The rebellion

di SaraJLaw
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I


Odiavo le luci al neon, da sempre. Avrei preferito che la stanza fosse illuminata da una misera candela, la cui fiamma avrebbe almeno trasmesso calore, piuttosto che da questi apparecchi. Non facevano che aumentare la freddezza della grande stanza adibita a mensa. Sedevo al solito tavolo insieme a mia sorella Prim, che giocava distrattamente col cibo che aveva nel piatto. Per nessuno era stato facile abituarsi alle rigide regole della nostra nuova casa, specialmente per i più piccoli. Nel distretto 12 non avevamo nulla, riuscivamo appena a mettere qualcosa sotto i denti, ma godevamo di una certa libertà, seppur apparente. Io ero l'esempio lampante di quella situazione: da quando mio padre era morto, avevo iniziato a scavalcare la recinzione che delimitava il distretto per addentrarmi nei boschi e cacciare con arco e frecce. Una parte delle prede la tenevo per me, Prim e nostra madre, ma la maggior parte la vendevo o la barattavo al Forno. I Pacificatori chiudevano un occhio, anche perché erano i primi a fare affari lì dentro. Dopo l'Edizione della Memoria, pochi di noi sono riusciti a scappare e a essere salvati dagli hovercraft mandati dal distretto 13 a seguito dei bombardamenti da parte di Capitol City, e di tutto ciò che conoscevamo non rimaneva più niente. Mi capitava spesso di perdermi in quei pensieri, specialmente quando mangiavo, e il più delle volte finivo per incupirmi più di quanto non fossi già. Per fortuna avevo mia sorella che riusciva sempre a strapparmi un sorriso e a farmi comportare in maniera accettabile davanti alle altre persone. O quasi. Le porte della mensa si aprirono ed entrarono Johanna Mason, distretto 7, e Finnick Odair, distretto 4, entrambi vincitori degli Hunger Games e tributi per l'Edizione della Memoria. Finnick teneva per mano Annie Cresta, anche lei vincitrice dei Giochi; Johanna aveva la testa rasata e uno sguardo tormentato e triste. Era stata salvata una settimana prima da una squadra di soccorso che si era recata a Capitol City, e di quel gruppo faceva parte anche il mio amico Gale Hawthorne. Non lo vedevo da un paio di giorni, era sempre impegnato nel centro di comando e non avevamo modo di stare insieme come quando eravamo a casa. Mi mancavano le nostre giornate di caccia all'aria aperta, il nostro rapporto profondo, senza complicazioni. La guerra aveva cambiato anche quello purtroppo.

Katniss? Hai finito?”

La voce di Prim mi riportò alla realtà e mi affrettai ad annuire e ad alzarmi. “Sì, andiamo.”

Ci dirigemmo verso il bancone per posare i vassoi, passando fra i tavoli. Mentre camminavo, alzai la testa, guardandomi brevemente intorno, e notai due occhi incredibilmente azzurri che mi fissavano. Appena i nostri sguardi si incrociarono, il ragazzo tornò a chinare la testa sul suo piatto, facendo finta di nulla. Si chiamava Peeta Mellark ed era l'ultimo dei tre figli del fornaio che abitava nel 12. Aveva la mia età e avevamo frequentato la scuola insieme, anche se lui stava sempre con i figli dei commercianti e io con i ragazzi del Giacimento. Non ci eravamo mai parlati, eppure condividevamo una sorta di legame speciale e segreto: quando mio padre morì, saremmo morte di fame se Peeta non mi avesse dato, o meglio lanciato, due pagnotte di pane destinate ai maiali, perché troppo bruciate per essere vendute. Quel gesto, che inizialmente credevo di aver soltanto sognato, mi dette speranza e la forza per rimboccarmi le maniche; avrei voluto ringraziarlo il giorno dopo a scuola, ma non trovai le parole adatte, come al solito. Da allora lo sorpresi più volte a guardarmi con discrezione, pronto a distogliere lo sguardo appena me ne accorgevo. Il fatto che non avesse perso questa strana abitudine mi rincuorava in un certo senso, mi dava l'illusione che la vita che avevo a casa non fosse cambiata del tutto, ma così non era. Non capivo il motivo di tutto quell'interesse nei miei confronti, ma non mi importava più di tanto.

Cosa ti dice il programma?” domandai a Prim, fermandomi per rifarmi la treccia.

Devo aiutare la mamma in ospedale.” rispose lei, come se fosse la cosa più bella che una bambina di tredici anni potesse fare. “Tu?”

In teoria l'addestramento, ma credo che rimarrò a gironzolare.”

Prim incrociò le braccia sul petto e mi guardò in tralice. “Perché ti ostini a non voler fare quello che ti viene detto?”

Non voglio diventare un soldato, lo sai.” dissi mentre passavo la mano su una piega inesistente dell'uniforme grigia fornita dal distretto 13. “Andiamo forza, altrimenti farai tardi paperella.”

Le feci il solletico e lei rise sia per quello sia per il nomignolo. Si girò per contrattaccare, cogliendomi di sorpresa, e feci due passi indietro per difendermi, finendo per andare a sbattere contro qualcuno che mi afferrò per le spalle, evitando di farmi cadere.

Scusami, io...” cominciai a dire voltandomi, però mi bloccai appena riconobbi il ragazzo che continuava a stringermi le braccia.

Non ti preoccupare.” disse Peeta sorridendomi, mettendo poi le mani in tasca.

Grazie.”

Lui annuì, ci superò e aprì la porta della mensa per farci passare. Prim gli regalò uno di quei sorrisi che potrebbero far sciogliere la neve, e Peeta fece altrettanto, spostando poi lo sguardo su di me.

Ci vediamo Katniss.”

Io non feci altro che un cenno con la testa per ringraziarlo e mi incamminai verso la mia stanza, confusa da quel semplice gesto di pura cortesia e incapace di togliermi dalla mente il suo volto che mi sorrideva timidamente.




Buonasera! :)

Sono tornata con una fanfiction Everlark che spero vi piaccia. Questa storia è nata da una mia curiosità: se nessuno dei due fosse stato estratto per gli Hunger Games, se Katniss non fosse stata il volto della ribellione e Peeta non fosse stato depistato, come avrebbero potuto conoscersi? E così ho buttato giù questo primo capitolo dove i nostri piccioncini sono due ragazzi qualunque, sopravvissuti alla distruzione del distretto 12.

Spero che sia di vostro gradimento, sarei contenta se me lo faceste sapere, i vostri giudizi sono importantissimi :)

Alla prossima ragazzi!

Sara


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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II


Il pomeriggio seguente camminavo per i corridoi del distretto 13 quando una voce familiare mi fece girare di scatto.

Ancora allergica al programma Catnip?”

Ero contenta di vedere Gale ma, ovviamente, non gli diedi soddisfazione. “Non tutti siamo ligi al dovere come te, soldato Hawthorne.”

Lui sorrise brevemente e si poggiò con la spalla al muro. Aveva due anni più di me e naturalmente era molto più alto. Nel 12 ci scambiavano per fratello e sorella, visto che avevamo la stessa carnagione olivastra, i capelli scuri e gli occhi grigi; le nostre madri speravano in un matrimonio in futuro, ma io non volevo sposarmi, né tanto meno avere figli, soprattutto in quel mondo pieno di dolore e distruzione. E poi Gale era il mio migliore amico e non avrei mai potuto pensare a lui in quel senso.

Che ci fai qui? Non dovresti andare a salvare qualcuno?”

Questa volta no. Ho una sorpresa per te.” Lo guardai con aria interrogativa e lui mi sorrise di nuovo. “Annie e Finnick si sposano e la Coin ha dato il permesso di festeggiare. Ci sarà un banchetto e dato che Plutarch sta organizzando le cose in grande, ci ha concesso di uscire e cacciare per la cucina.”

Dalla sua risata intuii di aver assunto un'espressione buffa ma non me ne preoccupai. Avrei potuto finalmente correre nel bosco e respirare aria pura. “Quando possiamo andare?”.

Anche subito se vuoi.”

Ci precipitammo nell'armeria dove un altro vincitore degli Hunger Games e tributo dell'Edizione della Memoria, Beete, ci consegnò archi e frecce. Non avevo mai visto nulla del genere. Uscimmo e consegnammo i nostri permessi alle guardie che sorvegliavano la recinzione; appena ci addentrammo nel verde del bosco, sentii le mie labbra piegarsi in un sorriso e mi fermai qualche istante per sentire il calore del sole sul volto. Ero di nuovo viva e per un attimo riuscii a dimenticare Capitol City, il presidente Snow, la guerra. Eravamo solo io e la natura che mi circondava.

Bello vero?” disse d'un tratto Gale.

Sì, mi è mancato tutto questo.”

Sentii il mio amico schiarirsi la gola e quando riaprii gli occhi, mi accorsi che mi guardava in modo strano. “Be', abbiamo solo due ore. Meglio muoverci se non vogliamo farci ritirare i permessi.”

Detto questo, ci mettemmo al lavoro e riuscimmo a uccidere un bel po' di selvaggina. Certo, non era molto e probabilmente non sarebbe bastato per tutti, ma non potevamo lamentarci. Non conoscevamo quel luogo e avevamo poco tempo. Trascorremmo il resto del pomeriggio insieme e quando Gale dovette tornare al Comando, io mi diressi in ospedale per vedere Prim. La trovai vicino all'entrata principale, intenta a parlare con un ragazzo biondo che mi dava le spalle. Riconobbi subito Peeta, che si girò appena Prim mi salutò, e rimasi nuovamente colpita dall'azzurro dei suoi occhi, che mi fissavano apertamente ma senza arroganza. Una vocina nella mia testa si chiese se quello fosse uno sguardo riservato solo a me. Mi avvicinai e sorrisi a mia sorella prima di abbracciarla.

Ciao Katniss.” disse Peeta con il suo solito sorriso gentile.

Ciao.”

Tra noi scese un silenzio imbarazzato, prontamente rotto da Prim, che ci congedò in fretta. “Ora devo andare. Ci vediamo a cena.”

Annuii e prima che potessi rispondere lei era già sparita. Peeta si incamminò verso gli alloggi e io lo seguii, visto che quella era l'unica strada per arrivarci. Percorremmo qualche metro senza parlare, e mi azzardai a guardarlo con la coda dell'occhio: era di altezza media, la sua carnagione sembrava ancora più chiara con quelle luci che illuminavano il corridoio, aveva le spalle larghe e braccia forti, abituate ad alzare i sacchi di farina da mezzo quintale. Solo allora notai la benda intorno al polso. “Che ti è successo?”

Alzò la testa, sorpreso che gli avessi rivolto la parola. Sollevò il braccio di fronte a sé e gli lanciò un'occhiata distratta, liquidando il tutto con un'alzata di spalle. “Non è niente, mi sono scottato prima, mentre cuocevo il pane. È stata tua sorella a medicarmi.”

