Lo scrigno del potere

di Martin Eden
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Su quella nave ancorata al porto... ***
Capitolo 3: *** Un amore spezzato ***
Capitolo 4: *** Il consiglio della strega ***
Capitolo 5: *** L'incontro con Élodie ***
Capitolo 6: *** In fuga ***
Capitolo 7: *** Primo scontro con l'Olandese Volante ***
Capitolo 8: *** Jack in prigione (per l'ennesima volta) ***
Capitolo 9: *** Élodie e Will all'attacco ***
Capitolo 10: *** Nemici amici ***
Capitolo 11: *** Il cuore di Davy Jones ***
Capitolo 12: *** Al ladro! ***
Capitolo 13: *** Davy Jones richiede ciò che è suo ***
Capitolo 14: *** Sosta a Isla Negra ***
Capitolo 15: *** Lui e lei ***
Capitolo 16: *** Davy Jones rapisce Élodie ***
Capitolo 17: *** All'arrembaggio! ***
Capitolo 18: *** Élodie è in pericolo! ***
Capitolo 19: *** Il comandante Beckett ***
Capitolo 20: *** Tutti contro Davy Jones ***
Capitolo 21: *** Tutto è bene quel che finisce in una bottiglia di rhum ***



Capitolo 1
*** Intro ***


- INTRO -



   “... Non chiedetemi chi sono.
   Quelli come me non hanno nome. Sono quelli che si nascondono, quelli che scappano. Hanno spade per uccidere, parole per ferire a morte.
   Finiscono spesso con un cappio al collo. Se ne vanno così, in silenzio, a testa alta, orgogliosi. Non hanno paura. O forse sì. Leggere nella loro mente è difficile. I loro pensieri si formano e si decompongono, spariscono, riappaiono.
   In fondo sono tutte facce della stessa voglia. Voglia di vivere, mano nella mano con la libertà.
   Non vi piacerò. Quelli come me si fanno beffe di voi e vi sfuggono sotto il naso. Sempre. Anche quando li conducete al patibolo, e ingenuamente pensate di avere vinto la vostra eterna guerra. Ma quelli ridono.
   Ridono in faccia alla morte, a voi, alla gente assetata del loro sangue.
   Ridono, e una corda non basterà a strozzare la loro voce. Forse voi crederete che sono pazzi. Che ridono per non versar amare lacrime di pentimento.
   Forse sarete commossi e concederete loro di morire con i loro cappelli da capitani sulla testa. Offrirete loro una possibilità. Regalerete loro i giorni a venire in cambio di una vita di redenzione al vostro fianco.
   Sappiate che quelli vi risponderanno di no. Quelli non si arrenderanno per un tozzo di pane guadagnato lealmente.
   Ricordatevi che noi siamo quelli che rubano. Quelli che voi inseguite sulle vie schiumose del mare. Non rimarrete mai senza prede. Sempre vedrete una delle nostre navi solcare l’oceano. Sempre vedrete le nostre vele che fendono l’aria.
   Quelli come noi non moriranno mai.
   Ricordatevi con chi avete a che fare.
  Noi siamo i braccati. Siamo gli inafferrabili. Siamo immortali e inguaribili ladri. Noi siamo i pirati...”

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Capitolo 2
*** Su quella nave ancorata al porto... ***


- 1 - SU QUELLA NAVE ANCORATA AL PORTO...

 

   Élodie terminò di riempire la pagina di pergamena con parole tracciate dall'ispirazione del momento, vergate in una calligrafia spigolosa e un po' obliqua.
   La donna che tutte le notti sedeva a quel tavolo lucido, intarsiato finemente da man esperte, rispondeva al nome di Élodie Sparrow, ma si faceva chiamare molto più semplicemente Élodie Melody, dato che la sua voce bellissima parlava per lei.
   Quella voce era stata per lunghi anni la sua migliore amica, che l'aveva salvata da un abisso di solitudine; poi era stata la sua migliore alleata, quando era stata ora di farsi conoscere nel mondo piratesco dell'isola di Tortuga.
   Le corde vocali di Élodie sapevano essere potenti e gentili, capaci di trasoformare la frase più cattiva nella più affabile, la più autoritaria nella più consolante; e Élodie Melody ringraziava il Cielo di avere questo dono, perché più di tutto le era servito.
   Per merito di quello non aveva mai bisogno di alzare la voce con il suo equipaggio. Certo, prima di trovarne uno aveva faicato parecchio: la donne non sono ben viste sulle navi, né nei vascelli dei grandi comandanti, né in quelli dei pirati.
   Élodie Sparrow aveva dovuto lottare contro ottuse convinzioni per raggiungere la sua posi-zione di capitano, ed ora che aveva l'autorità era lei a decidere che farne della sua femminilità.
   Modestia a parte, era un ottimo capitano. Questo era un'eredità del padre, un vecchio buca-niere che a malapena lei aveva conosciuto. Lui, infatti, aveva scelto una vita da lupo di mare, a fianco del figlio, il fratello maggiore di Élodie; e la bambina ingenua, poi ragazza ribelle, infine affascinante donna Sparrow era stata lasciata in balìa di una madre ossessionata dal lusso, una madre che non si perdonava di aver parso la testa per un pirata.
   Poiché il fratello maggiore se n'era andato alla ventura, il peso della mera vita che prima conducevano assieme si era riversato interamente su di lei: Élodie ricordava ancora con rabbia il nome di quel fratello, che in un primo momento aveva amato e ammirato, poi odiato a morte quanto la madre e le sue stupide frivolezze.
   Quel nome era stampato nella sua memoria, incancellabile.
   Jack. Jack Sparrow.
   Élodie lo rammentava volto di schiena, che seguiva il padre senza guardarsi alle spalle; e lei che gli gridava dietro di non andare, di non abbandonarla per una chimera.
   Ormai il ricordo si mescolava alla nebbia, ma la donna era sicura: quel giorno, il fratello si era fermato, su quel pontile, si era voltato verso di lei.
   E nella testa di Élodie, ogni volta che ci pensava, scoppiava la sua sguaiata e canzonatoria risata. Riecchieggiava a lungo, nella sua mente, il ghigno di Jack dipinto davanti ai suoi occhi come un incubo grottesco.
   Anche adesso, quella risata risuonava tra quelle pareti di legno, aleggiava intorno al tavolo e alla penna d'oca intinta di inchiostro che Élodie teneva ancora in mano. Echi del passato.
   La donna alzò di scatto la testa, passò lo sguardo guardingo su quella camera che conosceva come le sue tasche.
   Jack… Una volta sola l'aveva reincontrato, per caso, a Tortuga: lui era lì a scolarsi l'ennesima bottiglia di rhum e a cincischiare con qualche donnetta compiacente da adescare per la notte.
   Si erano fronteggiati: a momenti lui non l'aveva riconosciuta. Era cambiata molto.
   Per colpa o grazie alla sua vita precedente, seppellita sotto un cumulo di dolore e voglia di ripartire da zero:una vita che aveva visto come protagonista la prodigiosa voce di Élodie, ma non la sua felicità.
   Quella stanza buia, illuminata solamente da qualche candelabro, richiamava alla mente della donna molti ricordi.
   Élodie Sparrow posò la penna d'oca, si lasciò cadere contro lo schienale della sedia.
   Gli occhi, quegli occhi scuri e circospetti, così espressivi eppure così bravi a non tradire emozioni, puntarono istintivamente alla finestra.
   Flebile come un sussurro del vento, una melodia struggente picchiettava contro i vetri e chiedeva di essere ascoltata. 
   Élodie si alzò, fece scorrere le dita sul legno levigato del tavolo e poi andò a spalancare la finestra: l'aria fresca della notte inebriò il suo corpo e il suo spirito, rinnovandoli.
La donna si appoggiò al davanzale e si sporse: lo sciacquìo delle onde in calma contro la chiglia della nave era un dolce accompagnamento a quella musica che giungeva da lontano, ma che l'orecchio allenato di Élodie riuscirva a distinguere e identificare: musica classica.
   Élodie Melody chiuse gli occhi. Ascoltò quel motivo triste uscito da chissà quale violoncello. Istintivamente le sue labbra si socchiusero, e la donna non potè trattenere più la sua voce.
   Le note scaturivano dalle sue corde vocali senza esitazione, inseguendol la melodia lontana; si rincorrevano appassionate, poi tristi, acute, basse, penetranti come spilli, cristalline come l'acqua di mare.
   Élodie non si affannò a tentare di arginarle: cantò comele piaceva cantare, una sirena senza casa, alla finestra di una nave pirata attraccata in porto.
   Cantava per se stessa, Élodie. Non più per sua madre, per un pubblico affamato di giovani talenti, per un uomo che non aveva mai amato. E la sua voce intesseva attorno a lei una rete di ricordi, rimorsi, tracce di una vita cancellata dal tempo.
   Disegnava nella mente di Élodie Sparrow grandi saloni colmi d'oro, affollati di gente in pizzo e merletti, stivali che battevano sonoramente sulle mattonelle ornate di disegni incredibili; luci di mille candelabri alle pareti, chiacchericcio incessante, inconcludente; una marea umana che scivolava pigramente in platea, ad occupare file di comode poltroncine in velluto rosso.
   Élodie aveva visto questo e altro. Quante volte, nascosta tra le tende del palcoscenico, aveva assistito alla medesima scena, aveva visto le stesse facce voltarsi qua e là, in cerca di conoscenti.
- Oh, salve Baronessa!- asclamava garrula sua madre, stretta in un abito che era solo una brutta imitazione dei ricchi décolleté e sottane delle aristocratiche spettatrici - Anche voi qui?-
- Certo cara!- ricambiava l'ingioiellata e formosa signora - Per niente al mondo avrei perso questo spettacolo. Sedete qui, accanto a me, cara…-
   E la madre di Élodie si sedeva, ubbidiente: quelle due avrebbero ciarlato senza interruzione finchè il sipario non fosse stato alzato.
   Élodie Sparrow osservava, le mani aggrappate alla tenda che la separava dalla platea, e passava lo sguardo su quei visi sconosciuti, e poi su quello di un uomo in divisa: un distinto giova-notto che le sorrideva sempre, benchè lei cercasse di sfuggirgli in ogni modo.
   Allora la donna non sapeva ancora che quello sarebbe divenuto, più tardi, suo marito; e mai l'avrebbe immaginato.
   Poi l'attenzione della giovane si spostava di nuovo sulla platea e sui palchetti, e come ogni volta che si esibiva in quel teatro, i suoi occhi incontravano quelli di un uomo seminascosto dalla folla: non era un nobile, sicuramente.
   Portava sempre gli stessi pantaloni sgualciti da chissà quante avventure, la barba ispida e nera che gli ricopriva metà del viso e una camicia ampia e strappata dall'usura; un'aria da fur-fante e un sorriso sghembo ti facevano subito pensare a un pirata.
   Élodie ricordava a malapena il suo nome. O forse non lo ricordava affatto.
   O forse l'aveva voluto dimenticare. Anche se più di tutto le erano rimasti impressi nella mente quegli occhi azzurri e ambiziosi, impossibili da togliersi dalla testa.
   Élodie Melody continuò a cantare a occhi chiusi, viaggiando attraverso il passato: ecco, era il suo momento, saliva sul palco e…il suo corpo sprigionava quei suoni meravigliosi, capaci di incantare un'intera sala.
   La giovane piratessa si vedeva ancora stretta in quel corsetto, le stecche del busto che le premevano dolorosamente sulla schiena, ma lei cantava, allargava le braccia e tracciava disegni nell'aria.
   In quei momenti, non sapeva perché, pensava sempre al mare, al suo eterno sciacquìo di onde contro gli scogli, e una nave che cavalcava la schiuma bianca…il sole che si rifletteva sulle vele, l'odore della salsedine tutt'intorno.
   L'oceano era stato per lei un richiam incessante, fin dalla sua infanzia; e, infine, proprio l'oceano l'aveva liberata dalla sua prigione, l'aveva infine tratta a sé.
   Nonostante il matrimonio voluto dalla madre, che aveva scelto per lei quel distinto e sorridente giovanotto che la guardava da tempo (sperando di combinare un buon affare, visto che il giovanotto era anche ricco), Élodie aveva fuggito ogni progetto costruito per lei, e dopo un an-no si era strappata di dosso orecchini e manicotti per indossare finalmente le vesti di piratessa avventuriera, che le si addicevano da parte di padre.
   Scappata dalla casa che condivideva con il marito, si era data alla machcia, aveva appreso in fretta come vivere di espedienti e di truffe, e si era gettata a capofitto in quella nuova vita, intrisa della libertà tanto agognata.
   L'uomo che sembrava un pirata, con il suo sorriso da imbroglione, non l'aveva più rivisto dopo il suo matrimonio. A volte Élodie si chiedeva chi fosse stato e dove fosse finito, se era stato un pirata per davvero o un semplice accattone di passaggio.
   In momenti più malinconici pensava al suo, ormai ex-marito: di lui sapeva soltanto che aveva proseguito per la sua strada, che era diventato ufficiale della Marina Inglese e poi Lord, e che dava spietatamente la caccia ai pirati.
   Forse la stava ancora cercando, come aveva fatto per anni. Élodie sapeva quanto fossero grandi l'amore e la dedizione per lei, e lo ammirava, nonostante fossero diventati inevitabil-mente nemici. Gli riconosceva un coraggio non certo comune, e una forza d'animo notevole.
Non doveva essere stato facile, nemmeno per lui.
   Ma lei non lo amava. Ed era convinta che lei non fosse per niente la donna giusta per lui: divorata dai vizi, fumava la pipa e beveva come gli uomini, girava per mare e per terra con gli abiti di un capitano fuorilegge, il cappello ben piantato in testa, simbolo della sua autorità sui mari.
   Il fisico le si era irrobustito negli anni, snella e muscoloso, agile nel manovrare spade come a evitarle; Élodie non disdegnava nemmeno le armi da fuoco e i coltelli da lancio. E portava i pantaloni.
   Era diventata uno dei pirati più temuti dei Sette Mari, e comandava una ciurma che sapeva ubbidire senza tante repliche e che l'adorava, e possedeva una delle navi più belle e veloci mai esistite, a pari merito con la Perla Nera di suo fratello Jack Sparrow.
   Tanto per ricordargli che non era l'unico a spadroneggiare su quell'oceano, Élodie aveva battezzato il suo vascello "Madreperla".
   Quella nave era la sua vera casa: la giovane e avvenente Sparrow viaggiava su di essa da ben sette anni. Spesso dormiva lì, e intavolava i suoi affari di mercenaria a quello stesso scrittoio dov'era rimasta seduta, con una penna d'oca in mano, per quasi due ore.
   Élodie Melody riaprì gli occhi e si accorse che la musica nell'aria si era spenta improvvisamente; serrò di scatto le labbra, e la sua voce si smorzò in un sommesso mugolìo. La notte era tornata quella di sempre, lunga e immutabile, trapuntata di stelle e onorata da quella meravi-gliosa luna piena che si specchiava nel mare.
   Al posto della musica sifacevano sentire gli schiamazzi di qualche ubriaco e uggiolii di cani. Chissà dov'erano i suoi marinai, si chiese Élodie. Probabilmente non avevano ancora finito di tracannare liquori in qualche locanda, o stavano perdendo il loro tempo piacevolmente avvinghiati a una donnetta allegra di quell'isola.
   Perché lei, invece, non si sentiva così spensierata?
   Élodie Melody richiuse piano la finestra e osservò a lungo la sua immagine riflessa nel vetro, illuminata dalle candele e dalle lanterne: sorrise stancamente.
   Accarezzò con le dita quei suoi tratti femminili e morbidi, lasciando una striscia opaca sulla finestra; seguì la linea gentile del viso, la bocca carnosa e invitante, gli occhi scuri e imper-scrutabili.
   Notò che i capelli erano cresciuti un altro po'. Ormai oltrepassavano le spalle, e formavano onde bellissime e selvagge di un biondo scuro poco comune, e di cui lei era fiera: finalmente, quelle ciocche erano libere da ogni complicata e ridondane acconciatura.
   Élodie Melody si tolse il cappello da capitano e guardò ancora: era una donna, e allora?
   Stropicciò nervosamente la testa consunta dalle sue stesse dita: le mancava qualcosa, come ogni notte quando si osservava a quel vetro, come ogni giorno che passava.
   Amore? Denaro? Famiglia? Li aveva tutti e nessuno. Come ogni cosa, dopotutto.
   Colpa della sua duplice identità: pirata e…insoddisfatta sognatrice.
   Sbattè le palpebre, come a liberarsi di quella dannata doppia faccia: ma non aveva tanto potere per reprimere se stessa, quell'ingenua ragazza che era stata, che aveva creduto in una menzogna e si era svegliata da quell'incubo appena in tempo, tagliando i ponti con quella che era stata, un tempo, la sua realtà.
   Una realtà piena di agi e ricchezze, dove le ambizioni che contavano erano solo quelle dei più potenti. Era fuggita da quell'orribile esistenza per cercarne una più pericolosa e difficile, nella quale contavano solo la forza della determinazione e , all'occorrenza, l'astuzia. I deboli veniva-no spazzati via crudelmente in un battibaleno.
   Era davvero migliore di quella che Élodie aveva rifiutato?
   La donna abbassò gli occhi a terra, sospirando: inutile girarci attorno. Si sentiva perduta. Forse era perduta. E ancora di più le mancava quel qualcosa. Sapere che fosse…un mistero, per lei.
   La verità rimaneva quella. Troppo tardi per negare.
   Si era persa mentre cercava la sua strada.
   La sua vita priva di ogni routine cominciava a pesarle, nonostante le avventure e le scorri-bande: più Élodie andava avanti, più si rendeva conto che anche quelle non le bastavano.
   Alla soglia dei ventisei anni, si sentiva enormemente vecchia e senza speranze. Questo non le garbava affatto, ma non sapeva come evitarlo.
   Tutti i valori in cui aveva creduto un tempo si erano dissolti, sostituiti da altri, poi da altri, che alla fine si erano spenti lasciando il posto al nulla: senza che lei se ne accorgesse, erano affogati in un bicchiere di rhum.

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Capitolo 3
*** Un amore spezzato ***


- 2 - UN AMORE SPEZZATO

 

Quella scialuppa sgangherata era troppo stretta per lui, e il mare intorno troppo calmo e l'aria troppo pesante. Il silenzio, soprattutto, era a dir poco opprimente. William Turner non sapeva quanto ancora avrebbe potuto resistere, seduto in quella barchetta che ondeggiava ad ogni colpo di remo del nostromo.
   Erano immersi nel buio impenetrabile della notte e non trovavano nulla da dire per confortarsi l'un l'altro. Faceva freddo.
   Will si strinse di più nella giubba strappata, cacciando le mani nelle tasche, cercando calore per il suo corpo e il suo cuore; il respiro usciva dalla sua bocca in un tremolante filo opaco.
   Nessuna luce in lontananza, nessuna scintilla di vita. Will abbassò gli occhi e si fissò i piedi, distrattamente. Non si era mai sentito così solo.
   La Perla Nera, la migliore nave pirata che avesse mai visto, era stata distrutta dal Kracken, una creatura a dir poco enorme, agli ordini del bucaniere metà uomo e metà pesce Davy Jones, il peggior nemico che si potesse incontrare. Jack Sparrow, il loro eccentrico capitano, era affondato insieme alla sua nave nelle profondità degli abissi, lasciandoli soli contro mille problemi ancora irrisolti; e, quel che era peggio, Elizabeth non proferiva parola.
   Will alzò lo sguardo su quella che avrebbe dovuto essere la sua futura moglie, scoprendola nella stessa posizione di interminabili minuti prima, infagottata in quegli stessi vestiti da pirata che le avevano permesso di raggiungere inosservata la Perla Nera: quella donna era triste. Triste come non lo era stata mai.
   Non lo era per lei stessa e l'equipaggio, sperduti in un oceano ostile, né lo era per lui, Will, che aveva creduto di essere il suo vero amore. No, Elizabeth aveva tutta l'aria di una vedova che ha appena perso la sua dolce metà sul mare. Non staccava gli occhi dall'orizzonte, voltata verso il punto dove capitan Jack Sparrow e la sua Perla Nera avevano infine trovato eterno riposo.
   Will vedeva luccicare le lacrime, tra le palpebre della donna. Se ne sentiva ferito più che commosso, in verità.
   Spostò la sua attenzione sulle onde che si infrangevano contro la scialuppa in cui era seduto, e sui cigolii del legno; intorno, altre due barche che trasportavano due manciate di derelitti come lui.
   Doveva ammetterlo: senza Jack Sparrow a guidarli, senza quello stravagante eppure (e che rabbia confessarlo!) buon capitano, erano solo un gruppetto di pirati spauriti e col morale a pezzi.
   Will si chiese se davvero uno come Jack Sparrow potesse essere morto. Uno come lui, capace di ficcarsi nei guai peggiori come ad uscirne brillantemente, che sapeva essere sempre ottimista nonostante le sventure, e trovare il lato comico della cosa e usarlo a suo favore, per con- fondere gli avversari: una mente così astuta poteva dunque essere stata sopraffatta?
   Evidentemente, era possbile. E Will se ne sentiva toccato, e un filo di dispiace gli serrava la gola con un groppo.
   Perché aveva ammirato e voluto bene a Jack Sparrow, nonostante si fosse accorto che pro-prio a causa di quel pirata Elizabeth aveva radicalmente cambiato atteggiamento nei suoi confronti.
   Stampata nella mente aveva ancora quella scena: la donna che amava e il capitano della Perla Nera che si baciavano con passione, l'ultimo bacio prima che tutto fosse distrutto, lì, davanti ai suoi occhi.
   Senza volerlo realmente, Will li aveva colti in flagrante; e quando Elizabeth era salita sulla scialuppa assieme a lui, non aveva avuto il coraggio di parlarle. Non ne aveva avuto né il tempo né lo spirito, allora. Forse adesso sarebbe stata una buona occasione per chiarire la faccenda, chiederle che davvero amava, ma non gli era rimasto un briciolo di forza d'animo.
   Era stanco, sconvolto e furente. Quel mostro di Davy Jones li aveva messi alle strette: senza nave, senza un valido capo, come avrebbero potuto continuare a difendersi?
   Li aveva in pugno. Esigeva da loro ciò che gli era stato tolto da Jack: il suo cuore, vivo e pulsante, chiuso in uno scrigno poi trovato, aperto e vuotato. Quello che Davy Jones non sapeva era che il suo cuore non l'aveva nessuno di loro; anzi, nessuno sapeva dove fosse finito, e in che mani fosse finito.
   Ma Davy Jones questo lo ingorava completamente, e dava loro la caccia; per questo loro dovevano riuscire a mettere più iarde possibili tra le scialuppe e la nave di quel mostro, l'Olandese Volante.
   Avevano già viaggiato per miglia in mare aperto, sotto un vento di burrasca: del loro inseguitore, nessuna traccia.
   Will sospirò, scrutando l'orizzonte; dove mare e cielo si univano in un unico manto scuro che li avvolgeva tutti.
   I colpi di remi del nostromo erano lenti e ipnotici. La barchetta oscillava, cullata da un'acqua calma e per niente scalfita dal vento gelido che soffiava da ovest e investiva in pieno quei malridotti reduci di guerra.
   Will Turner si decise ad alzarsi dal suo scomodissimo sedile per accantucciarsi vicino a Elizabeth: lei tremava.
- Hai freddo?- le chiese, sfiorandole una mano.
   La donna si voltò verso di lui, gli occhi velati dal dolore:
- No…- un soffio, la sua voce, uno sbuffo uscito a fatica dalle labbra pallide. Poi Elizabeth tornò a guardare il mare illuminato solo da quello spicchio di luna. Will osservò i capelli dell'amata, annodati in una grossa e scomposta treccia.
   Si ricordò di quando si perdeva nel loro profumo, di quando li accarezzava e loro, come tanti fili di seta, gli si insinuavano tra le dita; si rammentò di Elizabeth, di quanto erano felici insieme, finchè Jack non si era intromesso fra loro.
   Ora Jack era sicuramente morto, e per Will nasceva la speranza di poter tornare alla vita di un tempo, con la sua amata; ma lei…lei lo voleva davvero?
   Da come si muoveva, sembrava proprio di no. Ogni suo gesto era permeato di una tristezza contagiosa che aveva l'aria di non dover guarire tanto in fretta; il suo pensiero sempre là, sulla Perla Nera, accanto a Jack Sparrow.
   Inutile mentire. Elizabeth non sarebbe più stata la stessa. Né con lui, né con altri.
   Oh Cielo, quanto avrebbe voluto farla di nuovo sorridere! Will avrebbe fatto qualunque cosa, anche riportare indietro Jack Sparrow dal Mondo dei Morti, se necessario, pur di vederla con-tenta e piena di vita come una volta.
   Perché lui l'amava, e anche se il suo amore non era corrisposto l'amava lo stesso, per quello che era.
   Allungò una mano a stringere timidamente quella contratta di Elizabeth: chiuse le dita sulle sue, tentando di scaldarle almeno un poco. La sua pelle era morbida come quella di un bambino.
   Willa la guardò in viso. Elizabeth lo fissava, accarezzata dal vento: trovò il modo di sorrider-gli, nonostante si sentisse distrutta dalla stanchezza e dal dispiacere.
   Lui ricambiò, cercando di sembrare tranquillo, disteso: in verità avrebbe voluto porle mille domande, ma rimandò quel momento a quando fossero stati entrambi al sicuro.
   Per ora, l'importante era rimanerle accanto, perché lei ne aveva bisogno e forse anche lui.
   Il vento spirò con forza da ovest, facendo rabbrividire la banda di pirati: vogarono con più foga, verso una meta ignota, sperando silenziosamente che la direzione che avevano scelto portasse a un'isola o a una città sulla costa.
   In lontananza, come ad esaudire quella muta preghiera, ecco delle luci incastonate nella buia sagoma di una spiaggia delimitata da un'intricata foresta:
- Terra!- esclamò il marinaio Gibbs, alzandosi in piedi nella barca - Terra!!-
   Erano salvi.
   Willa trasse un sospiro di sollievo. I marinai nelle scialuppe si misero a remare con rinnovato vigore, a darsi pacche sulle spalle: uno di loro, l'ultimo acquisto della ciurma, perse il suo oc-chio di legno, che rotolò sul fondo della barca. Un'allegra risata seguì il chinarsi affrettato del bucaniere, e le sue imprecazioni: non poteva permettersi di girare con un occhio solo.
   Il suo compare, detto Il Grasso per la notevole mole distribuita in un corpo alto sì e no un metro e mezzo, gli abbatté la sua manona sulla schiena, ridendo.
   Anche Will si alzò in piedi, lasciando le mani di Elizabeth. Nel cielo trapunto di stelle, una falce di luna calante gli illuminava la strada: sotto quei freddi raggi riconobbe l'isola in cui stavano per approdare.
   La migliore in cui potessero rifugiarsi per la notte.
- Scendiamo?- chiese il nostromo.
- Scendiamo?!- gracchiò il pappagallo del vecchio e muto Cotton.
- No.- rispose Will, con sicurezza - Risaliamo il fiume. Dirigiamoci direttamente all'interno.-
   Intendeva addentrarsi nella foresta per qualche iarda, fino a raggiungere le capanne degli isolani che, come sapeva, erano nascoste nella fitta vegetazione dell'interno, sulle rive paludose del fiume. Le aveva viste.
   In una di quelle traballanti costruzioni dal tetto di paglia, probabilmente accanto a un caldo focolare, sedeva qualcuno che avrebbe potuto aiutarli: un'indovina, una strega. Una donna che avevano conosciuto grazie a Jack Sparrow, qualche settimana prima.
   Una donna che poteva avere risposte alle loro assillanti domande, e un po' di liquore per i loro spiriti.
   Conitnuarono a remare contro la debole corrente del fiume, mantenendosi a qualche braccio dalla riva. La fitta vegetazione si protendeva sulle acque buie come un gigante allunga le dita verso la sua preda. Qua e là, rumori secchi, ramoscelli spezzati, frinire di cicale.
   A intervalli regolari, le torce sbucavano in cima a lunghi pali per segnare loro la strada, e dare una parvenza di luce in quelle tenebre impenetrabili.
   Scomparso il vento, le membra dei pirati furono pervase dal gelo di una paura incontrollabile: imprigionati fra quelle due muraglie d'alberi e cespugli, non potevano fingere di non sentirsi in trappola.
   Will, ancora in piedi, spinse lo sguardo attraverso la nebbia che aleggiava sul fiume, che nemmeno le torce potevano diradare. Quel luogo aveva un che di spettrale e quei suoni strani e inarticolati che giungevano da tutte le direzioni non facevano altro che accrescere un già no- tevole disagio.
- Che posto è questo, Will?-
   Elizabeth gli strinse un braccio, chiaramente angosciata:
- Dove stiamo andando?- sempre più preoccupata, la sua Elizabeth, cercava qualcosa cui aggrapparsi.
- E' un posto sicuro.- rispose lui - Sta' tranquilla, va tutto bene.-
- Dove ci stai portando, Will?- insistette la donna.
   Lui la guardò, e in quei suoi occhi, in quei capelli d'un rosso cupo e lucente, rivide la sua vi-ta, dal primo momento di cui si poteva ricordare agli ultimi e avventurosi sviluppi.
   Che ci faceva, in quell'isola dimenticata da Dio, un uomo semplice come lui, un fabbro di Port Royal diventato per caso pirata, e ora inseguito da mille pericoli?
   Quello non era lui stesso. Era stato gettato in quella mischia dal suo maledettissimo destino. Will era convinto che ci fosse un motivo, ma, per quanto si sforzasse, non riusciva mai a trovare il bandolo di quell'intricata matassa di misteri.
- Hai intenzione di andare da quella fattucchiera, ragazzo?- la voce del nostromo, nella nebbia, sembrava roca e lontana.
- Sì.- affermò con decisione Will - E' l'unica che può indicarci una buona strada da seguire, ora che non abbiamo più Jack.-
   A quel nome, Elizabeth ebbe un tremito e abbassò gli occhi; si risedette nella barca, accovacciandosi sul fondo, e si abbracciò le ginocchia.
   L'acqua scura del fiume le scorreva di fianco e lei non la sentiva, la foresta le parlava ma lei non poteva udire: Jack…
   Will, questa volta, non le si sedette accanti per confortarla, non tentò di consolarla per poter credere di essere importante per lei. Rimase ritto a guardare davanti a sé, con la scialuppa che ondeggiava sotto i suoi stivali. Rimase fermo e lasciò che l'aria umida lo avvolgesse e lo ritemprasse.
   Già scorgeva in lontananza i lumi di qualche abitazione ben cammuffata nel verde: se non ricordava male, l'amica di Jack viveva in una delle prime casupole, munite di attracco per piccole barchette come le loro.
   Eccola…forse era quella sul terrapieno, circondata dalle felci. Ma sì, certo, era quella. Erano arrivati.
- Deve essere una di queste..- bofonchiò il nostromo - Attracchiamo in fretta e in silenzio, o sveglieremo tutto il villaggio!-
- Quella è la casa…- Will indicò con una mano l'abitazione poco sopra le loro teste, costruita su palafitte, raggiungibile tramite una scaletta di legno grezzo.
-…e quella allora dev'essere la strega.- gracchiò Occhio di Legno, accennando ai compagni una figura infagottata in una sgualcita gonna con corpetto.
   Tutti alzarono lo sguardo e videro quell'apparizione che in verità non si aspettavano: la donna li fissava da una piccola piattaforma antistante la casa, e i suoi occhi luccicavano sinistramente nell'oscurità.
   I pirati ne rimasero colpiti. Alcuni si alzarono in piedi per guardare meglio.
- Come mai è sulla porta?- domandò Elizabeth con voce strozzata, ma le sue parole restarono sospese nell'aria, senza risposta.
   Quella donna li stava dunque aspettando?

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Capitolo 4
*** Il consiglio della strega ***


3 - IL CONSIGLIO DELLA STREGA

 
*ATTENZIONE* Il presente capitolo si rifà all'ultima scena del film "I Pirati dei Caraibi 2" ma questa è stata modificata per necessità di intreccio. 


- Siete tornati, allora.- li accolse la fattucchiera, e il suo tono era addolorato, come se sapesse già quello che era successo.
   I pirati attraccarono e salirono la scaletta senza poter proferire parola. Will raggiunse per primo la donna, chinò la testa in segno di rispetto e fece per dire qualcosa; fu interrotto ancora prima diaver aperto bocca.
- Jack…?- disse la strega, e osservò i presenti uno ad uno, attentamente. Anche Elizabeth, che squadrò da capo a piedi con particolare interesse.
   Poi puntò gli occhi su Will, due occhi tristi sotto il pesante trucco. Lui non riuscì a sostenere quello sguardo, e abbassò la testa, scuotendola: un'esplicita risposta.
   La donna comprese all'istante ciò che aveva già sospettato e temuto, ciò di cui i suoi sogni l'avevano avvertita nelle ultime, tormentose notti:
- Nessun uomo può opporsi al destino.- mormorò, afflitta.
   Incitò Will e gli altri ad entrare, li fece accomodare su alcune malandate sedie e offrì loro una bevanda calda appena tolta dal paiolo sul fuoco. Quella sostanza rinvigorì un poco le loro membra, ma non i loro spiriti.
   La strega raccattò dalle credenze tutto ciò che poteva essere commestibile e provvide a riempire tutte quelle pance affamate, mentre il nostromo, con le lacrime agli occhi, raccontava quella brutta storia dall'inizio.
   Dopo tante peripezie erano infine riusciti a trovare lo scrigno con dentro il  cuore del mostro Davy Jones, erano riusciti ad aprirlo e rubarne il prezioso contenuto; ma questo, conteso tra Will, Jack e un altro pirata sbucato inaspettatamente da chissà dove, aveva finito per essere portato via da quest'ultimo, sconosciuto pretendente.
   Con Davy Jones alle calcagna, il quale non sapeva assolutamente chi fosse il possessore del suo cuore, erano fuggiti con Jack, finchè il mostro non aveva liberato il Kracken, una bestia a dir poco mitica che si era abbattuta con tutte le sue forze sulla Perla Nera, affondando nave e capitano Jack Sparrow che si trovava su di essa.
   E i superstiti…eccoli lì, radunati in una casupola immersa nell'umidità di una prigione verde:
- Sapevo che doveva succedere…- sospirò la fattucchiera, dopo aver ascoltato dall'inizio alla fine. Si sedette accanto a un tavolo logoro:
- L'impresa era più grande di voi; e, soprattutto, era più grande di Jack Sparrow. Ma quell'uomo era troppo testardo per capirlo.-
   Elizabeth strinse fra le mani la sua tazza di tisana, mordendosi le labbra. Un unico pensiero nella sua mente: il capitano della Perla Nera.
   Will le si accostò. Voleva accarezzarla, tranquillizzarla, parlarle…:
- Elizabeth…- sussurrò - Io…-
   In quel momento la strega si alzò di scatto, come colpita da un invisibile fulmine, tanto che gli uomini sobbalzarono di paura, con i nervi a fior di pelle.
   La donna si mosse attraverso la stanza, tendendo l'orecchio, come se inseguisse una melodia lontana e cercasse di individuarne la fonte.
   Non si poteva certo negare che la cosa non metteva inquietudine…
- Che sta facendo?- mormorò Occhio di Legno.
- Che cosa cerca?- chiese Il Grasso - Sembra indemoniata…dove sta andando così di fretta?!-
   La strega era già scomparsa nell'altra stanza, attratta da un irresistibile richiamo.
   I pirati la seguirono con lo sguardo, si alzarono dalle sedie per vedere meglio, ma la fattuc-chiera era già fuori dalla portata dei loro occhi:
- Dov'è?- domandò Elizabeth, preoccupata.
- Dov'è?!- chiocciò il pappagallo di Cotton: fu subito zittito.
   E d'un tratto, un baccano d'inferno fece balzare il cuore in gola a tutti: bottiglie che si rompevano, arnesi che cadevano a terra, qualcosa che rotolava sulle assi del pavimento…
- Ecco, ecco!- gridava la voce della strega, sopra la confusione - E' qui…la sento! Ti sento…sei qui! E' qui!-
- Che diamine sta succedendo?- urlò di rimando il nostromo, allontanandosi inesorabilmente dalla sua sedia per vedere di più.
   La fattucchiera tornò di corsa dalla stanza accanto, travolgendolo quasi: il suo ampio gonnellone frusciava e spazzava il sudicio pavimento, sollevando nugoli di polvere.
   La donna posò sul tavolo una vecchia scatola scolorita, l'aprì e la rovesciò: una dozzina di sonaglini e ossicini azzurri di varie forme, decorati con strane linee e punti, si sparpagliò davanti agli occhi stralunati dei presenti.
   Come in balìa di un demone, la strega si chinò su di essi e cominciò a farli rotolare in tutte le direzioni, ghignando forte, più forte, più forte.
   I pirati assistevano, impietriti dallo spavento, rigidi nei loro abiti laceri; il cuore batteva all'impazzata nei loro petti e toglieva loro il respiro. Che stava accadendo?
- La sento…la sento!- mugugnava la strega, mentre spargeva i sonagli e gli ossicini azzurri sul tavolo - Guidami…ecco! Sì, così…-
   I sonagli tintinnavano mossi dalle sue mani, un suono acuto e così penetrante che sembrava perforare ogni cervello, ogni pensiero, e riempiva quell'angusto luogo di una nuova nota angosciosa, come a esasperare quell'atmosfera già carica di tensione.
   Posò le mani sul legno e spinse a fondo, come se dovesse sfondarlo: a occhi chiusi, abbassò il capo e si concentrò nel silenzio che ora regnava sovrano.
   Le collane che portava oscillarono sempre più piano al suo collo. Alla luce delle candele, il viso della donna pareva imperlato di sudore, tra le ciocche di capelli scuri e crespi.
   Le sue mani tremarono leggermente, e i braccialetti ai polsi tintinnarono: lo sforzo doveva essere enorme.
   Will si piegò ad osservare meglio l'espressione della fattucchiera; Elizabeth gli stringeva il braccio, spasmodicamente, tesa come una corda di violino.
   Lentamente, la strega alzò il capo e i suoi occhi cerchiati dal pesante trucco nero fissarono intensamente lo strano disegno che i sonagli e gli ossicini colorati avevano formato sul tavolo. Sembravano buttati casualmente qua e là, invece le loro posizioni avevano un senso, un senso nascosto, e lei riusciva a leggerlo.
   Quell'informe figura che essi creavano le parlava chiaramente: un presagio…
   Mosse una mano verso il sonaglio più vicino, sfiorandolo con un dito. Avvertì subito la presenza di un destino più forte di lei, che non poteva essere cambiato, ma solo, in parte, previsto. Ebbene, non poteva fare altro che parlare…
- Che cosa significa?- chiese Gibbs, senza osar muovere un muscolo.
- Molte cose…- rispose la strega, abbandonandosi su una sedia e fissando lo strano disegno sul tavolo -…e la più importante di queste cose è che avete una missione da compiere, una missio-ne di molto valore, e dovete compierla in fretta.-
   I pirati ammutolirono: dopo tutto ciò che era loro accaduto, non pensavano di aver ancora la forza di continuare.
- Che cosa dovremmo fare?- circospetto, il nostromo si affiancò alla fattucchiera e guardò meglio i sonagli sparsi sul legno. Ma era inutile, lui non ci capiva niente.
- Continuare ciò che Jack ha lasciato incompiuto.- un roco sussurro, quello della donna - Dovete terminare ciò che il vostro capitano ha iniziato e che poi ha interrotto.-
   Fissò gli uomini uno ad uno, intensamente:
- Stai parlando del cuore di Davy Jones, vero?- comprese Will Turner -  Ci stai chiedendo di trovarlo e trafiggerlo, in modo che Davy Jones finalmente muoia?-
- Non ve lo sto chiedendo.- precisò la strega, scrutando di nuovo i sonagli - So solo che se non lo farete, accadranno cose terribili…e voi non avrete una seconda occasione per rimediare.-
- Perché noi?- intervenne Occhio di Legno - Ci farebbe davvero piacere fare quello che dici…ma senza nave e senza capitano, come facciamo a ritrovare quel dannato cuore e farlo a pezzi?!-
- Non abbiate troppa fretta. Se lo trovaste prima del tempo, non potreste fare molto…- fu l'inaspettata rivelazione. I pirati si guardarono in viso, sorpresi da quella frase:
- Che cosa vuoi dire?- la incoraggiò Will, dopo qualche istante di silenzio attonito - Cosa intendi con "non potreste fare molto"?-
- Intendo dire che, per trafiggere quel cuore, avete bisogno di un aiuto…-
- Che aiuto? L'aiuto di chi, insomma?!- interrogò il nostromo, spazientito.
   Con calma, la strega spiegò:
- Leggo in questi segni che prima di dedicarvi completamente alla ricerca del cuore di Davy Jones, dovete rintracciare…- e si chinò sui sonagli e sugli ossi, stringendo gli occhi -…dovete rintracciare l'altra metà di Jack Sparrow, perché è l'unica che ha il potere di trafiggere il cuore del nemico, consacrato a lei stessa.-
   I pirati strabuzzarono gli occhi. Quella faccenda si faceva sempre più complicata.
- Chi è l'altra metà di Jack Sparrow?- domandò Il Grasso - Non sapevo che Jack fosse sposato…-
- Perché infatti non lo era!- ribattè Occhio di Legno - Non è mai riuscito a tenersi stretta una femmina per più di una notte…figuriamoci fino alla morte!-
- Che si tratti di una donna che non ha mai dimenticato?-
- Improbabile. Una buona bottiglia di rhum e si dimenticava addirittura in che letto aveva dormito! Ne ha avute così tante, di donne, che ormai persino lui aveva perso il conto! E non è stato innamorato di nessuna…mai!-
   Elizabeth sentì il cuore stretto in una morsa; quei discorsi la mettevano a disagio, e mettevano a disagio anche Will.
- Allora chi è l'altra metà di Jack?- s'intromise questi - Aveva un fratello, un gemello forse?-
- Nessuno lo sa…- rispose sconsolata la strega - Nei miei segni non viene rivelato nient'altro a proposito di questa persona…se davvero stiamo parlando di una persona! Niente è chiaro, qui, nemmeno per me…-
- E che altro c'è scritto, lì sopra, allora?- Occhio di Legno indicò il tavolo e la fattucchiera trasa-lì. Ci fu un attimo di silenzio.
- Null'altro. Niente di importante.- mormorò poi la donna.
   In verità aveva visto molte cose. Troppe cose. Ma non voleva turbare ancora di più i pirati, la loro esistenza era già così piena di avversità…
- Come facciamo a trovare questa…"metà di Jack Sparrow"?- il nostromo cominciò a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza - Da dove inziamo?-
- Potreste cominciare da Tortuga.- suggerì la strega, con una voce roca.
- Tortuga? L'Isola dei Pirati? E come ci arriviamo, fino a Tortuga, con tre scialuppe e senza qualcuno che ci guidi?-
- Ho quello che fa per voi.- la donna si alzò, si avvicinò a una scala che portava ai piani superiori e, guardando in su, gridò - Scendi! Ho trovato del lavoro per te!-
   Una voce che suonò terribilmente familiare al nostromo a agli altri pirati urlò di rimando:
- Scendo immediatamente, mia signora!-
   Un attimo e già si sentivano pesanti passi al piano di sopra, sempre più prossimi, finchè non presero a scendere i gradini, con andatura goffa e instabile.
   Un volto ben conosciuto, preceduto da un corpo imponente, sbucò dalla penombra della tromba delle scale: un viso paffuto, una barba ispida, il cappello in testa e due occhi penetranti e astuti.
- BARBOSSA?!- esclamarono attoniti Will e gli altri.
   Che ci faceva lì il peggior nemico di Jack Sparrow.
- Guarda guarda chi si rivede…- dondolando sulle gambe malferme, l'omone si portò davanti a Will Turner, soffiandogli in viso il suo alito che sapeva di rhum - La ciurma sgangherata del mio amico Jack…-
   Will lo fronteggiò senza paura, senza abbassare lo sguardo:
- E' una sorpresa anche per noi, trovarti qui, Barbossa…- replicò gelidamente - Vedo con sommo dispiacere che non sei sparito dalla circolazione.-
- Non sei nella posizione giusta per fare dell'ironia, Will Turner.- Barbossa battè un pugno sul palmo della mano - Potrei decidere di far sparire te dalla circolazione…e la cos non mi spiacerebbe affatto. Mi ricordo di te…e me ne ricorderò finchè campo!
   La strega corse a dividerli prima che scoppiasse una rissa:
- Che litigate, sciocchi?!- li ammonì - molto tempo, e utilizzare quel poco che avete a disposizione per queste scempiaggini è davvero controproducente! Non scordatevi la vostra missione, pirati…-
   Will si calmò all'istante, mentre Barbossa si faceva spiegare di che missione stessero parlando: gli fu riferita ogni cosa per filo e per segno.
- Hanno bisogno di un buon capitano che li porti a Tortuga…- terminò la strega -…e, in assenza di Jack, non rimangono altri che tu stesso, Barbossa.-
- Sarà un piacere, mia signora!- il grosso pirata giocherellò con la barba - Ah, Tortuga…quanto tempo è passato! Finalmente ritorno in patria, dopo anni di vita da naufrago su quest'isola…-
- Un naufrago trattato da re!- gli ricordò la fattucchiera - Potresti anche essermi grato, giacchè parliamo di dare aiuto.-
- Sei stata la mia salvezza, cara, lo riconosco…- Barbossa si avviicnò a uno scaffale e vi scovò una bottiglia piena di liquore -…ma adesso mi riprendo la mia vecchia vita! Onde, tremate, Barbossa torna a solcarvi!-
   Aprì la bottiglia e siscolò tutto d'un fiato la metà del suo contenuto. Compiaciuto, si pulì le labbra lasciandosi sfuggire un'esclamazione di piacere:
- Mi mancherà il tuo rhum, mia signora.-
- Almeno potrò tenermene un po' per me, finalmente!- la donna si mise le mani sui fianchi. Poi sorrise, anzi, rise divertita:
- E' meglio che questi discorsi allegri li rimandiamo a quando ci sarà più tranquillità. Ora credo sia bene che partiate…- si accostò alla finestra. Fuori era ancora buio.
- Lo so che è notte e voi sarete stanchi.- continuò - Ma ho letto nel futuro, e so che se non vi dirigete subito a Tortuga perderete la migliore, forse l'unica occasione di trovare questa misteriosa "metà di Jack Sparrow"…-
- Che stiamo aspettando, allora?- esclamò Barbossa, imboccando la porta d'ingresso - Tortuga, sto arrivando!-
- Stiamo arrivando.- il nostromo soffiò in faccia all'mone tutto il suo disprezzo - Abbiamo solo qualche scialuppa, perciò non sperare di arrivare là troppo in fretta…Capitano.-
   Barbossa incassò senza replicare. Si grattò il pancione con nonchalance e uscì nella notte, seguito dalla sua nuova ciurma. La strega scosse la testa e trasse dal corpetto un sacchettino tintinnante di monete:
- Prendete questi soldi…- si raccomandò, consegnandolo a Will Turner - Non so perché, ma credo che ne avrete bisogno.-
- Grazie, cara amica…- ricambiò lui - Troveremo il modo di restituirteli.-
- Intanto possiamo prendere in prestito pure questi?- Occhio di Legno comparve sulla soglia della cucina con due sacchi di quelle che sembravano "provviste" - Siamo rimasti a secco…grazie mille!- e nel frattempo passava davanti alla padrona di casa, senza attendere risposta, e alla sua cintura erano appese anche almeno venti fiaschette di rhum.
- Prego.- interdetta, la donna non seppe più che dire.
   Pure Will, ormai l'ultimo a dover uscire dalla casa, si congedò; imbarazzato, le pose un casto bacio sulla guancia, e mormorando parole di ringraziamento fece per andarsene.
   Come si girò, la fattucchiera lo bloccò con una mano sulla spalla:
- Sta' attento, Will Turner…- gli sussurrò - Ho visto che la mano del destino calerà presto su di te…ma temo non sarà per aiutarti.-
   Lui si voltò, confuso:
- Sii prudente, ragazzo.- aggiunse mestamente la strega, e lo sospinse gentilmente verso l'ingresso - La prudenza è la virtù che dovrai utilizzare più spesso. E ricordati che il cuore deve essere trafitto davanti agli occhi di Davy Jones, non un braccio di più né uno di meno: fa parte della maledizione.-
   Will fece appena in tempo a lasciarsi sfuggire un incerto "Ma…", ché la porta era già chiusa di fronte al suo viso:
- Che fai lì impalato, Will Turner?- gridò il nostromo, da una delle scialuppe - Coraggio, ci conviene andare!-
   Will avrebbe voluto che gli fosse concesso un altro minuto per parlare con la strega, per capire meglio, ma le pressanti richieste del nostromo gli riempivano le orecchie e la testa, e non riusciva a ingnorarle. Un po' amareggiato, sempre più perplesso riguardo al suo futuro, finalmente staccò gli occhi dalla porta chiusa della casa, scese la scaletta e approdò in una traballante scialuppa, nascondendo il denaro donatogli in una tasca interna della veste.
   Barbossa si posizionò spavaldamente sulla prua della barchetta, puntando un dito verso Nord:
- Coraggio, ciurma! tutti ai vostri posti! Si va dritti dritti a Tortuga!- tuonò con quel suo profondo vocione.
- Siamo ai nostri posti già da un pezzo.- lo rimbeccò acidamente Gibbs - E se volete andare a Tortuga, Capitano, prima di tutto sarà meglio che vi voltiate, perché dobbiamo andare nell'esatta parte opposta a quella che state indicando.-
   Barbossa restò zitto per un momento, poi tossicchiò teatralmente e seguì il consiglio:
- Stavo scherzando, naturalmente!- cercò di sdrammatizzare - Volevo soltanto mettervi alla prova, per saggiare il grado del vostro intelletto. Andiamo da quella parte!- e puntò il dito dalla parte giusta, stavolta.
- Abbassate la cresta, Capitano.- lo richiamò Gibbs - Qui non siamo su un vascello.-
   Cominciarono a remare, e Barbossa ripiegò per un sensato e conveniente silenzio. Will fece una smorfia, mentre alle sue orecchie giungevano i commenti di qualche marinaio:
- Ma in che razza di mani siamo finiti…-
- Non pensavo di dover rimpiangere quell'imbecille di Jack…-
   Will concordò pienamente con quei pensieri esposti a mezza voce. Si prospettava un futuro davvero infelice e avviluppato sempre più nel mistero.
   Per trovare una luce nell'oscurità del dubbio occorreva trovare "la metà di Jack Sparrow": era il primo passo per comprendere almeno in parte che stava accadendo. 
   Senza scordarsi che questa "metà" era l'unica che aveva il potere di mettere la parola "fine" alla vita di quel mostro di Davy Jones.
   Will sperò che la fortuna girasse dalla sua parte, una buona volta: ne aveva bisogno più che mai.
   Con il cuore spossato dall'incertezza, Will Turner si voltò verso il mare aperto, attendendo il sole, i gabbiani, risposte.
   La sua avventura non era ancora finita. Forse, non era nemmeno iniziata.

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Capitolo 5
*** L'incontro con Élodie ***


- 4 - L'INCONTRO CON ÉLODIE



   Viaggiarono su quelle scialuppe per almeno due giorni, remando, mangiando e raccontandosi aneddoti. Il racconto che suscitò più interesse fu quello di Barbossa, il quale aveva deciso con à di svelare alla sua nuova ciurma come era riuscito a scampare alla morte, dopo che Jack gli aveva sparato a Isla Muerta.
   Stando a quanto diceva, il proiettile era penetrato in profondità, ma non abbastanza da ucciderlo sul colpo; Barbossa non era morto all'instante, dunque, e aveva avuto il tempo di stri-sciare fino a un forziere nascosto sotto un cumulo di tesori non troppo lontano: dentro vi era custodita una boccetta di acqua miracolosa, orgoglio delle sue ruberie, che aveva la fama di guarire ogni ferita.
   Con le ultime forze, Barbossa aveva bevuto un sorso di quell'acqua, prima di crollare svenuto a terra. Incredibilmente, si era risvegliato sano come un pesce, e aveva potuto rialzarsi, co-struirsi una zattera e cercare di raggiungere la civiltà.
   Purtroppo una tempoesta lo aveva sbattuto malamente sull'isola della strega, dove era rimasto (semplicemente perché lì era una sorta di paradiso) finchè non erano giunti loro.
- E' stata una piacevole vacanza…- terminò il capitano -…ma Tortuga mi attende!-
- Ci attende.- lo corresse Gibbs.
- Ci attende, certo, infatti…- tossicchiò imbarazzato l'altro.
 
   Il giorno dopo, quando ormai il sole era già alto, il nostromo si alzò in piedi e proteggendosi gli occhi con una mano scrutò l'orizzonte: alla calda luce del pomeriggio, tra il cielo sgombro da nubi e il mare cristallino, si delineava la sagoma di un'isola dalla caratteristica forma a gu-scio di testuggine.
- Tortuga!- gridò a squarciagola l'uomo - Tortuga in vista!-
   Will Turner balzò in piedi e corse a prua della scialuppa: un sorriso si disegnò in fretta sulle sue labbra screpolate.
   Tortuga. La loro salvezza.
- Prepariamoci ad attraccare!- sbraitò Barbossa - Coraggio, uomini, dateci dentro con quei re-mi! Dobbiamo arrivare il più in fretta possiibile! Datevi da fare, ciurma!-
   Gesticolava in direzione ora dell'uno ora dell'altro, e passeggiava nervosamente su e giù per la scialuppa, facendola barcollare pericolsamente sotto il suo peso. Ogni tanto si voltava verso l'isola che si avvicinava sempre più, spalancava le braccia e inspirava profondamente l'aria di mare:
- Casa, dolce casa!- esclamava di tanto in tanto, e incitava gli altri a fare più in fretta.
   Elizabeth si avvicinò a Will, poggiandogli una mano confortante sulla spalla; gli sorrise debolmente, aggiunstandosi una ciocca di capelli ramati.
   Lui la osservò affaccendarsi con quelle ciocche lunghe e aggrovigliate, pensando a quanto avrebbe desiderato accarezzarle. Ma si trattenne dal farlo, perché il ricordo di Jack Sparrow era intrecciato fra di esse e gli rammentava dolorosamente che Elizabeth non era più sua.
   Will si voltò verso Tortuga, che si faceva sempre più nitida e imponente davanti a lui. Attese che la barchetta si accostasse alla spiaggia, prima di scenderen e dare una mano a tirarla a secco.
   Il cielo si scuriva sempre più, il tramonto era ormai prossimo.
   Barbossa si lasciò cadere sulla sabbia e ne impugnò due manciate, portandosele al viso come un bambino felice:
- Tortuga…- sospirò, mentre la rena gli scivolava tra le dita - Sono tornato.-
   Il nostromo lo oltrepassò con una smorfia di disgusto dipinta sul viso:
- Andiamo in città. Ci fermeremo, mangeremo, dormiremo un po' in una qualche osteria e chiederemo notizie di questa "metà di Jack Sparrow…- illustrò rapidamente.
   Gli altri uomini lo seguirono all'istante, ignorando completamente Barbossa e la sua sabbia: l'omone fu costretto ad alzarsi in fretta, e non senza fatica, per poi avere come unico premio quello di chiudere la fila.
   Il porto di Tortuga era pieno di navi pirata, con le vele e le bandiere nere ammainate. Una accanto all'altra, pronte per schizzare via al minimo segnale di pericolo, come i loro padroni.
   Erano tutte una meraviglia: diverse per provenienze, mete, stazza, erano la cornice di un mondo che viveva nell'ombra della giustizia.
   Una in particolare attrasse l'attenzione di Will: era un'imbarcazione che assomigliava vagamente alla Perla Nera in dimensioni e struttura, ma il legno della prua era intarsiato finemente e tra gli abbellimenti spiccava la figura di una sirena, che riluceva colpita dai raggi della luna nascente. Anche nella penombra, si poteva ammirare il rivestimento di candida madreperla che donava un'aria fiabesca a tutto il vascello.
   Will si soffermò un secnondo ad ammirarla, rapito: si chiese a chi poteva appartenere un simile gioiello.
   Richiamato pesantemente da Barbossa, fu poi costretto a lasciar perdere quel banale interrogativo e unirsi di nuovo alla ciurma, mescolandosi ogni passo di più all'odore del pesce e delle fiaccole a olio, allo scrosciare del rhum e ai gridolini di ubriachi e donnette allegre.
   Lo aspettava una terribile nottata, lo sapeva. Già una volta era stato a Tortuga, e l'impressione che ne aveva ricavato non era diversa da quella di ora: non c'era pace, in quel luogo, nemmeno per sorseggiare in pace un buon bicchiere di liquore.
   Pirati di ogni sorta entravano e uscivano dalle osterie traboccanti, sbronzi e a malapena capaci di reggersi in piedi; donne truccate e con scollature generose cercavano di irretirli e guadagnare qualche soldo da un'ordinaria notte d'amore.
   Will avrebbe preferito di gran lunga risparmiarsi quello squallido e quasi grottesco spettacolo: infilare la testa sotto a un cuscino e non vedere né sentire più nulla fino alla mattina dopo. Ma non sembrava possibile. Né i suoi compari pirati la pensavano allo stesso modo:
- Cominceremo a cercare da quell'osteria!- Barbossa additò la prima porta alla sua sinistra. Ormai era notte.
   Entrarono nella taverna e si scelsero un tavolo come avventori qualunque: subito una formosa ostessa li servì con bicchieri colmi di vino, domandando loro da dove provenissero. Era uso comune, fra i pirati, conoscere le patrie altrui ancor prima dei nomi.
   Il nostromo anticipò il capitano Barbossa, rispondendo che venivano dal mare, erano stanchissimi e avrebbero gradito qualche ombra per tirarsi su il morale: era sufficiente per la donna.
- Io ti conosco.- affermò poi lei, soffermandosi con lo sguardo su Will - Sei già stato in ques'osteria, per caso?-
   Will Turner accennò a un sì con il capo:
- Una volta sola, in compagnia di Jack Sparrow…- mormorò quasi a se stesso, il bicchiere di vino tra le mani.
- Jack Sparrow!- strillò l'ostessa - Quel farabutto! Mi deve ancora dieci dobloni d'oro! Quando lo rivedi, ragazzo, puoi comunicargli questo messaggio?- e detto fatto mollò un terribile ceffone al su interlocutore. Poi se ne andò di gran carriera, con l'orcio di vino tra le braccia.
   A Will Turner occorse qualche secondo per riprendersi: si massaggiò la mascella e la guancia pulsanti di dolore, ripromettendosi che mai più avrebbe nominato Jack Sparrow in presenza di donne.
- Non credo sarebbe stata una buona idea, chiederle informazioni…- assentì Occhio di Legno: e come aveva ragione!
   Tanto per incoraggiarsi a vicenda, i pirati alzarono i boccali e brindarono a una vittoria che speravano sarebbe giunta presto; bevvero il vino fino all'ultima goccia, senza esitare, tanto per permettere alle loro menti di distrarsi un po'.
   Quando Will sbattè rumorosamente il bicchiere sul tavolo, gli parve che il mondo perdesse i suoi contorni per un momento; l'alcool faceva il suo dovere, il vino speziato gli annebbiava la vista.
   Will si costrinse a concentrarsi sulla conversazione fittissima chesembrava aver preso i suoi compagni: più o meno capì che stavano discutendo un utile piano d'azione. Fosse stato facile! Provò a dire qualcosa, ma le sue proposte non vennero nemmeno prese in considerazione.
   Troppa la foga dei marinai nel parlare, troppo flebile la voce di Will un po' brillo, fatto sta che nessuno ascoltò le idee del giovane.
   Will si appoggiò allo schienale della sedia e chiuse gli occhi; lasciò il boccale vuoto sul tavolo e non gliene importò nulla dell'ostessa che veniva a riempirglielo.
   Elizabeth gli posò una mano sulla fronte sudata, riscuotendolo:
- Tutto bene?- gli chiese lei, preoccupata.
   Will annuì con stanchezza. No, non andava bene per niente, ma non aveva la forza di opporsi, ora.
   Se ne stette a occhi chiusi, nel bel mezzo di quel bailamme di voci, suoni, musica scadente che era la locanda, densa di fumo e di grida inarticolate. 
   Tentò di non pensare a nulla. Solo un secondo. Solo un…
- Ben detto, Capitano! A quanto pare le imprese impossibili sono proprio il vostro forte…si vede che nelle vostre vene scorre il buon sangue degli Sparrow! E ora dove ve ne andate? Nuove scorribande, immagino…mandatemi una letterina, quando avrete finito con quei topi di fogna! Sarò ben lieto di offrirvi una bottiglia di rhum!-
   Una delle tante voci si era staccata improvvisamente dal coro, superando le altre, ed era giunta chiara e tonda alle orecchie di Will: cosa aveva sentito? SANGUE SPARROW?!
   Come s eun fulmine si fosse abbattuto d'un tratto su di lui, il giovane aprì bruscamente gli occhi e balzò in piedi, lucido, come se il liquore tracannato pochi minuti prima fosse ancora nel suo bicchiere, intatto.
   Si guardò attorno, in fretta, si mosse, sgusciò fra le sedie seguendo un solo suono: quella voce.
   Il suo udito lo portò di fronte a un uomo brizzolato, con una ragnatela di rughe sul viso. L'uomo lo squadrò con un certo interesse:
- Avete parlato di uno Sparrow? Avete parlato con uno Sparrow?- interrogò tutto d'un fiato Will - Dove sta questo Sparrow? Ditemi dov'è, è una questione troppo importante!-
   Il signore fu sorpreso da tante irruenza, e il massimo che potè fare fu di indicare la porta d'ingresso dell'osteria, che un gruppetto di silenziosi e sospetti avventori oltrepassavano in quel momento, uscendo.
   Non fece in tempo a spiaccicar parola. Will si fiondò da quella parte, con dietro Barbossa e la ciurma, che lo seguivano senza capire, attirati dallo strano comportamento del giovane.
- Will!- lo chiamava Elizabeth. Ma Will non sentiva, attraversava la taverna, imboccava la porta e andava oltre, lasciandola sbatacchiare.
   Si guardò intonro, il tempo di distinguere il gruppetto silenzioso che si allontanava sulla via del porto: uno dei componenti portava un cappello ornato di piume bianche. Un cappello da capitano.
   Non poteva essere altri che il misterioso Sparrow.
   Will si gettò all'inseguimento. Non poteva lasciarsi sfuggire questa meravigliosa occasione. Aveva bisogno di quella persona. Non intendeva lasciarsela scappare.
   Incappò in altri pirati che andavano e venivano dal porto e che rallentarono la sua corsa; non si perse d'animo, e li spintonò assai poco gentilmente per passare oltre.
- Largo! Largo, canaglie!- gridava intanto Barbossa, cercando un varco per raggiungere Will - Dove vai così di corsa, ragazzo? Aspettaci!-
   Ma Will non aspettava:
- Ehi!- il giovane urlò in direzione del gruppetto e del cappello da capitano - Ehi, voi! Fermatevi!- si fece largo tra donnette e ubriachi - Fermi!-
   Quelli non parevano averlo sentito. Continuavano per la loro strada, e non si voltavano indietro. Will era sempre più disperato. Rischiava di perderli da un momento all'altro.
   Cercò ancora di farli accorgere di lui gridando, ma niente. Si scontrò con altri pirati, e poi il gruppetto scomparve nel buio di una viottola diretta al porto.
   Will fece per catapultarsi da quella parte, quando una mano possente lo bloccò, inchiodandolo al su posto:
- Si può sapere dove diamine corri, maledizione?!- la voce rauca di Barbossa, il suo fiatone pesante sul collo. Will si voltò:
- DEVO correre! Ho trovato l'altra "metà di Jack Sparrow": era alla locanda e adesso…- si guardo intorno, freneticamente -…è sparita! Dannazione!-
- Si sarà diretta al porto, di là…- ipotizzò Il Grasso -…ma sei sicuro di sentirti bene, ragazzo? Ragazzo?!-
   Will aveva già ripreso a correre, diretto agli attracchi. Inciampò in corde e bottiglie, ma niente riuscì più a fermarlo.
   Giunse al molo di Tortuga trafelato. Fu costretto a riprendere fiato; poi iniziò la sua ispezione: una nave alla volta. Con calma.
   La maggior parte dei vascelli era incustodita, o guardata a vista da marinai semiassopiti. A uno di questi si rivolse Will, che non aveva nessuna intenzione di perdere tempo in inutili quanto superflue ricerche:
- Sveglia!- scrollò un poveretto addormentato su uno sgabello malandato, facendolo sobbal-zare per lo spavento.
- Che vuoi, guastafeste?!- grugnì il pirata, stropicciandosi gli occhi.
- Voglio sapere qual è la nave di un certo Capitan Sparrow. E’ urgente!- Will scalpitava.
- Sparrow? Vuoi dire Jack Sparrow?- bofonchiò l’altro, non certo di aver capito.
- No, non Jack!- esplose il giovane – Un altro Sparrow! Un Capitano Sparrow che non sia Jack Sparrow! E’ qui, lo so, ditemi solo dove posso trovarlo!-
   Visibilmente confuso, il pirata giocherellò pensosamente con la sua folta barba grigia: passò qualche lunghissimo secondo.
- C’è un altro Sparrow a Tortuga...- rimuginò il filibustiere – Sì, ricordo...la sua nave dev’essere quella...- indicò vagamente un’imbarcazione poco lontana – E ora lasciami dormire, male-detto, prima che ti chiuda io gli occhi, e per sempre!-
   Will non colse nemmeno la minaccia. Si precipitò nella direzione che gli aveva detto l’uomo. Ed ecco sbucare da dietro l’angolo della strada il gruppetto che il giovane stava inseguendo pri-ma, con Sparrow e il suo elegante cappello ornato di piume bianche.
   Nessuno degnò di uno sguardo Will, ancora troppo lontano dalla nave.
   Gli uomini salutarono con un cenno il pirata che stava seduto a vegliare il vascello, poi salirono uno alla volta sulla scaletta di corda e raggiunsero il parapetto; sparirono al di là della murata, silenziosi come la notte.
   Will si avvicinò in fretta: e con sua grande, grandissima sorpresa, si accorse che stava davanti all’imbarcazione che tanto l’aveva attirato al suo arrivo a Tortuga.
   Quella con la sirena di madreperla sulla prua.
   Destino? si chiese mentre stupito rallentava il passo e permetteva a Barbossa e alla sua ciur-ma di raggiungerlo.
- E adesso che ci hai fatto attraversare tutta l’isola per venire in questo posto lugubre, ragaz-zo, ti decidi a confessare che cosa c’è veramente sotto?- brontolò malcontento il nostromo, inghiottendo il fiatone.
- E’ questa...- mormorò Will, quasi a se stesso: la predizione della strega si avverava – Ti ho trovato, Sparrow, chiunque tu sia.-
   Si diresse sicuro verso la scaletta di corda, unica via d’accesso alla nave, senza guardare in faccia a nessuno. Era troppo felice. Quasi incredulo di aver avuto fortuna, per una volta.
   Il pirata che era di guardia lo fermò bruscamente, parandoglisi davanti:
- Chi siete voi?- ringhiò, perentorio – Non sono ammessi intrusi su questa nave.-
- Sono...- iniziò Will, ma s’interruppe: meglio tenere nascosto il suo vero nome, per ora – Sono un amico, non temete. Voglio solo parlare con il vostro capitano.-
   Il bucaniere di fronte a lui lo squadrò lentamente, dubbioso:
- Il signore è atteso?- nicchiò.
   Il giovane ebbe un attimo di esitazione. L’altro se ne accorse. Per fortuna intervenne Barbossa:
- Non proprio, ma vi assicuro che il vostro capitano sarà felice di riceverci, eccome! Potreste gentilmente condurci da lui?-
   Il marinaio studiò il volto di Barbossa, aggrottando le sopracciglia spigolose: in verità, non sembrava troppo convinto di quella versione dei fatti.
   No, decise tentennando un altro po’, non era per niente convinto.
- Andrew!- gridò verso la nave – Andrew, perdio, affacciati un secondo: ci sono ospiti di cui non sono stato avvertito!-
   Al parapetto si sporse un uomo alto e muscoloso, con capelli neri e riccioluti che formavano una spettinata zazzera intorno al suo viso affilato:
- Che c’è, Martin?- urlò di rimando. La sua voce aveva un che di sinistro, che non piacque né a Will né a Barbossa: in che razza di guai si stavano cacciando?
- C’è gente per il Capitano. Riferisci immediatamente, che non so più come trattarli, visto che nessuno si è degnato di avvisarmi dell’arrivo di clienti!-
- Non mi parlare con quel tono, avanzo di galera!- lo aggredì l’altro pirata – Potrei fartela pagare, e lo sai che non è una cosa piacevole...hai visto con i tuoi occhi ciò che so fare.-
   Martin deglutì, a disagio; e anche Will e Barbossa deglutirono, ancora più a disagio. Il loro gioco rischiava di non durare neanche il tempo di vedere il misterioso Sparrow: non proprio come avevano immaginato.
   Martin riformulò la sua richiesta, in modo decisamente più gentile e sottomesso. Andrew lo premiò con un sorriso che era quasi un ghigno, in cui brillava un dente d’oro:
- Così va meglio, marinaio.- si compiacque – Riferisco all’istante.- e scomparve, come una pantera che si dissolve nel buio della giungla.
   L’altro pirata guardò Barbossa con espressione imperscrutabile; Will se ne stava un p’ in disparte, a osservare. Non sapeva perchè, ma non si sentiva tranquillo, spacialmente dopo aver fatto la conoscenza di quell’individuo...Andrew.
   Nemmeno Elizabeth e gli altri compagni si sentivano al sicuro; si guardavano freneticamente attorno. L’aria era carica di tensione, e un rumore appena percettibile avrebbe fatto saltare i nervi di tutti.
   Non potevano andarsene. Non potevano aggiungere altre menzogne a quelle che già avevano messo in pericolo le loro vite. Erano in trappola.
   Poco dopo, si udirono passi concitati sulle assi del ponte della nave, e Andrew si affacciò di nuovo dal parapetto, affannato più per una sorta di eccitazione che per ansia, gridando con quanto fiato aveva in gola.
- NON SONO AMICI DEL CAPITANO! Sono impostori, UCCIDILI TUTTI!-
   Come se avesse squillato la tromba di guerra, Martin afferrò la pistola che teneva nel cinturone e iniziò a sparare all’impazzata contro gli intrusi, che si sparpagliarono spaventatissimi lungo il molo.
   Qualcuno venne colpito e atterrato. Nessuno venne a porgere soccorso.
   Chi indietro rimane, indietro viene lasciato. E’ la dura legge dei pirati.
   Gli altri si rifugiarono dietro alle casse abbandonate del porto, si rintanarono nel buio di qualche viuzza, si gettarono in acqua; Elizabeth si rintanò urlando dietro a un cumulo di vecchie reti, proteggendosi la testa.
   Will, invece, dopo un momento di terrore cieco, riacquistò abbastanza lucidità per imporsi di non fuggire, ma di attaccare: quella era l’unica occasione che aveva per trovarsi faccia a faccia con la “metà di Jack Sparrow”, e non voleva sciuparla per nessuno motivo.
   Un pirata non sarebbe bastato a farlo desistere.
   Evitando i proiettili, si aggrappò alla scaletta di corda e, con un colpo ben asestato sul polso del filibustiere nemico, la pistola fu neutralizzata e persa nelle acque del mare.
   Furioso, il possessore dell’arma tentò di afferrare il collo di Will, ma Barbossa gli fu addosso e lo prese saldamente per il colletto della camicia sdrucita, bloccandolo; Martin si divincolò sel- vaggiamente, ma l’omone non si lasciò impressionare: quasi senza fatica, lo buttò malamente giù dal pontile, in una colonna di spruzzi.
- Così ti rinfrescherai un po’ le idee, amico...- ridacchiò, pulendosi con soddisfazione le mani -..
..prima di fare altre sciocchezze.-
   Si voltò e prese a salire la scaletta di corda che conduceva sulla nave. Will era già arrivato in cima e aveva tratto la spada dal fodero per difendersi da Andrew, armato anche lui di una lama appena molata.
   All’udir spadaccinare, Occhio di Legno e Il Grasso fecero capolino dai loro nascondigli e, av-vedutisi che non c’era più pericolo per la loro incolumità, balzarono fuori a spade sguainate.
- Andiamo a dare una mano al ragazzo!- gridò uno dei due.
- All’arrembaggio!- e insieme si avventarono contro la nave, salirono e diedero manforte ai propri amici; per quel che riguarda gli altri pirati, ebbero il buon senso di starsene calmi e tranquilli ai loro posti, senza osare muoversi.
   Andrew, sul ponte del vascello, si ritrovò solo contro quattro agguerritissimi avversari: il re-sto della ciurma era occupata in qualche bettola, e l’unico in grado di difendere la nave del suo Capitano era lui.
   Pratico di spade e armi da fuoco, l’uomo imbracciò la sua pistola e sparò alcuni colpi che an-darono a vuoto, ma sufficientemente mirati da confondere i nemici. Will tentò di sorprenderlo da un lato, Barbossa dall’altro, ma Andrew sgusciò abilmente in mezzo a loro e bloccò i fendenti a lui rivolti con maestrìa.
   La sua lama era la migliore sul campo, e lui lo sapeva: sapeva come utilizzarla, si fidava di essa, come se fosse parte del suo corpo. Si gettò nella mischia e ne uscì indenne, grazie alla sua agilità, strappando l’abito di Barbossa e elargendo durissimi colpi con il calcio della pistola.
   Uno di questi raggiunse Occhio di Legno, che come solito si vide privare del suo preziosissimo occhio finto: quello rotolò lungo il ponte della nave, sfuggendogli.
- No!- esclamò il povero pirata – Torna qui, maledetto!- e, buttatosi a terra, inseguì carponi il suo occhio, inciampando notevolmente le mosse dei soi amici.
- Togliti dai piedi!- sbuffò Il Grasso, dando un poderoso calcio al sedere del compare. In quel momento, però, Andrew sopraggiunse alle sue spalle, e gli tolse la spada.
   Il Grasso rimase senza parole a guardare l’arma che volava lontano dalla sua mano e cadeva fuoribordo. Fortunamente accorse Barbossa in suo aiuto, allontanando Andrew, già pronto a mozzare la testa dello sconfitto.
   Will cercò di darsi da fare ingaggiando un duello a singolar tenzone con il bravissimo spadaccino nemico, ma non riuscì ad avere la meglio; Barbossa diede il suo contributo, senza successo.
   Andrew, con spada e pistola, li teneva in pugno. Furono costretti a indietreggiare fino all’albero maestro, spalla contro spalla: accidenti, com’era difficile tener testa a quell’uomo!
   Con Occhio di Legno e Il Grasso fuori gioco (benchè nè Will nè Barbossa riuscissero a capire quale utlità avessero ricavato dalla loro presenza), erano in netto svantaggio.
- Chi vi credete di essere, eh?!- ruggì Andrew, inchiodandoli contro l’albero maestro – Sono stato allievo dei più grandi spadaccini, e solo loro possono battermi con la spada! Voi siete due poveri pivelli! Io vi mangio a colazione, voialtri...e finora ho scherzato con voi. Ma ora...-
   Un ghigno sbilenco, degno del peggiore degli incubi, si disegnò sul suo volto trasfigurato dall’accanimento, emanando un alito pesante di rhum.
   Avrebbe rischiato di fare maledettamente sul serio, quel tipo, se improvvisamente quattro coltelli da lancio non avessero immobilizzato Will e Barbossa all’albero, e un ordine non avesse fermato quella macchina da guerra che era Andrew:
- Adesso BASTA! Cos’è tutta questa confusione, nostromo? Rispondi!-
   L’abile spadaccino sussultò violentemente e si voltò: nel buio che celava la porta e le scale per andare sottocoperta si muoveva qualcosa. Impaziente. Inquietante.
- Capitano...io...- balbettò insicuro Andrew.
   Il Capitano si mosse e un altro coltellino da lancio luccicò sinistramente nella semioscurità:
- Mi aspetto spiegazioni per tutto questo chiasso, nostromo.- continuò perentoria la voce – Avevo di non disturbarmi, che non aspettavo nessuno: chi sono questi intrusi, e perchè sono qui?-
- Non...non lo so...- tartagliò il pirata, tremando leggermente.
- Rispondi, Andrew!- gli ingiunse la voce.
- Volevano assaltare la nostra nave, Capitano!- rispose lui, scattando sull’attenti.
- No!- protestò Will, ma non potè muoversi dal suo posto: due coltelli da lancio lo bloccavano all’albero maestro – Non volevamo assaltare proprio un bel niente!-
- E’ stato un malinteso!- rincarò Barbossa, inchiodato anche lui all’albero con altri due coltelli - Possiamo parlarne?-
- SILENZIO!- tuonò la voce – Le domande le faccio io, sulla mia nave.-
   A Will e Barbossa si mozzò il respiro: quel tono era ancora più agghiacciante che i sorrisi sghembi di Andrew. Sembrava una scheggia di Inferno pronta a conficcarsi nell’anima di chi avesse osato ostacolarla.
- Portameli giù, Andrew.- oridnò il misterioso personaggio, muovendosi nell’ombra – E riportami i miei coltelli, che ci tengo.-
   Poi una porta fu aperta, e una figura alta e snella si stagliò per un attimo contro la luce di una lanterna, prima di scomparire, inghiottita di nuovo dalle tenebre.
   Andrew attese che l’uscio sbattesse contro lo stipite, poi tolse bruscamente le armi ai suoi prigionieri, li liberò dai coltelli la lanciò, legò loro i polsi con una corda e li spinse con malagrazia verso le scale di sottocoperta; con un gesto imperioso della pistola costrinse Il Grasso e Occhio di Legno a seguirli, ma non prima di aver legato anche loro.
   Aprirono una porta che dava sulle scaletta, e la scesero nel buio più totale: si accorsero che in fondo non erano altro che una decina di gradini unti e scivolosi.
   Imboccarono un corridoio rischiarato debolmente da un paio di piccole lanterne; le pareti di legno sapevano di muffa e di pesce, l’odore di chi ha visto e affrontato tanti viaggi per mare.
   Con le armi di Andrew puntate alla schiena, Will, Barbossa e i loro due compagni avanzarono con la spiacevole sensaziond di sprofondare sempre più nel loro mare di guai.
   C’era una porta in fondo al corridoio. Una luce accesa al di là dei vetri.
   Andrew comandò loro di aprire la porta. Will obbedì, come potè, con le mani legate, con il cuore che batteva a mille e batteva come un pendolo impazzito i secondi lenti e inesorabili.
   Entrarono.
  
