Still I call it magic when I'm with you.

di PinkBiatch
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Call it magic, call it true. (Remus/Tonks) ***
Capitolo 2: *** This world has only one sweet moment set aside for us. Draco\Hermione. ***



Capitolo 1
*** Call it magic, call it true. (Remus/Tonks) ***


Era una di quelle giornate in cui senti la forza necessaria per cambiare il mondo intero e che invece passi a dormire. Quelle giornate in cui pensi di essere invincibile e intoccabile e in realtà sei solo una strega che passa la giornata a dormire.
Ted e Andromeda Tonks erano usciti da un'ora, ormai; avevano imboccato il sentiero sterrato fuori dal loro cancello per fare una passeggiata ed immergersi tra le cicale ignare di ciò che stava succedendo, come se loro stessi potessero diventarlo e potessero buttarsi tutto il male del mondo alle spalle.
Li aveva invidiati, lei, la strega che era stesa sul letto dalla mattina, che non aveva toccato cibo e non riusciva nemmeno a dormire, vedendo fuori dalla finestra le due figure dei suoi genitori che camminavano abbracciati. Aveva invidiato la loro possibilità, la stessa che era stata negata a lei, di avere qualcuno con cui poter essere tristi o felici o anche non far niente o voler negare tutto ciò che stesse succedendo anche solo per due minuti.
I suoi capelli grigi e spenti erano sparsi intorno alla sua testa come la criniera di un leone, altrettanto indomabili. Ma quel leone che era stata lei se n'era andato da un po'.
Non era più quella strega dall'aria furba ed ingenua allo stesso tempo, non più quella che combinava un sacco di pasticci e faceva ridere un sacco di persone, quella che trasformava il suo naso in un grugno di maiale o in un becco di qualche altro animale per far ridere due ragazzine che ne hanno bisogno, di ridere.
Non riusciva nemmeno più a trasformarsi.
La vita l'aveva abbandonata, lasciandola con quelle grandi occhiaie a cerchiarle gli occhi spenti, la voce smorta, la voglia di non fare niente.
E quell'energia che si sentiva dentro aveva anche smesso di farla star bene. Faceva solo male sapere che dentro di sé si celasse ancora un'antica forza e che fosse incapace di tirarla fuori.
Dovremmo smetterla di dipendere così tanto dalle persone, considerò. Smettere di dedicare tutta la nostra essenza, il nostro umore, l'esito di una giornata ad un solo, piccolo cuore, una sola mente. Ma certi sguardi, gesti, parole, persone, sono solo fatti per essere amati. E si può far poco di diverso dall'amarli tanto da dipendere da essi.
Se solo fosse stato più semplice, dimenticarlo. Ci si sarebbe messa d'impegno, si sarebbe sforzata, ci sarebbero state delle persone capaci di aiutarla, avrebbe addirittura potuto provare a rendere la signora Weasley contenta e sposare Bill, un domani, quando sarebbe stata sufficientemente pronta.
Bill era davvero un ragazzo affascinante, curioso, l'avrebbe fatta divertire. Avrebbero riso e scherzato fino a tardi, i suoi fratelli l'avrebbero accolta come una di casa, e insieme si sarebbero aiutati a dimenticare quell'aria di guerra che era penetrata nelle ossa di tutti.
Ma non erano i sorrisi di Bill che voleva, il suo bell'aspetto -anche adesso che aveva quelle brutte cicatrici in viso-, il suo carattere, la sua voce, le sue risate quando faceva o diceva qualcosa di divertente.
C'erano solo quegli occhi e quella voce. Era vecchio, le aveva detto, ed era vero. Non aveva soldi, ed era vero anche questo. Avrebbe potuto avere qualcosa di meglio di lui, qualcuno che l'avrebbe fatta vivere come una principessa, con un vestito nuovo per ogni giorno dell'anno e una grande casa, qualcuno che avrebbe potuto guardare la luna piena con lei senza tentare di sbranarla, senza rischiare di ucciderla, senza darle un'esistenza tormentata.
E lei non aveva nemmeno potuto negarlo, tutto questo. Non poteva dire che non fosse vero, non poteva dirgli che in realtà era giovane e ricco e non era un lupo mannaro e perciò non avrebbe mai potuto ucciderla. L'unica cosa che era riuscita a fare era stata guardarlo negli occhi e sussurrare, prendendogli la mano sebbene sapesse che un attimo dopo l'avrebbe tirata indietro, che per certe persone tutti siamo disposti a fare grandi sacrifici.
“Non importa se dovrò fare dei sacrifici per te, capisci? Non importa se potrei avere una reggia ed invece scelgo una catapecchia qualsiasi per stare con te, non importa se non avrò mai un bel mantello o un bel cappello o una bella scopa da te, se non avrò la gioventù che non ho ancora finito di vivere, se avrò solo serate al freddo e poche cose da mangiare, e addirittura notti che dovrò passare a scaldare da sola un letto fatto per essere riscaldato in due quando tu non ci sarai e sarai ad ululare lontano. Non m'importerebbe nemmeno se tu mi dicessi che finirai con l'uccidermi e non m'importerà se l'ultima cosa che vedrò prima di morire sarà il tuo muso da lupo che mi si avventa contro. Lo capisci questo, Remus? Forse tu non potrai mai provare niente di tutto questo per me o forse sei convinto che anche se tu mi amassi stare con me sarebbe una tortura perché penserai sempre a quanta vita mi hai tolto, quante occasioni ho perso scegliendo te. Ma ormai è per te che il mio cuore batte e la mattina mi sveglio e tento inutilmente di pettinare questi capelli che sembrano batuffoli di polvere e ragnatele, e non darmi la possibilità di amarti ed essere amata da te non mi renderà migliore o più felice. Starò solo peggio, Remus. Ogni giorno sarà un giorno interminabile passato a pensarti senza poterti avere, ogni giorno sarà una nuova pugnalata quando mi sveglierò da un bel sogno in cui mi guardavi negli occhi e non abbassavi lo sguardo quando cercavo di avere la tua attenzione e scoprirò che era solo un altro, dannatissimo sogno. E pensa, non m'importa più nemmeno se a te non importa niente di tutto questo. Ti amo, Remus. E questo è. Fattene una ragione. Non sono più una ragazzina e vorrei che tu lo capissi, sono un Auror, sono una donna. I tempi passati tra le sottane della mamma o con la divisa di scuola sono passati per me e non è stando con te che perderei tutto quello che sono. E' stando senza di te che pian piano mi distruggo. Guardami, guardami e dimmi se sembro la stessa persona di un anno fa, di qualche mese fa. Rispondimi, e non mentire.”
