Infernal College

di Very_Nini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prime Impressioni ***
Capitolo 2: *** 2. Gatti sul tetto ***



Capitolo 1
*** 1. Prime Impressioni ***


infernal college

 
1. Prime impressioni

 
Appena la lussuosa BMV nera si fermò davanti all’edificio, la ragazza provò uno strano senso di nausea.

Era appena arrivata e già lo odiava.

Odiava quelle pareti giallicce da cui trasudava polvere e sporcizia.

Odiava gli spessi e sporchi finestroni opachi.

E soprattutto odiava l’unticcio sorrisino che la direttrice le stava rivolgendo.

Era talmente falso da somigliare più ad una colica che ad un sorriso.

Tuttavia, il suo anno scolastico dipendeva da ciò che questa donna pensava, e uscire dall’auto scocciata come lo era adesso non lo reputava una buona idea.

Doveva sorridere.

O almeno sforzarsi di far sembrare quella smorfia un allegro sorriso.

- Se lo desiderate faccio ancora in tempo ad andarmene, miss Hilary-

La ragazza scosse la testa.

- Grazie Artemis, ma sapete già che non posso. I miei genitori sono stati piuttosto chiari a riguardo. Se telefonando in segreteria scoprissero che la loro figliola non sta frequentando questo dannatissimo collegio…-

- Istituto, miss Hilary- precisò l’autista.

- Quello che è, si arrabbierebbero con me, che mi sono ribellata ad un loro ordine, e con lei, che mi ha aiutato nella fuga. E concorderete con me che i miei infuriati non promettono nulla di buono-

L’autista annuì, complice – Sagge parole, miss Hilary-

Hilary sospirò, portandosi dietro ad un orecchio una ciocca di capelli color cioccolata.

- Allora io vado, Artemis-

- Ci rivedremo tra un anno, miss Hilary-

Hilary, la mano sulla maniglia della portiera, sorrise.

- Un anno Artemis…è molto più tempo di quello che si pensa-

- Lo so miss Hilary. Ma lei è una ragazza forte. Sento che saprà superarlo nel migliore dei modi-

- Passare i tuoi sedici anni in un collegio di sfigati non è proprio il massimo – disse, aprendo lo sportello – Ma come dice lei, Artemis, saprò cavarmela al meglio-

L’autista abbozzò un sorriso.

- Per questo la stimo, miss Hilary-

- Ci vediamo tra un anno, Artemis- fece Hilary, ormai fuori dal rassicurante abitacolo dell’auto.

- A presto, miss Hilary-

E con un colpo secco chiuse definitivamente la portiera, sospirando pesantemente, mentre la sua ultima possibilità di fuga dal quel posto orribile spariva dalla sua vista, svoltando l’angolo.

- Signorina Tachibana!- gridò la voce più melensa e fastidiosa che avesse mai sentito.

Hilary fu costretta a voltarsi.

Le sue labbra, oltre ad essere abbellite da una leggera passata di lucidalabbra, era piegate in un sorriso più finto del naso aquilino della donna che le stava venendo incontro.

- Piacere di conoscerla!- disse con quella solita vocina odiosa, stringendole inaspettatamente la mano – Io sono la direttrice di questo istituto, la signorina Kakegama!-

“Signorina?” si ritrovò a pensare immediatamente Hilary, trattenendo una risata “ Questa qui avrà già sessant’anni suonati”

- Siamo tutti molto orgogliosi di accogliere nel nostro umile edificio una studentessa brillante come lei, con una famiglia così benestante, oltretutto-

Era vero.

La famiglia Tachibana era una delle più influenti di tutto il Giappone.

Suo padre, il signor Takagi Tachibana, cresciuto in povertà, si era fatto conoscere grazie alla sua passione per le auto da corsa e al suo spiccato senso per gli affari , che lo avevano portato, in fretta, a fondare una delle più note case automobilistiche giapponesi.

Chiunque, nel mondo delle corse, sapeva chi era il signor Tachibana e quanta strada aveva fatto per arrivare dov’era ora.

Sua madre, invece, Mayu Taneda, in passato una famosa modella, era passata a fare la giornalista per Vogue, scoprendo la sua passione per il giornalismo e la scrittura, pubblicando perfino alcuni libri sul rapporto di coppia.

Una famiglia di talenti, compresa lei, la figlia prodigio, miss Hilary Osaki.

La ragazza invidiata da tutti, che aveva tutto e poteva permettersi ancora di più.