Ah, mi dispiace.”

Tranquilla. Comunque è molto brava, ha la stessa passione di vostra madre.”

Sì, l'ha sempre aiutata quando persone malate o ferite venivano a casa nostra.”

E tu no?”

Vedere il sangue non mi piace molto.”

Aggrottò le sopracciglia e si grattò il mento con aria pensierosa. “Eppure vai a caccia. Non è un controsenso?”

Perché non eravamo rimasti a parlare di Prim? Era più facile. “Con gli animali è diverso. E poi come fai a sapere che so cacciare?”

Eravamo giunti agli alloggi e la mia camera era la più vicina, quella di Peeta era dall'altra parte del corridoio invece. Ovviamente aveva notato il tono che avevo usato e lo vidi arrossire leggermente. “Mio padre comprava i tuoi scoiattoli, ricordi? Diceva che li centravi tutti in un occhio.”

Mentre parlava percepii un certo orgoglio nella sua voce, come se fosse fiero di me o contento di ricordarsi quel particolare per far colpo. Dovevo ammettere che ci era riuscito.

La mia stanza è laggiù. Grazie della compagnia Katniss.”

Figurati.”

Mi sorrise per l'ennesima volta e si diresse nella direzione che aveva indicato, mentre nella mia testa aumentavano le domande sul ragazzo del pane.






Salve gente!

Come avete letto, in questo capitolo ho inserito anche Gale e la sua amicizia con Katniss, perché comunque è un personaggio importante e non potevo tralasciarlo. Peeta sta cercando piano piano di far colpo sulla nostra Miss Everdeen e a quanto pare ci sta riuscendo *-*

Spero che vi sia piaciuto ciò che la mia povera testa superstressata è riuscita a mettere insieme tra un libro e l'altro ( T.T )

Se vi va, ci vediamo alla prossima! :)

Sara

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III


A casa non avevo mai partecipato a delle feste, anche perché non c'era mai nulla da celebrare. Non avrei mai pensato che qui, nel 13, nel pieno di una guerra, mi sarei divertita tanto. I due sposi erano stupendi e felici, tutti gli invitati si congratulavano e auguravano loro ogni bene. Non conoscevo né Finnick né Annie, ma non importava, ero comunque contenta che l'amore, almeno per quel giorno, fosse stato al centro dell'attenzione. Quello era un bel messaggio da mandare al presidente Snow: per quanto provasse a distruggerci e dominarci, la nostra vita sarebbe andata avanti e non avremmo rinunciato a un lieto evento. Mi avvicinai alla bellissima torta nuziale, piena di decorazioni in glassa con motivi marini, e ne presi una fetta. Appena l'assaggiai, rimasi sorpresa dalla sua bontà e realizzai di non aver mai mangiato un dolce in vita mia. Nel distretto 12 Prim mi chiedeva sempre di passare davanti alla vetrina del forno per vedere le torte esposte, che purtroppo non avremmo mai potuto permetterci. Un pensiero mi colpì: il signor Mellark, sua moglie e i figli più grandi non erano sopravvissuti, quindi era stato Peeta a preparare quel dolce. Sorrisi senza neanche accorgermene e lo cercai con lo sguardo; lo individuai tra la folla ai limiti dell'improvvisata pista da ballo e mi affrettai a raggiungerlo.

Ciao Peeta.”

Lui si voltò e il suo viso si illuminò quando mi vide, ma solo per un attimo. “Hey! Ti stai divertendo?”

Sì, molto. Non avevo mai partecipato a un matrimonio.

Già, nemmeno io.” Guardò i ballerini, rivolgendosi poi di nuovo a me. “Conosci i passi?”

Mia madre me li ha insegnati quando ero piccola.”

Perfetto! Posso imparare anch'io?” chiese, porgendomi la mano e ammiccando.

D'accordo, era una festa e me la sarei goduta fino in fondo, e poi Peeta era simpatico. Poggiai la mia mano sulla sua e mi lasciai guidare verso la pista, dove le altre coppie si stavano preparando. Vidi Prim battere le mani, come se potesse esplodere di gioia, e tornai a guardare il mio cavaliere, che aveva un leggero rossore sulle guance mentre aspettava istruzioni.

I passi sono molto semplici, devi più che altro seguire il ritmo.”

Lui annuì, e quando la musica partì, notai che non era male come ballerino; la sua mano destra stringeva dolcemente la mia, mentre la sinistra era poggiata sul mio fianco e potevo sentirne il calore rassicurante attraverso la stoffa dell'uniforme. Io e Peeta ci guardammo negli occhi, il mio cuore cominciò a battere più velocemente e non riuscivo a capire il motivo. Era come se quel ragazzo riuscisse ad abbattere il muro dietro al quale mi nascondevo e proteggevo me stessa.

Ho mangiato la torta. È buonissima.”

Sono contento che ti sia piaciuta.”

Il ballo terminò e ci spostammo verso un angolo della stanza e ci accomodammo su due sedie abbandonate lì. Contemplammo in silenzio i due sposi che si sorridevano con amore.

Vorrei che questo giorno non finisse mai.” gli sentii dire a un certo punto.

Perché ti stai divertendo?”

Non solo per questo. Sarebbe bello se fosse sempre così, no? Il trionfo dell'amore sull'odio. Non so, è come se oggi potesse succedere di tutto esprimendo un semplice desiderio.”

Aveva parlato fissando il pavimento, come se provasse vergogna. “Secondo te basta solo esprimere un desiderio? Chi te lo dice?”

Nessuno, però con me finora ha funzionato.”

Che intendi?”

Peeta decise di alzare lo sguardo su di me, l'azzurro e il grigio dei nostri occhi si legarono subito. “Stamattina, mentre finivo la torta, speravo di passare un po' di tempo con te e, al di là di ogni mia più rosea aspettativa, sei stata tu a cercarmi e hai accettato di ballare.”

Dovetti deglutire un paio di volte perché la gola era diventata improvvisamente secca, ma quando aprii la bocca per parlare, non seppi cosa dire. Le mie capacità respiratorie mi abbandonarono definitivamente quando Peeta sfiorò con un dito il dorso della mano che tenevo stretta sulla sedia. Fu come ricevere una scossa che tuttavia mi impediva di sottrami a quel tocco delicato.

Katniss, volevo... Oh, scusate!”

La voce di mia sorella ci riportò alla realtà, facendoci letteralmente saltare. Che mi stava succedendo? Da quando mi lasciavo andare in quel modo?

Non preoccuparti, è tutta tua.” disse Peeta con un sorriso.

Mi alzai e mi allontanai con Prim; mi portò di nuovo sulla pista e i musicisti iniziarono a suonare. Il nuovo ballo prevedeva molti salti e giravolte, ma questo non le impedì di parlare. “Che succede fra te e Peeta Mellark?”

Niente, stavamo solo parlando.”

Lei assunse un'espressione dubbiosa e anche un po' dispiaciuta. “Non sapevo che fossi con lui, credevo che vi foste limitati a ballare.”

E da quando prevedi il futuro?”

Ti conosco Katniss. Mi ha sorpreso vederti ballare con lui, soprattutto perché l'unico ragazzo con cui parli è Gale, figuriamoci vedervi mentre vi tenevate per mano!”

Mi bloccai, guardandola infastidita. “Ha fatto tutto lui, io non c'entro.”

Prim scoppiò a ridere, incurante dello sguardo truce che le lanciai. “Guarda che non c'è niente di male! Gli piaci tantissimo, chiunque lo capirebbe.”

Il ballo terminò, così come la mia pazienza. Mi allontanai di corsa fino a raggiungere la mia stanza, nella quale mi chiusi a chiave. Ero sempre riuscita a stare alla larga da quel genere di situazione e di certo non avrei cambiato idea a causa di Peeta Mellark.





Buon salve a tutti!

Mi rendo conto che questo capitolo è un pochino più breve rispetto ai precedenti ma l'ho fatto proprio per concentrare l'attenzione sui nostri ragazzi che ballano e sui primi, minuscoli, dubbi di Katniss. Come avete notato, la sua sicurezza sta cominciando a vacillare, nonostante cerchi di convincersi del contrario.

Ci vediamo al prossimo capitolo! :)

Sara

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV


Katniss!”

Continuavo a camminare come una furia verso la mia stanza, sperando che mi lasciasse in pace. “Non voglio parlare con te.”

Dovrai solo ascoltare, per favore!”. Peeta accelerò il passo, riuscendo a frapporsi tra me e la porta, bloccandomi così il passaggio.

Spostati.”

No.”

La sua voce era dura e seria, una voce che non ammetteva repliche. Nel pronunciare quella semplice sillaba la sua mano scattò sul mio braccio, stringendolo in una presa ferrea. Subito lo guardai in faccia, cercando di riempire il mio sguardo con tutta la freddezza di cui ero capace.


. Mezz'ora prima....


Nella mensa c'era il solito ordinato trambusto, dovuto al rumore di piatti, sedie e voci più o meno pacate. Era passata quasi una settimana dal giorno del matrimonio e io non avevo più parlato con Peeta da allora. Più volte lo avevo sorpreso a guardarmi e io puntualmente giravo il viso dall'altra parte, ignorandolo. Non mi piaceva la piega che stava iniziando a prendere il nostro rapporto, non mi andava bene che una persona, praticamente appena conosciuta, mi rendesse così vulnerabile. Io non ero quel genere di ragazza, e di certo non lo sarei stata lì, sottoterra, non quando il fuoco di Capitol City avrebbe potuto distruggerci da un momento all'altro. Semplicemente ero scivolata in uno stato di totale indifferenza, sperando che quell'atteggiamento un po' infantile riuscisse a farlo demordere. Avevo appena terminato la mia cena e stavo giocando distrattamente con i miei capelli quando una sedia accanto a me fu occupata senza tante cerimonie. Si trattava di Marcus, un capitolino della mia età i cui genitori si erano ribellati al regime ed erano stati accolti nel 13. Sembrava un ragazzo normalissimo se non fosse stato per i bizzarri tatuaggi argentati sulle braccia; ci eravamo parlati di sfuggita solo un paio di volte, visto che io stavo per conto mio e lui in compagnia degli altri capitolini fuggiti.

Come mai quel broncio, piccola?” mi domandò, poggiando i gomiti sul tavolo.

Non ho il broncio Marcus.”

Di certo non stai ridendo. Perché non vieni a farti un giro con me? Scommetto che possiamo trovare un modo per tirarti su.” continuò lui con un sorriso idiota stampato in faccia.

Sono stanca, okay? Perché non torni dai tuoi amici?”

Con loro ci sto sempre! Una noia tremenda. Invece tu sei qui, tutta sola...” disse, interrompendosi per spostarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

Subito gli scansai la mano e lo fulminai con lo sguardo. “Lasciami in pace!”

Marcus scoppiò a ridere e si avvicinò di più a me. “Non fare la preziosa, ci divertiremo.”

