Inside king's mind

di misslegolas86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Burning pain ***
Capitolo 2: *** Heirs of Durin ***
Capitolo 3: *** Madness ***
Capitolo 4: *** We shall all burn together ***
Capitolo 5: *** Gold and fire ***



Capitolo 1
*** Burning pain ***


“Balin che cosa ci siamo persi? Balin…”
Thorin fu costretto a fermarsi. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e la voce venir meno.
Tutto era finito, tutto era stato vano.
Era a pochi metri dalla porta segreta che lo avrebbe ricondotto nel suo regno eppure era tagliato fuori per sempre. Non ci sarebbe più stata alcuna impresa di riconquista, nessun regno da ottenere di diritto.
Tutto era finito proprio lì sulla soglia degli antichi domini degli eredi di Durin.
L’oscurità presto  avvolse l’intera compagnia di Nani. Il sole se n’era andato portando via anche l’ultima speranza di un agognato ritorno a casa. Mentre i suoi compagni curvi sotto il peso della delusione arrancavano a fatica verso la valle, Thorin rimase lì incapace di muoversi, svuotato come mai lo era stato nella vita.
Si lasciò cadere su uno degli ultimi gradini dell’immensa scala scolpita nella pietra che conduceva alla porta celata. Non aveva la forza di restare in quel luogo ma neanche ne aveva per abbandonarlo. Scendere quei gradini avrebbe significato ammettere il fallimento.
Il pensiero del ritorno ad Erebor lo aveva sostenuto nei lunghi anni dell’esilio, lo aveva aiutato a sopportare umiliazioni e privazioni, lo aveva sorretto mentre dagli uomini era trattato come un miserabile fabbro, proprio lui che era l’erede del più ricco regno della Terra di Mezzo. Aveva affrontato qualsiasi cosa con coraggio per il bene del suo popolo, convinto che un giorno i Nani avrebbero avuto il loro riscatto. Ma da questo giorno non ci sarebbe stato più neanche quel barlume ad illuminare il buio della sua esistenza.
Vane erano state le speranze di suo padre e di suo nonno che avevano programmato e sognato il rientro degli eredi di Durin ad Erebor, la terra dei loro avi, la dimora della loro stirpe.
Lui aveva fallito. Dopo tante difficoltà proprio lì ad un passo dalla conquista.
L’amarezza bruciava come fuoco di drago nell’animo di Thorin.
Si prese il volto tra le mani e lì nella solitudine e nell’oscurità della notte calde lacrime colarono dal lungo naso perdendosi nella barba.
Stille di puro dolore bagnavano una terra che non sarebbe più stata sua.
 
SPAZIO AUTRICE
E’ da tanto che non scrivevo in questo fandom…ma non potevo abbandonare il mio amato Re Sotto la Montagna. Di qui l’ispirazione di scrivere una storia a capitoli sulle emozioni e i pensieri di Thorin nel momento più importante della sua vita: il ritorno a casa, ad Erebor. 
Ringrazio per l’idea il magnifico attore che interpreta il grande Thorin: Richard Armitage. Non poteva esserci persona più adatta a portare sul grande schermo questo personaggio nato nella mente di Tolkien. In molte delle sue interviste Richard si è soffermato a parlare della psicologia di Thorin e delle emozioni che ha provato nei vari momenti cercando di pensare come Thorin, scrivendo addirittura di lui. Ho cercato di fare lo stesso prendendo spunto dalle emozioni e dall’eccezionale lavoro fatto da Richard che ha reso Thorin un personaggio vivo.
Ringrazio tutti coloro che hanno letto questo primo capitolo e mi raccomando lasciate una vostra impressione…ci tengo molto a sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 2
*** Heirs of Durin ***


