Go The Distance

di SHUN DI ANDROMEDA
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


FMA

Fandom: Fullmetal Alchemist
Rating:
Arancione
Personaggi/Pairing:
RoyEd, Un Po' Tutti
Tipologia:
Long-Fic
Genere:
Sentimentale, Malinconico, Drammatico, Avventura
Avvertimenti: Post-Shamballa, basata sulla prima serie dell'anime e non su manga e/o Brotherhood.
Disclaimer:
Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono.

Dedicata a tutte le ragazze della divisione RoyEd. Mi dispiace, sono un po' arrugginita ma vedrò di impegnarmi a fondo per scrivere qualcosa di decente.


GO THE DISTANCE


PROLOGO


La ripresa della conoscenza fu, per Edward Elric, dolorosa.

Sentiva il petto alzarsi ed abbassarsi nel tentativo, da parte dei suoi polmoni, di inspirare avidamente aria e, ad ogni movimento, poteva quasi giurare di sentire le proprie costole spaccarsi in mille pezzettini di osso e poi rimettersi assieme come uno scherzo crudele, pronte a farlo soffrire ancora al prossimo inspirare.

La testa, poi, sembrava esplodergli, faticava anche solo a restare sveglio; in bocca aveva ancora il gusto ferroso del sangue e non sentiva più i denti, figuriamoci la faccia.

Un pestaggio da manuale, neppure ricordava cosa fosse successo...

Aveva discusso con due o tre avventori un po' troppo brilli nel pub in cui lui e Al avevano pernottato sulla strada per Londra...

AL!

Come se il nome del fratello gli avesse infuso nuove energie, Edward scattò seduto e, gemendo per il dolore inflittogli dalle ferite, cercò di mettere a fuoco l'ambiente che lo circondava: l'esperienza lontana nel tempo di un soldato rimasto a lungo, fisicamente, lontano dal campo di battaglia ma mentalmente sempre pronto alla lotta lo spinse istintivamente a poche e semplici azioni.

Indosso non aveva nessuno dei propri vestiti, solo una scomoda casacca bianca.

Il letto su cui si trovava era una semplice brandina come quelle militari su cui tante volte si era trovato disteso in passato; Ed fece una smorfia mentre osservava con attenzione la stanza, spoglia e bianca.

Era un ospedale e la sua testa doveva aver preso una bella botta se, per un attimo, aveva estratto dai cassetti del passato un così triste ricordo: credeva di essersi ormai abituato alla cosa.

Ormai sarebbe stata quel mondo la loro casa... Non sarebbero mai tornati ad Amestris e quello era un ospedale come un altro, non una struttura militare.

Ciò gli fece tornare in mente prepotentemente Alphonse.

Dove diavolo era suo fratello?

La camera era avvolta nella penombra ma il suo era l'unico giaciglio ivi presente.

Chiunque li avesse portati lì, sempre se avesse condotto con sé anche il fratello minore, doveva averli messi in due ambienti separati.

Un'improvviso giramento di testa e la mancanza di qualunque energia bastò però per far desistere il maggiore degli Elric dal tentare di alzarsi per andare in ricognizione: doveva essere veramente conciato male...

Istintivamente, cercò di sollevare entrambe le braccia ma solo una rispose all'appello.

Coprendosi gli occhi con l'avambraccio, gemette: come diavolo avrebbe fatto adesso?

Non tentò neppure di muovere le gambe, la sensibilità che stava ritornando ai suoi arti gli fece capire che, allo stesso modo del braccio, anche l'Automail alla gamba era stato portato via: chiunque fosse stato, voleva assicurarsi che gli fosse impossibile fuggire.

Mano molto ben giocata, doveva ammetterlo.

Ma non era ancora detta l'ultima parola.

All'improvviso, udì qualcuno armeggiare con la porta e si irrigidì, imponendo al proprio corpo una totale immobilità: doveva raccogliere quante più informazioni possibili e non voleva farsi vedere sveglio.

Regolarizzando il respiro come quello di una persona profondamente addormentata, egli tese le orecchie, udendo due voci parlare a bassa voce e con concitazione: “Le lastre sull'altro giovane sono buone, avete già chiamato qualcuno per parlare con loro?” una donna, probabilmente di mezza età.

Sì, dottoressa, abbiamo mandato una copia delle cartelle cliniche complete di fotografie come da procedura, possiamo solo aspettare. Purtroppo, casi del genere sono molto comuni negli ultimi tempi.”.

Casi del genere?

Lo comprendo, ogni due giorni veniamo chiamati per soccorrerne un paio, la situazione ormai sta sfuggendoci di mano. Abbiamo dovuto isolare quest'ala dell'ospedale apposta per ricoverare tutte le vittime.”.

Isolare?

Che avessero contratto qualche strana malattia?

E se anche Al...?

Un dolore improvviso al petto gli mozzò il respiro in petto e gli strappò un gemito, udibilissimo.

E' sveglio?”

La domanda inopportuna non tardò quindi ad arrivare.

Edward sospirò, era inutile continuare a fingere.

Lentamente, alzò le palpebre, trovandosi immerso in una tenue luce proveniente da una piccola lampada, che prima non aveva notato, poggiata su di un piccolo comodino alla propria sinistra.

Mio... fratello...” rantolò.

L'altro ragazzo, intende?” un viso stranamente familiare fece capolino nel suo campo visivo e, accanto ad una donna effettivamente di mezza età, comparve una giovane infermiera dalla cuffietta candida.

Ed annuì, incapace di proferire verbo: la gola secca gli doleva.

Non si preoccupi, è nella stanza accanto e sta bene... Ora pensi solo a riposare, presto le spiegheremo tutto.”

L'altra donna annuì prima di fare un passo in avanti: “Ha preso una brutta botta in seguito alla caduta e le abbiamo diagnosticato anche una serie di fratture non imputabili alla sopracitata caduta, ha una vaga idea di come se le sia fatte?”.

Il giovane chiuse per un momento gli occhi, lasciando che frammenti vari di ricordi gli tornassero alla mente: effettivamente...

Ci siamo accapigliati con... due persone... forse tre... ce l'avevano con noi, erano ubriachi...” sebbene qualcosa fosse chiaro, il resto era del tutto nebuloso...

Abbiamo un appuntamento a Londra... Quando posso andarmene?” chiese quindi, stancamente: “E dove sono i miei Auto... le mie protesi?” si corresse rapidamente.

L'occhiata che si scambiarono, nonostante la confusione, non sfuggì a Edward.

Senta, la situazione è ancora piuttosto critica.” confessò la più anziana delle due: “Ha una ferita sul volto che ha fatto infezione, non credo che possiate venir dimessi presto. Senza contare le fratture. E poi, i militari gradirebbero scambiare due parole con lei e con... suo fratello, esatto?”.

I militari?

Non capisco... Cosa vuole l'esercito inglese da noi...? Se temono che siamo spie tedesche, posso assicurarle...”

No, no, non è nulla di tutto questo... E' solo che...”

Ora, la pazienza non era una dote della famiglia Elric, men che meno del loro primogenito: Edward non era stupido, capiva che c'era qualcosa che non andava.

Cosa sta succedendo?” chiese, con il piglio militare di un ex Alchimista quale era: “Ho il diritto di sapere cosa mi sia successo e per quale motivo io e mio fratello ci troviamo in un ospedale senza potercene andare con le nostre gambe. E dove sono state portate le mie protesi?”

Le due donne restarono in silenzio per alcuni secondi, poi fecero un profondo sospiro.

Credo proprio che il vostro appuntamento a... Lontra debba venir spostato a data da destinarsi. E non aveva alcun tipo di protesi addosso quando siete stati ritrovati, devono avergliele portate via prima” l'infermiera sembrava essere impallidita di colpo.

Okay, storpiare il nome della propria capitale, per un inglese, era veramente grave.

A meno che...

Il cuore iniziò a battergli forsennatamente nel petto, la mano gli tremava senza controllo mentre una strana energia, lungamente rimpianta, gli fluiva nelle vene assieme al sangue.

Gli occhi si riempirono di lacrime.

Era veramente possibile...

Ora si calmi, faremo del nostro meglio per aiutarla.” la voce dell'infermiera sembrava sinceramente preoccupata e spaventata ma lui non le diede retta.

Lui non aveva bisogno di essere aiutato, se veramente la sua sensazione era corretta.

Dove mi trovo?” chiese con un filo di voce, alzando i grandi occhi dorati e puntandoli sulle due donne.

E' in un ospedale militare... in una città di nome Central City.”.


§§§


Il luogotenente Falman attendeva il messo dall'Ospedale Centrale sotto il porticato del Comando Militare di Central City fumando una sigaretta: pioveva ed era impaziente di tornare al caldo dell'ufficio della guardia principale e finalmente concludere quelle pratiche che da giorni si portavano dietro.

Quella storia era assurda.

Vato non era un Alchimista ma aveva avuto abbastanza a che fare con Alchimisti da capire quando le cose cominciavano ad andare male per colpa di qualche spostato con capacità fuori dal proprio controllo.

Insomma, ne avevano passate di tutti i colori in passato, soprattutto quando c'erano ancora i fratelli Elric.

Sarebbe bello che foste qui, ragazzi.” disse, alzando gli occhi verso il cielo: “Il vostro aiuto sarebbe prezioso.”

E non era una bugia: da un paio di mesi a quella parte, erano scomparse e continuavano a scomparire sempre più persone mentre ne riapparivano altre, in stato confusionale e terrorizzate.

Dal alcuni interrogatori, era venuto fuori che non c'era una logica in queste scomparse e nelle successive riapparizioni: ma su di una cosa si era certi, quelle persone non appartenevano al loro mondo.

Da lì, il passo verso l'ipotesi che provenissero dall'altra parte del Portale era breve.

Fin troppo vividi erano ancora infatti i ricordi della grande crisi di sette anni prima, durante la cui battaglia erano stati visti per l'ultima volta Edward e Alphonse Elric.

E la loro presenza,oltre che di conforto, sarebbe stata di notevole aiuto per uscire da quel ginepraio senza senso; molte cose erano cambiate, purtroppo e anche le persone lo erano: ma nonostante tutto, come se fosse stata una promessa silenziosa ad unirli, lui e gli altri erano rimasti fedeli a loro stessi e alla strada che avevano intrapreso anni prima.

Lui, Kain, Breda, Riza...

Le truppe si sfaldano, vengono trasferite e spesso le amicizie rischiano di inaridirsi; eppure il tempo aveva risparmiato la loro famiglia – e una mano dall'alto aveva contribuito a non separarli – e ora speravano di essere pronti ad affrontare questa nuova minaccia.

Lo dovevano a troppe persone.

Luogotenente!”

Il filo dei suoi pensieri venne però interrotto dalla voce squillante del messo, un ragazzotto dai capelli rossi e dalla pesante casacca verde che correva attraverso la piazza deserta se non per qualche raro collega che correva per non bagnarsi.

Era una giornata relativamente tranquilla, a parte per la notizia di una nuova comparsa repentina.

Da quel poco che sapeva, due giovani erano precipitati giù dal cielo e dritti nel fiume: solo l'azione rapida di un gruppo di passanti aveva impedito che annegassero.

Vato lanciò per terra la sigaretta ormai spenta e fece cenno al ragazzotto di raggiungerlo all'asciutto, si era avvicinato abbastanza da notare la voluminosa sacca che stringeva tra le braccia.

Hai fatto presto.” constatò il militare, passandogli una salvietta per asciugarsi i capelli e liberandolo dall'ingombro del bagaglio.

Il giovane ringraziò con un cenno del capo e la prese tra le mani tremanti: “La dottoressa Grunwald è stata perentoria, mi ha detto di portarvi queste cartelle con la massima velocità possibile. Si è anche raccomandata di dirvi che i nuovi pazienti avranno una prognosi discretamente lunga, non erano conciati bene.”.

Conseguenze della caduta?” chiese il luogotenente, estraendo il plico di fogli dalla loro copertura.

No, signore. La dottoressa pensa che siano ferite derivate da un pestaggio, ha rilevato fratture multiple, traumi di varia natura e uno zigomo spaccato. Sono due, avranno a malapena una ventina d'anni a testa e sembrano molto provati, dovevano essere viaggiatori, tra le loro cose hanno rinvenuto una valigia con pochi vestiti maleodoranti e un paio di fotografie tutte sbiadite e praticamente indecifrabili, anche la documentazione che avevano è illeggibile. Non sappiamo neppure i loro nomi.”.

Falman scorse rapidamente i primi fogli, vergati nella calligrafia stretta della dottoressa che il Comandante aveva messo a capo della divisione sanitaria preposta a quella situazione: era una prima anamnesi delle condizioni dei due pazienti - buttata giù alcune ore prima a seguito della loro entrata all'Ospedale - e ricalcava in pieno il succinto rapporto a voce del messo.

Santi numi,” esclamò stupito: “Ma come è possibile riportare ferite del genere?”

E c'è di più, sembra che alcune fratture non siano state curate a dovere, fratture piuttosto vecchie tra cui un serio trauma alla testa riscontrato al più anziano. Mi creda, l'essersi ritrovati sbalzati da questa parte non sarà mai peggio di quello che hanno vissuto.”.

C'è una loro fotografia?” chiese il militare.

