Il Leone e l'Unicorno

di heliodor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UNO ***
Capitolo 2: *** DUE ***
Capitolo 3: *** TRE ***
Capitolo 4: *** QUATTRO ***
Capitolo 5: *** CINQUE ***
Capitolo 6: *** SEI ***
Capitolo 7: *** SETTE ***
Capitolo 8: *** OTTO ***
Capitolo 9: *** NOVE ***
Capitolo 10: *** DIECI ***
Capitolo 11: *** UNDICI ***
Capitolo 12: *** DODICI ***
Capitolo 13: *** TREDICI ***
Capitolo 14: *** QUATTORDICI ***
Capitolo 15: *** QUINDICI ***
Capitolo 16: *** SEDICI ***
Capitolo 17: *** DICIASSETTE ***
Capitolo 18: *** DICIOTTO ***
Capitolo 19: *** DICIANNOVE ***
Capitolo 20: *** VENTI ***



Capitolo 1
*** UNO ***


― Tu, avvicinati ― dice l'uomo puntando un dito ossuto. Gli occhi sono scavati, la barba lunga e bianca come i capelli che crescono solo intorno alle tempie. Indossa una tunica color verde stinto che gli copre i piedi ed emette un fruscio a ogni passo. ― Sì, dico a te ― aggiunge con voce sottile. ― Vieni, non aver paura. ― Tra le mani stringe un libro dalla copertina consumata. ― Voglio raccontarti una storia.
Si ferma al centro della radura, una corona di alberi che racchiude una manciata di tende, un recinto con una dozzina di pecore e un paio di bracieri su cui arde la cacciagione. Uomini con la schiena appoggiata allo steccato si lanciano sguardi annoiati. Un ragazzo gioca a farsi inseguire da un cucciolo di cane che abbaia e saltella tra i suoi piedi. Sopra le loro teste il cielo è un velo di seta nero sul quale una mano generosa ha sparpagliato centinaia di diamanti di ogni grandezza e lucentezza.
Ragazzi e adulti di ogni età si raccolgono intorno a lui formando un cerchio. Indossano abiti semplici, casacche colorate, tuniche e mantelli.
L'uomo apre il libro. Fa scorrere tra le dita le pagine ingiallite fitte di parole scritte con una calligrafia minuta e precisa.
Il vecchio ne ferma una e punta il dito ossuto su di un disegno. Una mano precisa ha tracciato i confini di montagne, fiumi e nomi di città e villaggi.
― Due regni vicini. Lyonesse e Avalon ― dice il vecchio con voce solenne. ― Governati da generazioni di sovrani fieri e orgogliosi, sempre rivali, sempre in competizione, ma mai nemici. I loro re si consideravano fratelli e secondo un'antica tradizione, si scambiavano regali, cortesie e visite. E fu durante una di queste che il destino e un servo intrigante misero fine alla pace e alla concordia.
Solleva la mano e nello stesso momento lo scoppiettio del fuoco di uno dei bivacchi fa trasalire il pubblico. ― Ma saranno il tempo ― dice il vecchio dopo aver chiuso e riaperto gli occhi. ― E l'amore di due giovani, a forgiare il destino dei due Regni.
 
 
IL LEONE E L'UNICORNO
 
Uomini in livrea e marinai si affollano sul molo. Altri uomini percorrono una passerella tesa verso una nave trasportando sulla schiena casse e barili.
Due uomini in abiti eleganti percorrono lo stesso molo, sullo sfondo si intravede una nave a tre alberi all'ancora.
Uno dei due ha il viso incorniciato da una folta barba castana, capelli che scendono in lunghi boccoli sulle spalle e un naso a forma di patata.
L'altro, più basso ma non meno imponente, ha il viso glabro, capelli scuri e lineamenti regolari.
― Sicuro di non voler restare un'altra settimana? ― domanda il primo, le mani dietro la schiena.
― Impegni urgenti mi attendono ad Avalon, fratello ― risponde l'altro guardando con tristezza il mare. ― Vorrei restare ma...
― Dì a Lazare di sbrigare questi affari al posto tuo.
― Io sono il re ― esclama.
― E io no? Te lo sto chiedendo da sovrano. Non costringermi a incarcerarti ― dice con tono severo.
― Non oseresti ― risponde indignato. Poi, con espressione serena, aggiunge: ― Leonida, fratello mio, Avalon attende con ansia il mio ritorno. Per nove mesi ho rimandato la partenza...
― Aspetta ancora qualche giorno, Philip. Mirande ha quasi finito il suo tempo. Manca poco ormai.
― Leonida, io...
Leonida gli poggia una mano sulla spalla. ― Io voglio che tu faccia da padrino al mio primogenito. Ci terrei davvero molto.
― Sarebbe un onore...
― Sarà un onore ― dice Leonida.
Philip sospira. ― E sia. Resterò fino a quel giorno, ma non uno di più.
Leonida lo abbraccia. ― Non sai quanto mi rendi felice, fratello. Torniamo al castello. Voglio informare subito Mirande della bella notizia.
***
In piedi davanti a una finestra, l'uomo guarda verso il basso con espressione corrucciata. ― Guardali, Angus. Hai mai visto niente di più disgustoso? ― I suoi occhi osservano due minuscole figure - Philip e Leonida - percorrere a braccetto il cortile. Passando davanti alle guardie ricevono un inchino prima di infilarsi in un portone sormontato da una testa di leone scolpita nella pietra.
Dietro di lui, Angus attende con la schiena appoggiata al muro, gli occhi bassi e le braccia incrociate sul petto. Indossa un vestito informale, una casacca grigia su pantaloni neri e pesanti stivali.
Quando l'uomo si volta a guardarlo, Angus rialza la testa. ― Dicevi a me, padron Vortiger?
Vortiger gli rivolge una smorfia di disgusto. ― Sì, dico a te inutile topo di fogna. C'è forse qualcun altro in questa stanza?
Angus s guarda attorno. ― Direi di no, padron...
Vortiger si stacca dalla finestra ed emette un sospiro di esasperazione. ― Ti prego, rimani in silenzio, Angus.
― Padrone...
― Che c'è ancora? ― Vortiger si guarda in uno specchio. Il suo viso è scarno, gli zigomi alti e affilati. Sul mento appuntito c'è un accenno di barba scura. I capelli sono lunghi. Indossa una tunica nera con i risvolti grigi, maniche ampie in cui può nascondere le mani. Si passa un dito sottile sulla fronte cercando di far distendere una ruga d'espressione.
― I miei uomini vogliono essere pagati. Attendono giù al porto che gli venga corrisposto il compenso.
Vortiger si volta sconvolto. ― Per cosa dovrei compensarli? Sono settimane che non sbarcano un buon carico di merci.
