The Plumber.

di xmaliksmilk
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue - Starships ***
Capitolo 2: *** The telephone ***
Capitolo 3: *** The oven ***
Capitolo 4: *** I'm cooking pancakes, yeah! ***



Capitolo 1
*** Prologue - Starships ***






 
1.
Prologue - Starship


 
Questo è in assoluto il giorno migliore di tutta la mia vita. Praticamente l’esatto contrario di quella volta in cui vidi zia Pearl cantare sotto la doccia Starship di Nicki Minaj. Persino io, Shari Hastings, che non mi sono mai ritenuta una persona facilmente impressionabile, rimasi schifata a quella vista. E neppure più di tanto, dato che quando rappava pareva le fosse rimasta incastrata una polpetta in gola.
“Cupcake, sei pronta?”, strilla mio padre al piano di sotto. “Non vorrai arrivare tardi anche l’ultimo giorno di scuola, spero!”
“Arrivo!”, esclamo per poi afferrare lo zaino e precipitarmi giù dalle scale di casa. “E non chiamarmi ‘cupcake’!”
“D’accordo, cupcake.” Pretendere certe cose da papà è come chiedere ad un orso di non andare in letargo, a una balena di dimagrire, al cane del nostro vicino di casa di non abbaiare alla vista di ogni singolo passante, a zio Earl di non russare. Praticamente inutile. Mi chiama con quel ridicolo nomignolo da diciassette anni e continuerà a farlo.
Una volta arrivata al piano di sotto, corro in cucina e sgranocchio qualche biscotto al cioccolato, dopodichè mi dirigo davanti all’ingresso, saluto papà con un bacio sulla guancia e mi precipito fuori di casa. Si tratta di una semplice villetta bianca a due piani con un piccolo giardino sul retro affiancata ad altre quattro abitazioni identiche. In una abita la signora Miller, una donna sulla sessantina che passa le giornate a cucire maglioni per i nipoti, in un’altra vive zio Earl, il fratello maggiore di papà che ha festeggiato qualche settimana fa il suo settantanovesimo compleanno ed è leggermente fuori di testa, un’altra ancora è occupata dal signor Collins, coetaneo della Miller e invaghito di lei da circa due anni, praticamente dal suo trasferimento alla villa. L’ultima casa, infine, è quella della famiglia di Liam Payne, il mio migliore amico dai tempi dell’asilo.
“Shari!”, mi sento chiamare alle mie spalle.
“Sì, mi chiamano così solitamente”, dico con fare altezzoso voltandomi e vedendo il volto di Liam, con cui percorro ogni giorno il viale che ci separa dalla scuola.
Il moro scoppia a ridere fragorosamente contagiando anche me poco dopo. 
“Questa era pessima”, esclama. “Andiamo?”
“E se bigiassimo?”, propongo entusiasta lanciando uno sguardo d’intesa al mio amico.
Il ragazzo scuote la testa esasperato. “Andiamo.

Poco dopo mi trovo davanti all’American School, uno tra i più prestigiosi licei di Londra. Si tratta di un enorme edificio le cui mura color sabbia, tenute in piedi da alcune strutture in metallo poste davanti allo stabile, sono tappezzate qua e là da piccole finestre. A seguito del suono della campanella, il portone semitrasparente in vetro si apre, cosicché Liam possa trascinarmi strattonandomi per un braccio all’interno della scuola.
Una volta arrivato al suo armadietto verde, il numero 221, decide finalmente di mollare la presa sul mio braccio dolorante.
“Volevi staccarmi il braccio, per caso?”, sbraito massaggiandomi il punto dolorante.
“No, tienilo pure tu.”
Ed entrambi scoppiamo a ridere fragorosamente.
“Ragazzi”, saluta a testa alta la prof Dixon, continuando a camminare per il corridoio sculettando. È una donna diversamente alta sulla sessantina, i capelli canuti sono rigorosamente raccolti in uno chignon, le lenti rotonde stile Harry Potter sono poggiate sul suo naso aquilino, gli occhi color nocciola ci scrutano severi.
“Professoressa Dixon”, risponde Liam con lo stesso tono dell’insegnante, mentre io mi limito a chinare il capo.
“In classe!”, ordina impassibile la prof dopo un attimo di silenzio.
Senza neppure rispondere, ci dirigiamo a passo svelto verso l’aula di matematica, sotto lo sguardo severo della Dixon.

Una volta terminate le lezioni, varco l’uscita dell’American School per non rimetterci piede per i prossimi tre mesi, seguita subito dopo da Liam.
Minchia guaddi?”, chiedo notando il suo sguardo fisso verso un punto alle mie spalle.
Nessun segno di vita da parte del moro.
“Liam?”
Ancora niente.
Liam! Hai la bava!”, urlo riuscendo finalmente ad ottenere qualche attenzione da parte sua.
“Eh?”
“Ti cola la bava”, ripeto.
Si passa una mano sulla bocca, pulendosi la saliva colata. “Ah.”
“Cosa guardavi?”, domando curiosa.
Il moro mi liquida con un cenno della mano. “Ehm… nulla, nulla.”
Alzo le spalle ed entrambi ci avviamo verso casa.