Allontanati da lei. Subito.”

Entrambi alzammo la testa udendo la voce di Peeta e io rimasi colpita dalla rabbia che fiammeggiava nei suoi occhi. Il capitolino si alzò in piedi ma era comunque più basso, cosa che tuttavia non sembrò intimorirlo più di tanto. “Cosa vuoi?”

Voglio prenderti a pugni fino a farti sparire quel sorrisetto dalla faccia, ma potrei cambiare idea se la lasciassi stare.”

Marcus annuì leggermente e fece un passo indietro, rivolgendosi poi a me. “Wow Everdeen, di' al tuo ragazzo di darsi una calmata.”

Io e Peeta rimanemmo per qualche istante a guardarlo allontanarsi e poi i nostri sguardi si incrociarono.

Tutto bene?”

Sì. Me la stavo cavando benissimo da sola, comunque.”

Certo, come no.”

A quel suo commento sarcastico balzai in piedi e gli diedi uno schiaffo, non forte quanto avrei voluto, ma di certo il significato era chiaro. Restammo tutti e due immobili a fissarci con astio, sorpresa e rimprovero.

La devi smettere Peeta! Basta con questa gentilezza esasperante, con gli sguardi e tutto il resto. Tu non mi conosci e non hai nessun diritto di ronzarmi sempre intorno!”

Avevo parlato a bassa voce ma sentivo lo stesso il volto andare in fiamme. Lui aprì la bocca per ribattere però non gliene diedi la possibilità e mi diressi alla porta. Sentii subito i suoi passi dietro di me. Non che mi aspettassi il contrario.


Continuammo a guardarci in cagnesco davanti alla porta della mia stanza, la sua mano mi stringeva ancora il braccio.

Mi stai facendo male.” dissi, glaciale. Non era vero ma sapevo che mi avrebbe lasciata subito.

Peeta aprì di scatto la mano, liberandomi. Inspirò a fondo, incrociando le braccia sul petto. “Perché ti dà tanto fastidio che io sia gentile con te?”

La gente non fa mai niente per niente.”

Aggrottò le sopracciglia, sorpreso. “E pensi che io sia quel tipo di persona?”

Io non ti conosco Peeta! A casa non ci siamo mai rivolti la parola e ora ti comporti così con me.”

Non ti è mai passato per la testa che magari agisco così perché tengo a te?” chiese lui, facendo un passo verso di me.

Te l'ho già detto, tu non mi conosci. Per quale motivo dovresti tenere a me?”

Mentre parlavo si era avvicinato ancora di più, fino a trovarsi a una spanna da me. Il nostri nasi si sarebbero sfiorati se mi fossi mossa ma non lo feci, dato che ero troppo impegnata a cercare di controllare il mio cuore, che sembrava impazzire per quella vicinanza. Potevo sentire il suo profumo di pulito misto all'odore del pane che gli era rimasto addosso.

Forse ti conosco meglio di quanto pensi. E tu potresti sapere qualcosa in più su di me, se volessi.”

La sua voce era bassa, calma e profondamente dolce. Battei più volte le palpebre per tornare in me e mi passai le mani tra i capelli per recuperare un minimo di autocontrollo. “Non mi interessa. Ora se non ti dispiace...”

Peeta mi guardò ancora e vidi un lampo di dispiacere nel suo sguardo. Con mia grande sorpresa mi sorrise, tristemente, e si spostò di lato. “Scusami Katniss, non ti disturberò più.”

Lo osservai mentre si allontanava, le sue grandi spalle erano leggermente curve, come se stesse portando un peso, e tutte le mie convinzioni sembrarono crollare di colpo.



Buonasera!

Dunque, ho inserito questo nuovo personaggio, Marcus, come espediente per far “scattare” Peeta. Si è subito lanciato in difesa di Katniss che, ovviamente, si chiude subito a riccio e addirittura molla un bel ceffone al nostro ragazzo del pane, quando invece voleva solo aiutarla. Ma dato che Miss Everdeen è dannatamente cocciuta, i due finiscono per litigare. Male male. Però avete letto che alla fine, vedendolo così triste, Katniss si sente quasi in colpa per averlo trattato così. Si farà perdonare? Se vorrete, lo saprete nel prossimo capitolo :)

Un bacione,

Sara


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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V


L'ora di riflessione, posta tra la fine dei compiti previsti dal programma e la cena, era l'unico momento della giornata in cui tutti godevano di una certa libertà. La maggior parte delle persone passava quei sessanta minuti chiusa nei propri alloggi per stare in pace con la propria famiglia, io invece mi diressi subito alla stanza di Peeta, pronta a scusarmi con lui per come l'avevo trattato la sera precedente. Quando arrivai davanti alla porta diedi due colpetti con la mano destra e aspettai. Lui venne ad aprirmi dopo qualche istante, senza chiedere chi fosse. La prima cosa che notai fu che non indossava la giacca dell'uniforme ma una semplice canottiera bianca che metteva in risalto i suoi muscoli tonici, anche se non eccessivi. Capii di essere arrossita quando Peeta alzò un sopracciglio con aria interrogativa, restando tuttavia serio in volto.

Che ci fai qui?” mi chiese, guardandomi negli occhi.

Infilai le mani in tasca e mi dondolai su un piede, a disagio. “Possiamo parlare?”

Lui sospirò, spostando lo sguardo all'interno della stanza per poi riportarlo su di me. “D'accordo.”

Si scansò e mi permise di entrare. Un letto uguale al mio era addossato contro la parete a sinistra della porta, a destra un mobile con vari cassettoni e di fronte all'entrata, sempre contro il muro, un tavolo con due sedie. Nonostante l'arredamento spoglio, quella camera riusciva a trasmettermi un senso di pace e intimità.

Accomodati.”

Annuii sorpresa e mi accomodai su una delle sedie mentre Peeta si sedeva di fronte a me. Sembrava calmo e rilassato, ma il modo in cui si stringeva le mani tradiva il suo nervosismo. Così, per non prolungare ancora di più quel momento imbarazzante, mi decisi a parlare. “Io... Volevo chiederti scusa per quello che ti ho detto ieri.”

Lui si limitò ad alzare le spalle con finta indifferenza. “Era la verità però.”

Non voleva facilitarmi le cose, avrei dovuto fare tutto io. D'accordo, me lo meritavo. “Non avrei dovuto parlarti in quel modo, verità o meno. Mi hai aiutata in mensa, con Marcus, e ti ho trattato malissimo invece di ringraziarti. Scusami Peeta, non le pensavo davvero quelle cose. Cioè, le pensavo ma questo non vuol dire nulla...” mi bloccai, rendendomi conto di essere pessima.

Non sei abituata a chiedere scusa, vero?” domandò Peeta, l'accenno di un sorriso gli piegava le labbra.

Lo guardai dritto negli occhi, cercando di comunicargli quello che le parole non riuscivano a dire. “No infatti.”

Continuammo a fissarci in silenzio per qualche istante, o qualche minuto, ma non aveva importanza. Decisi di interrompere quanto meno il contatto visivo e fu allora che notai dei segni neri che sporgevano da dietro il mobile. Non sembravano ammaccature. “Quelli cosa sono?”

Peeta seguì il mio sguardo, scuotendo poi la testa. “Lascia stare, niente di che.”

Come faccio a conoscerti se tu non me lo permetti?” gli chiesi mentre mi alzavo in piedi, camminando poi verso il mobile.

Dici sul serio?” disse lui alle mie spalle.

Mi voltai e gli feci l'occhiolino. “Ti sembro in vena di scherzi?”

Mormorò qualcosa che non riuscii a captare e mi raggiunse, spostando poi quell'affare per permettermi di vedere l'oggetto del mio interesse. Sgranai gli occhi per la sorpresa. Peeta aveva disegnato sulla parete un paesaggio, con case, negozi, una recinzione e un bosco che limitava lo spazio abitato. Era tutto riportato nei minimi particolari, sembrava una foto. Gli occhi cominciarono a bruciarmi appena riconobbi il posto.

Casa nostra.”

Sì.”

Entrambi avevamo parlato con voce spezzata, piena di tristezza e nostalgia. Mi affrettai ad asciugare la lacrima che stava per scendere lungo la guancia e mi voltai verso Peeta. “Sei bravissimo. Dove hai imparato a disegnare così?”

Si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli leggermente, rendendoli ancora più belli. “Al forno io decoravo le torte. Quella è stata la mia scuola.”

Tornai a guardare il muro, lasciando che i miei occhi seguissero le linee tracciate con tanta precisione. “Peeta è bellissimo, davvero. Perché lo nascondi?”

Lui si strinse nelle spalle. “Non lo so. É una cosa privata, ecco.”

Però a me l'hai fatto vedere.”

Il mio cuore cominciò a battere velocissimo quando la sua mano strinse la mia con delicatezza e subito ricambiai la stretta, facendo intrecciare le nostre dita. Non avevo mai tenuto per mano un ragazzo, neanche Gale, pensavo che fosse un gesto troppo intimo. Invece lì, in quel momento, mi sembrava l'unica cosa che avesse importanza, come se lasciarlo significasse perdere per sempre qualcosa di inestimabile.

Tu non sei come gli altri Katniss. Non lo sei mai stata.”

Con l'altra mano gli spostai un ciuffo ribelle che gli era finito sugli occhi e ne approfittai per percorrere la linea della mascella con la punta delle dita. Peeta chiuse gli occhi e piegò la testa per avere un maggiore contatto con la mia pelle e mi sembrò che il tempo si fosse fermato. Un suono lontano, a cui mala pena feci caso, ci avvisò che era l'ora della cena. Entrambi ci guardammo, sorridendoci timidamente. Era giunto il momento di tornare alla realtà. Lo aspettai mentre si infilava la giacca dell'uniforme e poi ci avviammo verso la mensa, senza tenerci per mano, ma consapevoli della bellezza di quel momento. Una volta arrivati ci mettemmo in fila per ricevere il nostro vassoio; per tutto il tempo non dicemmo nulla, ma quel silenzio non ci disturbava. Camminammo verso i tavoli e vidi Prim che mi aspettava al solito posto. Di nostra madre neanche l'ombra, ovviamente. Appena mia sorella si accorse di chi avevo vicino, mi regalò uno dei suoi sorrisi più smaglianti, di quelli che usava di solito per dirmi che avevo fatto la cosa giusta. Mi girai verso Peeta e gli indicai il tavolo con un cenno. “Ti va di mangiare con noi?”

Mi sorrise anche lui e annuì. “Grazie.”

Ci sedemmo e cominciammo a mangiare, chiacchierando del più e del meno, e nel mio cuore speravo che quella fosse la prima di tante serate trascorse insieme.




Hola bellissimi!