La chiave girò con lentezza nella serratura di pietra mentre la mano tremava. Thorin sentì il leggero scatto di apertura come se fosse stato un tuono capace di soverchiare i mille battiti del suo cuore.
La porta girò senza alcun rumore sui cardini scolpiti dalla maestria dei Nani, docile sotto la spinta del legittimo erede di Durin. Uno sbuffo d’aria colpì il viso di Thorin e mille odori stuzzicarono il suo naso, lontani e così familiari: era a casa.
“Erebor” si ritrovò a sussurrare a se stesso assaporando la dolcezza di ogni sillaba.
Aveva sognato così tante volte quel momento, il ritorno nelle aule dei suoi padri, che adesso stentava a credere ai suoi occhi.
Avanzò con passo incerto verso il pozzo di oscurità spalancato davanti a lui al di là della porta lottando contro l’emozione. Avvertiva il silenzio attonito dei suoi compagni alle spalle, l’incredulità di essere riusciti in quell’impresa così disperata.
Ma tutte le fatiche passate e i pericoli scampati svanirono dalla mente di Thorin non appena si ritrovò avvolto nell’oscurità della dimora scavata secoli prima dal suo popolo.
“Conosco questi muri…queste sale…questa pietra.” Disse con voce soffocata ma fu costretto a tacere. Lacrime bagnarono i suoi occhi mentre la voce gli venne meno. Accarezzò con delicatezza i freddi muri di pietra come se fossero la soffice pelle di un amore a lungo perduto. Sfiorò la pietra mentre la mente si perdeva in ricordi ormai lontani.
 
Thror sedeva sul grande trono di pietra nel cuore della Montagna. Risate cristalline echeggiavano nell’ampia Sala del Trono dove il sole giocava con le mille pietre preziose alle pareti creando cascate di luce multicolore.
“Thorin, vuoi smetterla di giocare con la mia barba? Mi fai il solletico!” Il grande re rimproverò bonariamente un piccolo nano seduto sulle sue ginocchia che per tutta risposta scoppiò a ridere.
“Sei proprio come tuo padre! Mi faceva disperare quando era piccolo. Non riusciva a stare un attimo fermo!” Riprese il vecchio nano sistemando meglio il nipote sulle ginocchia. “Vediamo” continuò pensieroso fissando lo sguardo negli occhi vispi del suo interlocutore “Che ne dici di ascoltare una storia?”
“Sìì!!” urlò il piccolo nano con entusiasmo. In fondo era stato proprio quello l’obiettivo della sua irrequietezza, spingere il nonno a narrargli la sua storia preferita.
“Mi racconti del grande Durin?” chiese.
“Ottima scelta, piccolo.” Esclamò Thror. “Allora vediamo…Durin I, detto anche il Senza Morte, fu il più anziano dei 7 Padri dei Nani, il primo ad essere creato da Aule. All’epoca del suo risveglio, lontano nelle Montagne Nebbiose, sulla Terra di Mezzo splendeva ancora solo la luce delle stelle. La Terra era ampia e disabitata ma Durin decise di mettersi in marcia e si avventurò verso sud in luoghi che ancora nessuno aveva mai visto. Infine dopo molto peregrinare giunse presso le sponde di un grande lago il Kheled-Zaram. Stanco e assetato si sporse sulla superficie e fu allora che tra le stelle riflesse la vide.”
“Che cosa, nonno?” chiese il piccolo Thorin anche se sapeva ormai a memoria quella storia ma il segreto per farsela ripetere all’infinito era non farlo capire al nonno.
“L’immagine di una corona di stelle che gli cingeva il capo” Riprese Thror  con enfasi “Prese questo come un segno e stabilì la propria dimora nelle caverne sopra il lago. Fu così che fondò Khazad-dum, la prima e più splendida dimora di Nani nella Terra di Mezzo.”
Thorin fissava suo nonno rapito dalla magia di quelle parole.
“Lo sai che questa storia riguarda anche te e me?” gli chiese Thror toccandogli la punta del naso e sorridendogli. Il piccolo nano scosse la testa, confuso.
“Noi siamo gli ultimi discendenti del grande Durin” riprese allora Thror “ Siamo nati per essere re. La corona è sul nostro capo fin dalla nascita.”
“Anche sul mio?” chiese Thorin sollevando la mano e cercando una corona inesistente sulla sua testa.
Il nonno prese la mano del piccolo tra le sue e continuò “Sì, Thorin anche sul tuo capo c’è la corona della regalità. Non è fatta di gemme né di oro puro ma è sul tuo capo sempre. Un sovrano è la guida e la difesa del suo popolo. E’ per questo che siamo nati e questo è il nostro compito su Arda. Un giorno tu siederai su questo trono e indosserai la corona che ora è sul mio capo. Ma anche adesso tu sei responsabile del nostro popolo come tuo padre e come me. E’ un compito che ci accompagna dalla nascita fino alla morte perché noi siamo gli eredi di Durin. Il suo stesso sangue scorre nelle nostre vene. Non dimenticare mai qual è il tuo posto nel mondo, Thorin. I monti potranno cadere, i mari rivoltarsi ma niente potrà cambiarti se ricorderai sempre chi sei. E in questo modo niente e nessuno potranno mai privarti di questa corona.”
 
