Il meridiano di Gabo

di kk549210
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il piccolo Harm ***
Capitolo 2: *** Il meridiano di Gabo ***
Capitolo 3: *** Mio fratello AJ ***
Capitolo 4: *** La scelta di Maria ***
Capitolo 5: *** Vola, bambina mia! ***



Capitolo 1
*** Il piccolo Harm ***


Il meridiano di Gabo
 
Disclaimers: I personaggi e il marchio JAG appartengono a Donald P. Belisario. Questa fanfiction è stata scritta senza nessuna finalità di lucro.
 
NdA: Si tratta della sesta giornata della serie “Cuore di padre”, una sorta di anello mancante tra il brillante episodio de “Il padre della sposa” e il brutale approccio alla realtà della guerra vissuto da AJ adulto ne “L’odore del sangue”, racconto “in vago odore di JAG” scritto quasi un anno fa.
Per la grande famiglia Rabb-Roberts sono passati quasi cinque anni: l’anno è circa il 2021. I ragazzi sono cresciuti e la bella e tormentata Maria Garcia Rabb si trova di fronte a un passo importante della vita. Non sarà il passaggio dell’Equatore, ma è comunque un momento cruciale…
 
 

-Smettila di strapazzarlo! Non è un bambolotto di gomma… sei peggio di un bambino! 
Nonna Sarah rivolse al marito un amorevole rimprovero e scosse rassegnata la testa. Se la loro figlia più piccola, una peste di soli nove anni, si fosse trovata lì con loro, di sicuro si sarebbe comportata in maniera molto meno scomposta e incontrollata. Ma i ragazzi erano rimasti a casa, a Washington. “Speriamo che quei tre si comportino bene. Per fortuna che c’è Harriet che può dare un’occhiata” si disse. Sarah MacKenzie, nonna da quattro anni e mezzo grazie alla piccola Amanda Grace Hewitt, era volata a San José, nella Silicon Valley, per conoscere Harmon Thomas, il suo nuovo nipotino appena nato. Quello che l’aveva resa nonna-bis. “Ma bisnonna è lo stesso” l’aveva schernita il marito, uscendo dall’ascensore dell’ospedale carico di palloncini e di giocattoli.  Quell’affascinante gigante dai capelli grigi che la accompagnava era l’Harmon originale. L’ammiraglio Harmon Rabb. Harmon jr, per l’esattezza, anche se veleggiava ormai verso i sessanta.  “Ne ho solo cinquantasette”, ci teneva a puntualizzare lui con il suo intramontabile e ammaliante sorriso.
-Quanto sei bello, piccolo Harm! – sussurrò nonno Harm ignorando deliberatamente la moglie e continuando il suo dialogo intimo con il suo minuscolo omonimo. Il piccolo Harm: così lo chiamava suo padre, quell’uomo così forte e bello, con i baffi impregnati di sigaro e il giubbotto da aviatore. Una presenza assente da  cinquant’anni, tenuta viva soltanto da qualche fotografia e dalle lettere-cassetta riversate da tempo in digitale. Tante volte, prima di costruire la sua famiglia con Sarah, Harm aveva accarezzato il sogno che nascesse un Harmon Rabb III. “E  magari da qualche parte esiste davvero” aveva congetturato maliziosamente qualche volta, pensando al possibile, ignoto frutto di qualche sua relazione giovanile. Harmon III non era mai arrivato. Ma non gli importava nulla: la sua famiglia era la più bella che  potesse mai immaginare. Un po’ piena di donne, in effetti, ma Sarah, Mattie, Maria, Zhiqun e Mandy erano i suoi grandi amori. E Gabriel, il suo erede maschio, crescendo aveva mantenuto tutte le promesse dell’infanzia. Era un tredicenne dal sorriso aperto, amante dei dolci e della pallacanestro e dotato di un’inesauribile vena comica e creativa. Un arcangelo latinoamericano dai riccioli scuri che ricaricava le pile a tutta la famiglia.
Ora era arrivato Harmon Thomas Hewitt, il piccolo Harm,  a dare manforte ai maschi di casa Rabb. Quella testona di Mattie gli aveva dato retta solo a metà e aveva voluto chiamare il suo secondogenito come entrambi i suoi padri. Harm sorrise al piccolo fagottino azzurro che gli sbadigliava in braccio, poi sollevò gli occhi guardando il sereno quadro familiare che illuminava di luce propria la stanza. Mattie e Tony radiosi e sorridenti, Sarah che si occupava amorevolmente di Mandy per tenerne a bada la gelosia per la nascita del fratellino.
Nella mente di Harm, una nube oscurò per un attimo il sole invernale della California. In quelle ultime settimane Maria era tesa come una corda di violino e se la prendeva soprattutto con Gabo. “La mia bambina deve diventare grande, e non sa come fare…” pensò preoccupato il padre.   