“Ninfadora, io..” le aveva sussurrato, un sibilo tra le labbra strette in una smorfia di puro dolore.
Lei aveva riso piano, la risata nervosa che le cresceva in gola fino ad echeggiare nelle pareti di quell'aula vuota in cui l'aveva trascinato per parlare.
“C-che c'è?” balbettò, guardandola senza capire.
“Mi hai chiamata Ninfadora..” rise lei, incapace di domare quelle risate che le riecheggiavano in petto, “ed io non ci ho nemmeno fatto caso.”
Lui l'aveva guardata qualche istante, timoroso, aveva incontrato il suo sguardo per un secondo soltanto e poi era uscito dalla stanza.



 

Dei passi sul vialetto sterrato davanti casa, il cigolio del cancello.
Non si voltò nemmeno a guardare, sapendo che avrebbe visto soltanto sua madre e suo padre rientrare, abbracciati com'erano quando erano usciti.
Due colpi leggeri scossero la porta, e fu solo per miracolo che Tonks li sentì.
Chi poteva essere?
Chi poteva volere lei, o Andromeda, o Ted?
Scese le scale di corsa, inciampando nell'ultimo gradino e sbattendo il ginocchio a terra, rialzandosi senza nemmeno accorgersi del dolore per socchiudere la porta ed osservare la faccia che stava dall'altra parte.
Era lui.
Il petto sembrava scoppiarle, sembrava che il cuore stesse cercando di farsi spazio tra vene, ossa e pelle per uscirle dal petto.
“R-remus?” balbettò in un sussurro.
“Ninfadora.” era nervoso, ma la guardò in viso mentre diceva il suo nome in un sospiro.
“Sì?”
“Sono.. venuto per parlarti.”
“Davvero?”
“Beh, sì.”
“Parlarmi di..?”
“Parlarti di..”
La risposta sembrò non arrivare mai. Ma arrivò, mentre Tonks si aspettava che lui girasse sui tacchi e se ne andasse così com'era arrivato. “Noi.”
“Cosa?”
“Non farmelo ripetere..”
“Non ho sentito!”
“Parlarti di noi!” stavolta gridò. Sarebbe sembrato stupido per chiunque passasse in quel momento, quell'uomo cencioso e malandato che stava fuori da una porta ad urlare con le gambe che tremavano e minacciavano di abbandonarlo da un momento all'altro.
“Ah...” le mancò l'aria per un lungo istante. “Oddio, scusa, mi sono dimenticata le buone maniere. Entra, entra, entra pure. Accomodati.”
“Io.. grazie.”
Si guardò le scarpe mentre entrava, e Tonks si accorse solo in quel momento di come dovesse sembrargli adesso, in pigiama, coi capelli flosci annodati e schiacciati sulla testa nel punto in cui era stata tutto il giorno contro il cuscino.
Si guardò il vecchio pigiama con uno sguardo di panico e lui sembrò capire a cosa stesse pensando, così le sfiorò la spalla per ritirare subito la mano come si fosse scottato e poi le disse che non aveva da preoccuparsi per com'era vestita.
Lei sorrise, incerta, timida. Si guardarono per un lungo istante, poi lui non riuscì a fare a meno di abbassare di nuovo lo sguardo.
“Ti.. sanguina il ginocchio.” Le disse, facendole cenno verso il ginocchio che aveva sbattuto poco prima.
Lei cercò a tentoni la bacchetta, per ricordarsi che l'aveva lasciata in camera, sul comodino. Che stupida. Era andata ad aprire alla porta senza bacchetta, e poteva davvero essere chiunque. Avrebbe offerto un tè a Lord Voldemort se avesse bussato alla sua porta? Cosa pensava di fare?
Lui tirò fuori la sua, allora, pronto a guarire quella piccola ferita e farla scomparire così com'era apparsa.
Notò che non riusciva a tenere ferme le mani, così con cautela mise la mano sopra la sua, che impugnava ancora saldamente la bacchetta, e gliela posò in grembo dov'era un attimo prima per poi staccarsi come se il contatto con lui la scottasse.
“Senti, Ninfadora, io..”
“Tu?”
“Ho pensato e ripensato molto a quel che mi hai detto. Ho pensato alle tue parole e mi dispiace arrivare solo adesso, così, senza preavviso, mi dispiace essere sparito di nuovo ma quello di cui avevo bisogno era stare lontano da te per pensare lucidamente, perché la verità è che se sei con me non sono lucido, non riesco a formulare un pensiero che non sia 'va' là e baciala', ed è molto imbarazzante, sì, lo è, ma..” Si agitava terribilmente dal posto che aveva preso sul divano, incapace di fermarsi e allo stesso tempo incapace di muoversi, come un uccellino chiuso in una gabbia troppo stretta, come se stesse cercando di spiccare il volo ma le sue ali fossero troppo grandi. Tonks lo guardò con tenerezza, la testa inclinata di lato e un sorriso che andava da un orecchio all'altro. “E' che.. hai dei bellissimi occhi. Ed un bellissimo sorriso. E dei bellissimi capelli.. anche adesso che sono così. Per causa mia.” Sospirò e dovette fermarsi per un istante prima che cominciasse a far fumo dalle orecchie, poi riprese, più sicuro adesso che lei lo guardava con quello sguardo negli occhi, lo stesso che l'aveva fatto innamorare. “E so che cambi spesso aspetto, che ogni tanto hai gli occhi a mandorla ed il giorno dopo hai degli occhi tanto grandi che sembri uscita da un fumetto, ma.. c'è una luce nei tuoi occhi, sai? Quella non cambia. E' sempre lì, anche adesso che stai male. Lo sapevi? Te ne eri mai resa conto?