“Papà, sono tornata!”, annuncio aprendo la porta della villetta.
“Ciao cupcake!”, mi saluta l’uomo.
“Stai uscendo?”, domando a mio padre facendo riferimento allo smoking che indossa.
“Sì”, annuisce lui dopo un attimo di esitazione.
“Ah… e quando torni?”
Papà sussurra qualcosa che non riesco a comprendere.
“Eh?”
“Fine estate”, bisbiglia, questa volta in maniera più comprensibile.
Ci impiego un po’ ad assimilare le sue parole. “Cosa?”, strillo con gli occhi fuori dalle orbite.
“E tu…”, comincia papà con un tono che non promette nulla di buono.
“Non andrò a stare da zia Pearl.”
“No, andrai da zio Earl”, sputa lui.
Cosa?”, urlo nuovamente. “Non se ne parla.”
“Ma è solo per…”
“Tre mesi, papà! Tre mesi!”, grido scandendo bene le parole.
“Senti, Shari, mi hanno fatto un’offerta che non posso rifiutare…”, tenta di giustificarsi.
Inarco un sopracciglio. “Sei un mafioso?”
“No, no! Ma che hai capito?!”, dice gesticolando animatamente. “Si tratta di un’offerta di lavoro.”
“Papà!”, mi lamento con espressione melodrammatica. “Non puoi sbattermi da zio Earl per tutta l’estate! Mi vuoi morta, per caso?”
“Ma perché no? Che ha che non va?”
Che ha che non va?!”, strillo con gli occhi fuori dalle orbite. “L’ultima volta che abbiamo cenato da lui trovai la sua dentiera nelle lasagne; quando mi fece da babysitter a cinque anni, per poco non finivo divorata dal cane del signor Collins; quando andammo in piscina con lui, cagò nell’acqua; quando avevo cinque mesi, al posto dell’omogeneizzato mi diede da mangiare del cibo messicano sostenendo che era più nutriente; continuo?”
Mio padre sospira. “Senti, forse zio Earl in passato ha fatto qualche piccolo e insignificante errore, ma…”
“Piccolo e insignificante una beata minchia, papà!”
“Va bene, forse ha fatto qualche grosso errore, ma tutti sbagliano!”, tenta di convincermi mio padre.
“Non tutti però servono lasagne condite con dentiere, lasciano che i loro nipoti siano divorati da un cane, defecano in piscina, nutrono i neonati con del cibo messicano…”
“Shari, ti prego…”, tenta mio padre con espressione supplichevole.
No, no e ancora no!”, strillo portando le braccia conserte al petto.
L’uomo guarda l’orologio, dopodichè afferra la valigia nera posata sul divano. “Ora devo proprio andare, ti accompagno da zio Earl.”
“Ho detto di…”
“Andiamo”, mi interrompe papà, per poi strattonarmi per un braccio e trascinarmi verso la villa di mio zio, ignorando tutte le mie proteste.

“Chi è?”, una voce stridula risponde al suono del campanello di casa.
“Ehi, Earl, sono io!”, annuncia mio padre.
Una testa piccola, rotonda, lucida e pelata sbuca dalla porta d’ingresso semichiusa. “Oh, c’è anche la piccola Shari!”, esclama per poi scompigliarmi i capelli castani.
“Shari, saluta!”, sussurra papà tirandomi una gomitata.
Sbuffo sonoramente. “Ciao zio.”
“Senti, io sarò via per tutta l’estate e avrei pensato che tu, magari, potresti…”, comincia mio padre gesticolando animatamente.
“Tenerla con me?”, lo precede lo zio. “Ecco, io…”
Prego Dio, tutti i santi e gli dei dell’Olimpo che lo zio dica che non può tenermi con sé.
“Mi piacerebbe molto…”, continua zio Earl.
“Ma hai altro da fare, quindi ciao”, dico per poi voltarmi pronta ad allontanarmi.
“Torna qui!”, mormora minaccioso mio padre, per poi afferrarmi per la felpa e trascinarmi accanto a lui.
“Certo che te la tengo, Antony!”, annuncia gioioso lo zio per poi tirare una pacca sulla spalla a mio padre.
“Grazie mille!”, esclama prima di schioccarmi un bacio sulla guancia. “Statemi bene!”, dice, dopodichè corre verso la sua auto.

“Shari! Le chiavi della macchina!”, sbraita poco dopo, mentre io rido fragorosamente.


“Prego, Shari, accomodati!”, esclama gioioso zio Earl.
Con la voglia di un opossum in letargo, varco l’ingresso di casa sua trascinando dietro di me la mia valigia.
La radio spara a tutto volume una canzone, che rimbomba in tutta la casa.
Baby I (ooh baby, baby I)
All I’m tryna say is you’re my everything baby
But everytime I try to say it
Words they only complicate it

“La conosco”, esclamo per poi mettermi a canticchiare Baby I di Ariana Grande accompagnandomi con qualche schiocco di dita.
“Grande, sorella!”, esclama zio Earl ridendo e tirandomi una pacca sulla spalla che riesce a sbilanciarmi leggermente. Poco dopo entrambi ci scateniamo utilizzando il salotto dello zio come una pista da ballo.
Forse, e dico forse, quest’estate non sarà poi così terribile.










 

CUPCAKE.
Salute, oh popolo.(?)
Rieccomi qui con una nuova Long, che avrà più o meno quindici capitoli.
Sul prologo non ho molto da dire, i giudizi spettano a voi (:
Qui sono comparsi alcuni dei principali personaggi della storia, tranne Niall, che comparirà più avanti.
Vi mostro come li immagino (per vederli, cliccate sulla frase).
Se ho dimenticato qualcuno, ditemelo e provvederò.


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Baci,
Marty.