Certo, è sul fondo assieme all'ultima diagnosi e alla prescrizione della prognosi definitiva.”.

Sotto quella pioggia battente, il cuore di Falman si fermò.

Non riusciva a credere a ciò che i suoi occhi vedevano.

Certo, erano diversi dall'ultima volta in cui li aveva visti – il tempo doveva essere trascorso anche per loro, e molto dolorosamente – ma non aveva dubbi che i visi addormentati e tumefatti che erano raffigurati nelle fotografie fossero quelli di Edward e Alphonse Elric.

Che il Destino volesse beffarsi di loro ancora una volta?

Luogotenente... Tutto bene?” azzardò il giovane con voce preoccupata.

Falman annuì frettolosamente e si strinse al petto i fascicoli con mano tremante: “Torna dalla dottoressa e dille di non fare nulla sino al nostro arrivo. Questa è una faccenda della massima importanza, mi sono spiegato?!” gridò e, senza neppure salutare, corse all'interno dell'edificio.

Era tarda mattinata e tutti i colleghi di stanza all'HQ erano nei propri uffici a compilare scartoffie quindi l'atrio era deserto quando Vato fece irruzione con veemenza, facendo trasalire l'ufficiale alla reception.

Ma lui non si fermò e, anzi, cominciò a correre attraverso i corridoi del primo piano con la mente e il cuore in subbuglio: era una speranza flebile, certo, ma quel viso era inconfondibile anche sotto i lividi, le cicatrici e la lieve barba incolta, le occhiaie e l'aria sperduta.

Ragazzi! Ci sono grandi novità!” gridò trafelato, spalancando senza troppe cerimonie la porta dell'ufficio comune: “Devo parlare con il Comandante!”.

Quattro paia di occhi si voltarono verso di lui, confusi e sorpresi: “Che succede?” chiese Kain, raccogliendo da terra i fogli che gli erano caduti per lo spavento, “Amico, non ti fa bene correre così.” lo rimproverò Breda, inginocchiandosi ad aiutare il compagno più giovane.

Riza Hawkeye, da parte sua, gli rivolse un'occhiata di fuoco mentre Havoc, con passo lento e cadenzato, lo raggiungeva: “Che ti prende? Il Comandante è fuori ufficio per una riunione, lo sai.”.

Dobbiamo contattarlo e farlo tornare subito qui!” esclamò con gli occhi spalancati: “Sono loro! Sono tornati!”.

Le facce dei suoi colleghi e amici di sempre rimasero con la stessa sfumatura di confusione di poco prima.

Cosa stai blaterando?” lo apostrofò Riza, alla quale gli ultimi anni avevano donato un viso ancora più affilato.

Per tutta risposta, Vato estrasse le fotografie dai fascicoli e le lanciò in mezzo alla stanza: “Voglio dire,” disse, prima di inspirare profondamente, “Che le ultime vittime di queste misteriose comparse potrebbero essere due nostre vecchie conoscenze. Ora possiamo andare a chiamare il Comandante Mustang?!”

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


FMA


GO THE DISTANCE

CAPITOLO 1

Spero che sia una cosa importante.”

Roy Mustang camminava a passo svelto lungo il corridoio del terzo piano del HQ dietro ad una giovane tenente, la stessa che si era affrettata ad andare a chiamarlo, interrompendo la riunione tra lui e i Generali di stanza a Central City per fare il punto su quella crisi che Amestris stava faticosamente affrontando.

Conosco il luogotenente Falman da tanti anni e, mi creda, non l'ho mai sentito così agitato come quando mi ha chiamata all'interfono. Ha semplicemente detto che era fondamentale che lei tornasse subito in ufficio, ha detto che ci sono importanti novità.”.

Con un sospiro, il Comandante Supremo aumentò il passo, immergendosi nei propri pensieri: non faticava a crederlo, anche lui conosceva bene Vato e sapeva che non era nel suo carattere agitarsi.

Era razionale e calmo ed erano queste sue caratteristiche a renderlo la mente pensante della squadra, difficilmente accadeva qualcosa che poteva metterlo in crisi.

Quando giunsero infine davanti alla porta dell'ufficio, la tenente lo salutò con un leggero inchino e si congedò da lui, lasciandolo solo.

Con la mano sulla maniglia, si concesse qualche secondo per respirare: non lo faceva spesso in quel periodo, troppe erano le cose da fare e di cui occuparsi.

Quella situazione era paradossale: aveva dovuto far isolare un'intera ala dell'ospedale Centrale per accogliere le misteriose e sconosciute persone comparse negli ultimi tempi e nessuno sembrava essere in grado di capire cosa stesse accadendo e perchè.

Nè tantomeno c'era qualcuno in grado di trovare una soluzione a siffatto stato di cose.

Le persone continuavano a scomparire e al loro posto ne riapparivano altre.

C'erano famiglie distrutte dal dolore, spezzate e Roy Mustang si sentiva sperduto anche se faceva di tutto per non darlo a vedere.

Diamine, era a capo di quel Paese e l'avrebbe tenuto assieme ad ogni costo.

Istintivamente, la sua mano andò a toccare il rigonfiamento della sua tasca, dove sapeva esserci quella che, per tutti, sembrava ormai una reliquia del passato e che, invece, era per lui impossibile da ritenere tale.

Un piccolo orologio d'argento ormai fermo da parecchi anni che simboleggiava quanto lui stesso avesse perso nel corso del tempo: lo Scambio Equivalente non risparmiava nessuno, neppure il grande Roy Mustang.

Con tali pensieri in mente, amari come il primo giorno in cui li aveva formulati, l'Alchimista di Fuoco entrò nell'ufficio, trovandolo stranamente calmo e silenzioso.

E trovando i propri sottoposti incredibilmente pallidi, seduti in bell'ordine alle proprie scrivanie.

Cosa mai poteva esser accaduto di così grave da ridurli al silenzio, loro che non stavano zitti neppure sotto tortura?

Subito, nella mente di Mustang cominciarono ad affollarsi le peggio ipotesi: era scomparso qualcuno dei loro cari? Effettivamente erano un paio di giorni che non vedeva il Generale Armstrong e che non si fermava a casa di Gracia ed Elycia per il solito tea pomeridiano...

Ed era almeno una settimana che non sentiva Winry Rockbell.

Comandante, per fortuna è tornato.”

Riza Hawkeye era forse la donna più forte che Mustang conosceva, dopo Gracia, e vederla così inquieta, con il piccolo Black Hayate II tra le braccia, lo rendeva ancora più nervoso: anche il cucciolo sembrava a disagio, forse era lo stato d'animo della padrona ad influenzarlo.

Ragazzi, cosa succede?” chiese lui, poggiando il mantello sul primo tavolo a disposizione.

I presenti si guardarono di sottecchi, erano evidentemente tormentati e ciò acuì l'ansia del Comandante.

Stamattina è arrivato questo dall'Ospedale Centrale.” esordì Falman con una cartella di fogli tra le braccia, era stato lui ad annunciare la notizia ai colleghi e si sentiva in dovere di dare la stessa notizia al proprio Comandante: “E' avvenuta una nuova comparsa misteriosa e le vittime sono state portate subito dalla dottoressa Grunwald che se ne sta prendendo cura.”

Roy annuì: “Sì, lo sapevo. E allora?”

Con mano tremante, Vato estrasse dall'involto un paio di fotografie e gliele consegnò: “Questi sono i loro visi...” bisbigliò.

Quando i suoi occhi misero a fuoco i lineamenti raffigurati nelle immagini, Roy Mustang sentì il proprio cuore fermarsi nel petto assieme al respiro.

La prima reazione fu quella di sentirsi le gambe diventare improvvisamente molli e incapaci di reggere il suo peso ma si fece forza e riuscì ad impedire al proprio corpo di collassare su sé stesso e pertanto di svenire poco elegantemente dinanzi ai propri uomini; reggendosi al bordo del tavolo per non accartocciarsi poco dignitosamente per terra, Mustang riuscì a mantenere l'equilibrio.

Ma lo stupore rimase, assieme ad una buffa sensazione di calore e aspettativa nel petto che minacciava di affollargli gli occhi di lacrime.

Con espressione sperduta, alzò lo sguardo verso i compagni, i cui occhi erano – solo in quel momento lo notò – lucidi: “E' vero...?” chiese Mustang con un filo di voce.

Tutti annuirono.

Anche noi non ci credevamo...” ammise Kain: “Ma non ci sono dubbi.”.

Sono tornati.” aggiunse Havoc, aveva le mani tremanti e non riusciva neppure ad accendersi una sigaretta: “Ma sono conciati male, Capo. Devono averne passate di tutti i colori.”

Mustang non rispose, troppo concentrato a osservare i visi tumefatti dei due fratelli mentre la sua mente già formulava ipotesi – una più strana dell'altra – e stilava una lista di ordini.

Non sapeva neppure quantificare la gioia che gli gonfiava il cuore al pensiero di poter rivedere quei due ragazzi che tanto avevano fatto per Amestris, e per lui.

Soprattutto quell'indisponente ragazzino che era l'Acciaio che ricordava e che non era mai riuscito a dimenticare.

Quale miracolo glielo aveva riportato?

Quali dolorosi avvenimenti l'avevano ridotto in quelle condizioni?

Ci avrebbe pensato dopo, decise: la cosa più importante, ora, era metterli al sicuro e fare in modo che si riprendessero.

Capo, cosa facciamo?” chiese Breda, che era rimasto in silenzio fino a quel momento.

I compagni annuirono determinati.

Mustang sospirò, poi si avvicinò al telefono più vicino e sollevò la cornetta: “Credo che la risposta sia logica.” disse solo, componendo un numero; i presenti rimasero col fiato sospeso per qualche istante, poi...

Centralino? Mi passi l'interno della dottoressa Grunwald.”.


§§§


C-Come sarebbe a dire?” sussurrò Edward, incredulo per la notizia che gli era stata appena comunicata: “S-Siamo davvero tornati a casa... ad Amestris?” mormorò a sé stesso, guardandosi le mani; erano bruciate e fasciate in più punti ma, dalle dita, sentiva provenire una strana energia, la stessa che gli percorreva tutto il corpo.

Alchimia...

Le due donne lo guardarono stupefatte: “C-Come fa a conoscere quel nome?” chiese con un filo di voce l'infermiera; anche la più anziana annuì, muovendo un passo in avanti e troneggiando sul giovane ferito.

Quando Edward alzò gli occhi verso di lei, ella li vide pieni di lacrime, lacrime che scivolavano senza controllo lungo le guance senza che il proprietario facesse nulla per fermarle, così come i singhiozzi che ne facevano sussultare ritmicamente le spalle.

Non capite... Sigh...” Edward sembrava fuori di sé, gioia e commozione si mischiavano all'incredulità e al timore che quello fosse tutto un sogno oppure il piano di qualcuno per farlo impazzire: già Noah si era dimostrata in grado di leggere la sua mente ed i suoi sogni, come poteva essere sicuro che non ci fossero altre persone come lei, dotate del medesimo dono?

Cerchi di spiegarci...” l'infermiera si era inginocchiata al suo capezzale, conscia della necessità di confortare quel poco più che ragazzotto che le ricordava tanto suo fratello minore.

Se questa è davvero Amestris... Se siamo a Central City...” rantolò, senza aria per i singhiozzi e le lacrime: “Siamo tornati a casa...”

Mi faccia capire, lei e suo fratello... Siete di qui?” anche la dottoressa sembrava genuinamente stupita, e forse anche sconvolta.

Edward, con gli occhi puntati su entrambe, annuì, sorridendo felice: “Il mio nome è Edward Elric, ero un Alchimista. Mio fratello si chiama Alphonse. Siamo nati a Reseembool... Ah, accidenti!” esclamò, asciugandosi una volta per tutte le lacrime con la manica del camice, “Non so esattamente quanti anni siano passati dall'ultima volta che ho rivisto questo mondo ma, mi creda, sono felice di essere qui...” sussurrò.

Le due donne si scambiarono un'occhiata sconvolta: nessuno sentiva più parlare del Fullmetal Alchemist da qualche anno, ormai ed era difficile riconoscerlo in quel viso stanco e tumefatto, sotto quella lieve barba incolta.

Senta, ho sentito tutto quello che vi siete dette quando siete entrate. Posso provarvi chi sono. Basta che chiamate il colonnello...”

Ma le sue parole vennero interrotte da un bussare frenetico alla porta e dall'entrata di un giovane inserviente: “Dottoressa Grunwald! Dottoressa Grunwald!” gridò questi, agitando i lunghi capelli rossi, “Samuel è tornato dalla consegna, non so cosa sia successo ma pochi secondi fa ha chiamato il Comandante Supremo in persona! Ha detto che ha ricevuto i documenti e che gli ultimi due soggetti...” si bloccò non appena notò che uno dei suddetti “soggetti” era sveglio e vigile.

Va bene, Wil.” la dottoressa si alzò e gli andò incontro: “Andrò a sentire cosa vuole da noi il nostro illustrissimo Comandante.” disse, facendo per uscire.

Non è necessario, doc. In effetti... Sta venendo qui...” pigolò il nuovo arrivato: “E' proprio questo che volevo dirle. Il Comandante ha detto che sarebbe venuto personalmente a sincerarsi delle condizioni dei nostri nuovi ospiti. E Samuel, che ha consegnato i documenti, mi ha riferito che il luogotenente Falman gli ha detto che è diventata una faccenda della massima importanza e di non fare nulla.”