“Io si. Ed è una delle prime cose che ho notato di te. Una delle prime cose che mi ha fatto innamorare di te, perché sì, Ninfadora, io lo sono. Sono innamorato di te dal primo istante che ti ho visto, mentre entravi al Quartier Generale ed inciampavi in quel porta-ombrelli e tutte le altre volte che lo hai fatto nonostante tu sapessi che era sempre lì. Sono innamorato di te perché ero convinto che davanti a me avrei visto la più bella strega del mondo solo perché sapevo che eri capace di trasformarti in qualsiasi modo e pensavo che chiunque avrebbe approfittato di quel potere per rendersi bellissimo. Invece tu eri.. solo tu. Avevi i capelli verdi quel giorno,” rise piano, lo sguardo perso in un punto lontano, dentro la sua testa, dentro i ricordi di cui si era vergognato fino ad adesso. “E mi dispiace dirti tutto questo solo ora, dirti come mi piace camminarti dietro perché lasci sempre una piccola scia di profumo, o come devo abbassare lo sguardo quando parli perché arrossisco sempre tantissimo e non voglio che tu lo veda.. E te lo devo dire, Ninfadora, mi sto sentendo un perfetto idiota a piombare adesso qui dopo averti rifiutata per un anno intero e dirti che ti amo. Non è mai stato nella mia natura impormi di fare una cosa e non riuscire a farla. C'erano solo due persone che riuscivano a dissuadermi, e immagino tu sappia chi sono. O meglio, chi erano..”
“Loro sono ancora, Remus.”
“Sì, sì, lo so. Scusa. Ti stavo dicendo che io sono cresciuto seguendo sempre le regole. Sono stato un ragazzo molto problematico, avevo giorni in cui stavo male, giorni in cui sparivo, e all'inizio non riuscivo a controllarmi e quando non c'era la rabbia c'era la paura, la paura pazza di non riuscire a controllarmi ed uccidere tutti coloro che amavo quand'ero lupo. Le regole erano la sopravvivenza; imponendomi sulla mia natura sono riuscito a controllarmi, a non fare troppi danni. Poi sono arrivato ad Hogwarts ed ho conosciuto Sirius e James.. Peter. Loro non erano come me. Loro erano normali ragazzini, ribelli e un po' viziati, non erano mai stati costretti a seguire le regole. Anzi, si impegnavano per non farlo.
Io sono sempre stato molto fiscale, ma allo stesso tempo se volevano trascinarmi sapevano come fare, e io non avevo vie di fuga. Erano la salvezza, gli unici che mi facessero sentire come una persona normale, anziché un mostro. Erano.. i miei amici. E l'amore nei loro confronti veniva anche prima delle regole.” Una lacrima solitaria scese sulla sua guancia e si andò a disperdere sulla camicia logora mentre Tonks lo ascoltava, rapita. “Tornando a noi, io mi ero imposto di non cedere, di non abbandonarmi a questo sentimento, di domarlo, di stare lontano finché non mi sarei dimenticato di te per poi tornare del tutto guarito ed ignorarti abbastanza da far sì che alla fine tu ti dessi per vinta ed andassi a vivere la tua vita da qualche altra parte, con qualcun altro di più degno di me. Ma l'amore.. l'amore per te era più forte delle regole, così come quello per Sirius e James era più forte delle regole di allora. E' per questo che sono qui adesso. Per dirti che ti amo,Ninfadora. Moltissimo.”
“Remus, io..” fu solo un lampo, un momento. Un velo di tristezza che si posava nello sguardo di lei. Lo fece tremare, fremere. Come se questo bellissimo castello che aveva costruito col suo discorso si fosse rivelato come un inutile castello di sabbia. Come se stesse per arrivare un'onda per portarlo lontano.
“Tu?”
“Perché sei venuto da me? Perché sei venuto da me.. adesso? Perché dopo un anno che non mi consideravi e quando lo facevi sapevi solo dirmi 'no' adesso sei qui e mi riempi la testa di belle parole?”
Era come un palloncino, Remus. Si era gonfiato fin quasi a scoppiare e adesso si era aperto un buco e tutta l'aria stava svanendo. Riusciva a malapena a respirare, mentre le sue mani tremavano e la vista gli si offuscava per le lacrime. Si sforzò di sorridere, di farle capire che era vero, che non la stava prendendo in giro.
“Io.. l'ho fatto perché ti ho vista così. Ti ho visto crollare milioni di volte, e nonostante questo ti ho vista insistere, e insistere, e insistere. E' grazie alla tua tenacia che ho capito definitivamente di essere innamorato di te. Grazie al fatto che nonostante tu fossi fortissima riuscissi anche ad essere debole, e riuscissi a mascherarlo o almeno ci provassi nonostante ti si leggesse in viso che non stavi bene.”
Lei sospirò. Abbassò lo sguardo e dopo interminabili minuti pensò che dovesse andarsene, che lei non avrebbe detto altro. La guardò un'ultima volta, e vide una lacrima scendere a rigarle il volto pallido.
“E' questo il punto..”
“Cosa?”
“Remus, non capisci? Io sono sempre stata insistente. Sempre. Cocciuta come un mulo. Determinata. Sempre pronta a prendermi ciò che volevo anche quando dovevo farlo con la forza e anche quando quella cosa per me in realtà significava poco o niente. Non mi è mai importato. Se volevo una cosa, la prendevo. E quella cosa era mia. Che fosse un mantello, una civetta, un voto di scuola, perfino una persona. Non ho mai conosciuto la parola 'no'. Mai. Dissi che volevo fare l'Auror e tutta Hogwarts mi rise in faccia, o almeno coloro che non mi conoscevano bene. Le loro risate fecero crescere in me ancora più forte il desiderio di farcela, il desiderio di ridere in faccia a tutti loro che per primi avevano riso in faccia a me. Sono un'Auror, adesso. La più giovane di tutti. E sono maldestra, la gente mi vede a miglia di distanza. Ma sono un'Auror.”