― Non c'è più nulla da contrabbandare, padrone. Da quando re Philip ha aperto le frontiere di Avalon, le navi sono libere di andare e venire quando vogliono. Nessuno ha bisogno di contrabbandieri se le via commerciali sono libere.
Vortiger fissa con odio l'immagine riflessa nello specchio. ― Niente contrabbando, niente compenso. Di' questo ai tuoi uomini.
― Non ne saranno felici.
― E cosa vuoi che me ne importi? ― Dice Vortiger, la bocca atteggiata in un ringhio minaccioso. ― Le cose andavano così bene ― aggiunge prendendo a girare per la stanza. ― Secoli e secoli di rivalità, conflitti... mai nella storia Avalon e Lyonesse erano stati così uniti. ― Si ferma davanti al quadro che ritrae un uomo incoronato seduto su di un trono sormontato dall'arazzo di un unicorno rampante. Al suo fianco, un secondo uomo è in piedi, una mano scheletrica con dita simili ad artigli posata sulla spalla del sovrano. ― Mio nonno Malagant... cosa penserebbe di me? La mia famiglia ha sempre amministrato le risorse di Lyonesse. ― Si batte il petto, il tono di voce ridotto a un singhiozzo. ― Per secoli abbiamo aiutato il regno a prosperare nonostante le difficoltà... e in cambio di cosa? Una piccola, minuscola parte di quella ricchezza. La giusta ricompensa per la nostra fedeltà. ― Raggiunge un bancone ingombro di pergamene e matite. Al centro troneggia il modellino di un castello completo di mura che collegano le torri e di un mastio centrale. Vortiger fa scattare un meccanismo con la punta del dito e il modellino si apre, rivelando all'interno un complesso sistema di ingranaggi e leve. ― Avevo grandi progetti per questo posto. ― I suoi occhi brillano. ― E per Lyonesse e tutti i regni vicini. ― Getta un'occhiata triste fuori dalla finestra. ― E ora, a causa di questa scellerata alleanza, tutto è perduto.
Angus si schiarisce la voce.
Vortiger gli lancia un'occhiataccia. ― Sei ancora qui? Vai al porto. Vai dove ti pare, ma lasciami solo.
Angus si inchina ed esce dalla stanza.
Vortiger rimane a fissare la sua immagine riflessa nel vetro della finestra. ― Tutto è perduto. ― Ringhia mostrando i denti, gli occhi ridotti a due fessure. ― A meno che... l'alleanza così faticosamente creata non si rompa. Sì, un incidente può sempre accadere, dopotutto.
Si volta di scatto e corre alla porta spalancandola. ― Angus ― urla all'uomo che attende di fuori, la schiena appoggiata al muro.
Angus solleva la testa. ― Sapevo che avresti avuto bisogno di me ― dice con un mezzo ghigno.
Vortiger mostra i denti in un sorriso grottesco. ― Vai al porto e di' ai tuoi di tenersi pronti per stanotte. Paga raddoppiata.
― Agli ordini. Posso sapere che cos'hai in mente?
― Ancora non lo so di preciso, ma tieniti pronto ad agire. ― Vortiger gli sbatte la porta in faccia.
***
Una finestra ampia quanto la parete si apre su di un giardino circondato da un portico formato da colonne. Al centro campeggia la statua di una donna posta su di un piedistallo, raffigurata mentre volge gli occhi e le braccia al cielo.
Dall'altra parte della finestra, una donna dalle fattezze simili a quelle della statua - lunghi capelli biondo ramati che cadono in delicati boccoli sulle spalle, occhi grandi e luminosi, bocca dalle labbra sottili - la guarda con espressione accigliata. ― Continuo a dire che non mi somiglia affatto ― dice portandosi la mano al mento.
Dietro di lei appare la figura di Leonida. ― La mano del più abile scultore non potrebbe mai imitare il tuo splendore. ― Il re le cinge le spalle con un gesto affettuoso e la fa voltare.
La donna si passa la mano sul ventre rigonfio. ― Nemmeno ora che ho il pancione?
La mano di Leonida prende quella della donna e la stringe con delicatezza. ― Non siete mai stata così splendida, mia regina.
La donna arrossisce.
Philip, in piedi di fronte ai due a qualche passo di distanza, si schiarisce la voce.
Leonida lo indica con un gesto della mano. ― Oh, quasi dimenticavo. Re Philip ha deciso di restare fino alla nascita del nostro primogenito. Sarà lui a fargli da padrino.
La donna sorride e abbraccia Philip. ― Phil ― esclama con voce commossa. ― Sono così contenta. Ormai non dovrebbe mancare tanto.
Philip ricambia l'abbraccio con un certo imbarazzo. ― Per me è un onore, Mirande.
― Mio figlio avrà un re come padrino ― esclama Leonida con orgoglio.
Mirande gli rivolge un'occhiataccia. ― Mio caro, potrebbe anche essere una femmina.
― Femmina? Lyonesse ha bisogno di un erede al trono ― risponde Leonida toccandosi il petto. ― Un ragazzo forte e robusto che guidi il regno. Come il figlio del nostro Philip. Non è così?
Philip annuisce, gli occhi tristi.
Mirande gli sfiora un braccio. ― Phil, mi ero quasi dimenticata del piccolo Ewan. Quanti anni ha adesso?
― Due.
― E sono quasi nove mesi che non lo vedi. Deve mancarti molto.
Philip annuisce. ― Ma sta bene. Cresce sicuro con le balie che gli ho trovato. Certo, se ci fosse Lyrael le cose andrebbero meglio, ma...
― La sua perdita è stata una tragedia ― dice Leonida con lo sguardo triste.
― Phil ― dice Mirande con tono comprensivo. ― Se senti il bisogno di tornare da tuo figlio, non sentirti obbligato a restare.
― Ormai ho promesso.
― Posso sempre scioglierti dall'impegno ― dice Leonida. ― Ne soffrirei molto, ma non sopporto di vederti così...
― Resto ― dice Philip sicuro.
Leonida gli rivolge un sorriso.
Philip lo ricambia con uno sguardo sereno. ― Ora, se mi volete scusare, vado a cambiarmi. Ho ancora addosso gli abiti per il viaggio. ― Senza attendere la risposta, rivolge un inchino a Mirande e si volta.
Leonida lo segue con lo sguardo e quando ha lasciato la stanza, si lascia andare a un lungo sospiro. ― Soffre ancora molto per lei.
― È comprensibile. Lyrael era tutto per lui.
Leonida scuote la testa. ― Anche se quello che sto per dire sembrerà orribile, Philip dovrebbe guardare avanti e trovare un'altra donna. Per il suo bene e quello di Ewan. Deve dimenticarla.
― Tu riusciresti a dimenticare me?