Thorin si riscosse da quel ricordo così vivido. Chiara ancora gli appariva la grande sala illuminata, il trono e il sorriso di Thror prima che le fiamme e l’oscurità si impadronissero di tutto. Fuoco morte e dolore avevano travolto tutto ciò che c’era di piacevole in  questa vita. Eppure non aveva mai dimenticato in tutti quegli anni ciò che gli aveva insegnato suo nonno. La corona della regalità aveva gravato sul suo capo con mille paure e preoccupazione ogni giorno. Aveva sempre ricordato chi era anche se in esilio e in miseria non aveva mai abbandonato il suo popolo.
“Ti ricordi, Balin, saloni pieni di luce dorata” disse ritrovando forza e vigore nella voce. E adesso finalmente avrebbe ridato al suo popolo la casa di cui erano degni: Erebor. Lo avrebbe fatto a qualsiasi costo, lui Thorin figlio di Thrain figlio di Thror. Lo avrebbe fatto non per riavere un regno su cui dominare né una corona da indossare. Lo avrebbe fatto per la gloria di quel popolo a lui affidato da Durin fin dalla nascita.     
 
 
SPAZIO AUTRICE
Ed ecco qui il secondo capitolo di questo mio viaggio nella mente di Thorin J C’ho messo uin bel po’ a pubblicare ma l’estate è arrivata e ha portato a mare ogni ispirazione…
Questa volta mi sono concentrata nel fatidico momento dell’apertura della porta nascosta. Che emozione che è stata per tutti i nani e per Thorin al di sopra di tutti!! Spero di non aver toppato con questo capitolo ma mi piaceva descrivere una scena familiare nonno/nipote in quel di Erebor.
Aspetto i vostri commenti mi raccomando fatemi sapere che ne penste.
Ringrazio tutti quelli che leggeranno ovviamente.
Alla prossima!!!   

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Capitolo 3
*** Madness ***


~~La terra tremò sotto i piedi della compagnia. L’intera montagna sussultò scossa fin dalle  fondamenta. Thorin si guardò intorno all’allarmato, pronto a fronteggiare qualsiasi nuovo pericolo in arrivo ma, dopo l’intensa scossa, tutto tornò tranquillo.
Cos’è stato? Un terremoto.”
“Quello amico mio era un drago.”
“Che ne è di Bilbo?”
“Diamogli altro tempo.”

