People help the people di workinprogress (/viewuser.php?uid=455576)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il bacio della fortuna - Ricompensa ***
Capitolo 2: *** 2. A casa - L'ultimo gradino ***
Capitolo 3: *** In fiamme - Porte chiuse - In equilibrio ***
Capitolo 1 *** Il bacio della fortuna - Ricompensa ***
People help the people
Il bacio della fortuna
God knows what is hiding in that weak and drunken heart I guess you kissed the girls and made them cry those hardfaced queens of misadventure
[Dio sa cosa si nasconde in quel cuore debole e ubriaco immagino tu abbia baciato le ragazze e poi le abbia fatte piangere quelle regine di disavventura dai volti di pietra]
Il libro dei ricordi era aperto sul tavolino della cucina. Le pagine non avevano pieghe, sbavature, lacerazioni di alcun genere. L'unico segno che portavano era quello delle lacrime, impossibili da cancellare sull'inchiostro scuro che vergava i fogli spessi. Katniss le girava lentamente una ad una, soffermandosi sui volti fotografati e dipinti con la massima cura. Aveva cominciato dalla fine, dalle ultime persone che avevano aggiunto, ed aveva continuato a ritroso in un percorso che minacciava di stritolarla in una morsa d'acciaio. Infine eccolo lì, davanti ai suoi occhi, l'inizio. Quando avevano iniziato quel libro, lei e Peeta avevano deciso di comune accordo di cominciare dalle persone che, nel bene e nel male, li avevano più di ogni altro resi ciò che erano. I volti sorridenti di suo padre e Prim la fissavano con sguardo luminoso. Katniss si sforzò per ripescare nel fondo della sua memoria i momenti felici che avevano passato insieme come una famiglia, prima della morte di suo padre. Nella sua mente si fece strada inaspettata un'immagine del sesto compleanno di Prim, passato intorno al fuoco insieme ai suoi genitori, nel tempo in cui sua madre ricopriva ancora quel ruolo. C'era stato qualche dolcetto, forse, e le sembrava di ricordare un vestito nuovo per la piccola Prim... Katniss non lo sperimentava da tanti anni, ormai, ma c'era un tempo in cui aveva ricevuto il bacio della fortuna. Viveva in una vecchia casa del Giacimento, con nulla in più dello stretto necessario, ma aveva una famiglia che la amava, ed era felice. Chiuse il libro con cura, attenta a non rovinarne le pagine. Era dura sapere cosa si provava a sentirsi a casa, e poi restare con solo le rovine. Anche della sua vecchia famiglia non restava più nulla, ormai. Poi qualcuno era entrato nella sua vita, in silenzio, e l'aveva aiutata a chiamare di nuovo così la trafila di giorni che srotolavano uguali uno dopo l'altro. Katniss non aveva più una casa, né una famiglia, ma lui era ciò che più si avvicinava ad entrambe. Era stata lei a farlo entrare in quelle stanze vuote dove abitava da sola, a liberare dello spazio per lui. Si odiava per questo, ma aveva iniziato a ricordare di nuovo cosa si provava a sentire il bacio della fortuna su di sé. Si odiava, perché aveva iniziato a pensare di poterlo ricevere di nuovo. Katniss si accucciò sulla sedia, stringendosi le ginocchia al petto. Chiuse gli occhi ed inspirò lentamente. Peeta avrebbe terminato il turno un'ora dopo. Non le restava che aspettare che tornasse a casa.