Leonida la guarda con sguardo triste, poi scuote la testa e l'abbraccia.
Una ragazza fa il suo ingresso con passo deciso. Indossa un abito vaporoso fatto di vari strati, una mantellina color turchese gettata sulle spalle sottili e stivali di pelle. Il viso dai tratti regolari è incorniciato da una chioma di capelli biondo ramati e lisci che scendono giù per la schiena fin quasi ai lombi.
Marcia spedita verso Leonida e Mirande e si ferma a pochi passi di distanza. Si schiarisce la voce. ― Perdonatemi se vi interrompo ― dice con un ampio sorriso sulle labbra che mette in mostra due file di denti bianchi e regolari.
I sovrani di Lyonesse la fissano imbarazzati, il loro abbraccio si scioglie.
― Jolane ― esclama Mirande andandole incontro.
Le due donne si stringono in un abbraccio.
― Sorellina ― dice Mirande accarezzandole i capelli. ― Non mi hai avvertito della tua visita.
La ragazza rivolge a Leonida un inchino. ― Maestà.
Leonida fa un gesto vago con la mano. ― Non c'è bisogno di seguire il protocollo. Ormai sei della famiglia.
Jolane sorride imbarazzata. ― Perdonami se arrivo così all'improvviso. Spero di non disturbarti.
― Ci mancherebbe ― risponde Mirande. ― Sei la benvenuta. Qui c'è così tanto spazio.
― Non mi tratterrò a lungo. Posso parlarti da sola? Ti ruberò solo cinque minuti.
Leonida rivolge un inchino alle due donne. ― Col vostro permesso ― dice prima di allontanarsi.
Jolane si porta una mano al viso. ― Non intendevo farlo andare via. Non si sarà forse offeso?
Mirande sorride. ― Lui è fatto così.
Jolane sorride imbarazzata. ― Si tratta di una cosa piuttosto personale.
― Lo sai che a me puoi dire tutto ― dice Mirande con tono dolce. ― Sei venuta qui apposta, no?
Jolane inspira una boccata d'aria. ― Ho conosciuto una persona mentre ero in viaggio per Lyonesse.
― Una persona? Non capisco.
― Un uomo. Quasi. Ha solo due anni più di me.
Mirande la guarda sorpresa. ― Sul serio? E lui è...
Jolane nasconde il viso tra le mani. ― Io credo di amarlo. Insomma, siamo stati davvero bene insieme durante il viaggio. Lui è stato molto carino e gentile ― dice senza prendere fiato.
Mirande annuisce. ― Sono molto contenta per te. Ma non dovresti conoscerlo meglio? Voglio dire, vi siete frequentati per così poco tempo e già credi di amarlo?
― Io non credo. Io so di amarlo ― risponde Jolane imbronciata.
― Non lo sto mettendo in dubbio. È solo che...
― Lo so lo so ― dice la sorella con tono sufficiente. ― Bisogna prima conoscersi, l'amore è una faccenda troppo seria e così via. Sembri nostra madre.
― La mamma era una persona saggia ― dice Mirande con tono triste. ― E io stavo solo per dire che potresti invitarlo a stare qui con noi per qualche giorno. Giusto il tempo di farcelo conoscere.
Jolane batte le mani eccitata. ― Davvero? Voglio dire, ho il permesso di vederlo?
― Ormai sei grande e non devi chiedermi il permesso. Però mi fa piacere che tu ne abbia parlato prima con me.
Jolane sospira. ― C'è solo una cosa che... ― scuote la testa.
― Cosa?
― Lui non è un nobile.
Mirande sorride. ― Tutto qui? Non ha alcuna importanza se sia di sangue nobile o meno.
― E se il re avesse qualcosa da ridire?
Mirande ride. ― Leonida sarà d'accordo, te lo garantisco. E se non lo sarà, io farò in modo che lo sia.
Jolane sorride. ― Sono così contenta che le cose tra di voi vadano bene. Sembrate così felici.
― Lo siamo.
Jolane si morde il labbro. ― Scusami se tiro fuori l'argomento ma venendo ho visto la insegne di Avalon. Lui è qui?
― Sì. Leonida l'ha convinto a rimandare la partenza fino alla nascita del bambino.
― E vanno d'accordo?
― È un miracolo, ma sì. La loro amicizia è ancora salda, nonostante tutto.
― Lui ti ama ancora?
Mirande storce la bocca. ― A volte ho l'impressione di sì, ma ha sempre rispettato la mia scelta e si è fatto da parte.
― Meglio così.
Mirande la prende sotto braccio. ― Adesso però devi dirmi tutto di questo misterioso uomo che ti ha rubato il cuore ― sussurra con tono complice alla sorella.
***
Seduto a capotavola, Leonida agita il cucchiaio con la mano. Il piatto di fronte a sé è ricolmo di una zuppa da cui sale un filo di fumo. ― Sono proprio ansioso di conoscere il fidanzato di Jolane. Quando hai intenzione di presentarcelo?
Alla destra di Leonida siede Mirande. Alla destra di questa, Jolane. Philip siede al capo opposto. Vortiger, il viso severo e l'espressione disgustata, si è accomodato in uno dei quattro posti centrali. Le altre sedie sono vuote.
Lungo l'asse del tavolo sono allineati vassoi pieni di frutta e dolci, insieme a bottiglie di vino. Due servi attendono in silenzio a qualche passo di distanza, mentre una donna di mezza età dall'aria arcigna osserva i commensali.
Jolane si schiarisce la voce. ― In verità, vostra maestà, non è ancora il mio fidanzato.
― Ma lo diventerà presto, vero? ― chiede Leonida spazientito. ― Insomma, costui ha intenzioni serie o no?
Jolane arrossisce. ― Penso di sì.
― Pensi?
Mirande posa una mano sul braccio del marito. ― Leo, si sono appena conosciuti. Da' loro un po' di tempo prima di prendere una decisione così importante.
Leonida scrolla le spalle. ― Non mi avete detto se è un conte o un barone. Anche se un principe sarebbe assai più gradito. ― Sorride alla moglie che lo ricambia con un'occhiata severa.
Jolane guarda la sorella e si stringe nelle spalle.
Mirande le posa una mano sulla spalla. ― Il giovane Valek è un onesto mercante. Possiede delle terre poco fuori la capitale.
Leonida sgrana gli occhi. ― Un mercante? Ho sentito bene?
― Avete sentito benissimo ― dice Mirande.
― Ma Jolane non può sposare un mercante. Lei è la sorella della regina. Non sarebbe... alla sua altezza.
Jolane sprofonda nella sedia.
― Mia sorella sposerà l'uomo che desidera.
― Io...