- Ma venga signorina Tachibana. Parleremo con più calma nel mio ufficio-

Hilary annuì, e si lasciò guidare docilmente dalla donna all’interno dell’edificio, trascinando dietro di se un pesante baule.

Solo ora, camminando dietro la donna, si trovò ad osservare il suo abbigliamento.

Una camicia grigia, forse un tempo bianca, e dal collo alto copriva la pelle avvizzita della direttrice, mentre una gonna nera, lunga fino alle caviglie, lasciava intravedere un orrendo paio di mocassini grigio scuro, consumati dal tempo.

Ed infine i capelli, ormai grigi, erano raccolti in una rigida crocchia dalla quale non sfuggiva nemmeno un capello.

Finito di squadrare la direttrice, Hilary passò a ciò che la circondava.

Non che ci fosse poi molto da dire, su ciò che le stava attorno.

Le mura odoravano di muffa, il pavimento era lurido e l’aria sapeva di chiuso.

Dando una rapida occhiata alle finestre, poté vedere la polvere annidata negli angoli.

Chissà da quanto tempo questo corridoio non prendeva una bella boccata d’aria.

Ad entrambi i lati del corridoio, le porte delle classi si stagliavano minacciose e polverose.

Tutte chiuse, circondate da un silenzio innaturale.

- Scusi signora…- disse Hilary, curiosa.

La direttrice si bloccò, scoccandole un’occhiata assassina – Signorina, prego. Non sono mai stata sposata-

Hilary deglutì – Sì mi scusi. Signorina, è normale che ci sia questo silenzio?-

La direttrice accennò ad un nuovo, mieloso, sorriso.

- Noi siamo un istituto serio e ligio al dovere, miss Osaki. Qui gli alunni rispettano le regole e il corpo insegnate, senza discussioni-

Hilary annuì.

Improvvisamente, il rumore di una finestra infranta risuonò per il corridoio.

Hilary si voltò, preoccupata.

- Dove crede di andare, signor Hiwatari? La lezione non è ancora…-

- Me ne sbatto della sua fottutissima lezione, caro professore-

Un ragazzo sui diciassette anni uscì tranquillamente dalla classe, le braccia dietro la nuca.

Hilary lo guardò, stranamente interessata.

- Signor Hiwatari si fermi!- ordinò la direttrice, puntandogli un dito contro, utilizzando nuovamente quell’odiosa vocina acuta.

Il ragazzo si fermò.

Poi si voltò verso la donna.

Sul suo volto, un sorriso stranamente beffardo.

Hilary incrociò quasi immediatamente i suoi occhi.

“Occhi viola” pensò Hilary, come paralizzata, trattenendo il respiro e osservando il progressivo avanzamento del ragazzo “molto rari…”

- Non ti vergogni, piccolo bastardo?-

Se Hilary fosse stata in condizioni diverse, si sarebbe certamente accorta di come la voce della direttrice, prima unticcia e rivoltante, fosse diventata glaciale.

Ma purtroppo, non riusciva a staccare gli occhi da quelli del ragazzo, che man mano che si avvicinava, continuava a fissarla con insistenza, bloccandole il respiro.

- Hai sentito Hiwatari? Sai già la punizione che ti spetta…-

- E sta un po’ zitta vecchia- disse il ragazzo in un sibilo – Ora ho da fare. Non ho tempo per ascoltare le tue cazzate-

E continuò a dirigersi verso Hilary, osservando i suoi capelli, il suo viso, il suo corpo sinuoso da sedicenne.

- Key Hiwatari. Key può bastare- disse, a freddo.

Hilary sussultò. Quella voce…probabilmente non l’aveva immaginata così. Roca, autoritaria e…suadente.

- Io…io mi chiamo Hila…-

Ma Key le fece morire le parole in gola, avvicinandosi a tal punto da avere il suo respiro sul collo. Hilary sentì che era caldo. E piacevole.

- Da oggi sei mia-

E le leccò avidamente l’angolo sinistro della bocca, come se stesse mettendo un marchio invisibile sulla ragazza.

Poi si allontanò, come se niente fosse, a braccia conserte.

- Ricordatelo- urlò, per poi ghignare selvaggiamente fino a svoltare l’angolo, lasciando che la sua risata si perdesse nell’aria.

Hilary, lo aveva seguito con gli occhi per tutto il tempo, incapace di fare altro, incredula, spaventata e stranamente eccitata, toccandosi di tanto in tanto quel maledettissimo punto in cui Key aveva posto il suo segno.

- Signorina Tachibana si sente bene?-

Ecco che il tono stridulo e zuccheroso era tornato nella bocca della direttrice.