Quel nome fece fare una tripla capriola nel petto al cuore di Edward.

Falman?

Vato Falman?

La dottoressa sospirò, congedò l'inserviente e poi si voltò verso Ed: “Il Comandante è un maledetto impulsivo.” disse, come se volesse scusarsi, “Ma è una brava persona. Non so molto di faccende militari ma ho lavorato al suo fianco per qualche tempo ed è stata una bella esperienza.” aggiunse.

E chi è...?” domandò con un filo di voce.

E' una sua vecchia conoscenza, direi.” il viso della donna si aprì in un sorriso sincero: “E' l'Alchimista di Fuoco, Comandante Supremo Roy Mustang.”

Per un istante, nella stanza calò il silenzio, poi dalla bocca dell'Elric più anziano proruppe uno scroscio allegro di risa assieme ad una piccola lacrima.

Quel Colonnello!” esclamò, per la prima volta dal suo risveglio era sollevato, quasi felice malgrado il dolore: “Alla fine ce l'ha fatta!”.

All'improvviso, si sentì incredibilmente stanco, come se tutta la tensione del mondo gli fosse scivolata fuori, lasciando unicamente stanchezza.

Ora riposi, quando arriverà lo porterò qui. Nel frattempo, cerchi di dormire e.. bentornato a casa...” sussurrò la dottoressa, rimboccandogli le coperte.

Edward annuì: era al sicuro, non doveva più combattere.

Era finalmente tornato a casa.


§§§


Mi sembra incredibile.” esordì l'infermiera una volte uscite dalla stanza: “Ho sentito molte storie sul Fullmetal Alchemist ma mai mi sarei immaginata una cosa del genere.”.

Doc Grunwald annuì, pensierosa: “Si erano perse le sue tracce già dieci anni fa, poco dopo la caduta del Comandante Bradley, poi vi fu una voce che girava durante l'invasione di quegli strani esseri, sette anni fa, durante l'assedio del Comando. Si diceva che, a capo della Resistenza Militare, ci fossero entrambi i fratelli Elric e che avessero combattuto in prima linea al fianco del Comandante Mustang e ai suoi ma poi, da allora, nessuno ebbe saputo più nulla, l'intera faccenda fu classificata sotto segreto militare e basta. Se è vero quello che si dice in giro, cioè che siano finiti in un altro mondo...”

Potrebbero aiutarci a comprendere cosa stia succedendo!” esclamò con fervore la giovane.

E' ciò che penso anche io.” confermò l'altra.

Le due donne allungarono il passo verso l'ingresso principale dell'Ospedale: volevano essere presenti all'arrivo dei militari.

Deve essere stato un sollievo.” riprese l'infermiera: “Non deve essere stata un'esperienza piacevole la loro... Hanno entrambi traumi pregressi notevoli, temo che possano avere delle ripercussioni a carattere psicologico.”.

Hai ragione, cara. Devo parlare chiaramente al Comandante, non possono fare sforzi di alcun tipo e riempirli di domande non gioverebbe alla loro salute.” decretò ella con decisione.

Allora si spiegano molte cose. Come ad esempio i moncherini e il delirio sulle protesi. Si riferiva ai leggendari Automail.”.

Mia cara, hai letto troppi giornali di pettegolezzi.” sorrise Grunwald: “Comunque sì, sulle prime pensavo fossero segni di torture, il che non sarebbe poi stato tanto sbagliato, vedendo il resto del corpo. Ma ora sono quasi certa che fossero i segni lasciati da innesti per Automail. Eppure non v'era traccia di nulla del genere... Che glieli abbiano strappati?”

Che prospettiva ributtante.”

Ma concreta.”.

Nel mentre della chiacchierata, la coppia giunse finalmente nell'ingresso principale, appena in tempo per assistere all'entrata di un manipolo di militari.

La squadra del Comandante Supremo, con lo stesso alla sua testa.

Roy Mustang sembrava pallido, notarono entrambe, più pallido del solito al punto che sia la sua folta capigliatura nera che la benda sull'occhio svettavano incredibilmente sulla sua carnagione.

Al suo fianco, la tenente colonnello Riza Hawkeye e poi dietro il resto della truppa, il luogotenente Falman era inconfondibile.

Le due andarono loro alacremente incontro: “Benvenuti.” disse la più anziana con un rispettoso inchino, “Lei è la signorina Maya Ross, è la mia assistente. Comandante, abbiamo scambiato due parole con il più anziano delle nuove vittime. E' risultato essere...”

Non qui, dottoressa.” la zittì Mustang con un cenno della mano: “Andiamo nel suo ufficio, lì parleremo meglio e più comodi, mi creda.”

Sì, certo. Cara.” asserì Grunwald, voltandosi poi verso la più giovane: “Ti affido il compito di andare a controllare l'altro ragazzo.” disse ella, “Se qualcuno dei suoi lo desidera, possono scortarla.” aggiunse, rivolgendosi al Comandante.

Mustang annuì e subito dal gruppo si staccarono Havoc, Breda, Kain e Falman che andarono a fare quadrato attorno alla più giovane; con un sospiro, Riza restò al fianco del suo superiore, raccomandandosi agli altri con un solo sguardo.

Era chiaro che, per quanto anche a lei premesse sincerarsi delle condizioni dei due Elric, reputava di primaria importanza l'accompagnare il Comandante.

Possiamo andare.” comandò Mustang, seguendo la dottoressa.

Nell'ingresso rimasero l'infermiera e il resto della truppa.

Seguitemi.” disse infine lei con gentilezza: “L'ala che abbiamo isolato è un po' distante da qui ma non ci vorrà molto tempo, posso assicurarvelo.” aggiunse, muovendo un paio di timidi passi verso il corridoio più lontano; in silenzio, i militari le andarono dietro e, in breve, il gruppetto lasciò l'ampio ambiente rumoroso per spostarsi verso angoli decisamente più tranquilli e semi-deserti; non incontrarono nessuno, né malati né dottori e fu quando, dopo una decina di minuti di cammino, giunsero davanti ad una porta piantonata da due colleghi in divisa che infine qualcuno di loro si decise a parlare.

C-Come stanno?” chiese Kain preoccupato.

Il più giovane è quello in condizioni migliori, a dire la verità.” ammise lei, esibendo il proprio tesserino sanitario prima di entrare nel reparto: “Almeno fisicamente, non ha fratture così gravi come il fratello. Ma non si è ancora svegliato dall'anestesia dell'operazione. Abbiamo dovuto estrargli una pallottola dalla spalla e una dalla gamba ma sono state estrazioni rapide e relativamente indolori.” disse ella.

I presenti si irrigidirono.

Mentre invece l'altro si è svegliato, ci ha confermato chi è e sembrava seriamente commosso all'idea di essere qui. Poi si è riaddormentato poco prima che voi arrivaste, ma sembrava semplicemente esausto. Niente di cui preoccuparsi troppo.” spiegò, fermandosi quindi dinanzi ad un'altra porta, lucida e chiusa.

Eccoci qui. Dentro questa stanza c'è Alphonse.” e indicò quella che aveva dinanzi: “Mentre in quella accanto c'è Edward.”.

Subito dopo, ella abbassò la maniglia ed entrò.

L'interno era avvolto nella penombra ma risaltava con estrema facilità il guizzare dorato di un paio di occhi assonnati ma aperti: “C-Chi c'è?” pigolò una voce roca dal letto, “D-Dove sono...?” chiese ancora.

Con un sospiro, l'infermiera fece cenno ai militari di aspettare un attimo fuori, poi fece un paio di passi in avanti: “Il mio nome è Maya, tu sei Alphonse vero?” chiese con tono rassicurante.

La figuretta rannicchiata a letto annuì impercettibilmente: “Dov-Dov'è mio fratello...?”

Edward è nella stanza qui accanto che dorme, non devi avere paura. Va tutto bene.”.

Alphonse sembrava ancora più piccolo, con tutti quei lividi in volto e i graffi coperti da cerotti e bende; alle spalle della donna, Havoc e compagni stringevano i pugni senza avere la forza di parlarsi: ma di una cosa erano certi, l'avrebbero fatta pagare a chiunque avesse fatto quello scempio.

Senti, ho portato un paio di amici che vorrebbero salutarti, possono entrare?” chiese incoraggiante: “Sono persone che sono venute apposta per te.” aggiunse.

Troppo confuso e ancora mezzo frastornato per capire esattamente quello che la donna gli aveva detto, Al annuì e Maya fece un cenno ai quattro in attesa, che si portarono accanto al letto in silenzio e in bell'ordine.

Ciao, Alphonse.” salutò per primo Havoc con un vago sorriso commosso: “E' bello vederti in salute, piccoletto.” aggiunse Breda, sbucato da accanto il collega biondo, “Al-kun, ti porterò un gattino da abbracciare, se ne trovo uno.” la promessa di Kain giunse solo attraverso la voce del suddetto, troppo basso per riuscire a farsi vedere oltre la muraglia di corpi dei compagni.

Falman, per tutta risposta, lo sollevò di peso e lo portò avanti, riuscendo anche a entrare a propria volta nell'affollato quadretto.

Bentornati, ragazzi. Ci mancava il vostro chiasso e le vostre cazzate.” sorrise Vato, sincero.

Allibito, Alphonse restò in silenzio per parecchi minuti, incapace di proferire verbo mentre la sua mente realizzava che, primo, quelli dinanzi a lui erano veramente i loro vecchi compagni e, secondo, erano – pur non capendo come – tornati a casa.

Quando infine realizzò del tutto la situazione, non riuscì a trattenere un pianto liberatorio, lacrime di sollievo e di liberazione da un incubo che li aveva tormentati per anni.

Si lasciò cadere in avanti mentre mani affettuose facevano a gara per sorreggerlo e donargli una spalla a cui appoggiarsi: “Sfogati, Alphonse, lascia uscire tutto...”.


§§§


Quando infine Roy Mustang li raggiunse, accompagnato da Riza e dal dottor Grunwald, ciò che si trovò davanti fu una scena che gli fece balzare il cuore in gola.

Ricordava la tenerezza di quel ragazzetto, così simile al fratello nell'aspetto ma così diverso nel carattere: e vederlo piangere sulla spalla di Kain mentre questi gli dava piccoli colpetti sulla schiena e Breda armeggiava con il rubinetto dell'acqua, probabilmente per versargliene un bicchiere, lo riempì di un misto di orgoglio e tristezza.

Ma era così che voleva che la sua squadra lavorasse, era così che aveva sempre lavorato: una squadra che non abbandona un proprio compagno esattamente come lui non aveva mai abbandonato nessuno dei suoi durante la guerra.

Hai permesso ad Edward di andarsene, però...”

Ignorando volutamente la propria coscienza, non voluta e non richiesta in quel momento, egli fece il proprio ingresso trionfale: “Non avrei mai pensato, un giorno, di dirlo, ma rivedere i fratelli Elric in città è un piacevole colpo alla cupa monotonia della vita qui da queste parti.” cercava di scherzare ma le parole faticavano ad uscire dalla gola, bloccate da uno strano magone di origine ignota.

Al alzò la testa e gli rivolse un timido ma sinceramente affettuoso sorriso: “Buongiorno, Comandante. Mi hanno detto che ci sono alcune novità.” replicò mentre Kain lo faceva distendere su di una pila di comodi cuscini.

Già, mio caro. Ma nulla di troppo difficile da ricordare, potrebbe farcela persino quel tonto di tuo fratello Acciaio.”

Chi sarebbe il tonto, Colonnello, no anzi, Comandante Supremo dei miei Automail mancanti?”

A quella voce, seppure debole ma incredibilmente familiare, Roy Mustang si voltò di scatto.

Sulla porta – sorretto da Vato e Jean – c'era Acciaio, con l'ombra di un sorrisino fedifrago sulle labbra sottili, brandiva persino una stampella con la mano di carne: “Se vuole che il nostro reincontro dopo cinque anni si concluda con il suo ricovero, resti dove si trova mentre prendo la mira. Siamo anche nel posto giusto!”.

Note dell'Autore:

Grazie a Nemesi, Leouch VI e Dan2002 che hanno avuto il fegato di leggere nonostante io sia rimasta lontana dal fandom per, boh, quasi cinque anni. Grazie davvero.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


GO THE DISTANCE

CAPITOLO 2

Roy Mustang restò qualche secondo immobile, senza proferire parola, poi scoppiò a ridere, e la sua risata era sincera, pura e piena di tante parole non dette e della bellezza del reincontro a cui stava assistendo, incredulo nel proprio cuore.

Acciaio, ti trovo più basso del solito.” scherzò.

Evitando agilmente una pantofola, il Comandante si posizionò dietro ad una sedia e batté la mano sul morbido cuscino che c'era sopra: “Forza, portatelo qui, che sembra più pallido del lenzuolo. Non vorrei che la dottoressa ci cacciasse per maltrattamenti sui pazienti minorenni.”

L'occhiata che Edward gli lanciò fu di fuoco: “Comandante, non scherzi troppo che questo moccioso può ancora prenderla a calci in culo quando più gli pare, anche senza una gamba.”.