Thorin udì la propria voce come se a parlare fosse stato qualcun altro. Per la prima volta da quando era cominciata quell’avventura sentì la paura lambire il suo cuore. Il drago era ancora lì, vivo e potente come decenni prima. In quel momento di silenzio assoluto della montagna risentì nitidi nella mente i fragorosi colpi alle porte di Erebor il giorno in cui Smaug era penetrato nel regno dei Nani. L’odore di morte, di fiamme, di distruzione tornò a stuzzicare il suo naso. Per un attimo i suoi occhi non videro la notte illuminata dalle stelle nella valle ai suoi piedi ma la porta squarciata da una tempesta di fiamme e l’imponenza del drago incombere su di lui.
“Tempo per fare cosa. Per essere ucciso?”
La voce di Balin lo riscosse dalla visione di un’intera legione di Nani morti ai suoi piedi, la sua compagnia ultimo baluardo schierato a difesa dell’enorme porta di Erebor. Thorin si voltò fissando l’attenzione sul vecchio nano.
“Tu hai paura.” Gli disse cercando di caricare le sue parole di sarcasmo per nascondere il suo turbamento. 
“Sì, ho paura. Ho paura per te. Una malattia grava su tutto quel tesoro. Una malattia che portò tuo nonno alla pazzia.”
Concluse Balin, sincero come sempre. Era uno dei pochi che aveva sempre osato contrastare l’erede al trono, l’unico che cercava di far ragionare Thorin senza temere il suo carattere e la sua cocciutaggine. Infondo era cresciuto con Dwalin che era molto simile per tempra e atteggiamento al figlio di Thrain.
“Io non sono come mio nonno.” Scattò Thorin sentendo la rabbia crescere in lui.
“Non sei te stesso. Il Thorin che conosco non esiterebbe ad entrare.”
“Non metterò a rischio questa impresa per la vita di uno scassinatore.” Nonostante l’astio palese in ogni sillaba Thorin sapeva che non era rabbia quella che provava contro Balin in quel momento ma semplicemente paura. Sentiva quanto vere erano le parole del vecchio nano. Temeva la follia legata a quell’oro più della morte ma, allo stesso tempo, ne era attratto in modo fatale. Il desiderio di entrare in possesso del tesoro e in particolare dell’Arkengemma era cresciuto nel suo animo con l’avvicinarsi della Montagna Solitaria in modo costante. Ed ora lì, sulla porta dell’antico dominio dei suoi avi, Thorin capì di non avere la forza di opporsi al quel desiderio ancestrale che aveva segnato la rovina della dinastia di Erebor.  
“Bilbo. Il suo nome è Bilbo.”
Thorin fissò lo sguardo su Balin. Vide sul volto del compagno di una vita delusione e sgomento. Non c’era l’orgoglio riservatogli nello sterminio di Azanulbizar né l’affetto dell’amico. Riconobbe la stessa amarezza che tanti anni prima lui aveva riservato a suo nonno pazzo per l’oro di Erebor.
Sguainò la spada e senza guardare i suoi compagni varcò la porta correndo giù per le scale di pietra.
Un vento caldo gli sferzò il viso ma Thorin continuò ad avanzare, un’unica voce gli risuonava nella mente come un mantra “Io non sono come mio nonno”.
Il bagliore di pura luce dorata colpì i suoi occhi prima di giungere alla base delle scale. Sbucò sul pianerottolo trattenendo il respiro e fissando l’immensa distesa di tesori ai suoi piedi. Tutto era suo di diritto. Finalmente avrebbe ottenuto ciò per cui era nato, ciò che il fato aveva riservato alla sua stirpe.
Un rumore alle spalle lo costrinse a voltarsi
“Sei vivo” esclamò Thorin sorpreso vedendo l’hobbit tutto intero.
“Non per molto ancora” ribattè Bilbo fremendo per scappare.
“Hai trovato l’Arkengemma?”
“Sta arrivando il drago.”
“L’Arkengemma. L’hai trovata?”