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Capitolo 2
*** Il meridiano di Gabo ***


-Sì, mamma, non ti preoccupare! Va tutto bene! Un bacio. Ciao. – mentì Maria al telefono.
Con i genitori in visita a Mattie dall’altro capo del paese, era lei che si sentiva sulle spalle tutta la responsabilità della casa, anche se a pochi passi c’era la supervigile zia Harriet. Non le andava certo di far pesare a sua madre che la situazione si era fatta insostenibile. Un vero e proprio inferno: Gabo era diventato semplicemente odioso, tutto preso com’era dalla sua mania di registrare sempre tutto quello che succedeva, di scrivere cronache e articoletti satirici sulla vita quotidiana. La nascita del piccolo Harm, e soprattutto tutto il corredo di immagini del piccolo che erano arrivate dalla California, lo avevano reso irrimediabilmente sovreccitato. Più insopportabile che creativo. “Accidenti al signor Cox” si diceva Maria, attribuendo al professore di lettere del fratello tutta la colpa di quella grafomania, anche se sapeva bene che Gabo aveva da sempre collezionato successi in lettura e composizione e più magre figure in matematica.
-Il nostro nipotino ha una faccia troppo buffa! – osservò il ragazzino mostrandole le foto appena scaricate sul tablet.
-Come vuoi che sia? E’ un neonato! – lo smontò immediatamente lei.
-Devo assolutamente scrivere qualcosa su di lui – proseguì Gabo senza considerare la provocazione della sorella - … poi lo mando a Mattie! Vedrai come sarà contenta…
-Senti un po’, smettila di darti tante arie… non è che due lezioni di giornalismo fanno di te uno scrittore!
-Guarda che le lezioni sono durate un mese intero! – fece lui cercando di non perdere la pazienza.
-Ah sì? Sei proprio odioso, secchione!
-Va bè che devi decidere cosa fare dopo il Liceo… ma uffa, quanto rompi!
-Vedrai quando toccherà a te… farai un casino di storie! Per fortuna che non sarò qui a sentire le tue lagne…
-Guarda che io ho già deciso che cosa fare da grande…
- Sì! E come fai a saperlo? Vai ancora alle medie…
-Al College voglio studiare letteratura spagnola e giornalismo. E magari fare anche lo sceneggiatore o il critico cinematografico…
-Ma se non sai neanche cosa vuol dire! – lo canzonò la sorella maggiore con tono molto acido.
-Invece lo so… voglio fare come Gabo da giovane!
-Ti sei fritto il cervello… ora hai pure l’amichetto immaginario!
 -Sei tu che sei fuori come un balcone… Ma che hai capito? Marquez, il grandissimo premio Nobel! L’amico di Fidel Castro…
-Sai che bello, amico di un dittatore… – lo sbeffeggiò Maria.
-Guarda che Castro è stato un grande personaggio del secolo scorso. E Gabo è il più grande scrittore nella nostra lingua.  – insistette sicuro il ragazzino - E nostro cugino Jorge mi ha detto che il babbo di papà si chiamava proprio Gabriel Garcia Marquez… capisci? Un omonimo! Che figata!  
-Il solito scemotto… Sai quanti ce ne sono in Sudamerica con quel nome? Uno una porta sì e una no…
Gabo alzò gli occhi al cielo, senza replicare. Nelle ultime settimane Maria era davvero odiosa e non c’era verso di parlare civilmente con lei. A dire il vero, era da qualche anno che era molto strana, almeno da quando aveva messo su il seno ed aveva cominciato a uscire con i ragazzi.    
- La nostra lingua è l’inglese, e in ogni caso il nonno si chiamava Harmon Rabb sr! – proseguì imperterrita la ragazza  nel suo assalto frontale.
-Di’ pure quel che ti pare… ma siamo cubani, hermana! – sbottò il fratello minore.
A Maria montò il sangue alla testa e si inumidirono gli occhi: quanto lo odiava quando richiamava le loro radici parlando spagnolo! Quella lingua le riapriva nell’anima una ferita mai rimarginata, faceva rifiorire nel suo cuore un fiore spinoso e pungente, di morte. Negli oscuri recessi dell’inconscio riecheggiava una voce,  desiderata con rimpianto e rimossa con disperazione. Quanto invidiava Gabo, la sua gaiezza e la sua sicurezza. Il suo essere una sorta di meridiano, il più solido e spensierato dei fratelli Rabb. E ora che era a un bivio, la ragazza provava un senso di vertigine, di completo smarrimento. Si sentiva in dovere di rispondere alle aspettative dei suoi genitori, ma allo stesso tempo le sembrava di essere un’inetta totale. Usciva sempre sconfitta dal confronto con suo fratello, e con quel suo dono inestimabile di andare dritto per la sua strada e di non perdere mai il sorriso.
-Ehi, voi due! La smettete di litigare? – Zhiqun fece capolino nella stanza del fratello – Maria, mi devi portare alla lezione di danza, ricordi?
-Sì, bellina – le disse la sorella carezzandole dolcemente la testa – Vai a prendere la borsa.
-Attenta che morde – la avvertì scherzosamente Gabo – Io vado a giocare a basket. Hasta luego!
E sgattaiolò fuori di casa prima che scoppiasse di nuovo la bufera infernale. Sul vialetto di casa, incrociò AJ che veniva a trovarli.
-Ehi, fratello! Come va? –disse il ragazzino con entusiasmo. Era davvero bello rivedere il grande AJ.
- Hola Gabito! E’ tutto ok – rispose il cugino, dandogli una gran pacca sulla spalla.
- Vuoi venire a fare due tiri? – propose Gabo facendo roteare la palla a spicchi.
- No, grazie… Le tue sorelle?
-Stanno uscendo anche loro. Zizì deve andare a danza.
-Allora le accompagno io. Ciao!
-Ciao, doc!
 

