Midnight

di KillerQueen86
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Andare avanti da soli ***
Capitolo 2: *** Il conforto di un’amica ***
Capitolo 3: *** Ancora legati ***



Capitolo 1
*** Andare avanti da soli ***


Note dell’autore: Eccovi il primo capitolo di Midnight, non nascondo di avere avuto non poche difficoltà, soprattutto per questa prima parte, credo che alla fine questa storia avrà solo due capitoli e sarà incentrata soprattutto su Rose, a parte la parte finale. Beh aspetto le vostre recensioni come sempre, al prossimo capitolo.

 

Beta: Paolettazza

 

Disclaimer: Doctor Who e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà (purtroppo), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari, il mio è solo un divertimento.

 

Midnight

 

 

Capitolo I

Andare avanti da soli

 

Dopo una tazza di tè caldo, uscì dalla cucina, mani nelle tasche e diretto verso la camera di Donna, le aveva dato il tempo di una doccia e di cambiarsi i vestiti, ora era arrivato il momento di sgranchirsi le gambe, aveva voglia di un'altra avventura.

Bussò alla porta della sua amica e aspettò che lei lo invitasse ad entrare, per fare capitolare la sua testa nella stanza.

“Pronta per un'altra avventura?” chiese con il suo migliore sorriso, che scomparve quando la vide indossare uno dei suoi piagiama.

“Stai scherzando vero?” chiese la rossa.

“Perché hai addosso un pigiama?” chiese lui sconcertato.

“Dottore, credevo di essere stata chiara, ho bisogno di dormire un po’” gli ricordò lei.

“Argh Donna, come puoi pensare di dormire con tutto quello che l’Universo può offrirti?” continuò ad insistere lui.

“E’ da giorni che andiamo su e giù senza mai fermarci” si lamentò ancora la rossa.

“Abbiamo dormito la volta scorsa” le ricordò lui.

“Io ho dormicchiato, in una stalla con degli animali che sembravano cavalli, tu hai passato tutto il tempo a giocare con non so cosa che faceva bip ogni due secondi” continuò a lamentarsi la rossa incrociando le braccia al petto. Donna aveva ragione, da quando aveva lasciato …. Da quando avevano lasciato la Terra, non si era voluto più fermare un attimo sul Tardis, quasi per paura di essere assalito dalla tristezza e soprattutto dalla tentazione di correre ancora da lei. Donna aveva ragione, lei doveva riposare, e lui avrebbe approfittato di quegli attimi per fare un po’ di manutenzione alla sua macchina.

“Dammi solo un paio di ore per recuperare, ok?” chiese più dolcemente. Annuì silenziosamente e lasciò la stanza permettendo alla sua amica di dormire un po’.

Con le mani in tasca e cercando di deviare i suoi pensieri ai lavori di manutenzione si recò nella stanza della console, sospirò guardando la colonna centrale e tirò fuori il cacciavite, prima di potersi anche solo avvicinare un bip proveniente dallo schermo attirò la sua attenzione, speranzoso di una richiesta di aiuto.

Purtroppo per lui non fu così, sullo schermo apparvero delle coordinate, le ultime che in quel momento lui voleva vedere, infastidito schiacciò un paio di pulsanti, facendoli scomparire dallo schermo, ma tornarono subito dopo, sbatté con forza il pugno sulla console.

“Smettila, è stata una sua decisione, non posso più tornare indietro” urlò verso l’alto, il Tardis sembrò rispondergli parecchio infastidito senza smettere di mostrare quelle coordinate sullo schermo.

“Ha preso la sua decisione, fattene una ragione” disse ancora furioso perché la sua nave sembrava non riuscisse a capire quanto male, faceva tutto quello. Il Tardis sembrava non cedere comunque, si allontanò dallo schermo e con il cacciavite in mano s’immerse sotto i comandi, ignorando i “grugniti” della sua vecchia amica. Rose aveva deciso di lasciarlo, lui non poteva farci niente, anche se aveva lasciato un vuoto incolmabile in lui, doveva continuare a viaggiare, del resto aveva sempre saputo che prima o poi sarebbe successo.