Eccoci qua con i nostri Everlark che cominciano a mostrare i loro sentimenti, specialmente Katniss. Sono troppo dolci e vi assicuro che nei prossimi capitoli lo saranno ancora di più ;) Mentre scrivevo il pezzo in cui si tengono per mano stavo rischiando di morire, perché immaginavo una scena del genere e ovviamente il mio cuoricino da fangirl ha dato di matto *-*

Alla prossima ragazzi!!

Sara

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI


Nei giorni che seguirono, io e Peeta passammo molto tempo insieme, parlando di ciò che ci piaceva fare nel Distretto 12 o scambiandoci opinioni sulla nostra nuova residenza sotterranea. Imparai a conoscere sempre meglio il ragazzo del pane: scoprii che gli piaceva dormire con la finestra aperta, non metteva mai lo zucchero nel tè e aveva la curiosa abitudine di fare il doppio nodo alle scarpe. Quando gli chiesi il motivo, mi disse che da piccolo faceva delle gare di corse con i suoi fratelli maggiori e lui cadeva sempre perché inciampava nei lacci sciolti. Ricordare lo rese triste, quindi passai a un altro argomento appena notai il cambiamento della sua espressione; quella stessa notte, mentre cercavo di addormentarmi, pensai a quanto Peeta dovesse sentirsi solo. Certo, era gentile e socievole e veniva naturale prenderlo in simpatia, ma tutto ciò non avrebbe mai potuto sopperire alla mancanza dei genitori e dei fratelli. Constatai inoltre che la persona con cui trascorreva la maggior parte delle giornate ero proprio io, e questo mi rendeva felice. Mi ero abituata alla sua presenza nella mia vita: mangiavamo sempre insieme e ci incontravamo durante l'ora di riflessione, ora camminando lungo i corridoi del distretto, ora nella sua stanza. Lui era quello che portava avanti il discorso, ponendo domande o intervenendo nel momento giusto; io mi limitavo semplicemente a rispondere e ad ascoltarlo. Quella situazione tuttavia conobbe una svolta quando venne tirato in ballo Gale. Ci trovavamo nella stanza di Peeta, io ero seduta al centro del letto mentre lui occupava una sedia che aveva spostato davanti a me; stavamo parlando delle mie giornate di caccia e mi fu impossibile tralasciare la figura del mio amico all'interno del racconto.

Quindi voi non siete parenti, giusto?” domandò Peeta, chinandosi in avanti e poggiando i gomiti sulle ginocchia.

No ma è facile confondersi. Noi del Giacimento ci somigliamo tutti.”

Lui annuì con aria assente, guardandosi le mani. “Vi vedevo sempre insieme davanti al Forno o a scuola.”

Da dove veniva quel tono triste? “Sì, be', abbiamo dei caratteri molto simili e...”

Lo ami?” mi chiese di punto in bianco.

Sbarrai gli occhi dalla sorpresa. “Certo che no! È come un fratello per me!”

Peeta si strinse nelle spalle e mi guardò, il suo volto non tradiva emozioni. “Da come ne parli...”

Quella volta fui io a interromperlo. “Siamo praticamente cresciuti insieme, non potrei mai pensare a lui in quel modo, sul serio.”

Guarda che non ti devi mica giustificare.” disse con un sorrisetto divertito.

Non lo sto facendo infatti, voglio solo che tu capisca.”

Mi guardò con interesse, inclinando leggermente la testa di lato e mi sorrise, alzandosi poi dalla sedia per sedersi sul letto, abbastanza vicino a me. Avevamo mantenuto il contatto visivo per tutto il tempo. “E perché è così importante farmelo capire?”

Già, per quale motivo? Non volevo che fraintendesse la natura del mio rapporto con Gale perché, nonostante gli anni trascorsi insieme a cacciare e a condividere il peso delle responsabilità nei confronti delle nostre famiglie, nel mio cuore lui non ricopriva un posto tanto importante quanto quello di Peeta. Me ne resi conto proprio in quel momento, mentre mi perdevo nell'azzurro dei suoi occhi. Inconsciamente noi avevamo sempre avuto un legame speciale che valeva più di ogni altra cosa: Peeta mi aveva dato speranza.

È grazie a te che ho trovato la forza di non arrendermi”, dissi arrosendo, “Sai, quando mi hai dato quel pane.”

Lo vidi aggrottare le sopracciglia al ricordo di quel freddo giorno di pioggia, durante il quale rischiai di morire. “Ci ripenso spesso. Non avrei dovuto lanciarti il pane in quel modo.”

Non devi rimproverarti. Il gesto è stato comunque bellissimo e non ti ringrazierò mai abbastanza. Mi ha salvato la vita, letteralmente.”

Lui mi accarezzò una guancia, sorridendomi. “Ma erano solo due pagnotte bruciate.”

Non potei fare altro che ricambiare il suo sorriso mentre il cuore mi batteva furiosamente nel petto. “Credimi, sono state più che sufficienti.”

Peeta avvicinò lentamente il suo viso al mio e io feci lo stesso fin quando le nostre bocche si incontrarono. Non avevo mai baciato un ragazzo prima di allora, quindi non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Ciò che notai subito fu la morbidezza delle sue labbra che accarezzavano dolcemente le mie e il calore che quel semplice contatto provocava nel mio corpo. Strinsi le mani intorno al colletto della sua camicia mentre lui mi avvicinò a sé cingendomi le spalle; abbi l'impressione, anzi la certezza, di non essermi mai sentita così in pace, consapevole di essere nel posto giusto al momento giusto. Peeta interruppe il baciò e cercò il mio sguardo, che tentavo ostinatamente di spostare altrove, sentendomi già in imbarazzo per il mio rossore; mi obbligò a sollevare la testa poggiando una mano sotto il mento. Mi guardò negli occhi mentre l'altra mano accarezzava dolcemente la mia schiena; mi baciò di nuovo, rapidamente e poi mi strinse le mani, accarezzandone il dorso con i pollici. “Hai reagito bene.”

Sollevai un sopracciglio con aria interrogativa. “Avrei dovuto picchiarti forse?”

Ti ho baciata, non ero sicuro che lo volessi anche tu. Così ho rischiato.”

In quel momento, dopo tanto tempo, risi. Liberai le mani dalla sua presa e le poggiai sui lati del suo viso. “Sei ancora tutto intero, quindi direi che la tua idea non mi è dispiaciuta.”

Peeta sorrise e stavamo per baciarci ancora quando il solito segnale ci avvisò che era giunta l'ora di cena.

Odio quell'affare.” borbottai infastidita dopo essermi alzata dal letto.

Già, non si può mai stare in pace.” disse a sua volta, prendendomi per mano e avviandosi alla porta. Uscimmo e cominciammo a camminare per il corridoio, le nostre dita erano meravigliosamente intrecciate.

Troveremo del tempo per noi”, mi sussurrò all'orecchio, “Te lo prometto.”






Saaaalve!

Lo so, la scena si svolge sempre prima di cena, sempre nella stanza di Peeta. Penserete “Vabbè, cambia un po'”. I KNOW. Ho deciso di lasciare immutati luogo e tempo perché, riflettendoci bene, nel 13 non ci sono alternative :S Il distretto è sottoterra, quindi escludiamo eventuali luoghi all'aperto come il bosco (nel quale, tra l'altro, Katniss va solo con Gale per cacciare) o il Prato (che nel 13 neanche c'è); non dimentichiamoci del programma, che può tenere Peeta e Katniss separati per tutto il giorno, dalla mattina alla sera. Gli unici momenti liberi sono i pasti e l'ora di riflessione prima della cena, durante la quale ognuno può effettivamente fare quel che vuole. Perché non la stanza di Katniss? Be', penso che sia più intrigante per i due ragazzi trovarsi in una camera singola invece di una in cui possono comparire Miss Everdeen e Prim da un momento all'altro, no? Anyway, SI SONO BACIATIIIII!! Che amori *_* Spero che il capitolo vi sia piaciuto, ci vediamo presto! :)

Sara

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII


Io e Gale eravamo nel bosco che circondava il Distretto 13 e stavamo raccogliendo le prede incappate nelle nostre trappole. Una volta terminato, ci sedemmo ai margini di una piccola radura mentre mangiavamo delle more raccolte da alcuni cespugli. Gale era più silenzioso del solito e si comportava in modo strano: oltre a non parlare, evitava il mio sguardo e camminava il più distante possibile da me. Anche in quel momento, seduti sul prato, lo sentivo distante, come se con la mente fosse da tutt'altra parte. Io provavo a far finta di niente ma alla fine scoppiai.

Gale, per l'amor del cielo!” esclamai con voce piuttosto stridula. Lui mi guardò distrattamente per poi riportare l'attenzione alle more che aveva in mano. Quel suo atteggiamento non fece altro che aumentare la rabbia che sentivo in me. “Smettila!”

Di che stai parlando Katniss?” mi chiese, finalmente, con tono annoiato.

Fai finta che io sia invisibile, ecco di cosa!”

Mi fissò intensamente, annuendo sovrappensiero. “Non ti sto ignorando.”

Ah no? A mala pena mi guardi in faccia e queste sono le prime parole che mi rivolgi in tutta la giornata.”

Gale posò a terra le more e si girò completamente verso di me, sospirando. “Hai ragione però adesso calmati.”

Aprii la bocca per protestare ma sapevo che sarebbe stato inutile, così la richiusi. Inspirai a fondo e mi sdraiai sul prato, sostenendomi con i gomiti e aspettando un minimo di spiegazione da parte del mio amico.

Mi dispiace di essermi comportato così. Hai frainteso, sul serio.”

Alzai entrambe le sopracciglia, sorpresa di aver udito quelle parole. Gale non era un ragazzo che si scusava per qualcosa, anche quando riconosceva di avere torto. L'orgoglio era un'altra caratteristica che avevamo in comune. A un tratto lo vidi avvicinarsi leggermente verso di me e tirarsi poi subito indietro; abbassò lo sguardo e quando i nostri occhi si incontrarono di nuovo, mi baciò con irruenza, facendomi quasi male. In quel breve istante in cui le nostre labbra indugiarono le une sulle altre, non potei fare a meno di confrontare il suo bacio con quello di Peeta. Il mio amico mi aveva colto di sorpresa, la sua bocca era rigida contro la mia, come se volesse prolungare quel contatto e allo stesso tempo imprimere un marchio invisibile sulla mia pelle, per dire che le mie labbra gli appartengono. E poi io non volevo baciarlo, non ci avevo mai pensato. Con Peeta invece era stato diverso: entrambi avevamo voluto quel bacio, io lo avevo desiderato con tutta me stessa, in lui c'era stata dolcezza, devozione e rispetto nei miei confronti.

Quando Gale si scostò da me, poggiai una mano sulla sua spalla per tenerlo a distanza. Lui mi guardò confuso. “Che hai?”

Peeta.”

Il cambiamento della sua espressione fu repentino: dalla confusione passò alla rabbia. “Mellark? Che significa?”

