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Capitolo 1 *** C’è stato un incidente con l’Altro Lato ***
Buongiorno a tutti! Per come si sta svolgendo la storia, ho deciso di spostarla nella sezione The Vampire Diaries, per dar modo a chi segue il telefilm di leggerla. Si riallaccia per qualche riferimento alla fict 'Nel nome di mia madre' nella sezione The Originals.
Insulti e maledizioni alla solita casella di posta ^^
Buona lettura!
Secondo il
telegiornale è l’estate più torrida dell’ultimo decennio. Il noleggiatore alla
stazione mi aveva assicurato di aver ricaricato l’aria condizionata dell’auto,
ma a quanto sembra, devo tornare a farci una chiacchieratina.
Scappotto alla prima piazzola di sosta libera, e lego i capelli per non
mangiarli durante il viaggio. Sotto gli occhiali da sole il trucco regge
ancora. Mi sono tenuta larga di quattro settimane perché Hayley
non aveva idea della scadenza della gravidanza e non volevo piombarle fra capo
e collo mentre stava partorendo. Inoltre, ci è voluto del tempo per alzarmi dal
letto dopo che Damon e Bonnie se ne sono andati. Arrivo
alla dimora dei fratelli e per prima cosa mi rendo conto che non ci sono
fiocchi rosa e bardature a festa. Klaus che si tiene sottotono in un evento del
genere? Non esiste. Dal portabagagli pesco il bustone
dei regali per la bambina e i ‘ragazzi’, e dal sedile posteriore il mazzo di
fiori per Hayley. Suono il campanello ed incrocio le
dita, sperando di non svegliare la piccola. Elijah apre la porta dopo un lasso
di tempo piuttosto lungo. Non sembra felice di vedermi, ma neppure seccato.
“E’ un brutto
momento?”
“Non ce ne sono di
migliori in previsione.”
Ci guardiamo per un
lungo istante.
“La macchina viene
dal noleggiatore della stazione?”
“Sì.”
“Non hai
attraversato la città per venire qui?”
“No, ho preso
strade secondarie. La macchina ha il navigatore.” La mia mente pondera veloce
più opzioni, scarta la peggiore di tutti e ritorna con violenza sopra.
Elijah sospira e si
scosta dalla porta. “Non lo sai…”
Non so cosa?
Elijah devia lo
sguardo e un brutto brivido mi attraversa tutta. Penso che è successo qualcosa
di orribile ad Hayley – ma Klaus non l’avrebbe mai
lasciata morire – o alla bambina – nessuno dei due l’avrebbe lasciata morire! –
o ad entrambe.
“Sono successe
parecchie cose da quando te ne sei andata.”
Perché non mi
risponde? Lo spingo da un lato, abbandonando il mazzo di fiori in terra.
Nell’abitazione si sta freschi ma non sento alcun vagito infantile, nessuna
cantilena materna… solo un singhiozzo interrotto e
poi ripreso… guardo Elijah e lui mi guarda a sua
volta. No…
///
Mentre parlavamo in
cucina, Hayley è comparsa con la stessa trasparenza
di un fantasma. E’ pallida e bellissima ma il suo sguardo è vago, perso nel
dolore. Vorrei abbracciarla ma non fin dove posso spingermi. Elijah ha fatto
sparire i regali miei e di Caroline. Hayley ha perso
il suo branco, il potere, la discendenza e forse non potrà mai più avere figli.
E’ un ibrido come… “ma dov’è Klaus?”
Elijah apre la
bottiglia di malto invecchiato che ho portato per festeggiare e ci serve tutti
e tre. Hayley sussurra che forse è sveglio.
“La strega che ha
fatto l’incantesimo per liberare i lupi mannari dalla maledizione ha usato il
suo sangue… ad ogni luna piena i dolori sono lancinanti…”
C’è stata la luna
piena, stanotte. Siamo in estate e la conformazione si vede ancora in cielo.
Scopro di avere i palmi delle mani sudati. La voce mi esce dura e senza alcuna
inflessione di pietà. “Che problema c’è... la staniamo e l’ammazziamo. Fine
della maledizione.”
Elijah non commenta
la sparata priva di morale. “E’ morta.”
“E’ stata la prima
cosa che ho fatto… aveva preso la mia bambina, quella
troia.”
Non dovrei dirlo ma
sono contenta. Incrocio lo sguardo di Hayley. Fa
paura. E’ una bestia feroce ora che ha perduto la piccolina. Si alza facendo
strusciare la sedia sul pavimento della cucina. Se ne va senza dire una parola,
terribile e dura come un diamante. Restiamo io ed Elijah, di fronte a due
bicchierini vuoti e alla bottiglia di malto invecchiato. “Posso vederlo?”
///
Avevamo sempre
scherzato sul fatto che dalla sua camera si sprigionassero vapori sulfurei, ma
la prima cosa che respiro, è l’odore dei dipinti appesi alle pareti, poi il
profumo dell’erba tagliata del prato che attraversa la finestra aperta dello
studio, ed infine il classico sentore maschile, un misto di colonia e dopobarba
che a volte può rendere piacevole una vicinanza. Non ci ho mai messo piede, ma
un mese fa, in un momento di follia post Royal Street, mi sonoritrovata
a metà del corridoio.
“Aspetta.”
Mi blocco davanti
alla porta socchiusa. Ho fatto la stessa cosa, la sera della festa. Mi sono
fermate e sono tornata indietro.
“Entra, è
cosciente.”
‘E’ cosciente’ è
ben diverso da ‘è sveglio’. La stanza è in penombra e
Klaus raggomitolato nelle coperte. Fa un caldo boia, l’aria condizionata è
spenta e mi sento soffocare. La prima cosa che sento è il battito violento del
cuore. Non sono un medico ma so quando aprire una finestra. Un venticello
proveniente da chissà dove, alleggerisce l’aria irrespirabile. Klaus non si è
mosso e giace in posizione fetale, il cuscino stretto contro lo stomaco. Non
per comodità, penso. Ci si è aggrappato.
“Elijah mi ha detto
che fai le ore piccole, nelle notti di luna piena.”
“Per quanto apprezzi… l’ironia… non è un buon
momento…”
La voce è
cavernosa, ma il bell’accento inglese non è scomparso. L’aritmia dei muscoli è
spaventosa. Il corpo pulsa contro la sua volontà.
“Fatto pace… col fidanzato?”
Me l’aspettavo, la
domanda. “C’è stato un incidente con l’Altro Lato.”
La voce è un sussurro.
Mi sforzo di decontrarre i muscoli del collo per guardarla ma posso restare
solo in questa posizione. Troppo dolore, non azzardo alcun movimento.
“E’ rimasto intrappolato dall’Altra Parte.”
Intrappolato cosa
significava? “Le mie facoltà…celebrali…
sono offuscate… usa parole semplici…”
“E’ morto. Damon è
morto e Bonnie…” mi mordo le labbra e alza gli occhi
al soffitto per non piangere ancora. “Bonnie non
sapeva come fare a riportarlo indietro… e alla fine,
se n’è andata anche lei…”
Idiota di un Salvatore.
Non sapeva neppure morire definitivamente.
Raccolgo la lampada
rovesciata del comodino e i suoi vestiti da terra. Per tutto il tempo, Klaus
non cambia posizione. Mi inginocchio, cercando il suo sguardo. E’ febbricitante
e sudato. Caroline mi ha convinto a fare un po’ di tirocinio all’ospedale per
capire qualcosa in più degli esami e fare bella figura con i professori. Pesco
un fazzoletto con tanto di iniziali da uno dei cassetti, lo bagno con l’acqua
fresca e torno nella camera. Lo poggio con delicatezza sulla fronte e sulla
tempia e ritiro la mano appena il suo corpo ha una contrazione.
“Avvertimi…cristo…”
“Ti ho fatto male?”
“No…” sospira. “Non…mi…aspettavo… di essere toccato… ”
“Posso toccarti?”
“Dipende… dalle intenzioni...”
Sorrido e faccio un
paio di viaggi fra la stanza e il bagno. Elijah mi chiede se ho bisogno di
qualcosa. “Cubetti di ghiaccio, acqua da bere in quantità…
e riempi una vasca, per favore. L’acqua deve essere calda.” Mi guarda e non
capisce se sto scherzando o meno. “Ha la febbre: se non abbassiamo la
temperatura gradualmente, gli andrà in pappa il cervello.”
“Vedo cosa posso
fare” mormora. “Elena, non provare a nutrirlo.”
Era proprio quello
che pensavo di fare.
“Se ingurgita
sangue, le ferite si riapriranno.”
Che ferite?
“Tutte le ferite. E’ uno spettacolo
sgradevole, Elena.”
Eppure molta gente
avrebbe un orgasmo vedendolo sanguinare. “L’ha proprio fatta arrabbiare, quella
strega…”
“Le ha spezzato il
cuore.”
Non commento la
scelta di farsi spezzare il cuore da Klaus ma se fossimo tutte streghe, metà
della popolazione maschile sarebbe spazzata via in un attimo. Torno nella
camera e mi siedo nella parte lasciata vuota dal suo corpo. “Ho visto il video
caricato da Marcel, sei carino quando ti inginocchi.”
“Non farci... l’abitudine…”
Infilo le dita fra
i capelli, muovendole piano piano. Il contatto fisico
rassicura bambini, adulti e bestie feroci. “Neppure tu.”
Il solletico
piacevole scivola lungo la schiena, alleviando un briciolo il dolore sordo che
continua imperterrito da ore. La carezza si sposta sulla nuca e sulla schiena.
E’ come essere toccato da piccole farfalle in tutti i punti sensibili.
“Accontentati. Se
fossi un medico vero, ti somministrerei un decontraente
muscolare.”
Chi si lamenta.
L’ultimo contatto fisico che ricordo, è stato il pugnetto
di Hope stretto attorno al dito.
I muscoli hanno
smesso di contrarsi in quel modo violento che lo faceva sobbalzare, ma forse è
solo l’effetto del giorno: la luna è del tutto sparita in cielo. “Apro le
tende.”
“No…”
“Ti infastidisce il
sole?”
“Non voglio…sembrare… un patetico…idiota…arrapato…”
“L’innalzamento
della temperatura oltre i 37 gradi porta alla perdita della libido e alladiminuzione della capacità erettile…”
“Vuoi saperlo
meglio di me… saputella?”
Rido sotto i baffi
e appunto le tende. Il sole illumina il pavimento schiarendo la stanza. Quando
mi volto, sento il sangue gelarsi nelle vene. E’ ancora in piena
trasformazione, ha le pupille giallognole e i capillari in rilievo. “Ma da
quanto tempo…”
“Tutta… la notte…credo…”
Deve essere
stremato. “Il giallo stona un casino con la tua carnagione.” Mi siedo sul
letto, infilando piano la gamba sotto il suo collo. Brucia fra le mani, deve
avere la febbre a quaranta. Sistemo i cuscini dietro la schiena per tenermi
dritta. “Non raccontiamolo a nessuno.”
“Non fare cose… di cui ti pentiresti…”
“Non ho la scatola
di gattini per la pet – teraphy…” mormoro accarezzandogli i
capelli e la spalla nuda. “Ad un licantropo piacciono, i felini?”
Elijah mi annuncia
che è tutto pronto e si stupisce un po’ di vedermi con la testa di Klaus in
grembo. E’ stato lui ad affibbiarmi l’immagine della madonna compassionevole.
Non posso deludere la massa. “Ascoltami ora, dobbiamo abbassare la temperatura
e possiamo farlo solo infilandoti in una vasca d’acqua.”
“Saputella…”
“Tu farai quello
che ti ordinerò di fare senza storie, intesi?” sussurro nel suo orecchio. “Un
po’ di entusiasmo. Non andrai da nessuna parte con quest’atteggiamento
disfattista.”
///
“Elena, ti ho
preparato la tua vecchia camera.”
“Grazie” mormoro
digitando un messaggio a Caroline. Elijah ha la camicia macchiata d’acqua, le
maniche arrotolate e l’aria stanca. Hayley segue la
diretta con poco interesse e quando si accorge della stanchezza del vampiro, si
avvicina in punta di piedi, posa il mento sulla sua spalla e lo abbraccia. Si
vogliono un gran bene. Sono un po’ invidiosa… la
risposta immediata di Caroline fa ridere. No,
non possiamo abbatterlo, digito veloce. Non
riesce a smettere di trasformarsi.
Trova una strega e compi il rituale inverso, risponde. Ti secca se esco con Stefan,
domani sera?
No, perché dovrebbe… perché escono insieme? Perché Caroline mi chiede
il permesso?
Mi infilo
silenziosa nel bagno. Klaus ha gli occhi chiusi ma le venature sono scomparse.
Batte le palpebre e mi guarda, spostando il braccio penzoloni all’interno della
vasca. Sul serio? Ha un attacco di pudore? “Tanto per saperlo, hai fatto un
torto anche a Davina?”
“Sai cosa stai
facendo o precedi a tentoni? Comincio ad avere freddo…”
Infilo le dita
nell’acqua. E’ gelata.
“Davina non può usare la magia…
punizione degli Antenati…”
“Stronzate, c’è
sempre un modo di aggirare i divieti.”
Mi stupisco
dell’irruenza della mia voce e lo stesso fa Klaus. Gli allungo un asciugamano e
leggo di nuovo il messaggio. Non so come rispondere. Non la testa in questo
momento, ho ancora il braccio steso verso il vampiro. “Non ti aspetterai che lo
faccia io.”
“Ho una pressa da
mille chili posata sul torace… non riesco a
respirare, figurati uscire da quest’affare…”
“Sono il medico,
Klaus, non l’infermiera.”
Chiamo Elijah,
abbandonando l’asciugamano nelle sue mani. Giro su e giù per il corridoio e
sento gli occhi di Hayley su di me. Non posso nemmeno
immaginare cosa si provi a perdere tua figlia. Sto così male per loro che
dimentico la mia perdita.
“Non fare così…”
Essere consolata
dalla madre è il colmo. “Scusa…”
Hayley guarda l’interno
del bagno e subito torna a guardare me. “Abbiamo dovuto allontanarla per il suo
bene. E’ in un luogo sicuro, con una persona fidata.”
Tiro un sospiro di
sollievo che è un vero e proprio singhiozzo.
“Non deve saperlo
nessuno.”
Annuisco e spingo
le dita sotto gli occhi. Mi stupisco di come riesca a mantenere la calma in
questa situazione. “Grazie della fiducia…”
“Non farmene
pentire.”
///
Non ho risposto al
messaggio di Caroline. Ho preso la macchina e vagato un po’ fra le viuzze di
New Orleans per rendermi conto dell’atmosfera che regna in città. C’è un intero
muro dedicato alle vittime cadute nella battaglia.
Tutta la crew di Marcel e un quadretto con un angelo
dedicato alla piccola che mi fa rabbrividire. Hanno sterminato quasi tutti i
vampiri di New Orleans. Sento il fiato dei lupi mannari sul collo, il Rousseau’s ha
cambiato gestione e Camille è stata licenziata. Mi
dirigo nel bayou
a cercare il branco di Hayley ma trovo solo roulotte
vuote. Serve lucidità e gioco di squadra, mi ripeto incessante. Devo restare lucida… ma perché Caroline chiede il permesso per uscire
con Stefan se sono solo amici?
“E tu chi sei?”
Mi balza il cuore
in gola, faccio un passo indietro e chiudo la porticina della roulotte. Non
l’ho mai visto prima d’ora.
“Cosa stai
cercando?”
“Mi chiamo Elena”
mormoro prendendo tempo. “Se ne sono andati tutti?”
“O forse sono
nascosti. Chi può dirlo… tu sei un vampiro?”
Beccata. Come se
n’è accorto? Il ragazzo mi guarda da capo a piedi, pensoso. “Ne è rimasto
qualcuno vivo, allora.”
“Senti…”
“Jackson.”
“Non facciamo
balletti inutili. Sono un’amica di Hayley e sto
cercando il suo branco.”
“Hayley non è più a capo di un branco da quando è cambiata.”
Ma è stata uccisa,
cristo santo! Non ha un po’ di pietà? “Per quel che mi riguarda, è ancora il
tuo boss. E’ solo… potenziata.”
“E’ un altro ibrido
come Klaus. Nessuno dei due è benvenuto qui.”
“Peccato, sono
amica di entrambi.”
“Cioè, la puttana
di Klaus.”
Come mi ha… arrossisco di rabbia che si somma a quella latente
causata dal messaggio di Caroline. “Dillo di nuovo e ti strangolo con i tuoi
stessi capelli, Jack!”
“Jackson. Ti scaldi
per niente, bellezza. Se ne sono andati quasi tutti, gli altri sono nascosti.
Senza un capobranco, non possiamo affrontare il clan Guerrera.”
“Ce l’avete, il
capobranco!”
“Sei solo un
vampiro, non puoi capire...”
“Sono un vampiro
incazzato, Jack. Ora tu mi porti dal tuo branco ed insieme facciamo una visita
di cortesia ad Hayley che come ben saprai, sta
passando un momentaccio e ha bisogno della sua famiglia.”
“Jackson. Il mio
branco, come lo chiami tu, è passato sotto un nuovo capo, Oliver. Il traditore
si è alleato al clan Guerrera. Fine della storia.
Riferisci ai tuoi amici Originali che hanno chiuso con New Orleans.”
Lucidità e gioco di
squadra, mi ripeto, paziente. “Di cosa hai bisogno?”
Jackson allarga le
braccia. “Uomini, donne. Fedeltà e sincerità.”
“Se faccio questa
cosa per te, acconsentirai ad incontrare Hayley?”
Il ragazzo mi
guarda, dubbioso. “Conosci un branco di lupi mannari ansiosi di perdere a vita
in una battaglia che non li riguarda?”
“Conosco un sacco
di gente, Jack. Sono carina” mormoro sapendo finalmente cosa rispondere a
Caroline. “Sali in macchina, andiamo a fare una passeggiata.”
“Del bene al mondo”
rispondo digitando messaggi su messaggi. Ho ripreso il mio posto sul letto di
Klaus, la schiena appoggiata ai cuscini sovrapposti e le gambe allungate, una
sopra l’altra. Non mi domando se lo infastidisca la mia presenza, in realtà me
ne importa poco.
“Hai portato in
casa il rivale di Elijah.”
Getto un’occhiata
vaga al moribondo e mugolo fra i denti. “Non sembra il tipo di Hayley.”
“Non lo ero neppure
io, eppure abbiamo fatto sesso.”
“Non era ubriaca?” domanda,
distratta. Tyler sta facendo troppo ostruzionismo e francamente sono stanca dei
suoi lamenti. Gli scaglio contro Caroline, guarda un po’.
“Non ci crederai,
ma sono un animale da letto.”
Faccio un’altra
panoramica inconsistente del malato. “Sei un animale e basta. Bevi la tisana di
ribes nero, è un naturale rilassante muscolare.”
“Elena, mi hanno
lanciato una maledizione. Chi l’ha fatta, sapeva cosa faceva e non sarà il tuo
ribes nero a cancellarla.”
“Accontentati, non
avevo l’artiglio del diavolo.”
“’Accontentati’ è
la parola del giorno? Sei stata una vera stronza a mollarmi la sera della
festa.”
Non per mia
volontà. Non potevo oppormi alla maggioranza. “Sei sopravvissuto” sospiro e
attendo la risposta che… “sì! Perfetto!”
“Perfetto cosa?”
“Mi è stata fatta
notare una carenza di vampiri in città. Caroline sta venendo qui con Stefan che ha acconsentito di entrare in modalità ‘squartatore’
se ce ne fosse bisogno.”
“Gentile da parte
sua.”
“Caroline ha
convinto Tyler a convocare il branco degli Appalachi.
Non garantisce il risultato, non sono rimasti in buoni rapporti da quando avete
‘consumato’.” Non sorriderà più a quel modo, quando lo informerò del mio
sospetto. “Non farti illusioni, mi ha chiesto il permesso per uscire con Stefan.”
Klaus mi guarda di
traverso e non risponde ma sembra offeso.
“Hai una figlia da Hayley, ti porti a letto la mia migliore amica, eppure sono
io a passare per la concubina del mese” borbotto sdraiandomi sulla pancia.
Sposto i capelli da un lato, attendendo la risposta ad un messaggio. “Pensi di
poterti nutrire, ora?”
“Non ne sento il
bisogno” risponde, sostenuto. “La musica cambierebbe se ti stessi offrendo a
me, ma non sono un tipo che si illude.”
Sentilo, come se la
prende! “Sono il medico, non la portata principale. Se vuoi mangiare qualcosa,
chiama Elijah.”
“Saputella e
acida.”
“L’uomo che amavo e
la ragazzina con cui sono cresciuta sono morti” rispondo, stridula. “Ho guidato
fino ai docks ma non ho trovato traccia di Marcel.
Pensavo potesse condurmi da Davina, è stato un buco
nell’acqua.”
“Sei proprio scarsa
su certe cose. Dammi il cellulare.”
Perplessa,
acconsento a prestargli il telefono.
“Ha sedici anni,
colleziona amici. Mandale l’amicizia su Facebook.”
E chi ci aveva
pensato?
Klaus sorride e mi
restituisce il cellulare. “Fatto.”
“Cosa ti farà
pensare che accetterà…”
Plin!
Il mio sopracciglio
sinistro ha una contrazione involontaria. Non solo ha accettato, ma dalla
casellina dei messaggi leggo un ‘ciaooooo! Come stai?!’ con un meep sorridente.
Klaus porta le
braccia dietro la testa e sospira. “Saresti una concubina perfetta. Sexy e
stupida.”
Stupida? Ora lo
ammazzo a cuscinate!
///
“Non lo farai
davvero.”
“Cosa?”
“Entrare in
modalità ‘squartatore’ per fare un piacere a Klaus.”
Stefan sollevò le spalle.
“Non credo ce ne sarà bisogno…”
“Non sono convinta
di questa cosa e non capisco perché Elena se la sia presa a cuore.”
“Damon è morto,
deve fare qualcosa per sentirsi utile…”
“Non poteva darsi
alla beneficienza?”
“Sta facendo
beneficienza.”
“Oh, ti prego…”
Stefan rallentò fino a
fermarsi nell’area di sosta del benzinaio. “Dovresti essere un po’ meno dura
con lei.”
“Non sono dura!”
“Era solo una
neonata, Care…”
Quello le
dispiaceva tanto. Era una cosa orribile. Caroline tacque, restando seduta in
macchina mentre Stefan riempiva il serbatoio della
spider.
“Sono una stronza,
lo ammetto” esclamò alzando le mani. “Ho pensato le cose peggiori di Klaus ma
non avrei mai voluto che ci andasse di mezzo la sua bambina.”
“Ti sentirai in
colpa e resterai in silenzio fino a New Orleans?”
“Immagino di sì…”
Stefan sorrise,
innestando la retromarcia. “Sarà un viaggio piacevole, allora.”
///
Mi sveglio di
colpo, interrompendo il monologo di Damon. Non c’è il sonoro e non capisco cosa
dice perché muove le labbra troppo in fretta. Ho l’impressione che qualcuno mi
stia toccando, non riconosco il luogo in cui mi trovo e sento le cuciture del
reggiseno entrarmi nella carne. Mi sono addormentata sul letto di Klaus.
Parlavamo della festa, dell’addio asciutto di Nadia, di come l’abbia cercata in
tutta New Orleans per giorni. Al terzo, si era arreso, certo che fosse ormai
passata a miglior vita. Gli ho raccontato in breve i fatti di Liv e Luke, i due
fratelli stregoni e del brutto tiro che ci hanno giocato. Non ho avuto il
coraggio di affrontare la scomparsa di Damon e Bonnie.
Ho chiuso gli occhi e pregato di addormentarmi in quell’istante. Forse sono
stata accontentata… non lo so…
stropiccio gli occhi, mettendomi a sedere. Le tende sono rimaste tirate ma deve
essere l’alba, la luce è scarsa. Sbircio la luna decrescente, gancio le tende e
le sistemo l’una contro l’altra. Torno a sdraiarmi. Klaus sta dormendo, è
tranquillo e fresco. Mi sento così sola da avvolgere il braccio attorno ad un
cuscino. Sospiro, un sospiro brutto e umido. Striscio sopra le coperte, mi
faccio indietro, sposto il braccio di Klaus attorno alla mia vita e sistemo i
capelli sotto di me. I muscoli hanno una contrazione e il suo corpo aderisce al
mio. Sento il respiro calmo e caldo contro la nuca. Mi rilasso e dopo poco mi
addormento di nuovo.
///
“Tutto qui? Mi
avevi promesso ben altro, bellezza!”
“Devono
attraversare l’America… dagli tempo, cristo santo!”
borbotto sbattendo la tazza di caffè sul tavolo della cucina. Sono le otto del
mattino, Caroline e Stefan sono appena arrivati ma
Jackson ha già voglia di rompere. Chissà perché le riunioni, da mondo e mondo,
si fanno sempre in cucina. Forse per il frigorifero col cibo.
“Una biondina
saccente e la copia di James Dean sono il massimo che sai offrire? ‘Conosco un sacco di gente, Jackson. Sono
carina’! Hai passato la notte a folleggiare col tuo amichetto o ti sei data
da fare?”
Mi scoppia la testa.
La stringo fra le mani. Caroline sta per saltargli al collo: continua a
sbattere le ciglia, sorridente al limite dell’isteria. “Biondina saccente?”
Stefan mi ruba un
biscotto. “Somiglio a James Dean?”
“Un casino.”
“E chi sarebbe
l’amichetto?”
“Mi crede l’amante trattino concubina di Klaus” sussurro.
“C’è differenza?”
“Un casino.”
Sollevo le spalle,
sento Stefan muoversi dietro la mia sedia, poi odo
l’urto del corpo di Jackson contro il frigorifero. Se l’è cercata.
“Chiedile scusa”
“Fottiti, vampiro.”
Non cominceranno a
litigare a quest’ora? Sospiro e sento lo sguardo di Caroline su di me. “Che
c’è?”
“Non hai risposto
al messaggio.”
Se n’è accorta.
Finisco il caffè mentre i due machi
si minacciano. “Stefan, lascia perdere. C’è di peggio
al mondo che essere classificata come la puttana di Klaus.”
“Puttana è
differente da amante trattino
concubina.”
“Che vuoi che me ne
importi! Tyler ha dato notizie di se o sta ancora giocando a fare l’offeso?”
Caroline non
demorde, mi viene dietro mentre lavo la tazza. Avevo scelto questa tazza anche
la prima volta. “Elly se ci sono dei problemi, vorrei
che me ne parlassi.”
“Avete la mia
benedizione.”
Caroline trattiene
il respiro ed io mordo le labbra. “Scusa, ho dormito molto male…”
“E’ corretto dire
che hai avuto incubi tutta la notte. Sei una pessima amante trattino concubina.”
Perfetto, ora lo
sanno tutti. “Grazie” sussurro in faccia al redivivo Klaus, fresco come una
rosa, atletico, sbarbato e più energico di tutti noi messi insieme. Ma solo io
mi sento pesta e dolorante? “Alla prossima luna piena ti lascerò crepare in
preda ai dolori e me ne starò a guardare, mentre rotoli nel letto lacrimando
sangue. Spera che Davina abbia voglia e tempo da
dedicarti perché non sarò qui, il prossimo mese.”
“Non mi faccio
illusioni.”
Se l’è legata al di… mi insacco nelle spalle quando Klaus, del tutto
inaspettato, mi bacia sulla tempia. Un brivido si abbatte lungo la colonna
vertebrale e mi fa ondeggiare. Terrore e sconcerto. Terrore per la carica di
domande di Caroline che si abbatterà sulla mia testa e sconcerto per la
subitanea reazione del mio corpo.
“Caroline, mia
cara. È stato un viaggio piacevole?”
Non odo la risposta
della mia amica, sono bloccata in uno stato catatonico senza via d’uscita. Ho
bisogno di una doccia. Lunga. E fredda.
///
Torno dopo venti
minuti, l’aria del salotto è pessima. Tyler mi avverte di un lungo ritardo
tramite sms, Hayley continua a discutere con Jackson
della sua condizione, Elijah cerca di
fare da paciere, Caroline è sulle spine e Klaus ha l’aria risentita. Guardo Stefan, ci sorridiamo complici attraverso la stanza.
“Stuzzicare
il clan Guerrera non è una buona idea!”
“Non potete
andarvene in giro come dei bulletti…”
“Non siamo il tuo
fottuto esercito, Klaus”
Non capisco niente
perché parlano tutti insieme. Tiriamo le somme: i vampiri sono stati spazzati
via e Marcel è nascosto chissà dove. Caroline ed io siamo troppo ‘giovani’ per
affrontare i licantropi ma siamo abili nel gioco di squadra. Stefan è l’arma segreta che speriamo di non dover usare.
“Quanti del tuo branco sono passati con Oliver?”
“Venticinque
persone in tutto. Solo sei sono rimasti leali…”
“… a Hayley. Portale rispetto, è sempre la tua regina. Raduna
gli uomini, si sentiranno persi senza una guida.”
Parlo per loro o
per me? Mi sento così sola che cerco di occupare la mente come meglio posso.
“Tyler arriverà domattina. Sono cinquanta o giù di lì…”
“Non conosciamo la
grandezza del clan Guerrera, Elena.”
“Ed è questo a
fermarti?”
La domanda è un po’
provocatoria, Klaus mi guarda negli occhi e non risponde.
“Possiamo fare a
loro quello che hanno fatto nel bayou…” Hayley picchietta le dita
fra loro, pensierosa. “Facciamo esplodere la città.”
“Non raderemo al
suolo New Orleans per la quarta volta!”
“Perché no? Che
cosa abbiamo da perdere? La casa? La famiglia?”
Sento una nota di
pianto nella sua voce e deve udirla anche Klaus perché non ribatte. “Dove lo
prendiamo tanto esplosivo?”
“Frena! E’ piena di
turisti, vuoi farli saltare in aria tutti?”
Caroline è
esterrefatta, il vampiro si limita ad annuire. “Non voglio mandare un
avvertimento a Francesca ma farle esplodere la sedia sotto il culo. New Orleans
era nostra, prima che arrivassero quei maledetti licantropi!”
“Quei maledetti licantropi erano qui da prima
da voi. Offendendo loro, offendi la tua stessa discendenza, vampiro.”
Jackson non ha
tutti i torti. “Datti una calmata, Nik. Quante
streghe hai dalla tua parte? Non rispondere ‘neanche una’, per favore.”
“Se riesci a
convincere Davina, saliamo a una. Elijah, puoi
intercedere in nostro favore?”
“Ci parlerò io.”
Rido dentro di me.
“Non mandare avanti Elijah. Inginocchiati un’altra volta e otterrai tutto
quello che vuoi da lei.”
Klaus mi guarda in
modo strano.
“Ha sedici anni e
tu sei un adulto” insisto e lui stringe le palpebre. Ma non ci arriva, devo
fargli un disegnino?
“La tua moralità ha
subito una drastica discesa, donna.”
“Come se questo non
ti entusiasmasse” ribatto provocatoria e noto Caroline con la coda dell’occhio,
fuori di se. “Datti una calmata, non gli sto suggerendo di sedurla!”
“E’ questo il
messaggio che è passato” mi informa Stefan, un po’
stupito dalla mia sparata. “E’ troppo bieco persino per lui.”
“Tu non hai idea di
cosa arriverei a fare, ora come ora” sibila ed Hayley
lo guarda, senza espressione alcuna. “Elena stava solo suggerendo di essere
gentile con Davina.”
“Ed io la stavo
solo prendendo in giro” risponde, duro. “Non scorre buon sangue fra noi, anche
prostrandomi non otterrei niente. Insisto perché mio fratello si occupi della
strega!”
Elijah annuisce e
mi guarda, pensoso. “Ti va di venire con me?”
Tutto, pur dir
togliermi da quell’atmosfera pesante che ho provocato involontariamente.
“Prendo le gomme.”
///
“Chewingum?”
“No, grazie.”
Peggio per te.
Queste alla fragola sono buonissime. Scarto una gomma e la mastico per
allentare la tensione. Elijah mi guarda di sottecchi. “Com’eri, a sedici anni?”
“Come adesso, ma
con la divisa da cheerleader…” e nessun problema per
la testa se non cosa indossare quotidianamente, e come passare indenne le
interrogazioni. Elijah si arresta di fronte al cancello sbarrato del cimitero,
lo spinge con una mano ed io lo seguo, fermandomi quando un muro invisibile mi
impedisce di avanzate. Gonfio un palloncino rosa che attraversa l’aria senza
colpo ferire. Potrei industriarmi a produrre un’enorme bolla alla fragola,
infilarmi dentro e rotolare nel cimitero…
“L’avevo
dimenticato. E’ territorio consacrato, devi essere invitata ad entrare.”
“Perfetto” sussurro
facendo un passo indietro. “Sono praticamente inutile.”
“Non sei inutile.”
Elijah torna fuori e mi affronta. “Ci hai aiutato con Klaus e hai riportato
Jackson da Hayley.”
“Il rivale?” tento.
“Il promesso sposo,
in verità.”
“Sei l’amante trattino concubino?”
Elijah sorride e
posa il piede in una rientranza del cancello. “Hayley
ha bisogno di altro tempo per accettare il cambiamento e non gradisce troppa
vicinanza.”
Eppure l’ho vista
abbracciarlo.
“Mi dispiace per la
tua perdita. Ti sono vicino, se ha bisogno di sfogarti.”
“Se ci fosse un
colpevole materiale, mi sfogherei uccidendolo” mormoro, depressa. “Tornerà. Bonnie troverà un modo per ricreare il ponte…
dobbiamo solo aspettare.” Elijah mi guarda e so cosa pensa. “Una piccola
illusione per andare avanti, fammela passare…”
sussurro sentendo le lacrime premere dietro agli occhi. “A che ora avevamo
l’appuntamento?”
“Eccomi, scusate il
ritardo!”
Occhi blu, capelli
neri lunghi fino alla vita, un vestito che può indossare solo una quindicenne
che non ha ancora scoperto cosa le sta meglio addosso. Il suo sguardo è deciso,
la bocca ben disegnata e contratta nella solita smorfia adolescenziale. Nel
complesso, è molto bella e scontenta. Davina si ferma
a pochi passi da me e aggrotta la fronte. “Gli adulti in preda alle emozioni mi
spaventano sempre. Perché piangi?”
Da quel punto della
terrazza poteva ammirare la città di notte, i suoi predatori dagli occhi
brillanti come gatti, le orchestrine che suonavano agli angoli delle strade. Caroline
tremò per il vento fresco e una sensazione mista di eccitazione e potere che
non aveva mai sperimentato prima. Toglieva il respiro. Una violenta folata di
vento investì Stefan del suo odore. Pesca e miele,
pensò. La femminilità di una donna gli riportava sempre alla mente il sapore
caldo del frutto e la cremosità del miele.
“Dobbiamo
parlarne?”
“Di come sta
comportandosi Elena?”
Non ti svegli la
mattina provando dei sentimenti per il tuo migliore amico e Caroline sapeva che
continuare a sviare il discorso non avrebbe risolto il problema.
Stefan sorrise,
appoggiandosi alla ringhiera. Il suo temperamento calmo e riposante gli
permetteva di individuare con chiarezza le situazioni e risolverle, ma quella
era un’altra faccenda. Lexi gli aveva fatto una
domanda a cui tutt’ora non aveva risposta. “Lo sai.”
Caroline si
aggrappò alla balaustra, stese le braccia e tirò indietro la schiena. Poi tornò
ad appoggiarsi col busto. “Non voglio vivere nel dubbio ma non voglio litigare
con la mia migliore amica. E’ un’impressione
non supportata da prove.”
“Ci baciamo e
vediamo come va.”
“E come vorresti
farlo? Al tre?” mormorò, sottotono. Non era una buona idea, non con Elena in
quelle condizioni. “Non essere sciocco” sussurrò colpendolo con il pugnetto sul braccio.
“Un bacio normale,
da buonanotte del primo appuntamento.”
“Non so tu, ma io ho
avuto dei primi appuntamenti esplosivi…”
Non poteva dire di
essere stato da meno. “C’è un open bar
proprio sotto di noi.”
Gli occhi di
Caroline brillarono come il suo sorriso. Open
bar? Festa! “Chiamo Elena, magari ha voglia di svagarsi un po’.”
Stefan la lasciò fare, rimuginando
il percorso che avevano fatto per arrivare fin lì. Non si capacitava della
bizzarra novità.
“Non risponde, ha
spento il cellulare” sbuffò, contrariata. “Non è da lei. Nulla di tutto questo
è da lei! Da quando è amica di Klaus?”
“Sei gelosa?”
La ragazza avvampò
e alzò un dito, minacciosa. “Non dirlo mai più. Klaus era un’ossessione, sono
passata oltre.”
“Sei spesso
ossessionata?”
C’era un messaggio
chiaro nella sua domanda. Se l’impressione
si fosse rivelata vera, lo avrebbe cestinato come aveva fatto col vampiro? “Vorrei
offendermi, ma non ci riesco.”
“Non volevo
offenderti.”
“Stef, lasciamo le cose come stanno per il momento… ok?”
Il ragazza annuì,
riportando l’attenzione in strada. Caroline sbuffò, infastidita. “Tu mi piaci… in un grado di una scala non pervenuta…”
“Care…”
Stefan scosse la testa
con il solito atteggiamento rilassato. Caroline sorrise, di nuovo calma. Era facile
così. Nessuna pressione, nessuna aspettativa. “Scendiamo?”
///
Entro al Rousseau’s e
scopro che hanno cambiato l’arredamento. Individuo Klaus al bancone, un mucchio
di lupi mannari al tavolo da biliardo e una manciata di turisti accaldati che
cercano refrigerio nell’aria condizionata. Mi arrampico sullo sgabello,
spingendo avanti la banconota di taglio medio. “Quello che ha preso lui e un
bicchiere d’acqua, grazie.” Tamburello le dita sul legno, sfiorando la fronte
che duole per la tensione. “Hai lasciato Hayley
sola?”
“Non vuole neppure
Elijah intorno, cosa ti fa credere che sia intrigata dalla mia presenza? Mi
hanno anche chiuso il conto, cazzo...”
“E’ stata la cosa
più gentile che ti hanno fatto” soffio bevendo il mio bicchiere d’acqua e strisciando
verso di lui il bicchierino. “Mi devi un pacchetto di gomme.” Siamo riusciti ad
accattivarci l’aiuto di Davina ma ci ha reso chiaro
che per invertire il processo, deve mettere mano alle pietre. Ho dato fondo
alla scorta di chewingum nel frattempo. Una bruna dai
capelli lunghi mi sta fissando da quando sono entrata. Mi volto a guardarla. Ha
la sicurezza di chi si sente forte e protetta. “Chi è?”
“La nuova padrona
della città.”
“Sta venendo qui.”
Annuso profumo
costoso, lacca per capelli e sigarette al mentolo quando si avvicina. Klaus non
cambia espressione, il suo sorriso sembra una decalcomania. Ma come fa?
“Ti trovo in forma,
Klaus.”
“La luna piena dura
solo una notte, Francesca…”
La riconosco solo
ora. E’ colei che ha ordinato l’uccisione di Hayley e
ha fatto apparire l’aggressione dei licantropi come una battaglia fra bande
rivali.
“… e parafrasando
un certo personaggio, un Mikealson paga sempre i propri
debiti.”
“Tu intanto paga il
conto.”
Francesca fa un
cenno e sul bancone appare uno scontrino di cui non individuo la cifra.
“Accettate assegni?”
Mi viene da ridere
per il modo leggero in cui l’ha detto. Spingo il pugno contro la bocca, girando
la testa dall’altra parte. Noto che i lupi mannari al tavolo da gioco si sono
fermatiche i due uomini che erano
seduti al tavolo con lei – e che sembrano appena usciti da una prigione
italiana - si stirano nervosi le giacche. L’ostentata sicurezza di Francesca è
solo una balla? “Come ci si sente con una neonata morta sulla coscienza?” dico
a voce abbastanza alta da far girare molte teste nel locale. Giro una ciocca
attorno al dito e poggio il mento sulla mano. Klaus mi lancia un’occhiata che
non interpreto. Sorrido alla donna. Io morirei di caldo in quel completo
pantalone. “Uccidere bambini ti porterà via un sacco di tempo, quando trovi il
tempo di passarti la piastra?”
“Tieni la tua
sgualdrina a cuccia ed insegnale l’educazione” sibila con un occhio a me e uno
a Klaus.
Si è innervosirla e
gli uomini al tavolino si sono alzati. E’ tempo di levare le tende. Sorrido di
più ed infilo il braccio sotto quello di Klaus che resta immobile e non muta
espressione. “Ti dispiacerà quando scoprirai che so fare altro, oltre che
aprire le gambe, assassina di bambini.”
A frequentare
brutti tipi come Damon ed Enzo si imparano parecchie brutte cose, ma avere un’amica
come Caroline ti mette a riparo da tutte le stronze del mondo.
“Non prestarle
attenzione, è pazza.”
Klaus mi indica col
dito e scende dallo sgabello. Il conto resta sul tavolo. Il suo braccio gira
attorno alla ma vita e il messaggio è ‘cammina senza fare storie e non ti
voltare’. Mi aspetto la ramanzina ma non si fa uscire il fiato se non a
parecchi palazzi di distanza. “Mi piaceva la storia delle gambe, ma non mi
faccio illusioni” ride per nulla risentito del mio intervento. “Cosa volevi
dimostrare, pazza?”
Ecco, adesso è
arrabbiato. “Ho usato parole chiave
per attirare l’attenzione, l’avresti capito se avessi prestato a me e non al
mio seno sinistro” sbuffo, posando le mani sui fianchi. “Il biasimo della gente
fa decadere la popolarità. Lo sapresti, se avessi vissuto in una piccola
cittadina. Francesca ha preso il potere dopo la battaglia di New Orleans, la
gente è stupida e preferisce non vedere, ma la morte di una neonata non lascia
indifferenti: un’accusa diretta supportata da un padre distrutto, ti incide il
dubbio nel cervello.”
“E’ questo, il tuo
piano? Usare la maldicenza per detronizzare Francesca?”
“Sono una ex
cheerleader, so cosa dire e come dirlo per distruggere la reputazione di una do…”
“Ssh.”
Klaus mi zittisce
all’improvviso e mi trascina dietro un angolo. Tiene la mano leggermente
premuta contro la mia bocca mentre tre uomini attraversano con passo svelto il
vicolo. O i suoi sensi sono più sviluppati dei miei, oppure il naso mi
imbroglia. “Sono turisti.”
“No. Francesca ha
molti tirapiedi e non tutti appartenenti al branco” sussurra abbassando il
braccio. “Togliti dalla testa l’idea di morderli, li ha riempiti di verbena.”
I giochi di guerra
di Jeremy forniscono un sacco di idee. Resto appoggiata al muro, in silenzio. Penso
a Rick. E’ umano e può facilmente confondersi con la folla di turisti. “Non hai
intenzione di pagare quel conto, vero?”
“Assolutamente.”
“Dovrai pagarlo,
invece” mormoro lenta mentre le idee mi assalgono e si accavallano. “Vieni, togliamoci
da qui.”
///
“Parte del tuo
piano consiste nel farmi vagare per la città come un’anima in pena…”
“Esatto.”
“Devo piangere a
comando?”
“Se riesci. Seguo
il vecchio detto ‘ne ferisce più la lingua che la spada’. Pensa ai cinque
minuti più felici della tua vita e ricordati sempre che sono passati. Funziona
alla grande.”
“E’ facile. Il pugnetto di Hope stretto attorno
al mio dito.”
Raggelo e mi fermo
in piena Bourbon Street. Mi sento malissimo per lui. Klaus mi cerca con lo
sguardo quando si accorge dell’assenza. Poi si rende conto di essere in
prossimità del muro con le offerte alle vittime, fissa il quadretto con
l’angioletto e aggrotta la fronte.
“Sforzati di
mostrare un sentimento qualsiasi, alla gente piace la teatralità.”
Klaus annuisce,
guardandomi da capo a piedi. “Il pacchetto completo?”
Non so cosa intenda
per ‘pacchetto completo’ ma perché no, se funziona?
Annuisco, Klaus guarda di nuovo la parete e socchiude le palpebre. “Avrò
bisogno della tua collaborazione.”
Infilo le mani
nelle tasche posteriori degli shorts, rendendomi disponibile. Lui emette un
‘mah’. “Sei una stronza puttana senza cuore, Gilbert.”
L’offesa gratuita e
improvvisa mi irrigidisce, Klaus mi abbraccia ed io resto senza fiato. Non me
l’aspettavo e mentre una parte di me stringe i pugni che vorrebbe piazzargli
nei fianchi, il resto subisce un brusco cedimento. E’ bravo a recitare. Mi
arrendo alle costole incrinate e picchietto una mano sulla sua schiena. Noto
occhiate curiose dalla gente. Perché il dolore di un uomo attira maggiore
considerazione? Siamo sottovalutate, noi donne. “Ok, basta…
abbiamo raggiunto lo scopo.”
“Scopo… ?” rantola contro il mio orecchio.
Una scossa
tellurica mi agita dentro. Non stava fingendo?
Klaus mi lascia
bruscamente ed io mi accorgo che il suo dolore è vero, e che è la prima volta
che lo vedo piangere. “Pensavo…”
“… che stessi
fingendo?” borbotta passando la mano sotto gli occhi. “L’ho persa, Elena… ho perso la mia bambina…”
///
“La città mormora.”
Quell’idiota di
Tyler ha preso altro tempo. Comincio davvero a scocciarmi e il bastardo non
risponde al telefono quando lo chiamo, solo ai messaggi e solo dopo ore. “Che
cosa dicono?”
Elijah innaffia le
piante del giardino e ha spento il sistema di irrigazione. Sono passati due
giorni e Klaus non mi rivolge la parola da allora. L’ho fatto sentire una merda.
“Parlano delle
lacrime versate da mio fratello. Come ci sei riuscita?”
“Comportandomi da
vera stronza” rispondo a mezza bocca, seduta all’ombra della casa. “La gente
tiene in considerazione un padre distrutto.”
“E’ la prima volta
che riscuote simpatie.”
“Dobbiamo avere
tutta la città dalla nostra parte. Dovrà rifarlo, le lacrime sono opzionali” mormoro
concentrata sulla chat con Davina. Forse ho capito
dove è sparito Marcel. Sta cercando altre pietre.
Elijah chiude il
rubinetto e mi guarda. Sento la ramanzina nell’aria. “Elena non starai
esagerando?”
“Pretendendo che
Klaus mostri fuori come si sente dentro? Lo fa sempre e contro il parere di
tutti. Qual è il problema se piange pubblicamente la sua perdita?”
“Mio fratello non
piange in pubblico.”
“Proprio per questo
si accattiverà le simpatie altrui. E’ un personaggio duro travolto da una
tragedia. L’amore per la piccola l’ha riportato fra i comuni mortali. La gente dirà ‘è uno di noi, morte alla donna cattiva
che l’ha ferito’” concludo senza alzare gli occhi dal telefono. “Fidati, so
quel che faccio.”
“Stai
sottovalutando la sua capacità di resistenza. Ogni volta che nomini la bambina,
lo accoltelli alla schiena.”
“Ho frequentato
gente sgradevole per troppo tempo e questo è il bel risultato” soffio,
asciutta. A volte ho l’impressione di aver spento la mia umanità in un momento
di distrazione, poi incrocio lo sguardo depresso di Hayley
e mi sento male per lei. “Arriva qualcuno.”
Dal Land Rover scendono Jackson e i suoi amici. Li segue a
breve distanza la spider di Stefan. Passano tanto
tempo insieme, Caroline è sempre sorridente. O forse sono io che non vedo più
il mio sorriso da settimane. Vedo Hayley con la coda
dell’occhio fermarsi sotto il porticato ed esitare. Uno alla volta si
avvicinano alla donna lupo, lei si stringe nelle braccia e attende il responso
del popolo.
“I tuoi amici?” Jackson
viene verso di me con aria scontenta. “Si sono fermati a Las Vegas?”
“Se non la finisci
di pungolarmi, ti mordo.”
“Smetti di
infastidirla. Non mi sembra che tu e il tuo mini-branco vi state dando da fare
quanto noi.”
Noto che Caroline
ha i capelli bagnati. Dov’è andata a nuotare? Nel Mississippi?
“Abbiamo fatto quel
che abbiamo potuto, ma è stato come cercare un ago in un pagliaio” mi annuncia Stefan tirando fuori una borsa sportiva dal
portabagagli.
“Tanto più che le
pietre potrebbero essere in una cassaforte e non sul letto del fiume” conclude,
Caroline.
Cosa cosa? “Avete passato la giornata a fare immersione?”
Caroline sorride di
nuovo. “E’ stato divertente! Non hai idea delle schifezze che abbiamo visto e
delle cose che abbiamo trovato!”
“Ma come pensavate
di distinguere le pietre in mezzo alle altre?”
“Bagliori spettrali… frecce luminose…”
Mi sta prendendo per
il culo?
“Ce le siamo fatte
descrivere da Klaus!” esclama dandomi un colpetto. “Ha litigato con te,non con noi.”
“Non abbiamo
litigato. L’ho fatto piangere perché sono una puttana stronza e senza cuore” sibilo in direzione di Jackson. “Questo è gioco di squadra. Caroline si è
addirittura bagnata i capelli mentre
voi non riuscite a digerire il fatto di avere un boss potenziato e ve ne state
con le mani in mano!”
“L’acqua aveva un
odore davvero sgradevole. Vado a fare la doccia.”
“Sei splendida come
sempre, Care.”
La frase che
abbiamo convenuto di usare dopo una nottata in bianco o una sbornia
clamorosa. Lei mi strizza l’occhio e annusa disgustata un braccio. “Ehi… passi in camera mia, quando hai finito di sgridarlo?”
///
“Non sono pronta
alle grandi rivelazioni. Dimmi solo se tu e Stefan
state insieme.”
Caroline rimane
interdetta e posa la piastra che sta passando fra i capelli. “Non stiamo
insieme.”
“Vi siete baciati?”
“Elena, comprendo
il tuo stato d’animo ma maltrattare tutti non riporterà in vita Damon e Bonnie.”
“Non sto
maltrattando nessuno, a parte Jackson.”
Caroline mi fa
cenno di sedere sul letto gemello al suo. Era la stanza di Matt e Jeremy, un
mese fa, ora la divide con Stefan. Elijah si è
stupito che noi ragazze non dormissimo insieme, ma Caroline ha chiarito che
siamo compagne anche al college e che avevo bisogno di privacy. Ho pensato
malignamente che così avrebbe avuto Stefan a portata
di mano e me ne sono pentita un attimo dopo. La maniacalità di Care non la
auguro a nessuno.
“Sei ancora con
noi?”
Batto le palpebre,
non capisco dove… “non ho girato l’interruttore, se
hai paura di questo.”
“Hai azzannato Klaus
nel punto più debole.” Caroline arrotola un ciocca di capelli fra le dita e sorride.
“Penso che lui ti piaccia un po’.”
“Sbagli.” Il bacio
è stato un errore, come le fantasie che ci ho ricamato sopra. Non farei mai
questo a Damon…
“So come vanno
queste cose” sussurra. “Lui ti guarda con i suoi occhioni
azzurri e ti frega con l’accento inglese… lo so, ci
sono cascata.”
“Care, tu non cadi. Lui ti piaceva e alla fine te
lo sei preso…” come ti prenderai Stefan,
penso. “Ti stavo fornendo una scappatoia ad un possibile incidente di percorso…”
mi rimprovera, un po’ ironica.
“Un incidente è
quando cadi e ti sbucci un ginocchio. Non inciampi su un vampiro di un metro e
ottanta e la tua vagina scivola accidentalmente sopra di lui.”
“Detta così, è
orribile...”
“Concentriamoci
sulle cose davvero importanti, ora.”
Se noi teniamo
d’occhio Francesca, è molto probabile che anche lei ci abbia messo qualcuno
alle calcagna. Chiudo la valigia e infilo il beauty nella bisaccia colorata
posata sul letto. Davina è chiusa nello studio di
Klaus e sta cercando di localizzare le pietre, studiando una possibile
soluzione sul grimorio di Esther. Elijah ha
accompagnato Hayley al nuovo rifugio segreto del
branco. Sembra che i superstiti abbiamo accettato la condizione della loro
‘regina’. Immagino che Tyler si sia fermato davvero a Las Vegas, visto
l’insopportabile ritardo!
“L’ospite è come il
pesce, dopo tre giorni puzza. Abbiamo fatto la nostra parte e mostrato
cordoglio agli amici affranti dal dolore.”
Stefan chiude l’anta
dell’armadio dopo averci sbirciato dentro. “Ci stanno spiando?”
“E’ probabile, per
quello dobbiamo lavorare a distanza.” Trascino il trolley fuori dalla porta e
loro mi seguono. “Ora riporto la macchina all’autonoleggio e tutti mi vedranno
salire sul treno. A metà del percorso scenderò per prendere una boccata d’aria
e perderò la coincidenza. Una persona mi riporterà qui. Non qui qui, qui in
città. Vi ho prenotato una stanza in un albergo dall’altra parte del fiume. E’
territorio neutrale. Il resto ve lo mando via mail.”
Caroline trattiene
il respiro e anche Stefan sembra un po’ perplesso. “Elly non puoi decidere tutto senza ascoltare il nostro
parere!”
Mi fermo a metà
della scalinata e la guardo da sotto il cappellino militare. “Sto ascoltando.”
Caroline si blocca,
come sempre quando esplode a quel modo. Davina
annuncia il suo ingresso con un mugolio scontroso. “Ho fatto il possibile ma
non riesco a localizzare le pietre.”
“Non importa,
faremo in un altro modo” mormoro spostando lo sguardo da lei al vampiro apparso
alle sue spalle. Klaus mi lancia un mazzo di chiavi. Le chiavi
dell’appartamento di Rebekah. “Dimentichi una cosa.”
Il pacchetto di chewingum. Non sono alla fragola ma le faremo andare bene.
“E’ troppo semplice
per funzionare.”
“Proprio per questo
funzionerà” mormoro ficcando un quadratino alla menta in bocca. Gli strizzo
l’occhio e guardo i miei amici. “Ci vediamo fra qualche giorno.”
///
Sto schiumando al
sole quando sento il rombo della motocicletta. Sospiro, alzandomi dalla macchia
di ombra scarsa che mezzogiorno ha ridotto ulteriormente. “Sei in ritardo.”
“Sono puntuale,
vedi? Il mio orologio dice che sono puntuale.”
Enzo mi mostra il
polso nudo e sorride come un farabutto sotto il casco. La stupidità mette le
ali ai piedi di un uomo, quando c’è da ricevere qualcosa in cambio. E’ bastato
scrivergli “mi sento tanto sola senza
Damon. Ti va di fare sesso?” per farlo precipitare qui. E’ crudele, pazzo e
sacrificabile, è stato rinchiuso per 50 anni e ha voglia di divertirsi…
che si diverta a New Orleans circondato da musica, alcool e belle donne. Lui è la soluzione alla
domanda ‘come arriviamo a Francesca passando inosservati’… e poi mi deve la
vita di Damon.
“Per tua
informazione, non ho creduto ad una virgola del messaggio” mi avverte mentre
prendo posto dietro di lui.
“Perché sei venuto,
allora?”
“Non sono mai stato
a New Orleans” risponde, facendo rumore col motore. “Aggrappati, chiappette belle.”
Rebekah’s
“A–ah… sì, posso farlo…”
E non chiede niente
in cambio?
“Il ragazzo me ne
doveva una, non odiarmi.”
Conosco la storia,
non posso replicare agli errori madornali di Damon. “Altre domande?”
“Ah, sì… Perché lo facciamo?”
“Per vendicare un
torto fatto ad un’innocente” mormoro, accentuando la drammaticità. “Klaus ha
perso la bambina a poche ore dalla nascita.”
I lineamenti di
Enzo si appiattiscono di colpo. “Da dove vengo io, i bambini non si toccano.
Che cazzo sta succedendo in questa città?”
“Aiutaci e sarai
ricompensato. Klaus può darti tutto ciò che vuoi.”
“Tzè, una morte rapida se va di lusso. Conosco la
reputazione della bestia… ti confondi con i
mascalzoni, stellina?”
Enzo sorride ed io
mi odio per averlo coinvolto. “Ad andare con lo zoppo…”
“Per il tuo amico
lo faccio gratis, la ricompensa la voglio da te.”
Mi assale una
sensazione di disagio che tento di mascherare con scarsi risultati. “Scordatelo.”
“Perché voi donne
pensate sempre a quella cosa? Cristo santo…” soffia aggirandosi nell’appartamento di Rebekah con curiosità. “La tua amica è ancora arrabbiata?”
Caroline? “Vuoi che
ti combini un appuntamento con Caroline?”
“No, l’appuntamento
lo combino da me. Sono italiano, cocca… e quelle che
diavolo sono?” Enzo solleva i bracciali di cuoio che occhieggiano dietro la
spalliera del letto e mi guarda, basito. “Piccola, sei una vera tigre!”
///
“Niente da fare,
non hanno altre stanze.”
Elena la stava
mettendo alla prova: una cosa era dormire nella stessa stanza con Stefan… lo stesso letto era fuori discussione!
“Nel suo messaggio
ci chiede di cercare un certo Marcel…” Stefan si sedette ai piedi del letto e accavallò una gamba
mentre Caroline apriva la valigia. “Non so cosa pretenda da noi! Dove lo
peschiamo, quel figo di colore se neppure la sua
amichetta strega sa dove si nasconde?”
“Qualcosa ci
inventeremo” mormorò mettendo via il cellulare. “Perché sei così arrabbiata?”
“Per questo!” esclamò indicando la stanza. “In
tutta New Orleans non ci sono più camere disponibili?”
“Immaginare di
stare in campeggio.”
“Buona idea. Io
dormirò per terra.”
Caroline prese
sovraccoperta e cuscino e preparò il giaciglio dall’altro lato della stanza. Stefan la guardò di sottecchi. Era a meno di un metro e
mezzo, diosanto. “Una fortezza inespugnabile...”
“E’ una sistemazione
scomoda&arrangiata con un messaggio forte&chiaro, casomai Elena si presentasse
all’improvviso” insistette finendo di stropicciare il cuscino.
“Sono pazza ed ho urgente bisogno di cure mediche?”
“Sono un’amica onesta&leale
e non mi porto a letto il tuo ex ragazzo.” Caroline si alzò dal pavimento e
spolverò le ginocchia. “Ora andiamo a cercare questo Marcel.”
“Klaus dice di
battere la parte dei docks.”
“State chattando?
Dammi qua.”
Caroline gli tolse
il telefono di mano, digitando a tutta velocità un messaggio. “Sono un’amica
onesta e leale e tengo alla sua salute psicofisica” annunciò spiegando una
maglietta. “Ha bisogno di rilassarsi.”
///
No, in quel dispettuccio fra ragazze non vuole entrarci.
Klaus posa il
cellulare sul tavolo dello studio, nascondendo lo schermo. Era stato un bacio da
conforto, non centravano l’amore o la vaga attrazione sessuale che si era esaurita
il giorno dopo la festa. Non erano niente l’uno per l’altro. Solo un uomo e una
donna che si incontravano dopo lungo tempo. Troppo concentrato a lottare con la
persistente sensazione di morte che lo attanagliava, non si era accorto subito
del sorriso svanito e dello sguardo opaco di Elena Gilbert. Lo trattava con
aria di superiorità, dispensava rispostacce e tutto quello che le attraversava
la mente, lo lasciava uscire senza applicare alcuna censura. Persino Elijah era
stato lisciato dal brutale sarcasmo della ragazza. Elena aveva pietà solo per Hayley. Le parlava dolcemente, anche se la metà del tempo
non era presente a se stessa.
Ora Hayley è in giardino, vicino alla staccionata. La raggiunge
con un balzo silenzioso. Ha scoperto una colonia di gattini nel punto più
distante della casa. I suoi occhi brillano in modo innaturale nella luce
morente del giorno. “Loro da dove vengono?”
“Sono abusivi.”
C’è una ciotola in
terra, Hayley sta distraendo il gattino più grande
mentre gli altri lappano il latte. E’ un vero prepotente ed impedisce ai
piccolini di mangiare.
“A Hope sarebbero piaciuti…”
“Un po’ piccola per
giocarci…”
Hayley annuisce mentre il
più piccolo le rimane appeso alla maglia traforata con un’unghietta. Lo
districa e lo lascia zampettare via. “Mi manca, Klaus…”
Manca anche a lui,
ma non se l’è portata dentro per nove mesi, quell’esserino
tutto occhi e sorrisi assonnati che si aggrappava con forza al suo dito. “Te
l’ho promesso” mormora sfiorandole la schiena. Hayley
ispira e salta via, afferrando la ciotola vuota. Klaus chiude il pugno e lo
batte piano sul ginocchio. Non da modo a nessuno di avvicinarsi e per lui prova
un vero e proprio ribrezzo. Cosa direbbe la sua psicologa di quel
comportamento?
///
Ho convinto Rick a
prendere parte alla spedizione punitiva, ma la domanda che ha posto è giusta:
dove lo prendiamo tanto tritolo? Di certo non su Ebay.
Allaccio e slaccio un bracciale provando la lunghezza della catena. Non ho
nient’altro da fare e aspettare è sempre la parte più dura. Non riesco a
dormire ma non posso andarmene in giro per la città. Rebekah
aveva ragione, non c’è proprio nulla nel quartiere. La musica si sente solo
quando è trasportata dal vento e questa sera fa calma piatta. Enzo è andato a ‘fare
danni alla vecchia maniera’ nei locali più ‘in’ della città, certo di trovarci
Francesca.
Una pupa d’alto bordo non si confonde con i turisti e
poveracci, ha
detto.Per me può fare quello che
vuole, l’importante è che porti a termine la parte del suo piano. Stefan mi ha inviato l’orribile messaggio che Caroline ha
spedito a Klaus, indispettita dal mio ‘scherzo’. Mi ha accapponato la pelle, ma
Klaus è troppo preso dai suoi problemi per…
Click
… prenderlo sul
serio. È entrato qualcuno. La catena del bracciale tentenna quando lo lascio
penzolare e mi accorgo di essere seminuda. Seminuda per la visita improvvisa di
un ladro nel cuore della notte, non per dormire…
“Ehi!”
“Hayley mi odia.”
Mi scosto da un
lato mentre Klaus crolla a faccia avanti sul letto. E’ venuto fin qui per dirmi
questo? Dovrebbe essere abituato. “Mi hai fatto prendere un accidenti, pensavo
fosse un ladro e credevo di avere l’unica copia delle chiavi” sussurro
afferrando un lato del lenzuolo e coprendomi dal seno in giù. E’ una mossa
stupida che rivela nervosismo e fa arrapare ancora di più un uomo, secondo
Damon. Beh, io non riesco a fare diversamente. Deve essere un gesto naturale,
in noi donne.
“Non ti lascio
l’ultima copia… tendi a perdere oggetti nel
Mississippi, signorina...”
Ha ragione.
“Ti ho portato la
cena.”
Cinese, italiano?
Una porzione di gombo? “Grazie.”
“Il tuo amico?”
“Non è mio amico,
lo detesto. Ogni due parole c’è un doppio senso atroce.”
“Non ti rilassa?”
scherza.
“Ho passato a
Caroline la mia prenotazione e non avevo idea che fosse una stanza doppia! Mi
ci sono volute due settimane per trovare un albergo libero!”
“E’ un’ingrata”
mormora e si gira sulla schiena. “Starà dormendo sul pavimento per dimostrare
la sua lealtà.”
“Mi fido di
Caroline e Stefan è una persona stupenda” ribatto.
“Ti da fastidio,
eh?”
“Assolutamente no”
mento.
Klaus allunga una
mano e tira via il fermacapelli. “Bugiarda.”
L’acconciatura
crolla miseramente e una cappa di calore si allarga sul collo e la spalla. E’
venuto per irritarmi ed infastidirmi? “Farai saltare il mio piano, seguendo la
tua testaccia. Non dovresti essere qui, ma a casa a piangere la perdita o in un
locale ad ubriacarti.”
“Fa caldo qui” borbotta
rialzandosi sui gomiti.
Non mi ha ascoltato
o mi ha volutamente ignorato. “L’aria condizionata non funziona, le batterie
del telecomando sono scariche.”
“Lo so.” Klaus si
fruga in tasca e mi mostra due pile. “Rilassati.”
“Ero rilassata
prima delle tue insinuazioni” mormoro mentre l’aria fresca comincia a soffiare
nella stanza. “Sei la persona meno adatta per parlare di loro.” Non ho
un’amnesia sui motivi che hanno portato alla prima rottura con Stefan.
“La tua amica è
acqua passata e con Stefan avevo un conto in sospeso”
soffia alzandomi il mento. “Ti ho salvato da una nottata soffocante, merito
almeno un grazie.”
Gli stringo il
polso e lo allontano da me. Sento le articolazioni muoversi, il battito della
vena sotto le dita. Lui gira la mano, mi afferra e torce il braccio dietro la
schiena. “Non metterti a litigare con me... perderesti e non ti piacerebbe.”
“Non mi fai paura.”
“Non ricordi com’è
avere paura di me” sussurra e indurisce il bicipite. Trattengo il respiro, ma
non per la sorpresa o per timore. E’ la sensazione della pelle che si tocca, il
formicolio al seno nudo sotto la maglietta. Il cellulare in carica ronza e
brilla, facendoci voltare entrambi. Klaus non mi stringe più ma mi tiene
bloccata in quella posizione. “Ignorala.”
“Non posso
ignorarla” dico mentre penso ‘non riesco ad ignorarti.’ “Forse ha trovato
Marcel.”
“Ne dubito.”
“Quale altro motivo
avrebbe per chiamarmi alle due di notte?” Mi sto abituando alla posizione e il
mio corpo pesa contro il suo. Mi sta accarezzando il braccio.
“Sgravarsi la
coscienza” risponde e mi lascia andare solo quando il telefono smette di
ballare. Si mette a sedere mentre stacco il telefono dal caricabatterie. Mi
avvicino alla finestra e guardo di sotto. Caroline risponde subito. Se sta per
confessare un gran segreto, voglio avere i testimoni. Inserisco il vivavoce.
>C’è una cosa
che non ti ho detto riguardo Damon…<
Raggelo e Klaus mi
guarda con la solita aria da saputello.
>Quando avete
sfondato la vetrata del Grill con la macchina, Markos
stava trattenendo mia madre contro la sua volontà. Damon l’ha trovata bloccata
sotto una trave caduta e ha tardato per aiutarla…<
Klaus non sa nulla
di quella storia e mi guarda, interrogativo.
“E’ stata colpa di
Luke, tu non centri” mormoro, atona. “Bonnie troverà
il modo di tornare… torneranno insieme, ne abbiamo
già parlato.” Non è colpa di Enzo se Damon è morto, non è colpa di Liz, non è colpa di Bonnie. Se
avesse messo la cintura di sicurezza, non sarebbe stato scagliato via e il suo
spirito non avrebbe perso tempo a cercare il corpo…
>Elly, ci sei? Elly?<
“Sì” mormoro
toccando la fronte, appesantita dalla nuova rivelazione. “Scusa per la camera, non
sapevo che fosse una doppia.” Non aspetto la sua risposta, attacco e spengo il
cellulare. Cado a sedere sul letto e Klaus mi guarda, immobile. “Scusarti è
stato un tocco di classe, ora si sentirà molto più in colpa di prima.”
“Non poteva
aspettare domattina?” sbuffo.
”Il messaggio è: non
sto facendo sesso col tuo ex.”
Che mal di testa! “Apriamo
quel sacchetto e ci spariamo una televendita notturna?”
///
L’appartamento di Rebekah ha le imposte e non mi ero resa conto di quanto
schermassero la luce. Non un rumore, il frescolino
piacevole dell’aria condizionata e il letto tutto per me. Mi stiracchio un po’
e giro sul fianco, toccando qualcosa con la mano. Serpeggio un avvallamento,
poi una peluria morbida, ombelico e addominali. Mi piace l’odore che fa, mi
avvicino con tutto il corpo e risalgo il torace. Il mio braccio ha trovato la
comodità che cercava e si ferma. Il silenzio si protrae per un tempo
indefinibile, poi la luce cresce con l’avanzare del giorno e il sonno si
esaurisce pian piano. Mi stiro come una gatta, scalcio le lenzuola e sbadiglio.
“Mmmmh! Sexy!”
Ma non aveva promesso
di sbaraccare appena mi fossi addormentata?! Mi sento afferrare per le caviglie
e tirare con forza. Lancio un urletto e apro gli
occhi, mezza seppellita sotto il corpo di Enzo. “Ma che cavolo fai?!”
“Ne approfitto.”
Resto immobile per
un lungo secondo, poi sposto il ginocchio contro il suo stomaco. E’ pressoché
inutile e mi sto spaventando.
“Ho passato la
notte a cercare di arrivare a quella Francesca ma i suoi scagnozzi sono ovunque
e si fidano poco di un connazionale.”
“Non è italiana, è messicana…”
“Ora si spiega”
mormora con una smorfia. “Avrò bisogno di un bel vestito, tesoro. Non mi
lasciano passare senza cravatta.”
“Rubane uno” mormoro
cercando di apparire calma e quasi annoiata. Enzo mi accarezza l’interno della
coscia e spinge il ginocchio lateralmente. Mi arriva il cuore in gola quando me
lo ritrovo addosso.
“Quei gingilli sono
ancora appesi lì dove li ho visti?”
“Ehm… sì.”
“Mhh…”
Vorrei replicare
che l’appartamento non è mio ma di Rebekah e che il
diritto di avere giocattoli sessuali in casa, non è un invito a comportarsi da
stupratore, ma non dico niente perché Enzo mi viene strappato di dosso e
sbattuto con violenza contro lo stipite della porta. Vedo un pezzo di intonaco
cadere e sento un odore buono di dolci. Seguo concitata la dimostrazione di
virilità di Klaus e penso che gli uomini sono proprio stupidi.
“Ti squarto se
provi a toccarla di nuovo, stronzo!”
“Nonono! Ci serve!” esclamo cercando di fermarlo. “Lascialo,
stava solo scherzando!”
Enzo ridacchia. “Proprio…”
Salto indietro
quando Klaus gli gira il collo con un gesto secco. Beh, meglio così che fatto a
pezzi. “Ma che ti è preso? E’ un’idiota patentato e mi sta tampinando perché
metta una buona parola con Caroline!”
“La prossima volta
lascerò che ti stupri” soffia, sarcastico. “La colazione è in cucina.”
Ci risiamo. Ha
fatto la stessa cosa quando c’era Nadia. Non riusciva a prendersi cura di lei e
riversava le attenzioni su di me. Hayley lo tiene a
distanza e la cosa lo sta facendo impazzire. “Ma non hai capito che non voglio
nulla da te?” Sono arrabbiata, tutto d’un colpo. “Non sono il tappabuchi
sentimentale quando le cose vanno male, non puoi baciarmi o toccarmi quando ti
pare! Questo comportamento mi offende profondamente, devi scegliere un binario
e rispettarlo!”
Klaus mi guarda
senza mutare espressione.
“L’hai fatto quando
c’era Nadia ed ora lo stai facendo con Hayley”
insisto, lanciata. “Cerchi in me quello che non riesci ad avere da loro ed è
tutto reso più complicato dal fatto che non so cosa accidenti vuoi! Una connessione
sentimentale? Sesso? Qualcuno che ti prepari la colazione la mattina?!”
Klaus fa un passo
laterale, quasi inciampa nel corpo esanime di Enzo. Sembra voglia dire qualcosa
ma lo tiene per se e quando se ne va, resta solo l’odore buono dei dolci nell’aria.
Caroline ha ragione… sto diventando una vera arpia.
Le erbacce
infestanti non lo preoccupavano, era stata l’assurda reazione di Elena Gilbert
a disturbarlo.
La prima notte si
era svegliato con la testa a pochi centimetri dalla sua e il braccio attorno al
seno della ragazza. Non si era chiesto come e quando fosse successo, l’aveva
sollevato e basta. Si era riaddormentato svegliandosi ‘guarito’, affamato e con
una donna del letto. Aveva impiegato tre lunghi secondi a riconoscere la testa
piena di capelli sparsi sul cuscino. Elena dormiva sopra le coperte, vestita e
sognava arcobaleni dorati o più probabilmente Damon Salvatore. Sembrava quieta
ma il suo cuore batteva come una grancassa. Klaus era stato un po’ ad
osservarla, senza fare nulla. Quando aveva udito il segnale di un messaggio in
arrivo del cellulare ed Elena si era mossa, era svanito nel bagno per evitarle
un risveglio burrascoso. Si era detto, senza alcuna prova a convalidare
l’ipotesi, che il vampiro era morto all’oscuro dell’evento di Royal Street.
“Li ho scoperti
stamattina.”
La colonia dei
gattini era stata sterminata con ferocia. I due vampiri si guardarono l’un
altro, poi Elijah consegnò la pala al fratello.
“Perché tocca a
me?”
“Perché Hayley ti permette a malapena di respirarle accanto ed
immagino che abbia bisogno di parlare con qualcuno. Penso sia stata lei a fare
questo scempio.”
Klaus guardò i
corpicini straziati dei micetti e di seguito il
fratello. “Miagolavano troppo forte?”
“Sottovaluti il
problema.”
“Neppure per sogno”
rispose appoggiando un piede sulla pala. “E’ una richiesta di aiuto a cui solo
tu puoi rispondere. I miei interventi sono inutili e mal tollerati. ”
C’era una nota
malinconica nella sua voce. Elijah lo guardò, attento. “Dov’eri, stanotte?”
“A tenere d’occhio
una certa persona.”
Francesca?, si
domandò guardando le finestre aperte della camera di Hayley.
“Hai scoperto qualcosa?”
“Che a far del bene
ci si rimette sempre” soffiò dando il primo colpo nel terreno. L’erba cedette
subito, Klaus la scaricò da un lato. Era colpevole di aver infranto la promessa
di abbandonarla appena il sonno l’avesse abbracciata, ma l’alba era arrivata in
fretta e quando aveva aperto gli occhi, era ormai giorno pieno. E di nuovo,
Elena Gilbert lo abbracciava.
“Elena mi ha appena
chiamato.”
Klaus sollevò un
corpicino e lo adagiò nella buca. “Mh.”
“Sta risalendo il
fiume col battello.”
Il vampiro continuò
il lavoro in silenzio e quando riprese la pala per coprire la piccola fossa,
Elijah lo fermò. “Ho fatto finta di non vedere per non tediarti, ma ora che la
situazione è cambiata devo chiederlo.”
Quale situazione?,
si chiese spalando una manciata di terreno col piede.
“Provi dei
sentimenti per Elena?”
Klaus aprì bocca e
la richiuse. Applicò un po’ di forza per costringere il vampiro a lasciare la
presa sul badile e concluse in silenzio il lavoro. “Non ha nulla da temere da
me.”
“La domanda era
un’altra.”
“Non ho voglia di
parlare di sciocchezze. Prima che mi disturbassi, stavo compiendo una ricerca
molto importante” borbottò entrando in casa. “Non ho intenzione di affidarmi al
branco di Tyler, non mi fido di lui… è così stupido
da cercare di fottermi nel bel mezzo di una guerra e non ho voglia di far piangere
Caroline.”
Klaus sedette alla
scrivania, mostrando una cartina di Google
Maps. “Dovrai prenderti cura di Hayley mentre cerco il mio branco.”
“Buona idea, fratellone. Ti servirà tutto l’aiuto
possibile per salvarti il culo, stavolta.”
Klaus ghiacciò e i
suoi occhi si staccarono con paura dal monitor. Sembrava la voce…
“Kol?!”
///
“Certo che ho
scoperto il suo punto debole. Le persone molto insicure sono le più
appariscenti.”
La saggezza gli
proviene da 50 anni di prigione forzata?
Il Mississippi Queen risale allegro il
fiume. Enzo si sta lamentando da quando ci siamo imbarcati, lo annoia la folla
– ma non smette di osservare con la coda dell’occhio le turiste poco vestite di
nazionalità danese – lo imbarazza la scarsa velocità del battello – Un giro in moto è quello che ti ci vuole,
cocca! – ma non ha fatto parola della scenetta patetica di stamattina. Rick
ci raggiungerà a Natchez, sta visitando il campo di
battaglia ad Vicksburg che – a suo dire – dovrei
ricordare perché era programma di studi. Ho risposto con un falsissimo ‘ricordo
tutto’ e cercato specifiche su Wikipedia. A questa
velocità, ci vorranno due giorni per arrivare. Quando ha letto il programma che
gli ho sbattuto sotto il naso, Enzo ha mimato l’atto di gettarsi nel
Mississippi.
“Molliamo questi
scemi, rubiamo una motocicletta e intercettiamo il tuo amichetto.”
Sarebbe una buona
idea, ma non mi fido di lui e gli rivolgo la parola il meno possibile. Lo
scherzo non mi è piaciuto e mi maledico per averlo coinvolto. Enzo mi si
accosta con una spallata. “Ehi, bimba. Io scherzavo davvero.”
Eh sì, è sembrato
uno scherzo anche a Klaus. Era proprio arrabbiato. “Ti daranno l’Oscar alla
recitazione insieme ad un collare ortopedico!”
“Che storia c’è fra
te e il biondino?”
“Nessuna” rispondo
con un groppo in gola. Relazione? Io sto con Damon! “Siamo compari di
sventura.”
“A-ah. Un modo per
dire che scopate per consolarvi delle rispettive perdite?”
Ora lo getto nel
fiume! “No, non scopiamo!” soffio abbassando la voce per la quantità di gente
che ci circonda. “Se non avessi preso le tue difese, a quest’ora saresti carne
a macello!”
“E si incazza a
quel modo se ti trova con un altro?” Enzo fa una smorfia e si scosta verso il
lato libero. “Gli tira per te, secca.”
“Comportati bene con lei o ti mando a giocare con gli
alligatori, moretto!”
Elena smise di
respirare. Sembrava la voce…sembrava…
“Jenna?!”
///
A differenza di
Elena, Caroline non adorava i viaggi in macchina. Lei era per l’arrivo, il
mezzo e il tempo non erano importanti. Su quel rettilineo però, stava
rivalutando la spider di Stefan. La velocità e il
vento le mettevano una tale eccitazione addosso che avrebbe voluto sporgersi e
urlare. Lo fece veramente quando il ragazzo si fermò sul ciglio della strada e
scappottò, raccomandandole di legare i capelli. Caroline aveva obbedito in
fretta, terrorizzata dall’idea di perdere la sua costruita perfezione, ma
quando la macchina aveva ripreso a muoversi, era saltata in piedi, tirando
indietro la testa. Il foulard alla
Grace era volato via, Stefan le aveva urlato una
domanda circa il volerlo riprendere o meno ma Caroline aveva risposto di andare
avanti, sempre avanti, fino al termine della strada, della giornata, del mondo.
Poi, chissà come, si era ritrovata addosso a Stefan,
sulle labbra di Stefan e infine in un’area di sosta,
scomodamente a cavalcioni su di lui. Caroline faceva quelle cose e poi se ne
pentiva. Più o meno. Il clic che era
scattato durante il bacio non poteva ignorarlo, ne nasconderlo ad Elena. Tanto
valeva chiamarla e confessare a capo chino. Il cellulare ronzò nella borsetta
abbandonata sotto il sedile del passeggero, Caroline gelò. “Oh cacchio! E’ lei!
L’ha saputo? Come l’ha saputo?!”
Stefan si guardò attorno:
erano in piena campagna. “Non isterizzare” mormorò
spostando le mani dai suoi fianchi. “Non dirglielo per telefono.”
“Morirò seppellita
da un senso di colpa… cara!” esclamò e Stefan scosse la testa, dandole una schicchera sulla
fronte.
Cara? Elena alzò
gli occhi al cielo: si erano baciati. “Care…”
Perchè quella voce tesa? Klaus
aveva fatto lo stronzo? Caroline inserì il vivavoce. “Stai bene? Dove sei? Chi
c’è con te?”
“No… sul Mississippi Queen… con
Jenna...”
///
Hayley aveva mentito a
Klaus e si era accordata con Rebekah per ricevere
news sulla bambina. Ogni messaggio che allegava una foto, era preceduto da uno
vuoto. Hayley le scaricava tutte in una cartella non
identificata, in un hard disk esterno che teneva nascosto in camera. La pappa
schizzata sul bavaglino, il primo bagnetto… era una
crudeltà tenerle nascoste al vampiro ed ogni volta che si avvicinava, pieno di
buon intenzioni, il senso di colpa la devastava ed era costretta ad inscenare
una parte che era sempre più difficile sostenere. Non era giusto e non avrebbe
continuato. Hayley ripescò l’hard disk dal cassetto e
scese lentamente le scale. Quando scorse il ragazzo si fermò e nascose il
dispositivo dietro la schiena. “Scusate, non sapevo aveste ospiti.”
“Ciao, mammina!”
L’appellativo la
fece fremere. Hayley mantenne la calma ma non accennò
un passo. “Non mi fai ridere, stronzetto.”
“Hayley, ti presento nostro fratello Kol.”
Klaus venne verso di lei e si appoggiò alla scalinata, scosso dalla novità ma
ancora padrone di se stesso. “L’ultima volta che l’ho visto, era morto
carbonizzato nel salotto di Elena Gilbert.”
Hayley lo guardò,
pensando ad uno scherzo. “Molto divertente, Nik… ora
devo parlare con te è urgente.”
Odorava di sangue.
Ce n’era un po’ coagulato sotto le unghie. Hayley
seguì la direzione del suo sguardo. “Non sono riuscita a frenarmi” sussurrò,
colpevole.
“Può capitare.”
“La difesa dell’assassino!”
Se non ci avesse
pensato Jeremy Gilbert ad infliggergli una morte dolorosa, avrebbe provveduto
lui stesso. Elena aveva detto che ‘c’era
stato un incidente con l’altro lato’ e Klaus ci aveva creduto. Era normale che i fantasmi tornassero a
tormentarlo e che sua madre e suo padre tentassero di rimediare al ‘danno’ che
avevano provocato… ma lui non aveva alcuna intenzione
di soccombere ai due ‘vecchiacci’. “Di cosa volevi parlarmi, cara?”
Hayley gettò un altro
sguardo al ragazzino che sorrideva – era così somigliante ai due fratelli! – e
prese la mano di Klaus. Una fiammata di calore gli attraversò le gambe e scaldò
lo stomaco. La seguì senza dire una parola e quando fu di fronte al pc portatile della donna lupo, Hayley
si scusò a bassa voce e aprì la cartella. Klaus inspirò dopo mezzo secondo di
apnea e si aggrappò al bordo della scrivania. Erano tante, tutte bellissime e
in quasi tutte sorrideva.
“Imbronciata è
identica a te” sussurrò la ragazza indicando uno scatto un po’ mosso. Era evidente
che Rebekah stesse tentando di fare due cose insieme
e le venissero entrambe male. Mai come in quel momento provò un affetto
maggiore per la sorella. “E’ splendida e ti somiglia.”
Hayley non rispose, persa
nel mare di fotografie. “Ce la riprenderemo… a costo
di bruciare la città e tutti i suoi abitanti… uno per
uno…”
Avrebbe cominciato
dalla streghetta, pensò perdendo il sorriso. A
sentire Kol, teneva sotto controllo Mikeal da giorni. Aveva dimenticato di dirglielo?
///
Perché la ragazzina
viveva ancora in una soffitta? “Davina?!”
“Un attimo!”
Klaus sbuffò,
irritato dall’attesa. Voleva averla di fronte, non sbraitare risentimento
attraverso una porta chiusa. “L’attimo è passato!”
Davina si guardò allo
specchio. Aveva un appuntamento con un amico carino ed etero di Josh e tutti i suoi vestiti erano improponibili. Sbuffò e
spalancò la porta, arrestandosi di fronte al vampiro. Aveva tre paia di scarpe
in mano, due vestiti piegati sul braccio e una quantità indefinita di collane
appese al collo. Era molto più scontenta del solito.
“Sembra che abbia
tredici anni!” frignò.
“Riporti indietro
mio padre dal mondo dei morti ed io sono l’ultimo a saperlo?!”
“Quello era prima
che ti comportassi decentemente con me. Tranquillo, è in un cerchio magico da
cui non potrà mai uscire” borbottò alzando i capelli e girando in tutte le
posizioni. “Sono orribile!”
“Elena Gilbert ha
parlato di un incidente con l’Altro Lato. Mio fratello morto carbonizzato è
appena apparso nel salotto. La madre che mi detesta ha trovato il modo di
reincarnarsi. Che cosa pensate di fare, tu e le altre streghe, per queste fughe
improvvise?”
“Un bel nulla, non
dipende da noi. L’Ancora è scomparsa e molti hanno trovato il modo di tornare.”
“In maniera
permanente?”
“Uccidilo e
scomparirà nel nulla. Il nullanulla, non il Purgatorio. Può andare?”
Un vestito era più
importante di una coppia di genitori rancorosi che tentavano di sopprimerli? “Per
il tè delle cinque con le bambine dell’asilo è perfetto. Ricordami la tua età.”
“Diciassette a
breve.”
Sedici, tradusse
osservando le collane che aveva gettato sul letto. “C’è possibilità che
l’Ancora riprenda a ‘vivere’?”
“Non è una persona,
è un’entità” sussurrò osservando i tacchetti delle scarpe.
BonnieBennet non era un’identità ma una ragazza di venti anni.
“Potete ricrearla?”
“Klaus, sono brava
ma non so fare tutto!”
“Questo è meglio se
non glielo dici al ragazzo, stasera.”
Davina impiegò parecchio
a tradurre il doppio senso. Arrossì e lasciò spiovere i capelli sul viso.
“Tuo padre è un
vero stronzo, ora capisco perché sei così!”
“Così come?”
“Grrrr! Mangerò il tuo cervello,
stupido essere sottosviluppato!” esclamò arrochendo la voce. “Non so come
hai fatto a sopravvivere…”
“Diventando così
come sono” rispose e Davina lo guardò con i suoi
grandi occhioni blu. Sollevò due vestiti e le
sopracciglia. Voleva un parere estetico? “Puoi rintracciare una persona che
potrebbe essere fuggita dall’Altro Lato?”
“Ci provo. Chi è?”
“Damon Salvatore,
il fidanzato di Elena” mormorò lanciandole due mucchietti colorati che aveva
scartato a priori. Era così semplici e privi di fronzoli che la streghetta aveva pensato ad un cattivo acquisto. “Questi?!”
“Hai bisogno di
oggetti particolari per fare l’incantesimo?”
“No, mi basta
un’immagine mentale. Dì ad Elena di venire al laboratorio” mormorò infilandosi
nel bagno per cambiare i vestiti.
“L’immagine mentale
te la fornisco io.”
Davina uscì con addosso
l’abito, ancora insoddisfatta. “Ma non avevano rotto?”
Klaus lanciò uno sguardo
veloce alla mise e scosse la testa. “Non
conosco i dettagli. Immagino siano tornati insieme prima della disgrazia.”
“Non vi capisco,
voi adulti” continuò piegando il secondo vestito sul braccio. “E’ tutto uno zip zap quando
siete vicini. Perché non state insieme?”
Zip zap? “E’ complicato,
tesoro.”
“Non è complicato.
Siete voi che lo rendete complicato. Voltati, sono stanca di fare avanti e
indietro.”
La voce
dell’innocenza era sempre la più saggia.
“Mh… un po’ meglio…” mormorò di
fronte allo specchio. “Che ne dici?”
Meglio. “Vuoi
essere carina o uno schianto?”
“Schianto” sorrise.
“Indossa quelle
scarpe.”
“Non so camminare
sui tacchi.”
“Fai pratica o fa
un incantesimo e svolazza a mezz’aria” la canzonò.
Era un’idea, pensò
con una smorfietta. “Vuoi davvero che le trovi il
fidanzato?”
“La tirerebbe su di
morale.”
“E se non lo
trovo?”
Quello sarebbe
stato un problema suo. “Dove hai rinchiuso il mostro?”
“Perché vuoi
incontrarlo? Non hai abbastanza problemi in questo momento?”
Quella ragazzina
aveva la vista lunga. L’aveva messo a tacere e non se n’era neppure accorta. Il
cellulare trillò piano nella tasca, Klaus lesse il nome sul display e lasciò
partire la segreteria. Davina spostò la chioma su una
spalla e la lisciò con le mani. “E’ Elena? Perché non le rispondi?”
“Non voglio altri
problemi.”
“Cami ha ragione, la tua testa funziona in modo strano”
sentenziò salendo sui tacchetti. Lisciò il vestito e lo guardò. “Tu ci
usciresti con me?”
“Fra dieci anni.”
“Era un modo di
dire!” soffiò, imbarazzata. “Forza, togliamoci il pensiero del fidanzato morto.
Siediti lì.”
Klaus si accomodò
ai piedi del letto. Ma le piaceva davvero vivere in un luogo così spartano? Marcel
poteva essere più generoso… “beh?”
Davina ritirò le mani che
gli avevano appena sfiorato la fronte. “Come pensi che mi connetta con te se
non ti tocco? Col wifi?”
Gli avrebbe fritto
il cervello.
“Pensa alla sua faccia
e rilassati. Chiudi gli occhi, non opporre resistenza e lasciami entrare.”
“Se a fine serata
quel tipo se ne esce con una bestialità del genere, sai dove trovarmi.”
Davina rise, arrossendo
per l’ennesima volta. Gli faceva il solletico con i polpastrelli. Klaus la sbirciò
poco convinto dell’efficacia della cosa. La strega salmodiava e lui, al solito,
si annoiava. Ora non era più uno sfioramento ma una presa ben salda. La sua
voce cresceva e non gli piaceva tanto…urgh! Il nero esplose in un chiarore dietro le palpebre e Klaus
si sentì scagliato indietro, fluttuò in un confortante nulla e tornò lentamente
a galla. Aprì gli occhi rendendosi conto che stava osservando il soffitto. Si risollevò
a sedere con mille precauzioni. “L’hai trovato? E’ vivo?”
Davina si teneva a
distanza e il suo sguardo sembrava invecchiato di mille anni. “Avevo proibito l’incantesimo ma Esther non mi ha dato ascolto.”
Il sangue si gelò
nelle vene, Klaus smise di respirare e la fissò, in allerta. “Vuoi ucciderci
anche tu?”
Davina – o chi la possedeva
– scosse lentamente il capo. “Avevo un
altro aspetto a quel tempo. Un altro nome. Tua madre mi chiamava Ayana. Le ho insegnato tutto ciò che sapevo e lei ha
infranto la prima regola.”
Mai conosciuto alcuna
Ayana nella sua vita.
“Non possiamo alterare ancora l’equilibrio della
natura. Tua madre dovrà rinunciare a portare a termine il suo piano. Io sono qui
per impedirlo.”
Che
non si muore per amore e' una gran bella verità, perciò dolcissimo mio amore,
ecco quello che da domani mi accadrà. Io vivrò senza te, anche se ancora non so
come io vivrò. Senza te, solo continuerò. L.Basttisti
C’è sempre un
prezzo da pagare. Nessuno fa nulla per nulla.
“La bambina.”
Klaus si irrigidì e
il suo sguardo brillò minaccioso. “Mai!”
La luce esterna
calò di colpo e la figurina sembrò pulsare ed espandersi. Il vampiro guardò le
finestre, per nulla intimorito. “Non mi fai fesso con un giochetto pirotecnico,
strega! Non arriverai mai a toccare la carne della mia carne!”
“Attento, Niklaus. Non
commettere gli stessi errori dei tuoi genitori. Allontanandola le avete salvato
la vita, ma quanto credi potrà resistere, sola, quando le sue nature si
manifesteranno? Avrà bisogno di una guida. Lei rappresenta una nuova specie, deve
essere protetta.”
Non faceva una
piega. Per la prima volta, Klaus disse qualcosa che non aveva mai pensato di
dire nella sua vita. “Ne dovrò parlare con Hayley.”
La luce tornò
normale, Ayana sorrise nel visetto dolce di Davina. “Sei
ragionevole e molto diverso da tuo padre, Niklaus.”
“Eh, mi consola”
soffiò. Non avevano risolto il problema ma solo spostato in avanti. “Non per
fare il guastafeste, ma l’incantesimo di imprigionamento che Davina ha lanciato a Mikeal vale
ancora o siamo di nuovo tutti nella merda?”
“Linguaggio, giovanotto!”
Essì, ora la ricordava,
la donna di color caramello che gli accarezzava i riccioli quando era un bimbo!
“Per rispondere alla domanda che hai posto alla giovane
strega, il ragazzo si è dissolto insieme all’Ancora.”
Una grossa parte di
lui – quella che cercava di salvarsi
- aveva sperato in una risposta positiva. Il lato meschino gongolava, facendolo
vergognare. Elena era ancora fra il primo e il secondo stadio dell’elaborazione
del lutto e non avrebbe creduto alla visione di Davina/Ayana...
“Conducimi dai tuoi fratelli. Nel tragitto ti narrerò
una storia persa nelle nebbie del tempo che riguarda l’antenata della giovane
donna a cui stai pensando.”
Un’altra storiella
sui doppelgänger?
Ayana gli leggeva nel pensiero?
“Sì” rispose con la vocina sottile di Davina. “Non lo farò più.”
///
“Di nuovo, da capo
e lentamente.”
La ragazzina era
proprio bellina, anche se posseduta da una strega millenaria. Kol l’aveva guardata e riguardata, stupendosi di quanto
fossero migliorate le adolescenti nell’ultimo secolo. Era appena tornato e già si trovava immischiato in
uno dei tanti problemi del fratello bastardo. In quel preciso momento sbuffò,
esasperato dalle continue domande. “Sei
tardo, tardo!”
Tardo? Aveva
farfugliato incomprensibilmente per mezz’ora, con lunghe pause fra una domanda
e l’altra, tutto assorto ad osservare la streghetta
che lo guardava e a volte sorrideva. L’appuntamento di Davina
sarebbe sfumato se non avessero tagliato corto.
“L’Altro Lato è un purgatorio per creature
soprannaturali”
cominciò scandendo bene le parole. “Ayana è una discendente di Qetsiyah.
Qetsiyah una Viaggiatrice che ha approntato
l’incantesimo per rendere immortale il suo amante, Silas.
Stai prendendo appunti, coglione?”
Insultarlo era
sempre stato il suo sport preferito. “Ha detto che ti uccido svanirai nel
nulla, non provocarmi” sibilò. “Va avanti.”
“L'incantesimo che Esther ha
usato per trasformarci è una variante di quello di Qetsiyah
e ha dato vita di volta in volta a doppelgänger mortali,
perché l'immortalità chiede un prezzo da pagare” cantilenò e si
voltò verso la ragazzina. “Sto andando
bene?”
Davina/Ayana annuì, sorridendo.
“Molto bene.”
“Tu stai capendo?”
Klaus roteò gli
occhi e sorrise, sarcastico. “Sì!”