 

 

Si svegliò di colpo respirando a fatica, tremava, per istinto portò la sua mano attorno alla chiave del Tardis che tiene sempre con sé. Per l’ennesima volta aveva fatto lo stesso incubo, la battaglia di Cannary Warf e lei e il Dottore su una spiaggia. Guardò la sveglia sul comodino, sbuffò notando che erano solo le quattro del mattino, e sapeva che riaddormentarsi era inutile, avrebbe rifatto lo stesso sogno. Aveva sperato che lasciando il Tardis anche quel sogno l’avrebbe lasciata, ma era passata una settimana da quando era a casa, e ogni volta che cercava di dormire rivedeva quelle stesse scene.

Si alzò dal letto e si affacciò alla finestra, stringendo la chiave del Tardis alzò gli al cielo chiedendosi lui dove fosse e cosa stesse facendo. Una fitta di dolore le attraversò il petto, gli mancava terribilmente, da quando era scesa dal Tardis, sentiva un vuoto, e sapeva giorno dopo giorno che non sarebbe riuscita a colmarlo, neanche tra un centinaio di anni. Si sentiva una stupida, aveva deciso lei di andare via, lo aveva tradito e abbandonato quando gli aveva promesso di rimanergli accanto per sempre, e invece eccola lì nuovamente intrappolata in una vita che non le appartiene più, che forse non le è mai appartenuta davvero, neanche l’amore di sua madre potrà colmare quell’immenso vuoto che prova.

 

Fine

Capitolo I

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Capitolo 2
*** Il conforto di un’amica ***


Note dell’autore: Scusatemi per l’enorme ritardo, ma non riuscivo a mettere quattro parole in fila. Tra il caldo, l’insonnia e il mal di testa mi veniva difficile sedermi al PC a scrivere. Spero che l’attesa non sia stata vana.

Eccovi il secondo capitolo di Midnight.

 

Beta: Paolettazza e Feyilin

 

Capitolo II

Il conforto di un’amica

 

Guardò ancora una volta il foglietto che stringeva in mano e poi alzò lo sguardo sulla via in cui era. Aveva dovuto chiamare Mickey per trovare ciò che cercava. Non era stato affatto semplice come pensava inizialmente.

Adesso, però, non importava; era lì a Ealing davanti al 13 di Bannerman Road. Era un po’ indecisa, non sapeva cosa fare. Lei le aveva detto di cercarla, ma adesso che si trovava a pochi passi, non era sicura che fosse la cosa migliore per entrambe. Avrebbe dovuto chiudere completamente con quella vita, ignorare quel senso di pressione e malessere che provava e continuare la sua vita come nulla fosse.

Già, avrebbe dovuto fare così, peccato che non ci riuscisse. Era sempre più difficile ignorare quella sgradevole sensazione di aver fatto uno sbaglio.

Sospirò e mise in tasca il foglietto di carta sulla quale aveva appuntato l’indirizzo, poi vide tre ragazzi uscire dalla villetta e si fermò un attimo a chiedersi chi fossero e perché si trovassero lì. Scacciò subito quelle domande e attraversò la strada.

Un muretto di mattoni rossi circondava la villetta a tre piani, dietro i muretti si ergevano delle grandi e folte siepi verdi, quasi a nascondere agli intrusi ciò che si trovava lì dietro. Sul vialetto vide una macchina parcheggiata: verde pallido, una Nissan Figaro con la targa personalizzata J337 KAE. Sorrise superandola e avvicinandosi alla porta d’ingresso, un po’ nascosta da alcune piante, sul campanello nessuna indicazione su chi abitasse lì. Rose sfregò le mani sui pantaloni, nervosa e si decise a suonare. Per fortuna non dovette aspettare molto, solo qualche secondo e la porta si aprì, il sorriso di Sarah Jane scomparve non appena la vide.

“Ciao Sarah Jane” disse con la voce più tremante di quanto lei stessa credeva. Sarah la guardò attentamente e le andò incontro abbracciandola.

A quello Rose non riuscì a resistere e iniziò a piangere silenziosamente sulla sua spalla, mentre l’amica le accarezzava la schiena dolcemente e le sussurrava parole di conforto.

Si bagnò nuovamente il viso per poi asciugarlo con il soffice asciugamano che Sarah le aveva dato. Non voleva piangere. In quei giorni era riuscita a resistere, da quando era scesa dal Tardis non aveva pianto, ma appena Sarah l'aveva abbracciata era crollata. Tra loro non c'era stato bisogno di parole e forse era proprio quello di cui lei, Rose, aveva bisogno.