Havoc rise sommessamente mentre lo aiutava a muoversi: “Stia attento, Capo, non racconta bugie!” esclamò, “Ha un mucchio di energie per essere così malmesso, mi chiedo cosa mangi a colazione per essere così attivo.”

Militari in salmì.” dichiarò solennemente il biondo, accomodandosi sulla sedia.

Breda rischiò seriamente di strozzarsi nel tentativo di trattenere le risa, il viso di Kain si spalancò in un sorriso mentre Riza, rimasta accanto alla porta con la dottoressa, si concedeva una lieve smorfia di sollievo sul viso stanco: negli ultimi anni, si era convinta che mai sarebbe stata di nuovo felice come in passato, quando erano tutti di stanza a East City con le sporadiche visite dei fratelli Elric che portavano allegria in una vita grigia in divisa.

Eppure, per un attimo, le parve che il tempo non fosse trascorso affatto: si rivide più giovane, accanto a quelle persone che avevano rimesso a nuovo un cuore che – alle volte - anche lei si scordava di avere; ma questo c'era eccome. Il suo cuore attendeva solo il lampo giallo di un paio di occhi che simboleggiavano una giovinezza determinata e disperata di un ragazzo che aveva lottato per tutta la propria vita e che loro - forse inconsciamente - avevano cinto di affetto e comprensione, di amicizia e calore.

Quel calore che, forse, loro stessi avevano dimenticato nella monotonia di giornate tutte uguali, nel trauma di una guerra che li aveva privati di ogni umanità.

Ma la semplice normalità che Ed e Al portavano con loro, come il vento del Sud che porta con sé la primavera, alleggeriva i loro animi, li rendeva di nuovo umani mentre scherzavano e si prendevano in giro a vicenda: Riza leggeva molte cose nei visi dei suoi compagni ma, sopra ogni altra cosa, nei loro occhi vedeva una nuova forza infiammarsi e una rinnovata fiducia nel proprio mondo e nella propria vita.

Ora i pezzi erano veramente tornati tutti al loro posto.

Fratellone... Hai visto?”

Con la coperta sulle gambe e i cuscini dietro la schiena, Al era sveglio e vigile, malgrado gli facesse male ancora più o meno dappertutto; Edward sospirò e annuì, allungando la mano per accarezzare quella del più giovane, appoggiata mollemente sul lenzuolo: “Spero per voi che non abbiate terrorizzato troppo Al.” aggiunse, osservando con aria falsamente severa Kain e Breda, i quali si affrettarono a scuotere la testa in un chiaro cenno di diniego.

Figurati! Al è un bravo bimbo e noi non lo terrorizzeremmo mai!” esclamò il rosso: “E' vero!” aggiunse Fury senza però riuscire a trattenere un sorriso; erano allegri, felici di essere di nuovo assieme, notò il Comandante che era ancora coi gomiti poggiati allo schienale della sedia su cui era accomodato Edward.

Ci sarebbero state molte cose di cui parlare in un prossimo futuro ma non aveva fretta, non c'era fretta.

Dobbiamo trovare una soluzione per i tuoi Automail, Edward.” Falman diede voce al pensiero generale riscontrabile negli sguardi addolorati ogniqualvolta qualcuno di loro incrociava con gli occhi i moncherini visibili da sotto la casacca ospedaliera: “E' vero.” diede manforte Jean, aveva visto ciò che restava degli arti del più giovane privi degli innesti, aveva visto le garze macchiate di sangue e poteva solo immaginare il dolore che questi poteva aver provato e che doveva ancora provare.

L'Elric maggiore annuì, col cuore che gli era balzato in gola all'idea: “Potremmo chiamare un artigiano specializzato in Automail.” iniziò cautamente Mustang.

Comandante, non si formalizzi, non è da lei fare quella faccia da pesce lesso... Se dovete chiamare Winry, fatelo...” lo stomaco del ragazzo si contrasse, a metà tra l'aspettativa di rivedere una persona cara a cui era legato e l'ansia per la reazione della ragazza con cui era cresciuto, l'irritante sorella dalla chiave inglese in testa facile.

Winry-san potrebbe anche raggiungerci in fretta.” Kain sembrava d'accordo con Ed: “Si è trasferita in città ed è molto più facile per lei venire qui.”

L'occhiata che gli lanciarono tutti fu emblematica: c'erano delle cose che avrebbero dovuto dire ai due ragazzi ma non in modo così brutale.

Non datevi pensiero... Sono piuttosto intelligente, dopotutto...” le parole un po' malinconiche dell'Elric maggiore colsero di sorpresa il resto della truppa; voltatisi in simultanea, videro un lampo doloroso nelle pupille dorate del più giovane ma niente lacrime: “Sono passati un po' di anni, in effetti... Quando è successo?” chiese con un filo di voce senza mollare la mano di Alphonse, il fratellino tremava.

Due anni fa. Pinako-san era piuttosto anziana e se lo aspettavano in molti; siamo andati a Resembool al funerale e poi abbiamo aiutato Winry-san a impacchettare le proprie cose e a trovare un alloggio in città e un locale per avviare la propria attività.”.

Le parole di Riza rassicurarono Edward e Alphonse: “Vi ringrazio, allora. Immagino che non debba essere stato facile...” mormorò il maggiore con espressione assente prima di alzare lo sguardo e incrociare quello del Comandante, “E credo di dover ringraziare soprattutto lei. E' stato lei a convincerla a lasciare Resembool e a venire qui, esatto? L'avrà convinta dicendole che sarebbe stata la fornitrice ufficiale di Automail per l'esercito o qualcosa del genere.”

Roy Mustang sussultò: il suo segreto era stato rivelato

Il moro scoppiò a ridere e nascose il viso tra le mani prima di ricambiare l'occhiata del suo giovane sottoposto: “Sei intelligente, Fullmetal. Come hai fatto a indovinare?”

Quest'ultimo scrollò le spalle: “Winry non se ne sarebbe mai andata senza un motivo, soprattutto non avrebbe mai lasciato la zia, e le parole di Fury-san mi hanno dato conferma della cosa. Ve ne sono grato.” disse solo, prima di chiudere gli occhi, esausto.

Qualche istante dopo, sia Ed che Al erano caduti addormentati.

Voi restate qui, io vado a fare una telefonata.” disse all'improvviso Mustang, girando sui tacchi per non vedere ancora quel volto tumefatto: non sarebbe riuscito a trattenersi e giurò, una volta di più, a sé stesso che avrebbe scovato il responsabile non solo di quelle ferite ma soprattutto avrebbe preso a ceffoni chiunque fosse stato a strappare con tale violenza gli innesti, lasciando il ragazzo in balia del dolore.

Non se ne meritava altro.

Forte di quella rinnovata risoluzione, il Comandante uscì all'esterno in cerca di un telefono.

§§§

ANDREW! RISPONDI A QUEL DANNATO TELEFONO!”

Con un sussulto spaventato, un ragazzotto coi capelli rossi e le lentiggini mollò il cacciavite – che cadde a terra con un riverbero metallico – e si precipitò all'apparecchio situato nell'ufficio del proprio capo.

Con le mani ancora sporche di grasso, sollevò la cornetta e la posizionò tra orecchio e spalla di modo da poter, al contempo, finalmente ripulirle dalla lordura: “Rockbell Automail, come posso aiutarla?”

Reinher-kun? Sono Mustang. Cercavo Winry.”

Il ragazzo spalancò gli occhi ma si impose di non balbettare per l'ennesima volta: non sapeva controllarsi, quell'uomo lo metteva in soggezione ed era già da un po' che giungevano in officina quelle telefonate; Rockbell-san era una brava persona – forse un po' troppo passionale e appassionata nel proprio lavoro – ed era anche un'ottima costruttrice di Automail e Andrew – suo assistente da due anni – le era molto affezionato.

Ma non si era ancora abituato a quelle telefonate così personali tra il Comandante Supremo e il suo capo: spesso si era ritrovato a fantasticare su come si fossero conosciuti ma non era mai riuscito a formulare un'ipotesi sensata, né tanto meno era mai riuscito a estrapolarle qualcosa.

Gl-Gliela passo subito!” gridò il ragazzo prima di coprire il microfono con la mano: “Rockbell-san! Rockbell-san! E' Mustang-sama!” strillò.

Qualche istante dopo, di corsa, giunse Winry Rockbell, i lunghi capelli tenuti fermi da una fascia e da una coda e un top con pantaloncini a coronare il tutto: non era cambiata poi molto dall'ultima volta che i fratelli Elric l'avevano vista.

Comandante, a cosa devo l'onore di una sua telefonata?” chiese con tono scherzoso: “Sì, mi rendo conto di non essermi fatto sentire molto spesso in questa settimana.” replicò Mustang dall'altra parte della linea, “Ma sono state giornate a dir poco pesanti.” confessò l'uomo, in quel momento poggiato contro la scrivania di Doc Grunwald, “Ti ho chiamata per chiederti di raggiungermi subito qui all'Ospedale Centrale. Abbiamo bisogno del tuo aiuto.”.

A quelle parole, la giovane strinse il pugno: “E' successo qualcosa di grave?” bisbigliò con voce incrinata.

Grave non è la parola che userei, piuttosto direi importante. In ogni caso, abbiamo bisogno di un set di Automail. Un braccio destro e una gamba sinistra.”

Il cuore della ragazza ebbe un tuffo ma si impose di non darci peso: “D'accordo, anche i rispettivi innesti, vero?”

Esatto.”

Ricevuto, ho solo bisogno di alcune misure...”

Quelle non te le saprei dire, è meglio che tu venga personalmente a verificare...”

Rockbell si appuntò mentalmente quali attrezzi prendere e quali lasciare a casa e al tempo stesso cercava di calmare i battiti convulsi del proprio cuore: dopotutto, se fosse stato Edward, il Comandante glielo avrebbe detto, vero?

Winry, sei ancora lì?”

Riscossasi improvvisamente dal filo dei propri pensieri, ella si affrettò a rassicurare il proprio interlocutore: “S-Sì, certamente! Ha ancora qualcosa da dirmi oppure posso cominciare a raccogliere i ferri del mestiere e raggiungervi direttamente lì?”

Ci fu un attimo di silenzio dall'altra parte della linea poi la voce di Mustang giunse a lei stanca e sfibrata: “No, direi che non c'è nient'altro. Ti pregherei di fare più in fretta possibile però, è una situazione veramente delicata e sei la sola in grado di darci una mano.”

La ragazza annuì: “Solo una cosa...” disse, incerta su come continuare e su come articolare le proprie parole e i concetti che le vorticavano in testa, “E' proprio sicuro che vada tutto bene?”

Ne parleremo quando sarai qui, per ora devi fidarti di me ancora una volta.”

Winry sospirò, sconfitta: “D'accordo. Datemi mezz'ora e mi farò trovare nell'atrio.”

Manderò qualcuno a prenderti. A presto e, Winry, grazie davvero.”

§§§

Quando infine Mustang rientrò nella stanza di Alphonse, non si stupì troppo nel trovare un secondo letto accanto a quello del ragazzo più giovane e neppure si scompose più di tanto nel vedere i suoi uomini attorno ad un basso tavolino intenti a parlare fittamente: avrebbe potuto scommettere la sua carica sull'argomento della loro discussione ad occhi chiusi.

E infatti, al suo arrivo, Havoc su tutti si fece avanti con aria seria: “Dormono entrambi, Capo. Sono crollati praticamente subito. E' riuscito a chiamare Winry-san?” chiese il biondo.

Il Comandante annuì: “Sì, ci raggiungerà qui tra poco. Avrei bisogno di qualcuno che vada a prenderla. Chi è che farà il primo turno di guardia ad Acciaio e a suo fratello?” chiese quindi.

Ci fu un momento di impasse imbarazzata da parte dei militari, i quali si scambiarono un'occhiata smarrita; Roy, accortosi della cosa, non potè fare a meno di ridere: “Jean, sono passati quasi otto anni da quando ho deciso di rendervi la mia squadra. Ormai ho imparato a conoscervi e potrei giurare che vi stiate mettendo d'accordo per tenere sotto controllo queste due calamite ambulanti per i guai.”

Jean sospirò: “Falman e Kain si sono offerti di coprire il primo turno. Possiamo andare io e Riza a prendere Winry-san.”

Mustang era d'accordo: “Va bene. Solo, assicuratevi che nessuno vi segua e aspettatemi fuori dalla stanza. Bussate tre volte e io uscirò, ci sono cose da spiegarle prima.”

E' giusto.”

Nella stanza cadde uno strano silenzio, il tempo sembrava venir scandito dal basso respiro dei due giovani addormentati e nessuno sembrava avere troppa fretta di spezzare quell'attimo di pace ed equilibrio.

Erano tutti stanchi, ancora intimoriti dal futuro - e frastornati per la notizia che aveva rischiarato loro la giornata in un modo tanto repentino e intenso - ma c'era qualcosa che aveva ripreso ad ardere: come se quel gradito ritorno avesse rinvigorito le braci quasi spente all'interno dell'animo del team e avesse restituito a tutti un briciolo di speranza

Certo, sapevano che non sarebbe durata a lungo: tante erano ancora le cose da fare e di cui occuparsi, ma adesso sapevano di avere una seppur piccola possibilità di uscire ancora una volta vittoriosi da una situazione critica.