“Quando Qetsiyah scoprì che Silas amava la schiava Amara, la musica cambiò. Alla strega
partì la brocca e fece una di quelle cose che piace tanto fare a te, quando ci
pugnali e ci infili nelle bare…”
E doveva sempre
rinfacciarglielo.
“Amara era stata resa immortale dal filtro di Qetsiyah. Qetsiyah creò la cura per
l’immortalità e l’Altro Latoper fare in modo
che Silas non si riunisse mai con Amara. Le donne
sono bastarde e rancorose… presenti escluse, certo…”
Lo sguardo di Kol si mosse fra Hayley che
ascoltava in silenzio e Davina che non aveva cambiato
posizione e restava graziosamente seduta in poltrona. Quando Klaus la vide
arrotolare una ciocca di capelli, mugolò divertito. A quell’appuntamento non ci
sarebbe mai andata. “Va avanti.”
Kol balzò in piedi
girando in tondo nel salotto. Elijah notò una netta diminuzione della velocità
fisica ma non ne fece parola.
“Qetsiyah ha fatto di Amara l'elemento
che legava l'incantesimo con l’Altro Lato, la cosiddetta Ancora. Salto la parte
in cui è tornata umana, è noiosa e inutile alla narrazione. Quando è morta, BonnieBennet ha preso il suo
posto. Durante un fattaccio che non vi sto neanche a spiegare perché non ne ho
voglia, un tipo strano con l’aria pakistana è fuggito dall’Altra Parte e ha
causato uno squilibrio della natura. Bum, ci ha fottuti tutti!” esclamò battendo le
mani di colpo. “Dimenticavo. Qetsiyah è la capostipite della famiglia Bennett e
praticante dell'Espressione. Quella roba nera che faceva nostra madre e che ci
ha ridotti così.”
“Roba… nera?” mormorò Davina/Ayana lenta e seria. “Dovevano sculacciarti di più, da piccolo.”
Kol sorrise con aria da
farabutto e guardò il fratello, indicando con un gesto vago della mano. “Veniamo alla tua attuale ragazza.”
E dai, non la
finiva più. “Elena non è la mia ragazza!” esclamò esasperato.
“Mh, sì come no….” Sogghignò Kol, allegro. “A quanto pare, discende dritta dritta da Amara e come lei è tanto sfortunata in amore.”
“Per il nostro
comune divertimento, pronuncia queste parole di fronte ad Elena, se mai la
vedrai. E’ da un po’ che non assisto ad un massacro.”
Kol si industriò in un
comico segno della croce che non fece ridere nessuno. “L’anima di Damon Salvatore ha trovato la pace! Gloria e alleluia!”
“Disse colui che
fuggì a gambe levate da una fine luminosa.” Ironizzò. “Va avanti.”
“Elena, Katherine e Tatia sono
discendenti di Amara. Se non sapessi da dove provieni, penserei a te come al doppelgänger di Silas, ma è
toccata al minore dei Salvatore interpretare la parte del povero derelitto
costretto ad innamorarsi della stessa donna ad ogni vita.”
“I doppelgänger sono attratti
l’uno dall’altro, così è più facile trovarli e usare il loro sangue per i
rituali” spiegò Davina/Ayana con voce calma. “Non
è amore, è magia.”
“L’amore non è di
per se magia?”
“Questo è un pensiero molto profondo e mi stupisco
provenga da te, fratello.”
“Sto per nullificarti, moccioso.”
Il cellulare ronzò
per la terza volta. Klaus lasciò partire la segreteria e si diede dello stupido
perché non trovando lui avrebbe sicuramente chiamato…
“Sì? Ciao, Elena.”
… Elijah. Il
vampiro si umettò le labbra e girò lo sguardo nella stanza, colpevole fino al
midollo. Incrociò lo sguardo di Hayley che lo fissò con
un cenno d’intesa. Dovevano prendere una decisione seria, non cianciare di
stronzate sull’amore.
Elijah agganciò,
toccando con discrezione i polsini della camicia. “Jenna è apparsa ad Elena e
lei ha pensato bene di informarci per prendere provvedimenti, in caso Esther o Mikeal si facessero
vivi.”
“Ma che carina! Si preoccupa per voi anche se le avete
massacrato la famiglia!”
“Tipico di te,
scappare dalla lotta” commentò Klaus con asprezza.
“Io non ho più nulla da temere, fratello.” Kol sorrise e allargò
le braccia. “La magia del vampirismo è
svanita quando sono fuggito dall’Altro Lato. Ora sono completamente umano.”
Completamente…
“Sorpresa!”
///
“D’un bel giorno, il tepore, fa le bimbe
sognare d’amore...”
Jenna continua a
ridere degli stornelli di Enzo ed io mi vergogno come una matta. Prima cosa
sono nella sua lingua e non capisco un accidente di quel che dice. Secondo, la
pronuncia liquida attira di sguardi di quelle donne che si dicono fissate con
il maschio latino.
“… ma un gran vento di colpo si leva, e la gonna di lei
si solleva!”
Signore, prendimi a
te in quest’istante! Jenna scoppia a ridere ed io mi chiedo se è solo una posa
o se capisce davvero quel gorgoglio. Tiro indietro la sedia della sala da
pranzo del Mississippi Queen e mi
affretto a raggiungere il ponte in cerca di aria fresca. Ora che Jenna è qui,
andrà tutto bene. Non ci credo che è viva e che posso toccarla di nuovo. Non ho
avvertito Rick, voglio che sia una sorpresa.
E’ inutile
continuare a chiamare Klaus. Alla terza telefonata persa, devio su Elijah. Si
mantiene vago, non parla molto. Chissà chi è, il loro ospite misterioso. Caroline
e Stefan non hanno ricevuto visite. Stanno seguendo
una pista vaga e Stefan pensa che sia un buco
nell’acqua. Davina non è in chat stasera. Nessun
ragguaglio sugli incantesimi di localizzazione. Jenna mi raggiunge dopo un po’.
Parliamo, le teste vicine. Un certo pensiero mi distrae, perdo il filo del
discorso, continuo a guardare il cellulare in attesa di un messaggio o una
chiamata che puntualmente non arriva. Lei mi scruta di sottecchi. “Ne vuoi parlare, piccola?”
Cosa potrei raccontare
alla donna che è stata uccisa proprio da Klaus? “E’ stato solo un bacio… in un momento sbagliato… e
nello stato d’animo peggiore della mia vita... razionalmente è tutto qui e non
c’è altro da dire.”
“Siamo donne, non è scritto da nessuna parte che
dobbiamo essere razionali.”
Rido della sua
affermazione. Lei mi strizza l’occhio. “Il
problema con l’Altro Lato è che ti annoi ed inizi a sbirciare dalla serratura. Credevi
che Stefan fosse il tuo grande amore e lo è stato,
per un po’… poi sei cresciuta e Damon era lì per te…”
“Nulla accade per
caso nella mia vita. Come discendente di Amara, sono destinata all’infelicità.”
A differenza degli altri, la mia vita è una monorotaia senza cambi. Perché affannarsi,
perché insistere? Perchè non ho tenuto la bocca
chiusa chiedendo qualcosa che forse, alla fine, non voglio? “Continuo a pensare
che Damon non è morto perché c’è Bonnie con lui. Lei
trova sempre la soluzione.”
Jenna mi guarda e
dondola piano una gamba. “Quando mi si è
presentata l’occasione, sono fuggita come molti altri. E’ arrivata la Luce
bianca ma io ero già lontana.”
Mi sta venendo la
nausea e mi tremano le gambe. Luce… che Luce…
///
Mi sveglio nella
cabina che ho ‘preso in prestito’ all’inizio del viaggio. Sono sola e dalla
finestrella splende il sole. Mi sollevo a sedere, sentendomi pesante e triste. Una
Luce bianca non depone mai bene. Mai. Enzo entra senza bussare e mi scopre con
le mani pigiate contro la fronte. “La colazione, bambolina.”
Una fiaschetta di
liquore? “E tu la chiami colazione?”
“L’abito non fa il
monaco. Bevi, è roba buona.”
Bevo. Sangue con
aggiunta di coagulante. Non è il mio piatto preferito. “Grazie.”
“Ti ho visto cadere
come una pera. Devi smetterla di straziarti l’anima o morirai di crepacuore.”
“Esiste davvero,
sai? I medici la chiamano così, sindrome
da crepacuore... i sintomi molto simili a quelli dell'infarto: dolore acuto
al petto, elettrocardiogramma alterato... nell'80% dei casi, è collegato a
stress emotivi come un lutto o la fine di una relazione…”
“Brava, dieci e
lode. Ora bevi e datti una calmata. Siamo arrivati a Natchez,
la tua amica si è offerta di incontrare il contatto. Dice che stavano insieme,
una volta.”
“E’ vero…”
“Prenderà un
infarto anche a lui?
“Spero di no…” sussurro e lui mi sposta una gamba e si siede accanto
a me. “Che vuoi ancora?”
“Che non si muore per amore e' una gran bella verità, perciò
dolcissimo mio amore, ecco quello che da domani mi accadrà. Io vivrò senza te,
anche se ancora non so come io vivrò, Senza te, solo continuerò.”
“Non capisco la tua
lingua...” sbuffo ed Enzo mi traduce la canzone di un gran cantautore italiano.
“Dovrebbe risollevarmi il morale?”
Enzo ammicca e mi
batte la spalla, allegro. “Sai cosa ti ci vorrebbe per stare meglio? Una bella
corsa in moto.”
“Devo incontrare
Rick, prima. Non siamo in gita scolastica…”
“Parla per te. Io
mi voglio divertire.”
“Tu dovresti essere
a New Orleans ad accattivarti le simpatie di Francesca!” gli ricordo,
allacciando le scarpe. “Perché fate sempre di testa vostra?!” Comincio a capire
la frustrazione di Klaus quando gli invalidano i piani. Afferro la giacchetta e
mi catapulto fuori, in cerca di Rick e Jenna. Li scopro sulla banchina del
porticciolo in un momento intimo e bellissimo. Sono felice per loro. Così
felice che non mi importa della telefonata ultramattiniera di Caroline per
confessare una nuova pena. Poi leggo il nome sul display e mi scivola un brivido
lungo la schiena. Le dita restano inerti e la chiamata si perde nel rumore
della folla che sta sbarcando. Enzo mi batte piano sulla scapola.
“Pronta,
bambolina?”
Pronta. Infilo il
cellulare silenziato nella tasca e tiro la zip. “Che motocicletta rubiamo?”
///
Mi piace, sembra di
stare al campeggio. La radura è sgombra e silenziosa, accendere il fuoco non è
stato un problema per una vecchia coccinella come me. Ci sono un mucchio di
stelle in cielo. Sistemo la giacca in terra e mi distendo sulla schiena. Rick e
Jenna continueranno il viaggio insieme, tornando a New Orleans sul battello.
Enzo non mi sta tediano con le canzonette, pensa ai fatti suoi e sembra
piuttosto felice della sistemazione arrangiata. “Marshmallow?”
Mh, buoni… “Non li hai arrostiti.”
“Voi americani
avete questa brutta abitudine” borbotta infilando il cilindrotto
rosato in bocca. Sorride, una guancia gonfia. Guardalo, il ritratto della
goduria!
“Sai bimba… ho come l’impressione che se ti lasciassi andare,
non riusciresti più a fermarti.”
Che discorso è? A
cosa si riferisce?
“Ci sono cose che
non vuoi perché non sai di volerle… o non le vuoi
finché non ti vengono imposte.”
Lo guardo cercando
di non far trapelare la mia irrequietezza. “Dove vuoi arrivare?”
“Da nessuna parte.
Mangiati i marshmallow” sussurra sdraiandosi dall’altra parte
del fuoco. “Sempre odiato il campeggio…”
“Allora perché ci
siamo fermati?” domando soffiando sul bastoncino.
“Perché ti piace. Non
fare indigestione.”
Glielo ha detto
Damon? Parlavano di me, quando erano insieme? Guardo il fuoco spegnersi
lentamente. Quando è un puntolino rosso sotto la brace, mi sdraio sull’erba.
Non dormirò. Non voglio addormentarmi ora che sono sola con Enzo. Non voglio un
altro brutto risveglio.
///
Mi sveglio di colpo
quando una mano mi scrolla. Strappo il braccio dalla presa di Enzo e tiro
indietro i capelli. Che puzza di benzina! Sento il rombo di tante motociclette
e quando mi guardo attorno, mi viene un colpo. Chi…sono… e quanti sono…?
“Licantropi. Non
fare una mossa e non farli incazzare.”
Strisciamo schiena
contro schiena. Non possiamo stare lì? Abbiamo invaso il loro territorio? “Ora
che facciamo?”
“Prova ad offrirgli
una toffoletta” sghignazza, preoccupato. “L’ho sempre
odiato, il maledetto campeggio!”
“Non vogliamo guai,
siamo solo di passaggio” tento e sento la mia voce tremare. Enzo mi afferra la
mano, la ritraggo immediatamente. Forse sbaglio ma è istintivo.
“E’ raro vedere
vampiri da queste parti.”
Mi volto verso un
tipo segaligno ma carino. Ha i capelli corti e gli occhi azzurri. “Infatti… stiamo andando a New Orleans…
lì è pieno di vampiri…”
“La moto è tua?”
“Rubata” risponde
Enzo al posto mio. Gli tiro una gomitata.
“Ci stiamo andando anche
noi. C’è un bel movimento di licantropi da qualche mese.”
“Le voci corrono…” tento accucciandomi piano sulle gambe. “C’è stato
un colpo di stato.”
Ridono tutti. Cosa
ho detto di così buffo?
“E’ stata una vera
e propria mattanza, tesoro. Se hai amici laggiù, è probabile che siano morti
tutti.” Il ragazzo smonta dalla moto e viene verso di me. Sento Enzo afferrarmi
e dopo un istante mi ritrovo a guardare la sua schiena. Ma che fa?
Il licantropo
allunga la mano e sorride ma con scherno. “Jace.”
“Non la stringo la
mano ad un licantropo.”
Ma è scemo o cosa?
Lo aggiro e il ragazzo mi rivolge un’altra occhiata lunga. Carino per essere un
licantropo. “Ignoralo. Ciao, io sono Elena.”
“Piacere di
conoscerti, Elena.”
Ha quel modo di
sorridere che… “ci siamo già conosciuti?”
Jace scuote piano la
testa e abbassa il braccio. “Non andare a New Orleans, Elena. E’ pericoloso.”
“Lo sono anche io.”
Di nuovo, ridono.
Il mio problema è che non incuto timore. “Il clan Guerrera
ha preso il potere, stanno facendo strage di vampiri. Rentano
di controllare le streghe, per ora con scarso successo ma…”
“Frena, frena. Come
sai tutte queste cose?”
Esito, inghiotto e
guardo Enzo che fa un smorfia. “Che abbiamo da perdere?”
“La vita?”
“Ragioni col culo.”
Ma che signore!
Sbuffo dentro di me e mi rivolgo di nuovo a Jace. Sembra
divertito dal nostro scambio di battute. “Perdonalo, è italiano.”
“Guarda che se ci
mordono, l’amichetto ibrido il favore lo fa a te, non a me!” bisbiglia nel mio
orecchio e in quel preciso momento vorrei ammazzare Enzo: nominare Klaus è
quanto di peggio…
“Ibrido? Voi
conoscete Klaus Mikealson?”
Ecco fatto! Adesso
ci sbrindellano in mille pezzi!
Vorrei tanto
strappare la lingua lunga di Enzo e gettarla in pasto ai cani! “Le disgrazie
capitano a tutti” scherzo e gli uomini ridono. Sento le moto spegnersi e alcuni
di loro smontano, facendo cerchio dietro Jace. “Klaus
ha fatto un torto anche a voi?”
“Al contrario.
Sappiamo della sua esistenza da secoli ma ci siamo tenuti a distanza.”
Gente saggia. “E
cosa è cambiato?”
“Nessuno di noi ha
sofferto la trasformazione, la scorsa luna piena, e le voci sussurrano di un
strega di New Orleans che ha trovato la cura. Stiamo andando lì per
verificarle.”
“Non c’è nessuna
cura. E’ la nuova maledizione di Klaus a scadenza mensile: per ogni licantropo
che si trasforma, lui patisce le pene dell’inferno.”
Jace non parla, nessuno
si muove. Solo occhiate veloci fra loro. “Stai scherzando? La sofferenza è tale
per far impazzire un uomo.”
“L’ho visto
contorcersi nel dolore e mi sono goduta ogni singolo lamento di quel bastardo.”
E’ orribile ma mi
rendo conto che è tutto vero e che ho gioito a vederlo ridotto ad una larva
umana. “Tanto sano non lo è mai stato. Le dicerie non sono dicerie, Jace. E’ un bastardo pezzo di merda, antipatico, scostante,
presuntuoso, irritante, folle, odioso, anarchico, misogino, sgradevole, selvatico…”
“Ho capito, lo ami
alla follia” scherza, bloccando l’elenco di aggettivi che piomba a cascata
dalle mie labbra. Arrossisco, irritata dalla sua affermazione. Sento lo sguardo
di Enzo su di me. “Tu che hai da dire?”
“Sei focalizzata su
di lui e non ti sei resa conto di chi hai di fronte. Guardali bene.”
Vedo un branco di
motociclisti. Jace schiocca le labbra e sorride. Che
faccia da pagliaccio! Mi ricorda… spalanco gli occhi
e faccio un passo verso Enzo. “Tu credi siano…”
“… i suoi parenti
mannari? Mi sa tanto di sì, dolcezza.”
///
Il viaggio è stato
lungo e spossante. Mi sono appisolata sulla schiena di Enzo più volte,
rischiando di cadere e costringendolo a diminuire la velocità tutte le volte.
Non possiamo entrare in città, usiamo mille vie secondarie per arrivare
all’abitazione dei fratelli e cerchiamo di farlo di notte, per mettere meno in
allerta le spie di Francesca. Ho avvertito Elijah ma è Klaus che ci viene
incontro con l’aria di uno che ha appena visto un fantasma. Non mi tolgo
neppure il casco, chiedo ad Enzo di portarmi via di lì e per una volta
ubbidisce senza fare domande e senza prendermi in giro. Ho bisogno di dormire e
fare una doccia e le mie poche cose sono a casa di Rebekah.
Entro con le
chiavi, sbuffo esausta, tolgo la giacca e perdo pezzi di vestiario nel tragitto
che va dall’ingresso al bagno. La doccia è fresca, profumata e lunghissima. Mi
asciugo i capelli e mi butto nel letto nuda. Ho dimenticato di nutrirmi, ma fa
niente. Ci penserò al risveglio. Spengo il cellulare e mi addormento come un
sasso. Nel sogno – o delirio – mi sveglio sentendo un rumorino alla finestra.
E’ una notte fresca, esco sul terrazzino e vedo Klaus che mi sta aspettando, in
strada. Ci guardiamo, con un balzo mi raggiunge. Parla ma nessun suono esce
dalla sua bocca. Il cuore mi duole nel petto così lo tiro fuori e scopro che ha
la forma di un sasso, rotondo e nero. E’ bello, lucido. Klaus è inorridito.
Scompare. La luce bianca esplode attorno a me e divento sempre più felice e
arrendevole. Mi chiama dal fondo del lago, nuoto verso di essa. E’ calda,
accogliente. Affogo.
///
Le adolescenti
erano cambiate nell’ultimo secolo, non si lasciavano più avvicinare come una volta… ma che
importava? Sarebbe rimasto ore a contemplare il visetto a cuore e il sorriso
timido di Davina.
“Non riesco a
concentrarmi se continui a fissarmi a quel modo!”
Ayana si manifestava a
tratti ma per il resto del tempo Davina aveva il
pieno controllo di se stessa. Si era risvegliata
con la consapevolezza della presenza e il fratello minore degli Originali
attaccato alla gonna. Era imbarazzante e anche un po’ fastidioso. Davina chiuse il grimorio facendo più rumore possibile. Di
solito bastava a far accorrere Klaus e fargli venire uno sbocco di sangue.
Attese qualche minuto e non accadde nulla. Stava facendo comunella col branco,
pensò. “Senti, coso…”
“Kol.”
“Kol…coso… è lo stesso! Sto
cercando di studiare una magia decente per invertire un incantesimo, ma non
riesco a farlo col tuo fiato sul collo! L’ha capito Klaus, puoi capirlo anche
tu!”
E quando si agitava
era di una bellezza incommensurabile. “Mi
tolgo dai piedi, se prometti di uscire con me, stasera.”
“Ho da fare” mentì
riaprendo il libro e sfogliando a caso le pagine. “Ho da fare sempre.”
“Non è vero” mormorò girando il grimorio verso di se e saltando
un’intera sezione. “Gli incantesimi di
localizzazione vanno bene per le persone. Per trovare gli oggetti ti serve
qualcosa del genere…” disse indicando un disegno
che Davina non aveva visto “… e una candela verde.”
“Per illuminare il
cammino nascosto?” sussurrò, accostandosi al ragazzo. “Come sai queste cose?”
“Origliavo e sbirciavo” ammiccò e Davina sorrise, entusiasta dell’aiuto insperato. “Grazie,
ci provo subito!”
Come faceva a
resistere? Kol si piegò verso di lei e la baciò,
premendo senza alcuna incertezza le labbra sulle sue.
Davina restò a metà di un
respiro e di una frase, chiuse gli occhi e seguì incerta i suoi movimenti. Era
la prima volta che baciava un ragazzo. Non era umido come pensava ma non aveva
ancora capito se le piaceva o meno. La pressione della sua mano sulla schiena
che risaliva lenta verso la nuca, sì. Però…
///
“Il problema non è
la maledizione, posso sopportare un dolorino sparso qua e là…”
“Non esagerare. Non
riuscivi neppure a respirare.” Hayley stappò un
pennarello, china sulla mappa di New Orleans. “Francesca controlla questa parte
della città” disse tracciando un grosso cerchio sotto il naso di Jace. “Noi siamo relegati qui.”
Quel puntolino
rosso lo irritava da matti! Klaus tirò giù la gamba dal bracciolo, esalando un
sospiro. Jace lo guardò con la coda dell’occhio e
tornò a fissare la mappa. “Cosa sono quei palazzi?”
“Abitazioni, non
possiamo farle saltare in aria. Però abbiamo un cecchino umano pressoché
indistruttibile, a sentire Elena, e un infiltrato insospettabile.”
Tzè! Un insegnante di
storia e uno stupratore esotico!
“Ok, qual è il
problema?”
Hayley lo stava
guardando. Klaus batté le palpebre, scrollando una mano. “Non funzionerà mai.”
La donna lupo
lasciò cartina e pennarello e le spostò sotto il suo naso, tamburellando i
pollici fra loro. “Proponi qualcosa che non contempli la frase ‘entriamo e li
uccidiamo tutti’, per favore.”
L’idea era proprio
quella. “Mi farò un tappeto con la sua pelle del tuo amico, la prossima luna piena.”
“Il traditore è
mio, Nik...”
Non era il suo
branco, poteva concederlo.
“… e se i tuoi amici non trovano le pietre, ti
vedrò di nuovo piagnucolare fra le braccia di Elena. Gilbert.”
Quello era un colpo
basso all’autostima e alla virilità. “Mai piagnucolato in vita mia.”
“Miagolavi.”
Jace sorrise, volgendo
lo sguardo in giro. “Beh, a me non dispiacerebbe farmi consolare da quella ragazza… dov’è, la mente dell’operazione?”
Hayley guardò Klaus e lo
sguardo del vampiro rimbalzò sul fratello. Elijah scosse la testa. “Ho provato
a contattarla ma ha il cellulare spento.”
Da due giorni?
///
“E’ stato un vero e
proprio fiasco. Tanta strada per niente…”
… ma si stava
consolando con due nuove paia di scarpe e una quantità smodata di biancheria
intima. Stefan le ricordò che il portabagagli della
spider era piccolo e avrebbe dovuto scegliere se tenere giù la cappotte o dentro i pacchetti del
negozio. Caroline rispose che li avrebbe sistemati sul sedile posteriore e
chiuse la faccenda. “Elena ha ancora il cellulare spento?”
“Mh…”
La ragazza abbassò
le stampelline degli abitini. “Sei preoccupato anche
tu come me?”
“Ho una brutta
sensazione. Finora Elena si è lanciata senza paracadute in una guerra che non
la riguarda… per cosa?”
“L’hai detto tu: distrarsi.”
“La morte di Damon
l’ha sconvolta.”
“Non l’hai mai
accettato, è diverso.”
Gli uomini di
Francesca avevano massacrato la crew di Marcel. Un morso bastava per mandarti in agonia e
solo il sangue di un ibrido poteva salvarti. E’ facile rimediare quando
l’ibrido è dalla tua parte, ma se lo allontani con una scusa…
“Sta cercando di autodistruggersi.”
ß------>
Klaus batté le
nocche sul tavolo e sfilò il cellulare dalla tasca, guardando il display
spento. Aveva fatto uno strano sogno: Elena gli parlava, dandogli le spalle.
Aveva una camicetta bianca che sembrava diffondere luce ma quando si era
voltata, Klaus aveva visto il buco nero cicatrizzato nel torace…
uh? Stefan?
>Devi trovare
Elena e scoprire se sta bene. Ho una brutta sensazione<
Quel verbo ‘dovere’
era così fastidioso… “Elijah dice che ha il cellulare
spento da due giorni.”
>E non ti
preoccupa?<
Klaus sospirò e
stropicciò la radice del naso. Pensarci avrebbe voluto dire interessarsi e
porsi domande di cui non aveva risposta. “No amico, non mi preoccupa affatto.
Perché dovrei preoccuparmi di ciò che fa Elena Gilbert?”
>Si sta dando da
fare per te o sbaglio?<
“Non è mai stato per
me. Non potendo compiangere oltre se stessa, ha riversato le attenzioni sulla
‘bestia ferita’. Gliel’ho servita su un piatto
d’argento.”
>Ti ho solo
chiesto di rintracciarla. Pensalo come un favore ad un vecchio amico.<
Non poteva, non
doveva, non voleva. Klaus scosse impercettibilmente la testa. “Chiama il suo
amichetto italiano. Li ho visti fuggire insie...”
>Non dire no a me, Klaus Mikealson!<
Cristo santo, gli
aveva forato un timpano! Klaus allontanò il cellulare dall’orecchio e imprecò
dentro di se. La voce irata di Caroline si diffuse dal microfono facendo
sorridere i presenti.
>Se le succede
qualcosa, ti riterrò direttamente responsabile! Quando il dolore è troppo,
Elena spegne i sentimenti e diventa la copia stronza di Katherine! Ci siamo già
passati ed è stato un inferno!<
Non aveva mai
pensato che la compassionevole Elena Gilbert fosse così codarda da imboccare la
soluzione estrema. “Non essere drammatica. Vorrà starsene per conto suo, un
pensiero con appoggio e condivido” mormorò osservando la streghetta
scendere di corsa le scale come se avesse il diavolo alla calcagna.“Scoperto qualcosa?”
Davina saltò gli ultimi
due gradini con un balzo pesante e si diresse verso la porta, tenendo lo
sguardo basso. “Forse. Ora vado a casa, non mi piace stare qui.”
Qualche ora prima
l’aveva sentita confessare ad Elijah che le piaceva ‘un casino’
venire lì. Appariva Kol e le cose magicamente
cambiavano. Klaus inspirò per non perdere la calma e scambiò uno sguardo con
Elijah che fissò il piano superiore: ci avrebbe pensato il protettore di deboli
fanciulle indifese a spezzare le ossa giuste. “Più tardi, forse” dichiarò
riagganciando e battendo piano il bordo del cellulare sul tavolo. “Dicevamo?”
Hayley alzò gli occhi
dalla cartina e lo fissò con aria sostenuta. “Non vai da lei?”
“Ho altre cose ha
fare che cercare una sciocchina che non vuole parlarmi.”
La donna guardò
Elijah che scosse la testa. “Non so dove sia nascosta. Elena ha sviluppato una
certa abilità nel tramare nell’ombra con Niklaus.”
“Due sciatti suggerimenti
non fanno di lei una stratega” mormorò il vampiro accavallando una gamba.
Com’era Elena Gilbert priva di sentimenti? La novità lo intrigava. “La copia
stronza di Katherine, eh?”
“E’ deprimente
constatare che solo le disgrazie altrui smuovono il tuo interesse, Niklaus. Io mi occupo di Kol, tu
va a cercare Elena. Se il sospetto di Caroline è fondato, preparati ad una
brutta sorpresa.” Klaus sollevò le sopracciglia ed Elijah lo guardò con
sufficienza. “Privata della sua pietà, Elena Gilbert è un mostro senza cuore.”
///
“Lo vedi? E’ quello
vicino a Jenna.”
“Ce l’ho.”
Ancora mi chiedo
come faccia Ric ad avere tutta questa roba e dove l‘abbia presa. Abbasso il
binocolo e attendo. Sento il risucchio del fucile col silenziatore, torno a
seguire la scena, vedo Jenna agitarsi – sta mantenendo la sua parte… in pratica, urlando come un’aquila – e una marea di
turisti farsi da parte e mostrare il cadavere di uno dei tanti parenti di
Francesca. Con calma principesca, Rick smonta tutto e ripone i pezzi nella custodia.
“Commenti?”
“Mi è sembrato di
udire una porta sbattere.”
“E’ normale. Lo
sparo prodotto da un fucile di medio calibro con munizioni di tipo silenced ad una
distanza di 50 metri produce il classico rumore di una porta sbattuta.”
Fico. Rick mi mostra
il proiettile ma non capisco granché di armi. Per me sono tutti uguali.
“Questa è una
munizione subsonica... vuol dire che non supera la soglia di 330 m/s. Una volta
raggiunta tale velocità, il proiettile infrange il muro del suono, producendo
il tipico suono dello sparo.”
“Perché insegnavi
storia al nostro liceo?” domando, sinceramente curiosa, mentre lasciamo il
tetto e saltiamo sulle scale antincendio di un albergo adiacente.
“Ognuno ha i suoi
hobby. Il prossimo obiettivo?”
///
Prima di sera, il
notiziario trasmette una nuova dichiarazione di Francesca in merito alle
uccisioni dei suoi parenti. Guerra fra bande, blabla, resa dei conti, blabla, giustizia privata, blablabla.
Jenna ha chiesto se
poteva piazzarne uno di legno e argento anche nell’ibrido, Rick l’ha ripresa
ricordandole l’unico motivo per cui lasciano Klaus in vita. E’ stato bello
sentirli discutere ma irritante vederli amoreggiare quando pensavano che io non
guardassi. Acceso il cellulare ho trovato un mucchio di chiamate di Caroline e Stefan, persino una di Elijah, un messaggio di Davina e dell’operatore telefonico che mi ricorda che il
credito sta per scadere. Rispondo con un messaggio comunitario, accedo alla
chat e invio una faccetta sorridente alla ragazzina. Mi chiama subito. >Puoi venire qui, per favore?<
///
Ho appena messo
piede nella soffitta e già Davina sigilla la porta
con un incantesimo. Non immaginavo fosse così paranoica…
e che posto spartano! Una sedicenne ha bisogno di molte più cose per
‘sopravvivere’ nel mondo degli adulti. Scorgo il cerchio magico a terra e la
candela verde in parte bruciata. Mi spaventa un po’. “Va tutto bene?”
“Ho trovato le
pietre.”
“Dove sono?”
“In una biscottiera.”
Chi l’avrebbe mai
immaginato? “Klaus lo sa?”
Davina scuote forte la
testa e si siede sul letto, le gambe incrociate nascoste sotto il vestito
ampio. “Un ragazzo mi ha chiesto un appuntamento…”
Non sono la persona
più adatta per parlare di amore al momento. “Ti piace?”
Davina mi sbircia,
colpevole. Cambia postura, salta giù dal letto e cammina fino al cerchio
magico. “Mi ha detto lui dove trovare l’incantesimo giusto.”
Mi irrigidisco di
colpo. E’ una spia e/o uno stregone? “Non fidarti, potrebbe volere qualsiasi
cosa da te. Ci sono passata più di una volta e…”
“E’ il fratello…” bisbiglia, arrossendo del tutto.
Che fratello?!
“Kol… io lo chiamo coso…”
Kol? Kol è il loro ospite misterioso?! Quel bastardo che ha
provato a tagliare le braccia di Jeremy?!
“La magia del
vampirismo si è esaurita quando è fuggito dall’Altro Lato... è di nuovo umano… allora pensavo che forse…”
Umano? Che
piacevole notizia!
“Elly, mi stai facendo parlare da sola…
mi sento un po’ stupida.”
Torno in me. Per un
momento ho avuto una visione interessante delle sofferenze da infliggere a quel
ragazzino. “Kol è un adulto di novecento e passa
anni, anche se le fattezze di un adolescente. Vuoi uscire con un Klaus in
miniatura?”
“Ma non si
somigliano per niente!”
Alzo un
sopracciglio. Dal tono che ha usato, ha già fatto la sua scelta.
///
Accompagno Davina all’appuntamento ma resto parecchio discosta quando
vedo il ragazzo andarle incontro. Se fa lo stronzo, lo appendo al muro come un
trofeo. C’è una festa mascherata, stasera, una buona occasione per uscire e
svagarsi un po’. Così bardata, non mi riconoscerebbe neppure la mamma. Giro un
po’ per la città, guardando tutti e nessuno. Mi sono sciroppata mezz’ora di
lamentele di Caroline e una reprimenda da Stefan.
Maledetta me e quando ho deciso di farmi viva per prima! Cammino fino
all’angolo dove suona di solito il vecchio Pete e lo
trovo vuoto. Un abitante di New Orleans mi avverte che si sta esibendo in un
locale poco distante, cammino fin lì e quando sono a pochi passi, basta la
musica proveniente dalla porta aperta per farmi sospirare. Non posso togliere
la maschera, così resto fuori ad ascoltare.
Quando Jenna mi ha
destata, stavo sognando di affogare nel lago insieme ai miei genitori. Ero
felice e sentivo che tutto sarebbe andato a posto. Appena sveglia, il pensiero
è corso a Damon. Le ho detto ‘è morto, Jen. L’ho
perso’ e lei mi ha stretto forte sussurrandomi che sarei stata malissimo, avrei
pianto ma alla fine sarei guarita.
Mi allontano dal
locale, tenendo stretto lo stomaco. Scivolo fra la folla che festeggia,
striscio sotto i fuochi d’artificio, quello più forte di tutti mi fa sobbalzare
e due mani dure mi afferrano le spalle. Lo riconosco dal tocco. Esplode un
altro petardo, meno forte del primo. Se non mi molla subito, lo prendo a calci!
“A Francesca non è
piaciuto lo scherzo del cecchino. I tuoi amici sono al Rousseau’s e stanno per rendere
l’anima al Signore. Non so tu, ma io voglio vivere.”
“Come l’hai
scoperto?”
“Ho origliato. Tu
stai bene?”
“Alla grande. Damon
è morto, ma chi ci pensa più?”
Enzo mi allunga una
scafetta, spostando un po’ la maschera. “Tiriamoli
fuori dalla merda prima che affoghino del tutto.”
“Don’t underestimate the allure of darkness. Even the
purest of hearts are drawn to it.”
Bella prova, Elena.
Siamo arrivati
tardi e ci siamo finiti in mezzo. Sono stata la prima ad entrare, senza seguire
il consiglio di Enzo di andarci cauta e passare dal retro, e sono stata la
prima ad essere morsa. Due volte. Non c’è muscolo che non urli di dolore.
Quando cerco di muovere le dita delle mani, non le sento. Non c’è
corrispondenza fra quello che ordino e quello che accade. Il veleno agisce in
24 ore, come fa ad essere così rapido?! Centra il fatto che peso cinquantatre
chili scarsi?
Mi hanno morso e
gettato sul tavolo da biliardo. Sono atterrata fra le palline ed una è anche
finita in buca. Mi convinco di non essere spacciata e cerco di afferrare la
stecca che giace buttata con noncuranza accanto al mio orecchio destro, ma
qualcuno più rapido la conficca nel mio sterno, mancando di poco il cuore. Il
cuore nero intriso di veleno. Le convulsioni si acuiscono e – finalmente! -
svengo per il dolore.
///
“Che c’è?”
“Un brivido... puoi
spingere sull’acceleratore? Ho una brutta sensazione…”
Benché fosse certa
che non fosse dovuta alla bassa temperatura, Caroline sollevò il finestrino frugando
in cerca del cellulare. “Elena non risponde” soffiò e mosse nervosa la gamba destra.
“Quanto manca ancora?”
“Poche miglia.”
“Faremmo prima a
piedi. Senza offesa.”
Stefan sollevò due dita
dal volante ma il piede affondò sul pedale del gas. D’istinto, le strinse la
mano abbandonata sul ginocchio sinistro. “Nel caso, avrò bisogno del tuo aiuto
per tornare in me.”
Caroline stava per
replicare ma la paura aveva aggredito ogni singola fibra nervosa. Annuì, non
fidandosi della voce. “Chiamo Rick e Jenna per vedere se sanno qualcosa.”
///
Il rantolo di
dolore si era perso nelle grida dei morenti, ma Klaus l’aveva registrato come
un lungo tremore che riteneva dovuto all’adrenalina e non si era fermato a
pensare. Nella sua mente imperava l’ordine di ‘sterminare e punire’, così fece
quello che gli riusciva meglio: squartò e sgozzò ogni singolo nemico che
intralciasse il cammino finché non furono tutti morti e l’imprecazione di
Elijah non lo riportò alla realtà. Fu il nome a scuoterlo. Il ripetuto ‘no’ di
orrore del fratello.
L’ultima immagine
di Elena Gilbert comprendeva un’acconciatura scomposta, una sexy t-shirt che
copriva un pelo le mutandine e il rossore delle guance mentre gli gridava
assurdità sulla ‘scelta di un binario’ che la sua mente aveva registrato come
un ridicolo chiacchiericcio senza senso. Era sola, seminuda, indifesa e c’erano
delle catene appese al suo letto. La mente aveva fatto gli straordinari per
cinque secondi, prima che la ragione schioccasse le dita di fronte agli occhi,
e lo riportasse alla realtà di una donna arrabbiata che lo stavo costringendo a
fare una scelta imponderabile.
Ora si rifiutava di
riconoscerla nel cadavere trafitto che giaceva e gambe e braccia aperte su un
insanguinato tavolo da biliardo.
Elena Gilbert era
livida, immobile e fredda.
Elena Gilbert era
morta e qualcuno pietoso – forse il fratello – le aveva chiuso gli occhi.
Klaus si avvicinò
esitante e gli occhi si inumidirono ad ogni passo. Dovevano chiuderla così,
senza una risposta… senza aver litigato un po’…
Il suono di ossa
rotte quando il vampiro estrasse la stecca spezzata, fu uguale a tanti altri
suoni orribili che aveva udito nella sua vita. Le ossa di Elena Gilbert non
erano diverse dalle altre ossa. Il suo corpo non reagiva diversamente al
veleno. Klaus le sfiorò la fronte, infilando piano le braccia sotto le ginocchia
e il collo. La testa ciondolò verso il bicipite e lì si assestò.
“Ed ora devo dirlo
a Caroline…” disse con voce roca mentre Elijah trascinava
fuori Enzo da un mucchio di cadaveri. L‘uomo imprecò quando la vide. Imprecò
perché non sapeva che altro dire e tacque assestando un paio di calci
arrabbiati ad un licantropo morto poco distante. “Dov’è, la vostra maledetta
strega?!”
“Qui.”
Davina è accorsa quando
ha sentito le urla. Le scarpette basse sono macchiate di sangue. C’è Kol con lei, la segue ad una breve distanza.
Dall’espressione sul viso, Klaus è sicuro di parlare con Ayana
e non con la ragazzina dal vestitino sporco.
“Hai detto che ci
avresti parato il culo, è vero o no?!”
Klaus urla e la
voce è troppo alta, troppo carica e l’adrenalina gli scorre di nuovo nelle
vene.
“La discendenza di Amara sta morendo ma c’è speranza.”
“Speranza un cazzo,
è morta e toccherà a me dare la
brutta notizia!”
“C’è ancora un po’ di vita in lei. Usa il tuo sangue, Niklaus. Guariscila.”
Ma è livida e la
stecca ha trapassato il cuore! Non riesce a carpirne il battito, c’è troppa
agonia attorno a lui. Enzo sgombera due tavolini e li unisce. “Forza, prima che
arrivi la biondina. Con quella c’è poco da scherzare, è una tritapalle…”
“Non capisco cosa
vi aspettiate da me… o da lei” ringhia adagiando il
corpo sui tavolini. Klaus morde il polso e lascia scivolare le gocce di sangue
sulle labbra. Può spremersi le vene, non tornerà in vita.
“Qua facciamo
notte.” Enzo le afferra il mento e le apre la bocca. Una goccia di sangue cade
direttamente sulla lingua. “Se si sveglia e ci trova così, le prende un colpo”
ridacchia, nervoso. “Quanto tempo ci vuole, di solito?”
“Di solito sono vivi.”
“Ma vaffanculo” soffia tirando via una goccia dalle labbra
secche della ragazza. “Scusa, eh. Ho rimediato un morsetto anche io.”
“La banca del
sangue è chiusa, arrangiati.” Klaus posa i pugni sul tavolo e la guarda. Il
buco nero cicatrizzato. Eccolo lì. “Kol renditi utile… va fuori a controllare la situazione.”
Per la prima volta,
caso strano, il ragazzo obbedisce.
“Che vi è saltato
in mente di venire qui? Sapevamo dell’imboscata, li abbiamo provocati apposta.”
Enzo batte una mano
sulla coscia, seccato. “Che cazzo ne sapevo! Mi ha chiesto di sorvegliare la
mafiosa, l’ho fatto! Stavamo venendo ad avvertirvi!”
“Ragazzo, ci
muoviamo in queste situazioni da secoli!
Non abbiamo bisogno…”
“Fratello, basta.”
Elijah si intromette fra i due uomini, alzando le mani. “Non possiamo incolpare
nessuno ma solo biasimare noi stessi se siamo giunti a questo punto.”
“Fate silenzio, si sta svegliando.”
Quella ragazzina è
inquietante. Klaus le lancia un’occhiata e torna a fissare Elena che rinviene
lentamente, un battito di ciglia alla volta, contro tutte le aspettative.
“A me piace amoreggia' pe' le
strade in liberta'…”
Oh dio, quella
pronuncia liquida! Perché, Signore?! Perché proprio a me questa croce? Sospiro
e muovo la testa. Sono sdraiata sul duro ma il dolore al torace è svanito e il
bruciore ai muscoli pure. “Risparmiami, Enzo…”
Sento le voci dei
fratelli sopra di me. Apro con cautela gli occhi e li sbircio a turno. Elijah è
sollevato, Enzo ha la sua stessa espressione e Klaus è incazzato come al
solito. Ha il braccio sporco di sangue ma il resto dei vestiti non è messo
meglio. Infilo un dito nel buco della mia maglietta. Ah sì…
lo ricordo. Purtroppo. “Complimenti, signori. Non è da tutti farmi svenire”
scherzo alzandomi piano piano a sedere. “Lo
rifacciamo in un posto più comodo e pulito?”
Enzo sghignazza e
mi da una pacca sulla spalla affermando che non li reggo tre uomini, Elijah fa
una strana smorfia e si guarda attorno, Klaus ha lo sguardo lontano e i
lineamenti tesi. Vorrei ringraziarlo del disturbo, ma imbocca la porta proprio
mentre sopraggiungono Caroline e Stefan. Stefan lo trattiene nel locale, lei quasi corre verso di
me, evita Enzo che le ha spalancato le braccia e dopo un istante i suoi capelli
mi finiscono in bocca. Nello stesso istante, Kol
torna dentro consigliando una fuga rapida. Da come la mette giù, sembra stia
arrivando anche la guardia nazionale. Defilarsi è una buona idea. Anche se ci
ho scherzato, sto ancora tremando di paura. Elijah mi chiede di tornare a casa
con loro. Solo per una notte, per sicurezza. Caroline vuole restare a farmi compagnia.
Enzo la invita a non ‘rompere le balle’ con il pigiama party, Stefan la fa riflettere
sul fatto che ‘forse’ voglio solo dormire, lei diventa aggressiva – come sempre
quando viene contraddetta - e hanno il loro primo litigio. Posso esprimere un parere
su una cosa che mi coinvolge? No, eh?
Klaus mi guarda e
non dice niente. Sparisce nel fragore dei fuochi d’artificio che continuano
indisturbati e nelle sirene della polizia, lasciando orme insanguinate sul
marciapiede. Se mi odia, perché non ha lasciato che morissi?
///
“Here I go
Going down, down,
down,
My mind is a blank,
My head is spinning
around and around,
As I go deep into
the funnel of love.”
“Non dormi?”
I get weak in the
knees-click.
“Non ci riesco.”
Lascio ciondolare
le cuffiette attorno al collo mentre Hayley si siede
su mio letto, una gamba piegata sotto l’altra. E’ sempre enigmatica e
bellissima. “E’ stato lo spirito della strega che risiede in Davina a salvarti la vita, i ragazzi ti credevano morta.”
“Vatti a fidare
degli uomini...”
Enzo mi ha detto
che è stato proprio un ‘brutto vedere’. Sembravo priva di vita, con quella
scheggia di legno infilata a pochi centimetri dal cuore e la pelle livida per
il morso. “E’ rimasta un po’ di tisana?”
“Giù per lo scarico
del lavandino. Vuoi…”
“No, faccio io.
Tanto non ho sonno” mormoro sentendomi vagamente in colpa per aver rifiutato la
compagnia di Caroline. Voglio stare da sola, tutto qui. Hayley
non è stressante come Caroline, sa quando fermarsi.
“Ti faccio vedere
una cosa.”
Sbircio la foto sul
cellulare. Mi manca poco per mugolare come quelle cretinette
che incontri in strada, fissate con i bambini o i cani. Hope
è bellissima e sembra non aver preso dal padre… è
così allegra, nella foto. “Che splendore…” E’ la
gioia della sua mamma e dimostra che Hayley ha così tanta
fiducia in me da portarmi le prove della bambina viva.
Quando se ne va per
mettere al sicuro il suo tesoro, scendo in cucina con passo felpato. Kol sta rientrando in quel momento. Mi guarda, si stupisce
che sia lì, poi ricorda e mi ignora. Sono tutti strani, in quella famiglia.
Quasi tutti. Preparo la mia tisana e mi accampo in salotto. Ci credete che non
ho idea di dove si rintani Elijah? Non penso dorma con Hayley.
Li ho visti adorarsi a distanza e mantenerla fisicamente. Ma come fa? Non le
viene mai voglia di…
“Tesoro, stai
bene?”
Lupus in fabula.
“Non dormo e non penso dovreste farlo neppure voi. Non temete altre ritorsioni
da parte di Francesca? Potrebbe venire qui ad incendiarvi la casa.”
“Non lo farà.
Abbiamo queste ora.”
Uhhh, le pietre! Ma chi
le ha prese e quando? Apro il sacchetto che odora un po’ di vaniglia e cannella… beh, in fondo erano nascose in una biscottiera. Sassi
scuri, niente di speciale.
“L’appuntamento di Davina con Kol era un modo per
forviare il nemico ed avvicinarsi alla casa di Francesca senza destare
sospetti. Kol è un buon ladro, dobbiamo ammetterlo.”
Una cosa di cui
vantarsi alle cene di famiglia. “Beh, allora noi possiamo anche andarcene.
Avete ottenuto quello che volevate e il branco di Jace
vi aiuterà a riportare ordine in città” dichiaro con la stessa violenta
leggerezza che usò Jeremy per decidere il mio futuro la notte della festa. Mi
chiedo ancora come sarebbe stato il… ballo.
“Vi preferiamo
sapervi al sicuro.”
Devio lo sguardo
sul camino spento. Parla per te. A Klaus non frega niente di niente. Se non
l’avessero costretto, mi avrebbe lasciato morire.
“Sono felice di
vederti viva.”
Liscio le pieghe
dei pantaloncini con una mano. Sto tremando e ho bisogno di una stretta. Allungo
il passo verso di lui e gli circondo le spalle con un braccio. L’altra mano
regge ancora la tazza vuota. Elijah esita e ci mette un po’ a ricambiare. Forse
le cose con Hayley andrebbe meglio se fosse un pochino
più espansivo. “Grazie lo stesso.” Gli sorrido e mi muovo in direzione della
scalinata, poi ricordo che ho la tazza in ostaggio e subito torno dabbasso,
voltando per la cucina. Lo vedo con la coda dell’occhio e appena lo registro mi
fermo. Anche Elijah lo sta fissando, perplesso. Klaus è appena rientrato ed è arrabbiatissimo,
a livelli che non ho mai visto prima. Qualunque cosa gli sia successa, non
voglio entrarci. Poso la tazza nel lavello e torno in camera mia senza voltarmi
indietro.
///
Mi sento un po’
scema con quella ciotola di latte in mano e nessuna colonia di gattini a cui
dare da mangiare. Eppure erano qui, la volta scorsa. Confusa, gratto la testa e
torno dentro. Come previsto non ho dormito molto e mi sono alzata presto per
fare un po’ di jogging attorno alla villa. Faccio una lunga doccia fresca.
All’alba l’aria pizzicava ma passata un’ora, si era già riscaldata abbastanza
da farmi desiderare l’aria condizionata. Mando un messaggio a Caroline per
informarla che sto bene e le raccomando di non litigare con Stefan.
Lo leggerà quando accenderà il cellulare o smetteranno di…mh… non ci pensare. Faccio un rapido conteggio delle nature
delle persone presenti in casa e decido la colazione. Come previsto, l’unico a
ringraziarmi dal profondo dello stomaco è Kol che
spazzola tutto con la voracità tipica degli adolescenti. “Sto crescendo” mugola
fra un boccone e l’altro. Ha sentito l’odore nell’aria e mi è arrivato alle
spalle mentre friggevo il bacon. Lo ricordavo meno alto.
“Perché prepari la colazione in una casa di vampiri
assetati di sangue?”
“Per gentilezza e
cortesia” rispondo. “Assetati è una
parola grossa. Non credo di averli mai visti nutrirsi da quando sono qui.”
“Come sta il fratellino?”
Stronzo. “Ricordati
che sei solo umano.”
“Mi stai minacciando?”
“Ti appendo al muro
come un trofeo, ragazzino” sorrido.
“No, non ho spazio
nello studio e nel salotto stonerebbe.”
La battuta
sarcastica di Klaus ci coglie di sorpresa entrambi. Già sveglio? Gli lancio una
sguardo da capo a piedi. Ha dimenticato qualche pezzo di vestiario ma anche se
sono abituata a Jeremy che gira in boxer e maglietta per casa di prima mattina,
non è certo la stessa cosa. Non è mio fratello.
“Dov’è, la mia
vergine? Un vampiro assetato di sangue non mangia bacon e uova.”
Scherza e non so se
è un buon segno o meno. “E’ difficile trovarne una a quest’ora” borbotto e gli
presento una tazza, rossa dentro e fuori.
“C’è rimasta solo
la sua ragazza” risponde, allegro.
Kol mugugna e lo
guarda male per parecchi secondi. “Non
hai mai avuto una cosa bella e pura in tutta la tua vita. Parli per invidia.”
Bella e pura. Il
ragazzo è preso. Sorrido cercando di non farmi vedere. “Ho un dubbio circa la
dieta di Hayley. Cosa mangia ora?”
“Non ti dar pena.
E’ tornata carnivora” mormora facendo
un vago gesto della mano.
In che senso?
Klaus alza le
sopracciglia e sorride, indicando il soffitto. Oh. Ma dai? Sono contenta. E
invidiosa. “Proporrei di togliere le tende...”
“Sono avanti a te, secca.”Kol infila l’ultimo pezzo di pane in bocca e tira indietro
la sedia. “Ho un appuntamento.”
“Con la cosa bella
e pura?”
“Invidia… oh, invidia!” declama portando
due mani al cuore e terminando con un dito medio in direzione di Klaus.
Temo il momento in
cui resterò sola con lui, ma ancora una volta Klaus mi stupisce.
“Chi cucina non
pulisce” mormora togliendomi le stoviglie di mano. “Siediti lì.”
Matto. Mi arrampico
su una sedia, appoggiando il braccio destro allo schienale e scuoto i capelli
che sento appiccicati alla testa.
“Elena, non puoi
lanciarti alla cieca. Non sei indistruttibile e se non fosse stato per la
strega, il tuo nome sarebbe comparso sul muro accanto a quello di mia figlia.”
Ha preso i piatti e
li ha messi nel lavandino. Non ha alcuna intenzione di lavarli, solo di fare la
paternale a me. “Sono stata avventata” ammetto, riaprendo l’acqua e spostandolo
con un colpetto di bacino. Dove tengono il detersivo…
ah, eccolo. “Hayley mi ha fatto vedere una foto. È stupenda.”
Miro basso e gli strappo un sorriso di orgoglio paterno. “Ne avete altre?”
“Non cercare di
manipolarmi, disgraziata.”
Ammicco, mostrando
la punta della lingua.
Klaus sospira,
arreso. “Ho i miei tempi, Gilbert. Non pretendere più di quanto riesca a dare.”
“Sei fissato e
paranoico. Ho solo preparato la colazione e lavato i piatti.”
“Mi piace vederti
lavare i miei piatti…” mormora stringendo gli occhi.
“Perché sei maschilista
e pensi che il posto di una donna sia la cucina e la camera da letto.”
“Smetti di blaterare
stupidaggini” bisbiglia piegando la testa. “Per quanto ti desideri, non dimentico
il tuo recente lutto e non approfitterò di un momento di debolezza.”
Finisco di
asciugare le stoviglie e lo guardo, incerta sulla risposta.
“Elena, non sono
così insensibile da non provare niente. Se ti scopro trafitta a morte, mi viene
il malumore.”
Odio quando mi
parla con quel tono di voce. Lui non lo sa, ma le mie difese si abbassano
notevolmente.
“Guardami negli
occhi e non mentire. Cosa provi per me?”
Ha rigirato la
domanda! Che figlio di… “Un bacio non può creare
tutto questo casino…”
“Non gliel’hai mai
detto” mi interrompe, intrappolandomi contro il lavandino. “Perché non gliel’hai
mai detto?”
Perchè tira fuori Damon? Mi
fa sentire ancora più in colpa. “N-non lo so… non contava… avevo altre cose
a cui pensare…”
“Avete più fatto l’amore?”
Klaus mi solleva il mento con dolcezza ed io penso che no, non l’abbiamo più
fatto dall’ultimo litigio. Ma il motivo non era lui, erano i problemi! Liv, i Viaggiatori,
le prese di posizioni estreme. Poso le mani sul suo torace e lo allontano,
stendendo piano le braccia. “Basta così.”
“Che cosa vuoi,
Gilbert? La connessione sentimentale? Il sesso? Qualcuno che ti porti la
colazione a letto, la mattina?” insiste.
Ha sempre avuto un
ottimo frasario a cui attingere. Perché usa le mie parole? “Ho detto ‘basta
così’.”
“Io voglio tutto
questo, Gilbert. Tutto. Puoi darmelo o dobbiamo continuare a litigare fino alla
fine dei tempi?”
Klaus stese il
braccio, un occhio alla pendola per l’orario da lattaio della streghetta. Davina sospirò
profondamente, varcando la soglia. “Ho la lista degli ingredienti per
l’incantesimo.”
Un guizzo di
autoconservazione rianimò il vampiro dalla penosa chiacchierata appena
sostenuta. La sera prima aveva mancato l’obiettivo, perso la partita a biliardo
e capito che l’ostinato tentativo di ignorare Elena, nascondeva qualcosa che era sconsigliato provare. Aveva
ancora molti dubbi in merito ma ormai il danno era fatto, l’equilibrio turbato
e non avrebbe potuto cavarsela con un ‘dimentica tutto e amici come prima’.
Prima cosa, non erano amici e la notte non cercava lui, cercava Damon. L’aveva
intuito e deliberatamente ignorato.
La ragazzina si
fermò in mezzo alla stanza con le labbra serrate. “Sei fregato.”
///
Elena tirò la zip
del trolley dopo aver aperto la combinazione. Klaus l’aveva recuperato senza
dirle niente e senza aspettarsi alcun ringraziamento. Non avrebbe mai sperato
in una simile gentilezza da parte sua.
Mentre parlavano,
si era appoggiata al lavabo bagnato ed ora sentiva l’orlo della maglietta
umido, così come il retro degli shorts. Infastidita, infilò una mano fra la
pelle e il tessuto, contorcendosi per quantificare il danno. Lo specchio lungo
la mostrava accovacciata nei pressi del letto.
Klaus non si era
trincerato dietro la solita maschera di impassibilità e assenza, aveva espresso
un desiderio che covava dentro e risposto alla sua domanda. Le aveva rimbalzato
la palla, ma il senso di colpa la rosicchiava.
Elena tirò fuori il
suo adorato abitino pervinca e un mugolio interno di contentezza le distese le
labbra. Stava tornando se stessa dopo troppo tempo passato a ‘barboneggiare’ per New Orleans. Uscì dalla stanza dopo aver
cambiato gli indumenti e udì la voce di Davina. Ne restò
sorpresa. Non aveva un appuntamento con Kol. “Ehi!”
La ragazzina
rispose al saluto con un cenno con la mano e tornò a fissare il vampiro. “Ayana farà l’incantesimo, ma è compito mio reperire…”
“Ho capito ho
capito” la interruppe Klaus, irritato. “Quel che chiedi è impossibile!”
Elena scese gli
ultimi gradini con passo veloce. “Hai bisogno di aiuto? Caroline ed io abbiamo
aiutato Bonnie molte volte. Siamo brave a scovare le
scaglie di drago” scherzò.
Davina inclinò la testa,
imbronciata. “Ci serve un miracolo! Un miracolo vero, altro che scaglie di
drago!”
///
“L’incantesimo è
stato fatto con la Luna Piena, per convertirlo dovremo aspettare la Luna Nuova,
simbolo di cambiamento e trasformazione. Cade fra quattro giorni e dovrà essere
tutto perfetto e calcolato al minimo dettaglio. Se sgarriamo, dovremo aspettare
un altro mese.”
Aveva i sudori
freddi quando ripensava ai due giorni di agonia. “Mh…”
Elena versò un
bicchiere di succo d’arancia e lo mise davanti alla ragazzina. Era sempre più corrucciata.
“Cosa dobbiamo trovare?”
Davina sogghignò e Klaus batté
il pugno sul tavolo, stizzito, ma non dalla risatina della strega.
“Genevieve l’ha pensato proprio bene. Per annullare i suoi
effetti, dobbiamo versare il sangue di un uomo retto, di un puro di cuore, di
una vergine e di una persona che lo ami senza riserve.” Davina
la guardò ed Elena si accorse di essere rimasta a bocca aperta. “Se anche
mettessimo insieme tutti gli ingredienti, dove la troviamo una tanto scema da
perdere la testa per lui?!”
///
Aveva aspettato
un’ora, fermo su quella panchina a macerare al sole. Quando fu evidente che Davina non si sarebbe presentata, Kol
vagò un po’ per le stradine ma l’orgoglio lo tenne lontano dall’abitazione
della ragazzina. Tornò a casa, scornato e imbronciato, domandandosi cosa aveva
sbagliato e quando. Davina aveva apprezzato il bacio,
ma si era fermato quasi aveva sentito una certa resistenza da parte sua.
Diamine, per una volta che voleva fare le cose per bene…
Ne udì la voce
appena messo piede in casa. Stranito, si diresse verso il salotto e si fermò sulla
soglia. Ma bene! Gli aveva dato buca per stare appresso ad una nuova stramberia
del fratello!
“Buongiorno.”
Kol rispose con un
grugnito al saluto del maggiore. “Tutto
ruota sempre attorno a lui” disse, a bassa voce. “Non è cambiato niente.”
Elijah si prese del
tempo per capire. Uscire dalle braccia di Hayley, era
stata la cosa più difficile che aveva fatto negli ultimi cento anni. Era ancora
sulla famigerata ‘nuvola rosa’ e si augurava che la sensazione durasse il più a
lungo possibile. “L’hai aiutata con l’incantesimo di localizzazione…”
“Le streghe hanno sempre doppi fini…”
“… e hai rubato le
pietre ben sapendo a cosa servissero.”
“Allora?” mugugnò, torvo. “Questo le da il diritto di saltare gli appuntamenti senza neppure
inviare un piccione viaggiatore virtuale?”
Ah, era stato
bidonato. Per essere un adulto di novecento anni, rispondeva male alle buche.
“E’ una ragazza onesta. Ci sarà stato un contrattempo…”
“Tzè! Klaus l’ha convocata e
lei è corsa! Non è cambiato niente!”
Elijah non se la
sentì di biasimarlo. Kol non era presente quando il
fratello aveva ricominciato a sanguinare da tutte le ferite inflitte nel corso
dei vari anni, ed era quasi impazzito di dolore. Posò una mano sulla spalla del
ragazzo e la strinse. “Parla con lei.”
“Per udire qualcosa che già so?”
“Tu non sai un bel
niente, scemo!”
Kol arrossì e una
sensazione di paura lo aggredì sotto il diaframma. Alzò il mento, orgoglioso. La
sua bellezza risaltava con le gote rosse di rabbia e dispiacere. Le labbra le
tremavano e sembrava sul punto di piangere. La rabbia di Kol
vacillò mentre Elijah si eclissava in silenzio. Ricordava secoli ben più
placidi. Erano le donne ad essere cambiate.
///
“Ti ho aspettato un’ora su quella panchina!”
Kol le piaceva eccome
ma Ayana l’aveva coinvolta nell’incantesimo,
scombinandole i piani. “Sono cambiate alcune cose, ok?!”
“Quali cose?”
Il ragazzo le
sfiorò per caso e una scossa elettrica lo fece saltare indietro. Ma che cavolo… una protezione magica contro di lui?!
“Queste cose!” borbottò, frustrata.
“L’incantesimo di Genevieve ha provocato uno
squilibrio nella natura. Finché non sistemiamo le cose, non posso concentrarmi
su altro.”
“Non puoi avere una vita privata?!”
Davina si morse il labbro
inferiore e scosse la testa. Kol la guardava come se
l’avesse tradito di proposito. “Scusa…”
“Non posso toccarti?”
“No…”
“Ne baciarti?”
Un altro cenno di
diniego. “Se abbiamo fortuna, in quattro giorni sarà tutto finito…”
Kol si rasserenò di
colpo. Non era il caso di farla tragica per quattro giorni.
“… altrimenti,
dovremo aspettare un intero mese prima di provare a convertire l’incantesimo.”
Un mese era fuori
questione. “Posso aiutarti o sono
tagliato fuori dall’assistenza?”
“Accetto tutto
l’aiuto possibile. È un’impresa disperata.”
///
Il cappio che
portava al collo stringeva sempre di più. Spaventato, Klaus si sfogò nell’unico
modo che conosceva.
Elena lo osservò
per tutto il tempo che impiegò a scagliare il bicchiere contro il camino, ma
trasalì lo stesso quando il vetro si ruppe. Aveva intuito che Davina fosse la vergine nominata, ma in quella città erano
tutti marci e corrotti fino al midollo. Dove lo trovavano un uomo retto e un
puro di cuore? Qualcuno che lo amasse incondizionatamente. “Hope.”
Klaus si voltò di
scatto e la fissò. Elena sostenne il suo sguardo con un certo timore che le
saltasse al collo. “Il suo amore è puro.”
“No! Non esporrò
mai mia figlia ad un simile rischio!”
Ci aveva provato.
Elena attorcigliò una ciocca attorno al dito. “Non c’è modo di aggirare
l’incantesimo?” disse alla streghetta quando tornò
dal rendezvous
chiarificatore con Kol.
In sogno, Ayana le aveva detto qualcosa che non aveva saputo
intendere bene. Sangue antico, appena
nato. “Ma forse era sangue antico e
appena nato...” tentò di ricordare.
“Sforzati. Sono due
cose diverse” ringhiò Klaus adocchiando il fratello minore. Lo indicò col dito,
dubbioso. “Lui è appena tornato in vita.”
“Ergo?”
“Sangue antico, appena nato. Ascolta la
tua ragazza quando parla.” Klaus sorrise bieco, scontrandosi con la gelida
facciata del fratello. “L’amore rende gli uomini puri di cuore e di spirito… o almeno così mi hanno detto.”
“E’ davvero triste scoprire che le cose migliori della
vita le conosci grazie ai libri, Nik...”
“Poche ciance: vuoi
andare a letto con la tua ragazza vergine o no?”
Davina arrossì, girò su
se stessa e scappò via. Elena stessa avrebbe voluto sotterrarsi per
l’imbarazzo. “L’hai pensato e il cervello ti ha detto ‘va bene, dillo?’ Vorrei
capire quale demone ti possiede, quando dici certe stronzate!”
“Istinto di
sopravvivenza, mia cara! Se fossi tu, la vergine, non esisterei a
sacrificarti!”
Elena lo guardò per
un lungo momento e la delusione risalì il cervelletto. Come aveva detto, la
sera della festa? ‘L’amore non fa davvero
cambiare gli uomini. E’ un’illusione creata dalle donne per giustificare
scopate grandiose con lo stronzo di turno’. Beh, i suoi principi morali
erano troppo forti per stare con qualcuno di cui deplorava le azioni. Il
problema fra loro si era risolto in automatico grazie alla sua scarsità di
tatto. “Non aveva dubbi” mormorò laconica e la rassegnazione con cui l’aveva
detto, non passò inosservata al vampiro.
“Chi altro è
tornato dall’Altro Lato?”
Jenna, ma non
avrebbe mai collaborato.
Alaric, ma si era già macchiato
di una serie di omicidi.
Stefan. “Stefan è l’uomo retto!”
Klaus sospirò,
vagamente rinfrancato. Era passato dalla disperazione alla speranza in meno di
un minuto. “Buon vecchio amico…” sussurrò cercando il
numero nella rubrica.
“Elena, hai
attraversato anche tu l’Altro Lato…”
“Ce l’avete, la
vergine” sibilò in direzione di Elijah, lanciando al contempo un’occhiata a
Klaus che la guardava con interesse. “Sei talmente corrotto che hai bisogno di
ben quattro persone per convertire l’incantesimo. Gli sforzi di Nadia non sono
serviti a niente.”
La sua mente
funzionava in maniera perversa nei momenti meno appropriati. Elena Gilbert di
nuovo vergine? Appetitosa ed impegnativa, il suo ideale. “Ora capisco da dove
proviene l’isteria” mormorò, l’orecchio attaccato al cellulare che continuava a
suonare a vuoto.
Elena sorrise a
denti stretti e attorcigliò un’altra ciocca di capelli fra le dita. “Ti manca
l’ultimo ingrediente, il più importante.”
“La troverò,
dovessi sedurre tutte le donne di New Orleans!”
Oltre a mancare il
tempo necessario, mancava l’attrezzatura.
Elena fece una panoramica del vampiro e sogghignò tanto da contrarre
dolorosamente lo stomaco.
“Non mi dai fiducia.”
Oh, non centrava la
fiducia. Elena continuò a ridere sommessa. “Ci siamo sempre chieste perché
Caroline non avesse mai voluto raccontare niente... non ce la faceva con
l’immaginazione... neppure nel deserto tanta miseria…”
///
L’acqua le finì nel
naso ed Hayley si strozzò e cominciò a tossire e
ridere insieme. Gli sfottò da spogliatoi lo mettevano sempre ko, doveva essere
legato a qualche episodio dell’adolescenza. Klaus parlava tanto ma non
raccontava mai niente di se. Si affacciò nel salotto per gustare la scena: Elena
ed Elijah si ‘sgomitavano’ a modo loro con ammiccatine e sorrisetti che
svanivano appena il vampiro si voltava. Che pesti! Pungolato nella virilità, Klaus
reagiva male come qualsiasi altro uomo ma era la prima volta che lo vedeva davvero
in imbarazzo.
“Ah-ah. Non verrete a chiedere il mio aiuto, quando un
licantropo vi morderà.”
Klaus aggirò la
donna lupo che era rimasta ferma a guardarli sulla soglia del salotto con un
sorriso che arrivava alle orecchie. “Vuoi sfottermi anche tu?”
“Ringraziala. Stavi
andando ko un’altra volta.”
Lui non andava ko.
“Sono d’accordo nel
non coinvolgimento di Hope, però ha ragione Davina. Dove la troviamo una tanta scema che tenga a te?”
Nadia. Ma Nadia era
morta da mesi, ormai. “La troverò” mormorò sbrigativo, allungando il passo. Klaus
ignorò la pressante sensazione di fallimento e si rinchiuse nello studio.
Elena rise ancora
un po’ contro il pugno chiuso quando scomparve alla loro vista. Sfotterlo era
un modo per allentare la tensione. Faceva scelte estreme quando era messo sotto
pressione.
“Avete esagerato” li
rimproverò Hayley, abbracciando la schiena di Elijah
che le accarezzò le mani, passò il braccio sopra le sue spalle e la strinse a
se.
Erano così carini
che Elena sorrise. “Gli fa bene non prendersi troppo sul serio.”
“E’ stato a letto
con la tua amica? Potrebbe essere lei, l’ultimo ingrediente?”
No, lo escludeva a
priori.
“Le parole delle
streghe non vanno sottovalutate. Ayana ha detto ‘una
persona che lo ami senza riserve’.”
“Rebekah” disse Elena, lenta. “Le ha rovinato la vita ma lei
continua ad ‘amarlo senza riserve’.”
Elijah fece un
piccolo cenno col capo. “La chiamo subito.”
///
Toc toc.
“Posso entrare?”
Klaus non staccò
gli occhi dal soffitto e non cambiò posizione, sdraiato sul letto con le
braccia dietro la testa. “E’ una domanda scontata. Sei già entrata.”
Non era del tutto
vero. Era ferma sulla soglia della stanza da letto.
“Che cosa vuoi,
Gilbert?”
“Abbiamo trovato
l’ultimo ingrediente.”
Il vampiro girò lo
sguardo su di lei, alzandosi sui gomiti.
“Rebekah è la tua più grande sostenitrice.”
Non avrebbe mai
pensato alla sorella. Non voleva coinvolgerla ed affibbiarle altri compiti
gravosi.
“Elijah la sta
chiamando proprio in questo momento.”
Bene. Klaus
ripiombò sdraiato e incrociò una gamba sull’altra. “C’è altro?”
“Ti vengono i
pensieri brutti quando sei scosso. Fa spazio!”
Klaus spostò il
bacino di tre millimetri, ritrovandosi il fianco morbido della ragazza spinto
contro il suo. Aveva completamente dimenticato com’era avere paura di lui.
“Ti stiamo aiutando
perché teniamo a te” mormorò sistemando il cuscino dietro alla schiena. “Non
vuoi accettarlo.”
“Sono realista,
Gilbert. Se non fosse per la linea di sangue, ve ne freghereste della
maledizione.”
“E un po’ stronzo: ho
un vestito da urlo e neppure un complimento.”
L’aveva visto bene,
il vestito. Aveva la lingerie nera, sotto. “Sei molto carina.”
“Puoi fare di
meglio.”
“Una vera
educanda.”
Cioè era sexy come
una suoretta? “Se non ci fosse stata Davina, non avresti esitato un attimo a sacrificarmi. Bel
ringraziamento per averti curato quando stavi male.”
“Un taglietto sul
dito non ha mai ammazzato nessuno” mormorò dandole la schiena. “Vattene, mi infastidisci.”
Quella chiusura
completa l’aveva sperimentata con Damon molte volte. Elena si guardò attorno, muovendo
solo gli occhi. “I doppelgänger
sono ‘programmati’ per incontrarsi così è più facile trovarli e usare il loro
sangue per i rituali.”
C’entrava la storia
che aveva raccontato Kol?
“La mia antenata ha
amato l'uomo sbagliato ed è stata punita ed imprigionata viva in una roccia per
l'eternità dalla stessa strega che l'ha resa immortale…
trasformata nell’Ancora che collegava i due mondi e destinata a mai più
ricongiungersi con l’amato…”
Era proprio quella storia.
“Non era vero amore
fra me e Stefan e ora Damon è morto. Morto morto e non tornerà in vita. Quando appare la Luce Bianca,
c’è poco da scherzare” mormorò, sfiorando piano la sua spalla. “Come vedi il mio destino è tracciato ma sono sempre
disponibile a cazzeggiare con gli amici. Alleggerisce la giornata.”
“Hai abbassato il
sipario e dichiarato chiuso lo spettacolo?”
Elena mise un piede
a terra e pensò che l’idea era proprio quella.
“Mille anni di
solitudine non si augurano a nessuno.”
Mille anni…
“All’inizio ti
sentirai sola. Piano piano diventerà normale il vuoto
della stanza e del tuo cuore, e alla fine, un’interferenza esterna piacevole ti
sembrerà una scocciatura” concluse con lo sguardo di chi la sapeva lunga. “Sono
pochi, i fortunati come mio fratello che continuano a cercare di ricongiungersi
all’altra metà della mela... si alzano con uno spirito diverso, la mattina.”
“A loro non serve
il cric per tirarlo su?”
A-ah. Spiritosa. “In
altri tempi e in altri momenti, le tue grida di piacere avrebbero risuonato per
chilometri… ma ammetto che potrei essere arrugginito e
troppo angosciato per prendermi significativamente cura di te.”
Diceva quelle cose
con una tale leggerezza che… Elena deglutì e il cuore
le pulsò nel petto. La seconda gamba raggiunse la prima. “Volevi sedurre tutta
New Orleans, dieci minuti fa…”
La sua voce si era assottigliata
e il battito del cuore lo assordava. Esisteva una legge non scritta che
impediva a quelli come lui di amare donne come lei. Ti rovinavano e poi non
sapevi più dove stavi andando. “Penso in grande.”
Essì, sei
la prima! Ho quasi cento letture a capitolo ma nessuno interessato a
recensire... ça va sans
dire! ^^ Mi piace fare i crack pairing da una vita ma
se i lettori non trovano le solite coppiette si straniscono, lo sai... se hai
notato, qui non ci sono coppie vere e proprie, non sto scrivendo una storia
d'amore ma un fatto che ha portato più persone ad interagire con le inevitabili
conseguenze. Non manca molto alla fine, questo capitolo e altri due (uno è già
pronto e lo sto solo correggendo). Dopo questo capitolo, potete mandare impressioni,
insulti e killer a pagamento al solito indirizzo ;) Buona lettura!
“Puro di corpo e di
spirito?”
“Così dice la
strega...”
Infilo la cannuccia
nel milk shake e lo muovo su e giù. Ogni volta che entra ed esce, la plastica
produce un suono fastidioso contro il tappo dello shake. Siamo nella parte
neutra di New Orleans, molto al di là del ponte. Enzo mi ha dato un passaggio
in moto e ha suggerito di rubarne una per me. Teme che la sua copertura sia
saltata e non ha speranze di riavvicinare Francesca.
“I boxer di che
colore erano?”
“I boxer di chi?”
Jenna ci ha
raggiunte sulla via dei negozi. Insieme abbiamo scovato un piccolo e grazioso cafè. Caroline
spalanca il menù e sgancia la bomba. “Klaus le ha fatto una mezza dichiarazione
mentre era in mutande.”
Jenna chiude la
borsa e la appende alla sedia. “Sicuro di
se, il ragazzo…”
Occhieggio l’elenco
dei cocktails anche se ho ben in mente cosa ordinare.
“Blu. Erano blu. Cambiamo argomento.” Sento lo sguardo di Caroline su di me, ma
appena arriva un messaggio nel cellulare di Jenna, lei torna a scegliere la sua
consumazione.
“Rick dice che c’è un sacco di movimento a casa di
Francesca.”
“Avrà scoperto il
furto...” sussurro. “Prenderò un Mai Tai.”
“Sono le cinque del
pomeriggio.”
Devo offuscare la
mente per qualche ora e non pensare a niente. Il medico interiore lo raccomanda
fortemente. “Hai ragione, meglio un Long
Island” convengo con Caroline. “Ha il tè, dentro.”
Il menù di Care
crolla sul tavolo. “Stefan potrebbe essere vergine!”
Come se ad un uomo
cambiasse qualcosa.
“Ehi, contestualizzate la ritardataria.”
“Chi torna dall’Altro
Lato rinasce puro di corpo e di spirito, a quanto dice la strega che possiede Davina.”
Jenna smette di
scrivere al cellulare e ci guarda. Sembra sbigottita e anche un po’
imbarazzata. “Ah.”
Caroline ed io
scambiamo un’occhiata. “Sei stata a letto con Rick e hai notato qualcosa di
strano?”
Jenna arrossisce e
strofina una mano sul collo, gli occhi inchiodati allo schermo. “Mh...”
Caroline spalanca
la bocca e mi indica col dito. “Quindi anche tu…”
No nono! E’ stato un calvario, non
mi è piaciuto e non voglio riaffrontare quello strazio di tensione e timore!
Torno a leggere il menù, la fronte corrucciata. La cameriera compare col
taccuino. “Ciao ragazze, che vi porto?”
Caroline mi guarda
dispiaciuta e alza tre dita. “Tre Long
Island. In quantità smodata.”
///
Non era come
mangiare una bistecca al sangue. “Mh…”
“Quando
l’incantesimo verrà annullato, tornerete a soffrire al sorgere della luna
piena. Il sangue degli ibridi vi proteggerà dalla trasformazione.”
Klaus tamburellò le
dita sul tavolo ed Hayley si appoggiò allo schienale
alto. “Deve essere una vostra scelta, Jace. Ci stiamo
sdebitando con voi.”
Il licantropo
guardò il bicchiere con aria poco convinta. “Ne devo parlare con i ragazzi.
Ehi, quella tipa carina che fine ha fatto?”
///
Sbronzarci
rientrava nei piani ma non ricordo come e quando abbiamo rubato la
motocicletta. Quando siamo nel vialetto, mi rendo conto di non saper frenare
sul ghiaietto. Perdo aderenza, scivolo di lato e mi brucio tutto il polpaccio
sinistro, ruzzolando parecchie volte in un intrico di gambe e braccia con
Caroline. La moto finisce sull’aiuola, urtando la colonna all’entrata con un
rumore infernale. Chiudo gli occhi pensando che il risultato l’ho raggiunto,
sono ferma. La testa mi fa un male cane. Caroline cerca di rialzarsi senza
pesarmi addosso.
“Hai detto di saper
guidare quella cavolo di moto…”
“Ho detto che ci
saremmo fermate…”
“Siete ubriache
fradice, amiche mie.”
Conosco il
licantropo di vista ma non so il suo nome.
“E’ troppo grossa
per te. Dovevi rubarne una più piccola.”
E tu hai due
meravigliosi occhi color ghiaccio, penso mentre lo sconosciuto mi solleva dal
terreno.
“Non hai idea di
dove si trovi il freno, vero?”
Trovo buffissimo
tutto quello che dice. Rido, di nuovo accucciata sulle gambe. L’incidente ha
attirato fuori Elijah che ci viene incontro in tutta fretta. “State bene?”
Caroline fa un
cenno con la mano e si abbassa verso di me. “Se ci pensi, non è così grave. Hai
l’esperienza dalla tua. Su, smetti di piangere...”
Non sto piangendo,
sto ridendo.
“Dai… andiamo a lavarci la faccia. Siamo in disordine”
borbotta accarezzandomi le spalle. “Non siamo carine col trucco colato.”
Impossibile, ho un make up super resistente.
“Che le è
successo?”
“Cose di donne.
Dacci mezzora per favore… un’ora sarebbe meglio.”
“Passate dal retro.
C’è un po’ di movimento in casa.”
Che movimento?
Smetto di singhiozzare e guardo Elijah che ha una reazione strana. Mi passa un
fazzoletto con la sua solita gentilezza. Lo accetto ma non lo uso.
“Il branco di Jace ha catturato Francesca.”
Se la donna cattiva
è morta, la bambina potrà tornare a casa. Mi stacco da Caroline e lo abbraccio
con la poca forza che mi resta. “Sono tanto felice per voi…”
“Tesoro, tesoro… no. Lascialo, da brava…”
Sento Elijah
mormorare sopra la mia testa qualcosa come ‘non importa, Care’ e la sua mano
accarezzarmi i capelli. Qualcosa di caldo scivola via dall’orecchio, la
pressione si abbassa di colpo e vedo nero. Le gambe si piegano da sole. Mi
sento afferrare e sento la voce di Caroline sempre più lontana.
///
“Ha detto proprio ‘lo’ ami senza riserve o un generico ‘ami
senza riserve’?”
Non lo ricordava
più. Davina scosse debolmente la testa. “E’ un
cavillo, Kol.”
“Ti dico che non può essere Rebekah.
Il sangue antico deve essere appena nato. Il mio sangue, il sangue di Stefan…”
“Ed io, allora?”
“Tu sei posseduta dalla strega antica ma il tuo sangue
è giovane. Rebekah salta un passaggio. Io punto su
Elena.”
“Perché è
compassionevole?”
“È l’unica abbastanza stupida da scusare le porcate di
mio fratello e poi conosciamo la sua storia dall’inizio.”
“E se fosse lei, la
vergine?”
“Naa.”
“Perché no?! Chi è passato è rinato come essere innocente,
puro di corpo e di spirito! La Natura non opera in modi misteriosi: il momento
in cui Genevieve ha lanciato l’incantesimo, Elena e i
suoi amici sono tornati dall’Altra Parte. Non è una coincidenza!”
“Come facciamo ad esserne sicuri? Tentiamo e se va
male, riproviamo il prossimo mese?”
Quando si arrabbiava,
gli occhi gli brillavano. Davina riportò la sua
attenzione al grimorio e tracciò un disegno su un angolo del quadernino. Era davvero carino. Gli sorrise, timida. Il
ragazzo si avvicinò, sfiorò i capelli e ritirò le dita con un sibilo doloroso. “Porc…”
“Perché insisti a
farti male? La barriera funziona sempre.”
“Non mi arrendo. Siamo tutti testardi, in famiglia.”
///
C’era un’inconsueta
calma a cui nessuno dei due era abituato. Klaus studiò bene tutte le mosse
possibili e spostò una pedina avanti. Hayley era
partita con Elijah per incontrarsi con Rebekah e a
lui toccava fare la balia ai ‘bambini’. E alla moribonda. New Orleans si era
rivelata deleteria per Elena Gilbert: appena scendeva a ‘giocare in giardino’,
si faceva la bua. Che imbranata!
Stefan fece fuori
l’alfiere con un movimento quasi invisibile. “Scacco.”
“Mi arrendo” disse
facendo cadere la Regina. “Un’altra?”
I pezzi vennero
risistemati. Troppa calma, non sarebbe durata.
“Questa storia del ‘puro
di corpo e di spirito’, suona di stronzata.”
“Mh…Davina ha una specie di
allarme salva-vergine incorporato. Se Kol prova a
toccarla, resta fulminato.”
“E funziona con
tutti o solo con lui?”
“Non mi ha ancora
accusato di rovinarle la vita...”
“Sta arrivando”
sussurrò Stefan fra i denti. “Non è felice.”
Klaus sogghignò, un
occhio al fratello minore. “Fatto progressi?”
“Non parlarmi” sibilò andando dritto verso la cucina. “Tu mi stai rovinando la vita!”
Stefan soffocò una
risata. “Avete bisogno di aiuto?” domandò ricevendo solo silenzio in risposta.
Un parafulmine,
pensò Klaus con un sorriso divertito. “Tocca a te controllare la moribonda.”
“Ci sono stato due
ore fa e non ne ho voglia.”
Klaus sbuffò,
esalando un “mi stai rovinando la vita!” in
falsettoche provocò una sommessa
risata. Ogni volta che entrava nella stanza, gli veniva voglia di restare ad
attendere il suo risveglio. Non centrava il romanticismo o il senso di
protezione: semplicemente voleva essere il primo a sfotterla.
///
Odore di rivista
patinata. Sul comodino lontano da me, scorgo la costina alta diHarper'sBazaar. Roba di Caroline. Non ho più un graffio
addosso, mi sento bene. C’è troppa luce fuori, deve essere mattina inoltrata.
Appena metto giù le gambe dal letto, mi accorgo di indossare un lezioso
pagliaccetto che avevo comprato e destinato ad un uso ‘improprio’ nel caso in
cui Damon ed io ci fossimo rappacificati. Come previsto, era rimasto con le
etichette attaccate nel cassetto dell’intimo. Devo averlo infilato in valigia
per sbaglio. Il rosa cipria è talmente virginale che non mi sfugge la beffa di
Care. Trovo un suo post-it attaccato nella pagina interna della rivista.
‘Tornata in albergo a cambiarmi.
Ti voglio bene.
Ps: non
ho fatto sesso col tuo ex!
XOXO’
Tzè! La mantide non
vede l’ora di cogliere quel fiore!
Sorrido, afferro la rivista per un angolino e qualcosa cade in terra. Una rosa
bianca, appena sbocciata. Non ci sono spine attorno al gambo. E’ molto elegante
ed emana un profumo discreto. La annuso con piacere mentre chiamo Caroline.
Risponde dopo molto rumoreggiare. “Care?”
>Mi è caduto il
cellulare nella doccia… accidenti, è tutto bagnato… ti senti meglio?<
“Ho trovato una
rosa virginale in camera mia. Come
devo interpretarla?”
>Non ho detto
niente a nessuno. Noi ‘baciamo e mai
parliamo’, è la prima regola<
Non avevo dubbi.
>Che cosa mi è successo?<
>Hai avuto
un’emorragia celebrale. Quando sei caduta dalla moto, hai battuto forte la
testa<
Rabbrividisco,
ricordando la mia morte. “Mh…”
>Sei proprio stronza!<
Eh?
>Tu sei la mia
migliore amica e devo venire a sapere da Klaus che hai avuto mille incidenti da
quando sei a New Orleans?!<
Me la paga, lo
giuro su dio! “Ha esagerato. Lui esagera sempre.”
>Non fare come Bonnie! Non chiamarmi all’ultimo minuto per dirmi ‘ciao
Care, lo sai che sto morendo?’! Non lo sopporterei, Elly!
Non di nuovo!<
“Care, calmati…”
>Sono calma! Se
non fossi calma, sarei lì a strangolarti di persona!< urla facendomi
staccare il cellulare dall’orecchio. Mi rendo conto di averle nascosto tante
cose, esattamente come faceva Bonnie con noi. “Care,
ti voglio bene.”
Riaggancia e il
senso di colpa viene soppiantato da una rabbiosa sensazione di tradimento. Quel
tipo non tiene mai a freno la lingua!
Toc toc
Riconosco la
bussata. Spalanco la porta, lo afferro per la maglietta e lo tiro dentro,
sbattendolo contro il muro. Gli resto addosso. “Perché racconti i fatti miei a
Caroline?! Non è necessario che conosca i dettagli, soprattutto se questo
include morti accidentali ed incidenti vari! Le hai detto anche del
cacciatore?!”
Klaus scuote la
testa e resta con le braccia lungo i fianchi. Ha l’aria di uno che vuole dire
qualcosa.
“Pensavo di potermi
fidare di te!”
“Conosci la storia
della rana e dello scorpione?”
"Tutti la
conoscono, brutto rospaccio!”
Klaus sorride e mi
afferra i fianchi. Attraverso il raso sento tutto. Pressione, calore… le contrazioni improvvise all’interno del mio corpo…
“Nella versione
originale, lo scorpione punge la rana a metà del percorso e muore affogata
insieme ad essa.”
Le sue mani salgono
e i pollici mi sfiorano i lati del seno. La ‘botta’ non l’ammortizzo molto bene
e la minaccia semiseria che ho preparato, vira in un miagolio tremolante. “Ho
voglia di farti del male…”
Lui espira e mi
sorride, ma in modo diverso. “Non ci speravo più...”
///
La rosa proviene da
un vaso di fiori che è stato fatto recapitare stamattina ad Hayley,
per festeggiare il ritorno a casa della bambina. Senza farmi vedere, l’ho riaggiunta alle sue compagne. Mi sento un po’ umiliata a
ricevere i fiori destinati ad un’altra. “Scacco.”
“Giochi da due ore
e sei già una campionessa?”
“Sei tu che sei una
sega” borbotto mentre Stefan risistema i pezzi. Mi
sdraio sul divano e punto la testa contro la mano.
“Posso avere una
goccia del tuo sangue per fare un esperimento?”
“Non è letale,
vero?” borbotto porgendo il dito a Davina. Mi sento
un po’ in colpa a starmene qui sdraiata mentre loro faticano tanto.
“Pura magia bianca.
Mi serve solo per dimostrare una cosa.”
Davina mi mostra un fiore
appassito che ha raccolto in giardino. Mormora qualche parola magica e lascia
cadere la gocciolina in bilico sulla punta dello spillo, direttamente sul
bocciolo spento. Non ci vuole molto, prima che si apra e riacquisti un aspetto
vivace. Sorrido, ma sia lei che Kol hanno una faccia
da mortorio. Il ragazzino batte una mano sulla fronte. “Non è lei.”
Davina ha un moto di
irrequietezza. “Se lei è la vergine, dove cavolo lo peschiamo l’ultimo
ingrediente?”
“Non lo so!”
Ho accusato
Caroline di aver aperto bocca a sproposito ma i miei affari privati sono stati
messi in piazza nel modo peggiore. Mi sento male. Sul serio.
“Ti va un’altra
partita o…” Stefan mi
guarda, aspettando un cenno da parte mia. Dubito abbia dimenticato quella sera… e con lui mi sentivo a mio agio. “No” soffio. “Vado a
fare una passeggiata.”
“Non farti male,
per favore.”
L’ha promesso a
Caroline e a Klaus prima che uscisse a reclamare la città. Le moto dei ragazzi
hanno lasciato lunghi segni sul prato. Penso che l’erba ricrescerà e presto non
si vedrà più niente. Qui ricresce qualsiasi cosa, a quanto pare…
///
“Hai cambiato la moto?”
“Eh sì. Quella
bellezza va una meraviglia.”
Avevamo intravisto
questo posto nel viaggio di ritorno da Natchez. La
collina degrada in una piccola pianura e a parte il frinire dei grilli, non si
sente altro. Apprezzo la musica jazz ma sono stanca di trombe e sassofoni. Enzo
ha le birre gelate, io il take away del cinese. Una
moltitudine di stelle ci sovrasta. Lui stappa una birra e me la passa. Infagotto
la felpa e la sistemo sotto la testa. Jenna è partita con Rick. Hanno avuto il
loro happy end. “Ora dove andrai?”
“A scoprire il
mondo, baby. Se resti imprigionato più di cinquanta anni, ti vengono le vogliette.”
“Ruberai un’altra
moto?”
“Ne ruberò tante
altre. Quando un uomo ha il vento sulla faccia, non ha bisogno di altro.”
“Mh…” borbotto ingoiando un sorso di birra. “Io tornerò al college…”
“… e
dimenticherai?”
Enzo si alza su un
gomito e mi guarda con uno strano scintillio negli occhi. Sta per dire qualcosa
di orribile, lo sento.
“Il principe delle
tenebre ti ha chiesto di giocare alla bestia a due groppe, vero?”
Scuoto la testa,
stampandomi un bel sorriso ironico in faccia. Se ci ripenso, mi viene la pelle
d’oca.
“Ma falla finita…” ridacchia e ripiomba a guardare le stelle. “Quel
tipo ti piace, ma siccome è un testa di cazzo e tutti lo detestano, invece di
ascoltare la vocina della vongolina, ti lasci
influenzare dai giudizi altrui.”
Vongolina?! “Enzo, fra due
giorni me ne vado.”
La sua birra batte
contro la mia. Una goccia mi bagna il dito. Lo guardo di traverso.
Sembra di stare al
cinema, mancano solo i pop corn.
Rebekah è arrivata con la
bambina e la prima cosa che ha detto è stata ‘ti prego, non farla cadere!’
mentre era ancora in braccio ad Hayley che, a
differenza degli altri, nutre un po’ più di fiducia nelle capacità genitoriali
di Klaus. Sono rimasti un po’ a studiarsi padre e figlia, poi la piccoletta ha
fatto un verso e mosso i pugnetti. Era il segnale per farsi prendere in
braccio? Rebekah gli ha spiegato come tenerla, Klaus
le ha lanciato un’altra occhiata ammonitrice che a me avrebbe zittito
all’istante ma che a lei non ha fatto ne caldo ne freddo, e come se non avesse
fatto altro nella vita, l’ha sistemata contro di se.
“Ciao nana.”
Emozione nella
sala!
Una manina si
chiude a pugno. Una serie di gorgoglii e risatine. Linguaggio strano, vocali,
farfugliamenti. Un’altra ‘a’. È proprio bellina e ha i capelli neri. Immagino
che gli occhi siano azzurri come in tutti i neonati.
“Elena, non farti
venire il torcicollo. Puoi avvicinarti.”
“Attendevo il
benestare della madre” mormoro facendo qualche passo in avanti. La ragazzina
non è interessata a me, sta troppo bene in braccio al padre. Ah, no. Mi ha
scoperto. Si agita, sbava un po’ e si rintana timida, poi mi sorride di nuovo,
birichina. Che dolce. “Somiglia a te” dico ad Hayley.
Lei fa un mezzo sorrisetto e guarda Klaus che in quel momento è un concentrato
d’amore e non ci degna di attenzione. “Purtroppo le femmine prendono il carattere
del padre.”
Non replica,
assorto in se stesso. Potrebbe cadere la casa e lui scavalcherebbe i calcinacci
con indifferenza.
E Caroline se lo
sta perdendo!
“Ti sei incantata?”
Perché Rebekah cerca la lite? Ho capito che non è per niente
felice di vedermi e che muore dalla voglia di tempestarmi di domande, ma
potrebbe essere comprensiva: quella bambina ha ‘risintonizzato’
Klaus. “E’ come guardare l’ultima puntata del tuo telefilm preferito” rispondo
ed Elijah sorride e posa una mano sulla spalla della sorella. “È tardi ed
immagino che la bambina dovrebbe essere già a letto da un pezzo.”
“È vispa, certe
volte mi tocca restare sveglia tutta la notte” borbotta accarezzando la schiena
della piccola. “Vero, mostriciattola?”
Tanto vispa non lo
è più. Sonnecchia in braccio al padre con il pugnetto
in bocca. Lo farei anche io se avessi qualcuno che mi coccola così. Si muove
sempre di meno, chiude gli occhi e bum, buonanotte a tutti. Klaus la guarda e
sorride accarezzandole la testolina.
Perché Caroline se
lo sta perdendo?!
Rebekah è allibita. “Come
hai fatto? Non si addormenta mai così velocemente!”
“Lo facevi anche
tu. Vi addormentavate subito, quando eravate insieme.”
Ma che cosa tenera!
Salto con lo sguardo dalla faccia perplessa di Rebekah
a quella rilassata di Klaus. È su un altro mondo.
“Certo, mi sentivo
al sicuro… dov’è, la culla?”