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Capitolo 2
*** The telephone ***








2.
The telephone


 
Ciao Shari! Come stai?”, esclama mio padre dall’altro capo del telefono.
“Meravigliosamente”, dico sarcastica per poi sedermi sul divano.
Ah, anch’io sto alla grande! Sto per concludere un ottimo affare e…
“Ma chi?”, domando con un mezzo sorriso.
Io! Chi se no?”, esclama papà ovvio.
“No”, nego ridendo. “Ma chi te l’ha chiesto?”
Uffa, Shari! Non puoi almeno fingere un po’ di interesse?”, sbotta mio padre.
“Uhm… no!” Scoppio a ridere fragorosamente, ma non ottengo risposta. “Papà?”
Nulla.
“Papà?”, ritento. “E va bene, scusa! Dimmi, come stai? Spero bene, ciao.”
Oh, sto alla grande! Sto per concludere un ottimo affare e…”, ricomincia.
Uau, troppo interessante. Buona fortuna, a presto”, dico per poi chiudere la telefonata poco dopo aver sentito uno “stronza”.
Non è che non mi importi del suo lavoro… e va bene, non m’importa. Ma se evitasse di descrivermi la sua vita come se stesse scrivendo una tesina degna dell’università, mi sforzerei di ascoltarlo. Okay, non lo cagherei comunque.
“Non sei stata molto gentile”, osserva zio Earl che molto probabilmente ha sentito la telefonata.
“Vuoi farmi sentire in colpa?”, sbotto.
Earl scoppia a ridere fragorosamente. “Sì.”
Sbuffo. “Ci stai riuscendo.”
“Sai, ogni volta che ti chiama e tu non ti interessi minimamente al suo lavoro…”, comincia lo zio prima di essere interrotto dallo squillo del telefono di casa. “Chiama me.”
Si alza e afferra la cornetta sul mobiletto. “Pronto? … Molto bene, grazie. … Ma chi? … No, ma chi te l’ha chiesto? … No! … Antony? … Antony, ci sei? … E va bene, Antonuccio caro, scusa. … Certo, raccontami, come è andata la giornata? … Uhm, molto interessante. … Ah! Bel colpo, brò! … Sì, assolutamente. … Concordo pienamente. … No, non sono d’accordo. … No, non ti sto ascoltando. … Vacci tu col cazzo in culo. … Hai ragione, ha preso da me! Ecco perché è così simpy!”
Lo zio posa il telefono e si siede sul divano accanto a me. Dopo una breve occhiata scoppiamo a ridere. 
“Vero che sono simpy?”
“Certo, Shari! Lo dicevo sempre a tuo padre: gli omogeneizzati non sono nutrienti come il cibo messicano.”
Lo guardo stranita.
“Rendono simpy, sai…”, continua lo zio nella speranza di ottenere qualche reazione da parte mia.
Alzo gli occhi al cielo. “Se lo dici tu.”
“Da giovane facevo il dottore”, esclama dopo un momento di silenzio. “Solo che poi ho smesso. Sai, ero molto affascinante! A quei tempi avevo ancora i capelli – si tocca la testa calva -, erano biondi e lunghi come tuo padre, ero muscoloso e anche molto simpy… no, aspetta! Sono ancora simpy! Vero? Sono simpy, sì o no?”, esclama preoccupato per poi afferrarmi per le spalle e cominciare a scuotermi violentemente.
“Sì”, annuisco debolmente.
“Sicura? Oddio, non sono più simpy!”
“Ehm… certo! Sei così simpy che ti chiamerò… Simpy!”, sorrido.
“Ah, menomale!”, esclama tirando un sospiro di sollievo. “Comunque non chiamarmi simpy, fa cagare.”
“Già.”
Lo guardo.
Mi guarda.
“Allora…”, dico tanto per rompere il silenzio creatosi. “Come mai hai smesso di fare il dottore?”
“Perché il cervello del caposala era alle Bahamas.”
Inarco un sopracciglio. “Eh?”
Nessuna risposta.
“Ah, capito!”, esclamo. “Ha vinto un viaggio con il concorso del prosciutto!”
“Sì, quel bastardo…”, mormora zio Earl.
“Davvero?!”, esclamo sorpresa dal fatto che la mia ipotesi sia corretta.
“No.”
“Ma vaffanculo”, sussurro.
“Vedi, io mi occupavo del settore pediatria…”, spiega lo zio gesticolando. “Organizzai una petizione: ‘nutriamo i bambini con il cibo messicano’.”
“Nutriamo i bambini con… il cibo messicano?
Avrò anche uno zio molto simpy, ma il suo cervello è alle Bahamas a ballare il tango con quello del caposala.
“La mia iniziativa non venne apprezzata, così mi cacciarono”, conclude lo zio.
“Ah.”
“Hai fame?”, domanda lo zio interrompendo il silenzio creatosi.
Io annuisco e lo seguo in cucina.
Lo squillo del mio cellulare mi induce a tornare indietro. Afferro il telefono dal tavolino e apro il messaggio che mi è arrivato:

Da: la mia ragione di vita Liam. (opera sua, sì)
A: Shari. 
“Shari, devi venire subito, in questo momento, adesso, all’istante, ti prego! È un’emergenza!
Liam xxx”


L’ultima volta che Payne mi ha parlato di emergenza, aveva otturato il cesso e non sapeva dell’esistenza dello sturalavandini, perciò evito di preoccuparmi e digito la risposta:

Da: Shari.
A: la mia ragione di vita Liam. 

“Per sturare il cesso devi usare lo sturalavandini. E le x te le puoi ficcare tu sai dove.
Shari xxxxxxxxxxxxxx”


La risposta mi arriva quasi subito: 

Da: la mia ragione di vita Liam.
A: Shari. 

“No, questa volta è un po’ diverso, muovi il culo e vieni a casa mia. Ti devo parlare.
Liam xxx
P.S. Le x sono molto fashion, xxx.”