“Te l'ho detto, io, che mi piaci perché sei determinata..”
“Ma è proprio questo il punto! Io non voglio essere la carceriera di nessuno! Non voglio che la mia grande luce ti accechi e tu pensi che io sia perfetta in tutto e per tutto solo perché ottengo ciò che voglio, e non voglio nemmeno che tu mi ami per farmi un favore o perché hai paura che io arrivi a distruggermi, al punto di non ritorno. Non voglio che tu pensi a me come qualcosa di ultraterreno. Non lo sono affatto. Sono cocciuta, Remus, cocciuta più di qualsiasi altra persona al mondo. Non è facile stare con me, ogni persona che mi è stata vicina mi ha apprezzata per un po' e poi è fuggita via perché esasperata da me. Non accetto un 'no', te l'ho detto. Sono abituata a non farlo perché le persone si sono sempre piegate a me, e quando hanno smesso di farlo mi sono semplicemente detta che evidentemente era così che dovevano andare le cose. E forse è vero, Remus, forse le cose dovevano davvero andare così ma non ce la faccio a vedere le persone andarsene e lasciarmi sola con la mia testardaggine. Quand'ero ancora al terzo o al quarto anno ho convinto i ragazzi più carini del settimo a vederci in biblioteca o fare una passeggiata nel parco e tutti loro fuggivano via dopo essersi divertiti. Ero una ragazzina, capisci? Per me loro erano carini e mi piaceva che le ragazze mi invidiassero perché uscivo con loro. Ma loro mi usavano e quando non riuscivano più a tenere la mia bocca occupata ed io cominciavo a parlare anche mentre loro mi baciavano correvano via da me prima che li mettessi in catene. Non voglio che tu adesso venga qui da me e mi dica di amarmi perché non vuoi che stia male. Sono determinata, no? Proprio perché lo sono allora posso superarlo. Posso superare il tuo 'no'.”
“Allora perché non l'hai fatto fino ad ora?”
“Perché non volevo. Perché non sei solo una sfida. Non sei solo un ragazzo carino del settimo anno con cui voglio uscire per essere sulla bocca di tutti. Perché ti amo. Perché per una volta vali più del mio orgoglio e perché per una volta sono disposta a lasciarti andare col sorriso stampato in faccia mentre te ne vai. Perché per una volta la tua felicità vale più della mia testardaggine e il mio desiderio.”
“Ma io non voglio andarmene.”
“Guarda che ti capisco se lo fai. L'hanno fatto molti prima di te, lo faranno altri dopo di te. Sono logorroica, e anche acida, e un po' lunatica..”
“E sei una Tassorosso. Sei nella casa più altruista di tutta Hogwarts. E sai perché?”
“Perché?”
“Perché tutte le persone che hai lasciato andare non le hai lasciate perché eri orgogliosa. Le hai lasciate perché preferivi che loro stessero bene piuttosto che tu stessi bene a loro spese.”
“Però sono un po' orgogliosa..”
“Tutti lo siamo.”
“Faccio i capricci. E combino un sacco di guai. Rompo tutti in casa e non sono brava con gli incantesimi per mettere in ordine. Non so cucinare. Non so se mi vuoi ancora dopo tutte queste cose, e nemmeno io mi vorrei, sinceramente. Sono gelosa, gelosissima. Se anche solo guardi Molly Weasley per più di un secondo e mezzo mi arrabbio e metto il muso. Non so se vuoi sopportare tutto questo.”
Remus sorrise, le prese la mano senza lasciarla andare.
“Una volta una vecchia saggia mi disse che per certe persone tutti siamo disposti a fare grandi sacrifici.”
Lei rise, un sorriso incerto.
“Ti ricordi cosa mi hai detto prima?”
“Ti ho detto un mucchio di cose..”
“Quando hai detto che dovevi abbassare lo sguardo ogni volta che mi vedevi perché arrossivi un sacco e perché..”
“Non voglio dirlo di nuovo. E'.. imbarazzante.”
“Dai, dillo.”
“Non voglio farlo. Mi torturi!”
“Io ti avevo detto che sono logorroica!”
“Ho detto che dovevo abbassare lo sguardo ogni volta che ti vedevo perché arrossivo un sacco e perché l'unica cosa che riuscivo a pensare era 'va' là e baciala'.” Nel dirlo abbassò lo sguardo, arrossendo.
“Guardami.” Disse lei, spingendo dolcemente il suo volto verso l'alto finché i loro sguardi non s'incontrarono.
“Stai pensando la stessa cosa anche adesso?”
“Io.. non risponderò.”
“Dillo, andiamo.”
“Sì. Lo sto pensando.”
“Sai qual è l'unica differenza?”
“Qual è?”
“Che adesso puoi farlo. Anzi, devi farlo.”
E con un unico movimento, le labbra di Remus incontrarono quelle di Ninfadora, per la prima di una lunga serie di volte.










Nota dell'autrice: salve a tutti, intanto vi ringrazio del tempo che avete dedicato alla mia storia perché immagino che se state leggendo questo significa che avete già letto tutto il resto (spero). Questa è la prima di una serie di oneshot dedicate al mondo di Harry Potter, con coppie canon e non. Non so quando aggiornerò quindi non illudetevi di svegliarvi ogni mattina e trovarne una nuova o anche di svegliarvi ogni mattina e non trovarne mai. Non fate affidamento sulla mia costanza perché NON ne ho. Premetto che se trovaste qualche errore dentro il testo sarà normalissimo e potrete considerarmi umana visto che è stato scritto in un'ora e riletto una volta sola in fretta e furia e con gli occhi che si chiudevano per il sonno. 