Thorin sollevò la spada bloccando l’uscita. L’hobbit non avrebbe fatto mezzo passo senza una parola sull’Arkengemma. Che interesse poteva avere la vita di un insignificante hobbit in confronto al potere, all’oro e al dominio che la pietra di Erebor gli avrebbero assicurato? Lo avrebbe trapassato da parte a parte se fosse stato necessario.
“Dobbiamo andarcene. Thorin. Thorin.” La voce flebile di Bilbo giungeva al nano da una lunga distanza anche se l’hobbit era a pochi passi da lui. Il desiderio di potere aveva ottenebrato la mente del figlio di Thrain spingendolo in una visione di gloria a lungo sognata. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di ottenere di nuovo il trono di Erebor.
Fu il cavernoso rumore che solo un drago poteva provocare a scuotere il nano dalla sua follia.
Si voltò.
Smaug avanzava sulle piccole montagne d’oro facendo tintinnare i mille preziosi.
Thorin assunse la posizione di combattimento. “Io non sono come mio nonno” ripetè a se stesso scacciando via gli ultimi residui di quei pochi minuti di pazzia. Era un guerriero, un eroe, non un avido codardo. Sarebbe morto affrontando l’usurpatore spada in pugno. Aveva giurato a se stesso che non sarebbe mai diventato come suo nonno negli ultimi anni di regno ad Erebor, roso dal desiderio dell’oro, folle di paura per la perdita dei suoi tesori. Avrebbe invece vissuto e forse sarebbe addirittura morto restando fedele agli insegnamenti che Thror e Thrain gli avevano impartito per anni quando era un piccolo nano, quando la maledizione della sua stirpe era ancora lontana. Fiero, indomito e coraggioso, un faro per il popolo di Durin.
L’intera compagnia si schierò rapida al suo fianco, armata. Thorin incrociò lo sguardo orgoglioso di Balin. I nani avevano ritrovato il loro re e lo avrebbero seguito ovunque persino nella suicida lotta contro Smaug. Onore, lealtà, un cuore volenteroso erano queste le virtù in cui aveva sempre creduto Thorin non potere, avarizia e crudeltà.
“Scappate!” urlò ai suoi uomini spingendoli giù per le scale. Il sinistro bagliore rosso aveva preannunciato la fiammata del drago che li avrebbe inceneriti tutti. Vide i compagni correre a perdifiato nell’immenso corridoio e infilarsi in un’apertura sulla destra. Thorin chiudeva la fila per assicurarsi che tutti riuscissero a mettersi al sicuro perfino il lentissimo Bombur.
E fu così che le fiamme di Smaug lo colpirono.
Avvertì sulle spalle il calore di un fuoco così intenso che nessuna fornace nanica sarebbe stato capace di produrre. Si rotolò a terra urlando di dolore. Ma non appena le fiamme furono spente strinse i denti per la sofferenza delle bruciature e si mise alla testa della compagnia senza battere ciglio.
Aveva una missione da compiere.
Salvare i suoi compagni e riconquistare Erebor. Non si sarebbe mai arreso perché lui era Thorin figlio di Thrain figlio di Thror della stirpe di Durin.  

SPAZIO AUTRICE
Rieccomi ad aggiornare questa storia.  Questo capitolo è stato particolarmente ostico. E’ stato difficile scrivere di un Thorin debole, vittima della follia di famiglia. Di gran lunga preferisco il Thorin coraggioso guerriero. Ma c’è anche questo aspetto in questo fantastico personaggio e dovrò abituarmi a convivere anche con questa sua parte visto che nell’Hobbit the Battle of Five Armies sarà molto presente la sua follia per l’Arkengemma.
Questa volta ci tengo davvero tanto ai vostri giudizi. Fatemi sapere se sono riuscita ad esprimere il turbamento di Thorin davanti all’oro di Erebor.
Ringrazio naturalmente tutti coloro che mi hanno seguito, hanno recensito o solo letto fin qui la mia storia.
Ci vediamo al prossimo capitolo

 

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Capitolo 4
*** We shall all burn together ***