Non erano più soli.

NOTE DELL'AUTRICE:

Grazie di cuore ai miei recensori e a chi segue senza palesarsi. Sono contenta di riuscire di nuovo a scrivere come un tempo su uno dei miei fandom di adozione.

Dal prossimo capitolo non solo si entrerà maggiormente nell'azione ma Ed e Al rivedranno alcuni vecchi amici: e non solo Winry ma anche una certa coppia di mamma e figlia...

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


GO THE DISTANCE

CAPITOLO 3

Quando Winry Rockbell entrò nell'atrio dell'Ospedale Centrale, carica di borse e attrezzi, non ebbe alcuna difficoltà nel riconoscere i propri accompagnatori, i quali sembravano chiacchierare tranquillamente tra loro al centro della sala: “Riza-san! Havoc-san!” gridò, cercando di attirarne l'attenzione.

I due militari alzarono di scatto la testa e la videro, affrettandosi quindi a raggiungerla: “Grazie di essere qui.” disse subito la donna con tono visibilmente sollevato e un'espressione quasi allegra sul volto, “Dai a me quelle borse, sembrano pesanti.” si offrì invece lui, tendendo le mani.

Winry gliele affidò con sollievo: “Grazie, lo sono, ad essere sincera. Visto che il Comandante non mi ha dato misure o indicazioni, ho preferito portare tutto il materiale necessario qui di persona.” dichiarò, non le sfuggì lo sguardo inquieto che i due compagni si scambiarono e si ripromise di chiedere delucidazioni, anche allo stesso Mustang se necessario.

Allora, andiamo... Dobbiamo camminare un po' prima di arrivare...” azzardò Havoc, conducendo il trio verso lo stesso corridoio da cui erano passati qualche ora prima assieme alla signorina Maya.

Una volta di più, durante gran parte della marcia, restarono in silenzio: Jean portava senza problemi i bagagli dell'ingegnere, Riza camminava accanto alla ben più giovane donna e quest'ultima taceva, immersa nei propri pensieri, non credeva che fosse una coincidenza.

Prima il Comandante spariva per una settimana quando non era trascorso giorno senza che egli la chiamasse anche solo per sincerarsi come stesse – Winry sospettava si sentisse in colpa per Edward e Alphonse e quindi lo lasciava fare, le faceva quasi piacere, in effetti, avere contatti con forse l'unico che fosse mai riuscito a conoscere più o meno a fondo le persone che, per lei, erano state come fratelli – poi riappariva con una sbrigativa telefonata, le chiedeva di raggiungerlo in Ospedale per un set di Automail che, guarda il caso, erano una gamba sinistra e un braccio destro.

Winry Rockbell non era ingenua: sentiva che c'era qualcosa che non andava e quelle misteriose scomparse e ricomparse... La giovane aveva un'amica in Ospedale, si erano conosciute durante uno dei suoi interventi per le forze militari ed ella si era sfogata con lei: certo, forse non era stato poi molto corretto rivelare ad un civile certe cose ma la ragazza in questione era così stanca e sotto pressione che, sulle prime, Winry non aveva minimamente preso in considerazione le conseguenze di tale sfogo.

Solo dopo che le erano stati rivelati i deliri delle persone misteriose che erano comparse al posto di altre - deliri e confessioni che parlavano di altre città, di un mondo dove non esisteva l'Alchimia – fu solo allora che Rockbell capì e la consapevolezza l'aveva colpita come un pugno violento nello stomaco.

Alphonse gliene aveva parlato – lo ricordava chiaramente – prima di correre a Central City ormai cinque anni prima: nulla le impediva a quel punto di sperare.

Eccoci, siamo arrivati.”

La voce stanca di Jean Havoc risuonò nel corridoio deserto e silenzioso e Winry alzò la testa: si trovavano davanti ad una porta lucida ma chiusa.

Dinanzi ai suoi occhi, il militare bussò tre volte e, qualche secondo dopo, da essa uscì il Comandante.

Benvenuta.” la salutò lui con un sorriso sincero, tendendole la mano per stringergliela: “Grazie...” riuscì a dire soltanto lei, ricambiando il saluto.

Sono venuta prima che ho potuto e ho portato anche numerosi ferri del mestiere.” disse, sentendosi infinitamente stupida: l'aveva già detto al telefono ma non sapeva cosa altro dire, quella sensazione di disagio e aspettativa la rendeva nervosa e incapace di dire qualcosa di più arguto.

Riza, Jean, potete entrare un attimo? Devo parlare con Winry.”

I due militari si guardarono poi annuirono e lasciarono il corridoio, da lì, la ragazza poteva vedere un letto e alcune divise all'interno, che il resto del Mustang Team fosse lì?

Cosa deve dirmi?” chiese poi lei, una volta richiusasi la stanza; Mustang sospirò e si poggiò alla parete, cercando di raccogliere le parole: “Ci sono alcuni avvertimenti che devo darti, prima di entrare. Primo fra tutti, ti pregherei di tenere per te quello che vedrai e le parole che udrai, almeno fino a quando non te lo dirò io. Poi, devo confessarti che potresti avere un piccolo shock,” il cuore di Winry ebbe un tuffo a tali parole, “e terzo...”

Comandante...” bisbigliò lei: “Mi dica la verità...”.

Non è semplice...”

Si tratta di... loro... vero? Comandante, la prego, me lo dica...”

Gli occhi di Winry si riempirono di lacrime mentre si aggrappava alla casacca di Roy e lo guardava fisso nell'unica pupilla spalancata e smarrita: “Se si tratta di Edward, voglio saperlo, e ora! Voglio sapere se sta bene, se c'è anche Alphonse... Me lo deve dire ora, Comandante... Mi ha chiesto di creare due Automail, un braccio e una gamba, non deve essere un caso!” gridò ella.

Winry, per favore.... Smettila di piangere.”

Una voce roca e conosciuta la fece sobbalzare e voltare di scatto: sulla soglia, sorretto da Jean e Vato e visibilmente esausto e affaticato, c'era Edward Elric; la giovane ebbe un secondo sussulto nel vederne il corpo magro e rappezzato di cerotti e bende e si sentì morire nel vedere che mancavano i suoi due arti artificiali.

Ed...” bisbigliò con le lacrime che le scivolavano lungo le guance: “Edward...” ripetè, incapace di pensare ad altro che a quella visione.

Winry... Sto bene... Non c'è bisogno di preoccuparsi per me...” disse lui con gli occhi velati di sonno: “Al è qui dentro... Stiamo bene...”.

Rockbell non riuscì più a trattenersi e gli gettò le braccia al collo: “Brutto fratellino idiota!” gridò con voce soffocata dalla spalla del ragazzo più grande, “Cosa ti è successo...?” chiese, col viso nascosto nel collo di Ed.

Troppe cose...” sussurrò lui, era stanco ma sentiva di dover rincuorare Winry, rassicurarla sulle loro condizioni; e poi, non pensava di essere in grado di rivivere ogni cosa, non così presto almeno.

Aveva bisogno di ancora un po' di tempo.

Le mani tremanti di Mustang si poggiarono sulle spalle dei due giovani e il Comandante sorrise ai loro visi pallidi e solcati da lacrime: “Non è il caso di parlare qui fuori.” dichiarò, stringendo lievemente la presa su quella di Edward, “Entriamo, su.”.

Winry si asciugò vigorosamente le lacrime e annuì, precedendo l'Elric maggiore all'interno, il cui viso sembrava infinitamente più sereno: “Forza, Edward, andiamo anche noi.” disse Havoc, cingendogli gentilmente i fianchi col braccio, “Non ti fa bene zompettare in giro in queste condizioni.” aggiunse, facendo un cenno a Falman, che aveva accolto il corpo esausto del compagno più giovane, lasciatosi cadere all'indietro per la debolezza.

Con cautela, i due soldati lo riportarono in stanza mentre Mustang, con aria circospetta e guardinga, osservava attentamente il corridoio: una volta assicuratosi che non vi fosse nessuno nei paraggi, si richiuse la porta alle spalle e si avvicinò ai sottoposti, assiepati attorno alla branda su cui era stato deposto il giovanotto semi-svenuto.

Alphonse dormiva ancora, pareva non essersi accorto di nulla.

Winry era inginocchiata a terra, intenta a frugare in una delle borse che si era portata dietro ma senza proferire verbo: era ancora sotto shock, ma il Comandante e tutti potevano giurare di vedere un vago sorriso tremulo sulle sue labbra tenute strette, forse per impedire alle lacrime di scendere ancora e ancora.

Quando infine la situazione sembrò calmarsi – e Breda e Kain si furono defilati all'esterno per andare a chiamare l'infermiera – Rockbell alzò la testa e si avvicinò al letto, tra le mani aveva un metro da sarta: “Ora ho bisogno di aiuto.” disse, voltandosi verso Jean, “Scosta la coperta e aprigli la casacca. Devo prendere le misure.”.

Havoc obbedì senza proferire parola, ignorò gentilmente il sussulto che la ragazza ebbe nel vedere il corpo pesantemente fasciato di Edward e fu rapido a ricoprirlo una volta conclusasi l'operazione.

Winry si appuntò alcune cifre su di un logoro blocchetto e restò qualche istante con lo sguardo perso nel vuoto: “E' cresciuto.” notò infine con tono velato di affetto, “Non è più il solito tappetto... E' diventato alto quasi quanto me.”.

Non... sono... piccolo...” rantolò il ferito.

Una risata sommessa serpeggiò tra i presenti: “Certe cose non cambiano mai...” disse Riza con un sorriso sincero; Roy annuì, incapace di dire alcunchè, non era ancora riuscito a sincerarsi personalmente dell'estensione delle ferite dei due ragazzi ma la vista di tutti quei bendaggi lo fece avvampare di rabbia.

Credo di poter ricostruire gli innesti in tempi brevi, dovrò mettere in pausa alcuni altri progetti ma voglio che Ed abbia la priorità su tutto.” affermò lei determinata: “Sarebbe fantastico.” ribatté Havoc, “Ora però il problema è un altro...” si intromise Riza.

Che genere di problema c'è, Tenente Colonnello?”

La voce della dottoressa Grunwald fece voltare tutti i presenti, i quali videro la donna – accompagnata dall'assistente – con dietro Breda e Kain: “Che problema?” ripeté ella, vedendo che nessuno sembrava intenzionato a rispondere.

Si riferiva senza alcun dubbio alla possibilità che i fratelli Elric vengano presto dimessi, probabilmente – come tutti noi – è preoccupata per questa situazione di crisi e si chiedeva come fare con la mancanza di posti letto disponibili, dato il grande numero di ricoverati. Certo, se venisse accettata la proposta che il Comandante ha inoltrato...” intervenne Mustang con nonchalance, ammutolendo tutti.

Doc Grunwald sospirò, fulminando con lo sguardo l'Alchimista di Fuoco – che mantenne comunque la propria espressione sbruffona – il quale ne resse tranquillamente lo sguardo: “Venivo appunto a riferirvi della decisione della responsabile medica dei due pazienti, che per inciso sarei io. Sono stata informata che avete interpellato un'artigiana per ripristinare le protesi del signor Elric. Signorina.” disse, rivolgendosi quindi a Winry, “Prima di installare qualsivoglia innesto per Automail, gradirei scambiare due chiacchiere con lei, magari davanti ad una tazza di tè mentre le illustro l'estensione dei danni ai nervi, solo a quel punto potremmo concordare insieme una via d'azione per restituire a Edward l'uso degli arti. Direi che, almeno per qualche tempo, non sarà possibile effettuare operazioni di questo tipo.”.

La ragazza annuì determinata: “La ringrazio.” disse solo con un rapido inchino.

Poi veniamo a noi, Comandante. Tra tre giorni, non uno di meno, le farò pervenire le pratiche di dimissione, ho deciso che la convalescenza potrebbe essere più rapida e confortevole in un ambiente familiare e riservato quindi autorizzo la presa in custodia da parte sua dei nostri due pazienti qui.” concluse con un sorriso.

Roy Mustang si lasciò andare ad un risata trionfale: “Le sono infinitamente grato, dottoressa.”.

Non mi faccia pentire della mia scelta, però.”

Non si preoccupi, non succederà.”

Ella si guardò attorno con aria soddisfatta, poi fece un cenno a Maya ed entrambe uscirono, lasciando il Team da solo.

A squadrare Mustang.

Il quale seguitava a sorridere come un bambino.

Quindi era questo il suo piano, capo?” chiese Breda, il primo ad avere il coraggio di rompere il silenzio stupefatto dei compagni.

Lasciamo soli questi due per qualche anno e ce li ritroviamo conciati per le feste, ho pensato che, in quanto ufficiale di grado superiore, fosse mio dovere occuparmene, sia mai che ci rimangano sulla coscienza.” disse lui con tono fintamente indifferente: “Però suppongo che avrò bisogno di aiuto, gestire Fullmetal e suo fratello è una missione da task force speciale.”

Jean scoppiò palesemente a ridere: “Non ha tutti i torti, Capo!” esclamò lui, “Sa come si dice dalle mie parti? Ci vuole un villaggio intero per crescere un bambino.”

Quindi Acciaio sarebbe un bambino?”