Spero di non aver irritato nessuno con la mia interpretazione di Tonks, la verità è che se ne parla veramente poco nel libro ed ho cercato di definire quanto meglio potessi il mio personaggio preferito, rendendolo, ahimé, fin troppo simile a me stessa in primis.
Adesso non vi annoio più, la canzone citata sia come titolo della storia che come titolo del capitolo è "Magic" dei Coldplay, come immagino tutti sappiate, ma meglio precisare!
 

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Capitolo 2
*** This world has only one sweet moment set aside for us. Draco\Hermione. ***


This world has only one sweet moment set aside for us.




Era buio là fuori, la strega vagava sola sul prato, in attesa. Le aveva detto che sarebbe venuto, gliel'aveva promesso. Ma non stava arrivando.
Si chiedeva chi potesse essere. Le aveva detto che se si fosse mostrato a lei, lei avrebbe smesso di andare da lui. Avrebbe smesso di consolarlo ed ascoltarlo ed aiutarlo come le era possibile. E allora lei gli aveva detto di non mostrarsi, ma gli aveva chiesto di prometterle che un giorno si sarebbe rivelato a lei per chi era davvero, e non solo un ragazzo senza volto e senza nome.
La sua voce era familiare, e come poteva non esserlo? Conosceva tutti ad Hogwarts adesso, specialmente quelli del suo anno. Ed era sicura che lui fosse del suo anno.
Era una voce familiare, ma allo stesso tempo del tutto nuova, come se suonasse in modo diverso quando si apriva a lei.
Era successo per caso, la prima volta. Lei si era chiusa in bagno a piangere e lui aveva fatto lo stesso. Destino, direbbero molti. Fortuna, direbbe lei. Le piaceva. Le piaceva più di Ron e il suo pomiciare continuo con Lavanda, più di quanto le fosse mai piaciuto Viktor, due anni prima. Le piaceva perché lui era diverso, era così.. vero.
Non aveva paura. Non aveva paura di piangere anche se dentro al bagno vicino al suo c'era una ragazza. Non aveva paura di ammettere che ne aveva, e questa era una cosa che lei apprezzava, dopo aver passato sei anni con Harry e la sua testardaggine che non volevano mai ammettere di aver paura anche quando era ovvio e naturale.
Aveva imparato a capire quando lui sorrideva, quando piangeva, quando voleva stare in silenzio ed ascoltarla e quando invece voleva parlare, anche se aspettava sempre pazientemente che lei finisse di sfogarsi.
Le aveva detto che c'era qualcuno che voleva che lui facesse qualcosa, ma che nonostante questo lui non era capace di farlo. Era qualcosa di insostenibile per lui, non voleva farlo. Ma non aveva scelta.
Lei gli aveva detto che c'era sempre una scelta, che non poteva semplicemente accettare gli ordini a testa bassa. E lui gli aveva risposto che l'altra strada era il pericolo, forse addirittura la morte.
“Sarebbe comunque una morte da eroe.”
“E una morte che non risolverebbe niente. Sarebbe da egoista perfino lasciare che venga ucciso, capisci? Non posso lasciare tutti in questa situazione, non voglio..”
Era spaventata, era vero. Chissà in cosa si era cacciato il suo giovane amante abbastanza coraggioso da piangere vicino ad un'altra persona, ad ammettere le sue lacrime, a non vergognarsene. Lui la conosceva, le aveva detto. L'aveva riconosciuta quasi subito, ed era per questo che all'inizio non voleva aprirsi a lei. Ma lei aveva fatto il primo passo, e alla fine anche lui aveva camminato, piano piano, verso di lei.
“Devi pensarci bene”, gli aveva risposto, sentendolo cominciare a piangere piano, “c'è sempre una scelta.”
E lui aveva singhiozzato senza più dire una parola per più di mezz'ora, poi se n'era andato. Lei aveva aspettato dieci minuti, come si erano accordati per evitare che lei scoprisse chi era, e poi era uscita a sua volta.


La scuola era quasi finita. Mancava poco, molto poco. Harry era sparito con Silente, era preoccupata per lui, ma il sentimento che provava adesso nell'attesa era più palpabile della paura per Harry, per Silente, per l'intera scuola. Questo non era il sentimento da eroina che provava sempre, quello di voler salvare tutto e tutti che Harry le aveva attaccato come una malattia. Questo era qualcosa di maledettamente frivolo e qualcosa che le era sempre mancato. Era sempre troppo occupata a togliere dai guai i suoi due amici per potersi soffermare su se stessa, sui suoi sentimenti di adolescente. E si era innamorata. Si era innamorata di una voce, di espressioni mai viste, sussurri, respiri, sospiri. Si era innamorata di parole, di urli nel vuoto, si era innamorata di un'idea, dell'idea dell'amore stesso. Si era innamorata dell'idea di potersi innamorare davvero. Si era innamorata dell'idea che un giorno anche lui avrebbe potuto amarla. Si era innamorata della sua voce e delle sue parole senza nemmeno mai vedere da che bocca uscivano per arrivare dentro al suo cuore.


Dei passi, dietro di lei. Timidi. Incerti.
“Non voltarti”, la sua voce tremava leggermente.
Sentì due mani affusolate e fredde posarsi sui suoi occhi, delicate, quasi come se fosse fatta di cristallo e temessero di sciuparla al minimo tocco.
Ma c'era anche qualcosa di più, in quelle mani, in quel tocco. C'era il loro primo contatto.
“Promettimi..” ansimò, così vicino al suo orecchio che poteva sentire i suoi respiri veloci sul collo, “promettimi che non fuggirai quando mi vedrai e capirai chi sono.”
“Ehi, non lo farei mai..”
“Promettilo.” Le mani fecero una piccola pressione sui suoi occhi mentre lui la implorava di farlo.
“Lo prometto.”