Sbuffo e mi dirigo in cucina ad avvisare lo zio della mia uscita.
“Se hai bisogno di me sono a casa di Liam.”
“Va bene, intanto io preparo lo stufato. Torna presto o si raffredda.”
Ed esco di casa.
Poco dopo sono davanti alla porta di casa Payne. Non ho neppure il tempo di suonare il campanello che un Liam a dir poco allarmato apre.
“Allora, che è successo?”, domando tranquillamente. “Un ornitorinco ti ha attaccato? Ti hanno rubato la Nutella? Hai perso contro il tuo cane a Mario Kart? Ti è morto il gatto? Hai bucato la gomma della macchina dei tuoi?”
Il moro mi posa una mano sulla bocca impedendomi di formulare altre ipotesi idiote.
“Gli ornitorinchi vivono esclusivamente in Australia, più precisamente nel Monotremi” comincia Liam. “La Nutella me l’hai rubata tu l’altro giorno, non ho né un cane né il gioco di Marco Carta…”
“Mario Kart”, lo correggo.
“Sì, sì, stessa cosa”, mi liquida il moro. “Non ho mai avuto un gatto.”
“Hai dimenticato di dire che non hai bucato la gomma della macchina dei tuoi”, preciso.
“No, quello l’ho fatto, ma non ti ho chiamato per questo.”
“E allora perché?”, domando.
“Ecco, io…”
“Non puoi farmi entrare e magari offrirmi una coca, prima?”, propongo facendo notare che sono ancora all’ingresso.
Lui annuisce e si sposta per permettermi di passare. “La coca è finita.”
“Peccato.”
“Allora, stavo dicendo…”, ricomincia incerto Payne una volta accomodatosi sul divano accanto a me. “Vuoi sapere cosa stavo guardando ieri?”
“Quando?”, chiedo.
“Poco prima di uscire da scuola”, dice.
“Mi guardavi il culo, per caso?”, insinuo indignata. “Non ti facevo così pervertito.”
Scherzo.
Liam James Payne è la perversione fatta a persona. Il classico maschio che prima di innamorarsi di una ragazza, si invaghisce del suo fondoschiena.
“No!”, si affretta a negare. “Che schifo!”
“Razzista. Che ha che non va il mio fondoschiena?”
“Ecco… e va bene, ho dato una sbirciatina…”, ammette il moro.
“Non ci posso credere!”, esclamo portandomi una mano alla bocca aperta a ‘o’. “Non si fanno queste cose!”
“Uffa. Cosa ti devo dire, scusa? Se non ti guardo sono razzista, ma se ti guardo mi dici che non si fa?!”
“Esatto. Allora, mi hai guardato o no?”
Non che voglia essere guardata, intendiamoci. È pura curiosità.
“Sinceramente? No. Ho guardato Olivia Sanderson.”
Capelli biondo platino tinti, occhi verdi come i miei, culo e tette che fanno invidia a Megan Fox. Felicemente sfidanzata.
“Ieri pomeriggio… quando mi è colata la saliva”, aggiunge.
Sì, a lui le ragazze fanno quest’effetto. Più che altro i loro culi.
“Ah, adesso si spiega tutto!”, esclamo fingendomi sorpresa. “E quindi?”
“Cosa?”, chiede Liam confuso.
Inarco un sopracciglio. “Era tutto qui quello che dovevi dirmi con tanta urgenza?”
“Sì”, annuisce il moro. “Cioè, no! Volevo anche informarti del mio imminente fidanzamento.”
“Hai intenzione di provarci con lei?”, domando avendo quasi paura della risposta, dato che ogni volta che Liam tenta di conquistare una ragazza, questa finisce per considerarlo uno menomato mentale. Giuro, una volta una poveretta lo ha denunciato per stalking. Non so nemmeno come abbia fatto a cavarsela.
“Non senti delle sirene?”, chiede Liam alludendo all’esterno.
Gli faccio segno di fare silenzio in modo tale da poter sentire anch’io. 
“Già”, dico per poi aprire la porta e uscire da casa di Liam, seguita da quest’ultimo.
Notiamo che dalla villa di zio Earl, la quale è circondata da alcuni camion dei pompieri, proviene del fumo.
“Che è successo?”, domando allo zio una volta vicina a lui.
“Ho bruciato lo stufato”, spiega Earl.
“No, ha bruciato la cucina”, precisa un pompiere dietro di noi.
“Buono lo stufato”, commenta un biondino di fianco allo zio.
“E lui è…?”, domando indicando il ragazzo.
“Niall, Niall Horan”, lo presenta zio Earl. “È il mio idraulico di fiducia. L’ho chiamato per errore al posto dei pompieri.”










 
CUPCAKE.
Salve gente.(?)
Eccomi qui con il nuovo capitolo, ve gusta? Io spero di sì perché ci ho messo l'anima per scriverlo, nonostante sia venuta fuori una cosa demente come al solito :) E Niall, lui ve gusta? :*
Comunque se non vi piace fatemelo comunque sapere e cercherò di migliorare.c:
Ringrazio le due anime (?) che hanno recensito il prologo, chi legge e basta e chi ha inserito la storia tra le seguite\preferite\ricordate, anche se mi sento poco cagata rispetto a "Bad Boys" :c
Dite che l'introduzione fa cagare? O fa cagare tutta la storia? Oppure boh... ditemi voi.(:

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Baci,
Marty.

 