- Io credo…credo di sì…- rispose Hilary, ancora frastornata. Il suo odore l’avvolgeva ancora completamente, forte, come se fosse ancora lì davanti a lei, intento a respirarle sul collo.

- Fortunatamente – disse la direttrice, porgendole un fazzoletto di stoffa scolorito, evidentemente per pulirsi la bocca – Non sono tutti come Hiwatari nel nostro istituto. Ci sono anche ragazzi che hanno voglia di apprendere e studiare…-

- Hey nuova! Hai davvero un bel sedere, te lo ha mai detto nessuno?-

- Really beautiful!-

- Voi due siete davvero dei pervertiti…-

“ È bello sapere di essere appena arrivata e di avere tre ragazzi alle spalle che commentano le fattezze del tuo fondoschiena” pensò Hilary, in un mezzo sorriso, ormai pronta a tutto, voltandosi.

- E sei pure fica da davanti!-

- Yeah!-

- Pervertiti…-

- Ma sta zitto che pure tu hai commentato!-

- Kinomiya, Mizuhara, Kon voi dovreste essere in classe!- sbottò la direttrice.

Il primo ragazzo, quello dai capelli blu, che aveva detto apertamente cosa pensava del suo sedere, fece spallucce.

- Il prof ci ha cacciato dalla classe così stiamo girando a caso per i corridoi-

Il secondo, forse, ad aver parlato, doveva essere americano, o alla peggio inglese, visti i capelli biondi e i grandi occhi azzurri. Per non parlare poi della parlata.

- Deve credergli direttrice. Takao dice il vero!-

Ed infine, l’ultimo dei tre, aveva lunghi capelli neri, legati in una coda bassa, e occhi fortemente orientali. Forse il più educato dei tre.

Takao, ignorando la direttrice, si diresse verso Hilary, tendendole la mano.

- Ciao bella ragazza! Io sono Takao Kinomiya. Mentre lui è Max Mizuhara – disse indicando il biondo, che la salutò con la mano e un allegro “Hello” – mentre lui è Rei Kon- finì, indicando il cinese, che la salutò con un cenno del capo.

- Io mi chiamo Hilary Osaki- fece Hilary, sorridendo.

Quei tre non le facevano lo stesso effetto di lui.

- Per caso hai visto passare Key da queste parti?- chiese Max, facendosi avanti.

Un brivido percorse la schiena della ragazza.

- Il ragazzo dagli occhi viola e i capelli bicolore?-

Max annuì.

- È andato di là- e indicò il punto in cui Key era sparito alla sua vista.

- Thanks Hilary!-

E tutti e tre si diressero in quella direzione, sparendo anch’essi.

La direttrice, che aveva guardato ammutolita l’intera faccenda, riprese a parlare.

- Signorina Tachibana sono così dispiaciuta! È solo il primo giorno e ha già incontrato il peggio dell’ istituto!-

Hilary tentò di rassicurarla.

- Tanto prima o poi avrei dovuto incontrarli comunque, non crede?-

La donna annuì tristemente, aprendo la porta del suo ufficio.

- Prego si sieda-

E Hilary si sedette.

- Queste sono le chiavi della sua stanza, la 207. In attesa di una sistemazione singola spero non le dispiacerà dividere la stanza con altre due studentesse-

Hilary sorrise – Si figuri-

- La divisa è già stata portata in camera, così come i suoi effetti personali e i suoi libri-

- Perfetto! Allora io andrei…- fece Hilary, alzandosi dalla sedia.

- Un ultima cosa, miss Tachibana…- disse la direttrice, indicando i suoi capelli – Per domani mattina li voglio perfettamente legati, d’accordo?-

Hilary annuì e sparì dall’ufficio.

 
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- 207…207…- ripeteva a bassa voce Hilary, osservando i numeri delle stanze che le scorrevano accanto.

- 205…206…Oh eccola!- fece, prendendo le chiavi e inserendole.

Tuttavia la porta si aprì senza bisogno di usarle.

- C’è nessuno?- urlò Hilary, quando fu all’interno – Mi chiamo Hilary e…-

Si sentì afferrare il volto da dietro.

- Sei carina Hilary. Vuoi divertirti come me?-

Una voce femminile, alla quale apparteneva la mano che in quel preciso istante la stava accarezzando, le entrò nelle orecchie.

Poi quella persona si rese visibile ai suoi occhi.

Era una ragazza bionda, dagli occhi azzurri e il sorriso malizioso.