Lui trasse come un piccolo sospiro di sollievo, poi piano piano abbassò le mani, finché lei non fu libera e poté girarsi. Si girò di scatto per la curiosità, tanto che lui fu quasi impaurito da questo e la prima cosa che vide di lui fu il suo tremito di paura.
Una chioma bionda, chiarissima. Due occhi chiari che riflettevano il pallido colore della luna. La pelle, pallida anch'essa, liscia, lucida. E gli occhi gonfi di pianto.
L'aveva visto così tante volte prima di allora, e nonostante questo le sembrava ancora di vederlo per la prima volta nella sua vita. Le era passato tante volte accanto, ci aveva parlato talmente tante altre volte... eppure non l'aveva mai visto davvero, non ci aveva mai parlato davvero. Non aveva mai sentito ciò che aveva da dire, mai visto qualcosa dietro allo sguardo freddo che indossava quando era il mondo intero a guardarlo. Sempre sotto i riflettori, sempre quell'aria insolente, sempre così strafottente, così arrogante, così cattivo.
Eppure non riusciva ad odiarlo adesso. Non riusciva a smettere di provare ciò che provava per lui, e pensava che non ci sarebbe riuscita, né ora né mai. Comunque andasse a finire, sarebbe sempre stato il suo primo amore.
Non riusciva nemmeno ad essere risentita con lui, non dopo tutto ciò che le aveva detto, dopo il tempo passato a parlare, ad ascoltarsi respirare separati da un'unica, piccola parete. Non dopo averlo sentito piangere, togliere la maschera che indossava sempre e mostrarsi a lei così com'era, nudo come il giorno della sua nascita, ancora un bambino in fasce nonostante i sedici anni che gli gravavano in petto.
Il primo istinto fu quello di abbracciarlo. E così fece.
Lui era stupito, tanto che per un attimo non seppe come reagire a lei, al suo tocco gentile, sincero. A quell'abbraccio che significava “non m'importa come ti chiami o chi sei o tutte le volte che mi hai offesa e che in quel bagno ci sono stata per colpa tua, a piangere per le tue stupide offese. Adesso so chi sei e conosco il tuo volto e ancora non m'importa, perché ti voglio davvero tanto bene e tengo a te e sei la stessa bellissima persona che credevo tu fossi cinque minuti fa, prima di conoscere il tuo volto e il tuo nome.”
La strinse forte, la strinse come se fosse un salvagente e lui stesse per annegare, la strinse come se fosse l'unica fonte di salvezza, la strinse come la luce forte che appare dopo tanto tempo di buio sconfinato, la strinse come fosse l'unica cosa bella della sua vita, la prima, e forse anche l'ultima. La strinse come se stesse per morire e volesse morire con il suo odore nelle narici, con il battito del suo cuore ancora premuto contro il suo, contro i suoi capelli in cui affondava il naso e le sue piccole mani strette intorno a lui.
La strinse e non importava chi fosse, non importava che fosse Hermione Granger e lui Draco Malfoy e il mondo intero avrebbe riso loro in faccia se avesse saputo di quello che stavano facendo in quel momento, non importava niente di niente. Loro si amavano, e forse da sempre, forse da un anno, forse da un minuto, e non importava nemmeno questo. Importavano soltanto le sue dolci mani intorno a lui, le sue fredde mani intorno a lei che si riscaldavano col calore del suo corpo caldo e pulsante sotto di lui, quel corpo vivo che stava risvegliando anche il suo.
“Io...” disse lui dopo un po'.
Hermione si staccò da lui e lui quasi rimpianse di aver parlato, di aver rovinato quell'abbraccio, di aver rovinato quel momento in cui erano soltanto due persone che si volevano davvero tanto bene e si stringevano, come vecchi amici, come amanti, non importava.
Adesso c'era la sua faccia davanti a lui e non era più possibile ignorare chi fosse lei e chi fosse lui e quanto improbabili fossero, per la prima volta a guardarsi negli occhi senza offendersi.
“Tu..?” Chiese lei piano, timida, incerta, col timore di poter rovinare tutto da un momento all'altro.
“Beh, grazie.”
“Grazie di cosa?”
“Di...” le parole sembravano non arrivare, adesso che lei lo guardava e lui vedeva i suoi occhi riflettere la pallida luce della luna, i suoi capelli crespi tutti intorno, il suo corpo esile davanti al suo, a così pochi centimetri. Ma poi ricordò le sue parole, le ore passate in quel bagno, e le lacrime, i sorrisi intuiti anche se separati da una parete, quella voglia di stringerla e non poterlo fare, di stringerla e guardarla negli occhi e dirle che non importava chi fosse lei o chi fosse lui e non importava niente ed era bellissima e Weasley era stato un tale idiota a non volerla stringere come voleva farlo lui in quel momento, sebbene non potesse perché lui non era Weasley. “Di avermi ascoltato. Di essermi stata vicino e volerlo fare anche adesso che sai chi sono, di non giudicarmi, di non volermi sputare in faccia come penso avrei fatto io se fossi stato al tuo posto.”
“Non credo che l'avresti voluto fare se tu fossi stato me, sai?”
“Perché no?”
“Perché ti ho visto tante volte prima di adesso e allo stesso tempo non ti ho visto mai. Ed è come se ti conoscessi per la prima volta adesso, come se fossi sempre stato lontano e in quest'anno avessimo parlato solo per lettere e adesso ci vedessimo per la prima volta. Non sei lo stesso che mi ha offesa o trattata male o lo stesso che ho preso a pugni.”
Lui sorrise al ricordo di lei che lo picchiava, pensando a come avrebbero reagito quelle loro piccole versioni di tredici anni se avessero saputo cosa avrebbero fatto tre anni dopo, quanto si sarebbero amati. “Forse hai ragione.” E sorrise di nuovo, sorrise perché era bello, per una volta, avere qualcuno che lo conoscesse davvero per quello che era e che lo apprezzasse così, imperfetto, triste, solo, impaurito, debole, incapace di fare ciò che gli era richiesto.