― E noi le daremo la nostra benedizione, quando sarà il momento. ― Mirande rivolge un sorriso alla sorella. ― C'erano principi e sovrani di regni più grandi e ricchi di Lyonesse che volevano la mia mano, ma io ho scelto di seguire il mio cuore.
Leonida si rivolge a Philip. ― Tu che ne pensi amico mio?
Philip solleva il calice pieno di vino. ― Viva l'amore.
― Lo sapevo. ― Leonida scuote la testa e sorride. ― Sapete che cosa vi dico? Farò del fidanzato di Jolane un barone, ecco cosa farò.
Jolane si raddrizza, l'espressione felice. ― Dite sul serio? Voglio dire, vi ringrazio maestà.
― Mi sembra un'ottima idea ― esclama Mirande felice.
Tutti quelli seduti a tavola alzano il proprio bicchiere, tranne Vortiger che fissa disgustato la zuppa.
Mirande richiama l'attenzione della serva di mezza età. ― Gwenola.
La donna si affianca alla regina. ― Sì, maestà?
Mirande indica un vassoio pieno di mele e pesche. ― Questa frutta domani andrà a male e noi non riusciremo a consumarla tutta stasera. Cosa ne farete?
― La butteremo via come sempre.
― Stavolta no. Da oggi in poi il cibo avanzato verrà distribuito tra i poveri della capitale. L'inverno è stato molto duro e ho sentito dire che molte persone non hanno di che sfamarsi.
― Darò io stessa l'ordine ― dice Gwenola ritirandosi.
― Un gesto nobile ― dice Philip. ― Degno di una vera regina.
Leonida rivolge alla moglie un sorriso. ― È uno dei motivi per cui l'ho sposata.
Mirande ricambia il sorriso.
Vortiger emette un sospiro rassegnato.
Leonida si volta verso di lui, spazientito. ― Volete dire qualcosa?
Vortiger si mostra sorpreso. ― Io? Cos'altro posso aggiungere, vostra Maestà? La regina ha deciso di regalare il cibo. Domani cosa regalerà ai poveri che affollano le vie della capitale? Oro? Gioielli? Perché non un titolo nobiliare come volete fare con quel mercante?
Mirande gli rivolge un'occhiataccia. ― Non c'è alcun bisogno di essere sarcastico, lord Vortiger. L'oro e i gioielli non si mangiano.
― Se volete sapere la verità ― dice Vortiger stizzito. ― I campi di Lyonesse non possono produrre cibo per tutti. Non ne avrete mai abbastanza per sfamare i poveri della capitale.
― Non è un buon motivo per buttarlo via ― risponde Mirande.
― Lo è, se vogliamo averne abbastanza per noi.
― Ma noi non soffriamo la fame.
Vortiger si alza. ― Solo perché io faccio in modo di amministrare con cura il poco che abbiamo.
Leonida gli fa cenno con la mano di sedersi. ― Lord Vortiger, scusatevi con la regina. Adesso.
― Chiedo il vostro perdono, mia regina. ― Vortiger si esibisce in un inchino. ― Col vostro permesso, vorrei ritirarmi nelle mie stanze.
― Accordato ― dice rapido Leonida.
Vortiger lascia la sala con passi veloci e nervosi.
Leonida scuote la testa. ― Deve essere impazzito a parlarti in questo modo ― dice rivolto alla moglie. ― Domani dovrà scusarsi sul serio o se ne pentirà.
― Perché lo tieni ancora con noi? ― domanda Mirande. ― Dicevi di volerlo cacciare dopo che tuo padre lo sorprese a rubare dal tesoro.
― Era solo una piccola somma. E poi mi serve. È un ladro e un bugiardo, ma è abile a far quadrare i conti. Senza di lui il regno sarebbe in bancarotta. ― Leonida batte il pugno sul tavolo facendo sobbalzare bicchieri e posate. ― Ormai passa quasi tutto il tempo nel suo studio a progettare strani marchingegni. Non può fare molti danni.
― Leonida ― dice Philip serio. ― Mirande ha ragione. È un ladro. Devi cacciarlo via. Avalon vi aiuterà a superare questo momento difficile.
Leonida trae un profondo respiro. ― Ci penserò sopra.

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Capitolo 2
*** DUE ***


Un'ombra si staglia lungo la parete di pietra di un corridoio. Illuminato dalla luce tremolante delle torce, il viso di Vortiger è una maschera di rabbia. ― Odio i sotterranei ― dice scostandosi disgustato da una macchia di umido che cola lungo la parete. ― Che odore nauseabondo.
Si ferma davanti a una porta di legno. Una mano ossuta bussa due volte.
― Avanti ― dice una voce dall'altra parte. ― È aperto.
Oltre la soglia c'è una cella larga abbastanza da accogliere una decina di uomini. Lungo la parete sono allineati scaffali e scaffali ingombri di ampolle colorate, alambicchi e barattoli.
Un vecchio dalla barba bianca come il latte è chino sul bancone che corre lungo il lato opposto della cella rispetto all'entrata.
Vortiger entra senza dire una parola.
Il vecchio solleva la testa di scatto, annusa l'aria come un segugio e mostra un sorriso privo di numerosi denti. ― Vortiger ― esclama con voce gracchiante. ― Che piacere averti qui.
Vortiger fa una smorfia. ―Il piacere è solo tuo, Cleon.
Il vecchio si volta. ― Scommetto che sei qui per il solito infuso.
― In verità, avrei bisogno di una tisana ― dice toccandosi la fronte con un il dorso della mano. ― Sono giorni che una terribile emicrania non mi da tregua e mi chiedevo se tu, il più abile alchimista del regno, non avessi qualcosa da darmi per calmarla.
Cleon ridacchia. ― Emicrania, dici? Hai provato con impacchi di muschio?
Vortiger solleva gli occhi al soffitto. ― Ogni giorno.
― Foglie di cavolo sulle tempie?
― Nessun effetto.
― Pediluvio d'acqua calda con un rametto di rosmarino?
― Oh, insomma ― esclama Vortiger spazientito. ― Vuoi darmi o no qualcosa per farmela passare?
Cleon, curvo su se stesso, ridacchia e si volta, iniziando a frugare tra le boccette allineate su di uno scaffale.
Vortiger allunga il collo per guardare meglio, ma si ritrae subito quando il vecchio si volta. In mano ha una boccetta di colore verde.
Cleon l'appoggia sul bancone.
Vortiger artiglia la boccetta con le dita ossute. ― E questo sarebbe?
― Estratto di malva, miele e fichi acerbi.
Vortiger guarda la boccetta disgustato.
― Noi lo chiamiamo Dolcesonno ― dice Cleon con tono solenne. ― Una goccia sciolta nell'acqua cura il mal di testa lieve, due gocce quello forte. Tre gocce fanno dormire per sei ore di seguito. Quattro gocce... ― si ferma, esita e poi scuote la testa.