- Allora vuoi divertirti come me, Hilly?- ripeté nuovamente, leccandosi le labbra – potremo fare tanti bei giochetti…noi due da sole…-

- Smettila Claire!-

Un’altra voce femminile, proveniente dal bagno, fu l’unica cosa che riuscì a fermare Claire dall’intento di baciare la mora.

- Non vorrai spaventarla appena arrivata, la nostra Hilly-

Una ragazza sui diciotto anni, sigaretta in bocca, corti capelli neri e occhi rossi, la stava squadrando. E non sembrava molto contenta.

- Sai Hilly…appena ti ho vista scendere da quella cazzo di BMV nera ho capito che tipo di persona sei. La classica figlioccia di papà che viene liquidata per un anno intero dalla sua famiglia in uno squallidissimo collegio. La ragazza perfetta, bella, carina e simpatica, con ottimi voti e un’altrettanto buona reputazione, che si permette di guardare dall’alto in basso gli altri – Hilary cercò di parlare, ma la ragazza, con uno scatto, le si posizionò davanti, spingendo Claire di lato, tappandole la bocca con una mano – Bhè…se credi che questo sia il posto giusto dove poter comandare a tuo piacimento gli altri, hai sbagliato luogo dolcezza. La gente come te è solo feccia, e qui non esiteranno ad ammazzarti di botte. Se fossi in te righerei dritto, Hilly. Ritornare a casa con delle costole fratturate non è il massimo…-

E detto questo se ne andò, seguita a ruota da Claire, sbattendo la porta.

Hilary, dopo alcuni istanti, si accasciò a terra.

Tremava.

Forse non erano tutti degli sfigati, in questo dannatissimo collegio.

 

Ditemi cosa ne pensate. È la prima ficcy su BeyBlade che scrivo xD

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Capitolo 2
*** 2. Gatti sul tetto ***


2. Gatti sul tetto

 
7.00 del mattino.

Hilary Tachibana premeva con forza i tasti del telefono, come se volesse sfondarli.

E batteva febbrilmente un piede a terra, spazientita.

“ Fa che risponda qualcuno a questo maledetto telefono…ti prego…” pensava, attorcigliando il filo nero della cornetta attorno il suo indice.

“ A quest’ora dovrebbero essere già svegli…perché non…”

- Pronto. Qui è la residenza Tachibana. Con chi desidera parlare?- disse una voce femminile, molto professionale, dall’altro capo della cornetta.

- Rachel sei tu?- disse Hilary,a bassa voce.

Ci furono alcuni secondi di silenzio e poi la voce parlo di nuovo.

- Miss…miss Hilary! Siete voi?- fece la voce, passando ad un tono più rilassato.

- Oh Rachel sono così felice di sentire la vostra voce!-

- Anche io signorina Hilary! Ma ditemi, come stanno andando le cose all’istituto? Avete passato bene la vostra prima notte?-

Hilary sospirò.

- Era proprio di questo che volevo parlare. Papà e mamma stanno dormendo?-

La cameriera esitò – Veramente miss Hilary sono partiti questa mattina presto. Li aspettavano oggi pomeriggio in Germania e non credo che…-

- Lo sapevo!- gridò Hilary, furiosa – L’idea di spedirmi in questo schifosissimo collegio era solo una scusa per viaggiare da soli attorno al mondo!-

- Signorina Hilary si calmi, la prego…- cercò di tranquillizzarla la cameriera, fino a quando non la sentì singhiozzare sommessamente.

- Miss Hilary…-

- L’ho sempre saputo di essere solo un inutile peso per loro. Di essere l’ostacolo che frena ogni loro divertimento – e si asciugò le lacrime con il palmo della mano – Scommetto che vedermi andare via ieri mattina e sapere di non avermi tra i piedi per un anno intero deve essere stato un vero toccasana per loro…-

La cameriera cercò di rassicurarla – Su miss Hilary…non dite così. I vostri genitori le vogliono bene…-

- Non è vero Rachel!- sbottò nuovamente la ragazza, in prede al pianto e alla rabbia – Sai benissimo anche tu che sono e sarò per sempre ai loro occhio lo sbaglio di una notte. Ho ascoltato i loro discorsi, so che è così…-

Rachel si coprì la bocca con una mano.

- Miss Hilary…- disse, a voce bassissima – Io non sapevo che voi foste a conoscenza di quei discorsi…-

Hilary tirò su col naso – Credimi Rachel. Vorrei tanto esserne rimasta all’oscuro…-

E seguirono diversi minuti di silenzio, nei quali la cameriera ascoltò ogni singolo rumore proveniente dall’altro capo della cornetta, con il cuore a pezzi, tanto era l’affetto che provava per la signorina Tachibana; e Hilary si sfogò con un bel pianto liberatorio di tutti i problemi che l’assillavano da mesi, che le pesavano come un macigno sulla coscienza.