   La stanza era ampia, con grandi finestre che davano sui due lati della nave. Contro una parete spiccava un letto enorme, ricoperto di lenzuola e drappi ricamati e due soffici guanciali sotto di esse. Lanterne e candelabri rischiaravano l’ambiente con una bagliore caldo e invitan-te, a dispetto dell’atmosfera cupa della notte.
   Più in là era posizionato un tavolo tirato a lucido, con un paio di candele a creare un alone di luce necessario al qualcuno che stava seduto, a scrivere, chino su un foglio di pergamena: la penna d’oca, nella mano dello sconosciuto, si muoveva velocissima e sicura, intingendosi a intervalli regolari nel calamaio lì accanto.
   Il proprietario della penna aveva il volto celato da un grosso cappello che teneva calato sugli occhi, e sembrava molto indaffarato a scrivere. Non alzò lo sguardo nemmeno quando Andrew portò i prigionieri al suo cospetto:
- Ecco gli intrusi, Capitano.- il pirata spadaccino abbassò la testa in un frettoloso inchino – Che devo fare, ora?- chiese punzecchiando Will con la canna della pistola.
- Sparisci, Andrew.- con tono spaventosamente serafico, la voce così singolarmente acuta, ecco provenire una risposta dalla bocca del capitano Sparrow.
   Andrew rimase colpito dalla durezza con loa quale gli era stato imposto il comando; comunque, ormai abituato ad obbedire senza discutere, posò i coltellini da lancio sul tavolo, rinfoderò le armi e girò i tacchi.
   Will tuttavia non osò riprendere fiato finchè non sentì la porta della stanza chiudersi alle spalle del pirata.
- Veniamo a noi, cari intrusi...- la voce del capitano aveva una nota tagliente, come di disprezzo – Non vi conviene tentare di sfuggire o di attaccarmi, perchè, in entrambi i casi, Andrew è pronto a uccidervi senza tanti complimenti.-
   Finalmente posò la penna d’oca sul tavolo e sembrò degnare della sua preziosa attenzione i quattro malcapitati uomini; incrociò le braccia, alzò il viso.
   La luce delle candele provvide a dissolvere il velo di mistero che aleggiava sul suo volto: ac-carezzati da quegli aloni dorati, apparvero dei lineamenti regolari e belli, due occhi nocciola re-si profondi da un trucco nero e ben fatto. Le labbra carnose. I capelli lunghi e ribelli, agghindati alla selvaggia, con tante treccine adornate di piume e perline colorate.
   Quello non era un pirata. Era una donna!
   Will e gli altri rimasero pietrificati dallo stupore: si aspettavano di tutto, persino la peggiore delle possibilità, ma non questo.
- Che avete da guardare?- sbottò la donna, togliendosi il cappello – Chi credevate di vedere? Uno scimmione grande, stupido e puzzolente?-
   I pirati si riscossero al tono duro della domanda. Will, incapace di resistere agli occhi indaga-tori di lei, balbettò:
- In effetti sì…conoscendo Jack.-
   La donna scattò come se fosse stata punta da un ago:
- Che c’entra mio fratello, adesso?- quasi gridò, mentre stringeva nervosamente qualcosa tra le dita curate: una bambolina piccola piccola, di pezza – Rispondete!-
   Will trattenne il fiato, di fronte a una tale aggressività; poi lentamente cercò di spiegarsi, nel modo più gentile che riuscì a trovare:
- E’ una storia lunga e complicata, mia signora…-
- Signorina.- ci tenne a precisare lei.
- Signorina Sparrow, per prima cosa mi sento in dovere di rassicurarla circa la nostra incursione: le nostre intenzioni nei vostri confronti non intendevano essere bellicose, tutt’altro!-
- Dite piuttosto che è bene rassicurare voi stessi che le vostre intenzioni “non bellicose” siano credute come tali da me, signor…?- la donna si sporse in direzione di Will, ed era ancora più bella, vista da vicino.
- Turner. William Turner.-
- Signor Turner, apprezzo i vostri tentativi di scuse “non bellicosi”, ma non vedo ancora il motivo della vostra presenza qui, né il motivo per cui avete rischiato di venire sgozzati e rovinare così il ponte della nave, la mia nave, e che cosa c’entra mio fratello in tutto questo. Avreste la cortesia di illuminarmi in fretta circa codeste questioni di vitale importanza, o preferite conoscere da vicino il lato piratesco del mio essere, quello che uso di solito con i prigionieri come voi?-
- Non intendevo approfittare del tempo a noi concesso alla vostra presenza per chiarire questo malinteso! Il fatto è che Jack Sparrow…-
   La donna scattò di nuovo; tuonò:
- Non nominate quel furfante davanti a me, Turner!-
- Sissignora.- si affrettò a scusarsi Will: meglio assecondarla – Tuttavia occorre parlare anche di lui, per chiarire il tutto. Potete suggerirmi un nome che io possa utilizzare per definirlo senza urtarvi?-
- Credo che “pezzo di idiota” si perfetto…anzi, direi che gli calza a pennello.-
   Will lanciò una rapida occhiata a Barbossa e agli altri suoi due compagni: ascoltavano senza osare muoversi. Forse veniva loro da sorridere sotto i baffi, poiché per tutti quanti Jack non era stato altro che un vero pezzo di idiota, ma la voglia di sogghignare scompariva all’istante, trafitta dagli occhi intensi della donna.
- Allora?- incalzò lei, torturando impaziente la bambolina di pezza – Perché non parlate più, Turner? Vi hanno rubato le parole di bocca?-
- Il fatto è…- ricominciò Will, ansioso di dimostrarle che la sua ironia non lo toccava minima-mente – che…”pezzo di idiota”, purtroppo è…come dire…morto.-
- Cosa?- lo interruppe la donna – E voi avete fatto tutta questa strada, siete venuti a distogliermi dalle mie importantissime occupazioni per dirmi che quell’idiota è morto? E poi, come sarebbe a dire “è morto”? Quello ha più vite di un gatto…-
- E’ stato ucciso durante uno scontro per mare. – spiegò Will – La sua nave, la Perla Nera, è stata distrutta, e lui è affondato con essa. La sua ciurma ed io ci siamo salvati per miracolo, e ci siamo rifugiati su un’isola, dove…-
- Frena, Turner.- intervenne la ancora la donna – Tutta la tua storia, di come mio fratello sia morto e di come i suoi compagni invece di siano salvati non mi interessa. Mi interressa il moti-vo per cui siete qui, davanti a me, a parlare con me e a farmi perdere tempo, e perché mai la morte di quel furfante c’entra in un qualche modo…- guardò negli occhi Will, con incredibile durezza, tanto che il giovane si sentì raggelare – Devo ripeterlo di nuovo, Turner?-
- Nossignora.- il giovane chinò la testa, sconfitto – Verrò al sodo. Dovete sapere che chi ha ucciso Jack…cioè, “pezzo di idiota”… è l’Olandese Volante, capitanata dal pirata Davy Jones. Vi dice nulla?-
- No.- rispose lei – Se non di fama. E posso intuire il perché dello scontro tra Jones e mio fratello: la Perla Nera è sempre stata una minaccia sui Sette Mari, e ha sempre avuto molti con- correnti…- abbassò lo sguardo, passando un dito sul legno tirato a lucido del tavolo -…esattamente come la mia nave. Continua, Turner.-
- Siamo stati privati del nostro vascello e del nostro capitano, che dire di più? Davy Jones non merita di passarla liscia; senza dire che potrebbe diventare il padrone assoluto dell’oceano, ora, e questa sarebbe una catastrofe…-
- Mi sembra che ti stia dimenticando un dettaglio non trascurabile: e cioè che ci sono ancora io al mondo, Turner.-
   Will si chinò sul tavolo, proprio di fronte alla donna:
- Quella nave è dannata.- le disse quasi in un soffio – L’ho vista. Con questi occhi. Né il capitano Davy Jones né i suoi uomini possono essere uccisi con spada e fucili. Non si può…-
- Non ti sembro un po’ troppo cresciuta per le favole, Turner?- lo interruppe lei – Mi stai an-noiando.-
- Allora provvederò a sorprendervi.- ribattè il giovane – Ci è stato detto da fonti sicure che questo Davy Jones può essere ucciso solo se il suo cuore, chiuso in uno scrigno, sarà trafitto davanti ai suoi occhi davanti ai suoi occhi da una certa “metà di Jack Sparrow”…ovverossia voi stessa.-
   Silenzio. La donna guardò Will con un misto di stupore e scetticismo, senza aprire bocca. Gli altri pirati spostarono il peso da un piede all’altro, sempre più a disagio. Will era talmente con- centrato a sostenere gli occhi indagatori della donna che un rivoletto di sudore gli scese sulla tempia.
   Il corpo di lei cominciò a sussultare impercettibilmente, poi più forte, il viso le si contrasse in una strana smorfia…e poi la donna scoppiò a ridere, una risata che la piegò in due.
- Io, Turner?- riuscì a dire, tra i singhiozzi – La soluzione di questa stramba profezia sarei io?- e sembrava davvero divertirsi un mondo, a prendersi gioco di tutti, ridicolizzandoli dal primo all’ultimo.
   Will, in particolare, si sentì profondamente toccato: gli stava ridendo in faccia?
- Sì, sareste voi.- rispose tenendo a bada la voce – E abbiamo attraversato miglia di oceano per voi, perché siete l’unica che potete aiutarci; e che potete aiutare l’ultimo desiderio di Jack a realizzarsi…-
   La donna alzò la testa, sempre più divertita: ascoltò.
- Aiutateci a eliminare Davy Jones…- la pregò Will – Davvero siete così crudele da non rispettare l’ultimo desiderio di Jack? L’idea di uccidere il suo, e tutto sommato il vostro nemico peg-giore non vi alletta per niente?-
- Turner…- la donna scosse la testa – Io crudele? Santo Cielo…che cosa dici? Ho sempre avuto una grande considerazione di mio fratello, io…-
   Will capì all’istante che stava mentendo spudoratamente, ma lui non era nella posizione adatta per contraddirla, maledizione…destestava i bugiardi!
- Non ci credi, Turner?- continuò lei, canzonandolo molto esplicitamente – Ti assicuro che è la verità. Pensa che ho sempre cercato di non vederlo e di non parlargli, perché sai, avrei potuto sgualcire la sua bella presenza…-
   Fronteggiò il suo prigioniero con spavalderia, avvicinandosi al suo viso con fare provocante e sinistro al tempo stesso:
-…e se da questa allegra chiaccherata non hai ancora intuito la risposta alla tua domanda, Turner, ti consiglio di imparare in fretta nuotare perché, se non te ne andrai da questa nave entro qualche minuto, provvederò a farti gettare in mare con la tua marmaglia sgangherata, e con delle catene a tenervi legati.-
   Sorrise falsamente. Sembrava davvero che ci godesse un mondo a torturarli:
- Andrew!- chiamò. Subito l’uomo comparve – Accompagna i signori a terra, per favore.- e si rivolse a Will – Buonasera, Turner.-
   Andrew afferrò saldamente le spalle del giovane e fece per trascinarlo via:
- Posso pagare!- si ribellò lui, sfoderando la sua ultima carta – Posso pagarvi bene, se accettate la mia proposta!-
   La donna alzò la testa, interessatissima; ordinò ad Andrew di aspettare un attimo.
- A quanto ammonterebbe il tuo patrimonio, Turner?- chiese, con il tono di chi si aspetta un grande affare – Potrebbe essere un buon inizio.-
- Mercenaria!- sibilò disgustato Barbossa – Ma dov’è finita la buona pirateria? Oggi ci sono più pirati che amano guadagnare facile che pesci nell’oceano!-
- Bisogna pur vivere a questo mondo, no?- la donna l’aveva sentito benissimo. Barbossa diventò paonazzo: accidenti, no! Non intendeva peggiorare la situazione…maledetta la sua lingua lunga!
   Lei comunque non parve granchè interessata alla considerazione del capitano: tamburellava le dita sul tavolo, in attesa che Will Turner, slegato a un suo cenno ad Andrew, le presentasse la somma di cui aveva parlato.
   Il giovane trasse un sacchetto da una tasca interna della veste e lo pose sul tavolo, facendolo tintinnare danarosamente: la donna allungò una mano, accarezzò la stoffa ruvida, guardinga, mentre osservava di soppiatto Will.
   “E’ un bel giovane”: un pensiero che sfrecciò veloce nella sua testa: “Non credevo che ce ne fossero ancora, fra i pirati…”.
   Aprì il sacchetto: era colmo di dobloni d’oro. Potevano bastarle per un intero mese, e in fon-do in cambio di cosa? Uccidere un pirata di nome Davy Jones.
   Tuttavia non voleva accettare immediatamente l’offerta. Voleva divertirsi ancora un po’ con Will Turner; e magari guadagnarci di più, magari per due mesi…
- Non bastano.- rispose quindi, abbandonandosi sulla sedia con fare sdegnoso.
   Il giovane, come lei si aspettava, strabuzzò gli occhi:
- Cosa?- tartagliò, incerto.
- Questi soldi sono una vera miseria…di solito vengo pagata molto di più, per i miei servigi… non ho tempo da perdere con te, Turner, mi spiace. Conosco molta gente, e non solo pirati, che scucirebbero fior di quattrini per me, quando lavoro…-
   Quest’ultima frase catturò l’attenzione di Will: cosa significava “quando lavoro”?
   Studiò la donna. Maledetta doppiogiocchista. Tentava di imbrogliarlo per lucrare sull’appetitoso affare? Nessuno patrocinava le sue scorrerie, al momento, glielo leggeva negli occhi. Occhi scuri che non avevano timore di fissarlo insistentemente: lo metteva alla prova, e non ave-va nessuna intenzione di perdere quella partita con il primo rifiuto di mare che le mettevano davanti.
   Voleva solo approfittare della ghiotta proposta.
   Will, tuttavia, non intendeva sottostare ai suoi voleri:
- E momentaneamente da che parte state?- la diplomazia era sempre stata il suo asso, e ora poteva servirgli per mettere in difficoltà quella ladra di cui aveva un estremo bisogno.
- Dalla parte del migliore offerente, come solito.- inutile, non ci riuscì – E in questo momento potresti non essere tu, Turner.-
   Accidenti, questa donna era la furbizia in persona. Altro che quel pirata pasticcione e co-stantemente mezzo ubriaco di suo fratello. Non sembravano neanche parenti!
   Will non sapeva più come comportarsi: guardò i compagni, che non poterono fare altro che fissarlo con l’aria di chi ha perso ogni speranza.
   Will tornò a guardare la donna, cercando affannosamente qualcosa da dire:
- Non abbiamo altro.- confessò, alla fine, sperando di impietosirla: non che ci sperasse molto…
- Oh, questo lo so, Turner. Mi avreste già offerto il resto, se così non fosse.- lei si appoggiò allo schienale della sedia, si versò un bicchiere di rhum dalla bottiglia che era sul tavolo e fece cenno ad Andrew. Il pirata si avvicinò all’istante, piegandosi su di lei in un atteggiamento che oltrepassava il servile. Élodie gli sussurrò qualcosa all’orecchio, e l’uomo scivolò subito via come un’ombra, sparendo in un battibaleno oltre la porta della stanza. In assoluto silenzio.
   La donna sorseggiò il suo rhum, osservando Will da sopra l’orlo brillante del bicchiere. E quello sguardo aveva un che di dannato e accattivante insieme, quegli occhi ricordavano terribilmente Jack Sparrow quando studiava i dintorni con l’aria del lupo affamato.
   “Che mi potevo aspettare dalla sorella di quell’imbroglione?” pensò Will, rimanendo con la bocca chiusa e un rivolo di sudore che gli solleticava la nuca. Il tempo che la donna posasse il bicchiere vuoto, si alzasse senza barcollare nemmeno un po’ e con un gesto imperioso della mano ordinasse a Barbossa, Occhio di Legno e Il Grasso di levare le tende. Li slegò e indicò loro la porta. I tre obbedirono a testa bassa, senza osare contraddirla; uscirono dalla stanza senza fiatare.
   Will fece per seguirli: le sue ultime speranze erano andate miseramente in fumo.
- Tu no, Turner.- lo fermò la donna – Non ho ancora finito con te.-
   Il giovane si irrigidì, e avvertì un brivido che gli correva giù per la schiena: che altro c’era da dirsi? Quello strano comportamento lo rendeva nervoso a dir poco.
   La donna gli girò attorno come una leonessa che si prepara a balzare sulla propria preda intrappolata. Il suono dei suoi passi scandiva i secondi lasciati al silenzio. I soldi di Will erano ancora sul tavolo, abbandonati.
- Tu vorresti che io uccidessi Davy Jones in cambio di questo denaro, giusto?- iniziò la donna, passeggiando sinistramente accanto a Will – Dovrei trafiggere il suo cuore, chiuso in uno scrigno...-
- Sì.- si limitò a rispondere l’altro.
- Non sembra una cosa difficile... Potrei anche decidere di farlo, se...-
   Will alzò la testa di scatto, e fissò la donna:
- Se?- la incalzò: intravedeva uno spiraglio di speranza.
- Se mi darai anche la metà di tutti i bottini e i tesori su cui metteremo sicuramente le mani togliendo di mezzo Davy Jones!- esclamò lei con un risolino piuttosto inquietante.
   Ecco che cosa c’era sotto: la solita avidità pirata. Will studiò la donna con espressione di rimprovero, ma lei non si mosse di un centimetro dalla sua esosa richiesta. Si fronteggiarono per qualche secondo, ma alla fine Will devette cedere:
- Metà dei bottini.- concesse, sospirando. In fondo, l’unica cosa veramente importante per lui era uccidere Davy Jones, no?
- Abbiamo un accordo, allora.- soddisfatta, la donna afferrò il suo cappello e gli tese la mano - Chiamatemi pure Capitano, o Élodie Melody, se preferisci.-
   Will la strinse con un certo sospetto; Élodie rise, mentre intascava il sacchetto pieno di monete che era sul tavolo.
- Ah, dimenticavo...- disse facendogli un malizioso occhiolino – Benvenuto a bordo della Madreperla.-

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Capitolo 6
*** In fuga ***


- 5 – IN FUGA



   Elizabeth si sporse dal cumulo di vecchie reti dietro al quale era rimasta nascosta per tutto quel tempo: il molo era deserto, e Will non si vedeva da nessuna parte.
   I colpi di pistola erano cessati da un pezzo, e la luna rischiarava quella minacciosa calma facendo capolino da dietro un cirro di nubi.
   Elizabeth si sporse di più. Uscire allo scoperto era fuori discussione: tutto era ancora troppo tranquillo e l’idea di essere il probabile bersaglio di un’altra pistola non l’attirava per niente.
   “Will, dove sei?” si chiese la donna. Si spostò un po’ verso sinistra, per vedere meglio la strada vuota e la nave attraccata lì vicino. La nave su cui Will era salito e da cui non era mai più tornato.
- Miss Elizabeth!- si sentì chiamare, e lei sussultò.
   Si voltò, con il cuore che batteva all’impazzata: gli occhietti porcini del pirata Gibbs scintillarono nell’oscurità che divideva un gruppo di casse dal muro accanto a lei.
- Sssst!- la zittì il marinaio, prima che lei potesse anche solo aver pensato di urlare – Siamo noi, Miss Elizabeth, non temete. Tutto a posto?-
- Credo...- rispose lei – Credo di sì.- poi guardò la nave ancorata a porto – Ma Will, Barbossa...-
   Si alzò lentamente e mosse qualche passo incerto verso il vascello, che sembrava uno spettro alla luce fredda della luna e delle stelle. Elizabeth si chiese a chi diamine potesse appartenere, e perché Will vi fosse salito, a ingaggiare chissà quale battaglia, inseguendo chissà quale speranza. Soprattutto, senza di lei. Non era per niente tranquilla. Poco prima era sceso un uomo, da quella nave: un uomo che non era Will.
   Elizabeth era veramente preoccupata. Avrebbe voluto poter fare qualcosa, ma era solo una donna spaurita e non sapeva da che parte iniziare. Osservò a lungo la nave immobile davanti a lei, aspettando un segno che le facesse capire che cosa doveva fare.
- Miss Elizabeth, nascondetevi! E’ rischioso stare là fuori, ora...- la richiamò il nostromo, ma lei non lo ascoltò. Aveva appena intravisto dei movimenti sul ponte del vascello. Aguzzò la vista, ormai completamente alla mercé di qualsiasi mirino, e alla luce della luna distinse le figure di tre uomini, uno dei quali portava un largo cappello da Capitano:
- E’ Barbossa!- esclamò, allibita dalla piacevole sorpresa – I nostri stanno tornando!-
   In quella si udì uno sparo molto vicino: il cappello di Barbossa fu sbalzato via dalla testa del suo possessore, e finì confusamente nell’ombra.
   Elizabeth urlò e si abbassò istintivamente, proteggendosi la testa; il nostromo uscì e la tirò per un braccio, costringendola a indietreggiare e nascondersi dietro alle casse ammucchiate lì in giro.
- E’ meglio che state qui, Miss Elizabeth.- le consigliò – Non è ancora finita.-
   La donna gli strinse una mano sudata, inspirando profondamente. Delle voci. Si sporse un po’. Passi. Si ritrasse.
- Coraggio, marmaglia, il Capitano ha detto che partiamo subito! Datevi una mossa!- gridava la voce di un uomo – Avete finito di bazzicare per taverne! E’ ora di lavorare!-
   Qualcuno si lamentò per l’ultimo bicchiere di rhum mancato; altri per essere stati tirati giù dal letto.
- Ehi voi, lassù!- urlò ancora la stessa voce, rivolta a Barbossa e ai suoi due uomini, rimasti impietriti sul ponte della nave – Voi tre non muovetevi, arriviamo!-
   Elizabeth spiò la scena da dietro il suo nascondiglio: una quindicina di pirati stava salendo sulla nave, tra grida, sputi e lamentele. Le si drizzarono i capelli dalla paura: dov’era Will?!
   Vide che Barbossa veniva spinto indietro sul ponte da un marinaio robusto quanto lui, e che le vele venivano velocemente issate:
- Salpate l’ancora!- ordinò qualcuno.
   E l’ancora fu salpata, in uno sferragliare di vecchie catene. Il vento notturno gonfiò le quadre con uno schiocco, e come d’incanto la nave si staccò e comincio a scivolare via dal molo.
   Elizabeth a quel punto non potè fare a meno di vincere i suoi terrori e balzare fuori dall’ombra, correre verso il vascello che si allontanava inesorabile e gridare con quanto fiato le era rimasto in gola:
- WILL!!!-
Nessuno le rispose. Avanzò correndo nella notte:
- WILL!!!- al punto da squarciarsi le corde vocali.
   Qualcuno s affacciò al parapetto e la guardò con un misto di curiosità e fastidio; intanto la Madreperla acquistava velocità, virava a tribordo e si dirigeva in mare aperto, incurante di ciò che aveva lasciato indietro.
   Will Turner, trattenuto sottocoperta da Élodie Melody con inutili chiacchiere, udì le grida di Elizabeth solo quando fu troppo tardi: si precipitò sul ponte, urtò Barbossa che gli ostacolava la strada e si sporse oltre il parapetto.
- ELIZABETH!!!- gridò anche lui di rimando, allungando una mano verso l’amata. Ma ormai era troppo lontana, ferma su quel pontile di Tortuga, a guardarlo mentre l’abbandonava al suo destino.
   Will inseguì la sua magra figura fino a poppa, fin quando non gli restò che scegliere tra buttarsi in mare per raggiungerla o continuare il suo viaggio senza di lei. Strinse i pugni sul legno, vi poggiò la testa: gli scoppiava. No, no, non voleva lasciare Elizabeth, per nulla al mondo!
   Maledetta Élodie Melody...lo aveva ingannato.
   Will si drizzò, negli occhi più rabbia che paura, e a grandi passi ripercorse il ponte, diretto alla scaletta di sottocoperta, da dove appunto il capitano della Madreperla era appena sbucato con un sorriso soddisfatto sulle labbra:
- Perché non avete atteso che anche gli altri miei compagni salissero?- ringhiò Will contro di lei.
   Élodie lo sbirciò maliziosa da sotto la tesa del cappello, arricciando con le dita una ciocca di capelli: e ancora quel sorriso strafottente che non perdeva mai, sul viso, per nulla impaurito.
- Su questa nave c’è già troppa gente.- rispose, con calma – Non c’è bisogno di altri pesi inutili.- e superò il giovane, spavalda, impartì altri ordini e si sistemò a prua, senza nemmeno attendere una risposta. Il vento si insinuava tra i suoi capelli, e la luna le accarezzava i tratti resi più duri da quella vita sregolata.
- Andrew, vira a tribordo!- gridò poi – Dirigiamoci fuori dalla baia!-
   Andrew, al timone, obbedì. Con un colpo secco fece ruotare la barra e la nave cambiò direzione in un attimo. I marinai resistettero al brusco strattone, lupi di mare ormai abituati alle insidie dell’esistenza; Will e i suoi compagni, invece, persero l’equilibrio e finirono lunghi distesi sul ponte. In particolare, Will venne trascinato come da un’invisibile forza fino ai piedi di Élodie, che con strana delicatezza fermò il corpo del giovane con uno dei suoi stivali:
- Ti abituerai presto, Turner.- serafica, senza distogliere lo sguardo dal mare, il capitano della Madreperla assestò un calcio scherzoso (ma forse non poi così tanto) alla schiena di Will.
   Lui si resse in piedi massaggiandosi il punto dolente, guardando si sbieco quella che sapeva sarebbe stata la sua peggior nemica; e a lei non gliene importò proprio un bel niente.
- Vedo che la parola “gentilezza” non rientra nel vostro vocabolario, Capitano.- bofonchiò, irritato.
- In effetti l’ho tolta un po’ di anni fa...- pronta, sempre così maledettamente pronta a ribattere -...quando ho capito che in fondo non era altro che una parola.-
   Un breve silenzio.
- Qui non è come nel mondo dei ricchi, sai Turner?- Élodie si voltò verso di lui, gatta come non mai – Qui non c’è posto per le signorine.-
   Ancora una frecciata. Will, pur trattenendosi, riuscì a replicare:
- Avrei giurato che fra noi due la signorina eravate voi.-
- Solo in apparenza, Turner: ma non bisogna mai fidarsi delle apparenze, giusto?- lo spiò da sotto il cappello, e Will si accorse che probabilmente stava sorridendo del suo volto stizzito. Altro che signorina! Questo pirata sapeva il fatto suo...e la sapeva anche più lunga di lui.
- E comunque io mi chiamo Will.- puntualizzò il giovane, sentendo di essere a corto di argomenti.
- Lo so. Ma “Turner” mi risulta più congeniale.-
   Will strinse i pugni con forza. Odiava rimanere senza nulla da dire, soprattutto davanti a un dannato pirata! Se Élodie non fosse stata la sua ultima speranza per uccidere Davy Jones, non sarebbe mai e poi mai rimasto su quella tolda un minuto di più.
   E Tortuga continuava ad allontanarsi...e con lei, Elizabeth.
   Will si appoggiò al parapetto e osservò l’isola che si perdeva sempre di più nella notte, le sue luci farsi fioche e Elizabeth...
   Poi udì un canto. Flebile, quasi un sussurro della brezza, eppure così melodioso che al suo pari poteva essere solo un usignolo: lo ascoltò per un po’, beandosi di quella voce vellutata che lo faceva rabbrividire.
   Poco più tardi si accorse che quella dolcezza non era una canzone regalatagli dal vento, né un’illusione della sua mente provata: proveniva da qualcosa di reale, in carne e ossa, e non tanto lontano da lui.
   Élodie Melody stava cantando comodamente appoggiata alla prua che infrangeva le onde. Più che un pirata, quella donna ora sembrava una sirena: questo fu il pensiero segreto che attraversò Will per un attimo, perso a guardarla, quasi rapito. Per la prima volta, senza rammentarsi di Elizabeth.
   Eppure fu lo sguardo di un momento: Élodie si voltò, come se sapesse di essere oggetto di quelle attenzioni, e fissò il giovane con i suoi intensi occhi scuri. Will ebbe l’impressione di venie trapassato da un migliaio di spilli. Inspiegabilmente, il suo cuore perse un battito.
   Élodie continuava a fissarlo, a cantare, e non ebbe bisogno di inutili cenni per fargli capire che era di troppo. Will fece qualche passo indietro, e in un batter d’occhio si dileguò tra i marinai sul pontile. Obbediva alle sue volontà senza rendersene conto.
   Finalmente. A Élodie non erano mai piaciuti gli spettatori.
   Si concesse un altro sguardo al suo amatissimo mare. Già, amatissimo, vastissimo, pieno di pericoli, così selvaggio. Come lei.
   Un sottilissimo sibilo le giunse improvvisamente all’orecchio. Chiuse di scatto la bocca, e per la prima e ultima volta si sentì agitata:
- Andrew vira a babordo, subito!- gridò. Aveva un’esigua possibilità...
   Come la nave invertì rotta, una palla di cannone piombò nell’acqua, sollevando schizzi così alti che ripiombarono tutti sulla prua e su Élodie stessa.
- Che succede?!- strillò Barbossa, atterrito.
   Poi notò sullo sfondo scuro della notte una nave, non troppo lontana; e notò anche lo sparo di un secondo cannone, e un’altra brusca virata del vascello su cui si trovava per fortuna evitò il peggio.
   Ormai Andrew sapeva come muoversi.
   Élodie Melody lasciò la sua postazione e bagnata fradicia raggiunse il nostromo, al timone:
- Chi diavolo sono?- urlò questi, per farsi sentire al di sopra del sibilo di un’altra palla di cannone.
- Non lo so!- rispose Élodie – E non mi interessa!- e rivolta ai marinai – Caricate i cannoni! Pronti alla battaglia!-
   A quel grido di guerra, Will sentì il sangue gelarsi nelle vene: era stanco di combattere, e aveva bisogno di riposo, e non era sicuro che i suoi riflessi fossero abbastanza per salvarlo da una brutta fine.
   I pirati corsero a caricare i cannoni e armarsi di spade e fucili. Élodie si sistemò i coltelli da lancio alla cintura e preparò la sua pistola. La Madreperla veleggiava minacciosa verso il nemico, tenendosi però fuori dalla sua portata.
- Capitano, non sarebbe meglio lasciar perdere?- gridò Barbossa, di ritorno da una ricognizione a prua – Quella è una nave della Marina inglese! E per giunta una delle navi più veloci e bene armate della flotta. Io le conosco bene...-
- Zitto!- Élodie finì di caricare la sua pistola – Non sia mai che la mia Madreperla perda una battaglia per mare! Se non vuoi partecipare alla festa, grandissimo vigliacco, ritirati sottocoperta e stacci! Qui comando io.-
   La donna gli voltò sdegnosamente le spalle, si arrampicò sul parapetto e prese a salire una delle reti di corda legate ai pennoni, con un coltello ben stretto tra i denti. Si fermò solo quando arrivò a una posizione adeguata per controllare i movimenti della nave nemica. Aveva ragione, il pirata vigliacco, quello era un vascello della Marina: ma, incredibilmente, li stava sorpassando senza sparare altre cannonate. Era diretto a Tortuga.
   Élodie, il vento che le soffiava rabbioso sul viso, se ne chiese il motivo. Nessuna nave della Marina avrebbe mai perso l’occasione di catturare la Madreperla e lei, una dei pirati più astuti dei Sette Mari.
   Tutte tranne una, forse.
   Salì un po’ più in alto, giusto un paio di braccia, poi la nave nemica sparò un’altra cannonata: non nella direzione della Madreperla, anzi. Sparò un colpo dritto contro Tortuga.
- Ma che fanno?- gracchiò un pirata, dabbasso – Capitano, se continuiamo su questa rotta la speroniamo! Pronti all’arrembaggio!-
   La palla di cannone dell’altro vascello, intanto, era appena piombata sul porto dell’isola: ci fu un’esplosione di schegge e scintille dappertutto, unite a grida di sorpresa, di dolore, di rabbia.
   La nave misteriosa continuò imperterrita per la sua strada; la Madreperla l’aveva quasi raggiunta, anche se Andrew si teneva con la prua verso il mare aperto, pronto a fuggire se ce ne fosse stato bisogno. Certo che così rischiava di allontanarsi troppo dal bersaglio:
- FUOCO!- urlò Élodie, puntando il coltello davanti a sé. I cannoni della Madreperla si animarono d’un tratto, le pesanti palle di piombo partirono, ma affondarono nell’acqua accanto all’altra nave, senza danneggiarla.
   Stranamente, non ci fu risposta degli avversari. Élodie si insospettì. I suoi uomini erano già pronti a sparare di nuovo, ma lei li fermo con un altro ordine e gesti della mano dall’alto della sua postazione: disse a Andrew di virare in modo da avvicinarsi alla poppa della nave sconosciuta.
- Perché non l’attacchiamo con la nostra prua di ferro? Ci voltiamo a sorpresa...- cercò di protestare Andrew.
- Avvicinati, ho detto!- replicò ostinatamente il capitano.
   Aveva capito che in realtà l’altro vascello non aveva tempo per occuparsi della Madreperla: voleva Tortuga, per qualche assurdo motivo. L’attacco all’isola non era affatto cessato, anzi, dopo la prima cannonata era stato rinnovato con forza, quasi a volerlo abbattere, quell’insulso sputo di terra, patria e rifugio di tanti pirati, dove il rhum scorreva a fiumi come l’ambrosia nel paradiso degli dèi.
   Ma gli dèi si erano scordati di quel luogo da troppo tempo.
   Il porto e le prime casupole sul mare erano già state incendiate; per le strade si armava ogni uomo e ogni donna sopravvissuti ai piaceri sfrenati della notte, pronti a vender cara la pelle.
   La nave misteriosa si avvicinava all’isola con imperturbabile lentezza, quasi ad assaporare ogni scoppio, ogni lamento della morente cittadina.
   La Madreperla, leggera come una nuvola sul mare, cambiò rotta per dirigersi a poppa dell’avversaria. “Addio arrembaggio” pensarono sconsolati i pirati. “Addio Elizabeth” pensò Will, accasciato contro il parapetto, oppresso dalla disperazione e dal rancore, senza più speranze.
   Élodie osservò la sua nave scivolare agilmente a fianco dell’altra, mentre puntava verso il mare aperto. Seguì con occhi attenti ciò che accadeva sul ponte.
   C’era un gran fermento: uomini alle vele, alle armi, alle scialuppe, carichi di spade e baionette: volevano Tortuga, a ogni costo. Se non fosse partita per merito di quel Turner, Élodie sapeva che sarebbe stata già sepolta in mare, con la sua nave e i suoi uomini. Senza ombra di dubbio.
   Poi vide quell’uomo. Accanto al timoniere, nascosto da un tricorno e da un mantello blu.
   Si rese conto di conoscerlo. Fin troppo bene. Più di quanto avrebbe voluto. Lui si voltò verso di lei, la guardò intensamente: e i suoi occhi parevano dire “Solo per questa volta, Élodie Melody Sparrow”.
   La donna lo fissò sfumare nel buio: lo seguì con lo sguardo, fin quando potè, mentre la prua della Madreperla increspava le onde e si sottraeva al massacro. Élodie non diede l’ordine d’attacco, come invece si aspettavano i suoi marinaio. Si lasciò sfuggire quella bellissima occasione, quel bottino sicuro che era la nave inglese.
   Ferma su quella scaletta di corda, la donna pensò, rivolta alla luna: “Solo per questa volta, Lord Cutler Beckett”.
   Immediatamente le lacrime spuntarono agli angoli dei suoi occhi. Non avrebbe mai voluto ammetterlo a se stessa, ma nonostante tutto quell’uomo era ancora nel suo cuore: perché lo aveva amato, seppur in un insignificante, iniziale momento. Alcuni ricordi sono duri a morire: e quell’uomo, quel comandante, Lord Cutler Beckett era uno di essi. Era una parte di lei, anche se lei l’aveva rifiutato e sbeffeggiato, e gli era sfuggita.
   Un marito non è facile da dimenticare. Né un matrimonio mandato a monte per scegliere una vita avventuriera. Né Beckett né lei se n’erano dimenticati mai. Mai scordati di quel pomeriggio di pioggia, di quella stanza vuota, di quel biglietto lasciato sul comodino del loro letto. Il loro addio mai scambiato.
   E ritrovarsi nemici, dopo pochissimo tempo, scontrarsi sul ponte di una nave qualunque, riconoscersi e provare timore nel minacciarsi con le spade, i coltelli, gli sguardi.
   Scappare. Lasciarsi alle spalle il passato, sapendo che quello sarebbe tornato a galla, sempre. Cercare di non vedersi, per non farsi altro male; poi cercare di incontrarsi come per caso, forse per scambiarsi quelle parole mai dette.
   Ma in fondo Élodie Melody era un pirata. Lord Cutler Beckett un comandante di navi, un cacciatore di fuorilegge. E per una volta avevano lasciato che il loro cuore decidesse per loro.
   La donna scese e rinfoderò i coltelli. Nessuno le chiese spiegazioni di quella strana espressione sul viso. Meglio così. Lei non aveva voglia di rispondere a nessuna domanda. Voleva solo sotterrarsi nella sua stanza, sdraiarsi sul suo letto e riordinare lo scompiglio che quel fuggevole incontro don Beckett le aveva lasciato dentro.
- Perché non li avete attaccati?!- la aggredì Will Turner, camminando stretto al suo fianco –Tortuga è in fiamme e noi siamo la sua unica speranza! Avete intenzione di lasciare morire tutte quelle persone?-
“E di lasciar morire Elizabeth?” avrebbe voluto aggiungere, ma era tutto fiato sprecato: Élodie Melody non sembrava starlo ad ascoltare.
   Furioso, Will la strattonò bruscamente per un braccio:
- Mi sentite? Sto parlando con VOI!- sbraitò, pentendosi un secondo dopo di averlo fatto.
   Lo sguardo di cui lo degnò Élodie Melody era uno dei più gelidi che ricordasse. Ancora peggio delle parole che lei gli rivolse, con quel tono impertinente che mai avrebbe dimenticato:
- Peccato, Turner...io non sto parlando con te.-
   Élodie si liberò della presa di Will, e lo sfidò con il suo silenzio ad aggiungere altro alla conversazione, se ne avesse avuto il coraggio; e il giovane tacque, per sua fortuna e buon senso.
   Lei si voltò e si volatilizzò sottocoperta. Incredibile a dirsi, dalla ciurma non si levò un solo bisbiglio.

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Capitolo 7
*** Primo scontro con l'Olandese Volante ***


- 6 – PRIMO SCONTRO CON L’OLANDESE VOLANTE

 

   Un lampo accecò per un attimo la Madreperla, prima di sparire così com’era apparso all’improvviso. Seguì un tuono da far rabbrividire persino l’albero maestro.
   E ancora, tuoni, lampi, pioggia che scrosciava dal cielo, come se Dio avesse deciso che quello era il Giorno del Giudizio e per l’umanità e la terra non ci fosse più via di scampo.
   Sottocoperta, la ciurma si raccontava le bravate e beveva rhum. Persino Barbossa, Il Grasso e Occhio di Legno si erano guadagnati un posto in quella marmaglia dall’alito pesante e la lingua sciolta.
   Will invece se ne stava in disparte, appollaiato su una botte vuota, con un bicchiere riempito tra le mani, e fissava un punto indistinto tra le assi cigolanti della cambusa: pensava, o forse no, soffriva solo.
   Aveva un brutto presentimento, e una sensazione di malessere che non gli dava tregua ormai da troppo tempo: da quando aveva attaccato Élodie Sparrow, il giorno prima, con quella veemenza che non era da lui. Che motivo aveva, quali privilegi per rimproverarla delle sue decisioni?
   Lei era un pirata, e anche se poteva essere solo considerata quanto un fuorilegge o un mercenario, erano anni che viaggiava per mare; il suo mestiere (quale mestiere? Brigantaggio!) lo sapeva fare bene. Non per niente era sopravvissuta alla dura legge dell’oceano. Loro non sarebbero sopravvissuti a quella battaglia, quella notte, a Tortuga. Élodie era stata saggia, oltre che un’assassina.
   Will, anche se controvoglia, doveva riconoscerle un certo valore: per questo doveva anche chiederle scusa.
   Si alzò, posò il bicchiere. Sì, doveva farlo. Anche se gli bruciava, anche se Elizabeth poteva essere morta a causa sua. Senza che nessuno si accorgesse di lui, era già uscito dalla cambusa: percorse il corridoio fino alla porta della stanza di Élodie, ma appena appoggiate le dita sulla maniglia, il suo coraggio venne meno. Affrontare quella donna gli metteva ansia.
“Su, che ti prende?” Will scosse la testa e pensò in un lampo di lucidità che era da barbari entrare senza aver bussato; così alzò la mano per annunciarsi con una certa gentilezza, quando...
- Entra senza tante cerimonie, Turner.-
   La voce di Élodie, sempre dura, sempre sfrontata, lo chiamò da dietro la porta. Will si chiese come diamine avesse fatto la donna a sapere che lui si sarebbe presentato lì, a quell’ora, quel giorno.
   Aprì la porta con una certa cautela, sbirciando all’interno della stanza con aria inquieta, credendo di sentire l’odore di qualche incenso usato per l’arte della divinazione...
- Perché fai quella faccia, Turner? Hai visto un fantasma?- lo canzonò crudelmente lei: non perdeva occasione per farlo.
   Will entrò e si richiuse la porta alle spalle; si avvicinò al tavolo dietro al quale Élodie Melody era seduta e sorseggiava un bicchiere di ottimo rhum.
   Eccola: davanti a lui. Venere profana, circondata dall’intrigante fascino del male. Bella e dannata. O forse dannatamente bella.
   Ma Will poteva resistere:
- Io...- balbettò, scoprendosi senza voce.
- Sei venuto a presentarmi le tue scuse, per caso?- terminò lei la sua frase, e compiaciuta dallo sguardo attonito del giovane, incrociò le gambe sul tavolo e vuotò il bicchiere di rhum.
- Io...come fate voi a...- Will cercò di riprendersi.
- Io so farlo. Mi basta un’occhiata per capire di che pasta è fatta una persona: e di solito le mie previsioni si rivelano esatte. Vuoi sapere come ho fatto a scoprire le tue nobili intenzioni? Ho semplicemente atteso. Ne vuoi?- chiese mentre si versava dell’altro rhum.
- No, signora.- rifiutò lui, poi si corresse – Signorina.-
- Non è necessario che tu sia sempre così...- mimò una voce sdolcinata –...“fine”.- tornò seria – Non ostinarti a darmi del “voi”: alla lunga mi dà fastidio.-
- Sì, non volevo ferirvi...ehm, ferirti.- incespicò Will, torcendosi nervosamente un lembo della veste. E adesso, che dire?
- Siediti, su.- lo invitò lei, per la prima volta con una voce suadente e, avvenimento più unico che raro, quasi garbata – Davvero, siediti...prima che ti venga un collasso e tu svenga ai miei piedi.-
   Ecco, come non detto.
   Will si sedette sulla sedia che gli veniva offerta. Si sforzò di mantenere la calma e lo sguardo fisso su Élodie: non intendeva mostrarsi debole di fronte a lei. Specialmente di fronte a lei.
   Élodie lo teneva d’occhio, con quell’espressione che ricordava tremendamente Jack Sparrow, suo fratello.
- Sei così prevedibile, Turner...- la donna rise di gusto: la pipa venne tratta da un cassetto della scrivania e accesa.
- Peccato che tu non lo sia altrettanto.- borbottò a voce alta il giovane. poi temette che quelle parole potessero averla offesa.
- Detto da te, è un complimento, Turner.- Élodie aspirò forte dalla pipa, poi soffiò via il fumo, rovesciando la testa all’indietro.
   Possibile che riuscisse sempre a metterlo in difficoltà?
   Will si guardò le mani. Poi guardò lei, notò la bambolina di pezza che stava appesa al collo e si perdeva in basso, tra i seni. Distolse gli occhi in fretta e si impose di assumere almeno una parvenza di contegno.
   Purtroppo per lui, Élodie se ne accorse: e scoppiò a ridere.
- Sei così buffo quando cerchi di di fare la faccia seria, Turner!- tossì, il fumo le uscì dai polmoni in tante nuvolette scure – Quando ti arrabbi rischi addirittura di sembrare carino!-
   Tossì ancora. Più raucamente. Cercò di riprendersi, ma le servì un po’ di tempo...e un po’ di rhum.
- Tu non dovresti fumare.- le disse Will – Sei una ragazza giovane e hai una bella voce: che senso ha rovinarti così?-
- Il corpo è mio, Turner, e finchè la mia maledetta anima ci rimarrà attaccata lo strapazzerò come mi pare e piace. E poi fumare ogni tanto non fa male, sai? Non dirmi che non hai mai provato! Non sarai mica uno di quei damerini imbellettati senza spina dorsale, vero, Turner?-
   Will la osservò acconciarsi alla meglio una delle treccioline colorate che aveva nei capelli, mentre cercava una risposta: non fumava, non aveva mai fumato e non avrebbe fumato mai, ma on era un damerino imbellettato!
- Sono solo un povero diavolo...- mormorò sconsolato.
- Questa è la classica risposta di chi non trova nulla da dire per ribattere a una mia provocazione...- gli fece notare Élodie.
- Non è semplice rispondere alle tue provocazioni, Capitano.- replicò Will, un po’ irritato.
- Per te in particolare, Turner, giusto? Di’ la verità: ne hai conosciute poche di donne come me, vero? O hai conosciuto semplicemente poche donne?-
- Ne ho conosciute più di quanto immagini.- mentì Will.
- Ma non hai conosciuto l’arte della menzogna, a quanto vedo.- Élodie tirò una nuova boccata dalla pipa, mentre giocherellava svogliatamente con la bambolina di pezza – La tua faccia da bravo ragazzo ti tradisce, Turner.-
   Will odiava essere chiamato “Turner”; e ancor di più odiava la sua faccia da bravo ragazzo disponibile verso il prossimo.
- Non era una critica!- tentò di tranquillizzarlo lei, ma Will tacque. Troppe volte era stato oggetto di burle a causa della sua anima gentile, specialmente da parte dei pirati: Jack Sparrow non si lasciava scappare un’occasione per sbeffeggiarlo, ad esempio.
   Élodie lo osservava, avvolta nelle volute di fumo. La pioggia scrosciava contro i finestroni della stanza.
   Poi Will decise che, prima di sottrarsi a quella che per lui stava diventando una vera e propria tortura, doveva chiederle una cosa che gli premeva molto:
- Chi era l’uomo a capo della nave inglese? Quello che abbiamo risparmiato sacrificando Tortuga.- sottolineò per bene le ultime parole e ancora si trattenne dal dire “e Elizabeth”.
   La donna si irrigidì e lo fissò con un cipiglio seccato, come se fosse stata punta nel vivo:
- Non sono affari che ti riguardano, Turner.- sibilò, tamburellando nervosamente le dita sul tavolo.
   Finalmente un punto debole! Will insistette:
- Eppure lo hai lasciato andare. Un motivo ci sarà stato; un’intera isola e centinaia di persone falciate via per un solo uomo...-
   Élodie si alzò dalla sedia e sbattè le mani sul tavolo così repentinamente che il giovane sobbalzò per la paura:
- Le scuse per il tuo comportamento ben poco cavalleresco di ieri sono state accettate. Questa conversazione è finita.- sentenziò Élodie, e nei suoi occhi si scorgeva rabbia tenuta faticosamente a freno.
   Will, tuttavia, non aveva intenzione di lasciar perdere: si alzò dalla sedia e anche lui sbattè le mani sul tavolo, trovandosi faccia a faccia con la donna.
- Voglio sapere perché abbiamo lasciato morire tutta quella gente!- ribadì con accanimento.
- Non ficcare il naso negli affari miei, Turner.- lo minacciò lei, avvicinandosi – Per quanto tu sia attraente e gentile, e soprattutto fornito di monete, sei solo un uomo. E io non ti risparmierò se passi il segno.-
   Si sfidarono con lo sguardo per un lungo minuto, quasi testa contro testa. Élodie era veramente arrabbiata e non pareva essere in vena di accettare ulteriori repliche; senza contare che poteva avere qualche arma a portata di mano, e non avrebbe esitato a usarla.
- Fuori.- gli intimò la donna.
   Will fu costretto a cedere: al suo ordine, si ritrasse e se ne andò a testa alta, senza voltarsi nemmeno per scherzo.
   Mentre Élodie si riaccomodava sulla sedia, il giovane percorse il corridoio fino alla scala che conduceva sul ponte: se la prendeva con se stesso per esserci lasciato di nuovo abbindolare dall’abilità della donna. Il pensiero di rientrare in cambusa con il resto della ciurma non lo allettava per niente: la sua espressione corrucciata avrebbe suscitato non poche domande che lui non aveva voglia di soddisfare.
   Quindi salì sul ponte, dove la pioggia batteva incessantemente. Si fermò sulla soglia che lo divideva dalla plancia, e guardò fuori. Poi decise che aveva bisogno di calmarsi e allora fece un passo avanti: la pioggia lo colpì pesantemente, bagnandolo in pochi secondi. Ma Will preferiva di gran lunga trovarsi lì, sotto l’acqua, ed ascoltare il rumore della sua immaginazione ancora scossa, piuttosto che dentro, all’asciutto, con uomini che non avrebbero fatto altro che creargli più confusione.
- Non mi sembra esattamente la mattina più adatta per una passeggiata sul ponte.- borbottò qualcuno.
   Will alzò gli occhi e scorse al timone il nostromo Andrew: indossava un ampio tricorno e un mantello spesso almeno due dita, ma già intriso d’acqua. Chissà da quanto tempo era lassù, poi!
- Élodie ha trovato il modo di sconvolgerti di nuovo?- continuò l’uomo – Non hai una faccia rilassata...nè tantomeno allegra.-
   Come faceva quel tipo a sapere che era proprio colpa di Élodie? Che domanda idiota: era il nostromo della Madreperla da chissà da quanto tempo, e ormai doveva conoscere il suo capitano quanto la nave.
   Will non rispose. Non sapeva che rispondere. La pioggia scendeva improvvisamente più fredda sulla sua pelle.
- Ti prenderai un malanno qua fuori, ragazzo.- Andrew non gli diede tregua – Tornatene dentro, prima che...- si bloccò, aguzzò la vista, si portò una mano a proteggere gli occhi dalla pioggia: aveva scorto qualcosa all’orizzonte, ora più burrascoso che mai.
   Will si voltò per seguire lo sguardo del nostromo: oltre il parapetto della nave, nient’altro che pioggia, pioggia e ancora pioggia, e nuvole nere che parevano voler inghiottire quel mare agitato. C’erano lampi e tuoni che riempivano gli occhi e assordavano le orecchie...poi c’era lei.
   Alla luce dei fulmini, come un fantasma che ritorna dall’aldilà per perseguitare i vivi, era comparsa una nave scura, ridotta quasi a un relitto, che sembrava navigare a pelo d’acqua. Il vento gonfiava le vele stracciate e muoveva sinistramente la bandiera appesa al pennone. A Will pareva di poter udire lo scricchiolio e sentire l’odore marcio di quel legno umido. Non c’erano dubbi. Quel vascello era l’Olandese Volante.
   La pioggia ora frustava il viso di Will e lui non se ne accorgeva neppure: non riusciva a staccare gli occhi da quell’apparizione, che puntava dritta dritta sulla Madreperla.
- Altri pirati.- bofonchiò Andrew, che non poteva comprendere il pericolo cui andava incontro – Cercano guai? Sarà meglio che cambino rotta, perché non permetterò a questa nave di finire nelle loro grinfie!-
   Will, ripresosi dall’iniziale stordimento di sorpresa e terrore, si girò verso il nostromo:
- Non possiamo combattere contro quella nave! Quello è l’Olandese Volante! Non abbiamo i mezzi per sconfiggerlo!-
- Ah, e così quello sarebbe il famoso Olandese Volante?- ribattè Andrew – Allora è un’occasione d’oro...-
- Incosciente!- urlò Will – Virate a tribordo! Quella nave non può essere sconfitta! Virate, dobbiamo fuggire!-
- Élodie Melody non sarebbe d’accordo.- lo zittì il nostromo – Ragazzo, noi siamo pirati. E i pirati non si lasciano mai sfuggire delle buone occasioni.-
   Andrew allungò una mano verso la cordicella legata al sostegno del timone e tirò: una campanella si mise a suonare sottocoperta e un attimo dopo il tramestio di marinai all’opera raggiunse Will, sconcertato e impotente.
- Non potete farcela!- tentò ancora di convincere il nostromo – Nemmeno una nave come la Madreperla può abbattere l’Olandese Volante e il suo capitano Davy Jones! Sono maledetti!-
- Per favore, ragazzo.- lo schernì Andrew – Non disturbare ora. Guarda e impara.-
   I marinai si erano intanto riversati sul ponte ed erano corsi ai loro posti: chi a sciogliere le vele, chi a caricare i cannoni, chi a recuperare polvere da sparo e armi, tutti ugualmente pronti a dare battaglia.
   L’Olandese Volante si avvicinava come una belva nera si avvicina alla sua preda, ben sapendo che riuscirà a sopraffarla.
- Coraggio, uomini, prepararsi all’arrembaggio!- gridò Élodie, con in testa il suo cappello ornato da piume bianche; i vestiti già fradici di pioggia.
   Will udì la sua voce, la raggiunse di corsa:
- Non puoi vincere questa battaglia, Élodie!- cercò di dissuaderla – So quello che dico, credimi! Quella nave è dannata! E’ l’Olandese Volante, quella di cui ti avevo parlato, e il suo capitano non può morire per un colpo di spada o di fucile! Élodie, ascoltami! Aspettiamo di trovare lo scrigno con il suo cuore...-
- Turner, non credo alle tue favole! Se questo è davvero il vascello di cui mi parlavi, ben venga! Il mio incarico finirà molto prima del previsto e il tuo Davy Jones sarà morto prima di riuscire a dire “Ai vostri posti!”.-
   Il temporale si era fatto assordante e lo scontro con l’Olandese Volante era ormai imminente. Sul ponte della nave nemica, uno strano brulichìo aveva preso vita.
- Vira a tribordo, Andrew!- ordinò Élodie – E voi, pronti con i cannoni! Li colpiremo al fianco!-
- No, Élodie non farlo! – Will la afferrò per le spalle – Élodie, tutto questo è inutile!-
- Lo decido io cosa è utile e cosa no, Turner!- lo rimbeccò lei – Sul mare e sulle navi ne so molto più di te. Adesso, vai a prendere una spada e combatti da uomo! E LASCIAMI!-
   Sfuggì dalle dita del giovane e caricò la sua pistola, controllò i coltellini da lancio assicurati alla gamba con una cinghia e afferrò la spada che un uomo le porgeva:
- Forza, ciurma! Sapete cosa fare.- attese che l’Olandese scivolasse agilmente alla sua destra, poi gridò – Fuoco!-
   I cannoni spararono.
   L’Olandese Volante fu colpito duramente, e pezzi di legno volarono da tutte le parti: Élodie si abbassò proteggendosi la testa.
- Alle cime!- ordinò – Andrew, molla il timone e vieni a darmi una mano!-
   Il nostromo lasciò la guida della nave a un altro marinaio e brandì una spada; allo stesso tempo, l’Olandese sputò palle di piombo che centrarono la Madreperla, facendola sobbalzare.
- Tutti all’attacco! All’attacco!- capeggiati da Élodie, i pirati afferrarono le cime e saltarono sull’altra nave, incitandosi a vicenda con urla disumane.
   Il brulichìo che animava il ponte dell’Olandese si tramutò presto in no dei peggiori incubi che una mente possa partorire: mostri di ogni genere, mezzi uomini e mezzi creature marine, armati di tutto punto, si gettarono sugli avversari con foga inaudita. Gli uomini di Élodie diedero il meglio di loro stessi contro quegli esseri, ma per ogni braccio o gamba o testa tagliata ai nemici, almeno due pirati rimanevano feriti o perdevano la vita. Come vincere contro qualcuno che non può essere ucciso da una lama?
   I mostri, nonostante le gambe, le braccia e le teste recise, non morivano, e come se niente fosse andavano a cercare i moncherini per riattaccarseli al corpo. Non era possibile sopraffarli.
   Élodie, sgusciando abilmente tra un nemico e l’altro, aveva quasi finito le munizioni per la sua pistola, e affondava la spada in quegli esseri inutilmente. Il ponte dell’Olandese Volante era ormai tinto di rosso e viscido di pioggia. La donna menava fendenti senza fermarsi, cercava di farsi spazio per giungere alle cabine del comandante, o magari arrivare al timone; ma un numero sempre maggiore di mostri si frapponeva tra lei e il suo obiettivo.
   Si aggrappò a una cima per sfuggire a un nemico, si issò d qualche palmo e prese a oscillare. Sotto di lei, la battaglia infuriava. Si diede la spinta necessaria, sparò a due mostri e con un abile colpo di fianchi fece cambiare verso all’oscillazione: puntò i piedi contro il pennone, si spinse, e un attimo dopo era già molto più in alto.
   Saltò con agilità e si ritrovò sulla cabina del timone. Un colpo di fucile le sfiorò la testa. La donna ricambiò lanciando uno dei suoi preziosi coltellini.
   Poi un mostro spuntò da chissà dove e sorridendole arcigno le puntò una sciabola alla gola:
- Salve, bella...- con tono cavernoso, il nemico si leccò i baffi, contemplando il suo prossimo bottino.
   Élodie si sorprese terrorizzata: non tanto per la sorte che stava per toccarle, ma per l’orrore che aveva davanti agli occhi, irto di coralli e spine di pesci morti. E quell’orrore puzzava di un marcio nauseabondo.
   Poi, improvvisamente, una spada trapassò il petto dell'uomo-pesce, che si accasciò a terra con la bocca spalancata in un urlo soffocato: la sciabola cadde pesantemente ai piedi di Élodie, ancora bocconi, ancora spaventata.
   Le urla dei pirati e dei mostri si confusero in un sordo rumore di sottofondo; alla donna parve una visione la figura di Will Turner, con la spada insanguinata, accanto al nemico sconfitto, pronto a tenderle la mano.
   Élodie si scordò del suo orgoglio e si lasciò trascinare in piedi da lui: lo guardò, studiò per un attimo la sua espressione, che d’un tratto si era fatta più profonda e sicura. Notò le sue labbra tirate e i capelli incollati alla testa. E le sfuggì un pensiero.
   Poi il clangore del combattimento la assordò di nuovo:
- E’ una pazzia!- le stava gridando Will – Questi mostri non si possono uccidere! L’hai visto anche tu, Élodie...dobbiamo andarcene! Scappiamo! Ancora pochi colpi e la tua Madreperla affonderà!-
   Come inebetita, Élodie si voltò verso la sua nave: era crivellata di ferite, e alcuni alberi pendevano inerti, con le vele stracciate. Eppure, neanche quello le bastò.
- No.- mormorò quasi a se stessa – Non ce ne andremo.-
   Decisa, come sempre, ad arrivare in fondo alle cose, Élodie cercava ancora il suo unico bersaglio: il capitano dell’Olandese Volante.
- Élodie...- tentò di convincerla Will Turner – Vuoi rovinarti con le tue stesse mani?-
- Torna a combattere, Turner - gli ordinò bruscamente lei – e restaci finchè te lo dico io.-
   Con un agile balzo, la donna scivolò giù dal tetto della cabina: aggrappata a un bordo della copertura, spaccò con un calcio il finestrone e fu dentro.
   Al timone non c’era anima viva. Il vetro era incrostato di sangue e attraverso quello lei poteva vedere i suoi uomini e la Madreperla soccombere. I passi leggeri che udì sul tetto della cabina le fecero capire che Will Turner era tornato nella mischia. Élodie afferrò il timone e studiò il vento che gonfiava le vele.
   Aveva un’occasione.
   Girò il timone a tribordo e l’Olandese Volante si staccò dalla Madreperla con uno schiocco: il repentino cambiamento di rotta fu così tremendo da far andare a gambe all’aria chiunque si trovasse sul ponte.
   Élodie vide Andrew lanciarsi con una cima sull’altro vascello: meno male, la Madreperla aveva una via di salvezza...
   Poi avvertì un rumore, dietro di sé. Una spada sguainata.
   La donna si voltò di scatto e nella penombra, nel chiasso della battaglia, lo vide.
   Un mostro alto e massiccio, con la testa a forma di polipo e la barba fatta di tentacoli viscidi: sogghignava, e i suoi occhi, incredibilmente azzurri, luccicavano di selvaggia follia.
   Élodie puntò la spada contro il nemico, mentre con una mano teneva il timone:
- Hai coraggio da vendere, vedo...- iniziò il mostro.
- E anche abbastanza forza da infilzarti contro il muro, se mi provochi per bene.- ribattè la donna. Una goccia di sudore le scivolò lenta su una tempia.
- Non posso morire...- disse il mostro – Né mangiare, né bere...non ho nemmeno un cuore.-
- Sei Davy Jones, il capitano dell’Olandese Volante?- rincarò Élodie – Vieni alla luce, se sei un vero uomo!-
   Il mostro ridacchiò sinistramente, e altrettanto sinistramente fece qualche passo avanti, mostrandosi al debole spicchio di luce che proveniva dal cielo rannuvolato. Il disgusto di Élodie crebbe nel trovarsi più vicina a quell’anima dannata: i tentacoli della barba si muovevano sinuosi come serpenti sul petto di Davy Jones.
- Io non sono un uomo...- mormorò il capitano dell’Olandese – sono un mostro. E potrei ucciderti da un momento all’altro...Élodie Melody Sparrow.-
   La donna ebbe un sussulto: conosceva il suo nome? Eppure non si erano mai visti prima, né lei si era presentata, oppure...
   Come in una visione, un ricordo le esplose nella mente: la riportò indietro, sui palcoscenici adorni di oro e preziosi, nella vita che aveva disdegnato tanto tempo prima. La riportò sotto le luci di un teatro, poi nella platea di questo, e si vide mentre ringraziava qualcuno di essere venuto, mentre stringeva la mano di un altro, e senza farsi accorgere guardava verso un angolo buio a fianco del palco. Un uomo, che le porgeva il saluto con quel suo cappello largo, ricambiava la sua attenzione e sorrideva sdentato: fra i capelli scuri brillavano due meravigliosi occhi azzurri. Gli occhi di Davy Jones.
   Istintivamente, Élodie abbassò la spada. Lui se ne accorse:
- Mi riconosci?- fremette.
- Quel pirata...- sussurrò, senza voce.
- Non mi aspettavo di trovarti qui, sai?- le confidò lui – Dopo tanti anni...sei cambiata, Élodie. Anche io sono cambiato, come puoi ben vedere. Eri solo una ragazzina, Élodie, ma se solo tu sapessi com’eri bella...e dolce...e proibita. Io ti amavo, Élodie. E tu mi hai spezzato il cuore, sposando un altro uomo, solo per denaro. Certo, un pirata come me non poteva darti vestiti lussuosi, cibi prelibati, gioielli che non fossero rubati; ma tu...continuavi a interessarti a me, e ogni volta che uscivi sul palco cercavi nella folla il mio viso...non è così? Io credevo che il mio amore fosse ricambiato...ero pronto a venirti a prendere. Invece tu mi hai solo illuso.-
- Io...- balbettò insicura la donna.
- Tu, esatto, proprio tu.- Davy Jones si avvicinò – Io ti ho donato il mio amore povero e insignificante di pirata, e tu lo hai calpestato. Ho consacrato il mio cuore a te, Élodie, l’ho venduto al diavolo, per questo amore senza speranza, e mi sono ridotto così...per te.-
   Si avvicinò ancora, e Élodie credette di vedere i suoi occhi luccicare di lacrime:
- Non potrò morire fin quando non sarai tu a volermi uccidere, Élodie. Voglio che sia tu, a trafiggere il mio cuore, davanti ai miei occhi, se è questo che desideri veramente: vedermi morto. Oppure scegli me: scegli me, Élodie, anche se non sono l’uomo che hai sposato, anche se sono un mostro, lo vedi. Ma ti amo, Élodie. Ti amo davvero. E se sceglierai me, non ci sarà più nessuno a dividerci: nemmeno tuo fratello Jack.-
- Mio fratello...- ripetè la donna – E’ qui con te? L’hai ucciso?-
   Sentì che qualcosa le moriva dentro.
- Non so dov’è, ma so che l’ho ucciso, sì. Era un ostacolo fra noi...forse il più grosso.-
- Jack voleva proteggermi da te?- Élodie non capiva più nulla: lei e Jack Sparrow non si erano mai amati come fratello e sorella, se non in tenera età, e lei non capiva perché mai avrebbe dovuto difenderla. Gli aveva detto più volte e chiaramente di non intromettersi nella sua vita di pirata o che sarebbe andata a finir male.
- Jack era mio nemico, dolcezza...- tagliò corto Davy Jones – Ora non lo è più.-
   Élodie lo fissò senza avere il coraggio di muoversi. La battaglia non esisteva più, né per le sue orecchie, né per i suoi occhi. Quello che Jones le aveva confessato l’aveva turbata così profondamente da farle dimenticare tutto. Si sentiva come la protagonista di una fiaba quando l’orco sta cercando di soggiogarla.
   Quell’uomo, quel mostro, si era ridotto così...per lei? Allora William Turner aveva detto la verità...
- Io...- tartagliò Élodie, sollevando la spada verso Jones – Io devo ucciderti.-
   Era stata pagata per questo, no?
   Improvvisamente, qualcosa finì contro il vetro della cabina, mandandolo in mille pezzi con un fracasso terribile: un pezzo di legno, che poteva essere stato un pennone, entrò a forza nella stanzetta e ruppe un’altra parete, per poi conficcarsi ancora più a fondo nella nave. Un vento freddo, fortissimo, investì Élodie, che rabbrividì sotto i vestiti bagnati: esitava, aveva Davy Jones a portata di spada e non riusciva a vibrare il colpo. Perché?!
- Ritirata!- gridò attraverso la finestra rotta – RITIRATA!-
   Era troppo agitata per pensare con lucidità: aveva intenzione di rimandare i suoi dilemmi, anche se sapeva che probabilmente non era la scelta migliore. Ma era l’unica soluzione che riuscisse a vedere in quel momento.
   Davy Jones, invece, non ne voleva sapere di aspettare ancora: visto che aveva ritrovato Élodie, la sua amata, la sua stella, dopo tanta sofferenza, non voleva lasciarsela sfuggire. Si proiettò in avanti con il suo corpo massiccio, la spada ancora in mano: non aveva intenzione di uccidere, ma di abbracciare.
   Lei, tuttavia, credette che quel brusco movimento significasse un attacco e urlando sollevò la spada e la conficcò lì dove avrebbe dovuto esserci il cuore di Davy Jones.
   Lui non gridò nemmeno. Si lasciò trafiggere, e per nulla turbato continuò ad avanzare, finchè la lama di Élodie non fu immersa nel suo corpo molliccio fino all’elsa. Viso a viso, mentre i tentacoli della sua barba la accarezzavano viscidi, le sussurrò:
- Io ti amo.-
   Che fossero state quelle parole, o avere quel mostro davanti agli occhi, o visto che sulla spada non gocciolò nemmeno un rigagnolo di sangue, fatto sta che Élodie in quel momento decise. Decise di credere a Will Turner, di cambiare piani e cercare seriamente il cuore di Davy Jones per trapassarlo da parte a parte: si rendeva conto di non avere altra scelta.
   Intanto, il vento gonfiava le vele dell’Olandese Volante, e la nave si stava chinando su un lato: Élodie girò il timone al massimo verso tribordo, lo bloccò con un pezzo di legno e sentì che il vascello, sotto la spinta della forza della natura, si piegava sempre più da una parte. Si sarebbe presto ribaltato.
   Élodie si liberò a fatica di Davy Jones, abbandonò la spada e scappò da quell’infame cabina:
- Addio, Davy...- sussurrò quasi a se stessa – Perdonami, se puoi.-
   Scivolò abilmente sul ponte della nave, che si stava inclinando sempre più velocemente tra le urla di rabbia della ciurma dell’Olandese; si arrampicò sul parapetto più alto della nave, ormai messa quasi in verticale. Era il più vicino alla Madreperla, ormai libera.
- Capitano!- Andrew l’attendeva a braccia spalancate sull’altro vascello – Salta!-
   Élodie saltò, mentre l’Olandese Volante piombava su un fianco, spinto dal vento, e i mostri cadevano in mare. La donna si aggrappò all’altro parapetto, le gambe che volteggiavano nel vuoto, un attimo prima che la grossa nave giacesse del tutto sull’acqua. Rischiò di perdere la presa, ma due braccia forti la afferrarono e la trassero in salvo: Élodie si rifugiò tra quelle braccia, stanca e atterrita, cercando di reprimere un groppo alla gola.
   La Madreperla, ben più che ammaccata, arrancò via dal luogo dello scontro, lasciando l’Olandese Volante e la sua ciurma al loro destino.
   Élodie alzò lentamente gli occhi, si lasciò affondare nei vestiti di chi ancora la sorreggeva e la cullava:
- Sei ferita?- una voce che non era quella di Andrew. Era quella di Will Turner.
   Subito la donna si tirò su di scatto e si allontanò come se il corpo del giovane scottasse:
- Tutto bene.- lo informò gelidamente, pentita di essersi lasciata andare. Aveva la voce che tremava, e i suoi compagni la guardavano ansiosi: erano rimasti in pochi, una dozzina forse, fra cui anche Il Grasso, Occhio di Legno e Barbossa, anche loro piuttosto acciaccati.
   Andrew, grugnendo di insoddisfazione, si avvicinò al parapetto della Madreperla:
- Siamo messi male...- constatò – Dobbiamo fermarci da qualche parte per riparare i danni e recuperare i rifornimenti perduti. Sarà una faticaccia...ma almeno l’Olandese Volante non può inseguirci a breve, e non sa dove siamo diretti.-
- Dove siamo diretti, a proposito?- chiese l’impertinente Barbossa.
- Il più lontano che ci permette questo povero vascello...- rispose Andrew – Ma non faremo molte miglia.-
   Un marinaio, posizionatosi su quello che restava di un albero, scrutò l’orizzonte:
- Non siamo molto lontani dalla costa!- dichiarò – Riconosco questi luoghi: oltrepassato quel promontorio là, dovremmo essere vicini a Port Royal.-
(port royal?)
   Quel luogo ricordava a Will troppe cose: era lì che aveva conosciuto Elizabeth, era lì dove avrebbe voluto tornare a vivere con lei.
- Ci fermeremo a Port Royal.- sentenziò Élodie – Non possiamo fare altro.-

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Capitolo 8
*** Jack in prigione (per l'ennesima volta) ***


 7 – JACK IN PRIGIONE (PER L’ENNESIMA VOLTA)

 