“Al piano
superiore” mormora il neo papà e guarda Hayley. Lei
fa un cenno con la testa. Seguo il passaggio della bimba rendendomi conto che
hanno una sintonia perfetta quando si tratta della piccola. Si capiscono al
volo. Sono una coppia perfetta.
“Non te la puoi
squagliare, sorella. Dovrai insegnarmi a farle il bagnetto e tutto il resto”
mormora seguendo con lo sguardo madre e figlia che risalgono lente la
scalinata.
“Vuoi che resti?”
sussurra, incredula. “Davvero?”
Klaus l’afferra per
il collo con affetto e le dice qualcosa nell’orecchio. Lei sorride e lo
abbraccia.
Jeremy ed io ci
vogliamo bene ma non facciamo tale mostra di sentimenti. Questi due sono
imbarazzanti!
“Hope adora l’acqua. Adora soprattutto schizzartela
addosso.”
“Tu facevi lo
stesso.”
E se lo diceva Elijah…
“E anche tu.”
“Io ricordo un
torrente che gelava d’inverno.”
Kol rientra in quel
momento sbuffando come un mantice. Sbatte la porta ed impreca. “Un altro buco nell’acqua.”
Klaus fa spallucce.
In questo momento non pensa a se stesso. “La sorella preferita è tornata a
casa” annuncia e spinge avanti Rebekah che è rimasta
impietrita alla vista del fratellino redivivo.
“Quando… come?!”
“C’è stato un
incidente con l’Altro Lato.”
Mi si blocca lo
stomaco. Mi eclisso in silenzio per regalargli un po’ di privacy e non
ascoltare la storiella da capo. Esco in giardino e scorgo un microspicchio di
luna. Siedo in terra, appoggiando la schiena al muro. Mi assento da tutto e
tutti per un po’, poi sento il tipico grido d’aiuto di cubetti di ghiaccio
affogati nel bourbon. Uomini e neonati creano una strana alchimia che ingrippa
il cervello delle donne. Non dovrebbe funzionare con me, non sono destinata a
riprodurmi. Però funziona. L’affetto gli corre fra i lineamenti. Non sono
abituata al Klaus ‘domato’.
“Hai detto una cosa
piuttosto forte, stamattina.”
“Non eccitarti, ho
solo sparato alto. Ero arrabbiata” mormoro rialzandomi e spazzolando il fondo
degli shorts. “Buonanotte.”
“Ti porterò a fondo
con me, Gilbert” scherza.
Sorrido. “Illuso.”
Klaus mi guarda e
l’atmosfera cambia all’improvviso. Lo osservo mentre posa il bicchiere sul
piccolo corridoio di mattonato che gira attorno alla casa.
“Non mi illudo,
Elena. Neppure Salvatore è riuscito a toccare la parte più profonda di te.”
Damon non poteva
farlo perché io non glielo permettevo. Non mi sono mai fidata del tutto, non
manteneva le promesse, mi nascondeva le cose, faceva scelte discutibili…
“Non possiamo
biasimarlo. Sei circondata da muri.”
Non c’è niente che
possa dire per difendermi. È orribile quando qualcuno arriva a capirti così
bene... Appena le sue mani mi circondano i fianchi, ho un sussulto difensivo.
Klaus se ne accorge e riporta le braccia dietro la schiena ma la posizione non
lo soddisfa e le lascia di nuovo ricadere ai lati del corpo. Poi appoggia una
mano al muro e si piega in avanti. Non l’ho mai visto così indeciso. Sorrido e
lui mi circonda di nuovo la vita, tirandomi un po’ verso di se. Sono tentata di
ritrarmi solo per vederlo comportarsi un’altra volta da mosca impazzita!
“Sei quel tipo di
donna che deve essere dominata e scopata fino all’anima. Forse allora si
riuscirebbe a intravedere qualcosa di te” sussurra, serio serio,
togliendomi il respiro. “Non ti lascio affogare, sei troppo importante...”
I nostri sguardi si
incrociano e il mio cuore palpita in modo strano. E’ un rumore sordo, profondo
e debilitante. Anche se siamo all’aperto, mi manca l’aria. “Importante…”
ripeto a fior di labbra.
“Tanto da
rinunciare ai miei desideri pur di guadagnare la tua fiducia…”
Sento il suo
respiro eccitato contro la fronte e l’incavo del naso. I battiti del cuore
nelle orecchie quando le sue dita scivolano lungo la gola, risalgono,
imprigionano ed accarezzano.
“Manca un
ingrediente, Elena. Non c’è il tempo materiale di reperirlo. L’incantesimo non
si può fare” mormora a bassa voce. “Ho bisogno di qualcosa di bello a cui
aggrapparmi, mentre affondo nella sofferenza. Resta con me, stanotte.”
Mi sento di nuovo
risucchiata nella voragine di imbarazzo e vergogna che si spalanca ogni volta
che lo desidero al posto di Damon. “Succedono un sacco di cose in ventiquattrore…”
Klaus mi guarda
come se l’avessi venduto al miglior offerente. “Cazzeggiare fino all’alba è
troppo per te?”
“No… certo che no. L’ingrediente salterà fuori all’ultimo momento… come al solito…” borbotto
e una punta di frustrazione mi stuzzica i polmoni. “Preparo uno spuntino e ci
spariamo una telenovela brasiliana notturna. Sono spassosissime.”
///
Non era una
canzoncina tradizionale, ma quella versione di una famosa canzone*
sembrava piacere molto ad Hope. La guardava con i
suoi occhioni azzurri, si adagiava contro di lei e la
imbrattava di saliva. Hayley dondolò lievemente e
sorrise, sentendosi osservata. “Era divertente, la telenovela?”
“Una pantomima di
emozioni pompate e recitate in maniera pessima. Abbiamo cambiato canale dopo
cinque minuti.”
“Hai dormito un po’?”
No e lo si vedeva
chiaramente. Klaus strusciò una mano sul volto, osservando la bimba. Era un
balsamo per il suo cuore straziato. “Non piange mai…”
“Per fortuna. Puoi
sfamarla mentre faccio una doccia?”
“Certo.”
Aveva sempre paura
di romperla quando la toccava. Hope frignò per il
passaggio ma si adattò perfettamente al nuovo arrivato. Klaus le accarezzò la
testolina e la bimba mosse il pugnetto contro la sua
gola.
Hayley ripiegò la
copertina ai piedi del lettino e si appoggiò alla culla. “Vogliamo chiedere ad
Elena di prolungare il suo soggiorno.”
“Nel caso l’incantesimo
fallisca e abbia bisogno di nuovo del medico della mutua?” scherzò con animo
pesante. Avrebbe dovuto rispedirla nel suo letto, non lasciare che lo usasse
come un cuscino un’altra volta.
“Siete passati
dall’odio reciproco alla sopportazione. Vi siete annusati e girati intorno per
scoprire i punti deboli e quando avete stabilito di essere feriti a sufficienza
ed innocui, avete issato bandiera bianca e scelto la via del cameratismo…”
“… e questo
proviene direttamente dalla bocca di mio fratello.”
Hayley non smentì
l’affermazione e lo guardò al solito modo: un’occhiata lunga ed enigmatica che
la rendeva ancora più bella. “Hai abbassato la guardia.”
Klaus guardò la
figlia, afferrando il pugnetto che continuava ad
agitare e lo portò alle labbra. “Che altro?”
“Elijah dice che
sei cresciuto e che hai sviluppato un amore disinteressato.”
“I maschietti
maturano tardi. Ma parlate di me quando siete a letto, voi due?”
Hayley sorrise, ironica.
“Guardiamo programmi diversi.
Ricordati di scaldare il latte. Se la sento piangere perché si è scottata la
lingua, ti frusto con un pannolino sporco.”
Non le sarebbe
accaduto niente, non l’avrebbe mai permesso, pensò scostandola un po’ da se. Hope lo guardò a bocca aperta e l’emozione gli fece battere
il cuore. Amava quell’esserino sopra ogni altra cosa
e proprio non si capacitava del comportamento di Mikeal.
Come si poteva arrivare ad odiare la propria carne? “Non ti farò mai del male”
sussurrò alla bambina. “Mai, te lo giuro sulla mia vita.”
///
Ayana le aveva parlato
nel sonno, ma di nuovo non ricordava un accidente! Davina
infilò le mani nei capelli sciolti ed esalò un gemito di frustrazione. Avevano
sbagliato qualcosa fino a quel momento e avevano solo dieci ore prima che la
Luna Nuova si mostrasse in cielo. Contavano su di lei, non poteva deluderli.
Sconsolata, raccolse i suoi appunti e i disegni di Kol
con le sue annotazioni ai margini. Doveva consultare di nuovo il grimorio e
aveva bisogno di vedere Kol, anche se non poteva
toccarlo. Ora capiva le due ragazze: i Mikealson
avevano qualcosa che ti intossicava ...
“Il soggiorno è
durato anche troppo. Non lo credi anche tu?”
E quell’uomo le
metteva i brividi.
“Quando ti
deciderai a liberarmi?”
Appena terminato
l’incantesimo della Luna Nuova, avrebbe studiato un modo per rimandarlo
indietro. Davina non rispose e uscì di casa dopo aver
lanciato uno sguardo bieco all’individuo racchiuso nel cerchio magico che
risiedeva nella stanza attigua. Come si poteva essere così crudeli da voler
uccidere una bambina appena nata?
///
Gli adulti di
quella casa erano totalmente fuori di testa e la pazzia di Klaus aveva contagiato
anche Elena che reggeva il gioco come se non avesse fatto altro nella vita.
Davina si nascose dietro
il pugno, leggiucchiando le istruzioni per un dolce stampate sulla confezione
del cacao. La radiolina colorata era apparsa dal giorno alla notte e diffondeva
una canzone che aveva udito in precedenza e che i due matti conoscevano alla
perfezione. Andavano a tempo e avevano entrambi una bella voce. Faceva parte
dello zip zapanche
lo essere scemi insieme?
Elena aveva
scoperto la prima stagione di Breaking Bad ed
era rimasta sveglia fino a tarda notte, costringendolo a rivedere le puntate
già viste. “Long gone
the rendez-vous…”
La ragazza zittì il
timer e spostò il pentolino del latte da fuoco, giudicandolo sufficientemente caldo. “Now it's half past
three.”
“Time made a fool
out of me…“L’educazione
musicale di quella bambina sarebbe stata ben diversa dalle altre: nessuno di
loro conosceva canzoncine infantili adeguate ma ad Hope
sembrava piacere la scenetta arrangiata che avevano messo su mentre frignava
affamata. “Oh baby can't yousee…” cantò prendendole
le manine e muovendole su e giù.
“No use in waiting
no more.” Elena
chiuse il biberon e lo lanciò al vampiro che lo prese al volo e lo avvicinò
alla boccuccia della piccola.
“It's a timing
tragedy, I think it's nine when the clock says ten. This girl won't wait for
the out of time, out of time man…**” La domanda sorgeva spontanea: si fermava da
sola quando era sazia o esisteva una quantità precisa da erogare?
Davina osservò la bimba
con occhio critico. E se avesse avuto ragione Elena? Se fosse stata lei la
persona che amava senza riserve? Era un essere puro, dopotutto. “E’ carina… per essere tua figlia, intendo.”
“Il ritratto della
madre.”
“La caparbietà l’ha
presa da te. ”
Perché si ostinava
ad afferrare il biberon troppo grosso per le sue minuscole manine? “Evviva.”
“Il tuo latte e
cacao è pronto.”
Davina ringraziò Elena
con un cenno della testa. La vampira ciabattò fino alla dispensa e pescò una
sacca a caso dal pozzetto. Affondò la cannuccia nella plastica, come un colono
la bandiera in terra straniera, e tirò una lunga sorsata soddisfatta. La
stazione cambiò in una melodia rock che la ragazza giudicò inadatta. Il volume
si abbassò notevolmente.
Klaus pensò che era
una bella visione con quegli pantaloncini adamitici tesi sulle natiche e i
muscoli delle gambe che guizzavano quando si muovevano.
Davina lo scrutò ancora.
Anche lui sarebbe diventato come quell’uomo orribile? “Io ho perso i genitori
da piccola e non so cosa voglia dire avere un padre.”
Elena la guardò,
mesta. “Meglio così, credimi.”
Klaus lanciò
un’occhiata ad entrambe e gli tornò in mente la sigla d’apertura della
telenovela brasiliana.
“Non averlo mai
avuto ti mette al riparo dall’enorme buco nero che si crea quando lo perdi…” sussurrò. “I miei sono morti in un incidente, tre
anni fa.”
Davina annuì. Non le
erano mai piaciute le frasi fatte e non se ne uscì col solito ‘mi dispiace’.
Elena si sedette al
tavolo, quando le spalle al vampiro. “La parte più dura è quando ho un problema
o devo prendere una decisione importante… non ho
nessuno a cui rivolgermi… quando mio fratello è morto…”
Jeremy Gilbert era
piuttosto vivo, l’ultima volta che l’aveva visto. Klaus fece una boccaccia alla
bambina che sorrise e smise di poppare.
“… ho dato di matto
e bruciato la nostra casa. Quando lascio il college non ho un posto dove andare…”
Lo ricordava, il
fratello carino. “Come ha fatto a tornare in vita?”
“La mia amica strega
BonnieBennet ha scambiato
la sua vita con quella di Jeremy. È troppo lungo da spiegare, ora…”
“La Bennet che discende da Qetsiyah,
giusto?”
Elena si adombrò.
“Conosci la storia di Qetsiyah e Silas?”
“A-ah.”
“Sai anche dell’Ancora?
C’è un modo per ricrearla?” tentò, afferrando il filo esile della speranza. “Ho
perso delle persone care quando si è dissolta…”
“Non dipende da
noi, l’ho già detto a questo qui!” esclamò rivolgendosi al vampiro. “Hai
dimenticato di dirle una cosa così importante?”
Non ce n’era stato
il tempo ed ora sarebbe successo un casino. Klaus guardò Elena, voltata
completamente verso di lui. Era pallida e i suoi occhi gridavano ‘traditore’.
“Tu sapevi che
Damon non sarebbe mai più tornato e non… non hai
detto niente?” balbettò alzandosi in piedi. “Mi hai lasciato illudere ogni
singolo giorno?!”
“Ne parlavi come se
avessi accettato la sua morte, ed io non volevo riaprire la ferita.”
“Non hai detto
niente per proteggere il tuo sporco interesse” bisbigliò con gli occhi lucidi. “Io mi fidavodite!”
* Louise and the
Pins - Should I Stay Or Should I Go
Le spalle di Kol si mossero dolorosamente, il ragazzo massaggiò la base
del collo e guardò in alto: aveva fatto nottata per finire in tempo. “Pensi che
le piacerà?”
Elijah roteò gli
occhi in aria. Era intenerito dal sentimento che si sforzava di non negare ed
era la prima volta che il fratello minore si impegnava tanto per un’altra
persona. In quanto ad egoismo, Klaus e Kol
combattevano ad armi pari ma si cominciava a respirare una bella aria, in
quella casa. “Non ho alcun dubbio.”
“Trattienila mentre
cerco di concludere alla svelta” mormorò fissando l’ultimo filo alla struttura
portante, in bilico sulla scala. “Se non le piace, mi sparo.”
///
“Non ti sembra di
aver esagerato?”
“Tu ce lo vedi
Klaus comprare un vestitino come questo? Io no!”
Hope aveva una mamma
sportiva e ‘normale’ che non avrebbe mai conciato sua figlia come una bambolina
da collezione. Stefan sorrise ironico e Caroline mise
via il pacchetto colorato. “Elena dice che ha gli occhi azzurri, ma tutti i bambini
hanno gli occhi azzurri. Non credo che resteranno così, Hayley
è praticamente…”
“Care,
fermati.”
Caroline tacque,
estraendo l’ultimo giocattolo dal portabagagli.
“Quando smetterai
questa stupidaggine del ‘campeggio’?”
“Vuoi fare a
cambio?” disse mentre si avvicinavano al portone d’ingresso. La ragazza
premette con decisione il campanello ma evitò lo sguardo del vampiro.
“No. Voglio dormire
con te.”
“Shhhhhhhhhhh!” soffiò riempiendo l’aria di gestacci. “Non
posso, non finché Elena non avrà ritrovato il suo equilibrio!”
“Non lo troverà
certo in casa Mikealson.”
“Lo so, ma cosa
possiamo farci?”
“Portarla via di
peso.”
Non lo aveva
considerato. Caroline girò un’occhiata malandrina al ragazzo. “Io la prendo di
sorpresa, tu pensi ad impacchettarla.”
Un rombo fragoroso
coprì le ultime parole di Caroline. La moto di Elena sfrecciò impudente sopra
il prato bagnato, lasciando una striscia fangosa sull’erba abbassata. Stefan si umettò le labbra e mosse la testa, come a dire
che il problema si era risolto da se. Caroline lo guardò preoccupata. “Nuovo
piano: io lo metto sotto torchio e tu stai pronto, in caso provi a
ribellarsi.”
///
Avrebbero dovuto
sbarazzarsi di quel catorcio che aveva rubato e che era rimasto parcheggiato
nel retro. Comunque non sarebbe andata lontano, aveva poca benzina nel
serbatoio.
“E questa bella
bambina?!”
“L’abbiamo trovata
in un cartone, vicino i nani da giardino.”
Caroline si chinò
sulla piccola Hope accoccolata nel passeggino. Il
sorriso di entrambe si allargò. “Congratulazioni, è bellissima!”
“Non è tanto carina
quando piange” mormorò la fiera mamma girando lo sguardo su Klaus, fermo di
fronte il finestrone del salotto. Il vampiro non dormiva, non si nutriva e
dimenticava un sacco di cose da quando il ‘cappio’ aveva cominciato a stringere
attorno al collo. Aveva la stessa espressione di uno studente in ritardo con
gli esami che cerca di recuperare la notte, e nessuna voglia di essere
diplomatico o paziente. Aveva liquidato lo sbotto di Elena con una rispostaccia
delle sue e la ragazza era corsa via senza dire una parola.
*/*
Davina aveva isterizzato, urlando alle pareti per cinque minuti buoni:
come pretendevano che facesse l’incantesimo, se anche il secondo ingrediente
prendeva il volo?! “Ora tu le corri dietro e batti New Orleans palmo a palmo
finché non la trovi, le chiedi scusa e la riporti qui!” aveva gridato in faccia
al vampiro che si era limitato ad indurire i lineamenti e aveva affrontato la
discussione che avevano concordato a tavolino nel peggiore dei modi.
“Quel tugurio in
cui vivi è una sistemazione approssimativa e deprecabile, non adatta ad una
ragazza della tua età. Lo stato d’emergenza è finito, non devi più vivere
nascosta. Hai bisogno di un mentore che si prenda cura di te.”
Davina era rimasta
interdetta ed aveva smesso di urlare. “Lo fa Marcel…”
“Marcel è sparito” le aveva fatto notare, puntando
l’accento sull’ultima parola. “Da quanto non hai più sue notizie?”
Klaus non era così
disinteressato come voleva far credere e Davina non
ci sarebbe cascata neppure per un secondo.
“Mi credi stupida? È
un modo per tenermi al guinzaglio e costringermi a fare incantesimi quando più
ti pare e piace!”
Fortuna che era
arrivato Elijah a raffreddare gli animi.
“Niklaus ha ragione. Quel posto cade a pezzi e dal rubinetto
del bagno esce acqua marrone.”
“È solo un po’ di
ruggine nelle tubature!”
Hope aveva frignato,
forse disturbata dall’eccessivo tono della conversazione e Davina
era arrossita, pigiando due dita sulla bocca. Hayley
aveva colto l’occasione al volo. “Avresti una tua casa e una tua indipendenza.
Il nostro apporto sarebbe esclusivamente finanziario: scuole giuste,
un’educazione di primo livello…”
“… e una guida a
cui rivolgerti in caso di problemi. Davina, abbiamo
avuto tutti la tua età e ricordiamo perfettamente com’è essere soli e in preda
ai dubbi.”
La ragazzina aveva
guardato prima lei, poi il vampiro che sorrideva incoraggiante e aveva deposto
le armi. “Devo pensarci.”
Con lei bastava
piantare il seme e…
“Mio fratello è
perfetto per ricoprire il ruolo di mentore. Personalmente non mi assumerei mai
la responsabilità di fare di te una donna giudiziosa ed equilibrata.”
Klaus e la sua
boccaccia! Hayley gli aveva indirizzato un’occhiata
omicida per aver appena disfatto il lavoro di fino operato da lei ed Elijah: Davina era di nuovo sulla difensiva.
“Conosco il piano
fra te e Ayana: quando Hope
avrà l’età giusta e la sua natura si manifesterà, Ayana
mi sostituirà, cancellando la mia personalità!”
Uno sguardo
interrogativo era corso fra tutti loro.
“Questo non era
contemplato nel nostro accordo. Non era nell’accordo iniziale e non lo
concederò adesso!” aveva esclamato Klaus, disturbato dalla novità.
“Se una strega
potente decide di ‘possedere’ una novellina, lo fa, punto e basta.”
“Premi il bottone
magico e mettimi in contatto con lei!”
“Sei caduto da
piccolo e hai battuto la testa? Non sono io a decidere quando e come…”
“Devo strapparti un
arto per cacciare fuori la strega?”
“Non puoi toccarmi,
scemo! La barriera…”
“… funziona solo
con Kol. Io non sono una minaccia sessuale per te!”
Davina era arrossita
sconcertata e lei stessa aveva strabuzzato gli occhi. Aveva perso un passaggio?
“La tua reazione è del tutto fuori luogo, Niklaus.”
Però con le
intimidazioni otteneva sempre quel che voleva. Hayley
aveva notato un cambiamento nei lineamenti della ragazzina. “Cancellerai la
personalità di Davina, quando sarà giunto il tempo?”
“È un’eventualità come un’altra” aveva risposto
placida, sorridendo alla vista della bambina che teneva in braccio.
Klaus si era
frapposto fra lei e la strega. “Trovare un’altra. Il cimitero è pieno di consorelle
da resuscitare. È una crudeltà che non merita. Già è intollerabile che tu
l’abbia privata del piacere della compagnia di mio fratello…”
“Non sono responsabile della scelta difensiva di Davina. L’hai detto tu stesso: le sue naturali barriere
sono diventate tangibili quando i nostri poteri si sono uniti.”
“È sempre una
questione di fiducia con voi donne…”
“No. Sono state le parole di Elena Gilbert ad
influenzarla.”
L’ultimo gradino
della scalinata era scricchiolato sotto il peso della sopracitata e tutti si
erano voltati a guardarla. Elena aveva indosso il giubbotto imbottito, il casco
slacciato in mano e un’espressione perplessa sul viso. Klaus le aveva parlato
sdegnato. “L’hai messa in guardia da Kol?”
“Davina ha solo sedici anni, tuo fratello…”
“Le esatte parole,
Gilbert!”
Elena gliele aveva
sparate dritte in faccia, incurante delle conseguenze. “’Vuoi uscire con un Klaus in miniatura?’”
E quello aveva
messo fine alla discussione. Davina era tornata in se
con un consapevolezza maggiore e molto imbarazzo addosso. Elena aveva sbattuto
la porta posteriore ed era corsa via, facendo urlare il motore. Elijah l’aveva
guardata e la domanda ‘che si fa adesso’?
era rimbalzata fra loro. Dulcis in fundo,
l’isterica amichetta bionda di Elena era piombata sulla bambina con una catasta
di regali e troppo profumo addosso. Ed erano solo le undici del mattino.
///
Nessuno andava mai
in quella parte della casa. Era una grossa costruzione coloniale e i suoi
fratelli avevano lasciato molte stanze inutilizzate, ma bastava aprire un paio
di porte e un finestrone per creare la giusta corrente d’aria.
Davina rimase a bocca
aperta di fronte allo spettacolo delle gru di carta colorata che si muovevano
nel vento leggero. Attraversò il tendaggio fluttuante sfiorandole con le punte
delle dita. Erano bianche, rosse, verdi… alcune erano
fatte di pagine di libri – i libri di
Klaus?! – altre erano di pergamena, altre ancora di normalissima carta da
scrivere. “Le hai fatte tutte tu?”sussurrò, basita.
“Mi hanno dato una mano” confessò aprendo
il finestrone centrale della stanza. Una folata di vento entrò, facendo danzare
le gru.*
Davina ci si ritrovò un
mezzo e la sensazione che provò le bloccò il respiro in gola. “Perché tutto
questo lavoro… per quale motivo?”
Kol sorrise e alzò le
spalle. “Per vederti sorridere così.”
L’emozione si
agganciò al cuore e rimase lì, a pesarle sui polmoni. Non era proprio sicura di
stare sorridendo…
Il suo sguardo
valeva le notti in bianco passare a piegare gru e le mattinate di furiosi mal
di testa da sonno arretrato. “Ti piace?”
La ragazzina annuì,
uscendo dalla pioggia colorata che non sarebbe mai caduta a terra. “Non per
fare la guastafeste, ma Elena ha preso il volo e siamo messi peggio di prima…”
La soddisfazione di
Kol si sgonfiò come un palloncino.
“… ma siamo in
libera uscita. Klaus non ci vuole fra i piedi mentre rimugina i suoi errori con
Elena e il resto del mondo” concluse, sfiorando una gru di carta rossa.
Oppure –
eventualità remota a scadenza millenaria – si era messo una mano sulla
coscienza. “Ne avrà per tre o quattro secoli,
allora. Usciamo prima che ci ripensi.”
///
Elena lasciò
scivolare il giubbotto dalle spalle e scrollò i capelli appiattiti dal casco.
Al sole si stava bene ma sulla collina faceva un caldo bestiale. Immaginava che
Enzo fosse in giro per il mondo a fare strage di cuori, non piantato al centro
della città a darsi alla pazza gioia con le turiste. Il suo messaggio l’aveva
colta di sorpresa. “Un altro branco di lupi?”
“Parecchi. Più
dell’altra volta.”
La nausea salì in
gola. “Beh, se la vedrà Klaus” disse con finta noncuranza. “La mia vacanza è
finita.”
“Guarda che è
meglio se resti e li fai ragionare” insistette. “Corrono vecchie ruggini fra
quei due.”
Elena inclinò la
testa, perplessa. Quei due chi?
///
Di bene in meglio! Caroline non era tipa da arrossire
ma in quel momento un senso di imbarazzo l’attraversò tutta e si piantò nello
stomaco. Guardò Stefan, poi Klaus ed infine il messaggio
sul display del cellulare: un amico di letto, il ragazzo con cui sarebbe voluta
andare a letto e un ex con cui era andata molte
volte a letto. Caroline smise di muovere il sonaglino colorato davanti alla
bambina e si chiese perchè diavolo Tyler si
presentasse a giochi conclusi. La chiamata inaspettata di Elena la fece
saltare. “Ti avverto, sto per mettermi ad urlare!” sibilò allontanandosi dalla
piccola folla.
>Anche io. Tyler
sta venendo in città con tutto il branco, immagino per il solito motivo. Klaus
gli strapperà il cuore appena attraverserà i confini…<
sospirò, tirando via una ciocca di capelli dalla fronte. >Devi formare la
sua follia e dirgli di Stefan.<
“Cosa centra Stefan? Non stiamo insieme!” bisbigliò abbassando la voce
al minimo.
>Dovresti,
invece. Hai la mia benedizione.<
Ma era un passo
enorme e Stefan il suo migliore amico! “Qui gira voce
che tu sia fuggita per colpa di una
rispostaccia di Klaus.”
Fuggita? Si era allontanata in silenzio e comportata
civilmente per via della bambina, pensò lasciando andare un “uhm” nel telefono.
La risposta non era stata tanto ‘accia’ e aveva detto
la verità: Damon Salvatore era solo affar suo e non lo riguardava. “È lì?”
>In tutto il suo
malumore.<
“Passamelo.”
Caroline spostò il
cellulare dall’orecchio e lo porse al vampiro. “Elena vuole parlare con te.”
Klaus le rifilò
un’occhiata obliqua. C’era stato un momento, a metà della notte, in cui avevano
condiviso lo stesso cuscino. Un’insolente ed inaspettata debolezza l’aveva
sopraffatto e lo sguardo era corso dalle labbra socchiuse alle lunghe ciglia
nere. L’aveva accarezzata, sfiorando la cute sensibile della tempia fino alla
nuca. Elena si era mossa e l’aveva cercato con dita torpide. Il corpo era
ruotato e una gamba si era infilata fra le sue. Solo alle prime luci dell’alba
se l’era chiesto. Chi stava abbracciando, in verità? Lui o Damon? Klaus tornò a
guardare fuori della finestra. Se lo domandava, non era così maturo come
sosteneva il fratello.
Caroline si umettò
le labbra. “Non vuole ascoltare.”
Il discorso
notturno era stato chiaro, non lasciava spazio a fraintendimenti. Klaus teneva
a lei, in un modo tutto suo che non avrebbe indagato. Da parte sua, provava qualcosa
che faticava ad accettare perché diverso dal solito. Elena si appoggiò alla
motocicletta, il viso caldo di sole e un po’ di batticuore. >Lo farà lo
stesso. Mettimi in vivavoce.<
“No, non ti
rovinerai con le tue mani” mormorò la ragazza allontanandosi dall’interessato. “Io
chiamo Tyler e cerco di farlo ragionare.”
Elena annuì, poi
ricordò che non poteva vederla. “Ok. Care…uhm…grazie…”
“Le amiche servono
a questo” borbottò sottovoce. “Dobbiamo lavorare parecchio sul tuo lato
kamikaze. Ti voglio bene.”
///
“È stonato… sul serio, è stonato!”**
David Bowie
stonato. Sacrilega! Kol rimise a posto il cd con espressione eloquente. “Meglio la musica irlandese…”
“Ho solo comprato
un paio di cd per tuo padre. Rompe meno le scatole quando ascolta quella roba” disse
sfiorando con lo sguardo i nomi dei gruppi musicali sugli scaffali. Davina sorrise indicando la copertina di un album***.
“Anche voi indossavate mantelli del genere?”
“Come tutti. Ti tenevano al caldo e al riparo dell’umidità” confermò spingendola
fuori dal negozio. La ragazzina gli prese la mano e di nuovo non restò
fulminato. Chi doveva ringraziare per la gentile concessione?
“Non li usavate per
avvolgere le vittime?”
“No. Ci prendevamo cura delle nostre donne, evitando
loro un malanno”
mormorò romantico aprendo la falda della giacca e avvolgendola attorno a Davina che gli si strinse contro. Il suo corpo aveva la
stessa morbidezza che ritrovi dopo un’intensa passione, quando la foga è sopita
e il sonno sta per coglierti. In più, aveva un odore magnifico.
“Ero io a creare la
barriera... l’ho appena scoperto…”
“Forse hai le difese più alte del normale, ma io non ho
alcuna fretta. Verrai da me quando ti sentirai pronta.”
Pronta per cosa? Davina arrossì e si tirò indietro.
“Ehi, non volevo…tsh!” Una scarica elettrica gli attraversò il braccio quando
la toccò. Il ragazzo la guardò sorpreso. “Davi…”
“Devo tornare a
lavoro, non posso perdere tutto questo tempo” disse, girando le spalle in
direzione della casa dei fratelli. Era stata brusca ma Kol
diceva cose che la mettevano a disagio. E se avesse avuto ragione Elena? Se
fosse stato come uscire con la copia di Kla…ah!!!!
///
Non erano tutti
licantropi. La ragazza bionda era una strega come lei ma la sua magia era
diversa. Erano stati così intelligenti ad imbavagliarla e legarla per impedirle
di fare incantesimi che Davina si sentì disorientata.
Durò un attimo, il successivo stava già pensando a come fare per liberarsi. La
strega si guardò attorno ma non riconobbe il luogo. Quello la fece agitare un
poco.
“Perdona il
trattamento rude ma dobbiamo assicurarci che tu non compia il rituale, questa
notte.”
Nulla di più
facile, mancavano due ingredienti su quattro. Davina
batté le palpebre una volta sola. La testa le doleva nel punto in cui l’avevano
colpita.
“Non vogliamo farti
del male, solo dare una lezione a Klaus.”
Davina annuì, chiedendosi
che fine avesse fatto Kol.
“La maledizione
della Luna Piena è stata spezzata e noi vogliamo che resti così.”
E a nessuno
importava che il vampiro soffrisse le pene dell’inferno. Davina
inclinò la testa e annuì per la terza volta.
“Te l’ho detto e
ridetto” sbottò la ragazza bionda, irritata. “Non è stata una grande idea!”
“Liv, combatto con
questo tipo da anni. So quel che faccio.”
No, non lo sapeva. Klaus
li avrebbe masticati, sputati e urinato sui loro cadaveri.
“La pensa come me”
disse Liv con un’occhiata a Davina che sogghignava
immaginando la scenetta. “Tenere il fratello in ostaggio aggraverà la nostra
situazione!”
“Per questo sei
qui. Per impedirgli di ucciderci tutti.”
Liv scosse i lunghi
capelli biondi e sedette scomposta sull’unica sedia della stanza spoglia. “Non
ho mai avuto a che fare con vampiri Originali. Riponi troppa fiducia nelle mie
capacità.”
Almeno lei
conosceva i suoi limiti.
“Non dobbiamo mica
affrontarli. Fra un paio di giorni, li lasceremo andare.”
“E nel frattempo
dobbiamo restare qui ad augurarci che Klaus non lo scopra? Si metterà a
cercarla per tutta la città e quando la troverà…”
“Datti una
calmata!” esclamò toccando il cellulare in tasca che vibrava. Caroline. “Che
vuoi?”
>Impedirti di
fare una sciocchezza! Dove sei?<
“Dalle parti di Raceland. C’è una vista magnifica…”
>Tyler lo
capisco quando menti! Torna indietro e mettici una pietra sopra! Io l’ho
fatto!<
“Non è quello che
pensi, Caroline.”
Davina lo guardò con
curiosità. Caroline? Era amico dell’amica bionda di Elena?
“Senti, sono
successe delle cose ultimamente…” Caroline alzò gli
occhi al cielo, camminando su e giù nel prato retrostante la casa. Ci sarebbe
stata bene una piscina lì. “Ho cominciato a provare dei sentimenti per una persona… e non si tratta di Klaus…”
>Noi avevamo
qualcosa di bello e tu l’hai buttato via per una notte di squallido sesso!<
Caroline staccò il
cellulare dall’orecchio. “Non chiederò scusa per le mie scelte e litigare con
Klaus non cambierà la sostanza delle cose. Ti ha già lasciato andare due volte…”
>Ho tutto quello
che mi serve, Care. Devo solo aspettare.<
Aspettare cosa? “Tyler
cosa devi aspettare?!”
Click!
Accidenti!, pensò pestando
il piede con stizza. Si sarebbe fatto ammazzare…
La moto di Elena
entrò nel vialetto, seguita da quella di Enzo. Appena le udì, Caroline gli
corse incontro. “Tyler ha in mente qualcosa ma è diventato furbo a sfuggire ai
miei interrogatori.”
“Hai perso il tocco,
biondina?”
Caroline si
adombrò. “Perché ti sei tirato appresso questo pagliaccio?”
“Anche io sono felice
di rivederti, cuoricino.”
Elena slacciò il
casco posandolo sulla sella della moto. Se il pensiero che le ronzava in testa
era giusto, avrebbero avuto bisogno di tutto l’aiuto possibile. “Ha un’amica
strega capace di localizzare le persone scomparse.”
“Ce l’abbiamo anche
noi una strega…”
Elena la guardò e
scosse la testa. “No. Non ce l’abbiamo più.”
*Tratto liberamente
dal video degli Hammock “Breathturn”
** David Bowie – Life on Mars?
** Davina sta guardando la copertina dell’ultimo album dei
Non ricordava di
avere un mal di testa da secoli. Avrebbe strangolato Tyler Lockwood
per averglielo procurato.
“Bubusettete!”
“Ahhh…”
Qualcuno poteva far
tacere quell’individuo? Stava soffrendo.
“Eh sì. Tu sarai
una vera bellezza, da grande. Hai preso tutto dalla mamma.”
Elena Gilbert
doveva smettere di portare in casa i rivali di Elijah.
Enzo prese i pugnetti della piccola battendoli piano uno contro l’altro.
Quella cosina graziosa non c’era l’ultima volta che aveva messo piede lì
dentro. “Ma è davvero figlia tua?”
“Così dice la madre…”
Hayley finì di preparare
il passeggino per l’uscita che era stata ulteriormente rimandata e gettò
un’occhiata al vampiro stravaccato sul divano, un libro aperto sulla faccia.
Stava reagendo bene al rapimento di Davina. Non aveva
speso una parola per il fratello, a differenza di Elijah che era subito uscito
in cerca di Kol.
“Dovresti essere
più gentile con la madre di tua figlia. È previsto ne abbiate altri?”
Un silenzio
imbarazzato scese nella stanza. Enzo li guardò a turno, poi tornò a dedicarsi
alla bambina. “Erediterai l’impero, dolcezza. Contenta?” disse manovrandole i
piedini avvolti dalle calzette rosa. “Ero il primo di sette fratelli, ho
cambiato un bel po’ di pannolini nella mia vita e questa caramellina
ha appena prodotto rifiuti di scarto.”
“I fratelli
maggiore sono sempre più responsabili” affermò Hayley
prendendo in braccio la bambina.
Il libro scivolò
dalla faccia di Klaus, scoprendo un’espressione dolorosa e imbronciata. Era un
appunto nei suoi confronti? “È con noi da solo un giorno e già mi accusi di non
fare abbastanza per mia figlia?”
Hayley lo ignorò,
sollevando la piccola che continuava a sorridere all’italiano. “Vieni con me e
vediamo se la tua tecnica è migliore della mia.”
Klaus ripiombò
sulla schiena, udì l’ultimo gradino della scalinata scricchiolare e chiuse gli
occhi. Elena Gilbert era tornata piena di cattive notizie con lo stupratore
esotico al seguito, aveva lanciato a bomba, ignorato il suddetto e sgambettata
via un’altra volta. Klaus la vide attraversare la stanza a passo svelto, la
giacca da moto infilata su un braccio solo e l’elastico dei capelli attorno al
polso. Elena arrivò fino alla porta, pressò le tasche e fece una piroetta.
Quando si accorse di lui, il passo si ingarbugliò e perse di elasticità. Non
vedeva Elena Gilbert così insicura da mesi.
“Caroline e Stefan stanno battendo il quartiere Sud e Ovest della
città. A me ed Enzo tocca la parte Est ed Nord. Resti qui a ciondolare o ci dai
una mano a risolvere un tuo
problema?”
“Tu mi cerchi, la
notte.”
Elena si accigliò e
batté le palpebre. “Prego?”
“Cerchi me o Damon
Salvatore? Chi sogni, Elena? Chi cerchi con tanta insistenza?” continuò
mettendosi a sedere. “Hai un’attitudine espansionistica come tutte le donne e
c’è sempre una parte di te che cerca di invadere il mio lato. Non che mi
lamenti, sei…”
Elena scosse la
testa e si mosse in direzione della porta. “Io dormo, la notte!”
“È maleducato dare
le spalle alla persona che ti sta parlando.”
Elena uscì sul
vialetto e marciò fino alle moto parcheggiate. L’aria era rinfrescata, segno
che la stagione stava cambiando. Fra poco sarebbe stato autunno e lei sarebbe
dovuta tornare al college, in una stanza con tre letti troppo grande per una
sola persona. In più, MysticFalls
era ancora interdetta ai vampiri…
“Non hai risposto
alla domanda.”
Elena trasalì e il
laccio del casco le sfuggì di mano. Il mondo si capovolse sottosopra e la
ragazza si ritrovò a ciondolare oltre la spalla del vampiro. “Mettimi giù!”
esclamò con voce stridula. “Non abbiamo tempo per blaterare!”
“’Succedono un sacco di cose in
ventiquattrore’, l’hai detto tu, ed io conosco molti modi per farti
parlare. È tempo di cominciare a trattarti per la donna che sei.”
Elena guardò la
nuca del vampiro, spaesata. Si agitò e il battito del cuore aumentò a
dismisura. “Non sono una delle tue donnette! Non puoi comportarti così!”
“Lo sto già
facendo” annunciò ma il corpo di Elena guizzò come quello di un’anguilla,
atterrò sui palmi e fece una capriola, liberandosi dalla presa del vampiro.
Accaldata e ansimante, fece molti passi indietro. “Ti ha dato di volta il
cervello?! Dobbiamo trovare Davina, non…”
“Se una strega
potente come lei non riesce a sbrigarsela da sola con un pusillanime come Tyler
Lockwood, non è poi questo granché! Il tuo spasmodico
bisogno di prenderti cura degli altri per non pensare al vuoto lasciato da
Damon Salvatore, è diventato grottesco, dolcezza.”
Klaus ti buttava in
faccia la verità nel peggiore dei modi. Ti provocava finché non perdevi la
testa e poi ti sopraffaceva. No, non si sarebbe fatta gabbare da lui ancora una
volta. Elena raccolse il casco con un movimento fluido e lo abbatté con tutte
le sue forze addosso al vampiro, perdendo la testa nell’attimo stesso in cui si
era ripromessa di non farlo.
Klaus crollò a
terra, sorpreso dal gesto e dal dolore. Il disorientamento durò pochi secondi,
poi tastò piano la cartilagine del naso. Non era rotto ma faceva un male cane.
“Ahia…”
“Questo è per
avermi trattata come una delle tue puttane!” mormorò con voce vibrante di
disgusto.
“Avresti molto più
rispetto per me, se fossi la mia puttana!”
“Ne vuoi
un’altra?!”
La ‘sveglia’
l’avrebbe ricordata per secoli ma ora stavano esagerando. Enzo si spostò dalla
finestra con un ‘mh’ seccato. “Un’arruffata di pelo
non fa male a nessuno, ma quei due si stanno ammazzando.”
“È un ambiente
controllato, non agitarti” mormorò Hayley finendo di
rivestire la bambina. “Sapevamo sarebbe successo, sono due nature passionali.
Hanno solo impiegato più tempo del previsto.”
Una sola goccia di
sangue di Elena Gilbert e l’avrebbe preso a calci per tutta New Orleans. “Gli
avete spiegato che quella ragazza ha solo bisogno di essere baciata?”
“Elijah ha
approntato dei disegnini per l’occasione.”
Allora disegnava
male, pensò, di nuovo in finestra. “Sono due cani infoiati, avrebbero bisogno
di una bella secchiata d’acqua.” Oh! Ed ora dove se ne andavano?! “I bambini
sono appena fuggiti dall’ambiente
controllato, mammina!”
///
Non voleva
tirarselo dietro per tutta New Orleans, ma Klaus era stato veloce ed era
balzato sulla sella mentre partiva. Elena scrollò per cercare di farlo cadere
ma ottenne solo di farsi stringere di più.
La coda di cavallo
gli frustrava il viso, il vampiro l’afferrò girandola attorno alla mano. Elena
spostò un poco la testa all’indietro. “Lasciami!”
“Fermati ed io ti
lascio andare!”
Col cavolo che
gliela dava vinta! Elena accelerò, immettendosi nella via principale.
Andare contromano
doveva farlo desistere?
Elena sgusciò
veloce fra le macchine che suonarono isteriche al suo passaggio. Ce n’era
sempre uno grosso che le metteva molto paura… ah
ecco!
Klaus le lasciò la
coda. Puntava l’autoarticolato, la pazza? “Che vuoi fare, Gilbert? Sbarazzarti
di me suicidandoti? Salterò via e tu sarai l’unica a rimetterci la pelle!” le
gridò nell’orecchio.
Elena non rispose e
aumentò il gas. Il cuore aveva accelerato i battiti, Klaus fiutò una violenta
paura.
“Se mi porti nella
tomba con te, avrai sulla coscienza tutta la linea di sangue!”
Devi smetterla di straziarti l’anima o morirai di
crepacuore.
Esiste davvero, sai? I medici la chiamano così,
sindrome da crepacuore.
Gliel’aveva detto,
Enzo. Un giorno avrebbe fatto qualcosa di letale e talmente stupido…
“Salta.”
///
Porca troia, non
c’era rimasto niente! Pazza di una Gilbert! Si è lasciata andare e non è più riuscita a fermarsi. Enzo abbandonò la
moto sul ciglio della strada. Fra polizia, ambulanza e curiosi, avevano fermato
tutto il traffico in uscita della statale. I paramedici cercavano il cadavere
sbrindellato del motociclista che sembrava svanito nel nulla. Poteva dire con
certezza che l’Originale non era morto, ma lei che fine aveva fatto?
///
“… ed io vinco
perché le gambe le so usare meglio!”
Il ginocchio premuto
contro la trachea non lasciava spazio a movimenti e il torace schiacciato dal
peso di Elena Gilbert, gli toglieva il respiro. La frase sembrò provenire
direttamente dalla bocca di Katherine e al solo ricordo della vampira, Klaus si
irritò e la ribaltò da un lato con un colpo di reni. “Ma io gioco sporco”
sibilò mostrandole i denti.
Erano saltati
all’ultimo secondo e, appena messo piede a terra, avevano ricominciato. Erano
finiti nel bayou,
al riparo di occhi indiscreti ed eventuali testimoni scomodi.
“Non puoi mordermi,
solo la tua vergine da rituale!” soffiò dritto in faccia con un bel sorriso
contorto di dolore.
“Un’altra cosa di
cui dobbiamo occuparci al più presto.”
Lo sgomento le
alterò i lineamenti e scivolò dritto nello stomaco. “Sogna!”
“Non faccio altro” mormorò
infilando la mano sotto la nuca a contatto con la radice dell’albero. “Continuo
ad immaginare il momento in cui entrerò dentro di te, il gemito di dolore nelle
orecchie, la carne che si oppone, il tuo ‘no’ ripetuto…”
Elena strinse il
pugno attorno ai suoi vestiti, il gomito puntato contro la clavicola per
tenerlo lontano da se. Klaus le teneva fermo l’altro braccio e le gambe
formicolavano e tentavano di calciarlo. In più, aveva qualcosa conficcato nella
schiena…
“Se ti muovi così,
devo pensare che la proposta ti alletti…”
“C’è qualcosa che
mi sta squarciando la schiena, idiota arrapato!”
Il vampiro
l’agganciò e girò sul dorso. Entrambi guardarono nella medesima direzione.
Elena afferrò il sasso e lo lanciò via. “Uh!” soffiò ripiombando nella
posizione precedente. Klaus notò con piacere che tutta quella lotta l’aveva
eccitata: aveva il viso rosso e gli occhi brillanti. Elena gemette, affondando
nel terreno umido e coperto di foglie. Era stanca e non osava immaginare cosa
le fosse finito fra i capelli.
“Ti arrendi?”
“Mai” disse e il
braccio che teneva lontano il vampiro scivolò da un lato, tutto il corpo ruotò,
i capelli le finirono in bocca ed Elena sentì con sgomento il collo scoprirsi.
Ansimò sulle foglie e il terriccio e aspettò il momento in cui l’avrebbe morsa.
Klaus infilò le dita fra i capelli e diede uno strattone, non forte ma neppure
leggero. Il battito del cuore aumentò ancora e le sembrò che tremasse. E non
per paura. “Arresa, sei bellissima” bisbigliò baciandola lungamente sulla pelle
accaldata.
Le labbra di Elena
si socchiusero per il piacere ma nessun suono uscì da esse. Rotolò ancora,
stordita dal contatto e fremente da capo a piedi. La sporcizia nei capelli e
sui vestiti era l’ultima cosa a cui pensava ora.
‘Accarezzarla’
contropelo si era rivelato efficace: era diventata una battuta di caccia. Un
guizzo di piacere gli attraversò i lombi.
Klaus sorrise in un
modo che non le piacque ed Elena scattò verso la palude ma il terreno scivoloso
la fece piombare nell’acqua stagnante. Ne riemerse dopo un istante, annaspando
e sputando. La superficie chiusa e silenziosa l’aveva disgustata alla prima
occhiata e lei ci era finita dritta dentro!
“Esci, prima che le
sanguisughe trovino la via attraverso i vestiti!”
“Aaaah!” Elena uscì a grossi balzi dall’acqua, urlando per
lo spavento. “Oh dio, ce l’ho già addosso?!”
“Io non vedo
niente” borbottò e un istante dopo Elena si strappò la maglietta. “Sento
qualcosa pizzicarmi la schiena!”
“Ah sì, eccola lì.”
Una bella foglia marcescente che sembrava attaccata con la colla!
“Toglimi
quell’animale schifoso di dosso!” urlò, agitata.
“Lei sta dicendo la
stessa cosa di te” rise, avvicinandosi. “Non ti muovere, devo fare un lavoro di
precisione. Se la testa rimane attaccata, sarà un bel problema.”
“Perché?” domandò,
spaventata. “No, non dirmelo… fallo e basta.”
Klaus grattò via la
foglia con l’unghia e la sentì tremare. Quel neo alla base del collo era
irresistibile, ora che la pelle era bagnata. Vi depose un bacio sopra ed Elena si
insaccò nelle spalle. “Per farmi perdonare.”
“Te ne pentirai
quando intaserò lo scarico della doccia…”
“L’accampamento del
branco di Hayley è qui vicino. Potrai toglierti quei
vestiti bagnati.”
Elena lo seguì a
corta distanza. “Non c’era alcuna sanguisuga” disse senza alcuna certezza che
fosse vero, ma solo la sensazione che l’avesse presa in giro per annullare lo
sgomento cupo che l’aveva pervasa.
Klaus sorrise e
continuò a camminare. “Ci sono ma non ci trovano appetitosi.”
Elena scavalcò una
radice e la scarpa fece ‘squeew’ piena d’acqua.
“Prima scappi, poi
ti spogli di fronte a me. Strana altalena di fiducia, la tua.”
‘Squeewsqueew’.
“Ed ora mi stai
seguendo senza fare domande” mormorò, gettandole un’occhiata. Era rimasta molti
passi indietro, intenta a svuotare le scarpe dall’acqua paludosa con
espressione disgustata. Klaus la osservò mentre strizzava i capelli e li
pettinava con le dita, togliendo le foglie morte con grazia squisita. Era
proprio una femmina, pensò appoggiando la mano al fusto di un albero, e poi si
stupiva se le correva dietro come un satiro!
///
Avevano la stessa
corporatura ed altezza eppure sulla donna lupo quei vestiti stavano meglio.
Elena raccolse gli indumenti bagnati e uscì dalla casupola. Li appese ad
asciugare e si guardò attorno. Non c’era nulla ma Klaus era riuscito a scovare
una bottiglia di bourbon.
“Il cellulare non
prende, siamo tagliati fuori dal mondo.”
Elena si accomodò
su una sediola da campeggio dall’aria instabile ma
comoda e rifiutò le due dita di liquore che le mise sotto il naso. “Dobbiamo
trovare tuo fratello e Davina. Il tempo scorre, nel
caso non te ne fossi accorto.”
“Ho un orologio e
te a ricordarmelo. Kol se la sapeva cavare anche
prima di diventare un vampiro, e non mi preoccuperei di Davina,
ha tenuto testa a Mikeal. Oh, prima che lo
dimentichi, Hayley vorrebbe chiederti di prolungare
il soggiorno. Sono del tutto estraneo ai complotti orditi con mio fratello.
Finché continui a preparare la colazione e a sgambettare seminuda in casa mia,
non avrò nulla da ridire.”
“Io non sgambetto!”
“Una notte me le
ritroverò avvolte attorno al collo, quelle gambette secche.”
“Questo perchè le mie mani saranno impegnate a mandare una foto del
momento decisivo a Caroline!” Elena abbandonò la sediola
e strappò via gli abiti zuppi dal filo tirato fra un albero e l’altro. “Resta
pure ad ubriacarti. Io vado a cercare Davina!”
annunciò marciando dentro la casupola per cambiarsi nuovamente. L’idea di
rimettere quegli abiti zuppi e puzzolenti…
La porticina cigolò
ed Elena trasalì. “Ehi!”
“Questa cosa mi fa
arrapare” la informò notando come si nascondeva dietro le braccia. “Per favore,
non farlo.”
“Non potevi
aspettare due minuti?” esclamò dandogli la schiena. “Che vuoi?!”
“Nel caso decidessi
di restare, poseresti per me? Hai una conformazione ossea perfetta per il
quadro che ho in mente.”
“No, Jack!” ringhiò.
“Era questa la domanda impellente?!”
“No, è questa. Che
cosa provi per me?”
“Cosa?!”
“Devo battere il
ferro finché è caldo, non biasimarmi. Sei nuda, indifesa, a disagio, stanca per
aver lottando contro di me - più nella testa che fisicamente - e non hai
dormito molto,stanotte. Il momento è
propizio.”
Era… diabolico! Un
calore improvviso le incendiò lo stomaco, Elena afferrò la maglia di Hayley e la infilò di nuovo. “Se non rispondo cosa
succede?”
“Nulla, cambiamo la
domanda. Cosa vuoi che faccia per te? A parte parlare, litigare e canzonarti,
intendo.”
“Niente più domande!”
Klaus sorrise con
un angolo della bocca e si appoggiò ad un mobile ingombro di cianfrusaglie.
Klaus sollevò una bombolina con un bottone nero al
posto degli occhi e la girò su se stessa. Hayley la
stava facendo per Hope. Raccolse l’altro bottone e lo
cucì accanto al suo gemello.
Elena lo guardò a
lungo, poi indicò la bambolina. “Non ha la bocca.”
“Provvediamo
subito” mormorò scovando il rocchetto di filo nero e accomodandosi su uno
sgabello. Il sorriso riuscì sbilenco ma simpatico. “Sono più bravo con il
legno” ammise tenendola per le ‘manine’. “Sono stato accusato di non fare
abbastanza per mia figlia… che insolenza, quella donna…”
“Non hai cambiato
il pannolino?”
Ecco doveva andare
a parare la lupetta! Klaus intascò la bambolina e le
passò il braccio sulle spalle con fare amichevole. “Senza di te sarei un uomo
perduto, Gilbert.”
“Per questa bugia
ti cadranno le zanne” disse e il vampiro rise sommessamente.
La carezza le
sfiorò la mandibola, labbra calde si spinsero contro la sua fronte, scesero
lungo il naso e si fermarono sulla punta. Aveva chiuso gli occhi mentre lo
faceva ma appena smise di baciarla, Elena tornò in se con un respiro, e
all’improvviso Klaus era ovunque posasse le mani. Si accorse di essere
aggrappata alla sua maglietta e ci mise un po’ a convincere le dita a
lasciarlo. Per tutto il tempo, il vampiro la osservò senza battere ciglio.
“Una parola e ti
mordo” sussurrò alzando un dito. “Andiamo a cercare quei due imbranati ma prima
passiamo a casa. Ho bisogno di fare una doccia, puzzo di palude e sono ancora
tutta bagnata.”
“Mh…”
“E siamo ad ‘uno’, Niklaus!”
“Niklaus, non Nikolaus. Non riuscite
mai a pronunciarlo bene.”
“Niklaus” ripeté.
“Nik-laus.”
Elena obbedì, poco
convinta. “È come se la lingua frustasse il palato…Nikl…”
“Nik-laus.”
“Non riesco a
dirlo, è…”
“È il mio nome e tu
lo stai sciupando. Un’altra volta.”
“Nikl-aus…”
“Mi fai sanguinare
le orecchie!” frignò ed Elena scoppiò a ridere forte, a lungo e di gusto. Andò
avanti per molti minuti e le sembrò di non riuscire più a fermarsi.
Era stata
trascinata a forza in una causa in cui non la riguardava, aveva dovuto far
parlare un sacco di persone per trovare l’indirizzo e finalmente Google Maps
l’aveva condotta in quella che credeva l’abitazione del vampiro. Chi si
aspettava una pazzoide che, al solo nominare Klaus, l’aveva stordita, legata ed
imbavagliata?!
Liv mugugnò
attraverso il fazzoletto ed Hayley le gettò
un’occhiata cattiva. Elijah non riusciva a trovare i dispersi, i ragazzi non
avevano notizie migliori, Enzo le aveva appena comunicato informazioni sommarie
sull’incidente e lei non poteva allontanarsi da casa per via della bambina. “Sto
avendo una brutta giornata, sta zitta!”
La sua non era
certo migliore. Gli scagnozzi di Tyler tenevano in ostaggio il fratello. Dopo
quel casino con l’Altro Lato si era ripromessa di stare lontano dai vampiri…
TLACK!
“Tesoro, sono a casa!”
Liv si sporse il
più possibile per sbirciare i nuovi arrivati. Sembrava la voce di Elena, ma che
ci faceva Elena Gilbert a New Orleans? Lei era al college a farsi di droghe
psicotrope per comunicare col fantasma del fidanzato morto, non in una città
paludosa e piena di zanzare! Dio, che voglia di grattare i pomfi sul braccio…
“Liv?!”
*.*
Ci sono giornate in
cui vorresti metterti ad urlare. Mi chiedo se Liv sia qui perché ha trovato la
soluzione al problema di MysticFalls
e capito come ricreare l’Altro Lato, ma quando Hayley
ci avverte del reale motivo, la maledico per aver messo piede a New Orleans: crea
problemi ovunque e noi ne abbiamo già abbastanza.
“Sentite, qua c’è
stato un gran fraintendimento! Sto solo cercando un vampiro che si fa chiamare
Klaus!” sputacchia senza più il fazzoletto in bocca. “Non sapevo si dovesse
fare anche un test attitudinale!”
Non dargli altre
idee, penso quando sento l’animale
agitarsi alle mie spalle. “Nessuno ha fretta di incontrare Klaus.”
“Beh, io sì! Tyler
ha scazzato e si è messo in testa di morire prima del tempo. Ci tengo ad
arrivare all’età pensionabile e ho tutta l’intenzione di trovare Klaus e
vendergli i miei servigi. Non voglio essere coinvolta nelle cazzate di quello
scemo” risponde scrollando i capelli che continuano a finirle davanti agli
occhi. “Posso essere slegata, ora? Non ho cattive intenzioni!”
“Dove si nasconde
Tyler?”
“A Nord, nella
vecchia fabbrica in disuso. Non c’è nulla per chilometri, solo zanzare e grilli
fastidiosi.”
Con la coda
dell’occhio, vedo Hayley digitare un messaggio in tutta
fretta. “Che cosa ha in mente Tyler?”
Liv mi guarda e poi
gira un’occhiata lunga su i due ibridi. Si ferma su Klaus ed inclina la testa. “Se
fossi in questo Klaus e una Viaggiatrice
venisse a bussare alla mia porta, manderei avanti elementi sacrificabili.”
Il vampiro sorride
e porta le mani dietro la schiena. “Se avessi raccolto informazioni migliori,
sapresti che ‘Klaus’ non ama le perdite di tempo.”
“Perchè mi fai parlare con le tue squinziette,
allora?”
Hayley la prende per i
capelli e la scuote tanto forte che posso sentire i suoi denti battere per il
contraccolpo.
“Ti ho detto che
sto avendo una brutta giornata!”
“I licantropi sono
stati liberati dalla maledizione della Luna Piena perché qualcuno l’ha
convogliata su Klaus… gira voce che una strega al
soldo del vampiro stia lavorando per invertire l’incantesimo. Ty l’ha rapita per impedirlo” ansima con voce strozzata.
“L’incantesimo si può fare solo con la Luna Nuova… se
la strega fallisce la prima volta, non potrà tentare la seconda. Un ingrediente
sbagliato, una parola errata e… addio pietre
insanguinate...”
“Ma sono pietre”
mormoro, perplessa. “Cosa può succedere ad un sasso?”
“‘Intrise del sangue del malvagio in una
notte di orrore e Luna Piena. Tali erano i suoi peccati che la strega buona lo
legò alla terra e all’acqua perché il fuoco già scorreva nelle vene e l’aria
rifiutava di spirare in sua presenza…’” recita e
Klaus sorride in un modo che non mi piace: il suo ego non ha bisogno di essere
sollazzato ulteriormente.
“Quando cominciano
a scrivere certe robe su di te, sei una leggenda” borbotta guardandolo dritto
negli occhi “ed io volevo conoscere la leggenda di persona.”
Non capisco se sta
tentando di suicidarci o sta solo flirtando.
Hayley la lascia con un
altro strattone e la testa si sposta bruscamente in avanti. I capelli le
finiscono negli occhi, Liv sbuffa e guarda di nuovo il vampiro di fronte a se.
Klaus fa una
panoramica completa del suo corpo, un ‘mh’ che può
voler dire qualsiasi cosa e poi sorride. “Posso offrirti qualcosa da bere?”
Liv mi guarda,
indecisa. La parte più meschina di me vorrebbe lasciarla nel dubbio, ma non è
stata lei a ‘tirarci la fregatura’. Ha messo a repentaglio la sua vita per
aiutare Bonnie a tenere aperto il passaggio. Annuisco
e lei mormora ‘solo acqua, grazie’ sottotono.
“Davina sta bene?”
“Non le hanno fatto
del male… ah!”
Hayley ha tirato le corde
con troppa forza, ferendole la pelle. Liv struscia i polsi dolenti con una
smorfia.
“Non può tenerli in
ostaggio per sempre” mormoro tenendo d’occhio Klaus mentre torna con la bibita
fresca. Non mi piace. È impassibile ma so che il suo cervello sta lavorando a
pieno ritmo.
“È quello che gli
ha detto il ragazzino... il fidanzato, intendo. Tyler si è accorto della falla
nel piano e costringerà la strega ad eseguire l’incantesimo con gli ingredienti
sbagliati…”
Spero che anche gli
scoppi d’ira siano leggendari perché ne sta per ricadere uno sulla testa di
Liv.
“Ho risparmiato la
vita a quella nullità per ben due
volte!” ringhia da accapponare la pelle. “Non ripeterò l’errore!”
“No!” esclamo
balzando in avanti e frapponendomi fra Klaus e la porta. “Senza le pietre non
può fare l’incantesimo!”
“Non intralciare il
mio passo, donna!”
“Sta cercando di
proteggere il suo branco!” grido, spaventata all’idea di perdere un altro
amico. “Tu hai fatto la stessa cosa con Hayley, hai
cercato di proteggere lei e la bamb…”
“Sono stato misericordioso, Gilbert!”
“Cazzate! L’hai
risparmiato perché sapevi che Caroline ti avrebbe odiato!” grido, spingendolo
indietro.
Klaus gira appena
la spalla e si lecca le labbra, spazientito. Mi accorgo di essere stata morsa
nel momento stesso in cui cado a terra con un dolore atroce al collo. Riesco a
sentire la porta spalancarsi, le mani di Hayley
toccarmi e il singhiozzo spaventato di Liv, prima che l’agonia inizi. Qualcosa
di bagnato si schianta contro le mie labbra, bevo il sangue di Hayley e un torrente di lacrime viene giù di colpo. “Fermalo…”
“Resta con lei” ordina
a Liv. “Se succede qualcosa a mia figlia, non ti piacerà quello che ti farò.
Sono stata chiara?”
Liv resta seduta accanto
a me finché non riesco a sollevare la faccia dal pavimento. Tampono il collo
con la mano e la ritiro sporca di sangue. Poteva stordirmi ma ha preferito che
soffrissi. Mordendomi ha reso chiaro quel che ho sempre pensato. Klaus è sempre
Klaus e non cambia mai, neppure dopo sette figli.
“Dove vai?”
“A controllare Hope e a fare le valige” borbotto bramando più che mai la
famosa doccia. “Non sarei mai dovuta tornare qui.”
///
Elijah era arrivato
per primo e aveva rotto un bel po’ di ossa, quando si erano rifiutati di
‘ragionare’ con lui. Caroline e Stefan avevano
tentato un approccio con Tyler ma la situazione era peggiorata con l’ingresso
di Klaus, placcato un istante dopo da Hayley con una
mossa da giocatore di football. Mentre Caroline la slegava e Stefan si occupava di Kol,
arrabbiato con se stesso e ferito nell’orgoglio – non ricordavo che essere umano facesse talmente schifo! – era
scoppiata una lite fra i due Originali. Davina era
dovuta ricorrere a mezzi drastici per ‘calmare’ Klaus ed Hayley
aveva risolto la faccenda ‘sfidando’ il capobranco. Caroline aveva mugugnato qualcosa
sulla stupidità di Tyler e Stefan l’aveva condotta
via. Seduta sulla due posti, si era
infine appisolata.
Ora guardava con
orrore la cifra ‘18:00’ su un cellulare che non era il suo, stesa sul cuoio
morbido del divano nello studio di Klaus. Non poteva biasimarlo per aver dato
di matto, in fondo ne andava della sua vita, ma saltare al collo di quel Lockwood non avrebbe risolto un bel niente. E lei, in
quelle tragedie da adulti, non voleva entrarci. Davina
si sollevò con un piccolo colpo di reni, sbadigliò e decise di aver bisogno del
bagno.
“Ma aspetta un attimo…”
Elena le passò
avanti con la sua lunga falcata, la sacca sulla spalla e volò giù per le scale.
“Che succede?”
“Non ne ho la più
pallida idea!” stridette Caroline, isterica. “Elly!”
“Ho detto: che si
fotta!”
Tragedie da adulti.
Davina trovò il bagno e lavò il viso. Nella soffitta scamuffa c’era molta più tranquillità…
“Ho smesso di ragionare con Elena Gilbert!”
… e serenità. Davina tirò indietro i capelli, tolse una ciglia dalla gota
ed uscì dal bagno.
“Se sei sveglia
puoi rimetterti a lavoro!”
Voleva un altro mal
di testa? “L’incantesimo non si può fare perché mancano gli ingredienti. Non
posso aiutarti.”
Le narici di Klaus
si allargarono e la mascella si strinse. Davina lo
vide lottare per non perdere il controllo. Alla fine, il vampiro espirò e si
allontanò con passo elastico.
Elijah lo seguì con
lo sguardo finché non sparì. “Ci dispiace che tu abbia dovuto vivere tutto questo…”
Non era mica
spaventata. “Ho pensato alla faccenda del mentore. Lasciamo le cose come
stanno” disse, risoluta. “Mi domando come abbia fatto Marcel a crescere così
equilibrato con quell’isterico accanto...”
“È calmo rispetto
allo scorso secolo.”
Davina lo seguì al piano
inferiore. “Ho visto Elena correre via arrabbiata.”
“Klaus l’ha morsa, dimostrandole
di non valere più degli altri.”
Avevano un modo
tutto loro di scherzare ed un ‘botta e risposta’ da guinness dei primati. “Klaus
è più gentile da quando lei è qui. Elena lo fa ridere e tuo fratello ne ha un
gran bisogno.”
Gli occhi di un’innocente
vedono sempre le cose in maniera diversa. “Quando la sua vita è in pericolo, Niklaus non ragiona più.”
“Non è mai toccata
a te” mormorò una voce lugubre alle sue spalle. Klaus li doppiò, puntando l’uscita.
“Dove vai?”
“Al Rousseau’s ad ubriacarmi.”
Elijah ebbe un moto
di insofferenza. “Ti comporterai così quando Hope
sarà più grande? Ti comporterai come nostro padre, Niklaus?
Lui non ammetteva mai i suoi errori e tu ne stai ricalcando le orme.”
“Conosco la lista
dei miei errori, fratello!” esclamò, furioso. “Elena Gilbert ha osato mettere
in dubbio la mia parola e tu sai bene che ne ho solo una!”
“Morderla doveva convincerla
del contrario?!”
Klaus si leccò le
labbra, fissando negli occhi il fratello. “Ho…
scazzato” ammise, di colpo. “L’ho ferita intenzionalmente e la…
la sconterò per conto mio, Elijah…”
“Sei pentito del
tuo gesto?”
“Nell’istante
stesso in cui l’ho udita gridare per il dolore…Argh!”
Ma cosa stava
facendo? Elijah spostò lo sguardo dal fratello in agonia alla ragazzina,
concentrata a bisbigliare.
“Mi duole farlo, ma è necessario.”
Ayana?!
Davina/Ayana abbassò il braccio e un silenzio pesante piombò fra
loro. “Aspettavo da tempo questo momento.
Non temere, figlio mio. Stai solo rivivendo la ‘lista degli errori’. Finché non
troverai il ‘capo’, essi continueranno a mostrarsi a te ed il tormento ti
toglierà il sonno e il sangue sarà come acqua.”
“Maledetta…strega…”
“Comincia dalle cose semplici.”
Cose semplici?, si
domandò Elijah chino sul vampiro. “Immagino si riferisca ad Elena.”
“Lasciami!” sbottò,
allontanando il fratello e un lampo di immagini gli bloccò il respiro. Le
crudeltà che si infliggevano l’un l’altro da secoli, ripiombarono sulle sue
spalle con la forza di una cascata. Klaus ondeggiò e la schiena colpì il muro.
“Stavo solo cercando di salvarmi la vita…” biascicò
al nulla “che cosa avrei dovuto fare?”
Elijah sgranò gli
occhi ma Davina/Ayana lo
fermò con cenno di diniego. “È necessario
ho detto.”
“La memoria è una maledizione
per noi. Klaus potrebbe impazzire…”
“In quel caso dovrai metterlo a dormire.”
Solo Rebekah sapeva dove si trovavano i pugnali.
“Chi oserà prestare orecchio alla disperazione, verrà
trascinato nella perdizione ma amando senza obiezione, troverà infine la
soluzione” recitò,
composta. “Eppure era semplice.”
///
La macchina di Stefan è sempre due passi accanto a me. Eppure sono stata
chiara quando ho chiesto di essere lasciata sola. Camminare è l’unica cosa che
mi calma, al momento. “Caroline non mi farai cambiare idea.”
“Se hai intenzione
di passeggiare fino al Whitmore College, ti terremo
compagnia.”
Tempo pochi
chilometri e Stefan finirà la benzina. Sposto la
sacca sull’altra spalla e guardo avanti. Ho il mio asso nella manica. Ho
distrutto la moto ma conosco qualcuno che appoggia pienamente la mia decisione
di lasciare New Orleans. Enzo arriva rombando, si affianca alla spider, gli
taglia la strada, recupera me ed insieme sfrecciamo sulla statale. Posso
sentire il malcontento di Caroline da qui! Ci fermiamo nell’appartamento
subaffittato illegalmente da Enzo, proprio al centro della città, e mentre lui
raduna le sue cose, osservo l’andirivieni delle persone alla finestra. Caroline
ha ragione. Non riesco ad essere perfida. Enzo è piegato sulla sua sacca e sta
cacciando all’interno i vestiti alla rifusa.
“Ce l’hai un posto
dove stare? Un posto lontano dai tuoi amici, dico.”
La casa sul lago
dei miei genitori.
“Prenditi una
vacanza, sta un po’ per conto tuo… stacca il telefono
e sparisci dal mondo.”
Dovevano essere
queste, le mie vacanze.
“Ma gli uomini mai mi riuscì di capire perché si
combinassero attraverso l'amore, affidando ad un gioco la gioia e il dolore*.”
“Non la capisco, la
tua lingua” mormoro con un nodo in gola. Stavolta non spreca tempo a tradurre.
Tira la zip e getta la sacca sulla spalla. “Che ha fatto?”
“Non aveva voglia
di parlare con me e andava di fretta…”
“A-ah.”
“Mi ha… morso.”
Enzo schiocca le
labbra e molla la sacca a terra. “L’avevo detto alla mammina…
una sola goccia del tuo sangue e l’avrei preso a calci per tutta New Orleans. Aspettami
qui, dolcezza.”
E ora dove va? Oh,
mica tornerà a casa dei fratelli!
///
“Ehi!”
“Ehi…”
Che tono pesto! La
sorpresa per Davina non aveva funzionato? Hayley infilò la busta dei popcorn nel microonde e impostò
l’orario scritto sulla scatola. “Tramezzino?”
“Mh…”
“Doppio o triplo?”
“Due tripli.”
Il timer del
microonde scattò e il ragazzo aprì lo sportello, versando il contenuto della
busta nella ciotola che Hayley aveva preparato. Poi
si rimise seduto e riprese a far finta di leggere.
Elijah entrò in
cucina con passo esitante. “Abbiamo un nuovo problema.”
“Aspetterà.” Hayley finì di preparare i tramezzini mentre Davina si accomodava al tavolo.
Il giornale piombò
sopra il piatto colmo di sandwiches. “Paragonarmi a Klaus è offensivo ed
irritante. Lui non riesce a chiedere scusa. Io ammetto i miei errori dieci
volte al giorno!”
Davina sollevò un angolo
del foglio e pescò un tramezzino. “Tuo fratello è uno scemo e la sconterà
tutta.”
“Stai gongolando.”
“Un po’.”
“Che cosa ha fatto, stavolta?” sospirò
rivolgendosi ad Elijah.
“Ayana l’ha maledetto, costringendolo a ricordare ogni torto
perpetrato nel corso della sua lunga vita…”
Kol rialzò il
giornale, poco interessato alla cosa. “Siamo
alla terza maledizione o sbaglio?”
“Rischia di
impazzire, fratello.”
“O di rinsavire…”
“Rintraccia Rebekah e chiedile di portare qui i pugnali. Se la cosa andrà
per le lunghe, dovremo metterlo a dormire.”
“Come ha fatto a sottrarglieli?”
“Non è stata lei,
sono stata io.”
Che brava, la
mammina!, pensò con un’occhiata di profonda ammirazione che svanì e si tramutò
in terrore quando udì un lupo ululare. Il silenzio piombò nella cucina e dopo
un lunghissimo attimo, l’ululato si ripeté.
Kol si aggrappò alla
sedia. “È Klaus? Klaus non si trasforma mai…”
“No” confermò
Elijah guardando in aria. “Per lui è un atto degradante…”
“Anche tediarci l’esistenza è un atto degradante, eppure…”
Al secondo ululato,
Kol si zittì e si avvicinò alla sedia di Davina. La ragazzina lo guardò di sottecchi. Voleva proteggerla
o nascondersi? Hayley smise di mangiare il pop corn. “Cerca il contatto con la Natura per calmare
l’animo.”
“A me mette solo una gran paura!”
La donna lupo sorrise.
“Ci penso io… pappamolla!” sussurrò a Kol e strizzando l’occhio ad Elijah.
“Sta attenta.”
“Tranquillo. Se
prova a mordermi, gli do un pugno sul muso.”
Davina la seguì con lo
sguardo mentre usciva dalla cucina con passo elastico. Piluccò del pop corn dalla ciotola e la indicò ad Elijah. “Ci ho ripensato:
voglio lei come mentore.”
“Sì. Se ne sta
buono buono accucciato sul retro con Hayley.”
Davina parlò con il mento
appoggiato sulle mani e la testa fece su e giù. Kol
le si affiancò spostando la tenda della finestra.
“L’ho trovata in
camera di Elena.”
Una fialetta piena
di sangue. Kol la batté contro le dita, svagato. “Ma non era andata via urlando ‘che si
fotta’?”
“Fa parte dello zip zap, credo…” rispose,
flebile. “L’animale ha deciso di lasciarsi crescere l’erba attorno al muso.”
“Avevamo un cane, una volta. Quando il nostro
fratellino è morto, si comportava allo stesso modo.”
“Cioè?”
“Guaiva, non aveva mai voglia di giocare…
era depresso.”
Davina lo sbirciò dal
basso. Klaus era depresso? “Proviamo a tirargli una palla e vediamo se la
rincorre?”
///
Quando arrivo a Whitmore, è mezzanotte. I binari sono deserti ed io sono
l’unica persona a scendere dal treno. La sacca pesa, abbassando la spalla
sinistra. Ho freddo alle gambe. Sembra arrivato l’autunno. Cammino fino alla
stazione degli autobus, aspettando il notturno che mi porti al college. Sosto
in piedi. Sono così stanca che rischio di addormentarmi.
Per pareggiare il
pugno di Klaus, Enzo ha deciso di marciare verso morte certa ed ha usato la
storia della mia ‘virtù offesa’ come scusa. L’ho lasciato andare, poi ho preso
un taxi per la stazione. La rabbia è sbollita di fermata in fermata. Ho
ricominciato a respirare normalmente verso metà strada. Alla fine, non ci
pensavo quasi più.
Una macchina
argentata si ferma sul ciglio della strada. La riconosco e mi piego verso il
finestrino. “Scusami.”
“Sei stata punita viaggiando
sola e scomoda insieme ad un mucchio di persone puzzolenti.” Caroline ammicca,
sorridendo. “Salta su.”
Obbedisco, davvero
lieta di vederla. “Credevo fossi tornata a MysticFalls.”
“C’è bisogno di me
qui e ora. Stefan sta riportando Tyler e Liv a casa.”
Non apro il
portabagagli, tengo la sacca sulle ginocchia. “Hai deciso di riprendere le
lezioni?”
“Non ho ancora
deciso.”
La macchina entra
nel parcheggio del Whitmore college e si ferma. “Pensavo
che abbiamo ancora un sacco di tempo prima che le lezioni ricomincino...”
Sì… dove vuole
arrivare?
Le occhi le
brillano. “Las Vegas, baby!”
///
Mi sveglio alle
14:45 del tredicesimo giorno di follia. Indosso ancora il tubino di strass e
una ciglia finta si è appiccicata al cuscino. Caroline sta dormendo alla
grande, una scarpa sì e una no, è riversa sullo stomaco e la sua borsetta è
ancora legata al polso destro. Abbandono i vestiti per terra e sulla poltrona
di velluto porpora ai piedi del letto. Las Vegas è una New Orleans priva di
stile e di vampiri. Apro l’acqua della doccia e squilla il telefono interno del
room service. Sento Caroline rispondere con
un mugolio stentato. Dopo aver fatto la doccia, passo alla vasca idromassaggio.
Il ragazzo del servizio in camera arriva con la colazione tardiva. Ce ne nutriamo a turno, lo soggioghiamo e lo
rispediamo a lavorare. Ci sentiamo subito meglio entrambe. Mentre Caroline è
sotto la doccia, mi rendo conto che a parte ubriacarci tutte le sere,
festeggiare e dormire, non abbiamo fatto altro. Beh, Las Vegas serve proprio a
questo. Con una fetta di pane tostato e marmellata in bocca, chiedo a Caroline
se ha voglia di un giro alle slot machine ‘per cambiare’. Ha scoperto di essere brava a giocare
a carte e le sue vincite - sospette anche per me – ci hanno fruttato qualche
guaio con i gradassi del luogo. Lei ribatte con un giro di shopping ‘per
cambiare’ e vince di tre lunghezze.
La sera torniamo in
albergo stracariche di pacchetti e verso mezzanotte siamo ad un nuovo party. Il
primo messaggio di Hayley arriva alle 02:40 del
mattino. Mormoro un ‘che si fotta’
che non viene udito da nessuno e scolo una pinta di Margarita. Il secondo sms giunge
nel taxi che ci riporta in albergo, alle prime luci dell’alba, semisvenute ma
felici. Non dico niente a Caroline, ma sussurro un ‘che si fotta’ che fa voltare il tassista.
Il pomeriggio
arriva di soppiatto un’altra volta. Caroline si è svegliata prima di me e ha
preso possesso della doccia. I miei capelli odorano di fumo. Credo di essermi
rovesciata un cocktail addosso: il braccio odora di ananas. Un altro messaggio.
“Care…”
L’acqua della
doccia smette di scrosciare.
“Vado a New
Orleans, domani…” farfuglio con la bocca affondata
nel cuscino.
Il silenzio si
protrae qualche secondo, poi Caroline riapre l’acqua. “Va bene, tesoro.”
///
Il treno dell’Amtrak rallenta,
entrando nella nuova stazione. La voce annuncia la fermata e i tempi di attesa.
L’aria condizionata declina notevolmente. Guardo il viavai di passeggeri senza
vederlo. Davina mi ha assicurato di aver trovato la
fialetta di sangue ma ha confermato di non aver potuto fare l’incantesimo per
colpa dell’ultimo ingrediente.
“Signorina, mi
potrebbe dire a che fermata siamo? Temo di aver perduto gli occhiali.”
Rispondo alla
domanda della donna anziana di fronte a me, raccolgo gli occhiali scivolati
sotto il sedile e riprendo a guardare fuori dal finestrino. Quando arrivo a New
Orleans, devo rastrellare tutta la pazienza che mi è rimasta per scendere dal
treno. Kol mi sta aspettando appoggiato ad una
decappottabile niente male. Con quei capelli neri, gli occhiali da sole e la
posa strafottente, ricorda troppo Damon. Il fratello minore dei due Originali
che non ha più nulla del ragazzo affamato che ho salutato quindici giorni prima.
Ricordo la sua espressione perplessa, il tramezzino in bocca e le briciole
sulla maglietta. “Sei cresciuto.”
“Me l’hanno detto.”
Anche la voce è
cambiata. È più profonda. Sexy.
“Sono il più alto,
adesso.”
Gli uomini riducono
tutto ad una questione di centimetri. Kol non si
stupisce che non abbia alcun bagaglio con me, a parte il cambio di un giorno.
Si informa del mio ‘stato di salute’, canticchia la canzone che passano in
radio, guida come se non avesse un pensiero al mondo. “Davina?”
Smorfia quasi
invisibile. Ho toccato un tasto dolente. “Era un po’ troppo per lei” mormora, e
struscia il mento. L’ombra dura poco, Kol solleva le
spalle e mi sorride. “Capita.”
L’accoglienza di
Elijah è sempre elegante, Hayley è quasi calorosa e
la piccola Hope sembra riconoscermi perché si agita
tutta. La prendo in braccio - per la prima volta nella mia vita, sollevo una
bimba così piccola – e la sensazione di affetto mi chiude la gola. Kol me la toglie dalle mani quasi subito, la solleva in un
‘vola vola’ che fa impallidire la madre, e spernacchia il pancino attraverso la
maglietta. È inquietante come Klaus quando coccola la piccoletta. “D’accordo” sospiro
passando alle dolenti note. “Qual è il nuovo problema di Klaus e perché pensate
che sia felice di avere a che fare di nuovo con lui?”
///
Non ho capito una
parola di quello che hanno detto. Perché Klaus dovrebbe giocare a fare il
licantropo nel bayou?
Lui odia trasformarsi, lo trova degradante.
“La stupida
ostinazione di Niklaus ha irritato la strega Ayana che l’ha maledetto, costringendolo a ricordare ogni
torto perpetrato nel passato.” Elijah inclina la testa e sorride con un angolo
della bocca. “Mio fratello colleziona maledizioni come io colleziono cravatte.”
Nik-laus. Nikl… oh, al diavolo! Incrocio le braccia e le gambe,
seduta in poltrona. “Si sta nascondendo in una palude per non chiedere scusa?”
sogghigno, sarcastica. “Non ci credo che ho interrotto la mia vacanza a Las
Vegas per questo…”
“E che c’è di tanto
bello a Las Vegas?”
“Le feste fino all’alba,
gli uomini oggetto e l’alcool a fiumi” rispondo lanciando uno sguardo veloce a Kol. “Klaus chiederà scusa quando ne avrà voglia.”
“Il punto è”
mormora Hayley prendendo la parola “che Klaus ha
ammesso di aver sbagliato ad aggredirti.”
Dovevo registrare
la conversazione per Caroline ed i posteri. “Non ho ricevuto alcuna telefonata
o sms di scuse da parte sua.”
Hayley si umetta le
labbra, spazientita. “Se è per questo, sono quindici giorni che non abbraccia la
figlia.”
Oh.
“Se restiamo troppo
in forma animale, la coscienza umana scompare. Stanotte ci sarà la luna piena,
il suo corpo sarà attraversato da dolori atroci e sarà facile trovarlo,
ingabbiarlo e riportarlo al circo dei mostri.”
“Ed io come rientro
nel piano?”
Perchè mi guardano… oh. No nono! “Scordatevelo!” esclamo e mi alzo di scatto. “Non farò da
esca per quell’animale! Ho già fatto l’esca! Ho già fatto il rituale! Sono
stata comprensiva, ho avuto compassione del povero
bambino maltrattato e lui non ci ha pensato due volte: mi ha morso a
tradimento! Avete idea di quanto faccia male?!”
Elijah annuisce e
non dice niente.
“Il morso o il
tradimento?”
Quando ho giurato
di fare un tappeto con la pelle di Kol, credeva che
scherzassi? Lui si fa scudo con la bambina e sorride come un farabutto. Mi
smonta un po’. “In nome delle due settimane di colazione che ti ho preparato,
non prendermi per il culo.”
“Non voglio usare
mezzucci sporchi per convincerti…” sospira Hayley, spazientita.
Allora non farlo.
“... ma per quanto
sia orribile come uomo, è un padre bravissimo..”
Sta premendo il
pulsante che attiva la testata nucleare!
“… e non voglio che
Hope cresca senza una figura paterna come è successo
a me.”
Maledizione! “Faccio solo da esca, non alzo un dito per
catturarlo. È chiaro?!”
“A quello penseremo
noi e i ragazzi.”
I ragazzi?
///
Ho già detto che i
licantropi mi fanno una gran paura? Jace e i ragazzi
del branco stanno setacciando il bayou alla ricerca di Klaus. Elijah ed Hayley
sono andati avanti e la decappottabile di Kol viaggia
con tutta calma sulle stradine di campagna. È stato imbarazzante scoprire che Davina avrebbe fatto da baby sitter
alla piccola. Kol ha fatto in modo di non trovarsi in
salotto quando è arrivata, ed è uscito dal retro per non farsi vedere. Guida canticchiando
e sembra tranquillo, ma non me la da a bere.
“’Un po’ troppo’ cosa?”
La macchina
decelera alcuni metri poi riprende la normale andatura.
“Il background
della mia famiglia” mormora strusciando quel niente di barba che gli cresce sul
mento. “L’età. Il fratello pazzo… esce con uno della
sua classe.”
“Uhm…”
“Tu con quanti
uomini sei andata a letto in questi giorni?”
Ricordo di aver
baciato un tipo niente male, il terzo giorno. “Ti sei fatto un’idea sbagliata
della mia vacanza.”
Kol raggiunge la piazzola
dove sosta la macchina di Elijah e sfila la cintura, rivolgendomi uno sguardo
di superiorità. “Credo anche io.”
///
A sentire loro,
devo solo passeggiare e agitare un po’ i capelli e i vestiti per diffondere il
mio odore e richiamare il ‘mostro’. Kol mi fa
compagnia ed il motivo mi è del tutto sconosciuto. Sento il suo cuore battere
come un tamburo. “Hai paura?”
“È notte e sono in
una palude, disarmato e con un predatore alle calcagna…
e un altro che mi cammina a fianco.”
Kol sorpassa una pozza
d’acqua che non avevo ancora visto e mi da una mano ad attraversare indenne
l’ostacolo. I lupi che ululano in lontananza ci fanno accapponare la pelle. “Tanto
per sapere, in che rapporti sei con Klaus?”
“Mi ha aiutato a
piegare mille gru di carta… direi buoni.”
“Erano mille?
Davvero?”
“Senza contare i
fallimenti iniziali… da che parte andiamo?”
“Una vale l’altra.”
Il fascio di luce
della torcia illumina il terreno. “Attenta, radice.”
Scavalco la radice
ma non vedo il sasso e prendo una storta. Zoppico in avanti e mi appoggio al
primo albero. Qualcosa ci passa accanto facendoci sobbalzare. Finisco fra le
braccia di Kol, oppure è lui che abbraccia me per la
paura.
“È Klaus o uno del
branco?”
“Non lo so! Non so
neppure di che colore ha il pelo!”
“È quasi nero.”
“Perfetto… un lupo quasi nero in una palude quasi… ah!” Rabbrividisco a nuovo ululato e mi insacco
nelle spalle. “Non la smettono mai?!”
“Comunicano fra
loro, credo…”
Sento dei passi sul
terriccio e le foglie piegarsi sotto il peso dell’animale. Un lupo sbuca dal
folto degli alberi, ci guarda e prende una certa direzione.
“Uno dei ragazzi o…”
“Hayley… e anche lei ha il pelo quasi nero” mormora
gettandomi un’occhiata di scuse. “Come tutti i lupi.”
È Caroline,
l’esperta di animali feroci. Perché non è venuta lei al posto mio?! “Se mi
muovo da sola, forse si deciderà ad uscire allo scoperto…”
“Troppa voglia di
rivederlo senza testimoni intorno, eh?”
Il braccio di Kol si sposta lento, seguo il movimento con la coda
dell’occhio e quando mi sfiora il viso, le sue dita portano via uno sbaffo di
terra. Devo essermi sporcata senza che me ne accorgessi. “Ti sei fatto un’altra
idea sbagliata.”
Kol si tocca il naso e
fa una smorfia. “Non eri in pena per lui?”
“Ho pietà della
vostra famiglia, non di Klaus” borbotto camminando avanti. “Anche Damon era così… ‘mordeva’ a tradimento, interpretava le promesse… conosco in anticipo le mosse successive, ho già
visto il film.”
“Non ha speranze?”
Mi fermo, a ridosso
di un albero inclinato verso il terreno. “Una parte di me è sempre disposta a
concedere occasioni” affermo, guardando la base spezzata del tronco. “Il resto
è difficile da convincere.”
“E cosa pensi di un
uomo…che… vorrebbe
chiederti di uscire e non ne ha il coraggio?”
Mi volto, semi
accovacciata sul terreno. Un finto appuntamento per far
ingelosire Davina? È un’arma a doppio taglio e rischia di farsi odiare da
lei. “Non è una grande idea.”
Kol si lecca le labbra e fa un passo laterale. “Sai
che nessuna ragazza sana di mente vuole frequentare la nostra famiglia?”
“Perché finiscono sul menù invece che nel
letto?” scherzo.
Kol accenna un sorrisetto e abbassa la torcia. “Hanno
smesso di ululare.”
“Forse l’hanno trovato.”
Sposto il piede urtando l’albero caduto,
ondeggio all’indietro e Kol mi riporta avanti. Odio
questo posto, non riesci a camminare senza inciampare!
“Elena…”
“Che c’è?” domando fissando lo sguardo a terra
in cerca di altre trappole mortali. Il mento mi viene sollevato rapidamente e
un bacio morbido si stampa sulle mie labbra. E tre, penso. Li ho baciati tutti e
tre. Sono come Katherine.
“Stai decidendo
come uccidermi?”
Sto pensando a
quanto riderà Caroline quando glielo racconterò. Mi chino a raccogliere la
torcia che ora illumina una zampa ‘quasi’ nera.
“Non ti muovere.”
Il lupo mi guarda,
ringhia. Faccio un passo indietro e poi un altro. Il lupo ringhia di nuovo. “D’accordo… È tutto come ai vecchi tempi, Klaus. Io scappo e
tu mi insegui. Vediamo come finisce, stavolta.”
///
Sto correndo il più
velocemente possibile ma il lupo è lesto e mi taglia la strada due volte,
portandomi nella direzione che ha deciso lui. Inciampo su un ramo, riacquisto
l’equilibrio per un soffio, scorgo l’acqua putrida nella quale sono già caduta
una volta e freno all’ultimo momento, scartando di lato. Il lupo scivola sulle
foglie marcescenti e finisce a mollo. Il tonfo nell’acqua è una vera goduria
che mi fa sibilare un ‘sì!’ a denti
stretti! I ragazzi del branco arrivano in silenzio e solo uno di loro avanza lento
ed elegante. Hayley?
“Elena!”
Ed ecco il fratello
da cui è partito tutto, penso indicando la pozza illuminata dalla luce della
luna piena con la punta dell’indice. “È caduto nell’acqua.”
“È caduto o l’hai
spinto?”
Kol compare dal folto
degli alberi. Deve aver corso perché ha il respiro pesante. Lo prendo per la
giacca e lo tiro via, molto lontano dalla folla. “Sapevi che ci stava guardando
e l’hai fatto per stanarlo, vero?” sussurro, arrabbiata per essere stata presa
in giro. “Poteva sbranarti, idiota!”
Kol tira indietro i
capelli arruffati e lascia ricadere il braccio. “Ne sarebbe valsa la pena.”
La sua risposta mi
smonta.
“La verità è che mi
andava di farlo” continua, secco. Di fronte alla mia assenza di reazione, si
irrigidisce. “Cosa c’è, Elena? Non sei abituata a uomini che dicono la verità
senza giri di parole e non si nascondono dietro silenzi e musi lunghi?”
“No” ammetto
sentendo il suo cuore battere all’impazzata: è sincero e terrorizzato. “Non
sono abituata…”
“Mi dispiace per
te” borbotta tornando verso il cerchio di lupi mannari.
Non so come
comportarmi, perciò non farò nulla… ed ora? Perché si
agitano?
“Non vi
avvicinate!”
L’ordine di Elijah
mi ghiaccia il sangue nelle vene. Allungo il passo verso la piccola radura. I
due fratelli mi sbarrano il passaggio con il braccio. Ora cercano di proteggermi?! Mi hanno usata come esca! Guardo il
lupo contorcersi dal dolore, le grida inumane, il sangue.
Non nutrirlo o le ferite si riapriranno.
Deve aver cacciato per
sopravvivere. Quando sento le ossa rompersi, giro la testa. Osso rotto, grido,
osso rotto, supplica, osso rotto, imprecazione, lamento, pianto. Pianto umano.
Un lungo lamento di disperazione che fuoriesce dalla sua gola. Passa un sacco
di tempo prima che si muova di nuovo. Trema, ma sono solo i muscoli che si
riadattano al corpo umano. Hayley si avvicina – credo
sia lei – e lo tocca piano col muso. Gli lecca la faccia. Klaus fa uno sforzo
per guardarla. Non so se la riconosce o se sviene e basta.
“Fa sempre così
male?”
“Non ne ho idea”
sussurra Elijah rivolgendosi subito al fratello minore. “Portiamolo a
casa.”
L’unico
prigioniero è sempre dentro e non sa più cosa ha fatto.
(R.Hugo)
L’impatto visivo è
notevole ma solo in un secondo momento ti accorgi delle scritte che compaiono
sulle ali e sui corpi attraversati dai fili. Una frase di Shakespeare, un
sonetto in rima, un intero passo di Saffo… il ‘volo
delle mille gru’ è una smielata dichiarazione d’amore. Ci credo che Davina è fuggita!
In cucina, trovo un
sacchetto con l’Artiglio del Diavolo e un messaggio in
cui mi ricorda di stare attenta
alle dosi. A quanto pare, è un parente prossimo della verbena e potrebbe
uccidere Klaus. Aggiunge una faccina sorridente a piè di pagina. Sorrido fra me
ed infilo la radice in uno dei barattoli di spezie vuoti. Il sole illumina il
lavabo ed la superficie chiara del tavolo rischiara tutta la stanza.
Vegliare il mostro è stato meno facile della prima
volta. Ho sempre pensato che, se
l’avessi tenuto a distanza, sarei riuscita a non lasciarmi coinvolgere e gli
avrei impedito di ferirmi come aveva fatto Damon… poi
mi sono resa conto di avergli fornito tutte le armi necessarie per farlo e di
essere rimasta a guardare.
“Ohi! Già in
piedi?”
Prendo un profondo
respiro e mi accorgo di essere di fronte allo sportello aperto del frigo. Kol guarda l’orologio e muove il polso come se non fosse
abituato a portarlo. “Si è svegliato?”