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Capitolo 3
*** Mio fratello AJ ***


Zhiqun era alla sbarra, in fila con le sue compagne. Una nuvoletta bianca, leggiadra come il suo tutù. Harm e Sarah avevano sempre assecondato le inclinazioni dei loro ragazzi, sia artistiche che sportive, per metterli nelle condizioni di trovare la propria strada nel modo più agevole e sereno possibile. Sapevano bene entrambi quanto i traumi infantili possano pesare sull’esistenza e volevano risparmiare ai loro amatissimi figli  le esperienze dolorose che erano toccate loro.
AJ ammirava estasiato la grazia delle giovanissime ballerine, che si muovevano all’unisono seguendo i perentori e un po’ dispotici comandi della maestra. Non rientrava spesso dal College e ora che aveva terminato gli esami del semestre ed era ritornato alla dimensione domestica, gli piaceva assaporare le piccole gioie della quotidianità familiare. Zhiqun poi, era la piccolina della loro grande famiglia e lui, giovane nume tutelare dell’intera tribù, provava una profonda tenerezza per quella bambina vivace e dolcemente testarda.
-Zizì è bravissima! – commentò staccandosi dalla vetrata che divideva la palestra dalla sala d’aspetto e tornando a sedersi vicino a sua cugina Maria.
-Sì – mugugnò distrattamente la ragazza, senza alzare gli occhi dal suo telefono.
AJ rimase stupito di quella risposta. Tra le due figlie dello zio Harm c’era un forte legame, nonostante la notevole differenza di età, al punto che Maria aveva nei confronti della sorellina attenzioni e cure quasi materne.  Ci  doveva essere qualche demone che la tormentava. La temporanea lontananza dei genitori? No, lei era sì affezionatissima a mamma e papà, ma sempre fiera e gelosa della propria autonomia. Un ragazzo? Forse, anche se gli risultava che da qualche mese uscisse regolarmente con un Martin Collins. E se il fidanzatino avesse cominciato a farle del pressing? E come dargli torto, poverone? Maria aveva tutte le carte in regola per far girare gli ormoni adolescenziali: abbastanza alta, snella ma giustamente formosa, lunghi capelli lisci morbidi come la seta, lineamenti veramente fini. E se il problema fosse la scelta del College? Quelle erano proprio le ultime settimane utili per inoltrare la domanda di ammissione. Altamente improbabile: Maria non aveva problemi di media e gli zii non erano certo genitori impiccioni o, peggio ancora, autocratici.
-Maria… - esordì il ragazzo, intenzionato ad andare a fondo nella questione.
-Sì… Che c’è? – fece lei continuando a trafficare rapida sullo schermo del telefono.
-Che c’è? Dovrei chiedertelo io… non me la conti giusta.
Maria alzò lo sguardo e mise i suoi grandi occhi scuri in quelli azzurri del suo AJ.