La sua reazione non mi piacque affatto. “Penso che tu possa arrivarci.”

State insieme?”

Allargai le braccia, esasperata. “Non lo so Gale, penso di sì. Mi piace, okay?”

Rise con sarcasmo e mi lanciò uno sguardo pieno di risentimento. “Hai sempre detto che non volevi avere a che fare con certe cose.”

A quel punto la tensione divenne insostenibile e mi alzai in piedi, camminando avanti e indietro per calmarmi, ma con scarsi risultati. “E allora? È sempre stato così, è vero, poi ho conosciuto Peeta e qualcosa in me è cambiato. Ho cercato di non provare nulla per lui ma è stato più forte di me. Ora che ci penso”, mi bloccai, voltandomi nella sua direzione, “io non ti devo nessuna giustificazione e di certo non hai mai avuto qualche assurdo diritto di precedenza perché tu per me sei solo un amico e sarà sempre così!”

Avevo urlato quelle parole senza mai prendere fiato, così mi ritrovai ad ansimare leggermente e capii di avere le guance in fiamme. Gale mi guardò negli occhi, solo per un attimo e poi si alzò, raccogliendo le prede e le sue armi. “D'accordo, la vita è tua e non spetta a me dirti come viverla. Sarà meglio muoverci o penseranno che siamo fuggiti.”

Okay.”

Raccolsi anche io le mie cose e silenziosamente ci avviammo verso la recinzione, ognuno perso nei suoi pensieri.






Buonasera a tutti!

Chiedo umilmente perdono per questo ritardo ma tra università, problemi della connessione internet e cose varie, non ho potuto scrivere. I'm sorry! Per quanto riguarda il capitolo, anche questo qui è piuttosto corto e la motivazione è quella dell'altra volta, cioè ho preferito essere più sintetica per concentrare l'attenzione sull'azione, che in questo caso è costituita dal battibecco tra i due amici. Katniss ha detto chiaramente a Gale che per lei è solo un amico e che prova qualcosa per Peeta (Così ci piaci sorella!).

Come sempre, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate! Le vostre impressioni sono sempre utilissime :)

Al prossimo capitolo!

Sara

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Capitolo VIII


Mi svegliai di soprassalto nel cuore della notte, la fronte imperlata di sudore e con il panico che mi opprimeva. Mia madre e Prim erano abituate ai miei incubi e non ci facevano più caso, sapevano che consolarmi sarebbe stato inutile, dato che lo stesso identico sogno si sarebbe sempre ripetuto: in pratica, rivivevo il momento dell'esplosione che uccise mio padre quando avevo solo undici anni, un avvenimento che mi portò a diventare la principale, se non l'unica, fonte di sostentamento in quella casa, visto che Prim era troppo piccola e mia madre troppo addolorata per reagire alla vista delle figlie che morivano di fame. Poggiai i piedi a terra e passai entrambe le mani sul volto per eliminare gli ultimi residui di sonno dagli occhi. Gli incubi mi tormentavano ogni singola notte e dopo non riuscivo più ad addormentarmi, come se il terrore e la tristezza mi rimanessero incollate addosso. In più, la sera avevo chiuso gli occhi ripensando al bacio di Gale, e allo stesso tempo pensando a Peeta; la situazione col mio migliore amico era stata chiarita, o almeno così mi era sembrato, e ciò mi fece constatare che non vedevo il ragazzo del pane da tre giorni. Improvvisamente, nel buio di quella stanza, sentii il bisogno di lui, il desiderio delle sue forti braccia intorno a me. Dormivo vestita, quindi dovetti solo infilare gli scarponi prima di uscire. I corridoi erano illuminati da una sola serie di luci al neon e sembravano deserti, così chiusi delicatamente la porta dietro di me e mi incamminai velocemente lungo il corridoio, usando il mio passo felpato da cacciatore per non essere sentita. Appena arrivata a destinazione, diedi tre colpi alla porta e attesi, guardandomi nervosamente intorno. Dopo qualche secondo, Peeta venne ad aprire e rimase sorpreso di vedermi lì, con i vestiti stropicciati e i capelli sciolti; anche lui non era al meglio, ma a differenza mia riusciva a dormire profondamente.

Katniss, che ci fai qui?” disse con voce impastata, tenendo gli occhi socchiusi per il fastidio provocato dalle luci.

Non riuscivo a dormire. Posso entrare?”

Peeta annuì e mi sorrise debolmente. “Certo, vieni.”

Si allontanò per accendere la candela che teneva sul tavolo mentre io chiudevo la porta alle mie spalle. Il solo trovarmi in quella stanza mi trasmise un senso di pace al quale non ero ancora abituata; mi avvicinai a lui, che mi dava ancora le spalle, e avvolsi le braccia intorno al suo torace, poggiando la guancia sinistra sulla schiena per sentire il battito del cuore. Questo gesto lo sorprese, ma solo per un attimo, perché subito passò le mani sui miei avambracci per poi intrecciare le dita alle mie. Restammo in quel modo per qualche istante, fin quando Peeta si voltò verso di me e mise le mani intorno al mio viso, facendo in modo che i nostri sguardi si incontrassero, e io nel suo non vedevo altro che amore.

Come mai non riuscivi a dormire?”

Il solito incubo.” risposi con un filo di voce, continuando a guardarlo negli occhi. “Ma la verità è che mi mancavi troppo.”

Lui sorrise per un attimo e poi si chinò per baciarmi. In quel momento mi resi conto di quanto avessi desiderato quelle labbra, quella lingua che sfiorava dolcemente la mia e quelle mani che riuscivano a trasmettere calore in tutto il mio corpo. Ci separammo per prendere fiato ma subito riprendemmo da dove ci eravamo interrotti, spinti da un desiderio che, per quanto mi riguarda, era del tutto sconosciuto; Peeta cominciò a spingermi verso il letto, mi ci sdraiai sopra, mentre lui si metteva di fianco a me, continuando a baciarmi. Accarezzai i suoi capelli, scompigliandoli ancora di più mentre passava una mano sotto la canottiera, toccando la pelle nuda del fianco, facendomi rabbrividire e inarcare verso di lui. Si separò dalle mie labbra per scendere a baciarmi il collo e io, ormai persa nella sensazioni che provavo, sollevai i bordi della sua maglia fino alle spalle. Peeta si mise in ginocchio e la sfilò velocemente e la lanciò in un punto imprecisato della stanza, presto seguita dagli altri nostri indumenti. Non avevo mai visto un uomo nudo, né tanto meno lo ero stata io in presenza di qualcuno che non fosse mia madre, e questo mi fece arrossire di colpo quando realizzai cosa stavamo per fare. Il mio ragazzo se ne accorse e cercò il mio sguardo, sorridendomi dolcemente mentre con una mano mi accarezzava i capelli.

Tutto bene?”

Io annuii, incapace di formulare una frase coerente, visto che riuscivo solo a pensare al calore del suo corpo premuto contro il mio. Quel mio atteggiamento gli fece tenerezza perché mi diede un bacio leggero come l'aria e tornò a guardarmi con quegli occhi azzurri nei quali adoravo perdermi. “Ti amo, più di ogni altra cosa al mondo.”

Forse furono quelle parole o lo sguardo che le accompagnò, ma in quel preciso istante mi resi conto di amare quel ragazzo che mi aveva donato il suo cuore tanti anni fa e che, finalmente, era riuscito ad avermi. Sentii di avere gli occhi pieni di lacrime ma gli sorrisi, accarezzandogli una guancia.

Ti amo anch'io.”

All'inizio fece male ma subito il dolore divenne un ricordo lontano, sostituito la una sensazione di completezza che non pensavo avrei mai provato. Sapevo che quello che stavamo facendo era giusto e che nulla avrebbe mai potuto rendermi più felice. Più tardi, quando poggiai la testa contro il suo petto, sentii il suo cuore battere velocemente, come il mio del resto; Peeta mi diede un bacio sulla fronte e passò un braccio intorno alle mie spalle, stringendomi a sé. Sentivo le palpebre chiudersi e mi accorsi che non volevo allontanarmi da lui neanche per un secondo.

Peeta?”

Sì?”

Posso restare qui stanotte?”

Percepii il suo sorriso mentre con la mano libera stringeva la mia e la portava alle labbra per baciarla.

Resta per sempre.”






Fermi tutti perché qua rischio di sciogliermi come il burro al sole *-* Vi giuro, mentre scrivevo questo capitolo sono stata presa da un attacco fangirl estremo, anche perché immaginavo Katniss e Peeta in una situazione del genere e visto che sono interpretati da Jen e Josh.... anche la Joshifer shipper che è in me è partita per la tangente <3 *---* Per quanto riguarda la frase finale che dice Peeta, inizialmente volevo inserire il famoso “Sempre”, ma poi ho pensato che comunque “Resta per sempre” avrebbe reso ugualmente l'idea, e così non avrei neanche ricopiato il libro. Chiedo umilmente scusa per il mostruoso ritardo ma ci sono stati dei problemini tecnici XD

Spero che sia di vostro gradimento, fatemi sapere cosa ne pensate se vi va! :)

Sara

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX


Non ricordavo l'ultima volta in cui svegliarmi di mattina non fosse sinonimo di angoscia e tristezza. In quei sei anni avevo rinunciato ad aspettarmi il senso di tranquillità che si provava dopo una notte di sonno profondo, privo di incubi terribili che mi facevano svegliare continuamente. Quando la mattina aprii gli occhi, un sorriso spontaneo e rilassato mi piegò le labbra appena percepii il calore del corpo di Peeta premuto contro il mio, mentre mi abbracciava da dietro. Mi resi conto di essere arrossita appena il ricordo della notte passata mi tornò in mente. Lo sentii muoversi leggermente e posare un bacio delicato sulla mia spalla nuda, subito seguito da un altro sulla tempia. Mi girai verso di lui e mi avvicinai ancora di più, per quanto umanamente possibile fosse.

Buongiorno.” sussurrò con dolcezza, aprendo appena gli occhi.

Buongiorno a te.” dissi a mia volta, baciando lo spazio tra le sue sopracciglia.

Peeta mi accarezzò una guancia e fece unire le nostre labbra, con urgenza, come se ne avesse un disperato bisogno. E io non ero da meno. Ricambiai subito e venni nuovamente travolta da quel desiderio che avevo provato poche ore prima; senza interrompere il bacio, mi alzai su un gomito e scivolai sopra di lui, coprendo il suo corpo con il mio. Lo sentii mugolare di piacere per quella mia iniziativa e immediatamente le sue mani cominciarono ad accarezzarmi la schiena, scendendo lentamente verso le mie gambe. Un suono giunse dal corridoio, attutito dalla porta, inconfondibile e a mala pena sentito: era ora di colazione. Entrambi sospirammo tenendo gli occhi chiusi, l'una nelle braccia dell'altro, ma stavamo solo rimandando l'inevitabile e così ci alzammo dal letto e ci preparammo per dirigerci in mensa. Una volta vestita, cercai di districare i nodi tra i miei capelli con le dita, ottenendo però scarsi risultati. Sbuffai rumorosamente e Peeta si avvicinò a me ridacchiando, mentre abbottonava la giacca dell'uniforme.