“Non so, Elijah mi
ha dato il cambio un paio di ore fa…”
“Tu come stai?”
Un po’ scossa dalla
nottata. “Bene” bofonchio riprendendo a guardare il giardino fuori della
finestra. “Pensavo che potresti venire a Las Vegas con me…
avrai tutto l’anonimato che cerchi e nessuna ragazza scapperà urlando…”
“Non urlano,
cambiano strada o tavolo” ride versando il composto per i waffles
in una ciotola grande insieme al latte. “Sarà un viaggio lungo, pensi che una
tonnellata di questi ti terranno di buonumore e lontano dal mio collo fino
all’arrivo?”
Se fossi in questo Klaus e una Viaggiatrice venisse a
bussare alla mia porta…
“Ti piace la
marmellata di ciliege?”
Perché mi fai parlare con le tue squinziette?
Avrei dovuto fare
maggiore attenzione, quel giorno. “Lascia perdere i waffles.
Prepara il caffè. Forte e in quantità industriali.”
///
“Liv non è una
Viaggiatrice, è una strega. C’è una grossa differenza. I Viaggiatori sono delle
‘forze speciali’ che sorvegliano l’Altro Lato. Non hanno nulla a che fare con
le streghe come Bonnie e Davina.”
“E allora…”
“Se ha mentito
sulla sua identità, ha mentito anche sull’incantesimo.”
Immagino che dare
certe notizie di prima mattina è da maleducati e presentarsi a mani vuote
ancora di più. Hayley ha ancora i segni del cuscino
sulla faccia; ha infilato il naso nella tazza dicaffè, l’ha scolata e ne ha domandata
un’altra. Elijah è sveglio e perfetto come al solito mentre Hope
dorme tranquilla nel lettino.
“Ma ha mentito per
non farci portare avanti l’incantesimo sbagliato o per fermarci e basta? E poi,
se la maledizione continua, lo squilibrio non si consolida lo stesso? Un ibrido
è un predatore troppo forte per la maggior parte degli esseri viventi. Deve
essere tenuto a bada, in qualche modo” borbotto fra me e me. “La domanda è: chi
potrebbe aver ‘saltato’ nel corpo di Liv?”
“Qualcuno con molta
fretta di incontrare Klaus...” sbadiglia Hayley, e
getta un’occhiata alla figlia.
“… o di farsi
vedere da lui. Si è messa in mostra per tutto il tempo, ricordi? Liv non è
così, è molto riservata e taciturna. Lei non flirta. Quando le piace qualcuno,
lo tratta male. Chi l’ha posseduta, ha recitato una parte che riteneva adeguata
al personaggio.”
Elijah infila le
mani in tasca sovrappensiero. “Molte donne saltano la fase del corteggiamento, Elena…”
“Lo so, vado al
college.”
“… e sono attratte dal potere...”
“È una sindrome ed
ha un nome.” Sorrido e vedo Hayley accarezzare la
schiena di Hope che si sta muovendo. “Quale genere di
donna userebbe il termine ‘squinzietta’?”
“Una che le detesta… la classica sfigata priva di autostima.”
“Provo a chiamarla”
borbotto pestando le tasche posteriori dei jeans con le mani. Ho lasciato il
cellulare in camera di Klaus. Immagino sia scarico, ho giocato ad AngryBirds tutta
la notte mentre lui si agitava per gli incubi o i dolori. Entro in punta di piedi
per recuperare il telefono. Nella penombra scorgo il chiarore dorato della sua
schiena. Penso che mi manca parlare con lui. Avrei un mucchio di aneddoti divertenti da
raccontargli, come quello dell’uomo che giocava a scacchi contro se stesso,
allo specchio…
Prima di fare qualcosa di cui mi pentirei, esco dalla stanza in tutta
fretta.
Davina’s
Liv è scomparsa mentre facevano benzina alla
stazione di rifornimento e non risponde alle telefonate di Luke. Stefan sta battendo i dintorni di MysticFalls mentre Jeremy e Matt controllano l’interno.
Nessuno sa niente, nessuno l’ha più vista.
Davina sembra un disco rotto, continua a dire la
stessa cosa da dieci minuti. “I Viaggiatori se ne fregano di queste cose.”
Poso una gamba
sull’altra e picchietto le dita sullo stomaco ad un ritmo invisibile. Davina deve aver appena fatto le pulizie nella soffitta
perché sento un buon odore di detergente. “La mia amica Bonnie
diceva sempre che la soluzione ad una maledizione è ciò che l’ha creata…”
Hayley è seduta in poltrona
con una gamba flessa verso di se. “È buffo, ma la
descrizione che hai fatto mi ha ricordato quella tipa compiacente che ti odiava… Nadia.”
È vero. Nadia aveva ‘travasato’ l’essenza di Katherine nel mio corpo… forse ha usato il procedimento per se stessa. “Ma
non ha senso desiderare la sofferenza della persona che ami…”
“I Cattolici credono che solo attraverso il dolore e il pentimento si
raggiunge la salvezza dell’anima e Klaus, nella sua ostinata idiozia, è bravissimo
a farsi del male da solo. Il tuo arrivo ha distratto l’attenzione da Nadia e
dalla sua opera di salvezza. Tu rappresentavi tutto ciò di cui aveva bisogno in
quel momento: leggerezza e allegria. Forse lo sta punendo per aver ceduto alle
‘tentazioni della carne’, invece di elevare lo spirito.”
Davina stringe le
tempie con le dita e sospira. “Queste faccende da adulti mi annoiano. Io so
solo che una pazza ha causato uno squilibrio nella Natura e che dobbiamo
rimediare prima che si fissi del tutto.”
“Non puoi localizzarla?”
“Avete qualcosa che le appartiene?”
///
Era fortunato, Hope si ricordava ancora di
lui. Lo guardava con i suoi grandi occhioni scuri -
niente più sfumature azzurre? – ed emetteva piccole vocali interrogative,
mentre le manine cercavano di toccarlo. Non aveva preventivato di restare
lontano tanto a lungo. Quindici giorni… quindici
giorni di cui non aveva alcuna memoria…
Klaus strinse la bambina contro di se e il senso di colpa lo azzannò sul
cuore. Hayley sedeva ai piedi del letto, dondolando
una gamba. “Allora, hai niente di Nadia? Qualsiasi cosa. Un oggetto,
un’inquietante ciocca di capelli, una giarrettiera?”
“Un libro…” rantolò con un colpo di tosse. Le corde vocali non gli erano ancora
tornate a posto. “È morta…
perché vi interessa…?”
“Forse non è morta. Forse è ‘saltata’ dentro il corpo della biondona che smaniava per portarti a letto.”
Non ricordava alcuna bionda con intenzioni simili e Nadia non era mai
stata interessata ad una conoscenza carnale. Era una teoria strampalata che
avrebbe assecondato senza fiatare. Non ne aveva la forza e non voleva
cimentarsi in un’altra impresa senza uscita. “Nello studio… l’opera di San Francesco…”
Hayley non si mosse.
“Le stronzate che fai, ora ricadono anche sulla sua testa. Lei ha bisogno di
te. Ha bisogno che tu sia presente e attivo nella sua vita. Non farlo più o ti
darò la caccia personalmente e ti morderò il culo!”
Klaus annuì e accarezzò la schiena della piccola che stava buona e
quieta fra le sue braccia. Una volta era molto più vispa. “È malata?”
“No. È nostalgica e piange spesso, di notte. Per mascherare l’assenza,
abbiamo messo una tua maglietta nella culla ma siamo riusciti ad ingannarla
solo due volte” ringhiò. “Hai fatto soffrire tua figlia per non chiedere scusa
ad Elena.”
Le aveva fatto un torto grave per una faccenda di orgoglio. “Posso… tenerla
con me… un altro po’?”
///
Un altro buco nell’acqua. Davina si fermò,
guardando la cartina e la bussola. “Continua a muoversi oppure ha fatto un
incantesimo per confondermi” annunciò con un sospiro stizzito. “Ci farà girare
in tondo tutta la notte!”
Hayley sbuffò,
infilando le mani nel giacchetto corto. “Non so voi, ma io sono stufa e ho la
gola secca. Propongo di tornare al Rousseau’s. Devo ancora digerire l’assenza di Klaus… non avrei mai pensato di arrabbiarmi tanto non
avendolo intorno.”
Davina calciò un
sassolino, sorridendo. “Posso guardare mentre lo fai?”
Elena sorrise al pensiero. “Non ha ricordi del tempo trascorso nel bayou?”
Hayley si fermò di
fronte alla porta del locale e la spinse con decisione. “Neppure uno.”
*/*
Il Rousseau’s
è quasi pieno ma la musica della tromba illanguidisce gli avventori e non c’è
la solita ressa. Scorgo Camille dietro il bancone, sembra
poco sorpresa di rivedermi e ricorda persino cosa prendo di solito.
“Sei di passaggio o ti fermi?”
“Di passaggio…”
“Uhm…” mugola stappando una bottiglia. “Che
succede?”
Dovrò bere parecchi shot per convincermi a parlare di Klaus.
“Quando siete da quella parte, sono solo una psicologa che paga il
prestito universitario con un lavoretto serale. Lo credevo calato nel ruolo del
padre perfetto, non lo si vede mai da queste parti.”
“Ha passato quindici giorni nel bayou a giocare al licantropo!” sibila Hayley
prendendo posto accanto a me.
Ingoio lo shot di colpo. “Ed io ho interrotto la mia mega vacanza a Las Vegas per
fare da esca al pazzo in una notte di luna piena.”
Camille ci ricarica entrambe.“Gli metto la bottiglia in conto.”
Davina è seduta al
tavolo di un suo amico carino con l’aria gay. Hayley spezza
a metà le noccioline con le unghie, per scaricare la rabbia. Cami accenna alla sua specializzazione, mi chiede come
vanno gli studi, rispondo a monosillabi. Decido di aver bisogno di dedicarmi
alla contemplazione delle maioliche della toilette, giro su me stessa, metto a
fuoco una massa di capelli ricci e biondi e resto a bocca aperta: Liv si sta
avvicinando al bancone con un bicchiere di birra vuoto, in mano. Quando mi
vede, si blocca sorpresa. “Gilbert… ma non eri a Las
Vegas con Caroline?”
Sento il grido di Hayley. “Davi!”
Liv cade in ginocchio, le braccia schiacciate contro il busto, come se
un laccio invisibile la costringesse a non muoversi. Dopo un attimo di
incredulità, sibila una formula a bassa voce e riesce a liberarsi. Davina si avvicina con la solita aria altezzosa ed
imbronciata. “Sei forte.”
“Chi sei e cosa vuoi da me?” mormora e sento una punta di isteria nella
sua voce.
Resto di sasso. “Tu e Davina vi siete già
incontrate! Non ricordi? È successo quindici giorni fa!”
Liv mi guarda con la coda dell’occhio. “Non l’ho mai vista, Gil.”
Hayley scende dallo
sgabello e avanza verso di noi. “Perché hai mentito sull’incantesimo delle
pietre?”
Non riconosce neppure la donna lupo e come ci guarda, non ha idea di
cosa stiamo parlando. Spiego loro che Liv non sa di essere posseduta: un Viaggiatore
deve essere ‘chiamato’ ma la parola d’ordine è sempre diversa.
Hayley la indica col
mento a Davina. “Riesci a farla uscire?”
“Non posso praticare un esorcismo nel mezzo del locale e ho bisogno di
un cerchio magico per fare un incantesimo del genere.”
“I Viaggiatori sono difficili da eliminare. Markos
ha distrutto il pugnale e non mi risulta ce ne siano altri in giro.”
“Non dobbiamo eliminarla, solo parlare con lei” la rassicuro.
Liv mi guarda da capo a piedi. “Gil, quando è
toccato a te, come è finita?”
Con una coltellata secca. “Perché sei scappata?”
“Non sopportavo di stare un minuto di più insieme a Tyler e ho lasciato
il cellulare nel porta oggetti della spider.
Volevo vedere New Orleans con calma e le lezioni non iniziavano prima di trenta
giorni” spiega, facendo spallucce. “Tu perché sei qui?”
“Un favore ad un amico” sospiro mentre faccio rientrare l’allarme a MysticFalls. “Ti piace New
Orleans, finora?”
///
“Tesoro, sono a casa!”
Questo scherzo fra
loro mi fa sorridere. Liv si guarda intorno. “Il tuo amico è ricco sfondato.”
Un effetto voluto.
Poi ti ci abitui. Arriviamo nel salotto, illuminato pigramente. Klaus è sdraiato sul divano con la piccola accoccolata addosso, intento
a narrarle una favola presa dal libro colorato che ha portato Caroline,
insieme ad un mucchio di altri regali.
La scena è di una
bellezza surreale. Il modo in cui la tiene e le parla non dura molto. Appena sente
la voce di Hayley, si blocca e guarda dritto verso di
me. I suoi occhi sono colmi di affetto paterno e non fa nulla per mascherarlo.
Kol piomba giù dalle scale
in quel momento. Ha un coniglietto rosa in mano e appena ci vede, lo fa sparire
dietro la schiena. Hayley si riappropria della figlia
addormentata, gira attorno a Kol e recupera il
peluche. “Vado a metterla a letto. Elena, ci pensi tu?”
Vorrei farlo, ma
continuo a guardare il libro delle favole aperto nelle mani di Klaus. Quando lo
chiude di colpo, faccio un enorme sospiro e procedo alle presentazioni. Si squadrano
in maniera diversa dalla prima volta. “Vedi qualcosa di Nadia in lei?” tento, distratta
dal libro colorato. L’idea di scegliere pediatria come specializzazione si fa
sempre più forte. Ma c’è tempo per questo…
“È l’ultimo corpo che
sceglierebbe per se. Non prendertela, dolcezza. Tu sei una bomba sexy ma la
persona che cerchiamo è più… modesta.”
Non ti aspetti mai
che Klaus sia politicamente corretto. Liv alza le spalle. “Fa sempre piacere
essere giudicati dai vestiti.”
Davina torna col grimorio
già aperto sulla pagina che le serve. “Dovrò arrangiarmi con un incantesimo di
evocazione a quanto pare…”
“Se questa entità
appartiene ad un Viaggiatore, non puoi usare la magia standard. Sono di
un’altra scuola.” Liv gira il libro e scuote la testa ad ogni pagina finché
arriva ad una sezione che la fa sbiancare. Posa il grimorio sul tavolino basso
davanti al divano e struscia le mani sugli shorts di jeans stracciati. “Elena,
quando ti ho chiesto se eri ancora arrabbiata, dovevi rispondere sì. Avremmo
chiarito al momento.”
“Ma io non sono
arrabbiata con te!”
“Sono mesi che ti
fai i trip mentali con le erbe psicotrope per ‘incontrare’ Damon, dimenticando volontariamente
di stare parlando con un’allucinazione e non con il suo spirito…
ed ora mi trascini a casa dei Vampiri Ancestrali, la cui madre usava la forma
più oscura della magia nera. Sicura di non stare cercando vendetta, Gil?”
È bello quando i
fatti tuoi vengono messi in piazza. “Non sono arrabbiata. Riusciamo ad evocare
l’entità entro il calar del sole o dobbiamo sprecare tempo in chiacchiere?”
“Come posso dire
‘no’ ad una tale gentile richiesta” soffia e porta le mani sui fianchi.
Sì, ora mi sento
come Klaus quando va di fretta e tutti gli mettono i bastoni fra le ruote. Ho
voglia di morderla. “Se Esther non avesse praticato
l’Espressione, voi streghe vi ritrovereste tutte disoccupate, ora.”
Sento un risolino
generale, le uniche a non trovare la battuta divertente sono Davina e Liv. Quest’ultima tira su le maniche della
maglietta e indietro i capelli. “D’accordo Gilbert. Butta fuori.”
“Non voglio
litigare con te” insisto sentendo forte l’impulso di strapparle le ciocche
bionde una ad una.
“Mi avete minacciato
di morte, tu e Caroline e avete ucciso Luke quando ci siamo rifiutati di
aiutarvi!”
“È stata Caroline a
prendere l’iniziativa...”
“Tu non l’hai
fermata.”
“Non pensavo
l’avrebbe fatto!”
“Pur di riavere
indietro i vostri amici, non avete esitato a sacrificare la nostra vita! Ergo,
non siete migliore degli altri! TU non sei migliore degli altri!”
Ero felice, prima
di perdere i miei. Ero una brava persona prima che arrivassero i vampiri. “È
vero” ammetto drizzando la testa, la schiena e tutto quel che posso
raddrizzare. “Se potessi riavere indietro Damon e Bonnie,
lo farei senza esitazioni e senza guardare in faccia nessuno. Ora che l’ho
detto, puoi tirare fuori quella stronza o devo usare la forza per cacciartela
fuori?”
“Non c’è bisogno di
essere sgradevoli.” Liv allunga la mano verso di me, infastidita. “Devo
chiamare Luke. Non posso farlo senza il suo aiuto.”
Mentre le passo il
cellulare, penso di non essere una persona cattiva. Ho solo dovuto fare delle
scelte sgradevoli.
Liv attende un
momento prima di inviare la chiamata. Sembra avere pietà di me, ed è buffo
perché sono sempre io a trovare giustificazioni per tutti.
“È una legge
universale, Gil. I puri di cuore sono sempre attratti
dall’oscurità perché è un concetto così lontano da loro, da non poter fare a
meno di avvicinarsi. Devono capire di cosa si tratta e tu non fai eccezione,
anche se ti sforzi di dimostrare il contrario. Nessuno nasce malvagio. Sono gli
eventi a cambiarci.”
///
Aveva visto molti cerchi magici quando era in
Oriente e alcuni li aveva insegnati alle streghe Claire, ma quello era diverso.
Aveva un jene saispasquoi di minaccioso. “Espressione
o magia nera?”
Liv lasciò cadere dei granelli colorati nel
cerchio con aria sostenuta.
“Dovete evocare
qualcuno o creare qualcosa?”
insistette
“Evocare un Viaggiatore è semplice. Creare il
pugnale che lo ucciderà, un altro paio di maniche. Se vuoi stare qui, devi
tacere e non toccare nulla, sto eseguendo calcoli complicati e tu mi stai
distraendo.”
Non si parlava di uccidere, all’inizio. Klaus
non l’avrebbe presa bene. Kol spostò lo sguardo su Davina, la ragazzina sollevò gli occhi dai propri appunti e
lo fissò intensamente. Non portava più i vestiti adolescenziali che indossava
la prima volta che l’aveva incontrata e il suo viso si era affilato.
Kol le fece cenno di seguirlo, la strega posò il
quadernino sul bracciolo della poltrona e gettò dietro le spalle la treccia dei
lunghi capelli castani.
Elena aveva ragione a domandarsi perché tutte le
grandi conversazioni avvenivano in cucina. Forse per la presenza del
frigorifero col cibo. “Non ti immischiare con la magia nera, richiede sempre un
prezzo, e spesso è troppo alto da pagare” sussurrò, una volta soli.
Davina sollevò il mento, poi guardò un punto
indefinito alle sue spalle. “C’è altro che devi dirmi o posso tornare al mio
lavoro?”
Non aveva vissuto sempre in una bara, sapeva
tradurre certi segnali. Kol scosse piano la testa e la strega fu lesta a dargli le
spalle. A tratti, aveva impressione che lo odiasse. La seguì con lo sguardo e
si stupì quando la vide salire la piccola scalinata che portava alle stanze
superiori. Che andava a fare da Klaus?
///
“Wawawa! Il mostro mi ha
preso il naso!”
Fortuna che non era
preparato ad avere figli. Aveva inventato una storia, dato voce ai protagonisti
e ingaggiato una battaglia fra un mostro ‘gorgoglioso’
e un prode sottomarino.
“Oh! Il mostro è stato sconfitto e schizzato
completamente d’acqua! Oh oh!”
Hayley sorrise dentro di
se: faceva più casino lui della bambina!
Quella era
diventata la sua idea di paradiso. Una donna bellissima che si prendeva cura di
sua figlia, l’odore di lozione per bambini, i colori tenui e lo stuolo di
paperette gialle che galleggiavano nell’acqua del bagnetto. Quando Hope gli sorrideva, le cicatrici interne si sanavano piano piano. “Se non fosse per quel piccolo particolare, ti avrei già raggirato e costretto a
farne almeno altri due.”
“Se non fosse per quel piccolo particolare e per il fatto
che amo tuo fratello, forse valuterei
la tua offerta. Hai giocato fin
troppo, tirala fuori prima che diventi una prugna.”
Hope sgambettò e si
richiuse su se stessa quando la sollevò piano. Klaus la avvolse in un
asciugamano colorato. Quella cosina piccola, pulsante di vita e scoppiettante
di amore per lui, gli aveva rapito il cuore, totalmente e senza via di fuga. “I
pannolini?”
“Ce li hai davanti
agli occhi.”
“Questi cosi ce le
hanno le istruzioni?”
“Tu leggi le
istruzioni?”
“Erano gli anni
Novanta. In un momento di tedio, ho smesso di ignorare il manuale del
videoregistratore.”
Davina si affacciò nella
cameretta della bambina e fiutò talco per bambini e serenità. Hayley le fece cenno di avvicinarsi e le posò il braccio
sulle spalle. “È divertente, sta a guardare.”
“Cosa guardiamo?”
“Klaus che non riesce
a mettere un pannolino.”
“Donna di poca
fede” mormorò facendo una boccaccia alla piccola che si agitò. “Tu hai molta
più fiducia in me, vero?”
“Ah!”
La sospensione durò
un secondo che si dilatò all’infinito nella mente di Davina.
“Ho capito” sussurrò, fremendo da capo a piedi. “La chiave per sciogliere una
maledizione è sempre ciò che l’ha creata! Genevieve
ha usato il tuo sangue e il tuo sangue è la soluzione. Non sono quattro persone
diverse, sei sempre stato tu! Il tuo sangue è ‘antico’, ma ‘appena nato’,
quindi ‘vergine’ perché hai appena scoperto di amare tua figlia ‘senza riserve’
e cosa fa un uomo quando è un concentrato di amore? Segue la via dell’onestà e
della ‘rettitudine’” concluse veloce, seguendo lo svolgersi del pensiero.
“Sei certa di quel
che dici? Se sbagli l’incantesimo e lo squilibrio si consolida…”
Davina alzò gli occhi al
cielo, seccata. “Mi offende che mettiate in dubbio le mie capacità!”
“Scusa” mormorò Hayley sbirciandosi con Klaus che le fece cenno di tagliare.
“Scusa tu, sono
molto nervosa” disse, analizzando la stanza con un’occhiata circolare. “Quella
specie di groupie
di vampiri sta approntando un incantesimo ai limiti della magia nera e tuo
fratello mi sta addosso. Rimettilo al suo posto o me ne andrò e sarai costretto
ad arrangiarti, nel prossimo futuro” ordinò al vampiro che annuì senza mutare
espressione. Davina sospirò ancora e il collo ebbe un
piccolo scatto nervoso. “E già che ci sei, chiedigli che cosa è successo nel bayou con Elena
Gilbert.”
///
“Grazie del
passaggio.”
Elena smontò
dall’auto, la borsa a tracolla e il capello militare calcato sulla testa. La
stazione era affollata e doveva ancora fare il biglietto, ma il treno sarebbe
partito da lì a mezz’ora e aveva tempo anche per uno spuntino. Elijah si era
sforzato di trovare argomenti per convincerla a restare, ma alla fine il
buonsenso aveva prevalso e si era limitato ad accompagnarla in città.
“Torni a Las
Vegas?”
“Non ho ancora
deciso” ammise togliendo lo occhiali da sole ed infilandoli nella scollatura.
Il cielo era coperto e minacciava pioggia. “Voglio la tua parola che non mi
coinvolgerai più nei casini di Klaus.”
Aveva imparato a
scegliere le parole. Elijah schioccò le labbra e annuì, pieno di dubbi. “Te lo
prometto.”
“Sul tuo onore”
insistette.
Giocava pesante.
“Sul mio onore.”
“Ti spedisco una
fialetta di sangue fra quindici giorni.”
Il vampiro annuì,
composto. “Non vuoi sapere come va a finire?”
Elena scosse la
testa, cominciando a prendere le ‘distanze’. “Ero solo l’imbucata alla festa,
Elijah.”
///
Non sentiva più la
presenza di Elena e la sua stanza era vuota. Se n’era andata di soppiatto, come
un ladro nella notte. Klaus si affacciò dalla balconata, guardando in basso. A morire fu il cane, Gilbert, pensò
lasciando andare un sospiro. Avrebbe dovuto cacciarla subito, non permetterle
di restare ed invadere la sua vita…
Hayley comparve
all’improvviso, trafelata. “Elijah dice che Elena sta prendendo il treno al
binario due. Se ti sbrighi, fai ancora in tempo a raggiungerla.”
Il vampiro guardò
la donna lupo con aria corrucciata.
“Muoviti!” esclamò
sbattendogli contro il torace la giacca e le chiavi della macchina. “Hai trenta
minuti.”
Col traffico di
quell’ora e i parcheggi pieni, avrebbe impiegato molto più tempo. Klaus tornò
ad appoggiarsi di peso al balconcino. “So dove trovarla. Quando vorrò parlare
con lei…”
“Se non la fermi
adesso, non vorrà mai più avere niente a che fare con te.”
Il vampiro strinse
i pugni attorno al corrimano di legno. “Non vorrei rovinare la storiella
d’amore che avete costruito alle nostre spalle…”
“Elena ti ha
vegliato tutta la notte.”
Quando si era svegliato, aveva sentito il suo odore e
si era detto che stava avendo un’allucinazione, non poteva essere tornata dopo
quello che le aveva fatto. “Il SUV è a secco” ricordò ed Hayley
esalò un gemito di frustrazione: Elijah non avrebbe fatto in tempo a tornare e ripartire…
“Muoviti, mezza sega. Ti porto io!”
Klaus abbassò lo sguardo verso l’ingresso, Kol lo attendeva sulla porta aperta, già pronto. “Conosco
una scorciatoia.”
///
Stava per scoppiare
un bel temporale di quelli che ti facevano pentire di aver messo piede fuori
casa. “Ho baciato Elena nel bayou.”
Klaus spostò lo
sguardo dalla strada e lo conficcò nella testa del fratello. “Me l’hanno
detto.”
Kol lo guardò per un
istante. “C’eravamo solo noi e un branco di lupi! Chi…”
“La tua cosa ‘bella
e pura’ lo sapeva.”
E come diavolo…?! Kol lo guardò di nuovo:
non l’aveva presa bene ma non gli era ancora saltato al collo. “Frena l’ira o
il desiderio di vendetta. Nessuno ha tramato alle tue spalle…
e non accusarmi di tradimento, ho capito da solo di aver fatto una cazzata. Mi
sono già scusato con Elena.”
Klaus riportò lo sguardo
sul sentiero e quando Kol svoltò per una stradina
piccola e sconosciuta, si irrigidì. “Dove stia andando?”
“Il treno è già
partito, è inutile arrivare fino alla stazione” disse, sistemando gli occhiali
da sole sul naso. “Guarda là.”
Klaus guardò a
destra: correvano quasi paralleli ai binari ma la testa della locomotiva era ancora
indietro. Goccioloni d’acqua gli caddero sulla testa e scivolarono lungo le
guance.
Kol tolse gli occhiali
bagnati e pigiò sull’acceleratore. “Siamo fortunati, fratello. La pioggia e le
curve impediranno al treno di acquistare velocità prima del rettilineo.
Preparati a saltare.”
Per quello non
aveva chiuso la cappotte? Klaus inspirò: e se si fosse sbagliato? Sarebbero
caduti tutti come pinoli!
///
Tempo ideale per la
sua depressione. Elena sospirò e guardò fuori del finestrino. Non c’era molta
connessione sul treno e non poteva chattare con Caroline per aggiornarla sulle
ultime novità. Il suo vicino era profondamente addormentato e a tratti emetteva
dei piccoli grugniti. Non aveva neppure un libro e il lettore mp3 era quasi scarico.*
La vampira sollevò
la tendina parasole che era rimasta a metà ed sbirciò il panorama. Erano quasi
usciti dalla città e la velocità segnata sul pannello elettronico, cominciava
ad aumentare. Alla sua sinistra, macchine di tutti i colori correvano sulla
strada parallela ai binari… e quello che faceva?
Elena si raddrizzò, scorgendo una manovra azzarda. Il treno andò avanti e la
ragazza perse di vista la decappottabile. Si afflosciò contro il sedile e un
tuono scoppiò improvviso. Elena si scoprì la pelle d’oca. Infilò la felpa e la
chiuse, raggomitolandosi tutta. L’uomo al fianco brontolò di nuovo e incrociò
le mani grassocce sulla pancia.
Il treno aveva
raggiunto i 270km/h e avrebbe mantenuto la velocità, lanciato nello spazio
vuoto. Eri solo l’imbucata alla festa,
si disse tirando indietro i capelli. Una cuffietta cadde dall’orecchio proprio
mentre il grassone biascicò nel sonno. “Siamo arrivati alla fine…”
Sì, pensò
mordendosi le labbra. È proprio la fine.
///
La madre diceva
sempre che aveva la squisita gentilezza di Elijah ma prendeva fuoco come Niklaus. Non dimenticava di elogiarne l’intelligenza sopra
la media, il fascino da canaglia e la stoicità
ereditata da Mikeal, così le era più semplice
accettare la cruda realtà che, dei tre fratelli, Kol
era il più selvaggio ed imprevedibile. E un’apprendista stregone già a nove
anni, pensò. In lui, la magia della famiglia di Esther
si era radicata ed era fiorita nell’infanzia ma era stata spazzata via dalla
trasformazione che li aveva dannati alla vita eterna.
Elena aveva
ragione: doveva valorizzare i doni che gli erano stati elargiti tanto
generosamente dalla Natura. Aveva solo bisogno di riallacciarsi ad essa e canalizzare
le energie della terra per far ‘saltare il tappo’. La
pioggia battente era un altro elemento a suo favore. Era sempre andato
d’accordo con l’acqua. Kol fermò la macchina in una
radura e chiuse la cappotte, attendendo il momento propizio. Il lampo lo
abbagliò e il tuono esplose, rizzandogli tutti i peli del corpo. Il fulmine non
era caduto molto lontano da lì. Kol mise in moto e si
diresse verso il punto colpito. Stava per fare una di quelle cose da pazzo che…
CRACK!
///
Era ricoperta di
pelle d’oca e una sensazione sgradevole di morte e impediva di alzarsi dalla
poltrona. Davina ansimò, terrea. “È successo qualcosa
di terribile…”
“Terribile a chi?” domandò
Liv, poco curiosa.
La ragazzina saltò
via, come se una molla pazza l’avesse espulsa verso l’alto. Sfogliò tre pagine
del grimorio e raccattò una ciotola, versando il composto sul tavolo.
Avevano fatto un
mucchio di calcoli per preparare la dose esatta di erbe magiche necessarie
all’incantesimo e lei la gettava via così?! Liv si avvicinò a passo di carica.
“Senti, io non so…”
“Non sai un bel
niente, perciò sta zitta!” urlò ai limiti dell’isteria. “Elijah!”
Liv si tappò le
orecchie con le dita. “Tu sei tutta matta.”
“Elijah!!”
“Davina, abbiamo tutti un superudito, qui. Ti basta
sussurrarlo, il mio nome” la rimproverò il vampiro appoggiato alla balconata
del piano superiore. “Penso di aver risolto il vostro problema del pugnale…”
“Dopo! Ora ho
bisogno del tuo sangue!”
“Per fare cosa?”
domandò scendendo piano le scale. “Un’altra bizzarria di Klaus?”
“No, si tratta di Kol. Ho bisogno del tuo sangue per localizzarlo, il mio
incantesimo protettivo si è affievolito ed ho paura che…”
Davina si interruppe, spingendogli sotto il naso la
ciotola. “Sanguina qui, per favore.”
“Hai fatto un
incantesimo protettivo su Kol?” domandò cauto,
obbedendo all’ordine. “Motivo?”
“Per quanto sia
tonto e fastidioso, non potevo lasciarlo vagare di notte nel bayou mentre
davate la caccia all’animale.”
“Molto premuroso da
parte tua” sorrise e Liv gli si accostò, indicando col mento l’arma che
stringeva. “Bel pugnale.”
“Un simpatico ammennicolo che racchiude il
potere di uno stregone voodoo morto
suicida” rispose passandolo alla ragazza perché lo analizzasse. “L’ideale per
infliggere un dolore esecrabile agli avversari. E ai traditori.”
“Ma che problemi
avete, in questa famiglia?”
///
Era rimasto troppo
a lungo in forma di lupo, aveva ancora i sensi alterati e l’aveva fiutata
subito. Aveva scoperto il posto vuoto, il grassone che ronfava, la felpa
abbandonata sul sedile intrisa del suo odore. Klaus aveva passato una mano sul
viso bagnato, inspirando a fondo. Lentamente coprì i passi di Elena: si era
fermata al bagno e aveva continuato dritto, fino alla carrozza ristorante. Non
poteva essere da nessuna altra parte, oltre c’era solo la testa della
locomotiva. Quando aveva spalancato la porta, Klaus si era guardato intorno e
l’aveva individuata: sguardo perso fra le gocce di pioggia, una mezza tazza di
cioccolata fumante davanti a se... gridava di solitudine, ma gli occhiali da
sole e le cuffiette nelle orecchie, avrebbero tenuto lontano chiunque. L’aveva
già vista così, quando era giunta a casa sua, non invitata e non gradita, in
lutto per la perdita di Damon Salvatore.
Elena sollevò il
viso dalle mani piegate e guardò nella sua direzione. Nascose male la sorpresa.
“Sei corso dietro al treno?”
“Kol è corso dietro al treno. Io ci sono solo saltato sopra”
disse, occupando il posto di fronte. “Te ne sei andata senza salutare, senza
attendere le mie scuse e pensavo volessi sapere che Davina ha sciolto l’enigma di Genevieve.”
“Hai rischiato di ammazzarti per dirmelo? Non
potevi fare una telefonata?”
Klaus scrollò le spalle e una dolorosa
sensazione di perdita gli corrugò la fronte.
BZZZZZ!
“Perdonami” sussurrò rispondendo alla chiamata
del fratello. La linea era libera, ma sentiva uno strano rumore di fondo. Il
crepitio di un fuoco… un sibilo…
un rantolo… “Kol?”
Il cellulare di Elena vibrò sul tavolino. Elijah?
“Brutto traditore, hai fatto la spi…” rispose,
fermandosi di colpo. “Subito” sussurrò scivolando via dal proprio posto.
“Dovrai insegnarmi a saltare da in treno in corsa, tesoro.”
A quella velocità, avrebbero avuto spezzatino di
vampiro per cena. “Possiamo fare di meglio, Gilbert. Possiamo tirare il freno
di emergenza.”
Ne aveva avuta, di sfortuna. Quanta probabilità
c’era che un fulmine cadesse e colpisse in pieno l’antenna della macchina?
Hayley vagò intorno ai resti fumanti dell’auto
sportiva, sollevando con attenzione il cofano. “Ha fatto da conduttore con la
batteria.”
E l’aveva quasi ammazzato. Davina
squadrò il corpo esanime di Kol e solo una piccola
ruga sulla fronte, testimoniò la sua preoccupazione. Non era una novità che il
sangue di vampiro guarisse ogni ferita, ma era passato del tempo da quando
Elijah aveva prestato il primo soccorso e Kol non era
ancora rinvenuto.
Un lupo quasi nero emerse dal folto degli
alberi, si avvicinò al ragazzo e lo toccò piano col muso. Era stato astuto a
trasformarsi: quattro zampe si muovevano più velocemente di due gambe e in
quella forma, riusciva a captare le minime variazioni nel fratello.
“Uoh!” esclamò Liv
alle spalle di Hayley. “Non ne ho mai visto uno dal
vivo! Fi-uuu! Qui, bello!”
“Guarda che non è un cane randagio. Non puoi
fischiare e aspettare che venga davvero” la rimproverò Davina,
sottovoce. “È Klaus, si è solo trasformato.”
Il lupo si avvicinò alla strega bionda, sollevò
il muso e una leccata lunga e umida le imbrattò la guancia di saliva. Liv emise
una risatina scherzosa. “Mai capito una cosa dei licantropi: è questo il loro
stato naturale o l’altro? Vuoi giocare, eh? Bravo cagnolone!”
“Ti sta assaggiando,
Olivia.”
“Naaa, lui un bravo cagnone
intelligente!”
“Se ti morde, non dire che non ti avevo
avvisata.”
Una macchina frenò sulla strada principale ed
Elena ne discese, ringraziando il conducente e raggiungendo il gruppo a grandi
passi. “Sta bene?” domandò un po’ agitata, posando la sacca da viaggio a terra.
“È vivo, vero?”
“Certo che è vivo” rispose Liv col braccio
stretto attorno al collo dell’animale seduto sulle zampe posteriori. “Esanime
ma vivo.”
“Non è un lupo vero, quello” la informò e si
concentrò sul dormiente. “Kol diceva di aver bisogno
del concentrare l’energia della Terra per far ‘saltare il tappo’.”
Aveva scelto il luogo giusto. La tempesta aveva
scaricato tanti di quei fulmini che l’aria era elettrica e il lupo non riusciva
a stare fermo, pensò Davina alzando gli occhi sul
cielo fosco. “Dobbiamo aiutarlo a convogliare su di se quanta più energia
possibile, allora. Olivia, lascia stare quell’animale e dammi una mano.”
“Per
favore” sospirò la strega.
“E tu resta dove posso vederti. Abbiamo bisogno
del tuo sangue per l’incantesimo.”
Il lupo mosse le orecchie e sbadigliò. Elena lo
osservò di soppiatto e quando si volse verso di lei, ebbe un brivido. Klaus era
stato più veloce di lei a scendere dal treno e quando era saltata fuori, si era
ritrovata davanti solo un mucchio di vestiti caldi del suo corpo sul prato
bagnato e del vampiro nessuna traccia. Non era sicura di aver raccolto tutto,
ma non era tipo da fare questione per i calzini spaiati. Il lupo le girò
intorno, infilandosi sotto il suo braccio e annusandola. Voleva le coccole
anche da lei o voleva indietro la catenina di legno che portava sempre attorno
al collo e che aveva indossato per evitare che andasse persa? Elena lo guardò
sollevare il muso e una leccata improvvisa le inumidì il mento. Non era pratica
di cani, ne amante delle effusioni salivose. “Perché
dovete usare il suo sangue per l’incantesimo? Non può farlo Elijah?”
“Elijah non è un licantropo.”
Tornava. I lupi sono vicinissimi alla Terra e il
sangue di Esther scorreva anche nelle vene di Klaus.
Elena tornò a scrutare l’animale e posò piano il palmo sulla testa, scendendo
lungo il collo. Il battito forte del cuore si trasmise al suo. La carezza proseguì
lungo il garrese e si fermò al centro della corpo dell’animale. Poi tornò
indietro e coprì la stessa distanza altre due volte. Normalmente avevano un
vocabolario incomprensibile l’uno all’altra, e la barriera linguistica era
aumentata a dismisura, ora.
“Fiuuu! Vieni qui, bello!!”
“Hanno bisogno di te, vai” mormorò incoraggiante
e l’animale non si mosse neppure quando la carezza cessò. Ma la capiva quando
parlava o era disubbidiente come sempre? “Su, vai da loro.”
“In forma di lupo è puro istinto, e l’istinto
gli dice di stare con te.” Hayley inclinò la testa,
battendo piano la mano sulla gamba. Il lupo la ignorò, ma quando Elena si sollevò
sulle gambe, le girò intorno, muovendosi nella sua stessa direzione.
“Vedi? Ti ha riconosciuta come sua padrona.”
“Non è un cane, è Klaus, e Klaus non riconosce
alcuna autorità al di fuori di se stesso” rispose e tornò a fissare l’animare.
“Perché sei salito sul treno? Era il grande
gesto che doveva impressionarmi?” domandò al lupo che si limitò a tirare
dentro la lingua e sedere composto. “Io ho bisogno di un rapporto normale ma la
parola ‘normale’ non esiste nel tuo vocabolario. Fra quindici giorni tornerò al
college e tu ti dimenticherai di me.”
Come Caroline, aveva raggiunto un compromesso
fra la fame, le lezioni serrate e il poco tempo libero. Cercare di infilarvi
qualcos’altro, era impensabile e difficile e lei non era una maga della
pianificazione come l’amica. “Non capisce una parola di quel che dico, vero?”
domandò ad Hayley che la sbirciava di soppiatto.
Percepiva i suoi sentimenti e qualcosa gli
sarebbe rimasto, una volta tornato normale. Ma non avrebbe saputo dare un nome
e un volto e la nostalgia e il dubbio l’avrebbero assediato giorno e notte.
“Non lo fa mai.”
Elena lo osservò mentre trotterellava dalle
streghe. Le costava, perciò doveva essere la decisione giusta.
///
Era la sensazione più vera e reale che aveva
provato da quando era rinato. Era come se il cielo e la terra lo usassero come
conduttore universale… era colmo fino all’orlo… e felice.
Liv gli scosse una mano davanti al viso,
perplessa. “Ha l’aria trasognata.”
“È transitorio.”
“Wow… non lo ricordavo
così…”
“Non è mai così. Ti abbiamo ‘dopato’ per
accelerare la ripresa. L’effetto svanirà col trascorrere delle ore” lo informò Davina con sguardo altero, evitando di guardarlo in faccia.
“Grazie…”
La ragazzina si alzò con un movimento fluido e
lo ignorò. “Possiamo tornare a casa” disse tranquilla ad Elijah e guardò il
lupo che si afflosciò su un fianco con un guaito.
“Hai abbattuto il cagnone?” Liv si avvicinò a
piccoli passi, curiosa. “Risente dell’incantesimo, giusto? Ora tornerà normale?
Non voglio perdermelo.”
“Non siamo al cinema, Olivia” disse e quando il
lupo guaì e si contorse sul terreno, Davina fece un
passo indietro come gli altri. Tutti tranne Liv che assistette alla
trasformazione del licantropo con curiosità scientifica.
Elena voltò prima a testa e poi le spalle. Non
voleva assistere un’altra volta all’agonia. “I suoi vestiti sono nella borsa”
sussurrò ad Elijah. “Io devo andare.”
“Stai sbagliando, Elena.”
“L’ho già visto, il film. È troppo per me. Klaus
è troppo per me… quel che succede a Klaus è troppo per me” disse e finalmente capì quanto Davina tenesse a Kol e perché
aveva deciso di allontanarlo. “Bada a quei due.”
Il giorno dopo
“Sta in piedi.”
“Ah…”
“Così, brava.”
Le gambine grassocce
di Hope traballarono e dopo pochi istanti, piombò sul
pannolino e tappeto. Emise una risatina deliziata e mosse le manine cercando di
arrivare a lui.
“Ci proviamo di nuovo” la incoraggiò Klaus
tenendola saldamente per il corpicino. Occuparsi di Hope
era l’unica cosa che lo distraeva dalla lancinante malinconia che lo assediava.
Aveva interrogato Hayley riguardo la notte appena
trascorsa, ma la donna lo aveva rassicurato sul suo comportamento. Non aveva
fatto nulla di strano. Non aveva morso nessuno.
“Le stai insegnando a camminare?”
Era troppo piccola per camminare ma forse
riusciva a farla stare in piedi.
Hope guardò Liv con aria curiosa e si contorse
tutta, regalando un ‘ah’ anche a lei, prima di ripiombare sul pannolino. La
strega rise sommessa. “Quant’è carina!”
Klaus le rivolse un’occhiata meditabonda. “Come
hai detto di chiamarti, cara?”
“Olivia, ma gli amici mi chiamano Liv” rispose
con un bel sorriso canzonatorio. “Ti piace farti grattare il pancino, eh?”
“Mh?”
Non ricordava proprio nulla, aveva ragione la morettona. Liv sorrise e si inginocchiò di fronte alla
bambina che la fissava a bocca aperta. “Voglio capire cosa dobbiamo farne della
Viaggiatrice che mi possiede.”
“Non le deve essere fatto del male” mormorò Klaus
sottotono, impegnato com’era a sistemare il vestitino della piccola.
Elena gliel’aveva detto che era una ex –
qualcosa. Gliel’aveva detto prima di incamminarsi sui binari, in direzione
della stazione del treno. Capiva il suo stato d’animo, ma era stata un po’
stronza a mollarla in mezzo a quella gente strana. “Ok, allora ci servirà un
corpo in cui travasarla. Non la voglio dentro di me.”
“Riesumeremo un cadavere dal cimitero” disse
prendendo in braccio la bambina che gli si raggomitolò contro.
L’aveva detto come se fosse la cosa più naturale
del mondo. “Sei triste.”
“Prego?”
“I neonati risentono dell’umore delle persone
che li circondano e quella piccoletta ha l’aria sconsolata” disse indicandola
col dito.
Il vampiro accarezzò la schiena di Hope e la strinse contro di se. E lui che pensava che
avesse solo la bua al pancino… “Trovate quel cadavere
e fate quel che dovete fare. Non mi importa chi si prende l’onere, basta che
sia fatto. Vi do carta bianca.”
“Anche un badile per dissotterrarlo?” domandò e
Klaus sorrise con un angolo della bocca. Era simpatica, Raperonzolo...
Due giorni dopo
Non avrebbe lasciato che belloccio appena
tornato dal regno dei morti le insegnasse come fare un incantesimo! Era il suo incantesimo e Kol
non doveva azzardarsi a contestare ingredienti e concentrazioni!
“Buongiorno, Dav…”
“Klaus è sveglio?!”
Già arrabbiata a quell’ora del giorno? Elijah
alzò le sopracciglia, si scansò dalla porta e lasciò entrare la streghetta che marciò nel salotto immusonita e salì le
scale con passo pesante. “Tuo fratello me la paga, stavolta!” esclamò dalla
balaustra prima di spalancare la porta dello studio.
Quel bisticcio andava avanti da mesi ed era
aumentato a dismisura negli ultimi due giorni. Elijah pensò di interessarsi seriamente
alla faccenda, prendere misure drastiche e ricordare alla ragazzina che Klaus
aveva posto il veto alle visite improvvise, ma Davina
era fuori controllo e aveva bisogno di una strigliata doverosa. Con un sospiro
paziente, tornò in cucina e l’occhiata di Hayley,
insonne per la nottata passata a prendersi cura della bambina che piagnucolava
senza motivo apparente, lo fece sogghignare.
“È entrata in camera sua” sussurrò la donna con
la faccia sopra la tazza del caffè. “L’ammazzerà.”
“Eravamo d’accordo che saresti stata tu a
consigliare e guidare l’adolescente” le ricordò con un bacio sulla tempia che
le fece chiudere gli occhi.
“Ha solo bisogno di litigare con qualcuno”
mugolò sedendosi sulle sue gambe, sorniona. “Indovina cosa serve a me, invece…”
///
La sequenza era semplice: lei si lamentava
dell’intralcio alto 1.85 e lui prendeva provvedimenti. Sì, ricordava qualcosa
circa ‘non entrare mai in camera mia’ ma Klaus diceva tante cose e lei non lo
ascoltava, il più delle volte.
Davina tirò indietro i capelli che ricaddero
sistematicamente su una spalla e si chinò sul vampiro addormentato. “Ehi,
sveglia” mormorò con voce ferma. Erano le otto del mattino, come poteva dormire
ancora? “Dobbiamo parlare” insistette portando le mani sui fianchi. “Devi
scegliere chi vuoi che porti a termine l’incantesimo e togliermi tuo fratello
dai piedi. Sono arcistufa di sentirmi dire cosa fare, come e quando farlo!” continuò,
stizzita. “Quel tracotante individuo ha superato i limiti!”
Klaus girò la testa sul cuscino e i capelli di Davina gli sfiorarono la fronte. La ragazzina si tirò
indietro, sedendo in uno spazio vuoto con un sospirone. “Senti, le cose non funzionano… lo dico in altro modo, non riesco a lavorare se
lui è lì a riprendermi ogni cinque minuti” spiegò abbandonando le mani in
grembo. “Ero la strega di fiducia della casa, una volta…”
Un’altra occhiata alla schiena voltata e Davina si sentì davvero stupida. “Senti, oggi compio
diciassette anni. Come regalo gradirei non avete intorno tuo fratello per… cinque giorni?” tentò. “Tre giorni?” propose ancora.
“Mi accontento anche di due.”
Davina tacque e tamburellò i polpastrelli sulle
ginocchia unite. “Hai detto che ti saresti preso cura di me. Hai l’occasione
per farlo” sussurrò sentendo una vampata di calore al viso. “Che diavolo
capirai tu di una ragazza della mia età, poi… a
malapena riesci a stare sulle tue, di gambe…”
“Mh…”
Oh, finalmente era sveglio! Davina
si inginocchiò, protendendosi oltre il corpo il vampiro. I capelli scivolarono
dalla spalla, sfiorandogli la guancia. La strega li riportò dietro le orecchie
e puntò un dito contro il bicipite di Klaus. “Ehi.”
Ehi.
Klaus inspirò ed espirò e quando i capelli di Davina gli solleticarono la faccia e una mano calda lo
toccò con la punta delle dita, il sollievo gli scaldò il cuore e lo fece
sorridere nel dormiveglia. Era tornata. Avrebbe chiesto scusa e acconsentito ad
ogni suo desiderio, senza che risultasse palese che Elena lo aveva in pugno.
Aveva una reputazione da difendere. Ma prima doveva fargliela pagare per il
tritato di cuore a cui l’aveva costretto in quei giorni!
Klaus sorrise e allargò il braccio, trascinandola
rapido contro di se. Davina perse l’equilibrio e gli
crollò addosso, le dita del vampiro si infilarono fra i suoi capelli e appena
aprì bocca per protestare, sentì due labbra morbide e asciutte premere contro
le sue. Raggelata, subì la pressione per alcuni secondi, percepì la carezza sul
viso come artigli che le scavavano il cranio e il peso della gamba infilata fra
le sue…OH.DIO.
Era troppo piccola.
Quel pensiero cortocircuitò nella mente di
Klaus, svegliandolo del tutto. Le labbra erano troppo piene, l’odore era
diverso, i capelli avevano una finezza diversa fra le dita e il seno era più…
La carezza divenne una presa inchiodante che
avrebbe potuto sfuggire se avesse voluto, ma era troppo sconvolta per parlare,
figurarsi sussurrare frasi magiche.
“Che cazzo ci fai tu, qui?!”
Davina esalò un gemito, in parte strozzato dalla
costrizione alla gola.
Non
entrare mai in camera mia. Forse
doveva ascoltarlo…
“Allora?!”
Klaus l’afferrò per la scollatura della
maglietta e la tirò su. Davina udì una cucitura
saltare da qualche parte. Rossa e tremante, lo guardò negli occhi farfugliando…
“È il mio compleanno…”
“Non sta scritto da nessuna parte che debba
farti un regalo!” sibilò lasciandola andare con un gesto secco.
La delusione gli aggrovigliò lo stomaco e indurì
i lineamenti. Con uno gesto violento, gettò le coperte da una parte e si mise a
sedere. Il legno caldo del parquet spedì lo stesso brividi intensi lungo le
gambe. “Ti avevo proibito di mettere piede qui dentro, l’ho fatto o no?”
ringhiò.
“Sì…”
“Quale parte non hai capito del ‘non entrare mai
in camera mia’?!” insistette passando una mano sul viso e guardandola al di
sopra della spalla.
Accidenti, se era arrabbiato! Davina sgattaiolò dall’altro lato del letto senza dire una
parola, guadagnò la porta e svanì in tutta fretta.
Klaus fissò l’uscio rimasto aperto e una rabbia
intensa lo invase: i limiti erano stati superati!
///
“Ehi, sveglia!”
Era l’alba, come faceva ad essere arrabbiato già
a quell’ora? “Che diavolo vuoi…”
Una mano cattiva gli strappò le coperte di dosso
e Kol si raggomitolò su se stesso. “Mhhhh…”
“Ti voglio fuori da questa casa entro
mezzogiorno!”
Eh? Kol aprì gli occhi
cisposi di sonno. “Perché… che ho fatto…”
“Mi avete stufato!”
Kol sollevò la testa dal cuscino e si mise a sedere
con un lunghissimo sospiro. Lui e quale altro individuo sulla crosta terrestre?
“Mh… calmati un attimo…”
Klaus uscì dalla sua stanza ignorandolo e a metà
del corridoio, Hayley gli venne incontro con sguardo
omicida. “Abbassa la voce, svegli la bambina. È stata male tutta la notte!”
“Fa i bagagli” rispose usando lo stesso tono sibilante.
“Bambina, pannolini, giocattoli. Ci trasferiamo.”
Lo donna lupo lo fermò con un gesto della mano.
“Che cosa sta succedendo?”
“Sono stanco!”
Stanco, arrabbiato, deluso, tragicamente
innamorato e nostalgico. “E in mutande” disse e il vampiro le gettò un’occhiata
in tralice.
Klaus si appoggiò alla balconata, sospirando. Aveva
perso la testa e preso una decisione avventata. Come al solito. “Ho bisogno di
una vacanza…”
Hayley gli si affiancò, assumendo la sua stessa posa.
“È una buona idea.”
“Non posso allontanarmi troppo, Hope ne risentirà” disse stringendo il corrimano appena
impolverato.
“Starà bene. Le basterà sentire la tua voce,
tutte le sere.”
“Neppure tu mi vuoi fra i piedi, eh?”
La donna scosse debolmente la testa, dando la
schiena al balconcino. “A tutti capita di averne le tasche piene, di tanto in
tanto.”
E lei non aveva mille anni di passato sulle spalle… “Mh…”
Continuare a guardare l’orologio, il cielo e il
calendario era proprio niente. Caroline alzò un occhio dai libri, prona sul
letto. “C’è la luna piena, fra poco.”
Elena seduta sul tappeto, gettò un altro sguardo
fuori della finestra. “Ah sì?”
Caroline chiuse il libro di scatto. “Ammetti di
essere preoccupata per Klaus e piantala di far finta che non ti importi niente
di lui. Chiamalo!”
“Non sono preoccupata” mentì.
“La sua vita - e le nostre - sono nelle mani di
una strega minorenne che lo detesta. Dovresti esserlo.”
“Chi non detesta Klaus…”
soffiò, sedendo sul letto e sistemando il cuscino dietro la schiena. “Facciamo
qualcosa di divertente stasera?”
“Tipo un salto a New Orleans?”
“Viene una nuova band in città...”
“Chiamalo.”
Per dirgli cosa? Avevano tirato fuori Nadia da
Liv ed ora la Viaggiatrice risiedeva in un corpo nuovo, riesumato per l’occasione
dal cimitero da due becchini al soldo di Klaus. Liv non voleva raccontarle
niente. Lei per prima, non era curiosa.
Toc toc.
Caroline si sollevò dal letto, facendo forza sui
gomiti. “Aspettiamo qualcuno?”
“Mi vedo con Luke in biblioteca, più tardi. Forse
ha capito una cosa per un’altra…”
Caroline firmò la bolla di accompagnamento e
prese il pacchetto, ringraziando il corriere. “Per te, da parte di Amazon.”
Uhh! I dvd che aveva ordinato due giorni fa! Le era
proprio passato di mente! Elena strappò la carta marroncina
e sorrise, soddisfatta.
“Tesoro, tu mi preoccupi” disse sventolando la
custodia della seconda stagione del DoctorWho. “Prima ci sono stati gli horror degli anni ’70,
poi i film demenziali e ora la fantascienza rimaneggiata!”
“La stavano trasmettendo sul satellite e fra una
televendita e l’altra, abbiamo visto le prime puntate…”
“Tu e Klaus? Anche lui sa che sei una pazza,
maniaca del cosplayer?”
“Quello lo dico al secondo appuntamento. Noi non
abbiamo mai avuto un secondo appuntamento.”
“Ho visto la catenina che nascondi nel cassetto
della biancheria intima” sparò, testando la sua reazione. Elena, come
preventivato, arrossì. “Hai frugato…”
“Era rimasto aperto, mi è caduto l’occhio dentro
e l’ho vista.”
Andava di fretta. Si era ripromessa di mettere
tutto in ordine al ritorno dalla lezione e quando era rientrata, Caroline aveva
già coperto il suo turno di pulizie. “Ho dimenticato di restituirla.”
Però aveva trovato il tempo di andare al pronto
soccorso, bypassare i normali controlli, indirizzare la sacca di sangue
all’ospedale di New Orleans ed avvertire Elijah del carico in arrivo.
“Lo farò domani pomeriggio” disse e radunò i
libri. “Non ho tempo di occuparmene ora, devo studiare per l’esercitazione.”
“Quel ciondolo è la scusa che cerchi per
giustificare a te stessa la voglia di chiamarlo.”
“Non voglio avere una scusa per chiamare Klaus.
Non funzionava così fra noi. Io cominciavo una frase e lui la terminava, io
ponevo il problema e lui trovava la soluzione. Eravamo sullo stesso piano e lui
ha incasinato tutto come al solito.”
Caroline soppesò le sue parole e annuì con una
buffa smorfia. “Ti ha deluso come ha fatto Damon e Stefan
prima di lui.”
Elena la guardò, basita. “Cosa?”
“Psicologia del primo anno. Tuo padre era
pressoché perfetto e tu hai la tendenza a ricercare la sua perfezione nei
partner” sparò, come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Sai che questo
spiegherebbe perché esco sempre con gli uomini sbagliati?”
“Mio padre non era perfetto.”
“Grayson era un papà
meraviglioso ma ha tradito la tua fiducia quella notte, sul Wickery
Bridge. Non è riuscito a salvare la tua vita e quella di Miranda. Non gliel’hai
mai perdonato.”
Elena la guardò imbambolata e Caroline nicchiò,
indecisa se continuare o meno. “Non odiarmi per quello che sto per dirti ma…”
“’Nessuno
nasce malvagio, sono gli eventi a cambiarci?’” mormorò con la gola chiusa.
“Sono già stata informata di questo...”
“Tu metti alla prova le persone e quando sbagliano,
c’è un angolino che esulta…”
“’Te
l’avevo detto’…”
Caroline annuì, spiando le espressioni
dell’amica. “Pensi stia già rotolando nel fango insieme agli altri pulciosi?”
///
Non lo so e non voglio pensarci. Sbuffo contro
il palmo della mano, batto la matita sul testo, qualcuno alza gli occhi dai
propri appunti e mi guarda storto. È per questo motivo che non vengo mai a
studiare in biblioteca. Appena respiri, ti mettono alla gogna…
e chiunque sia stato a sbattere la porta in quel modo, verrà linciato. Luke
torna con una tonnellata di libri. Faccio una smorfia tragicomica e lui alza le
sopracciglia e comincia ad aprire il primo tomo.
Caroline ha ragione, sono più che preparata per
l’esercitazione e c’è il dvd del DoctorWho che mi reclama a gran voce. Simulo un forte mal di
stomaco, Luke si preoccupa davvero e mi fa sentire in colpa, ma dieci minuti
dopo sono sul letto, telecomando in una mano e popcorn al formaggio nell’altra.
E chi ci pensa più, a Klaus.
12 giorni dopo
Soffoco uno sbadiglio contro la spalla, cercando
di non farmi vedere dalla dottoressa Redcliffe e
sento gli occhi secchi e stanchi. Mi sono sparata metà della prima stagione e
ho smesso solo quando il pc ha segnalato la batteria
scarica e Caroline mi ha impedito di collegarlo al trasformatore. Esco dalla
sala dell’ospedale di fianco a Luke. Mi chiede se lo stomaco è passato, fatico
un po’ a capire di cosa diavolo sta parlando e quando ormai è evidente che la
bugia è stata scoperta, mi chiede se è lui il problema. Scuoto la testa e quando
mi sfiora le labbra con le sue, lo lascio fare ma non lo ricambio. Mi chiede se
ci vediamo, stasera. Non ho una scusa pronta, dico di sì e lui mi sorride. Mi
sforzo di non correre via, il labbro inferiore stretto fra i denti. Mentre
cammino, sono sempre più nervosa e tesa. Torno nel dormitorio, apro il cassetto
della biancheria e afferro il ciondolo a forma di zanna di lupo. Questo deve
sparire una volta per tutte. Luke è la scelta giusta. È carino, leale,
affidabile, intelligente e normale.
Però
non lo ami.
Mi piace molto!, ribatto e mi sento stupida a
bisticciare con me stessa. Prendo le chiavi della macchina e cammino verso il
parcheggio. È assurdo che non esista un servizio postale in questo posto. Bisogna
arrivare fino in città per spedire la corrispondenza e la fortuna non mi aiuta
perché trovo la macchina incastrata dal solito idiota che non sa parcheggiare. Quando
riesco a tirarla fuori, è passato un sacco di tempo. Finisco la benzina in
prossimità di un distributore automatico - per fortuna! – scopro che non
accetta contanti ma solo carte di credito e ricordo solo in quel momento che la
tessera è scaduta. Resto come una stupida di fronte alla colonnina traditrice e
non credo alla mia sfortuna. Caroline è a lezione e lei è una di quelle che spegne
il cellulare invece di silenziarlo. Sposto la macchina nello spiazzo e aspetto
che legga il messaggio. Giocherello con la catenina, sospirando come un
mantice. Perché non sto chiamando Luke o Alaric?
Perché sto aspettando che cali il sole, che Caroline accenda il cellulare, che
l’ufficio postale chiuda?
13 giorni dopo
L’appuntamento è stato un mezzo disastro e al
momento del bacio della buonanotte mi sono ritratta. Luke ha incassato da vero
signore e mi informato che non ha nessuna fretta e che non posso sfuggirgli,
frequentiamo le stesse lezioni e gli stessi posti. Scherzava ma non sono
riuscita a ricambiare il suo sorriso. Lui crede che sia solo timida e a me va
bene che la pensi così.
La mattina seguente, per prima cosa, rinnovo
telefonicamente la carta di credito, indosso i miei jeans attillati e la maglia
rossa del pronto soccorso e copro qualche turno extra per avere crediti in più
agli esami. Esami, studio, lezione pratiche, volontariato all’ospedale e
pochissimo tempo libero… l’ideale per non pensare. Quando
esco dal pronto soccorso, il badge svolazza nella brezza settembrina. Con la
coda dell’occhio, intravedo un SUV nero fermarsi sullo spiazzo delle ambulanze,
ma l’uomo che lo guida non è Klaus e c’è una donna in preda alle doglie al suo
fianco. La sedia a rotelle arriva di corsa con l’infermiera, mi scanso per
agevolare la manovra e poiché sono solo una matricola del primo anno, non posso
fare granché se non guardare. Torno al campus con un groppo in gola. Avevo
paura delle conseguenze e ci sono finita in pieno dentro. La stanza è vuota,
Caroline è alla caffetteria a studiare – da quel che leggo sul post it arancione abbandonato sulla scrivania – accendo il pc e mi riprometto di iniziare la seconda stagione del DoctorWho.
14 giorni dopo
Resisti, Rose! Non mollare! “No! No! Non mollare
quella maledetta leva!” esclamo e Caroline alza gli occhi dai libri.
Il vortice dimensionale è troppo forte, non ce
la farà… “no!” esclamo e sollevo il pc, scuotendo un po’. “No, non potete farmelo!”
La luce bianca scompare e Rose resta
intrappolata nell’universo parallelo, lontano dal Dottore. Non posso crederci… non posso… “Il Dottore
ha perso Rose” sussurro sconsolata e sento la voce roca, come se non usassi le
corde vocali da parecchio tempo. “No…”
“Dove l’ha persa?”
“In un’altra dimensione…
ed ora non potranno mai più incontrarsi…”
“Perché no?”
“L’universo collasserebbe…
fottuta luce bianca…”
Caroline mi passa il box dei kleenex
e gira pagina.
“È la cosa più triste che abbia mai visto in
vita mia…”
“No, la sto guardando io ora” mi rimprovera a
bassa voce. “Come puoi commuoverti per dei personaggi immaginari?”
“Si amavano veramente e lui non è riuscito a
dirglielo, alla fine! Quel maledetto sole si è esaurito…”
“Eh?”
Torno indietro e giro il laptop verso di lei.
<>
Caroline ascolta fino alla fine, mi guarda e
sospira condiscendente. “Non sperarci. Klaus può bruciarti la macchina o la
casa, al massimo” sussurra e qualcuno bussa alla porta. “Tocca a te.”
“Ma sto…”
Caroline mi guarda con le sopracciglia
aggrottate. Mi alzo, e scopro Luke in forma smagliante dall’altra parte. Appena
mi vede, il sorriso devia in preoccupazione. “Ehi, va tutto bene?”
“Stavo solo vedendo un filmato e mi sono commossa”
mormora uscendo sul corridoio e socchiudendo la porta. “Che c’è?”
“Tento la sorte, signorina Gilbert. Vuoi uscire
con me, stasera?” domanda tirando indietro una ciocca di capelli dalla mia
spalla. “Non ti bacerò, lo prometto.”
Un altro appuntamento?! “Luke…”
“C’è un altro” mormora senza batter ciglio.
“Sempre il fidanzato?”
“No.”
“Non sembri felice.”
Non lo sono.
“Se non ti rende felice, non è quello giusto.”
Una morsa nostalgica mi stringe il cuore. “Non
gli ho mai permesso di provarci.”
“Ha toppato la prognosi, dottoressa Gilbert.”
Luke gira su se stesso con un cenno di saluto. “Ci vediamo in giro.”
Appena torno in camera penso che questo mi
avrebbe fruttato una ‘D’ all’esame della Redcliffe.
Prendo il cellulare e mi siedo sul letto, una gamba sotto l’altra. Caroline mi
guarda, speranzosa.
“E se non mi risponde?” sussurro.
“E se ti risponde?”
Dico ‘ciao’ e gli rimbalzo la palla. “Non
raggiungibile” mormoro, abbassando le spalle. “Starà vagando nel bayou, è l’unica
parte di New Orleans che non ha segnale…”
Caroline si sdraia sulla schiena e cambia il
libro con una rivista. “O forse ti odia e ha cambiato numero.”
New Orleans, in quel momento
Il cellulare aveva fatto un bel volo dalla
montagna, ma Klaus era riuscito a salvare la sim e la schedina aggiuntiva. Era
stato un tour massacrante ma soddisfacente. Non si sentiva così rilassato e
sicuro di se da mesi. Hope era attratta dalle
immagini colorate che correvano sullo schermo del computer e le osservava con
una concentrazione commovente. “Era della nanna” disse riportandola nella
culla.
Tornando a casa, aveva scovato un negozietto
‘tutto ad un dollaro’ che conteneva non pochi gioiellini da aggiungere alla sua
libreria e un bel libro di favole nordiche, illustrate egregiamente. Lo stava
leggendo sul pullman che lo riportava a New Orleans quando aveva notato non
pochi sguardi di curiosità dalla sua vicina. La donna aveva sorriso. “Maschio o
femmina?”
“È una bambina” aveva detto con una punta di
orgoglio e il sorriso della donna si era fatto più intenso, neppure le avesse
mostrato il saldo del conto in banca. Il mondo funzionava in modo strano… e quel dannato cellulare non slottava!
Toc toc
Eh… bei tempi quando bastava staccare la batteria.
“Avanti.”
“Bentornato.”
“Fratello…” sussurrò
perplesso e guardò il retro liscio del telefono nuovo. Cosa diavolo doveva ‘slottare’, secondo loro?
Kol infilò l’unghia in uno spazio invisibile e aprì
il guscio posteriore. “Non c’è di che.”
“Non me lo hanno dato con le istruzioni.”
“Non ci sono mai. Non è contemplato che gli
uomini le leggano.”
“La mia parte femminile deve essere più
sviluppata di quel che credevo” disse ricompattando il telefono dopo aver
inserito scheda sim, scheda aggiuntiva e batteria. Il sistema si avviò con un piacevole
jingle. “Immagino che tu sia qui per reclamare un duello all’alba. Sappi che
non ne ho alcuna voglia” disse, veloce. “La ragazza aveva superato il limite.”
Kol lo informò che nessuno di loro la vedeva più da
tempo ma se si fidava, avrebbe portato lui avanti l’incantesimo.
“Ho piena fiducia in te” rispose scorrendo le
ultime chiamate che aveva perso da quando il cellulare si era fracassato su una
roccia. Elena? Bah! Si era disintossicato da Elena Gilbert. Klaus cancellò le
chiamate perse e si affossò sulla sedia girevole di pelle. Il doloraccio al cuore gli ricordò che per dimenticare una
donna, ne serviva un’altra. “Usciamo, ti offro da bere.”
///
Kol osservò l’impronta
bagnata del bicchierino ed emise un piccolo ruttino. Klaus non aveva bevuto un
goccio ma era riuscito ad intrattenere una conversazione animata con la barista
bionda e carina, riempito il suo bicchiere tre volte e tornato con una ragazza
per braccio. La chiacchierata con le ‘conquiste’ non lo aveva soddisfatto e
Klaus le aveva spedite a divertirsi altrove.
Davina entrò
all’improvviso con un gruppetto di amici, bella come un tramonto incendiato, un
vestito che non le aveva mai visto indosso e i lunghi capelli abboccolati. Era allegra e sorrideva molto.
Klaus alzò le
sopracciglia e la indicò. “Si
è fatta più carina o sbaglio?”
Era più carina e aveva uno stuolo di cascamorti
dietro. Tranne quei due, dichiaratamente gay. Kol la
ignorò e diede le spalle al mondo, prima di accorgersi che il fratello si era
già allontanato in direzione della ragazza con passo baldanzoso ed elastico, le
braccia spalancate.
“Mia cara, sei radiosa!”
Il sorriso di Davina morì all’istante. Klaus era
sparito il giorno del suo compleanno e per altri dodici, aveva respirato di
sollievo. Doveva ancora somatizzare il terribile bacio, però. “Grazie” biascicò
sfilando la mano da sotto le labbra del vampiro, un secondo prima che la
omaggiasse con il solito ridicolo baciamano che sapeva troppo di presa per il
culo. “L’incantesimo è pronto, ho solo bisogno del tuo sangue per completarlo”
disse, mantenendo lo sguardo fermo ma perdendo un po’ di sicurezza dalla voce.
“Mi metti nei guai, cuoricino. Ho promesso a Kol di accettare il suo aiuto.”
La seccava aver fatto tanta fatica per niente,
ma era pur sempre il fratello ed uno stregone più forte di lei.
Il disappunto le corse fra i lineamenti, e non
sfuggì al vampiro. “Kol è un ladro, un bugiardo e un
disonesto, qualità che ho molto apprezzato in passato” disse e la guardò da
capo a piedi. “Ora che ci penso, non mi fido delle belle donne, sono crudeli ed
infide.”
Davina lo guardò di soppiatto. “Kol è molto più forte di me, percepisco i suoi incantesimi
dall’altra parte della città e la congrega delle streghe è preoccupata che
possa usarli per scopi malvagi.”
Klaus spostò lo sguardo sul tavolo occupato dal
ragazzo mezzo sbronzo e lo indicò col pollice. “Quello lì? Ma lo hai visto
bene?”
Lo ricordava. Non aveva bisogno di vederlo di
nuovo.
Davina era sempre così sicura di se che
scoprirla vulnerabile all’argomento, lo inteneriva. Klaus sorrise e si appoggiò
al bancone, ordinando da bere anche per lei.
Offriva alcool ad una minorenne?! “Sono astemia.”
“Non è vero” soffiò offrendole uno shot di qualcosa che bruciava come l’inferno e la faceva
tossire. “Ti sto dando le attenzioni che pretendi da una vita.”
Non era vero… e non
doveva azzardarsi a…
“Gesundheit” disse battendo il bicchierino contro il suo. “Ti piace che dipenda da te
per quell’incantesimo…”
Beh, non poteva negarlo.
“… e sei arrabbiata con mio fratello per il
bacio nel bayou…
ma in verità l’hai mollato perché ti caghi sotto ad uscire con lui e hai
inscenato la tragediola della barriera elettrica, sia
mai avesse tentato la tua verginità, cuoricino.”
Davina lo guardò, rossa in volto. “Inscenato?!”
“Vuoi schiaffeggiarmi per aver pronunciato
l’orribile verità ad alta voce?” disse, sorridendo invitante. “Hai fatto una
scelta che ti si è ritorta contro.”
La strega contò fino a tre. Inutilmente. “Era
l’unica che lo teneva al sicuro da te!” esclamò. “Sei nocivo e hai la tendenza
a comportarti di merda con le persone che ti vogliono bene! Saresti arrivato a
minacciare anche Kol per piegarmi!”
Il braccio del vampiro girò attorno alla vita
sottile di Davina che perse parzialmente l’equilibrio e gli planò addosso con
un tonfo morbido. Non aveva i jeans stavolta e la sensazione fisica che le
rimandò un corpo tanto diverso dal suo, fu inspiegabilmente attraente.
“Kol ha di nuovo i
suoi poteri, non potrei torcergli un capello neppure volendo” mormorò
guardandola negli occhi. “E non farei alcuna fatica a ‘piegarti’, Davina
Claire.”
Ma che… scherzava o…
“Dovresti vedere la tua faccia in questo
momento” sogghignò, lasciandola andare di colpo. “È da morire dal ridere!”
Ma lei non stava ridendo, nessuno dei suoi amici
stava ridendo e anche Cami ci aveva creduto.
“Distructio.”
Il bicchierino esplose, inondandolo di scotch.
Klaus non se la prese e le indirizzò un sorrisetto condiscendente. “Piuttosto,
dov’è finita la fottuta barriera, cuoricino?”
Già… dov’era?, si chiese osservando accigliata il
vampiro che ordinava un altro giro e le sue mani che sentiva pulsare di
sangue.
Che caldo! Klaus spostò la giacca dal collo
mentre Camille raccoglieva i cocci, attenta a non
ferirsi. “Stai bene? Sei sudato.”
Già risentiva degli influssi della luna piena?
Cominciavano presto, quel mese… “Credo di dover…”
L’ondata di calore lo attraversò da capo a piedi
e la nausea gli strinse lo stomaco. Si sentiva bruciare dentro…
Dita magre e rigide si conficcarono nella
mandibola e lo sollevarono di una discreta altezza. Eh, quanto se la prendeva
per un innocente scherzo…
“Toccala un’altra volta ed io ti faccio bollire
il sangue, coglione!”
Klaus alzò il dito medio per esprimere ciò che
ne pensava delle sue minacce e Kol lo lasciò andare,
stizzito e mezzo ubriaco.
“Non ti sembra di esagerare? Io non ho reagito
quando hai baciato Elena nel bayou…” rantolò, aggrappato al bancone. “Cose che capitano…”
Kol lo insultò sottovoce e si volse in direzione
della strega che aveva osservato tutto ad occhi sgranati e senza aprire bocca.
“Stai bene?”
Davina evitò il suo sguardo. “Certo che sto
bene. Non ho bisogno del tuo aiuto, so cavarmela da sola.”
L’aveva visto. Era rimasta avvolta dalle spire
del serpente senza riuscire a muovere un muscolo. “Deve essere una
caratteristica delle streghe Claire. Hanno un debole per quelli della nostra
famiglia.”
Il bancone aveva tremato o era una sua
impressione? Klaus vide i bicchieri e le bottiglie tintinnare e Cami si versò addosso un po’ d’acqua. Davina non si
scompose ma il cuore battè un ritmo indiavolato. Era
uscita per divertirsi, non per farsi rovinare la serata dalla famiglia Mikealson ma restare lì, equivaleva a suicidarsi. “Potevi
risparmiartela” mormorò raccogliendo la giacchina e
stringendola contro lo stomaco. “Josh, io vado via.”
Il ragazzo si staccò dal gruppetto che era
rimasto a corta distanza a sorvegliare i due Originali, e la prese
sottobraccio. “Non dargliela vinta” sussurrò e Davina lo guardò a
malapena.
Non l’avrebbero più ripreso, quel rapporto.
Klaus sospirò. “Se perderai altro tempo, qualcuno te la porterà via. Se
continuerai a litigare con lei, la fine sarà scontata. Non ti ho insegnato
niente?”
“Tu?” sputò. “Se non fossi lo stronzo che sei,
forse Elena non sarebbe scappata via nel cuore della notte!”
Era esattamente quel che intendeva. Klaus
allargò le braccia e si inchinò, beffardo. “Non c’è di che. Coglione.”
“Prohibere.”
La forza di gravità raddoppiò e il vampiro cadde
sulle ginocchia. Maledette streghe, giocavano sempre sporco!
“Move.”
Uno spintone invisibile fece perdere
l’equilibrio a Kol che andò a sbattere contro un
tavolo affollato. Dopo un attimo di sorpresa, fissò la strega, irritato. “Addirittura…” soffiò. “Ne prendi le difese, Davina?”
“Mi preoccupo solo per i miei amici. Se Klaus muore…”
“Posso separarli della linea di sangue, lui ed
Elijah” la informò, secco. “Unisciti a me, insieme saremo invincibili.”
La quantità di energia richiesta l’avrebbe
prosciugato e se l’incantesimo fosse fallito, Kol
sarebbe rimasto ucciso o peggio. Era stata già punita dagli Anziani, non li
avrebbe sfidati di nuovo praticando l’Espressione. “Non ti permetterò di farlo
e se insisterai, ti rivolterò contro tutte le streghe di New Orleans.”
Quel ‘no’ ripetuto riportò a galla il vecchio Kolpre-resurrezione. Come osava
rifiutare un’offerta tanto allettante? “Non metterti contro di me, Davina
Claire!”
Davina non riconobbe il ragazzo gentile e
paziente che aveva piegato mille gru solo per vederla sorridere e il cuore le
si spezzò. Udì distintamente un doloraccio in alto a
sinistra, il vuoto nella mente e la sensazione che niente sarebbe stato mai più
come prima. Lei era una delle poche fortunate sulla faccia della terra che
avevano sempre osservato i rapporti amorosi con scientifico distacco…
“Ti annienterò KolMikealson”
sussurrò facendo un passo avanti. “Ti pentirai di avermi sfidato!”
Era bellissima, anche mentre lo minacciava. Kol strangolò un mezzo sorriso. “Mi correggo, sei più
infida di Mary-Alice. Lei non era scesa a facili compromessi
con Klaus.”
Davina impallidì all’accusa e pensò che la
notizia avrebbe fatto il giro di New Orleans in un minuto.
Le telenovele brasiliane di Elena Gilbert erano
più divertenti e meno squallide. Klaus afferrò il fratello e gli picchiò la
fronte sul bancone mandandolo a terra. Davina lo guardò scivolare fra gli
sgabelli e si accorse di trattenere il respiro da un mucchio di tempo. I
polmoni le facevano male. “Non è morto, vero?”
“No ma mi da tempo per pensare a come
immobilizzarlo” rispose e non gli sfuggì l’angoscia nel sua voce. “Allora, da
te o da me?”
Davina lo guardò per la prima volta senza
rabbia, senza alterigia e senza alcuna voglia di continuare lo scherzo.
Qualsiasi cosa frullasse in quella testolina, meritava una pausa. “Parlavo
del’incantesimo. Vorrei tenere Hope lontano da tutto
questo.”
“Kol usciva con una
mia antenata?” bisbigliò sforzandosi di ricacciare indietro la terribile
delusione.
“La usava per i suoi scopi.”
Un fiotto di ira le incendiò lo stomaco. Era
cominciato con una strega Claire e sarebbe finita con una strega Claire. “Ho
quel che serve per immobilizzarlo ed impedirgli di fare incantesimi.”
Klaus caricò il sacco di patate umano su una
spalla. Era piena di risorse, quella ragazza.
“Non voglio sentire commenti sul disordine e lo
stato della soffitta, sono stata chiara?”
“Il tugurio ha cominciato a cadere a pezzi?”
domandò uscendo dal locale e camminando verso la macchina. “L’offerta è sempre
valida.”
“Hai idea di quanto mi faccia sentire sporca l’accusa
di venire a letto con te?,” esclamò, nauseata. “Non mi trasferirò in uno dei
tuoi appartamenti come una vera mantenuta.”
Klaus scaricò il corpo sul sedile posteriore e
salì al posto di guida. “Devi imparare a fregartene di tutto e tutti o non sopravviverai, cuoricino.”
15 giorni dopo
“Non voglio sapere perché avete litigato. Voglio
che liberi nostri fratello da quelle catene.”
Il pennello scivolò leggero e veloce sul dipinto
e si soffermò su un particolare. “Non lo vuoi, credimi” mormorò Klaus
concentrato e la lingua fra i denti. “Vuole ammazzarsi praticando una magia di
nostra madre per separarci dalla linea di sangue.”
Elijah trasecolò. “Perché?”
“Lo giuro sulla testa di mia figlia: sono
innocente e agisco per pura difesa personale” disse spremendo un colore sulla
tavolozza
“Tu non sei mai innocente” sussurrò componendo
il numero di Davina. Al termine della telefonata, Elijah inghiottì. “È grave,
molto grave…”
“Se non hai niente da fare, rimediami uno
straccio. Questo è arrivato” disse gettando la pezza nel cestino.
“Dove hai intenzione di piazzare la
mostruosità?”
Era la sua personale rappresentazione del
cavaliere che salva la fanciulla dalla torre del drago, pensò guardando la
figura sul libro di favole. “Nella stanzetta di Hope.”
“Noi ce ne andiamo. Ehi, ti sei dato
all’illustrazione d’autore, Klaus?” Hayley entrò con
una borsa colorata sulla spalla e l’aria perplessa. “La principessa è nuda.”
“Non ho ancora finito” commentò il vampiro con
aria altezzosa. “Vedi? Manca tutto il colore da questa parte.”
“PerchèKol è legato? Fa parte della ‘vendetta del bayou’?”
Elijah li guardò, curioso. “Contestualizzatemi.”
“Kol ha baciato Elena
nel bayou.”
Oh. Beh, forse era il caso di rivelare un fatto
del passato. “Uhm, fratello…”
“Hai baciato anche tu Elena nel bayou?” soffiò il
vampiro spremendo nuovo colore sulla tavolozza.
“Non proprio. Eravamo a *** e si spacciava per Katherine”
rivelò, portando le mani dietro la schiena. “A mia discolpa, sono stato
ingannato.”
Come poteva scambiare Elena Gilbert per… oh, che diavolo! “Noi abbiamo una figlia. Vinco io”
esalò accendendo lo stereo. “Via ora.”
///
Davina aprì tutti i cassetti, guardò sotto il
letto ed infine grattò la testa, perplessa. Era tanto concentrata sugli
ingredienti che aveva dimenticato le pietre… e quelle
ce le aveva Kol. Maledizione! Non voleva vederlo, ma
non poteva neppure mandare un messaggio a Klaus per farsele portare di persona.
Come previsto, non era riuscito a tenere la lingua in bocca e aveva commentato
sarcasticamente lo stato della soffitta. Sul disordine era passato sopra,
limitandosi a raccogliere un reggiseno da terra e analizzarlo con fin troppo
interesse. Davina gliel’aveva strappato di mano ma era più che certa che avesse
passato i successivi cinque minuti ad abbinare la taglia sull’indumento alle
sue forme, il maiale!
Seccata, infilò gli stivaletti bassi sotto il
vestito corto e prese una borsa adeguata al trasporto ‘eccezionale’. Una volta
parcheggiato nel vialetto, sospirò per calmarsi. Aveva passato metà mattina a
rassicurare Josh e gli altri che l’accusa era
infondata ma aveva la terribile impressione che in pochi ci credessero veramente.
Fregarsene di tutto e tutti, aveva
detto. Non era per niente semplice. Davina suonò il campanello invece di
entrare e basta, salutò Hayley e la informò che aveva
bisogno delle pietre per preparare l’incantesimo. Potevano estrarle dalla
cassaforte?
“Immagino di sì. Goya è nello studio.”
Ma la musica proveniva da lì?
“Deluso dall’amore, ha comprato un giocattolo
nuovo.”
Lo stereo? “Stai andando via?”
“In vacanza forzata. Klaus non ci vuole fra i
piedi durante il rituale.”
Klaus era intelligente. “E…Kol?”
///
Fottute catene!
Kol tirò e tirò non ottenendo un granché. Smise di
provarci alla quarta volta, dopo essersi quasi slogato un braccio. Gli venne da
ridere pensando che l’oggetto stregato da Mary-Alice per
bloccare il fratello, era stato impiegato da un’altra strega Claire per
immobilizzarlo... ma quell’idiota aveva intenzione di tediarlo tutto il giorno
con la scarsa musica commerciale degli anni 90?!
“Dove hai messo le pietre?”
Kol girò la testa verso la strega e i suoi occhi si
allargarono per la sorpresa. “Davi!”
No, non aveva più l’autorizzazione a chiamarla
‘Davi’. Davina si fermò sulla soglia gustando con segreta e cattiva
soddisfazione la visione del ragazzo incatenato al letto. Lei non gli avrebbe
concesso un giaciglio così comodo, Klaus era stato magnanimo. “Ripeto, dove hai
messo le pietre?”
“Trovale da sola” rispose secco e quando si
voltò, Davina vide un bel bernoccolo sulla fronte. Gli occhi blu della strega
si strinsero e vagarono per la stanza. “Vuoi che ti faccia del male, Kol?”
“Non ne avresti il coraggio.”
La strega infilò la mano nella borsa e rovistò
per qualche istante, estraendo il coltellino da campeggio che aveva dimenticato
di restituire ad Elena. Saltò sul letto, a cavalcioni sul suo stomaco e glielo
puntò alla gola. La mano non era molto ferma. “Allora, dove sono?”
Kol sorrise. “Bel vestito, dolcezza.”
“Metto sempre qualcosa di facilmente sfilabile
quando mi incontro con tuo fratello” disse e la risposta non piacque al ragazzo
che si alzò parzialmente sui gomiti, per quanto poco gioco lasciassero le
catene. Davina si tirò indietro ma fu sbilanciata da un colpo di ginocchio alla
schiena. Scivolò in avanti e il coltellino graffiò la coperta. Davina si
puntellò con la mano sinistra al cuscino e i capelli piovvero in faccia, racchiudendola
in un mondo ovattato con Kol.
“Perché ti sei allontanata da me?” sussurrò e
Davina si sentì sfiorare dalla punta delle sue dita.
Kol è un ladro, un bugiardo e
un disonesto, aveva detto.“Dove solo le pietre?”
“Cassetto in alto a destra” sospirò. “Non voglio
fare del male a nessuno… ero solo sbronzo e
assurdamente geloso.”
Come poteva essere geloso di Klaus? Lei lo
odiava! Davina spalancò il cassetto e prese il sacchetto. “Dovevi pensarci
prima di rovinare tutto. Addio, dolcezza.”
///
Klaus la guardò con la coda dell’occhio, oltre
il dipinto che stava ritoccando. L’aveva trovata seduta sul primo gradino,
intenta a fissare il nulla e a macerarsi il labbro inferiore.
E tu
quando sei arrivata?
Dieci
minuti fa, ma eri troppo impegnato con Bon Jovi per
accorgerti di me.
Il
motivo della visita?
Sono
mesi che giro dentro casa tua, devo avere un motivo per venire qui?
Klaus aveva fatto ‘uhm’ e si era seduto qualche
gradino dietro di lei. La soffitta è
venuta giù?
Non
sperarci e non chiamare la ditta di ristrutturazione. Josh
è uscito con Aidan e il negozio di dischi è chiuso…
E lui sapeva riconoscere una muta richiesta
d’aiuto. Andiamo.
Dove?
Mi
serve una modella per completare un quadro.
Io
non poso nuda per te!
Non
è richiesto. Il quadro va nella stanza di Hope e ha
già passato i controlli della censura.
Oh.
Ma
sei vuoi spogliarti, nulla in contrario. Lasciami solo il tempo di scaldare lo
studio o prenderai un raffreddore.
I
tuoi stupidi scherzi cominciano a disturbarmi, vampiro.
Quali
scherzi? Siediti lì e muta.
Era stata un’ora a guardarlo lavorare e ad
osservare i disegni sul blocco, poi aveva preso in mano una matita e l’aveva
temperata per bene.
Non era una pittrice, sapeva disegnare col carboncino
e anche poco. Klaus aveva il tratto leggero a differenza del suo. Lei aveva
sempre preferito Hansel e Gretel alle sciocchezze sentimentali dei baci che
risvegliano le principesse. Due ore dopo aveva esaurito le matite, era passata
al mozzicone di carboncino e quando anche quello era terminato, aveva infilato
direttamente le dita nel colore ad olio. I fogli erano diventati quattro e
aveva le ginocchia rosse e doloranti. Le punte dei capelli erano sporche di
colore e le avevano macchiato il vestito, quando li aveva tirati indietro col
polso piegato. Però era finito e non c’erano dubbi su chi interpretasse Hansel
e Gretel, e chi fosse la strega cattiva dai lunghi capelli neri accompagnata
dal lupo feroce che mostrava i denti.
“Finito?”
“Credo di sì…” Davina
strofinò le ginocchia e si guardò le mani. Uno straccio odoroso di acquaragia
le planò in grembo. “Grazie.”
Klaus guardò il disegno. Era intenso e la diceva
lunga sul suo stato d’animo. Fredda in superficie, ribolliva come lava
nell’intimo. “Ti senti meglio, adesso?”
Mica tanto. “Tenere ad una persona e voler stare
con lei, sono due cose diverse” sentenziò. “Elena non riesce a starti accanto
perché sei troppo, per lei.”
Che diavolo voleva dire ‘troppo’? E perché la
nominava? “Rinunciare a priori per paura delle conseguenze è da codardi,
cuoricino. Se non vuole stare con me, non posso costringerla.”
“Strano discorso fatto da uno che ha sempre
allungato la mano per prendere quello che voleva. Sei disperato e senza più
carte da giocare?”
Ci aveva pensato ben più di una volta, ma poi la
ragione e il buonsenso lo avevano trattenuto. “Certe cose non puoi prenderle
con la forza.”
“Beh, ma tu cosa ne sai?”
Prego?
“Guarda che a volte le donne vogliono solo
essere sbattute contro un muro” esclamò e il vampiro trasecolò, incredulo di
aver udito quelle parole provenire dalla bocca della streghetta.
Rise sommessamente e si appoggiò alla scrivania. Sbattere Elena Gilbert contro
un muro… come se non ci avesse pensato più di una
volta. “A volte suggeriamo agli altri di fare quello che vorremmo fosse fatto a
noi, cuoricino.”
“Ah sì?” soffiò svagata, strusciando con forza
il panno sulle mani. “Dov’è, il bagno?”
///
Come poteva prenderla sul serio con tutte quelle
macchie sul viso? Oh, era stufa di strofinare! Davina rimise a posto i capelli
e si guardò attorno. Il suo bagno privato era piuttosto grande e la vasca
spettacolare. Chissà se entravano due persone, là dentro…
e chissà chi ci aveva portato… forse poteva concedere
la ditta di ristrutturazione… se fossero riusciti a
trasformare la sua minuscola doccia in una cabina decente, avrebbe gridato al
miracolo.
Davina tornò verso lo studio, nascondendosi
dietro la porta a spiare il vampiro. Se gli piaceva tanto, quella schifezza che
aveva disegnato, poteva regalargliela. Era uno scarabocchio venuto male e non
si capacitava dell’attenzione che gli stava dando. Davina scivolò lo sguardo
sulla figura accovacciata, la bocca spinta contro i pugni e un senso di vuoto e
perdita la stordirono. Il cuore cominciò a battere più forte e il vampiro
sollevò lo sguardo verso di lei. “La cosa che mi riesce meglio è scoprire i
punti deboli dei miei nemici” mormorò, parlando attraverso le mani. “Non lo sto
guardando perché mi piace, lo sto guardando perché dice molto di te.”
“Urla a gran voce ‘Davina Claire non sa disegnare’” scherzò con un nodo allo stomaco.
“Non siamo in tregua?”
“Te l’ho detto, non mi fido delle belle donne”
mormorò saettando lo sguardo su di lei. “Sei inquieta. Piena di demoni.”
“Ho diciassette anni e vivo qui, cosa pretendi?”
“Che tu tolga il resto del colore dalla faccia” rispose
prendendo il flaconcino di acquaragia e un panno pulito. “Ma che diavolo hai
fatto tutto questo tempo?”
“Ho spiato fra le tue cose” mormorò allontanando
il naso dall’odoraccio del solvente. “Bisogna osservare il nemico nel suo
ambiente.”
“Mi commuove sapere che una giovane e brillante
mente come la tua, segue i miei consigli.”
Il vampiro sorrise compiaciuto e il cuore di
Davina aumentò i battiti. “Ho detto che lo faccio, l’incantesimo, non c’è
bisogno di sdilinquirsi in complimenti fasulli.”
“Non sono fasulli. Sei una ragazza intelligente
ma pecchi di arroganza e sei un po’ troppo sicura di te.”
Davina lo scrutò con attenzione scientifica, si
soffermò su una piccola ruga vicino all’occhio, scese lungo una cicatrice quasi
invisibile che spariva sotto la barba corta e si fermò quando Klaus la guardò
con la coda dell’occhio.
“Hai spostato il colore, invece di eliminarlo”
la informò.
“Hai un neo sull’orecchio.”
“È sempre stato lì.”
Davina tacque ciò che ne pensava sull’insulto scambio
di battute e lasciò che le sollevasse il mento e proseguisse il lavoro. Non era
molto d’accordo che le toccasse il collo, però. Quelle piccole pressioni sul
viso e gli sfioramenti stavano avendo un brutto effetto su di lei.
“A sentire Hayley
abbiamo un pediatra, devo chiamarlo?”
“Perché?”
“Hai il battito accelerato e tremi” mormorò
alzando gli occhi nei suoi. “Tira su i capelli.”
Dopo il terribile bacio, i demoni avevano
cominciato a scalciare ed erano scivolati fuori, avvelenandole la mente nel dormiveglia… ma si sarebbe ammazzata pur di ammettere di
volere qualcosa da quello sporco assassino. “L’odore dei colori ad olio mi da
il voltastomaco” rispose e lo strofinio si fermò sotto l’orecchio sinistro. Non
riusciva a fermare il batticuore e i sommovimenti al ventre. Cosa era successo
agli uccellini fuori della finestra? Perché avevano smesso di cinguettare?
Udiva solo lo scroscio del sangue nella testa e la pressione contenuta del
panno che si allentò fino a scomparire.
Klaus lasciò ricadere il braccio, attraversato
da un pensiero assurdo, poco probabile e molesto. “Fatto.”
“Hai rimesso il colore dov’era, vero?”
“Certo.”
“Posso frugare fra i tuoi vinili?”
“Fa pure” rispose, tenendola d’occhio. “Non mi
chiedi dell’innamorato?”
“Che assurdità” soffiò ed estrasse un disco dal
cartone. “Posso ascoltarlo?”