~~Varcarono veloci una porta, in quella direzione c’era l’uscita dalle sale inferiori. Ancora pochi passi e sarebbero stati fuori dalla Montagna.
Thorin si arrestò all’improvviso come se fosse stato colpito in pieno stomaco da un pugno. I suoi compagni lo urtarono nella fretta di sfuggire al drago e solo allora si voltarono per vedere cosa aveva paralizzato il loro capo. La stanza era piena di cadaveri. Nani di ogni età, maschi e femmine giacevano morti ammassati contro la parete sigillata da pietre enormi cadute a sbarrare l’unica porta.
“E’ così allora, non c’è via d’uscita.” La voce di Dwalin giunse alle orecchie di Thorin come da un pozzo remoto. Il nano si guardò intorno riconoscendo in quei volti rinsecchiti il viso familiare di tante persone che avevano vissuto giorni felice ad Erebor. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime davanti a tanta morte e tanto dolore. Piccoli nani giacevano ancora stretti al petto delle loro madri, i volti contratti per la mancanza di cibo e di aria.
Un’intera famiglia giaceva in un angolo padre, madre e il loro piccolo. Thorin fissò meglio lo sguardo e il suo cuore perse un colpo mentre la mente si perdeva nei ricordi.

Era il giorno stesso dell’arrivo del drago. Thorin come ogni mattina stava facendo il giro delle postazioni di difesa, come capo delle truppe di Erebor era suo compito provvedere alla difesa della Montagna. Aveva appena ispezionato l’ingresso sud e a passo deciso si dirigeva ora all’ingresso principale, alla grande terrazza che dominava la valle. Passò veloce tra le bancarelle del mercato settimanale ma fu richiamato da una voce.
“Principe!” Thorin si voltò fissando l’attenzione su colui che lo aveva chiamato. Un nano dalle spalle larghe e una folta barba rossiccia era accanto ad un banchetto che vendeva frutta proveniente senza dubbio da Dale.
“Principe,” riprese il venditore “mi dispiace crearle fastidio ma potrebbe concedere la benedizione dei Durin al mio piccolo Azaghal?”
Thorin rimase interdetto, non era pratico di queste cose cerimoniali riservate di solito a suo nonno e a suo padre. Ma il nano riprese
“Non lo avrei chiesto, ma sa, siamo arrivati dopo grandi difficoltà dai Colli Ferrosi. La mia Loni ha perso per un morbo un piccolo li sulle lontane montagne ad ovest e ormai quello era un luogo che ci ricordava troppo dolore. Qui siamo riusciti a ricostruirci una vita e qui è arrivato Azaghal, la nostra gioia più grande.”
Thorin si lasciò intenerire da quella storia, Dwalin glielo ripeteva continuamente che era debole di cuore.
Così seguì il nano sul retro della bancarella dove trovò la madre col piccolo che giocava seduto a terra con una serie di cubi colorati, opera senz’altro di Bombur.
Il padre si avvicinò al figlio richiamandone l’attenzione “Azaghal, oggi è un gran giorno per te” gli disse “Sai chi è questo nano?” Il piccolo scosse la testa confuso gli occhi sgranati di meraviglia fissi sull’armatura argentata e sulla tunica di velluto blu che indossava Thorin.
“Questo, figlio mio, è il principe Thorin, nipote del re, della stirpe di Durin. Un giorno sarà lui a regnare su Erebor ed oggi è qui per conoscere te.”
“Me?” chiese in un soffio il piccolo stentando a credere ai suoi occhi.
Thorin si accovacciò accanto al piccolo nano che in piedi a stento gli arrivava alla cintola.
“Sì, Azaghal” disse, posando sulla testa del piccolo la sua grande mano “E’ un onore poterti conoscere. Che la forza dei Durin possa sempre sostenerti nella vita.”
Thorin cercò di infondere in quelle parole tutta la solennità richiesta ma si sentì quanto mai impacciato. Decisamente era più abituato ad impugnare ascia e spada che non a governare su un popolo.
Il piccolo con la sincerità tipica dei bambini riprese “Ma questo Durin è tuo padre? Ed è lui il re?”
Thorin sorrise divertito “Veramente il re è mio nonno” gli disse.
“Ma se lui è il re tu cosa fai?” la curiosità dei piccoli nani era disarmante.
“Azaghal!” lo rimbrottò il padre.
Ma Thorin scosse la mano con indifferenza e riprese a parlare al piccolo “Il mio compito è difendere il regno ed ogni singolo abitante.”
“E’ difficile lottare contro i cattivi. Tuo nonno fa qualcosa di più semplice” rispose il nanetto sempre più a suo agio con quello strano guerriero dall’aspetto truce ma dal cuore tenero. 
“E difenderai anche me?” chiese Azaghal i grandi occhi marroni fissi in quelli azzurri dell’erede al trono.
“Certo, piccolo. Finchè ci sarò io non ti accadrà mai nulla di brutto da parte dei cattivi.”