- Signorina Hilary…si sente meglio?- chiese ad un certo punto la cameriera, quando dal telefono non proveniva nient’altro che silenzio.

- Sì Rachel…grazie-

La cameriera tirò un sospiro di sollievo.

- Vorrei chiedervi una cosa, miss Hilary-

- Ditemi…-

- Come mai avete chiamato così presto? Sono appena le 7.40 del mattino…-

Hilary rise, ma di una risata triste e amara.

- Se la cosa può consolarvi, questa notte non ho chiuso occhio-

- E perché mai?-

- Perché sono in camera con delle pazze psicopatiche, ecco perché. Una pervertita che prova costantemente a farmi partecipare ai suoi giochetti erotici e una specie di gangster al femminile che fuma dalla mattina alla sera e che appena arrivata mi ha fatto il resoconto di come funzionano le cose qui dentro: tieni la testa bassa e lascia fare a chi è meglio di te- spiegò, gesticolando freneticamente.

Alla cameriera scappò da ridere diverse volte.

- Scusate miss Hilary ma siete troppo divertente!-

Hilary sospirò – Oh Rachel se sapessi come stanno le cose qua dentro ti si accapponerebbe la pelle. Un branco di maniaci! E poi c’è un ragazzo che…-

E si bloccò.

- Avete già trovato un ragazzo che vi piace, miss Hilary?- chiese Rachel, con un pizzico di malizia.

- Sì…cioè no. È troppo serio per i miei gusti- affermò la ragazza, con decisione.

- Ma i ragazzi tenebrosi hanno un certo fascino!- fece la cameriera, con una risatina.

Hilary sbiancò – Rachel! Voi non dovreste dire certe cose!-

- Scusate miss Hilary, ma non ho saputo trattenermi!-

- Per questa volta vi perdono, ma la prossima…- disse Hilary, sorridendo – Oh no! Sono in ritardò pazzesco! E devo ancora vestirmi!-

Infatti, Hilary Tachibana era ancora in pigiama: una canottiera lilla che le arrivava fino all’inguine e dei pantaloncini corti, sempre in tinta, con le relative ciabatte coordinate.

- Scusa Rachel ma devo andare! Ti richiamo il prima possibile!-

- Arrivederci signorina Hilary. Vedrete che non è poi così terribile come sembra-

E chiuse il telefono, dirigendosi verso la sua camera.

 
******************************************************

 
- Perché non sei venuta a colazione?- le chiese Claire, la bionda, non appena entrò in camera.

Hilary fece spallucce – Non avevo fame…-

- Per caso il cibo della mensa non lo ritieni adatto al tuo rango, Hilly?- chiese la ragazza dai corti capelli corvini, arrivandole alle spalle, accompagnata dalla caratteristica puzza acre del fumo. Solo che questa volta teneva in mano anche una bottiglia di birra presa chissà dove.

Gli occhi di Claire si illuminarono – Oh Norah posso bere anche io? Posso? Posso?-

E Norah le passò la bottiglia, senza nemmeno risponderle.

- Io adoro il cibo delle mense, solo che…-

Norah le scoccò una occhiata omicida – Sarà meglio per te Hilly. La mattina sono piuttosto nervosa…-

E uscì dalla stanza, spegnendo prima la sigaretta a terra, pestandola.

- Hilary posso aiutarti a metterti la divisa se vuoi!- disse Claire, con voce suadente, abbassandole una spallina della canottiera.

Hilary si allontanò da lei in un lampo.

- No grazie. Non ho bisogno del tuo aiuto-

E così anche Claire se ne andò, sconsolata, dalla stanza.

“Finalmente sola…” pensò Hilary, buttandosi sul suo letto.

Stette alcuni istanti ad occhi chiusi, assaporando il silenzio che l’avvolgeva, e poi fissò la divisa che le aveva dato la direttrice.

Non era brutta.

Era semplicemente rivoltante.

Camicia bianca con tanto di cravatta nera e lo stemma dell’istituto cucito all’altezza del petto.

Gonna marrone scuro a balze che arrivava poco più su del ginocchio e calze lunghe che coprivano buona parte del polpaccio.

Infine, come tocco finale, simili mocassini a quelli che calzava la direttrice, erano le sue scarpe.

Hilary represse un coniato di vomito.

Tuttavia, sebbene riluttante, mise lo stesso quella divisa.