L’ultima volta che aveva avuto a che fare con
una strega, si era beccato una maledizione. Quella, almeno, sapeva
intrattenersi da sola. Non smaniava in cerca di attenzioni e non lo tediava con
discorsi puerili. Klaus aveva terminato il quadro, ritoccato un secondo che
giaceva addosso al muro da tempo, gettato uno sguardo ogni tanto ai polpacci
che dondolavano fuori dal bracciolo della poltrona e deciso che l’impressione
era solo un’impressione. Dopo aver pulito per bene i pennelli per evitare che
si indurissero per il colore residuo, le aveva chiesto ad alta voce se aveva
fame. Davina non aveva risposto, ma le gambe si erano mosse una sull’altra.
Giusto. La giovinastra
aveva la musica sparata nelle orecchie. Il vampiro si era versato da bene due
volte, scoprendo una bella immagine: le labbra chiuse, i capelli sparsi sulle
spalle, il vestito un po’ sollevato sulle cosce… ah
però! Ma quando era cresciuta? Nei dieci giorni che era stato via?
Il blu dell’iride comparve sotto le ciglia nere
e si adagiò compassato su di lui. “Che ore sono…”
“Da poco le quattro.”
Davina si raddrizzò ma la posizione che era
sembrata tanto comoda all’inizio, l’aveva intorpidita tutta. “Che stavi guardando…”
“La mia prossima modella.”
“Scordatelo” sbuffò tirando indietro i capelli.
Si era appisolata.
“Dovresti, invece. Sei molto bella.”
“Non cercare di raggirarmi come tuo fratello.”
“Non proverei mai a corromperti, Davina Claire.
Spezzarti basterebbe” sorrise e si mise a sedere di fronte a lei. “Parliamo di Kol?”
Davina ebbe un sussulto. “Si è liberato?!”
“No.”
Allora non avevano un bel niente di cui parlare.
“Parliamo di te. Che cosa vuoi? Non rispondere
‘niente’. Ti vedo e ti sento.”
Davina batté le palpebre, dubbiosa. Non aveva
aperto bocca e era rimasta a debita distanza. “È alcool cattivo, quello?”
Klaus le allontanò il bicchiere con un gesto
secco. La gelida Davina Claire non poteva perdere il controllo ed ubriacarsi
nello stesso giorno.
Era abituata ai suoi sbalzi di umore ma non
doveva sopportarli. “Torno verso mezzanotte” disse. “Undici e mezza è meglio.”
Klaus stese la gamba chiudendo il passaggio e il
cuore ricominciò a martoriala.
Alla sua età, le cottarelle
passavano dal giorno alla notte. Però era sorpreso lo stesso. Non diceva di
odiarlo? “Non sai giocare a questo gioco.”
“Insegnamelo.”
Cos..?!
Davina si voltò, imbronciata. “Mi devi un
risarcimento con i fiocchi, vampirucolo.”
Risarcimento?
“È colpa tua se Elena e Kol
si sono avvicinati. Ergo, mi devi qualcosa.”
“Lo hai scaricato tu” puntualizzò.
“Per colpa tua.”
L’avrebbe accusato anche della fame nel mondo,
fra poco. “Eventuali e false scuse
verbali sono le uniche cose che otterrai da me, cuoricino.”
Davina gli regalò uno sguardo freddo ed
altezzoso. “Dormi con un occhio aperto, cuoricino.”
Maledetta strega! Le offriva ospitalità, la
intratteneva, non la inseriva nella catena alimentare sebbene ne avesse voglia
da quando le aveva sfiorato il collo… doveva proprio
metterle una paura del diavolo? “Vuoi che ti sbatta contro il muro, Davina
Claire?”
La sensazione di proibito la risucchiò. Come
quando tornava a casa in macchina e la polizia la fermava per un controllo di
routine. Sapeva che era tutto in ordine ma lo stesso si sentiva colpevole. Davina
emise un risolino insicuro. “Ti piacerebbe. Ci vediamo a mezzanotte, vampirucolo.”
“Non disturbarti a tornare.”
Davina si voltò a guardarlo. Rimestava piano il
liquore nel bicchiere, scurito. E l’incantesimo?
///
Non poteva mica tenerlo legato per sempre. Un
uomo doveva pur pisciare.
Kol roteò le braccia anchilosate per la lunga
posizione a cui era stato costretto, si lavò le mani ed uscì dal bagno. “Non
crucciarti, può capitare.”
Strategicamente, era stata una mossa idiota. Un’alleanza
stretta con una strega potente come Davina, lo metteva al riparo dalle alzate
di testa della congrega. Era giovane, facilmente influenzabile e sarebbe stata
capace di sviluppare un amore sviscerato con le giuste attenzioni. Mah… doveva pensarci prima invece di restare immobile come
un baccalà a chiedersi se scherzasse o meno. Aveva perso il riflessi mentali?,
si domandò seguendo il fratello giù per la scalinata. Oppure, per la prima
volta in vita sua, si era posto uno scrupolo morale?
“Mi faccio un panino, tu che vuoi?”
Una sparachiodi, pensò infilando le mani in
tasca. Inimicarsi una strega…uho…
Una forte sensazione di dolore gli attraversò la testa. Quando riaprì gli
occhi, Klaus emise un profondo sospiro. Erano passate da poco le 18 e la luna
cominciava a sorgere. L’udito iniziava ad andarsene per fatti suoi. Udiva
troppo o troppo poco. “Urgh…” rantolò e una mano
cattiva gli stritolò le ossa una ad una. “Fratello…”
Da qualche parte, poco lontano da New Orleans
Perché si era lasciata convincere?!
Il pugno di Elena si abbatté sullo sportello e
Caroline la guardò di sottecchi. “Hai dimenticato qualcosa? Guarda che non
torno indietro, abbiamo già fatto un mucchio di strada.”
“Non ho dimenticato niente” disse, guardando la
strada buia tagliata dai fari. “È un grosso sbaglio, Care.”
“Meglio che restare col dubbio ed imbottirsi di
film romantici” disse, accelerando. “Telefono.”
Elena sospirò e sfilò il cellulare dalla borsa. Kol? “Ehi, ciao. Va tutto bene?”
>Devi farmi un favore, dolcezza. Devi parlare
con lui mentre preparo l’incantesimo. Distrailo.<
Ma... era presto, la luna era appena sorta! “Ok”
sussurrò con un rospo in gola. “Passamelo.”
Caroline la guardò apertamente. “È Klaus? Metti
il vivavoce.”
Kol inserì il vivavoce a sua volta e lo passò al
vampiro con lo guardò con velato odio. “Spettegolate.”
Quando si sarebbe ripreso, avrebbe messo quel
moccioso sulle ginocchia e l’avrebbe sculacciato per bene!, pensò e subito la
voce allegra di Caroline esplose dal microfono.
>Ehi, stiamo venendo a trovarti!<
Maledette ragazze! Facevano sempre di testa loro!
“Non sono vestito per l’occasione…”
>Non ci formalizziamo mica! Elena si è
sparata tutta la seconda stagione del DoctorWho e non vede l’ora di raccontartela<
>Non è vero< la udì risponde, lontano.
>Mi sta prendendo in giro da quando ho visto l’ultima puntata e mi sono
commossa<
Che novità, Elena Gilbert che si commuoveva. “E come finisce…”
>Il Dottore perde Rose<
E no! Gli piacevano, quei due. “Un uomo non dovrebbe mai perdere… la donna che ama…”
>È quello che dico anche io. Senti tesoro,
fra mezz’ora siamo da te, ce la fai a resistere senza rotolarti nel fango e
grattare gli infissi di legno?<
“Forbes…” la minacciò sottovoce. “Prova a chiedermi… un altro vestito per una delle tue… insulse feste…”
La risata cristallina di Caroline riempì la
stanza e, purtroppo, il suo orecchio.
>Non hai idea del regalo che dovrai farmi per
avertela riportata<
>Care, finiscila!<
>Ma sta zitta! Se non fosse stato per me,
staresti ancora a piagn – click!<
Che novità… Elena
Gilbert che piagnucolava, pensò spostando il telefono ormai muto lontano da se.
“Non hai energia sufficiente…
per cominciare l’incantesimo adesso...”
“Non se utilizzo un catalizzatore.” Kol gli mostrò un diamante piuttosto grande che aveva
estratto da quelli che sembravano due calzini arrotolati.
Ma era queldiamante….
“Tranquillo, ne serve uno molto più grande per
spezzare la linea di sangue” lo informò con un sorriso ironico. “Non ho intenzione
di nuocervi.”
“Non
sembrava, ieri sera…”
“Hai fatto bene a sbarazzarti di lei. Ha
sbagliato tutte le concentrazioni anche stavolta.”
“Non è sbagliata. L’ho calcolata pensando di
dover fare l‘incantesimo a mezzanotte. Controlla meglio prima di giudicare gli
incantesimi degli altri!”
La vocetta acuta della
strega fece voltare Kol e alzare la testa a Klaus, sdraiato
sul divano dello studio.
“Oh
dio, è tornata…”
“Non me ne sono mai andata. Non butto all’aria
mesi di studio per uno stupido fraintendimento e non lascerò che quel morto
vivente si prenda tutti i meriti! Non c’è bisogno che mi ringrazi, ti basta
segnare anche questa” sibilò altezzosa ma quando vide il diamante, Davina emise
un gemito che sembrò uno squittio. “Sempre intenzionato ad ammazzarti, vedo!”
“Che te ne importa se muoio?” mormorò
guardandola con la coda dell’occhio mentre adagiava le pietre in una ciotola
grande e la riempiva d’acqua. “Fratello, serve del sangue qui.”
Doveva alzarsi? Stava scherzando? “Ah! Cazzo!”
“Non lamentarti, cuoricino” lo prese in giro
Davina facendo gocciolare il sangue dal dito che aveva appena ferito direttamente
nella ciotola. “Tu pensa a segnare.”
Avrebbe chiesto anche la sua primogenita, prima o…oh… la sensazione delle labbra
morbide strette attorno al suo dito e la lingua morbida che leccava la ferita, fu
debilitante. Era a pezzi ma ancora capace di avere un’erezione.
“Non eccitarti, qualcuno deve pur fare da
conduttore” annunciò, lasciandogli andare il polso. “Ti presenterò un conto
così salato che dovrai rubare ed ingannare per il resto della tua vita per
ripagarmi.”
///
Aveva pestato troppo l’acceleratore. La macchina
della polizia le stava inseguendo da due miglia ormai. “Care, rallenta.”
“Hai la cintura allacciata?”
“Certo, ma non ti eviterà la multa per eccesso
di velocità” rispose Elena tirando indietro i capelli.
“Mi spieghi come fai a restare così calma? Hai
sentito anche tu in che stato è.”
“Agitarmi farà tramontare prima la luna?”
“Questo poliziotto mi ha scocciato” borbottò
stringendo il volante. “Non è quella, l’abitazione?”
Sì, ma di solito c’erano le luci accese. Elena
si scoprì un filino preoccupata. “Puoi rallentare, siamo arrivate.”
“Ha desistito” soffiò Caroline guardando la
gazzella che si allontanava. “Chissà perché.”
Forse aveva riconosciuto l’abitazione degli Originali,ma la multa le sarebbe arrivata lo stesso, e
Care sarebbe stata così sfacciata da girarla a Klaus. Elena smontò con tutta la
calma del mondo, a differenza dell’amica.
“Ti muovi?!”
“Arrivo, arrivo...” sospirò e la finestra del
primo piano scoppiò quando qualcosa vi fu lanciato contro. La pioggia di vetri
minacciò di investire Caroline che urlò per la sorpresa.
Elena seguì la caduta del corpo senza battere
ciglio. “Va dentro e prendi qualcosa con cui coprirlo.”
Coprire cosa? Caroline lanciò uno sguardo al licantropo,
le sfuggì un gemitoma obbedì. Elena
restò a debita distanza, le mani in tasca. Era straziante e ogni gemito le
stritolava il cuore. Con cautela lo aggirò, prendendolo alle spalle. Klaus la
aggredì per rabbia o difesa, la vampira lo strinse fra le braccia, tenendosi
ben lontana dagli artigli e dalle zanne e sbuffò per la fatica. Era pesante,
molto più forte di lei. L’animale la sgroppò via e si rivoltò, rabbioso. Elena
finì gambe all’aria, il licantropo addosso. Quando lo vide tirare indietro il
muso per morderla, caricò un pugno che sparò sotto il mento. Non era stato un granché
e l’aveva solo distratto. Ma umano o licantropo che fosse, gli attributi erano
sempre al solito posto. La ginocchiata non se l’aspettava e indebolì
notevolmente l’aggressione.
“Guarda che quella roba ti serve!”
Care! Elena si rialzò in tutta fretta e fece
molti passi indietro. “Prendi la pistola con l’anestetico nella mia borsa!”
Caroline trasecolò e lasciò cadere la coperta a
terra. “Hai rubato all’ospedale?”
“La riporterò! Sbrigati!”
“Ok ok” soffiò rovistando nella borsa
dell’amica. “Ma è testato sugli animali?”
“Non è il caso di parlare dei loro diritti,
ora.”
Caroline le sorrise, ironica. “Intendevo,
funzionerà sul lupaccio?”
Bella domanda! Forse doveva procurarsi un fucile
da caccia grossa…
///
Funzionava. Aveva dovuto sparagli tutto il
flaconcino, ma almeno era a terra. Elena ansimò, guardando la maglietta
sbrindellata. Le ferite si erano già rimarginate ma il morso aveva cominciato a
bruciare. Restò sdraiata sul prato e Caroline spostò di peso il corpo del
licantropo dal suo. “Stai bene?”
La vampira annuì, ma il braccio sembrava andare
a fuoco. Caroline sgranò gli occhi. “per quando ne hai?”
“Per poco” mormorò e infilò i denti nel polso di
Klaus succhiando via la cura. “Fatto.”
“Spiegami come fai a restare così calma.”
“Forse mi sono agitata troppo col DoctorWho” disse,
individuando Kol sotto il portico. “Ehi, a che punto siete?”
Elena Gilbert? Davina la fissò e poi guardò il
licantropo steso. “Ancora tutto da fare. Che gli avete fatto?”
“Stordito con un anestetico per cavalli” spiegò
Caroline mostrando la pistola. “Non pensate che dovremmo legarlo?”
“Sinceramente penso che dovremmo abbatterlo”
mormorò Elena osservando il morso che non guariva. “Ma poi sarebbe un problema
per tutti noi.”
“Però per poco” le fece notare Kol con un sorriso. “Lasciare fare agli esperti, ora.”
Esperto in cosa? Da quel ricordava, era
specializzato a mangiare tripli tramezzini e a lamentarsi della sua famiglia.
Caroline stese la coperta sul licantropo e si ritrovò a pochi centimetri dal
braccio deturpato di Elena. “Non sta funzionando perché è ancora in questa
forma?”
Forse. “Kol, vi avevo
spedito una sacca col mio sangue... l’avete ricevuta?”
“Il sangue di Klaus è ciò che ha creato la
maledizione e ciò che la annullerà” sentenziò Davina bisbigliando a bassa voce.
“E quando l’avete scoperto?” domandò Elena,
sospettosa.
Kol mosse il diamante in modo che la parte piatta
catturasse la luce della luna. “Quindici giorni fa. Klaus non te l’ha detto,
sul treno?”
Non aveva fatto in tempo, o l’aveva
volontariamente tralasciato. Elena si scurì al pensiero e le fece più male del
veleno. “No, non me l’ha detto.”
///
“Care, non morirò… prima...
di ventiquattrore…”
Il panno freddo che Caroline le aveva posato
sulla fronte, scivolò sulla tempia. “Non morirai per il veleno ma perché
ucciderò Klaus con le mie mani!” sibilò, rabbiosa e preoccupata. “Dov’è Hayley?”
“Fuori. Klaus l’ha costretta ad una vacanza
forzata in previsione dell’incantesimo.”
“E non possiamo chiamarla e spiegarle l’emergenza?”
Davina posò il cellulare scuotendo la testa.
“Non riesco a raggiungerla.”
“E tu non puoi fare niente per velocizzare la
cosa?”
“Non posso far sorgere il sole.”
“Il DoctorWho l’avrebbe fatto” disse sottovoce ad Elena e il suo
respiro si fece regolare e rallentò. Si era addormentata o era svenuta?
“Se dorme ed evita di muoversi e di parlare, il
veleno ci impiegherà più tempo a fare effetto.” Davina fece una panoramica veloce
della stanza e si fissò su Kol. “Accompagnami alla
porta.”
///
Si era alzata una perfetta brezza. Davina si
strinse nella giacchina e roteò su se stessa,
guardando il ragazzo. “È l’ultima volta che vengo qui.”
Tzè! Klaus avrebbe schioccato le dita e lei sarebbe
corsa. Kol si appoggiò allo stipite, sorridendo di
scherno. “Devo credere alla stronzata che mi ha raccontato, Davi?”
Poteva credere che non l‘avrebbe mai perdonato.
“Non chiamarmi ‘Davi’.”
Kol infilò le mani in tasca e sorrise, sprezzante. “Sai
cosa significa, questo?”
Davina seguì la direzione dello sguardo del
ragazzo e vide il volo di mille gru di carta, avvolgersi su se stesso,
innalzarsi verso la luna piena ed incendiarsi. Il cuore ebbe un brutto movimento
che la riempì di malinconia. Le aveva dichiarato guerra.
“Ti seppellirò, KolMikealson. Fosse l’ultima cosa che faccio.”
“Ripetilo con parole semplici e difficilmente
fraintendibili.”
Il sangue risalì la cannuccia finendo nella
bocca di Caroline. Kol sbadigliò sopra la tazza del
caffè e solo Elena scosse piano piano la testa. “Non
credo ci sia un altro modo di dirlo…” fece notare a
bassa voce e Klaus strinse gli occhi, fissando il fratello. “Dovrò giustificare
il suo cadavere smembrato ad Elijah e voglio assicurarmi di aver capito bene la
situazione.”
“Ho dichiarato guerra a Davina. Punto.”
“Perché?” domandò, cauto.
“Ha bisogno di abbassare la cresta.”
Klaus sorrise dietro il pugno posato contro la
bocca. “Abbiamo sputato sangue per raggiungere un compromesso che stesse bene a
tutti, Kol” sussurrò e si sporse avanti. “Tu non
prendi queste iniziative senza prima parlarne con noi!”
“Freestyle,
fratello.”
Klaus si alzò bruscamente dalla sedia e fu
rimesso a sedere da Elena. “Io ti ammazzo!” sibilò battendo il pugno sul
tavolo. “Davina Claire è la prima strega della congrega, la baby sitter di mia figlia e tutti i suoi amici sono licantropi.
Devo aggiungere altro?”
Kol lo guardò e schioccò le labbra. “Salti la parte
più divertente?”
Non era divertente, quando ci pensava non
rideva.
“Sarebbe?” domandò Caroline arrotolando la
cannuccia e facendo un fiocco.
La voce allegra di Kol
svelò un’ombra di irritazione. “Il mio affascinante fratello ha colpito
ancora.”
Elena emise un ‘mh’ e
si addossò alla sedia della cucina. Lo sbirciò con la coda dell’occhio e Klaus
grugnì fra se: nasconderlo lo avrebbe fatto sembrare colpevole ma non aveva
ancora capito come lo faceva sentire, la cosa.
“Se ho capito bene, tenendo in pugno Davina ti
assicuri di mantenere il controllo su tutta la città” tentò, Caroline. “Io dico
di sfruttare questa cotta!”
Elena sgranò gli occhi e fissò l’amica. “No, non
deve.”
“È un gioco di potere, tesoro. Vince chi stringe
più alleanze e tiene buoni i nemici.”
No, non l’avrebbe lasciata passare! Elena si
voltò verso il vampiro e lo studiò attenta. “Hai intenzione di comportarti da verme miserabile, Klaus?”
Avrebbe dovuto soppesare i pro e i contro, prima di
decidere.
Elena inclinò la testa e lo guardò negli occhi. “Sei
peggiore di quel che pensavo.”
///
“Ma io ci abito, lì!”
“Mi dispiace, ordini del sindaco. La chiesa deve
essere ristrutturata e i locali sono stati dichiarati inagibili.”
Il vigile del fuoco le fece cenno di
allontanarsi e Davina dovette ubbidire. “Posso prendere le mie cose?”
“È stato già portato via tutto. Può fare
richiesta al comune martedì.”
Ed era solo giovedì. Anche la casa oltre la
macchina che era sparita dal solito parcheggio…cavolo…
“Ehi, ciao! Che ci fai in giro a quest’ora? Non
hai scuola?”
Cami. Davina si sforzò di sorridere alla bionda
barista ma le labbra si contrassero in una smorfia. “Sono ufficialmente una
senzatetto. Il sindaco ha deciso di ristrutturare il Saint Annes ed io non ne sapevo nulla.”
“Strano. Quell’uomo non muove un dito senza il
benestare di Klaus ed Elijah e loro sanno perfettamente che tu vivi lì dentro”
disse leggendo l’ordinanza del sindaco. “Intervento straordinario? Qua dice che
dureranno dalle tre alle sei settimane. Hai un posto dove stare?”
Josh divideva l’appartamento con altri due ragazzi… se almeno ci fosse stato Marcel…
“Non ho un piano B, Cami. Non pensavo di averne
bisogno.”
Essere una strega potente non la metteva ai
riparo dagli sbagli tipici della sua età. “Verrai a stare da me, ma dovrai
accontentarti del divano letto. Non ho una stanza degli ospiti.”
“Non voglio disturbarti…”
“Non mi disturbi. Vedrai, si sistemerà tutto.”
Per forza, pensò stirando le labbra in un
pallido sorriso di ringraziamento. Piangere non le avrebbe ritrovato la
macchina o ricomprato i vestiti. Marcel le aveva intestato una carta di credito
per tutte le emergenze ma lei non l’aveva mai usata e non ricordava il pin. “La
banca è aperta, a quest’ora?”
///
Conto bloccato. Perfetto. “Capisco, grazie.”
Davina si allontanò dalla scrivania del
consulente, Camille l’attendeva nella piccola sala
d’aspetto. Non le piacevano le banche, erano così asettiche e…
“già fatto?”
Davina annuì parzialmente. “Serve la firma del
tutore legale per prelevare il contante.”
Una carta per le emergenze che non funzionava
nelle emergenze?
“Se fossi stata maggiorenne, non ci sarebbero
stati problemi” continuò mordendo il labbro inferiore. “È una seccatura
difficilmente aggirabile, Cami.”
Oh, lei sapeva bene come aggirarla. “Ricordo che
qualcuno ha promesso di badare a te
mentre Marcel era via.”
“Non farne parola con Klaus.”
Perché no? Le doveva un mucchio di favori!
“Me la caverò da sola.”
“Davina, io posso ospitarti ma come farai con la
scuola e le spese ordinarie?”
“Mi troverò un lavoro. Ho diciassette anni e
questa città ha bisogno di bariste e cameriere.” Era la prima volta che si
trovava in vera difficoltà. “Potrei vendere la casa nel bosco che appartiene
alla mia famiglia.”
“Potresti ma c’è una notevole crisi nel mercato
immobiliare” la informò, dispiaciuta. “Faticheresti per mesi e ti potrebbe
essere riconosciuta solo una minima parte del reale valore…”
Avrebbe dovuto cominciare a leggere più
quotidiani.
“Inoltre sei minorenne…”
“… e avrei bisogno della firma del mio tutore legale”
concluse con un lunghissimo sospiro.
“Che hai fatto al vestito? Ti sei rovesciata
addosso la pittura?”
Ecco spiegato il motivo della nausea persistente.
Quell’odore di colore ad olio non se lo sarebbe più tolto dal naso…
///
“Avevano
un accordo non scritto, amico, e tu l’hai infranto! Io ti coprivo le spalle e
tu mi salvavi la vita, è sempre stato così fra noi!”
“Il
veleno non agisce nell’immediato, non correvi alcun pericolo. Ho il
temperamento di un lupo e la crudeltà di un vampiro ma non ti avrei mai
lasciato morire, sciocca!”
Caroline girò uno pagina di Cosmopolitan. Gridavano talmente
forte che non era l’unica ad ascoltare la conversazione. “È ad un passo così
dal farsi mandare al diavolo.”
“È abituato” sussurrò Kol,
concentrato sul grimorio.
“Che cosa stai studiando?”
“Un incantesimo con i contro cocomeri.”
“La
tua dannata stirpe appesta la mia esistenza da secoli!”
“E sono arrivati alla recriminazioni!” esclamò
la vampira e lo stregone sorrise alle pagine del grimorio.
“Scusa
tanto! Non abbiamo chiesto noi di essere inseguite da un folle omicida!”
“È già arrivata alla parte in cui l’accusa di
averle mentito sul rituale?”
“La giornata è lunga…”
“L’hai
dimenticato o non hai fatto in tempo?”
“Non
ho fatto in tempo e poi l’ho dimenticato.”
“C’è arrivata.”
“L’hai
dimenticato?! È la mia vita, Klaus!”
Aveva ragione da vendere. Una ragazza doveva pur
divertirsi…uhhh, di nuovo
la frangia!
SBAM!!
“Care, andiamo!”
La rivista si abbassò piano piano.
Elena volò giù dalla scalinata con il volto rosso e trepidante d’ira. “Andiamo!
Subito e senza commentare!”
Azz, l’aveva fatta arrabbiare per bene! Caroline
sporse la testa oltre il divano con una smorfietta.
“Ed ora toccherà a me sopportarla nel viaggio di ritorno…”
“Ti ho sentita!”
Era meglio chiudere la bocca. “Divertiti col tuo
incantesimo.”
“Puoi starne certa” rispose Kol
con un mugugno e tornò sulla pagina precedente. Uno non sarebbe bastato. Dieci,
troppo scontato. Cento ed una… sì, suonava bene…
///
… ed ogni volta che rompeva qualcosa, glielo
detraevano dalla paga serale. Facile. Alla fine della prima settimana, Davina
aveva denaro sufficiente per pagare il deposito che ospitava la sua auto in
attesa di essere riscattata. Per il vetro rotto dai teppistelli
che l’avevano rubata dal parcheggio, doveva aspettare la seconda settimana
almeno. I vestiti, però, li aveva ripresi.
Davina appallottolò l’abito sporco di colore e
lo gettò nel cestino, calpestandolo col piede per essere sicura che neppure un
angolino ne restasse fuori.
Cami lo vide e non disse nulla.
La terza settimana capì come sfruttare la sua
magia per migliorare il servizio del MoulinRouge, combinò meno danni e ricevette più mance. La
gente rispondeva meglio ad un sorriso falso. Era pur sempre un sorriso. Se
proveniva da una bella ragazza poi…
La quarta settimana, la matricola universitaria
che copriva il turno del martedì e giovedì le bruciò i capelli con un piatto flambé
e la puzza di gallina spennata appestò la cucina per dieci minuti. A fine
turno, Davina passò un paio di forbici a Camille
chiedendole di tagliare. Il sabato le mance crebbero esponenzialmente.
“Stai una bomba, quasi non ti riconoscevo!”
“Ho solo tagliato i capelli.”
Josh alzò il pollice in cenno affermativo e le
lasciò una cospicua mancia che Davina spinse indietro.
“Non accetto soldi dagli amici.”
“Ok,
però…”
“Josh...”
“Ok
ok…”
“Conosci qualcuno che ha bisogno di una
coinquilina? Non posso restare da Cami per sempre. Il
divano non è così comodo come crede.”
“Posso chiedere ai ragazzi, se non ti dispiace
dividere la casa con loro.”
Gli amici gay erano la salvezza. “Non mi
dispiace affatto. Scusa, devo prendere le ordinazioni.”
Davina fece di nuovo il nodo al grembiulino nero
col logo del locale, prese il blocco notes e la penna, tirò indietro i capelli
che tagliati ben sopra le spalle le scivolavano continuamente sulle guance e si
avvicinò al tavolo sette. Il pub era piccolo e si riempiva in fretta. Aveva
sempre da fare ma si divertiva. Dormiva poco ma il suo corpo sembrava non
averne bisogno. Il rendimento scolastico era calato ma i prof erano
comprensivi. Aveva il blocco dell’artista. Non scarabocchiava più. Le tele costavano
troppo. Non aveva un piatto per ascoltare i vinili…
ma forse sapeva dove trovarlo.
///
Voleva proprio
tacitarla, quella voce. Se era vero che Marcel era tornato perché si udiva
della musica giungere dai docks quando tirava vento,
non poteva non evitare di piombare di persona ad insultarlo. Se gli era facile
accettare il tradimento di una donna, la defezione di un amico non la
tollerava. Nessuno lo vedeva più da mesi ed ora che ci pensava, ne erano
passati almeno due da quando Davina era svanita nel nulla. Klaus non si era
dato pena di indagare, seccato dalla fine della storia con Elena. Non era uno
che se la prendeva, ma si riservava il diritto di incazzarsi come qualsiasi
altro uomo, se gli venivano mosse certe accuse.
Passare dalla porta
principale era troppo facile, lo avrebbe preso alle spalle. Il loft sembrava
abbandonato da secoli, c’era odore di chiuso e qualcos’altro che conosceva ma
non sapeva legare ad un’immagine. La musica c’era e proveniva da un angolino
nascosto, una sala che Marcel non usava mai. Barboni, pensò un po’ deluso e una
vocetta femminile intonò una vecchia melodia che
conosceva molto bene. Klaus inspirò a fondo odore di tempera e acquaragia. Una
studentessa del corso di arte? Il vampiro si avvicinò di soppiatto, sbirciando
l’intrusa.
Per prima cosa vide
un mucchio di tele monocromatiche, poi il piatto di Marcel e i vinili impilati
uno sull’altro. Infine abbassò gli occhi sulla ‘barbona’ inginocchiata di
spalle e sui corti capelli neri che le sfioravano il collo. Adorava il take away
esotico.
Davina gattonò
attorno al dipinto, le mani sporche di colore. L’ennesimo scarabocchio che non
aveva ne capo ne coda e si andava ammucchiando con gli altri. Posò le mani sui
fianchi, gli shorts da lavoro sporchi, la maglietta legata in vita che scopriva
l’ombelico anch’esso macchiato. Quella piccola saletta era l’ideale per
dipingere. Lontana dagli spifferi d’aria, intima, raggiungibile dalla presa di
corrente e vicina al bagno. Peccato per lo scarso segnale telefonico…
“Stai invadendo una
proprietà privata, bellezza.”
Eh?!
Un corpo duro e
nervoso la travolse, i capelli furono strattonati a sinistra e quando i canini
penetrarono nel collo, un urlo di dolore esplose dalla gola. “DIFE!” urlò e il vampiro che l’aveva
aggredita fu avvolto dalla fiamme. Davina cadde bocconi sul dipinto appena la
lasciò andare, si tirò indietro scivolando sul colore fresco, il sangue
gocciolò sulla tela e spezzò la monocromia del nero. Oh!! Ma era… “Estinguo!”
Le fiamme svanirono
nel nulla ma si erano già mangiate un bel po’ di tessuto e carne. Le ginocchia
di Davina scivolarono sul pavimento fino al corpo ustionato. Klaus si tirò a
sedere di scatto, l’afferrò per la gola bloccandole la mandibola e la sbatté a
terra. “Questa giacca è costato un occhio della testa, strega!”
Davina afferrò il
primo pennello che raggiunse con la punta delle dita e sollevò il braccio.
Troppo lenta, pensò
stringendole il polso così tanto che Davina sentì le ossa scricchiolare.
Il corpo del
vampiro si spostò sul suo, languido come un felino. La via era aperta, doveva
solo prendere.
Davina gridò
attraverso il palmo della mano mentre le succhiava il sangue. Era simile al
solletico, ma faceva un gran male e scalciare furiosamente era una reazione
automatica del suo corpo. Quando la pressione calò di colpo e la stanza divenne
tutta nera, smise di divincolarsi e la mente si svuotò di ogni pensiero, tranne
uno: non l’aveva riconosciuta.
Il predatore la
sollevò contro di se, sorreggendo la testa con la mano. Il braccio passò
attorno alla schiena che si inarcò senza vita.
Klaus si leccò le
labbra e dichiarò gustoso il pasto. Doveva farne più spesso, di quelle cose. Lo
rimettevano al mondo, pensò lasciando andare il corpo della strega che aveva
quasi prosciugato. Scavalcò l’esanime Davina che giaceva prona sul pavimento,
il volto celato dai capelli e si avvicinò ai vinili. Klaus scelse con calma fra
i dischi, ne mise un paio sottobraccio e gettò solo una vaga occhiata al
dipinto che era stato deturpato nella battaglia. Poi guardò la ragazza. Non era
morta, ma avrebbe impiegato un bel po’ di tempo a recuperare. Aveva un neo
sotto il piede sinistro. Perchè lo notava? Mah…
Oh… dio… non
riusciva neppure a togliere la t-shirt. Il morso doleva così tanto che aveva
tutto il collo e la spalla contratta. Il colore si era rappreso addosso, così
come il sangue secco. Ogni volta che toccava la ferita, aveva la nausea. Il
polso sinistro le fece vedere le stelle quando lo puntò a terra per rialzarsi.
L’acqua delle doccia che proveniva dalla riserva idrica era ghiacciata e per un
po’ smorzò il dolore pulsante.
La batteria del
telefono era quasi al minimo. Davina inviò un sms a Josh e si accucciò in un
angolo ad aspettare. Come aveva potuto non riconoscerla? Klaus l’aveva già
morsa, in passato ma il modo in cui l’aveva fatto… le era saltato addosso come
una bestia selvatica… quando le ricordava che ci andava ‘piano con lei’ perché
era la protetta di Marcel e la sua strega ‘privata’, non lo diceva tanto per
dire…
“Ehi… uhm… c’è
nessuno?!”
“Josh, sono qui”
mormorò con un filo di voce. “Segui il filo della luce.”
Il ragazzo guardò
in alto e poi in basso. Filo della... ah, eccolo. Rapido, attraversò l’immenso
locale e si ritrovò in una stanzetta di pochi metri, senza finestre e con solo
una lampadina che pendeva dal soffitto. Josh sussultò spaventato. “Stai bene?”
“Un vampiro mi ha
aggredito...”
“Ma la tregua che
fine ha fatto? Gli Originali l’hanno revocata? L’hai visto in faccia?” domandò
a raffica, passandole la borsa in cui aveva stipato magliette e un paio di skinny
jeans.
“No… ma ha parlato
e dall’accento mi è sembrato uno straniero. Puoi accompagnarmi all’ospedale?
Temo di avere un polso rotto…”
“Posso…?”
“Il sangue di
vampiro non funziona con le streghe…”
Davina raccolse i
vinili superstiti e spense la luce, serrando la porticina e spezzando
volontariamente la chiave nel lucchetto. Se non poteva vederlo, non era mai
successo.
///
Servire ai tavoli
era diventato un casino col tutore che le impediva tanti movimenti, ma sembrava
la fiera della magnanimità e le mance continuavano ad arrivare. Era passata una
settimana e non era più tornata ai docks. Cami passava tutte le sere a
‘controllare’ e Josh l’attendeva alla fine di ogni turno. L’aveva avvertita di
aver messo Aidan e gli altri sulle tracce del’aggressore ma Davina era riuscita
a mantenere una calma stoica e convinto a lasciar perdere.
Nessun vampiro di New Orleans alza la testa contro una
strega. Probabilmente ha già lasciato la città. Vuoi scatenare una guerra
inutile e ritrovarti Klaus fra i piedi? Io no.
A circa metà del
suo turno, le casse vuote delle bibite svolazzarono a pochi centimetri da terra
fino al retro del locale. Davina restò fuori a respirare aria fresca e a
cercare di pulire i vestiti dai succhi appiccicosi che le aveva rovesciato
addosso il solito bestione ubriaco.
Cami le aveva detto
che era dura ma sembrava tutto così facile quand’era dall’altra parte del
bancone… Tirava vento e la musica di New Orleans si diffondeva in ogni dove. Il
morso era coperto da un cerotto color carne e i capelli vi ballavano intorno.
Davina uscì dal vicolo e guardò la strada ingombra di persone. Poi udì un
rumore che le accapponò la pelle. Il cuore le balzò in petto e il gatto saltò
via, attraversandole la strada. “Che paura…” sospirò chiudendo gli occhi e riaprendoli
piano. Oh… no…
///
‘Regredito’ era la
parola preferita del suo elegante fratello. In realtà era solo molto depresso,
follemente arrabbiato a giorni alterni e privo di interessi. Vagava per la
città fino all’alba e ricominciava al tramonto, senza combinare granché nelle
ore centrali. Si annoiava, si nutriva troppo, si tormentava e il giorno dopo
ricominciava. Aveva sentito parlare della cameriera carina del Moulin Rouge, deciso di farsi un regalo
e subito dimenticato. Una sera, camminando sovrappensiero, ci si era ritrovato
di fronte. Doveva essere una sventola per convincere la gente ad entrare in
quella topaia! Klaus aveva spinto la porta e l’affollamento non aveva deposto
bene: era un locale frequentato da studenti.
Tornando fuori,
aveva pensato a Nadia, alla sera in cui si erano incontrati, al modo in cui gli
aveva toccato la mano nella folla… poi il gatto era saltato via dai bidoni,
spaventando una ragazzetta dalla voce acuta. Klaus l’aveva riconosciuta subito
ma aveva perso tempo a decidere se manifestarsi o meno. Davina si era voltata
e… wow, che imbarazzo! Se avesse avuto un badile, si sarebbe sotterrata.
“Che ci fai in giro
a quest’ora? Non dovresti essere a casa a dormire?” disse e la voce suonò aspra
come se stesse facendo un torto a lui.
“Sto lavorando”
rispose e Klaus si accorse che indossava un grembiulino da cameriera e una
matita sull’orecchio sinistro. Aveva tagliato i capelli. Sembrava molto stanca.
La porticina si era aperta e due ragazzini, suppergiù della sua età, erano usciti
a fumare una cicca. Davina era tornata dentro sussurrando un debolissimo
‘ciao’. Klaus aveva guardato l’insegna ed era girato su se stesso. Qualcosa
l’aveva disturbato, ma non avrebbe saputo dire cosa.
///
“Perché ti
stupisce?”
“Non ha mai
lavorato in vita sua, Hayley.”
Non ricordava di
aver mai visto il suo brillante e perfetto fratello zappare la terra. Klaus
puntò la testa contro la mano, sdraiato sul divano. Era passato mille volte di
fronte al Saint Annes e non aveva
notato le impalcature. Era salito fin nella soffitta e l’aveva trovata vuota.
Davina Claire era stata buttata in mezzo alla strada - chissà quando – e si era
ritrovata a servire ai tavoli? Lei che odiava la gente? E la rendita vitalizia
di Marcel che fine aveva fatto?
“Abbiamo bloccato
tutti i conti di Marcel, durante la guerra” disse all’improvviso ed Elijah
annuì e mosse il capo seguendo un pensiero. “Anche i fondi di Davina.”
“Brava!” Hayely
battè le mani e Hope le sorrise, orgogliosa. Stava in piedi da sola, era una
conquista. Klaus girò sul divano ed osservò il dondolio instabile della figlia.
Davina Claire stava in piedi da sola? E il braccio? E i capelli? Ne andava
orgogliosa, perché aveva tagliato i capelli? Moda? Stanchezza? Incidente?
“Qualcuno l’ha aggredita di recente” disse a bassa voce ed Hayley lo guardò,
preoccupata. “Te l’ha detto lei?”
“No. Era sfuggente,
impaurita e aveva un vistoso cerotto sul collo, oltre il braccio rotto. Ergo, è
stato un vampiro.”
“Ergo, è stata
interrotta la tregua” precisò Elijah. “Ma tu non avevi detto di aver scovato
un’intrusa nel loft di Marcel?”
La strega che aveva
cercato di bruciarlo vivo. Una strega che dipingeva a terra. Con le dita. Con i
capelli corti. Aveva cercato di pugnalarlo e le aveva rotto il polso sinistro…
“Hai aggredito
Davina?”
La pelle d’oca gli
ricoprì le braccia: non aveva riconosciuto la voce per via della musica alta.
Il suo odore era stato coperto dalla tempera e la trementina…
“Come hai fatto a
non riconoscerla?”
L’aveva presa alle
spalle e poi le aveva bloccato la mandibola per impedirle di lanciare
incantesimi. Davina aveva i lineamenti minuti che scomparivano nel suo pugno…
era più in carne una volta, la strega che aveva aggredito era un sacco d’ossa… Maledette
ragazze, crescevano come le piante! Klaus passò istericamente una mano sul
volto e fra i capelli: con un morso solo poteva inimicarsi la congrega delle
streghe, il branco di licantropi e tutti i vampiri fedeli a Marcel!
“Se Davina lo
avesse detto ad anima viva, saresti già stato messo al rogo.”
Già… era strano che
le streghe non avessero buttato giù la porta reclamando giustizia. Davina lo
odiava per i trascorsi e… l’altro ridicolo
fatto...
“Perché quell’espressione?”
domandò Hayley, cauta. “Che hai combinato?”
Klaus guardò la
bambina per calmarsi. “L’ho rifiutata” grugnì ed Elijah gli mangiò il pedone,
prima di restare a bocca aperta. Klaus pensò che non gli donava affatto
quell’espressione da pesce lesso. “Ti ho visto ospitare ragazze ben più giovani
di lei, nel tuo letto. Non farmi la morale” lo avvisò e raccolse la giacca con
un gesto secco.
“Dove vai?”
Al diavolo, pensò e
un nuovo fiotto di rabbia gli invase il cuore e salì fino al cervello: se avesse
avuto Davina Claire fra le mani in quel momento, l’avrebbe strangolata.
°°°
L’intento
resistette fino agli inizi della periferia, andrò gradualmente svanendo e
quando arrivò al semaforo di New Orleans, era già una visione passata. La gente
sostava sul marciapiede in attesa del verde, un bambino – grandicello rispetto
ad Hope – gli aveva indicato un aeroplano quando si era chinato a raccogliere
il giocattolo caduto dal passeggino, Klaus l’aveva scrutato insieme a lui e poi
si erano guardati: fra maschietti ci si capiva. Non avrebbe scovato Davina
Claire di punto in bianco come accadeva nei film, non si sarebbero scontrati
all’ingresso di un negozio e lei non gli sarebbe caduta fra le braccia,
inciampando nella sua ombra mentre correva su e giù per la città. Una strega
non correva: incedeva maestosa con il mento sempre troppo alto e ti inceneriva
con occhi da basilisco. Che se ne andasse al diavolo, aveva pensato seduto alla
finestra di una caffetteria vecchio stile. Diceva sempre che gli ‘rompeva le
palle’ con le sue continue richieste. Non avrebbe avuto neppure le scuse.
“Ehm…”
Klaus aveva
sospirato, nauseato. Aveva girato la testa e l’amichetto gay di Davina – uno di
quelli appartenenti alla ‘razza superiore’ da quel che sentiva dire in giro
dalle ragazze – era lì, a fissarlo a bocca aperta. “Che vuoi?”
Josh aveva spostato
il peso da un piede all’altro. Davina sarebbe andata fuori di testa se l’avesse
spifferato ma insomma, era sua amica… “denunciare un aggressione?” domandò,
facendosela sotto.
Klaus aveva alzato
gli occhi al cielo e spinto avanti la sedia col piede. Qualcuno la sapeva, ma
non sapeva tutto. “Chi è?”
Josh si era seduto
solo per non contrariarlo. Klaus era sempre contrariato per qualcosa e
altrettanto lesto di polso a farti fuori. “Davina è stata aggredita giù ai
docks…”
“Che ci faceva ai
docks?” domandò, monotono.
“Ehm… m-ma non lo
sai?”
Klaus l’aveva
guardato. Di solito bastava a far parlare i cacasotto come lui.
“Sta passando un
periodaccio, è finita in mezzo alla strada… vive da Camille, sai quella…”
“Va avanti” mormorò,
lasciando andare un lungo sospiro annoiato.
“Lei... va lì a dipingere…
e un vampiro l’ha puntata…”
“Non potrebbe
averlo inventato?” domandò, guardandolo dritto in faccia. “Il bisogno di
attenzione è tipico della sua età.”
Josh aveva messo su
un’espressione indignata ed incredula. “Scusa tanto per il disturbo” aveva
detto al nulla e già si era alzato, lasciando la sedia scostata dal tavolino. “Buona
giornata.”
‘Stronzo’ suonava
allo stesso modo. Klaus aveva lasciato freddare il caffè che non avrebbe mai
bevuto ma che lo aiutava a tenere le mani ferme, aveva guardato fuori della
finestra e pensato che prima o poi si sarebbe preso il disturbo di cercarla. Prima
o poi.
///
I capelli erano
asciutti, le mancava solo di spacchettare il braccio dalla plastica in cui
l’aveva avvolto per proteggerlo dall’acqua. Detestava l’odore di fumo e fritto
che le lasciava addosso il locale ma non poteva fare la doccia alle due di
notte. Avrebbe svegliato Camille e ci metteva sempre un sacco di tempo,
impedita dal tutore. Dopo l’incontro, la pressione del ricordo le aveva appesantito
l’animo. Erano passati venti giorni e ancora non era riuscita a togliersi dalle
orecchie quel tono cattivo. Perché non gliela faceva pagare? Perché Kol le
aveva sempre detto che si sarebbe lasciata fregare dal fratello e così era
stato. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di mostrarsi con il braccio
rotto e il morso sul collo a reclamare giustizia. Aveva altro a cui pensare.
Doveva fare i conti, la stanza costava più di quel che credeva… e forse si
stava ammalando, si era sentita debole tutto il
giorno e in quel preciso momento, le sembrava di andare a fuoco. Sarebbe stato
un casino, non aveva l’assicurazione sanitaria perché non poteva permettersela
e il capo era stato chiaro: se si assentava, era fuori.
Din don
Come volevasi
dimostrare: appena preso la calcolatrice in mano, accadeva qualcosa. Era
destino non riuscire a scoprire quanto aveva messo da parte… oh…
La mano di Davina
scivolò via dal pomello neppure avesse cercato di morderla. Klaus lo vide
correre fino al braccio ferito e la spalla girare, come se stesse cercando di
nascondere ciò che era in bella vista. Aveva i capelli legati che scoprivano il
collo e i segni del morso non erano del tutto spariti. La bocca si riempì di
saliva quando udì il battito del cuore veloce. Non era solo paura. “Non ti
avevo riconosciuto. L’ultima volta che ti ho visto, eri alta così e
cicciottella.”
Come l’aveva
trovata? L’aveva seguita? Cami aveva fatto la spia? Davina fissò senza battere
ciglio, inebetita dalla sorpresa inaspettata.
Un muscolo guizzò
attraverso la mandibola. Tutto quel… sentimento sul suo viso – e gli occhioni
lucidi, la pelle arrossata sulle gote – era un richiamo a concludere il lavoro.
“Sono scuse formali da parte della comunità dei vampiri, strega.”
Klaus riduceva
sempre tutto ad una questione politica. Davina abbassò lo sguardo sullo
zerbino. Doveva proprio essere stanca, quella sera scellerata. “Ti inviterei ad
entrare ma non è casa mia.”
“Non ho alcuna
intenzione di farlo” disse, annoiato. “La soffitta è venuta giù?”
“La chiesa doveva
essere ristrutturata...”
“Marcel non ti
lasciato alcuna liquidità?”
“I fondi sono
bloccati da un cavillo burocratico, ma serve lo stesso la firma del tutore
legale che non è mai stata depositata in banca...”
“E la congrega ti
lascia dormire sul divano di Camille?”
Davina si
spazientì. “Ho tenuto la bocca chiusa per evitare problemi. Che cosa vuoi,
Klaus? Un incantesimo? Dillo a chiare lettere, invece di venire qui con le tue
finte scuse. Non ti dispiace di averlo fatto e se… se…” Che nausea, le girava
tutta la stanza…
L’aveva capito
prima di lei che era malata ma perché rivelarlo? Era più divertente stare a
guardare… e oplà! Infine gli era caduta fra le braccia - per un motivo diverso
- ma il cliché era stato rispettato. Davina aveva avuto un cedimento minimo ma
sufficiente ad impedirle di protestare, si era lasciata prendere in braccio e
depositare sul divano. “Il numero del medico?”
“Non ce l’ho…”
Poco male. Avevano
una pediatra piuttosto carina piena di cerotti colorati per i bimbi e caramelle
con i papà single...
Tlack!
… e la padrona di
casa era tornata al momento giusto. Camille restò interdetta quando lo vide. “Klaus,
che cosa abbiamo detto sulle visite non annunciate?”
“La tua coinquilina
sta male.”
Cami aveva posato
libri e borsa e dopo uno sguardo alla ragazza, si era adombrata. “Telefono al medico ma devo andare ad un
seminario per ottenere crediti in più, fra un’ora. Puoi restare con lei fino al
mio ritorno?”
Klaus aveva alzato gli occhi al cielo,
mugugnando ciò che Camille aveva interpretato volontariamente come un ‘sì’.
“Dio te ne renderà merito” aveva scherzato con
un colpetto sulla spalla. “E sii gentile con lei, sta passando un brutto
momento.”
°°°
Stava davvero male se non commentava l’affido
costretto.
La sua situazione
finanziaria faceva acqua da tutte le parti e una volta arrotondato per eccesso
le spese principali - più le ‘varie ed eventuali’ – persino Klaus aveva stretto
le labbra pensando che le ci voleva un miracolo… o un bonifico sostanzioso. “Posso
insegnarti ad ingannare lo Stato e a versare meno tasse. Godo fisicamente
quando riesco a raggirare quelli del Fisco. Hai mai sentito parlare dei ‘conti offshore’?”
Davina aveva mosso
impercettibilmente la testa. Perché non chiudeva la bocca? Il medico sarebbe
mai arrivato? “Posso rinunciare alla macchina…”
“M-mh” disse
depennando voci molti voci dall’elenco. Sempre troppo alto. “Come tuo
commercialista, posso suggerire una strategia finanziaria? Accetta un prestito
vincolato ad un tasso d’interesse che puoi permetterti.”
“Sono indigente,
non ancora disperata…”
“Elijah sta
sbloccando i fondi di Marcel, ergo se mi dichiari tuo tutore legale posso
versarti i soldi direttamente su un conto corrente intestato.”
“Il cavillo
burocratico eravate voi?!” esclamò con un singhiozzo irritato che le attraversò
il cranio e aggravò la sensazione di pesantezza e ossa rotta. “Se Camille non
mi avesse ospitato, sarei finita al ricovero dei barboni!”
“Quando circondi
una città, blocchi gli approvvigionamenti” dichiarò incrociando le dita delle
mani. “Ho un’agenda alta così con la lista dei favori che ti devo, l’hai
volontariamente scordato?”
“Mi hai detto di
andarmene e di non disturbarmi a tornare” sussurrò tirando via la coperta dalle
spalle. “Ho solo ubbidito ad un tuo ordine.”
“Sono due cose
diverse, cuoricino. ”
“Taci, mi fai salire
la febbre!”
I capelli
scoprirono il collo e Klaus sentì l’acquolina in bocca che seppellì il
raziocinio sotto una badilata di terra. Tutto quell’istinto a mordere e a fare
del male non lo aveva mai avuto e di notte, nell’ora più buia, gli sembrava di
perdere la ragione. Si trasformava, nella speranza di riprovare il dolore che
lo annientava, togliendogli le forze e la coscienza. Non funzionava mai.
La piccola mano
passò sui morsi, Klaus la vide e quel qualcosa che si agitava incessante, lo
azzannò. Il corpicino fu tirato fuori dalle coperte, la via riaperta. L’urlo giunse
da una terra lontana. Ne udì solo l’eco, come se fosse mille metri sott’acqua.
Il succhiare diventò un lappare, il suo singhiozzo un pianto senza forze, ma il
corpo… morbido, caldissimo, senza protezioni… la mano strinse prima un seno,
poi l’altro e un sussulto diverso lo contorse. Le unghie lo graffiarono mentre
scendeva, si intrufolava e cercava. Implorava il suo nome mentre le tormentava
le labbra con le dita, il tocco
umido della lingua gli bagnava i polpastrelli e lasciava una scia umida sulla
guancia accaldata e altrove, il piacere montava e ad ondate la attraversava,
scombinando le parole. Klaus le girò la testa e la baciò, invadendo tutti gli
spazi consentiti e creandone di nuovi. La carne bagnata di lussuria si contorse
violentemente più e più volte, il corpo rimpicciolì e svanì e tutto si fermò,
tranne lo scrosciare impetuoso del sangue e i singhiozzi disperati di chi ha
subito un’ingiustizia non conoscendone la causa. E nel mezzo, il piacere di
aver fatto qualcosa che si vorrebbe,
con qualcuno che non dovrebbe.
C’era un tempo in
cui le donne che ti piacevano le potevi comprare all’asta a poco prezzo, e
spedire nelle piantagioni a morire di stenti, quando ti avevano annoiato. Era
una consuetudine tra i padroncini delle colonie. E le gemelle haitiane… ah, che miele la loro pelle…
“Come pagherà le
tasse scolastiche, l’assicurazione della macchina e tutte le altre spese? Con
le mance da cameriera? Il suo capo è un ladro, lavora sottopagata.”
E dimenticava di
indicare il soggetto del monologo, ma non era difficile capire a chi si
riferisse. Elijah scivolò le dita fra le pagine di un libro fotografico: tipico
di Klaus tormentarsi per mesi e tutto d’un botto, passare altrove. La salma di
Elena Gilbert era finalmente fredda, ringraziando dio. “È più forte di te. Se
trovi un cucciolo abbandonato, lo raccogli.”
“O lo finisco”
rispose sollevando una pila di libricini. “È una sciocca. Finirà a vendere
pozioni magiche agli angoli della strada.”
°°°
E dopo il richiamo
del Preside e la borsa rubata al parco con la paga settimanale che aveva
dimenticato di depositare… “Mi hanno licenziata.
Finirò a vendere pozioni magiche agli angoli della strada, Josh…”
“Appronto il
banchetto e i piattino delle offerte. In quale angolo della strada ci
mettiamo?”
Davina si infilò
sotto il braccio del ragazzo, sorridendogli riconoscente.
“Non è tempo di
toglierlo, quell’affare?”
Gli occhi di Davina corsero al braccio costretto
nel tutore. “Ancora qualche giorno.”
Era rimasta indietro mentre Josh
frugava fra gli scaffali della libreria. Aveva guardato i titoli senza vederli
e come sempre, quando ci ripensava, provato quella fitta violenta che veicolava
il piacere. Aveva scoperto che il sangue degli ibridi guariva le streghe. Sapendolo,
l’avrebbero messo a scolare. Non poteva sbarazzarsi del tutore, doveva
mantenere la facciata.
In quel momento, Josh la indicò con la costina del libro. “Ora vedi tutto
nero ma se ci pensi bene, quel tipo era uno stronzo e ti pagava una miseria.”
Per ‘mantenere la
facciata’ era stata costretta a rimanere a letto tre giorni. Saltando i turni,
era stata licenziata. “Ne troverò un altro” aveva deciso facendo spallucce.
“Vado nel reparto musicale.”
“Mh… non lo farei fossi in te…”
bisbigliò dando le spalle alla corsia. “L’odio della tua vita è qui e tanto
perché tu lo sappia, è stata colpa mia se ti ha trovato. Gli ho detto che stavi
da Camille.”
“Perché?!” eruttò e
una fiammata di imbarazzo e urgenza l’attraversò tutta.
“È il boss. Quando
hai un problema vai dal boss, l’ho visto in quel film sulla mafia.”
Era colpa sua,
l’aveva trascinato ad una retrospettiva all’Odeon ed era rimasto affascinato da
il Padrino. “Chi altri lo sa, a parte
Aidan?” insistette riducendo al minimo la voce.
“Nessuno… ma non è giusto che tu sia ridotta così e che lo
stronzo l’abbia fatta franca!” bisbigliò.
Davina alzò il
pugno destro, abbattendolo sul suo braccio. “Questo ti frutterà una fornitura a
vita di orsetti gommosi!” sibilò e la pelle d’oca le ricoprì la schiena quando
la faccia di Josh assunse un’espressione
terrorizzata. Fantastico, non era pronta. Ma quando mai lo sarebbe stata?
Klaus l’aveva
fiutata fin dal suo ingresso ma, ancora prima, l’aveva vista attraversare a
strada con l’amichetto di scorribande. Assaggiare il frutto proibito l’aveva
calmato innaturalmente, ma si chiedeva cosa avrebbe fatto quando l’effetto
fosse svanito o la strega avesse attraversato la sua strada. Ed eccola lì,
furibonda ed eccitata, a tentare di incenerirlo con i suoi occhi da basilisco. Le
aveva ucciso tutte le fantasie romantiche e forse lo odiava più di prima… ma l’avrebbe rifatto presto se insisteva a guardarlo
con quel musetto dal basso del suo metro e sessanta!
Davina aveva
infilato la mano sotto il braccio di Josh e
abbandonato la corsia. Avevano mantenuto entrambi le apparenze. Chi avrebbe
immaginato quel che era accaduto, appena tre giorni prima?
///
Trenta giorni dopo,
quando il lucchetto era stato divelto, e la porticina spalancata, insieme
all’odore di vernice erano fuggiti anche i demoni. La latta di trementina era
rimasta aperta, i pennelli erano da buttare. Davina aveva gettato vernice nera
sui quadri rovinati e atteso che asciugasse, per dipingere le sue visioni con
un bianco sfavillante che, nei punti meno secchi, aveva acceso di grigio il
contorno. Poi aveva scagliato il pennello sul pavimento. Lo aveva visto o ne
aveva sentito parlare.
Saranno Cento ed Una. E quell’Una dimorerà fra
questa Terra e l’Altra e terrà aperto il Passaggio.
Trasognata, aveva abbandonato i docks e quando aveva ‘riaperto’ gli occhi, il cancello
della dimora degli Originali con il sigillo dei Mikealson
si era spalancato di fronte a lei. Stessa sorte aveva subito il portone. Era
avanzata attraverso il salotto, Hayley si era
affacciata dalla balconata chiedendo spiegazioni e Davina si era fermata. Aveva
visto persino Klaus agitato. Temeva venisse per lui? Per raccontare le sue
prodezze? Davina l’aveva ignorato e poi aveva chiamato Kol
che già l’aspettava perché era stata lui ad evocarla come il fantasma di una
vita passata. Era entrato nella sua mente, il bastardo. Inaccettabile!
“Lo chiederò gentilmente. Se otterrò un ‘no’
come risposta, ti rivolterò contro tutte le streghe di New Orleans.”
Kol aveva riso, con quel risolino ironico ed
irritato tipico della famiglia Mikealson, si era
appoggiato al legno lucido del corrimano e le aveva detto di fare pure. Se
intendeva rimetterci la vita.
“Bene.”
Dura come la punta di un diamante aveva ordinato
a Klaus di seguirla, il vampiro aveva sbirciato il fratello, seguendola fino
alla strada aperta.
“Mi accompagni a casa? Sono venuta a piedi fin
qui dal porto e sono un po’ stanca.”
Klaus aveva spalancato la porta della macchina
senza dire una parola. Neppure un cenno a quel che era successo mille anni
prima?
“No, non da Camille”
aveva sussurrato ad un incrocio. “Sto nel loft.”
Di nuovo, si era ben guardato dal chiedere,
aveva messo la freccia e cambiato direzione.
°°°
L’aria non era cambiata. Sentiva sempre l’odore
di tempere, e il letto era sfatto. C’erano dei vestiti sopra.
“Kol sta costruendo un
incantesimo mai visto prima. L’ho sentito
e l’ho visto ma quando ho provato a
fermarlo, mi ha cacciato con un incantesimo-sigillo. Ora non posso più entrare
nella sua mente.”
Era stato messo al corrente delle prodezze del
fratello appena il giorno prima. La strega che presiedeva il Consiglio al posto
di Davina, sembrava ben spaventata. “Marguerite ha farfugliato qualcosa circa
un enorme buco nero che ingloba l’abitazione, ma non ho seguito fino in fondo.
Era noioso e senza senso.”
“È l’incantesimo che sta ‘cuocendo’. Da sole non
possono fare nulla per fermarlo.”
“E tu?”
Davina sorvolò la domanda. “Kol
ha detto che ‘saranno Cento ed Una. E
quell’Una dimorerà fra questa Terra e l’Altra e terrà aperto il Passaggio.’ È
un indovinello, dobbiamo risolverlo come abbiamo risolto l’altro.”
“Premi il bottone magico ed interpella la
strega.”
“Ayana si manifesta
quando le pare” mormorò tirando avanti la solita ciocca di capelli. “È per quello
che sei qui: devi mettermi in pericolo.”
Due volte l’aveva toccata e due volte aveva
causato un danno. Klaus ignorò la richiesta sciagurata. “Mi è stato ‘suggerito’
di tenerti molto vicino. Le streghe temono un nuovo coinvolgimento amoroso con
mio fratello.”
Non sapevano tutta la storia. “Perchè dovresti farlo tu?”
“Sei giovane, facilmente influenzabile e pensano
che basterebbe qualche moina per piegarti” spiegò, sorridente. “È quell’aria da
cucciolo a forviarle, non conoscono la bestia come la conosco io.”
Si era sbattuta per mesi per ripristinare un
equilibrio che quella stronza di Genevieve aveva
fottuto e questo era il bel ringraziamento? Davina si sentì tradita e per un
lungo momento le mancò il fiato.
“Segui il consiglio del tuo nemico più sincero”
mormorò, porgendole la mano. “Accetta di stringere un’alleanza che ti porterà
più vantaggi di quel che credi. Quando una donna con delle necessità incontra
un uomo che non ha alcun interesse a renderla infelice e che soddisferebbe ogni
suo desiderio, l’accordo è fatto.”
Davina lo fissò senza battere ciglio ma col
cuore in tumulto.
“È un gioco di potere, cuoricino. Vince chi
stringe più alleanze.”
“Se Kol porta a
termine quell’incantesimo, avremo altro a cui pensare” disse e si allontanò dal
vampiro senza alcun motivo, se non per muovere le gambe che sentiva pesanti
come l’animo. “Non me ne andrò in giro a far finta di essere la tua amante. Ho
già detto cosa ne penso e come mi fa sentire.”
“Le streghe sono
senza leader e tu non hai mostrato doti di comando o interesse alla causa. Devi
assurgere al potere, Davina. È l’ultima cosa che si aspettano da te.”
Ed Eva era stata
tentata dal serpente con lo stesso tono di voce. “Tu cosa ci guadagni in
questo?”
“So riconoscere quando una donna – o un uomo - vale davvero qualcosa. Sei
giusta, cauta, intelligente, piena di risorse e bellissima. Te la caveresti
anche in mezzo al deserto senza un goccio d’acqua. Hai un sangue freddo
invidiabile. Sei nata per regnare” disse analizzando le lenzuola stropicciate.
“E hai molto buon gusto.”
“Le ho trovate nell’armadio di Marcel” sussurrò, distratta dalla valanga di
pro e contro che le affollavano la testa. “Vuoi il controllo delle streghe senza
l’onere del comando.”
“Continuiamo a ragionare in termini affaristici. Tu ci metti il potere, io
il nome e i fondi” sospirò stropicciando un cuscino e gettandolo con noncuranza
sulla coperta. Ah! Che comodità! Klaus sospirò ancora e chiuse gli occhi,
portando le mani dietro la testa. “Mi piace fottere la gente al suo stesso
gioco e nessuno può dirmi chi devo o non devo ospitare nel mio letto… con me al tuo fianco, nessuno oserà alzate di testa
o improvvise detronizzazioni.”
“Non si detronizza una regina che non governa” mormorò gettando un’occhiata
lunga al vampiro sdraiato. Davina si allontanò ancora. “Troverò una soluzione
alternativa, non lascerò che tuo fratello pisci sul mio territorio.”
Klaus rise sommesso. “Ha… pisciato sul tuo territorio…”
“Inaccettabile” sospirò. “Non
posso più entrare nella sua mente, ma lui può entrare nella mia. Non mi piace e
lo permetterò. Devo proteggermi da lui” disse, guardandosi intorno in cerca di
un oggetto appuntito. “Dammi la mano.”
“Quanto sangue hai intenzione di cavarmi fuori,
strega?” domandò annoiato, allungando il braccio. La carne si aprì, spillando
sangue. Davina succhiò direttamente il sangue dal polpastrello, sussurrando a
fior di labbra.
Quando ebbe finito, Klaus le toccò il mento, voltandola
verso di se. Le dita le sfiorarono la bocca. La vampata di calore si allargò
nel ventre e risalì al viso. Il battito del suo cuore gli riempì le orecchie.
Non era paura. “Fallo un’altra volta ed io ti violento” sussurrò aprendole le
labbra col pollice e toccando la parte carnosa e molle che le portò via un
gemito. La durezza le scivolò di dosso come una cappa che la proteggeva dal
freddo. Il tremore la scosse fino alle ossa quando il vampiro la trascinò su di
se e poi sotto di se, bloccandola parzialmente.
“Non puoi sopportare la pressione del comando
ventiquattrore al giorno. Nel letto, lasciati andare” bisbigliò accarezzandole
di nuovo la bocca e seguendo affascinato le sue reazioni. Non baciarla sarebbe
stato considerato un ‘atto ostile’ in quell’alleanza appena nata.
Davina gli circondò il collo con le braccia e un
calore imbarazzante si riversò fuori da lei. Poi, il secchio d’acqua gelata.
Ed Elena?
Aveva udito bene il nome che aveva appena
pronunciato, la disgraziata? Allontanarlo con un bastone elettrico sarebbe
stato meno fastidioso ed irritante. “Limitiamoci a seguire un piano comune,
strega. Tutto il resto sono stronzate. Possiamo farne entrambi a meno.”
Davina lo osservò infilare la giacca e la porta senza
battere ciglio. Si mise a sedere e inclinò leggermente il capo. Ma che cavolo…?
///
“Conosci Klaus, è capace di usare tutti i pezzi
della scacchiera per ottenere quel che vuole, ed Elena l’ha trattato alla
stregua di un pedofilo quando è venuto fuori il tuo nome.”
Il cioccolato aveva ormai raggiunto la
temperatura giusta per essere bevuto senza ustionare la lingua. Davina posò il
mento sulle mani, rimestando piano col cucchiaino: ma Elena non usciva con il
fratello del vampiro morto, alla sua età? “Lo scellerato pedofilo mi ha
cacciato di casa la sera in cui avrei dovuto fare l’incantesimo della Luna
Piena, solo per un’impressione non supportata da prove.”
Hayley annuì, dondolando su e giù la bambina. Kol non aveva risparmiato i particolari. “Lei ha detto
qualcosa di troppo e lui ha detto basta.”
Per forza. L’unica volta in cui si comportava
bene e veniva guardato con sospetto! “Tosto, il ragazzo.”
“Posso darti un consiglio spassionato? Accetta
la sua proposta. Non è malvagia e quelle stronze hanno bisogno di abbassare la
cresta” mormorò sporgendosi avanti. “E poi ci siamo noi lupi a guardarti le
spalle.”
Davina tentò di sorridere. Le riuscì male. “Sono
la strega Alfa della città, non può piombare dal nulla e usurparmi il titolo.
Seppellirò quel borioso sputasentenze, fosse l’ultima cosa che faccio.”
“Non penso che Klaus ed Elijah la prenderebbero
bene. Dagli una lezione, rendilo innocuo ma non ucciderlo.”
“Dico tanto per dire, non lo farei mai” soffiò
bevendo una sorso di cioccolata.
“Il tuo nuovo ruolo non te lo permette. Devi
stare attenta alle parole, tesoro. È la prima cosa da imparare.”
Erano parecchie, le cose da imparare. “Tu dimmi
cosa devo fare e al resto penserò da sola.”
“Non posso insegnartelo. Devi trovarti di fronte
al problema ed agire di conseguenza.”
Temeva la risposta che, puntuale, era giunta. “Questo
incantesimo è solo una ripicca” borbottò. “L’ha lanciato per colpa mia, Hayley. L’ho gestita male fin dall’inizio…
ho allontanato Kol per proteggerlo da Klaus, per
evitare che minacciasse lui per costringere me, ho dimenticato che ha avuto
mille anni di tempo per farlo fuori e me la sono presa a morte quando ha
cercato consolazione con un’altra…”
“Kol è più sportivo
dei suoi fratelli. Non è stata la buca a farlo arrabbiare.”
“Una sera ho protetto Klaus dai suoi incantesimi… sai com’è… se muore,
anche i miei amici muoiono…”
“I ragazzi non sono come noi. Hanno bisogno di
fare a cazzotti, ogni tanto” mormorò, facendo spallucce. “Lui ti piace.”
Davina nicchiò. “Qualcosa si annida e striscia
nell’ombra ma preferisco lasciarlo lì… mai piaciuto
infilare le mani nei posti bui.”
“Fra poco c’è la Festa delle Benedizioni, non
puoi presentarti sola.”
“Non ho bisogno di un accompagnatore, e non
voglio che tutte le persone della festa si riferiscano a me come alla sua
amante” sussurrò, circospetta. “Ho sentito quel che ‘non’ dicevano di Genevieve e ti assicuro che la gente è davvero molto
cattiva, Hayley.”
“No, non pensavo a questo” mormorò seguendo lo
svolgersi del pensiero. “Che ne dici di ‘fidanzata’?”
°°°
“Non è divertente neppure sapendo che è uno scherzo!”
“Una chiacchiera si esaurisce presto ma una notizia del genere fa il giro
della città tre volte!”
La proposta di Hayley
le aveva tolto le parole di bocca a trasferite tutte in quella di Klaus. Sbraitava
da dieci minuti e francamente era stanca di udirlo. Iniziava ad essere
offensivo. “Sentite, ho dovuto fare una relazione sugli usi e
costumi del diciannovesimo secolo, pochi mesi fa.” Davina si zittì e si accorse
che anche gli altri avevano smesso di parlare. “I matrimoni d’amore si
svolgevano per lo più fra le classi inferiori, un ‘lusso’ che l’aristocrazia non
poteva permettersi perchè c’erano sempre fattori
economici e politici nel mezzo” mormorò con un sospiro interno. “Hai gettato
sul piatto le stesse cose. In pratica, mi hai chiesto di ‘sposarti’.”
“Lungi da me l’idea di osare tanto” replicò sarcastico.
“Mesi fa, la tua prima reazione è stata quella
di cacciarmi, neppure avessi visto il diavolo. Non hai pensato un solo momento
che inimicandoti me, avresti messo a rischio la tua posizione” replicò, voce
dura. “Non farlo contrariandomi con un rifiuto, Niklaus.”
Klaus smise di piantare il dito sulla scrivania
e la guardò. Azzardava tanto?!
“Una donna dovrebbe essere intima col proprio
uomo” sussurrò guardandolo con la coda dell’occhio. “Dovrai anche sforzarti di
essere cortese con me, altrimenti chi ci crederà?”
“Non ci crederà nessuno, infatti” sibilò,
sporgendosi avanti. “Scendi dalla mia scrivania!”
In risposta, Davina accavallò la gamba e lo
fissò con aria di sfida. Le labbra carnose accennarono un irritante sorriso.
“Lealtà, non chiedo molto. Quando la mia posizione sarà consolidata, potrai
tornartene ai tuoi meschini affarucci e alle donnette
da quattro soldi.”
“Questa era perfida anche per te.”
“Ricalcando le parole di una certa persona, io ci metto il potere, tu il
nome e i fondi.”
“Mai! Non lo farò mai!” esclamò battendo il pugno sul tavolo. “Te ne puoi
andare al diavolo per quel che mi riguarda!”
“Klaus, è solo una finzione. Perché ti scaldi tanto?”
“Taci, donna. Non darle altre idee” borbottò alzando una mano per
interrompere Hayley.
Non avrebbe sopportato oltre. Davina scese dal tavolo e lo aggirò,
fermandosi di fronte alla sedia del vampiro che girò su se stessa appena diede
l’ordine. Klaus dirò indietro la testa e la guardò con arrogante cipiglio.
“Andrò a quella festa con o senza di te. Ma cosa dirà Marguerite quando mi
vedrà sola? Dirà che Klaus Mikealson ha fallito un compito tanto semplice come
sedurre una ragazzina.”
“Non c’è alcun vanto nel farlo, sai?”
Davina inarcò un sopracciglio. “Non lo so, dimmelo tu.”
“Non chiederò scusa per qualcosa che mi è naturale fare, essendo per metà
vampiro!”
Ed il resto a chi lo doveva imputare? Alla sua metà mannara?! Il pugnetto di Davina si schiantò all’incrocio della spalla
del vampiro che non indietreggiò di un centimetro. In compenso, sentì il polso
andare in fiamme.
Eccola lì, l’oltraggiata irritazione che non aveva manifestato la sera
della presa. Non era odio ma ci
andava vicino.
“Parlatene fra voi, io non voglio saperne nulla.”
Quando la porta si chiuse dietro Hayley, Davina
fece un passo indietro, le labbra serrate. Non voleva tirar fuori l’argomento,
non ci pensava quasi mai, tranne le volte in cui era giù di morale e aveva
bisogno di sentire ‘qualcosa’ che la facesse arrabbiare quel tanto che bastava
a tirare fino in fondo la giornata. Era sempre stata sola, perché ora le pesava
tanto? “L’idea non è stata mia ma di Hayley. Non mi
piace e non mi sento a mio agio, ma se fingiamo di andare d’accordo, il dubbio
nascerà.”
Erano d’accordo sucose. Anche sul
non voler parlare di quel che era accaduto. “È questo che vuoi? Un finto
fidanzato da sbandierare alla festa?”
“Preferirei restare a casa a mangiare orsetti gommosi, ma sembra che una
regina debba fare anche scelte impopolari.”
“Non darti le arie, cuoricino. Non sai giocare a questo gioco. Se lanciamo
la bomba, sarà difficile uscirne illesi.”
Perché continuava a ripetere tutte cose che non voleva udire mai più? “La
monarchia non da peso alle chiacchiere del popolo” replicò, alzando il mento.
“Ci stai o no?”
///
“Il prete è solo un buffone che hai ingaggiato a Las Vegas, spero.”
“No, è un prete vero. Anche i documenti del Comune sono veri. Ho ritoccato
la data di nascita, posso passare per uno di trent’anni?”
“Quanti ne avevi quando…?”
“Va a sapere” rispose con un sbuffo. “Strega, sei là dentro da più di
cinque minuti, non ce ne vogliono così tanti per tirare su una zip.”
Ce ne aveva messo uno, e il resto del tempo l’aveva impiegato a guardarsi.
Non era il solito vestito da
strega benevola, non era tenuta a vestire di nuovo come una ridicola
bomboniera. Hayley mise la testa dentro il camerino e fece un ‘wow’ senza emettere alcun
suono. “Ti sta una bomba.”
Davina nicchiò di fronte allo specchio centrale, le mani sui fianchi. “Mh… non so... deve urlare ‘Sono la regina delle stronze’, questo a malapena sussurra.”
Le donne iniziavano la scalata al successo partendo sempre dagli accessori, pensò Klaus con la testa seppellita nelle
scartoffie. Sospirò e divise i documenti. “Allora…
patente, carta d’identità, tessera sanitaria… queste
cose si fanno anche online, cuoricino” mormorò con un’occhiata sfuggente. La
mente registrò ‘pizzo nero su pelle lattea’ e si bloccò sulla terza marmorea
che tendeva la seta nera.
Davina si voltò completamente e alzò le
sopracciglia. “Mi sta bene o sembro solo un grasso maiale strizzato in un
vestito troppo piccolo per respirare?” disse e gettò uno sguardo alla piccola Hope, al sicuro nel passeggino.
Non sarebbe caduto nella trappola con gli
alligatori. Klaus le gettò un’occhiata e continuò a dividere i documenti.
“Forse ci vuole una taglia in più” propose Hayley.
“Sono grassa?” domandò inquieta e la bambina le
sorrise e si sporse avanti.
“Per le gemelle.
Chiamo la commessa.”
Preferiva ordinare il costume di Malefica
online. Davina sollevò l’attestato dell’anagrafica e fece una smorfia. “Perché perdi tempo con questa roba? Dovremmo organizzare la mia scalata, non
ritirare le analisi del sangue” disse sbirciando un altro foglio.
“È lo stesso terrore che provo sapendo che mio padre è a piede libero…” sussurrò più a se stesso che alla ragazza. “Se
Marcel fosse qui, gli chiederei di
trafiggermi con entrambe le spade che tengo in salotto.”
“Non ci arriveremo mai all’altare, moriremo tutti prima.”
“Uhm… l’angolo del buonumore anche oggi…”
“Klaus, doveva essere una chiacchiera per allertare le streghe, ci dovevamo
limitare a qualche apparizione pubblica e casuale ma hai completamente
dimenticato il piano iniziale e hai comprato l’anello” mormorò sedendo sulla chaiselongue dopo aver fatto pulizia delle
scartoffie. “Mi sta largo e non intendo metterlo. È pesante e vecchio.”
“È antico
e si intona ai tuoi occhi.”
Un’accortezza che solo un fidanzato innamorato
avrebbe, pensò posando le mani in grembo. “Non riesco a starti dietro, se ti
muovi come una scheggia impazzita.”
“Più dettagli saranno curati, maggiore sarà la
credibilità della faccenda. Sei seduta sui documenti che avevi perso.”
Le risparmiava l’inferno della burocrazia
statale. “Grazie” sussurrò, sottovoce. “Odio questo vestito, non riesco a
respirare.”
“Ti invecchia e ti fa sembrare una puttana.”
Davina arrossì di colpo. “Ehi!”
“Non ho il libretto degli assegni con me!” esclamò con aria innocente e la
ragazza lo colpì con la cartellina. “Animale!” soffiò, imbarazzata. “Non è il
modo di rivolgersi alla propria ‘fidanzata’!”
“E vedrai a letto!”
Il tonfo giunse mentre entrava nel camerino. Lo udì imprecare dolorosamente
e anche continuare a ridere. Si era svegliata male, era nervosa e quelle
orribili battute la irritavano e basta. E perché doveva provare tutti quei
vestiti? Davina sospirò e ne sfilò uno dalla stampellina.
Quando tornò allo specchio, il vampiro stava raddrizzando la chaiselonguedal quale era stato violentemente scrollato.
“Molto meglio.”
Davina lo fissò dallo specchio, poco convinta.
La seta era troppo bianca, la schiena troppo scoperta, aveva dovuto rinunciare
al reggiseno a favore del sostegno interno e probabilmente avrebbe dovuto
tirare su i capelli, scoprendo per intero il collo. “Sembra uno di quegli abiti
cretini che si vedono sulle copertine dei romanzetti venduti nelle edicole”
sentenziò scuotendo la testa. “Manca solo il bellone di turno con la camicia
aperta e un cavallo imbizzarrito.”
“Non devi scegliere quel che ti piace, ma quel
che è meglio” disse radunando i documenti e chiudendo la
cartellina. “Per ora.”
“Non ha l’aria da stronza e per proprietà transitiva, neppure io non avrò
l’aria da stronza…”
“Devi sempre mostrare al nemico quel che vuol vedere. Solo dopo potrai
affondare nel cuore fino all’elsa.”
“Possiamo rimandare questa pagliacciata ad un
altro giorno? Non sono in vena di giocare alla bamboletta
innamorata. Mi sento ridicola.”
“Una punta di insicurezza rende la donna
adorabile.”
“Nessuno userà mai ‘adorabile’ per definirmi!”
esclamò tornando nel camerino.
Tritapalle. Doveva essere in uno di queigiorni…
“Ok, la taglia sta arrivando da un altro negozio… e ho trovato lui qui fuori” sussurrò Hayley tornando con un vestito diverso in mano. “Non
litigate.”
“Buongiorno, sposo dell’anno!”
Ed ecco il piantagrane a peggiorare la giornata.
“Che vuoi, Kol?”
“Sarò uno dei testimoni ma non ho ancora avuto
l’occasione di congratularmi con la sposa per l’infelice scelta. Come puoi
buttarsi via così?” borbottò con aria da farabutto e Klaus lo guardò appena.
“Oh, sia chiaro. Non voglio intromettermi. Voglio solo augurarvi tutta la
felicità del mondo per tutto il tempo che vi sarà concesso di vivere.”
La minaccia non era per nulla velata…
La porta del camerino si spalancò senza che
nessuno la toccasse, Davina lo guardò dall’alto in basso e alzò il mento. “La
qualità degli acquirenti è scesa di colpo.”
“Non sono venuto per comprare ma per
consigliare. Se ti sentissi sola e trascurata – e conoscendo mio fratello sarà
proprio così che andrà - fammelo sapere.”
“Non credo proprio” sussurrò, sprezzante e il
respiro le venne a mancare quando Kol la baciò, a
lungo, profondamente e senza esitazioni. Restò in apnea e solo alla fine si
accorse di aver chiuso gli occhi. Quando li riaprì era sparito, ma la sua
espressione riflessa negli specchi, faceva un baccano indiavolato.
///
L’umore basso non era migliorato neppure dopo la
doccia. La pizza si era freddata, colpa dello stomaco chiuso e dalla confusione
che le frullava in testa. La porta di metallo si spalancò e si richiuse con
frastuono, facendola saltare sulla sedia.
“Passato, il nervoso?”
Era peggiorato in quel momento. Davina lo
ignorò, Klaus fece il giro del tavolo. C’era un debole odore di sangue,
nell’aria. Lo fiutò e per un lunghissimo istante la testa si svuotò da ogni
pensiero. “Devo vedere i quadri. Se quello che mi ronza in testa è vero, c’è
poco da stare allegri.”
Davina aprì il lucchetto e spalancò la
porticina. “Divertiti” disse monotono, tornando alla pizza fredda.
‘Stronzo’ suonava allo stesso modo. Klaus la
guardò, poi si dedicò alla stanza. I colori erano secchi e finiti. Non aveva
più materia prima. Pittura bianca su una tela che era stata completamente
dipinta di nero? “Chi stai cercando di riportare indietro?”
“Non lo so” borbottò. “L’ho visto, non ricordo
dove.”
“Fammelo vedere.”
Davina sospirò e lasciò cadere il pezzo di pizza
appena morso. “’Per favore’, ‘grazie’… non sai proprio dove stanno di casa,
eh?”
Klaus si sentì fluttuare all’indietro e poi
scagliare avanti. Era puro e soffocante nulla. Ti stritolava il cuore, facendo
uscire il dolore e le lacrime. Ti riportava nel grembo materno. Indietro finché non
avevi più
Coscienza.
°°°
Il confortante vuoto si trasformò nel freddo pavimento del loft quando si svegliò. Davina era
ancora seduta al tavolo, il pezzo di pizza era ancora lì.
“L’hai visto?”
“No, ma ho capito chi è” borbottò, alzandosi a sedere con un colpo di reni.
“Damon Salvatore, il fidanzato di Elena.”
Ma non era morto?
“Kol sta cercando di ricreare l’Altro Lato, sacrificherà cento e una strega per aprire il varco.”
“M-mh” mugolò e il
coltello vibrò contro la pelle sottile del polso.
Klaus vide solo una smorfia e nient’altro: aveva
gli occhi di ghiaccio. “Ma che fai?”
“Risveglio la strega” mormorò e le dita si
contrassero con uno scattino. “Fa male, però…”
Il singhiozzo del cuore lo colmò fino all’orlo.
Klaus le saltò addosso, azzannandole il collo. Lappare la ferita aperta non gli
dava alcuna soddisfazione, doveva mordere, possedere e violare. Il corpicino
disarticolato gli ciondolò fra le braccia, poi il sangue smise di scorrere e una
mano leggera gli toccò il viso, rialzandolo.
“È lei, la strega… è
l’unica abbastanza forte da tenere aperto il passaggio!” rantolò e i contorni
offuscati della strega Ayana si sommarono a quelli di
Davina. “Fermalo. Al resto penserò io.”
La vena si lacerò nello strappo dei denti e il
sangue le fiottò in bocca. Un singulto roco dietro gli occhi velati di morte e
la contrazione dei muscoli la spezzò, come un sospiro che si interrompe a metà.
°°°
Le luci fluorescenti delloft erano tutte fuori uso tranne una,
coperta da una pashmina colorata a scaldare l’immenso
spazio. Klaus la studiò, poi guardò la ragazza che dormiva. Il cuore di Davina
batteva costante e regolare. Il suo, invece, alternava galoppate furiose ad
assenze cosmiche che gli facevano temere di non essere più su questa terra. Il
senso di colpa lo sopraffò, togliendogli il respiro. Che cosa aveva Davina
Claire che bramava a tutti i costi? Non il suo corpo, poteva averne di più
belle e seduttive; non la sua innocenza che reputava
tediosa ed degna di un romanzetto di quart’ordine. In altri tempi, l’avrebbe
piegata a suon di frustate e si sarebbe sbarazzato di lei gettandola in pasto
ai cani… ma sembrava che in quella parte di mondo non
si facessero più certe cose, ed esprimerle ad alta voce era considerato
sgradevole e di cattivo gusto.
Davina Claire era arrogante, presuntuosa,
saccente e non accettava la parola ‘no’ come risposta. Era come guardarsi allo
specchio. Un po’ la detestava.
Riaprì gli occhi quando l’alba tagliò le alte
vetrate e la luce aranciata si diluì. Ne aveva fatti, di appostamenti, mai
nessuno così stressante. Klaus la scoprì voltata dalla sua parte, le palpebre
ancora abbassate. Un sussulto veloce del cuore, un respiro ed ecco… era sveglia.
Davina guardò i polsi, tastò il collo ed infine
guardò lui, dietro le lunghe ciglia nere ancora aggrottate. Qualche secondo
dopo, Klaus fu scagliato fuori e la porta serrata con tripla mandata. Il
vampiro smise di ruzzolare sei metri dopo. Giacque sul mattonato dei docks e dopo aver sospirato, si rialzò a sedere. Per lo
meno, non gli aveva dato fuoco…
°°°
… non almeno ancora.
“Ti sposi ed io sono l’ultima a saperlo?! Chi è
questa Davina Claire? Mi ricordo solo una ragazzina che faceva incantesimi per
te con quel nome! Mi fai entrare o devo restare sotto la pioggia?”
Tipico di Rebekah
presentarsi di buon ora e fare un sceneggiata sulla porta d’ingresso,
sbattendogli in faccia la partecipazione di nozze che era sicuro non aver mai
ordinato ne spedito. “Non piove.”
Rebekah lo scansò con una spallata. “Perchè diavolo lo fai?”
“Abbassa la voce, Hope
sta dormendo.”
Rebekah voltò su se stessa, planando sul divano con una
mossa elegante. “Di cosa si tratta? Alleanza politica? Davina Claire non era
una delle Ragazze del Raccolto?”
Lo scherzo di Kol
sarebbe ricaduto sulla sua testa. Bei caratteri, però. Klaus schiaffeggiò la
punta delle dita col cartoncino e lo gettò con noncuranza sul tavolino di
cristallo. “La più potente.”
“E dove vive, questa meraviglia di fidanzata?
Voglio conoscere la donna che ha accalappiato il più indomabile dei miei
fratelli.”
///
“Pensi di trovare qualcosa di utile, qui?”
La stanza segreta dello zio di Camille era colma
di oggetti magici, ma quel che le serviva era tenuto al sicuro nella cassaforte
dei Mikealson. Si poteva contrastare un incantesimo
di Espressione? Il buco nero era sempre lì, si allargava come una macchia
d’olio e Davina non aveva idea di cosa fosse fatto. “Ora ci credi che non sono la smaniosa ninfetta
del tuo Freud?” domandò con voce bassa e stanca.
Camille si appoggiò alla libreria con la spalla e la
polvere le sporcò il golfino. “Hai frainteso la mia analisi. Quando Kol ha cominciato a corteggiarti, contemporaneamente hai
vissuto la loro storia. Conoscendo il carattere di Klaus, hai trasposto la tua
figura a quella di Elena per attuare una proiezione del tuo futuro con il
fratello.”
Si era comportata male con Kol ma le scuse, a quel punto della storia, sarebbero valse
a ben poco e non avrebbero portato a nulla. Aveva tenuto il punto per troppo
tempo. “Non sono a mio agio in questa bugia. Mi sento…castrata nella mia capacità di farcela
come donna e come componente attivo della società.”
Le era piaciuta proprio, quella parte. “Non
vorrei allarmarti, ma questa è arrivata stamattina.”
La donna rovistò nella borsa e tirò fuori la
partecipazione di matrimonio. Davina gelò e sentì una punta di nausea salire
alla gola. Come osava prendere quelle decisioni senza di lei?! Il cartoncino
bruciò all’improvviso e Camille lo guardò ridursi in
cenere sul pavimento. “Va meglio, ora?
No, ma nessuno poteva dire di aver ricevuto
l’invito al matrimonio, quella mattina.
///
“Niente trucchi o dichiarerò vinta la partita a
tavolino.”
Klaus scrocchiò le dita. La costruzione del Jenga aveva ormai
raggiunto una notevole altezza ed era sempre più instabile. Ma perché avevano
quella roba in casa? Quando l’avevano comprato e chi si era macchiato del
terribile delitto? “Rendiamola più interessante. Chi perde paga pegno.”
“Sono già ricca” rise, schiantando il cartoncino
macchiato di caffè sul tavolino. Usarlo come sottotazza aveva chiarito cosa ne
pensasse Klaus dello scherzo di Kol. “Oh, scusa!”
Il blocco venne via e Rebekah
trattenne il respiro. Si muoveva…dondolava…
ed infine... “Cadeee!” esclamò come se si trattasse
di un albero nella foresta, ridendo e saltando in piedi. “Ho vinto per la
settima volta! A-ah! Sei un sega!”
“Un’altra. Ma stavolta comincio io.”
“Inizia pure, la fine sarà scontata…
ehi!”
Piccole fiamme avvolsero la partecipazione,
riducendola ad un ammasso fumante di cenere. Rebekah
lo indicò col dito. “La tua finta ragazza non ha gradito lo scherzo di nostro
fratello.”
Hayley si affacciò dalla balconata in quel momento. “È
appena divampato un piccolo incendio sulla tua scrivania. Ne sai qualcosa?”
Ehi sì, ne erano avanzate un po’ e Kol si era assicurato di gettarle con noncuranza fra le sue
carte. Da ciò deduceva che ogni documento legale riguardante il matrimonio
fasullo era andato distrutto. “L’estintore è alle tue spalle.”
Poi accadde tutto così rapidamente che Rebekah non capì chi fosse l’ospite non annunciato, e
perché suo fratello fosse improvvisamente volato contro il camino. Sentì solo
un gran sbattere di porte e portoni, una folata di vento da strappare i capelli
e l’urlo agghiacciante di dolore di Klaus.
Aveva detto che preferiva essere trafitto dalle
spade che popolavano lo stemma, l’aveva accontentato. Davina aggrottò la fronte
e le lame affondarono fino all’elsa. Quando tirò indietro il braccio, le spade
fuoriuscirono dolorosamente dal torace del vampiro e caddero a terra con un
forte rumore metallico. Il corpo stramazzò sul tappeto, agonizzante e le fiamme
gli lambirono la schiena, crepitarono ed esplosero in un incendio vero e
proprio.
Sentiva odore di carne bruciata nell’aria. E
urla. Il suo scherzo non era piaciuto alla sposina dell’anno. Kol rise, afferrò le chiavi della macchina e ruotò
l’anellino attorno al dito. Davina non lo avrebbe ucciso, si sarebbe limitato a
mettergli una paura del diavolo e forse Klaus avrebbe abbassato la testa per
qualche giorno, prima di escogitare una vendetta crudele a discapito della
strega. La cottarella le sarebbe passata e la buffonata che avevano messo su -
per chissà quale ragione - sarebbe crollata come la torre del Jenga. Doveva esserci un piano dietro, non
avrebbe mai creduto che quei due…
“Il tuo stupido scherzo sta costando la vita del
padre di mia figlia! Fa qualcosa e in fretta!”
Usava sempre quella frase quando voleva ottenere
qualcosa. Il padre di mia figlia.
Come se fosse un vanto e un merito farsi ingravidare dal fratello. Kol infilò la giacca con curiosa lentezza, cercando di
occhiali da sole in giro per la stanza. “Usa l’estintore.”
Il fastidio deformò il bel viso di Hayley. “Kol, va bene essere
feriti, va benissimo essere irritati, prendilo a pugno ma spegni quelle dannate
fiamme prima che muoia e noi con lui!”
“Usa l’estintore” ripeté gettando un’occhiata
oltre la balconata.
“L’abbiamo usato, l’estintore!”
Oooh! Fiamme eterne! Ci andava giù pesante, la
piccola. “Ma che brutto litigio fra fidanzati!” esclamò, allegro. “Pensavo ti
avrebbe fatto piacere, celebrare il matrimonio il giorno dopo il tuo
compleanno. Nessuno avrebbe detto che il vecchio porco aveva fretta di
impalmare la verginella.”
Le fiamme si appiattirono di colpo e restò solo
l’odore di bruciato e il fumo nell’aria. Rebekah si
tappò il naso: dava il voltastomaco.
Davina lo guardò senza espressione alcuna, gelida
come un blocco di ghiaccio. “Fai parte delle streghe di New Orleans, ora. Spero
ci onorerai con la tua presenza alla Festa delle Benedizioni.”
Lui l’aveva mai vista spogliata della costruzione
esterna che mostrava al mondo? In un istante breve e violento la gelosia lo
sopraffò, bloccandogli il respiro. “Vedremo. Se non avrò nient’altro da fare” disse
prima di allontanarsi sul vialetto in direzione dell’auto.
Il sorriso falso di Davina sparì e si deformò in
disprezzo. Scavalcò i giocattoli e la torre abbattuta del Jenga, si inginocchiò vicino alla
testa di Klaus e sussurrò a lungo una litania. Non le dispiaceva averlo fatto,
dopo tutto quel che aveva passato ma una vocetta mai
udita prima le suggeriva di usare e sfruttare chiunque e qualunque mezzo per
fermare l’incantesimo di Kol. Si era svegliata con la
sensazione che la sua vita fosse agli sgoccioli, spaventata per l’aggressione
del vampiro e irritata con se stessa per aver permesso che le accadessero tutte
quelle cose. Aveva percepito gelosia nella voce di Kol,
doveva capire come ‘piegarlo’. Per battere l’astuzia di un uomo, serviva la
perfidia di una donna… e un altro uomo.
Klaus tornò in se con un gemito che raggelò Rebekah: la sensazione del fuoco che gli correva sotto e
sopra la pelle era ancora viva e spaventosa.
“Nik, stai bene?!”
“Mica tanto…” rantolò,
scoprendo Davina discosta e lo sguardo freddo.
“Devo prendere il grimorio per studiare il controincantesimo. Dov’è?”
“In cassaforte…”
“Aprila.”
“È aperta.”
“Sei un completo imbecille” sibilò e il ceffone
di Rebekah planò di sorpresa e la mise a tacere.
“Non osare rivolgerti con quel tono a mio
fratello, ragazza del Raccolto! Tu non entri in casa nostra…”
“Bekah stanne fuori!”
“Ma quella strega ti ha…”
“Stanne fuori” ripetè
Klaus ad alta voce, ancora spaventato dalla brutale reazione di Davina ad uno
scherzo stupido. “Non chiedere, non cercare di capire e non commentare. È
peggiore di quel che pensi.”