   Sbarcarono con incredibile fatica in un’insenatura vicino alla baia di Port Royal. Essendo pirati, Élodie e i suoi uomini non avevano intenzione di fare brutti incontri con le forze della giustizia, specialmente adesso, che erano indeboliti dallo scontro con Davy Jones.
   Si divisero i compiti: i robusti marinai avrebbero lavorato sodo per riparare la Madreperla, mentre Élodie, armata di dobloni d’oro, sarebbe andata in città a comprare rifornimenti e nuovi ricambi.
- Posso accompagnarti?- si offrì Will Turner – Così sarai più al sicuro...-
- Hai molta fiducia nelle tue capacità, Turner...e così poca nelle mie. E dimmi, dovrei anche pagarti per farmi da scorta?-
- Come sei venale! Non voglio proprio un bel nulla da te, Élodie, tantomeno i tuoi soldi! Sto solo cercando di dare una mano! Mi sembra che tu ne abbia bisogno.-
   La donna, che camminava spedita davanti a lui, si fermò di colpo, voltandosi; per poco Will non le andò addosso:
- Ti ho chiesto qualcosa, Turner?- ringhiò lei – Ti ho mai chiesto qualcosa?-
- No...ma non importa.-
- So cavarmela da sola.- Élodie riprese a camminare, sempre più infuriata – Ho sempre fatto tutto da sola.-
   In verità, la compagnia di Will Turner non le sarebbe dispiaciuta, in un momento del genere, ma piuttosto che ammetterlo, prima di tutto a se stessa, era pronta a morire: non poteva permettersi che nella sua inespugnabile corazza si formasse una crepa.
   Will la seguì, tenendo il passo: non aveva intenzione di lasciare andare Élodie da sola a Port Royal. Qualcuno avrebbe potuto riconoscerla, e imprigionarla, o condannarla a morte: lui non voleva che finisse in carcere, anche se con lui era scortese, anche se era un pirata. Lui non voleva che il fascino di quella donna fosse deturpato da una mossa sbagliata. Non voleva che morisse.
- La tua sola forza non basta ad affrontare il mondo, Élodie!- le urlò dietro – Lo vuoi capire, una buona volta? non sto cercando di intromettermi nei tuoi affari, né voglio prevaricare la tua autorità. Voglio solo aiutarti...-
- E come pensi di potermi aiutare tu, inesperto e fin troppo onesto giovanotto?- replicò Élodie Melody – Tornatene con gli altri uomini e lasciami in pace!-
   Will la superò e le sbarrò il passo:
- Io non vado da nessuna parte se non con te, chiaro?- affermò perentorio – Voglio essere lì quando e se lascerai da parte un po’ della tua presunzione da pirata, Capitano.- sottolineò bene le ultime parole, e la labbra di lei si tirarono per la rabbia a stento soffocata – Perché sai, al contrario di te, io ho un cuore.-
   Élodie non avrebbe mai dimenticato quella frase; ci mancò poco che Will non fosse colpito da uno schiaffo in pieno viso.
   La donna superò il giovane, a testa bassa, chiusa in quel suo silenzio ostile: si avviò verso il pendio che conduceva alla strada per Port Royal, senza dire una parola, con il cuore, che pur esisteva anche se gelosamente custodito, in tumulto.
   Will rimase fermo, indeciso se seguirla o meno.
- Insisti, ragazzo!- gridò Andrew, che stava trasportando dei rami secchi – Ci sei quasi: insisti!-
   Will non volle capire ciò che il pirata stava cercando di dirgli fra le righe: tirò un profondo sospiro. Non si decideva ad andare con Élodie: le sue parole erano state troppo dure, e lei era chiaramente offesa. E lui, stupido, che gli era saltato in mente di offenderla? Era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, nonostante non negasse che Élodie se le meritava tutte, quelle ripicche.
- Allora, ti muovi? Io non ti aspetto, Turner...- gli urlò la donna, dal ciglio della strada.
   Come se fosse stata Elizabeth a chiamarlo, Will si fiondò verso di lei, preso da chissà quale frenesia, da chissà quale devozione, o amore, o paura.
   Élodie Melody attese che la raggiungesse, poi si avviò lungo la strada lastricata, il tricorno ben calato sugli occhi lucidi. Will le si affiancò: tentò di appoggiarle una mano sulla spalla, ma lei rifiutò. Camminarono in silenzio per un buon tratto. Il sole si alzò lentamente a picco su di loro; la strada si fece rovente per il calore. Will si asciugò il sudore dalla fronte. Élodie camminava spedita, senza dare segni di stanchezza. In lontananza, si scorgevano già i primi tetti di Port Royal. Il rimorso di Will non potè essere trattenuto più a lungo:
- Mi dispiace per quello che ho detto prima...- disse a bassa voce – Non lo pensavo, davvero. Mi rendo conto che le mie parole sono state troppo dure. E davvero mi dispiace.-
   Élodie non rispose.
- Immagino che ora tu ti senta ferita, avresti voglia di ammazzarmi, magari, ma non voglio continuare questo viaggio in silenzio: è troppo chiederti di degnarmi almeno di una parola? Insultami pure, se questo può farti sentire meglio...-
   La donna lo guardò con aria interrogativa e infastidita allo stesso tempo, ma non aprì bocca. Will cominciava a spazientirsi e il suo buon cuore di bravo ragazzo non avrebbe resistito ancora a lungo, in quel silenzio.
   Il giovane afferrò Élodie per un braccio e la scrollò:
- Parlami!- la supplicò – Ti prego! Non posso vederti così, Élodie, mi sento solo più in colpa! Fai qualcosa! Guardami, Élodie!-
   Lei non si girò a guardarlo. Non aveva voglia di parlare, tantomeno con chi l’aveva contestata davanti ai suoi uomini. Will non riuscì più a trattenersi. La scrollò più forte:
- Testarda che non sei altro!- le rinfacciò con veemenza – Non capisci che ti sentiresti meglio ad aprirti, invece che tenerti tutto dentro? Mi senti?! Sto cercando di aiutarti! Coraggio, insultami! Non è così che si fa tra voi pirati? Insultami, per Dio! Colpiscimi!-
   Allora Élodie lo colpì: in silenzio, con una maschera imperturbabile sul viso, gli occhi da pantera che saettavano di rabbia. Gli mollò uno di quei ceffoni che non si scordano più: così si liberò di lui e delle sue mani.
   Il viso di Will scattò da una parte, mentre le dita della donna si stampavano sulla sua guancia con una potenza inverosimile; il giovane barcollò, ma riuscì a mantenere l’equilibrio. Sorpreso e insieme soddisfatto di quello schiaffo, Will trovò il coraggio di sorridere: si voltò verso Élodie, che ancora se ne stava con la mano per aria, immobile, come se non si capacitasse nemmeno lei di tutta quella violenza.
- Ti senti meglio, vero?- le chiese amichevolmente Will.
   Lei si sistemò il vestito, cercando di prendere tempo. Poi disse la verità, perché quella le sembrava la soluzione migliore:
- Veramente...un po’ sì.-
- Riconosci che stavolta avevo ragione?-
- Forse sì, Turner...forse sì.- borbottò lei, ma non intendeva sbilanciarsi più di tanto: ci teneva a mantenere una certa figura, con Will. Certo, non voleva apparire sadica.
- Grazie per l’aiuto, Turner...- ricambiò a bassa voce, mentre si toglieva il tricorno e si sistemava i capelli.
- Prego...- masticò dolorosamente il giovane, massaggiandosi la mascella – E’ sempre un piacere esserti utile, Capitano.-
   Fu il modo in cui pronunciò quest’ultima parola, o forse l’assoluta e disinteressata gentilezza, a far sciogliere un altro po’ la corazza di Élodie: non era poi così male, la compagnia del suo giovane e onesto “nemico”.
   Ripresero a camminare. La donna dopo un po’ si avvicinò a lui, che ancora si massaggiava la guancia:
- Ti ho fatto molto male?- domandò, poggiandogli una mano delicata sulla schiena.
- Di certo non mi hai fatto bene...ma è meglio così.-
- Sei stato tu a costringermi...-
- Lo so. Non ce l’ho con te, infatti. Ce l’ho con me e con le mie idee cretine!-
   Risero assieme. Élodie per la prima volta fu affabile con lui, e non di lasciò sfuggire le solite battute da taverna. Fra spinte giocose, una carezza, un passo dopo l’altro, mentre l’uno cingeva la vita dell’altra, e l’altra faceva altrettanto, giunsero a Port Royal canticchiando.
   La ridente cittadina sprofondava in quel momento nel torpore pomeridiano che segue il mezzogiorno: le strade erano quasi deserte, con qualche bambino che rincorreva il suo cerchio di legno.
- E’ molto tempo che non vengo più qui.- sospirò Élodie, guardandosi intorno come se cercasse un ricordo dimenticato tra quelle case, quelle pietre assolate. Si tolse il tricorno. Il cielo era azzurro come l’oceano in calma e poche nuvole sfilacciate sfilavano pigramente verso l’orizzonte.
   Élodie si fermò a guardare verso il mare, e i suoi occhi scuri si fecero tristi: era nata e aveva vissuto su quel mare, e ora che non aveva mezzi per ritornarci immediatamente si sentiva sola e sperduta, senza qualcuno a proteggerla. Come una sirena smarritasi su una spiaggia deserta.
- Che ne dici di un bicchiere?- Will la scosse – Io ho una sete...-
   Lei acconsentì, anche se con una certa riluttanza: solo che anche lei aveva voglia di bere un goccetto. Perciò, entrarono in una taverna. Ordinarono due buoni bicchieri di rhum:
- Siete in ritardo...- bofonchiò l’oste – Ormai gli altri avventori se ne sono andati...-
- Buon vecchio John, sono io, non mi riconosci?- Will gli battè una mano sulla spalla – Sono Will Turner, quello della bottega qui a fianco!-
- Il fabbro?- l’oste lo squadrò da capo a piedi, dubbioso – Ma certo, l’aiutante del vecchio ubriacone, ora ricordo! Sei cambiato, ragazzo...-
- Tu no, a quanto vedo! Non invecchi mai!-
- Grazie, grazie, troppo gentile...e questa bella signorina che ti accompagna, chi è?-
   Élodie alzò di scatto la testa, il bicchiere di rhum tremò tra le sue mani: Turner, imbecille, perché aveva attaccato bottone con quel vecchio? Non sapeva che lei era ricercata per tutti i Caraibi, con una taglia così alta da far diventare barone un mendicante?
- El...Elizabeth.- rispose poi la donna, sparando all’aria il primo nome che le venne in mente.
- Molto lieto, Elizabeth.- il vecchio John le strinse la mano, poi si mise a pulire alla meglio il bancone – Siete di qui, cara? Ho l’impressione di avervi già visto...siete già entrata in questa locanda? Oh, ma forse no, non è posto per le signorine per bene quale voi siete...-
   Se solo il vecchio John avesse saputo che stava parlando con un pirata coi controfiocchi!
- No, lei viene da fuori paese...- intervenne Will, con un colorito pallido e sospetto sul viso – E’ mia amica. E’ venuta a trovarmi.-
- Certo, certo, ragazzo...- sorrise malizioso l’oste – Fatemi sapere a quando il matrimonio, la prossima volta!- e se ne andò nell’altra stanza, portandosi dietro un boccale di birra ancora da asciugare.
   Come sparì oltre la porta, Élodie rifilò una gomitata micidiale alle costole di Will, che si piegò in due dal dolore:
- Questo è per avermi quasi consegnata alla giustizia, Turner...- sibilò lei, bevendo poi fino in fondo il suo rhum. Poi ci ripensò e gli diede pure uno scappellotto sulla nuca:
- E questo è per non avermi chiesto cosa ne pensavo del nostro matrimonio!- aggiunse.
   Will arrancò:
- E chi ha parlato di matrimonio? E’ stata un’idea del vecchio John...-
- E a te cosa è saltato in mente di farti riconoscere da quello e attirare così l’attenzione anche su di me? Turner, non so se te ne rendi conto, ma io sono una fuorilegge.-
- Me ne rendo conto.- ansimò Will, rimettendosi faticosamente a sedere.
- Mi hai messo in difficoltà.- continuò lei – Quell’oste mi a preso in contropiede...ho dovuto persino scegliermi un nuovo nome! Se per malaugurata sfortuna, o semplicemente come stavo per fare, avessi risposto “Élodie Sparrow” sarebbe stata la fine! E poi, l’hai sentito, mi ha già vista da qualche parte...ci credo! Mi avrà vista con accanto la scritta “Ricercata”!-
- Perché hai detto “Elizabeth”?- la interruppe Will: il suo sguardo si era fatto triste e nostalgico, e lui non aveva l’aria di stare proprio bene.
- Che razza di domanda è?- replicò seccata la donna – E’ come chiedere perché non ho scelto qualsiasi altro nome! Mi è venuto in mente “Elizabeth” e con ciò? Cominciava con le stesse lettere del mio nome...-
   Will abbassò lo sguardo. Elizabeth...la sua Elizabeth...Tortuga in fiamme...Elizabeth che corre sul pontile...
- So a cosa stai pensando.- riattaccò Élodie – Pensi alla tua ragazza, vero? Quella di Tortuga.-
- Non credevo te ne ricordassi.- il tono di Will si era fatto acido, ostile: nonostante il fascino, nonostante l’aiuto che gli aveva dato, nonostante tutto lui non poteva non vedere Élodie come anche un’assassina.
- Me ne ricordo, Turner. Perfettamente...- una pausa. I due si guardarono di sottecchi – Non l’ho fatto con intenzione, Turner. Capisco che forse io nome “Elizabeth” non era il più appropriato. Perdona la mia fantasia...non voleva essere crudele con te di proposito.-
   Will si rigirò il bicchiere di rhum tra le mani.
- Mi dispiace, Turner...- e le dispiaceva davvero, stavolta, come poche altre volte in cui era stata costretta a dire quella frase.
- Capisco.- si limitò a rispondere il giovane.
- Mi dispiace perché, al contrario di quanto può sembrare, pure io ho un cuore, Turner.-
   Will alzò la testa, sorpreso.
- Solo che non si vede...- spiegò Élodie – perché lo tengo nascosto. E’ stato ferito troppe volte per esporlo di nuovo.-
   Sempre più incuriosito da quei discorsi che non erano da Élodie, il giovane abbandonò per un attimo la tristezza e indagò:
- E’ colpa di noi uomini?- chiese con voce che voleva essere di conforto.
- Uomini, donne...un mondo intero. Sono sopravvissuta per miracolo, e sono qui...- lei guardò Will – Vuoi che ti faccio alcuni nomi interessanti? Bene, tanto per dirne uno c’è il tuo caro amico Davy Jones...-
- Davy Jones?!- scolorì Will – Davy Jones ha seriamente a che fare con te? In che senso?-
- Aveva a che fare.- sottolineò Élodie – E’ stato tanto tempo fa.-
   Vuotò il bicchiere, i capelli biondicci le caddero sul viso:
- Mi amava.- rivelò poi – Mi ama ancora.-
“Ecco perché il suo cuore può essere trafitto solo da lei!” comprese Will, ma non fiatò:
- All’inizio la storiella che mi hai raccontato su di lui mi sembrava una vera stupidata – disse lei – ma ora penso che ci crederò. Penso che lo ucciderò...- esitò – perché trovi finalmente pace. Almeno lui.-
   Will annuì, quasi tra sé e sé: invece che un’avversaria stava scoprendo un’alleata. Ed era felice che fosse lei.
- E’ un impegno lodevole.- si congratulò il giovane – Mi sorprende che tu non l’abbia messo in pratica troppo in fretta.-
- Aspettavo i tuoi soldi, Turner: la giusta ricompensa per uno sforzo simile.-
   Invece che indispettirsi, scoppiarono entrambi a ridere, come due vecchi amici:
- Finisci il tuo rhum, forza.- lo incitò la donna – I miei uomini aspettano i rifornimenti: dobbiamo andare. Coraggio, bevi da vero pirata!-
- Non sono un pirata!- finse di indignarsi lui.
- Bevi da uomo, allora!-
   Will avvicinò il bicchiere alle labbra, ma gli venne da ridere e non riuscì a bere:
- Turner, non dirmi che non sei nemmeno un uomo!- scherzò Élodie.
- Che fai, provochi?-
- Parla per te, Turner, e finisci quel rhum: sprecarlo è un vero peccato...-
- Visto che ci tieni tanto, finiscilo tu.- Will le passò il bicchiere mezzo vuoto.
   Élodie accettò volentieri:
- Posso?-
- Serviti pure.-
- D’accordo.- Élodie si scolò il bicchiere, con assoluta nonchalance, poi si frugò nelle tasche dei pantaloni e nella scollatura del vestito – Ci vorrebbe proprio una bella boccata di fumo. Hai del tabacco, Turner?-
- Non fumo.-
- Oh, uff!- la donna si alzò e cercò qualche rimasuglio di pipa sugli altri tavoli e sul caminetto – In caso di matrimonio, saresti un consorte noiosissimo, sai? Ancora più noioso di Cutler Beckett.-
   A quel nome, Will si riscosse subito:
- Cutler Beckett?- ripetè.
   Quel nome gli ricordava qualcosa. Non era forse quello che aveva inseguito lui e Jack Sparrow, qualche settimana prima, su e giù per il mare?
- Il comandante? Lo conosci?- chiese a Élodie.
   La donna si voltò verso di lui e rise:
- Certo: è mio marito!-
   Will non fece in tempo neanche a riprendersi dallo shock, perché la porta dell’osteria si spalancò proprio in quel momento e una donna entrò tutta trafelata, chiamando a gran voce il vecchio John. L’uomo arrivò dalle cucine, spargendo un acre odore di pesce fritto tutt’intorno.
- Hai sentito le ultime nuove?!- boccheggiò la signora.
- No. E non mi interessa saperle da una civetta come te.-
- Stupido! Quello che è successo è davvero sensazionale! Ti ricordi di Jack Sparrow, il pirata?-
   A quel nome, Élodie e Will si lanciarono un’occhiata di intesa e ascoltarono più attentamente.
- Bene...- annuì la signora, vedendo che il vecchio John sembrava un po’ più interessato, ora – E’ stato catturato due giorni orsono; e domani lo impiccheranno!-
- Ma chi ti dà queste notizie? Jack Sparrow è morto, me l’ha detto una fonte sicura.-
- Anche la mia è una fonte sicura, lavora per il governatore! Non è un lurido lupo di mare come qualcuno di mia conoscenza...-
- Sentiamo: che altro c’è?-
- E’ stato ripescato più morto che vivo al largo, abbarbicato a un pezzo di legno. Una nave inglese si è premurata di rianimarlo e portarlo qui, a Port Royal. Ma l’hanno riconosciuto. Sai com’è Jack: ormai lo conoscono tutti, e non è certo il tipo che passa inosservato. L’hanno messo in prigione.-
- Dici che questa volta lo impiccheranno davvero?-
- Ci riusciranno! Stavolta è solo, senza alleati, con catene pesanti ai polsi e alle caviglie, ed è guardato a vista da almeno una ventina di gendarmi!-
- Macché ventina! Sì e no saranno in cinque, quei poveri disgraziati...immaginati che vitaccia, con quel fuori di testa che parla tutto il giorno e tutta la notte!-
- Lo metteranno presto a tacere.- concluse solennemente la signora – Verrai all’esecuzione, domani?-
- Sì, forse...- il vecchio John si voltò verso Élodie e Will, e credette di vederli così pietrificati dallo stupore e dal disgusto che ritenne opportuno allontanare in fretta la frivola donna.
- Ora vai, cara, ne discuteremo più tardi...- accompagnò fuori la signora, sbattendola in strada con gesti piuttosto rudi.
   Poi tornò indietro, con un sorriso abbastanza ipocrita stampato in faccia:
- Scusatela...qualche volta non ci sta con la testa.-
   Élodie e Will si guardarono: forse avevano pensato la stessa cosa.
   Entrambi si diressero fulmineamente verso la porta, Will lasciò qualche moneta nelle mani del vecchio John e lo salutò:
- A presto!- e raggiunse Élodie in strada.
- Allora Jack è vivo!- la donna sputò per terra – Carogna! Manigoldo! Gli taglierei la testa su due piedi, se l’avessi tra le mani-
- E pensare che io stavo architettando un piano per farlo evadere!- replicò Will.
   Élodie lo fissò con gli occhi sbarrati:
- Non avrai intenzione di farlo davvero, Turner!-
- Beh, Jack potrebbe esserci d’aiuto...-
- Turner?!-
-...visto che Davy Jones non si può uccidere, come credo tu abbia constato a bordo dell’Olandese Volante.-
- Come fai tu a sapere quello che ho constatato sull’Olandese Volante?!-
- Dal modo in cui ti stringevi a me, quando ti ho tratto sulla Madreperla, dopo lo scontro, mi sembrava fossi abbastanza sconvolta...e cosa può averti così sconvolto, se non affondare la spada nel corpo del tuo nemico e non vederlo stramazzare per terra?-
   Élodie distolse lo sguardo, sconfitta:
- Dobbiamo trovare il cuore di Davy Jones...- continuò Will – Nessuno sa dove sia finito, ora. Nessuno tranne Jack.-
- Perché mai? Non dirmi che è anche un indovino, adesso...- commentò sarcasticamente lei.
- Non è indovino, ma possiede una bussola capace di puntare l’ago nella direzione della cosa che più il suo possessore desidera...-
   Élodie aggrottò le sopracciglia:
- E’ una bussola magica?-
   Le pareva tutto così irreale...
- Esatto. E non c’è altro che ora Jack desideri di più se non vedere Davy Jones morto.- riprese Will – Di conseguenza, Jack sa dov’è il cuore che cerchiamo. Dobbiamo farlo uscire dalla galera, o addio progetti!-
   Élodie stentava a crederci. L’idea di tirar fuori di prigione suo fratello non le piaceva per niente. Ma, ragionò rapidamente, se Will Turner stava dicendo la verità, come fino a quel momento, allora non c’era altro da fare se non strappare ancora una volta Jack alla forca. Lei doveva uccidere Jones. Voleva ucciderlo. Senza l’aiuto di Jack e della sua bussola, però, non avrebbe fatto granchè. Era un pensiero amaro e duro, ma non poteva rischiare di trovarsi inerme e spaventata di fronte a quel mostro.
   Dopo alcuni minuti, a malincuore, accondiscese:
- D’accordo. Andrò a liberare Jack.- sbuffò, torturando la bambola di pezza che teneva appena al collo.
- Andremo.- la corresse Will.
- No, Turner. Andrò io, a liberarlo.- Élodie trasse da una tasca dei pantaloni il sacchetto pieno di dobloni d’oro – Tu andrai a comprare dei rifornimenti e a arruolare uomini per l’equipaggio. Il denaro dovrebbe bastarti anche per dei facchini. Li condurrai fino alla collina che nasconde la Madreperla e chiamerai i miei uomini per portare i viveri a bordo. Di’ loro di sbrigarsi a concludere il lavoro entro sera, perché tornerò con Jack tra qualche ora. In quanto a te, mi aspetterai là con il resto della ciurma.-
   Élodie fece per andarsene, mormorando piano un saluto, quando Will la fermò:
- Proprio non ci riesci ad accettare il mio aiuto, vero?- le fece notare a tradimento.
- Te lo sto chiedendo.-
- No, tu stai solo cercando di liberarti di me, per l’ennesima volta! Io non voglio essere lasciato da parte. Voglio esserti utile, perché questa è un’impresa comune, e c’entro anch’io!-
- Così mi sarai utile, Turner.- ribattè in tutta calma lei – Non ti avrei affidato un incarico così importante, altrimenti. Chi può essere più onesto di te? Chi non scapperebbe con quei dobloni d’oro che hai in mano, infischiandosene del mondo intero per condurre una vita da ricconi?- Élodie si voltò verso di lui – Solo tu, Turner. Io ho fiducia in te.-
- E da quando? Non mi permetti nemmeno di stare al tuo fianco contro le difficoltà!-
- Turner, ti ho chiesto un favore. Al resto ci penserò da sola.-
- Tu, Élodie? Penserai a tutto? Sei solo una giovane donna...- Will si morse presto la lingua, temendo di averla offesa. Élodie rise:
- Non sono solo una donna, Turner. Sono un pirata.-
- Critichi tanto tuo fratello, ma non mi sembra tu sia migliore di lui. Anche tu cerchi di fare sempre tutto di testa tua.-
- Due fratelli sono sempre due fratelli, Turner: devono pure assomigliarsi, in qualche cosa.-
   Élodie si ravviò i capelli biondicci, sfidando Will a dire altro. Lui non riuscì a dir nulla.
- A stasera, Turner.- lo congedò lei, girando i tacchi – E se io non dovessi tornare...tu parti.-   
   Con il tricorno calato sugli occhi, come a proteggersi dal sole, Élodie si confuse nella sottilissima foschia che lambiva Port Royal.

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Capitolo 9
*** Élodie e Will all'attacco ***


- 8 – ÉLODIE E WILL ALL’ATTACCO

 

   Will sprizzava rabbia e frustrazione da tutti i pori.
   Non solo non era stato capace di convincere Élodie a portarlo con lei, ma non aveva neanche avuto il coraggio di far valere le sue ragioni una volta che lei gli aveva voltato la schiena! Gliel’aveva data vinta, maledizione, e ormai non poteva più retrocedere dalla sua stupida decisione.
   Trovò i rifornimenti, gli uomini e i facchini, e li pagò profumatamente con i dobloni. Li condusse fuori città, su per la collina. Non rivolse loro la parola, solo bruschi ordini. Intanto, pensava a Élodie e alla sua magra figura che camminava a testa alta contro l’ennesima avversità: pensava al suo coraggio, alla sua determinazione. Pensava ai suoi occhi scuri e a quell’aria di chi sa di tenere la situazione in pugno.
   Mai altra donna, all’infuori di Elizabeth, gli si era stampata così indelebile nella mente. E quella sensazione strana, come un rimescolio in fondo allo stomaco...che significava?
   Fermò i facchini sulla cima della collina e li rispedì a Port Royal scarichi di tutta la merce e con le tasche piene di soldi. Gli uomini accettarono sorridenti una mancia che lui diede loro, e in cambio di questa non fecero troppo caso alla nave pirata che giaceva sulla spiaggia, oltre il pendio.
   Dopo che si furono allontanati abbastanza, Will si girò nella direzione della Madreperla: cercò di farsi notare da quelli sul ponte del vascello, sbracciandosi fino a farsi male.
   Andrew, occupato ad aggiustare il parapetto, si accorse di Will e prese il cannocchiale: lo appoggiò all’occhio e tentò di inquadrare la figura vagamente umana in cima alla collina.
   La trovò:
- Ehi, è il ragazzo!- esclamò sorridente – E quelle sono casse di rifornimenti! E nuovi uomini! Era ora! Grazie, Capitano...-
   Ripose il cannocchiale e si rivolse all’esiguo equipaggio, impegnato a lavorare sodo:
- C’è una novità, topi di fogna! Il nostro Capitano ci manda un regalino. Alzate quei fondoschiena pelosi e andare a recuperare le casse e gli uomini in cima alla collina!- riprese in mano il cannocchiale e guardò – C’è qualcuno che vi aspetta.-
   Subito la ciurma abbandonò martelli e assi per incamminarsi lungo il pendio. Andrew rimase un attimo in più per controllare con il cannocchiale che tutti gli uomini si dessero da fare per trasportare i rifornimenti e condurre i nuovi compagni sulla Madreperla.
   Ecco, Will Turner abbassava le braccia; sembrava far strani cenni in direzione di Andrew.
   Il pirata guardò meglio: il giovane stava battendo una mano su una cassa...forse sorrideva...e indietreggiava. Un ultimo cenno...
- Dove va?!- strabiliò l’uomo. Will Turner faceva marcia indietro, verso Port Royal – Ragazzo!-
   Il suo grido si perse nell’aria come il giovane si perse presto oltre la cima della collina.
 
   Nel frattempo, Élodie Melody Sparrow preparava il suo piano d’azione nella maniera più accurata: dopo aver rubato un mantello lungo e scuro, steso ad asciugare in un qualche giardino, si nascose in un vicolo buio e lo indossò sopra i suoi abiti. Per fortuna l’indumento era esageratamente largo, per questo in grado di coprirla tutta.
   Uscì in strada e si avviò con passo deciso e testa bassa verso le prigioni: ricordava ancora dove si trovavano, fin troppo bene. Durante la sua ultima visita a Port Royal, ci era andata pericolosamente vicino, così tanto che per la paura le si erano stampate nella mente.
   Teneva i capelli biondi raccolti dentro l’alto colletto del mantello, e nessuno fece caso a lei, alla sua figura solitaria; camminava spedita, Élodie, e intanto i ricordi si sostituivano ai pensieri. Ricordi di Jack, di lei bambina, della loro infanzia assieme e, tutto sommato, abbastanza felice: le interminabili cavalcate in groppa a una scopa, i duelli con le spade di legno. I sorrisi, gli scherzi, le giornate perse a rincorrersi lungo le strade lastricate di sole e di pioggia.
   Élodie attraversò senza fermarsi il quartiere povero di Port Royal, oltre il quale si ergevano le prigioni. D’un tratto, come colpita da una fugace sensazione, si bloccò di fronte a una casa diroccata. Fissò la porta traballante sui cardini arrugginiti, e senza neanche rendersene conto pensò che era proprio come la porta di casa sua: rivide suo padre, un pirata, che entrava sbattendo l’uscio, e che ubriaco fradicio caracollava nell’ingresso, biascicava parole irriverenti e tracannava rhum.
   Lei e Jack che scappavano nella loro stanza e trovavano rifugio nell’armadio traforato dalle termini, in attesa che si calmasse la bufera.
   Ma quello riguardava il passato. Élodie doveva pensare al presente, magari al futuro. Che ci faceva lì, allora, con una mano appoggiata alla porta ammuffita, quasi a volerla spalancare e tornare indietro nel tempo?
   Accarezzò il ruvido legno e continuò per la sua strada. Il rumore dei suoi passi risuonò sinistro, fra quelle case povere, fra quei tetti senza tegole.
   In quell’aria di desolazione, Élodie si mosse perfettamente a suo agio: imboccò vicoli bui, scavalcò cancelli, attraversò scorciatoie che solo lei conosceva. In silenzio, connaturata con quell’atmosfera grigia e spettrale, giunse alle prigioni.
   Erano un complesso che si estendeva poco discosto dall’abitato, lungo una zona verde adorna di alberi e piena di cespugli: edifici bassi e piani, circondati da guardie in uniforme, giacevano allineati con mostruoso rigore. In verità, quella era solo la parte esterna. Le vere segrete si aprivano in un intricato labirinto di corridoi e di celle, almeno venti braccia sottoterra. O almeno così avevano riferito a Élodie.
   La donna si nascose tra gli arbusti più rigogliosi e vicini al vialetto che conduceva alla porta di ingresso. Nessuno vide il suo corpo snello acquattarsi nell’erba, nella nicchia tra un robusto tronco di noce e i cespugli più fitti. Élodie si accucciò a terra e attese. Il sole era ancora alto: sentiva il suo calore darle coraggio.
   Studiò la situazione per un po’. Nessuno che entrasse o uscisse dalle prigioni, il viso delle guardie era la solita maschera impassibile e non c’era niente che impedisse a Élodie di mettere in pratica il suo piano: intendeva presentarsi come un messaggero di Cutler Beckett e fingere di avere una pergamena importante da consegnare al titolare delle segrete.
   La donna accarezzò la carta grinzosa della finta lettera, che teneva sotto il mantello: sopra vi era vergato un ordine di esecuzione immediata per Jack Sparrow, in una calligrafia molto simile a quella di Beckett.
   Élodie era un bravo falsario; e anche una brava attrice, dato che non era la prima volta che si fingeva un semplice messo, né la prima volta che si faceva scambiare per un ragazzo. Non poteva presentarsi a quelle guardie con gli occhi truccati e i capelli lunghi e biondi, la voce acuta, perché le sarebbero di certo state rivolte troppe domande. Intendeva modulare il tono, imitare i movimenti di un uomo, ed era sicura che l’avrebbero fatta passare.
   Si tolse il cappello e acconciò i capelli in modo da formare una crocchia, che poi fermò con un abile gioco di nodi e treccine; si ficcò il cappello a fondo sulla testa, in modo che il suo bel viso non fosse lasciato scoperto; legò un po’ più stretto il mantello.
   Pronta.
   Si voltò per un attimo verso ovest, dove immaginava fosse ancorata la sua Madreperla. Mormorò, come una preghiera:
- Conto su di te, Turner.- certa che in ogni caso la sua ciurma sarebbe scampata alla forca.
   In quanto a lei, ormai era in ballo; coglieva anche l’occasione per vendicarsi, fosse stata la sua ultima bravata. Non perdonava a Jack di averla lasciata sola contro un mondo intero, per seguire il loro padre pirata. Non gli perdonava di essersi finto un fratello maggiore fin quando non aveva avuto l’opportunità di andarsene incontro alla libertà, senza di lei.
   Élodie fece per muoversi e risalire il vialetto finchè non avesse trovato un posto lontano da occhi indiscreti per uscire dai cespugli. Ma ecco che mentre si muove con circospezione nel verde, nota qualcosa che la stupisce. Poi comprende in un battibaleno di che si tratta. Si avvicina.
   Furtiva e leggiadra come una volpe, Élodie guadagnò in un lampo l’inizio del vialetto, escluso agli occhi delle guardie a causa di una gigantesca quercia. Ma gli occhi di Élodie sapevano percepire cose di cui pochi si sarebbero accorti.
   Aggirato l’enorme albero, una volta sicura di non essersi sbagliata, la donna allungò le braccia e trascinò tra i cespugli il suo malaugurato imprevisto:
- Che diamine ci fai tu qui, Turner?!- sibilò dritto nell’orecchio del giovane – Dovevi essere sulla Madreperla! Idiota che non sei altro, stavi per mandare a monte tutti i miei piani!-
   Will scosse la testa piena di foglie e soffiò di rimando:
- Primo: io mi chiamo Will. Secondo: che pensavi di fare tutta da sola, Capitano? Là dentro ci sono come minimo cinquanta guardie: nemmeno se tu fossi il pirata più coraggioso su questa terra potresti batterle tutte!-
- E chi ha mai parlato di fronteggiarle? Conosci il significato della parola “astuzia”?-
- Se l’”astuzia” di cui parli è come quella di cui parlava Jack Sparrow, c’è solo da sperare!-
- Io non sono mio fratello; e tu non sei il mio aiutante, quindi fai dietrofront e torna alla nave!-
- Proprio perché non sono il tuo aiutante, né un tuo marinaio, non sono tenuto a sottostare ai tuoi ordini: quindi resto qui dove sto.-
- Turner, questa è una cosa seria! Non stiamo giocando a nascondino, sai?!-
- Appunto. In due avremo più possibilità: entriamo!-
   Élodie scosse la testa: inutile discuterne. Will Turner questa volta non avrebbe cambiato facilmente idea.
- Con te qui cambia tutto.- mormorò – Prega che mi venga un’idea più decente del tuo “Entriamo!”, altrimenti addio Jack!-
- La cosa non ti dispiacerebbe nemmeno, vero, Élodie?-
- Certo che non mi dispiacerebbe. Ma voglio quella bussola!-
   La donna si guardò intorno, si sporse un po’: come avrebbe fatto adesso? Doveva trovare il modo di portare con sé Will Turner, perché questa volta lui non avrebbe ceduto alle sue pretese.
   Poi vide qualcosa di interessante, dall’altra parte del vialetto:
- Ho un’idea.- disse, e guidò il giovane nella macchia al di là del vialetto, per poi nascondersi tra i cespugli.
   Poco più in là, un’ignara guardia si era allontanata discretamente dall’edificio per soddisfare un urgente bisogno corporale. Élodie le arrivò di soppiatto alle spalle; fece segno a Will di muoversi; prese una pietra, mirò per bene e lanciò. Il sasso colpì on pieno la nuca della sentinella, che stramazzò al suolo senza un grido; subito Élodie corse a trascinarla fra gli arbusti. Nessuno aveva né visto né sentito nulla.
- Vieni, Turner!- chiamò Élodie – Aiutami a svestirlo!-
- Che vuoi fare?!- volle sapere lui, mentre le dava una mano con riluttanza.
- Trasformarmi nella più diligente delle guardie.- rispose la donna, mentre si toglieva il mantello e il tricorno – Mettiti questi, intanto.-
   Will obbedì, mentre lei indossava l’uniforme della guardia sopra i vestiti e il cappello a due falde per nascondere le ciocche bionde.
- Così va bene?-
   Élodie si voltò verso Will, che la guardava interrogativamente:
- Il cappello...- disse, spingendo più a fondo il tricorno sulla testa di Will – Non devi mostrare la tua faccia...-
   Era così vicina a lui che Will poteva sentire il profumo della sua pelle: sapeva di libertà, passione, spregiudicatezza. Era così diverso da quello di Elizabeth...eppure così ugualmente irresistibile. Si sforzò di non pensarci.
   Poco dopo si trovavano sul vialetto, l’uno di fianco all’altra, pronti ad entrare in scena:
- Spero solo di non dovermi pentire delle tue azioni, Turner...- borbottò lei.
- Insieme ce la faremo. – le strinse per un secondo la mano – Coraggio, andiamo.-
   Si avviarono. Élodie mimò alla perfezione il passo rigido e cadenzato delle guardie, mentre scortava Will al portone di ingresso. A un accenno di movimento delle altre sentinelle, la donna sfoderò una voce incredibilmente bassa e vibrante:
- E’ un messaggero di Lord Cutler Beckett. Porta istruzioni per la condanna di un prigioniero. Lo accompagno io.-
   Le guardie ritornarono ai loro posti, senza aver nulla da dire in contrario. Élodie e Will entrarono: continuarono per il corridoio, senza sapere bene dove dirigersi. Le prigioni, viste dall’interno, sembravano ancora più imponenti e gelide.
   In fondo all’andito, trovarono una cattedra vuota. La sedia dietro ad essa era spostata, come se qualcuno fosse stato seduto lì e poi si fosse alzato. Ma nei dintorni non c’era proprio nessuno.
   Sulla scrivania erano posati, in perfetto ordine, una penna d’oca, una boccetta di inchiostro e un registro. Will e Élodie si guardarono. Will controllò che non ci fosse davvero in giro nessuno, poi aprì il quadernetto sulla cattedra: sfogliò alcune pagine, mentre Élodie teneva d’occhio la porta d’entrata.
   Will studiò attentamente ogni pagina, in cerca di un indizio: trovò un elenco dei prigionieri, alla fine del registro. Scorse i nomi, e trovò finalmente Jack Sparrow: era detenuto nella cella quarantasette.
   Non vi era nessun’altra indicazione. Dov’era esattamente quella cella? Will sfogliò di nuovo il registro, con mani tremanti d’ansia; ancora nessuno in giro. Strano...troppo strano.
   Élodie scrutava i dintorni con aria preoccupata: temeva una trappola, un imprevisto. C’era una calma innaturale.
- Una mappa!- esclamò Will, strappando la donna a quei lugubri pensieri.
   Il giovane prese un foglio di pergamena tra le mani, e lo studiò attentamente: cella quarantasette...
   In quel momento, si udì sbattere una porta. Will sobbalzò, e si affrettò a rimettere la mappa al suo posto. Il custode delle prigioni, notando i gesti veloci e nervosi del nuovo arrivato, chiuse a chiave la porta da cui era uscito per raggiungere in fretta gli ospiti.
- Desiderate?- esordì, fissandolo con occhi interrogativi.
- Io...- balbettò Will, con il cuore in gola – Cercavo...-
   La paura aveva cancellato ogni tono convincente dalla sua voce. Élodie diede una gomitata al giovane, ma questo non bastò a rianimarlo. Il sudore gli colava giù dalla fronte, copiosamente: non aveva mai mentito in modo così spudorato.
- Devo consegnare questo.- disse poi, cacciando la pergamena che teneva sotto al mantello in mano al custode – Devo scortare Jack Sparrow al patibolo. Immediatamente.-
   Il custode aprì la pergamena: l’avvicinò al viso, aggiustandosi gli occhialetti e leggendo attentamente quelle poche righe. Qualcosa gli aveva fatto sorgere un dubbio.
   Studiò il giovane Will, che era sempre più sulle spine: attendeva una risposta, un po’ troppo ansiosamente, notò il custode. Però il messaggio sembrava autentico...
   Élodie spostò sull’altra spalla il pesante fucile, in silenzio. Era a disagio. E se il custode non avesse abboccato al tranello? Non voleva essere costretta a tappargli la bocca per sempre: sarebbe servito solo a procurarle altri guai.
- Cella quarantasette.- affermò l’uomo dietro alla cattedra, e ridiede la pergamena a Will, che assentì.
- Venite.- aggiunse brusca Élodie, mimando alla perfezione la rude voce di una guardia: si diresse verso il corridoio di sinistra, seguita dal suo compagno.
- Un momento.- la richiamò il custode, avvicinandosi – Voi chi siete? Non vi ho mai visto prima.-
   Will sentì il sangue ghiacciargli nelle vene, mentre sul viso imperturbabile della donna non trovò posto nemmeno un brivido:
- Sono una recluta.- rispose prontamente.
- Sembrate un po’ giovane per fare la recluta.- il custode piegò il capo, nel tentativo di scorgere il volto di Élodie, ma lei si spostò con assoluta naturalezza.
- Mi hanno accettato.- frasi brevi e concise, per non scoprirsi.
   Il custode annuì con una smorfia:
- Andate.- li congedò, tornandosene alla sua cattedra.
   Will non potè fare a meno di sospirare di sollievo: gli girava la testa...
- Non è il momento di svenire, Turner.- mormorò Élodie, accanto a lui – Muoviamoci.-
   Ripresero il loro cammino e ben presto sparirono alla vista del custode. Will, che aveva avuto il tempo di dare un’occhiata significativa alla mappa delle prigioni, la guidò lungo i corridoi bui.
   Scesero delle scale, e pian piano la luce delle finestre scomparve per lasciar posto a file di fiaccole che puzzavano di olio:
- Sei sicuro che sia la strada giusta, Turner?- chiese Élodie, dopo che ebbero camminato un bel po’.
- Dovrebbe essere da queste parti...- Will imboccò un altro corridoio, ma si fermò, indeciso.
   Si guardò attorno. Si avvicinò a un paio di celle vuote: segni evidenti sul muro le denotavano come numeri trentacinque e trentasei.
- Credo sia la strada giusta.- affermò Will, e continuò in quella direzione, seguito da Élodie.
   Mentre procedevano, l’aria diventava via via più pesante e ammuffita, e si riempiva di lamenti, gemiti, grida, che crescevano di intensità ogni secondo di più.
   Élodie, nonostante mantenesse un’apparente e perfetta calma, sentiva crescere il disagio dentro di sé: quella semioscurità, quel gelo che aleggiava nei corridoi e la pungeva da ogni parte non contribuivano certo a farle mantenere l’autocontrollo. Le celle, che poco prima si erano bruscamente interrotte, ripresero a susseguirsi velocemente dietro l’angolo del corridoio, come tante tombe delimitate da sbarre.
   Will avanzò deciso accanto ad esse, senza degnarle di un’occhiata; Élodie, stringendo il fucile rubato alla guardia, non osava dar loro il benché minimo sguardo.
   Aveva visto troppi morti. Troppi.
   Le grida si infittivano: qualcuno era sotto tortura. All’improvviso, quasi fosse comparsa dal nulla, una mano rattrappita si aggrappò disperatamente ai calzoni di Élodie: la donna urlò dal terrore, fece un balzo che la portò contro la parete del corridoio, il fucile già alzato contro invisibili nemici.
   La mano, privata della preda, si ritirò di nuovo oltre le sbarre da cui era venuta: un uomo, con il viso emaciato e incrostato di sangue, si affacciò dalla sua prigione.
- Pietà...- rantolò, incurante del fucile puntato contro di lui – Abbiate pietà...-
   Élodie, con il fiato mozzato in gola, fissò quel mucchietto di stracci e ossa che un tempo era stato un uomo; ora, solo un pallido fantasma in ginocchio. Will, agghiacciato, assistette muto alla scena.
- Pietà...- invocava il povero martire – Datemi...la morte...-
   I lamenti del torturato si facevano sempre più acuti e lancinanti. Élodie chiuse gli occhi. Sudava, sotto quegli abiti che non le si addicevano. Un’indescrivibile pena nel cuore.
   Il prigioniero la supplicava:
- Dammi...quello che mi spetta...tu, Giustizia, giustiziami ora...-
“Non sono la Giustizia” pensava Élodie “Pirata, ladro, imbroglione, chiunque tu sia, io non sono chi credi tu. Sono una tua sorella...”
- Élodie...- la chiamò fievolmente Will. Non potevano trattenersi ancora a lungo: rischiavano di essere scoperti da un momento all’altro.
   Ma Élodie non lo ascoltò. Abbassò il fucile, e se lo caricò in spalla; senza più paura né fretta si avvicinò alla cella e al suo occupante incatenato:
- Concedetemi una via di scampo a questo tormento...- la pregò l’uomo.
   La donna allora, anche se un po’ esitante, trasse qualcosa dallo stivale e glielo porse. Gli occhi del poverino si illuminarono:
- Oh, grazie...- disse, con voce flebile.
   Will non ebbe nemmeno il tempo di vedere: un secondo dopo, un coltellino era conficcato profondamente nel petto del prigioniero. L’uomo incatenato si accasciò con un rantolo, inzuppando i suoi stracci di sangue.
   Élodie recuperò il suo coltellino, lo pulì alla bell’è meglio e lo ripose al suo posto. Andò da Will:
- Cosa...?- fece il giovane, ma un gemito coprì il resto delle sue parole: il lamento proveniva dalla cella del supplicante.
   Élodie lo sentì: senza neanche pensarci, afferrò la pistola nascosta sotto la giacca, si volse e sparò. Il gemito si spense con l’ultima eco di quel colpo brutale.
- L’hai ucciso...- Will, sconcertato, si rivolse a Élodie – L’hai ucciso!-
- Solo in apparenza, Turner.- rispose lei, senza degnarlo di uno sguardo – Questo mondo in fondo è solo fatto di apparenze.-
- Ma...come hai potuto...?-
- Non sempre la pietà si veste di gesti puri e di grandi doni.- lo interruppe la donna – A volte la stessa generosità può sembrare crudele. Eppure quelle volte essa muove la mia mano come quella del misericordioso: c’è dunque differenza, in quei momenti, tra me e una persona giusta? In fondo, l’importante è sapere concedere pace a chi ne ha veramente bisogno. Anche la morta è un dono, a volte.-
   Élodie ripose la pistola e riprese a camminare:
- Andiamo, Turner...- lo sollecitò – prima che io sia costretta a uccidere qualcun altro...e non certo per pietà.-
   Come a rafforzare il significato di quelle parole, si udì un concitato rumore di passi poco lontano: Élodie e Will si appiattirono ai lati dell’unica porta che li avrebbe condotti al di là di quel corridoio e da quella pesante aria intrisa di odore di sangue.
   La donna sbirciò oltre lo stipite, mentre imbracciava il fucile: c’era una scala che scendeva ai piani inferiori, e un’ombra si stagliava nitida contro la parete illuminata dalle fiaccole. Qualcuno saliva velocemente i gradini di vecchio legno. Voci.
- Mi sembra di aver udito uno sparo.- disse un uomo – Vado a controllare.-
   Élodie si ritirò nella semioscurità e attese; Will, intanto, pregava di non dover assistere a un massacro.
   L’uomo a cui forse apparteneva la voce entrò repentinamente, oltrepassando la soglia e accorgendosi immediatamente del prigioniero morto; ma prima che potesse fare o anche solo pensare a qualsiasi altra mossa, Élodie lo colpì alla nuca con il calcio del fucile. L’uomo rovinò al suolo senza un grido.
   La donna e Will imboccarono la scala e scesero in fretta. Non avevano più tempo: presto il malcapitato si sarebbe risvegliato e sarebbe andato a cercare aiuto.
   Incontrarono un altro uomo, con ogni probabilità un torturatore: aveva l’abito schizzato di sangue. Tentò subito di attaccare Élodie, ma Will fu lesto a bloccarlo contro il muro e a tirargli un destro micidiale. Il nemico sbattè la testa contro le pietre, e svenne.
   Will guardò quell’avversario finito a tappeto e si spaventò: non credeva di essere così forte, e neanche così violento.
- Stai imparando, Turner.- si congratulò Élodie, battendogli amichevolmente una mano sulla spalla – Grazie per l’aiuto. Non so se sarei stata capace di sopraffarlo, questo...- e con noncuranza tirò un calcio al torace muscoloso dell’uomo.
   Will scavalcò il corpo, sempre più sconvolto da se stesso; mosse le dita indolenzite. Aveva già picchiato altri uomini, per proteggere Elizabeth. Ma mai, mai e poi mai gli era capitato di essere così pronto di riflessi, così veloce nel contrattacco, così furioso contro qualcuno che intendeva far del male alla sua donna.
   Ma Élodie non era la sua donna. Era il simbolo di una vita selvaggia, che Will non aveva mai voluto abbracciare: quella di un pirata. Eppure lui e Élodie si ritrovavano insieme sullo stesso cammino, in quella prigione, armati di coltelli e di intenzioni che andavano contro ogni legge, con il fiato sospeso a ogni rumore, come due fuggitivi. Si avvicinavano l’uno all’altra, inesorabilmente. E Elizabeth non avrebbe potuto tornare indietro per impedirlo.
   Svoltarono e finalmente trovarono quel che andavano cercando.
   Cella quarantasette.

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Capitolo 10
*** Nemici amici ***


- 9 – NEMICI AMICI

 

   Jack Sparrow se ne stava sdraiato comodamente per terra, gli occhi chiusi, le mani dietro la testa, e sonnecchiava di incontri fatali, di manette ai polsi e dei baci di Elizabeth.
   Ormai si era rassegnato alla sua imminente esecuzione: non aveva più compagni che potessero aiutarlo, e lui stesso non era certo di voler continuare a vivere perigliosamente, come un pesciolino in un mare di squali.
   La fortuna l’aveva già aiutato fin troppe volte; ed era convinto che prima o poi quella si sarebbe stancata di toglierlo di impiccio.
   Quel momento, evidentemente, era arrivato. Allora aveva deciso di attendere la fine così, tranquillo, sdraiato su quel pavimento freddo, nell’eco di grida e di gocce di umidità che si infrangevano a terra; godendosi gli attimi di silenzio come una manna dal cielo.
   Incrociò pigramente le gambe. Non mancava poi tanto, alla sua morte. Forse avrebbe dovuto disperarsi, ripensare con rammarico alle sue malefatte, dire addio alle sue scorribande, ai suoi compari dispersi, a Elizabeth, che ora e per sempre sarebbe rimasta con Will Turner.
   Avrebbe dovuto vergognarsi. O piangere. Ma per cosa avrebbe dovuto versar lacrime? Non voleva pentirsi di avere vissuto. In fondo, era felice così.
   Quando sentì quel rumore strano e insistente provenire da oltre le sbarre, come se stessero scassinando una serratura a viva forza, non si scomodò nemmeno ad aprire gli occhi. Probabilmente si era inceppata un’altra volta.
- Non affannatevi, amici...- mormorò, con il solito tono irriverente – Non ho poi così tanta fretta di morire.-
   Poiché i rumori continuavano a rimbombare tra quelle quattro mura in modo a dir poco irritante, e nessuno si degnava di rispondere alla sua provocazione, Jack si tirò su a sedere, grattandosi la schiena. Aprì oziosamente gli occhi. Poi li spalancò: sbattè le palpebre, incredulo.
   Will Turner era lì, in quella cella, con l’aria di chi vuole andarsene subito e in fretta; la sua faccia da bravo ragazzo non era cambiata, notò Jack.
   Sorrise. William Turner gli era sempre stato simpatico, da quando aveva cercato di consegnarlo alla giustizia a quando erano salpati insieme per cercare il tesoro di Isla Muerta, a quando Elizabeth aveva scelto un amore pirata invece che una tranquilla vita al fianco del giovane.
   Ora, quello stesso giovane, che in teoria avrebbe dovuto odiarlo, era lì, deciso a tirarlo fuori dai guai. La cosa più strana, quella che aveva fatto strabuzzare gli occhi a Jack, era che Will non era venuto solo.
   Il pirata osservò con più attenzione la figura snella che accompagnava il suo amico: si trattava di una donna, che senza alcuna paura né perbenismo si era levata il cappello a due falde e aveva sputato, alquanto disgustosamente, per terra.
   Nei capelli biondicci ricamati con piume e perline colorate, nell’espressione strafottente e inconfondibile del viso, nella bambolina di pezza appesa al collo e uscita chissà come da quella stretta uniforme militaresca, Jack riconobbe Élodie Melody Sparrow:
- Sorellina!- esclamò, sfoggiando un largo, ironico sorriso e allargando le braccia quasi a voler accogliere un ospite gradito.
   In tutta risposta, Élodie si avvicinò repentinamente e gli mollò uno schiaffo che gli fece scattare violentemente la testa da un lato. Non che Jack si aspettasse un saluto migliore, visto che fra lui e sua sorella non correva buon sangue, ma quell’inaudita potenza e tutta quella rabbia lo lasciarono per un attimo senza parole, oltre che quasi senza denti.
   Con qualche difficoltà, una volta certo di poter ancora parlare, constatò soavemente:
- Mi sembrava strano che una donna non avesse motivo di schiaffeggiarmi.-
   In effetti, ogni volta che aveva avuto rapporti con il gentil sesso, non ne aveva ricavato altro che sberle.
- Io più di tutte avrei buone ragioni per darti tanti ceffoni, Jack...- ringhiò Élodie -...e ringrazia il Cielo se non mi sono ancora vendicata seriamente.-
- E’ una minaccia?- la provocò Jack, guardandola con fare altezzoso – Perché se è una minaccia provvedo a spaventarmi.-
- Faresti bene. Sono l’unica in tutti i Sette Mari che può tenerti testa...e tu lo sai.-
- Ero convinto che ti fossi rassegnata a fare da ultima ruota del carro, sorellina...-
- Non chiamarmi “sorellina”: non appartengo alla tua spregevole schiatta! A volte mi chiedo persino come puoi essere mio fratello...-
- Per quanto ne so io, siamo semplicemente usciti dal grembo della stessa madre.- il pirata si alzò in piedi, stiracchiandosi in tutta calma.
- Peccato che tu sia nato alla rovescio...fratello.- la donna strinse i pugni: non lo perdonava, non lo perdonava di nulla, nemmeno ora, così sgualcito e debole!
- Non è che poi a te sia andata meglio, Élodie.- replicò serafico Jack.
   Lei si sentì profondamente toccata. Con la bocca bloccata dalla rabbia e le mani che iniziavano a pruderle come non mai, riuscì solo a dire:
- L’erba cattiva non muore mai, vero Jack?-
- Nemmeno sua sorella.-
   Si fissarono con occhi dardeggianti di un’antica collera. Forse, se avessero avuto più tempo, si sarebbero sfidati a un duello mortale. Ma Will si intromise prontamente nella questione e distrasse i bollenti spiriti:
- Questo non è il momento per scannarsi a vicenda!- li redarguì aspramente – Dobbiamo andarcene prima che le cose si mettano male! Ho già controllato nel corridoio: non c’è nessuno. Andiamo!-
   Spinse Jack e Élodie fuori dalla cella. La donna imbracciò il fucile, pronta a far fuoco:
- Muoviamoci!- disse, e fece per dirigersi verso l’uscita.
- Un secondo!- Jack si aggiustò la casacca e i capelli annodati – Non vorrete lasciar qui i miei effetti, vero?-
- Sei il solito perditempo, Jack!- grugnì Élodie.
- “Sei il solito perditempo, Jack!”- bamboleggiò lui, facendo smorfie – Ma sentilo, il genio della lampada magica! E comunque io sono il Capitano Jack...-
- Certo, certo: e io sono una brava persona. Vai a prendere le tue cose e taci. Fai in fretta.- gli ordinò Élodie, tendendo le orecchie per captare eventuali rumori sospetti.
   Jack si diresse verso un tavolo abbandonato in un angolo: bofonchiò qualcosa mentre si chinava a perlustrare i cassetti, poi trovò quel che cercava e tutto contento ritornò dai suoi compagni.
   Per nulla spaventato o perlomeno impensierito, si muoveva con la solita scioltezza di un burattino nelle mani di un bravo teatrante, ovvero con un’incredibile e spregiudicata calma.
- A cosa devo l’onore di questo salvataggio?- chiese con assoluta tranquillità, mentre si sistemava il cappello in testa.
- Alla tua bussola.- rispose senza mezzi termini Élodie – L’hai con te?-
   Jack estrasse da una tasca il prezioso oggetto, sventolandolo vistosamente sotto il naso della sorella:
- Parli di questa?- ghignò – Un pezzo d’antiquariato davvero utile...-
   In quella, una campana iniziò a suonare: un grido di allarme.
- Ci hanno scoperti!- scattò Élodie – Lo sapevo! Dovevo ucciderla, quella guardia impicciona!- fece cenno a uno dei due compagni – Scappiamo, prima che ci catturino!-
   Spinse Jack e Will lungo il corridoio, il fucile in mano: gli echi della campana rimbombavano in quelle segrete come i tamburi del diavolo all’inferno.
   Quando i tre giunsero alla scala per i pian i superiori, le guardie scalpitavano nei corridoi sopra di loro, incitandosi a vicenda, vogliosi di nuovi prigionieri.
   Élodie si sporse sulla tromba delle scale e vide i soldati sbucare sul pianerottolo poco più in altro, scorgerla nella penombra delle fiaccole e additarla:
- Prendiamola!- urlò qualcuno, e poi le sentinelle si avviarono giù per le scale.
   La donna tornò indietro e si affrettò nella direzione opposta:
- Siamo bloccati! Dobbiamo trovare un’altra uscita: di qua!-
- Non potremmo discutere civilmente della cosa?- propose Jack – E’ proprio necessario correre come forsennati per poi farsi prendere in fallo, con la lingua che tocca terra? E’ alquanto indecoroso!-
- Jack!- lo rimproverarono Élodie e Will, afferrandolo sotto le ascelle e trascinandolo via – Da che mondo è mondo, i pirati scappano e le guardie inseguono! Non avrai intenzione di sconvolgere l’ordine naturale delle cose proprio in un momento simile! Razza di smidollato...-
- Semplicemente suggerivo di fare almeno una figura decente, visto che ormai siamo con le spalle al muro e, quanto a idee, brancoliamo nel buio! Comprendi?-
   Quella frase folgorò Élodie. Non potevano affrontare tutte quelle guardie assieme, erano troppe e loro troppo in svantaggio: occorreva aggirare l’ostacolo del numero.
   La donna si guardò attorno, in fretta:
- Spegnete le torce!- ordinò ai suoi due compagni – Spegnete quelle dannate torce!-
   Con un paio di colpi dalla pistola, lei stessa ne spense due; gli altri fecero il resto. Insieme si nascosero nel buio alla fine del corridoio, mentre all’altro capo le guardie si riversavano disordinatamente nella metà ancora illuminata.
- Bastardi!- inveì un soldato – Vogliono attirarci in trappola!-
- Andiamoli a prendere!- incitò un altro – Alla forca i figli di buona donna! Dritti all’inferno! All’inferno!!!-
   Nel corridoio echeggiò uno sparo. Una fiaccola in più si spense.
- Chi ha sparato senza il mio ordine?- gridò quello che sembrava il capitano delle guardie – Seguite me! Non fate di testa vostra, o quelli vi faranno fuori!-
   Nel buio, Élodie, Will e Jack con la bocca tappata da una sapiente mano, aspettavano l’occasione buona per far piombare l’intero corridoio nell’oscurità e scivolare abilmente fino alle scale: protetti dal gomito che faceva la muratura, si ritrovavano asserragliati a combattere per la sopravvivenza.
   Mancavano altre cinque torce. Élodie prese di nuovo la mira. Il colpo raggiunse una delle fiaccole e la spense.
   I soldati arretrarono, per un secondo sorpresi; poi si scagliarono in avanti, verso il buio e Élodie, provvista di munizioni e nessuna pietà.
- Fermi, sciocchi animali!- li fermò il capitano – Così facciamo il loro gioco! Non capite? Se ci avventuriamo alla cieca, quelli avranno tutto il tempo di ucciderci o di evitarci! Aspettiamo...-
- Cosa aspettiamo?!- tuonò un soldato – Credete che staranno lì a farsi prendere dalla stanchezza? Spegneranno le torce e raggiungeranno le scale in men che non si dica!-
   Élodie puntò la pistola. Due colpi, stavolta. Due fiaccole in meno.
- Allora li aspetteremo qui e proteggeremo le scale!- ribattè il comandante – Sono solo in tre, e questa è l’unica via d’uscita. Lasciate che vengano a noi!-
- Élodie, non lo fare!- Will posò una mano sul braccio teso della donna, ma la pistola aveva già lasciato partire un altro colpo, andato a buon fine. Era rimasta solo una fiaccola, ora.
- Se posso esprimere la mia piccola, insignificante opinione, direi che prima di spegnere l’unica torcia rimasta dovremmo almeno tentare di trovare un’idea migliore per fuggire. Propongo, in via del tutto eccezionale, di pensare a qualcosa con qualche minuto di anticipo.-
- “Pensare”, hai detto? Ma così ti autoescludi dal “noi”, Jack...- lo canzonò crudelmente Élodie – Non mi risulta che tu abbia un cervello.-
- Se è per questo, ti ricordo che sei mia sorella. Quindi solo il nostro caro William è in grado di tirarci fuori dai guai, con il suo genio e la sua proverbiale prudenza!- Jack battè una mano sulla spalla del giovane, che, ben poco lieto di essere chiamato in causa, si scrollò, profondamente a disagio. Era armato, ma non sapeva come muoversi e la cosa lo infastidiva non poco.
- Al diavolo la prudenza.- sussurrò Élodie, e la sua pistola sparò di nuovo: il buio completo si impadronì delle segrete.
   Il soldati gridarono per lo sgomento e si udì un tramestio venato di panico che a Élodie piacque davvero tanto: infatti, accennò ai suoi due compagni di seguirla e scivolò piano contro il muro.
- Non c’è proprio alternativa?- domandò Jack, ma Will lo zittì e lo spinse contro la parete – Perché dobbiamo per forza farci prendere?!- protestò di nuovo il pirata, ma si vide costretto a proseguire senza più fiatare.
   Intanto, sembrava che le guardie si stessero per un qualche motivo sparpagliando nel corridoio, inutilmente rincorse dal loro capitano, che ordinava senza sosta di rimettersi in riga. Qualcuno gridava “Al rogo!” contro gli invisibili nemici.
- Non ci sono!- urlò, frustrato, qualcun altro – Dove sono? Non si vede un accidente!-
- Venite fuori, vermi schifosi!-
   Ma Élodie, Will e Jack avevano già imboccato le scale e con la leggerezza di un gatto avevano varcato la soglia dell’altra stanza, abbandonando così il regno delle tenebre:
- Sbrighiamoci!- ingiunse la donna – Tra non molto verranno a prendere queste torce.-
   Come a sottolineare quelle parole, il capitano dei soldati beffati comandò di andare a prendere le fiaccole; quando le guardie si decisero ad obbedire, tuttavia, i tre fuggitivi erano già spariti in un altro corridoio.
- Quanto detesto aver sempre ragione...- sospirò Élodie, sistemandosi il cappello.
- Sapessi io!- rispose Jack – Se non fossi l’unica mia speranza per uscire di qui, giuro sulla mia povera Perla Nera che ti fuggirei come la peste.-
   La donna lo afferrò per un braccio e strinse con indescrivibile forza; lo stesso fece Will, a un cenno della piratessa.
- Ehi! Non dicevo mica sul serio! – si difese Jack – Ragazzi, non sarete un po’ troppo permalosetti?-
- Non è per te, sciocco.- abbaiò Élodie – E’ per conservare un po’ di dignità a questa divisa. Nel caso non te ne fossi accorto, è quella di una sentinella: potrebbe tornarci alquanto utile.-
- Più utile della mia bussola?-
- Più utile di te, Jack. Ora taci.-
   Giunsero all’atrio di ingresso, con Jack stretto tra i due compagni. C’erano due uomini, dietro la cattedra del custode: in uno di essi Élodie riconobbe l’uomo che aveva colpito con il calcio del fucile. Stava parlando, probabilmente della sua aggressione.
   La donna guardò Will, e Will ricambiò lo sguardo: le loro mentite spoglie non erano più una valida copertura.
- Perché quelle due facce assurde?- li richiamò Jack – Non sarà poi tanto difficile imbrogliare il custode...non è proprio quel che si dice “un’aquila”!-
- Vuoi stare zitto?- sibilò Élodie.
- Dopo aver conversato con il muro della mia cella per tanto tempo, mi farebbe giusto piacere scambiare due parole in modo normale, comprendi?-
- Io NON voglio conversare con te, Jack. Non voglio sprecare il mio fiato.-
- Ma se ne hai sprecato fino adesso per rispondermi!-
- E infatti mi dispiace assai, ma ora sta’ zitto!-
   Erano giunti vicino alla cattedra del custode e l’uomo in questione li stava fissando con occhio indagatore.
- Abbiamo sentito del trambusto.- iniziò Will con malcelata apprensione – E’ successo qualcosa?-
- Due intrusi.- rispose il custode – Il signor Fiennes, qui a lato, è stato aggredito ed è svenuto, colpito dal calcio di un fucile o di una pistola. E’ convinto che gli estranei siano due, ma non li ha visti bene. Un prigioniero è stato ucciso: di questo, però, è sicuro.-
- Un prigioniero ucciso?- ripetè Will, fingendosi sorpreso – Perché?-
- Saperlo!- replicò il signor Fiennes – Le guardie stanno perlustrano le segrete per stanarlo, il perché!-
- Non penso lo troveranno.- s’intromise Jack, sogghignando. Will gli rifilò un calcio alla caviglia e Élodie approvò con tutto il cuore sotto la maschera impassibile del viso.
- E’ il vostro prigioniero?- continuò il custode additando Jack, rimasto a bocca aperta per il dolore.
- Sì. Lo conduciamo fuori...- Will fece per avviarsi, quando s’avvide che il portone di ingresso era inconfutabilmente, irreparabilmente chiuso. La sbarra di pesante legno era calata. Il giovane sentì che gli mancava il respiro, che il suo coraggio veniva meno: erano in trappola!
- Perdonate...- il custode si fece avanti, gentile – Abbiamo chiuso la porta principale per non permettere ai fuggitivi di scappare così facilmente: c’è un’altra via, però. La guardia ve la indicherà...- e l’uomo invitò Élodie a eseguire l’implicito ordine, ma lei non si mosse.
   Non conosceva nessun passaggio secondario.
   Non conosceva nessun’altra via di scampo.
   Esitò. Jack sentì il respiro della sorella farsi leggermente più affannoso, giusto quell’attimo da permettergli di avvertire la sua insicurezza: da lei dipendeva tutto quanto, tra cui la sua stessa vita.
   Dopo qualche secondo, Élodie conduceva suo fratello e Will nel corridoio opposto al quale da cui erano venuti, sperando che fosse la scelta giusta.
   Ma al signor Fiennes non sfuggì un piccolo particolare:
- Un momento!- tuonò l’uomo, e repentinamente si avvicinò a Élodie, la quale nascose prontamente il viso e la paura. Senza muoversi, attese che la guardia le si avvicinasse abbastanza e la esaminasse come le pareva più opportuno: egli le girava attorno, studiandola attentamente.
- Non ricordo di averti mai visto...- disse – Posso sapere chi diamine sei?-
   Le sollevò bruscamente il mento, e la guardò: nello stesso istante in cui si rese conto che in realtà quella guardia non era altri che un impostore, Élodie lo colpì con inaudita violenza allo stomaco.
   Mentre Fiennes si piegava in due dal dolore, il custode afferrò una spada che teneva sotto la cattedra e tentò di attaccare Élodie. Ma Will aveva già sguainato la sua arma e, lasciato Jack, di era precipitato a fare da scudo alla compagna, intenta a finire Fiennes di botte.
- Così non vale, ragazzi, anch’io ho diritto a un po’ di divertimento!- esclamò Jack, con le mani sui fianchi.
- Vuoi favorire?- rispose Will, mettendo a segno una finta e scaraventando il custode addosso al pirata.
   Jack Sparrow si ritrovò con l’uomo tra le braccia e una spada di piatto sul cuore, pronta a colpire: dimenandosi come un ossesso, il capitano della Perla Nera si scrollò quel pericoloso peso di dosso, sguainò la spada e iniziò a combattere.
   Era ora di sgranchirsi un po’! Per troppo tempo Jack si era abbandonato ad un ozio forzato, e non gli pareva vero di poter tornare a essere il pirata di sempre, cappello alla mano, spada e lingua pronte a colpire.
   Il custode, a dispetto degli anni che dimostrava, si rivelò un osso abbastanza duro per lui: Jack impiegò un po’ di tempo e di fatica per farlo cadere a terra, evitare un paio di colpi ben assestati e farlo svenire con una stoccata dritta alla nuca.
   Mentre Jack era occupato, Élodie e Will pensarono a un modo per fuggire senza perdere tempo: si accorsero di una finestra non troppo alta, accanto al portone di ingresso chiuso.
- Vieni!- urlò Élodie, e si precipitò sotto la finestra, ma il muro era troppo liscio per arrampicarsi.
   La donna battè i pugni sui mattoni:
- Che cos’hai intenzione di fare? E’ fuori dalla nostra portata!- le fece notare Will.
- Niente affatto!- ribattè lei – Ce la faremo! Su, sollevami!-
- Come?- strabiliò Will.
- Sollevami, Turner!- gli ordinò lei – Allungami fino alla finestra! Devo spiegarti tutto?!-
   Will non sapeva proprio sa che parte prenderla, allora Élodie si arrampicò da sola sulle sue spalle, senza neanche chiedergli il permesso: non c’era tempo. Con il giovane che la teneva come meglio riusciva, la donna si issò agilmente sullo stretto davanzale interno della finestra e guardò fuori. Non c’era nessuno, nel vialetto, non c’era più nessuna guardia.
   Élodie cercò di aprire i vetri, ma erano sigillati; allora, senza neanche farsi un rapido esame di coscienza li ruppe con il calcio del fucile.
   Già udiva le grida delle guardie che ritornavano a mani vuote dalle segrete. Anzi, forse erano già nel corridoio.
- Turner! Sali!- allungò una mano verso il giovane, e lo aiutò a raggiungerla. Non credeva di essere così forte. Will si issò come se fosse stato una piuma e si appollaiò di fronte a lei: tutto fu cos’ improvviso che i loro volti quasi si toccarono.
   Incredibile. Élodie battè le palpebre, sconcertata. Turner le era stato veramente vicino. Troppo vicino. Aveva sentito il calore delle sue labbra sulle proprie, il suo respiro affannato, aveva guardato nelle profondità dei suoi occhi scuri. Troppo vicino.
   Ne era sicura. Qualche pollice in più e avrebbero potuto baciarsi. Chissà perché arrossì a quel pensiero. Ma si riprese anche in fretta. Simili debolezze non potevano essere prese in considerazione, specialmente nei momenti in cui non c’era tempo per pensare.
   Élodie scosse leggermente la testa. Will la intravide mentre dava un’occhiata fuori:
- Tutto a posto?- chiese gentilmente.
- Tutto a posto. Grazie.-
   “Grazie”? Will non credeva alle proprie orecchie: lei gli aveva detto “grazie”? Non credeva fosse ancora possibile...
   La udì mentre chiamava Jack con tutto il fiato che aveva in gola. Jack, tuttavia, non sembrava che la stesse troppo ad ascoltare. Liberatosi del custode, si era posizionato all’imboccatura del corridoio che portava alle segrete: poteva vedere le guardie che si riversavano nello stretto passaggio.
   Erano ancora lontane. Jack tirò fuori la sua vecchia pistola:
- Facciamo un po’ di tiro a segno...- ghignò tra sé e sé.
   Forse avrebbe dovuto fuggire, così a occhio e croce, ma la tentazione era stata troppo grande. Aveva già caricato un colpo in canna. Sparò. Colpì il cappello di qualche uomo, ne fece sobbalzare altri dieci. Poveri diavoli, gabbati da un solo bandito!
   Poi i soldati persero la pazienza: sfoderarono i fucili e puntarono. Jack fece appena in tempo a rendersene conto che una cascata di proiettili gli si riversò addosso; allora fu costretto a saltellare via a gambe levate:
- E’ decisamente ora di salutare questo posto!- sentenziò.
- Jack, da questa parte!- lo chiamò Élodie, a cavalcioni sul davanzale – Muoviti, idiota!-
   Il pirata corse fino alla finestra e spiccò un salto per raggiungerla: sua sorella provvide a prenderlo al volo, aiutata da Will. Lo fecero salire, pio scesero dall’altra parte dei vetri rotti, atterrando disordinatamente fra i cespugli. Il cappello di Jack volò poco più in là:
- Ahia, maledizione agli sterpi!- si lamentò il pirata, sbucando fuori con i capelli pieni di foglie.
   Élodie si rialzò spazzolandosi i vestiti: poi, notando che erano stracciati e sporchi in più punti, decise di toglierli e mostrarsi di nuovo con i suoi indumenti da pirata. Finalmente se stessa.
- Oh, il mio cappello.- Jack ripescò il tricorno da un cespuglietto di rovi accanto al portone principale. Al di là di esso, urla, colpi, una sbarra che veniva lentamente e faticosamente sollevata.
- Fra poco usciranno!- avvertì Will – Andiamocene!-
   Nessuno perse tempo a contraddirlo. Il trio si mosse agilmente tra le macchie di arbusti, allontanandosi il più in fretta possibile. Quando i soldati uscirono e si sparpagliarono lungo il vialetto, non ne trovarono più alcuna traccia.