Cosa ti avranno mai fatto quei poveri capelli?”

Gli lanciai uno sguardo eloquente, sfoderando il mio solito broncio. “Non li sopporto.”

Rise nuovamente e passò una mano tra le ciocche che mi ricadevano sulle spalle, giocandoci. “A me piacciono molto.”

I suoi occhi e il sorriso che mi rivolse mi tranquillizzarono subito, così poggiai la testa sul suo petto e lo strinsi forte a me. “Voglio restare qui.”

Peeta poggiò una guancia sulla mia testa e mi strinse a sua volta. “Anch'io, Katniss. Ma dobbiamo pur mangiare e comunque staremo insieme a tavola.”

Mi allontanai leggermente e lo guardai negli occhi. “Avremo una vita normale?”

Rise sommessamente e poggiò la fronte contro la mia. “Credimi, appena la guerra sarà finita, non permetteremo a niente e nessuno di farci uscire dalla camera da letto contro la nostra volontà.”

Mi alzai in punta di piedi e lo baciai velocemente, prendendolo poi per mano e dirigendomi con lui verso la porta. Le nostre mani non si separarono mai, neanche quando entrammo in mensa e, ovviamente, sia mia madre sia Prim se ne accorsero; ci sedemmo vicino a loro e subito mia sorella si chinò leggermente verso di me, discrezione. “Io e la mamma ci siamo preoccupate quando non ti abbiamo vista, ma a quanto pare eri al sicuro.” disse, concludendo la frase con un sorriso felice. Spostai lo sguardo da lei a Peeta, che intanto stava parlando con mia madre, e arrossii. Da quando mia sorella parlava così liberamente di certe cose?

Sì, be', non riuscivo a dormire, e...” tentai di rispondere, ma la mia mente non riuscì a formare un pensiero coerente, tanto era l'imbarazzo che provavo. Non mi ero mai trovata in una situazione del genere, era tutto così nuovo per me che non potevo fare altro che annaspare tra tutte le emozioni e le sensazioni che stavo provando ultimamente. Alzai nuovamente lo sguardo, incontrai gli occhi di Peeta e immediatamente mi rilassai. Sorrisi quando inarcò scherzosamente entrambe le sopracciglia per poi ammiccare. Non ricordavo di aver mai sorriso tanto in tutta la mia vita. Continuammo a mangiare in tranquillità, parlando dei nostri programmi per la giornata e della situazione in superficie: i ribelli si preparavano a sferrare un attacco diretto a Capitol City, e la presidente Coin stava mettendo insieme una squadra per entrare nella città. Quando, guardandomi intorno, scorsi Gale seduto accanto a Finnick Odair, sua moglie Annie e Johanna Mason, un pensiero mi colpì: si offrirebbe volontario per la spedizione? Gale, i cui occhi sono sempre accesi di rabbia e odio verso i nostri tiranni? Certo che sì. Darebbe la sua vita pur di salvare degli innocenti? Poco ma sicuro. Mentre mi alzavo per portare il vassoio sul bancone, riflettei sulla possibilità di perdere il mio migliore amico. Dopo quel bacio nel bosco, ci eravamo allontanati un po' ma entrambi sapevamo della nostra reciproca esistenza e sapevamo che, per qualsiasi evenienza, l'uno ci sarebbe stato per l'altra. Ma se fosse morto? Ero talmente immersa nei miei pensieri che mi isolai da tutto il resto e quando alzai lo sguardo, mi accorsi che Peeta mi stava guardando, aspettando che dicessi qualcosa.

Scusa, puoi ripetere?

Lui aggrottò le sopracciglia. “Dicevo che devo passare nei magazzini prima di andare in cucina, quindi ci vediamo direttamente alle sei. Katniss, tutto bene?” mi chiese, prendendomi il mento tra pollice e indice per guardarmi bene in faccia. “Qualcosa non va.”

Mi stupii ancora una volta di quanto riuscisse a capirmi così facilmente. Avevo sempre pensato che Gale fosse l'unico a farlo ma Peeta aveva un altro modo di comportarsi, di parlarmi, di guardarmi e la forza e la consapevolezza del mio amore per lui mi colpì nuovamente. Presi la sua mano tra le mie e ne baciai il dorso, continuando a tenere gli occhi incatenati ai suoi. Grigio e azzurro che si fondevano ancora. “Ti amo, non dimenticarlo mai.”

Mi sorrise, sorpreso e compiaciuto da quella mia dichiarazione inaspettata. “Chi l'avrebbe mai detto che una ragazza perennemente imbronciata potesse essere così dolce.” disse con tono vagamente divertito. “Ti amo anch'io, Katniss Everdeen.”

Mi baciò lì, davanti a tutti, e stranamente non mi vergognai degli occhi puntati su di noi, tra i quali vi erano sicuramente anche quelli di Gale. Le mie labbra erano unite a quelle di Peeta, come lo erano stati i nostri corpi quella notte, e finalmente mi resi conto di aver trovato il mio posto nel mondo. Accanto a lui.







Buonasera gente!!

Lo so, lo so. Un altro ritardo mostruoso nella pubblicazione, ma tra una settimana di vacanza in Puglia e il ritorno alla tediosa routine quotidiana, questo capitolo è stato scritto a più riprese XD Chiedo umilmente perdono!

Dunque, come avete visto, i nostri Everlark sono sempre più dolci, specialmente Katniss. Udite, udite!!!;) Questo capitolo è un pochino più riflessivo ma dal prossimo ci sarà più azione, promesso :)

As usual, a voi i commenti, i consigli, le critiche e chi più ne ha, più ne metta :P

Al la prossima!!!!

Sara


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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Capitolo X


Mi aveva sempre stupita la facilità con cui la vita potesse passare dal regalarci una serie di eventi felici al colpirci col più profondo dispiacere. Gli ultimi giorni, nonostante la guerra, erano stati i più belli che io avessi mai vissuto, e in cuor mio speravo che la situazione rimanesse tale per sempre. Ovviamente non andò in quel modo. Quel giorno avevo deciso di seguire il programma almeno per una volta, visto che Peeta, mia madre e Prim erano impegnati con i rispettivi compiti e quindi mi ritrovai in una stanza asettica, piena di banchi e sedie di metallo, in cui uno degli ufficiali del distretto ci insegnava le basi della strategia militare. La lezione era iniziata da poco più di un'ora quando nei corridoi si alzarono delle voci concitate e confuse; subito ci precipitammo tutti fuori dall'aula, in parte spinti dalla curiosità e in parte dalla preoccupazione, e cercammo di carpire quante più informazioni possibili. Non era facile, la riservatezza era un tratto comune degli abitanti del Distretto 13, così mi diressi verso una persona che sapevo essere refrattario alle regole tanto quanto me: Haymitch Abernathy. Vinse la seconda edizione della memoria degli Hunger Games e proveniva anche lui dal 12. Per la maggior parte del tempo era ubriaco ma ultimamente era abbastanza sobrio da poter affiancare Plutarch Havensbee nel centro di comando. Lo bloccai stringendogli il braccio e lui si girò con tale impeto che pensavo stesse per tirarmi un pugno, ma appena si accorse che ero una ragazza e che avevo i suoi stessi occhi grigi, occhi da Giacimento, si rilassò leggermente.

Cosa vuoi?”mi chiese bruscamente.

Voglio sapere che succede.”

Non sono affari che ti riguardano.” disse ancora Haymitch, diventando se possibile ancora più sgarbato.

E invece sì, visto che ci vivo qui.” ribattei, per nulla intimorita dallo sguardo glaciale che mi lanciò.

Inspirò profondamente, visibilmente irritato, guardandosi poi intorno. Mise una mano sulla mia spalla e mi trascinò verso una parte più tranquilla del corridoio.

Non ti azzardare a farne parola con qualcuno, hai capito?”

D'accordo.”

Haymitch sospirò e incrociò le braccia davanti a sé. “La Coin aveva dato il permesso alla Squadra 451 di andare a Capitol City per avere qualche registrazione sul campo vero e proprio. Non avrebbero dovuto combattere ma ci sono stati degli imprevisti e ora si stanno muovendo verso il palazzo presidenziale.”

Non me lo aspettavo. Il 13 aveva un buon numero di hovercraft e parecchi soldati, ma era comunque un azzardo attaccare di punto in bianco. “Da quanto la 451 è a Capitol City?”

Da quattro giorni ormai.”

Il mio cuore si fermò. La consapevolezza mi colpì immediatamente come un pugno nello stomaco, soprattutto perché mi resi conto solo in quel momento di quanto fossi stata cieca.

Tra di loro c'è anche Gale Hawthorne?” domandai con un filo di voce.

Sì, dolcezza. Perché?”

Quell'appellativo mi avrebbe mandato su tutte le furie ma in quel momento non me ne importò nulla. Mi incamminai verso la mia stanza, senza preoccuparmi di lui, e quando chiusi la porta alle mie spalle, mi sedetti sul bordo del letto, lo sguardo perso nel vuoto. Il mio cervello però era al lavoro. L'ultima volta in cui avevo visto Gale era stata proprio quattro giorni prima ma non avevo sospettato nulla, sapendo che spesso si trovava nel centro di comando. Spesso lo sorprendevo a guardarmi, c'era tristezza nei suoi occhi così simili ai miei, e non sapevo che fare se non salutarlo con la mano, senza che lui ricambiasse mai. Non parlavamo da quel giorno nel bosco, da quel bacio, ma ero convinta che andasse tutto bene, non mi ero mai fatta problemi. Eravamo stati entrambi impegnati, anche se per motivi decisamente diversi, ed era mancata l'occasione per chiacchierare come facevamo una volta. Gale era a Capitol City in quel momento, a rischiare la vita. Una parte di me non poteva fare a meno di pensare che la sua decisione dipendesse un po' anche da come il nostro rapporto era cambiato e dal fatto che avessi messo in chiaro che lui per me era solo un amico. E se fosse morto? Se non lo avessi più visto? Era stato una presenza costante nella mia vita negli ultimi cinque anni e lì, per la prima volta, mi resi conto che perderlo per sempre sarebbe stato insopportabile. Rimasi seduta lì per tutto il giorno, fino all'ora di riflessione. Alle sei del pomeriggio Peeta entrò nella stanza e sul suo volto il sollievo nel vedermi fu immediato, ma fu subito sostituito da un'espressione preoccupata. Si avvicinò e si inginocchiò di fronte a me e strinse le mie mani tra le sue.

Non eri in mensa e mi sono preoccupato. Stai bene?”

Io...” cominciai a dire, incerta. “No, non sto bene.”