Ricompensa
God knows what is hiding in those weak and sunken eyes a fiery throng of muted angels giving love and getting nothing back
[Dio sa cosa si nasconde in quegli occhi deboli e infossati un'ardente schiera di angeli silenziosi che danno amore senza ricevere nulla in cambio]
«Non potresti essere più dannoso di così neanche se ti ci mettessi d'impegno!». Il tono accusatorio di sua madre risuonò nelle orecchie di Peeta, nella sua testa, nel suo petto. Premette le mani sulle sue piccole orecchie, accucciato contro il muro, nel tentativo di tener fuori le parole aspre che gli si agitavano nel cervello. Tra un respiro e l'altro iniziò a farsi sfuggire un basso lamento dalle labbra, come una litania insistente, per coprire in parte il rumore assordante e il dolore rosso e bruciante che pulsava sulla sua guancia. Ma le sillabe erano acido che gli stampava sul cervello e sfrigolava contro una parte di lui che era un po' testa e un po' cuore e bruciava come fuoco sulla pelle. Aveva cercato di essere gentile, solo di essere gentile. Aveva visto che c'era molto da fare in panetteria, e visto che suo fratello stava male aveva pensato di prendere il suo posto. Aveva glassato tanti biscotti in vita sua, quale poteva essere la differenza in una torta? Sarebbe bastato usare più glassa. Aveva fatto del suo meglio, aiutandosi con lo sgabello per raggiungere il ripiano rialzato su cui era stata appoggiata la torta, e l'aveva decorata con un motivo di foglie autunnali, di un caldo arancione, e morbidi tralci di vite. Era particolarmente fiero della sua opera, di essere riuscito a spostare la torta senza danneggiarla, di averla decorata così bene, come un vero pasticcere, e di essere stato d'aiuto in un momento critico. Poi era entrata sua madre e lo aveva trovato mentre ripuliva gli strumenti. Lo schiaffo era giunto inaspettato. Gli aveva urlato contro, facendolo indietreggiare fino a trovarsi con le spalle al muro. Era solo un mocciosetto che non sapeva stare al proprio posto, che andava a cercare delle attenzioni che non si meritava. Per non parlare delle arie che si dava, da piccolo presuntuoso che crede di saper glassare una torta senza nemmeno farselo insegnare. Peeta represse un singhiozzo. Sua madre gli aveva sempre detto che le lacrime erano per i deboli, e lui non voleva deluderla. Non di nuovo.
_______________
Ed eccoci qua. Sono il fantasma di workinprogress, che è stata uccisa in seguito al suo ritardo nel recensire e rispondere ai mp. Mi scuso con tutti, ma a quanto pare sono tornata a camminare su questa terra, e che cosa faccio? Recensisco, forse, o magari rispondo a quei famosi messaggi? Ma assolutamente no, piuttosto pubblico il primo capitolo di una raccolta di songfic. Saranno presumibilmente tre o quattro capitoli, questo compreso, con una struttura simile a quello che avete appena letto. La canzone che farà da filo conduttore sarà una soltanto, ovvero People help the people di Cherry Ghost, che forse qualcuno di voi conoscerà anche per la cover di Birdy: potete prendere la versione che preferite come ispirazione per la mia storia, è una pura e semplice questione di gusti. A voi la scelta :) Avrei voluto scriverci una storia singola, ma non ho ancora finito di lavorarci sopra e quindi ho deciso di pubblicare le varie parti in più volte. Il modo in cui i testi sono divisi è principalmente dovuto al fatto che ho cercato di fare una strofa a capitolo o comunque di non spezzare versi importanti collegati fra loro. Ho aggiunto la traduzione in italiano pensando che forse non tutti hanno dimestichezza con l'inglese o hanno piacere nel ritrovarselo in una storia scritta in italiano. Non c'è nient'altro da dire, spero che vi sia piaciuta e ai prossimi aggiornamenti ^^ Un buon Natale a tutti, se lo festeggiate, e auguri per il nuovo anno! wip |
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Capitolo 2 *** 2. A casa - L'ultimo gradino ***
People
help the people
A casa
People
help the people
and
if you're homesick, give me your hand and I'll hold it
People
help the people
and
nothing will drag you down
[Le
persone si aiutano
e
se hai nostalgia di casa, dammi la tua mano e io la
stringerò
Le
persone si aiutano
e
niente ti trascinerà in basso]
«Ti
manca mai il 12?».
Gale non spostò lo sguardo dalla piccolo
foresta al limitare del Distretto 2. Non assomigliava affatto a quella
che una volta aveva dietro casa.
Quella davanti a lui in quel momento era più rada,
più aspra. Meno accogliente.
Forse, più che il 12, gli mancava la vita che aveva
là.
«No», rispose piano, voltandosi a guardare Johanna.
«Non c'è rimasto più niente che possa
mancarmi».
Lo sguardo di lei si fece indecifrabile. «A parte la tua
famiglia».
Gale
tornò a fissare la foresta. La sua famiglia stava meglio
senza averlo
tra i piedi. Ricevevano un suo aiuto economico ogni mese, la parte
migliore di lui. Non avevano bisogno d'altro.