Beh, magari non d'età ma, suvvia, si è sempre cacciato in una marea di guai! Lo sappiamo tutti!”

Le chiacchiere e i commenti durarono ancora per qualche minuto ma Fullmetal non battè ciglio, doveva essere proprio sfinito; quando infine Mustang si chinò a recuperare il mantello, Riza, Jean e Breda si attivarono per aiutare Winry a recuperare i propri attrezzi: “Ora lasciamoli riposare.” ordinò il Comandante con espressione seria, “Tra quanto dovrete darvi il cambio?” chiese, rivolto ai due militari che sarebbero rimasti, “Vi faremo sapere quando avremo bisogno di farci sostituire, non datevi pensiero.” ribattè Vato, accomodandosi su di una sedia, “Ci fa solo che piacere fare loro compagnia.” sorrise Kain.

Mustang annuì: “Per qualunque cosa, fatemi chiamare, siamo intesi?”

I due sottoposti annuirono e lui sospirò, col cuore infinitamente più leggero, prima di voltarsi verso Winry: “Ti riaccompagno in officina?” chiese; ma ella scosse la testa, asciugandosi una lacrima fuggiasca, “Non si preoccupi, ho la macchina qui fuori. Torno da sola e mi metterò subito all'opera.”

Vuoi che venga con te?” si offrì Riza: “Se il Comandante non ha nulla in contrario, il mio turno sarebbe finito tre ore fa...”

La giovane Rockbell soppesò per un attimo la proposta, poi annuì: “Va bene, grazie. Reinher-kun deve essere già tornato a casa e un po' di compagnia non mi dispiacerebbe.”.

Mustang approvò la richiesta della sua assistente e in breve la stanza si svuotò, lasciando i due Elric addormentati e al sicuro.


§§§


Era tardo pomeriggio quando Elycia, uscita da scuola, trovò ad attenderla una faccia familiare.

Roy-ojisama!” gridò la ragazzina, correndo incontro al Comandante Supremo, che la attendeva nel cortile dell'istituto scolastico con un coloratissimo ombrello in mano, ombrello che cozzava con il pastrano scuro che indossava l'ufficiale.

L'uomo le sorrise e, quando la piccola lo ebbe raggiunto, la abbracciò con forza: “Mamma è a casa, vero?” chiese lui, caricandosela in braccio.

Ad Elycia piaceva lo zio Roy, tantissimo. Le ricordava il suo papà.

Sì, mi aspetta.” rispose lei.

Ti va di venire a casa con me? Sono in macchina.” le chiese.

Elycia ci pensò su un attimo: certo, era bellissimo correre con gli stivaletti da pioggia nelle pozzanghere ma anche farsi portare in giro dallo zio era fantastico...

Decise che poteva anche rinunciare a bagnarsi come un pulcino, per una volta: “Vengo con te!” esclamò con un gran sorriso.

Mustang, con la cartella della nipotina acquisita sulla spalla e la piccola ancora aggrappata al suo collo, si diresse quindi verso la macchina, posteggiata poco lontano, e caricò Elycia sul sedile del passeggero prima di riporre lo zainetto nel portabagagli.

Quando rientrò nell'abitacolo, aveva tutti i capelli inzuppati ma sorrideva.

A casa! Mamma ti starà aspettando con una tazza di cioccolata calda.”

Il viaggio durò una decina di minuti – complice anche il traffico – e quando si fermarono al di fuori della villetta che era la residenza della famiglia Hughes, Roy vide chiaramente la figura di Gracia alla finestra che, notandolo, aveva alzato la mano in segno di saluto prima di sparire.

Aspetta a scendere, prendo l'ombrello.” disse l'ufficiale alla piccola, che annuì.

Qualche minuto dopo, i due suonarono alla porta e subito la vedova Hughes comparve sulla soglia: “Buongiorno signora, ho trovato questa piccina in giro, è per caso sua?” disse l'uomo con tono scherzoso.

Mamma, mamma! Hai visto?! Roy-ojisama è venuto a prendermi!” rise la bambina.

Gracia fece un leggero inchino: “Grazie, signor caporale.”

Sa, signora... In verità mi avrebbero promosso...”

Ah, mi scusi... Colonnello.”

Era un gioco che facevano tra loro ogni volta che si vedevano: Gracia era molto riconoscente a Roy, lo vedeva come una sorta di fratello maggiore molto protettivo e poi era così legato ad Elycia...

Forza, entrate.” disse infine lei, lasciando passare la figlioletta zompettante.

Credevo che non ci saresti più passato a trovare.” disse la donna, aiutandolo a levarsi il soprabito, “Ho sentito cosa sta succedendo in città, non avete ancora indizi?” chiese quindi, a bassa voce per non farsi sentire dalla bambina.

Mustang scosse la testa: “Non proprio, abbiamo forse una pista ma dobbiamo aspettare. Ci sono però delle novità. Alcune persone sarebbero molto felici di vedere te e la bambina e mi chiedevo se questa sera oppure domani vi andrebbe di venire con me a far loro visita.”

Gracia sgranò gli occhi: “E chi sarebbero?” chiese curiosa.

Un cane randagio senza fissa dimora, piuttosto antipatico a dire il vero, e un gattino.”

A quelle parole, la donna si portò la mano alla bocca, aveva capito: “Li avete ritrovati?!”

Diciamo che ci sono caduti in braccio tra capo e collo, li hanno ripescati dal fiume in cui erano precipitati e li hanno soccorsi prima di portarli al Centrale. Sono piuttosto malconci e credo che vedervi potrebbe essere una distrazione sufficiente per restituir loro almeno una parvenza di sorriso.”

La donna si asciugò gli occhi lucidi poi sorrise e prese le mani di Mustang, stringendogliele: “Maes adorava quei ragazzi e, per me, sono stati come due figli in più... Io magari non potrò fare granchè ma voglio star loro vicino quanto possibile.”

Lo capisco, Gracia, lo capisco perfettamente. Possiamo andare a fare loro un saluto più tardi.”

Certo, avete chiamato Winry-chan?”

Sì, ha già visto Acciaio e ha perfino preso le misure per dei nuovi Automail.”

Elycia sarà felicissima di vederli.”


NOTE DELL'AUTRICE:

Grazie infinite alla mia beta _Kurai_ per l'aiuto enorme che mi sta dando e grazie anche a Nemesi.

Sono contenta che la storia si stia sviluppando così bene.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


GO THE DISTANCE

CAPITOLO 4

Guardandosi attorno con aria vispa, Elycia Hughes entrò nell'atrio dell'ospedale che era ormai tarda serata, la manina stretta a quella della mamma e dello zio acquisito.

Perchè siamo venuti qui?” chiese lei, puntando i grandi occhioni azzurri sul Comandante: “Me lo hai promesso, zio Roy.” s'imbronciò, arricciando il nasino.

A quella vista, il Fuhrer per poco non scoppiò a ridere ma si limitò a sorriderle e a inginocchiarsi per raggiungere la sua altezza: “Voglio farti incontrare due persone che ti vogliono tanto bene e a cui farebbe tanto piacere vederti.” disse.

Ma non potevano venire a casa nostra?” chiese ancora la piccola con espressione dubbiosa.

No, Ely. Si sono fatti male e non possono muoversi di qui.” Gracia giunse in soccorso di Mustang, il quale le fu estremamente grato: non era abituato ad avere a che fare coi bambini, temeva di dire cose che avrebbero potuto turbare la piccola, la quale sgranò gli occhietti e si strinse nelle spalle.

Mamma, allora perché non abbiamo fatto i biscotti? Magari gli sarebbero piaciuti.” chiese quindi alla madre.

Perchè ai dottori non piacciono i biscotti.”

Ma che cosa triste!”

A quel punto, Roy non resistette più e se la caricò in braccio: “Andiamo, che ci stanno aspettando.” concluse, guidando le due.

Ed era vero: poco prima di uscire di casa si era assicurato di chiamare i propri uomini e di avvertirli che stava arrivando con due fanciulle molto speciali al seguito.

Confusi, Jean e Breda avevano cercato di saperne di più ma Mustang li aveva liquidati con un semplice “Vedrete.” e aveva riattaccato.

Ora, con la bambina in braccio e Gracia al fianco, il Comandante percorreva a passo svelto il corridoio deserto che ormai conosceva praticamente a memoria: buffo come un luogo possa diventare rapidamente il centro del tuo mondo nel giro di qualche ora.

Muovendosi rapidamente e con passo silenzioso, i tre visitatori raggiunsero in breve la vetrata che separava il reparto dal resto dell'edificio.

I militari, appena li videro, rivolsero loro un saluto: “Tutto a posto, Comandante.” disse uno dei due, quello che pareva il più giovane, “Falman e gli altri sono ancora dentro e nessuno ha gironzolato da queste parti.”.

Mustang annuì: “Ottimo lavoro, fate buona guardia.” disse, congedandosi infine prima di entrare.

Dopo un'altra manciata di minuti, finalmente raggiunsero le due porte, al cui esterno trovarono Breda e Kain i quali non riuscirono a non lasciarsi sfuggire un sussulto sorpreso nel vedere la coppia di madre e figlia: “Buonasera, ragazzi.” trillò Gracia, sistemandosi lo scialle sulle spalle, “Siamo venuti a vedere come stanno i due animaletti domestici.” sogghignò Roy, prima di voltarsi verso Elycia.

Ti ricordi di Edward e di suo fratello?” le chiese quindi l'uomo.

Alla piccola si illuminarono gli occhi: “Il fratellone Edward?!” esclamò, divincolandosi per scendere: “C'è veramente il fratellone qui dentro?!” chiese, indicando febbrilmente la porta alle spalle dei due soldati.

La mamma le sorrise: “Sì, ma devi stare calma. Si sono fatti male e hanno bisogno di riposare.” disse lei.

Elycia annuì vigorosamente: “Farò pianissimo. Ma voglio vedere il fratellone Edward!” il suo tono non ammetteva repliche.

Breda si lasciò scappare un sorriso: era bello vedere quella peste.

Ti accompagno io, Ely-chan.” si offrì Kain, tendendole la mano: “E' al sicuro con me, Comandante, Gracia-san.” aggiunse il giovane ufficiale.

La vedova Hughes sorrise: “Non potrei immaginare nulla di meglio per lei.” confermò, dando un bacio sulla testa alla figlia prima di farla andare.

Nel corridoio restarono solo i due soldati e la donna mentre tra di loro cadeva un silenzio strano, stanco e pieno di domande e preoccupazioni. Fu infine la voce di Heymans, esausta, a rompere quella fragile tranquillità: “La dottoressa Grunwald è passata un altro paio di volte, Edward è stato definitivamente trasferito in questa stanza assieme ad Alphonse. Ha chiamato Hawkeye-san e ha detto che resterà con Winry-san per stanotte.”

Mustang assorbì le informazioni con estrema rapidità e già la sua mente stava organizzando piani e progettando ordini da dare al più presto: “Ottimo lavoro, ragazzi. Sapevo di poter contare su di voi. Notizie di altri ritrovamenti?”

Il sottoposto scosse la testa: “Niente, abbiamo però richiesto che venisse rafforzata la sorveglianza in giro per la città e Sheska-san dovrebbe già essersi messa al lavoro.”

Allora se è lei ad occuparsi delle cose, sono tranquillo.” decretò infine Mustang, dando il braccio a Gracia: “Vi affido la sorveglianza qui fuori, per qualunque cosa, lanciate una voce e vi raggiungo.” concluse.

§§§

Quando Elycia e il suo accompagnatore entrarono all'interno della stanza, la prima cosa che fece Jean, vedendoli, fu di lanciare la sigaretta fuori dalla finestra e sorridere alla piccola visitatrice: “Guarda guarda chi è venuto a trovarci!” disse a voce tenuta bassa, in considerazione dei due feriti che riposavano.

Con un sorrisino, la bambina annuì e agitò la manina in un cenno di saluto prima di concentrarsi unicamente sul letto più vicino, tra le cui coltri si poteva distinguere il viso pallido del maggiore dei due Elric.

Lasciata la presa sulla mano del militare più giovane della compagnia, ella si avvicinò in silenzio e, sportasi un pochino, accarezzò la fronte del ragazzo davanti a sé: “Edo-nii...” mormorò Elycia, sbirciandone i graffi sul volto, “Aru-nii...” disse ancora, spostando lo sguardo sull'Elric minore, nel letto accanto al fratello.

Le guance di Edward, poi, erano visibilmente arrossate.

Sta male?” chiese lei a voce bassa per evitare di svegliarlo.

Kain si scambiò un'occhiata con i propri colleghi, poi annuì: “Sì, Ely-chan.” mormorò, affiancandola, “Il dottore ha detto che ha un po' di febbre.” aggiunse Jean, avvicinandosi.

Per tutta risposta, la piccola fissò il proprio sguardo sul viso tormentato del ragazzo più grande, lo stesso biondino che aveva conosciuto tanti anni prima, che aveva imparato ad amare come un vero e proprio fratello maggiore; pochi minuti dopo, ella tirò fuori dalla tasca della giacchetta un fazzoletto di stoffa e lo inzuppò nella ciotola lasciata abbandonata sul vicino comodino.

Con cura, Elycia passò la pezza umida e fresca sulla pelle bollente del malato, che trasse un sospiro di sollievo nel sonno.