Per la prima vota, lontana dalla protezione del mio letto e della notte, piansi. Peeta mi abbracciò subito e si sedette vicino a me sul letto per stringermi ancora di più; mi aggrappai alle sue spalle, come se fossero l'unico appiglio rimasto tra me e l'oscurità. In quello sfogo non c'era solo la paura di perdere Gale, ma anche quella per mia madre e mia sorella, la rabbia per il dolore che la guerra portava, per la distruzione della mia casa, il terrore di perdere Peeta. Restammo in quel modo per qualche minuto, fino a quando non mi scansai un po' per asciugarmi il viso con le mani. Guardai il mio ragazzo, mortificata e studiai il suo volto: era preoccupato e dispiaciuto, però sorrise ugualmente e mi scansò una ciocca di capelli dal viso.

Ho saputo di Gale.”

Come poteva saperlo? Magari la notizia si era diffusa velocemente. Non dissi una parola, mi limitai ad annuire, abbassando lo sguardo.

Hai paura per lui vero? Tranquilla, è normale.” disse con dolcezza, passando un braccio intorno alle mie spalle. “Siete amici, è giusto che ti preoccupi.”

Non so cosa mi passò per la testa in quel momento, né perché sentii il bisogno di dirlo, ma le parole uscirono da sole. “Gale mi ha baciata.”

Peeta rimase fermo, immobile come una statua, tranne per le palpebre che batteva velocemente. Si schiarì la gola e mi guardò negli occhi. “Quando?”

Settimane fa, prima che io venissi da te quella notte.”

Lui annuì, senza smettere di guardarmi. I suoi occhi brillavano per le lacrime. “E in tutto questo tempo non ti è mai venuto in mente di dirmelo?”

Aprii la bocca per rispondere ma rimasi zitta e immobile quando lui si alzò e si diresse a grandi passi verso la porta, chiudendola con forza. Il rumore sembrò rimbombare fino alle pareti del mio cuore e non riuscii a fare altro che piangere di nuovo.




Oddio che tristezza T.T

Anche se di certo non shippo la Everthorne, ammetto che la Katniss triste per la partenza di Gale un po' mi ha fatto pena. Peeta ha esagerato? Direi di no u.u Glielo avrebbe avrebbe dovuto dire subito!!! Faranno pace? Si risolverà tutto? Katniss si dispererà ancora per Gale? Lo scopriremo nei prossimi capitoli =)

Vi ringrazio, siete fantastici =)

Sara


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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


Capitolo XI


Mia madre e Prim si scambiavano sguardi preoccupati mentre facevamo colazione, o meglio, loro mangiavano mentre io mi limitavo a osservarle. Da tre giorni non toccavo cibo e la notte non dormivo perché gli incubi mi tormentavano di nuovo; da tre giorni ero tornata a vivere una vita simile a quella di prima con la mamma e mia sorella; da tre giorni non avevo Peeta al mio fianco e non avevo idea di cosa fare. Lo vedevo lì, dall'altra parte della mensa, seduto insieme ai suoi amici del Distretto 12 e mi ignorava. Faceva male, e anche tanto: era come se il mio cuore fosse stritolato da una mano invisibile, creando una sensazione di oppressione che mi impediva di respirare. Dopo la discussione nella mia stanza, non avevo più versato una lacrima, convinta che potessi andare avanti da sola. Come avevo sempre fatto, del resto. Ero sicura di farcela, almeno all'inizio. Eppure la consapevolezza di essere così vicina a lui e allo stesso tempo così lontana, mi distruggeva; ormai sapevo cosa si provava ad avere una persona accanto, una persona che amavo e che mi ricambiava, e capii che mi era impossibile andare avanti come se niente fosse. E come se non bastasse, Gale era a Capitol City a rischiare la vita. Era troppo.

Katniss?”

La voce di Prim mi riportò alla realtà e subito alzai la testa per guardarla e quella che vidi sul suo volto era pura preoccupazione.

Io e la mamma andiamo in ospedale, tu cosa devi fare?”

Lessi distrattamente il programma tatuato sul mio avambraccio e aggrottai la fronte. “Qualcosa che riguarda la strategia militare, ma penso che andrò in giro per i corridoi.”

Se hai bisogno, sai dove trovarci.” disse mia madre, accarezzandomi i capelli.

Mi limitai ad annuire e loro si avviarono verso la porta. Inspirai profondamente e mi alzai a mia volta, camminando il più velocemente possibile. Posai il vassoio, sicura che avrei ricevuto un richiamo per aver sprecato il cibo, ma non mi importava. Mi voltai per uscire, in un certo senso felice di non aver incrociato Peeta, ma mi sbagliavo: lo vidi passarmi davanti, guardarmi dritto negli occhi per una frazione di secondo e voltarsi dall'altra parte, come se non fossi degna della sua considerazione. Si allontanò insieme ai suoi amici e io rimasi immobile, incapace di reagire. Senza rendermene conto, mi incamminai per i corridoi fino ad arrivare nella mia stanza. Una volta chiusa la porta alle mie spalle mi diressi verso il letto, urtando con il braccio lo spigolo del mobile che si trovava lì vicino; subito portai la mano sul punto dolorante, e anche se una parte di me sapeva che era stato solo un momento di distrazione, quella fu la goccia che fece traboccare il vaso della mia pazienza, della mia rabbia, della mia tristezza. Tirai un calcio contro il mobile, e poi un altro e un altro ancora, fin quando non sentii il piede farmi male. Non mi bastava. Cominciai a buttare in terra tutto ciò che trovavo davanti a me, che fossero il tavolo, le sedie o i materassi; intanto lacrime bollenti mi rigavano le guance e io non riuscivo più a trattenere i singhiozzi, le urla. Peeta aveva ragione a ignorarmi. Peeta aveva sofferto, Gale aveva sofferto, e la colpa era mia, della mia incapacità di esserci per qualcuno, per la mia eterna insicurezza che mi ostinavo a nascondere dietro un muro che pensavo di aver distrutto e che invece era ancora presente. Avevo fatto in modo che Prim e la mamma non morissero di fame nel 12, avevo chiesto le tessere per evitare che nell'urna ci fossero più striscioline con sopra il nome di mia sorella, ma chi volevo prendere in giro? Non ero onnipotente, non potevo controllare la sorte. Il fatto che il suo nome non fosse mai stato estratto era dovuto alla fortuna, non certo a qualche mio miracolo. Pur cacciando, spesso dovevamo andare a dormire a stomaco vuoto, avevo permesso che accadesse, avevo permesso che Prim premesse le mani contro la pancia per colpa dei crampi. Sapevo di essere dura con me stessa ma non mi importava. Gale era andato in guerra e sapevo che un po' era anche colpa mia. Peeta faceva bene a starmi lontano, a ignorarmi. Quando non trovai più nulla su cui riversare la mia rabbia, mi inginocchiai a terra e continuai a piangere silenziosamente, finché non ebbi più lacrime. Mi guardai intorno e mi resi conto che non potevo lasciare la stanza in quello stato. Nessuno doveva sapere, soprattutto mia sorella. Misi tutto apposto e uscii dalla stanza con gli occhi che ancora bruciavano. Passai entrambe le mani sul viso e nell'istante in cui la mia vista era oscurata, andai a sbattere contro qualcuno. Dall'imprecazione borbottata senza troppi complimenti, mi resi conto di trovarmi di fronte a Haymitch. Il suo cipiglio preoccupato si accentuò ancora di più quando mi riconobbe.

Che ci fai tu qui?” mi chiese bruscamente.

Ero in giro.” risposi senza abbassare lo sguardo.

Era come se sapesse qualcosa che mi avrebbe dato fastidio, ma a giudicare dalla sua espressione, quel qualcosa doveva essere grave. Il mio cuore cominciò a battere più velocemente.

Che succede?”

Non sono tenuto a dirtelo, ragazzina.” sbottò lui, passando di lato per proseguire verso il corridoio.

Gli corsi dietro e mi piazzai davanti a lui, ben decisa a non farlo andare via.

Haymitch. Ti prego.”

Lui fissò la punta delle scarpe, poi la parete alla sua destra, quella alla sua sinistra. Ovunque, pur di non guardare me. Quella fu un'ulteriore conferma.

Gale sta bene? Gli è successo qualcosa?”

Nessuna risposta.

Gli afferrai le braccia e lo scossi per incitarlo a parlare. “Rispondimi!” urlai.

Sono morti.” disse lui con un sospiro, chiudendo gli occhi.

No. Non è vero.”

La mia voce era un sussurro impercettibile ma Haymitch mi sentì e mi guardò dritto negli occhi, confermando quello che aveva appena detto. Feci dei passi indietro, mi voltai e poi iniziai a correre verso la stanza dove erano tenuti gli equipaggiamenti militari. Avevo scoperto quel posto durante uno dei miei giri di perlustrazione del distretto e sapevo che non ci sarebbe stato nessuno di guardia, perché la regola diceva che nessuno poteva toccare quelle attrezzature se non autorizzato. Però a me non erano mai piaciute le regole.

Accesi la luce, mi guardai intorno e cominciai a prendere tutto ciò che ritenevo necessario. Le mani mi tremavano e una vocina nella mia testa mi urlava che ormai non c'era più nulla da fare e che era tutto inutile ma la ignorai. Facevo talmente tanto rumore che non mi accorsi della porta che si apriva, che poi si richiudeva, e dei passi all'interno della stanza.

Smettila, Katniss.”

Mi voltai di scatto appena riconobbi la voce di Peeta, che era lì a due metri da me e mi guardava con gli occhi pieni di preoccupazione. Lo fissai a mia volta, senza sapere cosa dire, ma poi tornai a sistemare il giubbotto protettivo che avevo appena indossato, cercando di apparire meno sconvolta di quanto in realtà fossi.

Devo andare laggiù, devo-”

Tu non vai da nessuna parte.” mi interruppe lui, avvicinandosi a me e togliendomi dalle mani la sacca di tela che avevo appena preso dallo scaffale. “Non sei addestrata e poi non ha senso andare laggiù, è troppo tardi e lo sai.”

Come al solito, usai la rabbia per proteggermi dalla verità e gli diedi una spinta con tutta la forza che avevo.

E a te cosa importa, eh? Non fai altro che ignorarmi ma è giusto così!” urlai, ricominciando a piangere. “Perché io faccio soffrire tutti quelli che ho intorno. Prima Gale e adesso tu. Vado a Capitol City, così nes-”

Quella volta furono le sue labbra a interrompermi. Inizialmente non reagii, ancora sorpresa dal suo gesto, però lo allontanai spingendolo di nuovo indietro.

Che diavolo fai?” gli dissi con durezza.