Thorin si sforzò di prendere aria reprimendo uno spasimo di dolore. Quel ricordo era tornato alla sua mente accrescendo la sofferenza, aveva fallito allora come adesso. Non aveva difeso il suo popolo, la sua gente ed ora aveva portato i suoi compagni in un a trappola mortale.
“Gli ultimi della nostra famiglia. Devono essere venuti qui sperando l’impossibile. Potremmo provare a raggiungere le miniere potremmo durare qualche giorno.”
Le parole di Balin lo riscossero dall’abisso di sofferenza in cui stava annegando. Non si sarebbe nascosto come un topo impaurito.
“No, io non morirò in questo modo. Acquattato, arrancando per respirare. Andremo alle fucine.”
“Lui ci vedrà. Certo come la morte.”
“No, se ci dividiamo.”
“Thorin non ce la faremo mai.”
 “Qualcuno di noi potrebbe. Conduciamolo alle fucine. Uccideremo il drago.”

L’idea di combattere, di affrontare il nemico di sempre, colui che lo aveva privato del suo posto nel mondo sottraendogli un regno e sterminando il suo popolo sorse nell’animo di Thorin con la forza di un fiume in piena. Quello era l’unico modo per vendicare Azaghal e tutti coloro che erano morti a causa di Smaug. Non gli interessava più l’Arkengemma né il tesoro. Non voleva riappropriarsi di ciò che era suo come un ladro. Avrebbe combattuto per Thrain e per Thror e per suo fratello Frerin. Non si faceva illusioni sul successo dell’impresa sarebbe morto ma l’avrebbe fatto come un guerriero spada in pugno, affrontando il nemico faccia a faccia.
 “Se la cosa finirà tra le fiamme allora bruceremo tutti insieme.”
 Bruceremo come i nani di Azanulbizar, bruceremo come eroi, bruceremo con la dignità della nostra razza.

SPAZIO AUTRICE
Ed eccomi ad aggiornare questa storia…rientro nella mente dell’unico re sotto la montagna. Mi è piaciuto particolarmente scrivere questo capitolo. La scena della scoperta dei nani morti è davvero bellissima e recitata in modo magistrale da Richard Armitage. Non riesco a non emozionarmi ogni volta. E’ davvero intensa e piena di significati. E la frase che dà il titolo al capitolo è da brividi davvero!
Questa è la mia versione dei pensieri di Thorin.
Spero gradirete questo capitolo. Ringrazio tutti quelli che leggeranno e un grazie speciale a chi vorrà lasciare le sue impressioni. Ci tengo molto alla vostra opinione.
Alla prossima

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Capitolo 5
*** Gold and fire ***