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Capitolo 11
*** Il cuore di Davy Jones ***


- 10 – IL CUORE DI DAVY JONES

 

- Aaaaaah.....aria libera!- esclamò Jack Sparrow, allargando le braccia al cielo e inspirando profondamente l’odore salmastro del mare in lontananza.
- Jack, non c’è bisogno che tu ti faccia notare...- lo ammonì Élodie, guardandosi attorno circospetta.
- Che vita sarebbe senza un po’ di notorietà?- ribattè il pirata, tranquillo più che mai – Uh, delle mele! Le adoro!-
- Jack!!!-
   Troppo tardi. Jack si era già avvicinato al carretto del fruttivendolo, e senza che nessuno se ne accorgesse aveva già rubato un’invitante mela rossa, per poi dileguarsi misteriosamente nel nulla, come solo lui sapeva fare.
   Élodie sospirò pesantemente: suo fratello era sparito in un battibaleno e a Will stava venendo un mezzo infarto per l’ansia.
- Calmati....- lo rassicurò lei, carezzandogli il braccio – Non può essere andato troppo lontano. Vuole solo mangiarsi la sua mela in santa pace, senza essere rincorso: il che è una delle poche cose comprensibili che gli ho visto fare.-
- Quando Jack fa così, lo detesto!- sibilò il giovane, stringendo i pugni – Lo detesto!-
   Élodie ebbe l’impressione che la sua rabbia non fosse solo dovuta all’idiozia di Jack: leggeva negli occhi di Will qualcosa d’altro, qualcosa che lui teneva gelosamente nascosto e quel qualcosa lo ripagava con terribili sofferenze.
   La donna provò pena per lui. Chiamarono Jack, ma il pirata non si fece vedere.
- Tornerà presto...- disse Élodie, fermandosi a un lato della strada. Si sistemò meglio il cappello e si guardò in giro: a giudicare dalla posizione del sole, dovevano essere circa le sei del pomeriggio.
- Come fai a esserne così certa?- obiettò Will.
- Tornerà...quando si sarà accorto che non ha più questa.- la donna trasse dai pantaloni un oggetto familiare.
- La bussola!- proruppe Will, piuttosto sorpreso – Come fai ad averla tu?!-
- Mai sentito parlare di “furto”? O di “mano lesta”? – replicò tranquillamente Élodie – Nessun pirata non sa come rubare ciò che gli serve. Dovresti saperlo, Turner.-
- Io non sono un pirata!- ribattè Will, irritato – E non voglio diventarlo!-
- Eppure accetti di vestire i suoi panni ora....alquanto incoerente.- commentò lei, studiando la bussola. Era una scatolina malridotta munita di ago e coordinate scarabocchiate in fretta.
- Vediamo come si usa.- continuò.
   Guardo l’ago. Era fermo in una direzione che chiaramente non era il nord. Élodie provò a fare qualche passo nella direzione opposta a quella indicata, ma il puntello di metallo rimase al suo posto.
- Questa bussola non funziona!- eruppe – Non indica il nord!-
- Infatti. Indica la cosa che desideri di più al mondo...- spiegò lentamente Will, alle sue spalle.
- Ah...già. Quindi, se io desidero il cuore di Davy Jones, questa dovrebbe dirmi da che parte trovarlo?- Élodie si girò dalla parte indicata dall’ago – Allora noi dovremmo seguire quella strada!- additò un viottolo che si addentrava nella cittadella.
- E Jack?- chiese Will.
- Jack ci raggiungerà, se ne avrà voglia. Per quel che mi riguarda, può anche non farsi mai più rivedere, tanto ho quello che mi occorre.-
- Perché lo odii così tanto?-
- Ha tradito una promessa. Ma ora non intendo parlarne: abbiamo un compito da portare a termine, o no? Andiamo!- lo spinse da una parte, poiché le impediva di avanzare – Spostati!-
   Come il giovane rimase dietro di lei, tuttavia, accadde un improvviso e inaspettato cambio di programma. L’ago della bussola che Élodie teneva in mano puntò in tutt’altra direzione.
   Sorpresa, lei fece dietrofront e seguì la via indicata; fu costretta a spostare Will un’altra volta.
   L’ago cambiò ancora direzione. Élodie, ora spazientita, diede ancora retta allo strumento e si scontrò di nuovo con il giovane compagno:
- Ma insomma! Vuoi toglierti dai piedi?- sbottò.
- Sei tu che mi vieni addosso!-
- Io sto seguendo l’ago della bussola!-
- Ma c’è qualche problema.-
- Quando non lavoro da sola c’è sempre qualche problema, chissà perché!- Élodie fece qualche altro passo, ma la bussola le indicava di tornare indietro. Si voltò. Finalmente alzò gli occhi dal quadrante.
   Will si stagliava contro la luce del sole, immobile, indeciso.
   Élodie sbirciò l’ago: indicava lui. Aggrottò le sopracciglia; si spostò di poco. L’ago ruotò pigramente e puntò ancora Will.
   La donna allora fu folgorata da un pensiero
(la cosa che desideri di più al mondo...)
   Gettò a terra la bussola, come se scottasse. Esplose:
- E’ rotta! E’ solo paccottiglia!- e si appoggiò al muretto di una casa, nell’ombra. Le girava la testa.
   Will la raggiunse, le strofinò amorevolmente una spalla:
- Forse dobbiamo solo capire come fare a leggerla. – cercò di rianimarla – Forse è solo un momento...riproviamo.-
   Come poteva chiederle di riprovare? Crudele Turner...
- Non ci riesco...- bisbigliò Élodie, con il fiato mozzo: non aveva il coraggio di posare di nuovo gli occhi su quella bussola maledetta.
- Non possiamo abbandonare ora!- la scosse Will – Dobbiamo trovare quel cuore e... Élodie?- voltò la donna verso di sé – Élodie, cos’hai?-
   Rimase sbigottito nel vedere gli occhi della donna così lucidi:
- Stai...piangendo?- le chiese, preoccupato.
- Io non sto piangendo!- Élodie si asciugò rabbiosamente gli occhi leggermente sbavati di trucco nero. Strinse i pugni, quasi inconsapevolmente, prigioniera di un desiderio – Perché non te ne torni alla Madreperla, Turner? Sono stanca di averti sempre intorno. Sono già abbastanza cresciuta per non aver più una balia.-
- Io non me ne vado, te l’ho già detto e ripetuto. Questa è una missione troppo pericolosa...-
   Élodie lo guardò, e per la prima volta Will vide il dolore vero nei suoi occhi:
- Non te l’ho chiesto io di venire con me, Turner.- gemette la donna – Vattene!- lo scacciò. In verità non era una punizione. Lei voleva solo che fosse su quella nave e, se ne rese conto, soprattutto voleva che lui fosse al sicuro.
- Nient’affatto.- rifiutò il giovane – Voglio restare con te fino alla fine.- le prese le mani e le accarezzò con una dolcezza che nemmeno lui sapeva d avere mai avuto. Nemmeno con Elizabeth...
   Élodie abbassò lo sguardo: si costrinse a calmarsi. Le sue emozioni non dovevano avere respiro, non in un momento del genere.
- Su...- la incoraggiò Will – Guardiamo di nuovo quella bussola...-
   La donna si rilassò lentamente. Raccolse l’oggetto che aveva gettato per terra: non c’erano dubbi, quell’ago puntava Will. Di quel passo non avrebbero fatto molta strada, specialmente se lui le stava così vicino, se le toccava così le braccia...
   D’improvviso, ombra materializzatasi tra le ombre, Jack sbucò da dietro le spalle di Élodie e le sfilò con noncuranza la bussola dalle mani:
- Forse questa è meglio che la tenga io...- bofonchiò il pirata – Non vorrei che correste il rischio di perdermela.-
   Rimirò la sua bussola e sorrise: l’ago puntava in una direzione precisa, e lui sapeva che in quella direzione avrebbe trovato il cuore del suo peggior nemico Davy Jones.
   Fece per muoversi, poi ci ripensò; si voltò.
- Oh, continuate pure senza di me...- si rivolse a Will e Élodie, ancora semiabbracciati – Eravate così carini!-
- Non era niente di compromettente!- sbottò Will, imbarazzatissimo.
- Raccontalo alla tua cara Elizabeth...- insinuò Jack. Poi, come colpito da un pensiero, si irrigidì e chiese – A proposito, come sta la cara Elizabeth?-
   Élodie vide i pugni di Will stringersi, il suo volto contrarsi dalla gelosia. Vide la rabbia, quella rabbia che si cova a lungo, troppo a lungo.
- E’ morta, Jack...- sibilò il giovane – Ormai è morta.-
   Jack lo fissò intensamente, come se volesse sondare la profondità dei suoi occhi scuri, in cerca di qualcosa che tradisse quelle parole: quello che diceva Will non poteva essere la verità, non doveva essere la verità...
   Will restituì quello sguardo con furiosa insistenza. Per la prima volta, scoprì di essere felice che Elizabeth non ci fosse più: non avrebbe potuto sopportare di condividerla con Jack, o peggio, di rivederli insieme, e rischiare di vederli baciarsi accanto a un pennone, come era già successo. Non voleva ritrovarsi nel mezzo un'altra volta, né sentirsi così terribilmente fuori posto. Piuttosto che lasciarla a Jack, però, piuttosto che lasciarla a quell’essere zingaro, completamente opposto a lui, si accorse che preferiva ricordarla com’era e non rivederla mai più.
   Jack distolse lo sguardo. Un groppo gli salì alla gola, ma lui lo mandò giù senza neanche pensarci: in fondo, Elizabeth era stata solo una donna, per lui, una in più, che cambiava?
- Peccato...- finse di rammaricarsi – Un gioiello del genere perduto nel mare... Be’, per quel che mi riguarda, è meglio che andiamo. Seguitemi.- liquidò il tutto in fretta, e cominciò a camminare nella direzione puntata dalla bussola.
   Élodie e Will si guardarono per un attimo; poi seguirono Jack con la spiacevole sensazione di avere qualche conto in sospeso. Ma c’erano altre priorità, non ultima quella di trovare quel dannato cuore.
- Muovetevi! La bussola parla chiaro...- li chiamò Jack, infilandosi in un vicolo – Credo di sapere dove ci porterà.-
- E dove? Sentiamo le parole dell’Illuminato...- lo schernì la sorella.
- Ho sentito...- la ignorò Jack – che pochi giorni fa una nave inglese ha fatto ritorno dal mare aperto con qualcosa di veramente importante nella stiva...-
- Come avresti fatto a saperlo? Eri in prigione!-
- Anche le guardie hanno bocche per parlare: e tu non sai quanto sono pettegole! In compenso, io ho buone orecchie per ascoltare, modestamente, e...-
- Taglia corto, Jack. Cosa c’era in quella stiva?-
- Indovina un po’...-
- Non può essere il cuore, Jack! Il cuore sarà sicuramente nascosto in qualche nascondiglio segreto su una qualche sperduta isola! Non può essere a Port Royal!-
   Jack si rivolse a Will:
- Non gliel’hai detto?- domandò.
- Non...ancora.- tartagliò l’altro.
- Cosa non mi avete detto?- si intromise la donna – Voglio saperlo subito!-
- Io e questo caro ragazzo abbiamo strappato il cuore dal suo bel nascondiglio segreto...- spiegò il pirata – e siamo riusciti a non farlo cadere nelle mani di Davy Jones. Tuttavia, proprio quando stavamo prendendo il largo, il cuore è misteriosamente scomparso...e il suo legittimo proprietario, cioè Jones, non poteva averlo, perché altrimenti non ci avrebbe inseguiti per due miglia, e non avrebbe abbattuto la mia povera Perla Nera, con il rischio di far saltare per aria anche il bramato tesoro...-
- Allora il cuore dov’è finito?-
- Probabilmente qualche simpatico ladruncolo traditore l’ha soffiato sotto il naso mio e di Davy Jones, per poi consegnarlo alle autorità inglesi. Magari ci ha ricavato anche un bel gruzzolo...-
- Tu sei stato salvato da una nave inglese!- intervenne Will – In paese lo sanno tutti. Possibile che tu non abbia sentito parlare del cuore, mentre eri a bordo?-
- Mi hanno portato subito a Port Royal e sbattuto in quella cella puzzolente. Il prezioso carico è arrivato solo dopo il mio “salvataggio”: però so che la nave che ha ripescato me e quella che ha portato qui il cuore sono lo stesso vascello...guarda caso.-
- A chi appartiene quel vascello?!- volle sapere Élodie.
- Sssst! Non farti notare!- la redarguì Jack – Sorellina curiosa, poiché oggi mi sento magnanimo, ti dirò anche il resto. La nave si chiama Bridget, e appartiene a Lord Cutler Beckett.-
   Élodie ebbe un tuffo al cuore, ma tentò di nascondere la sua inquietudine:
- Beckett?- ripetè.
   Will la guardò allusivamente.
- Sì, cara, il tuo nobile consorte.- la canzonò Jack – Ha incendiato Tortuga ed è tornato a casa con un bel bottino. Evidentemente, qualcuno doveva consegnargli il cuore al largo della costa e lui, da bravo e prudente stratega, ha pensato bene di chiudere la bocca all’unico che poteva sapere dove rintracciarlo, una volta che questi si fosse rifugiato sull’isola, come già Beckett aveva probabilmente previsto.-
   Will ebbe un sussulto. Élodie scattò:
- Dove stiamo andando?!-
   Jack si bloccò all’improvviso, fece cenno agli altri due di appiattirsi contro il muro. Indicò loro un edificio che costeggiava il viale d’accesso al centro della città, circondato da un bel giardino:
- Andiamo a casa Beckett.- sentenziò il pirata – A riprendere ciò che è nostro. Spero ci abbiano preparato da cena.-
 
   Scivolò cautamente nell’ombra e raggiunse il cancello che lo separava dall’abitazione; controllò in giro, controllò la bussola.
   La casa era alta tra piani, e l’ago puntava un luogo preciso: una finestra che dava sul giardino davanti alla casa, all’estremità sinistra dell’edificio.
- Ah-ah!- esultò – Ti ho trovato, finalmente.-
   In quel momento qualcuno aprì una finestra e guardò fuori; Jack si tuffò con grande prontezza di riflessi dietro al tronco di un albero, e da lì tenne d’occhio quel che accadeva. Una serva di casa Beckett si accingeva a pulire i vetri e, a giudicare dai suoi movimenti estremamente lenti, non doveva avere una gran voglia di compiere quel lavoro. In altre parole, significava che ci avrebbe messo molto, molto tempo. Troppo tempo.
   Poiché se ne stava seduta sul davanzale, era in una posizione perfetta per vedere chiunque si fosse avvicinato alla facciata della casa, e di conseguenza quell’accesso era, per il pirata Jack, negato.
   Appena la donna si distrasse un attimo, Will e Élodie raggiunsero il loro compagno:
- Che facciamo?- chiese lei, anche se dalla sua voce era intuibile che avrebbe volentieri superato l’ostacolo della serva nel modo più sbrigativo - Non possiamo presentarci così e dire “Salve, Madame, siamo venuti a prelevare ciò che ci appartiene, per cortesia, fate largo, grazie.”.-
- Possiamo entrare dal retro.- propose Jack.
- E cosa ti fa pensare che le porte sul retro siano aperte?- interloquì Will.
- Non ho detto che devono essere aperte. Semmai, troveremo qualcos’altro. Venite!-
   Jack ripose la bussola in tasca e si spostò furtivamente lungo il cancello finchè non fu fuori dalla visuale della serva; incrociato una pietra abbastanza grossa, vi salì sopra e scavalcò con un abile salto la recinzione.
   Invitò Will e Élodie a fare altrettanto, mentre si avvicinava con passo felpato alle cataste di legna ammucchiata sul retro ombroso della casa. Il sole cominciava a scendere all’orizzonte.
- Prima di questa notte io voglio essere lontana da Port Royal.- dichiarò Élodie – I miei marinai ci stanno aspettando. Muoviamoci!-
   Come si mossero, tuttavia, ebbero modo di accorgersi che dietro alle finestre che davano su quel cortiletto era in corso una specie di tavola rotonda: qualche testa ogni tanto si voltava e guardava fuori, annoiata, e solo per pura fortuna nessuno riuscì a vedere i tre mentre si catapultavano dietro una capannina malconcia.
- Dannazione!- inveì Jack – Proprio oggi dovevano fare una riunione familiare, questi?-
- Entreremo da un’altra parte. Guarda!- Élodie indicò qualcosa che se giaceva sull’erba, vicino a un angolo della casa – Una scala!-
   Rapidi, raggiunsero l’oggetto abbandonato. Mentre Jack controllava che nessuno li scoprisse, Will e Élodie alzarono da terra l’ingombrante arnese per appoggiarlo al muro. Ma era talmente pesante che da soli non riuscirono a controbilanciarne il peso e la scala sbattè violentemente contro i mattoni della parete.
   Jack sobbalzò a tutto quel fracasso:
- SSSSSSSSHHHHHHH!!!- li redarguì aspro, gesticolando affannosamente.
   Assicuratasi che la scala tenesse, Élodie prese a salire i pioli: il vecchio legno scricchiolò sinistramente, ma quelli dentro la casa, impegnati in un’accesa discussione, non sentirono nulla.
   La donna arrivò in fretta all’ultimo gradino. Era all’altezza di una finestra del secondo piano, chiusa, alta quasi quanto lei. Sbirciò dentro. Accidenti!
   Qualcuno, probabilmente un maggiordomo, si voltò proprio in quel momento verso i vetri, mentre ripuliva con ostentata sollecitudine un vaso di fiori.
   “Phills!” pensò Élodie, ritirandosi bruscamente contro il muro. Già, il suo ex maggiordomo. Evidentemente, Cutler Beckett non l’aveva ancora licenziato, per quando potesse essere ormai anziano.
   Will sostenne la donna prima che potesse farsi del male, ma scoprì che lei non gradiva per niente quell’aiuto. Infatti, Élodie riprese l’equilibrio, se ne liberò e spiccò un balzo. Si aggrappò al cornicione che correva tra la finestra e il tetto, e si issò lì sopra con agilità.
- Psst!- la richiamò Jack – Perché non entriamo dalla finestra?-
- Ci vedrebbero.- sussurrò Élodie – Creeremmo troppo disordine. C’è una via più sicura: un lucernario che dà sulla soffitta. Venite!- tese una mano a Will, che salì a sua volta sul cornicione. Poi Élodie si volse e cominciò a camminare sul tetto, diretta all’unica via di entrata.
- Ehi!- bisbigliò Jack – Ehi! Che fate, mi lasciate qui?-
   Con un colpaccio di reni e la rabbia stretta in mezzo ai denti, spiccò un balzo che gli permise di raggiungere il cornicione; ma la foga tradì i suoi gesti, che volevano essere furtivi, e così, a causa della spinta troppo forte, la scala scivolò da una parte e cadde fragorosamente a terra.
   Jack, con le gambe ancora a mezz’aria, non osò abbassare lo sguardo. Qualcuno, dentro la casa, si era messo a gridare. Rumore di una finestra che viene aperta...
   Élodie e Will lo afferrarono malamente per le spalle e lo tirarono su, spingendolo all’interno del tetto, al di là di occhi indiscreti. Tutti e tre si appiattirono sulle vecchie tegole, cercando di fare silenzio. Eppure Élodie non potè trattenersi dal mollare un calcio negli stinchi a Jack.
   Sotto di loro, la voce del maggiordomo Phills chiedeva incessantemente che cosa fosse accaduto; gli rispondevano voci concitate e preoccupate, brusii e mugugni. Will pensò che l’avevano scampata bella. Una mossa falsa, però, e facevano ancora in tempo a cadere nelle mani della giustizia.
   Élodie lo richiamò. Strisciò lentamente lontano dal cornicione, lontano dal pericolo. Il lucernario. Dovevano arrivare a quel lucernario!
   Ed eccolo. Esattamente dove Élodie lo ricordava.
   Incassati tra le due parti spioventi del tetto, i vetri sporchi e segnati da un’intricata ragnatela di crepe ammiccavano alla luce del sole. La donna si avvicinò e posò una mano sull’intelaiatura di quella finestrina minuscola; trasse un uncino dalla tasca, e con l’abilità dell’esperienza forzò la serratura senza emettere un solo suono.
   Will osservava, affascinato: c’era una delicatezza incredibile, nelle mani truffatrici di Élodie, qualcosa che lo attirava e lo turbava allo stesso tempo.
- Fatto.- sussurrò la donna, aprendo il lucernario – Entriamo. In silenzio.-
   Si calarono uno dopo l’altro nella soffitta polverosa e ammuffita dall’oblio. Esitarono un po’ nell’abbandonare il rettangolo di luce per avventurarsi nella penombra. Tracciarono orme sul pavimento ricoperto di pulviscolo; tutt’intorno, misteri avvolti in brutti panni di iuta.
   Trovarono una porta. Élodie la scassinò e la socchiuse. C’era una scala che scendeva al piano, e delle travi sospese che disegnavano un fitto labirinto sotto il tetto. Le travi collegavano tutte le stanze, aprendo rettangoli vuoti nella parte alta del muro per arieggiare gli spazi: così aveva voluto Beckett quando l’aveva fatta costruire. L’ideale per rubare senza farsi notare!
   Poiché dalla soglia della soffitta non erano poi così irraggiungibili, Élodie ordinò a Will di farle da sgabello e salì.
   Nella semioscurità, si sentì più a suo agio. Aiutò i due compagni a nascondersi accanto a lei, dopo che la porta della soffitta fu richiusa.
   Appena in tempo! Il maggiordomo Phills si precipitò fuori da una stanza e si diresse alle scale che portavano al piano di sotto: la scala caduta in giardino aveva attirato molta attenzione, evidentemente.
- Approfittiamone!- decise Élodie, con gli occhi che scintillavano sinistramente – Da che parte, Jack?-
- Come?- il pirata cadde letteralmente dalle nuvole, occupato com’era a mantenere l’equilibrio.
- Renditi utile una buona volta!- lo rimproverò lei – Da che parte è il cuore?-
   Jack frugò velocemente per trovare la bussola: la ripescò, la contemplò per un attimo e additò la direzione da prendere.
   Trassero tutti e tre un profondo respiro.
   Poi si mossero.

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Capitolo 12
*** Al ladro! ***


- 11 – AL LADRO!

 

   Agili come donnole, ombra nell’ombra, Élodie, Will e Jack si avvicinavano alla stanza fatale.
   La trave sulla quale viaggiavano bocconi si ramificava per sostenere l’enorme peso del tetto, e formava un intricato labirinto che puzzava di muffa. Grazie alla bussola, tuttavia, giunsero presto davanti all’apertura che permetteva alla trave di immettersi nella camera che cercavano.
   Prima di entrare, Élodie si voltò:
- Voi è meglio che aspettiate qui.- sentenziò – Preferisco andare dentro da sola e imbattere così in meno pericoli e, soprattutto, meno...rumori. Ho bisogno di assoluta segretezza, adesso.-
- Che modo gentile per liquidare i tuoi bracci destri, sorellina...- la schermì Jack – Vuoi davvero che mi beva una frottola del genere? La segretezza conta fino a un certo punto. La verità è che preferisci di gran lunga andare tu sola, per poi svignartela più facilmente, senza pesi che ti trattengono per i vestiti e protestano dicendo “e noi?”.-
- Come puoi dire questo?- Élodie si indignò – Mi credi davvero capace di abbandonarvi qui, nella tana del lupo?-
- A dire il vero, sì.- rispose Jack, con durezza – Sei una donna, Élodie, un pirata...e un’opportunista, come è giusto che sia. Hai un modo squisitamente affabile per imbrogliare il prossimo: ma non usarlo con me, sorellina...- le andò vicino, a un soffio dal suo viso – Non potrei mai perdonartelo.-
- Né io potrò mai perdonarti ciò che hai già fatto.- replicò coraggiosamente lei – Poiché sono stata io a tirarti fuori di galera, e poiché sono io quella che ti sta offrendo una seconda possibilità, sarebbe meglio che mostrassi un po’ più di gratitudine.-
- Gratitudine per essere stato annoverato tra gli strumenti per i tuoi infimi doppi giochi?-
- Non sei tu ad avere il diritto di giudicarmi. Anche tu hai i tuoi sporchi giochi...peccato che io sia un anello fondamentale di quella catena. Mi dispiace, ma dovrai scendere a compromessi. E se non vuoi...vattene pure.-
   La donna attraversò strisciando il rettangolo vuoto nel muro, passando nell’altra stanza. Aveva lasciato Jack con un palmo di naso. Bene. Ne era felice.
   E ora, all’opera.
   Si trovava in uno studio non troppo grande, con tanto di scaffali, poltrone e scrivania ingombra di carte e penne da calamaio: non c’era nessuno e la porta era chiusa.
   La donna osò esporsi ai raggi che filtravano dalla finestra e coloravano il pulviscolo nell’aria: indovinò che era quasi sera, ed era meglio sbrigarsi. Ormai la sua Madreperla avrebbe dovuto essere quasi pronta. Avrebbero preso il largo quella notte stessa.
   Guardò giù. Libri, incartamenti...e uno scrigno sigillato, sulla scrivania. Puzzava di pesce. Di vecchio. E di morte.
   Il fetore arrivava fino a dove era posizionata lei: era talmente pungente da infastidirle le narici. Quell’odore era l’unica cosa che stonava, in quell’ambiente così pulito e perfetto: non poteva essere che lui. Quello scrigno era il custode del cuore di Davy Jones.
   Élodie si sporse dalla trave. Doveva prenderlo, in un modo o nell’altro. Doveva...
   Un battito, nel silenzio.

   Due battiti.
   Tum.
   Tum.
   Élodie trattenne il fiato. Tum.
   C’era qualcosa di vivo, in quella stanza, qualcosa di orribile.
   Tum. Quell’odore dolciastro che assomigliava al sangue...
   Tum. Veniva dallo scrigno.
   Tum. Il cuore era lì dentro. Batteva.
   C’era qualcosa di sbagliato e terribile, in questo. Tum. Un cuore non può battere senza sangue, senza un corpo.
   Tum.
   Élodie provò una sensazione di immediata ripulsa per l’oggetto causa e meta della sua disgrazia; si costrinse a controllarsi, a ragionare. Will Turner aveva parlato di trafiggere, infatti. Davy Jones era vivo, infatti. Quindi non c’era motivo che il cuore non dovesse pulsare. Tutto filava.
   No, non filava un bel niente.
   La donna si calò dalla trave, tenendo i polpacci ad angolo retto con le cosce, in modo da potersi affidare alla trave: allungò le braccia. Più si calava, più il battito del cuore maledetto andava a pari passo col suo.
   Tum...tum...
   Era troppo lontano. Le dita di Élodie non sfioravano nemmeno il coperchio dello scrigno. La donna scivolò un po’ più giù, sostenendosi alla trave solo con il dorso dei piedi: gliel’avevano insegnato, da piccola. Niente di pericoloso. Bastava mantenere la concentrazione.
   Lo scrigno era ancora lontano dai suoi polpastrelli, e il fetore già insopportabile. E quel battere incessante scandiva il tempo.
   Tum...tum...
   D’un tratto, Élodie avvertì lo scatto della serratura della porta e scorse con la coda dell’occhio un movimento. Con un colpo di reni si tirò su e si rifugiò nella penombra del sottotetto, appiattita contro il legno fresco, gambe distese, una guancia premuta alla trave. Una goccia di sudore le scese lungo il viso, il fiato le usciva dalla bocca a piccoli sbuffi. Passi nella stanza. Il lampo di una giubba rossa, di una parrucca bianca.
   Élodie sbirciò dal suo nascondiglio, bagnandosi le labbra secche.
   Lord Cutler Beckett in persona si era seduto con nonchalance alla sua scrivania, aveva spostato lo scrigno da una parte e aveva preso a leggere e firmare carte: questa non ci voleva!
   La donna riappoggiò il viso sul legno. Fallito. Tutto andato a monte per colpa di qualche piede d’altezza! E ora?
   Quanto avrebbe voluto sentire la mano di Will Turner che le batteva sulla spalla e la riscuoteva: “troveremo una soluzione, aiutiamoci!”, questo era quello che avrebbe detto.
   Spiò i movimenti di Beckett dal suo angolino riparato. Continuava a firmare carte. Anzi, no: si era fermato per guardare lo scrigno. Élodie lo vide posare la penna e ascoltare per un attimo il battere di quel cuore dannato. Lo vide attrarre a sé il bauletto, storcere il naso per l’odore. Lo vide aprirlo e osservarne il contenuto con aria rapita e schifata allo stesso tempo.
   Dentro, il cuore era avvolto in un sacchetto di stoffa: Beckett allungò una mano, lo toccò, ma si ritrasse subito, spaventato. Come se avesse toccato un veleno, ricacciò lo scrigno, ancora aperto, dov’era prima, sotto Élodie. Poi, l’uomo si prese la testa tra le mani.
   Lei lo osservò, ricordando in un attimo tutto quello che aveva passato e vissuto con lui, in quella casa. Sembrava tutto così lontano, ma ogni frammento, ogni minuto era lì, impregnava mobili, carte, anime e corpi.
   Beckett alzò gli occhi. Spostò una pila di documenti: ne emerse un piccolo ritratto a olio, incorniciato da un elaborato traforo ligneo. Accarezzò la tela un po’ ingiallita, sospirando.
   Élodie aguzzò la vista: c’era una donna raffigurata in quel piccolo quadro. Era...lei stessa.
   Beckett sospirò ancora. Baciò il ritratto, un gesto dal quale non traspariva altro che amore.
   A Élodie fece una gran pena. Nonostante tutto, nonostante tutti, quell’uomo era uno dei pochi che aveva saputo amarla più di ogni altro, fino a sopportare senza una piega i capricci della mente ribelle della sua sposa.
   Osservò il Lord che s alzava dalla scrivania e andava verso la finestra: aveva il ritratto ancora in mano. Sembrava triste, come un albero privo di linfa, assetato di una carezza, di una parola.
   Era invecchiato un po’. Élodie scorse le rughe agli angoli dei suoi occhi. Ancora di più le dispiacque, e ancora di più gli chiese perdono per la sua diversità, che li aveva inevitabilmente separati. Ma proprio non riusciva a sussurrargli “ti amo”. Non ci era mai riuscita.
   Una voce acuta dal giardino. Rapido come un fulmine, Cutler Beckett aprì la finestra e guardò giù, rompendo l’incanto con una nuova ansia:
- Che succede?- urlò al vento.
- Impronte fresche, signore! Sulla scala...-
(Jack! la scala!)
   Élodie si riscosse. Li avevano quasi scoperti! Doveva prendere il cuore e fuggire.
   Mentre Beckett raccoglieva più informazioni possibili dal suo maggiordomo, alla finestra, quella parte fredda e calcolatrice di Élodie le ordinò di sbrogliare un filo lungo e resistentissimo che teneva avvolto attorno alla cintura e di munirlo di un amo, conservato in una taschetta laterale dei pantaloni. Così la donna costruì una specie di lenza, che calò giù dalla trave: la centrò perfettamente nello scrigno aperto. Trafficò un po’ prima di riuscire ad agganciare il sacchetto con dentro il cuore, ma quando avvertì una certa resistenza sorrise. Ora bastava tirare. Il filo non avrebbe ceduto per così poco; Beckett, intanto, era di spalle. Avrebbe contato fino a tre.
   Uno...due...
   Schianto nel corridoio al di fuori dello studio.
   Beckett si voltò:
- Che cosa è stato?!- tuonò, gettando via il ritratto e sostituendolo con la spada. Corse alla porta e l’aprì di scatto.
   Jack e Will Turner erano lì, sul tappeto, appena ripresisi da quella che sembrava una gran brutta caduta: guardarono Beckett e Beckett guardò loro, allibito.
- Che ci fate voi qui?- ringhiò, ma quelli se la diedero subito a gambe levate, il tempo di sguainare le armi.
   Élodie assistette alla scena senza osare muoversi: che ci facevano quei due là? Stava filando tutto liscio, maledizione!
   Ed ecco che i guai ritornavano dai loro affezionati clienti. L’unico particolare degno di nota fu che Beckett non si era minimamente accorto del filo trasparente che pendeva giù dalla trave. Era troppo occupato a cercare la fonte di tutto quel trambusto.
   Élodie tirò e il sacchetto con il cuor venne da lei che era un piacere; lo strinse al petto, poi lo allacciò strettamente alla cintura, assicurandolo anche col filo.
   La finestra dello studio era rimasta aperta.
   Élodie dovette confessare che in quel momento la voglia di scappare e allontanarsi da quelle urla di sgomento e battaglia che si infittivano fu tanta; ma qualcosa la apostrofò dicendole che non poteva essere così egoista.
   Allora decise di rischiare. Per i compagni si poteva rischiare anche tutto.
   Si calò dalla trave, tenendosi con le mani, e atterrò sulla scrivania piena di fogli: il suo tonfo sordo si mescolò a quello di altri corpi, in lontananza. Scese. Si avvicinò alla porta e guardò fuori: nessuno, ma grida dabbasso. Scivolando lungo il muro, Élodie accettò l’ennesima sfida.
   In quanto a Jack Sparrow e Will Turner, non si può dire che se la cavassero egregiamente: due contro almeno una decina di uomini tra Beckett, maggiordomo, camerieri e cuochi battaglieri. Stretti contro un muro, le spade sguainate, i due si guardavano attorno con crescente disperazione.
   E pensare che a monte di quella malaugurata sorte stava un semplice diverbio: Jack aveva affermato che Élodie se la sarebbe svignata con il bottino, Will aveva replicato e ribadito che no, mai e poi mai, lo avrebbe fatto, come mai e poi mai l’avrebbe fatto la sua amata Elizabeth. A una risata di scherno da parte di Jack, la discussione si era fatta più accesa: soffiando come due gatti in lotta, avevano cominciato ad attaccarsi, finchè Jack  aveva dato una poderosa spinta a Will. Il giovane aveva perso l’equilibrio ed era scivolato giù dalla trave, cadendo fortunosamente qualche metro più in basso, su una cassettiera che con il suo dolce peso lui aveva spaccato. E aggiungiamoci pure un vaso.
   Jack era sceso al suo fianco, pentitosi subito di aver creato tutta quella confusione, e tra una scusa e l’altra – Will comunque non si  era fatto un gran male – era apparso all’improvviso Cutler Beckett, a spada tratta. E loro, presi alla sprovvista, non avevano potuto far altro che fuggire, ideare una ben poco valida resistenza...e finire in quel vicolo cieco.
- Messeri...siete in trappola!- ghignò Beckett – Che cosa credevate di fare voi, due pirati da quattro soldi, in questa casa?-
   Élodie udì la voce tonante del Lord dal piano di sopra. Scese prudentemente le scale, si nascose dietro al muro che faceva angolo: spiò la dozzina di figure ammassate dalla parte opposta del corridoio. Attese.
- Disarmateli!- ordinò Beckett, e gli intrusi furono prontamente privati delle loro armi, consegnate senza batter ciglio.
   Minacciati da spade, scope e candelabri, Will e Jack si guardarono con un’espressione che tradiva la loro paura.
- Signor Jack Sparrow...- iniziò Beckett, puntando la lama alla gola del pirata – Ci rincontriamo, finalmente. Mi fa piacere.-
(capitano! capitano jack sparrow!)
- A me nemmeno un po’...- replicò freddamente Jack -...cognato.-
   Beckett lo afferrò per il bavero e lo attirò violentemente a sé:
- Non ricordarmi la nostra malsana parentela, Sparrow...anche quella fa parte dei conti in sospeso fra noi due.- strinse di più i vestiti di Jack, quasi volesse strapparglieli – Anche stavolta non so come sei uscito di galera, razza di schifosa donnola dalle nove vite, ma l’istinto ti ha portato male...hai osato troppo in alto.-
- Parli di venire qui?- robattè Jack – A dire il vero conosco cento posti molto migliori di questo, che pure tu chiami “l’alto”.-
- Mi deridi?- ringhiò Beckett – Hai voglia di farti infilzare come un maiale quale tu sei? O speri forse che io non voglia inquinare il mio lusso col tuo sporco sangue di topo di fogna?-
   Will cercava inconsolabilmente una vita di uscita: la situazione peggiorava a vista d’occhio, ma non c’era varco in quella palizzata di servitori che ora lo circondavano, nessuna speranza.
   Laggiù in fondo! Gli pareva di intravedere qualcosa...
   Élodie si sporse e vide che Turner si era accorto di lei; gli fece cenno di tacere e aspettare. Di tenersi pronto, perché avrebbe trovato presto un modo per farli fuggire.
- Jack Sparrow...- sibilò Beckett, troppo occupato a tener testa al pirata – Troppo a lungo ho bramato impiccarti con queste mie stesse mani, e troppo a lungo mi sono lasciato prendere dai sentimenti! Questa volta non puoi sfuggirmi...e tua sorella non è più tra me e te.-
- Non penso che la cosa sarebbe stata diversa, altrimenti...- disse Jack, poiché sapeva bene quanto Élodie lo odiasse.
- In ogni caso...sei alla mia mercé!- sogghignò Beckett – Jack, ti farò pentire di essere nato!-
- Arrivi in ritardo, allora...- sussurrò il pirata, fra sé e sé.
- Incatenateli!- ordinò Beckett – Portateli allo stanzone del piano di sotto.- rinfoderò la spada e si avviò giù per la scala, diretto al pianterreno.
   I servi balzarono subito addosso ai due prigionieri e misero ai loro polsi un solo paio di rudimentali manette, in modo che fossero legati l’un l’altro da quel tremendo vincolo. Poi li afferrarono saldamente per le spalle e li condussero via:
- Bel modo di mettere la parola “fine” alle mie avventure...- bofonchiò Jack.
- Non siamo perduti.- gli sussurrò Will – Élodie...-
- Scordati di Élodie, William. Quella fuorilegge da quattro soldi sarà già arrivata alla sua nave, a quest’ora, con il cuore, e starà scappando mentre sceglie il pugnale con cui segnerà la morta di Davy Jones...-
- Non se n’è andata!- sibilò Will – Non è come pensi tu!-
- Zuccone! La conosco da molto più tempo di te! Non fa parte di quella cerchia di eletti che possono permettersi la lealtà!-
- Sei un idiota, Jack, se la pensi a questo modo...-
- Ragazzo, mia sorella non verrà. Non si scomoderà per salvarmi dalla forca. Né si scomoderà per te.- guardò Will, d’un tratto, conscio di un dubbio – Forse tu ci speravi?-
- Jack...- Will fu strattonato alquanto bruscamente, ma il pirata riuscì a vedere quel bagliore negli occhi del ragazzo: un bagliore che parlava di lei, Élodie.
   Jack ne fu sorpreso e spaventato allo stesso tempo. Qualcosa ribollì dentro di lui. Ma si rifiutò di credere che fosse gelosia...
- Lascia perdere mia sorella.- continuò, più convinto – Ormai è inutile.-
   Will lo fissò con indescrivibile risentimento, mentre scendevano le scale:
- Lei è qui.- ribattè – Io lo so.-
- Nessuno sa dove è Élodie quando non è lei a voler farlo sapere...impara, mio caro ragazzo, per la prossima vita. Non puoi pensare di prevedere le mosse di mia sorella, o di una donna in generale. Nemmeno io ci riesco.-
- Zitti, voi due!- intimò loro un robusto cuoco.
   Intanto, un prudente cameriere era tornato indietro nel corridoio, in cima alle scale, per prendere un’arma che aveva notato dimenticata in un angolo: un vecchio pugnale, abbandonato lì, non poteva servire a niente, ma forse a lui sarebbe servito per proteggersi da eventuali tentativi di fuga dei prigionieri. Lo avrebbe rimesso al suo posto, più tardi. Nessuno lo avrebbe rimproverato per questo.
   Allungò una mano, ma quando sentì la gelida lama di un pugnale piantata alla sua gola si bloccò: rivoli freddi di sudore gli scesero lungo le tempie.
- Portami dai prigionieri— gli ordinò Élodie, alle sue spalle – O ti uccido.-
   Il malcapitato cameriere deglutì e alzò le mani: a un comando della donna, si mosse con cautela e la guidò al piano di sotto.
   Si udirono delle voci. Élodie tese l’orecchio e seguì il suo prigioniero fino a una stanza: un salotto enorme, dentro al quale i servitori, disposti in cerchio attorno a Will e Jack, si scambiavano battute da far accapponare la pelle. Parlavano di come Beckett avrebbe risolto la faccenda: ovvero, in un modo sicuramente non piacevole per i pirati.
   Tenendosi nascosta dietro al giovane cameriere. Élodie fece il suo ingresso nella stanza: ordinò al ragazzo di abbassare le mani, perché ci teneva al fattore “sorpresa”.
- Oh, eccoti qui!- li accolse la voce del maggiordomo – Dov’eri finito? Lord Beckett arriverà a momenti...-
   Il ragazzo non ebbe la forza di rispondere: era terrorizzato. Aveva appena compiuto diciassette anni, e una spada minacciava di chiudere la sua partita con la vita ancora prima che fosse iniziata veramente.
- Perché non dici niente?- gli chiesero.
   A quel punto Élodie lo spinse da una parte, rivelando la sua arma e i coltellini da lancio già pronti per essere usati:
- Mettete giù spade e fucili!- ordinò, lasciando la spada e tirando fuori una pistola – O sparo! Liberate i miei compagni e subito!-
   Lanciò un coltello in direzione di un servitore, ferendogli la mano e costringendolo a lasciare la spada – Non scherzo! Allontanatevi dai miei compagni! Tutti contro il muro!-
   Fu il tono della sua voce o l’assaggio delle sue potenzialità assassine che indusse gli improbabili guerrieri in giubba e camicia ad abbandonare le armi sul tappeto e allontanarsi sul serio. In verità, non avevano motivo di temere, perché nella pistola di Élodie erano rimasti solo quattro colpi. Dettaglio che lei aveva tenuto opportunamente celato, e così bene che non un filo di preoccupazione traspariva dal suo viso.
   Will e Jack videro Élodie apparire dietro a quel sipario di avversari e per un attimo crederono di stare sognando; Jack strabuzzò gli occhi e non venne meno l’immancabile frecciata:
- Sono felice di constatare che evidentemente non avevi niente di meglio da fare che non salvarci...- disse.
   Will strattonò la catena che li teneva legati per un polso ciascuno. Jack non battè ciglio.
- Se preferisci vado a fare un giro al mercato e poi torno.- ribattè lei – Ogni cosa è migliore e meno rischiosa che salvare te, fratello.-
- Devi ammettere che è anche la più eccitante, però...-
   Élodie fece qualche passo nella stanza, tenendo sotto ferreo controllo i servitori impauriti. Contro la sua gamba, il sacchetto con dentro il cuore sprigionava un odore fastidioso e putrefatto; ancora tum...tum...
- L’hai preso?- chiese Jack – L’hai preso, vero sorellina?-
- Ce l’ho con me.-
- Almeno questo!-
- Credevi forse che avrei dimenticato la mia missione a causa tua?-
- Non mi sfiorava nemmeno l’idea. Conoscendoti, non c’è timore che tu possa lasciare da parte i tuoi interessi per qualcun altro.-
- Tu avresti fatto di meglio?-
- No. Siamo fratelli, infatti.- Jack s stiracchiò, costringendo Will a fare altrettanto – Diciamo che non mi aspettavo questo gesto di bontà, ecco.-
   Élodie stava per rispondere, quando la punta di una spada le solleticò la schiena, all’altezza del suo cuore:
- Che credevi di fare, pirata?- la voce di Cutler Beckett, all’orecchio – Questa volta la distrazione ti è costata cara... Élodie.-
   Lei trattenne il fiato, e anche Will e Jack.
   Cutler Beckett era giunto all’improvviso e nessuno se n’era accorto, tutti troppo impegnati a discutere:
- Getta quelle armi, Élodie. – le intimò il Lord – Subito.-
   La donna fu costretta a obbedire: si chinò per posare a terra coltelli, spada e pistola, ma aveva ancora un asso nella manica. Nel rialzarsi, infatti, sfilò un ultimo coltellino dallo stivale, e lo nascose nella mano.
- Ora raggiungi tuo fratello e il ragazzo.- sibilò Beckett – Fatti guardare in viso, per bene...- la sospinse con la spada – Mostrami come sei ora. Troppi anni e troppa vita ci separano, Élodie.-
- Se hai resistito così tanto tempo senza vedermi, potrai resistere ancora un po’...- replicò la donna – Perché non ho nessuna intenzione di tornare da te!-
   Impugnò il coltello e si voltò improvvisamente, lasciando a Beckett solo il tempo di scansarsi e evitare il colpo mortale: l’arma tracciò una linea rossastra sulla camicia del Lord, il che lo disorientò.
   Élodie recuperò spade, pistola e coltelli e si precipitò verso Will e Jack, che si erano già impossessati delle armi abbandonate, e li esortò a darsela a gambe.
- Catturateli!- ordinò Beckett, e i servitori raccattarono qualunque cosa potesse servire per tener testa ai pirati.
   Iniziarono a combattere. Evitando e elargendo colpi, Élodie, Will e Jack indietreggiarono faticosamente fino alla porta, poi si voltarono e iniziarono a correre, raggiunsero le scale in un battibaleno e si fiondarono al piano di sotto. Dovevano guadagnare il pianterreno di quella grande casa, e uscire.
   Qualcuno tirò loro addosso qualcosa e furono costretti a proteggersi dietro ai mobili; gli aiutanti di Beckett arrivarono fulminei, gridando.
   Élodie tentò di spostarsi, ma un proiettile dalla pistola di Beckett la sfiorò e tranciò di netto il sacchetto contenente il cuore, che le cadde dalla cintura. La donna fu costretta a tornare indietro per recuperarlo, ma in quello stesso istante i servitori la raggiunsero, e allora dovette sparare, mentre si reggeva di nuovo in piedi e indietreggiava.
   Ora rimanevano solo due colpi in canna. E le erano addosso!
- Jack!- urlò – Jack, prendi!-
   L’istinto della disperazione la indusse a salvare il salvabile: gettò il cuore di Davy Jones nell’aria, dritto dritto tra le mani di Jack Sparrow. Lui rimase interdetto, e Will pure:
- Correte!- ordinò loro Élodie, prima di essere letteralmente travolta dagli avversari.
   Jack la guardò sparire tra quei corpi sconosciuti, essere soffocata da una forza soverchiante, e gli si strinse il cuore. Tuttavia, durò un secondo. Riuscì a voltarsi, e a correre, tirandosi dietro Will: erano ancora ammanettati insieme.
- La lasci morire così?- lo rimproverò il ragazzo, strattonando la catena che li legava – Jack!-
- Non abbiamo altra scelta, William.- lo mise a tacere il pirata – Possiamo solo scappare, ora, comprendi?-
- No, non comprendo affatto!- e alcuni servitori comparvero alle loro calcagna – Élodie è tornata a salvarti! E tu la ripaghi così!-
- E’ la dura legge dei pirati, ragazzo.- rispose l’altro – Chi si sacrifica per il prossimo è condannato: chi resta indietro, indietro viene lasciato.-
   Scesero ancora scale, con Will recalcitrante e il fiato sul collo:
- Vieni!- disse Jack – Andiamo di qua!-
- No, di qua!- Will tirò dalla parte opposta – Non abbandonerò mai Élodie!- dichiarò, senza sapere che cosa gli fece dire quella frase, in quel momento. Ma ormai era già accaduto.
- Ragazzo, non c’è tempo da perdere!- Jack tirò come un pazzo – Vuoi morire anche tu?!-
- Se lo vuoi proprio sapere, preferisco morire con lei piuttosto che vivere con il rimorso di non aver fatto nulla, come te!-
- Non c’è spazio, qui, per gli idealismi!- ma la frase di Jack fu subito interrotta dall’arrivo di servitori armati, che corsero a sbarrare la porta di ingresso della casa e si voltarono per combattere, con a capo Beckett.
   Will le Jack si batterono valorosamente, cercando di allontanarsi; al piano di sopra si udì uno sparo.
   I due stavano per essere sopraffatti, quando dalla tromba delle scale partirono due coltellini, che si andarono a conficcare dritti dritti nel collo degli assalitori.
- Élodie!- esclamò Will, vedendo comparire la donna, affannata, graffiata, ma soprattutto, ancora viva.
   Lei andò a dar loro manforte, prese una sedia per tener lontani gli inseguitori:
- Andate!- gridò e stavolta Will e Jack scattarono nella stessa direzione. Qualcuno li urtò, e il cuore di Davy Jones cadde a terra.
- NO!- Will e Jack imprecarono all’unisono e si gettarono sul prezioso tesoro. Mani nemiche si mescolarono alle loro e il cuore guizzò da una parte all’altra, freneticamente.
   Jack si impegnò ancora di più e strattonò il sacchetto, acciuffandolo saldamente; nella confusione di corpi compressi gli uni contro gli altri, poteva solo vedere che purtroppo non era il solo a tenerlo stretto. Faticosamente, contendendolo con quelle dita rapaci, si alzò dal mucchio, cercando di vincere la tenzone una volta per tutte. Scoprì che le due mani e le due braccia che si opponevano alla sua riuscita provenivano dalla sua destra. Si voltò...e non credette ai suoi occhi:
- William?!- strabiliò – Che fai, combatti contro di me?-
   Il giovane si accorse solo allora del suo abbaglio e, imbarazzato, ritirò le mani. Élodie sopraggiunse fuggendo da altri avversari:
- Via! Via!- urlò e spinse i suoi compagni dietro a un armadio. Riprese fiato, appoggiando la testa contro la superficie fredda della parete. L’ombra li nascose agli occhi dei nemici, che li sorpassarono senza vederli.
- Come fai a essere qui?- chiese Will – Credevamo...-
- Non si sono soffermati più di tanto con me: molti si sono accaniti a corrervi dietro, per fortuna... Mi sono liberata in fretta.-
- Sei ferita?-
- No, non preoccuparti, Turner. Sto benissimo.-
   Controllò la situazione, mentre Will controllava lei. Diede un’occhiata oltre il cono d’ombra:
- Andiamo.- disse – Aspettate solo un secondo. Non muovetevi.-
- Che cosa...?- Jack vide sua sorella puntare una pistola che non era la sua, tremò e si coprì istintivamente gli occhi.
   Rumore. Catene spezzate.
   Si ritrovò libero ed incolume:
- Potresti anche ringraziarmi...- puntualizzò la donna, strappandogli il cuore di Davy Jones dalle mani.
   Jack aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito: no, non cedeva alle provocazioni, specialmente a quelle di sua sorella!
   Si spostarono lungo l’armadio, superandolo e poi scivolando lungo il muro: tornarono all’ingresso, ma scoprirono che c’era qualcuno ad attenderli, tra cui Beckett.
   Come li vide sbucare dall’angolo, il Lord alzò la pistola e sparò dritto contro di loro, senza pensarci, senza esitare. Élodie non se ne accorse in tempo. Il proiettile era già partito, diretto contro di lei, quando il pericolo che correva le fu del tutto chiaro. Sentì Jack che urlava “Giù!”, ma le sue membra intorpidite dallo sforzo non furono abbastanza veloci.
   Élodie si sentì spinta da un lato, volò a mezz’aria e atterrò malamente sul ricco pavimento dell’abitazione; schiacciata da un corpo senza insegne né nulla, a contatto con quel cuore che pur non avendo sangue pulsava.
   Tum...tum...tum...
   Will, fortunatamente illeso, si gettò contro Beckett e lottò corpo a corpo con lui, senza esclusione di colpi, davanti agli occhi stupiti dei servitori che proteggevano la porta, indecisi se sparare e rischiare di centrare il loro Lord o starsene in disparte a guardare.
   Will combattè con tutta la rabbia che non aveva potuto ancora sfogare, ebbro di quella: assestò calci e pugni all’uomo che contendeva con lui la vita e la morte, la libertà e la prigionia.
   Élodie riacquistò piano il senso della realtà e si vide distesa sulle mattonelle, ad attendere chissà quale altro pericolo: si riscattò, sentendo chiaramente che i rinforzi nemici, prima ingannati, ora si precipitavano lì dalle altre stanze, ispezionate a vuoto.
   Come si alzò, scoprì Jack steso accanto a lei. Immobile.
- Ehi!- lo scosse – Ehi!-
   Jack non si mosse.
   D’un tratto, lei credette di capire ogni cosa: lo sparo, il corpo...la paura, il sentirsi così persa...
- Jack!- gridò, e la sua voce era spezzata, i suoi gesti frenetici – Jack!!-
(no, non ditemelo...non può essere morto!)
   Poi scorse un movimento, quasi impercettibile, sotto le sue dita.
- Jack?- chiamò – Jack?-
   E aveva paura, e voglia che fosse vivo. Jack...
   Il pirata scosse leggermente la testa, poi la alzò: alzò le spalle, e lentamente si mise seduto.
- Jack?!- Élodie provò l’impulso irrefrenabile di abbracciarlo, ma l’orgoglio non le permise di abbandonarsi a una tale dolcezza.
   Il pirata si tolse il cappello, lo studiò attentamente e scoprì un buco non di certo apprezzabile in una falda: ci entrò con un dito, e quello fece capolino dall’altra parte.
- Un pollice più in basso e mi avrebbe perforato il cranio...- borbottò quasi tra sé e sé – Rischi del mestiere.-
   Si resse in piedi e si rimise il cappello in testa, con assoluta noncuranza; guardò Élodie. Vide la bambolina di pezza appesa al collo di lei, quella che lui stesso le aveva regalato e che per loro aveva significato tanto. Vide qualcosa che lo commosse, ma non ci fu verso di zittire la sua boccaccia:
- Potresti anche ringraziarmi, sorellina.-
   Will, intanto, con un colpo deciso aveva steso Beckett e gli aveva rubato la spada. I due guardiani alla porta di ingresso stavano caricando le pistole.
   Will, Jack e Élodie si ripararono dietro a tavoli e poltroncine rovesciate. Arrivarono altri uomini, alla spicciolata, che soccorsero il povero Beckett.
- E’ il momento buono.- disse Élodie – Usciamo da qui!-
   Con il bottino stretto al petto, la donna balzò fuori dal nascondiglio, seguita dai suoi due compagni. Infine, prese la rincorsa e si lanciò con quanta forza aveva ancora in corpo contro la prima finestra che trovò.

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Capitolo 13
*** Davy Jones richiede ciò che è suo ***


- 12 – DAVY JONES RICHIEDE CIO’ CHE E’ SUO

 

   I vetri che si fracassavano segnarono la sospirata fine di quella maledetta disavventura.
   Élodie, Will e Jack rotolarono sull’erba, inseguiti dalle grida e gli improperi degli avversari: come atleti in gara si fiondarono, benché affaticati, verso il traguardo, cioè verso il cancello che li divideva dalla strade e dalle casette di Port Royal.
   Jack saltò su una cassa e scavalcò la recinzione per primo, ricevette il cuore di Davy Jones da Élodie e attese che i suoi amici lo raggiungessero.
   Beckett, insanguinato e infuriato, sbucò dalla porta per inseguirli, ma quando si ritrovò davanti al cancello loro erano già troppo lontani. Sputò per terra. Aveva un’unica possibilità.
   Si diresse alle scuderie, imbrigliò il primo cavallo capitatogli a tiro e partì alla carica. Il cancello era già stato aperto dai suoi servitori. Eccolo fuori. Ed eccoli là, i fuggitivi.
   Beckett spronò l’animale e lo udì nitrire e accelerare al galoppo sul selciato: i suoi zoccoli parevano volare.
   Stava andando a prenderli.
   Élodie si voltò e scorse il Lord che accorciava le distanze a vista d’occhio: incitò Jack e Will a correre più forte; poi, impaurita da tanta irruenza da parte del suo ex marito, decise di dividere la sua preda e le sue speranze.
- Cambiate direzione!- gridò agli altri – Ci vediamo alla Madreperla! Will, porta con te Jack!-
   Will annuì e al primo bivio scelse la strada opposta a quella di Élodie. Beckett, scornato, ora avrebbe dovuto preferire solo una delle due direzioni.
   Intanto, si erano avventurati nel quartiere povero di Port Royal:una serie di casette disabitate e in rovina, patria di accattoni di passaggio e gabbiani. Élodie credette per un attimo di essere in salvo, poi udì il nitrito di un cavallo lanciato al galoppo e capì che Beckett aveva deciso di inseguire lei. Tanto peggio per lui.
   Si voltò. L’animale aveva la bocca schiumante e il respiro affannoso; in quanto all’uomo sulla sua groppa, era come Élodie l’aveva visto tante altre volte. Un soldato gettato contro la morte e con un cuore di ferro: tranne che per lei.
   La donna girò l’angolo. Teneva il cuore di Davy Jones stretto sotto il braccio. Non poteva permettersi di essere catturata, e neanche che la sua missione avesse quella fine atroce.
   Spalancò la vecchia porta di una casa ed entrò: c’era buio pesto, una lama di luce accesa sul pavimento polveroso, mentre la porta pian piano stava per richiudersi. Un battito d’ali leggero. In quel nulla, Élodie credette di poter riprendere fiato.
   Ma non era così.
   La porta fu crudelmente abbattuta da un forte colpo di zoccoli, e il fracasso fu così terribile e improvviso che Élodie urlò per la paura. Il cavallo di Beckett entrò a forza nella stanza, costringendo la donna a brancolare nel buio, stordita dal terrore, da quei nitriti selvaggi.
   Incontrò dei gradini e salì. Udì il cavallo rincorrerla e sprofondare nel legno scricchiolante: non poteva inseguirla oltre, era troppo pesante.
- Ti prenderò, Élodie!- promise Beckett – Già una volta ti ho lasciato andare...stavolta non mi sfuggirai!-
   Ma Élodie era sorda a ogni parola, a ogni pensiero razionale, e voleva solamente correre: salì i gradini quattro a quattro, incespicando nell’oscurità, mentre sentiva Beckett tornare indietro, di nuovo in strada. Non volle fermarsi. Arrivò fino in cima, aprì una porticina e, come se d’un tratto avesse raggiunto il paradiso, una luce sfavillante la investì e l’accecò.
   La donna si riparò gli occhi e si fermò: aveva ritrovato il sole, ma come?
   Una volta messo a fuoco il luogo dove aveva arrestato la sua corsa, si rese conto di essere sul tetto. Sola. Anzi no. In compagnia di quel cuore.
  Tum...tum...tum...
   Le abitazioni di Port Royal si stendevano davanti a lei, iarde di muri e tegole che la separavano dalla costa; più in là, oltre le mura difensive della città, moli con navi attraccate; verso est, un’insenatura verde. Élodie riconobbe in quella il luogo dove aveva ormeggiato la Madreperla: la sua nuova meta.
   A disagio in quel silenzio e in quel vento sgarbato che le tagliava il viso, Élodie si sporse dal tetto sul quale si trovava, per cercare il modo di scenderne.
   Uno sparo la costrinse a fare qualche passo indietro: vide lo sbuffo di calce che saltava via, il proiettile che le passava vicino, troppo vicino.
   Beckett le stava ancora dando la caccia. Non poteva seguirla direttamente sul tetto, ma le stava addosso, non le permetteva di affacciarsi.
   Élodie decise di cambiare piani: non poteva allontanarsi verso ovest, perché avrebbe perso l’orientamento, visto che ormai la sera era prossima. Però vedeva la piazza centrale, laggiù, in fondo. Se solo avesse potuto raggiungerla...da lì in poi poteva facilmente confondersi nei vicoli del porto, e scappare.
   Studiò la distesa di tetti. Non erano poi così distanti tra loro...
   Senza pensarci ancora un secondo, prese la rincorsa e si gettò a capofitto sulle tegole della casa di fronte, e poi, ripresasi dallo slancio, partì per superare il varco successivo. Più compiva quei passi, più si sentiva al sicuro: la piazza si avvicinava vertiginosamente.
   Beckett la seguì in groppa al suo cavallo, dalla strada, tagliandole ogni altra via d’uscita: non poteva sfuggirgli. Non doveva sfuggirgli!
   Sparò più volte, quando vide una ciocca di capelli azzardare una mossa falsa. Élodie non sarebbe riuscita a scappare. Non questa volta.
   Giunsero così alla piazza centrale, l’una sui tetti, l’altro al galoppo. Élodie scese grazie a una scala appesa al muro di una casa. Beckett irruppe nello spiazzo armato di pistola e di sacro furore; il suo cavallo nero sbuffava come una belva in cerca di prede.
   Nella penombra, al riparo dietro ad alcune botti, Élodie si preparò all’ultima tappa: doveva attraversare il piazzale, superare il patibolo al centro, girare a destra appena sotto le mura che la separavano dal porto, allontanarsi in fretta, prendere la prima stradina di campagna e arrivare alla Madreperla.
   Cercò di non farsi turbare dall’inquietante sagoma della forca, né dalle corde appese ad asciugare: quel luogo le faceva venire i capogiri. Attese che Beckett fosse voltato dalla parte opposta, poi scattò agilmente verso le assi che formavano il patibolo.
   Il cavallo udì i suoi movimenti e si impennò; Beckett si girò e lo incitò a inseguire il nemico. Élodie urlò, ma continuò a correre da una parte e dall’altra, evitando gli zoccoli e i colpi della spada che il Lord aveva sguainato. Si liberò di lui buttandosi coraggiosamente tra le zampe del cavallo e passando oltre.
   Finalmente un po’ di vantaggio. Si gettò verso destra, il cuore di Davy Jones stretto al petto. Ed ecco che accadde ciò che non aveva previsto.
   Delle guardie armate di fucile risalivano il vicolo adiacente le mura difensive, gridando ordini. Élodie le riconobbe istintivamente: erano i soldati che aveva ingannato alle prigioni, nemmeno un’ora prima. Atterrita, non ebbe il tempo di nascondersi: la notarono subito, con quei vestiti insanguinati e quell’aria stranita, da fuggitiva.
   Beckett, intanto, si avvicinava:
- Catturatela! E’ Lord Cutler Beckett che ve lo ordina! Catturatela!- urlò.
   Le guardie obbedirono immediatamente, e si mossero in maniera minacciosa verso Élodie, sempre più spaventata: non aveva scampo, nemmeno un’idea su come farla franca ancora una volta.
   Avrebbero ripreso il cuore. Avrebbero preso lei, uno dei corsari più ricercati di tutti i tempi. Ma non avrebbero catturato la Madreperla. Né Jack. Né, soprattutto, Will Turner.
   Il canto stridulo di un gabbiano accompagnò quei momenti di paura irrefrenabile; poi, quando ormai lei si era arresa all’inevitabile, un provvidenziale intervento della Fortuna la tolse di impaccio.
   Un’ombra si staccò dal passatoio sopra le mura accanto a lei per catapultarsi giù, proprio dove la donna si trovava: pareva appesa a una corda e scendeva a una velocità estrema, verso di lei.
   Le guardie si spostarono al suo passaggio, sorprese e terrorizzate, mentre Élodie se la vide addosso e non riuscì a muovere un muscolo. Fu afferrata saldamente sotto le braccia e, incredibilmente, portata in alto, stretta ad un corpo che non stentava più a riconoscere:
- Turner...?- mormorò.
- Ai tuoi ordini, Capitano.- rispose il giovane.
   Will attese che la spinta necessaria a compiere quella spericolata acrobazia lo portasse di nuovo vicino al passatoio delle mura da dov’era partito. Appesa solidamente una lunga fune a uno dei merli, non aveva fatto altro che andare alla ventura...e salvare Élodie in extremis.
   Intanto, dall’altra parte della piazza, non troppo lontano dalle guardie e da Beckett, un allegro Jack Sparrow si rivelava spavaldamente ai nemici, mentre se ne stava tranquillo accanto a un’allarmante pila di barili di rhum appena giunti dal porto.
   Guardandolo in viso, i soldati intuirono subito che cosa avesse intenzione di fare:
- No, no...ti prego, no...- implorarono, ma era troppo tardi: Jack, con un sorriso alquanto sadico sulle labbra, aveva già tagliato con la spada le corde che trattenevano i barili, e li aveva lasciati rotolare senza freno verso i suoi sfortunati avversari.
   Questi furono investiti in pieno, tra gemiti e grasse risate di Jack, mentre Beckett, grazie al suo cavallo, era riuscito a sfuggire in tempo al pericolo. Si voltò verso il corsaro, schiumante di rabbia. “Esserino pidocchioso” pensò “ ti metto a posto io, adesso” e trasse la pistola.
   Will e Élodie, intanto, erano quasi arrivati al passatoio; ma quando la donna scorse Beckett caricare la pistola e Jack così terribilmente sotto tiro, non ebbe cuore di pensare solo a se stessa.
   Puntò il piede contro il muro e spinse: la traiettoria della corda cambiò, e Will si ritrovò a volteggiare per aria, ben lontano da dove aveva avuto intenzione di atterrare.
- Oh mio Dio...- mormorò – Élodie, che hai fatto?!-
- La cosa giusta...-
- Ma ti rendi conto che così andremo a sbattere? Vuoi mandare all’aria tutta la fatica mia e di Jack?-
- Tu stai zitto e tieniti alla corda, Turner. Torniamo indietro!-
   E infatti stavano tornando indietro, questa volta ben discosti dal muro:
- Non sono sicuro di voler sapere come andrà a finire...- piagnucolò Will.  
- Ci sei dentro, Turner, mi spiace. Questa è la vita di un pirata.-
- Come scendiamo ora?-
   Élodie mosse il corpo in modo da variare la direzione del moto oscillatorio della corda: ecco comparire il bersaglio. Perfetto.
- Preparati, Turner.-
- Che vuoi fare?!-
   Non ci fu tempo per una risposta.
   A un tratto Élodie mollò la fune, trascinandosi dietro Will. I due giovani si schiantarono violentemente contro Beckett, ancora in sella al suo destriero, e lo disarcionarono, facendo volare lontano la sua pistola. Il comandante fu sbalzato via e rotolò per terra, imbrattandosi di polvere e fango; addosso a lui finì Élodie, mentre Will si teneva al cavallo del Lord e cercava di ritrovare il senso dell’orientamento.
   Jack rimase immobile a guardare; non osò intervenire, allibito e sul punto di scoppiare a ridere, o piangere per la triste comicità della scena.
   Élodie, riavutasi, si alzò da terra e si liberò di Beckett; il quale, ancora stordito, a malapena si rese conto di essere ancora vivo. Al pari delle guardie investite dai barili di rhum, se ne stette lungo disteso sui ciottoli della piazza, con gli occhi persi nel cielo che si faceva sempre più viola.
   Élodie balzò in sella al cavallo del Lord, davanti a un Will Turner con lo stomaco tremendamente sottosopra. La donna prese le redini:
- Non dovrebbe essere il cavaliere a guidare il cavallo nella direzione che più aggrada alla dama?- le fece notare il giovane.
- Lascia queste romantiche teorie ai salotti dei nobili, Turner. In questo momento non abbiamo bisogno di pensare a simili inezie! Perciò tieniti forte, perché guido io.-
   Immediatamente spronò il cavallo, e lo scatto dell’animale fu talmente repentino che Will fu costretto ad aggrapparsi alla cintola di Élodie, alla quale, avvertì sotto le dita, era stato legato il sacchetto con il cuore di Davy Jones. Fu un momento, ma Will credette davvero di aver sfiorato la pelle della donna con le labbra: era stupido pensare a una cosa del genere, a una simile sublime sensazione proprio in quel momento, ma dovette ammettere che non aveva disdegnato. Come non aveva mai disdegnato una carezza di Elizabeth.
   Élodie fermò il cavallo davanti a Jack:
- Corriamo alla Madreperla e andiamocene!- disse la donna – Allontaniamoci da Port Royal prima che questi qui si riprendano del tutto!- indicò gli avversari doloranti e sconfitti – Trovati qualcosa da cavalcare e seguici!-
- Parli bene, tu...- bofonchiò Jack – Non c’è un cavallo neanche a pagarlo oro.-
- Prendi quel ciuco!- gli suggerì Élodie, additando un mulo legato a un palo poco lontano – Ci vediamo alla Madreperla!- e partì.
- Non potresti darmi un passaggio?-
   Evidentemente no: era già lontana.
   A malincuore, Jack tagliò la corda che legava il ciuco e ci montò in groppa:
- Aspettatemi, voi due!- urlò al vento, spronando il povero animale.
   Trottò via con una calma asfissiante, e si confuse nella polvere sollevata dal cavallo di Beckett. Il suo mulo ragliò, irritato da tutto quel pulviscolo fastidioso. C’è da dire, a suo merito, che però non si fermò neanche per un minuto: e dopo un quarto d’ora di sobbalzi Jack si ritrovò in cima a una collina, dalla quale era ben visibile la Madreperla.
   Abbandonato il somaro a pascolare tranquillo e beato, il corsaro iniziò a scendere nell’insenatura, pulendosi alla bell’è meglio una mano leccata dal suo fido “destriero”:
- Animale!- borbottava tra sé e sé – Un ciuco! Io le salvo la vita e lei mi ripaga facendomi sudare sette camicie in groppa a un ciuco!-
“Ho pensato che in due forse potevate mettere insieme un cervello” disse la voce di Élodie, nella sua testa: risposta che Jack scacciò con tutte le sue forze.
   Una volta più vicino, notò che c’era un certo fermento sulla nave: uomini pronti alle ancore, alle vele di trinchetto, mezzana e maestra. Ordini urlati qua e là.
   Aggrappata a una scaletta di corda stava Élodie:
 - Muovetevi, dobbiamo salpare!- gridava.
   Era la sola cosa che le interessava, dopo aver nascosto il cuore di Davy Jones al sicuro, in camera sua: voleva andarsene da Port Royal, per non tornare.
- Jack!- lo chiamò – Sali e dai una mano, che ce n’è bisogno! Andrew, lo affido a te!-
   Il pirata gettò una scaletta di corda a Jack, e quando i due corsari si ritrovarono a fronteggiarsi, fece un risolino:
- Quanto tempo, vecchio mio...- ridacchiò.
- Mai abbastanza, purtroppo.- replicò Jack.
   Andrew costrinse il fratello di Élodie a mettersi subito all’opera, mentre la nave veniva liberata dalle ancore e spinta in acqua da lunghi remi e uomini robusti.
   Will sfrecciava da una parte all’altra del ponte, rendendosi utile in mille modi: avvertì sotto i piedi il vascello che riprendeva a solcare le onde, senza più una falla o una vela stracciata.
- Dove ci dirigiamo?- si rivolse a Élodie, che fissava l’orizzonte farsi scuro.
- Lontano da qui.- fu la risposta. E bastava.
   La donna donò un ultimo sguardo alla baia che aveva loro offerto rifugio, al cavallo che aveva sciolto e lasciato libero nel prato: portarlo con loro era fuori discussione. Aveva già aiutato abbastanza, per le sue forze, unico testimone di una cavalcata verso la libertà, e di braccia forti che stringevano la vita di una donna pirata ancora incredula di poter provare sentimenti veri.
   Perché questa era la verità: Élodie sentiva nascere qualcosa di nuovo in lei, qualcosa di cui non sapeva nulla e che faceva sempre più fatica a controllare. E la causa di tutto questo era solo una.
   William Turner.
   Élodie si voltò verso l’orizzonte: che cosa stupida, si disse. Come d’incanto, il suo cuore si scordò di ogni dolce pensiero.
   Stavano uscendo dalla baia, quando tra i flutti fece la sua apparizione qualcosa di terribile. Il sangue si gelò nelle vene di Élodie; e di Jack, che era occupato a prua, a rimaneggiare un cannone.
- Non può essere...- balbettò la donna.
- Che succede?- le chiese Will, mentre si arrampicava anche lui sulla scaletta di corda.
   Élodie glielo indicò senza parlare. Will guardò: rimase sorpreso e spaventato nello stesso momento.
   Davy Jones era tornato a dar loro la caccia.
 
   La prima cosa che udirono, quasi fosse il segnale di battaglia, fu lo scoppio di un cannone e una palla di piombo che si portò via lo sperone di prua con uno schiocco.
   Élodie barcollò dalla sua postazione; scese e iniziò a gridare comandi che i suoi pirati ormai sapevano a memoria. I cannoni furono subito caricati.
   Fuoco.
   L’Olandese Volante si avvicinava con sorprendente velocità, apparentemente intatto e senza cicatrici che ricordassero il primo scontro con la Madreperla. Questa volta, tuttavia, incontrò un nemico decisamente più agguerrito e per questo capace di dare filo da torcere. Questa volta c’era il cuore, in ballo. E Élodie non aveva nessuna intenzione di perdere la partita.
   Grazie agli abili sforzi di Andrew, al timone, la Madreperla scivolò tra le palle di cannone dell’altra nave, dritta e sicura verso il nemico. Élodie si spostò a prua, fissando con odio l’Olandese Volante: aveva qualcosa in mente, per guadagnare tempo contro Davy Jones.
   Gli occhi della donna saettarono verso le torce che i suoi pirati tenevano in mano per accendere i cannoni.
   Sì, c’era una possibilità.
   Qualcuno le passò una bottiglia di rhum e lei bevve a collo senza concedersi respiro:
- E’ un’altra follia, e tu lo sai.- la rimproverò Will Turner – Faremmo meglio a correre di sotto, prendere il cuore, trovare Davy Jones e trafiggere quello schifo davanti ai suoi occhi! Farla finita una volta per tutte...-
   Élodie terminò di bere e si asciugò le labbra con il dorso della mano:
- Non prima di averlo visto, Turner.- replicò – Voglio vederlo. Voglio vederlo ancora una volta. Non chiedermene il motivo. So solo che lo voglio.-
- E’ una pazzia!-
- Hai ragione, Turner. Ma che mondo sarebbe questo, senza un po’ di sana follia?-
   Will rimase stupito e interdetto; stava per ribattere, ma Jack gli schiaffò un fucile tra le mani e gli infilò delle pallottole in una tasca della veste. Non disse nulla: non ce n’era bisogno. L’Olandese era vicino.
   Élodie gettò fuoribordo la bottiglia vuota:
- E così...continua.- sentenziò, sguainando la sua spada.
   I cannoni della Madreperla sputarono piombo e colpirono la fiancata del nemico; Andrew ruotò il timone e il vascello virò a babordo in una miriade di spruzzi. I proiettili dell’Olandese non riuscirono nemmeno a scalfirla.
- Avvicinati, Andrew!- ordinò Élodie – Abbordala per il tempo necessario e poi mantieniti fuori dal loro mirino, ma non troppo lontano! Dovrai tornare a prenderci, dopo.-
- Agli ordini, Capitano!- urlò il nostromo.
- Proteggi il cuore a costo della tua vita, Andrew!- gridò di rimando Élodie – Se le cose si mettessero male...gettalo in mare!-
- Prima o poi allora mi spiegherai a cos’è servita tutta la fatica per rubarlo, e poi non utilizzarlo...- la schernì Jack, lucidando con noncuranza la canna della pistola.
- Se non abbattiamo l’Olandese Volante avremo un’eternità per discuterne, Jack...-
- Capitan Jack Sparrow, per favore. Ci tengo alla mia dignità...comprendi?-
- No, visto che in te non ne vedo neanche un briciolo, di dignità. Comunque, prendi questa!- Élodie gli lanciò una cima fissata a un pennone e si fece seguire su per la scaletta di corda.
   Will si avviò dietro a Jack, con il cuore in gola: la prima volta erano riusciti a sfuggire all’Olandese Volante, ma non sapeva se la Fortuna stavolta avrebbe giocato dalla loro parte. La sorte è qualcosa di imprevedibile, ancora di più tra pirati e mare aperto. Invece Will aveva voglia di un focolare caldo, magari un bambino lì intorno, non certo di una fredda tomba come l’oceano.
   La Madreperla si avvicinò all’Olandese in un turbine di palle di cannone e stralli tranciati, ricavandone solo qualche graffio e un grosso buco nella mezzana. I pirati di Élodie si lanciarono all’attacco, usando le cime per atterrare sul cassero e sul ponte dell’altra nave e riversarsi in ogni angolo con urla disumane.
   Stranamente, non c’era nessuno, non un solo mostro, ad accoglierli. Tutti in coperta, evidentemente. Ma perché? Che motivo aveva Davy Jones per temere loro, semplici esseri umani?
   Mentre la Madreperla si allontanava piano, l’equipaggio della donna cessò di gridare e si guardò attorno, spaesato: la nave sembrava vuota e puzzava di materia putrescente. Con le armi in pugno, i pirati si raccolsero intorno al Capitano, sempre più disorientati da quell’innaturale silenzio:
- Quest’atmosfera non mi piace...- dichiarò Jack – Sa di morto.-
- Trovami qualcosa di vivo oltre a noi, su questa nave, e ti darò una medaglia, fratello...- disse Élodie – Non disperdetevi!- si rivolse ai suoi uomini – Non c’è da fidarsi.-
   Mai fidarsi di un mostro. Come a sottolineare queste parole, la porta che introduceva sottocoperta si spalancò e ne uscirono decine di proiettili; gli uomini, presi alla sprovvista, furono centrati e uccisi, e lo scudo che proteggeva Élodie si assottigliò in un battibaleno.
   Guardando in terra, la donna si accorse che venivano bersagliati a fiocine; un attimo dopo Will la sospingeva dietro a un pennone, spalla a spalla con lui.
   Sul ponte irruppero i seguaci di Davy Jones: il silenzio di poco prima fu barbaramente spezzato da urla di incitamento e di esultanza.
   Élodie attese di riprendersi un poco e poi cominciò a combattere; con lei la ciurma ritrovò vigore, rabbia e spietatezza sufficienti per andare incontro alla morte con smorfie di disgusto e disprezzo. Il legno dell’Olandese fu schizzato di sangue, l’aria riempita di gemiti e grida.
   Élodie diede il meglio di sé, tagliando, sparando, persino mordendo e sputando come un animale. Nessun mostro era degno di rimanere in piedi alla fine di quell’infinita battaglia. E non importava se si rialzavano, se le loro membra mutilate ritornavano ai padroni, se ogni successo era in realtà una sconfitta: l’odio non si esauriva così facilmente, e gli stivali macchiati di sangue umano le ridavano forze.
   Élodie lottò contro mostri di ogni sorta, finchè quelli non riuscirono ad accerchiarla: lei, furiosa, non se ne accorse nemmeno. Nemmeno di quell’avversario alle sue spalle, nemmeno di quella spada così affilata...
   La sua buona stella in cielo, tuttavia, in quel momento trovò anima e corpo in un coraggioso giovane che, senza pensarci due volte, scorto il pericolo, si gettò in quel cerchio di morte per difendere la donna.
   Will bloccò l’arma del nemico con il proprio corpo, per poi strappargliela faticosamente di mano e rivoltargliela contro. Quando Élodie si liberò degli altri mostri e si voltò, non vide altro che un lavoro già concluso:
- Ben fatto, Turner...- si complimentò – Alla faccia del bravo ragazzo!-
   Will, piegato sulle ginocchia, affannato, rispose:
- Persino un cane come me sa difendersi...-
“E difenderti, mia bella e dannata Élodie” avrebbe voluto aggiungere, ma un dolore lancinante alla spalla lo costrinse a tacere e serrare i denti.
- Tutto bene?- gli chiese Élodie, guardandosi nervosamente attorno.
   Will capì che lei doveva andare.
- Certamente.- boccheggiò – Non...preoccuparti per me.-
   Non c’era motivo di angosciarla di più.
   Appena ricevuta quella risposta, categorizzata come positiva, Élodie corse dall’altra parte del ponte, investendo nemici e continuando ad andare avanti, in cerca di
(davy jones...questo è quello che vuole, davy jones!)
   Will si aggrappò al parapetto, sparando un proiettile dritto dritto nella testa di un mostro: abbassò lo sguardo. La sua camicia era imbrattata di sangue, ma questa volta non apparteneva a nessun altro uomo: quel sangue era suo, sgorgava a fiotto dal suo corpo, là dove la spada lo aveva trafitto.
 