“Ti va di sederti?” Gli chiese lei, timida.
Lui si sedette per risposta, a gambe incrociate nell'erba umida, e le fece cenno di sedersi vicino a lui.
Sussultò debolmente quando lei posò la testa sulla sua spalla e le loro mani si sfiorarono e entrambi le lasciarono così, vicine, entrambi abbastanza intimoriti da non riuscire ad intrecciare le proprie dita a quelle dell'altro.
“Mi piaci.” Disse lei dopo un po', un sussurro nel buio, nel vuoto, un sussurro tra le farfalle nel suo stomaco.
“Anche tu.”
“Grazie.”
“E di cosa?”
“Di avermi ascoltata e capita. E di.. farmi sentire bella, per una volta.”
“Farti sentire bella?”
“Beh, sì.”
“E' perché lo sei.”
“Anche tu sei un bel ragazzo.” Sembrava che stesse per finire lì, ma lei continuò, lo sguardo perso nel vuoto alla ricerca di un ricordo lontano, “L'ho sempre pensato. Fin da quando ti ho visto per la prima volta. Ti vidi sul treno per Hogwarts, attraverso la porta del vagone. Eri distratto, stavi parlando con qualcuno e stavi facendo vedere un incantesimo che avevi imparato a fare. Sembra stupido, ma mi sentii come se fossimo simili. Avevo appena riparato gli occhiali di Harry con la bacchetta e lo sguardo stupito di Ron era così stupido che mi ero convinta di essere circondata da un branco di idioti. Poi ti ho visto ed ho pensato, 'lui sì che ci sa fare!' e mi sono ripromessa di indagare sulla tua identità, sperando di finire nella tua stessa casa.” Rise piano, la sua mano che oscillava vicino alla sua. “Non è stato esattamente così. Mi sono affezionata agli sguardi stupiti di Ron, all'ingenuità di Harry, all'odio tra le nostre case. Al disprezzo che provavi nei miei confronti, finendo per disprezzarti anch'io. Però c'era sempre una piccola parte di me che ti ricordava come quel ragazzino che faceva vedere il suo primo incantesimo ad un gruppo di compagni pavoneggiandosi, proprio come me.”
“Sai perché ti disprezzavo tanto?” Sorrise anche lui, e lei lo sentì. “Ti ammiravo. Ti ammiravo ed ero geloso di te, estremamente geloso di te. Ero sempre stato bravo, i professori mi lodavano, ma non ero comunque te. Era te che tutti definivano la più brava del nostro anno, eri tu quella che riusciva a fare tutte le pozioni e gli incantesimi alla perfezione e conosceva le risposte a tutte le domande.”
“Sul serio?”
“Sì..”
“Ad averlo saputo avrei fatto i salti di gioia per un anno intero e mi sarei impegnata per fare ancora meglio solo per farti un dispiacere. Senza offesa, ovviamente.”
“L'avrei fatto anch'io.” Rise, di gusto, di cuore, perché non importava il mondo intorno a lui, non importava niente, c'era lei, c'era lui, ed era tutto quel che contava. E sentì qualcosa nascergli dentro, il desiderio di stringerla, stringerla ancora, più forte. Sentirla sua, da capo a piedi, sentirla sua e sua soltanto. Chissà cosa avrebbe potuto fare..
Le prese la mano. Un istante, un soffio, un movimento lieve. Attorcigliò le dita a alle sue come se fossero state create solo per questo. Per diminuire ancora un po' la distanza tra i loro cuori che battevano all'impazzata desiderandosi così tanto.
Gli piaceva, gli piaceva così tanto.. e Merlino solo sapeva cosa avrebbe dato perché potesse durare per sempre, perché potessero stare lì, per mano, a respirare così vicini nella notte, nel tempo fermo per sempre perché loro potessero amarsi finché morte non li avrebbe separati. Chissà cosa avrebbe fatto perché lei potesse davvero essere sua, sua per sempre. Perché non dovesse andare via, fuggire lontano, dopo aver fatto quel che gli era stato detto di fare.
Lei rispose alla sua stretta, la mano calda e piccola dentro la sua.
“Vorrei che potesse durare per sempre.” Le sussurrò lui.
“Forse potrebbe.”
“No.. no.”
“Perché no?” Sussultò contro di lui quando lui le disse di no, quando la rifiutò impercettibilmente.
“Perché sono Draco Malfoy, e tu Hermione Granger. E mio padre è ad Azkaban e...”
“Non importa.” Lo interruppe lei, “Non importa, Draco. Non importa se sei tu e sono io e ci rideranno in faccia e non vorranno crederci, possiamo affrontarlo. Possiamo farli ricredere tutti, e un giorno ci invidieranno anche se dovesse durare un giorno, perché per quel giorno siamo stati capaci di buttarci alle spalle cinque anni di disprezzo e siamo stati disposti a creare qualcosa di nuovo, o almeno a provarci. Non importa, non capisci? Credi che ti abbia abbracciato per prenderti in giro? Avrei avuto la stessa reazione anche se tu fossi stato Goyle, dopo averti sentito parlare per un anno, e piangere, e sorridere, e dopo essermi sentita così simile a te. Non puoi arrenderti così.”
“Non si tratta di questo... non posso farlo. Io ti farei del male, e se solo tu sapessi cosa sto per fare io... fuggiresti. Capisci? Fuggiresti. Non voglio vederti fuggire da me.”
“E per non vedere me fuggire allora sei tu che fuggi?”
“Non è questo! Tu non capisci..” una lacrima scivolò silenziosa sulla sua guancia, ma non era una lacrima come lo erano state quelle in bagno, destinate a perdersi sulla sua cravatta verde e argento e perdersi in altri milioni che vi erano cadute prima di allora. Lei la raccolse, l'asciugò con le sue dita calde e dolci e delicate.
“Allora aiutami a capire.”
“Ti ricordi cosa mi hai promesso?”