-Quanti anni ti danno per un fratricidio? – chiese seria seria.
-Non lo so… io studio medicina – scherzò lui – Dovresti chiederlo a tuo padre… ma che ti è successo?
-Odio Gabo! –disse lei con voce rabbiosa, ma abbassando il volume per non farsi sentire dalle mamme delle altre bambine.
-E che ha fatto, il nostro Gabito?
-E’ una palla al piede… crede di essere la reincarnazione di Marquez!
-Dai, non è possibile!
-Non è proprio così, ma ci costringe a leggere le sue cose…
-Lo sai com’è fatto – rise AJ – Ti ricordi tre anni fa, quando aveva quella gattina… come si chiamava?
-Missy? Povera bestiola, a forza di accarezzarla per poco non le aveva strappato tutto il pelo…
-E ti ricordi che aveva scritto il diario della gatta? Annotava tutto quello che faceva. Quando giocava, quando mangiava… anche quando andava a fare i bisognini nella lettiera…
-Sì! – rise di gusto Maria.      
AJ fu contento di vedere il bel viso della cugina illuminarsi nuovamente e decise di sollevare il velo della verità. Era chiaro che Gabriel c’entrava ben poco con la cappa nera che l’aveva avvolta fino a poco prima.
-Non è colpa di Gabo, vero? – chiese cercando di nuovo il suo sguardo e mettendole un braccio sulla spalla.
-No – confessò Maria. Ad AJ non riusciva proprio a mentire. Lui la conosceva troppo bene – Ma non voglio parlarne qui…
-Va bene – la rassicurò lui con un sorriso.
-La lezione è finita, devo andare ad aiutare Zizì nello spogliatoio.
Dopo una ventina di minuti, le due sorelle ricomparvero nell’atrio della palestra.
-Allora… sono brava, AJ? – chiese la bambina accennando un grazioso passo.
-Sei bravissima e bellissima – disse il ragazzo chinandosi a baciarla sulla testa – Ti meriti una bella cioccolata calda. Che ne dici?
-Sìì! – rispose entusiasta Zhiqun. Anche lei era dello stesso partito di suo fratello.
-Forse non è il caso… soprattutto per me! Guarda che culone ho messo su… - si lagnò la sorella maggiore.
-Non dire stupidaggini! Sei in forma perfetta… e guarda che io ho l’occhio clinico – osservò lui, sperando in cuor suo che il tarlo della ragazza non fosse l’anoressia.
– Sai, da grande voglio fare la ballerina! – intervenne la piccola.
-Non darle retta, quasi tutte le bambine vogliono fare la ballerina, poi finiscono a fare le commercialiste o le maestre elementari… o, peggio ancora, le casalinghe - minimizzò Maria.
-Non essere così cinica… non sottovalutare i sogni dei tuoi fratelli – la rimproverò dolcemente AJ - Io ho deciso di fare il medico quando avevo nove anni.
“E proprio grazie a un graziosissimo pupetto di nome Gabo” ripensò con piacere.
“Invece io ho già diciassette anni e non ho la più pallida idea di cosa fare dall’anno prossimo in avanti” si disse sconsolata la ragazza.
 