Quello che avrei dovuto fare tre giorni fa. Mi hai detto di quel bacio e io me la sono presa, ti ho allontanata da me e non mi sono comportato bene con te, sopratutto oggi a colazione.” mi rispose lui con calma, avvicinandosi di nuovo a me e posando le mani suoi miei fianchi. “Appena sono uscito dalla mensa, mi sono pentito e ti ho cercata nel corridoio ma tu non c'eri. Stavo per andare via quando sei uscita dalla tua stanza e ti ho seguita fino a qui. Perdonami.”

Piansi di nuovo, e non solo per il dolore che provavo per Gale. Piansi perché, nonostante tutto, Peeta era lì a scusarsi per qualcosa di cui non aveva colpa, dimostrandomi per l'ennesima volta quanto mi amava.

Mi dispiace per il tuo amico, so quanto eravate legati”, continuò, “ma comportarsi in questa maniera non lo riporterà in vita. Finiresti solo col farti uccidere e questo non lo permetterò mai.”

Inaspettatamente, le mie labbra si piegarono in un sorriso. Portai le mani sulle sue guance e lo attirai a me per baciarlo con passione, riconoscenza, amore.

Cosa ho fatto per meritarti?” gli sussurrai appena ci separammo per riprendere fiato.

Peeta mi sorrise, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. “Non hai fatto nulla, e ti amo proprio per questo.”





Buon salve a tutti!!!

Scusate per questo terribile ritardo ma ho avuto tante cose per la testa e alla sera non avevo la forza mentale per scrivere XD Dunque, Gale e tutti gli altri sono morti... BUGIA!!! Anche nel libro i membri della squadra 451 vengono dati per morti dal governo, quando in realtà sono vivi e vegeti ;) Peccato che Katniss questo non lo sappia O.O La nostra fanciulla ha dato un po' di matto, sia per Gale sia per Peeta. Ma il nostro ragazzo del pane ha fatto ragionare Katniss e tutto tra loro è sistemato ora. Ora non ci resta che vedere come reagirà Miss Everdeen quando saprà che Gale è ancora vivo ;)

Un bacione, vi voglio beneee <3

Sara

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Capitolo XII

 

Quelli che seguirono furono giorni difficili. Tutti nel Distretto 13 vennero assaliti dalla paura, tutti iniziarono a domandarsi come avrebbero fatto a combattere contro una Capitol City che, visti i recenti avvenimenti, sembrava avere sempre la meglio su di noi. C'era dolore per la perdita della Squadra 451, gli abitanti del 13 si sentivano scoraggiati ma la presidente Coin e Plutarch Heavensbee misero insieme la flotta degli hovercraft per sferrare un attacco decisivo alla capitale, per dimostrare che i ribelli, nonostante tutte le perdite, non si sarebbero arresi. Avrei tanto voluto andare con loro e andare in battaglia, ma mia madre, Prim e Peeta, riuscirono a farmi cambiare idea. Sapevano che non sarei stata lucida, soprattutto dopo la morte del mio migliore amico. Gale. Ogni volta che pensavo a lui sentivo gli occhi riempirsi di lacrime, sapendo che non avrei più visto i suoi grandi occhi grigi, così espressivi, il suo sorriso così difficile da tirar fuori e in generale il suo essere così forte e combattivo. L'unico lato positivo era che avevo di nuovo Peeta al mio fianco, e il nostro amore che mi aiutava a non sprofondare nel dolore. Non più di tanto almeno. Mi dava un appiglio.

Quando la flotta di hovercraft venne messa insieme, vennero organizzati anche dei gruppi di medici e infermieri per soccorrere i feriti e mia sorella venne inclusa, su sua esplicita richiesta. Ovviamente mi opposi ma nostra madre non fece nulla per impedirglielo, dicendo che quella era la sua vocazione e che come tale noi non avremmo dovuto impedirle di aiutare le persone bisognose, ribelli o capitolini che fossero. Inizialmente mi arrabbiai con entrambe, dissi che non volevo rischiare di perdere un'altra persona, ma Prim fu più testarda di me e alla fine dovetti accettare il suo desiderio.

La accompagnai fino al velivolo, e prima di vederla percorrere la scaletta per entrare l'abbracciai. Oltre a Peeta, mia sorella era l'unica persona con la quali mi sono sempre lasciata andare e, mentre la stringevo tra le braccia, ebbi un brutto presentimento. C'era una vocina, nella mia testa, che mi urlava di non lasciarla andare, di costringerla a rimanere lì sotto. Però ignorai quella sensazione e vidi l'hovercraft partire per dirigersi verso quella che sarebbe stata la battaglia finale della guerra contro Capitol City.

Grazie a Haymitch, con il quale avevo abbastanza confidenza, io e Peeta riuscimmo a seguire le varie fasi dello scontro dal Centro di comando. L'attesa era snervante così decisi di uscire da quella stanza che si stava facendo soffocante per fare due passi nel corridoio. Ero nervosa, preoccupata per Prim, mi maledicevo per non averle impedito di andare laggiù, ma mentre pensavo a quelle cose Peeta uscì di corsa dal Centro di comando e mi venne incontro, sorridendo.

“Sono vivi! Gale è vivo, lo hanno individuato tra la folla degli sfollati capitolini, lui e i sopravvissuti si sono infiltrati!”

Non potevo crederci, eppure era ciò che speravo da giorni. Era una notizia falsa? La 451 era stata attaccata ma erano riusciti a sopravvivere, anche se non tutti? Scoppiai a piangere e allo stesso tempo iniziai a ridere, abbracciando Peeta e baciandolo. Gale era vivo! La gioia che provavo venne subito smorzata dal pensiero di mia sorella però, e dalla consapevolezza che ancora non era finita purtroppo.

“Katniss, che succede?” mi chiese Peeta, alzandomi in volto per guardarmi negli occhi.

Scossi la testa, sospirando. “Ho paura per Prim. Avrei dovuto fermarla, se le succedesse qualcosa io-”

“Non dire così, capito?” mi interruppe lui con decisione.

In quel momento sentimmo delle urla provenire dalla stanza e subito tornammo lì dentro per capire il motivo di tanta agitazione: in poche parole, gli hovercraft dei ribelli avevano lanciato delle bombe su una zona dell'anfiteatro cittadino dove decine di bambini erano tenuti all'interno di un recinto, a mo' di scudo. Eravamo collegati via radio con uno dei velivoli, quindi riuscimmo a sentire la detonazione del primo ordigno e le urla disperate dei piccoli e dei loro genitori. Tuttavia non sapevo che quell'atto così feroce facesse parte di una strategia. Non sapevo che uccidere tutti quei bambini era solo una trappola per far avvicinare i medici. E soprattutto non sapevo che uno di quei camici bianchi che presero fuoco con il secondo rilascio di bombe appartenesse alla mia sorellina.

Non capii più nulla. Sentii il mio grido disperato, le braccia di Peeta che mi impedivano di cadere a terra e poi il buio.

Mi risvegliai il giorno dopo, ma quando ricordai tutto mi pentii di aver aperto gli occhi. Volevo fuggire, volevo solo smettere di sentire quel dolore lancinante al petto, un dolore che mi impediva di respirare. Peeta rimase al mio fianco sempre, non mi lasciò mai da sola, anche quando fui dimessa. Incontrai mia madre ma furono dei momenti tristi e pieni di dolore. Il regime di Capitol City era caduto, Snow era stato giustiziato e Panem era una nazione libera. Ma a me non importava.

Due giorni dopo stavo vagando per il distretto, senza una meta. Mi faceva male entrare nel mio alloggio e avevo lasciato Peeta a riposare nel suo. Entrai in un magazzino praticamente vuoto e mi lasciai scivolare a terra, poggiando le spalle contro il muro. Mi accorsi di Gale solo quando lo sentii sedersi accanto a me. Era stato ferito ma evidentemente poteva camminare. Rimanemmo in silenzio per un po', e fu lui il primo a parlare.

“Mi dispiace, avrei dovuto fare qualcosa.”

La mia voce era così bassa e roca quando risposi. “Non è colpa tua, non devi di-”

Mi interruppi di colpo, un pensiero improvviso mi passò per la mente. E dallo sguardo del mio amico ebbi la conferma. Erano sue quelle bombe, era sua quella trappola: attaccare per attirare altri bersagli da eliminare, uccidere il doppio dei nemici puntando sul fatto che i capitolini si sarebbero diretti tutti verso il recinto dei bambini. L'unica cosa che non poteva sapere era che ad aiutare i sopravvissuti sarebbero accorsi anche i medici dei ribelli, compresa Prim. Non era colpa sua, adorava mia sorella, ma la consapevolezza che il mio migliore amico fosse in qualche modo coinvolto con la sua morte mi fece scattare qualcosa dentro, il desiderio di non vederlo mai più.

Mi alzai e tornai in camera correndo e scoppiai a piangere appena Peeta mi abbracciò.

Un incubo senza fine, ecco cos'era la mia vita.

Haymitch Abernathy ci comunicò che saremmo potuti tornare nel Distretto 12, dove lentamente le persone stavano ricostruendo le loro case. Inizialmente mi opposi all'idea ma Peeta mi convinse, dicendo che non mi avrebbe mai lasciata sola. Andammo ad abitare in una delle case vuote del Villaggio dei Vincitori e piano piano, col passare del tempo, il dolore per la morte della mia sorellina divenne più sopportabile, anche se onnipresente.

Una mattina mi svegliai all'alba, come facevo ogni volta per andare a caccia, e camminai fino al bosco, dove guardai il sole sorgere. Per la prima volta dopo tanto tempo sorrisi. I raggi riscaldavano la mia pelle e per un attimo mi concessi di credere che la vita sarebbe andata avanti; avevo Peeta al mio fianco, sapevo che mi amava più di ogni altra cosa al mondo e io amavo lui allo stesso modo. Mi avrebbe consolato nei momenti difficili e mi avrebbe fatto sorridere per ricordarmi che non dobbiamo mai smettere di lottare per noi stessi e le persone a cui teniamo. E nonostante le perdite che noi tutti abbiamo subito, non avremmo mai dimenticato che i nostri cari non ci avrebbero mai lasciato. Sarebbero sempre stati con noi.

Quindi sì, avrei continuato a vivere.

 

FINE

 

 

 

 

Ciao a tuttiiii!!!! I'm back!!!!!

Lo so, ancora una volta sono imperdonabile e questa volta il ritardo è a dir poco scandaloso O.O PERDONATEMIIIII. Anyway, oddio è l'ultimo capitolo. Non ci credo. Ogni volta che termino una storia è come se il mio cuore si spezzasse, che tristezza :'( Ho deciso di terminare la narrazione qui perché, visto che Katniss non è partita per la capitale, non c'era molto da raccontare e così mi sono concentrata su come lei abbia vissuto la presa di Capitol City e la morte di Prim all'interno del Distretto 13. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, davvero :)

Potrei scrivere un epilogo...... Non è detto ma io ve la butto lì, si vedrà ;)

Vi voglio beneeeee!!!!!!! Grazie a tutti <3

Sara

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