“Klaus, prendi il grimorio e non farmi perdere
altro tempo. Non me ne è rimasto molto” ringhiò con una lunga occhiata a Rebekah che la fissò immusonita. La vampira strinse gli
occhi, sbirciando il fratello di soppiatto. “Siamo partire col piede
sbagliato.”
Davina la ignorò, guardò la torre di mattoncini
e poi il tappeto bruciato.
“Non sono abituata a vedere una ragazza mettere
sotto Nik. L’ha detto, che sei una tosta.”
Cos’era, l’angolo delle confessioni fra ragazze?
“E che altro ha detto, oltre a tosta?”
“È il tuo fidanzato. Dovresti sapere cosa pensa
di te.”
“Non stiamo insieme.”
“Perché no?”
In nessuno universo parallelo sarebbero mai
stati insieme.
“Quale stronzata ti racconti quando sei nel
letto sola e non riesci a dormire?”
Eh sì. Era proprio la sorella di Klaus. Davina
raccolse un giocattolo di Jope e tirò la cordicella. Quel
suono doveva essere un nitrito?
“Nik ha detto che stai
affogando nel cercare di fare tutto da sola.”
Non affogava, era solo in alto mare. “Nik dovrebbe
farsi gli affari propri.”
“Gli piace risolvere i problemi e tu hai un
mucchio di problemi.”
“Non soffocherò il mio orgoglio per farlo
sentire più uomo.”
“Una donna intelligente sa quando è il momento
di chiedere rinforzi. Tu mi sembri una sveglia…”
“No, grazie” scandì, dura. “Il suo conto è
sempre troppo salato.”
“D’accordo. Allora parliamo di Kol.”
Davina alzò gli occhi al cielo e alla porta
dello studio. Ma quanto ci metteva a tornare? “Noto la somiglianza con Klaus
anche nella raffica di domande dell’interrogatorio.”
“L’abitudine” disse facendo spallucce.
“Vuoi schiaffeggiarmi per aver rifiutato tuo
fratello?”
“Kol è un cagnaccio e
quando viene ferito, diventa crudele. È la prima volta, nella storia della
nostra famiglia, che una ragazza lo rifiuta in favore del fratello maggiore.
Non c’è abituato.”
Non era andata così ma non avrebbe raccontato la
storia da capo ad una sconosciuta.
Rebekah tacque mentre il vampiro tornava col grimorio.
Klaus lo lasciò cadere fra le braccia di Davina che si accorse di due cose: restava
a distanza e non puzzava più di bruciato.
“Bekah, che stai
combinando?”
“Stringo amicizia con la tua fidanzata.”
“Chi ti ha detto di farlo?”
Davina affondò nella poltrona, le gambe
incrociate e il libro in grembo. Portarlo via era escluso, Kol
se ne sarebbe accorto. L’incantesimo di ‘costruzione’ doveva essere demolito,
bastava annullare un ingrediente, magari… ma che cavolo…?! Gli incantesimi di Esther
erano complicati e i simboli le ballavano di fronte agli occhi. Kol aveva messo una protezione al grimorio per impedirle di
studiare il contro incantesimo! “Che gran bastardo!” esclamò sfogliando due
pagine avanti e indietro. “Sleale e bastardo come tutti gli uomini!”
Ed ora che accadeva?
Davina alzò due occhioni
scintillanti rabbia su Klaus. La guancia era ancora rossa per lo schiaffo di Rebekah e lo stomaco le brontolava un po’. Quando era
affamata, il cattivo umore aumentava.
“Problemi?”
Uno solo. Stava per morire.
°°°
Elena era stata educata, per telefono. Le aveva spiegato la storia
dell’Ancora e narrato l’incontro con Amara. Poi c’era stato un lungo silenzio,
lei non aveva chiesto altro ed Elena non aveva domandato. Si erano salutate con
ferma gentilezza.
“Se ha bisogno di cento e una strega, basterà
allontanare la congrega da New Orleans.”
“Non acconsentiranno mai per non lasciare campo
libero ai vampiri… e i vampiri, senza le streghe a
tenerli a bada, si scaglieranno contro i licantropi.”
“Allora dovremo lavorare tutti insieme per
castrare al volo il bastardo... potrei rivoltarlo su di lui con un incantesimo specchio…” sussurrò sovrappensiero, il piatto intonso. Se non poteva fermare Kol, doveva proteggere se
stessa ed impedirgli di trasformarla nell’Ancora. L’unica cosa che le veniva in
mente, era un sacrificio senza mezze misure. Le spalle si incurvarono lentamente. “Scusare… non sono il massimo del divertimento in questo momento…”
“Mai stata l’anima della festa, cuoricino.”
“Quando morirò, ti sarà difficile trovare
un’altra strega paziente e conciliante come me, vampirucolo…”
Rebekah sgranò gli occhi. Lei era paziente e conciliante? Lei?!
“… e tanto per essere chiari, non mi dispiace
averlo fatto. Se trapasserò con un credito, tornerò tutte le notti a tirarti le
lenzuola.”
“Il veto di entrare in camera mia vale anche da
morta.”
La vampira li guardò, stupefatta. Ma che razza
di rapporto avevano quei due?
“Abbassa la voce, scemo! Siamo circondati.”
Le
Chirac era uno di quei locali che
piacevano alle ragazze, con i fiori freschi sul tavolo e i colori pastello alle
pareti… e un’alta concentrazione di streghe, tanto
per cambiare. Avevano preso a detestarlo appena seduti.
“Tu dove vai, di solito?”
“In un sacco di posti diversi. Soprattutto in
bettole di terz’ordine, dove il bourbon è ottimo e puoi trovare buona
compagnia, se lo desideri.”
“Non possiamo andarci ora?”
Per togliersi dal tiro delle streghe? Ben
volentieri. “Sai giocare a poker?”
Rebekah fermò il cameriere e ordinò un altro bicchiere
di vino. “Nik, tu non sai giocare a poker senza
barare.”
“Non spoilerare la
prima lezione” la rimproverò. “Spiegami perché sei qui, invece.”
“Non mi fido di lei” disse indicando Davina che
posò i gomiti sul tavolo e il mento sui pugni. “Ha domato due fratelli su tre,
sono preoccupata per Elijah.”
Era lusingata ed imbarazzata al tempo stesso,
non avrebbe smentito l’impressione della vampira ma era divertente osservare le
reazioni di Klaus. Davina prese coltello e forchetta e si accinse ad intaccare
la bistecca ormai fredda. Come se fosse vero, il potere che le attribuiva!
“Bekah…”
“Vi innamorate sempre delle stesse donne, è vero
o no?”
Sempre le stesse?! Davina lasciò andare le
posate ai lati del piatto, torva, e fu come se qualcuno le avesse tirato una
schicchera direttamente nel cervello. Sempre le stesse…
sempre lo stesso sangue.“È sempre stato sotto gli occhi di tutti e non ce ne
siamo mai accorti!” esclamò all’improvviso. “Ayana è
una discendente di Qetsiyah. Qetsiyah
è la capostipite della famiglia Bennett. Le Claire sono imparentate alla
lontana con le Bennet e Kol
ha sempre usato una Claire per i suoi scopi” disse, scandendo bene le parole. “Elena,
Katherine e Tatia sono tutte discendenti di Amara e Kol ha bisogno di una strega Claire per tenere aperto il
Passaggio e di un’Ancora immortale, discendente da Amara, per unire i due
mondi.”
“Elena” disse, asciutto.
“Qetsiyah è una
Viaggiatrice e ha usato l’Espressione per creare l’Altro Lato. Vostra madre
praticava l’Espressione e ha usato una variante dell’incantesimo di Qetsiyah per trasformarvi… ma chi
glielo ha insegnato? Ayana! E non è strano che Ayana abbia scelto una strega Claire per manifestarsi? Una
genia di streghe sfruttata secolarmente da un figlio di Esther?
E quante Viaggiatrici hai conosciuto recentemente?”
“Nadia. Figlia di Katherine e di un Viaggiatore”
concluse con un ghigno beffardo. “Ma tu guarda…”
“Dobbiamo parlare con Liv, forse sarà in grado
di invertire l’incantesimo di Kol o di fermarlo. I
Viaggiatori usano un altro linguaggio rispetto a noi streghe…
e i simboli non ballavano, stupida che sono! Non c’era alcuna protezione, non
riuscivo a leggerli perché ero sulla pagina giusta!” esclamò. “Non mi importa
come lo fai e quante persone moriranno nel frattempo, ma trascina qui quella
ragazza e in fretta!”
Una scintilla di divertimento gli brillò negli
occhi. Le piaceva, dare ordini. Soprattutto a lui.
“Dì ad Elena di trovare una strega che pratichi
una magia di occultamento così che Kol non possa
trovarla. E che stia attenta a non tagliarsi. Non deve prendere il suo sangue,
neppure una goccia.”
Klaus mise di sorridere e la sua espressione si
appiattì in una totale noncuranza. “Cosa ti fa pensare che abbia voglia di
attraversare il paese per farmi sbattere la porta in faccia?”
“Diglielo da dietro la porta” sorrise e tornò a
sedere, tagliando un altro pezzo di bistecca. “Va ora, e porta qui la
Viaggiatrice. Che non le sia torto un capello o ne risponderai personalmente.”
Il vampiro la fissò e un pensiero oscuro lo fece
sogghignare. “Sei una vera stronza, Davina Claire.”
“Ti piaccio proprio per questo!”
Rebekah girò una ciocca attorno al dito e la riportò
dietro la spalla. “Ed ora che farai?”
“Finirò il pranzo e radunerò la congrega.”
“Ma sta andando da lei.”
“Sì, il piano è quello.”
“Ci ritroveremo di nuovo Elena Gilbert e le sue
amiche fra i piedi…” sospirò stringendo la radice del
naso. “Un giro di shopping?”
“Volentieri ma sono in bolletta cronica.”
“Io no.” Rebekah
sventolò la carta di credito e sorrise con tutta la faccia. “Sistemiamo i
capelli, cara?”
///
“… e quante ce ne sono?”
“Dopo la guerra, siamo scese a
duecentosettantacinque.”
Duecentosettantacinque streghe. Il censimento
interno della congrega vibrò fra le mani di Davina. “Più di quante gli servano
per completare l’incantesimo” disse appoggiandosi al taglio del tavolo del
laboratorio che era stato sgomberato dalla solita confusione di pozioni magiche
ed ingredienti sfusi.
“E ci sono decisioni da prendere per
l’organizzazione della Festa. C’è un incontro col sindaco giusto stasera.”
“Catering ed orchestra, Marguerite?” domandò,
sottovoce. “Pensi che mi importi se il caviale è la scelta migliore rispetto al
paté?”
“Davina Claire, quando hai deciso di assumerti
la responsabilità delle tue sorelle…”
“D’accordo, d’accordo!” esclamò alzando le mani.
“La soluzione non si presenterà certo in quell’ora di riunione…”
“Ti lascio il memorandum.”
Davina annuì, pensierosa. Erano passati tre
giorni e nessuna notizia era giunta dal fronte. Cosa ancora più inquietante, Kol era sparito. A sentire Hayley,
era partito per un raduno d’auto d’epoca, la nuova passione.
“Toc Toc!” Rebekah
mise la testa dentro il locale con un sorriso smagliante che cozzò subito sul
suo broncio. “Che succede, dolcezza?”
Succedeva che la sicurezza ostentata iniziava a
franare. “Mh… nulla. Che ci fai qui? Ho dimenticato
un appuntamento?”
“Ci sono anche io.”
Hayley?
“Basta lavorare, andiamo a fare shopping!”
“Becky, hai comprato
tutta New Orleans e non intendo approfittare ancora della tua generosità.”
“Non lo farai. Diglielo, cognatina.”
“Elijah è riuscito a sbloccare i fondi di Marcel
e la tua carta di credito ha ripreso a funzionare.”
Non era più povera?! “Vi avevo detto…”
Rebekah le prese le mani fra le sue e sorrise
dolcemente. “Dì solo ‘grazie’.”
O ti mangio la testa, pensò sfarfallando le
ciglia. Doveva arrendersi alla potenza delle due donne. “Che cosa avevate in
mente?”
MysticFalls
L’arredamento era cambiato ma la gente che lo
frequentava era sempre la stessa. Il secchione col naso nei libri, il quarterback
con la giacca della squadra, le ragazzine che si scambiavano segreti negli angoli… e la barista con la gonna troppo corta e l’aria
gotica che serviva dietro il bancone, prendeva le ordinazioni, sbuffava quando
credeva che nessuno la vedesse e contava con discrezione e rammarico la poca
mancia lasciata sul tavolo.
Klaus l’aveva vista infilare il denaro nella
cassa, i bicchieri nel lavello e udito un mormorio provenire dalle sue labbra.
Remember when you were young, you shone like the
sun. Shine on you crazy diamond. You reached for the secret too soon. You cried
for the moon.
Aveva fatto centinaia di chilometri. Li aveva
passati tutti a rimuginare le parole di Davina. La conclusione non era stata
piacevole. Doveva farsi uno scotch.
“Uno scotch.”
“Alle cinque del pomeriggio? Non è un po’ presto
per bere?”
Liv aveva alzato gli occhi dai bicchieri, l’aveva
fissato con curiosità e dubbio, chiuso il rubinetto ed infilato la mano sotto
il bancone. Il tappo era stato svitato con forza, il sigillo strappato. Il
gorgogliare del liquore nel bicchiere, gli aveva ricordato che da troppo tempo
non si nutriva.
“Hai un’espressione schifosa, cagnone.”
L’apice della giornata. “Quando stacchi?”
“Fra un’ora.”
“Vieni con me a New Orleans?”
Liv aveva mosso l’indice contro il vetro della
bottiglia, si era tolta il grembiulino e fatto un cenno al ragazzo in turno con
lei. “Me ne vado, emergenza familiare. Coprimi.”
Si era portata via la bottiglia e i dieci
dollari dell’ordinazione. La prima cosa che aveva fatto, salendo in macchina,
era stata buttare giù un sorso di scotch e ficcare subito la bottiglia sotto il
sedile. Al semaforo centrale della città era sprofondata nel sedile,
raccogliendo i capelli contro il collo. Klaus l’aveva guardata, torvo. “Ma che
stai facendo?”
“Mi nascondo” aveva sussurrato insaccandosi
ancora di più nelle spalle. “È verde, parti!”
Klaus era partito e per più della metà del
viaggio, Liv non aveva parlato. Gli aveva solo chiesto di fermarsi alla
stazione di servizio per usare la toilette. Era tornata masticando un sandwich
e gliene aveva portato uno. Al roastbeef. L’aveva mangiato appoggiato al cofano del SUV, Liv si
era tolta gli stivali e sgranchita la schiena, commentando il debole tramonto
con un mugolio.
“Da chi stai scappando?”
“Da una città di merda e da un ex asfissiante.
Tu da chi stai tornando?”
Klaus l’aveva guardata, la criniera dorata
incendiata nell’ultimo raggio di sole. Il doloraccio
che lo perseguitava era ricomparso. L’aveva affogato con un lungo sorso di
scotch.
“Quei due hanno fatto pace, alla fine?”
Erano proprio quei due, il problema.
“Hanno litigato e lanciato un incantesimo di
troppo?”
Era riuscita a fare tutto, anche a mettere
d’accordo quattro razze diverse alla riunione col sindaco. Possibile non le
riuscisse di buttar giù due stupide righe di discorso?! Non era una di quelle
cose che potevi reperire su Internet, cambiare qua e là e riproporre a
centinaia di persone... proprio no.
Davina aveva infilato le mani nel nuovo taglio
di capelli dal ‘sapore sofisticato ed europeo’ e i gomiti si erano allargati
piano piano, finché la bocca non aveva raggiunto la
cannuccia gialla del cocktail che Rebekah l’aveva
assicurata essere analcolico. Aveva un sapore strano ma era buono.
“Licantropi vegetariani…
alcuni addirittura vegani…”
Rebekah aveva riso e ordinato un altro giro.
“A quel punto, Elijah ha fatto notare che se accontentavamo
il branco, la comunità dei vampiri avrebbe risentito della mancanza di un’ala dedicata…”
Il secondo bicchiere era arrivato, più carino
del precedente. Davina ne aveva ammirato i colori, prima di attaccarlo.
“… e il sindaco, per non scontentarlo, ha
promesso un rifornimento diretto dall’ospedale, chiedendo in cambio discrezione
eccellente…”
La cannuccia era affogata fra le labbra e il
liquido saporito le aveva riempito la bocca.
“Cosa saranno, brocche con su scritto il gruppo
sanguigno?” Un buffo mal di testa le aveva fatto socchiudere le palpebre.
“Scusa, ti annoio…”
“Nient’affatto, cara.” Rebekah
aveva messo via il cellulare, sorridente. “È una festa con i fiocchi, cosa
indosserai?”
Santo cielo, l’aveva scordato! Doveva ancora
scegliere lo stupido vestito e mancavano solo sei giorni! “Uccidimi, ora. Fallo
subito!”
Un’altra risatina deliziata era trapelata dalle
labbra della vampira. “Sai cosa ti ci vuole? Un bel massaggio rilassante e un personal shopper che indovini i tuoi
gusti.”
Quel nome aveva stordito anche le cellule
celebrali che non sapeva di avere. Davina si era voltata velocemente e il
locale si era mosso a piccoli scatti ravvicinati. Il mal di testa era
peggiorato e si era presentata una punta di nausea. Liv l’aveva guardata e poi aveva
assaggiato il suo cocktail, annunciando che era ‘fatta di vodka’.
“L’hai fatta bere?”
“Ho solo scambiato il suo succo di frutta col
mio.”
“È astemia!”
Perché il vampiraccio le urlava nel cervello?
Era lei ad essere arrabbiata, era sparito quattro giorni e non si era degnato
di mandare neppure un piccione viaggiatore!
Quando le aveva domandato qualcosa circa la
quantità di succo di frutta ingerito, la strega l’aveva guardato, pensando che
non era proprio il suo tipo. Era sgarbato, fastidioso, insolente, pedante,
crudele, aveva un cattivo rapporto col rasoio e a dirla tutta, stava proprio da
schifo, in quel momento. Si tormentava ancora per qualcosa finito, forse mai
iniziato e probabilmente neppure vero?
“Devi stare attenta a quello che ti mettono di
fronte, cuoricino... soprattutto se proviene da mia sorella!” Klaus aveva
ringhiato l’ultima parte, fulminando Rebekah che
aveva fatto spallucce. “Cercavo di farla divertire, è sempre così seria e controllata…”
Era la prima Strega di New Orleans, doveva
mantenere un certo contegno… come in quel momento: poteva
scegliere di piombare a sedere o traballare sui tacchetti. Per sicurezza, puntò
le mani sul tavolo, rivolgendosi a Liv. “Abbiamo bisogno che tu acceda al
grimorio ed interpreti i simboli che io non posso leggere. È un incantesimo di
Espressione, dovrebbe rientrare nel tuo campo.”
Liv era rimasta imperturbabile. Aveva schioccato
le dita e chiamato il cameriere, posando i piedi sulla sedia vuota di fronte a
lei.
“Elena è stata avvertita?”
“A lei penserà mia sorella.”
“Hai una sorella?” Klaus aveva tirato via la
sedia e gli stivali di Liv erano piombati sul pavimento. “Non era un gemello?”
“Ho anche un altro fratello psicopatico che ha
cercato di sterminare la nostra famiglia, ti interessa?”
“Ce n’è uno in tutte le famiglie.”
Rebekah aveva sorriso al ghigno beffardo di Klaus e
Davina aveva pensato che era riuscita a sistemare anche quello e che poteva
tornarsene a casa a dormire. Il reggiseno nuovo la stringeva troppo,
togliendole il respiro e le bellissime scarpine che avevano urlato ‘adottami’
dalla vetrina, imponendole un’opera di bene, le facevano vedere le stelle. “Temo
di dovervi abbandonare, devo fare mille cose domani…”
Liv le aveva aperto la borsetta e sequestrato le
chiavi della macchina. “Non puoi guidare, sei ubriaca.”
“Nik, accompagnala.”
“Camminare la farà riprendere dalla sbornia.”
“Ma che cavaliere!”
“No, ha ragione” aveva sussurrato, guardando
apertamente il vampiro. “Hai un aspetto orribile. Sei affamato e hai ripreso a
non dormire.”
Vero. Non esisteva più un’alba e non tramonto.
C’era solo lo scorrere incessante delle ore, tutte uguali, tutte similmente
vuote.
“Ti dico cosa ho scoperto mentre te la spassavi
con la tua bella…”
Eccola, la gelosia! Erano bastati solo due cocktail
per tirarla fuori! Rebekah sorrise, soddisfatta di se
stessa.
“Siamo tutti collegati dal sortilegio iniziale! Tutti
noi subiamo una sorta di ‘richiamo’… come quello che attira i dopplerganger uno verso l’altro” aveva biascicato e i
gomiti si erano piegati leggermente. “Quando lo dirò a Kol,
morirà dal ridere…”
L’aveva pensato ma era un’illazione. Non avevano
le prove che fosse vero. “Non fa ridere, strega...”
“Puoi smettere di tormentarti per quella provincialotta senza spina dorsale…”
Quella ragazza era fatta di tutta un’altra pasta
rispetto alle donnette che Klaus frequentava di solito…
e condividevano la poca simpatia per Elena Gilbert. Rebekah
sospirò, felice.
Davina aveva tentato di infilare la giacchetta
ma i tentativi erano andati a vuoto. “Ti sei lasciato massacrare come un
stupido babbeo!” rise, finchè un pensiero che nessuno
indovinò le aggrottò la fronte. “Sei un Mikealson, per la miseria. Comportati
come tale!”
Ed ora aveva detto qualcosa di troppo! “Cara, ti
porto a ca… sa” sussurrò Rebekah
guardando il tavolo vuoto. “Ma dove sono finiti?”
Liv mosse l’indice, indicando la porta. “Se la
getta nel fiume, ha tutta la mia simpatia.”
///
C’era un motivo per cui aveva seguito il ‘cagnone’
come una groupie
segue il musicista preferito durante i tour: MysticFalls la annoiava a morte e quel tipo attirava guai come
una calamita.
Ad esempio.
Sei seduta a farti gli affari tuoi, sgranocchi
una barretta energetica e cerchi di interpretare il cazzuto
grimorio che ti hanno messo in mano, e già lì capisci che è valsa la pena
macinare chilometri in compagnia di un vampiro taciturno e tormentato che
normalmente eviteresti. Suonano alla porta. Pensi sia il lattaio, un amico in
visita, una consegna dalla lavanderia. Entra una donna urlando il nome del
cagnone, ti guarda, fai un cenno di saluto ed indichi il piano superiore. Lei
urla di nuovo e appena scorgi l’espressione di lui, capisci che è nei guai,
grossi guai. Il ceffone che gli molla non lo vedi bene perché lei ti da le
spalle, ma senti il rumore e pensi ‘che pezza!’ e rimetti gli occhi sui
simboli, evitando di accartocciare la cartina della barretta per non fartene
dare uno anche tu. Nel contempo, la bambina inizia a piangere, la madre salta
fuori dal suo nascondiglio planando come un falco sul cagnone, lo sbirci,
stretto fra due fuochi e un tipo fico dall’aria austera e in maniche di
camicia, ti domanda se vuoi una tazza di caffè o se preferisci due uova
strapazzate. Nessuno ti prepara più la colazione da secoli ma hai una dieta da
seguire e scuoti la testa, mentre la disputa infuria. La sorella emerge
semiaddormentata dalla propria stanza, chiede se ‘per favore possono abbassare
la voce’, nessuno le risponde e con un gemito se torna in camera sua, sbattendo
la porta e chiudendola a chiave. La madre sparisce a cambiare la bambina, la
donna bionda lo addita come ‘il più rivoltante degli esseri umani’ e marcia
verso l’uscita non senza averti gettato un’altra occhiata prima, tu giri la
pagina e guardi l’orologio sul cellulare. Sono solo le nove del mattino. “Mh…”
“Tu che hai da dire?”
“Ho fatto proprio bene a salire sulla tua
macchina!”
“Stai capendo qualcosa di quella roba?”
“Sì.”
“Bene” dice e ti da la schiena ma non sa bene
cosa fare. Ti chiedi se sia meglio stare zitta o gettare un po’ di paglia sul
fuoco ma sono le nove e cinque, devi riempiere la giornata. “E tu ci stai
capendo qualcosa?”
Aveva promesso a Marcel di badare a lei.
Morderla e tentare di affogarla nella fontana di Dauphine
Street di fronte a decine di persone, non faceva parte dell’accordo. Non se la
sarebbe cavata stavolta. Troppi testimoni, compresi gli amichetti gay della
strega. Erano stati loro ad allontanarlo da Davina. Camille
era fuori di se, Hayley gli aveva suggerito di
restarsene in disparte per un po’, per far calmare le acque ma le streghe
volevano metterlo ai ceppi. E Raperonzolo se ne usciva con l’orribile domanda.
Voleva essere solo uno scherzo e un modo per
farla riprendere dalla sbornia ma la strega non era riuscita a chiudere la sua bellissima
boccaccia e gli aveva detto che le era mancato, ‘perché diavolo non si era
fatto sentire tutto quel tempo, era davvero con Elena’?
Non le bastava passarlo al tritacarne, doveva
anche piantargli gli occhioni in faccia ed
abbracciarlo! La mente era andata in loop sul ‘mi sei
mancato’, l’aveva morsa per difesa, e mentre stringeva il corpicino morbido e
fragile, le sue mani l’avevano improvvisamente spinta nell’acqua e tenuta sul
fondo. Qualcuno l’aveva tirato via e Davina era riemersa sputando e gemendo per
lo spavento e lui aveva pensato che aveva succhiato troppo poco, che avrebbe
dovuto ucciderla e le aveva gridato che ‘quel marchio le sarebbe rimasto
addosso per settimane, così che tutti vedessero cosa significava prendersi
gioco di un Mikealson, fosse stata anche la Prima Sgualdrina di New Orleans!’
Davina lo aveva guardato, stretta contro il
petto del suo amico, gli occhi enormi e luccicanti, la morte sul volto. Il doloraccio al cuore si era ripresentato, togliendogli il
respiro. Aveva pregando che facesse in fretta, in un verso o nell’altro. Non
era accaduto nulla. Il dolore era rimasto lì e ancora pulsava.
Din don
E via, si ricominciava!
Liv si era sistemata in direzione della porta, e
Klaus l’aveva guardata, lasciando cadere il braccio lungo il fianco. “Ti
diverti, eh?”
“Moltissimo” aveva confermato con un sorriso
allegro. “Cosa sarà, stavolta? L’inquisizione?”
Il tribunale delle streghe, aveva pensato
spalancando la porta.
“Metterò il vestito bianco. Non farmi
sfigurare.”
Liz aveva allungato il collo, stupefatta. Che
nerbo! La credeva rinchiusa nella cameretta a piangere e invece…
“Marguerite è furiosa e la congrega vuole la tua
anima. Pensano di estromettervi dalla Festa delle Benedizioni ma l’ultima cosa
che voglio, è un’insurrezione di vampiri e una nuova guerra. Gli inviti sono
stati spediti e la musica scelta. Tu parteciperai come avevano deciso. Sarai al
mio fianco, ti dipingerai un bel sorriso e farai finta di non odiarmi. Pensi di
reggere più di tre ore?”
L’aveva detto tutto d’un fiato, cercando di non
respirare nelle immediate vicinanze. Davina aveva dovuto scegliere il minore
dei mali: paventando lo svilupparsi di un mucchio di nuovi problemi, aveva preferito
affrontare l’unico che poteva ridurre in polvere con un movimento del capo.
“Porterò i capelli raccolti ma il morso si sta
chiudendo, perciò dovrai rifarlo.”
Un brivido gelido lo aveva attraversato e si era
trasformato in un calore insopportabile nei lombi. Lo sguardo era corso al
collo: il morso era scoperto e visibile a tutti. Un’altra ondata di eccitazione
e possesso lo aveva costretto a stringere i pugni per impedirsi di afferrarla.
Davina aveva individuato il percorso visivo e
aveva girato un po’ la spalla, offrendogli quasi il profilo. “Sono cicatrici di
guerra. Non me ne vergogno, Klaus.”
Il vampiro aveva artigliato il taglio della
porta, respirando affannosamente. Non abbassava la testa, non si sottometteva e
continuava a sfidarlo col suo sguardo da basilisco, pronta ad tramutarlo in
pietra se voleva.
“E trovami un anello decente. Non vedo anelli a
questa mano.”
Se non poteva sconfiggerla, doveva tirarla dalla
sua parte. Totalmente.
“Sarà Kol ad aprire le
danze con me. È già deciso.”
Quante cose aveva deciso senza consultarlo! “E
se non fossi d’accordo?”
“Non è un problema mio.”
Klaus aveva inspirato, ridicolmente infatuato
della leadership della strega.
“Devi sempre mostrare al nemico quel che vuol
vedere. Kol vedrà i morsi, ascolterà qualche
pettegolezzo ben distribuito qua e là e il suo naturale senso di protezione
verrà a galla. L’ho sentito, quando mi ha baciato. Prova ancora qualcosa per me
ed è quel qualcosa che useremo come leva.”
Era fuor di dubbio che Davina avesse sempre
ascoltato le loro chiacchiere senza farsi scoprire e preso un bel po’ di
appunti.
La strega aveva esalato un sospiro ridicolo e le
labbra si erano distese in un sorriso ironico. “Forse hai ragione, Klaus. Forse
sono davvero la ‘Prima Sgualdrina’ di New Orleans… ma
è anche vero che mai nessun Mikealson si toglierà la soddisfazione con me!”
Klaus l’aveva afferrata e il tremore che provava,
gliel’aveva trasmesso tutto. Sorpresa dal movimento improvviso e da un languore
dilagante, Davina era rimasta immobile.
Liv aveva guardato l’orario sul cellulare. Solo
le nove e quaranta. Entro sera l’avrebbe crocifisso, impalato e mummificato.
“Non sono cose da discutere sulla porta di casa”
aveva sentenziato sollevandola di peso. Davina si era aggrappata per paura di
cadere, e le unghie avevano strofinato prima il cotone della maglia e poi la
pelle del collo, proprio dietro la nuca. L’aveva sentito respirare brevemente e
il braccio che la cingeva aveva stretto di più. Percorrere la via inversa,
aveva incendiato tutte le fibre del corpo. Nel lento movimento discendente
aveva percepito tutto. La durezza del muscoli e la sua eccitazione. Lo sentiva premere
contro il ventre, subito sotto l’ombelico.
Klaus aveva afferrato la mano che teneva ancora
sulla sua spalla, le vene del polso battevano impazzite, superficiali alla
pelle. Davina lo aveva seguito su per le scale, fino allo studio dove era
entrata, certa di stare per morire, in un verso o nell’altro.
Il vampiro si era appoggiato alla scrivania,
tirandola verso di se, incastrandola fra i propri piedi, racchiudendo le
piccole mani fra le sue. Riconosceva l’impronta di Rebekah
nei vestiti che indossava. Sarebbero stati benissimo sul pavimento.
“Mi sono innamorato decine di volte, Davina. Ho
avuto migliaia di donne e non ho mai capito perché non funzionasse con nessuna
di loro. Ho qualcosa che non va, se una donna prova interesse per me, riesco
sempre a farla scappare o la allontano prima che si leghi troppo…
ed è sempre stato così, sempre… e non c’è mai stata
una ragione vera…”
“Mi hai trascinato per i capelli e quasi
affogata in un metro d’acqua, tutto per aver detto ‘mi sei mancato’.”
Il pollice aveva premuto il centro del palmo
della mano, accarezzandolo su e giù. I brividi le erano corsi lungo le braccia.
“Reagisco male quando raggiungo certe verità, cuoricino…”
“Quale verità?”
“Che ti appartengo, strega.”
Il blu dell’iride era comparso sotto le ciglia
nere e si era scagliato agitato dentro di lui. Per molti secondi, non aveva
parlato. “È un comodato d’uso gratuito o devo pagare un affitto?”
Uno sbuffo allegro gli aveva arricciato le
labbra. Scostarle i capelli dal viso e accarezzare lento la guancia e le
labbra, era stato come innescare la miccia.
Il cuore di Davina aveva avuto un sobbalzo ma il
corpo si era già allontanato. “Non sono stata chiara?” aveva balbettato, scura
in volto. “Nessun Mikealson troverà mai soddisfazione da me.”
Klaus aveva sorriso, allargando le braccia e
puntando le mani sul bordo della scrivania “Adoro quel ‘mai’. Dillo un’altra
volta.”
Un sorriso ironico e falso era trapelato dalle
labbra di Davina. “Ho promesso a Marguerite una dichiarazione pubblica di scuse.
Mettiti a lavoro, scrivi la più insincera delle lettere ed imparala a memoria.
Abbiamo una riunione d’emergenza col sindaco. Quel poveraccio ha quasi avuto un
infarto ieri sera.”
“Avete bocciato la mia proposta musicale, sono
molto scontento.”
“Avrete un buffet tutto vostro, non tediarmi.”
“Siamo a New Orleans…
dove le avete trovate, le vergini sacrificabili?”
L’aveva detto, Elijah, che se ne sarebbe uscito
in quel modo! “Non avevamo abbastanza fondi per le tue escort, Klaus.”
“Poco male. Non accettano più i miei soldi.”
“Come mai?”
“Va a sapere” aveva sorriso guardandola dall’alto
in basso. “Quel morso non è una cicatrice di guerra, Davina. Ho solo resto più
evidente che sei mia.”
La strega aveva alzato le sopracciglia,
sorridendo con fastidio. “Io non ti appartengo.”
Klaus aveva riordinato la scrivania, dandole le
spalle. “Eccome e ti piace l’idea o non te ne andresti in giro sbandierando il
mio marchio.”
Davina era avvampata, colpevole.
“Allora siamo in affari, socia?”
Socia suonava di complicità. “Significa che
posso usare il tuo nome intero ed entrare in camera tua?”
“Avevo capito che ‘mai’ e poi ‘mai’ saresti entrata
in camera mia… ma forse il tuo ‘mai’ ha una durata
diversa del mio ‘mai’.”
Un broncio sanguinario si era formato sul volto
della strega. Dopo un secondo, era già fuori della porta.
Le labbra di Klaus erano schioccate,
soddisfatte. Curioso inizio di relazione. Forse sarebbe andata meglio delle altre…
“Se gli impediamo di aprire il Varco,
l’incantesimo crollerà su se stesso.”
Era stato il modo di Liv per fermare la brusca
ritirata di Davina e godersi qualche altro minuto di divertimento a spese altrui.
Erano solo le dieci e dieci, in fondo.
Senza alzare gli occhi dal grimorio, le aveva
allungato la lista con gli ingredienti che le servivano. Davina aveva piegato
il foglio, infilandolo nella tasca posteriore dei jeans. “E come facciamo?”
“Le streghe possono decidere di rinunciare ai
propri poteri. Basta nasconderli in un luogo sicuro ed insospettabile. No
poteri, no party. Se anche riuscisse a ricreare l’Altro Lato, senza il
Passaggio resterebbe un mondo separato. In breve, collasserebbe e sparirebbe.”
“Quanto tempo ci impiegherebbe?”
“Non posso saperlo con certezza.”
“La Prima Strega di New Orleans non può guidare
la congrega priva di poteri.”
Due paia d’occhi ruotarono verso l’alto, Klaus
scese rumorosamente lungo le scale per manifestare tutto il suo dissenso. “Devi
trovare un’altra soluzione, Olivia.”
“Non so che idea tu ti sia fatto, ma non
organizzano dimostrazioni di incantesimi come rappresentati di tuppenware, cagnone. Non se ne accorgerà nessuno.”
“Ha pisciato sul tuo territorio e l’ha fatta
franca, cuoricino. Rinuncia ai poteri e ti costringerà a baciare il terreno su
cui cammina.”
Davina lo fissò, seccata: trovava sempre le
parole giuste per irritarla! “Quando
tratti i tuoi affari, devi capire chi hai davanti, quanto basso puoi colpire e
qual è l’ambiente migliore per farlo. Me l’hai insegnato tu.”
“Ho anche detto che ‘devi capire quello che vuoi, raggiungere un compromesso con quello che
puoi ottenere e mettere in conto il fallimento’.”
Sarebbe stata sola, senza protezione,
completamente distaccata dal mondo naturale e in balia del cretino. “Il
fallimento non è contemplato, Klaus. Se non riesci a proporre alternative
valide, chiudi la bocca.”
Klaus aveva chiuso la bocca, ma il grugnito
l’aveva udito lo stesso. “Tua la decisione, tue le conseguenze. Rinuncia ai
poteri e dovrai cavartela da sola.”
Secco come la ghigliottina del boia. Non aveva
neppure ventilato l’ipotesi di aiutarla.
Liv sfogliò tutte le pagine del grimorio col
dito, più volte, come se fosse una guida telefonica. “Restiamo propositivi e
pensiamo ancora. Come fa Kol ad avere tutto quel
potere? Come ha fatto a sbloccare tutti i canali energetici?”
Un moto di insofferenza arricciò le labbra di
Davina. “Dovevo lasciarlo morire su quel prato” ringhiò e il fruscio della
pagine si fermò all’improvviso. “Il prato!”
“Te l’avevo detto che era troppo ma tu hai detto
‘spingiamo ancora un po’’ ed io ho spinto!”
la redarguì Liv, battendo le mani sulle cosce nude e appena coperte dalla
minigonna. “Abbiamo spinto troppo!”
E le condizioni erano favorevolissime! Fra la
pioggia, i fulmini, l’aria carica di elettricità statica e il terreno… “Dobbiamo invertire l’incantesimo e scaricarlo
come una batteria.”
“Non c’è una nuvola in cielo e siamo in pieno
giorno.”
Un riso sommesso la astrasse dai pensieri.
Davina girò la testa verso il vampiro che le osservava a distanza. Si era
versato da bere e sogghignava.
“Hai lanciato un incantesimo su Kol per proteggerlo da me, ma quello stesso incantesimo te
l’ha fatto scoprire a sbaciucchiarsi con Elena Gilbert…
e sempre grazie a quell’incantesimo…”
“Ho capito dove vuoi arrivare, mi sono fregata
con le mie mani.”
“Già!” rise e buttò giù un sorso di scotch.
“Dovresti prestare maggiore attenzione alle tue azioni, Davina.”
“Non mi pentirò di qualcosa che ho fatto
ritenendolo giusto” sibilò. “Io non abbandono nessuno, a differenza di una certa persona che mi avrebbe voltato le
spalle, appena avessi perso i miei poteri!”
Liv sbirciò la faccia del vampiro e il
cellulare. Le dieci e mezzo.
“Dovrai trovare un’altra strega pronta a
soddisfare i tuoi capricci. Io ho chiuso con te!”
“Ehi, ciao!”
Davina era sussultata udendo la voce di Hayley. Elijah la accompagnava e teneva in braccio la
bambina. Aveva aggrottato la fronte, scorgendo la sua espressione. La strega lo
aveva prontamente ignorato, marciando verso l’uscita. “Ti chiamo se mi viene in
mente qualcosa, Liv.”
“’k…” rispose roteando
gli occhi sul vampiro, immobile ed appoggiato al mobiletto dei liquori.
Klaus la guardò in quel momento, sorridente. “Visto? L’avete trovata, un’altra soluzione.”
///
“Josh, è
meraviglioso!”
“Sei uno schianto. Se non fossi così sicuro di
me, cambierei sponda.”
Aveva coordinato gli ultimi preparativi per la
festa, parlato con i fornitori, appeso alcuni addobbi, spedito altri inviti e
poi bam!, Josh le aveva
ricordato la prova dell’abito.
Solo l’occhio allenato di uno della razza superiore avrebbe potuto scovare l’abito
perfetto nascosto fra tutti gli
altri.
Il decoro che sosteneva l’unica spallina,
correva attorno alla scollatura e la gonna longuette col piccolo spacco era deliziosa.
Al diavolo il vestito troppo bianco, troppo scollato e troppo lungo che la
sarta non voleva saperne di accorciare!
Josh si allungò sulla chaise longue, una gamba sull’altra. “Ho controllato: anche se
Amazon fa consegne in giornata, non assicurano che il vestito di Malefica
arrivi per tempo.”
“Non importa, prendo questo.”
Il ragazzo alzò il pollice e mise via il
cellulare. “Hai scritto il discorso?”
Il broncetto si
riflesse nello specchio. “Sembra che da sola non riesca più a fare niente, Josh. Non è un calo di autostima…
ho la mente occupata da milioni di pensieri.”
“Posso aiutarti?”
Ecco. Aveva solo bisogno di udire quello. ‘Posso
aiutarti’ non ‘cavatela da sola’. Davina si scurì.
“Devo trovare un luogo altamente energetico in cui invertire un incantesimo…”
“Mh… per altamente
energetico, cosa intendi?”
“Forze vitali. Manifestazioni di energia allo
stato puro… contatto con la natura, le solite cose…”
“Una festa di licantropi nel bayou potrebbe andarti bene? Aiden mi ha dato buca stasera…
devono festeggiare un compleanno o un fidanzamento…”
Ancora niente dal fronte ‘accettazione da parte
del branco’. Davina strusciò la mano sulle sue spalle. “Ne parlerò con Liv e chiamerò
Aiden” disse sottotono, appoggiando la testa alla sua
spalla.“Josh…ho… mandato
al diavolo Klaus…”
“Hai fatto be… cioè, ehm… perché l’hai mandato al diavolo?”
“Mio fratello è uno scemo patentato e non chiude
mai la bocca.”
Rebekah irruppe nel salottino prove seguita da tre
commesse e una serie impressionante di vestiti al seguito. La vampira sorrise a
Davina, squadrò appena il ragazzo e le prese le mani, invitandola ad alzarsi. “Wow!
Sei molto carina! Qual è l’occasione?”
“La Festa delle Benedizioni” sussurrò scambiando
un’occhiata con Josh. “Non va bene?”
“Il dresscode impone il vestito lungo, cara.”
Aveva sbagliato l’abito e doveva ricominciare
tutto da capo! Davina gemette, sconsolata. “Mi arrendo…
fa di me ciò che vuoi” sospirò. “Non ne posso più…”
°°°
“Grazie per avermi costretto ad affondare gli
stivali in questa palude putrida… scommetto che ci
sono anche le piattole, qua dentro…”
“Aiden?”
“Solo sanguisughe. In abbondanza” rispose con un
sorriso di scuse.
Era stata una pessima giornata e concluderla
sgusciando attraverso una romanticissima festa di fidanzamento per calarsi fino
all’inguine nell’acqua torbida del bayou, era l’ultima che cosa che aveva in mente!
“Quella carina è arrivata! Brgh!
Che puzza!”
Sì sì! Erano tutti
d’accordo che la palude non era un centro benessere ma continuare a dirlo non
l’avrebbe resa più profumata. “Ce le hai?”
Rebekah scivolò fino al bordo fangoso, ondeggiando un
po’ sulle gambe. Infilò la mano in tasca ed estrasse due fialette di sangue.
“Al volo!”
“No, non tirarle!” Se fossero cadute nell’acqua,
chi le avrebbe più trovate? Davina camminò faticosamente fino alla riva. “Sei
certa di volerlo fare?”
“Le ragazze devono restare unite. Nik non verrà certo qui a squarciarsi le vene per te. Era
di pessimo umore quando l’ho incrociato. Rubare quella fialetta ha richiesto
quasi due ore di appostamento” borbottò mettendo i piedi nell’acqua. “Questa
cosa non ucciderà il mio fratellino, vero?”
“No. Lo scaricherà dell’eccesso di potere che ha
accumulato per colpa nostra.”
Liv sbuffò, spazientita. “Ci muoviamo? Posso
sentire le piccole sanguisughe strisciarmi lungo le gambe!”
“Potevi mettere un paio di jeans” la redarguì Rebekah avvicinandosi al piccolo cerchio. “O una gonna più
lunga. Li ho beccati entrambi a sbirciarti le mutandine.”
Liv tirò fuori una ciotola di legno dalla sacca
a tracolla e la tese al centro“Gli
uomini lo fanno, gli ricorda la gonna della mamma.”
Davina la riempì di terra ed acqua e svuotò le
due fialette all’interno. Elijah che sbirciava sotto la gonna di Liv? In quale
mondo malato?
“Potrei raccontarvi una storiella su due gemelle
haitiane da farli vergognare per il resto della loro vita!”
“Nessuno vuole ascoltarla, Becky.”
“Parla per te.” Liv la tacitò con un’occhiata. “Racconta.”
“Figlie di madre ignota, svolgevano una
professione molto nota…”
Davina si spazientì. “Possiamo andare avanti con
l’incantesimo, per favore? Vorrei evitare di prendere un’infezione alle vie
urinarie!”
Rebekah sogghignò sfilando un coltellino dalla tasca del
giubbotto. “Dimmi quando.”
°°°
Sua sorella era specializzata nel tirare fuori
brutte storie di famiglia nei momenti meno opporti! Klaus aggrottò la fronte,
guardando in basso. Appollaiato sul ramo più resistente dell’albero, aveva una
visuale completa della festa e del piccolo rito che stava avvenendo nella
rientranza circolare della palude. Il lupetto che si accompagnava all’amichetto
gay di Davina, le teneva d’occhio a corta distanza. Quando il sangue zampillò
dai polsi di Rebekah e arrossò l’acqua intorno alle
due streghe, un battito di ciglia interruppe la cupa fissità dello sguardo.
°°°
Aveva già versato un mucchio di sangue, quanto
ci mettevano? Rebekah ondeggiò e si sentì afferrare
da Aiden. Il licantropo la prese in braccio e la
ricondusse a riva, piano, per non disturbare le due streghe. In quel momento, un
lupo nero li oltrepassò e si tuffò in acqua. Al rumore, Liv aprì gli occhi: il
sacrificio di Rebekah non era sufficiente a
catalizzare l’energia necessaria ad invertire l’incantesimo.
Un sommesso ringhiare accapponò la pelle ad
entrambe. L’occhiata inquieta di Davina si fermò sul muso bagnato del lupo. Liv
le passò il serramanico, indicandolo con la testa, sempre senza smettere
l’inquietante litania. Il lupo si sollevò, e l’urto delle zampe anteriori
spostò Davina di parecchi centimetri. Nell’istante in cui gli squarciò la gola,
la voce di Liv si fece più acuta e il lupo cadde con un guaito straziante.
L’ondata di sangue le arrivò addosso, nauseandola. La strega le afferrò la mano,
le voci salirono e Rebekah pensò che era spaventoso
ciò che sapevano fare. Rabbrividì e il licantropo al suo fianco cadde svenuto
senza alcun motivo apparente. Il brusio della festa cessò di colpo e restò solo
il crepitare del fuoco del falò.
///
“Ma tu dove sei stato finora?!”
E non la smetteva più di ridere, come se ridurlo
ai minimi termini ed incapace di alzare un dito fosse una cosa divertente!
“La prima risposta che mi viene in mente è ‘in
una bara per novanta anni’…”
“Ti va di restare? È tardi…”
E si morse le labbra mentre lo diceva, giocando
con i suoi capelli. “Ok…”
Era arrivato al raduno d’auto d’epoca di pessimo
umore, aveva scoperto la vecchia decappottabile tirata a lucido sul proprio
posto ed il malumore era fiottato ai massimi livelli. Prima di risentirsi con l’usurpatore,
aveva controllato la numerazione, l’area e concluso che sì, c’era stato un
errore ‘ma siamo spiacenti, non c’erano più posti liberi’ aveva dichiarato
l’organizzazione, profondendosi in scuse.
Seccato, era rimasto appoggiato alla macchina
con lo stupido programma dei quattro giorni in mano, aveva incontrato lo
sguardo brillante di una bruna piuttosto alta, lei gli aveva sorriso e il
livello di malumore si era abbassato. Barbara si era presentata con nome e
cognome, si era scoperta l’inconsapevole ladra del posto e dopo poco, l’aveva
seppellito di domande di carattere automobilistico. Sul calar della sera, le domande
erano diventate personali e quando lei gli aveva chiesto da dove veniva, Kol aveva evitato la solita risposta ‘da un mucchio di
posti diversi’. Aveva risposto ‘New Orleans’ e Barbara aveva fatto una piccola
smorfia. Non era in cima alle sue città preferite, troppi brutti ricordi. L’argomento
non era più venuto fuori e sul calar del secondo giorno, Barbara gli aveva
chiesto se aveva qualcuno da cui tornare. Kol aveva
risposto ‘nessuno’ e si era adombrato. La terza sera, l’aveva preso per mano e
tirato verso di se. Era molto alta, non aveva dovuto chinarsi granché. Neppure
il bacio era stato granché. Si era ritratto, scusato e dichiarato ‘clinicamente
morto dentro’. Barbara non aveva insistito ma le sue labbra rosate, di quel
tipo che non ha bisogno di colore artificiale per risaltare, si erano incurvate
leggermente. Aveva un bel sorriso, sincero e caldo. Il secondo bacio era andato
molto meglio. Il resto non c’era bisogno di raccontarlo.
“Ehi… contrariamente a
quanto ho detto, potrei fare un salto a New Orleans se qualcuno me lo chiedesse…” Barbara gli si era accucciata contro,
sorridente e uno spiritello dispettoso lo aveva fatto sorridere. “Come te la
cavi con le occasioni formali?”
///
Non poteva mancare il bourbon, era pur sempre la
casa di un vampiro. Liv frugò in ogni angolo, finché una bottiglia non comparve
dietro l’anta di un armadietto. Agguantò tre bicchieri puliti e tornò sul letto
di Davina, planandovi sopra a gambe incrociate. “Ma è ancora sotto la doccia?”
L’acqua aveva smesso di scorrere da cinque
minuti buoni e le sembrava di aver udito un singhiozzo. Forse squarciare la
gola di Klaus l’aveva turbata più di quel che pensava. Rebekah
finì di cospargersi di crema e sbadigliò, allungando pigra la mano per chiedere
di essere servita. L’incantesimo aveva steso ogni licantropo della città nel
raggio di chilometri, persino Hayley aveva avuto un
mancamento, a sentire Elijah. Non si era dimostrato preoccupato per il
fratello, che giaceva incosciente e nudo sulla riva fangosa, bensì per Davina
che continuava a guardare l’acqua putrida di sangue con aria torva.
“Tesoro, tutto bene lì dentro?”
Erano ad un passo così dalla vittoria e aveva
quasi fatto fuori due Mikealson in una volta sola. Bisognava festeggiare, non
frignare. Davina sciacquò il viso e collegò lo spinotto dell’asciugacapelli
alla presa. Gli aveva ficcato il serramanico nella gola, avvelenata dal livore
e dall’odio e quando il guaito l’aveva investita insieme all’ondata di sangue, aveva
ricordato uno strano discorso di poco tempo prima.
Se
perdessi il controllo, farei tante cose spiacevoli che nessuno apprezzerebbe…
Godrei
nel vederti prendere coscienza della vera ‘te’.
Klaus,
non ce ne sono altre. Ci sono solo io.
E tu
chi sei, strega?
Davina si era guardata allo specchio, priva di
risposta, e Liv aveva spalancato la porta, restandovi appoggiata contro.
L’accappatoio bianco era un pelo più candido della pelle. Aveva un bicchiere
quasi vuoto in mano, il piede nudo puntato sull’altro. “Medicina buona. Butta
giù.”
Sorseggiato o ingoiato di colpo, il bourbon era
cattivo sempre. Lo aveva rifiutato con un cenno del capo. “Kol
tornerà domani, in tempo per la Festa. Non può entrare e trovarti col grimorio
in mano.”
“Ho fotocopiato quello che mi serviva, posso
lavorare su una panchina del parco se voglio.”
Fotocopiato?! Klaus le rompeva le palle anche se
lo spostava da una stanza all’altra, il grimorio! Avrebbe dovuto causargli più
dolore. Molto moltopiù dolore!
“Ehi ragazze, leggete qui!” Lo scalpiccio dei
piedi nudi di Rebekah si era fermato sulla soglia del
bagno. “Kol viene alla festa con una ragazza!”
///
Il pennello si tuffò nell’acquaragia e subito
sullo straccio. Anche quello era stato salvato dalla morte per disseccamento
estremo. Tutti i colori erano stati correttamente avvitati e riposti in una
scatola di latta che conteneva biscotti all’origine. C’erano due tele nuove
posate contro il muro e tre pezzuole ripiegate in un angolo.
Davina continuò a pulire i pennelli che finirono
a farsi compagnia in un tubo di Pringles accorciato per l’occasione, ma la mente tornava
sempre lì, a quel messaggio. Non se la sarebbe raccontata da sola, teneva
ancora a Kol ed era gelosa. Forse perché era stato il
primo ragazzo che aveva baciato o forse perché… mah!
Avrebbe potuto riempire un burrone scosceso di ‘forse’ e ‘avrei potuto’. La
sostanza non cambiava: Kol veniva alla festa con una
ragazza e lei non aveva più il finto ‘ragazzo’ che la prendesse sottobraccio. Forse
è quello che capita quando tieni troppo il punto e allontani le persone: resti
sola e vivi di ‘forse’ e ‘avrei potuto’.
Tonktonktonk!
“Entra, è aperto!” gridò, certa che fosse Rebekah passata in largo anticipo per aiutarla a scegliere
le scarpe per il vestito. “Arrivo, devo solo lavare le ma…ni” biascicò al nulla. Perplessa, scalpicciò fino
alla porta esterna mettendo la punta del naso fuori. E quella busta? Bomba?
Gattino abbandonato? Davina la aprì con due dita: cibo in abbondanza, una
piccola custodia nera, un biglietto piegato e una confezione millegusti di
orsetti gommosi. Le spalle si abbassarono di colpo. “Klaus!” esclamò ad alta
voce, uscendo dal loft. “Vieni fuori codardo!”
“Scherzi? Sei arrabbiata con me.”
Davina alzò la testa, schermando il poco sole
con la mano. Nascondersi sul tetto non l’avrebbe salvato dalla giusta
punizione!
“Senza poteri non
saresti riuscita a contrastare Kol ed io non avrei
potuto aiutarti. Conosci le mie reazioni, sai cosa succede quando mi sento
impotente.”
“Lo terrò a mente
la prossima volta che Liv ventilerà l’ipotesi di mettere da parte i miei poteri
e tu dirai ‘cavatela da sola’!” esclamò, sarcastica.
“Non ho alcun
interesse a renderti infelice, Davina. Tutt’altro.”
Iniziava a farle
male il collo, però! “Hai permesso ad una perfetta sconosciuta di ‘fotocopiare’
il grimorio e a me ha rotto le scatole per mesi per il modo in cui lo
appoggiavo sul tavolo!”
“Le avrei permesso
di prendere appunti ai margini, se mi avesse detto che ne andava della tua
vita, strega.”
“Le avrei permesso
di prendere appunti ai margini, se mi avesse detto che ne andava della tua
vita, strega.”
Davina serrò le
labbra e quando la raggiunse a terra, lo guardò con una lunga occhiata torva
che si esaurì sul mattonato esterno al loft. Chissà come avrebbe reagito, sapendo che l’incantesimo aveva funzionato
benissimo e che Kol lo aveva rispedito indietro,
usando un sortilegio di ‘risonanza’. Alla scoperta, Liv era andata su tutte le
furie, Rebekah era rimasta senza parole e lei…beh… quando il sangue di
Klaus l’aveva investita, aveva sentito chiaramente le labbra bagnarsi e il
liquido caldo scivolare sulla lingua e giù per la gola. Era stato inevitabile,
non poteva fermare l’incantesimo. A somme fatte, aveva sangue di ibrido in
circolo e neppure un ramoscello di verbena in casa. Era scollegata dai canali
energetici terrestri, cieca e sorda e facilmente soggiogabile. E Kol aveva una nuova ragazza.
“Sei sempre ridotta uno straccio, il giorno dopo
un incantesimo di una certa portata. Devi imparare a dosare le forze. Non puoi
gettarti anima e corpo in ogni cerchio magico che tracci in terra” la
rimproverò raccogliendo la busta con la colazione. “Hai un costume da bagno?”
Come tutte le ragazze.
“Indossalo e andiamo.”
Andiamo dove?
°°°
Klaus l’aveva osservata per due ore, minuto più
minuto meno. Davina aveva fatto su e giù sul bagnasciuga, cercando di infilare
i piedi nell’acqua gelida per poi scappare indietro, quando un’ondata troppo
forte arrivava a lambirle i polpacci. Aveva raccolto una manciata di
conchiglie, scritto sulla sabbia, fatto la ruota e rovinata in terra in modo
poco dignitoso. Ma aveva sorriso, il naso e le guance colorate di sole, e
sembrava avesse recuperato tutte le energie.
Ed eccola di nuovo a controllare eventuali
chiamate perse sul cellulare. Le aveva detto di non temere, che sarebbero
tornati in tempo per la festa e Davina aveva annuito ma qualcosa continuava a
preoccuparla e, di tanto in tanto, una ruga si formava fra le sopracciglia.
Seduta graziosamente sull’asciugamano accanto al suo, pettinava i capelli con
le dita osservando con sguardo languido la distesa oceanica. Le cose migliori,
nella vita, erano quelle più semplici. Sole, oceano e qualche ora di svago non
avevano mai ucciso nessuno.
Davina l’aveva sbirciato di soppiatto, sdraiato
sulla schiena, le mani dietro la testa. Era così quieto e silenzioso che ne
dimenticava la presenza. Aveva l’aria fiera e appagata, ma non era una novità
che Klaus fosse sempre soddisfatto di se, qualunque cosa facesse, anche la più
deplorevole. Un po’ lo invidiava… e il display del
cellulare restava nero e vuoto.
“Cosa ti angustia, strega?”
“Nulla” mentì e si alzò, camminando casualmente
sul bagnasciuga. “Vado a fare una passeggiata.”
“Non parlare con gli sconosciuti.”
“Troppo tardi!” aveva riso scappando via.
Un po’ di iodio nell’aria rendeva la strega
persino simpatica… ma chi doveva torturare per sapere
che diavolo stesse accadendo? Il silenzio della ragazza e delle due complici
iniziava ad irritarlo. Il cellulare di Davina ronzò nella borsa rimasta aperta,
Klaus vi gettò un’occhiata per nulla casuale e un grugnito esasperato si perse
nello stridio di un gabbiano: Elena Gilbert iniziava a diventare una spina nel
fianco!
///
I vestiti che indossava erano di buona fattura
ma senza marche in evidenza. La macchina che guidava un gioiellino parecchio
costoso ed ora scopriva che abitava in una bicocca enorme. “Sicuro di non
essere un miliardario in incognito?”
Kol si rilassò parzialmente, notando l’assenza del
SUV. Meno restava lì, più possibilità aveva di uscirne indenne fino a sera. “È
casa di mio fratello” rispose a mezza bocca. “Prendo lo smoking e ce ne
andiamo.”
Smoking? Non conosceva ragazzi della sua età che
possedessero uno smoking, a meno che fosse affittato per un’occasione
particolare.
“Vado a quella festa solo perché sono stato
invitato dall’organizzatrice in persona e non posso tirarmi indietro. Se lo
facessi, perderei la faccia.”
Barbara avanzò con cautela lungo il vialetto
fino al portone spalancato. Non ci dovevano essere molti ladri da quelle parti
e non vedeva neppure cani da guardia. Sentiva solo il pianto accorato di un neonato…
“Ehi, sei tornato!”
… e una bella donna con l’aria esausta che gli
veniva incontro.
“Hope continua a
piangere da stamattina e non capisco che cosa abbia. La pediatra dice che sta
bene ma sto diventando matta, e secondo quel libro sono una pessima madre!”
“Non dare retta ai libri scritti dagli uomini.
Non ci capiscono un tubo di bambini.”
Hayley rivolse uno sguardo disperato alla nuova
arrivata e le palpebre sfarfallarono cercando di riconoscerla. “Ci conosciamo?”
“Lei è Barbara.”
“Hai figli, Barbara?”
“No ma posso dirti con certezza che affogarli
nell’acqua del bagnetto quando fanno così, non è ben visto dalla gente”
rispose, sorridente.
“Mi ci affogo io, se continua a piangere”
sospirò ed indicò il salotto. “Accomodati… se ne hai
il coraggio…”
Barbara sogghignò, osservando le rifiniture dei
mobili, sorvolò il tappeto pregiato, lo stemma con le spade e si inchiodò sulla
‘M’ scolpita nel legno. Anche il blasone. Ed insisteva a dire che non era
ricco. “L’autore del ‘misfatto’ non divide la pena con te?”
“In questo momento lo odio più di me stessa”
rispose mordendo un dito e tenendo d’occhio la bambina che in braccio a Kol aveva smesso di piangere. “Ha smesso” esalò. “Hai
smesso!”
“Sì, va a fare quella doccia arretrata” rispose
cullando la bambina che guardava Barbara oltre il suo braccio con il pollice in
bocca e gli occhioni spalancati. “Prenditi tutto il
tempo che ti serve.”
“Cinque minuti!” gridò già per le scale.
“Fa con calma” ripeté passando un elefantino
rosa alla piccola che lo afferrò e portò alla bocca. “Temo che saremo costretti
a restare più del previsto, Babi…”
“… ed io credo che sarebbe meglio aiutare quella
poveretta, riordinando il casino e ordinando qualcosa di pronto” disse gettando
i giocattoli nell’apposito box. “Ho un mucchio di amiche nelle sue condizioni,
più o meno single…”
Ma la mocciosa il padre ce l’aveva!, pensò di
nuovo di cattivo umore. Trascurava Hope per dedicarsi
alla nuova fiamma, il disgraziato?!
///
“È una maglietta di Niklaus,
quella?”
“La mia roba è a lavare.”
E la gonna era oscenamente corta. Il pudore di
quella ragazza lasciava alquanto a desiderare. Rebekah
dondolò pigra una gamba, seduta al tavolino di un bar all’aperto. “Esattamente,
da dove sta arrivando tuo fratello?”
Liv sbuffò, infilando una mano nei capelli. Il
gomito ruotò sul tavolo e il braccio ricadde oltre il bordo. L’aranciata
oscillò nel bicchiere posato poco distante e le onde concentriche si esaurirono
contro i bordi di vetro. “Bazzicava intorno al Whitmore
College, l’ultima volta che l’ho sentito.”
Google Maps lo
segnalava abbastanza distante da New Orleans. Rebekah
dubitò che giungesse entro sera. Liv le indicò col mento il cellulare
illuminato accanto al bicchiere. “La voce del padrone ti chiama a rapporto.”
Avevano promesso a Davina di tenere la bocca
chiusa, ma alla luce del ritardo della ‘soluzione’… “Urlerà” soffiò sfilando un
dollaro dalla tasca. Liv ribatté con un altro dollaro e le fece cenno di
passarle il telefono. “Sono Olivia. L’incantesimo ha funzionato benissimo ma
tuo fratello ce l’ha rispedito indietro.”
Ora spiegava il ‘maledetto bastardo’ che aveva
sentito ringhiare più volte dalla strega, quella mattina. La sagacia di Kol era encomiabile! “State facendo qualcosa per risolvere
il problema?”
>La cura sarà peggiore del male ma se abbiamo
fortuna ci restituirà i nostri poteri.<
“La fortuna è una puttana cieca che gioca con la
roulette, Olivia. Niente dipende dalla fortuna ma da una pianificazione
strategica accurata.”
>L’arroganza e la presunzione della tua
ragazza ci spediranno nella tomba prima del tempo, non un piano andato male, Klaus…<
“Chi è questa persona? Vi fidate o vi state
lanciando alla cieca in un esperimento?” borbottò girovagando sulla spiaggia.
>Te l’ho detto che ho un fratello psicopatico
e privo di scrupoli, no? Oltre a restituirci i poteri, Kai
sarà la nostra arma segreta per sconfiggere Kol<
Klaus si immobilizzò e l’acqua gelida gli lambì
i piedi. “Nessuno ucciderà nessuno. È chiaro o devo renderlo chiaro, strega?”
Liv sbuffò a bocca aperta e alzò gli occhi al
cielo. “Kai assorbirà i poteri di tuo fratello e
l’incantesimo che fluttua sopra le nostre teste svanirà. Sta calmo, ho tutto
sotto controllo.”
La proposta di Liv sembrava ben più raffinata
dei piani sanguinosi di Davina. “Mi fido di te. Non farmene pentire.”
>Tieni la bocca chiusa. Le avevamo promesso
di non dire niente. La tua ragazza ha la sindrome della prima della classe e
deve sempre dimostrare di essere la migliore<
“Un po’ di frusta le farà bene” disse
rimettendosi a sedere sull’asciugamano. Il puntino colorato stava tornando
indietro assai lentamente e sul cellulare di Davina era apparso un messaggio di
Elena. Klaus si scurì, infastidito. “Tienimi aggiornato.”
///
Elena l’aveva chiamata per sapere come andavano
le cose e presa piuttosto alla larga, ponendo domande delicate. Come per Kol, le aveva suggerito di fare attenzione perché
l’interesse di Klaus mascherava sempre altro e non ci si poteva mai fidare fino
in fondo. E poi aveva detto due o tre cose orribili ma nulla che non sapesse
già.
“Un imprevisto del Comitato” mentì con
leggerezza, rientrando dalla scarpinata che era stata costretta a fare per
allontanarsi dall’orecchio fine del vampiro.
“Questa relazione
migliorerebbe se passassi più tempo a fare castelli di sabbia con me, che al
telefono con i fornitori” disse tirando con eccessiva forza un sassolino in
acqua, seccato dall’ennesima bugia.
Davina controllò lo stato del viso arrossato dal sole
nello specchietto tascabile e sorrise. “Dove sono paletta e secchiello?”
“Ho una vanga per tutte le evenienze nel
portabagagli” disse con un tono così leggero e scanzonato che la strega scoppiò
a ridere di gusto. “Prendila, io progetto il ponte levatoio... ma niente
alligatori nel fossato: draghi! Bisogna sempre pensare in grande, nella vita!”
°°°
“Mh… tende un po’ a sinistra…”
“La mia
torre è perfettamente dritta… ma il tuo ponte levatoio è appena sprofondato,
cuoricino. Resquiscat in pace.”
“Poco male. È franato sulla testa del tuo drago e la principessa è finalmente
libera di tornare a casa” commentò e una schicchera le arrivò sul naso e la
riempì di sabbia. “Scemo” sputacchiò con una lunga occhiata obliqua. Aveva il
look del surfista australiano senza i muscoli del surfista ma non era magro
come pensava.
“Il gorgoglio che sento è il rantolo disperato
del mio drago agonizzante o solo il tuo stomaco?” domandò spazzando col dito un
po’ di sabbia dalla guancia. La carezza si spostò sui capelli e si fermò sulla
nuca. Davina incrociò il suo sguardo e una cascata di battiti sconnessi la
travolse. I brividi scivolarono sul collo, si diffusero nelle spalle e
all’improvviso c’erano solo la solidità del corpo, il suo sapore in bocca, il
pizzicorino strano della barba che le pungeva le labbra. Gli si aggrappò
addosso, quasi temendo che, se non l’avesse afferrato subito, sarebbe svanito
come il fuoco di un sogno.
Nascondeva una natura passionale sotto lo strato
di timidezza e un naturale istinto di protezione ed esclusione si unì al
desiderio di possederla. Era bellissima, morbida, rossa di sole e calda di
desiderio. Gli occhi le brillavano attraverso le ciglia socchiuse. Sembrava
un’altra persona. Era lei che ‘sentiva’, quando la mordeva? Era la ‘cosa’ che
non riusciva a raggiungere e che bramava a tutti i costi?
°°°
“Stai scherzando?!”
“No. Vorrei che fossi tu ad istruire Hope, se mai manifesterà capacità magiche. Hayley è d’accordo. Ci fidiamo e sappiamo che le vuoi
bene.”
E a lei chi gliela insegnava, la magia?! Erano
mesi che prendeva toppe clamorose, tanto da farla dubitare delle proprie
capacità!
La seconda portata arrivò, più attraente della
prima. Davina ne percepì l’odore ma non riuscì a prendere in mano la forchetta.
Gli aveva mentito praticamente su tutto da quando aveva aperto gli occhi, e
Klaus le chiedeva di introdurre la figlia all’arte della magia. “Non è compito
mio. Ayana…”
“Quell’arpia mi ha promesso di proteggerti e non
ha fatto granché, finora. Non mi fido di qualcosa che non posso minacciare ed
eventualmente uccidere se voglio” borbottò e Davina fu sicura di vedere il
commensale del tavolo accanto, sbirciarli per un breve secondo. “Klaus, sono
priva di poteri” sparò in un sussurro. “Kol mi ha
fregato un’altra volta e quel che è peggio, è che potrei morire per una
banalità e tornare come vampiro e questo mi seccherebbe moltissimo, molto più
del ricevere telefonate della tua ex che mi consiglia di fare attenzione ai
tuoi raggiri!”
“Le parole esatte?”
“Chi controlla Davina, controlla tutta la città.”
“Mai saputo di
avere influenza su di te, cuoricino. Fai quello che vuoi, quando vuoi ed usi
tutti i mezzi necessari per raggiungere i tuoi scopi.”
“Non sono così
spietata!”
“Ha il fegato di usare me per ingelosire Kol, ben sapendo che non potrei torcerti un capello neppur
volendo.”
“Sei riuscito a
sopraffarmi una volta” gli ricordò e la voce mostrò una nota di insicurezza che
sapeva non sarebbe passata inosservata. “Potresti rifarlo in qualsiasi momento.”
“Ricatto e violenza
non fanno parte dell’accordo, cuoricino” disse e Davina percepì un cambiamento nella voce, d’un tratto
più calda e dolce. “Mangia le verdure.”
Nutrirla era lo scopo della sua vita. La strega
piluccò l’insalata dal piatto e la tenne sulla punta delle forchetta. “Lo sai
che ho ragione.”
“Ragione su cosa?”
La lattuga scrocchiò sotto i denti. “Tende a
sinistra.”
°°°
Klaus aveva calcolato che le ultime relazioni –
ben distribuite nell’arco dei secoli - erano durate all’incirca sedici ore, minuto
più, minuto meno, ma quell’insana follia con la strega sembrava ben avviata e
destinata a durare. Davina Claire era il suo frutto proibito, la ‘cosa da non
fare in pubblico’, l’atto più perverso che non poteva
chiedere alla propria donna. Lo schema che per mesi aveva funzionato alla
grande – lui ordinava e Davina sbuffava e con ‘i suoi tempi’ obbediva – si era
riproposto a gran voce sulla spiaggia. Il pensiero gli stava friggendo il
cervello e se lo guardava con quel musetto, gli veniva voglia di farle cose che
probabilmente non aveva mai sentito nominare in vita sua.
I ‘suoi tempi’ si erano ristretti non poco e
doveva insegnarle tutto a partire da zero. Che meraviglia!
Appena giunti a New Orleans in perfetto anticipo
per la festa e senza alcuna notizia della ‘soluzione’, Davina si era fermata
sulla soglia del loft e gli aveva chiesto che altro avesse intenzione di fare
per lei, a parte nutrirla e proteggerla.
‘Quel che dovrebbe
fare ogni uomo per la propria donna: soddisfarla’,
aveva risposto fra il serio e il faceto e la strega l’aveva tirato dentro,
prendendolo per la maglietta. Si sarebbe fermata da sola, aveva pensato,
assecondandola. Avrebbero giocato finché il
naturale desiderio di conoscerlo non l’avesse sopraffatta e dal canto suo
poteva accelerare le cose, accarezzandole le labbra con il pollice e aspettando
quel gemito bellissimo che non riusciva mai a tacere. Il miagolio implorante si
era perso nell’aria e l’odore del suo sesso era aumentato, intossicandolo. Era
quello sguardo appannato ad eccitarlo senza via d’uscita, il modo in cui
reagiva al suo tocco, il respiro ansioso, le piccole mani aggrappate alle
spalle. Era affamata, vogliosa e scoordinata.
“Devi dirmi cosa vuoi e devi essere ben sicura
di volerlo… non posso tornare indietro con te…” le aveva detto, non ricevendo alcuna risposta. Era
deliziosa, tutta piena di desiderio e paura. La granula di perversioni cadeva ormai
a pioggia sull’asfalto fumante del suo cervello. Lasciarla morire di desiderio?
No, che crudeltà...
MysticFalls
“Tu sei pazza ad infilarti di nuovo in quella
storia!”
Elena sospirò e si staccò dalla finestra,
adocchiando il fondoschiena di Caroline che emergeva dalle profondità
dell’armadio. Aveva già tirato fuori mille vestiti e centinaia di paia di
scarpe e non sembrava ancora soddisfatta della scelta. Non poteva esserlo, nel
suo stato d’animo.
“Davina è la mascotte della casa e Klaus la
tollera a malapena.”
Alla sua età le cotte passavano in fretta. Aveva
conosciuto Jeremy e gli aveva lasciato gli occhi addosso e aveva rifiutato Kol… e lui sì che era sexy. Sexy e stronzo. Nel poco tempo
che era stata a New Orleans avevano stretto amicizia, perché doveva condannarla
ad un’eternità di sofferenze?! Non aveva senso.
Caroline la scrutò, seduta sul tappeto,
circondata dai vestiti e gli accessori passati di moda. “Elena, no. Non andremo
a New Orleans un’altra volta.”
La vampira scavalcò le pile di vestiti con un saltello.
“Klaus neppure si accorgerà di me.”
“Tu finirai come Katherine!” le urlò dietro. “Varca
quella soglia e Kol sarà l’ultima delle tue
preoccupazioni!”
“Farai la spia con Damon?” domandò, incredula. “Care,
pochi mesi fa mi spingevi a chiamarlo.”
“Aveva un senso, adesso non ha alcun senso!
Damon è tornato e la vostra storia sta ingranando. Perché vuoi buttare all’aria
tutto? Hai ancora la sua catenina, lo so, l’ho vista!”
“Coglierò l’occasione per rendergliela” sospirò,
posando la mano sul fianco. “Vado lì solo per parlare di persona con Kol e capire che sta succedendo nella sua testa. Quel treno
è passato, Care.”
“Non glielo hai mai detto. Damon non sa tutta la
storia…”
“C’è la festa delle Benedizioni, stasera. Metti
un bel vestito nella valigia. Ci cambieremo per strada” rispose sorvolando la
sua affermazione.
“Non c’è niente di meglio che iniziare una
relazione con una bugia” disse stirando una maglietta con le mani. “Devi
dirglielo o lo scoprirà da solo e ne resterà ferito.”
“Da quando ti preoccupi dei sentimenti di Damon?”
Il recente lutto l’aveva resa sentimentale.
Caroline rinunciò al repulisti e rigettò tutto nell’armadio. “Fa come ti pare
ma non venire a piangere sulla mia spalla quando scoppierà il casino…”
Capitolo 30 *** La bara in cristallo o in mogano? ***
Davina dubitava di uscire indenne dall’incontro
con la ‘soluzione’: Kai era completamente fuso di
testa e classificarla come ‘batteria esausta’, era stata la cosa più normale
che avesse detto fra una stramberia e l’altra. Le aveva spiegato, nel suo modo
colorito e altisonante, che lui li assorbiva, i poteri, e che per un certo
lasso di tempo poteva usarli, forse addirittura trasmetterli. ‘Si poteva fare
un tentativo, ma l’ufficio reclami sarebbe rimasto chiuso fino a data da
destinarsi’.
Mentre guidava diretta al bayou, Kai
non aveva smesso di parlare per un secondo, elencato i tentativi di suicidio
andati a vuoti nel mondo in cui era stato intrappolato ed infine declinato
l’offerta di Liv di riprovarci in questo
mondo. Davina aveva sorriso e lo sguardo era rimbalzato nello specchietto
retrovisore, incrociando quello di Rebekah che si era
sporta avanti e le aveva chiesto di raccontare i dettagli sporchi della giornata. Davina aveva pestato il pedale
dell’acceleratore, la bocca cucita: poteva aver detto qualcosa di troppo, ma
nulla che non pensasse veramente.
Giunti nel punto esatto in cui era avvenuto il
rito, Kai si era guardato intorno, risalendo le punte
degli alberi in cerca della ‘nube iridescente’. Avevano formato un piccolo
triangolo, tenendosi per mano. Il potere era tornato indietro, l’aveva sentito
fluire nei polpastrelli, il pizzicorino si era trasformato in calore e le era
parso di nuotare a pelo dell’acqua in una tiepida mattinata estiva, la schiena
riscaldata dal sole. Infine l’aveva sentito fuoriuscire dalle punte dei
capelli, delle ciglia e dal respiro e quando aveva pensato che fosse tutto
finito, la luce si era fatta tiepida e aranciata, l’acqua era diventata simile
a fili d’erba e una figura inaspettata le aveva detto che…
///
Ed
ora riprenderai ad ignorarmi?
Non
ti ho mai ignorato, strega...
L’hai
fatto, in libreria.
Klaus aveva infilato le dita a pettine fra i
capelli e accarezzato la nuca. La pelle d’oca l’aveva ricoperta interamente. Aveva
giurato di non cedergli mai e si comportava come la più calda delle amanti.
Questa
unione farà incazzare molta gente e pioveranno accuse pesanti, cuoricino. Sei
pronta a subirne le conseguenze?
Siamo
l’aristocrazia, Klaus. Non chiediamo al popolo se le tasse sono troppo alte, le
riscuotiamo e basta.
Una fitta di piacere gliel’aveva reso duro come
un sasso. Davina si era strusciata come una gatta e accoccolata contro di lui.
Era piccola e leggera, la manovrava bene. Non percepiva la minima resistenza,
si fidava completamente.
Mi
piacciono le tue mani… sono così grandi e morbide…
A lui piaceva passargliele addosso. Avevano un
altro accordo.
Davina aveva alzato la testa e piantato il mento
sullo sterno. Il respiro gli aveva lambito la pelle. La gente non ci crede veramente… ci asseconda
per comodità ma nessuno pensa sia vero…
Neanche
tu.
‘Questo’
non significa un bel niente per te, aveva detto e nel contempo era giunta la telefonata di Liv che annunciava
l’arrivo della ‘soluzione’. Davina l’aveva abbandonato nel letto, frustata dal
demone dell’urgenza, e se n’era andata senza un bacio o un saluto.
Fermo alla finestra dell’enorme salone delle
feste, Klaus si era reso conto del forte ritardo della strega. Marguerite
scalpitava per reclamare il suo posto nella congrega e neppure Rebekah si era degnata di informarlo sull’esito
dell’incontro. Un’inquietudine sotterranea lo pervadeva. Davina perdeva il
controllo degli incantesimi da mesi e non era raro che una strega perisse di
propria mano durante…
“Nik!”
Oh, per l’amor di dio!
“Stai bene? Sei pallido.”
“Che diavolo è successo nella palude? Perché
questo ritardo?!” l’aveva aggredita senza remore.
Rebekah si era umettata le labbra, indecisa. “C’è stato
un imprevisto.”
Che imprevisto?!
°°°
“Mi piace la musica.”
“Felice di saperlo. Mi è costata un’ora di
discussione in Consiglio.”
“Te l’ho detto che sono un ballerino
eccezionale?”
La forcina che ballava dall’acconciatura cadde
del tutto mentre la faceva piroettare e il vestito si allargava attorno alle
gambe nude. Kai indurì il polso muovendo il braccio e
Davina gli rimbalzò addosso con un singhiozzo sorpreso. Il fratello di Liv era
da ustione, e così sicuro di se da farla sentire una bambinetta dell’asilo. La
sua autostima aveva avuto un calo disarmante nel giro di pochi giorni…
“Davina Claire, sei in ritardo!”
La punta delle scarpe ruotò e Davina si ritrovò
faccia a faccia con Marguerite.
“Stai prendendo sottogamba il tuo ruolo nella
congrega” continuò malcelando la curiosità
riguardante il ragazzo. “Quest’atteggiamento scorretto sta facendo parlare di
te, Davina. Le altre streghe non ti vedono più di buon occhio.”
Aveva decretato la fine del ‘Raccolto’, non la
vedevano di buon occhio da mesi…
“Trascuri i tuoi doveri e ti rendi irreperibile
al Consiglio, frequenti posti e persone poco raccomandabili e ti presenti in
ritardo alla Festa, manifestando completo disprezzo per le regole e mancando di
rispetto a tutti noi.”
Davina si morse le labbra, consapevole che metà
delle accuse mosse erano vere e le altre potevano essere reinterpretate da
chiunque in qualsiasi modo. Da quando era stata proclamata Prima Strega contro la sua volontà, non aveva fatto altro che
rispondere degli errori di Genevieve…
“Hai scritto il discorso, almeno?”
L’aveva scritto Klaus, andava bene lo stesso?
“Allora muoviti” disse allontanandosi in
direzione di un gruppetto di streghe che le spiavano senza riguardi. Klaus
aveva torto: le stronze non avevano bisogno di una regina che le guidasse, ma
di una Malefica che le punisse.
///
“In queste occasioni, il dresscode impone l’abito lungo.”
“Non posso prendere a calci Kol
con un vestito che mi impiccia le gambe.” Elena frenò in mezzo allo strada,
porgendo le chiavi al posteggiatore che non risparmiò uno sguardo
d’apprezzamento alle lunghe gambe della vampira. Caroline, in nero per rispetto
a Liz, era bellissima. “E se ci chiedono l’invito?”
“Diciamo che siamo ‘amiche’ di Klaus” virgolettò
ma la porta era incustodita e, generalmente, nessun buttafuori impediva mai
l’accesso a due sventole come loro. Elena si sollevò sulle punte dei piedi
avanzando cauta fra la folla. Avrebbe dovuto partecipare alla festa, un anno
prima, in qualità di accompagnatrice tappabuchi…
quella era Davina?! Accidenti se era cambiata! Elena si tenne in disparte
osservando il vestito, l’anello che scintillava al dito, l’acconciatura a
regola d’arte e, quando un invitato si spostò, Kai al
suo fianco. Caroline ebbe un mezzo singhiozzo. “E da quando sono amici?!”
“Cosa gli ha promesso in cambio del favore, piuttosto…”
°°°
“So come ci si sente a voler strangolare un
famigliare perché si è comportato male... l’uomo con cui stavo da anni mi ha
lasciato per mia sorella e non ho mai capito se ce l’avessi più con lui o con lei…‘è capitato, non
è colpa di nessuno, Barbie. È capitato e basta’ hanno detto…
come se bastasse a giustificare il doppio tradimento…”
Portarla a New Orleans era stata una pessima
idea. Era così stanco di avere intorno quella gente e i suoi fratelli…
“Mi sono arrabbiata, ho pianto, ho urlato e gli
ho riempito il portacenere della macchina di pasta d’acciughe…
risultato, loro stanno ancora insieme ed io ho la gastrite nervosa…”
“Pasta d’acciughe?”
Barbara ammiccò. “In estate. Un tanfo
micidiale.”
Kol rise sommesso e guardò in basso, oltre la terrazza.
Erano proprio sopra l’ingresso principale.
“A te come è andata?”
Il braccio girò attorno alla vita della donna e
rimase lì. “Mi ha allontanato senza un motivo vero e proprio ed in seguito sono
venuto a sapere che aveva una cotta per mio fratello…”
“… e hai cominciato a chiederti se non fosse
cominciata ben prima” concluse ma Kol scosse la testa
e le toccò i lunghi capelli ondulati. “Ho iniziato a pensare che avesse scelto
me perché non poteva aver lui.”
“Devi parlare con loro. Non puoi restare col
dubbio per sempre e tagliare i ponti con la tua famiglia non aggiusterà le
cose.”
Non poteva imputare tutte le colpe al fratello,
ne prendersela con Davina per non averlo amato come desiderava. Alla luce di un
freddo ragionamento, quell’incantesimo non aveva più motivo di esistere.
°°°
“Davina è bellissima, questa sera.”
Il rosa era un colore ridicolo ma su di lei
funzionava. Il corpetto stringeva e sollevava tutto al punto giusto e l’anello
scintillava all’anulare. Sarebbe diventata una splendida donna ma non era
ancora pronta al ruolo che voleva affidarle. Klaus ringraziò il fratello per il
bicchiere di champagne e tornò a studiare la strega. Aveva ribattuto alle
accuse di Marguerite come una bambina sgridata dalla mamma e non si era neppure
sforzata di personalizzare il discorso, l‘aveva imparato a memoria e recitato
tutto d’un fiato. Avrebbero dovuto rivedere il suo approccio col pubblico.
“Dovresti invitarla a ballare. La gente se lo
aspetta.”
“Abbiamo creato l’illusione, Elijah. Non
dobbiamo crederci veramente o assecondarla quando non è il momento…”
“… ne dimenticarla quando ci fa comodo” sorrise.
“Non ti farebbe male prendere un respiro
ogni tanto.”
“Non è il momento” ripeté sbarazzandosi del
bicchiere. Rebekah era rimasta vaga sull’accaduto e
sembrava nascondesse qualcosa. Klaus l’aveva vista tenere d’occhio Davina e il
nuovo amichetto strambo e poi aveva guardato lui ed il suo sguardo gli era
piaciuto ancora meno. “Scopri cosa nasconde nostra sorella, io torchio la
strega.”
°°°
Lo
sai di essere posseduta da una strega?
Sì…
E
hai capito che è lei a sabotare tutti i tuoi incantesimi?
Perché
dovrebbe farlo? Non ha senso…
Eccome!
Se muori, sarà libera di subentrare al posto tuo.
L’accordo iniziale con Klaus non lo prevedeva,
ma le streghe facevano come volevano e non sarebbe stato il primo vampiro ad
essere gabbato da una di esse. Davina sostò di fronte all’enorme specchio del
bagno, rassettò il vestito schizzato d’acqua e tirò dentro lo stomaco. Contegno
e classe, ripetè abbandonando la piccola stanza. Contegno
e classe… oh, bene… mancava
solo lui a rimproverarle il ritardo e l’esposizione del discorso.
Klaus la guardò senza alcun accenno di animosità
sul viso. Aveva camminato fin lì rimuginando una lisciata di pelo con i
controfiocchi, e la scopriva un ammasso di fragilità e nervi. In un altro
momento ne avrebbe approfittato a mani basse, ma ora…. bah, il suo umore
ballerino faceva gli straordinari, quella sera… “Che
ti sta succedendo, strega?”
Davina scrollò le spalle e si spostò rasente il muro.
“Ho bisogno di parlare con te, Elijah ed Hayley… puoi
chiamarli, per favore?”
°°°
Il contratto vincolava l’intera comunità delle
streghe al clan reggente dei vampiri e non escludeva neppure i licantropi,
avendo incluso Hope. Il precedente accordo era andato
perso dopo la guerra contro la famiglia Guerrera e Genevieve l’aveva passato nel trita documenti, lanciandogli
la maledizione.
Klaus la guardò, abbassando il foglio. “L’hai
già firmato.”
“Ed ora tutte quelle stronze saranno costrette a
giurare fedeltà e lealtà alla famiglia Mikealson. Molte di loro leccherebbero
gli escrementi sul marciapiede pur di non avere più nulla a che fare con voi”
rispose, la voce colma d’astio. “Se lo firmate, dovrete impegnarvi a
proteggerci in caso di attacchi esterni ma nessuno sano di mente attacca le streghe… il contratto pende tutto dalla vostra parte e
assicura protezione alla bambina.”
Hayley sgranò gli occhi, ferma sopra la spalla di
Klaus. “Sei sicura di voler procedere? Ti inimicherai tutta la congrega,
Davina.”
“Non sono capace di regnare, ma ho ancora voce
in capitolo come membro del Consiglio e Prima Strega. D’ora in poi, decido io.
Si fa così e basta” disse e il vampiro sorrise, preparando inchiostro e
calamaio.
“Calma” lo frenò, Elijah. “Il contratto è
nominale ed odio ricordarlo, ma la tua durata su questa terra è limitata nel
tempo, Davina.”
Kai schioccò le labbra e la strega lo guardò. Non si
fidava a lasciarlo vagare nel salone da solo, perciò erano stati costretti a
tirarselo appresso.
“Malachai Parker, il
nuovo capo delle Congrega Gemini” lo presentò e il ragazzo alzò una mano in
cenno di saluto, fermo alle spalle di Davina. “Kai ha
una peculiarità che lo rende unico.”
Un sorriso abbagliante? Klaus lo fissò con poca
convinzione. “Elijah ha ragione. Trasformarti in vampiro annullerebbe il
contratto, Davina.”
“Le streghe possono vivere quanto vogliono… devono solo decidere di farlo e per quanto tempo”
borbottò passandogli il timbro che aveva trovato nella tomba di famiglia
Claire. Aveva smesso con i ‘cuoricini’ e le ‘dolcezze’. Era indicativo del
cambio di rotta postcoitus non consumatus.
“Mi obblighi a rifornirti a vita di orsetti gommosi…”
Davina sorrise, ironica. “L’accordo vincola
l’intera famiglia. Rebekah ne trarrà vantaggio come
voialtri e Kol, essendo un Mikealson, sarà costretto
a proteggermi.”
La mente di quella ragazza funzionava in maniera
sublime.
“Alla mia morte, naturale o ‘accidentale’, verrà
automaticamente nominato Primo Stregone. Questo darà tempo ad Hope di crescere ed entrare nel pieno del suo potenziale
magico. Che ne dite? Vi piace come idea?”
“Una propaganda convincente, strega. Hai il mio
voto.”
“Non l’ho mai messo un dubbio, vampirastro.”
“Non così in fretta, ho detto.” Elijah alzò il
dito e Klaus gli occhi al soffitto. Il fratello lo guardò con un certo
interesse. “Sei cosciente che questo… ‘contratto
prematrimoniale’ ti legherà indissolubilmente a Davina e che non potrai
sbarazzarti di lei quando ti sarai stancato?”
“Elijah, non è un contratto prematrimoniale”
sussurrò la ragazza, stappando e tappando la penna che aveva estratto dalla
borsetta. “È solo una balla costruita a tavolino a cui tutti hanno creduto per
convenienza. Siamo entrambi liberi di seguire altri interessi, stiamo parlando
di affari non di piacere.”
Klaus sorrise, la indicò con la mano e la lasciò
ricadere sul bracciolo della sedia antica. La loro relazione si basava sulla
reciproca lealtà, non avrebbe certo questionato eventuali amanti futuri. Non
l’aveva fatto con Hayley, e lei era la madre di sua
figlia. Davina era giovane ed entusiasta ed una volta esaurita la curiosità,
avrebbe cambiato strada. Quel che contava veramente, era la ‘fedeltà alla
causa’. “Non le infliggerei mai me stesso oltre il necessario.”
E se lei avesse voluto essere afflitta? “Possiamo procedere? Devo
aprire le danze.”
Hayley li fissò a turno, posando il mento sulle mani.
“Che cosa è successo nella palude?”
“Liv è stata punta dalle zanzare e ha giurato di
non metterci mai più piede” rispose senza alzare gli occhi dalla penna.
“Che cosa è successo nella palude?” ripeté la
donna lupo guardando il giovane ospite. “Un contratto del genere, scritto sul
retro del volantino della pizzeria, puzza di cadavere fresco.”
Il risolino di Kai
fece eco alle sue parole. “La strega che la possiede sta sabotando tutti i suoi
incantesimi per mandarla incontro a morte certa e prendere possesso del corpo.”
Un pallore mortale le calò sul volto e Davina si
sentì risucchiare giù per lo scarico dell’imbarazzo. “Ti avevo chiesto di
tenere la bocca chiusa…”
“Mi avevi promesso una festa divertente e una
ricompensa faraonica e finora hai disatteso l’impegno” la rimproverò con una
mezza linguaccia. “Ho disatteso il mio impegno.”
Davina prese la testa fra le mani e chiuse gli
occhi, sospirando. “Klaus, non sbattere il pugno sul tavolo. Ho già in mente un
modo per fregare Ayana.”
Il vampiro tirò bruscamente indietro la sedia,
dondolando una gamba sull’altra. Era furioso e si conteneva a malapena.
“Ayana non può
prendere possesso del mio corpo quando sono incosciente e un incantesimo del
sonno può essere interrotto solo da una presenza esterna. Dovrete fare in modo
che nessuno mi arrechi danno mentre giaccio addormentata, il patto resterà
valido e la mia vita su questa terra sarà prolungata.”
“La bara in cristallo o ti accontenti del
volgare mogano?”
“Cristallo, potendo scegliere.”
“Stile?”
“Non sono ferrata in materia. Cosa va sul
mercato, adesso?”
“Klaus, non assecondare la sua follia!”
Doveva, l’impulso di strangolarla era troppo
forte.
“Mi fa incazzare che dopo tutto questo tempo non
ti fidi ancora di noi! Per quanto tempo l’avresti tenuto nascosto?” esclamò Hayley, arrabbiata.
La strega non rispose e non si azzardò a
guardarla ma notò il passaggio veloce di documenti fra i due fratelli. Hayley firmò l’accordo con uno svolazzo arrabbiato e il
marchio della Mezzaluna calò come un martello sulla ceralacca, accanto al
sigillo dei Mikealson. “Ora che abbiamo fatto la storia, cerchiamo il modo per
fare il culo a quella stronza.”
Il buffet della festa era più nominale che reale,
e appena Kai aveva cominciato a smaniare come un
bambino capriccioso, Davina aveva proposto di abbandonare la festa per scappare
da Joe, il re degli hamburger. Era curiosa di scoprire se davvero ‘si potevano concludere molte trattative
davanti ad un buon bicchiere di vino e un ottima cena’ .
Per ora, l’espressione estatica che aveva messo
su, confermava la potenza del triplo cheeseburger grondante condimento. Non
passavano inosservati fra i turisti e i locali abbigliati in maniera sportiva,
e forse qualcuno stava chiedendosi perché la ragazza col vestito di seta era
seduta a bere lo shake alla fragola, invece di sorseggiare champagne alla festa
scintillante da cui era fuggita.
Davina aveva notato più di un’occhiata di
ammirazione dagli uomini incrociati in strada, solo Klaus non l’aveva degnata
di uno sguardo. Doveva arrendersi all’evidenza: le uniche cose che poteva
ottenere da lui, erano cibo e politica. Chissà che sforzo aveva fatto per
baciarla, sulla spiaggia… al resto non osava
pensarci. “Liv, siamo qui.”
La strega avanzò fra i tavoli, la solita aria
annoiata. Lasciò cadere la sacca in terra e rubò due patatine dal piatto del
fratello. “Qual è la storia?”
La ‘storia’ si era abbattuta sulla sua testa di
punto in bianco mentre camminavano per raggiungere il pub.
Tu
ti sacrificheresti per amore o per aiutare un amico?
Io
non nego il mio aiuto a nessuno.
Ho
conosciuto questi due, cane e gatto per sei mesi… ma
a lasciarli insieme altri sei mesi… beh, va a finire
che lei resta nel mio mondo e lui se ne torna a casa dalla fidanzatina.