Vortiger si rigira la boccetta tra le dita. ― Quattro gocce... cosa?
Cleon lo fissa negli occhi. ― Mai usare quattro gocce. Mai.
Vortiger nasconde la boccetta in una tasca interna del vestito. ― Ti sono debitore.
Cleon si volta. ― Chiudi la porta quando esci.
Appena uscito, Vortiger estrae la boccetta e la guarda con espressione compiaciuta.
***
È buio, re Philip passeggia inquieto sul balcone, gli occhi che guardano l'orizzonte, dove mare e cielo si uniscono.
― Sapevo che ti avrei trovato qui ― dice una voce femminile alle sue spalle.
Philip si volta di scatto.
Mirande è in piedi davanti alla finestra socchiusa.
― Maestà. Non dovresti uscire con questo freddo.
― Ci sono abituata ― dice lei appoggiandosi al parapetto. ― Qui a Lyonesse è fresco anche d'estate. Dimmi la verità Phil. Preferiresti essere altrove, non è così?
Philip fissa l'orizzonte. ― Un posto vale l'altro, ormai.
― Qui sei sempre il benvenuto.
― Ho un regno da governare. Dopo la nascita del vostro erede...
― O vostra ― lo corregge lei.
― Dovete ricambiare la visita. Ci tengo.
Mirande guarda il cielo. ― Si vedono le stelle lì ad Avalon? Non mi stancherei mai di guardarle.
― Abbiamo i cieli stellati più belli del mondo ― risponde lui con un sorriso. Poi l'espressione si fa seria. ― Se fossi stato io a chiedere la tua mano per primo... ― dice esitando. ― Le cose sarebbero state diverse?
Lei lo guarda con sguardo dolce. ― Non avresti mai conosciuto Lyrael.
― Intendevo dire... tra noi due. ― Scuote la testa. ― Perdonami. Certe cose non le dovrei nemmeno pensare.
Mirande gli poggia una mano sulla spalla. ― Io sono felice con Leonida. Credevo che anche tu fossi felice per noi.
― Lo sono ― esclama lui contrito. ― Non pensare che... la mia era solo una domanda sciocca. Dico sul serio. Dimentica ciò che ho detto.
Lei sorride. ― L'ho già fatto.
I suoi occhi scivolano sul collo di lei. Una catena d'oro regge un ciondolo a forma di stella. Sorride. ― Lo porti ancora con te.
Mirande accarezza la stella. ― Mi ricorda i vecchi tempi. ― Sospira, la mano sistema una ciocca di capelli che sono scivolati sulla fronte. ― Col vostro permesso, mi ritiro nelle mie stanze. È stata una giornata dura e domani lo sarà ancora di più. ― Sorride. ― Devo preparare una degna accoglienza per il giovane Valek.
Philip le rivolge un inchino. ― Permesso accordato.
***
Su di una balconata vicina, nascosto nell'ombra, lo sguardo di Vortiger scruta Mirande e Philip.
― Lo sapevo che era una buona idea tenere d'occhio il nostro ospite ― sussurra.
Vortiger rientra nella stanza e, anche se al buio, raggiunge la porta senza urtare il letto e i mobili. Fuori, un servo dall'aria annoiata attende con le braccia incrociate sul petto.
― Tu ― dice Vortiger richiamandolo.
― Ai vostri ordini ― dice il servo scattando sull'attenti.
Vortiger gli allunga un foglio piegato in quattro. ― Portalo ad Angus. Lo troverai sul molo. Corri, svelto.
Il servo afferra il foglio e scappa via.
Vortiger cammina con passo spedito fino a una stanza che si trova alla fine del corridoio, si ferma un istante per inspirare e poi bussa con decisione.
― Chi è? ― dice una voce proveniente dall'altra parte.
― Il vostro umile servo Vortiger, maestà.
― Entra.
Oltre la soglia, re Leonida siede nella sua poltrona, lo sguardo rivolto al fuoco che langue nel camino. Al fianco, poggiato di un tavolino, si intravede un bicchiere colmo di un liquido ambrato. ― Che cosa vuoi? ― chiede con tono brusco.
Vortiger gli rivolge un inchino. ― Perdonatemi se vi disturbo, ma in questi ultimi mesi non ho avuto modo di parlarvi faccia a faccia.
― Teniamo una riunione ogni settimana. Non ti basta?
― Intendevo noi due soli.
Leonida gli rivolge un'occhiata ostile. ― Mi sembrava di essere stato piuttosto chiaro con te ― dice con tono duro. ― Sei ancora al tuo posto solo perché non ho trovato un servo migliore che si occupi della contabilità. Non appena l'avrò trovato, ti congederò. Con tutti gli onori e un vitalizio degno del tuo rango, s'intende.
― Quale onore ― dice Vortiger a denti stretti.
― Credevi che avessi dimenticato come hai servito mio padre?
― Sono sempre stato onesto con...
Leonida si alza di scatto. ― Non osare infangare la memoria di mio padre con le tue menzogne. Ti ha sorpreso a rubare dal tesoro reale.
― Era solo un prestito...
― E tutti i prestiti che non hai restituito?
― Maestà, vi prego ― dice Vortiger con tono supplice. ― Vi giuro che io...
― Non giurare. ― Leonida gli volta le spalle e si avvicina al camino. Sopra di esso campeggia il dipinto di un uomo barbuto ritratto mentre indossa un'armatura.
Vortiger sfila la boccetta di Dolcesonno dalla tasca interna della tunica.
― Non davanti al dipinto di mio padre.
Vortiger si avvicina al tavolino e allunga la mano con la boccetta verso il bicchiere.
― Lui si fidava di te.
Una goccia cade nel bicchiere. ― Anche voi dovreste farlo ― dice Vortiger mentre con le labbra conta fino a tre.
Leonida si volta di scatto un attimo dopo che Vortiger ha ritratto la mano. ― Mai. Nato il mio erede, tu sparirai. Non voglio che lui cresca nelle tue vicinanze.
Vortiger lo fissa ostile. ― Ero venuto per mettervi in guardia, Maestà.
― Da cosa? Forse da te? Mi stai minacciando?
― Non da me ― dice Vortiger volgendo altrove gli occhi. ― Ma dallo straniero che avete accolto come un fratello nella vostra casa.
― Osi offendere anche re Philip? Ti farò punire per questa insolenza.
― Negate forse che lui era stato uno dei corteggiatori della regina?
― Fu prima che diventasse mia moglie.
― E dopo che vi siete sposati ha passato più tempo alla vostra corte che nel suo regno.
― Il lutto che ha subito...
― Chissà se è stato davvero un incidente a portargli via la povera regina Lyrael.