   Élodie si infilò in un boccaporto e scese al piano inferiore: sapeva che in poco tempo la Madreperla sarebbe stata a portata di salto, e lei e quel che rimaneva della sua ciurma avrebbero dovuto abbandonare l’arrembaggio. Ma non aveva intenzione di lasciare quella nave senza un suo personalissimo biglietto da visita.
   La battaglia infuriava sul ponte, perciò ogni corridoio sottocoperta era completamente deserto. Élodie vagò per le varie stanze, cercando qualcosa che facesse al caso suo: prese una lanternina con sé. C’era troppo buio, e freddo.
   In uno stanzino trovò accatastati diversi barilotti di rhum. Si chinò ad aprirne uno, si passò il liquore sul viso e poi ne bevve abbastanza da rincuorarsi. Si alzò, facendo attenzione: non doveva dimenticare che aveva una lanterna in mano. L’alcol non è mai un amico affidabile, specie se si maneggiano delle fiamme...
   Poi, l’idea, una visione. L’Olandese Volante che saltava per aria, avvolto in una cortina di fuoco, e tutto questo a causa...del rhum.
   Élodie provvide a spaccare un altro barilotto, poi un altro: con quelli imbevve il resto della scorta. Ne spaccò un terzo e lo utilizzò per disegnare una lunga scia che solcava il corridoio fino all’altra stanza, dove prima aveva scorto una fila di barilotti di polvere da sparo. Li bagnò con il rhum, con cura. Poi tornò indietro, questa volta portando con sé anche un contenitore pieno di polvere da sparo; percorse il corridoio fino a una scala che portava sul ponte; sistemò il barilotto mezzo vuoto proprio lì sotto, lo cosparse con il rhum rimasto, in modo che una volta lanciata la lanternina su quell’alcol vischioso lei potesse avere almeno un secondo per mettersi in salvo, prima che la miccia si incendiasse.
   Tornò di sotto. Sentiva clangore di armi, in un qualche punto della nave. Era meglio radunare gli uomini, battere in ritirata e dare fuoco all’Olandese Volante.
   Si diresse verso un’altra stanza e vi appoggiò l’orecchio: da lì provenivano i rumori. Udì anche parole distinte, voci inconfondibili. Non avrebbe mai e poi mai potuto sbagliarsi.
- Era tanto tempo che non combattevo più contro di te, Jack...- il tono cavernoso di Davy Jones la fece sobbalzare – fin da quando ti lasciai libero con quella promessa.-
- Mai mantenuta, mio caro.- Jack scoccò un fendente che venne opportunamente bloccato con uno stridio – Perché infatti non mi ricordo nemmeno di cosa si trattava.-
- Te l’ho strappata tra i lamenti e le torture, pirata, e anche se tenti di non darlo a vedere, te lo ricordi benissimo. Si trattava del mio cuore, Jack, e di tua sorella.-
   Jack parò un affondo e fu violentemente sbattuto contro un tavolo; si riprese e si rimise in guardia.
- Ti chiesi di portarmela, tu che unico sapevi dove poteva nascondersi...perchè senza di lei non avrei mai trovato pace. Tu ribattesti che era come cercare un ago in un pagliaio. Io risposi che ti davo tempo dieci anni...e i dieci anni ora sono scaduti.-
   Jack e Davy Jones si fronteggiarono, spada contro spada, elsa contro elsa:
- Dieci anni, Jack...e lei non è tornata.- ribadì il mostro – Mi hai mentito. E ora te la farò pagare molto cara: la tua anima è mia, Jack. Te la rubai anni fa. Se non avessi mantenuto la promessa, sarebbe stata maledetta come la mia...ora lo sarà, Jack. Per sempre.-
- Prima devi riuscire a toccarmi la fronte, mostro!- lo sfidò il pirata – Lo so bene che la tua stregoneria funziona solo con il contatto. Ma non mi farò prendere così maldestramente da te!-
   Élodie avvertì il cozzare delle armi e indovinò che Jack stava cercando di tenere lontano Davy Jones, pena la dannazione eterna.
- Perché ti ostini a lottare?- continuò il mostro – E’ finita. Tu non puoi resistere in eterno, ma io sì. Ora che non ho Élodie, ti perseguiterò dovunque tu vada, e ti trascinerò all’Inferno. Tu deperirai giorno dopo giorno, marcirai come me. A meno che non cogli l’ultima possibilità che ti do...-
   Tentò di inchiodare Jack al muro, ma fallì: il pirata si era già spostato.
- Dammi Élodie ora, Jack, e io ti libererò dalla tua maledizione.- concluse il mostro.
- E tu pensi che lo faccia? Illuso!- lo canzonò l’altro – Al contrario di quanto possa sembrare, amo troppo mia sorella per venderla al primo sgorbio che passa.-
- Sei proprio certo di volere la tua rovina?-
- La mia rovina per la libertà di Élodie.- precisò Jack – In passato le promisi di proteggerla sempre: non mancherò a quella promessa, nemmeno ora.-
   Élodie si sentì stringere il cuore. Accarezzò la bambolina appesa al collo, quella che Jack le aveva regalato quando erano bambini: una promessa.
- Allora perché te ne andasti?- provocò Jones – Perché la lasciasti sola quando lei aveva più bisogno di te?-  
   La donna strinse i pugni.
- La libertà chiamava anche me...- mormorò Jack, eppure pareva incerto – Ma tu come faresti a conoscere questo particolare?-
   Una grassa e roca risata riecheggiò nell’aria. Davy Jones sogghignò:
- Non fu la libertà, ma io, a chiamarti, pirata... Eravate ancora molto giovani, ma io ero già con un piede nella fossa. Io ti chiamai al mare, Jack...e poco dopo avvenne il nostro incontro, te lo ricordi? Sono certo di sì. Eri uno strumento per miei scopi, il migliore strumento...che non si è mai piegato a me!-
   Élodie decise che aveva sentito abbastanza. Tutto il suo odio per Jack Sparrow era sparito nel nulla, per poi ricomporsi più tremendo di prima contro il nuovo destinatario: Davy Jones.
   Lui era la causa di tutto. Lui era il nemico.
   Spalancò la porta con un potente calcio. I due combattenti, all’interno della stanza, le spade incrociate, la guardarono stupiti.
   Élodie trasse la pistola, in un soffio:
- Non mi avrai mai, mostro!- e sparò con incredibile freddezza e crudele precisione.
   La testa di Davy Jones scattò all’indietro, e il mostro indietreggiò: confuso, forse, forse preso alla sprovvista, non riuscì a riprendersi immediatamente dal colpo.
- Andiamo!- Élodie trascinò via Jack, lungo il corridoio, su per le scale, sul ponte.
- Hai sentito...?- sussurrò lui, flebilmente.
   Lei non gli rispose. Guardò oltre il parapetto: la Madreperla tornava a prenderli, come aveva ordinato, ed era già a portata di salto.
- Torna a bordo!- Élodie spinse Jack verso la murata – Uomini, tornate a bordo, ritirata!-
   Una decina o poco più saltò sull’altra nave, assieme a Jack, al sicuro. Élodie afferrò una cima, salì sul parapetto e si volto un attimo indietro; ecco che arrivava anche Will Turner.
   Ruppe in fretta il vetro del lanternino che teneva ancora in mano e buttò la fiamma verso il barilotto posizionato appena sotto le scale, che prima aveva scavalcato. Si voltò, saltò e atterrò sulla Madreperla, che subito manovrò per allontanarsi a tutta dritta. Avevano pochi secondi...
   Will stava per saltare, quando si accorse che la torcia gettata da Élodie non aveva colpito il bersaglio, ma era volata poco lontano: un proiettile l’aveva centrata e ne aveva deviato la traiettoria.
   Istintivamente, tornò indietro e la raccolse: la fiamma non si era spenta, per fortuna.
   Un mostro gli venne incontro con un’ascia nella mano e tentò di colpirlo, ma Will schivò e bloccò l’arma, digrignando i denti per il dolore alla spalla.
   La Madreperla si stava allontanando troppo: doveva andarsene ora, se voleva sperare di raggiungerla a nuoto.
   Si liberò del mostro con un calcio e lanciò la torcia sul barilotto, che subito prese fuoco: fuoco che camminò sulla scia di polvere da sparo tracciata da Élodie, fino ai depositi sottocoperta.
   Il giovane si issò sul parapetto, pronto a buttarsi: esitò solo per un attimo, abbagliato dall’altezza. Una svista che gli costò cara.  
   Qualcosa lo colpì pesantemente alla testa, e allora Will non vide altro che macchie confuse e vorticanti; poi, il buio.
   Cadde dall’Olandese a peso morto, e non avvertì nemmeno dolore per lo schiaffo dell’acqua, né per la gamba sbattuta crudelmente contro un’asse galleggiante. Finì sotto la superficie.
   Tempo qualche secondo, poi l’Olandese scoppiò come una bomba a orologeria: la parte superiore della nave scomparve dalla faccia della terra, mentre quella inferiore veniva divorata dalle fiamme e ridotta a semplice relitto qual in verità era.
   In aria si creò una nube nera, e l’onda provocata dalla detonazione venne avvertita anche sulla Madreperla, che ondeggiò pericolosamente.
   I pirati e Élodie assistettero turbati allo spettacolo: fuoco che lambiva e consumava quello che era stato il loro peggior nemico.
   Élodie guardò con sgomento, poi con sollievo; infine, senza chiedersene il motivo, iniziò a ridere, la risata acuta di chi deride un avversario sconfitto con l’inganno:
- Ti ho battuto, Davy Jones!- cantò – Battuto! Battuto! Battuto! Nessuno può superare Élodie Melody Sparrow!-
   Alzò le braccia al cielo, fece un giro su se stessa, circondata dai suoi marinai, che ora parevano aver ritrovato il buonumore. Era il ritratto della soddisfazione.
- Avete visto?- rise ancora lei – Avete visto? Noi siamo i più forti! I più FORTI! Chi aveva dubbi che questa sarebbe stata una pazzia invece che una vittoria? Turner! Turner, hai visto? Ho vinto io! Abbiamo vinto, Turner, mi hai sentito? Avevo ragione io, stavolta, Turner!-
   Non riscontrò risposta, tra quelle facce graffiate e stanche. Élodie riprese fiato, abbassò le braccia, guardandosi intorno, inquieta: un vuoto nel cuore.
- Turner?-

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Capitolo 14
*** Sosta a Isla Negra ***


- 13 – SOSTA A ISLA NEGRA

 
 
- Turner!- chiamò Élodie – Non fare l’idiota, adesso, vieni fuori! Fatti sentire!-
- William Turner non è qui, sorella...- disse Jack – Mi sembra evidente.-
- Deve essere qui!- ribatté lei – L’ho visto! L’ho visto che prendeva la rincorsa per saltare su questa nave! Era dietro di me!-
   Élodie prese a spintonare i pochi rimasti della sua ciurma e a cercare:
- Turner!- gridò – Dove ti sei cacciato? E’ finita, ora, Turner! Smettila di giocare a nascondino, dove diavolo sei?!-
   Jack guardò con malcelata espressione di lutto la sagoma fiammeggiante dell’Olandese Volante: non c’erano altre spiegazioni.
- Non può essere!- continuava a ripetere Élodie – NON PUO’ ESSERE! Turner non può essere MORTO! Era qui, l’ho visto!-
   Jack corse a prenderla per le braccia, cercando di farla tornare in sé:
- Dove credi che sia, Élodie?- le chiese, scuotendola – Affronta ciò che pensi: dove credi che sia?-
- Turner non è morto!-
   Jack lesse la disperazione nei suoi occhi e non ebbe il coraggio di buttarle in faccia la verità:
- Élodie...- cercò di calmarla, ma in quel momento Andrew, con il cannocchiale puntato sull’Olandese distrutto, lo interruppe.
- Capitano...- mormorò il pirata – Temo...temo di averlo trovato.-
   Élodie sgranò gli occhi, si divincolò dalle braccia di Jack e raggiunse il nostromo:
- Dov’è?!- una domanda che suonava più come un ordine – Dimmi dov’è, PER DIO!-
   Andrew le porse il cannocchiale senza una parola. La donna glielo strappò di mano e guardò: perlustrò l’intero relitto fumante dell’Olandese, poi passò al mare, al legno disseminato sulle onde.
   Non vedeva nulla. Non vedeva nulla! Dov’era Turner? Dove?
   D’un tratto, una figura vagamente umana cadde nel suo ristretto campo visivo: un uomo su un pezzo di legno, buttato lì come se fosse l’ultima cartaccia di un cumulo di rifiuti. Non si muoveva.
   Élodie abbassò il cannocchiale e fissò il punto dove giaceva quel corpo, un mucchietto di carne e vestiti che lei conosceva bene. Anche capelli mossi che si allungavano sul pezzo di legno come tante alghe brune.
- Will...- solo un soffio uscì dalla bocca di Élodie.
   Per la prima volta lo chiamò col suo nome: non era più “Turner”, il ragazzo che lei aveva tentato di raggirare, schernire, comandare, ma era Will, un uomo, una persona cui lei teneva in maniera indescrivibile.
- Will!- e senza esitare Élodie prese la rincorsa e si tuffò oltre il parapetto della Madreperla, finendo in acqua. Gli altri pirati si affollarono al bordo tra mormorii di sorpresa. Jack alzò gli occhi al cielo:
- Santo Iddio...- sbuffò.
   La donna riemerse e cominciò a nuotare vigorosamente verso il luogo dello scempio, continuando a gridare
(sto arrivando will...resisti ti prego! non puoi morire...)
- Che diamine state aspettando?- sbraitò Andrew – Preparate una scaletta di corda, scansafatiche! Mi avvicino con la nave...-
   Mentre i pirati si davano da fare, Élodie raggiunse a grandi bracciate il pezzo di legno su cui galleggiava Will: la donna allungò una mano ad accarezzargli la testa, chiamandolo, ma non ci fu risposta.
   Si spostò di fianco a lui: lo scosse, lo chiamò ancora. In risposta, solo lo scricchiolio del legno.
   Élodie rivoltò il giovane, lo afferrò saldamente sotto le ascelle e lo trascinò via, tenendogli la testa fuori dall’acqua il più possibile. Si rese conto che lui perdeva sangue dalla spalla, e lo stesso gli colava pigro e inesorabile da una tempia; e, ciò che la preoccupava di più, Will Turner non respirava più.
(no...NO! non può essere troppo tardi!)
   L’angoscia le mozzò il respiro. Will poteva essere svenuto, sì...ma cosa toglieva che fosse già morto?
   I suoi capelli fradici di mare le solleticavano il viso, mentre lei nuotava con quanta forza aveva in corpo lontano da quel luogo di morte, con il sangue di lui che si perdeva in acqua come una scia.
   La Madreperla giunse in suo soccorso, affiancandola. La donna si aggrappò alla scaletta di corda lanciata apposta per lei e cominciò a issarsi. Era stanca, e la fatica gravava esageratamente sulle sue spalle: ma non poteva mollare, per nessuna ragione. Non avrebbe abbandonato Will senza prima aver lottato per lui.
   Jack scese a darle una mano per sollevare il giovane: era pesante. Un peso morto.
   Lo trassero a bordo. Da nord spirava un vento freddo, e il tramonto rendeva il sangue di Will più acceso e luccicante che mai.
   Lo stesero sul ponte. Élodie si inginocchiò al suo fianco, con una mortale sofferenza dipinta sul volto. Jack guardò dall’alto della sua statura il giovane Will Turner, abbattuto come la debole canna di uno stagno. Scosse la testa, afflitto, e le lacrime gli punsero gli occhi.
- Svegliati, Will...- implorò Élodie, le cui lacrime invece sgorgavano già – Ti prego...non lasciarmi...-
   Posò le mani sul petto di lui e spinse a fondo: tentava di liberargli i polmoni dall’acqua, ma non sapeva se valeva a qualcosa, ormai.
- Will, non arrenderti...- ripeteva con voce rotta, insensibile al gelo dei vestiti bagnati e frustati dal vento. Andrew le offrì una coperta, ma lei rifiutò.
   I pirati si raccolsero attorno ai due, senza parlare. Nessuno di loro aveva mai visto il loro capitano ridotto così, come privato della sua forza vitale.
   Élodie si chinò a insufflare aria nella bocca di Will, e si accorse che per troppo tempo aveva desiderato quel contatto, e poterlo avere solo in quel momento le faceva più male; continuò a comprimere il petto del giovane, sperando.
   Ma non succedeva niente. Il sangue era sempre più carminio nella luce del sole morente; gli occhi di Will sempre chiusi.
- No...- gemette Élodie – No...no!- spinse con rabbia e impotenza.
   Ed ecco il miracolo.
   Il corpo di Will sussultò e un getto d’acqua salata mista a sangue schizzò fuori dalla sua bocca: il giovane cominciò a tossire raucamente e a vomitare anche l’anima.
   Si piegò lentamente su un fianco, sputando. Élodie, riavutasi dalla sorpresa, lo aiutò tenendogli la fronte con una mano e battendogli l’altra sulla schiena:
- Così, Will...butta fuori tutto!- lo incitò. Era vivo. Era vivo!
- Largo, ragazzi, largo, per favore!- Jack allontanò prontamente i pirati – Lasciategli un po’ d’aria, poveretto! Ne ha decisamente più bisogno di voi!-
   Intanto, Will aveva ripreso a respirare abbastanza normalmente e si dimenticava attimo dopo attimo dell’oppressione al petto, che ora stava notevolmente migliorando. Mani gentili lo sostenevano in quell’impresa che a lui pareva così difficoltosa, eppure troppo importante. Le forme riemersero dal buio che aveva ottenebrato i suoi occhi fino a quel momento, facendosi via via meno confuse.
   Will riacquistava i sensi. Avvertiva l’umidità e il gelo dell’acqua tra le dita, ma anche la ruvidezza del legno; avvertiva l’aria, fredda contro il suo corpo; avvertiva voci, ronzii nelle orecchie; odore di sale; e quel dolore, un dolore acuto, profondo, alla spalla. Pulsava. Ecco che il sangue scorre davanti al suo naso.
   E’ il suo cuore che pulsa attraverso la ferita aperta e rende la sofferenza sempre più grande...sempre più grande...
   Will si accasciò completamente a terra, stremato. Le forme non erano poi così nitide ai suoi occhi; gli doleva la testa, insopportabilmente.
   Élodie lo avvolse nella coperta che Andrew le porgeva e lo sollevò. Will era inerme tra le sue braccia, così debole da temere che un soffio di vento se lo portasse via.
- Will...- la donna lo cullò, incomprensibilmente felice di poterlo fare – Will...-
   Lui strizzò gli occhi, come a mettere a fuoco la sua figura; balbettò qualcosa, in un roco sussurro:
- É...lo...die...-
   La donna gli sorrise. Poi annunciò:
- Sarà meglio portarlo di sotto.- si rivolse al nostromo – Andrew, dammi una mano!-
   Andrew si chinò a prendere Will tra le braccia: per un omone come lui, il giovane era una piuma e sollevarlo fu per lui un gesto da nulla.
- Uomini!- gridò Élodie – Rotta nord-est! Meta: Isla Negra!-
   Là, almeno, avrebbero potuto stare tranquilli: quasi nessuno conosceva quel rifugio.
   Mentre i pirati scioglievano le vele e la Madreperla virava agilmente, Élodie scese sottocoperta: si diresse nella sua stanza, dove Andrew aveva già sistemato Will.
- Resto a darti una mano, Capitano?- si offrì il nostromo.
- No, Andrew. E’ meglio che tu vai di sopra e coordini la navigazione. Penso io a Turner...-
   L’uomo annuì, sebbene malvolentieri, e scomparve chiudendosi la porta alle spalle. Élodie si precipitò all’armadietto dietro la scrivania, dove teneva medicamenti e bende in quantità. Ne avrebbe avuto bisogno, ora.
   Will giaceva sul suo letto, tra i suoi guanciali. Élodie si sentì toccata nel suo intimo: avere un uomo tra le sue lenzuola le sembrava strano e piacevole allo stesso tempo.
   Si portò al fianco del letto con unguenti e garze tra le mani: studiò le ferite di Will, una ad una, con attenzione e delicatezza, le disinfettò e le bendò. Il giovane gemette un paio di volte, ma a una carezza di Élodie si calmò subito. Lei sorrise, mentre contemplava il suo paziente con una punta di tenerezza.
   Gli posò una mano sulla fronte, toccò la benda e gli ravviò i capelli scuri e lisci: la sua pelle era calda, ma non eccessivamente. Will respirava, e non c’era nulla di più importante.
   La mano di Élodie si perse fra le ciocche del giovane, timorosa e sensuale allo stesso tempo; poi scese lungo il profilo della guancia, delle labbra, sul collo, dove una vena pulsava a un ritmo forte e regolare.
   Élodie trattenne il respiro quando le sue dita superarono le clavicole e si fermarono sul petto scoperto del giovane; sfiorarono le bende che fasciavano la spalla, già punteggiate di rosso, e seguirono linee invisibili su quel corpo morbido.
   Poi la donna scosse la testa, ritirò la mano e provvide a coprire Will con il lenzuolo: si sentiva stordita. Una sensazione inusuale, eppure era come se qualcuno l’avesse addormentata per poi risvegliarla a suon di schiaffi.
   Si asciugò il sudore dalla fronte e ripose i medicamenti al loro posto; tornò da Will e accostò una sedia al letto, per riposarsi un po’ accanto a lui.
   Ci ripensò. Si chinò a dare un bacio lieve sulla fronte di Will e lo osservò mentre stringeva le palpebre e borbottava qualcosa nel sonno. Sorrise di nuovo.
   Fu in quel momento che entrò Jack Sparrow.
   Élodie si voltò di scatto appena sentì aprirsi la porta, e il pirata era là, sulla soglia, non annunciato, a fissarla mentre era china su Will. La donna credette di vedere un pensiero discutibile negli occhi del fratello, ma non proferì parola.
   Doveva prima sapere che cosa diamine voleva.
   Jack entrò senza aspettare un invito e si richiuse la porta alle spalle; Élodie fece il giro del letto per fronteggiarlo, qualunque cosa fosse venuto a dirle. Quel silenzio la preoccupava.
   Lui ritornò a guardarla, e finalmente parlò:
- Come sta il nostro amico?- chiese, accennando a Will con il capo.
- Rantola un po’, ma se la caverà. Nessuna ferita grave...- Élodie soffocò un “per fortuna”, temendone l’inopportunità.
(ma non è per will che sei venuto vero jack?)
   Il pirata incrociò le braccia e si diresse verso una delle grandi finestre; degnò Will di un solo, distratto sguardo, poi la sua attenzione fu catturata dal panorama oltre i vetri. La luce delle lanterne nella stanza incorniciavano la sua figura come in un ritratto a olio.
   Jack non si decideva a parlare.
   Élodie andò al suo credenzino e agguantò una bottiglia di rhum. Pensò anche al tabacco, ma scacciò subito quel pensiero: non nella stanza di un ferito.
   Prese due bicchieri e li appoggiò sulla sua scrivania, aspettando.
- William è stato fortunato, come sempre.- cominciò Jack, distogliendo lo sguardo dalla finestra e posandolo sul rhum – Mi offriresti un goccetto?-
   Élodie annuì e riempì i bicchieri. Jack si sedette di fronte a lei e vuotò il suo in un sorso solo: qualcosa tormentava il Capitan Jack Sparrow, era evidente. La donna attese.
- Non siamo stati molto uniti, noi due, vero?- la scosse il pirata.
- Ti sbagli. Lo siamo stati, molto tempo fa.- replicò lei.
- Sono stato io a rovinare tutto. E’ di questo che mi accusi, vero?-
- Ritengo di avere buone ragioni per crederlo.-
- Lo penso anch’io.-
- Dove vuoi arrivare, Jack?-
- Sono venuto a chiederti scusa.-
   Élodie alzò di scatto la testa e lo fissò, sbigottita.
- Sì, tu hai ragione...- insistette il pirata – Tu hai ragione e io ho torto.-
   La donna non credeva alle sue orecchie:
- Cos’è, Davy Jones ti ha fatto il lavaggio del cervello?-
- Diciamo che è stata la famosa goccia che ha fatto traboccare l’altrettanto famoso vaso...- Jack si versò dell’altro rhum – Tu hai sentito quello che ci siamo detti sull’Olandese Volante, o sbaglio?-
   Élodie non rispose. Forse avrebbe voluto non sentire, per non avvertire ora quel rimorso che le mangiava il cuore.
- Ha spiegato un sacco di cose, persino a me stesso. Sorella, forse non ci crederai, e nelle condizioni in cui siamo non avresti motivo di farlo, ma quel giorno, tanti anni fa, non me ne andai per rincorrere la libertà.-
- E perché te ne andasti allora? Era forse voglia di cambiamento o di tesori?-
- Nessuna di queste cose.- il pirata bevve – Non lo so il vero motivo, tutto qui.-
- Mi prendi in giro?- rise lei – Tutti hanno un motivo per fare qualcosa. Persino i pirati come te.-
- Io non ce l’ho, Élodie.- ribattè lui – Anzi, avevo un motivo per restare: eri tu. E’ stato Davy Jones a chiamarmi al mare, Élodie.-
   Élodie lo sapeva. Lo aveva sentito dire da quel mostro.
- Ma tu non ti sei opposto.- concluse.
   Poi tacque per un lunghissimo istante. Gli occhi di Jack erano due pozze scure incastonate in quel visto abbronzato e familiare. Suo fratello.
- Sono venuto qui perché ci tenevo a dirti un’altra cosa.- Jack si sporse per toccare il filo che le pendeva dal collo, e lentamente lo scorse tra le dita, finchè la bambolina di pezza non riemerse dalla camicetta di Élodie e finì tra le sue mani.
- Volevo dirti che io ci credo ancora.- concluse.
   Sollevò la bambolina davanti agli occhi della donna. Di nuovo i ricordi, una promessa
(ci proteggeremo a vicenda per sempre vero fratello?
ci puoi scommettere piccola. In due sarà sempre meglio...)
   Voci infantili che si rincorrevano lungo una galleria buia e infine si disperdevano, lasciando solo la loro eco.
- Ci proteggeremo per sempre, vero, sorella?- le chiese lui, quasi supplicandola.
   Élodie fissò la bambolina, stretta tra le dita di Jack: era stato un suo regalo per lei, un portafortuna. Più che altro un simbolo, non solo un semplice gingillo.
   Guardò lui: il pirata Jack Sparrow, che la pregava con gli occhi. E quella terribile consapevolezza, d’un tratto...
- Lo fai solo per sfuggire a Davy Jones!- sbottò la donna, alzandosi di scatto.
   Jack la imitò, con calma. Poggiò le mani sulla scrivania:
- Perspicace. Sì, lo faccio anche per quello...- le rivelò con un sorriso triste – Sono solo, adesso, Élodie. Solo soletto come un pesce senza un banco. Ti sto chiedendo aiuto.-
- Tu non me ne hai dato nel momento del bisogno!-
- Hai ragione, sorella. Avresti tutto il diritto di uccidermi e vendicarti per questo terribile oltraggio. Ma dimentichi una cosa, che forse non ti ho mai detto apertamente...- sorrise con dolcezza – Mi sei mancata, Élodie.-
   La donna fece per ribattere, ma Jack continuò:
- Quando sei venuta a prendermi, alle prigioni, non avrei mai creduto di poter provare gioia. Dissimulata abilmente, s’intende: certe cose non me le permetto. Rivederti è stato un regalo bellissimo...ed è per questo che ti ho preso in giro da subito, come facevamo da bambini. Ero io quello che ti faceva arrabbiare, ricordi? Al contrario di adesso, tu ti divertivi un mondo; e anch’io. Siamo cresciuti, Élodie, siamo cambiati. Mi dispiace che il tempo, Davy Jones e il mare di abbiano diviso per tanto tempo. Tuttavia qualcosa resta, sai? Meglio che te lo dica ora, nel caso fosse la volta buona che Jones mi toglie di mezzo: sono orgoglioso di te, sorellina. E, la cosa che ti sorprenderà di più, credo...ti voglio bene.-
   Jack si raddrizzò, scrutò Élodie nella penombra e colse il suo sguardo smarrito. Sapeva cosa stava pensando: bugia o verità?
(verità, mia cara. Per la prima volta nella mia vita verità)
- Non so se deciderai di accettarmi come fratello.- disse il pirata – In ogni caso, resterò su questa nave, a...proteggerti.- sottolineò con enfasi l’ultima parola. Poi le fece l’occhiolino e si voltò, giunse alla porta e sparì oltre, lasciando Élodie con un palmo di naso.
   La donna veramente non ci poteva credere. Per la prima volta nella sua vita, aveva trovato un pirata sincero.
 
   Fu una lunga notte insonne, quella. Rannicchiata su una scomodissima poltroncina, ad ascoltare il respiro di Will, Élodie ripensava a Jack e al suo discorso: non ci trovava né crepe, né frasi false, e le parole di Davy Jones che lei, con le proprie orecchie, aveva sentito, non facevano altro che indurla a prestar fede a suo fratello.
   Le sembrava tutto così strano...tutto così bello. Bello scoprire che forse Jack non era quello che lei aveva sempre pensato; bello poter buttarsi di nuovo in quell’amicizia che lei credeva perduta; bello potersi fidare.
   Conosceva Jack troppo bene per cedere subito alle sue parole, ma lo sguardo di lui l’aveva toccata: non c’era menzogna nei suoi occhi. Non questa volta.
   Si appisolò su quella poltrona che ci stava ancora pensando. Era quasi l’alba, e non erano passate molte ore quando la Madreperla venne guidata in un’insenatura e messa alla fonda tra le aguzze rocce grigie all’interno di un’isola.
   Il tonfo delle catene d’ancoraggio ridestarono Élodie dal suo dormiveglia: la donna si resse in piedi con un attimo di fatica, udì Andrew che urlava qualcosa e notò i raggi del sole che entravano dalla finestra. Oltre i vetri, pietre nerofumo.
   Isla Negra.
   Accertatasi che Will dormisse ancora, Élodie salì sul ponte e scoprì i suoi marinai intenti ad ammainare le vele, quelle di trinchetto e mezzana già ritirate. Scorse anche alcuni uomini sulla spiaggia di ciottoli: scaricavano vettovaglie. Altri risalivano lo stretto e tortuoso sentiero che portava alle caverne, un complicato dedalo di tunnel scuri e vicoli ciechi, gocciolanti d’umidità e, fortunatamente, disabitate. Nell’intera isola non c’era un filo di vegetazione o un solo animale, a parte i molluschi attaccati agli scogli; le rocce erano pietre laviche antichissime, mentre il vulcano, sovrano dell’isola, pareva spento. All’interno della costa si estendevano vasche d’acqua termale, completamente naturali; e fanghi, per chi preferiva.
   Élodie alzò le braccia e inspirò profumo di casa.
- Ehilà, buongiorno!-
   La donna si voltò, ritornando bruscamente alla compostezza. Jack la guardava da sotto in su, con i calzoni arrotolati fino al ginocchio, a piedi nudi sulla spiaggia ghiaiosa: sventolava una rete a maglie piccole piena di conchiglie.
- Gradireste una colazione a base di canocchie?- scherzò il pirata, aprendo la reticella e rovistando – O magari di prelibate ostriche? Ma che abbiamo qui...patelle e cozze! Pettini, vongole...datteri di mare!- alzò di nuovo gli occhi sulla sorella, con un sorriso furbo – Neanche una perla, però.-
   Élodie gli indirizzò un gesto inconfondibile con la mano, al quale Jack rispose ridendo e riprendendo la sua pesca. La donna diede il buongiorno al suo fedele Andrew e tornò di sotto, in camera sua.
   Entrò e notò subito qualcosa di diverso: Will era sdraiato su un fianco, cioè non nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato Élodie quella mattina.
   La donna si sedette sulla sedia accanto al letto: qualcosa le diceva che non avrebbe dovuto attendere molto, per dare il buongiorno a Will.
   Infatti, il giovane strizzò le palpebre irritate dal sole e affondò la testa nel cuscino; gemette quando la spalla ferita venne crudelmente schiacciata contro il materasso; mormorò qualcosa, nel sonno, poi aprì gli occhi.
   All’inizio fu solo luce, radiosa e irruente, a riempirgli lo sguardo: i contorni degli oggetti vennero dopo, come i tratti di un pittore su una tela bianca. Per ultimo, il calore di una mano sulla sua.
- Turner? Sei sveglio?- quella voce melodiosa, inconfondibile.
   Will strizzò gli occhi: brandelli di sogni gli offuscavano la realtà, e dal profondo ecco l’eco di un richiamo, come appartenente a un’altra vita.
- Bentornato. Com’era il regno dei morti?- scherzò Élodie, sorridendogli.
- Una vera tomba.- Will si sedette faticosamente sul materasso, le mani sulla fronte, che pulsava. Si accorse della benda che gli fasciava le tempie doloranti, poi mise a fuoco anche il luogo dove si trovava.
- Dove siamo?- chiese, insicuro.
- A Isla Negra, il mio miglior rifugio.- rispose Élodie, alzandosi – Qui potremo curarci le ferite in santa pace.-
   Andò ad aprire la finestra e un soffio d’aria fresca penetrò nella stanza, accarezzandole i capelli. Grida di uomini, da fuori.
- Mi hai salvato la vita...?- finalmente Will se ne rese conto.
- Sì.- disse semplicemente lei.
- Per quanto ho dormito?- Will osservò la donna mentre si muoveva con la sinuosità di una pantera e si appollaiava di nuovo su quella sedia.
- Abbastanza da farmi preoccupare. Lei tue non erano ferite gravi, ma neanche lievi...- lo informò con finta noncuranza.
- Da quando ti preoccupi per me?- la incalzò lui.
“Da sempre” avrebbe voluto rispondergli Élodie. Ma non lo fece:
- Non voglio anche la tua morte sulla mia coscienza, Turner.-
   Appena la sentì pronunciare il suo cognome in quel modo, il giovane avvertì uno sfarfallio nello stomaco: ricordava, come tra le nebbie degli incubi, la voce di Élodie che lo chiamava incessantemente, ma in quel momento lui non era “Turner”, ma semplicemente Will. Per questo tornare ai vecchi tempi gli faceva un effetto strano.
   La guardava, come se stesse ammirando un felino chiuso in una gabbia; lei lo fissava, quei suoi due occhi pungenti e senza pudore lo trapassavano da parte a parte. Lo studiavano. Li sentiva sulla pelle, nell’aria che respirava. C’era tensione, fra loro. Oppure, forse solo un po’ di curiosità repressa.
- E’ meglio che ti riposi un altro po’, Turner.- alla fine fu lei a rompere il ghiaccio e l’idillio – E’ meglio che recuperi in fretta.-
   Will annuì, evidentemente colto alla sprovvista. Sentì il rossore salirgli lungo le guance.
   Non guardava così una donna da quando era morta Elizabeth.
   Non potè fare a meno di seguire con lo sguardo Élodie, che intanto si era di nuovo alzata e si era diretta alla porta: con un po’ troppa fretta, notò Will. Ma se ne dimenticò quasi subito.
   Aveva qualcosa da chiederle:
- Élodie...- la fermò – Per caso...mi hai mai chiamato con il mio nome? Cioè, “Will”?-
   Il cuore della donna perse un battito: non era possibile che lui se lo ricordasse. Non era possibile, perché avrebbe significato che aveva visto e vissuto tutta la sua disperazione per lui, avrebbe significato essere scoperta dall’ultima persona che doveva farlo.
- Non credo, Turner.- borbottò, voltandogli la schiena. Poi però non riuscì a trattenersi: - Perché?-
- Mi sembrava...- disse lui, ravviandosi i capelli – Mi sembrava di ricordare la tua voce che mi chiamava così...ma sarà stato un abbaglio. La botta in testa deve avermi fatto un bruttissimo effetto.-
   Ancora voltata di schiena, Élodie riprese il controllo: non rispondere, sano e antico suo principio. Non abboccare all’amo.
- Riposa, Turner.- la donna sparì oltre la porta, tuttavia segnò quella stanza con l’unico sentimento che non avrebbe voluto mostrare: l’incertezza.
   E Will se ne accorse.

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Capitolo 15
*** Lui e lei ***


- 14 – LUI E LEI

 
 
   Le sue ferite si rimarginavano a vista d’occhio, grazie alle cure di Élodie, e Isla Negra era davvero un ottimo posto dove recuperare le energie.
   Solo i gabbiani che stridevano tra le nuvole sopra la testa e rocce disabitate sotto i piedi. Quella specie di paradiso grigio ricordava a Will Turner uno strano paesaggio di cenere e fumo, quasi quanto i quartieri poveri di Port Royal. C’erano un silenzio e una pace tali da fargli persino paura.
   I pirati ci sguazzavano come se fossero nati e cresciuti lì, nutriti da quella natura solitaria e ora parti integranti di essa. Persino Jack, che Will aveva sempre creduto uno fuori dalle righe, si adattava con malcelato piacere a quella vita tranquilla, scandita dai martelli che ricostruivano la nave e il rumore morbido delle reti gettate in mare per la pesca.
   Solo Will non si sentiva a suo agio in quel clima. E non era solo il fatto di essere stato obbligato a fare meno degli altri per via della spalla ferita.
   C’era qualcosa che lo turbava.
   All’inizio non pensava che questo piccolo tarlo fosse così fastidioso, invece si stava rivelando a dir poco tremendo. Will si sentiva sempre più vulnerabile e non capiva, e il non capire lo faceva infuriare.
   Non ci voleva un genio per collegare questo semplice fatto al comandante della Madreperla: anche Will se ne era reso conto e lo accettava suo malgrado.
   Era cambiato qualcosa fra loro. Il giovane non conosceva bene le dinamiche che si vengono a formare nei rapporti tra le persone, ma era assolutamente certo che da quando era stato tratto in salvo, lui e Élodie non erano più gli stessi di prima.
   Non rintracciava nulla di diverso negli atteggiamenti di lei: era sempre misteriosa e intrigante e continuava a canzonarlo, come d’abitudine.
   Dormivano nella stessa stanza, lei per terra, lui sul letto: non c’era stato verso di capovolgere i ruoli, perché Élodie non aveva nessuna intenzione di abbandonare la sua branda sul perfetto pavimento di legno. Più volte Will si era offerto di tornare a dormire con il resto della ciurma, e tutte le volte la donna gli aveva risposto con un serissimo “Dormi e taci”. Non si era mai azzardato a concederle solo metà del letto, per timore che lei recepisse quel messaggio come qualcosa che non era...o forse per timore che lei potesse accettare.
   Non che gli sarebbe dispiaciuto, anzi. La vicinanza della donna sprigionava in lui qualcosa che avrebbe potuto essere facilmente definito desiderio proibito.
   Presto avrebbero dovuto tornare entrambi a combattere: non c’era tempo per romanticismi, né tantomeno per tresche, o peggio...per amore.
   Will, seduto sul letto della camera di Élodie, si passò le mani tra i capelli: era solo, in quella storia, solo contro i suoi propositi e le sue emozioni.
   Un peso sul cuore. Una ferita ancora aperta nell’anima: Elizabeth.
   La stava tradendo...oh no, lei era morta, che cosa c’era da tradire? La fiducia, l’onore? Era forse sbagliato gettarsi di nuovo in qualcosa che fa sentire felici, ben sapendo di lasciare da parte qualcuno che è stato importante?
   Will fissò i raggi del sole che giocavano a tracciare strani disegni sulle sue ginocchia. C’era silenzio, tutto il silenzio di cui aveva bisogno. Gli sembrava quasi di udire il cuore e la ragione che si davano battaglia, senza tregua. Si guardò le mani: vide solo graffi e ombre.
   Spostò l’attenzione sulla stanza. Un vecchio specchio, poco lontano, gli restituì lo sguardo: Will vide la sua immagine riflessa nel vetro, un uomo (o forse solo un ragazzo) con grandi occhi scuri e le spalle gravate dalla sua insicurezza.
- Che devo fare?- si chiese Will.
   L’immagine mosse la bocca con lui, come in una muta conversazione: in verità, pareva che lo stesse accusando, o almeno, Will si sentì accusato da quegli occhi stanchi di essere lo specchio dell’anima.
   Quello era davvero lui?
   Il giovane osservò meglio: era cambiato. Vedeva segni che non erano mai stati sul suo viso: un’espressione triste, patetica. L’espressione di chi è in trappola e per quanto faccia o voglia non trova una via d’uscita.
   Era orribile. Orribile! Come aveva fatto a ridursi così? Quello non era lui. O lo era. Mio Dio.
   Perché quello specchio non la smetteva di sbattergli in faccia la sua condizione? Perché lo avviliva, invece di aiutarlo? Perché non si appannava e lo lasciava finalmente in pace?
   Will avvertì dentro di sé la rabbia, una rabbia cieca e irrefrenabile. Si alzò, non pensò, si diresse allo specchio e in un lampo di incomprensibile follia lo distrusse con un pugno.
   Il vetro andò in mille pezzi con uno schiocco, frantumandosi a terra. Will fu ridestato da quel rumore; la sua mano, affondata nella montatura dello specchio, prese a sanguinare.
   Fu il calore che fuggiva dal suo palmo chiuso, così reale, o vedere la sua immagine spezzata e sporcata di sangue a far rinvenire il giovane: riprese coscienza di sé, del suo gesto, e si chiese che cosa diamine stesse facendo.
   Quando un uomo ha paura è capace di tante cose: ma a quella reazione lui non trovava né movente, né fine.
   Fissò come ipnotizzato il sangue che colava dalla sua mano. La ritrasse, muovendo le dita: le nocche e il palmo erano un disegno macabro di tagli.
   Will chiuse gli occhi: ecco come accadeva. La confusione era una bruttissima consigliera. E lo teneva in pugno.
   Il giovane indietreggiò, fino a incontrare il letto: si stese sulle coperte, tentando di non pensare a nulla e sconfiggere quel mal di testa che aveva preso a tormentarlo. Stanco nello spirito e nel corpo, si addormentò poco dopo, mentre nella sua mente l’immagine di Élodie si sovrapponeva inesorabilmente a quella di Elizabeth.
 
   Quando il capitano della Madreperla scese nella sua stanza, qualche ora più tardi, rimase sorpreso di trovarci Will.
   Entrò, domandandosi perché mai il giovane doveva essere lì, a dormire in pieno giorno. Poi notò lo specchio rotto e i cocci per terra. Delle gocce di sangue che formavano una scia sul legno, e la mano ferita di Will che giaceva su un guanciale e lo tingeva di rosso.
   Élodie stava per chiedere spiegazioni, ma ci ripensò: non voleva svegliarlo. In silenzio, raccattò un rotolo di benda dimenticato lì vicino e si sedette accanto a lui, sul letto. Niente da dire, Will dormiva proprio della grossa. La donna se ne chiese il motivo. Tuttavia, mentre prendeva delicatamente la mano sanguinante del giovane tra le sue e la fasciava, intuì di sapere già la risposta: era assillato da qualcosa, lei lo sapeva, lo vedeva dai suoi movimenti.
   Riconosceva quei sintomi: erano gli stessi che aveva lei, benché cercasse di non darlo a vedere. Erano simili, lei e Will, molto simili. Entrambi afferrati dalla stessa forza che non ammetteva resistenza, entrambi indecisi.
   Il giovane si mosse e aprì lentamente gli occhi:
- E...Elizabeth?- mormorò, incerto.
- Direi di no.- il tono di Élodie fu affilato e risentito, contro ogni sua volontà: si rendeva conto che lui non aveva ancora dimenticato l’altra.
   Will non ci fece caso: si sedette, un po’ spaesato. Ricordava le mani di Elizabeth, le sue mani sulla pelle...
- Scusa.- guardò Élodie, vergognoso della sua tremenda gaffe – Forse sto...ancora dormendo...-
- Io ti scuso, Turner...- lo interruppe lei -...se mi spieghi cos’è successo qui dentro. Hai forse litigato con il mio specchio?-
   Will parve ricordarsi solo allora di quel particolare:
- Oh...- balbettò – Io...mi dispiace, Élodie, davvero. Non...non so cosa dire...-
- Dimmi solo perché ti sei preso la briga di romperlo. Non ti apprenderò all’albero maestro per questo, Turner.-
- Io...davvero non lo so. Non so cosa mi ha preso. E’ stato...così...-
- Non ti ho strappato all’oceano e rimesso a nuovo solo per permetterti di farti del male, Turner. Se c’è qualche problema, puoi parlarmene.-
   Will la guardò e per un attimo non seppe se fosse meglio confidarle i suoi pensieri: ma come poteva parlarne a chi era il fulcro delle sue angosce?
   Decise di tergiversare:
- No, nessun problema...è che sono molto stanco. Di tutto.-
   Élodie stette in silenzio ad ascoltare: più lo guardava, più sentiva di essere legata a lui più di quanto avrebbe dovuto. Lui non era più un semplice ragazzo, né il committente di una missione; e lei non voleva più essere solo una mercenaria.
   La donna si alzò e si diresse verso un quadro appeso alla parete: lo spostò, rivelando uno sportellino di legno. Incurante che Will la stesse osservando, lo aprì e ne trasse un sacchetto, prima di rimettere tutto a posto come era prima.
   Will la guardò, stupito. Lei si risedette al suo posto, e lasciò cadere il sacchetto sulle coperte: un tintinnio acuto di monete.
   Il giovane lo riconobbe: era la ricompensa che Élodie gli aveva chiesto per i suoi servigi, quando si erano conosciuti.
- Avevo intenzione di parlartene, Turner...- cominciò lei – Mi sono resa conto che la nostra impresa non si riduce ad una mera scorribanda piratesca, ma è qualcosa che occupa spiriti e corpi in una battaglia per la salvezza. Dobbiamo mettere in comune le nostre forze: per questo non voglio che ci sia del denaro fra noi. Riprenditelo pure.- distolse lo sguardo.
- Ma...è la tua ricompensa!- protestò debolmente lui – La ricompensa per tutto ciò che stai facendo e rischiando!-
- Credi davvero che quelle monete possano avere importanza per me?- ribattè lei – Ci sono cose che valgono molto di più del denaro, Turner. Un onesto come te dovrebbe saperlo.-
   Il giovane rimase senza parole: non se l’aspettava.
- Non li voglio, i tuoi soldi, Turner.- ribadì Élodie – Non ne ho bisogno. Voglio solo Davy Jones, dimostrargli che sono io quella che decide per la mia vita, e non lui.-
   Will attese per un attimo. Poi parlò:
- Cosa vuoi fare, Élodie?-
- Nulla. Decidere cosa fare ora è un po’ difficoltoso, e stiamo ancora leccandoci le ferite. Quindi, non faremo nulla finchè non avremo Davy Jones davanti al naso, di nuovo.-
- Lui nemmeno sa dove siamo...-
- Ma noi sappiamo come fare a trovarlo...o a farci trovare.-
- Se ci facciamo trovare ora Davy Jones potrebbe riprendersi ciò che è suo: il suo cuore!-
- Questo non può accadere, Turner. Ho nascosto il cuore in un punto di questa nave che nessuno conosce tranne io. Jones non può trovarlo; non può nemmeno distruggere la nave, perché rischierebbe di perderlo in mare e non ritrovarlo, o di danneggiarlo. Non rischierà così tanto. E se io dovessi morire...-
- Perché dici così, Élodie?- Will impallidì – Perché tu dovresti morire?-
- Perché sono un pirata, Turner...e i pirati muoiono.- sorrise – Ma muoiono sempre contenti.-
   Il giovane si appoggiò sulle braccia: si sentiva a disagio. Pensare alla possibile morte di Élodie l’aveva lasciato perplesso; in verità, gli aveva fatto più male di uno schiaffo.
- Mi manderai via, Élodie?- riprese, dopo un po’ – E’ questo che stai architettando? Lasciarmi qui sull’isola, con i miei soldi, e andare alla ventura da sola?-
- Sei intelligente, Turner.- rispose la donna, inaspettatamente – In effetti, ci ho pensato. Tutto questo è molto pericoloso, e tu ancora convalescente. Che senso ha gettare al vento anche la tua vita?-
- Cos’ha la mia di tanto differente dalla tua, Élodie?-
- Tutto. Ecco cos’ha di diverso. Tutto.-
- Tutta la volontà che ci sto mettendo per stare con te, vuoi dire? Beh, io ne vado orgoglioso, invece. E del tuo disprezzo a tal proposito non me ne importa un fico secco.-
   Per un attimo, la donna non seppe come replicare. Poi la sua espressione da dura si addolcì in una smorfia comprensiva e sinceramente ammirata:
- Vedo con piacere che stai imparando a difenderti...complimenti, Turner.-
   Will ridacchiò sommessamente: sì, stava imparando.
   La scrutò. Élodie era una fiera maschera di furbizia e beltà che per la prima volta era rimasta senza nulla da dire. Pensò di essere riuscito ad aprire un piccolo spiraglio in quel cuore d’acciaio, ignorando completamente la breccia che lei aveva già fatto nel suo.
   La donna gli passò una mano sul braccio:
- Vieni con me.- gli disse, e senza attendere risposta si alzò e uscì dalla stanza.
   Will la seguì e scoprì che lo stava conducendo sul ponte, deserto. Il sole cominciava a scendere all’orizzonte, e un’arietta frizzante rinvigoriva le membra e corroborava i pirati distesi tra le rocce scure dell’isola.
   Mentre Will si concedeva un’occhiata al mare calmo che si perdeva all’orizzonte, una spada gli volò dritta tra le mani, così repentinamente che per poco lui non la lasciò cadere.
- Poiché sei stato così astuto da ferirti la mano con cui di solito tiri di spada...- cominciò Élodie, impugnando un’altra spada e lucidandola -...ti sei guadagnato un allenamento fuori dall’ordinario con la sottoscritta, che di solito ama riposarsi in queste ore, ma che non vuole vederti infilzato come un maiale alla prossima battaglia. Imparerai a usare l’altra mano; non mi pare tu abbia molta scelta, né molto tempo per far pratica. Perciò, cominciamo le lezioni finchè c’è un po’ di sole.-
   Will la osservò mentre prendeva posizione dall’altra parte del ponte: gli chiedeva un duello senza esclusione di colpi, lo leggeva nei suoi occhi. Era mancina, notò anche. Con i mancini non si scherza, gli ricordò una voce che non era la sua: ma non riusciva a rammentarsi chi gliel’avesse detto.
   Istintivamente passò la spada nella mano ferita, quella che usava di solito: il dolore fu istantaneo e intenso, tanto che il giovane fu costretto a cambiare idea quasi subito. Macchie di sangue sulla sua benda.
- Allora, Turner? Ti sto aspettando!- lo provocò Élodie, roteando esplicitamente la sua arma – Tranquillo, non ti farò troppo male...-
   Lo disse come se si stesse rivolgendo a un bambino; Will rimase piccato. Inoltre, odiava essere chiamato Turner!
   Si gettò improvvisamente contro la sua avversaria, armato di spada e un finto odio che lo rendeva solo ridicolo agli occhi della piratessa. Élodie scansò il fendente e gli fece lo sgambetto. Il giovane cadde a faccia in giù, travolto dalla sua stessa furia: rotolò un metro più in là e si ritrovò seduto, sorpreso e confuso.
- Via, puoi fare di meglio!- lo incitò Élodie – Combatti come qualcuno che non si sognerebbe mai di fare del male alla gente. Beh, scordatelo. Sei qui per sconfiggermi, non per giocare, Turner. Riprova!-
   Lui raccolse la spada e si girò. Si trattava solo di prenderci la mano: non aveva mai tirato di sinistro, ma questa era una buona occasione per apprendere.
   Partì di nuovo all’attacco, tentando un affondo. Élodie lo parò senza difficoltà e ricambiò con un altro affondo, evitato per un pelo da Will.
“E’ davvero abile”, pensò il giovane, allontanandosi. Ruotò il polso, per familiarizzare con l’elsa della spada: era pesante.
   Élodie attendeva le sue mosse in perfetta calma: sapeva di non avere nulla da temere. Quando Will le si avventò di nuovo addosso, lo fermò ancora una volta senza problemi: lo costrinse ad abbassare la spada, gliela bloccò con un piede e gli mollò uno schiaffo con la mano libera.
   Lui barcollò e si inginocchiò per terra: questa era una mossa completamente imprevedibile.
- Ehi, questo è scorretto da parte tua!- protestò – In un duello con spade non si possono usare le mani per colpire!-
   Élodie rise:
- Ho forse parlato di correttezza, io?- replicò – Questo non è un semplice duello, Turner. Questa è guerra. Preparati!-
   Caricò un colpo micidiale, che Will evitò grazie all’istinto; la spada di Élodie si conficcò nel legno del ponte, ma lei la tirò fuori subito dopo. Prese ad incalzare Will, obbligandolo ad indietreggiare: la sua lama pareva animata di vita propria, guizzava in una danza mortale e precisa e, nonostante Will riuscisse a tenerla a bada, diventava sempre più infida e pericolosa.
   Il cozzare delle armi attirò l’attenzione dell’equipaggio della Madreperla, intento a godersi il sole e raccontarsela. Jack alzò la testa, e gli parve di scorgere le due figure magre di sua sorella e di Will che combattevano sul ponte della nave: che stavano combinando?
   Andrew era già alla scaletta di corda e stava salendo sul veliero.
   Nel frattempo, Will e Élodie si davano furiosamente battaglia: il giovane si proteggeva alla meglio dai colpi e menava fendenti che non andavano a segno, ma ci andavano sempre più vicino. Come una presenza lontana, la sua spalla aveva preso a pulsare, senza dolore. Élodie lo spronava a fare del suo meglio, e ogni suo colpo era sempre più tremendo e potente del precedente.
   Con un abile gioco di polso, la donna allontanò la spada di Will e lo inchiodò contro l’albero di trinchetto, con la lama puntata alla gola:
- Non ci siamo.- sospirò tristemente – Sei ancora convinto di stare giocando all’eroe. Così non andremo proprio da nessuna parte, Turner.- gli tolse l’arma dalla gola, scuotendo la testa – A quest’ora avresti già potuto essere morto.-
- Questo lo dici tu!- il giovane alzò la sua spada e menò un colpo di taglio contro Élodie.
   Fu rapido e accurato nella traiettoria, stavolta; se la donna non fosse stata un’esperta in materia, probabilmente si sarebbe trovata a soccombere. Invece piegò il busto all’indietro e evitò la lama per un pelo. Presa in contropiede, si ritrovò a fronteggiare un accanito Turner che la costringeva ad abbassare la cresta.
   Élodie barcollò per un attimo, ma mantenne il controllo. Al contrario di Will, che si dibatteva come una furia cieca e ferita nell’orgoglio, la donna riuscì a non perdere la sua freddezza, e dopo pochi minuti il giovane fu di nuovo disarmato.
- Perdi la testa con una facilità incredibile...- notò Élodie – Prendi quella spada e concentrati meglio.-
   Will obbedì, asciugandosi il sudore dalla fronte. L’avrebbe battuta. Oh sì, l’avrebbe battuta.
   Si scagliò con rinnovato ardore contro di lei, e lei avvertì la sua rabbia, il suo rancore sprigionarsi pungente come l’odore acre dell’incenso: Will si stava sfogando, e le sembrò giusto incoraggiarlo.
- Così, Turner!- lo aizzò – Fammi vedere chi sei!-
   L’equipaggio della Madreperla, intanto, era salito a bordo e assisteva al combattimento con stupore. Il clangore delle armi che cozzavano li aveva risvegliati dal dolce torpore del pomeriggio per portarli a fare scommesse su chi avrebbe vinto il duello. Né Will né Élodie udivano i loro mormorii concitati: loro spadaccinavano senza sosta e senza tempo.
   Quando si ritrovarono elsa contro elsa, le spade incrociate, i volti vicini, cercarono di spingersi via con tutte le loro forze per averla vinta. Ma nessuno dei due cedeva, e nessuno dei due prevaleva sull’altro.
- Forza, Capitano!- gridò Andrew – Sbattete al tappeto quel moccioso!-
- William, non farti spaventare!- urlò di rimando Jack Sparrow – Sarà anche mia sorella, ma pure lei ha i suoi punti deboli!-
- Viva Élodie Melody!- fece coro la ciurma. Jack li guardò male.
   La donna mollò la presa e balzò all’indietro. Will, appena vide il ventre scoperto, menò un fendente che piegò Élodie in due, nel vero senso della parola. L’equipaggio mormorò di sconcerto quando il Capitano della Madreperla crollò su un ginocchio, la spada a terra, un braccio contro l’addome.
   Will la fissò accasciarsi e dimenticò in un battibaleno tutto il furore che l’aveva guidato fino a quel momento; si avvicinò, credendo di aver ferito la sua avversaria, e magari poter aiutarla...
   Come le posò una mano sulla spalla, però, il viso della donna scattò a guardare il suo, con un ghigno che deformava il suo bel sorriso; un pugno colpì il giovane ingenuo dritto sulla guancia e Will finì a terra, la spada di nuovo puntata alla gola.
- Regola numero uno: - recitò Élodie, illesa – mai fidarsi delle apparenze.-
   I pirati esultarono, pieni di orgoglio per il proprio Capitano. Jack si coprì gli occhi con una mano: quel ragazzo era troppo buono, si ripetè, sconsolato.
   Will recuperò la spada e ricominciò da capo. Sperimentò la sorpresa di quando l’avversario improvvisamente passa la lama da una mano all’altra, pur mantenendo invariata la sua bravura; subì l’indifferenza di un pirata che, senza distrarsi dal duello, si concede un sorso di rhum dalla bottiglia dei compagni; udì gli incitamenti, i gridi di scherno che la ciurma gli rivolgeva, ma non li ascoltò.
   La verità era che, ogni volta atterrato, si rimetteva in piedi e dava più filo da torcere al suo insegnante. Will era inebriato dalla prospettiva di riuscire a batterlo in giornata, e non si accorgeva del sole che tramontava piano all’orizzonte.
   Per quel che riguardava Élodie, ne aveva abbastanza: Will aveva ancora molte cose da imparare e, benché migliorasse a vista d’occhio, lei era stanca e aveva voglia di mettere qualcosa sotto i denti.
   Evitò un poderoso fendente di Will, girò su se stessa vicinissima a lui e si ritrovò schiena a schiena con il giovane: gli bloccò il braccio che manovrava la spada e puntò la sua arma alla gola di Will, ormai immobilizzato. Non poteva vedere la sua faccia, ma era sicura che ci era rimasto male.
- Non hai pensato a proteggerti subito dopo aver attaccato...- gli fece notare -...e pensavi di fregarmi con quella finta: in verità, ti sei scoperto troppo. I tuoi bluff sono carabattole da quattro soldi...ma le correggeremo un’altra volta. Andiamo a mangiare qualcosa, ora. E’ tardi.-
   Era un tono che non ammetteva repliche, il suo. Will si arrese.
   Attese di venire liberato da quella pericolosa posizione, poi soppesò la spada che aveva usato: si accorse del polso dolorante per l’eccessivo sforzo cui non era abituato.
- E voi che fate lì come spaventapasseri?- sbraitò Élodie, rivolta alla sua ciurma – Lo spettacolo è finito! Filate a preparare la cena!-
   I pirati scattarono come mossi da colpi di frusta e corsero chi ad accendere il fuoco tra le rocce dell’isola, chi a cercare legna, chi a prendere carne e altre leccornie dalla rifornitissima stiva, chi a caricarsi di bottiglie di rhum: quella notte avrebbero fatto baldoria tutti insieme, accompagnati da racconti spudorati e stroncati da una sbronza da ricordare.
   Mentre tutti si affaccendavano, Élodie ripose le spade che avevano utilizzato lei e Will su una rastrelliera; si stiracchiò e guardò le stelle che si accendevano come tante lucciole nel cielo scuro.
   Raggiunse Will, che aveva appena posto il piede sulla scaletta di corda per scendere dalla nave:
- Non ti ho fatto troppo male, vero, Turner?- gli chiese, sfiorandogli la guancia gonfia.
- Figurati...- rispose lui – Ne ho passate di peggiori.-
   Carne di maiale stava rosolando lentamente sul fuoco: lo sfrigolio e l’odore di erbe aromatiche aggiunte a quel ben di Dio fece venire l’acquolina in bocca a Élodie e a tutti.
   Il cuoco di bordo dava gli ultimi ritocchi alla sua opera d’arte e già il formaggio, la carne secca, le verdure in salamoia e il pesce catturato fresco erano spariti dalle scodelle dei pirati, cibo inghiottito fra grasse risate e innaffiato abbondantemente con il liquore.
   Il maiale scomparve altrettanto in fretta nelle bocche fameliche dell’equipaggio e il cuoco fu ben lieto di ricevere i complimenti per il gusto indimenticabile della pietanza.
   Jack mangiò fino a scoppiare: da troppo tempo desiderava una così lauta cena, e non si era trattenuto per nulla. L’educazione non era mai stata il suo forte.
   Il fuoco brillava come una torcia in quella notte di festa, e il rhum scorreva a fiumi, nonostante Élodie ne avesse messo a disposizione solo una parte per i suoi compagni; il resto era ancora sottochiave, nella stiva. Al sicuro, sperava il Capitano.
   Will mangiò con appetito, quella sera, come non faceva da molto tempo. Le occhiatacce che Andrew gli lanciava, poiché si era seduto vicino a Élodie e lei aveva lasciato fare, non lo turbavano neanche un po’. Avrebbe dovuto temerle, invece, ma quella volta si sentiva così bene che, crollasse il mondo, niente avrebbe potuto rovinargli la serata.
   I pirati gli sembrarono più amichevoli, in quel frangente: rise con loro e per la prima volta non avvertì ostilità, a parte quella di Andrew.
   Passarono ore a raccontarsela. Poi, quando il fuoco si fu quasi consumato del tutto, qualcuno propose un bagno alle terme naturali poco lontane. L’idea fu accolta con clamore e subito i pirati si alzarono e caracollarono fin là sostenendosi gli uni agli altri.
   Jack Sparrow non li seguì: ronfava beato sulla ghiaia, la pancia piena.
   Will rimase indeciso per un lungo istante. Confondersi tra i vapori termali assieme a quegli animali non gli andava a genio, benché anche lui avesse bisogno di un bagno; ma nemmeno la solitudine gli sembrava una degna conclusione a quell’allegra serata.
   Si voltò e scoprì che Élodie non c’era più. Non poteva esser andata via con i suoi uomini, perché lui se ne sarebbe accorto: allora dove?
   Si girò verso la Madreperla, le sopracciglia aggrottate. La sagoma del vascello si stagliava contro il riflesso della luna sul mare, e la sirena sulla prua brillava grazie alla polvere di madreperla di cui era rivestita.
   Will notò un sottile filo di fumo che si innalzava dal ponte e si perdeva tra i pennoni e le vele ammainate: un segnale.
   si alzò, lasciando Jack ai suoi dolci sogni, e senza fretta salì sulla nave. Nel buio rischiarato solamente da qualche lanterna, distinse la sagoma di Élodie appoggiata al parapetto, con un mantello sulle spalle.
   La raggiunse in punta di piedi e prese posto accanto a lei:
- Ecco dov’eri finita...- esordì con un sorriso – Ti godi la serata in santa pace.-
   Poi si accorse del bicchiere di rhum sul bordo del legno: pensò che Élodie non doveva conoscere nessuna pace, se tracannava così tanto liquore.
- I miei uomini non sono la compagnia migliore, quando sono ubriachi...- rispose lei –...specialmente per me. Senza contare che mi hai fatto sudare un bel po’, oggi, Turner, e se devo fare un bagno, voglio gustarmelo...senza schiamazzi intorno.-
   Aspirò una boccata di fumo e esalò con lentezza quasi esasperante per Will, che detestava il tabacco.
- Devo farti le mie congratulazioni.- continuò lei – Nonostante l’inesperienza...e i capitomboli, – lo guardò allusivamente – non te la sei cavata poi tanto male.-
   Will arrossì: si sentiva imbarazzato a dir poco.
- Sono contento di essere stato un buon allievo per il maestro.- ricambiò.
   Lei si lasciò sfuggire un sorriso orgoglioso:
- Con un po’ di pratica potresti diventare un abile spadaccino...- riconobbe -...ma poi Andrew ti odierebbe anche di più di adesso.-
- Non capisco che cosa possa avere quel pirata contro di me...- Will scosse la testa.
- Suvvia, non dirmi che non l’hai nemmeno intuito!- lo schernì la donna – Oh, già, dimenticavo. Tu sei quello puro.-
- Puro? Io? Non credo proprio... Semplicemente, non sono meschino.-
   Élodie inspirò un’altra boccata di fumo; ma nel vedere il viso di Will non potè trattenere una risata, e così il tabacco le andò tutto di traverso. Cominciò a tossire, come se dovesse soffocare da un momento all’altro.
   Mentre lei si copriva la bocca carnosa con le mani, Will le sottrasse con sorprendente velocità la pipa accesa:
- Ehi!- protestò la donna – Molla...immediatamente...quella pipa!-
- Oh no, Capitano, mi dispiace.- il giovane giocherellò con quell’oggettino malsano – Farò molto di più.- e lo lanciò lontano dalla Madreperla, senza nemmeno guardare dove.
   La pipa colpì la testa di Jack Sparrow, che si svegliò di soprassalto e nient’affatto contento. Osservò con occhio critico il fornello ancora fumante, poi la nave. Scorse Will e Élodie che si fronteggiavano, questa volta alla stessa altezza, senza paura.
- Se tu fossi un mio marinaio, ti spedirei in cambusa a pelare patate per un anno.- minacciava la donna.
- Ricordati che è tutta salute guadagnata, e tutta per te. Ringrazia Dio che non ho ancora buttato via il tuo rhum!-
- Turner, sei peggio del peggior scavezzacollo che mi sia mai capitato tra le mani!-
- Bene, almeno un primato riesco a detenerlo...-
   Lei lo guardò di sbieco, ma non c’era malanimo nei suoi occhi: forse sogghignava sotto i baffi che non aveva. Forse era contenta di aver trovato qualcuno con cui litigare amorevolmente, in fondo.
   Nella notte, né Will né Élodie riuscirono a carpire l’espressione dell’altro in quel momento, ma entrambi sentirono che non c’era nulla da temere.
   Will si avvicinò un poco alla donna, fino a sfiorare la sua spalla e il suo calore. Lei giocherellava con qualcosa appeso al collo.
- Chi ti ha regalato quella bambolina?- le chiese lui – Me lo sono sempre domandato.-
- E’ stato Jack.- rispose secca Élodie – Molto tempo fa.-
   Will avvertì l’irrefrenabile impulso di toccarla. Allungò una mano verso di essa, prendendola tra le dita: era ruvida, di pezza. Qualche pagliuzza scappava dalle cuciture e il vestitino di stoffa era sbrindellato in qualche punto.
   Ma non fu questo a far rabbrividire il giovane.
   La pelle di Élodie, così liscia, a qualche centimetro da lui, era un richiamo potente per la sua anima fragile. In quel momento, Will seppe di aver raggiunto un suo segreto obiettivo: dimenticare Elizabeth. Per sempre.
   Élodie gli stava dicendo qualcosa, ma lui non l’udì:
- Cosa?- si riprese da quella specie di stordimento.
- Ti ho chiesto perché ti interessa la mia bambola.-
- Oh, nessuna ragione in particolare... E’ che non avevo mai visto un pirata con una bambolina appesa al collo.- fece una pausa – E’ davvero un regalo di Jack?-
- Sì. Un regalo da bambini...-
- Non ci vedo niente di male a regalare una bambola a una bambina.- Will sorrise.
- Che cosa vuoi insinuare?-
- Che in fondo non sei poi così corrotta come credi.-
- Oh, Turner, vuoi saperne più di me?-
- Ti ho osservata. Non mi pare proprio che tu sia un mostro: anzi, direi che sei molto più simile a una rosa...piena di spine, però.-
(e quanto vorrei saperti cogliere...)
- Mio Dio, non cominciare con le romanticherie, adesso!-
- Si tratta solo della verità, Élodie. Niente romanticismi. In fondo, proprio come una rosa non ancora sbocciata, hai qualità nascoste che nemmeno tu sai di avere. Scusa se me ne sono accorto: era impossibile non notarle.-
- E quali sarebbero, secondo te?-
- Al contrario di quanto dai a vedere, sei dolce; timida, dopotutto, generosa e un po’ (giustamente) pazza come bisogna essere. Ti proteggi con una lingua pungente come, appunto, le spine della rosa. Non ho forse ragione?-
   Élodie rimase sbigottita: aveva colto nel segno. Ma si era dimenticato di una cosa. Lei era innamorata. Innamorata di lui.
- Tu sei suonato.- ribattè.
- Se sono qui, devo esserlo sicuramente!- risero – Ma, in fondo, in due non è meglio?-
   Will teneva ancora nella mano la bambolina. Come guidato da un volere soprannaturale, cominciò lentamente ad attirare a sé il filo e il viso di Élodie:
- Ti voglio confidare un segreto.- le sussurrò dolcemente – Siamo terribilmente simili.-
(anche tu sei un’altra rosa will?)
- Ci avrei giurato.- sorrise lei.
   E mentre sembrava che i loro volti dovessero finalmente toccarsi, le loro labbra finalmente incontrarsi – tant’è che ormai si sfioravano -, ecco che nell’aria si levò l’acuto stridio di un violino, che in verità altro non voleva essere che una serenata.
   Will e Élodie si ritrovarono faccia a faccia, imbarazzati, stupiti; si allontanarono l’uno dall’altra, confusi, e guardarono oltre il parapetto.
   Jack Sparrow, con un violino in mano, agitava l’archetto sulle corde con vigore, senza preoccuparsi di suonare note giuste...o degne di ascolto. A piedi nudi, occhi chiusi, seguiva un pentagramma tutto suo, dando vita a un baccano di inferno.
   Élodie si tappò le orecchie, fulminandolo con lo sguardo. L’allusione era fin troppo chiara: Jack intendeva contribuire alla romantica serata. Peccato che nessuno dei due “piccioncini” l’avesse interpellato!
   Élodie non era per niente d’accordo col suo spirito di iniziativa. Tant’è vero che non ci pensò due volte a liberarsi dell’indesiderato ospite: afferrato il bicchiere di rhum, lo lanciò dritto dritto sulla testa di Jack.
   Il pirata terminò l’opera con un ultimo stridio orribile, prima di massaggiarsi il punto crudelmente colpito:
- Era la mia mancia?- alzò lo sguardo, le sopracciglia aggrottate.
- Sì, ma se preferisci ti do un premio...- lo minacciò amabilmente la sorella.
- No, grazie, penso di aver recepito il messaggio.- Jack si incamminò sulla spiaggia ghiaiosa – Bene, credo che ora andrò a fare un giro alle terme...-
   Poi si voltò, folgorato da un’esile speranza:
- Non è che preferivate un pezzo più classico, magari?-
- Jack!- lo redarguì Élodie – Sparisci!-
- E va bene, va bene...- la rabbonì l’altro, prima di dirigersi baldanzoso verso le terme naturali: aveva proprio voglia di rilassarsi un po’.
   Come si fu allontanato, Will domandò:
- Dove è riuscito a trovare un violino, quel matto?-
- E’ il violino di Jim.- spiegò Élodie – Sicuramente Jack l’ha trovato tra le bisacce dei miei marinai: il solito ficcanaso e guastafeste.-
- Concordo pienamente.-
   Quell’ultima frase, sospesa nell’aria come una sottile brezza, sorprese entrambi: due semplici parole che, però, nascondevano un intero universo.
   Élodie tossicchiò, a disagio. Come riprendere quell’atmosfera che si era creata prima fra loro, ora che erano stati interrotti? Sembrava tutto molto più innaturale di quel che era.
   Will non le staccava gli occhi di dosso: di tanto in tanto correvano alla bambolina che aveva tenuto in mano fino a un momento prima e che ora era tornata al suo posto, tra i seni di Élodie.
   La donna tornò vicino a lui, sul parapetto, timorosa:
- Siamo all’ultimo atto, Turner.- mormorò, quasi avvertisse su di sè la gravità di quelle parole – Presto andremo a caccia di Davy Jones...e io lo ucciderò.-
   Will notò un filo di paura attraversarle gli occhi mentre aggiungeva:
- Se dovessi sbagliare ora...-
   Le poggiò una mano calda sulla sua, e sentì un brivido:
- Non sbaglierai.- la rassicurò – Sta’ tranquilla. Puoi contare sulla tua volontà di ferro e sull’aiuto dei tuoi uomini, che non sono cose da poco... E poi, puoi contare su di me, se proprio non ti fidi di nessuno.-
   Lei si voltò a guardarlo:
- Tu?- sorrise – Tu sei solo un uomo, Turner, come noi tutti.-
- Non solo un uomo: un pirata.-
   La donna si meravigliò di quell’affermazione: era sempre stata convinta che Will disprezzasse i corsari come lei.
- Ma tu non li odiavi, i pirati?- gli chiese, infatti.
- Una volta li odiavo, poi ho cambiato idea. Adesso li amo.-
   Fu il colpo di grazia a quella conversazione vacillante. Élodie arrossì, imbarazzata, per la prima volta nella sua orgogliosa vita; Will pure, impacciato, ma senza darlo troppo a vedere.
   Le loro mani erano ancora unite sul legno di quel parapetto: spie di una voglia repressa...tanta voglia repressa a fatica.
   Alla fine Élodie ruppe l’incantesimo. Non amava le situazioni che la coglievano indecisa e vulnerabile. No, lei era Élodie Melody, un terrore dei Mari: l’insicurezza era un lusso che non si poteva permettere.
- Vado in coperta.- annunciò dopo un po’, sottraendo la mano al calore di Will – Sono stanca. Buonanotte.- e si avviò di sotto. I suoi passi riecheggiarono nella notte sempre più fitta, passi che si allontanavano.
   Will contemplò la sua sagoma alla luce debole di qualche torcia, la lucentezza dei suoi capelli biondicci. Affondarci le mani era il desiderio più seducente che avesse mai provato.
   Poi il giovane tornò alle sue palme aperte, nelle quali aveva stretto quelle di Élodie. Si rammentò dell’ultima frase da lui pronunciata, che lo aveva sbalordito: “amo i pirati”. In particolare uno, avrebbe voluto aggiungere: ma non lo confessò ad alta voce, nemmeno a se stesso.
   Si sentiva improvvisamente diverso. Persino il suo corpo, la sua mente, ora gli facevano paura: anche lui era un pirata. Per la prima volta, lo era interamente. Questo – non seppe dire perché – lo fece sorridere. Si era accorto di essere di nuovo felice.
 
   Scese in cabina molto più tardi. Udì gli uomini che rientravano, stanchi e ubriachi, e attese che si sistemassero nei loro bugigattoli; lui non sentiva il bisogno di dormire, ma non avrebbe mai rinunciato a un bagno caldo e ristoratore.
   Quando sentì che i corsari ronfavano beatamente, prese con sé un paio di panni e si avviò: scese dalla nave in assoluto silenzio, ma non prima di aver teso l’orecchio nei pressi della stanza di Élodie, sperando in chissà quale segno.
   Non sentì nulla. Deluso, scese alla spiaggia deserta sotto le stelle, e si diresse verso il punto dove aveva visto sparire gli uomini dopo cena.
   La terra ghiaiosa scricchiolava sotto i suoi piedi ed era l’unico rumore che gli faceva compagnia; il richiamo di qualche uccello marino si spegneva nel silenzio di quella luna, bianca e piena come un viso di donna.
   Giunse alle terme naturali dell’isola. Erano illuminate in pieno dalla luce lunare, e c’era una lanterna, poco lontano, che contribuiva a renderle più accoglienti di quanto già non fossero.
   Will si guardò intorno: la vasca di pietra da cui si levavano volute di vapore si insinuava tra le rocce, formando stagni più piccoli e appartati, contornati da macigni che impedivano per buona parte la vista. Una cascatella scivolava giù da una parete rocciosa e gorgogliava nell’acqua della vasca, sollevando schizzi tutt’intorno.
   Non c’era anima viva.
   Will ne fu compiaciuto. Si spogliò, in assoluta calma e tranquillità, credendo di essere solo. Si immerse nell’acqua termale, e subito si sentì rinvigorito dal suo corroborante calore. Si passò le mani bagnate sul viso e tra i capelli, inspirando a fondo.
   Che pace! Si appoggiò al bordo con le braccia, reclinando la testa all’indietro: davanti ai suoi occhi, solo il cielo appannato dal vapore.
   Will avrebbe potuto stare lì per sempre. I suoi nervi lentamente si rilassavano, i suoi sensi venivano cullati dal torpore e finalmente dimenticava cosa significava stare sempre all’erta.
   Socchiuse gli occhi, svuotò la mente. Ecco, era libero, si librava sopra quella terra arida e maledetta, sopra ogni dolore, amore, rimpianto...
- Possibile che tu non abbia mai niente di meglio da fare che non starmi appresso?-
   Una voce, allo stesso tempo divertita e seccata, richiamò il giovane dal mondo dei sogni.
   La testa di Will scattò, raddrizzandosi. Sulle prime credette di avere sognato, perché non c’era nessuno lì intorno, nemmeno un’ombra.
   Ma poi una sagoma si disegnò nell’acqua, increspando la superficie. Un corpo bello, snello, emerse per buona parte dalla vasca, poi si nascose di nuovo. Capelli biondicci e bagnati che ondeggiavano come alghe dorate attorno alle spalle di lei, la bocca che riprendeva aria.
- Élodie?- balbettò Will, chiaramente confuso – Che ci fai tu qui?!-
- Quel tanto che ci fai tu, Turner.- la donna alzò le braccia e raccolse i capelli in una crocchia, poi li lasciò cadere di nuovo – Sono venuta a farmi un bagno.-
   Il giovane si sentì avvampare. Istintivamente si immerse nell’acqua, tentando di nascondersi, ma inutilmente. Era una situazione a dir poco imbarazzante.
- Non intendevo spiarti...- si scusò lui, ed era la verità più assoluta.
- Nemmeno io, se è per questo.- lei si voltò, con l’acqua che a malapena le celava i seni – Non ti ho sentito arrivare. Ero un po’ più in là.-
   Scivolò verso un bordo, allungandosi per prendere un mucchietto nascosto dietro a un sasso: i suoi vestiti.
   Will si immerse per riaffiorare subito dopo. Si ritrovava incredibilmente diviso tra l’andarsene e l’osservarla, così provocante nella sua femminilità.
   Attese le sue mosse. Élodie ritornò al centro della vasca, apparentemente a suo agio; di tanto in tanto sbirciava con occhio interessato il corpo del giovane, quel poco che poteva vedere senza dare nell’occhio.
   Will notò le scie nere del trucco che le scendevano agli angoli delle palpebre, rigandole le guance: era sensuale, a suo modo, e lo attirava. Come quel suo corpo, quelle sue labbra.
   Aveva come l’impressione che Élodie stesse pensando la stessa cosa di lui. Le leggeva negli occhi il desiderio di riprendere ciò che avevano interrotto poche ore prima sulla Madreperla.
   Forse era troppo presto per esserne certo, ma Will avvertiva uno strano sfarfallio nello stomaco: uno sfarfallio che conosceva bene.
   Élodie nuotò con eleganza fra i vapori delle terme, attendendo un segno da parte di lui. Voleva sembrare distaccata da tutto quello che imperversava fuori e dentro di lei, ma il controllo le scivolava di mano, come l’acqua.
   Odiava le situazioni in bilico. Allora decise di fare qualcosa.
- Potresti girarti un secondo?- disse, avvicinandosi alla cascatella – Non è per te, ma detesto sentirmi osservata.-
   Will sentì un prepotente rossore salirgli alle guance. Obbedì, domandandosi come facesse quella donna ad apparire sempre così maledettamente imperturbabile.
   Lei si lasciò sfuggire un risolino malizioso, prima di salire su un gradino di pietra e rivelarsi in tutta la sua perfetta nudità.
   L’acqua della cascatella le battè sulle spalle, le scese lungo la schiena, sollevando nuvole grigie; Élodie rivolse il viso al getto, lisciandosi i capelli, accarezzandosi. Quell’acqua lavava via dal suo corpo ogni polvere, ogni rimorso: e finalmente si sentiva pulita.
   Will, a disagio, si mosse nella vasca, tentando di ignorare l’attraente riflesso che si disegnava tra le increspature. Ma non era possibile, ovunque si voltasse aveva sempre davanti agli occhi quella vista, e non poteva fare a meno di guardarla.
   Alla fine non resistette più, e sbirciò. Vide qualcosa di cui non sospettava l’esistenza:
- Che hai sulla spalla?- non riuscì a frenare le parole.
   Sulla pelle di Élodie spiccava un aggrovigliato intreccio di linee scure, come se un fiore stesse sbocciando proprio in quel momento e stesse allungando i suoi petali a nutrirsi di lei.
- Ti avevo chiesto di non voltarti.- gli fece notare la donna, ma sorrideva mentre di nuovo si immergeva nella vasca e si avvicinava a Will.
   Il giovane si voltò del tutto, e si accorse che tutto quell’imbarazzo non era altro che un gioco, per Élodie: un gioco pericoloso e sensuale, proibito, accattivante. Lo invitava a prendere la sua parte.
“Sii prudente, ragazzo” lo avvertì la voce di Tia Dalma, lontana nello spazio e nel tempo. Ma Will la ignorò:
- Che cos’era?- insistette con adorabile malizia.
- Un tatuaggio.- spiegò lei, raggiungendolo: nei suoi occhi brillava quella luce – L’ho fatto quando sono diventata Capitano della Madreperla. Rappresenta una sirena, come quella che c’è sulla prua della mia nave. Guarda.-
   Si voltò e scostò i capelli. Will allora vide chiaramente la coda di pesce e la chioma della creatura che si avviluppavano con perfetta naturalezza; un braccio della sirena si tendeva verso l’esterno, come se cercasse di afferrare la mano di un invisibile qualcuno, o magari quella di un sogno.
   Istintivamente, Will posò un bacio su quelle linee scure: il contatto con la pelle abbronzata di Élodie lo fece fremere. Ne era sicuro ormai.
   Le era legato profondamente, e quel legame era forse amore.
   Lei si girò e in silenzio lo baciò sulle labbra, con sicurezza, con passione. Gli cinse il collo con le braccia, vagando sul suo corpo bagnato, fra i suoi capelli scuri, comunicandogli tutto quello che aveva sempre desiderato.
   Will ricambiò, gustando a fondo quella libertà che aveva temuto prendersi. Strinse a sé Élodie, inebriandosi del suo profumo di donna, e si lasciò andare con lei nell’acqua. Esplorò il suo corpo, in ogni centimetro di pelle.
   Come un’illusione assurda, nella sua mente riaffiorò il viso ingenuo di Elizabeth. Ma fu solo un breve, fugace secondo.
   Dopo una manciata di attimi intensi, lui e Élodie si ritrovarono contro la parete rocciosa sotto la cascatella. L’acqua si mescolava alla loro bramosia in uno scrosciare ininterrotto, gentile ma allo stesso tempo incalzante. Non c’era più differenza tra le loro mani, i loro capelli e le loro braccia: ormai si erano uniti in un unico corpo, un un’unica anima.
   E non c’era niente di più bello che quel dolce abbandonarsi alle sensazioni, chiudere gli occhi e fidarsi solo dell’udito, degli odori, del tatto, della penombra.
   La luna osservò tutto da lassù, appena ottenebrata da qualche nuvola sfilacciata: fu la muta testimone di quel magico momento nella storia di Will e Élodie.