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Capitolo 3
*** The oven ***








3.
The oven

 
“E lui è…?”, domando indicando il ragazzo.
“Niall, Niall Horan”, lo presenta zio Earl. “È il mio idraulico di fiducia. L’ho chiamato per errore al posto dei pompieri.”
“Ah, capito”, dico rifiutandomi di distogliere lo sguardo dal biondo. “Piacere, Shari Hastings.”
“Il piacere è tutto mio”, esclama Niall sorridendomi e stringendomi la mano.
“Liam Payne”, si intromette il moro.
Che minchia, Liam, non rompere. Sto facendo conoscenza con un gran bel figo di idraulico.
“Piacere”, esclama cordialmente il ragazzo porgendogli la mano.
“Quindi tu fai l’idraulico…”, dico tanto per aprire un discorso.
“Già”, annuisce Niall.
“E… quanti anni hai?”, chiedo.
A occhio e croce gliene darei una ventina.
“Diciannove.”
“Ah…”, dico non sapendo cos’altro aggiungere.
Quindi, riepilogando: gente di diciannove anni che lavora e io che non faccio un cazzo dalla mattina alla sera. Potrei sempre mettermi a fare la bagnina per tutta l’estate, ma sinceramente non mi ci vedo a fare la respirazione bocca a bocca alle vecchiette.
“Aiuto mio padre” spiega il biondo. “Sai, anche lui fa l’idraulico.”
Se non fosse stato così carino, un ‘ma chi te l’ha chiesto?’ ci sarebbe stato tutto.
“Ma chi?”, domanda Liam.
Eh, no però. Io decido di essere gentile una volta tanto e ti ci metti tu a fare il coglione?
“Io, Liam”, gli impedisco di terminare la frase. “Io.”
“Davvero?”, esclama sorpreso.
“Ah – ah.”
“Davvero hai mangiato i croccanti del tuo gatto?”
“Ma cosa…?”, chiedo non capendo.
“Scusa un momento”, dice il moro per poi tirare fuori dall’orecchio un auricolare. 
“Dicevi?”, si riferisce poi a me.
“I-io? Niente di niente”, esclamo gesticolando imbarazzata. 
“Con chi parli?”, chiedo poi indicando l’auricolare che tiene in mano.
“Oh, con la mia prozia”, spiega lui.
“Anche a lei piace il cibo per gatti? È da sposare quella donna!”, si intromette zio Earl attirando i nostri sguardi straniti.
Ed è in momenti come questi che ti chiedi se quando sarai zia diventerai una rincoglionita totale.
“Ma ha ottantacinque anni!”, esclama Liam.
“E allora? Com’è che si dice? L’amore non ha età, giusto?”, ribatte Earl.
“Sì, ma non ha neanche ottantacinque anni”, osservo io.
“La casa è quasi intatta” si intromette un pompiere mostrandoci alcune foto. “Vi basterà comprare un nuovo forno.”
Osservando le foto dell’elettrodomestico completamente andato, una domanda mi sorge spontanea: “Zio?”.
“Sì, Shari?”
Ma tu dove minchia eri mentre l’incendio si divagava per tutta la cucina?”, quasi urlo.
“A godermelo con un sacchetto di popcorn tra le mani, no?”, esclama lui ovvio.
Strabuzzo gli occhi. “Cosa?”
“Scherzavo!”, mi rassicura poi. “Ero immerso nell’olio di jojoba nella vasca da bagno.”
“Olio di jojoba?”
“Certo! Idrata la pelle, non lo sai? Inoltre previene le rughe premature!”, spiega lo zio gesticolando animatamente.
“Ho seri dubbi che le tue rughe siano premature”, sussurro.
“Cosa, piccola?”
“Ehm, niente zio, niente”, balbetto.
Intanto noto che Niall si sta allontanando silenziosamente, così decido di fermarlo. “Dove vai?”
“A casa.”
“Aspetta!”, urlo facendo voltare tutti i pompieri verso di me.
Minchia guaddate?”, sbotto infastidita, così i pompieri tornano beatamente ai cazzi loro.
“Minchia ridi?”, mi riferisco poi a Niall.
“Uhm, niente”, si affretta a dire schiarendosi la voce e volgendo lo sguardo altrove.
“Allora io vado”, si congeda poi il biondo.
“No!”, urlo nuovamente e noto che i pompieri mi volgono sguardi che distolgono in seguito alla mia occhiataccia.
“Cioè, volevo dire… salvaguardiamo gli armadilli rosa!”, dico senza pensare.
“Amo il rosa”, commenta il pompiere che poco prima ci ha mostrato le foto.
“Odio gli armadilli”, mi aggiungo mentre Niall mi guarda stranito.
“Cosa c’è?”, fingo indifferenza.
“Posso andarmene o ti metti a urlare?”, chiede.
Sbuffo. “Minchia, tu sì che sai come mettere le persone a loro agio.”
“Dai, scherzavo!”, si difende il biondo.
“Shari!”, mi chiama mio zio. “Muovi il culo, andiamo a comprare il forno!”
“Senti una cosa…”, comincia Niall. “Posso sapere una cosa?”
“Cosa?”, domando.
“Qual è il tuo nome completo? Cioè, Shari è l’abbreviazione di…?”, mi chiede.
Strabuzzo gli occhi. Nessuno mi aveva mai fatto una domanda simile. “Come sarebbe? Shari è Shari e basta, non c’è nessuna abbreviazione!”
“Quindi il tuo nome completo è Sharon?”, suppone lui.
“Ma parlo egiziano? Cinese? Ostrogoto? Arabo?”
“Ho capito, basta!”, mi interrompe il biondo.
“Io mi chiamo Shari, non Sharon, Sha – ri!”, spiego come se parlassi ad un bambino di cinque anni.
“Ho capito, ma Shari non è l’abbreviazione di…”
“No!”, quasi urlo.
“Va bene, calmati!”, esclama Niall.
Sono calmissima!”, grido.
“Non mi pare”, controbatte il biondo.
“Forse ho esagerato un po’…”, osservo.
“Ma un po’ tanto.”
“Non influire!”
“Va bene, io vado”, esclama.
“No!”, urlo nuovamente.
“Cioè, volevo dire…”, balbetto poi.
“Shari, muoviti! Il forno non si compra da solo!”, mi richiama Earl.
“Ah, sì, ecco! Senti, ti va di venire con noi?”, propongo a Niall.
Mi volge uno sguardo interrogativo.
“Io e mio zio andiamo a comprare un forno nuovo perché, sai, quello vecchio è… sì, ecco, non è più qui con noi… comunque mio zio non ha un gran gusto e io nemmeno a dire la verità, quindi mi chiedevo se tu potessi… accompagnarci”, concludo finalmente il mio monologo.
“Ehm… d’accordo”, annuisce il biondo.
“Aaaaaaah”, urlo mentre Niall mi guarda stranito. “Cioè, volevo dire… bene, andiamo!
E mi incammino verso l’auto dello zio.