“Bhè…addosso fa un altro effetto…sembra più gradevole” pensò, mentre si lisciava la gonna con entrambe le mani, posando davanti allo specchio.

Prese la borsa e fece per uscire, ma si ricordò di una cosa.

Afferrò un elastico da sopra il comodino e legò i suoi bei capelli in una coda di cavallo.

La direttrice voleva i capelli legati e lei l’avrebbe accontentata.

A questo punto uscì veramente, pronta per affrontare il suo primo giorno di scuola.

 
**********************************************

 
8.15 di mattina.

- Dov’è questa maledetta classe?- urlò Hilary Tachibana al nulla assoluto, puntando i piedi in un qualsiasi corridoio di un qualsiasi piano dell’istituto.

“Calma Hilary…devi stare calma…” pensò, guardando l’orologio “Cosa! Sono già quindici minuti in ritardo! Porca…”

- Hey ciao!-

La ragazza si voltò e si trovò faccia a faccia con una strana ragazza dai capelli rosa confetto, quasi sicuramente tinti.

- Ciao…- disse, un po’ imbarazzata per la figuraccia appena fatta. Sicuramente doveva essere stata attirata dalle sue grida.

La ragazza/caramella sorrise, facendo dondolare la coda di cavallo.

- Tu devi essere Hilary Tachibana, giusto?- chiese la sconosciuta, tendendole la mano – Io mi chiamo Mao. Sono nella tua stessa classe-

- E come fai ad esserne sicura?- chiese Hilary, dubbiosa.

Mao sorrise nuovamente – Primo: sono capoclasse e se qualcuno viene aggiunto dalla direttrice sono la prima a saperlo. Secondo: la tua è la tipica reazione di un nuovo arrivato – Hilary divenne rossa in viso, sicura che parlasse delle sue grida – E terzo: ormai qui tutti sanno il tuo nome. Sei una specie di “novità”-

- “Novità?”- domandò, curiosa.

- Ma sì…la ragazza appena arrivata…carina da far perdere la testa…quella sulla quale farci un pensierino…hai presente?- spiegò Mao, gesticolando.

Hilary annuì.

- Bene…adesso che ti ho trovato ti mostro la strada per raggiungere la classe!-

E così le due ragazze si incamminarono, formando una minuscola fila indiana con a capo Mao, che camminava con passo svelto e spedito.

In realtà, la strada da dove Hilary era stata presa dal panico e la sua classe non era tanta, ma in momenti come questo è difficile mantenere la giusta lucidità per rendersi conto di queste cose.

Hilary camminava in silenzio, guardando le porte di tutte le classi alle quali passava davanti.

Improvvisamente una di queste si aprì.

Kai le fu davanti in un lampo.

I due si fissarono per istanti che sembrarono eterni, fino a che il ragazzo se ne andò nell’altra direzione.

- Hey Hiwatari!- lo chiamò Mao, gridando per il corridoio.

Ma lui era già lontano.

Mao si rivolse a Hilary, facendo spallucce – Non farci caso. Fa sempre così. Non riesco mai a fargli seguire una lezione-

Ma Hilary non la stava ascoltando.

Come poteva, dopotutto?

Quegli occhi erano in grado di esternarla dalla realtà con una facilità impressionante.

- Hilary sbrigati! La tua classe è di qua!-

La voce di Mao la fece sobbalzare, e dopo alcuni istanti, si decise a seguirla di nuovo.

- Ecco qua!- esclamò la ragazza, con un misto di soddisfazione – Ora devi sono piegare la maniglia ed entrare!-

E così fece, ritrovandosi in un baleno davanti ad una ventina di volti scocciati, per niente entusiasti di darle il benvenuto.

- Ciao! Io sono Hilary Tachibana e…- cominciò a presentarsi, facendosi coraggio, sfoggiando uno sfavillante sorriso.

- Vuoi venire a letto con me, piccola?- disse subito una voce maschile a caso, scatenando alcune risatine.

- Non è giusto!- protestò un’altra – Stavo per chiederlo io! Ma scommetto che farlo con entrambi non ti creerà problemi, vero Hilly?-

Stavolta le risate furono di più, e contagiarono anche le ragazze.

- Hey tu!- disse una ragazza dai tratti piuttosto mascolini, alzandosi e puntandole un dito contro – se provi a rubarmi il ragazzo ti prendo a calci!-

- Sì pure io!-

- Non provare a sedurre i nostri ragazzi, stupida ragazza ricca!-

Hilary voleva solo sparire.

Di solito sapeva ribattere a queste accuse, ma proprio non ce la faceva.