― Come osi ― dice Leonida con sguardo torvo.
― Sto solo cercando di aprirvi gli occhi prima che dobbiate pentirvene.
― Sono già pentito ― urla Leonida. ― Di non averti cacciato prima. Raccogli le tue cose e vattene. Ti voglio lontano da qui prima dell'alba.
Vortiger gli rivolge un profondo inchino. ― Come volete ― dice uscendo dalla stanza.
Leonida, ancora col fiatone, raggiunge la poltrona e prende il bicchiere. Lo porta alle labbra e dopo un attimo di esitazione butta già un lungo sorso.
***
Il servo raggiunge il molo. La fitta nebbia che è calata sulla banchina confonde i particolari delle navi.
Il ragazzo si guarda attorno intimorito, l'unico rumore è lo sciabordio delle onde sulla pietra. Una mano lo afferra per il collo e lo trascina in un angolo buio.
― No ― grida il servo terrorizzato.
Angus gli punta il coltello alla gola. ― Cosa ci fai da queste parti?
Il servo gli porge il biglietto piegato in quattro. ― Da parte di padron Vortiger.
Angus glielo strappa di mano. ― Torna al castello e dimentica di essere venuto qui stasera.
Il servo scappa via sparendo nella nebbia.
Angus si volta. Dietro di lui, come lupi acquattati nell'ombra, una dozzina di marinai attendono in silenzio. ― Diamoci da fare.
***
Vortiger si ferma davanti alla porta, esita, quindi bussa.
La porta si apre. Dall'altra parte re Philip guarda Vortiger con un misto di curiosità e preoccupazione. ― Siete voi. ― Indossa ancora gli abiti del giorno prima. Dietro di lui il letto è intatto e la finestra che affaccia sul balcone è aperta. ― Cosa ci fate qui a quest'ora?
Vortiger fa un leggero inchino. ― Perdonatemi se vi disturbo, ma un servo ha portato un messaggio per voi.
― Datemelo. Che aspettate?
― Gli è stato riferito a voce da uno dei vostri uomini giù al porto. Il comandante della vostra nave.
― Ramadio?
― Proprio lui. Dice che l'alta marea ha fatto rompere gli ormeggi alla nave, che si è schiantata sul molo.
Philip sgrana gli occhi. ― Ci sono feriti?
― Molti. E altrettanto numerosi sono i danni.
― Devo andare subito al porto ― dice Philip spingendolo da parte.
― Devo avvertire sua maestà?
Philip si ferma, esita, poi dice: ― È inutile disturbare re Leonida. Sarò di ritorno prima dell'alba e allora lo informerò di persona.
Vortiger si inchina. ― Come volete. ― I suoi occhi seguono Philip che si allontana.
***
Adagiato nella poltrona, Leonida fissa un punto davanti a sé. Le palpebre si chiudono, il bicchiere vuoto gli scivola di mano. Nel caminetto il fuoco langue, ormai ridotto a una fiammella.
Mentre il respiro si fa pesante e regolare, la porta alle sue spalle si apre. Dallo spiraglio si affaccia Vortiger per un istante. La porta si chiude e si sente una chiave che fa scattare la serratura.
***
Mirande percorre un corridoio con passo veloce, l'espressione preoccupata. Da dietro un angolo emerge Vortiger che quasi le va a sbattere addosso.
― Perdonatemi ― dice lui facendosi da parte. ― Non vi avevo vista.
Mirande lo degna appena di uno sguardo. ― Avete visto mio marito? È tardi e non è ancora venuto in camera da letto. Non è da lui.
Vortiger si mostra sorpreso. ― Vostro marito?
― Il re ― dice Mirande spazientita.
― Ovviamente ― risponde lui deferente. ― Il fatto è che... non so se posso dirvelo.
― Parlate ― dice Mirande con voce tesa.
Vortiger si morde un labbro esangue. ― Senza volerlo, ho sentito il re e il vostro ospite discutere.
― Philip e Leonida discutevano? E di cosa?
― Mi è parso di capire che parlassero di voi, mia regina.
― E cosa si sono detti?
― Non lo so. Le urla rendevano confuse le parole.
Mirande si tocca il ventre. ― Urla?
― Molto alte. Hanno smesso solo quando re Philip ha lasciato il castello dicendo di essere diretto al porto.
― Non può essere. ― Mirande, il viso stravolto, si appoggia al muro con una mano. ― Dov'è mio marito? Devo parlare subito con lui.
― Temo che non lo troverete qui, mia regina. È andato anche lui al porto. Mentre usciva ha urlato di voler risolvere la questione una volta per tutte.
Mirande barcolla ma riesce a restare in piedi. ― Lui... santo cielo. È tutto un malinteso, non c'è altra spiegazione.
― Senza dubbio è così ― dice Vortiger con tono supponente.
Mirande inspira e si raddrizza. ― Fate sellare il mio cavallo. Andrò anche io al porto. Sono l'unica che può impedire una tragedia.
― Mia regina, nelle vostre condizioni una cavalcata a tarda notte...
― Fate come vi ho ordinato. E non parlatene con nessuno.
Vortiger si esibisce in un profondo inchino. ― Ordino subito di far preparare la vostra cavalcatura.

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Capitolo 3
*** TRE ***


Aiutata da Vortiger, Mirande monta a cavallo con una smorfia.
― Non volete che vi accompagni?
La regina prende le redini. ― No. Restate qui nel caso dovessero tornare prima di me. E non fatene parola con nessuno. Risolverò questo incidente prima che diventi qualcosa di più grande.
― Come volete.
Mirande dà di speroni e si lancia al galoppo.
Dietro di lei il castello diventa sempre più piccolo. La sua massa, con le numerose torri e guglie che svettano verso il cielo, oscura le stelle.
***
Philip raggiunge il molo al galoppo. Immersa nella nebbia, la nave a tre alberi svetta tra le altre per imponenza e grandezza. Sull'albero più alto si intravede la bandiera verde su cui campeggia l'unicorno.
Alcuni marinai lottano con le corde per tenere la nave vicina al molo di pietra. Nel buio i loro volti sono irriconoscibili.
Philip smonta da cavallo con un balzo e si avvicina di corsa. ― Cos'è successo? ― chiede a un marinaio aiutandolo a legare la cima della corda.
― La nave ha rotto gli ormeggi ― risponde il marinaio controllando il nodo.
― È stata la marea?
― Il mare era calmo.
Una passerella viene tesa tra la neve e il molo. Philip l'attraversa di corsa. A bordo, sul ponte, i marinai fissano altre corde per tenere la nave in posizione.
― Dov'è il comandante? ― chiede Philip.
― Maestà ― dice un uomo facendosi strada tra gli altri marinai. Indossa una blusa grigia e un paio di stivali marroni.