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Capitolo 4
*** La scelta di Maria ***


Quella sera, al momento di mettersi sotto le coperte, Maria si sentiva finalmente in pace con se stessa. Non le sembrava più di essere una perfetta idiota, l’inetta della famiglia. E soprattutto, aveva finalmente deciso che strada imboccare. Il colloquio con AJ, il suo fratellone elettivo, le aveva infuso una forte carica di autostima e di sicurezza. Era stato come guardarsi da fuori, osservarsi con gli occhi obiettivi di un altro. Aveva già chiesto consiglio a suor Martha, una persona davvero straordinaria per la sua saggezza e la sua forza interiore, ma le parole del giovane Roberts avevano un valore aggiunto, poiché a pronunciarle non era un adulto, ma un ragazzo poco più grande di lei, ancora agli inizi del difficile cammino per diventare grande.
“Non dire stupidaggini” aveva esordito lui schiettamente, non appena aveva scoperto quale fosse il nocciolo del problema. Erano seduti in cucina, come avevano fatto tante volte da bambini, quando mangiavano pane e marmellata per merenda. Gabo e Zhiqun si erano ritirati in buon ordine e ora sghignazzavano come matti di fronte all’ennesima replica delle avventure di Bender, il robot mariuolo.
“Ma dai… voi siete tutti dei geni! Tu quasi medico, James ad Annapolis. Nikki ha pure vinto la borsa di studio per la Juliard! E Paul? Lui mette in imbarazzo anche i computer… è un matematico nato!”.
“E tu? Hai una mano pazzesca! Pensa a me, che non so nemmeno colorare gli albumetti da bambino… Ma non sei solo bravissima a disegnare!”
“E cosa sarei?” aveva chiesto Maria, ancora poco convinta. Passi per il disegno, ma quali altre doti poteva mai avere, lei
“Sei una persona intelligente e sensibile. Hai un Dono speciale… e tu sai bene qual è” aveva aggiunto il ragazzo.
Maria aveva annuito semplicemente, ma non era ancora del tutto convinta.
“Che dici? Forse dovrei andare a Legge a Georgetown, oppure ad Annapolis e poi all’Accademia di volo, per far contento papà…”
“Ma tu ci vuoi andare, in Marina?” aveva chiesto AJ corrugando la fronte e fissandola intensamente. Cominciava ad essere stufo di vedere divise e di pensare che anche i membri della sua famiglia avallassero la violenza e la distruzione in paesi più poveri, anziché portare la giustizia e la libertà come la Casa Bianca propagandava  tanto ai quattro venti. Aveva già scelto chirurgia come specialità. E poi, a costo di scatenare il terremoto in casa, sarebbe andato ad operare in zona di guerra.  “Se devo rischiare la vita, voglio farlo per salvare qualcuno, e non per ucciderlo” si andava ripetendo con sempre maggior convinzione. 
“No” aveva replicato la ragazza “E non voglio nemmeno fare l’avvocato”.
“Non devi fare contenti i tuoi genitori. Mica ti devi sentire in debito nei loro confronti… guarda che loro saranno felici solo se sarai felice tu. Devi seguire la tua, di strada, mica la loro…”
Nella casa ormai placata e dormiente, Maria andò a coricarsi serena. L’indomani i suoi genitori sarebbero rientrati dalla California: non le restava che comunicare loro la sua scelta. 

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Capitolo 5
*** Vola, bambina mia! ***