Continuava a subire, immobile, mentre tutti vomitavano sentenze.

Neppure la conoscevano e già dicevano queste cose.

Fortunatamente Mao la invitò a sedersi accanto a lei, ma fu lo stesso una lezione infernale.

Chi la fissava con uno sguardo capace di perforare la schiena, chi le tirava minuscoli pezzetti di gomma da cancellare tra i capelli e chi inviava bigliettini minatori tutti più o meno simili, sul fatto che avrebbe dovuto lasciare perdere e andarsene a casa.

Le arrivarono anche una decina di bigliettini che le intimavano di lasciare perdere Kai. Alcuni di questi veramente convincenti.

- Lascia perdere- le disse Mao, mentre si sedeva dopo essersi alzata a buttare l’ennesima manciata di bigliettini – Fanno così con tutti i nuovi arrivati-

Hilary annuì, ma fu lo stesso durissimo superare quelle ore di lezione.

L’unica cosa che la consolò fu il suono stridulo della campanella.

Infatti, la prima a lasciare l’aula dopo aver salutato Mao, fu proprio lei, sbattendo la porta.

 
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9.30 di sera.

- Hilly posso usare il bagno?-

La voce melensa di Claire, che ormai era abituata a sentire, riempiva la stanza già da alcuni minuti.

- Ti ho detto di no – rispose Hilary per la decima volta – Va a fare i tuoi bisogni nel bagno di qualcun altro!-

E così Claire, spazientita, uscì sbattendo la porta alle sue spalle, mormorando qualcosa sul fatto che le ragazze ricche sono più irascibili delle altre, probabilmente letta su qualche rivista.

Ma Hilary nemmeno la sentì, occupata com’era a piangere.

Si era rintanata lì subito dopo le lezioni, saltando il pranzo e la cena.

A dir la verità, era stata praticamente a digiuno per tutto il giorno, per essere precisi, dato che la pausa per la colazione l’aveva impiegata per telefonare a Rachel, e non si sentiva ancora pronta per affrontare di nuovo tutte quelle persone, sia a pranzo che a cena.

Almeno per oggi.

Si soffiò nuovamente il naso e poi uscì, stanca morta.

Ma appena messo il pigiama si rese conto di non avere sonno, e che in realtà, la stanchezza di prima era data dal lungo pianto che aveva fatto fin ora.

Così, infilando sopra il pigiama un maglione lungo fino ai ginocchi color panna, uscì a fare una passeggiata.

Il cielo era sereno, quella sera.

Tirava solo una leggera brezza autunnale, che la faceva rabbrividire, di tanto in tanto.

Non sapeva dove si trovasse, ne come fare per ritornare in camera, ma non le importava.

Si sedette a terra e sospirò.

“ Perché devo essere così?” pensò, fissando la Luna con un velo di tristezza nei grandi occhi marroni, leggermente gonfi e rossi per le troppe lacrime.

Tutto ad un tratto, qualcosa di peloso si strofinò sulla sua gamba, per poi scappare.

Hilary sussultò per lo spavento, ma curiosa com’era, decise di non perderlo di vista, spiandolo da dietro il muro.

“ È solo un gatto…” disse, sconsolata, osservando il micio bianco e nero leccarsi una zampa.

“ Ho perso solo tempo…” pensò, voltandosi, pronta per andarsene.

Ma un nuovo rumore attirò la sua attenzione, e la fece voltare nuovamente.

Kai Hiwatari, ancora in divisa, stava perfettamente immobile a pochi metri dal gatto, intento a fissarlo.

“Oddio!” pensò Hilary, preparandosi al peggio “Cosa vorrai fargli?”

Invece, il ragazzo la stupì.

Sul suo volto si stampò un piccolo sorriso, ma non beffardo come quello che aveva rivolto a lei appena l’aveva incontrata, bensì piuttosto rilassato.

Si sedette poco lontano dall’animale, l’accarezzò sulla nuca, e tirò fuori dalla tasca della divisa una busta di plastica, contenente qualcosa di indefinito, da dietro al muro dove stava spiando Hilary.

- Guarda che non ti mangio – disse Kai, all’improvviso – puoi smetterla di spiarmi-

Hilary si sentì gelare, e colta in flagrante, uscì dal suo nascondiglio.

- Ciao…- disse timidamente, cercando di iniziare una conversazione.

Kai non rispose.

Così si sedette anche lei accanto al micio, fissandolo mangiare dei piccoli pezzetti di carne.

“Probabilmente era quello che conteneva quel sacchetto di plastica…” pensò, con un sorriso.