Prese in mano un sassolino e iniziò a giocarci con aria
distratta.
«La mia casa è qui, adesso».
Johanna
restò a guardarlo e per un attimo nemmeno lui fu certo di
cosa stesse
parlando, se del Due o della loro strana, zoppicante relazione. Poi lei
allungò piano una mano e la posò sulla sua
spalla, con una gentilezza
inusuale per Johanna Mason.
Gale sospirò, lasciando cadere il sassolino che teneva in
mano.
Dopotutto,
del 12 non conveniva rimpiangere nemmeno la vita che una volta gli
apparteneva. Era un altro Gale, quello una volta che si sentiva grande
e forte perché andava a caccia e aveva idee ribelli. Quello
che ora
abitava nel Due era un uomo che aveva imparato quanto fosse
inaspettatamente salato il prezzo di tante cose della vita.
Gale diede un'occhiata al volto di Johanna, un po' rigido nel suo
tentativo di non apparire sentimentale, e sorrise fra sé.
Crescendo di certo aveva scoperto il prezzo di molte cose, ma anche che
tante altre, invece, un prezzo in fondo non l'avevano.
L'ultimo gradino
Oh
and if I had a brain, Oh and if I had a brain
I'd be cold as a stone and rich as the fool
That turned, all those good hearts away
[E se avessi un cervello, oh, se avessi un cervello
sarei freddo come un sasso e ricco come lo stupido
che ha respinto tutti quei cuori buoni]
La fredda luce bianca
proveniente dallo schermo illuminava il volto inespressivo di Alma Coin.
Intorno
a lei, monitor e apparecchi di ogni tipo e dimensione la tenevano
costantemente aggiornata sugli sviluppi della guerra in ogni parte del
paese. In uno schermo in basso, un po' sulla destra, la donna fece
apparire la planimetria completa della residenza di Snow.
Si
trattava bene, quel vecchio bastardo. Lei in compenso aveva passato
tutta la vita in una città sotterranea, nei cunicoli bui di
un quartier
generale che andava espandendosi sempre più, fino ad
estendere il
Distretto 13 alle potenzialità di un vero e proprio impero.
Presto non
sarebbe più servito nascondersi. Era l'alba di un tempo
nuovo, il suo.
Era il momento
degli stendardi e le balconate e i velluti e il potere.
Alma
studiò con più attenzione la disposizione
dell'ampio giardino attorno
al palazzo presidenziale, dove al momento, secondo le sue fonti,
avevano trovato asilo i rifugiati di Capitol City. Uno spazio
considerevole era stato dedicato ai bambini.
Alma Coin
sospirò. Una
cosa crudele, la guerra. E anche la vita. Il gradino più
alto del podio
era da sempre tinto di rosso cremisi.
Alcuni le
avrebbero suggerito
la diplomazia, magari. Costringere Snow ad arrendersi, calmare la
popolazione, incarcerare chi avesse opposto resistenza.
Le venne quasi
da ridere. La
diplomazia.
Quella era per i giocatori minori, le pedine
spendibili, quelli che ancora si affidavano alle effimere, vuote leggi
della morale.
Non c'era
posto per la diplomazia una volta giunti sul piedistallo, non c'era
posto per nient'altro che il trono.
Con
dita veloci digitò un comando sulla tastiera davanti a
sé. Al momento
dell'invio sentì fremere nelle sue mani un accenno del
dominio assoluto
che si preparava ad ottenere. Poche sue parole erano in grado di
spezzare delle vite umane in qualche secondo.
Sapeva che
avrebbe
funzionato. Era una mossa ferocemente lucida, curata nei dettagli. Non
c'era margine di errore nella fredda precisione di un calcolo.
Con
un gesto secco, fece partire l'ordine. C'era un solo modo per arrivare
al potere, ed era schiacciare chiunque si frapponesse tra lei e il suo
trono.
_______________
Forse
qualcuno si chiederà se io sia ancora viva, a questo punto.
Domanda legittima, e a quanto pare, sì, sono ancora viva.
Facciamo
che ignoriamo tutte le recensioni che devo lasciare e le risposte che
ancora devo a diversi di voi, e ci concentriamo sui miei adorabili
lettori. Come state? Come va la vita?