Non pensavo fosse così facile metterti nel sacco. Sei diventato lento e grasso nel tuo rimbambimento. Lumacone! Al riparo!
Le fiamme del drago, in una tempesta di fuoco, surriscaldarono i cancelli delle fucine senza avere però il potere di disintegrarle. Erano state forgiate secoli prima dalla perizia dei Nani e per questo erano resistenti a qualsiasi aggressione anche al fuoco di drago. I nani e lo hobbit celeri trovarono riparo dietro i massicci pilastri di metallo lavorato.
Eppure nonostante il pericolo Thorin sorrideva. Avvertiva l’adrenalina della battaglia, quella gioia selvaggia nell’affrontare il nemico a viso aperto, senza sotterfugi ma in un duello. Thorin si sentì vivo per la prima volta dopo tanti anni. Non era più un principe in esilio piegato dal disordine e dalla paura. Era l’erede di Durin, il legittimo Re Sotto la Montagna che affrontava il nemico ferale del suo popolo. L’usurpatore che si era impossessato dei domini e delle ricchezze dei nani. Tutta la rabbia e la voglia di rivalsa scaturirono dal cuore di Thorin come un fiume in piena. Non gli importava di morire in quel momento. Era in battaglia nel suo elemento naturale e nella casa suoi avi, nelle aule in cui avevano regnato i suoi antenati.
Presto la fucina fu illuminata a giorno dai fuochi delle fucine alimentati dai soffietti manovrati da Bombur. Thorin impartì senza esitazione ordini precisi ai suoi uomini, i pochi a lui fedeli come se fossero un esercito. Tutto era funzionale al raggiungimento del suo piano. Personalmente al momento giusto Thorin aprì le chiuse dei crogioli. Le cascate di oro incandescente incanalate nei condotti scavati dalla perizia dei Nani fu come un balsamo ristoratore per il principe ereditario, la certezza della riuscita del suo ingegnoso attacco all’abominevole drago.
Thorin non ci pensò due volte a lanciarsi sulla carriola nel pieno di quel fiume d’oro liquido incurante del pericolo, sorretto dal vigore della battaglia. Era sempre stato così fin da quando era un giovane nano. Prostrato sui campi di Azanulbizar, sotto i terribili fendenti di Azog, aveva resistito e sconfitto il nemico con la sola forza del suo coraggio. Grazie a quella impresa si era guadagnato il nome che portava e il rispetto del suo popolo.
Qui! Inutile stupido verme! Adesso mi riprendo quello che tu mi hai rubato!
Tu non ti riprenderai niente da me, Nano. Io ho annientato i tuoi guerrieri tempo fa, io ho istillato il terrore nel cuore degli uomini. Io sono il Re Sotto la Montagna.
Questo non è il tuo regno! E’ il territorio dei Nani, l’oro dei Nani e noi avremo la nostra vendetta!
Le parole uscirono dalla bocca di Thorin cariche di rabbia. Aveva aspettato per anni quel momento. Nella mente di Thorin non c’era più alcuno scassinatore o contorto piano per riavere la Montagna. Il sangue pulsava rabbioso nelle orecchie portatore di un unico suono: VENDETTA.
IGRIDUSUL!!
Diede l’ordine nella lingua dei suoi padri che risuonò familiare nell’ampio salone dei re. Una cascata di oro invase le antiche lastre cingendo le colossali colonne e creando un lago incandescente in cui precipitò il drago.
La gioia, l’ebbrezza della vittoria si dipinse sul volto del legittimo re di Erebor. Ma fu niente altro che un fugace raggio di sole. Il drago era ancora una volta vittorioso e pronto a scatenare la sua rovina.
Thorin avvertì in bocca ancora una volta la familiare amarezza della sconfitta che repentina si sostituì all’adrenalina. Ancora una volta, così come tanti anni prima Smaug aveva avuto la meglio.
 
SPAZIO AUTRICE
Ed eccomi qui a concludere questa raccolta. Per me è stato davvero un piacere entrare un po’ nella mente di Thorin. Ringrazio il grande Richard Armitage che mi ha dato l’idea per scrivere questa raccolta con il suo lavoro eccezionale. Ringrazio naturalmente tutti coloro che hanno letto e seguito la mia storia. Un abbraccio grandissimo a tutti coloro che hanno commentato, le vostre parole sono fondamentali GRAZIE!!
Ormai manca poco, meno di un mese per The Battle of Five Armies. Sono certa che questo film mi distruggerà e siccome la mia soluzione in tali casi è scrivere preparatevi ad essere inondati di mie fiction sull’unico Re Sotto la Montagna. A presto!!  

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