“Ma ne sei proprio sicuro?”, domando per l’ennesima volta mentre mi allaccio la cintura.
“Sì, Shari, sì!”, sbotta Earl.
“Ma sei sicuro al cento per cento? Sei sicurissimo? Ma proprio tanto sicuro? Non poco, eh! Tanto! Tantissimo! Allora, sei sicuro?”, blatero.
“Sì, Shari! Sono sicuro di avere la patente!”, esclama lo zio. “… almeno credo.”
“Ecco, lo sapevo! Moriremo tutti! Ti prego, zio, rimaniamo qui, usiamo il forno a microonde!”, lo supplico disperata.
Earl non mi dà ascolto e mette in moto l’auto.
Ho sempre avuto paura di stare in macchina con lui alla guida, sin da piccola. E come se non bastasse, papà mi parlava sempre degli innumerevoli incidenti dello zio, che lui definiva sempre “piccoli ed insignificanti graffi”. Io credo che sia molto più insignificante colui che lo ha fornito di patente – sempre che qualcuno l’abbia fatto.
Ecco, è partito. Come la mia speranza di sopravvivere.

Dopo uno stressante viaggio durato un paio d’ore, ci troviamo in un negozio di elettrodomestici.
“Ehi, che ne dite di questo?”, propone Earl.
“Ehm, zio?”
“Sì, Shari?” risponde l’interpellato.
“Quella è una lavatrice” lo informo.
“Ah.”
“Sì, tesoro, ci vediamo presto” sento intanto Niall parlare al cellulare con una tizia che mi sta sul culo solo perché è soprannominata ‘tesoro’.
“Con chi parlavi?” chiedo irritata una volta che il biondo ha riattaccato.
“Shari, cosa ti ho insegnato?” si intromette Earl con un sorriso comprensivo stampato in volto “Fatti i cazzi tuoi, che campi cent’anni.”
“Tu stanne fuori!” sbraito.
“Allora, dove eravamo rimasti?” mi rivolgo poi a Horan, il quale mi fissa impaurito.
“Con mia…” inizia lui.
“Con chi?, la tua ragazza forse? Tanto lo so che hai una fidanzata, un figo come te non può essere libero.” Minchia, non posso averlo detto davvero. E non posso aver fatto la parte della compagna gelosa… anche perché io e lui non siamo niente. Che sfiga.
Che minchiona.’
Ma tu chi cazzo sei?
Sono Coscienza, idiota.’
Idiota a chi? Sei tu che hai sbagliato storia, minchiona.
Ah, scusa.’
“Grazie per il complimento” mi sorride Niall interrompendo i miei dialoghi mentali “Comunque sono libero e parlavo con mia sorella.”
“Davvero?” domando esaltata “Cioè, volevo dire… pen… ehm, bene.” Ed ecco l’ennesima figura di merda.
“Guarda che non ti mangio mica” mi rassicura il biondo.
Ah, che sollievo… aspetta, cosa? “E questo cosa centra?”.
“Si vede che sei agitata, quindi calmati, non sono un vampiro” continua Niall.
“Io non ho paura dei vampiri” ribatto piccata.
Il biondo si gira per un attimo e quando mi volge nuovamente lo sguardo non posso non notare i lunghi e affilati canini. Occazzo, adesso mi morde e mi uccide. Qui è meglio andare.
“Aaaaaaaaaah!” strillo come un’ossessa prima di iniziare a correre.
Qualche metro dopo mi volto sentendo Niall ridere a più non posso, sputando i canini finti.
“Muori, troio!” urlo.
“Ma tuo nonno!” ribatte “Troio?”
“Sì, troio” ripeto “Hai qualcosa contro la parola troio? Oh, scusami non volevo dire troio. Aspetta, ho davvero detto troio? Ops, l’ho fatto di nuovo, ho ripetuto troio, che è il maschile di troia… troio…”
Basta!” urla Horan “Piantala di dire troio! Oh, no, ho detto troio! No, di nuovo! Aiutami a smettere di dire troio!”
Taci!” sbraito “Io diventerò la signora Horan, il discorso è chiuso.” No. Non posso averlo detto. E poi che minchia penso a lui come a un potenziale marito? Va bene che è un figo, ma… okay, lo ammetto, non trovo obiezioni che stiano in piedi.
Niall mi guarda con gli occhi sbarrati.
“Prendo una pala e mi sotterro viva, ho capito” dico in un sussurro.
“No, aspetta” mi ferma il biondo. Oddio, che emozione! Tra poco mi attirerà a sé, mi dirà di non uccidermi e mi bacerà appassionatamente. The End.
“Che ne dici di questo forno?” propone.
“Ehm, Niall?”
“Sì, Shari?” risponde l’interpellato.
“Quella è una lavastoviglie.”










 
CUPCAKE.
Salve bella gente.(?)
No, okay. come minchia mi permetto di venire qui a scassarvi la minchia dopo quasi due mesi? fatemi quello che volete, sopporterò. *si prepara*
seriamente, scusate. :c
Ma a parte le scuse, gli insulti e le folle armate di fuoco e forconi, che dovrebbero essere infinite, che ne pensate del capitolo? *parla al muro perché tutti se ne sono andati a leggere altre storie*
A me piace abbastanza... il personaggio di Niall vi piace? io sinceramente lo amo, è asdfghj.♥-♥ ho voluto farlo un po' stravagante tipo Shari per non creare un personaggio "perfetto" (perché Horan lo è già abbastanza
♥)
comunque grazie per le recensioni meravigliose... poche ma buone, no? c:


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Baci,
Marty.