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Capitolo 16
*** Davy Jones rapisce Élodie ***


- 15 – DAVY JONES RAPISCE ÉLODIE

 

   Il sole splendette pieno sulla Madreperla, di nuovo in viaggio.
   Il mare era una tavola piatta davanti alla prua della nave, che lo fendeva mentre filava veloce, incontro a una nuova avventura.
   Élodie Melody era sola, seduta sugli scalini del cassero, a poppa. Si rigirava tra le mani la sua bambolina di pezza, sovrappensiero.
   Poco prima era scesa sottocoperta per controllare il cuore dannato di Davy Jones: pulsava ritmicamente, nascosto nella nicchia dove l’aveva riposto. Un luogo appartato e sicuro.
   Era impressionante quanto ancora le facesse senso. Credeva di essersi ormai liberata da quella fastidiosa sensazione di disagio, invece aveva scoperto il disgusto più profondo. Quella mattina partiva per uccidere Davy Jones; e poi che fosse finita, una volta per tutte.
   Più la sua nave mangiava miglia tra le onde azzurre, più Élodie si rendeva conto di quanto fosse rischiosa la sua missione: non era sicura di poter ritornare a essere il Capitano della Madreperla, una volta finito tutto.
   A quell’ora del giorno successivo, lei poteva già essere morta, sepolta sotto tonnellate di acqua chiara, legata solo alla sua spada e a una zavorra.
   Non le era dato sapere se fosse davvero la sua fine: ma Élodie si riprometteva che, in qualsiasi modo sarebbe finita, sarebbe finita, che il suo corpo fosse coinvolto o no. In ogni caso, non aveva paura. Non più.
   Certo, forse sarebbe morta. Andrew avrebbe sofferto. E perché no, anche Jack? Ma la persona che lei amava di più non l’avrebbe vista spegnersi su quella o l’altra nave. Questo lo sapeva per certo.
   William Turner non l’avrebbe rivista, se non viva e vittoriosa.
   Era stata una scelta difficile, lo riconosceva. Sgattaiolare via dalle braccia calde del giovane quando ormai l’alba era vicina e non provare rimorso nel non svegliarlo, non portarlo con sé; non poterlo abbracciare, bacia,re avere un’ultima volta, per timore che i suoi occhi si aprissero e le sue labbra chiedessero troppi perché.
   Non l’aveva abbandonato. Semplicemente, gli aveva risparmiato un altro dolore. Will aveva già perso una donna che amava, Élodie lo sapeva. Non voleva costringerlo ad assistere di nuovo alla stessa scena, alle stesse lacrime, per lei, nel caso fosse andato tutto a monte.
   Will sarebbe stato bene a Isla Negra. Gli aveva lasciato viveri e legna, e in ogni caso c’erano anche il Grasso e Occhio di Legno, da qualche parte sull’isola, dove lei li aveva mandati, e lo avrebbero aiutato. Cibo, compagni, speranza: non aveva saputo donargli altro.
- E’ uno sbaglio.-
   La voce di Jack, netta, incisa nella sua testa.
   Élodie si alzò e si appoggiò al parapetto, ripercorrendo le parole che il fratello le aveva rivolto all’alba, vedendola tornare sola alla nave:
- E il caro William?- era stata la prima domanda, impertinente e fin troppo intima.
- Dove l’ho lasciato.- aveva risposto lei, avvolgendosi di più nel mantello – Che te ne può importare?-
   Jack si era mosso nell’ombra, andandole incontro:
- Importerà a lui, penso.- considerò – Quando molto probabilmente si ritroverà solo, su quest’isola.-
- Non lo porterò con me, Jack.- l’aveva interrotto bruscamente lei – Non posso permettermelo. Lui è così...fragile, così diverso da noi. Non voglio che soffra, che si sporchi della mia stessa colpa.-
- Se lo lasci soffrirà, se non erro.-
- Sempre meno che vedermi morire sulla nave di Davy Jones!-
   Jack l’aveva guardata, e in silenzio le aveva dato ragione:
- Andrà tutto bene...- aveva aggiunto, ma sembrava falso – Tu sei forte...e anche lui lo è. Almeno credo. Perché non ti fidi un po’? O è cosa troppo lontana dalle tue abitudini?-
- Non ci si può fidare di nessuno, Jack...nemmeno di noi stessi. Tu lo sai. Come puoi chiedermi di fargli del male? Io...-
- Lo ami.- aveva concluso lui – Lo ami e lo vuoi proteggere. Lodevole, sorellina...davvero lodevole. E’ tutta farina del tuo sacco?-
- Ma che stai dicendo?- gli occhi di Élodie si erano riempiti di lacrime – Io no, non lo amo affatto! Non è vero! Io non ho tempo per l’amore! Non voglio...-
- Perché hai tanta paura?- Jack aveva incrociato le braccia – L’amore è qualcosa di effimero. Ma intanto che c’è...-
- Non puoi capire, Jack...- Élodie aveva scosso la testa, affranta – Non puoi capire.-
- Lui è legato a te, adesso!- aveva replicato suo fratello – E tu lo sei a lui! Eravate in due, stanotte, a quelle terme! Quello che capisco è che siete stati insieme; quello che tu devi capire, invece, è che adesso non puoi tradirlo così!-
- Non sto tradendo nessuno.- gelida, ostile, come una lama di spada – Ma tu sì, Jack. Stai tradendo me per la seconda volta nella vita.-
- Solo perché ti do buoni consigli?-
- Solo perché sei così stupidamente ottimista e ti ostini nelle tue convinzioni!-
   Era veramente arrabbiata. Si era sentita sola: nessuno era in grado di comprenderla.
- Salpiamo tra un’ora.- aveva ingiunto – Ora va’ a dormire.-
   Si era voltata, ma aveva intravisto Jack che si dirigeva verso la scaletta di corda:
- Non ci provare!- lo aveva fermato, raggiungendolo a grandi passi – Lascia Will dov’è, o te ne pentirai!-
- Potrebbe essere d’aiuto, anche se riconosco che è una possibilità remota.-
- Non voglio che lo sia! Sarebbe solo d’impiccio, alla fine!-
   Jack l’aveva guardata, quasi sprezzante:
- Sai...- riprese – Forse mi sono sbagliato. Non lo ami per niente, visto che lo tratti così...-
- Che ne sai tu di amore, Jack?- l’aveva ferito, e profondamente – Non venirmi a parlare d’amore. Tu badi solo ai tuoi interessi! Non hai saputo nemmeno voler bene a quelli del tuo stesso sangue!-
   A quel punto Jack non aveva più proferito parola. In quel silenzio, Élodie si era sentita uccidere, il cuore stringersi. Ma aveva coraggiosamente sostenuto lo sguardo di suo fratello.
   Quando infine Jack aveva fatto dietrofront, ammutolito, le spalle curve, la donna aveva provato per un attimo quell’euforia che segue la vittoria, prima di cadere in un buio più buio della notte.
   Jack, offeso, ma più che altro vergognoso di se stesso, se n’era andato sottocoperta. Che ne sapeva lui di amore, in fondo? Nulla. Nulla, forse era vero. L’unica cosa che era stato capace di fare era stato pagare qualche meretrice quando gli andava, e rubare a Will Turner la sola donna che avesse mai amato, e cioè Elizabeth.
   Un verme, ecco cos’era. Uno spregevole verme.
   Aveva tentato di rimediare, conscio del suo errore, del suo egoismo: gli sembrava che rendere felici sua sorella e Will potesse funzionare, come risarcimento, dato che ormai era chiaro quanto in verità fossero importanti l’uno per l’altra.
   Si sbagliava.
   Élodie fissò il mare: l’aveva trattato male, la sera prima. Aveva urlato contro di lui tutta la sua paura, la sua rabbia, rischiando di svegliare anche l’equipaggio. Quella faccia blu non le aveva risposto. Forse ora lei cercava fra quelle onde un perdono. Isla Negra ormai era scomparsa all’orizzonte, e con lei Will.
   Una lacrima scese dal volto tirato di Élodie: un po’ di trucco nero le scivolò sulla guancia. Forse aveva ragione, la realtà. Lei era solo una donna.
   Mentre era voltata verso il sole, una massa di capelli annodati alla piratesca, con tanto di bandana, spuntò dal boccaporto e la osservò per un po’. Jack Sparrow controllò i movimenti della sorella finchè questi non si furono estinti del tutto, e lui capì di vederla decisamente assorta.
   Scivolò fuori dal boccaporto e imboccò le scale per sottocoperta, passando per la cambusa e arraffando qualche dolcetto al miele appena cotto. Si diresse verso la stiva e, assicuratosi che non ci fosse nessuno, entrò.
   Lì, nascosta tra le casse, c’era la migliore sorpresa che lui potesse riservare a sua sorella:
- Alla buon’ora!- esplose Will Turner, emergendo da un cono d’ombra – Finalmente avrò l’onore di capire che diamine sta succedendo!-
   Jack lo zittì amabilmente, cacciandogli un dolcetto in bocca:
- Non fare troppo baccano - lo rimproverò – o questa volta va a finire male.-
   Will inghiottì il boccone e lo interrogò senza riprendere fiato:
- Che diavolo succede, si può sapere?!-
- Mio caro William, un po’ di pazienza...prima di tutto, ti consiglierei di mettere questa.- gli porse una cintura abilmente camuffata tra le sue vesti: un piccolo rattoppo per ovviare a un increscioso imprevisto.
   La notte prima, o meglio, poco dopo l’alba, Jack si era furtivamente calato a terra e si era diretto alle terme, nascondendosi tra massi e speroni: non poteva permettere che Élodie lo scoprisse, o avrebbe lasciato sull’isola anche lui, ben contenta di essersi tolta un altro peso di dosso.
   Il pirata era sempre stato ben deciso nei suoi intenti; e anche questa volta non intendeva mollare solo perché era stato minacciato.
   Élodie poteva fingere finchè lo riteneva opportuno, ma non poteva ingannare lui, suo fratello: Jack aveva visto negli occhi di lei qualcosa che l’aveva commosso, qualcosa che voleva salvare, ora che era in tempo.
   Anche se questo significava contravvenire agli ordini.
   Giunto alle terme, non aveva faticato molto per trovare Will: solo, seminudo, coperto solo da quella che sembrava una vecchia coltre, dormiva tranquillo e beato sulla roccia, all’oscuro di tutto.
   Jack gli si era avvicinato e lo aveva scosso, prima piano, poi più forte:
- William?- l’aveva chiamato, insistentemente – William? William, svegliati!-
   Il giovane aveva bofonchiato qualcosa e si era girato dall’altra parte. Jack gli aveva dato uno scrollone tremendo:
- WILLIAM!!!- quasi gli aveva gridato nelle orecchie.
   A quel punto l’altro era sobbalzato violentemente, era scattato a sedere, i muscoli tesi al massimo:
- Élodie, cosa...?- aveva balbettato, insicuro.
   Poi aveva visto Jack, e immediatamente si era reso conto della situazione e del suo stato; era arrossito fino alla punta delle orecchie.
   Ma Jack aveva ben altro per la testa:
- Ben svegliato, William.- si era alzato, afferrandogli un braccio e tirando – Su, andiamo, muoviamoci!-
- Cosa...? Perché?- ancora assonnato, Will aveva opposto una debole resistenza – Dove andiamo?-
- Dai, William, non fare il pignolo, adesso! Ho fretta.- l’aveva strattonato, non proprio gentilmente – Muoviti!-
- Per andare DOVE?!-
- Sulla Madreperla, ecco dove! Su, spicciati! Mettiti un paio di calzoni e affrettiamoci, prima che mia sorella ci lasci qui, tutti e due!- gli aveva tirato in faccia le brache.
   Will aveva appena fatto in tempo a infilarsele, poi Jack l’aveva spinto verso la spiaggia:
- Lasciarci qui?- aveva chiesto il giovane, confuso – Ma che stai dicendo?-
- Mia sorella vuole andarsene subito: ti ha ingannato, William! Se non ci sbrighiamo, ci lascerà qui!-
- Cosa?- Will, i pantaloni stretti in vita con la sola forza dalle mani, boccheggiò – Ma...-
- Ah! Lascia stare! Ti spiego tutto dopo: ora imbarcati e soprattutto taci, perché se Élodie ci scopre è la volta buona che ci butta a mare!-
   Avevano corso fino alla Madreperla, che stava già salpando: si erano abbarbicati alla scaletta di corda e si erano issati a bordo, con circospezione, badando a ogni singolo movimento, a ogni singolo marinaio.
   Con un po’ di fortuna, Jack aveva condotto Will nella stiva e lì l’aveva lasciato, senza che nessuno se ne accorgesse, senza dargli alcuna spiegazione e - dettaglio piuttosto importante – senza una cintura.
   Si era premurato di portargli quel prezioso accessorio ora, assieme a una frugale colazione e a una casacca soffiata sotto il naso dell’irascibile Andrew:
- Ti sta bene.- si compiacque Jack, osservando Will che si vestiva – Ho fatto una buona scelta, a quanto sembra.-
- Tutt’altro.- lo rimbeccò l’altro – E’ troppo larga.-
- Che cosa vuoi che sia! In confronto a quello che ho passato io per te...-
- Ma insomma!-
   Jack gli fece segno di abbassare la voce: passi in lontananza.
- William, ricordati che tu non dovresti essere qui, ora - gli rammentò -...e nemmeno io.-
- Mi vuoi spiegare perché?!-
- Perché questo è il volere di Élodie, amico mio.- gli rivelò infine Jack – In teoria tu avresti dovuto rimanere a Isla Negra, per il semplice fatto che mia sorella teme per la tua vita; in pratica, avresti fatto la fine del bambino sotto la campana di vetro. In quanto a me, avrei dovuto farmi gli affari miei; invece, mi sono fatto gli affari degli altri, come sempre.-
   Will, interdetto, articolò a fatica:
- Élodie voleva veramente abbandonarmi sull’isola? Dopo...dopo tutto quello...-
- Non so cosa ti aspettassi da lei, fatto sta che è solo grazie a me che sei di nuovo al suo fianco...comprendi? Tutto grazie alla mia magnanimità, contro la testaccia dura di mia sorella.-
- Che motivo aveva per farlo?- sbottò Will, adirato, ma soprattutto schiacciato dalla verità – Lei mi...-
- Per favore, non dire scempiaggini.- Jack si spazzolò i vestiti, con nonchalance – Non sono certo che quello di Élodie sia amore.-
- Mi ha...- la voce di Will si spense. Il giovane iniziava a capire
(usato)
   Ancora una volta, lei aveva tentato di gettarlo fuori dal gioco; e allora cosa significavano tutti quei baci, quelle carezze, quei sospiri...?
   Era nei suoi piani fin dall’inizio. Fin dall’inizio Élodie era ben decisa a liberarsi di lui: gliel’aveva anche preannunciato! Quasi per caso, gli aveva confidato di aver pensato di partire senza di lui: ma Will non avrebbe mai  creduto che fosse stata capace di farlo sul serio.
   Provò l’irrefrenabile desiderio di vederla, pretendere spiegazioni per quel gesto che l’aveva così profondamente ferito:
- Élodie dov’è, ora?- chiese, scattando verso la porta della stiva – Devo vederla!-
- Non penso ti convenga...e soprattutto non conviene a me!- lo fermò Jack – Vederla? Non credo sia un’idea intelligente.-
- Devo vederla!- Will si divincolò dalle mani di Jack – E lasciami!-
- No! Per l’amor del Cielo...sta’ buono!- il pirata lo costrinse a sedersi di nuovo – Tu vuoi che mi uccida!-
- Devo andare, Jack!-
- No, tu devi stare qui, finchè te lo dico io. Fai il bravo, per una volta, William...-
   Will si stava infuriando. Non intendeva stare con le mani in mano: aveva troppe cose da chiarire.
- Si tratta solo di qualche ora...qualche giorno al massimo!- cercò di calmarlo Jack – Su...a cuccia!-
- Prima o poi Élodie verrà a sapere che sono qui! Sinceramente, preferisco il prima del dopo!-
   Un’esplosione assordò improvvisamente le orecchie di entrambi. Un rumore insopportabile, seguito dal sibilo di quello che sembrava uno sciame di schegge.
   Will e Jack si gettarono istintivamente a terra, coprendosi la testa con le mani:
- Cos’è stato?!- gridò Will, al di sopra del frastuono.
- Cannoni!- urlò Jack, di rimando – Qualcuno sta sparando addosso alla Madreperla!-
 
   Sul cassero, al timone, Élodie strillava ordini al vento: cercava di evitare le palle di cannone del fuoco incrociato, con tutta l’abilità di cui era capace. Purtroppo la Madreperla era già stata centrata e da qualche parte, ne era sicura, imbarcava già acqua.
   Tutta colpa di quelle due navi nemiche che l’avevano stretta in una morsa d’acciaio e le occludevano ogni via di fuga, ogni manovra che potesse ribaltare la situazione a suo favore.   
Erano comparse all’improvviso. Due vascelli nell’orizzonte ancora debolmente illuminato, poco più che due macchie scure. Nonostante questo, Élodie le aveva notate subito: soprattutto una, che veleggiava rapida e sicura come se non fendesse né l’acqua né l’aria.
   Era rimasta ad osservare. Man mano che si erano avvicinate, la donna aveva sentito uno strano rimescolio nello stomaco: non era paura, ma come una vaga sensazione... Poi si era resa conto che entrambe puntavano sulla sua nave.
   Élodie era scattata al timone, virando a tribordo: in questo modo, si era diretta verso una delle due, e aveva potuto riconoscerne le insegne. Aveva riconosciuto una nave della Marina inglese. Beckett.
   Come aveva fatto a trovarla? Forse l’aveva inseguita da Port Royal...oppure in verità stava inseguendo l’altra nave, l’Olandese Volante, e così i loro destini si erano di nuovo incrociati. Ma poco importava, ormai.
   Élodie aveva invertito bruscamente rotta, mentre l’altro vascello le si accodava e la inseguiva; Andrew era corso a chiamare gli altri marinai, le vele erano state completamente sbrogliate, le armi caricate.
   Ed era stato in quel momento che l’Olandese Volante aveva fatto fuoco.
   La poppa della Madreperla era scoppiata in una marea di schegge e l’intero vascello aveva sbandato per il colpo ricevuto. Élodie aveva sentito tremare il legno sotto i suoi piedi e un coro spaventato provenire dal suo equipaggio. Aveva riportato all’ordine i suoi uomini, dettando contrattacchi e cercando di virare.
   La donna descrisse un ampio semicerchio per portarsi di fronte al nemico. Era come immaginava: alla sua destra c’era l’Olandese Volante, di nuovo; alla sua sinistra, come un fatale paradosso, c’era la Bridget, la nave del comandante Cutler Beckett, il terrore dei fuorilegge.
   Gli uomini sui due vascelli sembravano in fermento. Forse sorpresi dal fatto di trovarsi in così tanti nella stessa iarda di mare, si affaccendavano per averla vinta, o meglio, per sopravvivere a quella che si prospettava una durissima battaglia.
   L’Olandese Volante aprì di nuovo il fuoco: questa volta fu la Bridget a pagarne le conseguenze, e vide la sua fiancata squarciarsi al passaggio delle palle di piombo.
   Benchè ferita, contrattaccò. L’Olandese fu colpito, ma era ben lungi dall’affondare. Élodie si chiese come avesse fatto quella nave a ricomporsi così, come per miracolo: ricordava chiaramente di averla vista bruciare tra le fiamme di un inferno di fuoco solo qualche giorno prima, e ora quella era come nuova.
   Cominciava a credere nell’impossibile.
   Ordinò di sparare, e l’Olandese fu centrato. La Madreperla invece sfuggì alla risposta e i colpi di cannone nemici finirono in mare.
- Prepara i fucili, Andrew!- gridò Élodie – Appena potremo avvicinarci, dividetevi: metà sull’Olandese e metà sulla nave inglese. All’arrembaggio!-
   Compì la manovra. Si avvicinava l’ora della verità.
   Prima si accostò all’Olandese, il più vicino, e lanciò i suoi uomini al saccheggio: li vide gettarsi tra le braccia di quei mostri e li ammirò tanto per quella loro coraggiosa incoscienza. Si allontanò prima che l’Olandese potesse danneggiare la nave. Il legno scricchiolò sinistramente.
   Élodie puntò verso il mare aperto, con l’intenzione di voltare la Madreperla e attaccare con più facilità...ma ecco che un secco cozzare di legno e grida la colsero alla sprovvista.
   Uno sguardo al ponte e scorse la Bridget accanto al suo vascello: tre corvi le saldavano insieme in un’unica sorte. Élodie non era stata abbastanza veloce.
   Uomini in divisa rossa si riversarono davanti ai suoi occhi e si avventarono contro i pirati; ebbero la peggio, a causa del loro impeto, ma una volta afferrato il ritmo si risollevarono come giunchi piegati dal vento. Senza contare che erano molti.
   Troppi.
   Élodie ruotò il timone e costrinse la nave a uno sforzo immane. I corvi gemettero, ma non si ruppero. Il peso della Bridget era una terribile zavorra, e la Madreperla non riusciva a staccarsela di dosso: così vincolate, l’Olandese non ci avrebbe messo molto ad affondarle tutte e due.
   Élodie lasciò il timone al primo marinaio che le capitò sotto tiro, poi scese sul ponte a dare manforte. La pistola in mano, la spada nell’altra, abbattè quanti più nemici potè, mentre raggiungeva le scale e si infilava sottocoperta.
   Aveva soltanto una possibilità.
 
   Mentre Élodie si dirigeva verso il deposito della armi, due ombre risalirono alla luce, tossendo tra le volute di polvere. Jack e Will, udendo le grida della battaglia, si preparavano a combattere: pistole cariche, spade pronte.
- Non so cosa stia succedendo, ma propongo di buttarci nella mischia!- esclamò Jack.
   Will, che in verità non era molto d’accordo col piano d’azione, assentì per forza di cose:
- Andiamo.-
   Un corpo insanguinato volò ai loro piedi, rompendosi a terra come un fantoccio troppo vecchio: sotto il sangue, poterono riconoscere la divisa della Marina inglese.
- E questi da dove arrivano?- domandò Jack – Non sarà...-
- Lord Cutler Beckett! Ci ha inseguiti da Port Royal!- esclamò Will. Poi alzò lo sguardo e intravide un mostro metà uomo e metà pesce che faceva capolino dalla tromba delle scale:
- Ci sono anche gli uomini di Jones!- gridò.
- Chapeau! Perché non ci aggiungiamo anche una flotta di pirati inferociti?- Jack scattò in avanti, trapassando il mostro da parte a parte. Non poteva ucciderlo, ma almeno la soddisfazione di accanirsi su di lui poteva prendersela.
   Will lo seguì a ruota; uscirono sul ponte, e lo spettacolo che si presentò loro sulle prime li spaventò.
   La Madreperla era strettamente agganciata a una nave della Marina inglese, e ovunque spaziasse lo sguardo, sull’uno e l’altro vascello, c’erano uomini che lottavano contro altri uomini, scannandosi a suon di grida, spade e proiettili. Poco più in là, l’Olandese Volante si preparava alla carica.
   Jack si buttò per primo contro i mostri di Davy Jones, che arrivavano a frotte sulla Madreperla per mezzo delle cime e passando per la Bridget, dove seminavano morte.
- Ci mancavano solo questi guastafeste!- sbottò il pirata, spingendo via un pirata inglese che gli sbarrava il passo – Perché questa gente non si fa mai i fatti propri?-
   Nel frattempo, Élodie Melody era tornata sulla plancia, le tasche gonfie e una mano occupata: le piume bianche del suo cappello baluginarono al sole, come a illuminarla.
   I mostri si accorsero di lei e le si avventarono contro; in risposta, pallottole di piombo dritte nella testa e negli occhi.
   Élodie non aveva tempo da perdere con quelli, né con altri. Uccise a sangue freddo due inglesi che ebbero la malaugurata idea di volerla fermare. Poi guardò in direzione dell’Olandese e vide Andrew che si batteva come un leone, ma aveva la peggio; inoltre, quella nave maledetta era troppo vicina alla Madreperla, e la Madreperla pullulava ormai di scagnozzi di Davy Jones.
   Élodie si mosse verso i corvi. Gettò quello che aveva in tasca su ognuno di quelli e sparò una volta che questo ebbe toccato il legno. Una ad una, le piccole bombe panciute che aveva trovato in armeria esplosero, e con loro i corvi della Bridget.
- A tutta dritta!- ordinò Élodie, e il timoniere guidò il vascello fuori dalla portata delle cime dell’Olandese Volante.
   Riuscirono finalmente ad allontanarsi. Ormai i soldati inglesi erano quasi tutti morti a bordo, ma i mostri erano vivi e vegeti e davano filo da torcere.
   Élodie si girò, in tempo per colpirne due che le venivano addosso, e li vide.
   Jack e Will, schiena contro schiena, a difendersi come meglio potevano da quelle creature orribili. La donna si scoprì stupita e infuriata allo stesso tempo, e attaccò con più violenza quei nemici che cercavano di vincerla.
   Non era tanto la presenza di Jack a impressionarla, ma soprattutto quella di Will: lui non avrebbe dovuto essere lì. Non avrebbe dovuto rischiare la vita un’altra volta, sprecare fiato, sudore, forze per una causa che non era più sua; non avrebbe dovuto vivere tutto quello che lei aveva così fortemente (e invano) tentato di evitargli. Tutta quella sofferenza che non gli apparteneva.
   Lo vide muoversi agilmente, passare la spada da una mano all’altra: stoccate, finte, affondi, tutto in perfetto ordine, senza scarti.
   Era stato un buon allievo.
   Ma ciò non toglieva che lui fosse lì, e che la cosa la facesse infuriare: probabilmente si era svegliato, quella mattina, aveva raggiunto la Madreperla e si era imbarcato senza sapere a cosa andasse incontro. Oh, stupido, stupido Turner!
   Cercò di raggiungerlo nel marasma generale.
   Jack si staccò da Will e, afferrata una cima, si lanciò deliberatamente nel vuoto, atterrando sulla Bridget prima che questa fosse troppo lontana, e ricominciò a combattere là. In bilico sul parapetto, ingaggiò una singolar tenzone con qualcuno con cui non vedeva l’ora di pareggiare i conti: Lord Cutler Beckett.
   Intanto l’Olandese aveva puntato la prua di ferro contro la nave della Marina. Davy Jones, al timone, sghignazzò crudelmente. “Una alla volta, con calma” pensò.
   Intanto, Élodie era riuscita ad avvicinarsi a Will. Più la sua schiena era a portata di mano, più parole premevano sulla bocca della donna. Gli avrebbe urlato in faccia tutto il suo dolore, la sua rabbia. Non avrebbe dovuto farla soffrire così.
   Si accorse che lo odiava. Lo odiava e lo amava nello stesso, lunghissimo istante di quel tragitto. Gli fu dietro in men che non si dica, e con uno scatto repentino lui si voltò, credendola un nemico: le loro spade si incrociarono stridendo.
- Tu!- urlò Élodie – Che ci fai tu qui, Turner?!- era sull’orlo delle lacrime.
- Combatto!- gridò di rimando lui, affondando la spada nel corpo di un mostro sopraggiunto – Combatto per te e per me: per noi, Élodie!-
- Sei un incosciente!- lei si voltò per abbattere un altro nemico, ma ritornò subito da Will – Sei un incosciente, stupido e caparbio!-
- E tu una bugiarda, imbrogliona e doppiogiochista! Sapevo che non mi potevo fidare di te!-
- Idiota, imbecille e impiccione!-
- Arrogante, prepotente e egoista!-
- Egoista sarai tu! Io volevo solo che tu stessi lontano da tutto questo...l’ho fatto per te! E tu vieni qui a farti immolare come un agnello sull’altare, per farmi sentire in colpa!-
- Decido io della mia vita, non tu, presuntuosa che non sei altro!-
   Affondarono le spade nello stesso momento, nello stesso nemico:
- Ti detesto, Turner!- schiena contro schiena, ora – Tu non sai quanto ti detesto!-
- E tu non sai quanto tu mi abbia deluso!- la rimbeccò il giovane – Affarista sei e affarista rimani!-
- Non capisci niente!-
- Nemmeno tu!-
   Si voltarono in perfetta sincronia e abbatterono due nemici che li stavano per sorprendere alle spalle, salvandosi così a vicenda: petto contro petto si guardarono, e non scovarono nessuna traccia di astio negli occhi dell’altro, solo un gran dispiacere.
   Will afferrò Élodie per la nuca e la attirò improvvisamente a sé: la bacio intensamente sulle labbra, come se quel contatto gli fosse mancato da troppo tempo.
   A quel bacio Élodie sentì sciogliere quel groppo in gola, che l’aveva accompagnata da quanto aveva creduto di aver lasciato Will sull’isola: le mancava, mio Dio, quanto le mancava il sapore di quelle labbra!
   Lo strinse a sé, affondando in ricordi dolci, accarezzati dalle braccia forti di Will:
- Perché sei venuto qui, Turner?- singhiozzò.
- Perché ti amo, Élodie – rispose lui -...nonostante tutto.-
- E’ come temevo.- replicò la piratessa – Non ti perdonerò mai, Turner...-
   Lo baciò ancora più intensamente sulle labbra, perché d’un tratto si rendeva conto che quella avrebbe potuto essere l’ultima volta; e lei voleva assaporarla, morire, se doveva, con quel ricordo.
   Will ricambiò quel bacio, ma stette sufficientemente all’erta per intravedere un mostro che stava per attaccarli: con uno scattò si voltò, cingendo Élodie con un braccio e muovendo la spada con l’altro. Lei, abbracciata al giovane, lanciò due preziosi coltellini contro altri nemici, prima di staccarsi da lui e caricare la pistola e sparare appena in tempo all’ennesima, orribile creatura.
   Poi un rumore spaventoso li sorprese con il fiato sospeso. Giratisi, scoprirono che la punta dell’Olandese Volante si era incagliata nella fiancata della Bridget, la cui sorte sembrava ormai segnata. I pennoni della nave rovinarono in mare uno alla volta, spezzati dall’onda d’urto. I pochi soldati inglesi sopravvissuti gridarono all’unisono quando il vascello di Davy Jones strappò loro una parte di chiglia e tutte le ultime speranze.
   Élodie corse al parapetto della Madreperla, per vedere meglio: sulla plancia della nave colpita poteva scorgere decine di corpi massacrati, uomini che avevano dato la vita e che ora giacevano su quel legno scheggiato, lontani dalle loro famiglie. C’era Beckett, zoppicante, che si stava rialzando faticosamente: la spada in una mano ferita, contemplava la disfatta, mentre l’Olandese, poco lontano, virava per accingersi a sferrare il colpo di grazia.
   La Bridget era destinata ad affondare, e con lei tutti quelli che avevano creduto che la Giustizia alla fine avrebbe trionfato.
   Élodie guardò gli uomini ancora in piedi e quelli esanimi, abbandonati a quella fine cruda. Ne riconobbe uno, finito lungo disteso per la forza dell’impatto con l’Olandese:
- Jack!- gridò – Jack!!!-
   Jack si stava ristabilendo da una bruttissima caduta. Si alzò, barcollando, avvertendo un dolore sordo in tutte le ossa, ma infischiandosene. Lui era il Capitano Jack Sparrow, accidenti! E aveva un conto in sospeso.
   Guardò Beckett, che si accorse di lui e impugnò più strettamente la spada. Il pirata sfoderò la pistola, ma notò con disappunto che aveva esaurito i proiettili, e non aveva nemmeno una lama con sé.
   Cutler Beckett gli andò vicino e gli puntò la spada alla gola:
- Chiudiamo la partita, pirata.- sibilò – Non lascerò questo mondo senza prima averti visto morto!-
   Jack si umettò le labbra, arrovellandosi in cerca di una via d’uscita:
- Parley?- propose, invocando un antico codice di tregua.
   Proprio in quel momento l’Olandese Volante attaccò, e una palla di cannone fece sobbalzare entrambi i contendenti.
   Si levarono altre grida da quel che rimaneva dell’equipaggio della Bridget. I mostri di Davy Jones gioirono nel cogliere l’occasione, e approfittarono della distrazione dei superstiti per sopraffarli; incontrarono resistenze, ma queste furono deboli e vane.
   A quel punto Élodie sentì di dover porre fine a quella tortura; scalzò il timoniere e prese il comando. Ordinò a Will di caricare i cannoni della plancia, e ad altri di caricare quelli sottocoperta.
   Andavano a far sentire il loro peso nella battaglia.
   La donna guidò la Madreperla verso il luogo dello scontro, abbastanza vicino perché i suoi pochi colpi non fossero sprecati:
- FUOCO!- un grido di guerra, e le pesanti palle di piombo saettarono nell’aria per conficcarsi nella chiglia dell’Olandese Volante. Il frastuono fu tremendo, tanto che alcuni si coprirono le orecchie.
  Élodie tornò sul ponte, lasciando il timone a un altro marinaio. Gettò fuori bordo due mostri e si affacciò al parapetto, in direzione della Bridget. La nave affondava lentamente ma inesorabilmente. Jack era là, mezzo tramortito dal tutto, si vedeva.
   La donna afferrò una cima e pensò: all’arrembaggio.
   Senonché, un grido
(Élodie spostati!)
la bloccò nell’indecisione per un attimo in più.
   L’Olandese Volante sparò una cannonata tra il fumo e il legno rovinato. Will fu fortunatamente rapido a raggiungere Élodie e trascinarla a terra, proteggendola con il suo corpo indolenzito dalla fatica. La palla di piombo sibilò sopra le loro teste, portandosi via l’albero di mezzana e stracciando le vele con una violenza incredibile.
   Élodie udì se stessa urlare per il terrore, e Will che la premeva a terra, facendole da scudo. Sentiva il suo caldo respiro sulla pelle, ed era confortante in tutto quell’orrore.
   Quando ebbe il coraggio di alzare il capo, non vide altro che polvere:
- E’ finita! Su, allontaniamoci!- la incitò Will, e la rimise in piedi con la poca energia che gli era rimasta.
- Jack!- Élodie si rammentò del fratello – Dobbiamo andare a prenderlo, prima che la Bridget venga sepolta dal mare!-
   Detto fatto, afferrò un’altra cima, ne lanciò una anche a Will e insieme volarono sull’altra nave, in tempo per disfarsi di un mostro che incombeva minaccioso sul corpo inerme di Jack.
   La donna si chinò sul fratello e lo scosse:
- Jack, stai bene?-
   Jack alzò lentamente la testa:
- Personalmente, stavo meglio prima.-
   A Élodie bastò quella semplice risposta: se Jack aveva ancora voglia di scherzare, era un buon segno.
   Lo affidò a Will e corse all’altro lato della nave: sporgendosi dal parapetto, vide che il mare si avvicinava sempre più. Alzò gli occhi, e si rese conto che l’Olandese era vicino, così tanto che poteva distinguere le figure anche ancora combattevano sul ponte. Riconobbe alcuni dei suoi marinai e qualche soldato inglese. Vide Andrew, il nostromo, con il viso insanguinato e un braccio che penzolava in modo del tutto innaturale dal suo corpo.
   Stavano per soccombere.
   Ora l’Olandese era fuori portata di salto, ma Élodie sapeva che avrebbe potuto raggiungerlo dalla prua della Bridget, che si stava impennando verso il cielo che non avrebbe mai più rivisto.
   Quindi corse a prua, passando accanto a uno stranito Beckett: lo guardò per un attimo, e lui guardò la donna, per quell’unico, fugace attimo. La vide fuggire, ancora una volta, lontano dalle sue mani tese verso di lei. Poi non la vide più, e la sua vista, già appannata, lo tradì del tutto.
 
   Poco più in là, Jack e Will combattevano ancora per la sopravvivenza: i mostri continuavano ad assalirli da tutte le parti, e loro se ne liberavano più in fretta possibile, quanto le loro braccia permettevano.
   Assieme a loro combatteva un ultimo soldato inglese. In verità non sembrava neanche un soldato, a giudicare da quegli abiti sgualciti e, sembrava, troppo larghi per la sa magra figura.
   Will lo osservò muoversi con abilità tra i nemici e si chiese chi fosse e quale stella lo avesse protetto fino a quel momento.
   Aveva i capelli rossi. Gli ricordava qualcuno, ma non avrebbe saputo dire chi.
   Spinto dalla curiosità, Will si avvicinò allo sconosciuto. Non aveva cattive intenzioni verso di lui, ma quello, come lo intravide arrivare, girò la spada e fu solo per un pelo che Will non si ritrovò trapassato da parte a parte.
   Il giovane balzò all’indietro, brandì più forte la sua arma e allungò una mano: afferrò il soldato per i capelli e lo costrinse a voltarsi. Sentì un gemito, e la morbidezza di quei capelli era davvero incredibile, e strana.
   Quando vide il volto di quello sconosciuto, tuttavia, dimenticò ogni dettaglio; dimenticò persino dove si trovava e che cosa stava facendo. Avvertì la gola farsi secca e il viso congelato in una smorfia di stupore assoluto, misto a incredulità assoluta:
- Non può essere...- balbettò. Aveva timore a pronunciare quel nome -...Elizabeth?!-
- Will?!- mormorò lei, prima di abbandonarsi a quello che fino ad allora aveva creduto una chimera.
 
   Élodie, ormai sull’altra nave, si liberò di un mostro particolarmente fastidioso e montò sul cassero. Tutto intorno a lei era dipinto di rosso sangue e pieno di cadaveri sparsi qua e là, senza riconoscimenti al valore, né degna sepoltura, come avrebbero meritato: tutti quei morti le chiedevano vendetta. Subito, senza pensare, senza più aspettare.
(il cuore...)
   Un pensiero che le era sfuggito, presa com’era dalla battaglia. Ma non c’erano speranze di riuscita in quella lotta, a meno che il cuore non venisse trafitto davanti agli occhi di Davy Jones.
   E il cuore dov’era, ora?
   Élodie si voltò verso la Madreperla: era là, lei sapeva dove. Doveva andare a prenderlo, prima che fosse troppo tardi. Il suo battito maledetto venne ad assordarle le orecchie e i sensi: quel ritmo cadenzato e ipnotico, che la spaventava tanto, era in lei.
   Fece per scendere e cercare una soluzione per raggiungere la sua nave in fretta, ma qualcosa la fermò. Guardò sul ponte della Bridget, ormai più sotto che sopra la superficie dell’acqua.
   Will era abbracciato stretto a una donna dai capelli rossi sparsi sulle spalle. La stringeva con amore, quella donna, come se non credesse di poterla avere lì, tra le sue braccia, in quell’istante. Quella donna era Elizabeth, Élodie la riconobbe.
   Quella donna era l’amore che Will non aveva mai dimenticato, nemmeno quando si era rassegnato ad averlo perduto. Nemmeno mentre viveva quella notte magica, alle terme di Isla Negra.
   Una rabbia sorda e cieca invase il corpo di Élodie, mozzandole il fiato. Quella donna doveva essere morta. Morta.
   Una strana e pericolosa idea si fece strada nella sua mente
(aspetta solo che sia finito tutto questo carina...)
   L’avrebbe messa in pratica una volta chiusa quell’impresa, lo promise a se stessa. Al momento aveva priorità più urgenti, cose molto più importanti da fare, ma era solo una questione di rimando. Amava Will, comunque, e ne era profondamente gelosa.
   Si voltò, in fretta, correndo via, architettando velocemente un piano, tendendo il suo fisico in un’ultima speranza, in un ultimo sforzo, un ultimo spasimo...
   Poi, lo sparo.
   Non seppe mai da dove venne, né chi fu la mano che premette il grilletto. L’unica cosa che sentì fu quel bruciore alle carni, quel lampo viola che le passò davanti agli occhi, quell’improvviso oblio che la disorientò e la fece barcollare, piegare, infine cadere sul duro legno. Il cappello ornato di piume bianche volò lontano.
   Ora il suo sangue si mescolava a quello dei suoi uomini, i rumori si sfaldavano e si perdevano in lontananza; e non c’era più colore, odore se non il rosso vivo e acre della vita che scorreva lontano da lei. Male...in ogni sua fibra, in ogni suo pensiero.
   Spostando la testa con incredibile fatica, potè vedersi a terra, abbattuta. Un fiore carminio sbocciava sul suo addome, avido di linfa vitale.
   Tentò di muoversi, ma scintille di dolore la costrinsero a non fare scherzi.
   Ritentò, invano. Non ci poteva credere. Non ci poteva credere!
   Le lacrime le punsero gli occhi. Non ora, non ora! Non poteva morire, ora, in quel luogo, in quel modo
(will...)
   Lo chiamò senza più voce e pregò di poterlo rivedere, ancora una volta, solo per lei.
   Osservò il suo sangue correre via, e con esso tutta la sua forza, la sua determinazione, il suo coraggio.
   Un’ombra sul cassero. Un mostro. Davy Jones. Il nemico. Il male in persona.
   Élodie digrignò i denti.
   Il battito del suo cuore, lento
(non può finire così!)
lento...
(non può finire, mio dio!)
   Ma quel Dio si era scordato da tempo di lei.

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Capitolo 17
*** All'arrembaggio! ***


- 16 – ALL’ARREMBAGGIO!

 
 
- William, non vorrei sembrare inopportuno, ma non mi pare esattamente il momento più adatto per darsi al romanticismo!- Jack infilzò un mostro e lo allontanò con un calcio.
   Will riprese coscienza del mondo che gli stava attorno, esattamente come qualcuno che dopo un bel sogno ripiomba nella cruda realtà. Si ritrovò con Elizabeth tra le braccia, che si stringeva al suo petto, e per qualche assurdo motivo versava lacrime su quella stoffa ancora impregnata dell’odore di Élodie. E lui, l’impavido, si sentiva un traditore.
   Scostò Elizabeth e le accarezzò il viso. Ma non aveva parole per esprimerle la sua felicità, né ne aveva per spiegarle quando fra loro fosse cambiato.
- William!- gridò Jack – E insomma, saresti così gentile da darmi una mano?!-
   Subito Will si voltò per correre in aiuto di Jack: abbatterono un altro mostro e lo gettarono fuori bordo. Fu allora che si accorsero che ormai il mare lambiva completamente la chiglia della Bridget.
- Affondiamo!- Jack si diresse verso poppa, scrutando l’orizzonte – Ehi, voi là! Venite a prenderci! Ehiiiii!-
   Si sbracciò come un pazzo verso la Madreperla, tenutasi notevolmente e giustamente a distanza; ora, però, riguadagnava mare, attirata dalle grida del pirata e rassicurata dal fatto che l’Olandese pareva abbandonare il campo.
   Jack rinfoderò la spada e si gettò in mare: prese a nuotare verso la salvezza, fra quelle onde macchiate di sangue e di sconfitta.
   Will stava per fare altrettanto, quando Elizabeth lo fermò:
- Non possiamo lasciarlo qui!- gli indicò un punto indistinto sul ponte ormai ridotto a un cimitero di pennoni – Will!-
   Will si guardò attorno rapidamente. Ma ovunque posasse lo sguardo c’erano morto.
- Di chi parli?- non aveva tempo per nessuno, lui.
- Lord Beckett!- Elizabeth corse verso un corpo abbandonato riverso sul ponte, la spada ancora in mano, spezzata.
- Che fai?!- Will la rincorse – Non abbiamo tempo! L’Olandese potrebbe tornare ad attaccarci!-
- Mi ha salvato la vita, Will!- Elizabeth non ne volle sapere. Afferrò Beckett e lo trascinò verso il parapetto – Non possiamo lasciarlo morire qui, così!-
   Will osservò Beckett, pallido come un cencio. La pietà bussò di nuovo al suo cuore, come troppe volte nella sua vita. Quindi aiutò Elizabeth, anche se non con troppa convinzione. Sollevò Beckett e insieme saltarono in mare; poi, cercarono di allontanarsi in fretta, portandosi dietro quel peso morto. Anzi, svenuto.
   Alzando gli occhi videro la Madreperla che correva in loro aiuto e Jack, bagnato fradicio, aggrappato a una scaletta di corda, pronto a trarli in salvo. Dietro di loro, l’Olandese Volante caricava un’ultima cannonata contro la gloriosa nave Bridget.
   Will cercò di sbrigarsi, ma Elizabeth era stanca e Beckett non si muoveva proprio. Il giovane avvertiva un formicolio tremendo alle gambe e alle braccia, e ogni movimento sembrava attirarlo sempre più verso il fondo dell’oceano, come se l’acqua, d’un tratto, avesse deciso di risucchiarlo.
   Un’onda lo sommerse. Lui spinse con le gambe e riuscì a prendere aria: la inghiottì, quell’aria, come se la morte fosse a una sola bracciata e un secondo in più dovessero fare la differenza. Si voltò verso l’Olandese: Davy Jones prendeva la mira.
   Poi notò qualcosa, nell’acqua. Qualcuno galleggiava pigramente tra le onde, ma non era troppo lontano perché  suoi occhi affaticati non riuscissero a metterlo a fuoco.
   Forse avrebbe dovuto lasciar perdere, ma Will non poteva mentire a se stesso: non era solo il comandante Beckett ad avere bisogno di aiuto.
- Va’ sulla nave!- gridò Will a Elizabeth – Non preoccuparti!-
- Dove vai? Fermati- Elizabeth tentò di trattenerlo, ma il giovane aveva già invertito rotta, diretto verso chissà quale obiettivo.
- Afferra la cima, Elizabeth!- Jack le lanciò una fune, e lei l’afferrò prontamente, il corpo di Beckett stretto al suo. Sentì che la issavano a bordo, e d’un tratto quell’aria fredda sul suo corpo, quello stordimento. Strinse più forte i suoi unici appigli, mentre Jack allungava una mano e le sue dita incontravano un sogno che credeva perduto.
 
   Will nuotò con tutte le forze che gli erano rimaste finchè non raggiunse una pallida e ammaccata figura in balia delle onde:
- Sono qui, Andrew!- cercò di rassicurare il nostromo della Madreperla, il quale sembrava più morto che vivo – Sono qui, resisti!- gi cinse la vita robusta con un braccio e scalciò con forza.
   Avvertì un debolissimo sussurro da parte di Andrew, qualcosa ben lungi dall’essere un “grazie”; tuttavia, un soffio di vita.
- Non temere, Andrew...- sbuffò il giovane, con il mare che ormai gli lambiva le labbra – La Madreperla è vicina.-
- Chi te lo ha chiesto...?- un sibilo, debole, spossato – Lasciami...andare...-
- Mai!- si rifiutò Will – Siamo una cosa sola contro Davy Jones, Andrew! E io non intendo abbandonare nessuno!-
   Scostò detriti e salme sanguinolente, incurante delle schegge che si impigliavano nei suoi vestiti ormai laceri. Ecco, la Madreperla, a una sola bracciata...
   Dietro di loro, la Bridget andò in mille pezzi: il fuoco la divorò completamente e in pochi attimi, sprigionando un fumo nerastro che sporcava quel cielo così dispettosamente limpido e sereno. Pezzi di legno volarono dappertutto, in un frastuono incredibile.
   Will sentì un’onda spingerlo forte contro la nave, e infatti si ritrovò con la faccia premuta contro la chiglia della Madreperla, incredibilmente solo graffiata da quell’esplosione. Il giovane protesse Andrew, per quel che poteva, mentre l’inferno riscuoteva infine la sua vittoria.
   L’Olandese si allontanò in fretta, silenzioso e scuro come un’ombra.
   Will riprese fiato e afferrò una cima. La Bridget bruciava in tutta la sua sconvolgente bellezza davanti agli occhi del giovane, gravato dalla stanchezza e non solo.
   Vennero tratti a bordo. I pochi uomini sopravvissuti li aiutarono a reggersi in piedi e gettarono loro addosso qualche vela stracciata per asciugarli almeno un po’.
   Il braccio rotto di Andrew fu immobilizzato immediatamente, mentre Will si sdraiava sul ponte e chiudeva gli occhi: nell’oscurità che gli venne regalata dalle sue palpebre abbassate, trovò finalmente un attimo di pace in quel mondo che sembrava impazzito.
   Respirò lentamente aria che sapeva di bruciato, chiedendosi quale stella, in cielo, avesse deciso di graziarlo stavolta; interrogò il silenzio della sua mente circa quella confusione e quella paura indomabile che ancora gli attanagliava il petto.
- Tutto bene, Will?-
   Destato da quella semplice domanda, il giovane aprì gli occhi: le sue iridi incontrarono quelle di Elizabeth, due iridi color nocciola in cui si leggeva una sincera preoccupazione.
- Sei ferito?- il tono della donna era accorato, amorevole.
   Solo in quel momento Will capì che le distanze fra loro non erano mai esistite, che non c’era mai stato niente di diverso. Lei era Elizabeth, e lui era semplicemente innamorato di lei. Innamorato di quel viso, quelle labbra, quelle spalle, quello sguardo. Innamorato di lei, e di nessun’altra.
   E Élodie? Si rendeva conto che in fondo si era solo illuso di amarla: aveva cercato in lei un’altra Elizabeth, sperando di ricucire una dolorosa ferita. Ci aveva creduto, a modo suo. Ma questo non toglieva che l’amore per Élodie era stato evidentemente qualcosa di passeggero: una bolla di sapone. Era bastato un tocco, il tocco di Elizabeth, per farla scoppiare.
   Ora che Elizabeth era lì, accanto a lui, di nuovo, era comprensibilmente felice. Lei era l’unica, irrepetibile, sua dolce Elizabeth. E lui la amava.
- Credevo che fossi morta...- le disse, mettendosi a sedere. Lei era inginocchiata accanto a lui e il suo viso era vicinissimo.
- L’ho creduto anch’io, quando Tortuga è stata attaccata.- mormorò, con un mesto sorriso – Invece mi sono salvata, grazie a Lord Cutler Beckett. Durante uno scontro mi è capitato di combattere contro di lui e in quel momento mi ha riconosciuta come la figlia del governatore di Port Royal. Mi ha condotto a bordo, e così mi sono salvata da quel massacro. Ho tentato di dare una via d’uscita anche agli altri nostri compagni, ma...- scosse la testa – alcuni sono morti; gli altri, dispersi. Non ho potuto fare nulla...mi dispiace. Moltissimo.-
- Beh, tu sei viva, no?- Will le accarezzò una guancia, teneramente – Questo è ciò che conta per me.-
   Lei lo guardò e annuì.
- Mi sei mancata.-
   Le sfuggì un altro sorriso, un altro raggio di sole:
- Beckett mi ha ospitata e protetta per tutto questo tempo. Teneva alla mia incolumità quasi più di me. All’inizio di questo viaggio non voleva nemmeno accettarmi sulla sua nave, perché riteneva fosse troppo pericoloso; sono stata io ad insistere. E ne sono felice...- lo guardò, semplicemente bella – perché ho ritrovato te.-
   Will si avvicinò e la baciò sulle labbra, quasi timoroso di poterle toccare dopo tanto tempo.
   Elizabeth chiuse gli occhi, si lasciò andare: fondersi con lui, in quel piccolo gesto d’amore, le sembrò il miglior paradiso che potesse chiedere. Era rimasta sola per tanto tempo, e scopriva in quel momento il peso della mancanza di Will nel suo cuore.
- Qualcuno ha visto Élodie?- Jack passeggiava nervosamente sul ponte, in cerca di un segno – Élodie! Dove sei?!- ma si rendeva conto che qualcosa non tornava.
   Nessuna uscita trionfale da parte della sorella. Nessuna risposta. Purtroppo, poteva esserci una sola spiegazione, ma Jack era troppo testardo per ammetterla:
- ÉLODIE!- chiamò, sporgendosi sul mare, poi in mezzo alle vele, infine in mezzo all’idillio di Will e Elizabeth.
- Avete visto mia sorella?- si informò, incurante di aver rotto le uova nel paniere.
   Will lo guardò male, mentre Elizabeth invece si accorgeva di lui: lui, un capriccio del destino. Lui, con quei capelli aggrovigliati e l’aria zingara. Lui, che la tentava con gli occhi e sapeva farle battere il cuore a un minimo cenno.
   Lui, un pirata.
- Nessuno ha visto Élodie?- li tartassò Jack Sparrow.
- No, non l’abbiamo vista.- replicò seccamente Will – Non abbiamo ancora avuto il tempo di guardarci in giro.-
- Lo so che voi due siete stati spesso occupati...- Jack si guardò attorno, alla ricerca spasmodica di qualcosa – Speravo solo che tu, William, ti fossi accorto dell’assenza di qualcuno importante per te. Ma se siete troppo occupati anche ora, non vi ruberò altro tempo. Scusate il disturbo...- e fece per andarsene.
   Elizabeth guardò Will, inchiodato a maledire con gli occhi la schiena di Jack Sparrow:
- Che voleva dire?- gli chiese, confusa.
   Jack aveva una sorella? Chi era? Perchè mai doveva essere importante per Will?
   Domande, domande, domande.
   Will scattò in piedi, senza neanche averla udita:
- Non ho la più pallida idea di dove sia tua sorella!- abbaiò contro Jack – Io non...- ma la voce gli si bloccò. Una nuova consapevolezza lo sommerse e lo rese muto di fronte allo sguardo del suo compagno di sventure.
   Élodie...non c’era.
 
   All’inizio, credette di poter versare lacrime. Non sapeva perché, ma l’aver ritrovato Elizabeth non guariva quel senso di vuoto che provava, come se avesse perso una parte di se stesso.
   In quell’improvviso silenzio, qualcosa, che era impigliato nei suoi vestiti, cadde a terra con un impercettibile tonfo.
   Will abbassò lo sguardo e la vide, bagnata, infilzata di schegge; si chinò a sfiorarla, poi la raccolse. Una bambolina di pezza, appesa a una cordicella tranciata.
   Il giovane la fissò, come inebetito: il ciondolo di Élodie, lì, fra le sue mani, significava qualcosa di tremendo.
   Jack e Elizabeth si avvicinarono a lui e osservarono incuriositi il piccolo gingillo. Will tolse le schegge e accarezzò quella stoffa ruvida; gli mancava il respiro e aveva un tremito incontrollabile nelle mani.
   Quella bambola non avrebbe dovuto essere lì. Élodie la portava sempre al collo, non se la levava mai. E la cordicella tranciata, come da un colpo di spada...sembrava essere stata separata a forza dalla sua padrona, probabilmente durante il combattimento. Quando era tra le sue braccia, per esempio.
   Will si ricordò di averla raccolta da terra proprio in quel frangente. Si sentì morire.
   Si voltò e incrociò lo sguardo di Jack: non c’era bisogno di parole. Il dubbio era il loro dubbio, la paura la loro profonda, fondata paura. Entrambi si volsero simultaneamente verso l’Olandese Volante, poco più che una sagoma nell’orizzonte risplendente.
- Che succede?- chiese Elizabeth, ma nessuno dei due l’ascoltò.
   Jack tornò a fissare Will. Altri sguardi. Un’intesa.
- Potrebbe essere ancora viva…- mormorò il giovane, rabbrividendo al solo pensiero di rivedere Élodie morta.
   Jack respirò a fondo, poi gridò alla ciurma:
- Fermi tutti! Via i feriti, al lavoro gli uomini sani! Inseguiamo l’Olandese Volante! Ai vostri posti, marinai!-
   Un coro di protesta si levò dall’equipaggio, ridotto allo stremo:
- Cosa?! E perché mai dovremmo inseguirlo?!- obiettò una voce malmessa.
- Perché ha rapito il nostro Capitano, mi sembra evidente.- Jack rubò la bambolina dalle mani di Will e la sventolò selvaggiamente davanti agli occhi della ciurma – La riconoscete questa? La riconoscete questa?! Non è più al collo di Élodie, e questo significa che lei è in pericolo, zucche vuote! La volete lasciare in pasto a Davy Jones, dopo tutto quello che abbiamo passato? Volete punirla per i suoi sforzi? Finchè io sarò vivo non lo permetterò: sbrigatevi a far muovere questa bagnarola, cani! Non ho tempo da perdere a discutere con voi! Andiamo a salvare Élodie Melody, punto e riga!-
   Ammutoliti, i marinai lo fissarono come se si trattasse di un pazzo, ma non mossero un solo muscolo: mancava loro la voce melodiosa e tenace del capitano della Madreperla, e senza di essa si sentivano disorientati, abbandonati contro le pretese del primo che osava avanzarle.
   Jack fece una smorfia disgustata, e corse a una cima: tirò, ma era bloccata. Accidenti, non riusciva a sciogliere le vele! Imprecò, spazientito. Calciò la corda arrotolata a terra e, com’era prevedibile, si guadagnò un livido in cambio di niente.
   Dolorante, Jack saltellò su un piede solo per qualche secondo, il tempo di mandar giù qualche altra invettiva, poi ricominciò tutto daccapo:
- Potreste anche darmi una mano, sapete? Non la considererei una cattiva idea!- sbuffò.
   Will andò ad aiutarlo. Tirarono insieme: questa volta il legaccio si sciolse e la vela si gonfiò al vento.
- Élodie è nostra, di nessun altro!- gridò Will, spronando gli uomini – Non permetteremo che Davy Jones le faccia del male, vero?! Andiamo all’arrembaggio!-
   A quel punto, la voce di Andrew si liberò del silenzio:
- Il ragazzo ha ragione!- tuonò – Muovetevi, idioti! Inseguiamo Davy Jones!-
   Come se fosse stata Élodie stessa a ordinarlo, quel poco che restava della ciurma si mise immediatamente all’opera: tra grida di incitamento e sudore della fronte, la Madreperla si rimise faticosamente in marcia. Per fortuna il vento spirava dalla loro parte e acquistavano velocità a vista d’occhio. L’Olandese non era poi così irraggiungibile, e la sua sagoma era una preda del fervore dei marinai, armati di furore e tanta buona volontà.
   I feriti furono trasferiti sottocoperta. Elizabeth andò con loro e se ne occupò come meglio potè. Anche il più piccolo aiuto era grande in una squadra.
   Andrew rimase sulla plancia, a dirigere; andò al timone, il suo posto d’onore, e guidò nonostante il braccio rotto. Will gli rivolse un cenno di ringraziamento: finalmente avevano trovato qualcosa in comune.
   Jack riapparve sul ponte con le braccia gravate da armi. Le scaricò sul legno e gli uomini accorsero:
- E’ tutto quello che ci rimane.- disse il pirata, caricando una pistola – Usatelo bene e, soprattutto, con parsimonia.-
- Jack!- lo chiamò Andrew – Vieni quassù!-
   Il pirata raggiunse a grandi passi il timone. Il nostromo gli indicò il mare che li separava da Davy Jones:
- Secche.- spiegò, additando due grosse chiazze color sabbia poco sotto la superficie – Si sono accorti di noi...ci stanno attirando in una trappola.-
- Bella trappola! Siamo più leggeri di loro...le secche non ci fermeranno.-
- Temo vogliano incastrarci dove il mare è ancora più basso...a qualche miglio da qui.-
   Jack scrutò l’orizzonte, proteggendosi gli occhi con una mano:
- Rischiano molto.- considerò – Potrebbero incagliarsi anche loro. La stupidità umana può arrivare dunque a questo?-
- Cercheranno di incagliare noi, credo...- Andrew aggiustò lievemente la rotta – Tenterò di non farmi sorprendere.-
- Avvicinati in modo che io e William possiamo calarci sulla nave, - gli ordinò Jack – poi mantieniti alla larga da loro, almeno finchè non ci vedi tornare sul ponte con Élodie. Tallona l’Olandese senza farti distrarre, Andrew: al momento opportuno dovrai essere rapido, speronarlo e farlo incagliare. Possibilmente senza condividerne la stessa sorte. E’ alquanto sciocca, come fine.-
- Fidati di me, Jack!-
- Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.- il pirata si voltò e gli offrì un sorriso sghembo.
   Andrew rimase interdetto.
- Non sprecate munizioni né energie a combattere.- si raccomandò Jack – Salviamo Élodie e ce ne andiamo – Jack fissò con odio l’Olandese -...solo per questa volta.-
 
   Élodie sollevò le palpebre appesantite: macchie confuse, un pavimento duro, ruvido, a contatto con il suo viso.
   Una goccia. Un’altra.
   Cadevano non lontano da lei, ma lei udiva solamente il loro debole infrangersi sul legno. Non le vedeva.
   Una goccia. Un’altra. Pausa. Ancora.
   Credette di stare impazzendo. Aveva la testa intorbidita, come se i suoi pensieri brancolassero nell’oscurità e non riuscissero a raggiungere il lume della ragione.
   Una goccia. Un’altra.
   Chiuse gli occhi. Li riaprì.
   Tentò di muoversi, ma aveva le membra pesanti come piombo. Il suo cuore batteva piano, troppo piano per lei.
   Strisciò sul legno, sporcandosi di quella sozzura, e cambiò posizione; si vide rinchiusa in una cella, nel ventre dell’Olandese Volante. Un movimento falso ed ecco quel dolore conficcato nel suo fianco. Gemette e quasi non riconobbe la sua voce, stridula e lamentosa in quel silenzio:
- Soffri, Élodie?- Davy Jones emerse dall’ombra e la osservò da dietro le sbarre, con quegli orribili tentacoli che si arrampicavano sulle sue spalle.
   Quella vista disgustò la donna, che sottrasse lo sguardo. I suoi capelli erano impiastricciati di morte e di paura, e un rigagnolo di sangue colava lento dalla sua bocca.
   Davy Jones attraversò le sbarre senza alcuno sforzo e la raggiunse; si chinò su di lei, che respirava a fatica, una mano premuta sul punto dove il proiettile l’aveva colpita.
   Lei alzò gli occhi solo per un momento: occhi stanchi, smorti.
- Persino ora riesci a essere bella...- la elogiò Davy Jones, e un tentacolo si allungò a sfiorarle la guancia – Così inerme e debole lo sei ancora di più.-
   Élodie strinse i pugni, e sputò con le poche forze che le rimanevano:
- Verme...-
- Quando sarai al mio fianco non la penserai più a questo modo...- sogghignò Davy Jones – ma ci vorrà ancora un po’. Ti lascerò spegnere in questa pace, come meriti. Sei stata una degna avversaria, Élodie.-
- Non...mi hai...ancora sconfitta.- articolò a fatica la donna. Da qualche parte, Jack, Will e Andrew avrebbero dovuto già essersi accorti della sua assenza. Magari erano già sulle tracce dell’Olandese Volante.
- Oh, ma tu sei sconfitta, mia cara.- il mostro allungò una mano viscida verso di lei, ma lei si ritrasse coraggiosamente e cercò di tirargli un pugno. Un pugno che fu bloccato senza problemi da Jones:
- Lo vedi? Non ce la fai più...- le fece notare – Il tuo corpo ha fatto il suo tempo. Ma non ti preoccupare: per chi muore su questa nave, c’è sempre tempo. Per l’anima di chi muore sulla mia nave, c’è sempre posto nel mio equipaggio...e presto anche tu ne farai parte.- lo sguardo del mostro si fece sognante, malinconico – E allora sarai come me! Potrò finalmente sentirti e averti come non mi è mai stato concesso...staremo bene, vedrai. Non ho cuore di ucciderti con le mie mani, ora, anche se questa sarebbe la via più rapida; ma aspetterò...qualcun’altro lo farà per me.- adocchiò eloquentemente il fianco sanguinante di Élodie, poi si alzò – Riposa...in pace.-
   Se ne andò, passando attraverso le sbarre arrugginite. Élodie sentiva ancora i brividi che le avevano provocato le dita di quel mostro, e un gelo tremendo addosso.
   Lo guardò sfumare nella penombra. Indovinò dai suoi passi che stava tornando sul ponte, attirato da chissà quale presentimento, o forse solo per controllare la rotta.
   La rotta per dove? A Élodie sembrava che tutto il mondo iniziasse e finisse in un lunghissimo tunnel scuro.
 
   La Madreperla era a meno di una iarda dall’Olandese Volante quando Jack Sparrow, armato a puntino, si fermò a dare le ultime raccomandazioni a Andrew:
- Mantieniti a tribordo. –gli stava dicendo – Se cerca di attaccarti, in qualunque modo, allontanati, ma mai troppo. Le vedi, le secche, laggiù? E’ là che lo inchioderemo.-
- Ottima scelta. Una spinta ben assestata e quel maledetto vascello avrà di che preoccuparsi per un po’...-
- Infatti. ricordati che però noi non abbiamo tutto quel tempo da perdere. Pensi di potercela fare?- Jack accennò al braccio ferito del nostromo.
- Un vecchio lupo di mare come me non può fallire.- lo rassicurò Andrew.
- Bene. Non perdere il vizio proprio ora.-
   Jack scese dalla timoneria e raggiunse Will Turner, ritto a prua. Avevano entrambi i muscoli tesi, ma erano anche molto determinati.
   Si guardarono. Avrebbero giocato di squadra, stavolta: in ballo c’era qualcosa di troppo importante per loro, per la Madreperla e per il mondo intero.
- Sei pronto, William?- chiese Jack, afferrando una cima e passandogliela.
- Pronto, Jack.-
   Il pirata afferrò un’altra cima.
   All’arrembaggio.
 
   La Madreperla alla fine riuscì ad affiancare l’Olandese. Andrew girò svelto il timone, in modo da agganciarla per un breve attimo e poi scivolare via, prima che succedesse qualunque cosa.
   Jack e Will si lanciarono sull’altro vascello, aggrappati alle cime, soli. Non c’era bisogno di tanti uomini, che in fondo avrebbero solo rallentato i loro piani. Élodie poteva essere tenuta prigioniera, poteva essere ferita e...non doveva morire.
   Come attraversarono il ponte, un trio di mostri si avventò su di loro. I due se ne sbarazzarono sgusciando abilmente alle loro spalle e trafiggendoli con le spade.
   Era solo l’inizio. Il ponte prese a brulicare di anime, nemici richiamati dall’inconfondibile odore della battaglia:
- William! Non abbiamo tempo per questi qui! Vai sottocoperta e cerca Élodie, io li distraggo!- Jack si fiondò contro un mostro mentre Will si dirigeva sottocoperta, evitando fendenti a destra e a manca.
   Jack affondò la spada nel corpo del mostro, ma questo, inaspettatamente, continuò ad avvicinarsi, per niente turbato dal fatto di essere stato colpito; afferrò saldamente il pirata sconcertato e gli tirò una craniata che Jack avrebbe ricordato in eterno. Poi, non contento, il nemico sollevò l’intruso e lo gettò a terra con un gancio ben mirato alla bocca.
   Jack rotolò sul ponte, tenendosi il viso. La sua spada era rimasta conficcata nel mostro.
   Will, che aveva assistito alla scena, tornò indietro, allontanando i seguaci di Davy Jones con la pistola; girò Jack, per accertarsi che stesse bene.
- Sei ancora vivo?- lo riscosse.
- Credo...di sì.- grugnì Jack, rialzandosi faticosamente – Ma facciamo che tu li distrai e io vado a cercare Élodie!- e asciugandosi il labbro sanguinante trasse un pugnale e imboccò le scale per sottocoperta.
   Will rimase al suo posto, confuso dall’improvviso cambio di programma. Ma quando i nemici tentarono di nuovo di sorprenderlo, di scavalcarlo, si rianimò come una fiaccola innaffiata di olio.
   Con le spalle ben protette dal giovane, Jack si avventurò nella cupa e soffocante chiglia dell’Olandese Volante. Si mosse con circospezione in quell’ambiente per niente familiare, vibrante di note lugubri di un organo suonato in lontananza: fra quelle assi corrose dalle alghe c’era puzza di morte, di orrore.
   Jack, i muscoli tesi, accelerò il passo; con una mano si assicurò che ci fosse ancora una parete, accanto a lui, perché quella penombra lo disorientava. Il suo cuore batteva a mille. Un cuore che pulsava, che era vivo, l’unica cosa viva in quell’involucro vuoto che era la nave di Davy Jones.
   C’era inquietudine nell’aria, e odore di chiuso. Come se in quell’angolo di mondo il tempo si fosse fermato, si fosse ripiegato su se stesso, e le lancette ci un invisibile orologio si fossero bloccate sul punto del passato che aveva causato tutta quella tristezza. “Ma esiste anche il presente” pensò Jack “ed è il presente che va vissuto”.
   D’improvviso, la parete accanto a lui tremò di vita e un mostro si materializzò davanti al pirata; prima che potesse anche solo guardarsi intorno, però, Jack menò un fendente che mozzò la testa all’indesiderato oppositore. Questi, per niente morto, si chinò a cercare il pezzo mancante, che Jack calciò opportunamente lontano. Così lasciò al nemico il suo bel daffare a trovarlo e proseguì più spedito.
   Com’era prevedibile, il mostro non era venuto solo. Jack se ne ritrovò altri due di fronte e fu costretto a perdere tempo prezioso con loro, ricavandone, fortunatamente, solo qualche graffio. Trasse la pistola e sparò, ma fu inutile.
   Allora scappò lungo il corridoio, con quelli alle calcagna. Udì qualche colpo di cannone, fuori: evidentemente, la Madreperla stava dando manforte a Will Turner.
   Ed ecco ciò che poteva aiutare lui, invece: alcune aste uncinate, dimenticate lì per terra. Jack ne afferrò una, si voltò repentinamente e infilzò un mostro in pieno stomaco. Infisse l’asta nella parete di legno, poi ne prese un’altra e bastonò senza pietà l’altro nemico. Lo sospinse verso la parete opposta, di fronte all’altro, e lì lo trafisse; poi, visto che le aste erano quasi perfettamente allineate, Jack si tolse una bandana che gli cingeva il braccio e le legò insieme, in modo che ne formassero una sola; infine, decapitò anche questi due mostri.
   Così furono sistemati. Sordi e ciechi com’erano non avrebbero potuto liberarsi tanto in fretta; i loro corpi, poi, scorrevano da un’asta all’altra senza riuscire a trovare una via di uscita. Aveva guadagnato un po’ di tempo.
   Contento di averli gabbati, Jack continuò il suo giro di perlustrazione, anzi, una vera e propria corsa contro il tempo. Dopo una serie di stanze vuote, arrivò a una fila di celle. Le studiò una ad una: vuote. Vuote. Vuote.
   Maledizione!
   Stava per fare dietrofront quando colse con la coda dell’occhio un movimento, proprio nell’ultimo bugigattolo in fondo. Andò a controllare, sperando non si trattasse di qualche altra brutta sorpresa.
   Invece trovò quello che temeva.
 
   Élodie giaceva ancora su quel fianco, i vestiti inzuppati in una pozza di sangue. Aveva gli occhi chiusi, una mano abbandonata sul pavimento, aperta, pallida, come a chiedere un aiuto che non sarebbe mai venuto.
   Jack rimase spiazzato a quella vista. Per un attimo credette di perdere ogni coscienza di sé, di lasciarsi cadere a terra, sconfitto, a piangere sul tempo che aveva sprecato invece che correre immediatamente da Élodie.
   Fu un attimo. Vide che la sorella respirava ancora. Piano, come se temesse di inghiottire troppa aria. Sofferente come non mai.
   Jack si appoggiò alle sbarre. Tentò di muoverle, di svellerle: sembravano alquanto malconce e arrugginite, ma in verità erano piuttosto robuste. Più robuste di quanto lui avesse potuto immaginare.
   Non riuscì a fare nulla. Un solo uomo non era abbastanza contro la forza di Davy Jones. “Pensa, Jack” si disse il pirata “Pensa a quello che puoi fare...pensa, dannazione!”.
   E come un fulmine a ciel sereno, si ricordò di quando Will Turner l’aveva clandestinamente tirato fuori di prigione, molto tempo prima. “Scardinare la porta con una leva”.
   Ecco la soluzione!
   Jack si illuminò. E si illuminò ancora di più quando vide quella malandata panca di legno poco lontana. La afferrò, la sollevò e la incastrò nel reticolato di sbarre. Dopodichè, spinse forte.
   Fu difficile, all’inizio. Il sudore gli colava ai lati delle tempie e non succedeva nulla. Ma Jack voleva crederci. Doveva crederci!
   Infine, con uno schiocco, la porta venne scardinata e si aprì malamente: il pirata si fiondò dentro, si inginocchiò accanto alla sorella. La prese fra le braccia e si spaventò quando il corpo di lei si lasciò toccare, stringere, senza la forza di ribellarsi.
- Élodie!- Jack cercò di svegliarla – Su, non scherzare! Apri gli occhi, Élodie!-
   Ma un’occhiata veloce alla ferita sul fianco della donna lo fece rabbrividire e tacere per un momento: ebbe davvero paura che fosse finita. Si sentì sprofondare.
   Poi Élodie socchiuse gli occhi. Lo guardò:
- Jack...- così flebile, la sua voce. Non le apparteneva.
- Ciao, tesoro.- le rispose lui, accarezzandole i capelli. Di nuovo il coraggio di respirare – Sono venuto a prenderti.-
   Vide che lei tentava di sorridere. Ma quel sorriso era mesto, quasi indulgente, specchio di una vita che ormai non credeva più a nulla, se non alla morte.
- Ora andiamo via.-
   Jack si strappò un lembo della veste e con quello fasciò stretta la ferita di Élodie: il tessuto si imbevve subito di sangue, più di quanto il pirata si fosse soffermato a guardare.
- Jack...- sussurrò lei, mentre il fratello la prendeva in braccio e si accingeva a uscire da quell’inferno umido – Ho sbagliato...-
- No, tu non hai sbagliato nulla. Chi ti ha ridotto così ha sbagliato, e tu non sai quanto grande è l’errore che ha commesso!- la voce di Jack vibrava di rabbia – La pagherà cara, te lo garantisco...-
- Il cuore...- sempre più deboli, quelle parole. Parole stanche, abbattute.
- Se lo trovo, lo riduco a brandelli, quel cuore!- ma il pirata sapeva di stare solo mentendo a se stesso. Nessun altro era in grado di far morire quel cuore, a parte Élodie. In più, proprio davanti agli occhi di Davy Jones.
- Sciocco...- Élodie si aggrappò a lui, in cerca di quel calore che le mancava da troppo tempo. Dentro di lei, quella terribile consapevolezza.
   Aveva fallito, tradito, deluso. Gli altri, quelli che in lei trovavano la forza, ma soprattutto se stessa. Quel voler resistere per forza al destino era solo un inutile voler porre rimedio a qualcosa che era già accaduto. Addio, onore.
   Jack uscì dalla cella e rifece la strada a ritroso; benché affannato dal peso di Élodie, non si concesse un respiro più lungo, per timore che la situazione potesse peggiorare ancor di più.
   Ritrovò i due mostri, ancora impigliati nelle aste: gli bloccavano il passaggio. Ecco il genere di imprevisti che detestava! Ma non aveva altra scelta.
   Tenendo Élodie stretta a sé con un braccio, afferrò la spada e cercò di tenere lontano i nemici mentre scavalcava faticosamente le aste conficcate nella parete: un movimento che a lui sembrò lentissimo. E mentre stava per farcela, uno dei due mostri si gettò su di lui alla cieca.
   Poi, lo sparo. Il nemico barcollò indietro, contro l’altro, con una pallottola in pieno petto; crollò in poco meno di un secondo. Jack rimase strabiliato. Abbassò lo sguardo su Élodie:
- Mezza morta...e ancora pericolosa!- rise. Aveva notato l’improvvisa apparizione della sua pistola nella mano della sorella.
- Sempre...all’erta.- ribattè lei.
   Jack le sfilò delicatamente l’arma dalle dita e la ripose, assieme alla spada:
- Questi giocattolini non si addicono a un moribondo.- disse, riprendendo a camminare spedito.
- Nemmeno...a un bambino.- Élodie gli rese pan per focaccia.
   Jack fu felice di constatare che sua sorella fosse ancora in quel mondo.
 
   Ecco la luce, e le scale dirette alla plancia. Jack fece per imboccarle e correre di sopra. La Madreperla ormai doveva essere nelle vicinanze.
   Ad un tratto, un violento scossone, accompagnato da un baccano assordante, fece beccheggiare spaventosamente l’Olandese Volante.
   Jack perse l’equilibrio e fu sballottato prima contro una parete, poi contro l’altra, finchè non riuscì ad aggrapparsi al legno e conquistare una parvenza di stabilità; intuì subito che cosa poteva essere successo. Bastava solo un nome per spiegare tutto: la Madreperla.
   Spingeva l’Olandese sulle secche.
   Da sopra, un corpo ruzzolò con ben poca grazia fin contro le gambe di Jack. Non poteva essere altri che Will Turner, con quella zazzera spettinata e i segni evidenti della battaglia ovunque l’occhio potesse posarsi.
- Jack!- boccheggiò il giovane – Dove sei stato fino adesso?! A prenderti una tazza di tè con Davy Jones?! O a farti una partita a carte con qualche mostro schifoso?!-
- Niente di tutto questo.- negò il pirata – A proposito di carte: ho recuperato il nostro poker d’assi. Piuttosto, che succede, lassù? Aggiornami, di grazia.-
   Will si tirò su, dolorante:
- Indovina un po’? La Madreperla ha speronato l’Olandese e ne ha variato la rotta, facendo finire me e i mostri a gambe all’aria...-
- Ecco il motivo della tua spericolata acrobazia!-
- Un altro gradino e mi ammazzavo da solo, come se avessi pure il tempo per morire!- abbassò lo sguardo, e si accorse di Élodie, sorretta dalle braccia di Jack – Élodie...-
   In quel momento la voglia di baciarla fu tanta. E forte. E così assurdamente fuori luogo.
   Lei lo fissò. Con odio. Come se gli vedesse attraverso.
   Non ebbero tempo. Jack sospinse Will lungo le scale:
- Che stiamo aspettando? Usciamo di qui! Non voglio finire come uno spezzatino!-
   Will si lasciò trascinare sul ponte, riprese a sgozzare mostri mentre teneva d’occhio la Madreperla: la nave si stava avvicinando di nuovo.
- Appena è alla nostra portata, saltiamo!- gli gridò Jack.
   Will si apprestò alla ritirata. Intanto, pensava a Élodie. A Élodie, a Elizabeth. Pensava a due donne che, in un solo momento, avevano cambiato la sua vita.
   Ebbe un sussulto quando la Madreperla speronò di nuovo lì Olandese Volante, incagliandolo così sulle secche.
   Prese la rincorsa e saltò. Improvvisamente desiderava fuggire, andare lontano, perdersi fra il vento e le onde. Stanco di battaglie, stanco di rischi.
   In verità, per non essere costretto ad affrontare, ancora una volta, gli occhi scuri di Élodie, o il battere impazzito del suo cuore.

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Capitolo 18
*** Élodie è in pericolo! ***


- 17 – ÉLODIE È IN PERICOLO!