 Uscì dal bagno e andò nel salotto, era una bella casa, così piena di foto e articoli, piena di ricordi e di vita. Sul caminetto c'era una foto di Sarah con i tre ragazzi che aveva visto uscire prima dalla villetta, vicino una giovane Sarah con accanto un uomo in uniforme della UNIT.

"Un vecchio amico" le giunse la voce della donna, si voltò, aveva un vassoio con del tè caldo.

"Anche tu lavoravi per l'UNIT?" Chiese sorridendo e sedendosi sul divano con lei. "Non proprio, ma ci ho avuto molto a che fare quando viaggiavo" spiegò versando l'acqua calda nelle tazze.

“Hai davvero una vita meravigliosa” disse perdendosi nuovamente in quelle foto.

“Anche tu potrai averla, con il tempo” disse saggiamente l’altra.

“Non so, a volte penso di aver fatto uno sbaglio a lasciarlo andare” disse sinceramente, abbassando lo sguardo verso il liquido dorato nella tazza.

“Ho questo senso di oppressione e ansia nel petto che mi sovrasta. Sono stata cresciuta sapendo che, per sentirmi bene, non avevo bisogno di un uomo che mi guidasse, ma ora senza di lui che mi prende per mano, non so più che strada prendere” disse tutto di un fiato, con la voce tremante, senza mai alzare lo sguardo dalla sua tazza di tè che non aveva ancora bevuto.

“Resta qui stanotte” disse dolcemente Sarah accarezzandole le mani con le sue. Rose la guardò negli occhi, con lo sguardo velato dalle lacrime, quel tocco e quell’invito stranamente le riscaldarono il cuore e le fece capire di essere compresa.

Rose ringraziò mentalmente il tatto di Sarah di non assillarla con domande o altro per sapere di più riguardo quello che era successo.

 

Paura, un forte senso d’impotenza la pervase, la paura non faceva altro che aumentare sempre di più, trasformandosi quasi in qualcosa di primordiale, sentiva urla attorno a lei, voci di persone che neanche riconosceva.

“Sbarazzatevi di lui. Ora”

Sentiva che il suo corpo era trascinato da qualcosa, o da qualcuno, cercava di urlare ma non ci riusciva, sentiva le labbra muoversi, ma le parole non erano le sue, la voce non era più sua.

“Gettatelo fuori”

Non poteva morire così, non voleva, aveva ancora così tante cose da vedere, così tante persone da incontrare, doveva ancora rivedere lei per l’ultima volta.

Non sapeva da dove venivano questi pensieri, ma le riempirono la mente, proprio come la paura.

Sentiva il corpo cercare di resistere a qualunque cosa la stesse trascinando, ma era difficile, la paura era più forte.

“Gettatelo fuori. Nel sole. Nella notte. "

Quella voce, quelle parole le gelavano ancora di più il sangue, non aveva armi, non sapeva con cosa aveva a che fare, non sapeva come tirarsi fuori da quella situazione.

“Rose”

Qualcuno invocava il suo nome e lei non sapeva come rispondere a quel richiamo, stava per essere soprafatta dalla paura.

“Il sole attende, e il vuoto, nel cielo di Midnight”

Sempre più vicina alla porta, ora la forza o le persone che la trascinavano, erano di più o più forti, non capiva.

“Rose”

Ancora una volta qualcuno la invocava, ancora una volta si aggrappavano al suo nome come una preghiera.

Poi all’improvviso, un senso di liberazione e un urlo riuscì a scuoterla, liberandola dalla sensazione di impotenza. Si sentiva come se fosse stata liberata da delle catene.

 

Urlò e si svegliò di colpo nel letto. Le ci volle un attimo per capire dov’era, Sarah Jane la teneva per le spalle mentre Luke era dietro di lei con l’aria preoccupata.

“Era solo un incubo, tranquilla, sei al sicuro qui” la voce calma di Sarah Jane sembrò calmarla un attimo, ma sapeva, sapeva che non era un incubo, aveva già provato sensazioni del genere, ed era sveglia quella volta.

“Rose, tranquilla ora è tutto a posto” disse la donna accarezzandole le braccia.