Spero davvero che questi due
sputacchi vi siano piaciuti, che vi abbiano fatto una buona
impressione, anche in comunione con la canzone.
Visto che questo per
me è veramente periodo di compleanni per moltissimi tra i
miei amici,
questo secondo capitolo della raccolta lo dedico a tutte le persone che
hanno compiuto gli anni durante il mio periodo di sparizione da EFP.
Tanti auguroni! ^^
Ah, e non pubblico dal 2013… Caspita, buon anno, gente!
Chissà se so ancora domare l'html...
Un bacione a tutti e spero di spuntare il prima possibile :)
wip
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Capitolo 3 *** In fiamme - Porte chiuse - In equilibrio ***
In fiamme
God knows what is hiding, in that world of little consequence
Behind the tears, inside
the lies
A thousand slowly dying
sunsets
[Dio sa cosa
si nasconde in quel mondo di poca importanza
dietro alle lacrime,
dentro le bugie
un migliaio di tramonti
che muoiono lentamente]
La giornata era
stata luminosa. Il sole stava per tramontare su Capitol City, e
splendeva rendendo più intenso ogni colore.
Peeta sedeva
sulle coperte rimaste abbandonate sulla terrazza del Centro di
Addestramento. Indossava lo smoking dell'intervista. Sarebbero andati
in onda nel giro di mezz'ora.
Vai, gli aveva
detto Portia, una volta finito di prepararlo. Abbiamo ancora cinque minuti.
Solo la sera
prima era stato lì con Katniss, nel giardino.
Vorrei poter fermare il tempo e
vivere così per sempre.
L'aveva vista
addormentarsi contro di lui. Il tramonto aveva infiammato l'aria
intorno a loro. Sembrava che Capitol City andasse a fuoco.
Va bene.
Per un attimo
li aveva visti. I grattacieli davanti a loro bruciavano inghiottiti
dalle lingue vive delle fiamme. Distrutti dal calore del sole.
E solo per
quell'attimo, tutto era svanito. L'Arena, la verità, le
bugie.
Erano rimasti
come sospesi in un limbo infuocato, loro due soltanto, padroni di un
destino ancora da forgiare.
Dal tramonto di
quella sera, invece, Peeta avrebbe dovuto forgiare soltanto menzogne e
bugie lunghe una vita. Ancora qualche minuto e per Capitol City sarebbe
diventato un marito e un padre condannato a non veder mai nascere il
proprio figlio.
Il sole
iniziava ad abbassarsi sull'orizzonte.
Uno dopo
l'altro, Peeta aveva accantonato tutti i desideri messi insieme in una
vita, nel tentativo di accettare la prospettiva di una nuova Arena in
cui morire.
Mentre guardava
i primi accenni del tramonto, lasciò che l'idea di formare
una famiglia prendesse fuoco e iniziasse a bruciare.
Prima di
andarsene, indugiò un attimo sulla soglia. Era l'ultima
volta che saliva su quella terrazza. Chiuse gli occhi e si
scolpì ogni dettaglio di quel luogo nella mente.
Raggiunse in
silenzio le quinte, insieme agli altri. Katniss era al suo fianco, in
un lucente abito da sposa.
Peeta
abbassò lo sguardo sulle proprie mani guantate. Era il
momento di un'ultima bugia. Davanti a lui il vestito di Katniss
frusciava piano sul pavimento chiaro.
Restava
solamente da trovare il coraggio di morire.
Porte
chiuse
God knows what is hiding in those weak and drunken hearts
I guess the loneliness
came knocking
No on needs to be alone,
oh save me
[Dio sa cosa si nasconde
in quei cuori deboli e ubriachi
immagino che la
solitudine sia venuta a bussare
nessuno deve restare
solo, salvami]
Hazelle aveva
impiegato un'intera settimana per rendere di nuovo abitabile la casa di
Haymitch. Aveva lavato, strofinato, sudato e lucidato finché
non era riuscita a rivelare l'aspetto originale dei pregiati pavimenti
e dei mobili in legno massiccio.
Era rimasta
incantata dalle finiture che comparivano pian piano, e aveva ammirato
la straordinaria cura con cui erano state realizzate.