 
 
   Atterrò malamente sul ponte della Madreperla. Inciampò, rotolò sul legno e si scorticò le mani buttate in avanti per frenare la caduta. Si ritrovò con una guancia a terra e le orecchie che gli fischiavano, in un turbinio di alberi spezzati e stralli recisi.
   Con un cigolio fortissimo, la Madreperla virò a babordo e lasciò l’Olandese al suo destino: la nave di Davy Jones si inclinò da una parte, come un vecchio troppo stanco che si appoggia al proprio bastone e riprende fiato. Un organo risuonò di un’ultima, lugubre nota. Will si alzò faticosamente e dolorosamente, e corse a poppa.
   Davy Jones lo stava guardando, a un lato del ponte: sorrideva, un sorriso maligno, spudorato, il sorriso di chi sa di avere già vinto. E lui aveva già vinto, infatti.
   Will strinse più forte il parapetto sotto le sue mani ferite e si punì con quel dolore. Digrignò i denti e provò quella rabbia, remota e indomabile, amica e nemica, stretta nella bocca.
   Quel mostro aveva mortificato e ucciso la sua speranza. Non era degno di perdono e non lo sarebbe stato mai. Nonostante il ritorno di Elizabeth, Will avvertiva di provare ancora qualcosa per Élodie, e non avrebbe permesso che quel sentimento morisse.
   E non avrebbe nemmeno permesso che quella donna, la causa e la soluzione di quell’ingarbugliata avventura, morisse.
   Will abbandonò la sua postazione e si precipitò all’altra metà del ponte; incontrò mani e visi che gli suggerirono riposo e un po’ di aiuto. Ma lui li rifiutò uno ad uno, sempre più spasmodicamente, infastidito che qualcuno si accorgesse di lui quando non ce n’era bisogno. Respinse persino Elizabeth, che ne rimase meravigliata e offesa allo stesso tempo.
   Lo osservò mentre balzava al fianco di Jack, che teneva tra le braccia una donna. Lo osservò mentre si chinava a prendere quel volto incorniciato da ciocche biondicce tra le mani tremanti e scuoteva la testa, come se i suoi peggiori incubi si fossero realizzati.
   Will non la degnò di uno sguardo. Come se lei non esistesse, come se lei non fosse mai stata parte della sua vita. Elizabeth stentava persino a credere che quello fosse ancora lo stesso Will Turner.
   E l’altra donna, quella che Jack teneva tra le braccia, chi era?
   Si ripromise di scoprirlo quando le acque si fossero calmate e qualcuno fosse disposto ad ascoltarla; ora, nessuno sembrava in vena di dirle che diamine stava succedendo su quella nave.
   Nel frattempo, Will aiutava Jack a sistemare Élodie sottocoperta, mentre Andrew si occupava della ciurma sfiduciata e impaurita. La portarono nella camera personale del Capitano e la adagiarono sul letto che ora sembrava troppo grande per il suo corpicino esile.
- Élodie...- Jack la chiamò, il suo respiro affannato riempiva la stanza – Élodie!-  
   Gli occhi della donna erano chiusi. Jack si inginocchiò di fianco al letto, per stringerle una mano: era fredda. Sembrava così piccola tra le sue dita. Sempre più spaventato, Jack appoggiò il capo sul petto della sorella.
   Will, le mani strette sul capezzale del letto, si morse un labbro e trattenne il fiato. Un groppo gli salì alla gola e lui lo mandò giù, pregando dèi a cui non aveva mai veramente creduto. In quel momento, tuttavia, sentì il bisogno di riempire le sue membra stanche con quella fievole luce.
- Jack...-
   Will scattò, e anche Jack scattò. Faticavano a crederci.
   Il pirata allungò una mano e accarezzò la fronte di Élodie, madida di sudore. Lei si scostò, aprì gli occhi:
- La sorella dell’erba cattiva non muore mai, l’hai dimenticato?- gli fece notare, furba. Era certa che Jack si ricordasse di quell’amara battuta che lui stesso aveva pronunciato la prima volta che l’aveva rivista, dopo tanti anni.
   Il pirata incurvò le labbra in un sorriso. Sì, se la ricordava.
   La sua serenità, tuttavia, altro non era che una maschera. Il tono di Élodie era stato grave e spaventosamente anelante. La ammirava perché ciononostante lei aveva ancora la forza di aggrapparsi con le unghie a quella vita; ma non poteva comunque stare tranquillo.
   Élodie cercò i suoi occhi: guardò Jack, intensamente, poi lanciò un’occhiata sfuggente a Will. Non ci fu bisogno di parole. Il pirata capì all’istante:
- Ci lasceresti soli, William?- chiese.
   Il giovane fu sorpreso da quella domanda. Non che si aspettasse qualcosa, ma si sentì fastidiosamente messo in disparte, quando era convinto di c’entrare (eccome!) nelle faccende private di Élodie. Tuttavia ottemperò alla richiesta senza discutere. Non aveva abbastanza forza né buone ragioni per imporre la sua presenza in quel momento.
   Trascinandosi, veramente spossato, guadagnò la porta e se la chiuse alle spalle. Ebbe l’impressione che quel legno sbattesse più forte sullo stipite, come se non ci fosse solo quello a separare ora lui e Élodie; ebbe l’impressione di aver chiuso non solo una porta, ma anche una parte della sua vita.
   Fu triste. Quell’amaro in bocca. Quell’improvvisa convinzione di non essere stato altro che una pedina e, come tale, essere stata sacrificata.
   Will fissò i suoi stivali consunti, appoggiato alla porta. Tutti gli uomini erano pedine nelle mani del fato: alcune sopravvivevano, altre no. Era la loro natura stessa a decidere; poi si ritrovavano insieme di nuovo, senza ricordare di essersi già conosciute.
   Le pedine muoiono, con la testa e con il cuore.
   Un’ombra si disegnò leggiadra davanti ai suoi piedi, ma Will non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo. Non aveva bisogno di occhi per riconoscere quella magra figura:
- Elizabeth...- mormorò, come se lei fosse l’ultima di una serie di sciagure.
- Mi devi delle spiegazioni, Will.- la donna fu dura, e la sua richiesta esigente quanto quella di Jack Sparrow.
- Lo so.- sospirò il giovane – Vieni.-
   La accompagnò sul ponte, dove gli uomini erano di nuovo affaccendati con sartie e vele. Si sedettero sugli scalini del cassero, uno di fianco all’altra, in silenzio.
   Da che parte cominciare? Entrambi avevano perso il conto del tempo che li aveva divisi, e avvertivano che c’erano troppe cose, troppi misteri, troppo, troppo fra loro.
   Alla fine fu Elizabeth a rompere il ghiaccio:
- Chi è quella donna, Will?- iniziò. Era quello a cui teneva di più: sapere chi fosse quella sua pari, per la quale Will sembrava così preoccupato.
   Il giovane strinse le palpebre e si passò le mani sul viso: davvero, non sapeva cosa rispondere. Élodie era tutto e niente, per lui; era stata la sua nemica, poi alleata, carceriera del suo cuore, amante, traditrice, e ora...era ferita a morte.
- E’ la sorella di Jack Sparrow...- ovviò con un fil di voce – Si chiama Élodie Melody, ed è il capitano di questa nave. E’...un pirata.-
   Le parole uscivano a fatica dalla sua bocca. Lui sembrava vergognarsene...e sperava che quell’interrogatorio, per quanto giusto e doveroso, finisse presto.
- Ed è importante per te?- insistette Elizabeth, implacabile.
   A Will si mozzò il respiro in gola, come se qualcuno lo avesse colpito in pieno stomaco. Trasse un altro grande e mesto sospiro:
- Ho creduto che lo fosse.- ammise, alla fine.
   Elizabeth aggrottò le sopracciglia. Non intendeva accettare giri di parole come quello:
- E adesso non lo è più?- volle sapere.
- Credimi, nemmeno io lo so.-
- Sei vago.-
- Hai ragione, non so da che parte cominciare. E’ tutto...così complicato, Elizabeth. Se solo tu potessi essere me, per un secondo, capiresti cosa vuol dire...-
- Non voglio scuse, Will. Voglio solo la verità.-
- La verità...la verità...- Will abbandonò le mani in grembo e si accorse che gli tremavano; le nascose allora sotto le braccia – Potrei raccontartene decine, di verità, eppure nessuna ti convincerebbe fino in fondo.-
   Elizabeth lo trafisse con lo sguardo. Gli occhi del giovane erano puntati altrove, lontano, come se improvvisamente si fossero persi in mezzo alle nuvole, a contemplare qualcosa di meglio che quella nave sperduta nell’oceano.
- Dimmi che è successo, Will.- la donna si addolcì, gli appoggiò una mano sul braccio – Non te ne farò una colpa. Non ci siamo visti per settimane intere...dopo quell’attacco a Tortuga, è comprensibile che tu mi abbia creduta morta e...avessi deciso di ricominciare, per non soffrire.-
- Ho sempre sperato che tu fossi viva – Will la guardò, e sembrava confortato da quel tono gentile – ma non ne ho mai avuto la certezza, fino ad ora. Non ho ceduto subito alle mie paure. Ma anche la forza di un uomo può rischiare di esaurire le sue risorse, sai?-
   Le strinse una mano, come se cercasse un appiglio:
- Perdona la mia debolezza, Elizabeth.- la supplicò – Élodie è stata per me un faro nel buio, ed è per questo che l’ho seguita. Lo confesso, per me è stata qualcuno...lo è ancora. Non fraintendermi. E’ solo che mi ci sono affezionato, ecco tutto...e l’ho amata, forse, non so. Veramente, ora non lo so più.-
   Deglutì a fatica, sbirciando le reazioni di Elizabeth; ma lei si trattenne dall’interromperlo.
- So solo che senza di lei la battaglia contro Davy Jones è perduta in partenza.- riprese Will, adagio – Se lei adesso muore, quel mostro sarà immortale, per colpa di qualche strana magia. Non ci sarà più un eroe in grado di salvare questo mondo...e noi avremo perso uno dei migliori capitani che abbia mai conosciuto. Capisci?-
- Sì, Will, capisco perfettamente...- lo rassicurò Elizabeth – e farò di tutto per impedire che lei muoia. Ma ho bisogno di saperlo...Will, tu la ami?-
   Il giovane la scrutò negli occhi color nocciola. Sentì qualcosa che si lacerava, dentro di sé: mai e poi mai avrebbe voluto deludere quel viso così dolce e bello.
(ma...)
- No.- rispose.
   Vide che Elizabeth sospirava, forse di sollievo: i suoi lineamenti tirati finalmente si rilassavano. Sembrava felice, come chi trova pace.
   In quanto a lui, nel momento in cui pronunciò quell’unica parola, si rese conto di averle mentito. E di odiarsi, per questo.
 
   Jack riemerse da sottocoperta con il cappello stretto in una mano e l’aria di chi vede morire un uomo. I suoi passi strascicati erano l’eco di una conversazione durata fin troppo a lungo per le forze dei due fratelli: lui e Élodie, chiusi in quella stanza, a scambiarsi quelle che potevano essere le ultime battute del loro dramma.
- E’ strano...- parole che rimbalzavano nella mente del pirata – finire così...-
   Parole che si perdevano in un sussurro stentato. Parole che sarebbero rimaste sospese nel tempo, nel tempo di Jack. Lui che la curava, lui che cercava di fermare il sangue. Lui che non ci riusciva. Mai più di allora si era sentito così impotente: avvertire la vita e la speranza che gli scivolavano tra le dita non era una sensazione che amava.
   Élodie che gli aveva posato quella mano sul braccio:
- Jack...smettila.- glielo aveva ordinato, non chiesto – Non cercare di convincermi che tieni a me.-
- Io ci tengo...- aveva replicato lui, trattenendosi solo per un attimo dall’armeggiare.
   Élodie aveva riso, piano ma spudoratamente:
- E’ incredibile quanto la tua arte oratoria sia esperta...riesce persino a convincere te stesso!-
- Non pensi che qualche volta potrebbe esserci qualcosa di vero, in quello che dico?- e intanto Jack tamponava la ferita della sorella e cercava di arginarne un’altra: quella nel suo cuore.
- No, a dire il vero.- aveva fiato, la donna – Sei un pirata, Jack. I pirati non hanno nessuna verità. Nemmeno io.-
- E nel malaugurato caso che io avessi ragione?-
- Sarebbe un bellissimo sogno con il quale addormentarmi...-
- Élodie, non dire stupidaggini!- aveva sbottato lui – Non puoi “addormentarti” ora! Abbiamo bisogno di te!-
- Dillo al mio sangue, alle mie mani...- Élodie aveva mosso le dita, un’inutile fatica – Persino la polvere ha un suo peso, ora.-
- Élodie, ti prego...ti prego, non dire così...-
- Perché? Ho qualcosa da perdere?- la donna aveva alzato gli occhi tristi – A parte Will Turner?-
   Jack si era azzittito immediatamente. Ecco un argomento che avrebbe voluto sorvolare volentieri: non era il più adatto di cui discutere sul letto di morte della sorella.
- Tu sai perché lui è qui, vero, Jack?-
   Non c’era stato bisogno di conferme. Il pirata aveva abbassato gli occhi.
- Lo sapevo, vecchio imbroglione: sei stato tu a imbarcarlo...- l’aveva rimproverato dolcemente, e Jack non avrebbe voluto che quel tono fosse così gentile – Tu non mantieni mai le promesse.-
   Silenzio.
- Avevi ragione, Jack. Non avrei mai dovuto nemmeno pensare di allontanarlo...perchè ora che non è più con me, mi manca.-
   Il pirata sapeva a cosa si stava riferendo: Elizabeth. Ancora non aveva fiatato, sentendosi più che colpevole.
- Lo amo, Jack...per favore, vai a dirglielo.- l’aveva pregato Élodie.
- Diglielo tu.- il pirata si era alzato, incapace di sopportare altra pena – E’ qui fuori, che aspetta solo tue notizie.-
- Non è solo...- colpi di tosse, rauchi. Troppo rauchi.
   Jack le aveva preso il viso tra le mani, preoccupato. Aveva sentito il sudore freddo che accompagnava il dolore:
- D’accordo, d’accordo! Se è meglio lasciarlo là, lasciamolo là...va bene? Élodie?-
- No, mandamelo. Non so quanto fiato avrò ancora da sprecare...- ancora tosse – Quando raggiungerò Davy Jones, la Madreperla sarà tua, Jack. Ora vai.-
   Allora Jack se n’era andato. Con lentezza quasi esasperante, aveva tolto le mani dal suo viso; senza riuscire per questo a staccare lo sguardo, o la mente, o a distogliere il cuore da quello spettacolo terribile. Era spaventoso il modo in cui sua sorella accettava la morte. Spaventoso e affascinante: degno di un capitano come  Élodie Melody Sparrow.
   Eccolo lì, invece, il Capitano Jack Sparrow: poco più di un relitto, sconquassato fino al midollo. Non era proprio la rivincita con la quale aveva sempre sognato di trionfare sul mare.
   Uscì sul ponte. L’aria fresca gli si impigliava nei capelli.
   Pensò, guardandosi intorno, che presto, fin troppo presto, tutte quelle vele, quelle cime, quei marinaio sarebbero stato sotto il suo comando; mestamente, sorrise. C’erano mille modi per conquistare una nave. A lui, chissà perché, veniva sempre lasciato il più abietto da scegliere. Perché quel dispiacere, adesso?
- Jack...- una voce lo riscosse.
   Si voltò. Will Turner era sbucato al suo fianco e lo fissava, come se cercasse in lui qualcosa in cui credere ancora. Ma si era sbagliato di grosso.
   Jack ricacciò indietro le lacrime. Deludere era la sua specialità, rammentò amaramente a se stesso.
- Ti aspetta.- rispose semplicemente, poi continuò per la sua strada, mentre Will si voltava e si dirigeva sottocoperta, con l’animo in pezzi e un mucchio di ricordi infranti.
 
   Elizabeth attese che Will se ne fosse andato, prima di alzarsi e raggiungere Jack Sparrow. Lo toccò sulla spalla, piano, come se temesse di procurargli altri dolore. Jack si girò, stanchissimo:
- Che altro c’è, ora?- piagnucolò – Non preoccuparti, mia cara Elizabeth, il tuo William Turner tornerà subito...-
- Io...veramente volevo parlare con te.- la donna gli si affiancò, apparentemente premurosa – Sei distrutto, Jack.-
- Acuta osservazione, giovane perla.- il pirata si stiracchiò, tentato di fare almeno una buona impressione – Infatti vado a bere un goccetto di rhum.-
- No!- Elizabeth gli afferrò il braccio – Aspetta...-
   Jack la guardò, e lesse nei suoi occhi la stessa cosa che li aveva gabbati entrambi, la ragione per cui era affondata  la sua amata nave, la Perla Nera, il motivo per cui aveva rischiato la morte e la vita.
- Conosco quei tuoi occhi da cerbiatta...- disse, con tono insinuante – Già una volta ne sono stato preda. Per un tuo bacio, Elizabeth, ho già sacrificato il mio vascello e quasi una preziosa amicizia. Che cosa pretendi ancora da me? Il mio cuore vagabondo?-
- Jack...non voglio niente da te. Quel bacio, tra noi...-
- Per te sarà stato uno spasso, non ho dubbi.- ribattè duramente lui – Lo è stato anche per me, se ci tieni a saperlo. Uno spasso e una rovina: una dolce rovina...-
   Si sporse verso di lei, improvvisamente, come se volesse rivivere quegli attimi che sembrava disprezzare tanto. Era attraente, con quegli occhi scuri e penetranti, dannati come la sua anima di peccatore.
   Elizabeth non seppe resistere: troppa la voglia di riprovarci, di assaggiare di nuovo quelle labbra sottili e salate, senza che ci fosse qualcuno a volerle dividere...
- Non cercarmi più.- le ingiunse Jack, a un soffio dalla sua bocca.
   Si liberò dalla sua stretta e marciò celermente fino al boccaporto di prua, abbandonandola lì, prigioniera dei suoi sogni malsani.
   E’ sconvolgente quando una donna può essere volubile...nessuno meglio di Jack Sparrow poteva rendersene conto. La sua lunga esperienza gli aveva insegnato a difendersi dai capricci del gentil sesso, per soddisfare i propri; Elizabeth altro non era che l’ennesima sfida per la sete insaziabile del pirata. Una sfida a cui Jack rinunciava volentieri, però, in quel momento. E non solo per far contento Will Turner.
   Jack aveva bisogno di altre cose: di silenzio, di lacrime e di rhum.
 
   Fu come entrare in un sudario.
   Will allentò il colletto della veste, già largo. Gli si appiccicava addosso, lo infastidiva. La penombra della stanza era rischiarata solamente da qualche raggio di sole, sfuggito dalle tende tirate; la sagoma del letto del Capitano era circondata da quella piccola aureola di luce, e così anche il corpo di Élodie, immobile fra quelle lenzuola.
   Non ci fu nessuna reazione quando Will mosse i suoi primi passi incerti in quella camera, chiudendosi la porta alle spalle; l’atmosfera ovattata non gli restituiva alcun suono, nemmeno quello rassicurante del suo respiro.
   Era tutto così irreale. Will si accorse di temere quel luogo, senza una precisa ragione: quella sorta di timore reverenziale che si ha quando si calpesta un suolo sacro o si giunge al cospetto di un potente.
   Fece il giro del letto. Il volto di Élodie era di un pallore cereo, rivolto verso una lama di luce che non le riusciva a donare il brio di una volta. Dormiva? Se n’era già andata? Will aveva paura di scoprirlo.
   Si sedette su una sedia, lì accanto. Allungò una mano, per accarezzarle il viso, ma poi ci ripensò: che diritto aveva? La lasciò quindi scivolare lungo il braccio abbandonato sul materasso, fino a sfiorarle le dita. Le pose nella mano la sua bambolina di pezza, che lui aveva gelosamente conservato fino a quel momento.
   Era assurdo quanto avesse paura di lei, ora: era così indifesa, inerme, ogni suo attimo poteva essere l’ultimo. Eppure quel corpo emanava una forza invincibile, che Will percepiva. Deglutì, completamente alla mercè di quell’aura. Il vero debole, in quella stanza, era lui, con il caldo che lo assediava da ogni parte, gli abiti umidi che aderivano come una seconda pelle. Non riusciva a staccare lo sguardo dal viso sereno di Élodie; per nulla al mondo sentì che avrebbe voluto o potuto farlo. In effetti, non aveva mai voluto né potuto farlo.
   Poi, d’un tratto, gli occhi di lei si spalancarono. Will sussultò violentemente: per poco non rovesciò la sedia. Il suo cuore prese a battere scoordinatamente nel petto, tanto che il giovane credette di scoppiare per lo spavento.
   Lo sguardo di Élodie si addolcì, divertito, e sulle labbra sbocciò un sorriso timido:
- Scusami...- sussurrò, senza più voce – Non ti ho sentito...-
   Will si concesse un respiro profondo, prima di rispondere un ansimante:
- Non è niente.-
   Élodie si tirò su con i gomiti, affondando di più nel guanciale che Jack le aveva posizionato dietro la schiena. Will la sentì gemere per il dolore, e l’ennesimo fiore rosso macchiò le bende già incrostate di sangue. Gli si strinse il cuore. Si alzò per aiutarla, ma lei lo fermò prima ancora che i suoi calzoni avessero lasciato la sedia.
- Rimani lì, non importa.-
   Élodie tossì e sputò altro sangue, che le colò vistoso a un angolo della bocca; se lo asciugò strofinando il viso contro il cuscino.
   Will assisteva, impietrito. L’odore della morte gli invadeva le narici e gli dava la nausea. Mio Dio, quanto sangue...
- Sarò breve, Turner.- esordì Élodie – Così non sarai costretto a guardarmi.-
- Se solo potessi aiutarti...- sospirò Will, avvertendo tutta la sua impotenza.
- L’hai già fatto, venendo qui.-
   Il giovane la fissò, confuso: non gli sembrava di averle portato del bene, o sollievo.
- Volevo solo...augurarti di essere felice – continuò Élodie – con lei.-
   Lei, Elizabeth. Will si sentì un verme:
- Posso spiegarti...- tentò. Non voleva lasciarla morire con una falsa immagine di lui.
- Non mi interessa.- lo interruppe Élodie – Anche se mi spieghi, quello che provo per te non cambia.-
   Pausa.
- Non sono altro che un traditore, per te, dunque?- chiese Will, affranto.
- No.- la donna scosse faticosamente la testa – Nessuno è uno stinco di santo, Turner. Meno che mai chi crede di esserlo.-
   Il giovane sorrise: quella era una chiara, chiarissima e perfida allusione. La guardò. Vide che lei stata per dirgli qualcosa, ma le sue labbra non si mossero. La vide esitare, rapita da chissà quali pensieri. Poi gli fece un cenno:
- Vieni qui...- un movimento impercettibile con la mano.
   Will le si avvicinò: accostò il suo viso a quello di lei. Le loro guance si sfioravano:
- La morte ti rende più saggio. Ho lasciato la Madreperla a Jack...- gli sussurrò la donna – ma non mi fido di lui. Io mi fido di te. Voglio che tu sappia questo...-
   Così gli svelò dov’era nascosto il cuore di Davy Jones.
   Will ascoltò attentamente, a contatto con il calore di lei. Cercava di concentrarsi sulle parole, ma la sua mente gli sfuggiva continuamente di mano e si perdeva fra quei capelli odorosi di mare. Avrebbe desiderato affondarci ancora una volta il viso, prima di dover dire loro addio.
   Élodie terminò di parlare e riprese fiato:
- Non so se potrà servire – disse – ma volevo che fossi tu l’erede di questo segreto.-
- Come vorrei non esserlo! Élodie, proprio non credi...-
- Non ce la farò, Turner. Lo sento.-
- Ma se noi...-
- Ho giocato una bellissima partita con questa vita, Turner, e ho perso. Dignitosamente, ma ho perso.-
- Non hai perso! Non ti sei ancora arresa!-
- Io no, ma il mio corpo...sì.- concluse lei, con un respiro un po’ più pesante degli altri.
   Will lo sentì sulla sua pelle, e rabbrividì.
- Addio, Turner.- lo congedò Élodie.
   Il giovane seppe che era ora di andare. Il tempo a lui concesso per stare con lei, quell’ultima volta, era finito troppo in fretta, negandogli anche l’ultima possibilità di amarla. Will stava per scostarsi, con un peso troppo grave da sopportare sul cuore, quando un coraggioso fremito di quelle membra stanche lo trattenne:
- Un’ultima cosa.- lo pregò Élodie, gli occhi tristi, socchiusi. Timorosi.
   Lui rimase dov’era, a un centimetro dalle sue labbra. Non si aspettava minimamente qualcosa.
   La donna raccolse le forze rimaste per posargli sulla guancia un leggero bacio:
- Ti amo, Will.- dichiarò, prima di chiudere gli occhi e perdersi in quel buio senza fine che tutti temono.
   Mai nessuno patì tanto strazio come Will Turner in quel momento.
   Immobile, pietrificato, ascoltò spegnersi l’ultima eco di quelle parole a lungo attese, specie quel “Will”. Credette di morire al solo pensiero di averle sentite, perché si rendeva conto di quanto significassero.
   L’ultimo regalo di Élodie Melody Sparrow.
 
   E fu sul ponte. Non seppe come, forse era solo la forza dell’abitudine.
   Un bacio su quella fronte fredda e sudata, era l’unica cosa che si ricordasse. Poi era stato come se qualcuno avesse spento le luci una ad una, dimenticandosi di lui.
   L’aveva lasciata che respirava ancora. Non c’erano parole per descrivere l’angoscia, l’impotenza, la rabbia di Will Turner mentre si allontanava ancora da lei, questa volta per non tornare. Non c’erano parole, semplicemente. Persino il mare taceva, e i gabbiani, e il vento.
   Il mondo si era fermato ad ascoltare il suo pianto: il pianto di un uomo.
   Will si appoggiò al parapetto, guardando giù, le onde che si infrangevano contro la chiglia; mescolò le sue lacrime a quell’acqua salata, goccia dopo goccia. Si coprì il viso con le mani, singhiozzando:
- Perché?! Dimmi perché...-
- Will...- le mani di Elizabeth sulle sue spalle non furono un conforto per lui, anzi: non facevano che ricordargli quanto non avesse bisogno della loro compassione.
   Il giovane si scostò bruscamente e si allontanò a passi decisi. Elizabeth lo contemplò andar via e venne assalita dal rammarico: non era che poco più di una donna, per lui. Aveva ragione, Will; lei non si meritava il lusso di consolarlo. Lei non era niente. Come un granello di polvere.
 
   Will si accucciò contro una cassa a prua della Madreperla. Le sue guance erano rigate di dolore che non ne voleva sapere di essere dimenticato e come tale lo faceva impazzire: ogni fitta era una nuova spina che si andava a conficcare in un cuore già torturato.
   Will non aveva voglia di vedere nessuno. Nessuno, nemmeno Elizabeth. Soprattutto Elizabeth. Come Élodie gli aveva a lungo ricordato il suo eterno amore, ora quello gli ricordava la piratessa; e lui era stanco, stanco di voltarsi e non trovare altro che specchi.
- Quindici uomini sulla cassa del morto, yo-hò, yo-hò, e una bottiglia di rhum!- cantò una voce petulante e decisamente ubriaca – La morte e il diavolo hanno compiuto il resto, yo-hò, yo-hò, e una bottiglia di rhum!-
   Will si voltò all’improvviso rumore di passi caracollanti sul legno. Ed ecco che Jack Sparrow appariva, completamente sbronzo, accanto alla sua solitaria sofferenza:
- William, amico mio!- cantilenò il pirata, barcollando pericolosamente – Su, canta con me! Gli altri se li presero le sbronze e il diavolo, yo-hò, yo-hò, e una bottiglia di rhum!-
- Non ho voglia di cantare, Jack.- ribattè freddamente il giovane, distogliendo lo sguardo.
- Male. Cantare fa bene e riempie di brio!- Jack tracannò dalla sua bottiglia di rhum, poi si pulì disgustosamente la bocca – Coraggio, caro William...libera le tue muse ispiratrici! Vuoi un po’ di rhum?-
   Si sporse per porgerglielo, e quasi cadde lungo disteso sul ponte. Si aggrappò malamente alla cassa cui era appoggiato Will:
- Sei ubriaco, Jack.- lo rimproverò questi – Lasciami in pace.-
- Oh, ma cosa vedono le mie pupille? Lacrime! Ebbene sì, lacrime, mio caro William, lacrime d’amor!-
- Smettila.- ringhiò il giovane, asciugandosi gli occhi – Tornatene sottocoperta e stacci!-
- Perché? E’ una così bella giornata! Yo-hò, beviamoci su!-
   Un violento capogiro fece piombare Jack Sparrow accanto a Will, in un sonoro capitombolo di cui pirata, però, non parve accusare il colpo:
- Vengo per aiutarti, compare.- insistette, bevendo avidamente dalla bottiglia – Sono un bravo consigliere. Ma intanto beviamoci su, per dimenticare...-
- Non potrò mai dimenticare. Come puoi non capirlo?!- Will era veramente infuriato. Non con Jack Sparrow in particolare, ma con il mondo intero. Il problema era che il pirata sembrava convinto di poter risolvere la questione:
- Tieni,- gli offrì la bottiglia di rhum – bevi un po’ alla mia salute.-
- Alla salute che non hai, con tutto il rhum che mandi giù.- Will declinò l’invito, alquanto seccamente – Perché non sparisci, Jack?-
- Perché voglio aiutarti, compare.- e giù altro rhum – Voglio aiutarti a dimenticare. Tieni...-
- Non voglio ridurmi come te!- Will allontanò ancora la bottiglia da sé.
- Via, quante storie per un goccetto...il rhum fa bene, sai? Tieni...-
- NO!-
- Cosa vuoi che sia? Fammi compagnia, dai! Tieni...-
   Alla fine Will fu costretto a cedere. Accettò la bottiglia e diede un gran sorso: il liquore scese lungo la sua gola, un delizioso torrente di benessere. Lo rinvigorì un po’, tanto che alla fine Will credette di stare un po’ meglio.
- Visto?- cinguettò Jack, gesticolando felice – Avevo ragione, avevo ragione!-
   Will gli restituì la bottiglia, in silenzio.
- Che faccia scura hai, William! Ne vuoi un altro po’?- lo allettò il generoso pirata.
- Bevilo tu.- Will guardò altrove, aggiungendo piano – Ne hai molto più bisogno di me.-
- E va bene, se insisti...- Jack bevve ancora, a collo, ma uscirono solo poche gocce.
   Il pirata guardò confuso la bottiglia, la capovolse: constatò che era inequivocabilmente vuota.
- Che iella...- si lamentò – Ma tu guarda se con tutto quello che mi è successo io debba anche rimanere senza rhum!-
   Poi si alzò, malfermo sulle gambe, e si diresse verso il boccaporto, borbottando qualcosa:
- Stai attento, Jack. I gradini...- lo avvertì Will, prevedendo una probabilissima caduta.
- E loro lavarono i gradini, yo-hò, yo-hò, e una bottiglia di rhum!- lo canzonò l’altro.
   Come preannunciato da Will, messo un piede in fallo, Jack rovinò scompostamente lungo la scalinata, fino a finire col sedere per terra e la bottiglia in frantumi. La nave riecheggiò del suo comico ruzzolone, a dispetto dell’atmosfera tetra.
   Will scosse la testa. Povero Jack! Era così messo male che gli faceva persino tenerezza. Erano sulla stessa barca, e non solo nel senso più materiale del termine: per la prima volta remavano nella stessa direzione, per riuscire a raggiungere la salvezza. Avevano bisogno l’uno dell’altro.
   Il giovane si alzò e imboccò il boccaporto; scese con calma e prudenza i gradini scivolosi, fino a raggiungere Jack, riverso a terra, ancora stordito. Will si chinò e lo aiutò a risollevarsi, reggendolo con un braccio intorno alle spalle:
- Andiamo a letto, su.- disse, serio.
- Macchè letto! Datemi del rhum! Voglio cantareeeee! Voglio bereee!!!-
- Non è il momento di fare gli idioti, Jack: so che per te non è cosa facile, ma abbi pietà, ti scongiuro...-
- Lalalalaaaaaa....lalalalalalalalalaaaaaaa!!!-
   A Will sembrava di avere fra le mani una marionetta. Il pirata non si reggeva in piedi, anzi, si dondolava apposta di qua e di là con evidente gongolamento.
   Il giovane cercò di trascinarlo via:
- Vedrai che ti passerà tutto, con un buon sonno... Su, ti do una mano.- lo incitò.
- Prendi il braccio a chi ti dà la mano!- trillò l’altro, completamente su di giri – Viva il rhum! Datemi del rhuuuuum! Lalalalaalaaaaaaa...- e seguitava a ridere come un pazzo.
   Will non aveva mai visto Jack Sparrow ridotto così male. In verità, non era mai stato così a lungo con lui per scoprirlo. A parte ora. Ma era uno spettacolo orribile; dubitò persino che il pirata stesse facendo sul serio.
   E pensare che tutti quei versi senza senso, quelle frasi sconnesse, altro non erano che un grido di dolore disperato: dolore di pirata. Will non avrebbe mai pensato di essere lo spettatore di un simile prodigio: vedere un essere individualista, libertino, mascalzone alle prese con qualcosa di vero e terribile come la morte di un proprio caro ed esserne sopraffatto, come se non ci fosse differenza tra lui e una qualsiasi persona. Era quello che stava accadendo a Jack. Persino lui non era poi così intoccabile come amava far credere.
   Mentre Will si adoperava per sistemare il pirata dove non avesse potuto nuocere, passò davanti alla cambusa. Dall’interno parevano provenire tante voci concitate, come se un’accesa discussione stesse avendo luogo tra i marinai. Will si fermò a un passo dalla porta chiusa e ascoltò, con Jack che intanto gli si abbarbicava sempre di più addosso e non taceva manco morto. Il giovane distinse nel bailamme la voce di Andrew, che chiedeva incessantemente un silenzio che non sarebbe mai arrivato.
   Qualche bicchiere fischiò nell’aria per infrangersi contro la parete di legno. Gli uomini si stavano infervorando a proposito di qualcosa che Will non riusciva a capire. Era troppo curioso per ignorare il tutto; inoltre si sentiva in dovere, per qualche assurda ragione, di imporre un po’ di ordine su quella nave, ora che il capitano non era più in grado di farlo.
   All’ennesimo bicchiere infranto, Will diede un calcio alla porta chiusa e la spalancò. Entrò come se dovesse sedare un’aspra rivolta:
- SILENZIO!- urlò, e di fronte a quel tono deciso nessuno osò aprire più bocca: il silenzio fu bell’è fatto. Si riuscì persino a distinguere un piccolo singhiozzo di Jack.
- Che succede qui?- Will avanzò nella stanza, sorreggendo il pirata – Qualche problema?-
- Sì: il problema siamo noi!- cominciò un marinaio – Che ne sarà della nave e della ciurma, ora che il Capitano è ferito a morte?-
   Will comprendeva la pena e lo sgomento di quel pover’uomo. Abbandonato da Élodie, quell’equipaggio non era altro che un manipolo di piccoli sorci. Ma non occorreva gravare ulteriormente quegli uomini con il panico:
- Troveremo una soluzione.- promise Will, ma le sue parole suonarono più bugiarde di quanto avesse voluto.
- Ce l’ho io, la soluzione: il rhum!- ne venne fuori Jack, liberandosi dalla stretta del giovane – Godiamoci un po’ di rhum tutti assieme, bella gente!-
   Barcollò fino al tavolo e vi si appoggiò pesantemente:
- Datemi del rhum!- gridò – Sono il capitano, ora! L’eccentrico, invincibile, incredibile Capitan Jack Sparrow, comprendi? Comando io, adesso! Portatemi del rhum!-
- Cosa? E dove sta scritto che ora tu sei il capitano?- si inalberò un altro pirata – Il nostro unico e insostituibile Capitano è Élodie Melody! Non abbiamo altri padroni!-
- Ammutinamento!- lo additò Jack, stendendosi sul tavolo – Taci, ribelle, o ti farò appendere all’albero maestro, e senza neanche un po’ di rhum!-
   A quel punto ritornò il caos. I pirati si avventarono contro Jack, sputandogli in faccia tutto il loro disprezzo: urlavano, gesticolavano, e quell’idiota di Jack Sparrow perseverava nelle sue pretese!
   Will decise che era ora di porre fine a quel macello. Afferrò una bottiglia vuota, si fece spazio fra i marinai e, raggiunto Jack, gliela ruppe sulla nuca, in uno schioccante sprizzare di vetri. Sperò solo di non avergli fatto troppo male.
   Jack Sparrow si aggrappò al tavolo, più che stordito:
- Ahio...- gemette. Poi crollò a terra, e finalmente tacque.
   Anche la ciurma della Madreperla tacque, piacevolmente sorpresa dall’intervento di Will:
- A mali estremi, estremi rimedi.- sentenziò il giovane, gettando lontano il mozzicone di bottiglia – Ora, vogliamo discutere della cosa civilmente?-
   Guardò quelle facce segnate e desiderose di pace. Cercò di essere rassicurante, benché lui per primo avesse bisogno di conferme:
- Per prima cosa, dobbiamo mantenere la calma.- disse, senza paura di affrontare le loro reticenze – L’Olandese Volante è un osso duro, e solo insieme riusciremo a batterlo: per questo dobbiamo essere uniti...compari.-
   In quelle lunghe settimane aveva acquistato fiducia in quei corsari, aveva strappato loro risate e scherni, ma anche rispetto: non voleva deluderli.
   Li fissò uno ad uno. Era chiaro che non sapevano più a quale santo appellarsi: cercavano forze in lui, Will Turner, semplice cittadino di un’isoletta, e nemmeno un pirata come loro. Passando gli occhi su quella stanza, Will si accorse finalmente di qualcosa:
- Che c’è, Barbossa?- domandò al suo vecchio compagno di avventure, nonché acerrimo nemico di Jack – Vedo che hai una mano alzata.-
   Lo sguardo di Barbossa si illuminò quando Will Turner gli rivolse la parola. Non era molto decoroso abbassarsi alla stregua di un uomo di mare qualunque, per un capitano del suo calibro, ma purtroppo era anche necessario:
- Vedo con piacere che ho la vostra attenzione.- iniziò.
- Hai qualcosa da dirci?- tagliò corto Will, appoggiando le mani sul tavolo, di fronte a lui. 
   Barbossa si spazzolò i vestiti, con nonchalance:
- Invece di fare tutto questo baccano, propongo di risparmiare le energie: credo di avere quel che fa per noi...o meglio, per il vostro Capitano. Élodie Melody, intendo.-
   Sorrise nel constatare che improvvisamente tutti quei topi di fogna pendevano dalle sue labbra.

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Capitolo 19
*** Il comandante Beckett ***


- 18 – IL COMANDANTE BECKETT

 

 
   Lord Cutler Beckett riprese i sensi in una brandina malandata, odorante di stantio: era stato curato, fasciato, coperto con una vecchia coltre rattoppata ma ancora buona.
   La stanza dove si trovava era in penombra, con una sola lama di luce che si infilava tra la porta e lo stipite poco lontani; Beckett vide il pulviscolo che danzava in quel raggio dorato, sentì il calore di quel sole su una mano.
   Pensò di essere nel limbo che tanti monaci predicavano. Allora quella luce era forse il paradiso? Si scoprì incantato a guardarla: assomigliava ai capelli di Élodie, così lucenti, così chiari... Gli sembrava di sentirli ancora tra le dita; e il suo unico rimpianto, in quella vita, era di non averli potuti accarezzare, mai fino in fondo. Gli erano sempre sfuggiti, sposi della brezza marina e delle onde.
   A lui cos’era rimasto? Solo un pugno di aspettative deluse. Strinse una mano, a formare quel pugno: tra le sue dita non c’era nulla, e ora moriva...
   Qualcosa si schiantò contro la parete della cabina, facendo scricchiolare sinistramente il legno. Beckett aprì gli occhi socchiusi e subito tese i muscoli all’erta. L’istinto non si era spento dentro di lui, ed ecco che lui rispondeva.
   Strano...persino da morto riusciva a riconoscere un possibile pericolo?
   Lord Beckett si alzò lentamente a sedere, gli occhi fissi su quella lama di luce. Guardando meglio, mise a fuoco le assi di un corridoio e la maniglia di una porta. Sotto di lui, una nave rollava fra le onde e si dirigeva verso terre ignote. Troppo familiare, quel rollio, per il comandante, e soprattutto, era troppo forte.
   Si toccò i vestiti sgualciti e rovinati, le bende che si intravedevano fra gli strappi; sotto le palme avvertì un cuore battere...il suo cuore.
(questa non è la mia morte)
   Ancora quel rumore, più forte. Beckett sussultò, si guardò intorno: almeno una decina di corpi era ammassata in quella stanzuccia dall’aria viziata, e dormivano tutti. C’era un tale odore di sangue ristagnante che gli dava il voltastomaco.
   Un’ombra passò davanti alla lama di luce del corridoio, spegnendola. Beckett fece appena in tempo ad accorgersene che già quella era sparita; per poi tornare indietro, come vittima di una danza maledetta, e poi per precipitarsi in avanti, come strattonata da un invisibile lazo.
   Una voce familiare prese a intonare:
- Quindici uomini sulla cassa del morto, yo-hò, yo-hò, e una bottiglia di rhum!-
   Una canzone da pirati. E quello che la cantava era Jack Sparrow, senza ombra di dubbio.
   Beckett si alzò silenziosamente dal letto, sopportando stoicamente le fitte di dolore che gli giungevano dalle gambe e dalle spalle; arrancò fino alla soglia della stanza e sbirciò fuori. Nessuno.
   Uscì di soppiatto, per quando il suo corpo glielo permettesse. Si appoggiò alla parete, sentendosi d’un tratto debole. Un brusio gli ronzava nelle orecchie e animava una stanza lì accanto: riconobbe alcuni improperi, qualche parola del tipico gergo piratesco.
   Corsari! Era finito sulla nave dei corsari! Come aveva fatto ad arrivare lì? Sarebbe morto piuttosto che accettare aiuto da quei manigoldi.
   Lui era Lord Cutler Beckett! Lui era uno dei comandanti più importanti di tutta la Marina inglese, ed era...
   Solo.
   Era l’unico, su quel vascello, ad indossare la divisa della Giustizia. Qualcuno dei pirati l’aveva salvato, certo, ma se ora l’avessero trovato vivo, in giro per la nave, l’avrebbero linciato, ne era sicuro. Infatti sobbalzò dal terrore quando nella luce si stagliò di nuovo un’ombra: qualcuno stava per scendere dal boccaporto.
   Beckett zoppicò fino all’angolo del corridoio e si nascose nell’ombra, schiena al muro, sudando freddo. Udì quel qualcuno che ruzzolava giù per le scale e una bottiglia che andava in mille pezzi.
   Attese. Un secondo uomo scese al fianco del primo:
- Andiamo a letto, su.- un saggio consiglio, ma non era indirizzato a Beckett.
   Il comandante scivolò lungo il corridoio, aspettandosi che presto quei due pirati avrebbero voltato l’angolo. Non voleva lo trovassero, né ora né mai. Avrebbe scovato una scialuppa e sarebbe scappato, prima che qualche cane potesse mettere le sue manacce sudice su di lui; avrebbe trovato la terraferma, Port Royal, nuove forze. E infine, l’Olandese Volante, con cui aveva ancora un conto in sospeso. Quel vascello aveva vinto una battaglia, non la guerra. Beckett era disposto a tutto pur di riuscire a sconfiggerlo; ma quello aveva ferito il suo orgoglio di comandante e il comandante non perdonava simili offese.
   Continuò a seguire il corridoio e a rimuginarlo, dimenticandosi persino di poter essere seguito. Si imbattè in cabine e stive, ma passò oltre. Trovò l’artiglieria, miracolosamente indenne: non si fece troppi problemi a “requisire” un paio di pistole e una spada affilata da quel mucchio già rubato ad altri.
   Proseguì sempre dritto. Dopo un gomito il corridoio finiva con una scalinata che conduceva sul ponte. Dall’apertura entravano luce e aria fresca: Beckett inspirò quelle delizie corroboranti, dopo tutto il buio e la muffa del sottocoperta, e sentì che avrebbe potuto fare qualunque cosa.
   Stava per salire, ma un colpo di vento entrò improvviso e lo investì in pieno. Beckett si riparò e così il soffio lo sorpassò, facendo sbattere rumorosamente una porta. Lui corse ad afferrarla, prima che richiamasse l’attenzione di troppi. Fu così che la vide.
   Fra quelle lenzuola, ancora vestita dei suoi abiti insanguinati, con il cappello ornato di piume bianche al suo fianco. Il bravo Andrew l’aveva ripescato e custodito.
   Beckett rimase sulla soglia, ad osservare: Élodie Melody Sparrow, l’amore della sua vita, dormiva.
   Beckett non l’aveva mai vista dormire, in apparenza tranquilla: quando erano stati marito e moglie, non passava notte che non fosse rotta da sospiri, da veglie notturne, da improvvise sparizioni e, perché negarlo, attimi di passione. Dopo che lei se n’era andata, era rimasto soltanto il vuoto, fuori e dentro di lui, come un fedele compagno di disavventure.
   Beckett sentì stringersi il cuore. Non poteva andarsene, non così...non senza averla toccata, senza averle parlato. Senza guardarla.
   Entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle; avanzò lentamente, appoggiandosi dove trovava appiglio, fino a raggiungere il capezzale di Élodie. Se ne stette poi immoto ad osservarla, per la prima volta consapevole di aver di fronte solo una donna. Oh no, non solo una semplice donna: sua moglie.
   Un pirata.
   Il destino non era stato clemente con lei: sebbene le avesse regalato quel viso giovane e bello, ora lo devastava con la sofferenza. Élodie era debole, ferita, come lui. Commovente come alla fine avessero trovato qualcosa in comune. Ebbene, nel suo cuore Beckett non desiderava affatto questo, anzi, era quello che aveva sempre temuto.
   In verità, lui l’aveva preferita così: nemica, se voleva, ma libera, pericolosa...e felice.
   Nel momento stesso in cui aveva realizzato di non essere abbastanza per lei, anni prima, Beckett l’aveva lasciata padrona delle sue scelte; e, incomprensibilmente, l’aveva amata di più.
   Si avvicinò, lentamente. Si sporse per sfiorarle i capelli e il viso, con una delicatezza che non sapeva di possedere. Gli sembrava così fragile...non c’era più nulla che potesse risollevarla. Nemmeno una carezza.
   Beckett si scoprì gli occhi pieni di lacrime. Ora più che mai si rendeva conto di quanto tempo avesse perduto, sciupato, invece di avvicinarsi a lei. Si rammaricava di non averci provato, nemmeno per un istante, per colpa del suo futile orgoglio. E ora si apprestava ad allontanarsi di nuovo, senza nemmeno aver mai provato a conoscerla.
   Se solo avessero avuto più tempo...avrebbe potuto rimediare.
(Élodie...perdonami...)
   Basta, era più forte di lui. Non sarebbe riuscito a sopportare quel tormento un minuto di più.
   Le posò un bacio su una tempia, un po’ vergognoso di prendersi quella libertà. Élodie, se solo fosse stata ancora tra loro, non avrebbe per niente gradito simili attenzioni.
   Fu sorpreso da un movimento improvviso di lei, che credeva prossima alla morte; scattò all’indietro, col fiato sospeso. E se si fosse svegliata? Spiegarle il motivo della sua presenza in quella stanza sarebbe stato piuttosto compromettente.
   Élodie cominciò a gemere:
-Will...- chiamò, come se da quel nome dipendesse la sua sopravvivenza.
   Beckett, incuriosito nonostante il disagio, ascoltò attentamente. Ma chi era Will? Un uomo? Un pirata? Élodie lo invocava nella sua lenta agonia: quindi era qualcuno di importante per lei?
   Il comandante si alzò, guardandosi attorno con circospezione: gli pareva di aver udito dei rumori. Intanto pensava a questo Will. Certo, come aveva potuto essere così sciocco?
   Erano passati troppi anni dalla loro separazione. Élodie era bella e sicuramente non aveva atteso molto prima di trovarsi un nuovo compagno...o innamorarsi. Questo Will forse era la risposta a tutto. Chissà chi era: Beckett non ne aveva la più pallida idea, ma per Élodie sembrava davvero importante.
   Altri rumori, dal ponte.
   Beckett guardò verso il soffitto, udì passi di uomini in corsa. Il familiare scricchiolio del cordame e le vele spiegate al vento coronavano quella che sembrava una vera corsa agli armamenti. Ordini urlati da un capo all’altro della nave.
   Che stava succedendo?
   Beckett si affrettò a uscire dalla stanza. Spiò dalla porta socchiusa: via libera. Eccolo fuori. Salì le scale e fu sul ponte.
   I corsari erano in fermento. Correvano da una parte all’altra della nave, aggiustando i velacci e fissando le cime; qualcuno trasportava armi, altri reggevano il timone e le zavorre. Erano tutti così occupati che non si accorsero minimamente di Beckett; il comandante allora pensò bene di infilarsi dietro una cassa, ad osservare e meditare un piano d’azione che non fosse solo rischiare di farsi notare.
   Rubare una scialuppa era fuori discussione. Troppo fracasso e troppi uomini in giro. Ma se ci fosse stato un guscio di noce, per le evenienze, legato a poppa della nave, come in molti altri vascelli? Allora la fuga era già bell’è fatta.
   Lord Beckett si mosse prudentemente verso il giardinetto: l’ombra di casse e pennoni finora gli aveva dato rifugio, ma per arrivare a poppa doveva attraversare il cassero, completamente scoperto.
   Dopotutto, un po’ di rischio era d’obbligo. Il comandante si gettò verso la poppa, per quanto glielo permettessero le gambe malridotte. Doveva correre, se voleva vivere.
   Ma la Fortuna quella volta non lo baciò come lui avrebbe voluto. Infatti, proprio a pochi metri dal parapetto, Beckett si scontrò grossolanamente con un pirata che aveva in corpo la sua stessa fretta, e entrambi finirono gambe all’aria.
   Le assi furono un duro colpo per il malandato comandante, mentre al corsaro non fecero un baffo. Quest’ultimo si alzò come se fosse stato azionato da una molla, e appena ebbe squadrato l’”ostacolo” che l’aveva fatto cadere lanciò un urlo:
- Marina inglese! Pirati, compari, a me, a me!-
   Subito una triade di teste spuntò sul cassero e circondarono lo stralunato Beckett; quattro paia di mani lo agguantarono da tutte le parti e lo misero in piedi di forza, spintonandolo di qua e di là.
- Che ci fai tu qui, maledetto? Cerchi rogne?- ringhiò qualcuno.
- Forse desidera un contatto ravvicinato con noi...- ghignò un altro.
- Ehi, pupattolo, che ne dici di un paio di sfide a braccio di ferro? O preferisci una buona e sana lotta?-
   Scroscio di risate diaboliche. Beckett iniziò a sudare freddo: non era in grado di tenere testa a un intero equipaggio di pirati. Era perduto.
- Che succede qui?- tuonò una voce possente – Cos’è questo chiasso? Non abbiamo tempo da perdere!-
   Il pugno di corsari si aprì all’incedere di un’imponente figura. Beckett alzò gli occhi su di essa, pregando che non fosse il peggio che si aspettava:
- E questo inglese che ci fa qui?- interrogò Andrew, un po’ alterato – Allora?!-
- Scappava, penso.- rispose prontamente un pirata.
- Come ha fatto ad imbarcarsi sulla Madreperla?- riprese Andrew, sempre più adirato – Élodie Melody non tollera inglesi sulla sua nave: gettatelo in mare!-
- Agli ordini...con immenso piacere.- asserirono i corsari.
   Subito Beckett venne trascinato verso la murata, nonostante i suoi sforzi nel puntare i piedi e attardare così la sua fine. Ma come poteva fare i conti con quei manigoldi incattiviti dalla dura vita di mare, assetati di sangue inglese?
   Ormai era sul bordo del parapetto; al di là di esso, l’oceano attendeva la sua anima.
- Fermi! Che state facendo?!- un contrordine improvviso, che sorprese i pirati.
   Questi si voltarono, e voltarono anche Beckett verso il nuovo arrivato: una donna. Elizabeth. Il comandante la riconobbe subito, a dispetto degli abiti poco femminili che indossava.
- Lo buttiamo a mare, Miss.- le spiegò uno della ciurma – Come ci è stato comandato.-
- A mare?- strabiliò Elizabeth – Per nulla al mondo! Questo poveretto non vi ha fatto alcun male! Ha combattuto lealmente ed è una vittima dell’Olandese Volante, come noi tutti. Inoltre, ha salvato la vita a me.- li guardò duramente – Lasciatelo!-
- Questa nave ha ancora un capitano, Miss, - ribattè freddo Andrew – e i suoi ordini valgono molto di più dei vostri.-
- Il capitano non punirebbe chi aiuta i suoi uomini o i suoi alleati. Quest’uomo ha dato aiuto a uno di voi, in fondo. Non merita di morire!-
- E’ un inglese...- obiettò ancora il pirata, ma la sua convinzione vacillava.
- Anch’io lo sono!- replicò ostinatamente Elizabeth – Avreste il coraggio di buttare a mare anche me, solo perché vengo da un Paese che non è il vostro?-
   Aveva una paura folle che Andrew rispondesse di sì: con la spietatezza dei bucanieri non si scherza.
   Beckett assisteva passivamente alla scena, posando gli occhi ora su Elizabeth, ora su Andrew, che si stavano scrutando come in singolar tenzone. Il comandante deglutì faticosamente: da troppe cose dipendeva la sua esistenza.
   Sopraggiunsero altri due uomini dal ponte:
- Che succede qui? Perché non siete al lavoro?- volle sapere il primo.
- Abbiamo trovato un inglese a bordo.- comunicò loro Andrew – E non sappiamo cosa farcene.-
- Corpo di mille balene!- esclamò il secondo uomo – Ma io questo lo conosco! E’ il comandante Cutler Beckett, della Marina!-
   Beckett deglutì ancora più faticosamente: a volte avrebbe davvero tanto voluto non essere così famoso.
- Buttiamolo di sotto!- esigette la ciurma – A mare! A mare!-
- Will...- Elizabeth si rivolse al primo uomo che aveva parlato – Di’ loro qualcosa!-
   Il comandante alzò di scatto la testa. Come in una visione ripiombò in quella stanza, accanto a Élodie che ripeteva alle tenebre quel nome
(will...)
   Era dunque questo ragazzo la persona cui la donna sembrava tenere così tanto? Era dunque questo l’uomo che lei pareva amare?
- Che volete fargli?- intervenne Will Turner – E’ ferito, non vedete? Non può farci alcun male. Non abbiamo tempo da sprecare in esecuzioni, ora!-
- E queste?- un maledetto ficcanaso sfilò le pistole cariche e la spada a Beckett e le gettò sul cassero – Era armato!-
- Beh, adesso non lo è più.- Barbossa raccattò le armi e se le rigirò tra le mani, interessato.
- Io dico “liberiamocene”!- propose Andrew – Liberiamocene prima di arrivare a Isla de Muerta!-
- Sììììì!!!- urlò la ciurma.
- No!- si frappose Will – Potrebbe tornarci utile. Due mani in più fanno sempre molto comodo: siamo solo una dozzina, e Barbossa ha detto che la strada per arrivare alla caverna dell’oro di Isla de Muerta non è sgombra di pericoli. Il comandante ci aiuterà...-
   I pirati lo stavano ascoltando. Era incredibile come quel ragazzo usasse bene il carisma: una dote innata e vantaggiosa, in quel momento.
- Ci aiuterai, vero?- Will si voltò verso Beckett, con fare deciso.
   Il comandante si affrettò ad annuire. Mai e poi mai avrebbe prestato aiuto a un pirata, ma questa volta ne andava della sua vita: era sciocco gettare via così anche l’unica possibilità di salvezza.
   Will Turner si mosse verso di lui e lo liberò dalla stretta dei pirati. Lo afferrò saldamente per un braccio, sfoderando una pistola.
- Qualcuno vada a bordare la mezzana: abbiamo il vento a giardinetto. All’opera! Élodie non resisterà in eterno...- ricordò loro, poi si allontanò portando Beckett con sé.
   Appena fuori dalla portata di occhi e orecchi indiscreti, Will lasciò il comandante e rinfoderò l’arma:
- State tranquillo, Lord Beckett. Statemi vicino, lavorate sodo e non vi faranno nulla.- lo rassicurò, passandogli una cima – Aiutatemi.-
   Ammainarono il velaccino e distesero la gabbia: fissarono la scotta in modo che la vela godesse il più possibile del vento e permettesse alla nave di filare più veloce.
- Dove andiamo?- chiese timidamente Beckett, dopo un po’.
- Barbossa ci sta portando a Isla de Muerta. L’unica speranza di Élodie è tra quelle rocce.-
   Da come parlava, il comandante capì che la questione gli stava davvero a cuore. Lo ammirò per tutta quella fatica che stava mettendo a disposizione dei bisogno di Élodie.
- Barbossa dice che c’è un elisir che cura ogni ferita, nascosto là.- continuò Will, dando un calcio alla funi e passando a un’altra vela – Lui se n’è servito quando Jack lo ha quasi ucciso, si quell’isola. Sa dove l’ha nascosto. Mi ha già spiegato i dettagli. Appena arriveremo, scenderò a terra e andrò a prendere quel tesoro.-
- Vi fidate di un...pirata?- Beckett lo seguì, incuriosito.
- Barbossa sa che, se Élodie muore, non ci sarà modo di fermare Davy Jones; e non vuole finire i suoi giorni braccato da un demonio. Lui ama la vita facile. Farà di tutto perché Élodie viva e tolga di mezzo il grande rivale che è Davy Jones...e anch’io farò di tutto perché questo accada.-
   Il giovane sistemò meglio un paio di reti e aggiustò la mira di un cannone: non si stancava mai di lavorare. Come quando l’aveva conosciuto, pensò Beckett.
- Will Turner, siete tutto una sorpresa.- affermò con sincera ammirazione.
   L’altro si irrigidì. Si voltò lentamente. Un turbinio di ricordi gli invase la mente: non era per niente piacevole, anzi. Ricordare il passato, ora, specialmente in compagnia di Beckett, gli faceva male.
   Non dimenticava che era anche per causa sua se era cominciata quell’assurda avventura.
- Grazie per questa possibilità che mi date.- Beckett continuò a parlare piano, in tono quasi confidenziale – Elizabeth mi ha parlato tanto di voi, per tutto il tempo che è stata mia ospite; ho sentito come si rivolgeva a voi, prima. Ho fatto saltare il vostro matrimonio, e me ne rammarico. Ma poi vi ho visto a casa mia, quando mi avete rubato quello scrigno, assieme a Élodie e a Jack Sparrow. Avete combattuto accanitamente contro di me, in quell’occasione: porto ancora i lividi di quella lotta.-
   Will inspirò profondamente, cercando invano qualcosa da dire.
- Alla fine, a quanto pare, state dalla loro parte.- riprese Beckett, senza ombra di rimprovero – A dire il vero, non vi biasimo per il vostro voltafaccia alla società... State facendo tanto per...per lei.- ed era chiaro a chi si riferiva con quel tono nostalgico – Volevo soltanto dirvi di non preoccuparvi, ora: andrò io nelle grotte di Isla de Muerta.-
   Will rimase stupefatto da quella determinazione; a dire il vero, non la comprendeva fino in fondo.
- E’ pericoloso, per voi.- gli fece notare – Non avete ancora recuperato le forze.-
- Voi le avete, ma rischiate molto.- Beckett guardò l’altro, con fermezza – Se voi morite, qualcun altro potrà recuperare l’elisir, ma non ricompensare la vostra perdita nel cuore di una persona che tiene a voi.-
   Will sapeva che il comandante alludeva a Élodie. Come faceva a sapere quel che era successo fra loro? Glielo si leggeva forse in faccia? Poteva anche essere che la donna non avrebbe sopportato la sua morte. Conoscendola, era più probabile che si gettasse in mare, piuttosto che accettare un simile sopruso ai suoi sentimenti. Ormai, lei e Will erano legati profondamente.
- Se io muoio, nessuno se ne accorgerà.- concluse Beckett, con una punta di tristezza – Senza contare che forse sono già morto e non me ne rendo nemmeno conto.-
   Will fu commosso da tanta umiltà. Gli posò una mano sulla spalla:
- Se voi moriste, io me ne accorgerei, comandante.- tentò di infondergli coraggio – Non dovete dimostrare niente a nessuno. Qui ognuno si arrangia e pensa per sé, a suo rischio e pericolo. Non datevi noia: non c’è problema. Andrò e tornerò vincitore da Isla de Muerta... Élodie ha bisogno che io vada e la salvi.-
- Élodie ha bisogno di voi, credo.- ribattè Beckett – Di poco altro. E poiché non siete l’unico ad amarla così tanto come mi state mostrando, rischierò io la vita al posto vostro...e almeno potrò regalarle quella felicità che non sono mai riuscito a darle prima.-
   Il comandante fronteggiò Will e aggiunse, in un tono che non ammetteva repliche:
- Non accetto un rifiuto.-
 
   Dissuadere Beckett dai suoi intenti fu un’impresa inutile. Il comandante era spaventosamente convinto e niente, neanche il discorso più ragionevole, l’aveva scalzato dalla sua posizione.
   Quando giunsero a Isla de Muerta, nemmeno una mezz’ora dopo, Will si era già arreso e aveva messo Beckett al corrente di ogni particolare; gli aveva mostrato una mappa che Barbossa aveva disegnato apposta e su di essa gli aveva tracciato il percorso più semplice e rapido da seguire.
- L’elisir dovrebbe essere custodito qui.- Will indicò un punto sulla carta e la consegnò a Beckett – Buona fortuna, comandante.-
- Farò tutto il possibile...e l’impossibile.- ricambiò lui, stringendogli la mano – Grazie.-
- E se questo fedifrago fuggisse lasciandoci nei nostri guai?- insinuò Andrew – Secondo me, qualcuno dovrebbe andare con lui e tenerlo d’occhio.-
- Il comandante non ci tradirà, Andrew.- lo interruppe il giovane – Fidati.-
- Sei un ingenuo, Will Turner!- il pirata alzò gli occhi al cielo e se ne andò, piccato – Un ingenuo e uno sciocco. Fai quel che ti pare, ma io non gli concedo più di un’ora; poi scendo a terra e se lo trovo gli spacco tutte le ossa.-
   Will lo osservò allontanarsi come se avesse il diavolo in corpo. Tornato a Beckett, gli sorrise un po’ impacciato:
- Cercate di sbrigarvi...- gli suggerì – purtroppo Andrew non scherza.-
   Beckett comprese al volo. Si imbarcò sulla scialuppa e i pirati lo calarono dalla Madreperla con una carrucola. Il comandante controllò la mappa che gli aveva dato Will, poi che la pistola concessagli fosse carica.
   Tre pallottole. Più che sufficienti.
   C’erano anche un pugnale e una fune. Beckett si legò il pugnale in vita, poi la fune arrotolata a tracolla; prese i remi e cominciò a vogare verso Isla de Muerta.
   L’atmosfera che circondava gli scogli e le rocce era davvero spettrale. La nebbia avvolgeva nel suo freddo abbraccio ogni prospettiva, lasciando tutto da immaginare. Le rocce nerastre spuntavano come denti aguzzi nella caligine, e c’era quel silenzio che atterrisce ogni speranza, e si ha paura persino a respirare.
   Beckett aggirò gli spuntoni fino a raggiungere la riva ghiaiosa. Si alzò, scrutando i dintorni. Nebbia. Nient’altro che nebbia fitta come una coperta posata su un mostro addormentato; sagome scure di grotte, nella parete rocciosa.
   La Madreperla era già scomparsa all’orizzonte: Beckett si sentì solo. Forse era stata una mossa avventata scendere a terra senza qualcuno che gli guardasse le spalle; ma ormai era lì, e non si sarebbe tirato indietro. Doveva pensare a Élodie.
   Fece per scendere dalla scialuppa, digrignando i denti per il dolore a una gamba. Inciampò contro qualcosa che era nella parte anteriore della barca, e gli scappò una bestemmia. Bel modo di cominciare la missione!
- Ahio...- brontolò una voce che Beckett non si aspettava di sentire – Mi mancava proprio un livido in quel posto.-
   Il comandante rimase senza fiato. Scese dalla scialuppa, ma si voltò a ficcare una mano sotto al sedile di prua. Prese in pieno qualcuno:
- Ehi!- Jack Sparrow allontanò la mano molestatrice – Lascia stare i gioielli, tesoro. Non sei il mio tipo.-
   Beckett, sempre più stupefatto, afferrò il pirata per il bavero e lo tirò fuori dal suo nascondiglio:
- Che diavolo ci fai tu qui, Sparrow?!- lo aggredì viso a viso.
- Facevo ginnastica, – lo schernì l’altro – o magari contavo le formiche sul fondo della barca; oppure schiacciavo un pisolino in santa pace. Dimmi, cognato, quale delle precedenti ipotesi ti sembra la più probabile?-
- Dovresti essere sulla nave!-
- E ci sarei più che volentieri, sulla nave, se qualcuno non avesse avuto la brillante idea di calare questa scialuppa!- Jack si tirò su, si divincolò dalle mani di Beckett e si sistemò i vestiti – Mi hai rovinato una bella dormita.-
- Per quel che ne so, esistono ancora i letti, per dormire.-
- Concordo pienamente. Peccato che nel mio caso qualcuno si sia divertito a centrarmi in pieno con una bottiglia vuota e a farmi svenire...quindi mi sono ritrovato sul duro legno della cambusa, da solo, invece che in un bel letto. Mi sono tirato su, ho scovato una fiaschetta di rhum e sono andato di sopra. Tutti erano troppo indaffarati per pensare a me (come solito), ergo mi sono scolato il rhum in santa pace, al sicuro in questa scialuppa; e lì sono rimasto. Comprendi?-
   Beckett alzò le braccia al cielo, esasperato:
- Pirati!- bofonchiò, disgustato.
- I migliori!- puntualizzò Jack, guardandosi attorno – Ora, vorresti gentilmente erudirmi circa il ridente luogo dove ci troviamo?-
- Isla de Muerta.- rispose il comandante, estraendo la mappa dell’isola – Il nome dice già tutto.-
- Isla de Muerta!- chiocciò invece Jack, felice – Oh, amore della mia vita! Non ho la più pallida idea del perché sono qui, ma già che ci sono non esiterò a prendere in prestito qualche prezioso gingillo dalle tue altrettanto preziose caverne...-
- Rubare.- lo corresse Beckett, sovrappensiero.
- “Rubare” suona molto...furfantesco.- polemizzò Jack, incamminandosi – Non vogliamo fare troppa cattiva impressione, vero, cognato? “Prendere in prestito” è un termine molto più fine.-
- Tu sei un pirata, Jack. Tu sei un furfante. Tu rubi. E io non intendo ascoltare la tua insolente voce che mi chiama “cognato” un’altra volta!-
- D’accordo, cognato. Ci pensiamo più tardi, ti va? Ora che ne dici di stare di guardia alla scialuppa, nonché nostra unica via di salvezza, mentre io mi riempio le tasche? A proposito...- Jack si voltò – perché sono qui a riempirmi le tasche?-
   Beckett fece uno sforzo sovrumano per non sparargli uno degli invitanti colpi della sua pistola. Gli voltò le spalle e prese a camminare nella direzione opposta:
- Nel caso tu non te lo ricordassi, tua sorella sta morendo. Sto cercando un elisir che si trova su quest’isola, per farla guarire. Sarà meglio che anche tu ti dia da fare!-
- Gentile da parte tua...e da dove pensi di iniziare?- gli urlò di rimando Jack.
- Da dove non inizi tu!- Beckett scomparve nella nebbia, lasciando il pirata completamente solo nella penombra.
   Jack contemplò i dintorni, per quel poco che riusciva a vedere. “Non sarà un po’ di nebbia a farmi paura”, pensava. Però sentiva freddo, e la cosa non gli piaceva per niente.
   Mosse qualche passo incerto verso la sagoma della parete rocciosa, in cerca di un’entrata per l’interno, le orecchie tese. Ad un tratto, credette di cogliere un rumore fuori posto, tra lo scricchiolio dei sassi, e si insospettì. Si scaldò le braccia, scrutando nella nebbia: non se la ricordava così, Isla de Muerta. Cioè, era sempre stata così, in verità, ma le altre volte che c’era stato non aleggiava nell’aria tutta quella tensione. Quel rumore che non era uno scricchiolio di sassi...non era nemmeno un’illusione.
   Jack si girò e fu sorpreso nel trovarsi a fissare almeno una decina di figure nere che scivolavano nella caligine, nella sua stessa direzione; intravide lo scintillio delle spade e lo svolazzare dei mantelli, dettagli che in altre situazioni non gli avrebbero fatto un baffo, ma ora gli gelavano il sangue nelle vene. Anche perché non sapeva che cosa aspettarsi da quei nuovi arrivati; in più, era disarmato e, cosa non meno importante, era ancora intontito dalla sbronza.
   Senza riflettere, Jack indietreggiò, cercando rifugio. Erano i suoi occhi a giocargli brutti scherzi, o quelle figure avevano occhi iniettati di sangue?
   Senza porsi altre domande si voltò e fuggì a gambe levate; per un secondo gli sembrò che qualcuno lo stesse inseguendo e allora corse più forte, gemendo per il timore.
   Com’era prevedibile, inciampò in un qualche ostacolo e si sbilanciò in avanti, andando a finire dritto dritto tra le braccia di Beckett:
- Sparrow! Mi sembrava di essere stato chiaro riguardo al modo di affrontare questa ricerca!- sbottò il comandante, allontanando l’indesiderato compare.
- Capitano, io sono il Capitano Jack Sparrow!.- precisò l’altro – E riguardo all’affrontare la ricerca, avrei un affare da proporre.-
- Non tratto compromessi con un pirata.- lo ignorò completamente l’altro, brandendo la mappa come se fosse un’arma.
   Jack lo incenerì con lo sguardo:
- Sto parlando di affari interessanti!- si parò davanti al comandante e gli sfilò la mappa – Non dare retta a queste scartoffie, cognato: conosco una scorciatoia!-
- Grazie dell’offerta, ma non la ritengo degna di essere presa in considerazione. Ridammi quella mappa: non ho tempo da perdere, con te.-
   Jack non aveva intenzione di mollare per così poco. Doveva contare sull’appoggio di Beckett, se voleva uscire vivo dall’isola. O anche semplicemente uscirne, visto che c’era una sola barca e abbandonare il comandante su quello sputo di terra, tornando a mani vuote, significava incappare nell’ira della ciurma di Élodie.
   Inoltre, c’erano quegli strani fantasmi.
- Infatti, nemmeno io ho tempo da perdere!- disse Jack – Andiamo! Ti farò da guida, per questa volta...-
- No.-
- Senza compenso?-
- No. Questa missione è già tanto difficoltosa di per sé; non c’è bisogno che la rendi sovreccitante. Dammi quella mappa!- insistette Beckett.
   Allora Jack provvide a ridargliela, ma non prima di averla ridotta in brandelli, con lentezza e convinzione.
- Eccola qua.- gliela rese, serafico. Poi si diresse verso la parete rocciosa e cominciò a tamburellare le dite sulle rocce, lanciando un’occhiata, ogni tanto, alla spiaggia nebbiosa.
- Che hai fatto?!- eruppe Beckett, sparpagliando la carta dappertutto e sopraggiungendo alle spalle del pirata – Manigoldo impostore!-
- E’ un complimento!- Jack continuò ad ascoltare l’eco della roccia, in risposta ai colpi delle sue dita – Ma sono certo che puoi fare di più.-
- Spregevole ricattatore!-
- Meglio, cognato, decisamente meglio.-
- Filibustiere!-
- E’ quello che sono: non vale!-
   Mentre Beckett si profondeva in ogni genere di insulti, Jack Sparrow seguitò nei suoi intenti. Dopo molti e vani tentativi, finalmente udì un rumore familiare sulla roccia. La studiò meglio. Sorrise. L’aveva trovata.
- E adesso come faremo?- si disperava Beckett – Spiegamelo...e in fretta!-
- Entriamo di qua, semplice!- Jack afferrò saldamente la pietra e la spostò – Ho trovato la scorciatoia segreta che ti dicevo. Ora...mi daresti una mano?-
- Neanche per idea! Tu hai distrutto la mappa, tu ora mi apri una nuova via, senza discutere!-
- Parenti serpenti...- borbottò Jack, spostando il masso, e non senza fatica.
Davanti a loro si aprì una grotta gocciolante di umidità e dall’odore ammuffito. Jack Sparrow si infilò subito lì dentro, tenendosi alle rocce per avanzare nella galleria accidentata; Beckett lo seguì, di malavoglia e con tutti i nervi a fior di pelle.
Man mano che avanzavano, i buio si infittiva. Ben presto, entrambi dovettero andare avanti a tentoni, inciampando continuamente sul terreno pieno zeppo di asperità:
- Non vedo niente!- si lamentò Beckett – Sparrow, proprio non c’è modo di fare luce?-
- Capitano, Capitan Jack Sparrow!- gli ricordò Jack – E ho pensato a tutto.-
   Tastò la parete e scovò una rientranza: si destreggiò come meglio poteva in quell’oscurità, ma alla fine ne venne fuori con una torcia in mano. La accese con l’acciarino che teneva sempre in tasca:
- Visto?- sbeffeggiò Beckett – Scettico...-
   Il comandante approfittò di quella luce per guardarsi intorno: la galleria era disseminata di scheletri e stracci, che si perdevano dove occhio non poteva vedere. Lui e Jack affondavano in quel marciume disgustoso.
- Scorciatoia segreta, eh?- rammentò Beckett, fulminando il pirata – Qui ci sono abbastanza ossa per una ciurma intera!-
   Jack gli rivolse un sorrisetto nervoso:
- Beh, si chiama Isla de Muerta per un motivo, no?- scherzò – Ti assicuro che il passaggio era segreto...fino a qualche tempo fa, almeno.-
   Il comandante lo spinse da parte e proseguì, trattenendo lo schifo. Faceva strada lui, ora, anche se la torcia la teneva Jack, dietro:
- Perché mi sono fidato di te, maledizione?- inveì.
- Immagino perché eri ormai demoralizzato.- Jack spostò con la punta del piede e visibile ribrezzo un cranio pelato – Non trovo altre spiegazioni al riguardo.-
- Forse hai ragione. Solo un uomo senza speranza né alternativa poteva darti retta!-
- Infatti ho stracciato la mappa, mica per niente!- Jack balzò al suo fianco, raggiante – Ma ho fatto bene. Siamo arrivati!- corse su per un piccolo sentiero mal tracciato e si appostò dietro le rocce.
   Beckett si posizionò accanto a lui e gli ordinò di nascondere quella dannata torcia. Sbirciarono oltre il bordo della cresta: ai loro occhi si aprì un’immensa caverna colma d’oro e di preziosi di ogni sorta; in cima a un’altura troneggiava un forziere pieno di monete. C’era abbastanza denaro per costruire un’intera città.
   Beckett ne rimase impressionato: non aveva mai visto tanto oro in vita sua.
- Posticino simpatico, non trovi, cognato?- gli si rivolse Jack Sparrow – Tutti i bottini della famigerata Perla Nera, nonché mia nave ammiraglia, sono custoditi qui.-
   Poi Jack si sporse in tutto quell’oro splendente. Pensava di prelevarne giusto un po’, a scanso di equivoci: l’oro torna sempre utile, prima o dopo...
   Ma quelle figure vestite di scuro, chi erano? Perché si aggiravano con fare losco tra i cumuli di gioielli? Perché quei grossi sacchi e le risate cavernose?
- Ehi!- scattò Jack, sollevando allarmato la testa – Non ricordo di aver invitato ospiti!-
   Aguzzò la vista, sporgendosi dalle rocce: non credeva ai propri occhi.
- Mi stanno rubando l’oro!- esclamò il pirata – Mi stanno fregando l’oro! Ladri! Maledetti pirati!-
   Beckett lo trattenne dal fare sciocchezze:
- Non siamo qui per il tuo oro, ricordatelo!-
- Tu no, ma io sì! Quelli stanno dilapidando il mio patrimonio!-
- Jack, dobbiamo trovare l’elisir!-
- Cercalo tu! Non sia mai che io debba subire un furto, invece di compierlo!-
   Intanto, la torcia oscillava pericolosamente, al ritmo dell’ira di Jack. Beckett si impegnava a tenerla ferma, per timore che qualcuno la scoprisse, ma era un’impresa alquanto ardua. Jack non intendeva mollare così facilmente.
   Alla fine Beckett fu costretto a immobilizzarlo e a tappargli la bocca con una mano:
- Sta’ zitto, idiota d’uno Sparrow!- lo rimproverò – Ci penseremo dopo, al tuo oro. Ora troviamo quell’elisir, S-U-B-I-T-O!-
   L’eco della sua voce riecheggiò in tutta la grotta, facendo rizzare le orecchie ai pirati che nel frattempo razziavano felici e contenti fra i tesori di Jack. I corsari sguainarono le spade e cominciarono a guardarsi le spalle, insospettiti.
   Nascosti dietro le rocce, Beckett e Jack si contendevano il silenzio. Il pirata era come un’anguilla e tentava di sgusciare via, ma il comandante aveva una presa sorprendentemente forte:
- Sta’ fermo!- gli ingiunse.
   Jack lo guardò supplichevole; alzò un dito, come a voler timidamente prendere la parola:
- Che c’è?- Beckett gli tolse la mano dalla bocca, spazientito – Guai a te se fiati.-
   Jack tornò a respirare. Annusò l’aria, con i baffi che si muovevano in modo bizzarro:
- Cognato, tu non senti puzza di bruciato?-
- Certo che c’è puzza di bruciato: dove ci sei tu, c’è sempre puzza di bruciato!-
- Intendevo dire: non senti puzza di bruciato nel senso più materiale del termine?-
   Beckett si fermò per un attimo a pensare. Un filo di odore bruciaticcio gli passò sotto le narici, facendogli storcere il naso per il fastidio: qualcosa andava a fuoco, sembrava...
   Sia lui che Jack abbassarono lo sguardo, sulla torcia che durante la loro colluttazione era caduta...sulla giubba lisa del Lord.
- Ops.- si lasciò sfuggire Jack.