― Ramadio! ― esclama Philip vedendolo. ― Ci sono dei feriti?
― Per fortuna nessuno si è fatto male ― risponde l'uomo indicando il fianco della nave. ― Solo qualche danno alla prua quando abbiamo sbattuto sul molo.
Philip si sporge per verificare il danno. Nel punto indicato da Ramadio c'è uno squarcio lungo tre metri e largo uno, ma è sopra la linea di galleggiamento e la nave non imbarca acqua.
― Non sembra grave ― dice Philip parlando con tono più calmo. ― Fatelo riparare non appena possibile.
Ramadio gli rivolge un inchino.
Philip ridiscende la passerella e recupera il cavallo tenendolo per le briglie. Un'ombra si muove nella nebbia.
― Leonida ― grida una voce femminile. ― Philip.
Il re di Avalon scruta nella nebbia. ― Mirande? ― sussurra. ― Mirande? ― grida più forte.
― Philip ― urla lei di rimando.
― Cosa ci fate qui? ― chiede Philip cercando di individuarla.
― Ah ― grida la donna.
Si sente lo scalpiccio di un cavallo, poi nient'altro.
Philip, allarmato, corre nella stessa direzione. Un'ombra si staglia davanti a lui. Fa appena in tempo a scartare di lato che un cavallo lanciato al galoppo lo sfiora.
― Mirande? ― chiede alla nebbia. ― Regina?
L'eco di passi concitati giunge da un punto dall'altra parte del pontile, dove si allunga la sagoma di un veliero.
Philip corre verso il punto da cui è arrivato il grido. Voltandosi in ogni direzione nota con la coda dell'occhio due ombre che si spostano verso la nave ormeggiata lì vicino.
― Voi ― grida Philip correndo verso il veliero. ― Aspettate.
Avvicinandosi, la nebbia si dirada rivelando la sagoma della nave, la passerella tesa verso il molo e i due uomini che trascinano Mirande lungo di essa.
― Fermi ― grida Philip.
Dalla murata della nave due marinai si sporgono e puntano le balestre verso di lui. Philip li nota e si getta a terra. Due dardi si conficcano a poca distanza dai suoi piedi. Mentre i due ricaricano le armi, si rialza e corre verso la nave.
Due marinai ritirano la passerella. Le funi che tengono ormeggiata la nave al molo vengono tagliate.
Philip si ferma solo quando termina la pietra del molo. ― No ― grida in direzione della nave che sparisce nella nebbia.
***
― Maestà ― dice Ramadio vedendo tornare Philip di corsa. ― Mi stavo preoccupando per voi. Siete sparito così all'improvviso.
Philip sale a bordo quasi volando sopra la passerella. ― Mollate gli ormeggi, tutti gli uomini ai loro posti.
Ramadio lo guarda stupito. ― Volete partire adesso?
― Subito ― esclama Philip salendo sul castello di poppa. I suoi occhi scrutano nella nebbia ovattata.
― Con questa foschia?
― Non hai sentito?
― Posso almeno chiedervi perché...
― Ti spiegherò tutto quando saremo in mare.
***
Un raggio di sole filtra attraverso la finestra e colpisce il viso di Leonida. Il re apre gli occhi, sbatte le palpebre. È ancora seduto nella poltrona, le braccia abbandonate ai lati. Si stiracchia e si raddrizza, quindi si alza e si guarda attorno.
― Che ore saranno?
Leonida raggiunge la porta e la spalanca.
Dietro di essa, quasi in attesa, c'è Vortiger.
― Maestà ― dice con un inchino.
― Sei ancora qui ― dice Leonida uscendo dalla stanza.
― Chiedo il vostro perdono, ma è accaduta una cosa molto grave. Non potevo lasciare il castello senza riferirvela.
― Allora parla ― dice Leonida con tono brusco.
― Maestà. La regina è sparita.
Leonida lo guarda incredulo. ― In che senso sparita?
― È da ieri sera che non si trova da nessuna parte.
Leonida attraversa il corridoio con passo svelto. ― Avete cercato nell'osservatorio? A volte passa intere nottate lassù.
― Mio signore, l'abbiamo cercata ovunque.
― Perché non mi avete avvertito?
Vortiger assume un'espressione contrita. ― Ho cercato di svegliarvi, ma il vostro sonno era così profondo che non ci sono riuscito. C'è un'altra cosa che devo riferirvi...
― Parla ― dice Leonida ansioso.
― Anche il vostro ospite, il re di Avalon, è sparito insieme alla regina.
― Cosa stai insinuando?
― Niente maestà, ma alcuni servi l'hanno visto allontanarsi al galoppo diretto al molo.
***
La porta si spalanca e Leonida, seguito da Vortiger, si precipita nella stanza. Il letto è intatto, la finestra aperta.
― Philip ― chiama Leonida.
Si guarda attorno accigliato, poi esce dalla stanza. Vortiger lo segue in silenzio, le mani dietro la schiena. ― Maestà...
― Andiamo al porto.
***
Due uomini tengono ciascuno un cavallo per le briglie e sembrano in attesa. La nebbia si è diradata e una mezza dozzina di guardie in uniforme sorvegliano i pontili.
Leonida e Vortiger si avvicinano ed esaminano i cavalli.
― Uno è quello di Mirande ― dice Leonida con espressione contrariata.
― E l'altro appartiene al vostro ospite ― dice Vortiger mostrando il simbolo dell'unicorno impresso sulla sella.
Leonida osserva il molo.
― La sua nave è partita in tutta fretta ― dice Vortiger indicando le funi tagliate di netto.
― Fate uscire la flotta ― ordina Leonida fissando l'orizzonte.
― Una nave è già partita all'inseguimento.
― Non m'importa ― dice Leonida voltandosi di scatto. ― Usate tutti i mezzi che potete per riportare indietro la regina. E re Philip.
Vortiger si inchina. ― Sarà fatto.
***
In piedi sul castello di poppa, Philip scruta l'orizzonte con un cannocchiale. La nave fende le onde, il vento gonfia le vele e il cielo è coperto da dense nubi grigie.
― Eccola lì ― dice passando il cannocchiale a Ramadio.
Il comandante guarda a sua volta. ― Faccio preparare i cannoni?
― No ― dice Philip perentorio. ― C'è la regina a bordo di quella nave.
― Allora cosa...
― Aspetteremo l'occasione buona per abbordarli.
***
Aggrappato al parapetto della nave, Angus guarda il mare e scuote la testa. ― Di questo passo ci prenderanno ― dice all'uomo che è al timone. ― Non puoi andare più veloce?
― È l'ammiraglia di Avalon quella ― risponde il timoniere con tono di scusa. ― Nessuna nave può tenerle testa.