“Vado a fare un po’ di camomilla, credo che l’aiuterà” disse il giovane Luke uscendo dalla stanza.

Qualcosa di brutto era successo al suo Dottore e non sapeva come, ma lei era stata partecipe di quell’attimo di paura e sconforto per lui, era come se il loro collegamento fosse ancora attivo e questo le faceva un po’ paura.

 

Fine

 

Note finali: Quando ho iniziato a scrivere credevo che sarei riuscita a concludere in solo due capitoli ma andando avanti, mi sono resa conto che non potevo, quindi aspettate per leggere il terzo e ultimo capitolo.

Alla prossima.

 

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Capitolo 3
*** Ancora legati ***


Note dell’autore: Un ritardo talmente enorme da non avere scuse, perdonatemi, ma ho iniziato a lavorare e non ho molto tempo per scrivere, solo un giorno a settimana. Comunque eccovi la parte finale di Midnight, storia che in fin dei conti serviva solo da passaggio verso quello che sarà il finale, che spero di postare il prima possibile nonostante il lavoro.

Buona lettura.

 

Beta: Paolettazza e Feyilin

Midnight

 

Capitolo 3

Ancora legati

 

 

Eccola seduta in silenzio, con una tazza di tè, nella calda e illuminata cucina di Sarah Jane.

Non riusciva a smettere di pensare al sogno della notte precedente, anche se era sicura che non si trattasse di un sogno. Non poteva essere un sogno, era troppo reale e poi, lei e il Dottore non avevano mai vissuto nulla del genere. Questo significava solo una cosa, il collegamento con lui era ancora attivo, nonostante lui le avesse garantito che, una volta lasciato il Tardis, si sarebbe spezzato.

Sbuffò, passandosi una mano sulla fronte e portando indietro le poche ciocche che aveva davanti agli occhi, scappate dalla coda disordinata che aveva. Doveva trovare una soluzione a quello, se doveva rimettere i pezzi che era lei, doveva darsi da fare, e sapeva che stando lì non avrebbe concluso nulla.

Tutto bene?” chiese Sarah Jane entrando nella stanza in quel momento. Rose le sorrise sperando di tranquillizzarla.

Sai, anche a me capitava quando ho smesso di viaggiare” disse mettendosi seduta accanto a lei.

Credo che sia normale con quello che abbiamo visto, sapendo cosa si può nascondere nell’oscurità” continuò lei.

Rose non voleva dirle che quello della notte precedente non era un semplice incubo, ma qualcosa di più.

Credo che domani andrò via” disse al bionda guardando il liquido dorato nella sua tazza.

Tornerai a casa quindi?” chiese con calma.

No, andrò a trovare un amico a Cardiff, ho bisogno di alcune risposte” disse con calma e decisa nella sua decisione.

Sarah sembrò voler indagare ulteriormente, ma non lo fece, anzi, cambiò argomento, facendo concentrare anche lei sulla cena che dovevano preparare.

 

 

 La sua nave ronzava tranquilla, Donna era andata nella sua camera a riposare un po’, lui invece non riusciva a togliersi dalla testa quello che era successo a Midnight. Tra la paura di morire e l’impotenza di non riuscire a reagire, l’aveva sentita, aveva sentito la presenza di Rose nella sua mente. Era stato confortante in quel momento, ma adesso un po’ ne aveva paura. Il loro collegamento doveva spezzarsi una volta che lei fosse scesa dal Tardis, ma sembrava che invece continuasse a rafforzarsi, e lui non sapeva come fare. Come avrebbe impedito nuovamente una cosa del genere? Sapeva che sarebbe successa ancora.

Non aveva il coraggio di andare da lei, non riusciva a vederla sapendo che lei sarebbe voluta rimanere a casa, lontana da lui.

Scosse la testa, avrebbe trovato un altro modo per spezzare quell’ultimo contatto che gli ricordava che lei non era più con lui, ma per farlo doveva andare in un posto prima. Con una lunga falcata uscì dalla stanza della console, diretto da Donna. Aveva dormito per un'ora, quindi lui poteva svegliarla e portarla in un bel posto che avrebbe amato, pieno di colori e di quei ninnoli che le piacevano tanto, e lui si sarebbe messo il cuore in pace una volta per tutte.

 

Fine

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