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Capitolo 20
*** Tutti contro Davy Jones ***


- 19 – TUTTI CONTRO DAVY JONES

 


   Quando vide il fuoco che scoppiettava allegramente sui suoi vestiti, Beckett cacciò un urlo che spaventò persino il pirata, che in vita sua mai ne aveva sentiti di così potenti.
   Il povero comandante balzò in piedi, incurante della segretezza a cui aveva tenuto così tanto fino a quel momento, incurante dei nemici; cominciò a battersi i vestiti, nel tentativo di spegnere le fiamme. Ma quelle ormai avevano già preso piede e consumavano senza tregua i suoi abiti già logori.
   Non aveva altra scelta: doveva trovare dell’acqua.
   Vide che ce n’era una pozza sul fondo della grotta, sotto il forziere pieno di monete. Al diavolo i ladri di tesori! Non voleva morire ustionato per colpa di Jack Sparrow.
   Scavalcò le rocce, sempre urlando, e si gettò a rotta di collo giù per il pendio, tra gli sguardi attoniti e curiosi dei furfanti con mantelli neri. Pareva una torcia umana, quasi. “E’ ridicolo” pensò Jack Sparrow “però mi fa comodo”.
   Anche lui si alzò. Mentre l’attenzione generale era concentrata sul suo caro cognato, scese con calma fino ai cumuli d’oro, facendosi luce con quello che rimaneva della torcia. Cominciò a intascarsi qua e là un oggetto prezioso, ad attorcigliarsi una collana al collo, trovare posto nei calzoni per quelle appetitose monete d’oro.
   Ah, e non doveva scordarsi l’elisir.
   Tra un prelievo e l’altro cercò qualcosa che potesse assomigliare a una boccetta, o un piccolo forziere diverso dagli altri. Intanto teneva d’occhio la situazione, che pareva volgere a suo favore in modo quasi spudorato.
   Beckett doveva possedere una dote innata nel saper distrarre i nemici: tutti gli occhi dei pirati erano puntati su di lui, che ora sembrava aver trovato sollievo in una pozzanghera d’acqua.
   Jack abbandonò la torcia e continuò indisturbato il suo giro. L’idea di aiutare il suo compagno non gli sfiorò nemmeno la mente. Da bravo corsaro, aveva di meglio da fare che non badare agli incapaci. Senza dire che aveva già trovato qualcun altro che ci badasse al suo posto: gli inaspettati ladri, infatti, si stavano avvicinando al comandante con tutta l’intenzione di tenerlo occupato.
   D’un tratto, l’attenzione di Jack fu attratta da uno scintillio particolare. Proveniva dal cinturone di uno dei bucanieri suoi avversari, che ora si guardava nervosamente attorno, probabilmente in cerca di ordini dal capitano di quella combriccola.
   Beckett li stava distraendo che era una meraviglia. Jack si avvicinò di soppiatto, per osservare meglio. Non c’erano dubbi.
   Ecco una boccetta con tutta l’aria di essere importante.
   Il pirata si avvicinò di più: adesso era a un passo dal cinturone dell’uomo. Era ora di mettere in pratica le tecniche più raffinate nell’arte del furto.
   Mentre Beckett se la cavava egregiamente nel tenere i nemici al loro posto, ora combattendo, ora scappando, Jack sfilò con agilità la boccetta dalla sua temporanea posizione, giusto in tempo perché quella non venisse gettata in una battaglia assurda con il suo momentaneo padrone.
   Soddisfatto, Jack scosse la boccetta e ascoltò il dolce gorgogliare dell’elisir, poi raccolte qualche altro prezioso ninnolo e decise che era giunto il momento di levare le tende. Tirare troppo la corda, specie con la Fortuna in persona, si rivelava, il più delle volte, controproducente.
   Spuntò dai cumuli d’oro e si sbracciò in direzione di Beckett:
- Ehi, compare!- gridò – E’ tutto a posto, possiamo andare!-
   Il comandante gli indirizzò uno sguardo carico di risentimento:
- TU!- gridò di rimando – Aspetta solo che ti metta le mani addosso...!-
   Un sinistro, purtroppo, lo colpì in pieno viso, strozzandogli la frase in gola. Beckett capitolò nell’oro, tra le grida selvagge dei bucanieri:
- Ce n’è un altro!- fece notare qualcuno, additando Jack – Addosso! Addosso!-
   La marmaglia si avventò allora contro il pirata. Lui si precipitò di corsa su per il pendio dal quale era venuto: l’oro e le collane gli pesavano addosso e lo rallentavano più di quanto avesse previsto. Le pallottole gli filavano vicino, scheggiando la pietra su cui metteva le mani.
   Jack assaporava di nuovo il “vivere pericolosamente”. Un sorriso gli sfuggì dalle labbra, suo malgrado. Ebbene, se quello era il prezzo della libertà, non intendeva perdere l’affare.
   Si nascose dietro le rocce. Controllò che l’elisir fosse ancora al sicuro, lì dove l’aveva lasciato, in una tasca interna della sua casacca.
   E c’era.
   Attese. Secondo i suoi calcoli, Beckett doveva arrivare a momenti...
   Infatti, il Lord non aveva perso tempo: riavutosi da un poderoso pugno, aveva rinfoderato la spada e aveva optato per un’indecorosa ma necessaria fuga.
   Un eroe non avrebbe abbandonato il campo alla prima difficoltà, ma lui non era un santo martire: chi voleva impressionare, facendosi ammazzare così? Nel mondo dei pirati, lo sapeva bene, non esistevano né santi, né eroi: era l’unica cosa che aveva veramente imparato.
   Superò le rocce in cima al pendio e si ritrovò al fianco di Jack:
- Felice di rivederti, cognato!- lo salutò il pirata – E ora...scappiamo!-
   Senza attendere un secondo in più si fiondarono tutti e due nel tunnel che li avrebbe ricondotti alla spiaggia grigia di Isla de Muerta. Questa volta calpestarono gli scheletri disseminati in giro senza porsi problemi etici, o puramente igienici, al buio, senza fermarsi; raggiunsero la spiaggia in men che non si dica.
- Chiudi quel tunnel! Chiudilo, chiudilo!!!- ordinò il Lord, temendo che i nemici fossero alle loro calcagna.
   Afferrarono il grosso masso e tapparono l’entrata e la galleria, con i suoi occupanti; tuttavia, per niente rassicurati da quella misura di sicurezza, corsero alla scialuppa e ci saltarono grossolanamente dentro.
   Beckett agguantò i remi e spinse la barchetta in mare, vogando con quante forze gli erano rimaste. In quanto a Jack, era chiaro che ora, fuori dalla portata delle mani assassine di qualche poco di buono, si trovava in uno stato che rasentava l’estasi:
- Ci vorrebbe del rhum, per festeggiare la buona riuscita della missione!- dichiarò, rigirandosi tra le dita una moneta d’oro.
- Io voglio solo allontanarmi da qui!- replicò Beckett – Dobbiamo tornare prima che quelli vedano la Madreperla!-
   Poi sbarrò gli occhi di colpo, come se qualcuno l’avesse colpito in mezzo alle scapole, là dove fa più male:
- L’elisir!- mugolò.
- Ce l’ho.- Jack trasse la boccetta e sorrise con fare da superiore.
   Beckett riuscì di nuovo a respirare:
- Oh, bene.- sospirò – Allora prendi, dammi una mano!- e lanciò un remo al pirata, cogliendolo alla sprovvista.
   Jack tentò di afferrarlo, ma quello gli scivolò dalle palme, ottenendo come unico risultato quello di far piroettare la boccetta con l’elisir nell’aria.
- Non ce l’ho più.- gemette Jack, mentre quella finiva inesorabilmente nell’acqua.
   Guardò con pena Beckett, che ne provava anche più del cognato. Quel pirata proprio non sapeva distinguere i momenti opportuni da quelli sbagliati! Per fortuna lui invece si rendeva conto della gravità della situazione, ed era disposto a sacrificare tutto...tutto per risollevarla.
   Per questo il comandante non esitò a gettarsi fuoribordo. Il problema fu che trascinò con sé anche la scialuppa e Jack, che si era sporto a cercare di individuare l’elisir: furono capovolti entrambi in mare, fra i gemiti rammaricati del pirata.
   Beckett si immerse più veloce che potè. Seguì la scia di bollicine lasciata dalla boccetta e dopo alcune bracciate riuscì a vederla: non era lontana. Spinse più forte con i piedi e le sue dita la sfiorarono, poi la presero. Il comandante invertì rotta, verso la superficie: l’ossigeno cominciava a mancargli.
   Riemerse e inghiottì tutta l’aria che i suoi polmoni gli permettevano. Non era tutto perduto, si disse, non era tutto perduto.
- Bell’affare! Bravo, le mie congratulazioni...- si complimentò amaramente Jack – E adesso come torniamo alla Madreperla? Me lo spieghi?-
   Beckett notò solo allora che il pirata, con le sue collane e i suoi ninnoli, era aggrappato alla barca, capovolta, e lo scrutava più torvo che mai:
- Nuotiamo, no?- propose il comandante, compiendo altre due bracciate – Non abbiamo tempo da perdere.-
- Oh sì, certo, nuotiamo...- lo derise Jack – E come nuoto, io, con tutto l’oro di cui sono carico?!-
- Liberatene!- risolse il Lord – Non te ne fai nulla, dell’oro, in questo momento!-
- Dell’oro, io me ne faccio sempre qualcosa, in qualsiasi momento...- ribattè l’altro – L’oro è stato creato per essere speso! E a me, se permetti, piacerebbe molto spendere questo, visto che, evidentemente, non ne avrò altro da usare, in futuro! Godermelo, comprendi?-
   Indicò l’isola, in mano a bucanieri a lui sconosciuti.
- C’è qualcosa di più importante a cui pensare, ora!- gli ricordò Beckett.
- Lo so, lo so, non ripeterlo: sei peggio del boia quando elenca le mie malefatte, le frequenti volte che finisco al patibolo. Comunque, anche se volessi, come faccio a liberarmi dell’oro? Ne ho i calzoni pieni: ogni tasca, ogni cucitura...-
   Beckett gli scoccò un’occhiata fin troppo eloquente.
 
   Will Turner passeggiava nervosamente sul ponte, occupando quelli che erano interminabili attimi per calmare Andrew, che sembrava sull’orlo di un tracollo: continuava a ripetere stupidaggini su Beckett e su come l’avrebbe ammazzato. Bell’argomento di conversazione, per ingannare il tempo!
   Will passò una bottiglia di rhum al nostromo, ottenendo così un istante di tregua; ma in verità di quella tregua non sapeva cosa farsene, perché il tempo non faceva altro che scorrere più lento e più vuoto.
   Pochi minuti prima era sceso da Élodie. Incoscientemente aveva sperato che lei potesse ancora parlargli, o anche solo aprire i suoi bellissimi occhi truccati; poi aveva tentato di convincersi che tutto quello che stava accadendo non era nient’altro che un incubo, e che Élodie non fosse lì, su quel letto, ma al timone, a urlare ordini; oppure, ancora meglio, che niente, né Élodie, né Davy Jones, né la Madreperla fosse mai esistito nella sua semplice vita di giovane onesto.
   Eppure, Will non poteva negare che così era. E nemmeno che il respiro di Élodie si era ormai quasi estinto.
   Rumori. Andrew balzò in piedi, a spada tratta:
- Chi c’è?- ringhiò, rivolto al mare. I rumori erano quelli di qualcuno che sale una scaletta di corda per arrivare al ponte della nave.
   Will trattenne il respiro. Non osava pensare, per timore che anche un semplice dubbio potesse avere un peso in quell’instabile realtà.
   La figura slanciata di Lord Cutler Beckett fece capolino oltre la murata. Il comandante sbirciò il ponte e i suoi occupanti, sbirciò Andrew che intanto aveva abbassato la spada, infine si issò. La sua espressione, di solito così compita, appariva trionfante.
   Will corse da lui:
- L’avete trovato?- chiese, al culmine dell’ansia.
   Beckett gli sorrise e gli tese il frutto di tutti i loro sforzi.
   Non ci fu bisogno di parole. Will ricevette l’elisir con sollievo; stava già per tornare da Élodie, questa volta certo di poter fare qualcosa per lei, quando qualcun altro si issò sulla nave, con molta meno baldanza di Beckett: anzi, i suoi gesti parevano intrisi di profonda vergogna.
   Will non credeva ai propri occhi: quello era...Jack Sparrow?
   Che ci faceva lì, tutto bagnato? Che ci faceva...in brache di tela?
- Jack?- lo chiamò il giovane, udendo già alle sue spalle delle risatine soffocate.
- William...non dire niente.- lo interruppe il pirata, eclissandosi sottocoperta.
 
- Non ho parole. Davvero, non ho parole...- si ripeteva Jack, mentre si infilava un nuovo paio di calzoni e una veste, al sicuro da occhi indiscreti – Questa è la cosa più stupida che mi potesse capitare. A me, Capitan Jack Sparrow! Beckett e le sue stravaganti idee...oh sì, levati i calzoni e la casacca, che altrimenti vai a fondo! Certo, tanto non è lui a fare la figura dello zimbello davanti alla ciurma! Corpo di mille balene! Che orrore...comunque, per me quel damerino ha dei problemi seri! Ma tu guarda...- si girò, in cerca della cintura che gli sembrava di aver riposto lì da qualche parte – Dove accidenti l’ho messa?!-
   La cercò nella cuccetta, per terra, sulla cassapanca, nella cassapanca: ma di essa non c’era traccia. Piombò sul lettuccio:
- Ci mancava solo questa!- masticò, irritatissimo – Chi è quel maledetto che si diverte a farmi dannare per colpa di una cintura?!-
- Non lo indovini?- gli rispose una voce fin troppo familiare.
   Jack non ebbe il coraggio di voltarsi subito. Qualcosa gli diceva che sarebbe stato un errore. Ma in fondo, che cos’era un errore in più, per un pirata?
   Tra i pirati, si nasceva per errore, si cresceva negli errori, si campava sugli errori di altri, si moriva persino, per errore. Che fosse l’errore di un Dio o di una spada, non aveva mai avuto molta importanza.
   Qualunque fosse l’errore che ora Jack stava per compiere, nemmeno il pirata lo sapeva. Ma era il più grosso che avrebbe potuto immaginare.
   Si domandò se anche Elizabeth, ritta sulla soglia di quella stanza, con la famigerata cintura in mano, si rendesse conto dello stesso errore.
- Dolcezza...- le si rivolse Jack, mellifluo – Mi sono già divertito abbastanza a giocare con te; e il gioco è più eccitante, se dura poco. Ora, che ne dici di rendermi la mia cintura?-
   Tese una mano verso di lei, deciso. Voleva sembrare imperturbabile, una roccia, di fronte a quella donna, ma in realtà la temeva e ancor di più temeva che lei vedesse quel timore.
“Quella è la donna di William, Jack” continuava a ripetersi “gliel’hai già rubata una volta. Non tirare troppo la corda, o anche il can che dorme si sveglierà. Nemmeno il più disonesto mette troppo a rischio le sue preziosissime alleanze”.
   Elizabeth si mosse verso di lui, come convinta dalle sue parole. Jack pensò che forse era riuscito a distrarla dai suoi intenti e provò un indescrivibile sollievo a quella possibilità.
   Invece non era affatto così.
   Elizabeth si sedette accanto a lui e rapida, in silenzio, lo baciò sulle labbra. Le divorò, quasi, quelle labbra: labbra sottili sulle quali avrebbe potuto morire senza accorgersene. Labbra che le mancavano da molto tempo.
   A Jack, sorpreso, travolto da una simile passione, occorse qualche secondo per tornare padrone di sé e della realtà assurda che stava vivendo: non che gli dispiacesse, anzi! Ma quella parte razionale della sua mente, per fortuna non ancora del tutto spenta, gli comandò bruscamente di lasciar perdere il piacere e di occuparsi, per una volta, del dovere.
   E, soprattutto, di levare la mano calda di Elizabeth, abbandonata (e non di certo per caso!) sulla parte meno affidabile del suo grembo di uomo.
   Allora Jack allontanò l’oggetto delle sue tentazioni, di malagrazia e malavoglia:
- Non posso.- biascicò, maledicendosi al tempo stesso per quella punta di integrità morale.
(tu sei di william, accidenti!...cioè, anche élodie però è di william...o meglio, william è di élodie e...è anche di beckett? e beckett? e andrew? E IO? oh, che casino!!!)
- Neanche io potrei...- gli sussurrò sensualmente Elizabeth – Ma non lo verrà mai  a sapere nessuno, Jack... Rivederti per me è stato troppo importante. Non posso resisterti più. Tu sei il mio sogno...Jack, ti prego, vivimi...-
   La donna si avventò di nuovo sulle labbra del pirata, ma lui la evitò, anzi, la scostò. Si alzò, tenendosi le brache con le mani:
- Tu sei la fidanzata di William!- si difese ostinatamente – Lui...lui tiene a te!-
   Elizabeth lo fissò. Poi sospirò:
- Lo so...ma io non sono più così sicura di tenere follemente a lui.-
   La donna si alzò e raggiunse il pirata:
- Non nego che mi è mancato, quando sono rimasta sola, a Tortuga...e anche dopo, sotto le ali protettive di Lord Beckett. Ma la vera disperazione, Jack, l’ho provata soltanto quanto ti ho creduto morto, e quando sei scomparso, ore fa... Io tengo a te, Jack. Lo so che sei un pirata, un mascalzone, tutto quello che vuoi...ma mi piace quando mi chiami “dolcezza” in quel modo.-
   Si avvicinò ancora, ma Jack la fuggì come la peste:
- Senti, Elizabeth non so che cosa ti ha preso, non so che razza di filtri hai bevuto, ma ti confesso che la cosa mi agita, e non poco. Tu sei una bella donna, dolcezza...- si morse la lingua – e in altre circostanze non starei qui a farmi tutti questi crucci nei tuoi confronti, puoi credermi. Parola di pirata! Ma tu...William ti ama! Vi ho sentito, quando tu gli hai chiesto se desiderava Élodie a te...e lui ti ha risposto di no!-
- Vorrei tanto che avesse risposto sì.- ammise lei – Almeno così ognuno sarebbe stato libero e felice delle proprie scelte.-
   Jack aveva indietreggiato fino alla parete, e ora si trovava con le spalle al muro, totalmente alla mercé di quella femmina vogliosa:
- Io non posso fargli questo.- continuava a ripetere, a ripetersi – Io non voglio fargli questo!-
   Non a lui, non a William: quel giovane l’aveva aiutato troppe volte senza chiedere in cambio nulla, fidandosi (ingenuamente, se vogliamo), ed era impossibile non provare rimorso nel fargli un simile torto. Senza contare che Elizabeth era terribilmente importante per lui...persino più di Élodie.
- Ridammi la mia cintura, dolcezza.- Jack tese la mano, in un gesto esigente – Mi dispiace, ma tra noi non può funzionare. Rassegnati.-
   Si stupì parecchio nel vedere il volto di Elizabeth contrarsi dalla frustrazione e dalla rabbia; ne ebbe paura, come si ha paura di fronte a nuvole cariche di temporale quando si è in alto mare. Ma Jack resistette, stringendo i denti: al massimo gli sarebbe arrivata la solita sberla.
   Elizabeth gli rese la cintura, gliela cacciò in mano; guardandolo con sommo disprezzo, gli riferì:
- Allora tornerò da lui. Addio, Jack.- lo salutò, fredda, e uscì sbattendosi dietro la porta.
   Il pirata rimase lì, in piedi. Il fascino aveva i suoi rischi! Ci era abituato, in ogni caso; e in ogni caso, se la cavava sempre. Viva la sincerità, quando torna utile!
   Questa volta, però, il colpo ricevuto era stato più duro. Jack sentiva che quella conversazione sarebbe rimasta annidata nella sua memoria, a tormentarlo per tutta la vita. E qualche volta, magari da vecchio, si sarebbe chiesto: perché non le dissi “sì”, quel giorno?
   Si sarebbe dato quella risposta: per un amico...e una cintura di cuoio.
 
   Will scese sottocoperta e corse ala stanza di Élodie. Scoppiava di gioia al solo pensiero di poterla riabbracciare, viva, di lì a qualche minuto: non avrebbe mai creduto di attendere con tale trepidazione quel momento.
   Si precipitò nella camera. Si sentiva leggero, nonostante l’atmosfera cupa che regnava lì dentro. Avrebbe potuto conquistare il mondo, e tutto per merito di quella boccetta che teneva in mano. Non avrebbe mai smesso di ringraziare Lord Cutler Beckett per il suo coraggio: era ammirevole, pur nella sua diversità di impeccabile comandante inglese.
- Ce l’abbiamo fatta, Élodie...- disse, sperando che lei almeno potesse udirlo, se non rispondergli – L’abbiamo trovato: starai bene, ora...-
   Era inginocchiato accanto a lei, tutto eccitato. Stappò la boccetta:
- Sei salva, Élodie...- fremette di felicità – E’ tutto finito...-
   Fece per versarle l’elisir in bocca. Appena la guardò con più attenzione, tuttavia, notò che c’era qualcosa che non andava, in lei: non erano solo le ferite, le bende, il suo pallore cereo.
   Élodie non respirava più.
   Arrivare troppo tardi non era mai stato nemmeno nei pensieri più neri di Will e per questo, quando si ritrovò di fronte all’inevitabile, avvertì le sue membra sciogliersi e poi contrarsi in spasmi di dolore. Il suo cuore prese a pulsare più velocemente in petto, e il panico offuscò gli occhi del giovane.
   Non urlò la sua disperazione solo perché si scoprì senza voce, né tatto, né udito. Cristallizzato in quel tempo, in quel dispiacere lacerante, per poco non smarrì quel briciolo di coscienza di sé che gli rimaneva:
- No...- mormorò, l’animo in pezzi – Non è possibile.-
   Deglutì un groppo che non ne voleva sapere di andarsene. Élodie...no, non Élodie.
- Non può essere...- Will si alzò, le prese tra le mani il viso velato di un sudore freddo. Da quanto tempo era così? Minuti, ore?
- Élodie, dimmi che sei ancora viva...-
   Le asciugò la fronte. Cercò il pulsare di una vena sul collo, ma non sentì nulla. Il battito della donna era scomparso, o era talmente debole che lui non poteva avvertirlo. No, Will non accettava un simile fallimento. No, ci doveva essere qualcosa, non poteva finire...
   Versò l’intero elisir tra le labbra di Élodie, sperando in una reazione, sperando...
   Niente.
(l’ho perduta...e ora anche io sono perduto con lei, noi, noi tutti...)
   Le lacrime sgorgarono prepotenti dai suoi occhi. Will si lasciò cadere per terra, chinò il capo, affondandolo fra le braccia e le coperte, lasciando libero sfogo ai suoi sentimenti.
   Si rammentò di lei. Élodie bella. Élodie sfrontata. Élodie pirata del suo amore, Élodie sensuale, intrappolata nella rete del destino.
   Élodie.... Élodie... Élodie...
   Will non ricordava di aver mai versato tante lacrime per nessuno; nemmeno per Elizabeth, quando l’aveva creduta morta. Si chiese che senso avesse restare, ora. Che senso c’era, nel trascinarsi dietro quel dolore, quel fardello pesante? Meglio morire, che fingere di perdonarsi per vivere.
   Will continuava a singhiozzare. Non è cosa da uomo, gli era stato insegnato da bambino, ma lui non ci vedeva niente di male. Anche un uomo ha un cuore.
(dio dei cristiani, dei pirati, dell’umanità intera, ovunque tu sia, se hai pietà fammi morire ora...)
   Gli parve che d’un tratto una mano calda si posasse sul suo capo, benevola:
- Tirati su, Turner.- lo invitò una voce conosciuta – Stai rovinando le mie preziose lenzuola di seta.-
 
   Beckett stava affilando il pugnale che gli era stato consegnato per la missione a Isla de Muerta. Lo affilava con cura e precisione, attento a ogni movimento, senza distrarsi, mentre aspettava con ansia notizie di Élodie.
   Vide un’ombra avvicinarsi a lui e alzò la testa, riparandosi gli occhi con una mano. Andrew lo guardava dall’alto in basso:
- Ridatemi le armi.- esigette il nostromo.
   Beckett esitò per un attimo: non voleva separarsi dalle uniche cose positive di quella situazione, ma alla fine cedette. Consegnò la pistola e il pugnale. Stava per rendere anche le pallottole che gli erano rimaste, ma Andrew le rifiutò. Anzi. Gli ridiede la pistola:
- Questa tenetela... – disse – Non si sa mai.-
   Il Lord rimase colpito da una tale magnanimità nei suoi confronti: che ci fosse lo zampino di Will Turner? Non poteva credere di essere degno di tanta fiducia e considerazione senza la buona parola di qualcuno.
- Grazie.- mormorò Andrew, e se ne andò.
   A Beckett tuttavia non sfuggì il suo imbarazzo; e nemmeno la sua riconoscenza. Quel “grazie” valeva molto più di ogni altro dono.
   Il comandante sorrise.
 
   Beckett fu di nuovo interrotto nell’esercizio delle sue funzioni neanche cinque minuti dopo.
   Da sottocoperta sbucò Jack, come se avesse il diavolo in corpo, con un’aria stralunata che lo faceva sembrare ancora più fuori di testa di quanto non lo fosse già:
- Sbrogliate le vele, ciurma!- proclamò con voce stentorea – Su, si riparte!-
- E chi l’ha deciso?- protestò uno dei marinai, ponendo esplicitamente le mani sui fianchi.
- Il nuovo capitano, ovvero, il sottoscritto!- Jack raggiunse il ribelle a grandi passi e lo guardò dritto negli occhi – Sbrogliate le vele, amico!-
- Tu non sei il capitano di nessuno!- insorse l’altro – Solo Élodie è il nostro capitano! Ti punirà per questa tua presunzione! Lei non tollera pretese!-
- Temo che tu non abbia completamente afferrato la situazione...- Jack si dondolò davanti all’oppositore, destabilizzandolo – William è sparito sottocoperta da un bel pezzo, ma Élodie non è ancora arrivata a dare ordini: non hai il vago sospetto che qualcosa non quadra?-
   Il marinaio tacque, arrabattandosi in cerca di una spiegazione. Beckett alzò la testa, interessato: Jack aveva ragione. Era passato troppo tempo da quanto Will Turner era sceso sottocoperta, e Élodie non compariva: che stava succedendo?
- Concordi con me che Élodie potrebbe essere...come dire...morta?- riprese Jack, giocherellando con l’ispida barba del suo nuovo sottoposto – In separata sede, lei mi ha affidato il comando di questa nave, nel caso fosse successo il peggio. Ergo, poiché non vedo nessun dettaglio che mi faccia sperare “al meglio”, sono io il nuovo capitano. Sono stato chiaro, marinaio?-
   L’altro pirata non trovò niente da eccepire, ma non era convinto, ovvio. Il tarlo del dubbio lavorava già nel suo cervellino di scaricatore di porto.
   Jack sorrise amaro, rivolgendosi all’intero equipaggio:
- Coraggio, uomini! Spiegate le vele, ai posti di manovra! Si va dove il mare è più blu, dove l’oro è più oro, dove...-
- JACK!!! Che stai facendo?!-
   Il pirata si bloccò, le braccia spalancate; una luce, negli occhi della ciurma, gli comunicò che la festa era finita ancor prima di iniziare.
   Jack si produsse in una serie si smorfie che variavano dallo stupito allo scocciato; in verità, era indeciso se essere felice o meno. Si voltò, le sopracciglia aggrottate:
- Tu?- sputò fuori dai denti.
   Élodie emerse dall’ombra, più forte che mai, seguita da Will Turner:
- La sorella dell’erba cattiva non muore mai, Jack, lo hai dimenticato?- disse la donna, affiancando il pirata.
   Jack abbassò le braccia, sorridendo con un solo angolo della bocca:
- Guastafeste.- la rimproverò scherzosamente – Sei tornata apposta dall’Aldilà per impedirmi di divertirmi con la tua nave, vero?-
- Certo, fratello.- anche lei sorrideva – Scusa se non sono arrivata prima. Avevo...qualcosa da fare.- accennò lievemente a Will, in un gioco di allusioni.
   Jack intuì al volo il motivo dell’incomprensibile ritardo.
- Oh, io stavo istruendo i ragazzi all’ordine...- borbottò – Sai, i cambi di potere sono spesso un duro colpo.-
- Cambi di potere?- ripetè Élodie – Quali cambi di potere?-
- Sbaglio, o mi hai ceduto la Madreperla, sorellina?-
   Élodie, a quella notizia, rimase a bocca aperta:
- Io?! E quando?!-
- Quando stavi per tirare le cuoia...mi sussurrasti: “la Madreperla è tua, Jack”.-
- Sarebbe stata tua se io fossi morta, Jack, e in nessun’altra circostanza!-
- Questa clausola, io non ricordo di averla sentita...quindi, la nave ora è mia!-
- No, è mia, e di nessun altro!-
- Ora vedremo. Uomini, alle vele: è un ordine!-
- Contrordine: restate dove siete!-
- Contro-contrordine: fate quello che dico e non datele ascolto! Sono io, il capitano!-
- No, io sono il capitano!-
- No, io!-
- Io!-
   L’attenzione dei pirati rimbalzava da Jack a Élodie e non riusciva a soffermarsi su nessuno dei due. Beckett assisteva, allibito. Will stava coprendosi gli occhi per la vergogna e l’imbarazzo.
   Niente da dire, quei due erano proprio fratelli: matti da legare.
   Avrebbero potuto continuare così per ore, se fosse stato per la loro cocciutaggine, ma improvvisamente qualcosa intervenne a placare i loro bollenti spiriti e allearli in un ultimo sforzo contro la sorte.
   L’Olandese Volante emerse come un gigantesco calamaro fra le onde, le vele coperte di alghe spiegate al vento: un turbinio di spruzzi e di paura bagnò la Madreperla di un antico terrore.
   L’ombra di Davy Jones incombeva ancora su di essa.
   Jack e Élodie si voltarono simultaneamente, assieme a tutto l’equipaggio. I loro occhi si riempirono della mastodontica sagoma dell’Olandese Volante, raggelandoli:
- Alle cime!- i due fratelli gridarono lo stesso ordine nello stesso momento, per una volta d’accordo l’una con l’altro.
   I pirati scattarono. Andrew corse al timone, Beckett e Will cominciarono a caricare i cannoni e gli altri regolarono le vele:
- A tutta dritta!- Élodie puntò un dito a prua e il vento sembrò ascoltarla, poiché subito le mezzane e parrocchetto si gonfiarono, facendo avanzare la Madreperla e l’Olandese, alle sue calcagna.
   Jack volò a poppa per controllare la situazione: il nemico era spuntato in un secondo, cogliendoli alla sprovvista: occorreva un piano, e in fretta.
- Ci raggiungeranno...- concluse il pirata, tornando indietro – Non abbiamo sufficiente velocità per distanziarli. In ogni caso, Davy Jones ci salterà addosso alla prima virata che faremo!-
- Non se gli saltiamo addosso noi per primi.- intervenne Élodie, studiando velocemente la posizione delle due navi.
- Non abbiamo abbastanza forze!- ribattè Jack.
- Non ne abbiamo bisogno.- lo tranquillizzò lei – Dimentichi quello che abbiamo rubato a Port Royal, fratello.-
   Il pirata sgranò gli occhi: era vero, si era completamente dimenticato del cuore!
- Tieni occupato l’Olandese Volante...- gli suggerì Élodie – Dammi il tempo per andare a prenderlo.-
- Quanto te ne occorre?-
- Quello che ci è concesso.-
   Élodie corse verso sottocoperta; un’occhiata di intesa con Will e il giovane le si affiancò. Si immersero di nuovo nella penombra che solo pochi istanti prima era stata teatro del loro felice ritrovarsi. Il rumore degli stivali rimbombava in quei corridoi ora vuoti, mescolandosi alle grida dei marinai al lavoro sul ponte.
- Tu non l’hai spostato, vero, Turner?- sbuffò Élodie, mentre correva.
- Non l’ho nemmeno toccato! Ero certo che saresti stata di nuovo tra noi...-
- Sempre ottimista, a quanto pare.-
- Qualcuno deve pur esserlo!-
   Poi, mentre macinavano metri e si addentravano sempre più nel ventre della Madreperla, una porta si spalancò all’improvviso, facendo loro balzare il cuore in gola: una figura, vestita alla bell’è meglio, con abiti troppo grandi per la sua modesta corporatura, si fiondò fuori come inseguita e finì addosso a Will.
   Élodie rallentò e trasse la pistola che aveva infilato nel cinturone. Ma come vide di che si trattava, rinunciò a sprecare le munizioni e la rinfoderò.
   Elizabeth si aggrappava a Will con tutte le forze che aveva, singhiozzando convulsamente:
- Che sta succedendo? Will, dimmi perché c’è tutta questa confusione...che succede?-
   Colpi di cannone, intanto, avevano cominciato a fendere l’aria.
- L’Olandese ci ha scovati!- le comunicò Will – Dobbiamo combattere.-
   Intanto la stringeva, la proteggeva da quel mondo assurdo; le baciava i capelli, la fronte, una, due, tre volte. Tutto d’un tratto non riusciva più a lasciarla andare.
   Che lui lo volesse o no, Elizabeth era ancora la donna del suo cuore.
   Il giovane si voltò e si accorse che Élodie lo stava fissando, con un’espressione imperscrutabile e spaventosamente rigida: sentì di averla tradita ancora una volta, e se ne rammaricò. Se ne sarebbe rammaricato per sempre.
   La donna girò i tacchi e continuò per la sua strada, insensibile a tutte quelle moine: non era il suo cuore, in quel momento, a essere in ballo.
   Due o tre passi e un tremendo scoppio assordò Will e le due donne. Qualcosa, probabilmente una palla di cannone o un arpione, si conficcò nella fiancata della Madreperla, trascinandosi dietro assi, schegge e polvere. Queste si depositarono in ogni interstizio, occludendo quasi completamente il corridoio. Will e Élodie si trovarono divisi da una barriera invalicabile, segregati ognuno in una parte diversa della nave.
   Will si liberò di Elizabeth per precipitarsi al cumulo di macerie; cominciò a smuoverle, aprendo qualche piccolo spiraglio, poco più grande di una mano. Chiamò Élodie, invano. Rovistò più selvaggiamente fra quei detriti, ferendosi i palmi e gridando quel nome, tra i colpi di tosse, sotto gli occhi increduli di Elizabeth.
   Infine, tolta un’asse malandata, intravide da una fessura i capelli biondi della donna:
- Élodie!- urlò, infilando un braccio nell’apertura – Élodie, mi senti?-
   Le sue dita incontrarono quelle di lei:
- Turner!- rispose la donna – Va tutto bene, Turner, non preoccuparti per me! Sto bene!-
   Lui si sentì incredibilmente sollevato. Da quel che rimaneva dello spiraglio vedeva luccicare gli occhi scuri della piratessa:
- Torna indietro, Turner!- lo pregò lei – Andrò da sola...resta con lei e aiuta Jack! Farò in fretta!-
   D’un tratto, Will non sent’ più la sua pelle sotto le dita. La chiamò, ma nulla. Nemmeno la vedeva più.
   Un altro colpo di cannone esplose poco lontano. Will liberò il braccio e a malincuore tornò indietro; prendendo Elizabeth per mano, raccattò un paio di spade e si preparò alla battaglia.
 
   Élodie superò le stive e si diresse verso l’armeria. Sperava che non fosse stata danneggiata, perché era proprio lì che aveva sistemato il cuore, dove pochi si sarebbero sognati di andarlo a cercare.
   Il catenaccio che chiudeva la porta era saltato e giaceva a terra come il corpo di un nemico sconfitto. Élodie lo scavalcò e spalancò la porta malandata. Dentro c’era polvere dappertutto, tanto da impedire la vista; un’asse, o probabilmente una parte di pennone, entrava dal soffitto e infilzava il pavimento, là dove erano state ammucchiate delle vecchie spade. Era una fortuna che non avesse nemmeno sfiorato i barilotti di polvere da sparo!
   Élodie si avventò subito su quelli, sani e salvi, anche se sparpagliati per la stanza: li spostò uno ad uno, più in fretta che le permettessero le forze, con il sudore che le colava dalla fronte. Gli occhi le bruciavano per l’aria resa soffocante dall’odore del legno, e più si muoveva peggio era, perché la polvere le entrava nei polmoni e la faceva tossire.
   Fece rotolare via un altro barilotto. Afferrò saldamente quello successivo, ma si accorse che non ci riusciva: sembrava incollato a terra. Il viso di Élodie si illuminò. Era quello che cercava!
   Estrasse la pistola e sparò un colpo contro il coperchio del barilotto, facendolo saltare; infilò un braccio nella crepa e tastò rapidamente: all’inizio sentì solo ruvido legno e ferro sotto le dita, poi ecco quella familiare tela ruvida. L’afferrò, la trasse a sé e la fece uscire dal barilotto sfasciato e ora completamente vuoto.
   Soppesò per un attimo quel carico, disgustata come e più di sempre; il cuore, dal canto suo, pulsò debolmente nella sua mano contratta.
   Élodie rabbrividì, mentre si alzava e teneva quell’orrore tra le mani, come ipnotizzata. Ora aveva voglia di distruggerlo e gettarsi alle spalle anche l’ultimo ricordo di Davy Jones. Se pensava che quello che stava accadendo era solamente a causa sua...
   Scosse la testa. Legò il sacchetto alla vita e si occupò di altro. Trovò un rampino con fune annessa, pronto per essere usato, accanto a lei.
   Non avrebbe potuto chiedere di meglio.
   Lo raccolse. Si guardò rapidamente attorno e così scorse uno squarcio, nella parete di legno, probabilmente causato dallo speronamento; non si soffermò sugli effettivi danni incassati dalla paratia, ma si infilò velocemente nell’apertura, attenta agli spuntoni.
   Come aveva immaginato, l’Olandese Volante affiancava la Madreperla; quest’ultima si difendeva con le unghie e con i denti, ma già troppi corpi giacevano in acqua, corpi senza vita e mostri che invece recuperavano le forze.
   Élodie non si lasciò intimorire da quello sfondo di paura. Ruotò il rampino e lo lanciò contro l’Olandese Volante: quello si andò a conficcare in una rientranza, e il gioco fu fatto. Appena sentì che la corda teneva, la donna si gettò fuori: senza pensieri, né esitazioni. Prima che qualche stupida angoscia si mettesse di mezzo. Ben sapendo che la vera rovina inizia quando ci si ferma a dubitare della propria vittoria.
   La vita aveva insegnato tutto questo a Élodie Melody Sparrow, ed era stato un duro addestramento. Ma tornava utile, nel momento del bisogno.
   Il corpo della donna fendette l’aria e atterrò a piedi univi sulla fiancata dell’Olandese Volante. Il tonfo dei suoi stivali sul legno si confuse in mezzo alle grida degli uomini e i versi senza senso dei seguaci di Davy Jones.
   Élodie iniziò a scalare la chiglia, respirando regolarmente, cercando di estraniarsi dal mondo. Risultava difficile, in quel momento, essere individualisti, e forse persino egoisti. Non pensare agli altri che stavano soffrendo con lei.
   I perdenti cadevano uno dopo l’altro, proprio davanti ai suoi occhi, colpevoli solo di aver eseguito nel migliore dei modi il loro ultimo ordine. Élodie guardava avanti, non osava incrociare lo sguardo di quei poveretti. Doveva pensare a lei.
   Lei era viva.
   Giunse al parapetto e con un abile salto passò oltre. Fu costretta a sfoderare la spada quasi subito, perché un’orda di mostri non esitò a venirle addosso. Lottò il tempo necessario ad aprirsi un varco, poi non perse più tempo. Schivò, proseguì sul ponte scivoloso e incrostato di alghe.
   Si rese conto che uno sperone dell’Olandese aveva agganciato la Madreperla su un fianco e la teneva legata a sé sulla via della perdizione. Élodie giurò che anche questo affronto avrebbe trovato sangue per essere vendicato. Montò sul cassero, evitando colpi e infliggendone altri; intrappolò un paio di mostri, gettando loro addosso delle reti e, come presa da un furore a lungo covato, cominciò a chiamare Davy Jones.
 
   A poppa, un vecchio cappello nero si voltò all’udire quella voce.
   Davy Jones non aveva armi per le mani, la battaglia non lo interessava, nemmeno per passare un poco del suo eterno tempo; ma quel grido gli aveva fatto rizzare le orecchie e fatto fremere sotto la sua pelle squamosa.
   Impossibile credere a un errore, a uno scherzo del vento. Conosceva troppo bene quella voce: voce amata, tenuta, desiderata. Si voltò, gli occhi incredibilmente azzurri che sfavillavano. Un’ombra, tra le altre, lo riscosse.
   Ma quando fece per metterla a fuoco, quella era già scomparsa. Come la voce, spenta nell’eco delle spade. Un’illusione, forse, il suo tormento che tornava a martoriarlo.
   Élodie ormai doveva essere morta, e il suo corpo nascosto da qualche parte, senza più vita; solo, non riusciva a capire come mai non l’avesse ancora vista, quell’anima, aggirarsi sulla sua nave, patria dei bucanieri caduti in mare.
   Si arrovellava, cercando di trovare il senso.
   D’un tratto, quell’ombra che riemerge dal bailamme, si separa dal mondo cruento che l’avvolge: sporca di sangue, la spada in mano, sorride.
- Chi non muore, si rivede.- recita beffarda la voce di Élodie.
   Davy Jones la guarda, ammutolisce. Questo, da lui non se l’aspettava per nulla.
- Già...ma lo sai, mi è sempre piaciuto deludere le speranze.-
   Si scrutarono, arcigni. Élodie slegò il sacchetto con il cuore, glielo sventolò davanti al naso:
- Non vengo sola...- lo schernì – Lo riconosci, questo?-
   Davy Jones, se solo fosse stato possibile, sarebbe impallidito. Il suo cuore, che credeva perduto, era lì, non sentiva il battito, tra le mani dell’unica persona che non avrebbe dovuto averlo.
   Schiumò di rabbia alla sola idea di poter essere sconfitto da quella donna armata di soltanto di spada e tanta determinazione. Un’umiliazione del genere non l’avrebbe accettata mai.
   Tutto l’amore che provava per Élodie si tramutò in un odio viscerale e potente. Davy Jones afferrò la pistola, come posseduto dal Diavolo, e cominciò a sparare all’impazzata, nella cieca speranza di colpirla.
   Élodie rotolò per terra, sfuggendo ai proiettili. Una volta le era bastata. Abbandonò la spada, per spostarsi con più rapidità, ma tenne il cuore del mostro ben stretto al suo. Scampò così alle pallottole, ma non a lui, Davy Jones; il quale, raccattata una catena abbandonata a terra, la lanciò contro la donna.
   Lei, presa alla sprovvista, inciampò in quell’inaspettato ostacolo. Il cuore sfuggì dalle sue mani e finì sulle assi del cassero, incustodito. Davy Jones ghignò malignamente. Si avvicinò e calciò via, lontano da tutti, l’unica cosa che poteva sconfiggerlo.
   Élodie si rialzò, dolorante. La pistola che per poco non l’aveva uccisa era fortunatamente scarica, ma Davy Jones provvide subito a ricaricarla. La puntò contro la donna:
- Chi ti credevi di essere pirata?- la sbeffeggiò – Un Dio del mare?-
   Scoppiò in una fragorosa risata.
   Poi, nell’aria, riecheggiò uno sparo più forte degli altri.
   Davy Jones rimase a bocca aperta, senza emettere suono, come cristallizzato in quella posizione innaturale. Nemmeno le palpebre si mossero per un momento lunghissimo.
   Passato il primo istante di sorpresa, il mostro si voltò lentamente alla sua sinistra. Will Turner aveva osato sparargli un colpo direttamente in mezzo alla tempia:
- E tu da dove spunti?- ringhiò – Non tollero intrusi in questa resa dei conti.-
- E io non tollero che tu vanifichi i miei sforzi.- ribattè coraggiosamente Will – Ragione per cui ti distruggerò, Davy Jones!-
   Con un calcio, il giovane restituì la spada a Élodie, che subito uscì dalla traiettoria della pistola di Jones. Lei e Will balzarono all’attacco nel medesimo istante.
   Il mostro, furibondo, prima parò l’offensiva, poi chiamò a sé i suoi seguaci con un grido disumano. Subito un paio di brutti ceffi spuntarono da chissà dove per aggiungersi a quella che già era una terribile impresa.
   Ma c’era una cosa che Davy Jones non aveva previsto.
 
   Jack combatteva, o, per meglio dire, sfuggiva alle grinfie degli assalitori e invece di sprecare preziose energie nel batterli li gabbava con ogni sorta di trucchetti. Alla fine riusciva sempre ad avere un minimo di vantaggio, anche se per un brevissimo istante di gloria. Quindi elargiva stoccate, allontanandosi sempre più dal ponte, fino a montare sul cassero. Lì, mentre riprendeva fiato, gli capitò di accorgersi della brutta situazione in cui erano finiti Will e Élodie, sulla nave nemica.
   Non avevano ancora trafitto il cuore? Mannaggia, ma che stavano aspettando?!
   Jack decise che era ora di cambiare aria. Rinfoderò la spada, afferrò una cima e pensò che un po’ di divertimento ora non gliel’avrebbe tolto nessuno. Davy Jones era un uomo – un mostro – morto, ormai.
   Si lanciò in direzione del capitano dell’Olandese Volante e i suoi scagnozzi: una buona pedata ne avrebbe gettato almeno uno fuoribordo, secondo i suoi calcoli.
   Purtroppo, ebbe la cattivissima idea di annunciarsi con un grido:
- Arrivooooooo!- urlò mentre acquistava sempre più velocità nell’aria.
   Quello che non aveva messo nemmeno nella lista delle possibilità, invece, era che i nemici, uditolo benissimo, si spostassero improvvisamente al suo passaggio, lasciandolo con un palmo di naso a sfiorare il cassero e andare oltre, senza aver mietuto una sola vittima.
- Jack!- gridò Élodie, riconoscendolo.
- Presente!- rispose lui, mentre raggiungeva un’altezza che non aveva previsto e si preparava alle conseguenze.
   Davy Jones rise fragorosamente di quell’entrata meramente ridicola, a suo avviso. Poi si accanì anche di più contro Will, che si stava dando notevolmente da fare per infastidirlo.
   Jack, intanto, raggiunto il massimo, cominciava la sua discesa vertiginosa. Non poteva vedere dove andava, né controllare la direzione della boma, né niente. Era dir poco in ansia:
- Fermatemi!!!- strillò, quando sentì che la velocità superava di troppo quella che avrebbe voluto.
   Eppure fu quella stessa velocità che gli permise di prendere alla sprovvista un mostriciattolo di Davy Jones, centrarlo in pieno e trascinarlo fuoribordo, con grande piacere di Élodie, già troppo occupata con un altro.
   All’impatto, Jack mollò la fune e rotolò sul cassero, fin contro la murata. Sbattè le palpebre, per mettere a fuoco ciò che era successo. Trovandosi lì, mentre si riprendeva almeno un po’, non potè fare a meno di trovarsi faccia a faccia con qualcosa di molto familiare: il cuore di Davy Jones. Giaceva lì, dimenticato, proprio davanti al suo naso, e scandiva i secondi con il suo battito maledettamente regolare.
   Jack espirò lentamente, non credendo a una simile fortuna. Prese il dannato oggetto e si tirò su, contemplandolo avidamente.
   Davy Jones, tra un affondo e una parata, notò i gesti del pirata e capì all’istante di cosa si trattava. Quindi, atterrato Will per un momento, si gettò contro Jack, urlando. Ma Jack, sorpreso eppure non sopraffatto, ebbe la prontezza di lanciare il cuore dalla parte opposta al nemico, dritto dritto tra le mani di un impreparato Will Turner.
   Davy Jones, sempre più inferocito e fuori di sé, invertì bruscamente rotta e ritornò dal suo avversario che, per affrontarlo, fu costretto a buttare via il cuore e a impugnare di nuovo la spada.
   Subito Jack partì di corsa, allungando le mani e tenendo gli occhi fissi in alto, sul sospirato bottino:
- Lo prendo, lo prendo, lo prendo...!- si ripeteva – Sei mio!-
   Il parapetto sbattè violentemente contro il suo addome. Il pirata per poco non vomitò anche l’anima. Riuscì ad afferrare il sacchetto di iuta prima che questo si perdesse per sempre fra le onde del mare, ma fu un penoso successo:
- Accidentaccio a te, William...- esalò Jack, piegandosi su se stesso per il dolore.
   A proposito di William: dopo un’eroica resistenza aveva commesso l’errore fatale di distrarsi, attirato dai movimenti strani di Jack, e Davy Jones ne aveva approfittato per colpirlo pesantemente alla nuca, disintegrando il suo mondo in migliaia di frammenti colorati. Will era volato a terra, svenuto, la spada ancora in mano.
   Fortunatamente, Davy Jones non aveva ritenuto opportuno sprecare un altro secondo per ucciderlo. Il mostro l’aveva lasciato lì, inerme, ed era avanzato a grandi passi verso Jack, ancora ammaccato, con il cuore stretto tra le dita contratte.
   Si era posto davanti al pirata, maestoso:
- Alla fine, Jack...- sibilò – ho vinto io la nostra scommessa.-
- Dimentichi lei...- Jack accennò a Élodie, che finalmente stava avendo la meglio sui nemici – e questo.- accennò al cuore, con un sorriso beffardo.
- Risolviamo subito la questione.- Jones gli puntò contro la spada – Dammelo.- ingiunse.
- No.- rifiutò l’altro, con sicumera.
- No?- lo canzonò il mostro, avvicinando la lama – Io credo di sì, Jack. Dammelo.-
- No.- e intanto teneva d’occhio Élodie, pronto a lanciarle l’odiato oggetto.
   Stava rischiando molto, era vero, ma con Will fuori gioco e senza armi in mano non aveva molta scelta. L’unica era tirarla per le lunghe, in attesa che Élodie si voltasse da quella parte. Sperava che Davy Jones non avrebbe ceduto alla tentazione di ucciderlo, anche perché il suo più grande desiderio non era cancellare lui, Jack, dalla faccia della terra, ma imprigionarlo nella sua maledizione. Sarebbe stato troppo comodo, farlo morire, e Davy Jones era un sadico. Sperava, Jack.
   Élodie, intanto, era riuscita a liberarsi del suo avversario, sbattendolo fuoribordo con una spallata. Si asciugò il sudore dalla fronte, e finalmente si voltò. Vide Davy Jones e Jack, ai suoi piedi, a contendersi l’ultimo brandello di storia:
- Ti do un’ultima possibilità, Jack.- diceva il mostro – Dammi il cuore, e ti risparmierò.-
- No.- l’altro scosse la testa, con decisione.
   Il capitano dell’Olandese Volante, a quell’ennesimo rifiuto, montò su tutte le furie: senza pensarci, né esitare, affondò con rabbia e cattiveria la spada nelle carni di Jack. Non gliene importava nulla. Non gli importava né di lui né di tutto il resto.
   Il pirata spalancò la bocca in un urlo muto per il dolore improvviso, lacerante, come non ne aveva mai provati nella sua spericolata vita. Un dolore completamente nuovo, inatteso, incredibile, indescrivibile.
   Lasciò cadere il cuore.
(mi ha ucciso...)
 
   Élodie lo vide scivolare sulle assi del cassero, e un fiotto di sangue bagnare quel legno già impregnato di morte.
   Uno sguardo a Will, poi di nuovo a Jack, e per poco la spada non le scappò di mano. Davy Jones si girò, la guardò con aria superiore, ora pazzamente felice di poterla schiacciare con tutta la sua forza:
- Adesso, Élodie, che cosa farai?- le chiese, mellifluo – Ti avventerai contro di me? Mi punirai, forse? Sei sola...come quando ti ho conosciuta.-
   Estrasse la spada dal corpo di Jack, e quel sangue sulla lama destò nella donna una fitta di dolore quasi fisico, come se lui l’avesse estratta dalle sue stesse carni:
- Vieni pure, mia dolce amata...- la invitò Jones – Su, coraggio. Prova a vendicarti, ora.-
   La voglia di scagliarsi contro di lui bussò prepotente nei muscoli di Élodie: tanto, a che serviva continuare? Gettarsi in pasto ai leoni era sempre meglio che vivere nascosti per poi essere divorati comunque, quando meno lo si aspettava.
   Ma ancora non era il momento, per lei, di liberare quel mondo dalla sua “funesta” presenza.
   Jack, che pareva morto, raccolse le ultime forze che aveva per alzarsi barcollante, alle spalle del mostro. Perdeva sangue, ma era in piedi, il cuore era ancora tra le sue mani.
- Jones...- chiamò, con una voce roca che non sembrava nemmeno la sua – Temo proprio...di doverti dare...una...sgradevole notizia: non sono morto.-
   Il mostro si sentì raggelare. Si voltò e i suoi occhi incontrarono quelli scuri e penetranti del pirata:
- Mi sa...che hai sbagliato mira.- gli fece notare il suo acerrimo nemico – Che...credevi di fare, Jones? Io...vinco sempre...le scommesse.- sibilò, e quanto più lesto potè gettò il cuore verso Élodie, in un ultimo sforzo che lo lasciò privo di energie e di umorismo.
   Il mostro non fece in tempo a fermarlo. Urlò, questo è certo, tutta la sua rabbia e paura quando il cuore toccò terra ai piedi di Élodie e la donna, con un gesto fulmineo, agognato fin troppo a lungo, lo trafisse spingendo la spada più a fondo che poteva, proprio davanti agli suoi occhi del nemico.
   Il sacchetto di iuta non lasciava intravedere nulla dell’obbrobrioso cuore, ma come una spugna si impregnò di rosso; il sangue di Davy Jones sgorgò come da una ferita aperta e scivolò, viscido come un serpente, fino ai piedi del suo padrone.
   Il mostro indietreggiò, ma l’orrore già l’aveva intrappolato, ne sentiva il calore. Una scia rossa che si dipanava in ogni direzione e saliva lungo le sue gambe deturpate: lo immobilizzava. Quello era il morso dell’Inferno. Si arrampicava su di lui come una febbre mortale e lo riempiva di terrore.
   Quando raggiunse la testa, Davy Jones rovesciò il capo e gridò al cielo con quanto fiato aveva; ma era troppo tardi per chiedere clemenza, o un perdono. La sua maledizione si era ormai spezzata. Fu avvolto da una luce accecante, ed ebbe come la sensazione di implodere, ogni suo pensiero e volontà distrutti.
   Poi, fu un attimo. Non un sibilo, non un sussurro.
   L’Olandese Volante e il suo Capitano si dissolsero come scheletri mal conservati che vengono addentati dall’aria. D’un tratto Élodie non sentì più un suolo sotto i piedi, né uno stormire di vento tra le vele, o il suono di ferro contro ferro: si ritrovò a volteggiare nell’aria, anzi, a precipitare verso il basso assieme ad i suoi compagni.
   Atterrò scompostamente in mare e per un attimo affondò. Si affrettò a tornare in superficie, a sputare acqua. Tossì, scandagliò i dintorni, in attesa di qualche altra diavoleria. Ma il vascello fantasma e tutta la sua ciurma erano scomparsi.
   Era finita. Questa volta per sempre.  

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Capitolo 21
*** Tutto è bene quel che finisce in una bottiglia di rhum ***


- 20 – TUTTO E’ BENE QUEL CHE FINISCE IN UNA BOTTIGLIA DI RHUM

 


- Ehi, Andrew, passami un altro po’ di rhum, che qui bisogna festeggiare!- Jack allungò una mano esigente verso il nostromo, ridendo come un pazzo.
   Non era più capace di reggersi in piedi da qualche ora; quindi se ne stava steso sulla sabbia di quella bellissima isoletta dove la Madreperla era ancorata, e continuava a tracannare rhum a fiumi. Infatti non coordinava più bene parole e movimenti.
   La bottiglia di liquore gli fu passata da altri ridenti pirati. In verità, l’equipaggio di Élodie Melody ormai contava sulle dita di una mano e mezza. Erano rimasti in otto, compreso il Capitano e lo sprezzante Lord Cutler Beckett.
- Sissignori!- esclamò Jack, dondolandosi divertito – Quel mentecatto di Davy Jones era convinto che bastasse una ferita qua – e indicò orgogliosamente la sua spalla fasciata – per fermarmi! Ah, povero idiota...non mi ha fatto nulla! E’ stato molto più dolorosa la sorte che mi ha riservato quel furbastro di William Turner, facendomi spezzare in due contro il parapetto! Che bravo ragazzo...ma ci vuole ben altro per togliere di mezzo Capitan Jack Sparrow!-
- Hai più vite di un demonio, Jack!- gridò qualcuno, ridacchiando e tossendo per il rhum andato di traverso.
- Infatti sapete cosa dice il demonio quando incontra Capitan Jack Sparrow?- il pirata si sollevò faticosamente, gli occhi gonfi di lacrime ridanciane – Dice “Salve amico, era ora che venissi a darmi il cambio!”- e si lasciò ricadere sulla sabbia, trascinando i presenti in un’altra fragorosa risata.
   E giù altro rhum.
   Elizabeth se ne stava in disparte, muta spettatrice di quello strano spettacolo. Con una bottiglia ancora piena tra le mani, non sapeva dove mettersi, sentendosi estranea all’allegria generale. Quella non era la sua vittoria. Era la fine di un’avventura e il ritorno a una normalità che in fondo non le era mai piaciuta: calzare di nuovo i panni di una ragazza qualunque, un’onesta cittadina, non sembrava più essere un suo folle desiderio.
   Soprattutto perché questo avrebbe significato separarsi da Jack. Lui non era fatto per avere vincoli. Lui era felice così, libero, ladro e ubriaco; e sarebbe morto così, libero, ladro e ubriaco. Elizabeth si accorse di disprezzarlo. Invidia, la sua, non lo negava.
   Anche perché sapeva che Will non avrebbe mai accettato di condividere gli ideali di un pirata, né condurre una vita come tale: lo conosceva troppo bene.
   Quindi, contro la sua volontà, lei era destinata a reprimere i suoi sogni e, come aveva detto Jack, rassegnarsi.
   Non avrebbe potuto funzionare, dolcezza.
 
   Will Turner ne aveva abbastanza di quell’orgia da pirati. Come tante, troppe volte, si era sentito un pesce fuor d’acqua a contatto con la spensieratezza di quegli uomini, e nemmeno la vicinanza di Elizabeth era servita a farlo stare meglio. Lei sembrava assorta. In ogni caso, non credeva gli sarebbe stata di grande aiuto.
   Sperò di poter esserlo lui per la donna. Ma, se la memoria non lo ingannava, lui non era affatto la medicina che Elizabeth desiderava.
   La realtà, anche senza Davy Jones, continuava a deluderlo.
   Abbandonò la bottiglia di rhum sulla sabbia e sgattaiolò via, senza farsi notare. Aveva bevuto, vero, ma non era poi così su di giri. Si era reso conto che all’appello, sulla spiaggia, mancava qualcuno.
   Lord Cutler Beckett era scomparso alla vista da un po’. Will decise che era meglio cercarlo, prima che lo trovasse Andrew o qualche altro pirata, non certo amanti della Marina inglese. Rise. In fondo, andare a cercare Beckett non era altro che una scusa.
   La verità era che Will era attratto da quel luogo solitario, quell’isola sperduta nel mare cristallino dei Caraibi: c’era qualcosa di male a desiderare per sempre quella pace, quella sabbia, quell’orizzonte finalmente sgombro di pericoli?
   Will superò una duna macchiata d’erba e si sedette sull’altro lato, all’ombra di una palma da cocco. I frutti erano quasi maturi, pensò, distrattamente. Forse, tra qualche tempo, le avrebbe trovate al mercato; magari ne avrebbe comprate un paio per lui e Elizabeth, chissà! Magari ne avrebbero bevuto il latte nelle sere di luna, ridendo delle avventure che avevano passato.
   Si abbracciò le ginocchia. Il silenzio è più bello quando si è soli.
   Ed ecco che una giubba rossa e sgualcita sbuca tra le dune di sabbia, poco più in basso. Will riconobbe Beckett, che si sbracciava e urlava in direzione dell’Oceano. In mano aveva un tizzone acceso.
   All’inizio si chiese che cosa avesse quell’uomo per agitarsi tanto. Poi alzò lo sguardo e scorse una nave non troppo lontana, con le vele spiegate al vento che adesso gli accarezzava le spalle. Il giovane si fece più attento, e in un attimo si rese conto che quel vascello era uno dei tanti della flotta della Marina inglese.
   Si irrigidì. Sapeva benissimo che non aveva nulla da temere: lui non era un pirata fino in fondo, non lo sarebbe stato mai. Non era nel suo sangue. Anzi, non vedeva l’ora di tornare alla civiltà. Forse quella nave avrebbe persino potuto aiutarlo a tornare, visto che stava puntando dritta su quell’isola, in risposta alle grida di Beckett.
   Ma Élodie? E Jack? E tutta la ciurma? Che fine avrebbero fatto, ubriachi fradici nelle mani della Giustizia, con in mano del rhum destinato alle credenze dei grandi signori e quell’abbigliamento che proprio non si addiceva ai lindi salotti della gente normale?
   Erano suoi amici. Lui doveva avvertirli, farli scappare. Diciamo...come regalo d’addio.
   Fece per alzarsi e correre, ma una mano gentile e tuttavia ferma lo trattenne al suo posto:
- Non preoccuparti, Turner. Ne sono già al corrente.-
   Will guardò in su. Élodie Melody Sparrow gli sorrideva dall’alto in basso, sicura di sé:
- Non sei l’unico sobrio su quest’isola...- disse – In quanto ai miei uomini, ho detto loro di sparecchiare. Stanno salendo a bordo...con la dovuta calma.-
   Will si alzò comunque e fissò le onde. Beckett ci stava sguazzando come un bambino felice e faceva larghi gesti in direzione della nave inglese, che ormai sembrava proprio averlo scorto e si avvicinava a vista d’occhio.
   Il respiro di Will si fece affannoso, come se fosse lui stesso la preda di quel vascello. Lanciò un’occhiata alla Madreperla, che si apprestava a salpare con una lentezza esasperante, dall’altra parte dell’isola.
   Eppure Élodie Melody non pareva affatto in ansia: era sicura di farcela, anche stavolta.
- Vieni con noi?- chiese a Will.
   Il giovane sussultò. Una domanda così diretta non se l’aspettava: era impreparato. Del resto, cosa pretendeva? Un discorso degno di un maestro di eloquenza? In fondo, stava parlando con un pirata, qualcuno che non conosce mezzi termini:
- Non posso.- sospirò, abbassando lo sguardo.
   Élodie non disse nulla: quel silenzio era come un muro fra loro due. Impossibile non leggere nella sua espressione una vena di delusione.
- Non sono fatto per questa vita.- cercò di spiegare lui – Ci ho pensato, Élodie. E non credo che il mio posto sia su una nave, a rischiare la pelle come voi. Io voglio una vita tranquilla, com’era prima di conoscere Jack e tutta la sua banda di squinternati; inoltre, devo ammettere che il mio mestiere di fabbro mi manca. Mi manca la mia pace.- la fissò, anche se lei si ostinava a guardare altrove – Puoi capirmi?-
   Élodie non rispose subito. Sapeva che, se l’avesse fatto, avrebbe pianto.
   Incrociò le braccia sul petto, disegnando con il piede una strana forma nella sabbia:
- Sì, capisco.- rispose – Ognuno ha la sua pace, e non vede l’ora di riabbracciarla. C’è chi si accontenta di poco, e forse è per quello che la trova prima. Che dire? Beato te che sai dove cercarla, la tua pace, Turner... Buona fortuna.-
   Si voltò per andarsene, ma Will la bloccò:
- Non credere che sia facile, per me, Élodie.- la pregò – Tu vali molto per me...e non ho dormito tutta la notte, pensando a cosa significasse questa decisione...-
- Risparmiati le scuse, Turner. Non me la prendo per una questione così futile.-
- Non è una scusa. E non voglio nemmeno che questo sia un addio...-
- Sarà difficile. E’ risaputo, io non passo quasi mai due volte dallo stesso luogo.-
- Allora dove sarai, Élodie? Non sei stanca di non avere un posto dove andare, una famiglia?-
   La donna si voltò, piantandogli in viso quegli occhi scuri. Non parlò per un lungo, lunghissimo istante.
- E’ meglio non rispondere a certe domande, Turner.- lo disse in un soffio amaro, che a Will strinse il cuore.
   Quando lei fu lì per girargli le spalle, lui l’afferrò per le braccia e la attirò a sé:
- Vieni via con me.- le propose all’orecchio – Vivi con me. Lascia la pirateria e goditi un po’ di quella tranquillità che non hai mai avuto. Lasciati amare, Élodie.-
   Lei socchiuse le labbra, come a ribattere qualcosa. Ma quando si voltò e incontrò gli occhi scuri di Will, non ne ebbe il coraggio. Abbassò lo sguardo, tanto che il cappello ornato di piume bianche nascose il suo viso e il suo dolore:
- Ora sono io che non posso.- rifiutò piano.
- Perché?- insistette lui.
- Perché sono un pirata, Turner, e lo sarò fino alla morte dei tempi. Anche se è una vita di stenti, di alti e bassi, mi piace. Io non sono come te, Turner. Io non mi accontento. Io amo il mare, la spada, il tabacco e il rhum. Io sono uno spirito libero: non conosco catene. Non sono la donna giusta per te...e per questo non accetterò il tuo invito. Non voglio costringerti ad amare anche quella parte indomabile di me.-
- Io ti ho amato sempre, Élodie, nella tua interezza, non solo in una delle tue innumerevoli facce. Non pensavo di potermi innamorare così intensamente. Io volevo te...-
- No, Turner.- lo interruppe lei – Tu volevi qualcuno per dimenticare...come una bottiglia di rhum.-
   La forza di quelle parole colpì Will come uno schiaffo. Inutile continuare a fingere. Abbassò lo sguardo, in segno di resa: come poteva spiegarle che le amava entrambe, lei e Elizabeth, per motivi diversi, ma che ora si trovava costretto a scegliere e non sapeva cosa fare?
- Ti sta aspettando.- gli ricordò Élodie, sciogliendosi da lui. Non c’era ostilità, in quel tono, solo una profonda tristezza.
- Tra me e lei non può tornare come prima, Élodie!- esplose Will, inaspettatamente: era infuriato, soprattutto con se stesso – Il suo cuore non batte per me!-
   Ecco, l’aveva detto. L’aveva ammesso. Ma perché non si sentiva meglio, anzi, gli sembrava di sprofondare ancora di più nel nulla?
- Ma il tuo batte ancora per lei, vero?-
   Lui trattenne il respiro, d’un tratto travolto da quella verità. Sì, c’era ancora qualcosa. Ma non voleva crederci: no, non poteva crederci, non poteva essere incatenato a un amore senza speranza!
   Scosse la testa:
- No, non è possibile, non è vero, non...-
   Élodie gli prese il viso tra le mani e lo baciò, rubandogli le parole di bocca. Will avrebbe voluto che quel contatto non finisse mai, che qualcuno fermasse il tempo in quell’istante, che gli permettesse di assaporare quella gioia, quell’ardore e quella struggente malinconia che erano racchiuse in un gesto così piccolo.
   Pregò tanto perché quell’attimo non si esaurisse mai. Ma qualche secondo dopo le sue labbra già baciavano l’aria, e su di esse non era rimasto altro che un sottile sapore di rhum:
- Questo è per non dimenticare.- disse Élodie.
   Poi si tolse il cappello piumato. Lo rimirò, incerta, ma alla fine sorrise e lo pose in capo a Will:
- Tienilo tu.- mormorò – Starà benissimo appeso a qualche parete, o addosso a te. Io ne ruberò un altro.-
   Si allontanò un poco, squadrando il suo più grande tesoro.
- Vorrei tanto essere diverso...- sussurrò Will, accarezzando la tesa del cappello – Vorrei essere così...come questo. Ma non posso calpestare me stesso, anche se rispettarlo è difficile.-
   Élodie si sentì commossa da queste parole, ma, come al solito, non lo diede a vedere. Lo capiva, anche se non glielo disse.
   Si infilò sotto al cappello, testa a testa con lui:
- Un pirata crede sempre nelle sue scelte, per quanto esse siano difficili.- lo rassicurò – Credi nella tua, Turner.-
   Sbirciò oltre la duna, dove un capannello di militari inglesi appena sbarcati stava ascoltando interessato le informazioni che Beckett aveva loro da dargli. Il Lord sembrò farsi riconoscere, perché alcuni soldati scattarono improvvisamente sull’attenti.
- Devo andare.- sussurrò Élodie, scostandosi.
   Si diresse sull’altro lato della duna, dove gli ultimi pirati si stavano imbarcando:
- Stammi bene, Turner.-
   Lui si limitò ad annuire.
   La donna non si voltò a salutarlo: le mani sui fianchi, si incamminò sola verso la sua nave e nuove, rocambolesche avventure. Sicura, come lo era sempre stata. Una che non si guarda indietro.
- Élodie!- la richiamò Will, muovendo qualche passo – Io per te ci sarò sempre! Non dimenticarti che mi chiamo Will!-
   La donna non si girò, ma gli rivolse un gesto con la mano:
- Va’ al diavolo!- esclamò di rimando, e continuò per la sua strada, accelerando leggermente il passo.
- Anche tu mi mancherai, Élodie.- sospirò Will, che ormai aveva imparato a leggere tra le righe di quei messaggi.
   Attese di vederla scomparire nel riflesso della sabbia dorata, prima di scendere anche lui. La sua ombra gli sembrava strana, con quella forma di cappello che aveva in testa: lui, Will, non aveva mai voluto essere accostato a un pirata, e ora si ritrovava a calzarne perlomeno i panni.
   Era quasi ridicolo. Will si sorprese a ridere.
- Che ti ha detto?- Elizabeth gli si affiancò. Era sbucata dal nulla. Non era salita sulla nave assieme agli altri pirati, evidentemente.
   Will la guardò e trovò che era bella, anche se stanca, sola e spettinata. Pensò che forse valeva la pena di provare a vivere assieme a lei, nonostante tutto. Si poteva cercare un accordo: essere felici comunque, senza troppe pretese, senza troppe stravaganze. Essere una famiglia, magari, più avanti.
   Will le strinse affettuosamente una mano:
- Nulla.- rispose – Solo addio.-
   Elizabeth non parve molto persuasa, ma preferì non indagare: ognuno ha diritto ai suoi segreti. Invece, notò qualcosa di decisamente diverso:
- E il cappello?- chiese.
   Will se lo tolse, giocherellò con le piume bianche. Era bellissimo averlo tra le mani: era come stringere una parte di Élodie.
- Un semplice regalo.- minimizzò, rimettendoselo in testa.
   E sentì che da quel momento avrebbe potuto conquistare il mondo.
 
   Rimasero soli, su quella spiaggia, a guardare la Madreperla che scivolava via, verso il largo. Le loro ombre si univano sotto il sole cocente, allungandosi fino al bagnasciuga, quasi volessero fuggire anche loro.
   Poco più in là rimanevano bottiglie vuote e ciocchi di legno carbonizzati. Lentamente, questi cominciarono a essere sepolti dalla rena, unici testimoni del passaggio di Élodie Melody su quella terra.
   Improvvisamente, da dietro la duna comparvero Lord Cutler Beckett e un drappello di soldati inglesi, pronti a dar battaglia. Si ritrovarono con un palmo di naso, davanti alla spiaggia vuota e alla nave che si allontanava, riecheggiante di urla di scherno.
   Scornati, se ne stettero per qualche secondo con le armi in braccio, a chiedersi le prossime mosse. Poi, quello che sembrava il capo del drappello scorse Will e Elizabeth che li osservavano interrogativamente; allora si rianimarono improvvisamente, come cani bagnati. Si lanciarono verso quegli intrusi e senza tanti preamboli li circondarono, afferrarono loro i polsi e li bloccarono dietro la schiena:
- Pirati!- gridò qualcuno, indicando con rabbia il cappello di Will – Vi abbiamo presi, stavolta, ladroni! Adesso, in cella!-
   Li strattonarono, e Will e Elizabeth furono costretti ad obbedire. Il giovane pensò ironicamente che, come inizio di una nuova vita, quell’episodio non era affatto male.
   Provò a ribattere che loro non erano nemici, ma gli arrivò un pugno da slogargli la mascella: fu irrimediabilmente costretto a star zitto e consenziente.
   Intanto, la Madreperla correva incontro all’ennesima scorribanda. Chi indietro rimane, indietro viene lasciato.
   Will e Elizabeth furono trascinati verso l’altra spiaggia e l’altra nave, senza che fosse loro permesso aprir bocca:
- Non avete più scampo, cani!- li insultavano i soldati – Userete di nuovo le vostre voci eretiche per confessarvi al prete, e poi non le userete più, perché vi taglieranno la gola e tanti cari saluti ai vostri amati tesori!-
   Qualcuno rise di quel sarcasmo davvero sadico. Will si guardò intorno, in cerca di una via per scappare, ma i ranghi erano troppo serrati e lui disarmato. Sperò in un miracolo, pur non essendo un fervido credente: in quel momento, però, un miracolo sembrava l’unica cosa che lo potesse salvare, e con lui Elizabeth.
- Fermi!- ordinò una voce – Fermi, fermi! C’è un errore! C’è un errore!!!-
   Il drappello si fermò, e con esso i due prigionieri. Tra le fila si aprì un varco e apparvero due uomini: uno era Cutler Beckett, l’altro un ammiraglio che Will non conosceva. I due militari si fermarono davanti a lui e a Elizabeth:
- Non sono loro!- sbottò Beckett – I veri pirati sono su quella nave!- indicò la Madreperla – Se volete prenderli, dovete sbrigarvi prima che scompaiano alla vista, cioè fra poco!-
- Comprendo la vostra richiesta giustamente frettolosa, Milord, e provvederemo subito. Prima, però, avrei piacere di conoscere questi due signori, che si aggiravano con aria sospetta qui, nei dintorni.-
   “Aria sospetta”?
   Will studiò l’ammiraglio: aveva il naso adunco e due occhietti acquosi e antipatici. Senza contare la voce, nasale e prettamente signorile: uno strumento per disprezzare il prossimo, nient’altro.
   La guancia del giovane cominciava a gonfiarsi: così lui aggiunse anche le maniere moleste alla lunga lista di difetti di quell’uomo e dei suoi soldati.
- Questi non sono pirati!- insistette Beckett – Non perdete tempo prezioso con loro, è inutile! Non fanno parte di nessuna ciurma!-
   L’ammiraglio annuì, ma non era convinto. Studiò attentamente il cappello di Will; glielo tolse. Il giovane protestò, ma fu subito zittito un’altra volta:
- Strano copricapo...- disquisì l’uomo – Particolare, direi.-
   Passò le dita sulle piume bianche, e Will provò una fitta di rabbia. Strattonò i legacci, ma i suoi carcerieri lo bloccavano in una morsa ferrea, alla quale non poteva opporsi più di tanto.
   Beckett si frappose tra lui e l’ammiraglio. Era sempre più infervorato:
- Non perdete tempo!- si impose – Inseguite quella nave, subito!- si sbracciava in direzione della Madreperla, sempre più lontana – Non costringetemi a usare la mia autorità, signore! Lasciate stare queste due brave persone: non sono pirati!-
   L’altro uomo lo degnò solo di un’occhiata annoiata. Si rigirò il cappello di Will tra le mani, pensando a quanto gli conveniva disobbedire ai comandi di un Lord e quanto invece gli avrebbe fruttato seguirli. In fondo, cosa se ne faceva lui di quell’uomo e quella donna? Pirati o no, non avrebbero potuto granchè nuocere.
   Sbirciò di nuovo il comandante Beckett, poi prese la sua decisione. Ficcò il cappello in testa a Will e fece dietrofront:
- Slegateli.- ordinò.
   Anche se un po’ sorpresi, i soldati slegarono Will e Elizabeth e seguirono il loro ammiraglio verso la nave. Will si massaggiò i polsi e si aggiustò meglio il cappello sulla testa: l’avevano scampata bella!
- Grazie, comandante.- sussurrò a Beckett, quando gli altri furono abbastanza lontani.
- E di che, William Turner?- ricambiò il Lord, sorridendo – Voi avete salvato me, ora io ho salvato voi. Siamo pari, mi sembra.-
   Il giovane ricambiò il sorriso. Strinse a sé Elizabeth, ancora un po’ scossa. Si chiese come avrebbero fatto a tornare a Port Royal.
   Beckett, quasi gli avesse letto nel pensiero, riprese:
- Per concludere, credo non darete fastidio a nessuno sulla nave dell’ammiraglio...stava giusto rientrando a Port Royal.- gli strizzò l’occhio – Tanto, sappiamo benissimo che non riuscirà a raggiungere quella nave, vero?- accennò alla Madreperla.
   Will annuì, con una smorfia scaltra sul viso: un’espressione da vero pirata.
 
   Élodie Melody si sedette al suo posto d’onore, sulla prua della Madreperla. Il mare sfolgorava di mille riflessi davanti ai suoi occhi, come la prima volta che l’aveva visto.
   Era lì da sola. Peccato, si disse, non poter condividere con nessuno questa meraviglia.
   Poco prima si trovava a poppa, per guardare ancora una volta l’isoletta su cui aveva lasciato il cuore. Aveva assistito all’arresto di Will Turner, su quella spiaggia; era sobbalzata. Un’irresistibile voglia di tornare indietro, correre da lui e sguainare ancora le spade insieme, riavvolgere il tempo di quell’ultima ora e poter cambiare qualcosa di troppo importante per lei.
   Si voltò di nuovo verso il mare. No, era finita.
   Chi indietro rimane, indietro viene lasciato: è la dura legge dei pirati.
   Una lacrima scese a rigarle il viso, a solleticarla. Élodie si umettò le labbra e asciugò quella piccola goccia con salata con un dito.
   Cercò in quel riflesso una dritta sul futuro che stava per affrontare, e sul passato contro il quale aveva già combattuto: ma nulla, non un segno, non un’intuizione.
   O forse una, una sola.
   Will adesso era felice, a suo modo. Lei era felice per lui e perché rimaneva libera come aveva sempre desiderato.
   Non c’era motivo di piangere.
   Scrutò di nuovo l’orizzonte, e d’un tratto le venne da sorridere: senza un motivo, così, perché era seduta là, e perché vedeva la costa, non tanto lontana, che aspettava solo lei per essere saccheggiata.
   Allora asciugò le dita bagnate contro la camicia; sorrise; e cantò:
- Yo-hò, beviamoci su!-

 
 
 
FINE
 

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