“Che non sarei fuggita?”
“Sì. Promettilo di nuovo.”
“Lo prometto.”
“Sto per uccidere Silente.”
Un grido nel vuoto.
Un fulmine a ciel sereno.
Una bomba che esplode nella calma delle tre del pomeriggio.
Un pugno nello stomaco mentre dormi.
Un..
Una cazzata.
Lei sussultò, si voltò di scatto verso di lui.
“Stai mentendo...”
“No. Tu-Sai-Chi vuole che lo faccia. Mi ucciderà se non lo faccio. Bellatrix mi inseguirà e mi torturerà finché non farò la stessa fine dei genitori di Paciock, e così farai coi miei genitori. Moriremo. Impazziremo. Se io stasera non faccio quello che devo fare.”
“Non è vero. Non può essere vero. C'è sempre un'altra strada. Possiamo proteggerti, i membri dell'Ordine ti terranno al sicuro finché non sarà finito..”
“Non finirà mai! Lui... lui è troppo potente. Non fallirà. Non stavolta. Stavolta è più sicuro, stavolta è più potente, ha infiltrati ovunque, ha...”
“Va bene.” Lo interruppe lei, risoluta, cercando disperatamente di incrociare lo sguardo col suo.
“Cosa?” Chiese lui, voltandosi verso di lei, incredulo.
“E' giusto. Non hai scelta. Va bene così.”
“Dici sul serio?”
“Sì.” Sospirò, senza staccare lo sguardo dal suo. “E' stupido, Draco Malfoy, eppure ti amo. Mi sono innamorata di te e sono stata disposta a perdonare sei anni di offese e disprezzo e perdonerò anche questo, anche se ucciderai Silente, anche se farai tutto quel che ti sarà chiesto di fare senza obiettare, con lo sguardo basso e la coda tra le gambe. E' la cosa giusta da fare anche se non lo è. Chiunque vorrebbe cercare di salvare se stesso e la propria famiglia se fosse in grado di farlo, anch'io immagino che lo farei. E anche se... anche se stanotte lo farai, anche se io sarò a capo di un esercito che tenterà di sconfiggerti, non ce l'avrò con te. Non ti biasimerò mai né penserò che tu abbia fatto la cosa sbagliata. Non sarai solo una pedina di Lord Voldemort pronta ad uccidermi al suo comando. Sarai il mio primo amore, la prima persona che mi ha stretta perché voleva farlo e senza che niente e nessuno lo obbligasse a farlo. Sarai la prima persona che mi ha fatta sentire bella. E questo non cambierà mai.”
Le due lacrime scesero dai loro occhi contemporaneamente.
Contemporaneamente le loro mani si alzarono per andare a cancellare quella silenziosa lacrima sul volto di entrambi, e stettero così, il volto dell'altro tra le proprie mani, gli sguardi incollati, il corpo pieno di quel desiderio che li aveva portati fino a lì.
Si mosse per primo, delicatamente, senza fretta, gli occhi già chiusi e la testa già inclinata.
Se poi, raccontandolo, avesse detto che era stato come se gli fossero scoppiati dei fuochi d'artificio dentro, avrebbe mentito. Non è stato affatto così.
Era stato un gesto naturale, come se l'avesse fatto altri milioni di volte. Le loro labbra si erano schiuse e chiuse all'unisono, si erano stretti all'unisono, lasciati all'unisono, ed era come se quel bacio dovesse durare per sempre. Come se non si dovessero mai separare l'uno dall'altro. Come se fossero nati così, le labbra incollate a quelle dell'altro.
Invece finì, ed era come se da quelle labbra fosse uscito un pezzo del suo cuore per andare dentro di lei, come se lui non potesse più essere completo dopo quel primo e ultimo bacio d'addio.
“Devo andare.” Disse, staccandosi da lei, desideroso di andare via prima di finire del tutto nella sua trappola. Come se non ci fosse già finito, poi, buttandosi a capofitto tra le sue braccia.
“Lo so.”
“Ti amo anch'io.”
Lei si riallacciò a lui e lo strinse come se potesse fermarlo, come se potesse evitare tutto questo, trasformarlo in un'altra persona e mandare qualcun altro a fare quel che lui doveva fare. E lui la strinse come se potesse essere vero, come se potessero passare la sera lì e poi il giorno dopo svegliarsi e andare nella Sala Grande insieme, per mano, e dire a tutti “sì, stiamo insieme”, e sorridere quando loro rideranno o scuoteranno la testa increduli.
“Vorrei che potesse essere così per sempre..” Le sussurrò nell'orecchio.
“Forse, un giorno, quando tutto questo sarà finito..”
“Lo spero.”
“Anch'io.”
Nessuno dei due disse ad alta voce ciò che entrambi pensarono, ovvero che per la sopravvivenza dell'altro forse loro stessi sarebbero dovuti morire. Nessuno dei due disse nemmeno “addio”, né “ciao”, né una qualsiasi altra parola. Si guardarono, e quello sguardo bastò. Sapevano che era l'ora di separarsi. Che doveva essere così.
E si separarono.



Nota dell'autrice: vi ringrazio per aver di nuovo letto un'altra mia oneshot, sperando che sia così, e sperando anche che vi sia piaciuta. Mi frullava quest'idea in testa da un po' ed ho voluto metterla in pratica così come potevo. Non ho badato troppo al tempo, considerando che Hermione nel libro in realtà doveva già essere con Ginny nel castello a sorvegliare tutto e Draco a far entrare i Mangiamorte, ma non ho trovato un momento migliore per collocarci la vicenda e l'ho fatto anche un po' volutamente, come se ci fosse stato un tempo ritagliato solo per loro due anche nella tempesta che stava per arrivare.
Di nuovo, spero vi sia piaciuto, e grazie per avermi dedicato un po' del vostro tempo!
Un abbraccio,
Ester_Oldman.
P.s. il titolo del capitolo è tratto dalla mia canzone preferita, Who wants to live forever :)

 

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