 

*lei è Olivia Sanderson (Amanda Seyfried); ho dimenticato di mettervela nel capitolo precedente, sorry.*

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Capitolo 4
*** I'm cooking pancakes, yeah! ***






 
4.
I'm cooking pancakes, yeah!


 
Il negozio è in fase di chiusura; preghiamo la gentile clientela di recarsi alle casse al più presto’ annuncia una voce all’altoparlante.
Siamo alla ricerca di un forno da praticamente tutto il pomeriggio, eppure a breve andremo a casa a mani vuote.
L’altoparlante ripete l’annuncio di poco fa. Ho la vaga impressione che stia parlando con noi, dato che a quanto pare siamo rimasti gli unici clienti.
“Sì!”, esclama zio Earl. “Sei tu!
Mi volto verso di lui e non posso fare a meno di notare il forno nero che sta ammirando con uno sguardo a dir poco affascinato. 
Il forno perfetto” esclama ammirando l’elettrodomestico. “Mi scusi” si rivolge poi a una commessa intenta a sistemare qualche cartello non lontano da noi.
Lo zio sta per parlare, quando l’ennesimo richiamo dell’altoparlante lo interrompe.
“Ho capito, cazzo!” sbotta esasperato, guardando con sguardo omicida quello che dovrebbe essere il dispositivo da cui provengono gli avvisi. “Adesso me ne vado.”
Subito dopo si schiarisce la voce e rivolto alla commessa interpellata poco prima: “Mi scusi, vorrei acquistare questo capolavoro”.
“Oh, sta parlando del forno?” domanda quest’ultima.
“No, dell’ornitorinco che ci ha cagato sopra” mi intrometto spazientita. “Vede qualche altro elettrodomestico qui in giro?”
Mi rendo conto solo dopo di trovarmi in un negozio che vende esclusivamente elettrodomestici.
“Almeno una quarantina” osserva Niall.
“Taci tu” lo zittisco bruscamente.
Nessuno osa più proferire parola.
Aspetto qualche secondo prima di interrompere il silenzio: “Vuole gentilmente darci il forno o aspetta di vedere una mucca rosa ballare il flamenco?”
La commessa mi fissa con occhi sbarrati. “Ehm… John?”, dice a un commesso non lontano da noi “Un forno modello F129 per i signori, grazie”.

Finalmente arriviamo di fronte alla villetta dello zio. Si sente ancora una leggera puzza di fumo.
“Ti accompagno a casa, Niall?” domanda zio Earl davanti all’ingresso.
Sì, sì, sì, sì, sì e certo che sì.
“Non ce n’è bisogno, vado da solo.”
Altrochè se ce n’è bisogno.
“Sicuro?” insiste ancora lo zio.
No, no, no, no, no e assolutamente no.
“Sì.”
Eh, ma vaffanculo allora.
“A presto” saluta il biondo prima di allontanarsi.
Significa che vuole vedermi? A presto vuol dire che prima o poi ci si rivede, giusto? Per me non ci sono problemi, io ho tempo.
Smetto di pensarci e varco l’ingresso di casa.

Il calore del sole d’estate mi avvolge e una brezza leggera e piacevole, proveniente dalla finestra semiaperta della camera degli ospiti, si insinua tra i miei lunghi capelli castani. Mi stiracchio e mi alzo sbadigliando, avvicinandomi alla finestra per godermi l’aria fresca del mattino. Faccio un lungo respiro, mi sento più serena che mai. Inizio a canticchiare sulle note del cinguettio dei passeri e…
Preparo i pancake, oh sì, preparo i pancake! Ehilà, baby, preparo i pancake!
Oh mio Dio. Che canzone di merda, passeri.
Sto cucinando i pancake, yeah!
Ah, è mio zio. Tutto normale, allora. Indosso una canottiera nera e un paio di pantaloncini di jeans e vado in cucina.

“Buongiorno, zio” esclamo stiracchiandomi.
“Buongiorno Shari!” dice lui di rimando “Preparo i pancake.”
“L’avevo intuito.”
“Ah.” Sul volto di zio Earl compare un’espressione delusa. “Doveva essere una sorpresa.”
Ah, beh, certo. Urlalo ai quattro venti, splendida sorpresa.
“Vuoi assaggiare?” Zio Earl mette alcuni pancake in un piatto e me lo porge.
Non me lo faccio ripetere due volte: afferro il piatto e una forchetta e in tempo record ho già ingoiato metà portata.
Lo zio mi guarda in attesa del mio giudizio.
“Uhm…” dico masticando “Sì, ecco…” continuo a temporeggiare tanto per mantenere un po’ di suspense.
“Buoni” concludo infine.
“Solo?” Earl appare deluso.
“Deliziosi” mi correggo “I migliori pancake che abbia mai mangiato.”
“Sì, ecco, modestamente…”
Improvvisamente qualcosa mi si incastra in gola e inizio a tossire ripetutamente.
“Shari, ti stai strozzando?” domanda zio Earl.
Ma che cazzo di domande fai? Certo che mi sto strozzando, coglione!, gli risponderei se solo ci riuscissi.
“Ehm… chiamo la polizia!” annuncia precipitandosi al telefono.
La cosa più strana è che la frase dello zio non mi sorprende affatto: insomma, ieri ha chiamato l’idraulico per spegnere un incendio.
E che idraulico!
Finalmente riesco a sputare la cosa che fino a un momento fa mi ostruiva la gola. Era un… bullone. Appoggio immediatamente la forchetta nel piatto e allontano quest’ultimo. Non mi sorprenderebbe trovare anche il cacciavite.
“Sì, pronto?” sento intanto Earl parlare in salotto “Mia nipote ha subito un infortunio … sì, alla gola … no, non è stata accoltellata … no, non è stata aggredita … si sta strozzando … no, non seguo nessuna terapia … no, non vado da uno psichiatra … arrivederci.”
“Che maleducato” borbotta lo zio tornando in cucina “Mi ha dato del menomato mentale; mi ha persino dato il numero di un bravo psichiatra!”
“Perché nel mio pancake c’era un bullone?” chiedo, ignorando la sua precedente affermazione.
“Stavo aggiustando il tubo del lavandino… c’era una perdita” spiega Earl “Dammelo, comunque; mi serve.”
“Cosa?”
“Il bullone, no?”
“No, dico… cosa?!” Strabuzzo gli occhi. “Io mi stavo strozzando con quel coso e tu lo rivuoi indietro?!!”
“I bulloni costano, sai?”