Non era stata
in grado di tenere il conto delle bottiglie che aveva buttato. Per la
maggior parte erano rotte, abbandonate alla rinfusa in giro per la
casa, macchiando tappeti e parquet con le ultime gocce di liquore che
stillavano.
Haymitch si
faceva vedere raramente. Le sue scorte di liquore erano quasi
terminate, e anche Katniss e Peeta non potevano più fare
molto per procurarselo, con Ripper sempre alla gogna e il Distretto
sottosopra.
A volte Hazelle
lo sentiva gridare, quando la stanchezza prendeva il sopravvento e gli
incubi lo assalivano, senza più il liquore a tenerli a bada.
La prima volta
che era successo le si era ghiacciato il sangue nelle vene. Lo aveva
trovato sulla poltrona del salotto che brandiva un coltello, gli occhi
iniettati di sangue e il respiro affannoso che lo scuoteva tutto.
C'erano voluti diversi episodi simili per abituarsi, e tutt'ora ogni
volta si scopriva a trasalire.
C'erano stanze
in quella casa enorme che Haymitch non visitava mai. Le camere degli
ospiti, ad esempio, tranne quelle volte in cui Hazelle gli ordinava di
andare a dormire su un letto e lui non era in grado di distinguere la
sua stanza dalle altre.
Ma con l'ultima
in fondo al corridoio non succedeva. Hazelle l'aveva trovata chiusa, la
prima volta che un Haymitch quasi sobrio le aveva fatto fare di
malavoglia il giro della casa.
Quando non era
stato più in giro, Hazelle era entrata per valutare
l'entità dei danni.
Aveva tutta
l'aria di non aver ricevuto visite da un bel po', con uno spesso strato
di polvere a coprire ogni cosa, ma tutto sommato era l'ambiente meglio
tenuto della casa. C'erano cocci sul pavimento, bottiglie e bicchieri
probabilmente, e un paio di cassetti erano stati rovesciati e strappati
dalla cassettiera.
Hazelle aveva
lasciato quella stanza per ultima, sapendo che c'erano cose ben
più urgenti da cui iniziare. Quando era riuscita a metterci
piede per ripulirla, una settimana dopo, aveva fatto le cose con
più calma ed attenzione. Aveva raccolto i vestiti sul
pavimento in un unico mucchio di cose da lavare, spazzato per togliere
di mezzo tutti i pezzi di vetro, e pulito a fondo la stanza.
Non si era
aspettata di trovare tutti quei ricordi.
Nell'armadio
c'erano abiti da donna e da bambino che sembravano vecchi di decenni.
C'erano delle foto, tra le pagine di un libro posato nell'angolo
più remoto di un cassetto.
Hazelle si
rendeva conto che non erano in alcun modo affari suoi, ma non riusciva
a rimettere a posto quelle fotografie.
Riconosceva
quei volti. Erano facce del Giacimento, incrociate spesso tra le scure
strade polverose. Qualche volta aveva parlato con la madre di Haymitch,
alta e gentile, con un bambino per mano che somigliava tanto al
fratello.
Si ricordava la
ragazza dagli occhi scuri. Frequentava la classe dopo la sua, ed era
una vera bellezza.
Hazelle
sospirò. Occhi
di carbone.
Richiuse ogni
cosa e scese a preparare il pranzo. Haymitch giaceva riverso sul divano
con il coltello tra le mani, che tremavano anche nel sonno.
Quando
tornò a casa, quella sera, strinse a sé senza
parlare ognuno dei suoi figli. Gale cercò il suo sguardo
più a lungo, tentando di capire, ma lei scosse solo piano la
testa e si allungò per lasciargli un bacio sulla fronte.
C'erano cose
che non avrebbe capito, e Hazelle sperava con tutto il cuore che
nessuno di loro, in futuro, dovesse capirle mai.
In equilibrio
People help the people
and if you're homesick,
give me your hand and I'll hold it
People help the people
and nothing will drag you
down
[Le persone si aiutano
e se hai nostalgia di
casa, dammi la tua mano e io la stringerò
Le persone si aiutano
e niente ti
trascinerà in basso]
Cosa c'è?
Lavinia
alzò gli occhi dal foglio, incontrando quelli di Darius.
Stava
sorridendo. Lavinia non riusciva a crederci. I suoi occhi da ragazzino
scintillavano alla luce della torcia, puntati sul viso di lei, alla
ricerca della risposta alla domanda scritta sul quadernino.
