomparirono lasciando il posto alla rosea pelle di Ulriel. Il giovane mezzosangue aprì gli occhi piano e poi si sollevò mettendosi seduto.
-Ariel! Ma...ma come sei vestita?- disse sconcertato.
-Ulriel,siamo nel ventunesimo secolo. Qui quello strano sei tu.- ridacchiò l'angelo custode dagli occhi blu.
*Hope*
Hope si sentiva stanca,spossata mentre i clienti ordinavano pasta con le polpette o lasagne e lei trascriveva tutto sul suo bloc notes,portò le ordinazioni a Ciro e comunicava qualsiasi dettaglio mentre preparava il vassoio con le bibite e le potrava ai tavoli. Le era sempre piaciuto quel lavoro ma quel giorno decisamente no. Era debole,febbricitante e stanca come se avesse attraversato sette cieli e sapeva che da un momento all'altro sarebbe sbucata Ariel dalla porta del ristorante. Vedendola in quello stato,il capitano delle cheerleader,l'avrebbe sgridata e riportata immediatamente al campus riferendo al capo che c'erano problemi. E così fu. Ariel la sorreggeva e la copriva con il suo cappotto per riparla dal vento pungente che quel giorno soffiava su Harvard,più si avvicinavano al dormitorio più Hope era debole. Duecento metri che le sembrarono duemila,i battiti del suo cuore erano sempre più deboli e poi le gambe cedettero. Hope svenne...proprio davanti alla stanza di Ariel.
 
 
 
SSSSAAAALLLVE! Mi dispiace di non aver inserito l'angolo dell'autore nel precedente capitolo ma l'ho dimenticato ^-^ questa è la mia terza ff e,a differenza delle altre,in questa ci credo sul serio. So che andrò avanti. Se vi è piaciuta o anche se non vi è piaciuta lasciatemi una recensione per dirmi in cosa devo migliorare o magari darmi consigli a proposito della trama. Spero vi piaccia,aggiornerò presto! Ciao!
                                                                       Anna Chiara
 
 
 
 
 
 
 

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