Sto felicemente leggendo un libro nella mia camera; è un horror. Tra poco viene lo stupratore, me lo sento. Sicuramente la ragazza scapperà dalle scale anziché – molto più intelligentemente - dalla porta oppure si starà facendo la doccia nonostante non serva (puzza di sterco di mucca e continuerà a farlo) o magari sia l’uno che l’altro: uscirà dalla doccia e scapperà su per le scale (magari finirà in soffitta e troverà un topo radioattivo che la morderà e la ucciderà).
Sì, io i libri li leggo così: inventandomi il finale e talvolta anche l’odore dei personaggi.
Lo squillo del mio cellulare mi interrompe.

Da: la mia ragione di vita Liam
A: Shari

“Ho avuto un’idea geniale, ma ho bisogno di un’opinione femminile, vieni.
Liam x”


Visto? Far gentilmente notare le cose fastidiose serve: Liam ha ucciso due ‘x’; con l’ultima me la vedo io, tranquilli.

Da: Shari
A: la mia ragione di vita Liam

“Non scassare i panini, Liam, sto leggendo.
Shari
P.S. Lo sai che ti voglio bene :)”


Poso il cellulare sul comodino e riprendo la lettura. La protagonista sta entrando nella doccia. La porta sul retro è aperta (minchiona, chiudila!). La maniglia emette un rumore sinistro. Dei passi lenti e pacati. Un respiro accentuato. Sale le scale, arriva davanti al bagno, apre la porta, Tizia è sotto la doccia, sente, indossa al volo un asciugamano ed esce e poi… “Ciao cucciolotta cucciolosa del papà!” Oh, ma vaffanculo, è solo suo padre. Sbuffo sonoramente prima di gettare noncurante il libro nel cestino. Tanto prima o poi Tizia morirà di paura, si sa, quindi perché andare avanti a leggerlo?
Solo una volta terminata la mia riflessione, mi accorgo che lo schermo del mio cellulare sta lampeggiando.

1 nuovo messaggio

Da: la mia ragione di vita Liam
A: Shari

“Tu non leggi nemmeno il tuo nome sulla patente.
Liam
P.S. Ti voglio bene anch‘io… se vieni ;)”


Vai a cagare, Liam. Ti accompagno io, ma solo perché hai tolto la ‘x’ dalla firma.

Da: Shari
A: la mia ragione di vita Liam

“Io non ho la patente, minchione. Arrivo.
Shari”


Inviato il messaggio e avvisato lo zio (supplicandolo di non cucinare lo stufato), esco di casa e nel giro di qualche minuto arrivo da Liam.
Non ho neppure il tempo di suonare il campanello, che una mano mi trascina dentro casa.
“Piano, non scappo!” sbraito contro Liam, toccandomi il braccio strattonato.
“Non si sa mai.”
Ah – ah – ah. Davvero molto simpatico.
“Che cosa vuoi?” chiedo.
“Un’opinione femminile, te l’ho detto” risponde lui con un’alzata di spalle.
“I puledri rosa fanno cagare” dico “Ecco un’opinione femminile.”
Specifica almeno, eh.
“Voi credete nelle coincidenze?” chiede “Dico, voi ragazze…”
Ah boh. Personalmente credo solo nella sfiga.
“Io… credo… magari… boh, ma che ne so!” balbetto “Perché?”
“Se Olivia mi incontrasse casualmente per strada, magari più di una volta, non crederebbe alle coincidenze e magari capirebbe che noi due siamo nati per stare insieme” dice Liam tutto d’un fiato “Giusto?”
Ora sì che posso spaventarmi. “Cos’hai in mente?”
“La fede che le regalerò quando ci sposeremo.”
“No, quindi tu pensi di seguirla e incontrarla per caso…” riassumo “E speri che lei ci caschi e creda nel fatto che voi due siate destinati a stare insieme?”
“Uhm… certo.”
Forse è una genialata… no, dico, organizzare degli incontri casuali.
“Se lei fosse un ragazzo, pensi che ci cascherebbe?” chiedo.
Mi guarda stranito. “Non credo di aver capito…”
“I maschi credono nelle coincidenze?”
“Sì… credo…”
“Quindi se improvvisamente l’impianto idraulico a casa dello zio avesse una serie di guasti, nessuno sospetterebbe di qualcuno in particolare” rifletto ad alta voce “Giusto?”
Sembra spaventato. “Cos’hai in mente?”
Niall Horan.









 

CUPCAKE.
Zalve gente.(?)
Tadàà. Ho aggiornato, visto? Dopo non so nemmeno quanto tempo, ma ho aggiornato, no?
Sul serio, scusatemi, davvero... la mia ispirazione se n'era andata via con i puledri rosa e gli ornitorinchi striati(?)
Per farmi perdonare, ecco un capitolo bello lungo (cinque pagine di word *w*)... boh, spero vi piaccia.c:
Giuro che da ora mi impegnerò al massimo per aggiornare in tempi più decenti(?)


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Baci,
Marty.

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