-Siamo una squadra fortissima! – esclamò Gabriel incastrando l’ultima pentola nella lavastoviglie.
Maria inserì la tavoletta di detersivo e fece partire la macchina.
-Sì, siamo proprio bravissimi! Vero, Maria? – replicò Zhiqun cercando conferma nella sorella maggiore. Aveva sparecchiato e pulito la tavola a puntino e ora si sentiva davvero fiera di sé. Erano tutti e tre abituati a qualche lavoretto in casa, ma quella sera i piccoli avevano voluto strafare. Avevano lasciato in libertà i genitori, stanchi per il viaggio, e si erano messi alacremente all’opera, sotto la vigile supervisione di Maria, s’intende. In autunno, con la partenza della loro sorella per il College, sarebbero divenuti loro i figli grandi di casa Rabb.
-I più bravi lavapiatti di tutta Washington! – scherzò la ragazza – Ora però, Gabo, mi prometti che mi lascerai un po’ in pace con mamma e papà?
-Ok – rispose lui con un sorrisetto un po’ ironico.
-Non sto scherzando… Devo fare un discorso serio. Non venire come al solito ad allietarci con le tue buffonate!
- Va bene, Mia! – disse il ragazzino, riesumando il soprannome infantile della sorella.
Maria gli scompigliò i riccioli con una mano e lui le cinse affettuosamente la vita. Tra i due fratelli era finalmente tornata la bonaccia.
La ragazza salì al piano di sopra in cerca dei genitori. Affacciandosi alla porta della loro camera, li trovò seduti sul letto che si baciavano con tenera passione. Invece di scandalizzarsi, come avrebbe fatto qualche anno prima, fu felice di constatare che dopo tanti anni erano ancora così uniti e innamorati. E sentì nascere in sé una profonda gratitudine nei confronti di quell’Amore, che aveva fatto sì che le venissero aperte le porte di quella casa e del cuore grande di quell’uomo e di quella donna. Bussò leggermente, per annunciare la sua presenza.
-Vieni, tesoro! – Sarah la invitò ad entrare.
-Mamma, papà… vi devo parlare – esordì la ragazza schiarendosi la voce.
“Che sia arrivato il momento fatidico? Speriamo” pensò Harm.
-Siediti qua, in mezzo a noi… - le disse invitandola ad accomodarsi sul bordo del letto – come quando eri piccola…
“Se fossi piccola la mia vita sarebbe più semplice” si disse Maria mettendosi a sedere. Il padre le mise d’istinto il braccio intorno alle spalle e la madre le accarezzò dolcemente i capelli.
-Papà, mamma… in queste ultime settimane sono stata davvero odiosa…
-Eh sì, stavo pensando di comprare un casco antisommossa a Gabo – scherzò Harm.
La figlia fu incoraggiata da un particolare sorriso,  luminoso e magnetico. Il marchio di fabbrica degli uomini di casa Rabb.
-Però… alla fine ho deciso che cosa fare il prossimo anno! – sentenziò, molto sicura di sé.
-Bene! – disse Sarah.
-Vorrei studiare Psicologia…
-Un’ottima scelta! – commentò il padre.
-Brava! E’ proprio la tua materia! – confermò la madre.
Entrambi conoscevano bene la loro bambina, il suo carattere a volte ombroso e un po’ scontroso e la sua grande sensibilità e capacità introspettiva. Quella scelta avrebbe fatto di lei una persona più consapevole di sé e le avrebbe consentito di aiutare le persone in difficoltà.
-Non siete dispiaciuti perché non voglio fare Legge? O andare ad Annapolis?
-Quella è stata la nostra strada… - disse Harm
-… e tu devi seguire la tua… - continuò la moglie. I loro pensieri continuavano ad essere in perfetta sintonia.
-Vorrei proseguire anche con il disegno, però – osservò Maria.
-Allora bisogna cercare un’Università che abbia un piano di studi adatto – fece il padre.
-Se possibile, vorrei rimanere qui a Washington. Non vorrei farvi spendere troppi soldi.
-Quelli non sono un problema, tesoro – la rassicurò lui accarezzandole la spalla – Tua madre è un’avvocatessa riccona!
-Ha parlato Due Stelle di Simpatia! – lo schernì Sarah. Poi, assumendo un tono più serio, disse alla figlia: -Il College è un’ottima occasione. Devi scegliere quello più adatto a te. Ok, cara?
-Sì -  disse la ragazza e si abbandonò all’abbraccio dei suoi genitori.
“Vola, bambina mia!” pensò Harm.
 
 
      
NdA: Grazie di cuore a tutti i lettori, sia di questo singolo racconto che dell’intera serie.
Si concludono qui la stesura e la pubblicazione di “Cuore di padre”, lunga narrazione in più “giornate” e mi congedo quindi dai miei cari bambini, Maria, Gabriel e Zhiqun, che continueranno a vivere e volare, silentemente, sfuggendo ai radar.
E’ evidente che Gabo è da sempre il mio “cocchino”: il suo nome e il suo “sogno/progetto” sono stati da tempo concepiti – ça va sans dire - come indegno omaggio a uno dei più grandi Meridiani della letteratura, che nel frattempo se n’è andato, lasciandoci in compagnia del suo magico universo. 

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