Visto?” disse lei con un sorriso: “Il fratellone sta meglio adesso.” aggiunse con orgoglio mentre continuava nella sua accurata opera di recare soccorso al ragazzo più grande, la leggera barba incolta – che nessuno sembrava aver ancora avuto tempo di radere – non era un ostacolo eccessivo e, sportasi meglio, la ragazzina riuscì a ripulire anche gli ultimi residui di sangue secco celati da orecchie e capelli spettinati.

La porta alle sue spalle si aprì con un cigolio ma lei non si distrasse e Mustang e Gracia la videro all'opera; stupita e anche un poco commossa, la madre si voltò in direzione del più giovane dei militari per poi staccarsi lentamente dal fianco del Comandante Supremo, avvicinandola.

Mamma, il fratellone ha la febbre.” dichiarò lei a bassa voce non appena la donna la ebbe raggiunta: “Volevo che scendesse un po'...” borbottò.

La donna, con le lacrime agli occhi, non potè più trattenersi: gettò le braccia al collo della figlia e la strinse forte.

Mustang, alle loro spalle, era ugualmente emozionato dalla scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi: sapeva di aver fatto bene a portare lì Elycia, la sua presenza sarebbe stata di sicuro aiuto.

C-Che succede qui?”

Un sobbalzo improvviso accomunò tutti i presenti, che si voltarono di scatto verso i due letti: ma non era stato l'Elric maggiore a parlare – ancora profondamente addormentato – quanto piuttosto Alphonse, i cui occhi erano velati di sonno e confusi; “C-Cosa s-state facendo?” domandò ancora.

Jean sospirò e, con un movimento rapido, gli rimboccò le coperte e gli sistemò meglio il cuscino: “Nulla, Alphonse. Siamo qui per evitare che vi cacciate in qualche altro guaio. E poi, avete una visita.” aggiunse, facendo poi un cenno alla piccola Elycia di raggiungerlo.

Uscita dall'ombra della lampada da tavolo, la bambina mosse qualche timido passo sotto lo sguardo sconvolto di Al: “Ciao, fratellone...” bisbigliò lei, “Come stai?”.

Con aria smarrita, il minore dei due fratelli Elric alzò lo sguardo e il cuore gli si fermò in gola nel vedere Gracia Hughes e i suoi occhi pieni di lacrime.

Ben svegliato, Al-kun.” sussurrò la donna, che aveva imitato la figlia e aveva raggiunto il biondo militare: “Bevi un po'.” disse ancora, porgendogli un bicchiere pieno di acqua fresca.

Al ragazzo tremavano parecchio le mani, così la donna, con fare materno, gli avvicinò il contenitore alle labbra e – sorreggendogli la testa – lo aiutò a bere poche ma sostanziose sorsate: “Va meglio ora, vero?” chiese lei con un sorriso.

Al annuì piano, ancora sconvolto.

Non fare quella faccia da pesce lesso, Al-kun.” rise Jean, dandogli uno scherzoso colpetto alla spalla: “Gracia-san è stata gentile a passarci a trovare!” aggiunse Kain, avvicinandosi al gruppo: “Di nulla, spero che questi ragazzi possano venire a casa nostra, una volta che li avrete rilasciati da questa specie di prigione.”

Parola mia, sono più confortevoli le celle militari.” scherzò Breda.

Una risata a bassa voce serpeggiò tra loro, liberando il petto dell'Elric minore da un considerevole peso.

Visto, mamma?! Dovevamo fare i biscotti!” esclamò Elycia, poggiata coi gomiti sul materasso: “Non preoccuparti, fratellone... Chiederò alla signora dei gatti di farmene un po' e te li porto la prossima volta...” sussurrò con fare cospiratorio.

Alphonse non sapeva chi fosse questa “signora dei gatti” ma non potè non sorridere all'espressione amorevole della bambina.

Il Comandante osservò con aria affettuosa i compagni lì riuniti, che facevano a gara per tenere Alphonse di buon umore, mentre lui stesso, seduto accanto al letto di Acciaio, ne teneva d'occhio la temperatura: aveva dato la propria parola alla dottoressa che non sarebbe successo nient'altro ai quei due ragazzi e aveva tutta l'intenzione di mantenere la parola.

§§§

Sei sicura che non ti dispiaccia ospitarmi per la notte?” chiese Riza dal bagno dell'appartamento della giovane meccanica.

Winry, impegnata a fare il letto nella stanza degli ospiti, non rispose subito ma – una volta finito di mettere a posto i cuscini – la sua voce non aveva la benchè minima sfumatura di incertezza: “Certamente, nessun problema. E' anche un ringraziamento per oggi pomeriggio. Vi sono davvero grata... Per tutto...” disse in un sussurro.

L'ufficiale la raggiunse qualche secondo dopo, pronta per la notte: “Winry-san, l'abbiamo fatto volentieri.” disse lei con una sfumatura di dolcezza nella voce, “Per il Comandante, per noi tutti... Siete importanti. Lo sai.”.

Sì, è che è strano pensare che... Che siano qui... Che siano veramente qui.”.

Riza annuì, si sedette sul letto appena fatto e fece un cenno alla ragazza più giovane di imitarla; Winry si affrettò ad obbedire e, appena ebbe toccato il materasso, venne avvolta dalla stretta possente dell'ufficiale: “Concentrati sul tuo lavoro e vedrai che in men che non si dica usciranno dall'ospedale e tornerà tutto come prima. Abbi solo un po' di pazienza...” le sussurrò.

Aveva sempre avuto a cuore quella ragazza, l'aveva vista diventare una donna meravigliosa davanti ai propri occhi e, per lei, aveva sempre cercato di essere qualcosa il più possibile vicino ad una sorella, sentiva di avere un legame speciale con Winry.

Le era affezionata e voleva che fosse felice.

La giovane artigiana si dimostrò ancora una volta più forte che mai: sciolse l'abbraccio, si sfregò rapidamente gli occhi per cancellare ogni traccia del momento di debolezza appena avuto e scattò in piedi, sorridendole.

Ora torno in laboratorio, c'è ancora molto da fare!” esclamò con decisione: “Stavo pensando di sperimentare un nuovo tipo di metallo con un innesto particolare che dovrebbe essere più leggero e meno doloroso da installare, i nervi sicuramente ne gioveranno e...”

Mentre Winry sembrava tornata la solita e spumeggiante giovane donna di sempre, Riza la ascoltava sorridendo, finalmente rilassata.

§§§

La stanza era buia, fredda e sporca.

In ogni angolo, cartacce, rifiuti e chiazze di inchiostro che si allargavano a vista d'occhio sul logoro parquet davano all'ambiente una nota di degrado non indifferente; per non parlare dell'odore fetido che aleggiava nell'aria, rendendola quasi irrespirabile.

I rantoli che la figura – rannicchiata in un angolo – faceva erano bassi e spezzati, come se le mancasse l'ossigeno.

Stretto nel suo pugno, illuminato dalla fioca luce di una candela consunta, stava un pennino, intriso del sangue delle molteplici ferite che gli percorrevano la mano e il braccio, arabeschi sanguigni che risaltavano sulla pelle pallida che s'intravedeva sotto lo sporco di lunghi giorni trascorsi in quella topaia.

Anche le vesti erano strappate e inservibili ma erano le uniche che possedeva.

Il pennino percorreva il muro di granito, disegnando con un tratto sottile dei segni all'apparenza mistici, figli di una cultura troppo lontana dal mondo che lo aveva accolto, se così si poteva dire.

Nella sua follia, era certo che quel mondo lo avesse rapito, lo avesse strappato alla sua vita e alla sua famiglia, spaventato dal suo potere inenarrabile.

Era stato perseguitato a lungo...

Ricordava il fuoco, le armi che si abbattevano sul suo corpo, egli stesso incapace di difendersi...

E poi la quiete di quel luogo schifido in cui aveva trovato temporaneo rifugio.

Ma lui voleva vendicarsi, vendicarsi su coloro che lo avevano trattato alla stregua di un animale e poi tornare finalmente a casa.

Finì di compilare gli ultimi segni, poi nascose il pennino tra le vesti e infine poggiò ambedue le mani scheletriche e tremanti sul muro; questi splendette per un attimo di una luce sanguigna, illuminando tutto l'ambiente circostante.

Poi una folata di vento violenta spense tutte le candele e la stanza sprofondò nell'oscurità più fitta.

NOTE DELL'AUTRICE

Capitolo più corto del solito perchè, a partire dal prossimo, si entra nel vivo della storia: ma attenzione, non è tutto oro quel che luccica: non fidatevi subito del vostro istinto e fate attenzione ai colpi di sciena.

Grazie a Nemesi e Lelouch e santa sia la mia beta Kurai.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


GO THE DISTANCE

CAPITOLO 5

Fratellone, che succede?”

Alphonse e la sua voce preoccupata scossero Edward dai suoi pensieri: i due ragazzi erano seduti sui loro letti d'ospedale, vestiti di tutto punto con abiti civili e in attesa dei documenti per la “scarcerazione”; erano stati tre giorni lunghi e difficili, trascorsi perlopiù addormentati per lo stress e le medicine pompate all'interno dei loro corpi per contrastare le infezioni ma, una volta svegli, il dolore era tale da strappare loro gemiti continui sotto gli occhi addolorati dei loro amici lì riuniti.

Winry passava spesso ma i due fratelli l'avevano potuta vedere solo per pochi minuti mentre Mustang...

I due Elric non lo sapevano con certezza ma, data la frequenza con cui si faceva vedere da quelle parti, sospettavano che avesse trasferito il proprio ufficio lì: non stava mai via per più di un paio di ore.

La dottoressa Grunwald era ottimista sul loro recupero, ma era veramente difficile riconoscersi allo specchio: Alphonse aveva il naso rotto e tenuto fermo da una steccatura, il braccio e la gamba da cui avevano estratto le pallottole erano ancora fasciati ma in via di guarigione mentre i lividi ancora non si erano riassorbiti del tutto e come se non bastasse era costretto a gironzolare con le stampelle.

Edward era poi, manco a dirlo, quello conciato peggio: ancora mutilato, incapace di muoversi senza aiuto, si era sentito profondamente umiliato nel farsi aiutare dalla giovane infermiera - quella che aveva visto al proprio risveglio - per vestirsi.

Certo, Jean e gli altri non li lasciavano un attimo soli ma lui non aveva voluto che vedessero veramente le condizioni del suo corpo.

Ogni tanto, i flash dei ricordi saltavano fuori e si palesavano ma lui cercava di ricacciarli fermamente dal posto da cui provenivano: non era ancora pronto per rivivere ogni cosa.

Era terrorizzato ma cercava di non darlo a vedere per non far preoccupare gli altri: si sentiva come scisso in due, da una parte la gioia per essere finalmente a casa, che era enorme, ma dall'altra...

Ansia, paura di risvegliarsi nuovamente in quell'incubo che era il mondo lasciatosi alle spalle, incapacità di fidarsi del tutto delle proprie percezioni e di chi gli stava attorno.

Nulla.” mentì il più anziano, cercando di mostrarsi il più possibile convincente: “Mi stavo solo chiedendo dove andremo, ora che ci hanno dimessi.”.

Magari ci ospiterà Winry...”

Al, ha da lavorare, non credo abbia tempo per farci da balia.” fece notare il maggiore, guardando poi distrattamente fuori dalla finestra: c'era un bel sole e si ritrovò a desiderare di essere già fuori, sotto la sua luce calda.

Siete pronti, ragazzi?!”

Con un gran sorriso – e spingendo una carrozzella vuota – Jean Havoc entrò nella stanza seguito da Vato e Kain: “Finalmente siete liberi!” esclamò pomposamente l'ufficiale biondo, “Tempo di caricare Edward qui sopra e scapperemo in grande stile da questo postaccio!”.

Riza-san è qui fuori che ci aspetta con la macchina!” continuò Fury, sistemandosi gli occhiali: “Abbiamo ordine tassativo da parte del Comandante di non mollarvi un attimo.” aggiunse Falman al suo fianco, “Pena, la Corte Marziale.”.

Alphonse ridacchiò sommessamente mentre il fratello, sbuffando, incrociò le braccia al petto: “Si sta prendendo un po' troppe libertà, quello...” borbottò, stranamente inquieto.

La risatina di Kain e quella di Vato aumentarono la sua inquietudine.

Allora preparati, Edward, ne vedrai delle belle nei prossimi giorni!” l'entusiasmo di Jean era contagioso ma l'Elric più anziano non sapeva cosa aspettarsi dal futuro.

Era stanco, disilluso, incapace di vedere anche solo il minimo bello in ciò che lo circondava.

Si sentiva incredibilmente solo.

Certo, aveva sempre Alphonse e Winry, e ovviamente gli altri, ma la notizia della morte di zia Pinako l'aveva scosso profondamente: ora veramente non aveva più nulla, più alcuna radice...

Edward... Tutto bene?”

La voce preoccupata di Kain lo fece sobbalzare per la seconda volta nel giro di pochi minuti; si sentì in colpa per averlo ignorato in quel modo e, alzata di scatto la testa, la scosse con decisione: “S-Sì...” borbottò, “Stavo solo pensando, ti ascolto.”.