- Perché stai sorridendo?- chiese Kai, lanciando i pezzetti di carne.

- Sei gentile a portare da mangiare a questo piccolo gattino. Non me lo sarei mai aspettato-

Kai non rispose.

- Vieni qui tutte le sere?-

- Qualche volta…-

Ancora silenzio.

- Ti piacciono i gatti dunque…-

- Se non mi piacessero non porterei loro da mangiare tutte le sere-

Kai finalmente le rivolse uno sguardo.

- Sembra che tu stia per andare a letto- disse, alludendo al suo pigiama.

Hilary arrossì – In effetti volevo andarci, ma poi non avevo più sonno e sono andata a fare una passeggiata. Ma non volevo passeggiare al chiuso, così sono uscita, ho camminato un po’ e mi sono seduta. Poi questo gattino mi si è strofinato su una gamba e mi ha fatto prendere un colpo. Però all’inizio non sapevo che fosse un gatto, così l’ho spiato da lontano. E poi sei arrivato tu e…-

“Modo più cretino di spiegargli cosa è successo non potevi trovarlo, vero Hilary Tachibana?”

 Tuttavia Kai sembrò non farci caso, e continuò ad accarezzare il gatto, che sotto il suo tocco, faceva le fusa.  

“Com’è dolce…” pensò la ragazza, osservandolo “Forse mi ero fatta una idea sbagliata su di lui. Forse potrebbe anche…”

- Hai intenzione di fissarmi ancora per molto?- chiese, incrociando i suoi occhi color ametista con quelli nocciola di Hilary.

La ragazza scosse la testa.

Improvvisamente Kai si alzò e le tese la mano.

Un chiaro invito ad afferrarla per alzarsi.

Ed infatti Hilary l’afferrò, sorridendo.

- Io devo andare- disse Kai, carezzando un’ultima volta il gattino – Tu resti ancora per molto?-

- No – fece Hilary, scuotendo la testa – Stavo per andarmene anche io-

- Buonanotte-

E Kai sparì, risucchiato dalle tenebre notturne.

 
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- Hilly! Hilly! Hilly!-

Claire, appoggiata sullo stipite della porta, la chiamò da lontano.

La porta era stranamente chiusa.

- Perché non entri?- le chiese la mora, sbadigliando.

- Perché non posso- fu la semplice risposta della bionda.

Hilary fece un pesante sospiro.

- Se hai le chiavi puoi aprire la porta. E dato che tu hai le chiavi…-

Claire sorrise – Il problema è proprio questo: non ho le chiavi-

- Come fai a non avercele!- esclamò Hilary, spazientita.

Claire sorrise ancora – Norah me le ha sequestrate. Dice che questa sera non vuole essere disturbata-

- E perché non vuole essere disturbata? Cosa starà mai facendo?-

- Sesso- rispose tranquillamente Claire, attorcigliandosi una ciocca di capelli.

Hilary boccheggiò – Se…sesso?-

- Sì…con un ragazzo. Ha detto che non voleva essere disturbata, perciò mi ha preso le chiavi. Ma parliamo di te: dove sei stata fino adesso?-

Hilary fece spallucce – Sono stata fuori. Ed ho incontrato Kai Hiwatari –

Claire sgranò gli occhi.

- Pensavo fosse un cattivo ragazzo, invece si è rivelato molto diverso…-

A questo punto, la bionda scoppiò a ridere.

- Noooo! Non mi dire che l’ha fatto anche con te!-

- Fatto cosa!-

- Svegliati Hilly!- disse Claire, assumendo un’aria stranamente maliziosa, passandosi la lingua sulle labbra – la sua è solo una subdola tattica per portarti a letto. Infondo, ci sono solo due cose che interessano a Kai Hiwatari: il BeyBlade e le sfide. Tu non sei altro che la sua prossima sfida, dal regolamento talmente semplice che mi stupisco che tu non lo abbia capito: riuscire a portarti a letto prima della fine del quadrimestre-

Hilary sbiancò – Tu…tu sati scherzando, vero?-

Claire ghignò furbetta – In queste sfide, Kai Hiwatari non ha mai perso, Hilly…-

 

 
Angolo autrice:

Finalmente il secondo capitolo è fatto!

Purtroppo non ho tempo per ringraziare tutti quelli che hanno recensito sia il capitolo precedente, sia la flash-fiction “Maionese”, perciò vi dico solo grazie…grazie davvero!

Per me il vostro parere conta più di qualsiasi altra cosa.

Dico davvero!

 
Bye =3

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