Domanda: l’ha salvato per amore e se sì, quanto è sfigata?
Come
sono arrivati sul tuo mondo?!
Le
prigioni possono esplodere durante i grossi allineamenti planetari. Entrano in
risonanza e bum!
Come
si crea un mondo prigione?
Usando
un sacco di potere e le giuste congiunzioni astrali.
“Voglio spedire la strega che mi possiede sul
mondo prigione di Kai ma non posso fare incantesimi
perché Ayana li boicotta tutti” disse tutto d’un
fiato. La congrega ospitava più di duecento streghe ma le consorelle la
odiavano e non l’avrebbero mai aiutata. Stringendo il patto con i Mikealson si
era condannata. Governare era difficile e si rischiava sempre di scontentare
qualcuno.
“Serve un Ascendente ma è ridotto in pezzi.
L’ultima volta che l’ho visto era a casa dei Salvatore. Damon ed io abbiamo
avuto un piccolo litigio, dovrai spicciartela da sola.”
“Damon Salvatore è vivo?!”
Liv aveva annuito. “Ci stanno riprovando, lui ed
Elena.”
Perciò la strega che era rimasta intrappolata
sul mondo prigione… “Kai,
state trattenendo una strega Bennet contro il suo
consenso?”
“A-ah” commentò il ragazzo sorseggiando la
Pepsi. “Mi sento in colpa, quando ci penso.”
Liv emise un singhiozzo ironico e Davina si
lasciò andare contro lo schienale della sedia. L’Altro Lato era solo un mondo
prigione esploso durante un allineamento planetario, quindi... "Qetsiyah è la capostipite della famiglia Bennett e colei
che ha creato il primo mondo prigione. Le Claire sono imparentate con le Bennet. C'è sempre stata una famiglia Parker a capo della
vostra congrega?"
"Dovrei controllare le cronache della
famiglia per averne la certezza... oppure Kai
potrebbe smettere di rimpinzarsi di patatine fritte e rispondere alla tua
domanda. Ha ereditato la ‘conoscenza’, durante la fusione.”
Il ragazzo sorrise, irritando la sorella. “Non
la deconcentrare, sta andando bene.”
"Ayana è una
discendente di Qetsiyah… ha insegnato ad Esther una variante dell’incantesimo per trasformare i Mikelason... una variante dell'Espressione... magia nera..."
sussurrò Davina stringendo le tempie fra le mani. "Kol
pratica la magia nera… potrebbe fare l'incantesimo
anche senza Ascendente…"
“Non si può fare quell’incantesimo senza
l’Ascendente.” Liv posò i piedi sulla sedia vuota e tirò indietro i capelli. “Kol è così incazzato con te che potrebbe spedirti sul mondo
prigione a fare compagnia alla Bennet.”
“È legato dal patto che ho stretto con i
Mikealson. Non puoi causarmi alcun danno ed è costretto a proteggermi dalle
minacce esterne. Ayana è una seria minaccia per me,
la congrega e la nipotina.”
Una ciocca bionda vorticò fra le dita di Liv.
“Oppure, Kai potrebbe risucchiare la stronza e
ottenere potere illimitato senza dover andare in giro a rubare quello degli altri…”
“Ma a Kai piace rubare
il potere degli altri” confermò il nominato che girò un’occhiata lunga a
Davina. “A Kai piacciono tante cose ultimamente.”
///
Kol era tornato nel salone principale per ‘sbrigare
la pratica’ e aveva scoperto Davinavolteggiare fra le braccia di uno sconosciuto dal sorriso smagliante.
Barbara gli aveva chiesto se era lei, la ragazza. Kol
aveva risposto con un grugnito. Voltatosi, si era trovato faccia a faccia con
Elena e Caroline. Elena era scomparsa dal suo radar di punto in bianco, celata
da un incantesimo di occultamento che non riusciva ad aggirare. Con che
coraggio si presentava lì, sapendo a cosa andava incontro? Era bastato uno
sguardo d’intesa e Caroline aveva soggiogato Barbara e portata al sicuro.
L’espressione tesa di Elena si era smontata di colpo e Kol
si era sentito un verme. Aveva agito sull’onda dell’irritazione e del dolore
coinvolgendo tutti.
“Non ho intenzione di proseguire l’incantesimo,
non devi temere più per la tua vita...”
“Che cosa è cambiato?”
Kol aveva voltato lo sguardo nella stanza,
imbarazzato. “Ho capito un po’ di cose da solo.”
Però soffriva ancora ed Elena non si era sentita
di biasimarlo. “Anche io ho una novità… Damon è
tornato a casa ma Bonnie è ancora persa…”
Con una presa amichevole, Kol
le aveva circondato le spalle. Erano rimasti a contatto per pochi, sufficienti
secondi. Poi Elena l’aveva avvertito che il ragazzo che ballava con Davina era
pericoloso, assorbiva i poteri delle streghe.
“Temo sia qui per me e penso di sapere chi sia
stato a convocarlo.”
“Non Klaus. A lui piace sporcarsi le mani.”
“Ascoltala, dice il vero.”
Elena aveva alzato gli occhi al cielo. Li aveva
visti sgattaiolare via con atteggiamento furtivo poco prima. Avevano già
concluso la riunione segreta?
Era così sfacciatamente somigliante a Katherine
con le belle gambe in vista e il vestito inadatto alla serata…
“Complimenti per il tempismo, Gilbert. Ora ha tutti gli ingredienti che gli
servono per completare l’incantesimo! Impulsiva come tutte le Petrova, meriti di fare l’Ancora.”
“Perché non ammetti di essere preoccupato per me,
invece di sbraitare e paragonarmi a Katherine?”
“Hai disprezzato il mio amore, non avrai la mia
compassione” aveva detto, liquidando il discorso con un gesto della mano e
rivolgendosi al fratello. “In base al contratto stilato dalla strega Claire e
firmato da tutto il Consiglio, Davina ti nomina suo successore e ti chiede
ufficiosamente di insegnare ad Hope i fondamenti
della magia.”
Kol lesse l’accordo con tutta calma, Elena pressata
contro il suo braccio. Più che un accordo, sembrava un testamento. “L’ha
scritto di suo pugno?”
“Sul retro del volantino di una pizzeria. Vuoi
vedere l’originale?”
“Perché Davina farebbe una cosa del genere la
sera del suo ‘trionfo’?” aveva chiesto, sospettoso. “Ha tutto quello che vuole.
Potere, attenzioni… il lacchè che desiderava...”
Un sorriso laconico distese le labbra di Klaus.
“La strega che la possiede ha deciso di terminare precocemente la sua esistenza,
e abbiamo ragione di credere che il prossimo incantesimo di Davina sarà anche
l’ultimo.”
Kol l’aveva cercata con lo sguardo, terreo in
volto.
“Ora, smonteresti quel cazzo di sortilegio che
vortica sulla testa di mia figlia e se non è di troppo disturbo, ricacceresti
la strega dal nulla da cui è venuta?” aveva domandato il vampiro con un sorriso sfolgorante che significava
‘fallo subito o ti sbrano di fronte a tutti’. “Gilbert hai cinque minuti per
recuperare la tua amica ed abbandonare la festa. Un minuto in più e ti darò la
caccia personalmente per i prossimi cinquecento anni.”
///
Liv era sparita, adducendo un’emicrania da
‘eccessiva esposizione fraterna’. Josh e gli altri,
annoiati dalla festa, erano fuggiti in un locale poco distante e Davina li
aveva raggiunti a seguito di un breve e coinciso scambio di messaggi. A parte
le assurdità che gli uscivano di bocca, le domande a raffica e i curiosi punti
di vista, Kai non era peggiore o migliore di un
qualsiasi abitante di New Orleans con particolarità soprannaturali. Si era integrato
bene con i suoi amici. Era stato anche gentile a darle la sua giacca quando era
rabbrividita di freddo, in strada.
“Ero un simpatico killer di quartiere prima che
la maledetta fusione tirasse fuori lati di me che non conoscevo” esalò odorando
la birra e assaggiandola con la punta della lingua. “La mia fantastica
personalità è stata spazzata via ed ho sviluppato una terribile empatia che mi
sta mandando al manicomio. Sai che provare a chiedere scusa ai tuoi familiari
rimasti in vita, è come sbattere contro un muro di gomma? Nessuno ha voglia di
ascoltare quello che hai da dire.”
Davina annuì comprensiva, voltando lo sguardo
sulla macchina del karaoke che giaceva da tempo in un angolo del localino. Era
coperta di polvere e forse non era mai stata utilizzata.
“Mi piace questa città, sto pensando di fermarmi
un po’. Una vale l’altra quando non hai nessuno che ti aspetti a casa” spiegò e
la strega sentì la stanchezza crollarle addosso. La giacca scivolò un po’ dalle
spalle.
“Tu ce l’hai qualcuno da cui tornare?”
La cannuccia rossa nel bicchiere finì di pestare
la frutta decorativa del cocktail e ricadde lungo il bordo. Davina sfiorò la
fronte con la punta delle dita e sistemò la ciocca che sentiva ballare nella
forcina. “No” mormorò, sottotono. “Kai, dove dormi
stanotte?”
Il ragazzo fece spallucce. “Un posto vale l’altro.”
“Se prometti di tacere, puoi stare da me. C’è un
mucchio di spazio nel loft” disse, alzandosi e facendo poca attenzione al
vestito. Non aveva più importanza. La festa era finita, la giornata era finita.
Era andato tutto storto e non vedeva l’ora di ficcare la testa sotto le coperte
e dormire.
“Cos’è un loft?”
Davina lo fissò, esausta. “Cercalo su Internet!”
Il giorno dopo
La strega si era volatilizzata con l’ospite
misterioso, Marguerite l’aveva tediato alla morte quando era venuta a
conoscenza del contratto stilato a sua insaputa e l’incontro con Elena Gilbert
l’aveva urtato tanto da tenerlo sveglio tutta la notte. Non la rimpiangeva e non
la rivoleva, ma Elena sapeva leggerlo con chiarezza e l’aveva capito prima di
lui.
Klaus si recò nello studio, stanco di girare nel
letto come un’anima in pena. Procrastinare serviva solo a dar respiro al lato
vigliacco che non osava ammettere l’affetto per la strega. Davina nascondeva un
lato molto dolce e romantico che lo spaventava perché chiedeva di essere
capito, accettato e ricambiato. Quel che aveva detto ad Elijah era vero, non le
avrebbe mai inflitto se stesso più del necessario. Era fallato, difettoso. Non
sarebbe mai stato capace di amarla ‘normalmente’…
Toc toc
“Avanti, avanti…
bisogna sempre avanzare nella vita” disse riabbassando il velo di garza sul
quadro incompleto. Uh, Liv?
La strega ciondolò fino metà strada, i capelli
in disordine come sempre e un bidone di caffè in mano. “Come te la cavi a
dissotterrare cadaveri?”
///
Davina aveva dimenticato di avere ospiti e
quando aveva udito i rumori nel bagno, le era finito il cuore in gola. Fare
incantesimi era escluso, così aveva tirato fuori la mazza da baseball di Marcel
che pesava come un colpo e si era avvicinata cauta alla porta. Dopo un lungo
istante di terrore – chi canticchiava sotto la sua doccia?! – aveva visto lo
smoking appeso e tirato uno schiaffetto alla fronte. La mazza era tornata al
suo posto e quando l’ospite si era palesato, l’aveva trovata ancora impiastrata
di sonno a succhiare il caffelatte con una cannuccia. Stava impiegando tutte le
sue forze per respirare ed ingoiare, non poteva anche alzare le braccia.
Vuoi
venire con me?
Dove?
A
metà strada fra New Orleans e MysticFalls, in linea d’aria con la sede della congrega Gemini. Prometto
di tacere per tutto il viaggio.
Il piano era semplice: recuperavano l’Ascendente
da Damon e subito in biblioteca a studiare le congiunzioni stellari.
La novità l’aveva debolmente elettrizzata ma
durante il viaggio, aveva ricominciato a pensare. Era sparita di punto in
bianco senza avvertire nessuno, e ci scommetteva la testa che Klaus sarebbe
piombato nel loft per ‘lisciarle il pelo’ sul suo
comportamento. Consciamente, Davina cercava di dichiarare chiusa la
stupidaggine del finto fidanzamento e qualsiasi cosa fosse accaduta fra loro.
Inconsciamente, aveva sfilato l’anello e lasciato la scatolina in bella vista. ‘L’alieno’ manteneva la promessa a metà: canticchiava sottovoce
tenendo il ritmo con l’indice sul volante. Le stazioni radio passavano gli
ultimi successi frammentati a vecchie hit, e il panorama mutava con i
chilometri. Kai indossava due anelli per mano e ogni
tanto le sorrideva.
Appena fermi alla stazione di servizio, Davina
aveva perso gli occhi sul più bel esemplare di vampiro mai incontrato prima:
Damon era bellissimo, alabastrino, alto e molto impaziente. La guardò a
malapena, quando scese dall’auto per sgranchire le gambe.
“Spera che i pezzi ci siano tutti, non tornerò
indietro a cercare sotto i mobili con la calamita, gemellino.”
Kai aprì la scatola di latta che conteneva l’Ascendente
e le dita rovistarono fra i pezzi. Davina pensò che sembravano far parte del
meccanismo interno di un orologio. “Sei sicuro di riuscire ad aggiustarlo?”
“Non sarebbe la prima volta” rispose, rivolgendosi
subito a Damon. “Il maledetto senso di colpa mi sta uccidendo.”
“La strega
ti ucciderà quando ti metterà le mani addosso. Ha giurato di ridurti in
poltiglia e una Bennet porta rancore a lungo, lo so
per esperienza” sorrise abbassando lo sguardo su Davina. “Tu non sei la ‘strega
a chiamata’ di Klaus?”
Chiamata? Non era mica una cameriera!
“Come sta il vecchio cagnaccio? Sempre isterico?”
“Sempre” rispose, veloce. “Kai,
andiamo? Dobbiamo fare un mucchio di strada ancora.”
“Non impiegheremo tanto tempo. Basterà tagliare per…”
Davina battè le ciglia
con sguardo duro e il ragazzo sporse le labbra in una smorfia curiosa. “Essì, è tardissimo!” confermò guardando l’orologio che non
aveva e Davina infilò il braccio sotto il suo e lo tirò verso la macchina. “Ehi,
ma che fretta c’era?” domandò, una volta dentro.
“Stava facendo domande su Klaus ed io non ho
voglia di parlare di lui.”
“C’è qualcosa di cui hai voglia di parlare?”
“No.”
Kai annuì e mise in moto. “E lungo silenzio sia…”
///
Klaus aveva riflettuto sulla faccenda, decidendo
che l’urgenza del problema giustificava la sparizione improvvisa dalla festa. Avrebbe
trovato Davina a casa, china su qualche libro magico a cercare soluzioni, ma
quando era entrato nel loft vuoto, come prima cosa aveva visto la scatolina
dell’anello vicino ai libri scolastici, poi lo smoking da uomo appeso ad una
gruccia ed infine due tazze sporche nel lavello. Si era detto che non avrebbe
questionato sui futuri amanti, ma non pensava che sarebbero arrivati così
presto. Mentre guidava fino al cimitero sconsacrato, Liv l’aveva scrutato
attraverso gli occhiali da sole e domandato spiegazioni sulla sua espressione
perplessa e a tratti sorpresa. Cosa avrebbe potuto rispondere che non lo
facesse apparire un perfetto idiota geloso, o un papà che scopre che la sua
bambina ha fatto sesso?
Il tacco dello stivale di Liv batté contro la
buca, lasciando cadere un po’ di terra che si aggiunse a quella che stava
spalando via. Avrebbe potuto soggiogare qualcuno per farlo ma doveva sfogare
l’eccesso di energie e la frustrazione.
“Continuo a dire che la bara è due metri più in
là” disse osservando con scarso interesse il display del cellulare quando si
illuminò per la chiamata in arrivo. “A che punto siete?”
Le dita di Davina corsero sul libri della
biblioteca della congrega Gemini. Astrologia e geologia erano gli argomenti
ricorrenti. “Abbiamo recuperato l’Ascendente e Kai
sta studiando le congiunzioni astrali in archivio.”
C’era una poltroncina sistemata in un angolo
della biblioteca, un tavolino di legno scuro e luce adeguata alla lettura. E la
calma. Assoluta. Davina posò il libro sul tavolino e la luce della lampada
illuminò la copertina e il titolo. “Hai riflettuto?”
Con Bonnie senza
poteri e Davina fuorigioco, le toccava la paglia più corta. “Mi cago sotto al
pensiero” confessò occhieggiando il vampiro che scavava nella direzione
sbagliata. “Kol sta smontando l’incantesimo.”
Un lungo sospiro di sollievo le vuotò i polmoni.
“L’accordo ha funzionato…”
>Oppure qualcuno
glielo ha sbattuto in faccia, costringendolo a fare retromarcia<
Era più propensa a credere a quest’opzione.
Klaus poteva non soddisfare tutte le sue richieste, ma teneva fede agli
impegni. “Ringrazialo da parte mia.”
>Fallo tu stessa. È qui, sta disseppellendo
un cadavere<
Le scarpe da ginnastica ricaddero con un tonfo
sul pavimento. “Perché?!”
>Quando Kai tirerà
fuori la strega, servirà un corpo in cui ficcarla prima di spedirla sul mondo
prigione. Kol lo preparerà. Rebekah
dice che sa farlo e che le ha giocato un brutto scherzo, una volta.<
“Ma siete impazziti?!” esclamò, contrariata. “Come
vi viene in mente di dissacrare tombe e praticare riti voodoo?!”
“Non urlare a me, urla al tuo fidanzato” disse,
inserendo il vivavoce. Klaus alzò gli occhi al cielo e fermò gli scavi. “Mi
credi così stupido da riesumare salme di streghe antiche?”
>Da te c’è da aspettarsi di tutto!<
“Sto tenendo fede al nostro accordo a dispetto
del tuo comportamento insolente e qualunquista, Davina!”
“Insolente e qualunquista?!” ripetè,
stizzita. “Mi sono calata in un ruolo che non mi confaceva perché tu mi hai chiesto di farlo, spinto dalla
brama di potere e controllo. Ho firmato un accordo che vi avvantaggerà moltissimo
quando Hope sarà grande ed lo stesso osi accusarmi ‘insolenza
e qualunquismo’?! Tu non mi parli in questo modo sperando di restare vivo,
vampirastro!”
La matita cadde dall’orecchio di Kai che origliava la telefonata e rotolò in terra. Alla
fine aveva voglia di parlare. Ma non con lui.
La spia della riserva è accesa da quando abbiamo
lasciato la congrega ed lui si stupisce di ritrovarsi senza un goccio di
benzina? Le macchine del suo mondo prigione disponevano di un serbatoio
infinito?
“Ehm… scusa.”
Sono correa del problema, dovevo farmi uscire il
fiato prima invece di starmene a rimuginare imbronciata la telefonata con
Klaus. “Non importa.”
Ci siamo spinti molto a nord, il cielo è terso e
pieno di stelle. Appena fuori dall’auto, il respiro si deforma in una fredda
nuvoletta. Kai smonta dopo di me, rassicurandomi
sulle sue capacità di accendere un fuoco per impedire il probabile
assideramento. Abbiamo incrociato un autohotel cinque
chilometri prima, non è una distanza impossibile da coprire. Controllo la
batteria del cellulare, Kai scruta il suo e alza le
sopracciglia: non c’è campo.
Dopo due chilometri sono stanca e lo stomaco
brontola di brutto. Ho freddo, fame e paura. Kai
mugola l’ultima canzone trasmessa dalla radio prima che la macchina ci
lasciasse. Sento il richiamo di un animale notturno che mi gela il sangue. “Che
cos’è?”
“Una civetta, credo.”
Il canto della civetta è presagio di sventura.
Altre voci di animali escono dal bosco, mi guardo intorno, spaventata. Un
piccolo sciame luminoso di lucciole ci attornia ed illumina i nostri
lineamenti.
“Meglio?”
C’è troppa discrepanza fra i racconti di Liv, i
suoi atteggiamenti pubblici e la gentilezza che mi dimostra da quando siamo
soli. Annuisco, Kai sorride e mi prende la mano.
“Dovremmo essere abbastanza vicini.”
Vicino a cosa?
Il movimento non l’ho percepito ma c’è stato. Lo
stomaco si rivolta, la bile arriva in gola. Che cosa... che cosa è stato…
“Succede sempre, la prima volta.”
La prima volta…? Lo
guardo attraverso le lacrime che mi offuscano gli occhi. Vedo l’insegna dell’autohotel alle sue spalle, il viavai dei viaggiatori che,
come noi, cercano riparo per la notte. Non sa leggere la spia della benzina ma
sa viaggiare attraverso lo spazio?! Non poteva dirlo prima?
°°°
La doccia bollente ha scacciato il gelo, ma ci è
voluto un po’ per convincermi a mettere qualcosa sotto i denti. Sento ancora lo
stomaco sottosopra. Il cibo della tavola calda non era granchè,
come l’alloggio che condividiamo data la scarsità di stanze libere.
Kai ha paura di svegliarsi scoprendo di essere
tornato sul mondo prigione ed io ho paura ad addormentarmi: nel dormiveglia la
mente è scoperta e temo che Ayana ne approfitti per
prendere il controllo del mio corpo. Mi conferma la sua intenzione di restare a
New Orleans, e credo di sapere cosa l’abbia fatto decidere: appena entrati
nella sede della congrega Gemini, la gente è raggelata e al padre è preso un
mezzo colpo. Kai l’ha rassicurato che era lì solo per
consultare l’archivio ma da quel momento in poi, è stato il deserto.
Lo invito a restare da me finchè
non trova qualcosa di meglio, il loft è enorme e ho sempre un po’ paura, la
notte. Kai solleva un quesito ridicolo che sorvolo
con un’alzata di spalle. No, a Klaus non interessa se ho un ragazzo, uno stuolo
di servi adoranti o un harem. Non ha
alcuna influenza sulle mie decisioni e no, non sono innamorata di lui, sarebbe
un disastro se perdessi il controllo delle mie emozioni. È solo
un’infatuazione, dico e una scintilla di verità si affaccia all’orizzonte. Mi
sono lasciata coinvolgere dalla sua relazione con Elena mentre schivavo le
attenzioni non richieste di Kol, stressata dal carico
di ‘lavoro’ dell’incantesimo della Luna Nuova. Non riesco a spiegarlo a parole,
ma ho tutto chiaro nella mente e mentre lo stomaco inizia a dolere per la cena
non digerita, mi accorgo che Kai si è addormentato. L’avevo
immaginato biondo con l’aria scocciata e la stessa faccia paffuta di Liv, non…così. Mi
infilo sotto le coperte, fissando il soffitto bianco ma la testa se ne va per
conto suo. Nell’arco di tre mesi sono stata sfrattata, derubata, aggredita e
mandata all’ospedale da un vampiro. Credevo di saper badare a me stessa… credevo di sapere tante cose…
°°°
“Ehi?”
Mi sveglio infreddolita e con una sensazione
spiacevolissima di malessere diffuso. Appena apro gli occhi, riconosco le
piastrelle del pavimento del bagno e mi scopro seduta sulla tavoletta del
water, il braccio abbandonato sul bordo del lavandino, a sorreggere la fronte. Teletrasporto
e tramezzini con data di scadenza incerta sono una pessima combinazione. Spero
di non essermi beccata un’intossicazione alimentare...
“Stai bene?”
Strizzo gli occhi: Kai
è accucciato di fronte a me, vestito. “Che ore sono…?”
“È notte fonda. Non riuscivo a dormire e sono
uscito a fare una passeggiata” mormora e la sua mano si infila sotto il ciuffo
che dondola sulla guancia e lo tira indietro. Chiudo gli occhi, assecondando il
movimento e quando le dita tornano indietro e mi sfiorano le labbra, spingo la
mano contro la sua, cercando di rivivere una vecchia sensazione. Sta fermo
così, penso. Sta fermo per qualche secondo…
“Sei gelata” mormora a bassa voce e il maglione che
indossa passa attraverso la mia testa e riveste le braccia. Meccanicamente tiro
il bordo verso il basso, nascondendo le mutandine in bella vista sotto la
tshirt.
Kai guarda dritto verso di me ed io riprovo la
stessa sensazione risucchiante che imputai ad un calo di pressione, la prima
volta che lo vidi seduto al tavolino del caffè con Liv e Bekah.
Arrivai trafelata per il ritardo, eccitata dalla
speranza di una risoluzione rapida del ‘problema’ e nervosa per la non piega che aveva preso il rapporto
con Klaus, crollai seduta sulla sedia libera e mi ritrovai a fissare il centro
di un buco nero. Rebekah dovette richiamarmi
all’ordine schioccando le dita in aria, tanto ero assorta nella contemplazione
del principio e della fine.
Le braccia girano attorno al mio busto e mi
sollevano come se non pesassi niente. D‘istinto mi aggrappo alle spalle e stringo
le gambe attorno alla sua vita. Quando si volta in direzione della porta,
l’immagine dei nostri corpi allacciati riflessi dallo specchio sopra il
lavandino, mi lascia senza fiato.
///
“È
la tua famiglia, una tua responsabilità!”
“Condividere
i geni con il sociopatico non mi rende automaticamente responsabile, sai?”
“Io ti riterrò responsabile se la
rispedirà indietro a pezzi, Olivia!”
Perchè non andavano a litigare da un’altra parte? Nel
seminterrato riusciva ad udire tutto. Aveva un corpo da preparare, grammi da
dosare e galline da sgozzare, lui. Non era una passeggiata, doveva restare
concentrato.
“Se un incantesimo
di localizzazione va a vuoto, può voler dire solo due cose. Uno, è protetta da
un incantesimo di occultamento e vuole essere lasciata in pace. Due, si sta
muovendo.”
“Tuo
fratello l’avrà rinchiusa in un sacchetto della spazzatura, in viaggio verso la
discarica.”
Esagerato.
“Nik, ti devi dare una calmata!”
Oh-oh avevano innervosito anche Rebekah.
“Mi
calmerò quando la vedrò entrare da quella porta con tutti gli arti attaccati.”
Lo divertiva, tutto quel trambusto... e tu
guarda chi si faceva viva proprio con lui. “Ciao, principessa. Il cannibale non
ti ha ancora sbranato?”
°-°
Non pensavo che Kol
tenesse ancora il mio numero di telefono nella rubrica e non pensavo avrebbe
risposto. Mi sono svegliata sola, il sole era già alto. Il buonsenso l’ho
perduto nella notte e temo che lo ritroverò mai più.
“È andato a recuperare la macchina. Non sa
quando fare benzina, ma ha il dono del teletrasporto.”
>E non può trasportarvi a casa?<
“Non può spostarsi sulle lunghe distanze” sospiro
seduta sul letto, la schiena appoggiata ai cuscini. “Sento un riverbero, dove
sei?”
°-°
“Ero
in cantina a preparare il tuo cadavere per il trasbordo della strega” rispose
salendo le scale e attraversando il salotto con nonchalance, diretto in cucina.
“Klaus sta sclerando ed io ho bisogno di tranquillità
e silenzio per fare al meglio il mio lavoro. Rispondi alle sue telefonate o
indirò lo sciopero sindacale.”
>Non ho chiamato per parlare del rompiballe
ma per chiederti scusa. Sono stata una vera stronza, Kol…
avevo altro per la testa… e Klaus…
lui è stato una strana conseguenza…<
L’anta del frigo si aprì e si richiuse, seguita
da quella della dispensa. Nessuno faceva più la spesa, in quella casa? “Davi
non hai bisogno di questo, adesso. Io devo sgozzare due galline e tu devi
ancora fare colazione.”
>Solo
due galline?<
“Ehi… ti dico come
dosare meglio le tue erbe, forse?”
°-°
“Continuamente” gli ricordo, mesta. “Kol, tu sei stato la cosa migliore che mi potesse capitare,
ma non ho mai rimpianto la mia decisione di allontanarti. Ho un carattere duro
ed incostante e ormai dubito fortemente della mia serietà morale...” afferro un
filo della coperta e lo giro fra le dita. “Ho incontrato il fidanzato di Elena.
Non mi avevi detto che era così figo. Avrei potuto
dar fondo al sarcasmo facendo un mucchio di paragoni fra lui e Klaus quando uscivano
insieme.”
>Lo trovi figo?<
La porta si spalanca e Kai
fa il suo ingresso con la scatola di latta sottobraccio. Da come apre il
coperchio e ribalta il contenuto sulla piccola scrivania della stanza, capisco
che c’è qualcosa che non va. Inizia a contare i pezzi ed annuncia che Damon ha
trovato una molla durante le pulizie ma anche ‘tirando’ la macchina, non arriverà
prima di sera. A Klaus verrà quel colpo apoplettico che aspettiamo da tempo.
Riferisco la novità a Kol e lui risponde con una
lunga risata.
“Digli di smetterla di chiamare, sarò a New
Orleans fra qualche ora… e che non gli venga in mente di presentarsi a casa mia:
Kai deve montare l’Ascendente ed io sono in arretrato
con i compiti. La mia media sta sprofondando, non posso avere una pagella
costellata di voti inaccettabili.”
>Hai preso una D?<
“Ho due B in Storia e Geografia.”
>Inaccettabili!<
“Ad majora” gli ricordo, appendendo sull’eco della sua
risata. La scatola viene chiusa e sigillata con un incantesimo ed è come se una
calamita mi attraesse verso la scrivania. La curiosità ucciderà questo gatto, prima o poi. “Non riconosco il
linguaggio. Non è latino.”
“Non è latino” conferma, evitando il mio
sguardo. “Ho cambiato idea. Non resterò a New Orleans…
troppi vampiri” dice e due pugnali improvvisi si conficcano nel mio cuore e nel
fegato. “Dove andrai?”
Kai fa spallucce, raccoglie la scatola ed infila la
porta. Alla luce del giorno, la camera sembra ancora più spoglia e disadorna.
New Orleans
“Com’è, mordere qualcuno?”
“Come affondare nella carne senza il suo
consenso.”
Aveva finito il rosso e già deciso di usare il
sangue del giovane individuo che teneva in ostaggio la sua strega, quando eccola comparire all’improvviso con lo sguardo
tormentato e un evidente problema di lavanderia arretrata. Davina non indossava
mai il nero, il suo armadio esplodeva di colori. Doveva aver passato una
nottataccia, c’erano segni di stanchezza sul viso. Klaus cambiò il pennello
senza posare la tavolozza. “Tu perché ti lasci mordere?”
C’era stato un lungo silenzio e poi il cuore le
era esploso in una cascata di battiti sconnessi. Passato il dolore, la sorpresa
e la paura, prima che la sensazione di morte l’assalisse, giungeva a quel punto
in cui tutto smetteva di esistere, di avere un peso e un’importanza. Era puro
languore in cui pascersi pigramente. Dopo c’era il baratro. “È per l’attimo... ti fermi e tutto si ferma con te… non puoi tornare indietro e non puoi andare avanti… e in quell’attimo intravedi cose che non credevi
esistessero...”
Klaus pulì le mani su uno
straccio, ignorando volutamente la piccola presenza palpitante. Sapeva quel che
voleva: uno slancio d’affetto che non avrebbe ricevuto mai da lui.
Davina si avvicinò alla
finestra aperta, l’odore dei colori ad olio la stomacava ancora e riportava
alla mente brutti ricordi. “Damon Salvatore è vivo e sta venendo a New
Orleans.”
La gente non moriva mai del
tutto. Elena doveva essere al settimo cielo, pensò mentre l’acqua scorreva nel
bagno e il sapone portava via l’odore di trementina e gli sbuffi di colore sulle
dita. “Vuole sfidarmi a duello?”
“Sta solo trasportando un
pezzo di Ascendente ritrovato sotto un mobile” mormorò avvicinandosi alla
cornice della porta che separava lo studio dalle ‘stanze private’ che le erano
interdette da una vita. “Kol è ancora nel
seminterrato?”
“Ha borbottato qualcosa sul
numero delle galline ed è uscito.”
L’aveva detto che due erano
insufficienti…
“Quando poserai per quel
ritratto?”
“Mai. Kai sta per
riportare sulla terra una strega Bennet ed io devo
organizzare il comitato di accoglienza” rispose un po’ turbata all’idea di
restare ore nuda sotto il suo sguardo. “L’Altro Lato era solo la prova generale
del primo mondo prigione.”
Ma quante cose si scoprivano ogni giorno! Klaus uscì
dal piccolo locale trovandola a dondolare da una gamba all’altra. Davina guardò
verso di lui ed il vampiro si arrestò, come di fronte ad una minaccia. Di nuovo
non la riconosceva e di nuovo la voleva sbranare. La gelosia l’aveva avvelenato
durante la notte. “Va e non perderti ancora in chiacchiere.”
Davina esalò un sospiro invisibile e tornò alla
macchina. Aveva giudicato il comportamento di Elena sulla base di poche
informazioni. L’aveva biasimata per il ‘ridicolo andirivieni’ senza capirne la delusione,
ogni volta che tornava speranzosa e puntualmente finiva per pentirsi dei
chilometri macinati. Da parte sua, aveva fatto bene a tener chiusi la bocca e
il cuore. Non era certa che fosse solo una cotta, ma non ci avrebbe più perso il
sonno sopra.
///
“Lo stai montando al contrario.”
“Non ci sono due versi, Olivia. Ce n’è solo
uno.”
“Mh…”
“Se intendi restare a guardare e giudicare tutto
il pomeriggio, renditi almeno utile. Premi qui col mignolo.”
“Sei certo di voler andare su da solo? Bon Bon darà di matto quando ti vedrà.”
“Sono la sua unica chance di scappare dal mondo
prigione.”
Liv dondolò sulla sedia, sfogliando i libri di Storia
di Davina. “Mi piace infrangere le illusioni della gente. Se non tornassi, non
mancheresti a nessuno.”
Kai sorrise e chiuse la scatola di legno. “Non
avevo dubbi, sorellina.”
“Tu non sei mio fratello. Sei il…”
“… bastardo che ha ucciso il tuo vero fratello,
lo so!” esalò scrocchiando la schiena. “Non fai che ripeterlo.”
“Avete finito di discutere?” Damon girò su se
stesso, sollevando lo sguardo sulle pareti del loft. “Procediamo o no?”
“Ho promesso a Davina di attendere il suo
ritorno.”
“È andata da Klaus, aspetteremo per ore.”
Damon trasecolò con una delle solite smorfie
pagliaccesche. “Il vecchio bastardo miete vittime nei giovani ranghi!”
“No, non è quel tipo di rapporto...”
“È sempre
quel tipo di rapporto!”
“Beh, non ci riguarda...”
Kai alitò addosso al vetro della finestra disegnando
una faccina triste. Aveva accettato di aiutare per far cambiare idea ad Olivia e
tacitare il senso di colpa verso Bonnie. Poi aveva
conosciuto Davina ed era stato come se avessero cambiato stazione musicale di
colpo, senza avvertirlo che il volume era troppo alto e la cassa proprio lì,
dietro la sua testa.
Conosceva la reputazione delle streghe di New Orleans:
esclusiviste all’eccesso, se non potevi dimostrare di avere almeno un antenato
seppellito nel loro cimitero, ti guardavano attraverso come se fossi
trasparente. Non era stato invogliato dalla prospettiva di avere anche fare con
una di esse, e se l’era presa comoda durante il viaggio da Whitmore
a New Orleans, fermandosi a contemplare il panorama che mutava con i chilometri,
chiacchierando con gli avventori delle tavole calde, spiando la vita della
gente. Le persone si baciavano e si abbracciavano un sacco, il che lasciava
supporre una pratica piacevole in cui indulgere costantemente. Il piccolo
precedente di sociopatia e la distorsione temporale in cui era stato scaraventato,
l’avevano tenuto lontano dalla realtà, e alla bella età di ventidue anni -
quaranta se controllava la vecchia carta di identità - Kai
poteva dire di non essere mai uscito con una ragazza e men
che mai, averne baciata una. Era curioso ma non precipitoso. Sarebbe accaduto,
prima o poi, e per quel momento avrebbe avuto tutte le informazioni necessarie
per procedere.
Giunto in città sul calar della sera, aveva atteso
una vita che la strega si mostrasse e mentre ignorava le battute acide di Liv,
aveva notato una ragazza ferma ad un semaforo a tre tempi dall’altra parte
della strada. Andava di fretta, sbuffava occhieggiando il rosso che non si decideva
a scattare e sembrava molto scontenta. A metà dell’incrocio, aveva tagliato attraverso
le macchine ferme ed era venuta dritta verso di loro. Kai
le aveva dato le spalle, sollevando il menù di fronte agli occhi. Non stava
facendo niente di male, ma alla gente non piaceva essere fissata.
Improvvisamente, la sedia accanto alla sua era
strusciata sul marciapiede e un profumo caldo gli aveva riempito le narici. La
nuova arrivata aveva ringhiato di un ‘ponte completamente bloccato’ e si era
scusata per il ritardo.
Liv l’aveva richiamato all’ordine colpendo la
sedia con un calcetto mentre stava decidendo l’espressione più fastidiosa che
poteva indossare. Doveva avere a che fare una strega di New Orleans e quelle
erano notoriamente stronze e… e lo specchietto di Davina
si era richiuso con uno scatto e la bella ragazza che aveva visto dall’altra
parte della strada, l’aveva guardato negli occhi. Palpitazioni, pelle d’oca, lingua
bloccata… era stato uno dei momenti più sgradevoli
della sua vita. Se un mostro alieno l’avesse ingoiato e lasciato nello stomaco
a digerire, avrebbe provato meno smarrimento.
Si era accorto subito di non piacerle molto,
detestava che la toccasse ed era palesemente infastidita dalle sue mille
domande. Non si fidava di lui, accontentava i suoi capricci per necessità ma le
uniche due volte che l’aveva sfiorato, Kai aveva
sentito le membra rammollirsi…e quando l’aveva abbracciata…
“Sospiri alla luna, gemellino?”
Non si era accorto di sospirare. Era triste per
la decisione presa, ma poiché restare a New Orleans a quelle condizioni equivaleva
restare a guardare l’entrata del backstage senza free pass per incontrare il
big, tanto valeva tirare il cerotto velocemente e dimenticare.
C’era stato il fascio di luce e poi c’erano state le urla, le imprecazioni
da carrettiere, le minacce di morte e la colluttazione. Davina si era
intromessa per cercare di dividerli, era scivolata riuscendo - con poco sforzo
e molta sfortuna - a rompere il polso destro e Damon l’aveva tirata fuori
dall’acqua un attimo prima che affogasse. Kai era
svanito e la strega Bennet si era accasciata in
pessimo stato, più morta che viva. Era spaventata, furiosa e visibilmente
provata: avevano trascorso mesi a litigare, rincorrersi e scappare.
Mesi?
Sul mondo prigione il tempo è sfalsato.
E tuo fratello dov’è finito?
Liv gli aveva rivolto un’occhiata patetica. Il tempo di curarsi le ferite e sarà di nuovo in giro a far danno.
Klaus aveva girato lo sguardo tutto intorno, irritato. La sparizione del
ragazzo apriva una serie di domande: era vivo o stava morendo dissanguato in un
fetido angolo della città? Per quanto tempo Kol
avrebbe potuto tenere in ‘sospensione’ la salma? Chi doveva incolpare per
l’incidente di Davina e perché diavolo nessuno le aveva mai insegnato a
nuotare? Bah, era solo caduta in acqua, in fondo. Le ossa rotte guarivano…
“Klaus…?”
Il miagolio conteneva una nota di dolore, oltre a tanta sorpresa. Aveva una
medicazione sulla fronte, l’aria stanca, il visetto segnato dalla sofferenza e
ancora frignava per lo spavento. Era sgualcita come le orecchiette da gatto che
ornavano il cappuccio della felpa bagnata, e quel musetto lacrimoso bastava a
scatenare l’istinto protettivo che riservava solo ad Hope.
“Che fai qui…”
“Ti porto a casa.”
°°°
L’oscurità notturna e il dolore le suggerivano di chiudere gli occhi e
dormire, e sebbene fosse stordita dall’antidolorifico che le avevano
somministrato, Davina combatteva per restare cosciente perché aveva
l’impressione che la strada per il loft fosse tutta sbagliata.
L’oblio l’aveva trascinata a fondo ed era tornata in vita solo molte ore
dopo, con uno starnuto che aveva contratto tutti i muscoli della schiena. Aveva provato a puntare il braccio destro sul
letto ma l’ingombro del tutore le aveva riportato alla mente i fatti della sera
precedente.
Era inciampata, attutendo il peso del corpo col
braccio e subito aveva sentito uno schiocco e un dolore atroce. Kai l’aveva spinta via per evitare che rientrasse nella
zuffa con Bonnie ma non aveva calcolato la distanza e
l’aveva spedita dritta in acqua. Mentre annaspava per risalire, Damon l’aveva
afferrata proprio per il polso rotto e il dolore lancinante l’aveva fatta
urlare e interrotto la lotta. Kai ne aveva
approfittato per scomparire mentre Bonnie era
distratta e Damon le risistemava le ossa con uno ‘scusa, piccola’ che non
l’aveva rincuorata per niente. Il medico del pronto soccorso aveva avuto poco
da fare, a parte ingabbiarla nel tutore e disinfettare la ferita.
Con uno sbuffo, Davina aveva tirato la coperta
sulla testa e passato un’altra ora in dolce dormiveglia, finché la luce esterna
non era fatta maggiore e il colore delle lenzuola le era sembrato diverso dal
solito. Stava ancora analizzandole quando la porta si era aperta e Davina le
aveva strette contro la gola, la mano sinistra sollevata in atteggiamento di
difesa, pronta a lanciare un incantesimo.
Hayley si era arrestata a metà strada. “Ehi, sono io!”
Davina aveva fatto ‘glomp’,
come il personaggio di un cartone animato. ‘Ti
portoa casa’, significava casa
Mikealson e ora che si guardava intorno, riconosceva le poche rifiniture
intraviste dalla soglia dello studio. Voleva entrare in quella stanza solo
perché lui glielo impediva ma non le
interessava farlo davvero. Si sentiva come un’adolescente sorpresa dai genitori
a guardare un porno in tv! “Sono stata presa prigioniera?”
Hayley aveva sorriso, sedendo ai piedi del letto. “Per
tre minuti. Quando impazzisce di preoccupazione, Klaus abolisce le mezze
misure. Voleva rinchiuderti nelle segrete e gettare via la chiave.”
Preoccupazione? Per lei? In quale pianeta? “E
dov’è, ora? Sta demolendo il loft per essere certo che non possa più metterci
piede?”
“Non escludo sia sulla lista delle sue cose da
fare, ma è più probabile che lui ed Elijah stiano ancora rovistando nella
spazzatura e scoprendo i singoli tombini di New Orleans, in cerca di Kai. Anche Jackson e il branco si stanno dando da fare nel bayou. Kol non riesce a trovarlo, gli incantesimi di
localizzazione non sembrano funzionare.”
Davina aveva spostato il cuscino dietro la
schiena e cercato a tentoni l’altro. Era certa di averne visto un altro,
l’unica volta che era entrata… “Non lo sta cercando
nel modo giusto.”
°°°
Davina si sentiva meglio per il solo fatto di
essere rientrata in una vecchia routine: arrivare all’alba ed ingozzarsi di
cibo con Kol, bisticciare su dosi ed interpretazioni
mentre Hayley canticchiava canzoncine tenere alla bimbina… e poi c’era il sole. A quell’ora, la cucina era
sempre inondata di sole e se rimanevi in silenzio, udivi un piccolo cinguettio
che non riconoscevi e che ti aveva sempre incuriosito. La calma durava circa
un’ora, poi i fratelli iniziavano ad apparire uno dopo l’altro.
Elijah, con la sua camicia bianca fresca di
bucato, emana un profumo piacevole e discreto di dopobarba. Alcune volte aveva
la bambina in braccio, altre il giornale. La salutava con cortesia,
occhieggiava tutto ciò che giaceva sul tavolo in quel momento - cibo, fumetti
di Kol, i suoi libri scolastici, il lettore con lo splitter per due cuffie – e spariva silenzioso come era
arrivato.
Klaus appariva quando ormai c’erano rimaste solo
le briciole e le menti all’opera tritavano supposizioni ed incantesimi. Aveva
due modalità: fastidioso e molto fastidioso. Quando era solo fastidioso faceva rumore, le urtava la sedia, tentava di
leggere i loro appunti, si spazientiva e se ne andava. Quando era molto fastidioso iniziava a parlare, ad
interrogarli sull’andamento dello studio e le rubava i biscotti. Davina alzava
il grimorio ad una certa altezza e lo lasciava cadere pesantemente sul tavolo.
Solo allora il vampirastro chiudeva la bocca e si eclissava dopo averle lanciato
un’occhiataccia.
“Invece di gonfiarti le guance di cibo come un
criceto d’inverno, ripetimi la parte in cui non riesci a rintracciare Kaiperchè sei un mezzo sfigato.”
Mettere bocca negli incantesimi di Kol e puntare il dito dove sbagliava, era come buttare giù
un energetico pieno di caffeina.
“Come puoi pensare di localizzare uno stregone
che assorbe i poteri con un incantesimo normale?” aveva insistito come se fosse
il ragionamento più scontato del mondo. “Devi cercare un buco nero sulla mappa di New Orleans.”
Aveva ragione una volta su mille e se la tirava
come una reginetta di bellezza.
“Le galline erano tre o quattro?”
“Quattro” aveva risposto e Davina aveva sorriso
di più, triturando allegra un biscotto. “Mi basta schioccare le dita per
disfare il lavoro nel seminterrato, nana.”
C’era un’atmosfera piacevole, a dispetto della
situazione corrente e dei loro trascorsi. Davina aveva concluso la colazione
tardiva e l’aveva osservato mentre spiegava la mappa della città. Si era arrampicata
sulla sedia nel solito modo scomposto, e aveva puntato il mento sui pugni. Non
era più intelligente di lui e Kol non era più bravo
di lei. Uno arrivava dove l’altro si fermava ed insieme formavano una bella
squadra.
Il ‘buco nero’ era stato localizzato sopra il
pronto soccorso e la squadra avvertita. A metà giornata, Davina si era
ritrovata a fare la babysitter, mentre Hayley faceva
tutte quelle piccole cose che fanno le donne quando non ci sono uomini intorno.
Il cellulare restava muto, e la scacchiera di avorio impolverata testimoniava
una partita iniziata e mai conclusa. Aveva impiegato circa trenta minuti a
calcolare tutte le possibili mosse, ed era giunta alla conclusione che quella
partita non si poteva vincere.
Nel pomeriggio, i ‘ragazzi’ erano tornati a mani
vuote: Kai li aveva visti ed era scomparso, le aveva
detto Klaus e Davina si era chiesta qual era la partita che lei non poteva vincere. Quella contro Ayana o quella contro lo spettro di Elena Gilbert? “Perché
nessuno ha guardato subito al pronto soccorso?”
La pelle del divano era scricchiolata sotto il
peso del vampiro. Klaus aveva stropicciato gli occhi e tirato indietro la
testa. Era sveglio da quarantotto ore, stanco e un po’ affamato. “Lì ci vanno
le persone normali…”
Il vampirastro pensava di non avere una routine,
ma Davina sapeva che da lì a pochi secondi avrebbe puntato il mobiletto dei
liquori. Così aveva versato due dita di bourbon in un bicchiere che gli aveva
cacciato in mano e Klaus aveva aperto un occhio e l’aveva guardata, lei e il
suo cerotto di Daisy Duck
che proveniva diretto dalla scorta di Hope. “Grazie…” aveva detto, analizzando il livello di liquore.
Era pressoché perfetto.
“Ho mandato un messaggio a Kai
ed incrociato le dita. Mi ha risposto che il ‘bonus fusione’ ci mette un po’ a
guarirlo e che mi chiamerà, quando sarà in grado di fare l’incantesimo. Non ha
quantificato il tempo, la sua scala è sfalsata. Sul mondo prigione…”
“… il tempo scorre in maniera diversa” aveva
concluso posando il bicchiere intonso sul tavolino di legno lavorato. La rabbia
sapeva gestirla ma tutta quella gelosia era spossante, profonda e indomabile.
Non poteva incolparla per aver cercato respiro
altrove. Il suo atteggiamento noncurante e freddo rendeva facile il distacco. Lo
stesso, non tollerava di essere messo da parte per quel ragazzetto emaciato.
“Ci sei stata a letto?”
Incredulità, sorpresa, disappunto. Aveva coperto
tutta la gamma di espressioni che gridavano la sua innocenza ad alta voce. Con
una carezza le aveva sollevato il mento ma Davina aveva sfuggito il suo
sguardo.
Le aveva tritato il cuore passandole sopra come
un caterpillar e l’aveva respinta rifiutandosi di fare l’amore con lei. La
teneva costantemente a distanza, non aveva alcun diritto di farle certe
domande. “E da quando ti importa se ho un amante o due?”
Klaus aveva ripreso il bicchiere, girandolo fra
le mani. “Un altro uomo non sarà tollerato ne incoraggiato, strega. Tradiscimi
e non vedrai un’altra alba” aveva detto con voce bassa e roca e si era
strozzato col bourbon.
Era abituata ai suoi sproloqui senza senso e
ultramaschilisti. “Non vuoi stare con me e non vuoi che stia con nessun’altro.
Non vuoi fare l’amore con me ma mi vuoi a tua completa disposizione. Sei un
bell’egoista, Klaus…”
“Non ho fatto l’amore con te perché non ne
avevamo il tempo, strega.”
Non aveva pensato al fattore tempo. “Manca un
cuscino, sul letto.”
Se n’era sbarazzato quando Elena era andata via.
Non vedendolo, non poteva ricordare o immaginare. “Tu cosa sai di me, a parte
quello che credi di sapere?”
“Io so solo che il tuo letto è troppo piccolo
per tutte le persone che vi dormono dentro.”
Klaus aveva pensato che era proprio così, solo
non aveva mai trovato il modo corretto di dirlo. La sensibilità e l’acutezza di
Davina sarebbero state la salvezza, ed insieme la rovina. “A dispetto delle
apparenze, sono umano anche io.”
La strega aveva sogghignato in quel modo superbo
che gli mandava il sangue al cervello, ma si era accorto che qualcosa o ‘qualcuno’ aveva cancellato la sua
superba spavalderia nei confronti dell’amore. Gli occhi rilucevano di un fuoco
diverso e c’era una nota triste in sottofondo. Quando aveva capito di cosa si
trattava, un nodo scorsoio gli aveva stretto la gola. Era stato appeso per il
collo una volta. La sensazione era identica. “C’è ancora spazio per un’altra
persona” aveva detto, scegliendo le parole sbagliate. La strega, infatti, aveva
cambiato espressione. “Ascoltami…”
“Non so se ho voglia di farlo...”
“L’amore è come tornare a pagare le tasse dopo una
lunga evasione fiscale. Alla prima occasione, lo Stato ti porta via tutto
quello che hai messo da parte e ti chiede di versare gli interessi che non sei
pronto a saldare…”
“A te piace frodare il Fisco…”
“Ma non sempre ci riesco.”
Davina era rimasta a fissarlo, gelida come
sempre.
“Hai scoperto i miei conti offshore, strega.”
“Ed ora posso prendermi tutti i tuoi soldi?”
aveva scherzato e il vampiro le aveva preso la mano e baciato il dorso e le
dita.
“Fino all’ultimo centesimo.”
°°°
“E poi?!”
Poi era arrivato il messaggio di Rebekah e lei aveva avuto la scusa che cercava
inconsciamente per defilarsi.
La vampira aveva smesso di pestare la frutta nel
cocktail che si concedeva solo nella ‘serata fra ragazze’ e si era protesa
verso di lei, cercandole sulla faccia segni rivelatori di un happy end.
“Non tenerci sulle spine! Ti ha baciato o no?”
Davina aveva ripreso a mescolare con la
cannuccia ‘l’acqua colorata’ guarnita di ombrellini che aveva ordinato Hayley per lei. La donna lupo era rimasta tutto il tempo in
silenzio ad ascoltare senza manifestare entusiasmo o dissenso e non sembrava
ansiosa di sapere il finale della storia.
“No.”
Rebekah aveva rovesciato gli occhi e tornato a pestare
la cannuccia sulla poltiglia fragolosa. “Mi ci vuole
un bourbon dopo questa delusione… cameriere!”
Davina aveva riso sotto i baffi e si era chiesta
come poteva, una vampira di mille anni, emozionarsi ancora per certi racconti. Klaus
riduceva tutto in termini affaristici e non si era smentito neppure stavolta. Certo,
una forma migliore sarebbe stata maggiormente apprezzata, ma erano i motivi per
cui aveva deciso di dar fiato alle trombe che la intrigavano. Era stata la sua
insinuazione sul fantasma di Elena Gilbert o la strana gelosia che aveva
manifestato verso Kai? Per quanto si sforzasse, Davina
non riusciva a carpirne il capo. In più, il braccio le faceva un male cane. Aveva
usato il sangue di Klaus per guarire, ma il polso continuava a scaricare fitte fastidiose
e aveva le dita intorpidite. “Se non avessi insistito per sapere, non saresti
rimasta delusa.”
“Ma quando qualcuno afferma di non aver nulla da
dire, in realtà ha molto da dire”
aveva sbuffato. “Non c’è nulla di romantico nel tuo racconto!”
Per fortuna! Doveva usare la testa come sempre e
non lasciarsi coinvolgere più di quanto non fosse già coinvolta. “Parliamo
d’altro. Ho preso il programma dei concerti, ci sono un mucchio di band nuove,
in città!”
Hayley aveva ripiegato il programma e nascosto sotto
le mani. “Quale è stata la tua reazione mentre ti parlava?”
Scappare.
“E l’istinto cosa ti dice?”
Di scappare.
Hayley aveva fermato il cameriere e ordinato un altro
giro. Analcolico, stavolta. “L’istinto non sbaglia mai.”
“Ma tu da che parte stai?!”
Le due donne si erano fronteggiate e Davina
aveva appoggiato la schiena alla sedia. “Non farò un bel niente finché non sarò
sicura di volerlo fare. Resta tutto come prima” aveva detto a bassa voce,
tacitandole. “Non chiederò ad un vampiro ultracentenario di venire al cinema
con me o accompagnarmi a fare shopping. Queste cose lui le ha già fatte milioni
di volte con milioni di altre ragazze.”
“Ma non le ha fatte con te!”
Davina aveva sollevato gli occhi su Rebekah e aveva smesso di appallottolare il pezzettino di
carta strappato dal tovagliolino sotto il drink.
“Sta dicendo che i normali passatempi di una
ragazza della sua età potrebbero sembrargli molto sciocchi, Bekah.”
Hope era una bambina fortuna ad avere una mamma come
Hayley… ah!
“Tesoro, stai sanguinando.”
Hayley le aveva indicato la fronte e Davina aveva
sentito un calore intenso là dove aveva battuto la testa.
“Il sangue di Klaus non sta funzionando” aveva
detto spingendole il tovagliolino di carta sulla testa. Non era l’unica parte
del corpo a farle male. Anche il fianco che aveva urtato nella caduta iniziava
a dolerle… per non parlare del polso, un inferno di
fitte.
“Qualcuno sta annullando il potere dei vampiri.
Può essere una strega, Davina?”
“Non in base all’accordo…”
“Quel qualcuno
se ne frega dell’accordo… ehi! Guardate un po’ là!” Rebekah aveva indicato un tavolo ed il ragazzo seduto solo.
“Non è il tuo amico assorbi poteri?”
Davina aveva guardato nel corridoio vuoto che si
era improvvisamente formato fra lei e Kai, provando
uno strano rimescolio interiore. Era pallido da far spavento, alternava il
bourbon agli antidolorifici prelevati da un tubetto arancione e sembrava fatto
come un cavallo.
Come in un sogno, il ‘buco nero’ l’aveva risucchiata,
il suo corpo si era spostato tutto in avanti e prima che le ciglia battessero
un’altra volta, aveva già posato una mano sulla spalla del ragazzo. Kai era ammutolito, come se non si aspettasse di vederla
lì. L’aveva guardata con i suoi cupi occhi grigio azzurri e le aveva toccato la
fronte. “Sei ferita…”
“Stai assorbendo energia da tutti gli esseri
sovrannaturali, smetti di farlo” aveva farfugliato in preda al batticuore e si
era tirata indietro, per evitare di essere toccata di nuovo.
“Non ci riesco! Non mi è mai capitato prima!”
Era sempre stato immerso in un’enorme bolla
magica che lo teneva in vita, impedendogli di morire. Il tempo sul mondo
prigione era sfalsato ed il suo fisico seguiva il ritmo conosciuto. Per guarire,
risucchiava energie altrui. “Dobbiamo ricalibrarti.”
Chi l’aveva raccontato, dopo, aveva cominciato partendo dal rumore. Era un rumore strano, come se il nucleo della terra
eruttasse e le colonne del mondo scricchiolassero.
Le abitazioni avevano cominciato a ‘ballare’, i
lampioni erano caduti, Rebekah era volata addosso ad Hayley ed entrambe avevano finito per schiacciare un
turista piuttosto carino contro il muro esterno del locale.
Se avesse dovuto indicare il momento esatto in
cui era cominciato, Rebekah avrebbe pensato al
momento in cui Davina aveva stretto la mano di Kai e
lo sguardo che era corso fra loro era stato così magnetico che si era incantata
a guardarli, pensando che c’erano guai in arrivo, perché quello lì, che
piacesse o meno, era un colpo di fulmine grosso come una casa.
Poi il rumore era cessato e la terra aveva
smesso di tremare. C’era stato un lungo, orribile silenzio, ed Hayley aveva guardato Rebekah,
impressionata come lei dalla stupefacente manifestazione di potere.
D’un tratto, Davina era svenuta e Kai aveva tirato indietro la testa, respirando a bocca
aperta e a pieni polmoni. Si era guardato le mani e tastato il corpo,
soddisfatto del responso.
Ehi!, aveva urlato Rebekah
ad alta voce. Che le hai fatto?!
Ho
risolto il suo problema.
Hai
assorbito la strega?!
Il ragazzo aveva sbuffato come un impiegato
statale che manifesta la propria gioia di vivere all’ennesima domanda scema di
un utente ritardato. Aveva colpito scherzosamente la fronte con un pugno, gli
occhi al cielo e lasciato andare un ‘d’ho!’
inconfondibile.
China sulla strega, Hayley
aveva ascoltato il battito del cuore. Era lento e regolare ma la pelle era
troppo fresca, come se la magia intercorsa fra i due ragazzi avesse portato via
il calore corporeo di Davina. Bekah, lascialo
perdere. Dobbiamo portarla a casa, prima che la notizia si sparga.
Si è
già sparsa, aveva commentato notando le
occhiate dei curiosi attorno a loro. Su una
scala da uno a dieci, quanto si incazzerà Nik?
°°°
Ci aveva sperato, nella visita notturna di una diciassettenne alterata dall’alcool
con i freni inibitori allentati… aveva anche creato
una trappola invitante in un momento di sfrenata sicurezza ma nessuna figuretta
palpitante aveva bussato alla porta della sua stanza, all’ora delle streghe.
Stava facendosi la barba quando Elijah gli aveva chiesto se voleva
arrabbiarsi prima o dopo la colazione, e Klaus si era tagliato con il rasoio
proprio sotto la gola, un taglio netto e profondo che aveva imbrattato la pelle
di sangue.
Il vampiro aveva già notato la grandezza del nuovo dipinto e l’incredibile
gamma di emozioni sul volto del fratello. Conosceva il demone che lo
inquietava, era lo stesso che lo rodeva quando Hayley
era in pericolo. “È andata via” aveva detto e fatto una breve pausa
significativa. “Le ragazze hanno avuto un incontro spiacevole, ieri sera.”
Klaus si era sciacquato il viso e aveva parlato attraverso l’asciugamano. “Quanto
spiacevole?”
“Diciamo solo che la cura è stata peggiore del male.”
Quel che affermava sempre Liv parlando del fratello matto. “Quanto spiacevole, Elijah?”
°°°
Davina Claire era svanita nel nulla, lasciando solo la felpa con le
orecchiette da gatto appesa allo schienale di una sedia in ricordo. Il loft era
stato ripulito da vestiti, libri e vinili ma la stanzetta dei dipinti era
rimasta intatta. Quelle croste non valevano un accidente e ormai non
significavano più nulla. Klaus le aveva accatastate in un deposito e la chiave
era finita nel piccolo mazzo che apriva la vecchia soffitta della strega: era
bastato scambiare due paroline col sindaco, non aveva dovuto neppure incorrere
in minacce o mettere mano al portafogli.
Kol si era rifiutato
di localizzarla magicamente. Se non sai
come occupare il tempo, puoi sempre rimuovere la salma dal seminterrato.
L’incantesimo di contenimento è svanito, aveva detto con una metaforica
alzata di spalle, nascosto dietro un fumetto.
E Klaus, ossessionato dall’inattività, aveva caricato la salma nel furgone
e Liv era rimasta a fargli compagnia in una tiepida giornata primaverile. Aveva
tagliato i capelli ed indossava un paio di jeans. Peccato. Gli piaceva,
guardarle le gambe. Tu lo sai, cosa è
successo?
Liv aveva giocato con il ciondolo appeso al collo, prima di rispondere. Kai è un parassita. Quando è ferito, risucchia
energia dagli esseri sovrannaturali. La bussola ha indicato la fonte di maggior
potere e l’istinto di sopravvivenza ha fatto il resto. Ha ‘attaccato’ la strega
che possedeva Davina, non intendeva farle del male.
Klaus era uscito dalla fossa e si era seduto accanto
alla ragazza.Non
sono estraneo alle momentanee perdite di controllo. Non posso biasimarlo per
aver cercato di salvarsi la vita.
Ma non si entra nella testa della gente senza
chiedere il permesso, è una questione di rispetto! È una delle prime cose che impari
quando sviluppi il tuo potenziale magico. La sua anima è stata
metaforicamente stuprata da quell’imbecille!
Tu
vuoi proprio che uccida tuo fratello, eh?
Liv aveva dondolato uno stivaletto, irritata.Magari…
La
storia del mondo di ripete ad intervalli regolari, Olivia. Davina è viva, tornerà
quando l’offesa sarà scemata.
Liv l’aveva sbirciato con la coda dell’occhio. Parli come uno sfigato.
Klaus aveva raccolto un vermetto
e l’aveva posato con noncuranza sulla sua coscia. Tu dici?
Liv aveva guardato l’animale, era impallidita e
saltata via con un gemito.
Reagisci
come una sfigata, aveva detto e la piccola montagnetta di terra creata nello scavo della fossa, si era
sollevata magicamente e abbattuta sulla sua testa.
No,
sbagli.
///
La casa nel bosco apparteneva alla sua famiglia
da generazioni. Non c’era porta che scricchiolasse o vetro che dondolasse e, di
notte, i versi degli animali la spaventavano. Non era stata una buona idea, ma
non aveva saputo pensare a niente di meglio. Restare era impensabile: la
notizia sarebbe trapelata e Klaus l’avrebbe torchiata per sapere la verità,
difficile da raccontare e fastidiosa da ricordare.
La prima volta che Ayana si era manifestata, lo
aveva fatto gentilmente, accompagnandola nel cammino di unione. Per arrivare a
lei, Kai aveva scavato nella sua intimità senza
chiedere il permesso e la sensazione di vuoto che
aveva lasciato il maelstrom del parassita, l’aveva
fattasentire sporca e malinconica… però era viva, libera dalla minaccia. L’umore
sarebbe migliorato col tempo. Il suo attuale problema si riduceva a spaccare la
legna per accendere il camino ma il peso dell’ascia era notevole e la forza che
imprimeva non era sufficiente ad ottenere un risultato sostanzioso: l’ascia
restava incastrata nel ciocco e non erano stati pochi i capitomboli nel tentare
di estrarla senza ferirsi. Per non parlare del primo colpo che le aveva fatto
vibrare tutte le ossa del corpo…
“Non così, cara.”
Uah!
Spaventata dalla voce, Davina si era voltata tenendo l’ascia a protezione. Bekah? “Come mi hai trovato?!”
“Pc e connessione a banda larga” aveva risposto
con la solita dolcezza ma subito il bel viso si era imbronciato e Davina aveva
scorto una pericolosa somiglianza con Klaus.
“Non sono venuta per chiederti di tornare a casa. So come ti senti, sono
stata posseduta anche io contro la
mia volontà” aveva detto, percependo il suo immediato sgomento. “Due giorni fa, il direttore della banca ha
chiamato Nik avvertendolo che uno dei conti stava
andando in rosso. Hai più dato uno sguardo al saldo del conto, tesoruccio?”
Doveva?
“La rendita di Marcel è ridotta agli sgoccioli.
Devi trovarti un lavoro e smettere di fare shopping.”
“Ma ho speso pochissimo e la maggior parte dei
vestiti me li hai regalati tu!” si era difesa, spaventata dalla novità.
“Marcel ha inserito una clausola a tempo
pensando che saresti stata pienamente sufficiente entro i diciotto anni e
poiché mancano pochi mesi al tuo compleanno…”
“Sono sul lastrico?” aveva chiesto, attonita.
Quello era un problema ben più grave della sua dignità offesa!
“Diciamo che il denaro depositato non basta a
coprire i prossimi sette mesi.”
“Venderò il cottage.”
“Una catapecchia senza valore sul mercato.”
“La macchina?”
“Quel rottame che sta insieme con il nastro
adesivo isolante?” aveva chiesto dopo aver gettato un lungo sguardo
all’automobile parcheggiata poco distante. “Te la compro per dieci dollari.”
Non ne valeva cinque. Davina era piombata a
sedere sugli scalini del portico con un gemito minuscolo.
“Non siederei lì. Il legno è tarlato.”
“Allora?”
“I tarli sono parassitati dagli acari e gli
acari attaccano anche gli uomini.”
Era sopravvissuta ad un parassita di un metro e ottanta, poteva gestire una colonia di
acari!
“Da quanto tempo sei qui?”
“Tre settimane…”
“E da quanto hai quelle punture sulle braccia?”
“Tre settimane” aveva risposto con un filo di
voce. “Non sono zanzare?”
///
Era completamente pazza! Rebekah
le ordinava di bruciare la casa e lei schioccava le dita e mandava al diavolo i
vestiti, i libri, i cd e si ritrovava senza passato e senza futuro, sprofondata
nel sedile anteriore della sua auto lanciata chissà dove.
Le aveva detto che a volte bisognava fare cose
drastiche per ricominciare e Davina aveva risposto che non aveva più niente,
solo se stessa.
Sei
ricca come Creso, aveva detto con tono
rassicurante, ma Davina non aveva capito e si era sentita ancora più persa.
La situazione era perdurata nelle successive
settimane mentre il vampirastro approfittava a mani basse del suo smarrimento,
le riorganizzava la vita, la rimbalzava nella soffitta e saltava fuori che un
‘generoso benefattore’ aveva comprato la catapecchia nel bosco, stipulando una scandalosa
assicurazione che si era riversata sul conto, quando la casa era
‘misteriosamente bruciata’.
Davina aveva guardato il saldo dell’estratto a
bocca aperta ma Hayley le aveva suggerito di
dimenticare il codice segreto della carta di credito e filare a cercarsi un
lavoro. La strega aveva trovato un impiego in un negozio di animali, perché
sembrava che la sua aria da cucciolo sperduto andasse forte fra i cuccioli veri
e si era lasciata trascinare in un massacrante corso di CrossFit per ‘rinforzare la fiducia in se stessa’… ma l’umore non migliorava e
restava sempre quella macchia di vuoto che le impediva di tornare alla
normalità. Per quanto si sforzasse di mantenere le apparenze, non era raro
vedere la Prima Strega distratta da un pensiero triste. In capo a due mesi,
tutti avevano inteso, nessuno aveva ben capito e molti speculavano.
°°°
Le tre buste era tutte del medesimo spessore e
tutte ugualmente minacciose ed attraenti. Davina le aveva aperte, appoggiata al
bancone del Rousseau’s.
Le aveva lette, preso atto del contenuto ed impilate con cura.
“Bollette?”
“Le risposte dei college” aveva risposto, cupa.
“Mi hanno ammessa tutte e tre.”
“Non dovrebbe accadere fra un anno?”
“Sono nella classe avanzata.”
Camille si era congratulata con lei e le aveva detto
che un’altra persona sarebbe stata fiera del suo successo.
Davina l’aveva guardata con occhio vacuo. Non
parlava mai con Klaus se non alle riunioni di Consiglio ed evitava casa
Mikealson, infastidita dalle opprimenti attenzioni di Rebekah
che aveva addirittura iniziato a chiamarla ‘sorellina’. Inoltre, stava
iniziando a sviluppare parecchie reazioni strane nei confronti delle persone: non
riusciva più ad essere indulgente con i difetti di Josh
e mal tollerava i consigli di Marguerite sulla gestione della Congrega.
“Non mi ha mai chiesto come stavo. Mai. Neppure
una volta.”
“Se te lo avesse chiesto, cosa avresti risposto?
La verità, Davina.”
“Gli avrei detto di farsi gli affari suoi” aveva
risposto cupa, strusciando le mani sui jeans. “Ha approfittato del mio momento
di defaillance per caricarmi di un
debito che non potrò mai saldare, costringendomi a lavorare per lui vita natural durante.”
Il suo giudizio e il buonsenso erano fortemente
appannati. “Oppure ha cancellato in una volta sola tutti i favori che ti doveva.”
Davina l’aveva guardata di sottecchi mentre
spuntava la conta delle bottiglie. “Che c’è che non va, in me?”
Camille si era sbarazzata del blocco, posando i gomiti
sul bancone e si era sporta in avanti, sorridente. “Proprio nulla. Stai
reagendo al tradimento di Kai.”
Il visetto era affondato sui pugni e la strega
aveva lasciato andare un lungo sospiro. Se n’era andato quando era svenuta e
non aveva mai risposto alle sue telefonate. “Che altro?”
Gli occhi di Camille
avevano fatto il giro del locale prima di posarsi su di lei. “Avete passato del
tempo insieme, siete rimasti bloccati a centinaia di chilometri da casa e avete
dovuto affidarvi l’uno all’altra per gestire il problema.”
“Uno stato di emergenza che si è risolto facendo
il pieno di benzina…”
“Davina, sei una ragazza intelligente. Stai
volutamente scartando la risposta più semplice.”
La risposta più semplice era la più spaventosa.
“Kai mi piace...”
Camille aveva annuito, attendendo che digerisse la
novità. “Prenditi del tempo.”
“Per fare cosa?” aveva sussurrato giocando con
le buste. “Dimenticarlo?”
///
“Prestami il grimorio, devo fare un
incantesimo.”
Riceveva con piacere le chiamate di Camille, anche quando lo informavano che Davina aveva in
mente di fare qualcosa dibrutto&pericoloso. “Ho un mucchio di debiti strega,
non posso rifiutarti nulla” aveva risposto posando pennelli e tavolozza e
Davina si era spostata verso la finestra aperta, il naso fuori. “Non ti
nascondo di essere preoccupato per la tua salute mentale. Un’esperienza di
possessione è pressoché fastidiosa ed irritante finanche quando proviene da una
persona in cui riponevamo piena fiducia. Ho lasciato fare al ‘gruppo di
sostegno’ ma sento il bisogno di chiederlo: come stai?”
“In fretta, per favore.
L’odore dei colori ad olio mi da il voltastomaco” aveva detto e Klaus se l’era
presa comoda, versandosi del bourbon.
“L’olfatto è il senso privilegiato della
memoria. Se continuerai a bere, tua figlia crescerà associando la figura paterna
a una bottiglia di whisky.”
Il vampiro le aveva rivolto una lunga occhiata
pensosa. “Tuo padre beveva?”
“Non l’ho mai conosciuto, l’hai dimenticato?”
“Temo di avere un vuoto di memoria e di non
ricordare la combinazione della cassaforte…”
“Se ti racconto la mia triste storia e soddisfo
la tua insana curiosità, accelereremo i tempi del recupero?” aveva domandato,
spazientita.
“Indubbiamente.”
“Avevamo un capanno con gli attrezzi in giardino.
Mio padre era un appassionato di bricolage e usava vernici ad olio per
dipingere i mobili. Ricordo l’odore della latta rimasta aperta, il giorno in
cui se n’è andato: un nauseante odore di pesce e il mobiletto azzurro della mia
cameretta abbandonato in giardino” aveva risposto con voce bassa e secca. “Ora
tieni fede alla tua parte di accordo.”
“Quanti anni avevi?”
“Sei.”
“È questo il motivo che ti impedisce di posare
per me?”
“Uno dei tanti.”
Il vampiro aveva mosso la testa, incitandola a
continuare.
“Mi vergogno, ok?”
“Privare il mondo della tua bellezza è crudele,
cuoricino.”
“Mi stai rallentando, vampirastro.”
“Il tuo benessere è più importante di una certo
meritata vendetta.”
“Non ostacolarmi e mi vedrai sorridere di
nuovo.”
“Non voglio ostacolarti, ma aiutarti. Posso
trovarlo per te. Posso fargli tante cose e tutte spiacevoli” aveva sorriso e le
palpebre della strega si erano strette velocemente, celando per un attimo l’azzurro
degli occhi ma non la scintilla di cattiveria che prima non c’era. “Ho sempre
pensato che tu sapessi troppe cose, Davina Claire…
troppe cose per una strega della tua età. Se non starai attenta e non
sceglierai la strada giusta, finirai per essere la più malvagia di tutte le
streghe mai apparse a New Orleans.”
“Ti piacciono le ragazzacce, non farmi la
paternale!” aveva sbuffato ma l’espressione dura del vampiro non era cambiata. “Non
è per lui, è per me! Devo fare un incantesimo per me stessa!”
“Che tipo di incantesimo?”
“Un incantesimo di esclusione!” aveva esclamato
ad alta voce. “Tu non hai idea di cosa sia ed io non ho voglia di spiegatelo!”
“Beh, dovrai fartela venire, cuoricino.”
“Non metterti contro di me! Perderesti e non ti
piacerebbe!”
“Prova a darmi fuoco un’altra volta e ti darò
quella sculacciata che meriti da tempo!”
Ci credeva, Klaus non minacciava mai a vuoto.
“Ok” aveva sorriso e un attimo si era udito il ‘crac’ del collo e il vampiro si
era afflosciato a terra, schivando di pochissimo il bordo della scrivania.
Al tatto la carne era fredda, e Bonnie aveva dovuto spingere l’orecchio
contro il torace e tenercelo un bel po’, prima di captare il battito del cuore.
Perché scegliere di lanciare un sortilegio così potente su se stessa? Da chi
doveva scappare?
L’occhiata indagatrice era finita sull’ibrido, si era abbattuta sulla testa
di Kai - accucciato all’altezza di Davina - ed era
risalita fino a Kol che sembrava aver messo da parte
le vecchie ruggini.
“Vi dico che non funzionerà.”
“Zitta, guastafeste.”
Bonnie aveva taciuto e si era appoggiata al muro, le braccia incrociate e
il vestito del matrimonio stropicciato sull’orlo.
Rebekah ed Hayley erano giunte all’improvviso reclamando l’intervento di Kai, non sapendo che il ragazzo aveva già rubato una
macchina, diretto a New Orleans, annoiato dal ricevimento della sorella e
affogato nel rimorso e nella nostalgia. Liv lo aveva localizzato
sulla statale e le ospiti erano filate via prima del lancio del bouquet. Olivia
le aveva seguite senza pensarci due volte e Bonnie si era sentita gridare
‘vengo con voi’, il vestito raccolto in una mano.
Ricordava un ramo Claire nella bibbia di
famiglia e le sue amiche cambiavano
sempre discorso, quando accennava la possibilità di una vacanza in Louisiana.
Era accaduto qualcosa laggiù, e le canaglie avevano giurato di non parlarne
mai, escludendola dalla
piccola e rassicurante cerchia di amicizie che l’aveva protetta per venti anni.
Mystic Falls era diventato un luogo inospitale e
‘stretto’ e dopo solo sei mesi di ‘assenza’, Jeremy aveva conosciuto una nuova ragazza alla scuola d’arte e l’aveva
dimenticata. Bonnie
aveva incassato male e si era sforzata di non pensarci.
Per un po’ la cosa aveva funzionato, tutta
tesa a sfuggire l’asfissiante presenza di Kai, poi il
ragazzo aveva preso a sospirare come un personaggio dei cartoni animati e
l’insopportabile ritornello di scuse trite e ritrite era cessato.
Kai aveva provato e fallito, biascicato un ridicolo ‘doh!’, morso la pellicina di un dito e studiato il visetto
di Davina dopo averlo preso fra le mani.
Ogni volta che la toccava, Klaus batteva le palpebre e la sua immobilità
pressoché inquietante, si diluiva in un’espirazione forzata. “Davina attinge al
potere degli Antenati. Non può essere assorbito.”
L’ibrido si era staccato dal gruppo e Bonnie
lo aveva guardato con la coda dell’occhio. Non aveva fatto una piega quando Rebekah lo aveva avvertito che ‘stavano tornando con una strega Bennet accampata sul sedile posteriore’.
“Mai arrendersi al primo tentativo! Quando
ero sul mondo prigione…”
“Non frega a nessuno” l’aveva tacitato Oliva,
assonnata e gualcita come un fazzoletto
usato. Si era tolta le scarpe e aveva i piedi impolverati dal brecciolino
bianco del vialetto su cui aveva camminato scalza. “C’è del caffè in questa casa?”
“C’è” aveva risposto
Klaus e Liv gli era ciondolata dietro, sbadigliando.
Bonnie li aveva seguiti con lo sguardo, stupita che si occupasse in prima
persona di una faccenda così sciocca. Poi l’occhio le era caduto sul grimorio aperto sulla scrivania. L’incantesimo era
pressoché una maledizione: manteneva il corpo intatto nel tempo e necessitava
di aiuto esterno per essere sciolto: la chiave era nelle parole che lo
componevano.
///
Nel grimorio veniva descritto un incantesimo
usato dalle streghe condannate al rogo, così potente da gettarle in uno stato
di ‘grazia squisita’ mentre perivano incoscienti fra le fiamme. Poiché quella
parola all’inizio della terza riga aveva il 50% di possibilità di essere
pronunciata nella maniera sbagliata, Davina aveva scelto – per assonanza o
distrazione – l’opzione errata.
Bonnie aveva commentato la spiegazione di Kol con
un debole ‘mmh’: una formula sbagliata non
funzionava, punto e basta. “Da chi o cosa stava scappando?”
Kol aveva allontanato il
libro e fatto una lunga pausa significativa. Quando Kai aveva risucchiato la strega che la
possedeva, Davina aveva subito una violazione profonda che aveva lasciato uno
strascico nella personalità. Una violenta invasione mentale poteva danneggiare
il lobo temporale alterando la percezione della realtà ma nessuno si aspettava
quel cambiamento radicale. Le aveva raccontato i moti di insofferenza di Davina
a fronte di eccessive attenzioni e per ultimo, un fatto inquietante: Klaus
aveva bussato alla sua porta, un pomeriggio, e Davina l’aveva invitato ad
entrare ma aveva continuato a dividere il bucato, poco disponibile al
colloquio. L’ibrido era rimasto in piedi accanto alla finestra, sbirciandola
con la coda dell’occhio. A quell’ora del giorno si formava una chiazza di sole
sul pavimento, e non aveva potuto fare a meno di notare il suo sbigottimento
quando l’ombra del corpo l’aveva coperta. Davina aveva guardato verso di lui e attraverso di lui, e le braccia si erano
ricoperte di pelle d’oca. Aveva chiesto monetine per la lavanderia e senza
aspettare risposta, era uscita perdendo metà dei vestiti sul pavimento. Nel
locale della lavanderia a gettoni, si era seduta di fronte all’enorme lavatrice
ed era rimasta a fissarla, ipnotizzata. Klaus l’aveva tenuta d’occhio tutto il
tempo ma non aveva notato altre stranezze.
Bonnie non
avrebbe saputo dire cosa irritasse l’angolino del cervello, ma avrebbe voluto
infilarci le dita dentro e grattarlo a sangue.
Kol aveva azzardato una proposta, chiedendole di tenere la bocca chiusa in
caso di insuccesso e Bonnie
aveva rilasciato un laconico e sospettoso ‘ok’, seguendolo al piano superiore,
dritta nella stanza che ospitava il corpo della strega, disteso su un letto
comodo e sorvegliata dal mastino.
Avrebbero tentato un incantesimo mentre le
ragazze erano fuori; Se fosse andato male, non ci sarebbero state tragedie.
Klaus aveva chiuso il libro che stava
leggendo – o leggendo alla ragazza? – e quando le era passato accanto, Bonnie
aveva aspirato un lieve odore di lozione per bambini. Doveva ancora digerirla,
quella storia.
In meno di dieci minuti, l’efficientissima
organizzazione Mikealson aveva sistemato Davina sul
retro del SUV e l’aveva introdotta, senza farsi vedere, nel cimitero delle
streghe.
Appena messovi piede dentro, Bonnie si era
sentita a casa.
I tuoi antenati sono sepolti qui, le aveva
detto Kol e Bonnie ne aveva percepito la presenza fra
le tombe mentre davano vita all’incantesimo.
Riaperti gli occhi, Bonnie si era ritrovata su una spiaggia assolata
dell’oceano. Aveva camminato sulla battigia in direzione di un puntino rosso e
quando Davina l’aveva scorta, il suo sguardo le era passato attraverso.
Elena
l’aveva descritta come una ragazzina, ma era tutt’altro che una bimbetta: aveva
un fisico armonioso e ben sviluppato, folti capelli neri e le ciglia socchiuse
nascondevano due occhioni blu. Poteva avere diciotto anni, o qualcosa in meno.
Era ferocemente triste. Bonnie le si era seduta
accanto e per un po’ non avevano parlato. Il rumore della risacca era riposante
ma la desolazione umana intollerabile. Come
sei finita qui?
Sottotono, Davina le aveva spiegato l’intenzione di modificare la
maledizione di Salem per creare la propria versione dello switch off vampiresco… mentre scriveva l’incantesimo aveva ingarbugliato
le parole e le aveva pronunciate ad alta voce. Si era svegliata sulla spiaggia,
priva di ricordi. Aveva passato settimane a cercare di rammentare il proprio
nome e quando l’aveva fatto, erano comparsi anche gli oggetti: la felpa, il
telo disteso sulla sabbia, il cappellino di una squadra di baseball, un
fumetto. Aveva camminato per miglia e miglia, sotto il sole che non tramontava.
Non ricordava di aver mai dormito.
Se l’incantesimo era stato scritto, avevano una buona possibilità di
riportarla indietro.
Davina si era adombrata, guardando in una direzione precisa. Continua ad apparire…
Bonnie aveva voltato la testa a sua volta. Il SUV di Klaus?
La strega era tornata ad affondare il dito nella sabbia e uno sciame di
lucciole brillanti come piccoli soli era balenato dell’aria, scomparendo quasi
subito.
Anche quelle continuano ad
apparire…
Anche questi?, le aveva chiesto sollevando un paio di occhiali
da sole dalla sabbia. Li aveva indossati e Davina aveva borbottato che erano
troppo grandi per la sua faccia.
È un modello da uomo, aveva risposto sollevandoli sulla testa. Con
noncuranza, Bonnie aveva aperto il fumetto dei supereroi e ne aveva sfogliato
le pagine.
Chi costudisce il mio
corpo? La congrega?
Il sole era stato coperto da un’ombra e Bonnie era rabbrividita. Anche quello continua ad apparire?,
le aveva chiesto indicando il vortice nel mare e Davina l’aveva guardato,
atterrita.
Non devi restare quando arriva!, aveva urlato e l’aveva spinta indietro e Bonnie
era caduta in un nulla cosmico, doloroso e straziante.
°°°
“L’incantesimo ha funzionato. Davina vi ha cancellato dalla memoria ma ha
tenuto con se oggetti che vi appartengono.”
“Perché?”
“È una scappatoia, l’uscita di sicurezza in caso un giorno decidesse di
tornare indietro.”
Bonnie aveva concluso l’inventario e reperito gli articoli incriminati: il
fumetto di Kol, la felpa rossa di Hayley, gli
occhiali da sole di Josh, il suo migliore amico, ed il cappellino da baseball
che Rebekah aveva comprato che avere una scusa per parlare con il commesso del
negozio sportivo. Per ovvie ragioni, non poteva parcheggiare il SUV nel salotto
e non aveva idea di dove reperire lucciole a quell’ora del giorno.
Rebekah aveva sfogato la frustrazione
litigando con Klaus: avrebbe dovuto impedirle di
forzare la cassaforte e lanciare l’incantesimo su se stessa. Avrebbe
dovuto colmare una certa lacuna che
gli rimproverava da mesi, essere più presente nel processo di ‘recupero’ e non
limitarsi al mero aspetto finanziario. Gli costava tanto abbracciarla?
Elijah aveva cercato di mettere una pezza: non
potevano prevedere le mosse di Davina ma come Hayley, in pena per la cucciola, Rebekah non riusciva a perdonarsi
di averla lasciata sola. Avrebbe dovuto rimandare il parrucchiere o portala con
se.
Kol non aveva trovato
alcun appunto sull’incantesimo, né sul quaderno della strega né sulla scrivania
del fratello.
“Se Davina dice di averlo scritto, l’ha
scritto. Cerca meglio!” l’aveva spronato la sorella e Kol
le aveva detto di darsi una calmata: avevano scartabellato il contenuto dello
zainetto e sfogliato tutte le pagine dei libri senza trovare nulla.
Josh si manteneva ai bordi e continuava a gettarle occhiate. “A cosa vi
serve, tutta questa roba?”
“La useremo per tentare un incantesimo di evocazione. Creeremo un cerchio
magico per intrappolare l’essenza di Davina e l’uomo dell’anno la convoglierà
nel suo corpo.”
“Siamo sicuri di stare facendo la cosa giusta?” Hayley aveva alzato un sopracciglio,
dubbiosa. “Davina ha creato addirittura un mondo per starsene per fatti propri,
non dovremmo rispettare la sua volontà? Se la costringiamo a tornare, lo farà
di nuovo.”
“Se fosse una situazione normale e fosse rinchiusa nella soffitta a mangiare
gelato e guardare film lacrimosi, appoggerei la tua posizione” aveva convenuto
Rebekah con un’occhiata veloce al fratello maggiore. “Nik,
tu che dici?”
Klaus l’aveva fulminata, colmo di disprezzo. Aveva infilato la giacca,
camminando spedito verso l’uscita. “Sono stanco di assecondare i capricci di
Davina Claire. Ha disprezzato la sua
famiglia, lasciatela marcire su quel mondo immaginario!”
“Se esci, va a prendere la sabbia per l’incantesimo.”
“Non sto scherzando, sorella! Pulite la stanza o lo farò a modo mio e i
cani banchetteranno splendidamente, stasera.”
La porta era sbattuta sul sospiro di Rebekah. “Noi non ce li abbiamo, i
cani…”
La spiaggia stessa era un ricordo. Un bel ricordo, aveva pensato Bonnie con
un rapido battito di ciglia. “KLAUS!”
L’ibrido l’aveva udita e l’aveva ignorata ma quando aveva provato a girare
le chiavi nel blocchetto, il motore non aveva dato segni di vita. Klaus aveva
battuto una mano sul volante ed era smontato con un grugnito spazientito. “È
opera tua, strega?!”
“Portami su quella spiaggia.”
“Perché?”
“Sbagli accusandola di aver cancellato i legami che vi uniscono per
capriccio. Davina ha tentato di replicare lo switch off vampiresco perché era stanca di soffrire. Ha fatto un casino
ed è stata punita. È sola, spaventata e a malapena ricorda il proprio nome.”
Un muscolo era guizzato attraverso la mandibola dell’ibrido. “E quale
mirabolante soluzione pensi di trovare su quella spiaggia?”
“Liv sta lavorando ad un super-energizzante per
allungare i tempi di contatto. Possiamo metterti in contatto con lei e la tua… brillante personalità potrebbe
convincerla a tornare. Il potere di Kai è troppo
instabile, è ingordo e rischia di assorbirla del tutto.”
Klaus l’aveva fissata cercando un dubbio, un’esitazione, qualcosa che avvallasse
il suo rifiuto e Bonnie aveva sganciato il carico pesante: ‘nessun Mikealson lascia un componente della famiglia nei guai. È
l’unica cosa che mi piace di voi’, aveva detto e l’ibrido aveva rovesciato gli
occhi sibilando che ‘il membro più giovane aveva già imparato le regole del
gioco più sporco’ e le aveva fatto cenno di salire.
“La mia brillante personalità capisce
quando la stai prendendo per il culo.”
E capiva che quel che aveva fatto Davina era molto grave, per una strega?
°°°
La spiaggia era assolata e vuota, esattamente come la ricordava ma tutti i
bordi erano sfumati ed evanescenti, come se fosse immerso in un sogno. Klaus si
era avvicinato all’acqua e la risacca gli aveva lambito le scarpe senza
bagnarle. In lontananza aveva scorto un puntino rosso e si era mosso nella sua
direzione. Aveva notato il telo, la borsa di Davina, la strega seduta sulla
sabbia con i piedi affondati nell’acqua. Gli shorts avevano l’orlo bagnato e
sulle guance c’erano piccoli granelli solitari. Davina aveva guardato verso di
lui ma non era sembrata ne preoccupata, ne felice di vederlo.
Ti sei perso?
No. Ho guidato fin qui con
la mia macchina.
Davina si era voltata e aveva osservato il SUV nero parcheggiato in
lontananza.
Non provava alcuna sensazione fisica e non udiva alcun rumore. Solo la
risacca del mare. Il suo ricordo del
rumore dell’oceano. Il ricordo della voce di Davina. Stai facendo soffrire la tua famiglia, cuoricino.
I miei genitori sono morti.
Tuo padre se n’è andato
quando avevi sei anni.
Un’ombra aveva oscurato il sole e l’ibrido aveva sentito la pelle
accapponarsi. Il vortice era partito dal mare e la colonna d’acqua si era
alzata fino il cielo. Aveva risucchiato la sabbia asciutta e si era
ingigantita. Davina non si era mossa dalla riva. Devi andare via, ora.
Aveva toccato un tasto dolente e la strega aveva attivato il meccanismo di
difesa. O quello che la strega Bennet credeva tale. Vieni con me.
Non posso andare via…
Cosa te lo impedisce? La
manifestazione visiva dello Sturm und Drang che agita il tuo animo, cuoricino?
L’azzurro degli occhi si era mosso da destra a sinistra ed era sceso sul
palmo della mano aperto verso di lei. Se
ti prende, non potrai più tornare indietro…
Se lo dici tu!
Fa un po’ come ti pare, aveva risposto stizzita, spazzolando il fondo
degli shorts. Salutami l’Altro Lato!
Klaus l’aveva osservata raccattare le proprie cose e ficcarle nella borsa
colorata. C’è stato un problema con
l’Altro Lato. È così che è cominciato tutto. Non avrei mai dovuto chiederti di
fare quell’incantesimo. È colpa mia, non dovevo bussare alla tua porta.
Tu hai bussato ma sono
stata io a lasciarti entrare… Davina aveva lasciato cadere la borsa e una mano era passata sul viso e
aveva tirato indietro i capelli. Sto attingendo
al potere degli Antenati… non me la faranno passare liscia stavolta…
Senza contare la
sculacciata che prenderai dal sottoscritto per aver fatto la pazza e divelto la
cassaforte dal muro, aveva ghignato e Davina
aveva alzato il mento con aria superba. ‘Uno,
due, tre, quattro’ non è una combinazione accettabile!
È la più semplice, nessuno
ci pensa mai.
Evidentemente non è…
Poche cose ammutolivano la strega.Klaus
aveva sbirciato il vortice alle sue spalle e suggerito di correre.
Non dire sciocchezze, aveva eruttato caparbia ma con voce tremolante
di paura. Dov’è finito il mio corpo? In
una bara di vetro?
Su un comodo letto nella
stanza degli ospiti. Ti spolvero giornalmente.
Non farci cose strane, vampirastro.
Ti userò come riserva
perpetua se non porti subito via il culo da qui!,
Ehi! Tu meglio di tutti
dovresti sapere quando è difficile affrontare se stessi!,aveva esclamato, agitata. Vattene, devo farlo da sola!
Vedi di sbrigarti, aveva sbuffato e camminato malvolentieri in
direzione della macchina. Inizi a
puzzare!
°°°
“Ce l’abbiamo fatta?”
“Quasi.”
“Dovremo rifarlo un’altra volta?”
“Tutte le volte che sarà necessario, sorella.”
Rebekah aveva sbuffato, lamentando un feroce mal di testa: avevano messo
fuori combattimento il fratello e le streghe, e non avevano neppure la forza di
succhiare sangue da una cannuccia.
La trottola di Hope aveva continuato a girare sul
pavimento. La bambina aveva cercato di afferrarla senza successo e poi aveva
rivolto la sua attenzione ad oggetti immobili e colorati. Al primo sbadiglio,
Hayley l’aveva messa a letto.
“Che cosa è successo?”
“Il genio si infiamma e crea…
Davina sta lottando contro i suoi demoni e non gradisce gente fra i piedi.”
Hayley aveva annuito e i begli occhi si erano riempiti di lacrime.
“Grazie.”
Il bacio gli aveva scaldato la guancia e Klaus le aveva rivolto lo stesso
sguardo di rimprovero che rivolgeva sempre alla sorella. Era entrato in camera
di Davina e si era avvicinato al letto.
Il vortice l’aveva risucchiata appena Davina l’aveva cacciato dal piano
astrale. Si era sentito cadere per miglia e miglia nella più profonda oscurità,
aveva sentito il cuore ridursi in minuscoli frammenti e un profonda nostalgia
avvolgerlo.
Lo stress causato dai mesi vissuti sul mondo
prigione si era sommato a quello provocato dall’incantesimo di proiezione e Bonnie
non era certa di essere tornata indietro ‘intera’. Se lei ricordava avvenimenti
della vita di Liv e flashback in costume con
protagonista l’ex vampiro, allora anche i suoi ricordi erano di dominio
pubblico.
Erano passate quasi due settimane dall’incantesimo
e Bonnie era rimasta a New Orleans, nell’appartamento di Rebekah. Aveva
innaffiato le sue piantine, Kai aveva cercato di
parlarle, era rimasto nei dintorni ed infine era scomparso. Bonnie aveva
pensato che il tanto decantato interesse per la strega addormentata non era poi
così forte e si era disillusa un’altra volta. Elena la tempestava di messaggi
ma non la chiamava mai. Damon la chiamava sempre e lei si negava al telefono. C’era
stata la festa di compleanno ma l’invitata non aveva potuto partecipare. I
regali erano stati ammucchiati nella soffitta della strega e appena messo piede
dentro, Bonnie aveva sentito una profonda tristezza permeare le pareti.