Rassicurato, l'ufficiale si posizionò dietro la carrozzina e fece un cenno: “Jean-san, Vato-san, tocca a voi.”

Edward si sentì sollevare – “è così leggero” pensarono Havoc e Falman col cuore stretto nel petto – e si ritrovò sul duro sedile con una coperta in grembo: “Forza! E' il momento di andarcene da qui!”.

Come in un sogno, attraversarono il corridoio, po un altro e ancora un altro fino a raggiungere l'atrio, percorso in tutta fretta fino alla porta principale e al porticato esterno, dove ad attenderli – oltre a Riza Hawkeye – c'erano anche due persone d'eccezione.

Buongiorno, Edward-san, Alphonse-san.” salutò Maya, con la cuffietta bianca in testa: “Sono contenta di vedervi finalmente in piedi. Beh, più o meno” disse la ragazza con tono genuinamente commosso e una risatina imbarazzata.

La dottoressa Grunwald, invece, si limitò unicamente a sorridere: “Ho già dato dispozioni al Comandante e manderò spesso la signorina Ross a vedere come procedono le cose. Fateli riposare e non sforzateli troppo, ho già parlato con la signorina Rockbell e mi sono raccomandata di effettuare l'installazione non prima di una settimana. I nervi stanno guarendo bene, hanno bisogno solo di ancora un po' di tempo.”.

Ed annuì e si sforzò di ricambiare il sorriso della donna: non voleva sembrare ingrato, in fondo aveva salvato loro la vita.

Grazie, doc!” esclamò Falman, armeggiando con le ruote della carrozzella: “Per tutto.” aggiunse l'uomo.

Si figuri, luogotenente. In fondo, ho fatto solo il mio dovere.” replicò la donna con piglio orgoglioso.

Edward fece per levarsi la coperta di dosso per restituirla ma la mano della dottoressa lo fermò prima, posandosi delicatamente sul ginocchio superstite: “Non è necessario, ora dovete solo pensare a riprendervi. Me la restituirete quando potrete camminare con le vostre gambe.” disse semplicemente, girando poi sui tacchi.

Con un rapido inchino, Maya si congedò a propria volta e la seguì a passo svelto, lasciando il gruppetto da solo.

E ora?” chiese Alphonse curioso, ritto in piedi accanto a Kain.

Ora vi portiamo a destinazione.” fece Jean con tono cospiratorio.

Con uno scrollare di spalle e un vago sorriso, Riza si portò dall'altra parte rispetto ai colleghi e li aiutò con estrema facilità a sollevare la sedia a rotelle mentre lo stesso Fury assisteva Al nella discesa degli scalini.

Nel centro del piazzale, c'era la macchina ad attenderli.

Con rapidità, Al e Ed vennero fatti sedere sui sedili posteriori – Jean e Kain si misero al loro fianco – mentre Riza e Vato occupavano quelli anteriori: la giovane ufficiale aveva preso in mano il volante.

Breda-san dov'è?” chiese curioso il minore degli Elric, guardandosi attorno ma non riuscendo a vedere la capigliatura rossiccia del loro amico.

Qualcuno doveva aspettarci a destinazione, no? E poi, non ci saremmo stati tutti a bordo.” fece notare Havoc, accendendosi una sigaretta: “Non preoccupatevi, in due penso ce la faranno a mettere assieme due letti.” ridacchiò il biondo, vedendo i loro visi pensierosi.

Chi c'è con lui?” Al era curioso, certo, ma non preoccupato: si fidava del Mustang Team, ricordava tutto degli anni passati a viaggiare per Amestris e ricordava l'amicizia e l'affetto che questi avevano loro riservato, non avrebbe mai dubitato della loro buonafede.

SE-GRE-TO.” sillabò Kain, portandosi l'indice alla bocca: “Tra poco saremo arrivati, comunque. Abbiate fede.”.

Il resto del viaggio trascorse in uno strano silenzio mentre Edward, visibilmente stanco e provato, era crollato addormentato senza che nessuno praticamente se ne accorgesse, almeno in apparenza.

Quando infine la macchina si fermò dinanzi ad una villetta nel quartiere residenziale di Central City, a pochi metri dalla dimora della famiglia Hughes, fu Riza a scuotere l'esausto ventenne con cautela, svegliandolo: “Ci siamo.” annunciò lei con un sorriso mentre Vato e Jean si prodigavano a tirare fuori dal retro la carrozzina, “Benvenuti alla vostra nuova dimora!” gridò Kain, mostrando con il braccio la villetta e il giardino.

Alphonse, scivolato fuori con cautela, si guardò attorno con entusiasmo: “Niisan, hai visto che bello?! Chissà chi ci abita!”.

Dev'essere qualcuno che ci conosce bene, se ha accettato di ospitare due persone come noi...” borbottò Ed, guardando stancamente l'edificio dinanzi a loro.

Forza, soldo di cacio! Sali a bordo!” sogghignò Jean.

Non sono piccolo...” borbottò stancamente l'Elric maggiore, lasciandosi aiutare ad alzarsi.

Havoc e Falman si scambiarono un'occhiata preoccupata: la reazione che si aspettavano era un'altra, fuoco e fiamme come in passato, non quell'espressione sconfitta...

FINALMENTE!”.

La voce possente di Heymas risuonò nel cortile deserto e il sottotenente fece la sua comparsa dalla porta della villetta: era in borghese e sembrava aver fatto un certo numero di lavori manuali, date le condizioni dei suoi abiti.

Scusate per le condizioni, ma stavamo sistemando alcune cose. Entrate pure!” si sbracciò lui.

Lui dov'è?” chiese Riza, spingendo la carrozzina di Ed.

Ci attende dentro, non preoccupatevi.”.

Alphonse ed Edward si guardarono, dubbiosi: non capivano cosa stesse accadendo.

Forza, ragazzi. Non vi fa bene restare qui! Entriamo!” annunciò Jean, aprendo il cancelletto per far passare Riza: “Presto potrete stare più comodi che su due brandine.” continuò lei.

Quando infine entrarono nel piccolo ma accogliente ingresso dell'abitazione, saltarono subito agli occhi i lavori fatti: una rampa metallica che portava al piano superiore e che copriva le scale, i mobili evidentemente spostati da poco per non creare ostacoli e due divani ancora impacchettati nel bel mezzo del salotto.

Ce l'avete fatta da soli?” s'informò Jean, depositando la giacca sull'appendiabiti più vicino: “Certamente!” ribattè Breda, “I traslocatori sono stati veloci, hanno portato tutte le scatole qui in tempi brevissimi e siamo anche riusciti a posizionare i divani senza fare troppi danni al parquet.”.

Avete fatto un lavoro coi fiocchi, davvero.” constatò Falman, imitando il collega biondo: “Abbiamo fatto solo la nostra parte.” scrollò le spalle Breda con noncuranza, “Dopotutto, la parte più tosta è toccata a voi. La dottoressa Grunwald che dice?”.

Ha promesso di mandare spesso la sua assistente a verificare come procedono le cose. Sarà da dirlo ai soldati di guardia fuori.”.

Glielo comunicheremo appena possibile.”

I fratelli Elric restarono in silenzio, benchè per motivi diversi: mentre Alphonse, pur se curioso, non domandava nulla per rispetto e timidezza, Edward invece non stava a sentire nessuno dei discorsi.

Stanco, con la testa che scoppiava per il dolore, desiderava soltanto stendersi mentre tutti i muscoli della schiena urlavano a gran voce.

Perfino il divano ancora impacchettato gli pareva un paradiso, al confronto con la scomoda carrozzina.

Ragazzi, Acciaio sembra sul punto di vomitarmi sulla moquette. Che ne dite di farlo sdraiare prima che accada l'irreparabile?”.

Comparso all'improvviso sulla soglia del salotto, Roy Mustang indossava degli abiti vecchi e logori del tutto simili a quelli del suo sottoposto, sporchi di calcinacci e con un asciugamano attorno al collo: sul viso imperlato di sudore svettava la benda nera; con passo sostenuto, avvicinò Havoc e lo aiutò a sollevare il maggiore dei due fratelli, che venne subito adagiato con la testa sul bracciolo mentre Falman prendeva un paio di coperte da un cesto lì vicino.

Alphonse, hai bisogno di aiuto?” chiese Riza con tono gentile, rivolgendosi con il viso verso il più giovane; ma il ragazzino scosse la testa, portandosi una mano al cuore che aveva preso inspiegabilmente a fargli male: “Niisan...” mormorò con gli occhi lucidi.

L'ufficiale gli poggiò una mano sulla spalla con fare materno: “Non devi preoccuparti per lui, è in buone mani. E naturalmente anche tu lo sei.” sorrise lei.

Mustang si chinò su Acciaio, esaminandolo con attenzione: ne osservò le labbra semiaperte, la pelle pallida e leggermente sudata sulla quale risaltavano i graffi e le escoriazioni dei giorni precedenti, poi passò ad esaminarne il fisico sottile e fin troppo asciutto rispetto a quel che ricordava. E infine sentì una fitta al petto nel vedere uno spazio vuoto dove un tempo si trovavano i suoi Automail.

Il ragazzo era abbandonato contro i morbidi cuscini, semi-svenuto, l'ombra di quello che era.

C-Comandante... D-dove siamo?” pigolò Alphonse all'improvviso, tormentandosi le mani.

A casa mia.” replicò questi con estrema naturalezza mentre si rialzava dal capezzale di Edward: “Ho pensato che forse sarebbe stato meglio per voi alloggiare con qualcuno in grado di prendersi cura di voi. E siccome siete ancora in pericolo, per quanto ne sappiamo, questa è l'unica idea che ci sia venuta in mente e l'unica possibilità praticabile.”.

Il brusio di risate sommesse alle spalle del ragazzo da parte degli altri ufficiali lo fece sorridere: “La ringrazio, Comandante.” disse soltanto, cercando di dissimulare, aveva capito fin troppo bene cosa stessero architettando ed era loro grato per tutto quello che stavano facendo.

Forse è meglio se noi andiamo, Fuhrer.” disse improvvisamente Riza: “I ragazzi avranno bisogno di riposo.”.

Già. Abbiamo fatto abbastanza confusione per oggi.” notò Falman, indossando il pastrano sopra la divisa: “Domani mattina di buon ora verremo a portarvi scartoffie e provviste.” dichiarò l'argenteo prima di uscire dalla porta.

Le scartoffie non sono necessarie...” cercò di opporsi Mustang ma si ritrovò a doversi rimangiare ogni parola a causa dell'occhiata di fuoco da parte di Hawkeye: “Comandante, la gestione del Paese è una faccenda di fondamentale importanza. Non può pensare di affidarla a terze persone. Sia ragionevole e non faccia il bambino.” replicò la donna con tono serio.

Il resto degli ufficiali precedette la collega all'esterno e infine scoppiò a ridere così forte da farsi sentire anche all'interno, strappandole un sospiro: “Ora vado, prima che attirino troppo l'attenzione.” concluse, incamminandosi verso la porta.

Una volta fuori, Alphonse e Mustang sentirono distintamente una gragnola di colpi di pistola contro il legno dello steccato.

Spero non li strapazzi troppo...” disse il Comandante con tono rassegnato: “Io vado a farmi una doccia, Alphonse. Se hai bisogno di qualcosa...”.

Non si preoccupi. Anzi, grazie di tutto.”.

L'uomo si lasciò sfuggire un sorriso appena accennato: “Ci vediamo più tardi.”.

§§§

Quando Edward riprese infine i sensi, la prima cosa che notò fu che non si trovava più nel salotto di quella casa sconosciuta ma in una stanza da letto: era disteso sotto le coperte di un letto estremamente comodo e, illuminata dalla luce del tramonto che entrava dalla finestra, vedeva al proprio fianco la carrozzina.

Chi lo aveva portato fin lì?

Forse erano stati Havoc e compagni...

Una fitta improvvisa al capo interruppe il filo dei suoi pensieri, strappandogli un lamento; non si accorse neppure dell'aprirsi della porta e notò l'ingresso di una persona solo nel momento in cui questa gli rivolse la parola: “Lascia che la tua mente riposi, figliolo. Non è il momento di lambiccarsi in pensieri inutili.”.

Alzata la testa di scatto, Edward incrociò lo sguardo con una donna: anziana, di corporatura snella e dagli occhi vispi celati dietro spessi occhiali da vista, sembrava ammantata di una luce tenue e familiare.

Tra le mani reggeva un vassoio con una teiera e una tazza: “Spero tu abbia dormito bene. Abbiamo cercato di fare il più piano possibile per non disturbarti.”.

Confuso, Acciaio si mise seduto a fatica, coprendosi il corpo con parte delle lenzuola: “D-Dove sono? E Alphonse?!” chiese, ricordandosi improvvisamente del fratellino.

Il piccolo Al è di sotto, abbiamo fatto i biscotti. Voleva portartene un po' ma non riusciva a camminare bene. Quindi l'ho lasciato tranquillo e sono salita io.” sorrise la nonnina.

Il viso di Edward si rasserenò un poco: “Grazie... Lei chi è?”.

Non mi sono ancora presentata, è vero.” notò lei mentre poggiava il tutto sul comodino: “Il mio nome è Marlene Richter e sono qui per aiutarvi.” sorrise, tendendogli la tazza tiepida, “Bevi, prima che si raffreddi.”.

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