Darius
sorrideva.
Perché stai
sorridendo?
Lo vide esitare
un attimo di fronte a quella domanda, confuso, quasi incerto. Dopo un
attimo, un timido sorriso fece di nuovo capolino sulle sue labbra.
Sto bene qui con te.
Anch'io, avrebbe
voluto scrivere Lavinia. Ma
perché stai sorridendo?
Invece, scrisse
qualcos'altro.
Non hai paura?
Il modo in cui
Darius teneva la matita l'aveva sempre incuriosita. Aveva una presa
forte, un po' accartocciata in un pugno, quasi per tenere uno
scalpello. La sua calligrafia era disordinata, con le lettere che a
volte si accavallavano tra loro come se non fossero riuscite a tenere il
ritmo dei suoi pensieri.
Quando
scriveva, le ricordava un po' un bambino. Ma le sue parole a volte
toglievano il respiro.
Sono terrorizzato. Darius
non sorrideva più.
Le cose potrebbero precipitare da un momento all'altro e io non sono
pronto a perderti. Voglio essere felice perché non so quanto
tempo ci resta.
Lavinia rimase
a fissare il foglio. Se si fosse avvicinato qualcuno, non lo avrebbe
sentito arrivare. Il cuore le batteva assordante nelle orecchie, nel
petto, nella gola.
Darius, scrisse, e
non riuscì più ad andare avanti.
Rimase immobile
senza sapere cosa dire. Non riusciva a pensare a nulla. La torcia
gettava una luce chiara sul muro di fronte a loro.
Alzò
gli occhi su Darius, e lui la stava guardando. Non sorrideva
più.
Vorrei sentirti parlare.
Non sarebbe mai
accaduto. Darius per lei era destinato a rimanere soltanto un volto, e
una calligrafia.
Prese fiato e
alzò lo sguardo per vedere che effetto avessero avuto le sue
parole.
Era stata
avventata. Per lei essere una senza-voce ormai era l'unica
realtà che esistesse, e non era più sensibile a
certi argomenti. Ma Darius fino a qualche mese prima era ancora libero.
Certe ferite non si rimarginavano tanto in fretta.
Quando
incrociò i suoi occhi, li trovò sorridenti. Il
tempo di chiedersi perché, e lui aveva già
poggiato le labbra sulle sue.
L'ultimo bacio
di Lavinia apparteneva ad una vita passata. Era un bacio bagnato di
bourbon, sotto le luci sfavillanti di Capitol City, con un ragazzo a
cui una volta aveva voluto bene.
Baciare Darius
era delizioso e straziante. Erano così vicini, eppure era come restare sbilanciati dopo uno slancio troppo
convinto. Non potevano sentire il sapore dell'altro, non potevano
raggiungerlo. Non potevano far altro che sfiorare le labbra e la pelle
e respirare a pieni polmoni ogni cosa.
Darius le prese
il volto tra le mani e posò la fronte sulla sua. In
silenzio, la guardava.
Prese il
quadernino dalla mano di Lavinia e raccolse la matita che lei aveva
lasciato cadere. Scostò piano i capelli dalla sua spalla, e
le lasciò un bacio sul collo.
Mi hai sentito?
Lavinia
sorrise. Accarezzò i suoi capelli disordinati e
posò un bacio sulla sua guancia. Era un gesto strano nella
condizione di un senza-voce, e non assomigliava ai baci nei suoi
ricordi.
Ma Darius la
guardava come se lei fosse stata una speranza e forse un sogno, e non
c'era un momento così dolce nei suoi vecchi ricordi di
Capitol City.
Oh, sì. Gran bel
discorso.
_______________
Workinprogress al
rapporto
Ragazzi,
che sonno. Domattina la giornata comincia prestissimo, quindi
sarà meglio che mi dia una mossa.
Solo un appunto
sulla storia di Haymitch. Lo so che avrei dovuto menzionare Hazelle, in
quanto narratrice, ma la citazione musicale si riferisce ad Haymitch, e
non volevo scrivere cose come Hazelle/Haymitch per non farli sembrare
una coppia.
Finalmente
posso dichiarare conclusa questa raccolta! Spero che vi sia piaciuta.
Un abbraccio a
tutti,
wip
|
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