“A diciotto anni si dovrebbe essere felici”
aveva detto girando un pacchetto fra le mani, seduta ai piedi del letto di
Davina mentre Klaus sistemava i regali delle ragazze sulla scrivania. Le
domande erano venute fuori un po’ alla volta. Domande sulla vita, sulla morte e
sull’amore. Non tutte avevano avuto risposta ma erano state sufficienti a quietarla.
Le ragazze l’avevano coinvolta in una serata
al femminile, Bonnie aveva risposto ‘sì’ per gentilezza, aveva taciuto un’altra
chiamata di Damon ed invece di tornare a casa, quella sera, aveva trascorso la
notte immersa nella follia delirante di New Orleans. Poi aveva udito una
conversazione telefonica e si era fermata ad ascoltare. La solita storia: un
ragazzo sta con una ragazza, poi la ragazza lascia il ragazzo. Nessun gesto
eclatante da parte del ragazzo, solo il lungo silenzio di chi non ha capito e
non ha parole per spiegarlo a se stesso o agli altri.
Bonnie aveva sbirciato l’espressione del
ragazzo e lo sguardo cupo di Kol aveva incontrato il
suo. Dopo un istate di sorpresa, le aveva voltato le spalle, allontanandosi a
grandi passi.
Bonnie si era detta che anche i Mikealson venivano bidonati di tanto in tanto e chissà
perché, la scoperta le aveva alleggerito la giornata.
Nella piccola biblioteca dello zio di Camille aveva trovato una vecchissima mappa del cimitero di
New Orleans e aveva spiegato a Klaus che scavando in una certa direzione,
avrebbero incontrato un tunnel che passava lateralmente alla stanza della
deposizione dove giaceva il corpo di Davina. L’ibrido non aveva aperto bocca e
aveva subito arrangiato i lavori. C’erano volute parecchie nottate in bianco
per arrivare al tunnel, Bonnie non aveva più visto Kol
dalla sera del bidone telefonico, ma la prima volta che erano scesi nel cunicolo
se l’era ritrovato alle spalle. L’aveva studiato per scoprire se soffriva anche
lui della sua stessa disillusione ma la luce era fioca e lo sguardo del ragazzo
sfuggente.
Il tragitto era lungo e sembrava che l’ossigeno
fosse insufficiente per tutti. Avevano sfondato una tubatura mentre scavavano,
e il fango aveva reso il fondo scivoloso. Bonnie aveva dimenticato il
particolare ed indossato scarpe prive di grip. All’ennesimo
scivolone, la dignità si era incrinata sull’eco di una risata sommessa e
l’astio era cresciuto.
“Non ti disturbare” aveva sibilato scansando
con un gesto brusco l’offerta di aiuto di Kol e posato
la mano su una carcassa di topo. “Che schifo…”
“La parete è questa.” Klaus aveva puntato la
torcia contro il muro e abbassato lo sguardo sulla strega inginocchiata nella
fanghiglia. “I topi portano la rabbia.”
Bonnie si era scoperta la fronte madida di
sudore. Aveva studiato la parete, infilando le dita fra le fessure. “Queste
vecchie abitazioni hanno tutte una struttura comune. Basterà rimuovere i massi
uno ad uno. Mentre voi lavorerete, io andrò a trovare Davina e prenderò i tempi
di ronda della custode.”
“Tutto qui?”
“Dovete aprire il passaggio in modo che
nessuno se ne accorga… non sarà facile, e gli incantesimi sono esclusi.”
“Se avessi rinunciato tutte le volte che le
cose si facevano difficili…”
Klaus aveva preso la via di ritorno. La luce
era calata debolmente e Bonnie era avanzata piano dietro i fratelli e nel
momento stesso in cui aveva pensato ‘manca l’aria, qui dentro’, Kol si era fermato bloccando il passaggio angusto.
“Che succede?”
“La strega è scivolata!” aveva risposto Kol ad alta voce e aveva gridato al fratello di andare
avanti. “Ci penso io.”
Il viso della strega si era deformato in una
smorfia cattiva: non aveva messo da parte il rancore, aveva atteso il momento
giusto per fargliela pagare. “Dimentichi una cosa, KolMikealson” aveva sussurrato. “Devi chiedere il
permesso a Klaus anche per soffiarti il naso.”
Kol l’aveva afferrata e
si era rammaricato di non avere più le zanne. “Come ci si sente sapendo di
stare per morire?”
“Dimmelo tu… codardo…” aveva risposto con un
sorrisetto irritante. “Tu che… sei scappato dalla Luce…”
“Essere andata e tornata un paio di volte,
non fa di te la più saggia delle creature, Bennet.”
“Sono andata e tornata… vedi di ricordarlo”
aveva sussurrato calciandolo fra le gambe.
Il gemito di dolore era risuonato nel tunnel,
Bonnie gli aveva spinto la mano contro la bocca e ce l’aveva tenuta fino alla fine.
“Tu non immagini come ci si senta a morire lentamente di disperazione, giorno
dopo giorno, su un mondo deserto e privo di vie di fuga. Ringraziami per averti
regalato una fine veloce, invece.”
“Sono stato mandato a fuoco senza alcun
motivo e non sto udendo nessuna scusa da parte tua!” aveva sibilato
imprigionando il polso e torcendole il braccio dietro la schiena.
“Hai tentato di uccidere il mio ragazzo!”
“Tentavo di salvarmi la vita perché lui voleva uccidermi!”
E quella era la parte che odiava. La barriera
fra il Bene e il Male era crollata e non c’era più alcuna fazione a cui voler
appartenere.
La luce della torcia morente si era esaurita
del tutto, piombandoli nell’oscurità. Entrambi avevano smesso di respirare poi
Bonnie aveva commentato che ‘andava meglio, no?’
“Sei l’unica strega che preferisce le tenebre
alla luce.”
“Non sono la più saggia delle creature.”
“Mh, sei
affascinante” aveva risposto e la luce del cellulare era balenata illuminando
il viso del ragazzo. “Segui le impronte di Klaus, giovane marmotta.”
“Mai stata una giovane marmotta” aveva detto
chinandosi a studiare le tracce. “Stiamo andando dalla parte sbagliata.”
“No, non è vero.”
“Indossate le stesse calzature ma avete un
numero differente. Queste sono le tue
impronte. Quelle sono le impronte di
Klaus” aveva precisato stendendo il braccio dall’altra parte. Bonnie aveva
seguito il tunnel con spasso spedito fino a raggiungere l’uscita e una volta
fuori, aveva buttato giù un sorso di acqua, ripreso la giacca e salutato
l’ibrido con un cenno svagato della mano.
Klaus si era chiesto se il fratello era
ancora in vita e aveva guardato verso il punto in cui la terra declinava.
L’aveva trovato appollaiato sulla scaletta di corda, l’aria dubbiosa, uno sbuffo
di terriccio sulla fronte.
“Creatura affascinante” aveva detto
incrociando il suo sguardo e Klaus gli aveva consigliato di starle molto
lontano perché era una strega, una Bennet e radice di
tutti i loro mali.
“Però è affascinante” aveva ribattuto
svitando la bottiglia di whisky. “Che numero di scarpe porti?”
///
Apro gli occhi e le labbra schioccano pallide
nel silenzio. Volta granitica, pareti scavate nella roccia, marmo lucido
ovunque e un bel vestitino bianco che mi avvolge da capo a piedi. Fiori a
perdita d’occhio, incenso bruciato che traccia lunghe spirali nell’aria.
Pensavo che il Santuario delle Streghe
Dormienti fosse dedicato solo a coloro che sono trapassate orgogliosamente... credevo
di essere al sicuro a casa dei Mikealson, non
immaginavo che le streghe avrebbero reclamato il mio corpo! Né che mi avessero
vestito come avessi ancora 16 anni!
“Ehi.”
Il cuore mi finisce in gola dalla sorpresa e
il singulto si ode in tutto il Santuario. Una testa di capelli neri lucidi come
l’ebano appare dal nulla. Bonnie? “Che fai qui…”
“Ufficialmente è una visita familiare. Ufficiosamente,
il palo.”
Bonnie indica la parete opposta all’uscita
del Santuario, collegato al cimitero da un lungo passaggio sotterraneo,
accessibile solo ai membri della congrega.
Scric.
Cos’è? Sembra il rumore di pietre mosse…
Scric… tzz….
Sembra che qualcuno stia creando un’entrata
secondaria non potendo usufruire della prima.
Tump
“Quando
si tratta di gabbare le streghe, il tuo cervello fa gli straordinari. Li hai
persino numerati…”
Sorrido udendo la voce di Kol
ma Bonnie si adombra e scende i due gradini dell’altare. “Controllo se arriva
qualcuno” borbotta allontanandosi silenziosa nel condotto sotterraneo.
“Sono numerati per evitare che si accorgano…”
“Non spiegarmi un’ovvietà, fratello!”
Oh, ma c’è anche… il cuore batte tanto da
soffocarmi. Non dovrebbero essere qui. Nessuno può mettere piede nel Santuario,
eccetto i membri della congrega! Mi ridistendo fingendo di essere addormentata,
l’ultimo masso viene spostato e i ragazzi entrano nella stanza. Faccio uno sforzo
incredibile per restare immobile quando Klaus mi sfiora la fronte e mi sussurra
un ‘ciao piccola’ che mi scioglie tutte le ossa. Vorrei posare la mano sulla
sua e premerci contro la guancia. “L’avvenimento più divertente degli ultimi
tempi e te lo stai perdendo” sussurra e il respiro caldo mi lambisce la pelle.
“Non raccontarle stronzate, fratello.”
Klaus ridacchia a bassa voce e i passi di Kol si fanno vicini. “Le ho fatto pesare di avermi ucciso?
No. Ho contestato la sua idea di inviarti sul piano astrale creato da Davina?
No. L’ho aiutata quando si è trovata in difficoltà e sono stato ringraziato con
malumori e musi lunghi. Il suo rancore è ridicolo e fuori luogo.”
Klaus si china a raccogliere il libro e ne
sfoglia le pagine, seduto vicino ai miei piedi. “Non è rancore.”
Lunga pausa. Sento le rotelle nella testa di Kol fermarsi e ripartire molto lentamente.
“Ma stai cercando di svegliarla annoiandola a
morte? Eravamo d’accordo che le avremmo fatto ascoltare un po’ di musica,
stavolta.”
“Poi abbiamo giocato a pari e dispari e tu
hai perso.”
Vorrei saltare su e spaventarli entrambi con
un ‘bu’ improvviso. Poi sento le tempie sfiorate in
prossimità dei fiori che ornano la stupida acconciatura e la sensazione è
lacerante. Apro gli occhi e per la prima volta, vedo Klaus trasalire di
sorpresa, la mano corre sul braccio di Kol che si
volta con un ‘che c’è?’ e un singulto.
“Bu” soffio e Kol mi dà una schicchera sulla fronte. “Mi hai fatto morire
di paura, stronzetta!”
“Scusa…” sussurro e quando provo ad alzarmi
sui gomiti, gira il braccio attorno alle mie spalle e mi solleva con
delicatezza.
Klaus annuncia che dobbiamo rivedere
l’accordo l’indomani stesso, e non c’è più alcuna traccia di dolcezza nella sua
voce. “Avverto la strega che ce ne andiamo.”
Raccolgo il vestito scivolando piano piano a
terra, ma le gambe quasi non mi reggono tanto sono indebolita da settimane di
immobilità. Kol mi afferra sotto le braccia e mi
rimette a sedere, chiedendomi se sto bene.
“Ho combinato un guaietto…”
sussurro e lui sospira, arreso ad una forza maggiore.
“È rimediabile?”
No. Proprio per niente.
///
“A che cavolo pensavi, Prima – brutta
stronza - Strega?! Pensavi che saremmo stati felici di saperti ridotta ad
un vegetale priva di sentimenti?!”
“Siamo la tua famiglia, Davina. Ci preoccupiamo per te. Se hai un problema
vieni da noi e lo risolviamo, non crei un mondo immaginario nel quale
nasconderti!”
Le ragazze sanno essere spaventose. Prima
strillano di contentezza, poi ti mangiano la testa.
“Che hai in quella mente bacata e piena di niente?! Ho già un fratello
stupido che crea un sacco di guai, non ti ci mettere anche tu!”
E c’è una novità. Non chiedetemi come ho
fatto, ma lo ‘Sturm und Drang che agita
il mio cuoricino’ unito al potere illimitato degli Antenati ed ad un
catalizzatore oscuro vecchio come il mondo, ha fatto sì che l’Altro Lato
riprendesse ad esistere. Bonnie è rimasta stupefatta quanto me, ma credo che il
merito sia soprattutto suo. È una Bennet e le Bennet discendendo da… oh, non ho alcuna voglia di
raccontarla da capo, cercatevi il capitolo!
A stringere, ho ripristinato un ordine naturale in maniera poco ortodossa e
guadagnato il rispetto della congrega.È stata una bella sensazione. È durata circa un minuto.
Rebekah stringe le palpebre, le mani sui fianchi e getta uno sguardo vago al
fratello maggiore. “Potevi morire… e tutto per un uomo.”
Avvampo e sento il sangue battermi nelle orecchie. “Aspetta un attimo, io non
ho…”
“Kai è tornato. Ha anche cercato di dare una mano”
continua. “Credo che tu gli piaccia molto.”
“Basta così, sorella. Stai cercando di farla scappare un’altra volta?”
La voce di Klaus è un mormorio lento. Continua a mescolare lo scotch nel
bicchiere con aria svagata e non entra mai nella discussione.
“Sto cercando di farle capire che non c’è uomo per cui ne valga la pena”
mormora tutta dolce e materna ed Hayley le si affianca e annuisce mentre la
bambina le tira i capelli e fa ‘ciao ciao’ con la manina. “Devi avere cura di
te stessa, Davina. Alla fine, quel che ti resta sei tu.”
Annuisco, quasi ipnotizzata dal loro discorso. Se le lasciassero fare,
dominerebbero il mondo.
“Ora su il mento, via quell’aria mortificata e preparati ad uscire. Capelli,
estetista, manicure. Ti troviamo un vestito da lasciare a bocca aperta la città.
Tutti gli uomini ti desidereranno e tutte le donne vorranno essere te,
stasera.”
Perché? Che succede, stasera?
///
L’Altro Lato aveva ripreso ad esistere e non c’era nessuna Ancora a collegare i due mondi. Come
funzionava? La gente semplicemente trapassava nell’Aldilà? Davina aveva
ricreato il buon vecchio purgatorio dantesco?
Bonnie aveva pagato la bottiglia e riposta in un sacchetto di carta, poi la
baraonda
di New Orleans l’aveva inghiottita. Aveva risposto alle chiamate delle amiche,
dato la buona notizia e preso ancora tempo. Non sapeva quando sarebbe tornata.
Doveva ancora fare il suo tour guidato. Liv era
saltata sulla prima corriera del mattino adducendo un ‘gran mal di testa da
incantesimo’. Semplicemente, aveva perso interesse alla faccenda e aveva
seguito il primo ragazzo carino che le aveva rivolto un’occhiata di troppo.
Bonnie aveva comprato la bottiglia dopo aver
ricevuto la telefonata di Jeremy. Le aveva chiesto di incontrarsi, per parlare.
Bonnie opposto un fermo no e chiuso
la chiamata. Però poi si era pentita ma non aveva avuto il coraggio di
richiamarlo. Appena il cellulare aveva ripreso a squillare, Bonnie lo aveva
lanciato nella fontana di Dauphine Street,
si era seduta sul marmo candido e arrotondato, e aveva buttato giù il primo
sorso. Qualcuno lo aveva ripescato e scrollato per far uscire l’acqua e l’aveva
dichiarato decisamente morto. Chissà se anche il suo cellulare era finito
nell’Altro Lato. Bonnie aveva sogghignato al pensiero e aveva ripreso a bere.
“Sono le tre del pomeriggio, zuccherino.”
“Da qualche parte nel mondo, è notte fonda.”
Kol aveva ricomposto il
cellulare e provato ad accenderlo. “Ti senti meglio sapendo di aver ucciso
tutta la rubrica telefonica?”
Bonnie aveva cominciato a ridere tanto da
farsi uscire le lacrime dagli occhi.
“Ci vediamo” aveva detto, ancora scossa da
piccoli attacchi di risa e Kol le aveva chiesto se
sarebbe andata alla festa di Davina quella sera.
“Spareranno brillantini e petali di rosa e
tutti i vampiri sembreranno appena usciti dal set di Twilight.”
“È una festa formale?”
Kol l’aveva squadrata e
annunciato che bella com’era poteva indossare qualsiasi cosa, ma no, non era
una festa formale.
Lo scotch era diventato di colpo amaro ed era
finito in un bidoncino della spazzatura. Bonnie aveva registrato il secondo
complimento e gli aveva lanciato una lunga occhiata inquisitoria.
“Ti vengo a prendere. Alle otto. Dov’è che
stai, esattamente?”
Le stava dando un appuntamento?
“La festa è a tre isolati da qui, il locale
con le lanterne rosa shocking” aveva esalato, girandole intorno. “L’Oyster Blue Club. Non puoi sbagliare.”
Bonnie l’aveva seguito con lo sguardo finché
non era scomparso nella folla. Essere andata e tornata non la rendeva più
saggia ma più accorta… e si doveva sempre
stare attenti quando un invito proveniva da un membro di quella famiglia. KolMikealson aveva in mente
qualcosa e non si sarebbe fatta cogliere impreparata.
Davina era molto carina nel suo vestito senza
spalline, e i suoi amici davvero cordiali e affabili. Se non fosse stata per la
presenza a singhiozzo degli Originali, sarebbe stato un normale compleanno. Se
non avesse avuto tutta la sera lo sguardo del minore dei fratelli incollato
alla nuca, sarebbe riuscita a rilassarsi. Le sembrava quasi di udire Damon riprenderla:
‘più la coscienza si allenta, più le cose
appaiono semplici. Non sei abbastanza ubriaca per ragionare chiaramente, Bon Bon’.
Così, Bonnie ci aveva dato dentro con l’open bar prima di scoprire che la
festeggiata era astemia e le bevande servite, analcoliche. Per lo meno, la
musica era eccellente. Bonnie aveva tenuto il ritmo con la testa e alla fine un
bicchierino colmo di liquido dorato era scivolato verso di lei. Il liquore aveva
bruciato lingua e palato. “Ancora...”
Kol l’aveva servita una
seconda volta e le aveva detto che bastavano due sorsi per ridursi in pessime
condizioni.
“È proprio quello che
voglio” aveva risposto e l’esplosione improvvisa di un palloncino le aveva
mandato il cuore in gola.
“Sicura di non
preferire un cocktail con l’ombrellino?”
“Sicura” aveva
rantolato mezza spaventata. Le ci era volto un po’ per calmare i battiti del
cuore e quando aveva rialzato gli occhi, Kol la stava
guardando. “Si chiama disturbo da stress post traumatico. Te lo meriti tutto.”
Bonnie aveva stretto
le labbra, avvicinandosi fin quasi a toccarlo. “Vuoi farlo adesso, KolMikealson?”
“A me va, se a te va”
aveva risposto e Bonnie aveva atteso paziente che finisse lo scotch. “Potrebbe
volerci anche tutta la notte, Bennet.”
“Io non ho fretta, se
tu non hai fretta.”
“Nessuna
fretta.”
Perfetto, aveva
pensato la strega. “Cosa vuoi che incidano sulla tua lapide?”
///
Ad un certo punto era
diventato tutto un po’ confuso. Bonnie ricordava solo di aver continuato a bere
finché niente aveva avuto più importanza, e qualsiasi cosa aveva iniziato a
farla sogghignare come una vecchia isterica che ha perso il lume della ragione.
Ricordava di aver inclinato la bottiglia per osservare il livello del liquore
attraverso l’etichetta, di essersi sporcata il top pieno di luccichini
e di essere rimasta a fissarli per un tempo indefinito.
Quando ne aveva avuto
abbastanza, aveva affondato il mento fra le mani e chiuso gli occhi
farfugliando ‘l’arte di smarrire si può
padroneggiare’ poi aveva posato la testa sulle braccia conserte e non si
era mossa per un bel pezzo. La festa era finita e qualcuno l’aveva svegliata
mentre gli inservienti ripulivano la sala.
Non riusciva a camminare
dritta e poteva guardare solo il marciapiede perché era l’unico punto privo di
luci abbaglianti. Ricordava di essersi appoggiata al muro e di essere scivolata
sui talloni, in perfetto equilibrio col resto del mondo e di aver risposto a
domande semplici con risposte monosillabiche. Era sufficientemente ubriaca per
ragionare chiaramente, così Bonnie aveva raggiunto una consapevolezza che
l’aveva stupita e consolata in parte. Una volta accettato lo status ‘incasinata di brutto’aveva ripreso la via di casa.
Negli ultimi sei
mesi, si era svegliata in posti peggiori e in condizioni peggiori, ma la
mattina post festa le sembrava di essere ad un passo dalla morte definitiva.
Aveva ripreso conoscenza udendo un gemito flebile - il proprio - e assaporando
ancora il retrogusto dello scotch sulle labbra. La testa stava per esplodere
dall’interno e aveva la bocca secca come il deserto. Il cuscino era pieno di
brillantini e dei capelli di un’altra persona. Con uno sforzo sovrumano, Bonnie
si era sollevata su un gomito in cerca di indizi che spiegassero la presenza di
Kol nell’appartamento. L’aveva invitato lei? Si era
auto invitato? Con un ‘bah’, era tornata a dormire. Si sarebbe svegliato e se
ne sarebbe andato da solo.
Tre ore più tardi,
Bonnie si era destata infastidita dai gancetti del reggiseno conficcati nella
carne e dall’etichetta dei jeans che le sfregava la pelle. Aveva aperto un
occhio, accettato il fatto che Kol fosse ancora lì e
cambiato posizione.
“Come ha fatto Davina
a ricreare l’Altro Lato senza un’Ancora a collegare i due mondi?”
Si era svegliato e quella era la prima cosa che gli era
venuta in mente? Non aveva pensato di doverle una spiegazione?
“Pensaci” aveva detto
girando su un fianco e puntellando la testa contro la mano. “L’Altro Lato non
era che un mondo prigione creato da Qetsiyah all’alba
dei tempi. Davina non ha alcuna nozione di Espressione e non è abbastanza
potente per fare un incantesimo del genere. Ha mentito o ha visto qualcosa e
l’ha reinterpretato.”
Bonnie aveva
sbadigliato ma non aveva aperto gli occhi. “Vogliamo scoprirlo ora?”
“Sei proprio fissata
con mezzogiorno e mezzo di fuoco” aveva sbuffato. “È cambiato qualcosa e lo hai
sentito anche tu.”
Un cambiamento c’era
stato. Impercettibile a chiunque ma non alle streghe. “Ti ho chiesto di
restare?”
Na, aveva fatto di
testa sua. Inimicarsi una strega Bennet non rientrava
nei piani del fratello ed era stato costretto a seguirla fino all’appartamento
per essere sicuro che non le accadesse niente di male. Era rimasto per lo
stesso motivo.
“Stavi per cadere nel
fiume. Due volte.”
Bonnie ricordava di
aver fissato l’acqua, ipnotizzata dalle luci che vi ballavano sopra e che
sembrano essere state inghiottite. L’unica strega che preferiva le tenebre alla
luce…
“In qualità di tuo
arci nemico, posso suggerirti di prenderti maggior cura di te stessa?”
“Kai
è il mio arci nemico. Tu sei solo un ragazzo troppo alto e troppo lento a
bere…”
“Sbagliato. Un arci
nemico è qualcuno che ha a cuore la tua salute. Se muori troppo presto,
svanisce tutto il divertimento. Ehi, hai fame? Io ho fame.”
Doveva mettere
qualcosa nello stomaco, a parte lo scotch. “C’è un posto qui vicino… il Gatto Mangione…”
“Tipico locale da
turisti. Posso portarti in uno migliore.”
Bonnie aveva già intuito
che il bistrot all’angolo non fosse granché e che il suo mal di stomaco cronico
non fosse psicosomatico. Così aveva alzato il pollice ed annuito con ineffabile
lentezza mentre Kol seguiva le maglie della catena
che pendeva dalla colonnina dietro la sua testa e scopriva un bracciale di
cuoio. “Rebekah doveva sbarazzarsi dei suoi giocattoli prima di subaffittarti
l’appartamento…”
Bonnie aveva aperto
gli occhi, trovandolo sospeso su di lei. La maglietta stazzonata brillava in
più di un punto e lasciava scoperto un lembo di pelle dello stomaco. Non
indossava la cintura e dal bordo dei jeans si intravedeva l’inizio dei…
“Che stai guardando,
zuccherino?”
“Niente” aveva
mentito pensando che era proprio forte, quello scotch. Era ancora ubriaca. “Un
altro ‘zuccherino’ e mi farò uno scendiletto con la tua pelle.”
“Sei pazza, strega.
Sexy ma pazza.”
Sexy? “Legado.”
Bonnie era scivolata
via, il cuore che le batteva fin nelle orecchie e Kol
aveva riso, quando si era ritrovato legato dalle stesse catene con cui stava
giocherellando un momento prima. “Posso liberarmi in qualsiasi momento, lo
sai.”
Lo sapeva, ma per lo meno,
se l’era tolto di dosso. Bonnie aveva raccolto il cellulare del ragazzo e
appena acceso il display e letto il messaggio apparso, aveva sgranato gli occhi.
“È uno scherzo?”
°°°
Ho un vestito senza
spalline e i capelli mi stanno proprio una favola, stasera. La musica è divina,
l’illuminazione fantastica e i cocktail tutti rosa. Infilo i rebbi della
forchettina nella fetta di torta dietetica e mi sforzo di sorridere ma il
pensiero va sempre al voltafaccia di Klaus: ha smesso di essere gentile appena
ho riaperto gli occhi mostrando una completa noncuranza per il mio ‘ritorno’,
segno che la passeggiata sul piano astrale non è stata dettata da interesse
personale ma dalla pura applicazione dell’accordo… non per niente ha annunciato
di dover discutere dei cambiamenti da apportare il prima possibile… e Rebekah
se n’è uscita con la bomba su Kai… dovrei odiarlo ma…
uff… mi scoppia la testa!
“Buon compleanno.”
Scaccio i pensieracci e vedo Bonnie in piedi di fronte a me, un
regalo stretto fra le mani. Sembra un libro. Gli uomini vengono da Marte
e le donne da Venere? “È una
lettura spiritosa?”
“Più o meno” dice e la sua attenzione si
concentra in un punto. Sbircio alle mie spalle, curiosa come un gatto ma vedo
solo Kol impegnato in una bevuta solitaria. Sapevo che aveva
introdotto bevande alcoliche di sottobanco, Rebekah aveva tentato di
coinvolgerlo nel karaoke, lui aveva risposto con un secco ‘tu sei fuori’ e
aveva troncato la conversazione.
“Non è sempre così”
lo difendo. “È pieno di buone qualità ma ha il temperamento dei Mikealson e sta passando un momentaccio. La sua ragazza l’ha
appena lasciato… da qui il periodo alcolista.”
“In pratica è come
Van Gogh. O l’Ikea.”
È uno dei paragoni
più divertenti che abbia mai sentito! Scoppio a ridere, un palloncino esplode
all’improvviso, sento Josh scusarsi mille volte e vedo Klaus attraversare la
folla con la giacca e la maglietta pieni di brillantini, noncurante e altero come
solo un vero uomo cosparso di luccichini può fare… pffffff! Mi fa male lo stomaco dalle risate!
“Cosa fa ridere la
strega fino alle lacrime?” esala venendoci incontro. “Bennet.”
“Edward” risponde e
la sua faccia… oh dio, la sua faccia!
Se continuo a ridere me la faccio sotto!
Klaus si scusa del
ritardo: Hope sembrava non stare bene… e no, non
c’era alcun bisogno di correre a casa, Hayley. Elijah sapeva il fatto suo e
desiderava che si godesse la festa.
“Klaus, io sono la madre. Tu solo il donatore” gli ricorda allontanandosi a grandi passi.
Accidenti! L’ha
declassato da ‘padre di mia figlia’ a ‘donatore’ in meno di un secondo.
Klaus esala un sospiro
che da solo racconta una storia. Si scusa con me e mi promette di incontrarci
l’indomani. “La madre ha un nuovo
capriccetto.”
È sempre la stessa
storia. Non c’è mai tempo, cambia idea o succede qualcosa di orribile. Annuisco
e mi rendo conto di essere diventata un drago a mascherare la delusione.
Sottovoce dice che
sono bellissima e che Rebekah si è proprio superata stavolta.
“Il vestito l’ho
scelto io” sussurro ma lui si sta già allontanando. Rebekah mi arriva alle
spalle e mi informa che la festa si sta spostando sulla strada, è un successone
e ci sono un mucchio di imbucati carini.
“Bene, che si
divertano anche loro” mormoro, giù di tono. “Tu lo sai qual è il capriccetto di
Hayley?”
Rebekah ingoia la
ciliegina, tenendo fra le dita il picciolo rosa intenso. “Vuole un altro
bambino. Ha detto che non era possibile neppure la prima volta, eppure è
successo. Loro sono diversi e certe
volte il fulmine cade due volte sullo stesso punto.”
La notizia mi
appiattisce le onde celebrali: se Hayley vuole un altro bambino, Klaus farà di
tutto per accontentarla. Non ho mai sentito di un uomo che non desideri un
maschietto e lui adora fare il padre. Nella sua lista, viene prima di Distruggere&Terrorizzare.
“Ed Elijah è d’accordo che loro…?”
“Certo che no, è la
sua donna!” esclama, costernata. “Nik ha provato a
farla ragionare ma ha cominciato a dormire con un occhio aperto.”
Sta scherzando?!
“Le loro camere sono
collegate, non lo sapevi?”
No, non lo sapevo.
“Dovrebbero provarci
tutti i giorni per almeno un mese o due” continua, imperterrita. “Tu che sei
una strega pensi che il miracolo si potrebbe ripetere?”
La mia testa esplode
insieme all’ennesimo palloncino. “Se questo bambino nascerà, sarà accolto dalla
congrega con tutti gli onori” mormoro e sento le parole fluire dalla mia bocca
in uno spaventoso tono neutro. “Vediamo questi imbucati carini…”
///
Mi sveglio con
l’impressione di galleggiare in un mondo estraneo e appena apro gli occhi, mi
torna in mente tutto il discorso di Rebekah.
Klaus non è più
tornato alla festa.
Forse hanno già
cominciato a mettere in cantiere il bambino.
O forse Elijah li ha
uccisi e ne ha seppellito i corpi.
Sento un bip sul
cellulare, è Josh che mi ricorda l’appuntamento per il tour dei college. Se è
ancora vivo, Klaus è ancora vivo. Ma forse Elijah lo tiene segregato in cantina
ad acqua e verbena e lo frustra con lo strozzalupo di tanto in tanto.
Mi alzo a sedere, e
la pietra che mi ha regalato Kol scivola nell’incavo
del seno. Conosco il minerale, si dice che aiuti le streghe a concentrare ed
amplificare il proprio potere. La montatura l’ha scelta Klaus e per una volta,
il vampirastro ha azzeccato i miei gusti.
Come si può essere
gelosi di qualcuno che non è mai stato tuo?
Invio un messaggio a Kol, curiosa di sapere se quel bacio a portato ad altro,
faccio la doccia e mentre mi sto vestendo, sento una presenza forte
avvicinarsi. Elijah è troppo buono. O troppo scemo.
///
Se l’era rimuginato
lungo la strada, il discorsetto deciso e pianificato a tavolino con Elijah ed
Hayley. Sulla carta funzionava e liberava Davina da qualsiasi obbligo nei loro
confronti - avrebbe dovuto cercarsi un’altra strega che facesse incantesimi per
lui – ma conosceva le reazioni della strega ed erano proprio quelle a
spaventarlo. L’avrebbero scrostato dai muri, perdio!
Stava salendo le
scale quando la porta della camera di Davina si era richiusa dietro di lei. La
strega l’aveva salutato con un frettoloso ‘ehi’ e l’aveva doppiato.
Dove correva di prima
mattina?
“Vado a visitare i
college con Josh, ma è quasi certo che sceglierò quello più lontano da New
Orleans. Ha i corsi migliori, la cultura è importante.”
Il più lontano
distava centinaia di chilometri.
Davina aveva fatto
spallucce sentendolo camminare dietro di se. “Nel prossimo futuro dovrai
prendere un appuntamento con Marguerite, se vorrai
parlarmi. Ho mille cose da fare prima di partire e non ho molto tempo.”
Klaus si era fermato,
disturbato dal suo comportamento freddo.
Davina aveva riso ed era
girata su se stessa. “Non è assurdo? Non c’è mai tempo, le idee cambiano e
succede sempre qualcosa di spaventoso!”
“Di cosa diavolo stai
parlando, strega?”
“Io ho un lungo
viaggio da fare e tu una stanza da ridipingere da quel che ho sentito in giro…”
Una stanza…? “Non ho menzione della voce che sta
circolando, cuoricino.”
“Perché non lasci
perdere?” era sbottata di fronte alla sua espressione persa. “Perché continui a
venire qui? Abbiamo sfruttato l’idiozia della gente per ottenere quello che
volevamo, non c’è più nessuno da ingannare!”
Se ne accorgeva
quando era quel periodo del mese, e
non era quel periodo del mese. “Ne riparleremo quando ti sarai calmata.”
“Noi non parleremo
mai più, Klaus Mikealson” aveva bisbigliato e le era
sembrato che le parole venissero suggerite da qualcun altro. “Se solo ti
azzarderai ad avvicinarti a me, o a casa mia, o ai miei amici, ti rovescerò sulla testa una maledizione tale da
farti rimpiangere di non essere morto per mano di Genevieve.”
Klaus l’aveva fissata, impassibile, Davina aveva
inghiottito ed era girata su se stessa, incredula di essere arrivata a quel
punto. L’aveva
percepito un attimo troppo tardi, un momento prima che l’afferrasse e la
spingesse contro il muro.
“Volevo solo
concederti quello che reclami da tempo” aveva sussurrato alzandole il mento e
baciandola nell’incavo del collo con
un’intensità tale da scatenare una reazione di rifiuto mai provata prima. La
pietra si era scaldata e Davina aveva sentito l’energia fluire in tutto il
corpo, concentrandosi in un unico punto. D’istinto l’aveva afferrata e alzato
la mano sinistra. “Da questo momento non sarai più in grado di vedermi, udirmi o percepirmi.
Non avrai più alcun ricordo di me, il mio nome non significherà nulla e nessuna
creatura di questa terra sarà mai in grado di annullare l’incantesimo!”
“Oh, piantala Da…”
Mh? Che stava dicendo? E
che diavolo ci faceva in chiesa, si era convertito nottetempo? Klaus si era
guardato attorno perplesso ed in seguito ad una piccola considerazione, aveva
lasciato l’edificio.
Davina aveva atteso,
appoggiata alla parete in fondo alle scale. Klaus le era passato davanti senza
vederla e fino all’ultimo aveva pensato che le stesse facendo uno scherzo… ma
non c’era stato alcun ‘bu’, nessun ‘sei davvero uno
spasso quando fai così, cuoricino’ e Davina aveva cominciato a tremare,
eccitata. Era la prima volta che lanciava una maledizione… e diamine, era stato
bellissimo!
///
“Ci siamo baciati…?”
“Tecnicamente tu mi hai baciato… ma eri ubriaca, perciò
non conta.”
Bonnie aveva fissato
il vuoto cercando di ricordare, mentre le catene saltavano una alla volta e Kol si era riappropriato del cellulare, infilandolo in
tasca. “Non sprecare il tuo credito nei confronti di mio fratello. Me ne vado e
ti prometto che finché resterai a New Orleans, non vedrai più la mia faccia in
giro.”
Bonnie aveva
continuato a fissare il fondo della stanza, immobile. “Mi dispiace.”
“Ti dispiace per
cosa?”
La nonna l’aveva
avvertita che un uso sconsiderato della magia poteva danneggiarla. Era morta
due volte. Aveva passato sei mesi orribili, due dei quali completamente sola.
Aveva scavato troppo a fondo e con troppa forza. Aveva lasciato uscire tutti i
suoi demoni. “Mi dispiace di essere venuta fin qui, di averti incontrato e di
aver bevuto il tuo stupido scotch…”
“Sei sulla strada per
Follilandia, zuccherino.”
Il mal di stomaco era
tornato, lancinante. “Se avessi saputo fare di meglio, lo avrei fatto.”
“Brava, continua a
ripeterlo e il passato cambierà magicamente” aveva riso. “Ho capito di cosa hai
bisogno, Bennet.”
E glielo avrebbe
rivelato o l’avrebbe lasciata marcire nel dubbio?
“Come vogliamo farlo?
Hoodoo, voodoo? Espressione, magia figurativa?
Personalmente amo il tradizionale, è così sottovalutato...”
Magia tradizionale?
Era come invitare un ladro a svaligiarti la casa passando dal portone
principale! “Va bene anche per me.”
“Mh…
già…” aveva detto, sorridente. “Non
hai baciato me. Hai baciato quello che credevi Jeremy Gilbert. Sono piuttosto bravo
a creare illusioni. Forse ne sto creando una anche in questo momento…”
KolMikealson stava
giocando con la sua mente vacillante, distruggendola un po’ alla volta senza
lasciare tracce e colpevoli. Se le fosse accaduto qualcosa, nessuno sarebbe
risalito a lui.
“Sto scherzando, Bennet.”Kol
aveva sorriso ma la sensazione che aveva provato in quel momento, l’aveva fatto
rabbrividire. “L’hai sentito?”
Bonnie aveva annuito,
un po’ spaventata. “Magia Nera.”
Del tipo vietato che
si trova su un grimorio proibito” aveva sussurrato.
“Propongo una tregua per scoprire chi ha appena usato un botto di magia Nera
per lanciare una maledizione.”
Bonnie si era
umettata le labbra e dichiarato di non volerci entrare.
“Sei una cacasotto, Bennet” aveva esclamato, allegro. “L’ultima maledizione
scema l’ho risolta in poche settimane. Questa ha i controcazzi!”
“Appunto, non voglio
entrarci!”
“Sì che lo vuoi”
aveva sussurrato, invitante. “E dai, B… non hai nulla di meglio da fare.”
“Devo fare le
valigie, il mio treno parte fra qualche ora.”
“Non c’è nessun
treno, te lo stai inventando!” aveva esalato annoiato, e la gestualità usata
gli aveva riportato alla mente Damon. Tornare a casa significava rivederlo.
Vederlo insieme a Elena. Elena la sua migliore amica. Tornare a casa
significava entrare nei locali che aveva frequentato con Jeremy e camminare
sulle stesse strade che li avevano visti mano nella mano… “Non mi fido di te.”
“Io sì.”
Bonnie lo aveva
guardato negli occhi attendendo una spiegazione.
“Siamo entrambi merce
danneggiata. Posso gestire la tua latente pazzia ed impedirti di portarmi a
fondo. Posso addirittura aiutarti ad uscirne, Bennet.”
Merce danneggiata.
Aveva usato le parole giuste. “La tua argomentazione offensiva non mi
convincerà a cambiare idea.”
“Sei sexy quando
prendi d’acido.”
Nessuno le aveva mai
detto che era sexy. “E tu sei un mentecatto.”
“Ci stai o no?”
Bonnie aveva
sbuffato, tirando indietro una ciocca di capelli. “Va bene. Da dove
cominciamo?”
La sensazione era la stessa che provava
quando veniva chiamata alla lavagna a risolvere un’equazione difficile. Mani
sudate, senso di smarrimento, mente in bianco. Bonnie non era mai stata molto
brava a scuola, non aveva mai avuto i voti alti di Caroline né la diligenza di
Elena. Se l’era sempre cavata per un pelo nell’ultimo quadrimestre,
ripromettendosi di fare meglio l’anno successivo. La promessa non era mai stata
mantenuta e la sua vita era stata la fotocopia di una fotocopia finché non
aveva sviluppato i poteri. Contemporaneamente erano arrivati i vampiri. Anche
lei aveva preso una piccola cotta per Stefan - così diverso da tutti gli altri
ragazzi della città – ma lui aveva preferito Elena e Bonnie non era proprio
riuscita a prendersela: era la sua migliore amica, si sarebbe gettata nel fuoco
per lei. O avrebbe dato fuoco a chiunque si fosse azzardato a farle del male.
“Se… matus…?”
“Ci sei quasi.”
Bonnie aveva sbuffato, seduta nella poltrona
di pelle. Ma dovevano farlo per forza nello studio di Klaus? E se rientrava e
li trovava a giocherellare col grimorio di Esther,
annoverato fra i pochi grimori proibiti esistenti al
mondo?
E la
combinazione di questa cassaforte è 1-2-3-4, Bennet...
La
combinazione che qualsiasi imbecille userebbe per la valigetta di pelle.
Mio
fratello è un imbecille, aveva sottolineato e
Bonnie si era sforzata di non sorridere mentre la sottoponeva al test di
valutazione. Se l’era cavata male come sempre.
“Dividiamo i compiti. Io mi occupo
dell’incantesimo e tu scopri dove ha avuto luogo.”
Sì, quello poteva senz’altro farlo. “Ho
bisogno di alcuni ingredienti per poter procedere.”
“Trovi tutto in laboratorio.”
Guardinga, Bonnie era scesa nel seminterrato.
Cosa avrebbe trovato, a parte la polvere? Kol aveva
acceso le luci e… wow! C’erano persino un divano e un grammofono d’epoca!
“Bello, eh? È tutto etichettato e catalogato.”
Doveva aver passato giorni interi là dentro.
Era pulito e in ordine e lei aveva quasi paura a toccare i cassettini con le
erbe magiche. Tu guarda che cosa era andato a scovare… ehi! Quello era
difficilissimo da reperire! Bonnie aveva sentito una sferzata di adrenalina
come non succedeva da tempo e una scintilla dispettosa solleticarla. “È una
gigantesca collezione di farfalle.”
Kol aveva risposto con
uno sguardo lungo e serio e Bonnie aveva sorriso, cattiva.
///
“Non ti avevo detto di stare lontano dalla
strega Bennet? L’avevo fatto o no?”
“Ed io non ti avevo chiesto di non disturbarmi mentre studio,
fratello?”
Klaus aveva guardato la cassaforte aperta e
sussurrato qualcosa a proposito di cambiare la maledetta combinazione.
“Sarebbe anche ora” aveva esalato, laconico.
“Qualcuno ha usato un botto di magia nera per lanciare una maledizione. Stiamo
cercando di venirne a capo, dunque non rompere le palle.”
Klaus aveva schioccato la lingua, sollevando
le mani dalla scrivania. “Ero solo curioso di sapere perché la strega giaceva addormentata
nel nostro seminterrato.”
Dormiva? Sfaticata. “Se entri nel
laboratorio, sei pregato di non toccare nulla.”
“Il tuo grammofono si era incantato. Kol, è pericolosa come tutte le streghe che hanno abusato
della magia. Ha guardato nell’abisso troppo a lungo. È merce avariata e in
altri tempi, sarebbe stata rinchiusa a Villa Fouline
e lasciata lì a morire.”
“È una fortuna che quei tempi siano passati”
aveva risposto, gli occhi che vagavano sulle righe senza vederle. “La stai
facendo più grossa di quello che è.”
“Cos’è Villa Fouline?”
Klaus aveva sentito un brivido scivolare
lungo la schiena e la voce di Kol sussurrare ‘ora
sono cazzi tuoi’ ma non si era scomposto. “È un edificio che risale ai primi
anni del diciannovesimo secolo. Veniva utilizzato per rinchiudere le streghe
che avevano perduto la ragione.”
“O per punirle di un crimine che non avevano commesso”
aveva sottolineato il fratello, chiudendo il grimorio.
“Hai localizzato la fonte o hai utilizzato il mio laboratorio solo per dormire,
Bennet?”
Come lo sapeva? Aveva ancora i segni del
cuscino in faccia? “La maledizione è stata lanciata dalla Chiesa di Saint Ann.”
Un’ombra era scesa sul volto del ragazzo.
“Davina.”
“Il suo incantesimo è stato amplificato dal
cristallo di Necrus che portava appeso al collo... una
pietra maledetta che solo tu potevi trovare.”
“È un falso storico. Sono pietre innocue ma se
ne è fatto un utilizzo sconsiderato, in passato. Di cosa mi stai accusando?”
“Davina era la tua ragazza. Ti ha lasciato
quando si è innamorata di Klaus e tu hai giurato di fargliela pagare. Conosco
la storia, Elena me l’ha raccontata.”
Kol aveva sorriso, abbandonando
la poltrona. “Se conosci la storia…”
“Tu hai una struttura fisica notevole, Bennet. Ti va di posare per me?” Klaus aveva liberato il
treppiede da un quadro mai terminato e posato contro la parete.
Struttura fisica notevole?! Spiazzata, Bonnie
aveva mosso appena la testa.
“Lo prendo come un sì. Siediti lì” le aveva
ordinato l’ibrido cogliendo al volo la sua esitazione. “Kol,
non avevi altro da fare?”
“Tipo preparare il fucile per cacciare
unicorni?” aveva sorriso con un’occhiata a Bonnie che stava togliendo la blusa.
Piccole cicatrici più o meno chiare erano
comparse sulle zone scoperte e la strega aveva atteso che l’imbrattatele le
scoprisse e cambiasse idea ma Klaus l’aveva appena guardata. “Sono fresche, Bennet. Alcune hanno poche settimane.”
“Non sono le uniche e non sono poche.”
“Considero un onore ritrarre una guerriera.”
Certo che sapeva come convincere la gente!
“Come te le sei procurate?”
“Facciamo che io non ti mollo a metà del
quadro e tu non mi poni più questa domanda.”
“Puoi togliere i jeans, cara?”
Poteva ma non lo avrebbe mai fatto con quello
sguardo incollato addosso. “Il pubblico è necessario?”
“Assolutamente no.” Klaus aveva smesso di
frugare fra i pennelli ed invitato il fratello ad uscire. “È pieno di unicorni,
là fuori. Va e torna vincitore.”
///
Non amava molto Le Chirac, era un ritrovo per streghe tutto fiorellini e candele
profumate, ma Davina aveva chiesto un incontro urgente e gli aveva detto
espressamente di aver bisogno di parlare con lui e nessun altro. Elijah non si
era potuto tirare indietro, ne aveva pensato di farlo. Quando era entrata, su
di giri come non la vedeva di tempo, il vampiro aveva tirato un sospiro di
sollievo. Niklaus era uscito armato di buone
intenzioni ed era tornato a casa di ottimo umore. Per una volta, sembrava aver
seguito i loro consigli. Le cose iniziano a girare per il meglio?
Davina aveva ordinato un gelato innaffiato di
cioccolato, infilato il dito nella catenina e giocherellato con la pietra. “Ti
ho chiesto di incontrarci perché sono preoccupata per te, Eli. Come puoi
sopportare di saperli insieme?”
A chi si riferiva?
“Ad Hayley e Klaus. Rebekah mi ha detto che
stanno provando ad avere un altro bambino. Non dovresti lasciarli fare. Sei
troppo sportivo.”
Elijah era trasecolato. “Rebekah ti ha
giocato uno scherzo di pessimo gusto.”
Davina l’aveva guardato, cinerea. “Non è
vero? Loro non…”
La sua relazione con Hayley procedeva a
gonfie vele e lei era troppo occupata a cercare di essere una buona madre per Hope per pensare ad una gravidanza pressoché impossibile.
Il gelato si era sciolto e mescolato al
cioccolato, e la schiena di Davina era piombata contro il divanetto imbottito. “Non
vanno a letto insieme?”
Elijah aveva scosso la testa e una smorfia
aveva deturpato le labbra della strega che era rimasta a lungo a tormentare il
tovagliolino ripiegato a spicchio.
“Davina, che cosa hai fatto?”
Le labbra della strega si era assottigliate.
“Ero arrabbiata con Klaus… gli ho lanciato una maledizione, l’ho costretto a
dimenticarmi... non è più in grado di vedermi, udirmi e percepirmi. Non ha
alcun ricordo di me e il mio nome non ha più significato per lui.”
Elijah era rimasto inebetito a guardarla e
Davina aveva posato la fronte contro i pugni. “Non si può annullare, nessuna
creatura della terra sarà mai in grado di farlo. L’ho pensata proprio bene,
eh?”
“Sei una sciocca e la decisione ti porterà
solo dolore” aveva risposto, sottovoce. “Lanciando quella maledizione non hai
punito lui, ma te stessa. Lo incontrerai, lo vedrai andare avanti con la sua
vita, lo vedrai frequentare altre donne, crescere sua figlia e Niklaus non lo saprà mai che tu sei lì, ad osservarlo come
un pallido fantasma di brughiera. Il tuo amore per lui ti ha distrutto, ed il suo amore per te era l’unica cosa che lo
fermava dal dichiarare guerra alle streghe. Prega che la tua impulsività non abbia
conseguenze catastrofiche, Davina Claire.”
“Se solo proverà a farlo, lo rispedirò a Vichingolandia, Elijah…”
“Sono parole grosse ma sei sconvolta e farò
finta di non averle udite” aveva risposto alzandosi e sistemando la giacca. “I
miei omaggi, Prima Strega.”
“Sono la Reggente, Elijah Mikealson!” aveva esclamato. “Non
devi dimenticarlo mai!”
///
“Kol!!”
“Qua sotto.”
Era passato un mucchio di tempo da quando
aveva messo piede nel seminterrato. L’aspetto era migliorato e le chincaglierie
magiche aumentate di numero. “Reco notizie pessime. Davina Claire ha lanciato
una maledizione su nostro fratello per colpa di uno stupido scherzo!”
Il ragazzo aveva sollevato la testa dal grimorio e Rebekah era apparsa sulle scale, gli occhi
incollati al cellulare. “Davina è tornata a New Orleans…”
Proprio la donna che cercava! “Ti ha dato di
volta il cervello, sorella? Il tuo stupido scherzo renderà infelici molte
persone!”
“… posso smettere di stalkerarla
su Facebook” aveva concluso. “Che stai dicendo,
Elijah? È colpa mia se Davina ha lanciato la maledizione?”
“Come ti è saltato in mente di inventare una
storia tanto inverosimile?! Davina ci ha creduto e la sua rabbia si è abbattuta
su Niklaus!”
“Volevo solo smuovere la sua gelosia per
costringerla a tirare fuori i sentimenti per Nik…
pensavo…”
“Li ha tirati fuori tutti. L’ha centrato
proprio in pieno” aveva detto e le labbra di Rebekah si erano strette in una
smorfia colpevole e dolorosa.
“La maledizione gli impedisce di vederla e di
percepire la sua presenza. Nella sua mente è come se non fosse mai esistita. E
non si può annullare, se crediamo alle parole della strega. Ho percepito una
crescente aura malvagia in lei. Potrebbe essere posseduta, Kol?”
“Forse sta mostrando la sua vera personalità”
aveva risposto girando una pagina del grimorio. “Devo
fare una ricerca e mi serve un consulto. Sono ancora chiusi nello studio?”
Chi?
“La strega ha concesso a Nik
di ritrarla” aveva spiegato Rebekah in un sussurro.
“Per forza. Quando le ricapita un altro uomo
interessato a vederla nuda?” aveva sbuffato il fratello minore. “Mi tocca fare
le scale un’altra volta…”
///
“Sei stanca?”
“No.”
Eppure, teneva quella posizione da più di
un’ora.
“Sono abituata a restare immobile per molto
tempo” aveva risposto notando il suo sguardo. “La pazienza e la fermezza sono
indispensabili se vuoi che un agguato riesca.”
“È la casualità a fare la differenza, Bennet.”
Ricordava episodi in cui la causalità aveva
preso in sopravvento. Ne portava le cicatrici addosso.
“Ho imparato ad infliggere dolori in tredici
modi diversi usando una penna Bic...”
“E disarmata come te la cavi?”
“Come una con la ferita sul fianco sinistro.”
Quella frastagliata? “Chi ti ha ricucito, un
macellaio?”
“Non avevo nozioni mediche all’inizio… ho
fatto tutto da sola.”
Klaus l’aveva guardata da sopra la tela.
“Infezioni?”
“Tante” aveva annuito. “Non ero attenta, a
scuola. Caroline aveva i voti più alti, Elena dopo di lei. Odiavo l’ora di
ginnastica ed inventavo sempre una scusa… un malore o una distorsione fasulla.
Le ragazze hanno cospirato per costringermi a seguirle nel gruppo delle
cheerleaders e la dannata pressione sociale ha fatto il resto… ora sono davvero
stanca, possiamo fare una pausa?” aveva sussurrato muovendosi piano. “Davina ha
mai posato per te?”
“Gradisci qualcosa da bere?”
Un’altra domanda su Davina a cui non aveva
risposto. “Una bibita fresca, grazie.”
La porta dello studio si era spalancata e
Bonnie aveva sentito una corrente d’aria colpirla giusto alla schiena.
“Non si bussa più fratello?”
“Non ne avevo voglia” aveva risposto Kol avvicinandosi a grandi passi. Klaus l’aveva fermato
quasi subito. “La fanciulla è nuda.”
“Che vuoi che me ne importi?” aveva risposto annoiato
e un ghigno aveva piegato le labbra dell’ibrido che si era allontanato dopo una
breve pacca sulla schiena. Che voglia di spremere tutti i suoi colori su quelle
stupide…
“Trovato qualcosa?”
… tele!
Bonnie aveva tirato la blusa fin dove poteva
ma la maglia chiara si era allargata sulle spalle e a Kol
era sembrata…
“Io ho scoperto qualcosa.”
… proprio nuda. “Cosa, a parte che ti piace tanto farti ritrarre da Jack?”
“Klaus non ha alcuna reazione quando nomino
Davina. È come se non udisse la mia voce.”
“Sono un passo avanti a te. Davina ha fatto
sì che Klaus non fosse più in grado di vederla, udirla e percepirla. Ha
cancellato i ricordi che la riguardavano e non c’è nessuna uscita di sicurezza
stavolta. La maledizione non può essere sciolta da nessuna creatura vivente su
questa terra.”
Bonnie era rabbrividita e per un lungo
istante il suo sguardo era rimasto vuoto.
“Il problema ha carattere politico. Klaus si
tratteneva dall’attaccare le streghe per via del patto stretto con Davina ma
ora che lei non c’è più…”
“Lei esiste ma non esiste per lui...”
“… non passerà molto tempo e scatenerà una
nuova guerra.”
“È la stronzata più… stronza che abbia mai
sentito in vita mia!” era esplosa, tacendolo. “Che pensava di fare? Chi pensava
di punire?! Come ci si può sbarazzare con tanta leggerezza dell’amore di un
uomo?”
“Ho capito, non sei d’accordo. Ora però…”
“Ma di quante altre prove ha bisogno? Si è
fatto trasportare su un piano astrale per lei, ha rischiato di morire e di
perdersi nel nulla del nulla!”
“… vola basso, Bennet.
La stai prendendo troppo sul personale.”
“È sempre la stessa storia! Hanno tutto ma
non è mai abbastanza! Hanno sempre bisogno di altro e altro ancora e non si
rendono conto della loro schifosa fortuna!”
“Ora di chi stai parlando?”
Di Elena. Parlava di Elena. Bonnie aveva
spinto il pugno contro la bocca e scosso la testa. “Di nessuno. Sono pazza, ricordi?”
“Sei più sana tu della metà delle persone
presenti nella casa. E una ha solo un anno e mezzo.”
Bonnie aveva esalato un singhiozzo divertito.
“Vediamo questo quadro” aveva detto
camminando fino al treppiede. “Sei fortunata, è nel suo periodo cubista.”
“Ho tre tette e gli occhi uno sopra l’altro?”
“Sì” aveva risposto schioccando le labbra.
“Ti sta ritraendo fedelmente. Pensi di finire di vestirti? Abbiamo delle
ricerche da fare.”
“Ti infastidiscono le mie cicatrici?” aveva
chiesto, torva e un po’ imbarazzata.
“Infastidiscono te… ma abbiamo la soluzione
anche a questo, Bennet.”
Non udiva quella voce da così tanto tempo che
pensava di averla immaginata, fra lo stacco silenzioso di un brano musicale e
l’altro. Davina si era voltata e le cuffie erano scivolate dalla testa sulle
spalle. Kai…
“Mi sveglio una mattina e scopro che il tuo mondo prigione sta divorando i miei mondo prigione! Come cavolo ci sei
riuscita?”
Non aveva ricreato l’Altro Lato? Per quello
non necessitava di un’Ancora di collegamento? “Credevo fossi andato via.”
“Sono rimasto nei dintorni, cercando una
soluzione per riportarti indietro. Mi è stato fatto presente che la mia
presenza era superflua e ho preferito allontanarmi” aveva risposto, lanciando
occhiate intorno come un ladro che teme di essere scoperto. “Che ascolti?”
“Nulla di importante” aveva risposto mettendo
a posto le cuffie e raccogliendo i dischi. “Mi fa piacere rivederti.”
“Stai ancora con quel tipo? Perché ci ho
pensato e ripensato e volevo chiederti di uscire” aveva borbottato, frettoloso
ed imbarazzato. “Se per te era ok…
Davina aveva annuito con un sorriso
smagliante ed era stata sollevata dal peso degli acquisti.
“Mi spieghi come hai fatto a replicare il mio
incantesimo? C’entra la Bennet? L’ho vista in giro
con il tuo amichetto spilungone.”
Oh! Allora quel bacio aveva portato a
qualcosa di più! Davina era arrivata alla cassa e aveva infilato il braccio
sotto il suo.
“Il tuo mondo sta prendendo il controllo come
quello creato da Qetsiyah e…” e quella pietra? Perché
indossava una pietra maledetta?
“E... che cosa?”
aveva sussurrato alzando due occhi grandi ed invitanti su di lui. “Forse
esploderà come è esploso l’Altro Lato.”
Gli smontava la testa se parlava e lo
guardava in quel modo. Le membra mollicce e la tremarella allo stomaco erano
tornati.
“È così importante?”
Sapeva tutto quello che c’era da sapere su
come baciare una ragazza. L’aveva scordato appena toccato. “Ti mostro la mia
arte e tu mi freghi l’incantesimo…”
“Scusa.”
Non con quel musetto, maledizione!
///
“Dicono che quando il momento è giusto, le
cose si incastrano magicamente e davanti a te ci sono solo chilometri di strade
spianate...”
“E chi lo dice?”
“Le persone a cui è capitato. Chi altri?”
Il sole era piacevole e caldo e non c’era la
solita confusione in giro. La ricerca aveva dato esisto negativo e l’umore di Kol era peggiorato. Bonnie lo aveva seguito nei suoi
spostamenti senza battere ciglio e aveva continuato a pensare agli unicorni.
Kol aveva raggiunto una
panchina e nella migliore tradizione dei pusher, aveva aperto una falda della
giacca ed estratto una fialetta di sangue. “È del tipo migliore. Butta giù.”
Bonnie l’aveva odorato ma non aveva notato
niente di strano.
“Ti devi fidare di me.”
“Alterando l’aspetto originario, Klaus si
troverebbe in difficoltà col quadro” aveva risposto restituendo la fialetta.
“Grazie lo stesso.”
“Cacasotto” aveva sussurrato, portando le
mani dietro la testa. “A ore dodici, dritto di fronte a noi.”
Bonnie aveva seguito la direzione del suo
sguardo e una mano cattiva le aveva strizzato i polmoni, togliendole tutta
l’aria. Aveva serrato le palpebre e guardato di nuovo. Erano entrambi sorridenti
e allegri, avevano le mani intrecciate e i volti felici… mentre lei desiderava
solo avere una Bic per pugnalare Kai in tredici modi
diversi.
Quattordici se contava quello suggerito da
Klaus.
Era stato allora che aveva visto il suo primo
unicorno.
“Ehi! Da quanto siete una coppia, voi due?!”
Davina aveva mosso il dito indicandoli entrambi e Bonnie si era irrigidita
quando aveva sentito il braccio di Kol passarle
dietro le spalle.
“E voi?” aveva risposto il ragazzo,
sorridente. “Fino a nove ore fa, uscivi con mio fratello.”
Che glorioso imbecille!,
aveva pensato grattando la fronte e mettendo su un sorriso fasullo a bocca
chiusa. Con noncuranza, Bonnie aveva accavallato una gamba e si era accostata
al fianco del ragazzo. “Ho come l’impressione di aver mangiato del cibo
scaduto, tesoro” aveva detto
sottovoce e Kol aveva scambiato un lungo sguardo con
Davina che non sembrava più felice come prima. “Di nuovo quel bistrot, tesoro?”
“Eh già” aveva risposto, alzandosi. “Scusatemi…
ehi, che bella collana.”
Davina l’aveva toccata e nascosta sotto la
maglia. “Riguardati, cugina. Kol…”
“Magnifica Reggente” l’aveva canzonata e Bonnie aveva infilato il braccio
sotto il suo e tirato via. Avevano camminato un bel po’, prima che la stizza
del ragazzo esplodesse.
“Nove ore! L’ha scaricato da appena nove ore
e sta già infilando la lingua in bocca a quel verme!”
“E tu sei così stupido da stuzzicare la
strega che ha lanciato la maledizione a tuo fratello. Guarda che se ti fai
ammazzare, non puoi replicare il giochetto della fuga. Se muori, sei kaputt. Claro?”
“Credevo volessi vedermi morto.”
“Sono tanti i modi in cui vorrei vederti
ridotto” aveva sospirato e Kol si era fermato,
lanciandole una lunga occhiata sostenuta. Le era sembrato che il torace gli si
gonfiasse come il corpo di un pesce palla che si sente minacciato, ma forse era
solo...
“Sono tante le cose che vorrei fare con te, Bennet.”
Una fitta di piacere aveva attraversato
l’inguine ed era scoppiata nel ventre. Bonnie aveva sentito il corpo
riaccendersi come se mille soli splendenti fossero sorti tutti insieme. “Ti sei
montato la testa per quel bacio.”
“Non è stato granché. Non perderci tempo, io
non l’ho fatto” aveva detto e stretta forte. “Ti ho vista, eccitata dalla
seduta con mio fratello. Occhi brillanti, guance infiammate… tutto quel tempo
nuda alla mercé dello sguardo di un uomo… a cosa stavi pensando?”
Alla stupidaggine che stava facendo, alla
serietà mostrata dall’ibrido, alla stanza fresca. Klaus aveva intaccato il muro
di silenzio con la domanda giusta e Bonnie aveva iniziato a parlare del più e
del meno, consapevole che dall’altro lato della porta, il mostro grattava e si
agitava. Poi Kol era entrato all’improvviso e…
“A cosa stai pensando, zuccherino?”
Bonnie aveva sussultato e brividi violenti e
bagnati di calore liquido, le avevano intorpidito le membra quando l’aveva
sentito chino su di se. Le labbra si erano seccate improvvisamente e il tempo
si era dilatato all’infinito. Bonnie si era sentita indifesa ma la sensazione
non era stata spiacevole. Aveva continuato a mantenere il contatto visivo con
il bordo della sua giacca ma appena le aveva toccato il viso, infilando la mano
fin sotto i capelli, il sangue aveva iniziato a batterle nelle tempie e nelle
orecchie e le palpebre si erano fatte pesanti...
“Ah, è così che si fa.”
Bonnie aveva quasi cacciato un urletto e il
cuore le era uscito dal petto: Kai era comparso
all’improvviso e li osservava con espressione dubbiosa e accigliata da una
panchina.
“Davina sta provando tutti i vestiti di un
negozio e ne ha ancora per parecchio. Perché indossa una pietra maledetta? Sono
pericolose, lo sapete?”
“Non è…” Kol si era
schiarito la voce, eccitato fino all’ultimo centimetro di se stesso. “Non è
maledetta. È un falso storico.”
“Sei un esperto di pietre? Fammi vedere il
tuo diploma, bello.”
“Io cammino su questa terra da molto più
tempo di te. Bello.”
“Ed io posso rovesciarti le mutande sulla
testa in un secondo” aveva risposto. “L’errore che commettono tutti gli incapaci, è scambiare la pietra di Necrus con la Lacrima di Neos, nota
per la sua capacità di influire sulla personalità di chi la indossa. Sembrava
troppo bello per essere vero…” aveva sospirato. “Ok, farò la mia buona azione
quotidiana e cercherò di portargliela via.”
Un aiuto inaspettato che risolveva un
problema. Bonnie era girata su se stessa, fissando l’uscita del parchetto. Ma
la maledizione come la scioglievano?
“Dimenticavo!”
Kai era riapparso e
Bonnie era trasalita un’altra volta.
“Dimenticavo la parte più divertente. Il
mondo che Davina ha creato sta mandando in risonanza tutti i mondi esistenti.
Presto ci sarà un altro botto e la strega che mi avete fatto spedire lassù,
sarà libera di tornare indietro. Era tanto per farvelo sapere e rovinarvi la
giornata.”
Con un cenno di saluto era sparito e Bonnie
aveva lasciato andare un lungo sospiro frustrato. “Chi è la strega richiusa sul
mondo prigione?”
“Ayana, discendente
di Qetsiyah, insegnante di nostra madre. Siete
imparentate.”
Forse Ayana aveva
nervi migliori dei suoi. “Una creatura
che non è di questa terra.”
“Sempre fortunato, il bastardo. Suggerirei di
reperire informazioni in merito alla strega. Vieni con me?”
“Dove andiamo? A farci rovesciare le mutande
sulla testa?” aveva riso e un braccio pesante le aveva circondato le spalle.
Bonnie si era irrigidita subito ed era scivolata avanti, tenendolo a distanza. “Kol… quello che stava per succedere, non dovrà mai succedere.”
Il ragazzo l’aveva guardata e schioccato le
labbra, Bonnie si era sentita un po’ stupida a reagire a quel modo. Stupida e
confusa dal suo comportamento. La maltrattava, la insultava…
“Ringrazia lo scemo per l’interruzione,
invece: se avessimo iniziato non ti avrei chiesto di recarci in una biblioteca
polverosa a spulciare il passato della tua antenata. Saremmo già a letto a
dedicarci lungamente l’uno all’altro, zuccherino.”
Ma non diceva che non… Sconcertata, Bonnie
aveva boccheggiato come un pesce. “Difficile rimangiarsi una cosa del genere...”
Tzè! Poteva mangiarsi anche lei, se voleva.
“Ok”
aveva detto con un filo di voce. “Mangiami, se ci riesci...”
///
Bonnie era certa che da un momento all’altro
qualcuno li avrebbe sorpresi. Immaginava la voce che viaggiava da New Orleans
fino alla scuola d’arte di Jeremy, i commenti caustici di Damon e l’espressione
sconvolta di Elena.
Era stata a letto con due ragazzi, conosceva
le mosse ma alternava momenti di rigidità ad altri di pieno smarrimento. Ignorava
i sapori e non riconosceva gli odori ma le sue dita erano lunghe, il corpo incredibilmente
accogliente e i baci mozzafiato. Sembrava conoscere meglio di lei la strada da
seguire, così Bonnie gli aveva lasciato il comando e si era lasciata travolgere
fino a giacere sorda e stordita. Non aveva mai raggiunto una completezza simile
con un’altra persona. Non era stata la sola. Aveva dormito e quando si era
svegliata, le luci della città avevano sostituito il sole. Poi era accaduta una
cosa che aveva visto solo nei film. Kol le aveva
chiesto di seguirlo e Bonnie si era lasciata immergere nell’acqua calda della
vasca da bagno che profumava di zucchero filato, miele e cannella. Era rimasta
buona a farsi viziare, finché non aveva affondato la mano fra le sue gambe. Illanguidita,
si era adagiata contro la ceramica e direzionato i lavori. Sul finire, si era
aggrappata ai bordi e al suo braccio. Le forze le erano tornate quando l’acqua
era ormai fredda.
Kol le aveva raccontato
la storia della possessione di Davina, la mattina dopo, a colazione. Aveva
trasformato un pezzettino di carta in un origami e le aveva regalato un fiore.
Le aveva tolto una briciola dal labbro ed informata che si sarebbe recato in
biblioteca a fare quella ricerca.
Bonnie aveva pensato ‘ok, è finita’ e aveva
continuato a ruminare il suo pancake innaffiato da una colata di sciroppo
d’acero. Ci aveva messo un po’ ad inghiottire. Il tempo necessario perché
tornasse indietro e la coinvolgesse in un altro lunghissimo bacio mozzafiato.
“Fa la brava in mia assenza” aveva detto,
sfilando una penna dalla tasca. “Allenati.”
Bonnie aveva sorriso e visto il suo secondo
unicorno.
///
“Sei sotto l’influsso di una maledizione.”
“Un’altra? E quando sarebbe successo?”
“Ventiquattrore fa” aveva risposto Bonnie guardando
l’orologio. “Ti sei alzato presto e sei uscito per incontrare una persona.”
Si era alzato presto, aveva fatto la barba ed
era uscito.
“Una donna con cui hai una relazione.”
Non aveva nessuna relazione.
“Una strega.”
Klaus aveva steso il giornale e sorriso.
Anche quella mattina, si era alzato presto ed era uscito a comprare il
giornale. Aveva preso l’abitudine di fermarsi a bere il caffè in una piccola
caffetteria snobbata dai turisti ed era lì che Bonnie lo aveva raggiunto.
“È un incantesimo selettivo e agisce sui
cinque sensi. Non puoi vederla, udirla o percepirla. Se fosse in piedi di
fronte a te in questo momento, non te ne accorgeresti.”
Sì, sembrava qualcosa che solo una strega
poteva inventare. “Ok, la strega che non so di frequentare mi ha lanciato una
maledizione. Motivo?”
“Gelosia. Crede che la voce della nuova
gravidanza di Hayley sia vera.”
Hayley passava da un capriccetto all’altro ma
era stata piuttosto chiara: Hope sarebbe rimasta
figlia unica, non si mettesse strane idee in testa. Klaus aveva sghignazzato e
le aveva detto di dormire con un occhio aperto. L’occhiata omicida che gli
aveva lanciato, la sentiva ancora addosso.
“Spero sia molto bella e abbia doti segrete
che compensano la sua scarsa intelligenza” aveva detto bevendo in sorso di
caffè bollente. “Peggio per lei e buon per me, invece. Non dovrò neppure
fingere di non vederla, incontrandola in strada.”
“Klaus, avete siglato un accordo che mantiene
la città in equilibrio ma la strega è sotto l’influsso di una pietra maledetta
che sta aumentando la sua aura malvagia e temiamo che si vengano a creare
tensioni destinate ad esplodere. Casuali e non.”
“E torniamo a quello che dico da una vita:
morte alle streghe. Senza offesa, Bennet…”
“Battute del genere sono fortemente sconsigliate
in pubblico, fratello. Ti prego di tacerle.”
Eccolo, il paladino dei deboli! Tutto
azzimato come un vero damerino! Klaus aveva esalato un sospiro, piegato il
giornale e gettato sul tavolino. “Una probabile guerra mi interessa ben più di
una scemetta che nei suoi cinque minuti di gloria mi
ha cancellato la memoria, Elijah.”
“Chiamare scemetta
la Reggente non avrà più lo stesso impatto di prima. Non verrà più scambiato
per un buffetto affettuoso alla propria fidanzata, Niklaus.”
Fidanzata? Addirittura! “Le Reggenti sono
sempre delle vecchie barbogie inacidite. Come mi sono ridotto a frequentarne
una?”
Elijah aveva steso una gamba, sistemando il
pantalone. “Questa non ha neppure venti anni.”
“Ed è scema come una campana rotta.”
“Irritarla potrebbe avere brutte conseguenze,
Niklaus.”
“Poteva uccidermi e non l’ha fatto. Questo
cosa ci dice?” aveva sorriso congiungendo le mani.
“È ancora innamorata di te e ha molti amici
fra i vampiri.”
“Sono intoccabile.”
“Davina è brava negli incantesimi. Non prova
più una briciola di amore per lei...”
“Mi stupisco che tu sia così ingenua da
credere che ne sia mai stato innamorato!”
Bonnie aveva sentito una fiammata
attraversarla tutta ma con noncuranza aveva tirato indietro una ciocca di
capelli mentre Kol spostava la sedia e si sedeva in
mezzo a loro, imbronciato. “Le streghe mi impediscono di accedere alla
biblioteca… indovinate da chi è venuto l’ordine? Come supremo successore, non
dovrei avere libero accesso ai segreti della congrega?”
Supremo successore? Bonnie lo aveva scrutato
apertamente. “Chi ha deciso la tua nomina? Sulla base di quali meriti sei stato
presentato? Non ti consentiranno mai di guidare la congrega, sei…”
“… un Mikealson? Non
mi si permette mai di dimenticarlo.”
Il ragazzo aveva tirato indietro la sedia con
un gesto stizzito e si era allontanato a grandi passi.
“… troppo legato al lato oscuro” aveva
concluso Bonnie, picchiando piano il pugno contro la bocca. “È sempre così
suscettibile sull’argomento?”
“Si vergogna della sua famiglia” aveva detto
Klaus ad alta voce scoprendo il caffè freddo. “Resta con noi perché non ha un
altro posto in cui andare.”
“C’è sempre un altro posto in cui andare.
Forse resta con voi perché vi vuole bene.”
Klaus aveva sorriso, conciliante come un
adulto che parla con un bambino piccolo. “Kol è
sempre stato un selvaggio… se volevi un lavoretto fatto bene, bastava
sciogliere il guinzaglio e dare l’ordine. Quando diventava incontrollabile,
eravamo costretti a metterlo a dormire.”
“Molto premuroso da parte vostra.”
“Strappa
una strega dal mondo magico, e si ucciderà nel giro di una settimana. Per
quando irritante, è pur sempre mio fratello. Non dimentico la tua parte nella
sua uccisione, e non mi piace il legame che avete creato. Ti chiedo di cessarlo
nell’immediato.”
“Tu non chiedi. Tu proibisci.”
“Sei una donna intelligente, Bennet.”
Bonnie aveva sorriso e si era alzata,
infilando la borsa a tracolla. “Elena aveva ragione su di te. A volte sei così
spiritoso…”
///
Non aveva mai camminato tanto e girato a
vuoto come quel giorno! Quando pensava di averlo localizzato, Bonnie tornava al
punto di partenza e solo a sera era riuscito a scovarlo al centro del ponte che
attraversava il laghetto di City Park.
Lo conosceva dai dépliant e aveva pensato di
visitarlo. L’illuminazione era studiata per togliere il respiro e la luna era
alta e splendida in cielo. Appena messo piede sul ponte, Kol
si era voltato verso di lei. Bonnie aveva sorriso, ben sapendo che nella
penombra e a quella distanza non poteva vederla. Le aveva teso la mano ed
invitato a raggiungerlo.
Scusa se ti ho fatto girare a vuoto, avevo
bisogno di starmene da solo.
L’avevo capito…
Vengo qui quando voglio rilassarmi. Bello,
eh?
Toglie il fiato.
Bonnie aveva posato i gomiti sul muretto,
guardandosi intorno. “Tuo fratello mi ha proibito di frequentarti. Teme per la
tua incolumità.”
“Klaus se ne frega di me, non vuole problemi
con una strega del tuo calibro” aveva detto, appollaiato sulle sue spalle.
Kol l’aveva baciata sul
collo e stretta un po’ e Bonnie aveva chiuso gli occhi. Quelle cose non
capitavano mai a lei. Era lei, la spettatrice delle storie delle sue amiche. Non
era lei che baciavano sotto la luna piena, circondati dal frinire dei grilli.
“Si creerà un problema nell’immediato se
proverà a dirmi di nuovo con chi devo o non devo uscire” aveva detto, girando su
se stessa. “Era questa… l’idea?”
“Non l’avevo pianificato e non so
risponderti, Bennet” aveva detto, col volto in ombra.
“Ho solo prenotato una cena nel mio quarto d’ora di gloria seguendo un impulso
ottimistico.”
E lei era affamata. Perfetto.
“Sicura? Sei una Bennet…
farsi vedere in giro con me non giova alla reputazione.”
Prego?
Kol l’aveva lasciata
andare e a Bonnie non era piaciuta quella distanza improvvisa.
“Ci sono i miei fratelli, il fardello del
nome e il fatto di essere tornato indietro. Sono quello strano della famiglia,
B. La gente mi scansa, ha paura di me.”
Aveva notato una cortina di distanza alla
festa di Davina, pensava fosse autoindotta dal malumore.
“Non ha mai visto i tuoi addominali.”
Kol aveva riso dopo un
lungo attimo. “Grazie, mi tengo impegnato…”
“È meglio mettere la gente in imbarazzo che
sentirsi imbarazzati. Me l’ha insegnato Caroline. Andiamo a scandalizzare le
menti moraliste della città.”
L’olfatto era il senso più potente ma Klaus
non percepiva niente, non sentiva niente e non ricordava un bel niente. Aveva
lasciato cadere il cuscino sul letto sfatto dopo averlo lungamente odorato e si
era avvicinato all’armadio di Davina, infilando il naso fra i vestiti appesi.
Distingueva il sentore speziato dell’incenso e quello sordo della cera delle
candele mescolato al tipico profumo delle adolescenti – sudore, ormoni e
lozioni da pochi soldi – ma nulla innescava il ricordo voluto.
E per quel che ne sapeva, la strega poteva
essere nella stanza, accoccolata in un angolo ad osservarlo frugare fra le sue
cose.
“Conoscendomi, devo aver fatto qualcosa di
orribile a te e alla tua famiglia, ma è più probabile che ti abbia circuito e
raggirato per ottenere il controllo della congrega. Se vuoi punirmi fa pure, ma
lascia fuori gli abitanti della città” aveva detto guardando le fotografe
appese al muro. Erano identiche a quelle che gli aveva mostrato Rebekah: volti
sorridenti con angoli bruciati dai flash.
Gli angoli che rivelavano il volto della
strega.
Klaus iniziava ad irritarsi. L’aveva pensata
proprio bene, la ragazzina: ora sarebbe caduto nel solito vortice di ossessione
e non avrebbe avuto pace.
///
Non
voltarti,
aveva detto Hayley, e Rebekah si era voltata.
Si inaugurava un nuovo locale in città ed
Hayley ce l’aveva trascinata a forza per cercare di distrarla dal galoppante
senso di colpa che l’affliggeva. C’erano proprio tutti. Locali, turisti,
vampiri a caccia… e fratelli minori. “Se gli fa del male un’altra volta, la
soffoco con i capelli” aveva detto e si era sentita in dovere di sbirciare un’altra
volta Kol e la Bennet che
tentavano inutilmente di ordinare un drink al bar affollatissimo. Sì, era tutto
un fuoco, all’inizio! Si guardavano con gli occhioni da cucciolo, amoreggiavano
e poi la strega di turno faceva il suo numeretto e lanciava maledizioni a
destra e a manca!
“Iceberg!”
La parola in codice per le grandi catastrofi?
Rebekah aveva allungato il collo seguendo la direzione del dito di Hayley: Davina
aveva fatto il suo ingresso con un vestito da urlo e un accompagnatore che
avrebbe fatto urlare la Bennet.
“Che facciamo?”
Gli occhi della vampira si erano stretti impercettibilmente.
La catenina brillava ancora attorno al collo di Davina e poco più indietro, i
piccioncini avevano rinunciato al bar e si agitavano scompostamente sulle note
di una canzone. “Restiamo a guardare. Per ora.”
///
Pensava sarebbe stato semplice rubarle la
catenina, ma dopo un primo approccio morbido, Davina non l’aveva più lasciato
avvicinare. Era successo più o meno dopo aver incontrato il vampiro che gravitava
attorno ad una biondina… ehi! Finalmente una canzone che conosceva!
Kai aveva afferrato le
mani di Davina che, sbilanciata dal movimento improvviso, gli era finita addosso.
Davina aveva rinunciato a combattere. Era più
facile assecondarlo e sottomettersi di buona grazia al suo spirito ballerino
che tentare di farsi lasciare. Kai le stava appiccicato
come un francobollo e, sinceramente, inizia a darle sui nervi. Non chiudeva mai
la bocca e, più di una volta, aveva avuto l’impressione che stesse recitando
una parte.
“Che c’è? Non ti piace la canzone?”
Non le era piaciuto incontrare il vampirastro con un’altra donna…
Kai si era buttato. Nel
momento in cui Davina aveva preso un respiro per rispondere alla domanda, si
era chinato e l’aveva baciata. Il contatto era durato pochi secondi. Non aveva
capito se gli fosse piaciuto o meno e si era tirato indietro, pensieroso.
Inebetita, Davina aveva preso le distanze. Il
cuore le batteva forte e una voce nella testa continuava a ripetere ‘ma che
stai facendo?’ “Vado a prendere… qualcosa… al bar”
aveva balbettato ma il livello di musica era tale che non aveva potuto udirla,
solo indovinare il movimento delle labbra. “Tu vuoi…”
“La pietra che porti attorno al collo. Sta
alterando la tua personalità” aveva risposto e Davina era rimasta a bocca
aperta.
Kol non le avrebbe mai
regalato nulla di tanto pericoloso! “Ne sei certo?”
“A-ah” aveva risposto chiedendosi se fosse il
caso di riprovare per avere una seconda impressione. “Lo spilungone ha
toppato.”
“Come faccio a crederti?”
“Chiamalo e chiediglielo” aveva risposto,
stringendosi nelle spalle.
Davina aveva scambiato un lungo sguardo con
il ragazzo e aveva continuato a stringere il ciondolo. Doveva parlare con Kol: era l’unica persona di cui si fidasse veramente. “Lo
faccio subito.”
“Ok. Io ti aspetto qui.”
Davina aveva scosso la testa ed era uscita a
testa bassa dal locale, il respiro mozzo e i sudori freddi. Il ciondolo non canalizzava l’energia delle streghe?
Il tacco aveva prodotto un rumore sordo
quando si era arrestato di colpo, e la vibrazione era corsa lungo la gamba.
Davina aveva trattenuto il fiato, scoprendo Klaus diretto nella sua direzione.
Si era scansata e lo aveva guardato passarle davanti senza alcuna esitazione, senza
rallentare il passo o battere le ciglia.
Lacrime di tristezza avevano inumidito le
ciglia e quando le aveva asciugate, si era scoperta le mani sporche di sangue. Ma
cos…?! Aveva pagato il prezzo, perché… oh, merda! Non aveva trasformato il
potere illimitato degli Antenati in Oscurità… aveva attinto alla propria
energia vitale! Finchè la maledizione sarebbe
esistita, la sua vita sarebbe stata…
“Sento l’odore del tuo sangue, strega.”
… in pericolo.
Davina era trasalita con un urletto ed era
girata su se stessa, camminando all’indietro. Erano nella parte più asciutta
della città, non c’erano fontane o laghetti in cui poter lavar via le tracce
del proprio peccato: aveva le mani sporche di sangue e Klaus la puntava come un
cane a caccia di tartufi!
“Nik, davanti a
te!”
Rebekah?!
Davina aveva scartato lateralmente ed era
stata bloccata da Hayley. La donna l’aveva guardata atterrita. “Da dove viene
tutto quel sangue?!”
“Ehm…”
“È il prezzo della maledizione” aveva
risposto Rebekah raggiungendole. “Ha sclerato e gli Anziani la stanno punendo.”
Klaus aveva guardato nella direzione delle
ragazze ma aveva dovuto rinunciare. Era fastidioso e disturbante.
“Nik, non startene
lì impalato. Kol è nel locale con la Bennet. Digli di smetterla di limonare e di venire subito.
La Reggente necessita aiuto.”
Senza Reggente ad unire le nove congreghe, le
streghe sarebbero cadute nel caos. Klaus aveva scambiato uno sguardo con Hayley
che aveva ridotto le palpebre ad una fessura: quella donna gli leggeva nel
pensiero.
“Kol non può fare
niente per aiutarmi. Non rovinate anche la sua serata” aveva detto la strega a
bassa voce. “Potresti lasciarmi ora?”
Hayley aveva riportato le mani sui fianchi, ma
non si era discostata. “Che cosa dobbiamo fare per placare i tuoi dei?”
Davina si era stretta nelle spalle. “La
maledizione consuma la mia energia vitale…”
“Stai morendo?”
“Sì… è un altro modo per dirlo” aveva
risposto, gettando un’occhiata a Rebekah, terrea in volto. “Non ho idea di
quanto tempo mi resti.”
///
Supplicare i Vecchiacci era la soluzione
della sorella? Come intendevano procedere? Bruciavano un bel biglietto con su
scritto ‘scusate se ho fatto casino, potete rimettere a posto le cose’?”
Non era certo che frasi come ‘Prima - brutta stronza – Strega’, ‘vorrei
riempirti la faccia di schiaffi’ e ‘Reggente dei miei stivali’ fossero le più
giuste da indirizzate ad una strega di alto livello che stava morendo vittima
del proprio incantesimo.
Klaus aveva osservato in disparte finchè non era stato affiancato da Hayley. “Se tira le
cuoia, la congrega sarà l’ultimo dei tuoi pensieri” aveva sussurrato in modo
che Davina non potesse udirla.
Si preoccupava molto per la strega. Doveva
essere proprio speciale come diceva Elijah.
“L’unica strega in tutta New Orleans che non
fosse marcia fino al midollo… l’unico peso sull’altro piatto della bilancia e
guarda come è andata a finire…”
“Quando le aspettative sono troppo alte, si
rischia il capitombolo.”
Hayley l’aveva guardato e Klaus aveva capito
che ci entrava in buona parte.
“Vado a vedere come sta Rebekah. Non riesce a
gestire il senso di colpa.”
Klaus aveva annuito ed era rimasto ad
osservare l’altare consacrato agli Antenati, le candele accese e le spirali di
incenso che salivano verso l’alto. Era davvero scema come una campana rotta se
aveva creduto allo scherzo della sorella.
“Non mi sono mai fidato di qualcosa che non
si poteva minacciare o sbranare” aveva detto raddrizzando due candele e
portando le mani dietro la schiena. “Pregare non ha mai funzionato, ragazza
mia. Devi dare qualcosa per ricevere qualcosa.”
Davina aveva interrotto la litania. L’avrebbe
rimpianta, il vampirastro. Quando avrebbe dovuto fare
le selezioni per la nuova strega, avrebbe pensato a lei e versato lacrime
amare.
“I Vecchiacci adorano i sacrifici di sangue…
e più giovane ed innocente è, meglio è” aveva continuato con un mezzo ghigno. Doveva
averla raggiunta perché l’odore di sangue era opprimente e la bramosia gli
correva nel corpo.
Davina aveva agito, spinta dalla paura di
morire: lo aveva afferrato per la nuca ed indirizzato contro il collo sporco di
sangue.
Qualcosa – la strega?! – l’aveva ghermito e
sbilanciato e la sua mente era andata in corto circuito: gli occhi non la
vedevano, i sensi non la registravano, ma il sapore del sangue poteva sentirlo
contro la bocca e come un naufrago si aggrappa al salvagente, Klaus si era
aggrappato alla strega e aveva morso, perché l’istinto gli diceva di mordere.
Aveva già bevuto il suo sangue. Più volte. Ricordava il sapore. Il retrogusto
amarognolo di innocenza. Il sangue sgorgava dalla ferita aperta e si riversava
in bocca a fiotti e quasi poteva sentirla – o la mente la immaginava,
ricordando scene passate – abbandonata e sofferente fra le sue braccia. Era
proprio pazza come diceva Rebekah ma veloce a capire. In più, gli stava
regalando una bevuta con i fiocchi. Iniziava a piacergli quella ragazza.
///
“Minacciati come?”
“Potevano intervenire e sciogliere la
maledizione salvandoti la vita o far spazio ai nuovi arrivi.”
“Sii più specifico.”
“Avrei strappato il cuore ad ogni membro
delle nove congreghe e li avrei spediti ai cari vecchi in un bel cesto regalo.”
Klaus aveva sorriso e Davina aveva smesso di
ruminare uova e bacon. “Sei pazzo, lo sai?”
“Sono molto deluso, ragazza. Molto deluso”
aveva risposto piantando un dito nel tavolo e Rebekah aveva alzato gli occhi al
cielo e ordinato un altro bidone di caffè alla cameriera. Hayley era dovuta
tornata a casa in tempo per il risveglio di Hope.
“Quando ti ho scelto, l’ho fatto perché eri
in gamba, pragmatica e col sangue freddo di un serpente. Ti sei rivelata debole
ed inconcludente!”
Davina aveva arricciato il naso e masticato a
più non posso il boccone. “Scusa tanto, sono solo umana!”
“Vedi di ricordarlo” aveva risposto con
un’occhiata alla sorella. “Tu hai finito la colazione?”
Rebekah aveva posato la tazza vuota e spinto
la sedia contro le ginocchia del fratello. “Quel ciondolo deve sparire.”
In quel momento, Klaus scarseggiava della
lucidità necessaria per rispondere a tono. Gli erano stati regalati due giorni
di innaturale tranquillità ma appena l’incantesimo aveva cessato di esistere,
era stato travolto da una montagna di sensazioni soffocanti. La maledizione di
Davina si era rivelata tutt’altro che innocua.
“Sei amareggiato per non aver potuto portare
a termine la minaccia?” aveva chiesto la strega con voce leggera, posando le
stoviglie ai lati del piatto e la catenina nello spazio fra loro.
Klaus aveva sospirato, intascandola. “Ho
caricato le tue giovani spalle di responsabilità e problemi e mi chiedevo se
non fosse più saggio liberarti della mia presenza una volta per tutte.”
Davina aveva sgranato gli occhi e il cuore
aveva battuto tanto da toglierle il respiro.
“Non ho mai voluto renderti infelice, Davina Claire.”
Una nuvola di rossore le aveva colorato le
guance. Sentiva di dover urlare ma in realtà non riusciva a scollare le labbra.
“È evidente che così non funziona.”
E continuava ad infierire sul suo cadavere!
La crudeltà di quell’uomo era senza…
“Proviamo qualcosa di diverso?” aveva detto con
voce leggera ed era stato come esser salvati dal ciglio friabile del burrone.
Un mese dopo
Il cacciatore era arrivato e aveva ucciso
l’unicorno.
Per quanto lo girasse e rigirasse, quel
maledetto segno positivo non voleva saperne di scomparire. Bonnie aveva
scrollato il tester come fosse un termometro e l’aveva guardato di nuovo.
“Accidenti!” aveva esclamato sottovoce e aveva sentito un rumore, come il
cigolio del letto… come se Kol si fosse svegliato e
stesse venendo dritto nel bagno!
“B?”
“Sono sotto la doccia!” aveva gridato aprendo
l’acqua con un gestaccio e infilando il test di gravidanza nella scatola e la
scatola nella cesta dei panni sporchi. “Cinque minuti!”
Bonnie si era appoggiata al lavandino e
guardata allo specchio. Quando era accaduto? Erano sempre stati attenti ma il
suo ciclo non era mai stato regolare e per mesi – complice lo stress da mondo
prigione - non si era presentato. Non poteva essere incinta! Quei test non
erano affidabili al cento per cento, anche Caroline aveva sclerato su un falso
positivo anni prima! E perché proprio in quel momento? Andava tutto a
meraviglia, si era trasferita a New Orleans, aveva ripreso gli studi e usciva
regolarmente con un ragazzo che le piaceva davvero e che non perdeva occasione
per dimostrarle quanto tenesse a lei. Aveva persino accettato di bere il sangue
dell’ibrido per cancellare ogni traccia del passato dal suo corpo. L’aveva
fatto per se stessa, per ricominciare, l’aveva fatto perché Kol
non la finiva più di dirle quanto era bella, ogni volta che la spogliava.
“B, va tutto bene?”
“Sì!” aveva gridato, uscendo come un lampo
dal bagno. “Sono in ritardo per la lezione.”
Kol l’aveva guardata da
sopra il fumetto e augurato la buona giornata. Si era alzato e aveva sfruttato
la temperatura ottimale della doccia. Poi aveva raccolto i vestiti sporchi e
aperto la cesta della biancheria.
///
“Sei una donna e una strega. Dovresti sapere
se sei incinta o meno.”
“Non lo so! Sono nel pallone e il tuo sarcasmo
non mi aiuta!”
Sarcasmo? Bonnie era piombata nel bel mezzo
della sua lezione di yoga e aveva sganciato una novità allarmante. Davina stava
cercando di mantenersi calma, visto che l’allineamento dei chakra erano andato
a farsi friggere. “Hai fatto un test di gravidanza?”
“Sì, e ieri sera Elijah mi ha lanciato uno
sguardo dei suoi e ha rimandato indietro la mia birra!”
Davina si era imbronciata un po’. “Siete
usciti senza di me.”
“Non siamo usciti. Siamo passati al Rousseau’s e abbiamo incontrato… non è importante ora!”
aveva esclamato a bassa voce. “Che faccio, se sono incinta?”
“Se lo sei, lo sei.”
Doveva tenerlo? Darlo via? Rimandarlo
indietro? E Kol? Come l’avrebbe presa? Stavano
insieme solo da un mese! Era una cosa rilassata e non le andava di ‘contrarla’
con simili notizie. “Non dirlo a nessuno.”
Davina aveva annuito e le aveva guardato la
pancia. Lo sguardo di Bonnie era finito sull’ombelico scoperto. “Già si vede?!”
“Ti devi dare una calmata e abbassare la
voce. Klaus ha detto che sarebbe passato a prendermi.”
Il panico saliva. “Un bimbo con il potere
delle Bennet e il cognome dei Mikealson…
l’Anticristo…”
Davina aveva strangolato una risatina e Bonnie
era crollata a sedere su una panca, stringendo le tempie fra le mani.
“Hai tempo per decidere se…”
“Infilare la testa in un barile di tequila e
trattenere il respiro?” aveva biascicato coprendo la testa fra le braccia. “So
a malapena badare a me stessa…”
“Kol è bravo con i
bambini.”
“Io non
sono brava con i bambini” aveva sbuffato. “Sarei capace di dimenticarlo al
parco giochi… o peggio! Sono stata rimandata in economia domestica!”
Davina aveva inclinato la testa e la maglia
bianca si era allargata sulle spalle. “Lo ami?”
“Ora come ora vorrei solo strangolarlo!”
aveva ruggito mimando il gesto con le mani. “Sono in ritardo per la lezione,
porca miseria!”
La sua invece, era finita proprio in quel
momento. Davina aveva salutato i compagni che uscivano alla spicciolata dalla
saletta, e sbirciato l’entrata della scuola di yoga. Se il bimbo fosse nato,
Klaus avrebbe sclerato e accusato entrambi di voler insidiare l’eredità di Hope. Se Bonnie non fosse stata una strega e una Bennet, sarebbe stato tutto più facile. “Schiarisciti le
idee prima di prendere qualsiasi decisione e chiamami se hai bisogno di parlare
con qualcuno.”
“Inutile. Morirò prima della mezzanotte stroncata
da un infarto.”
“Hai tutte le statistiche contro” aveva
risposto, pacata. “Inspira, calmati e resta lontana da Klaus.”
“Il tuo ragazzo dovrà tacere e farsi da
parte. Non è figlio suo” aveva detto e Davina aveva annuito. “Lo vedi il vero problema, ora?”