Angus sbatte il pugno sul passante di legno. Dietro di lui, un uomo si avvicina e si schiarisce la voce.
― Che vuoi? ― ringhia Angus.
― C'è un problema con... la regina ― dice esitando.
― Lo sai che non devi chiamarla così. ― Angus gli punta l'indice contro il petto. ― Cosa c'è che non va?
Il marinaio deglutisce a fatica. ― Credo che... credo che stia per partorire.
― Ci mancava solo questa ― dice Angus spingendolo da parte.
***
Distesa sulla branda, la faccia madida di sudore, Mirande respira a fatica, le mani che accarezzano il ventre.
Dall'unica finestrella posta in alto filtra un debole chiarore. Nella porta di legno massiccio che chiude la cella si apre uno spioncino.
Due occhi scrutano la donna distesa sulla branda.
Mirande apre gli occhi e solleva la testa. ― Aiutatemi... vi prego ― dice con voce rotta dalla sofferenza.
Dall'altra parte dello spioncino, Angus si appoggia alla porta. ― Non posso fare molto per voi, signora.
― Che volete da me? ― Mirande si alza a sedere. ― Riportatemi da mio marito.
― Questo non è possibile, per il momento. ― A bassa voce, Angus aggiunge. ― Se quell'idiota di re Philip non si fosse messo in mezzo, tutto questo non sarebbe successo.
Mirande si avvicina alla porta, vi si aggrappa e tenta di spingerla. ― Aprite, vi scongiuro. Sto per mettere al mondo il mio bambino.
― Dovrete aspettare ― dice Angus.
― Io vi conosco. ― Mirande scuote la testa incredula. ― Siete uno degli uomini di Vortiger, non è vero?
Angus si allontana di scatto dalla porta. ― No, vi sbagliate ― dice dopo qualche secondo.
― Il vostro silenzio vi ha tradito ― dice Mirande dall'altra parte. ― Riportatemi indietro e io farò in modo che il re non vi punisca. Ve lo prometto.
― Voi lo giurate? ― chiede Angus riavvicinandosi.
― Sulla mia vita. E quella del figlio che sto per mettere al mondo, ma vi scongiuro, fate presto.
Angus appoggia la mano sulla leva che sblocca la serratura della porta, ma poi l'allontana. ― Non posso fidarmi di voi. E io non sono chi dite. ― Volta le spalle alla porta.
Nello stesso momento, la nave si inclina di lato trascinandolo verso la paratia. Le assi di legno scricchiolano mentre Angus lotta per restare in piedi. ― E ora che succede?
***
Angus torna di corsa sul ponte. Qui i marinai lottano con le onde che si sollevano oltre la murata della nave. Sopra di loro incombe la tempesta. Le vele di uno degli alberi sono state strappate e penzolano inerti. L'altro albero si è spezzato, cadendo sul castello di poppa e infilandosi di traverso nella cabina del comandante.
― Abbiamo perso il timone ― urla uno dei marinai. ― Non governiamo più la nave.
Gli occhi di Angus corrono all'orizzonte. Davanti a loro si ergono due speroni roccia come denti spezzati di un gigante sommerso. Una corona di spuntoni più piccoli ma non meno aguzzi affiorano a pelo d'acqua. ― Scogli di prua ― grida un attimo prima che il fianco della nave venga trapassato da una delle rocce.
Il veliero si inclina di lato, sembra sbandare, ma rimane a galla.
I marinai si sporgono. Lungo la fiancata corre uno squarcio lungo una ventina di metri. L'acqua penetra nella falla gorgogliando.
― Affondiamo ― grida uno dei marinai.
― Alle scialuppe ― grida un altro.
Angus ha già raggiunto una lancia e la sta mettendo in acqua. Un'onda gigantesca spazza il ponte trascinandosi dietro una decina di marinai. Nessuno di loro riappare dopo che l'acqua si è ritirata.
Angus estrae un pugnale e taglia le funi che legano la scialuppa alla nave. La piccola imbarcazione precipita in acqua.
***
Philip fissa con orrore la nave in balia delle onde. ― Avviciniamoci ― ordina a Ramadio.
― Maestà, è pericoloso ― si lamenta il comandante. ― La nave potrebbe affondare in qualsiasi momento.
― È un ordine ― grida Philip spingendolo da parte per afferrare il timone.
― Così ci farà affondare.
Le onde spingono la nave di Lyonesse contro gli scogli. Come un pugnale affilato la roccia penetra nella chiglia della nave, passandola da parte a parte. L'acqua si precipita all'interno formando mulinelli che ingoiano tutto ciò che si trova nei dintorni.
Philip porta la sua nave fin quasi agli scogli. Evita per un soffio una roccia che affiora, ma un'altra li colpisce al fianco.
La nave si piega su di un lato per la spinta delle onde e il contraccolpo. Philip perde la presa sul timone e viene sbalzato via. Tenta di aggrapparsi a un appiglio, ma cade e batte la testa rotolando su se stesso.
Ramadio si precipita ad afferrare il timone insieme ad altri due marinai.
La nave effettua una stretta virata sfiorando uno spuntone di roccia che affiora sul pelo dell'acqua. Ramadio getta un'ultima occhiata alla nave di Lyonesse. Trascinata dalle onde, prima si spezza in due e poi viene ingoiata dal mare.

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Capitolo 4
*** QUATTRO ***


Philip apre gli occhi. È disteso su di una branda, la testa bendata. Accanto a lui c'è Ramadio. Si alza di scatto, ma emette un gemito e ricade all'indietro.
Ramadio lo aiuta a distendersi. ― Avete preso una bella botta.
― Mirande... la regina...
Ramadio, l'espressione triste, scuote la testa.
Philip si alza di nuovo e quando Ramadio tenta di fermarlo, lo spinge via. Il re si Avalon si alza, barcolla e con passo incerto raggiunge la porta.
***
Sul ponte i marinai stanno inchiodando le assi divelte e sistemando le vele strappate dalla furia del vento. Il cielo è sereno e non c'è traccia di scogli.
― Dove siamo? ― chiede Philip a Ramadio.
― Vicini ad Avalon, maestà.
― Torniamo subito indietro.
― Maestà...
― Mirande. La regina. Dobbiamo trovarla.
― Abbiamo cercato per due giorni interi.
Philip sgrana gli occhi. ― Due... giorni?
― È il tempo che siete rimasto privo di sensi. Temevo di perdervi...
― Non ha importanza ― dice Philip con voce incerta. ― Torniamo indietro. Cerchiamo ancora.
― Nave in vista ― grida la vedetta in cima all'albero più alto, il braccio puntato verso l'orizzonte.
Philip sale sul castello di poppa, inciampa sulle scale sostenuto da Ramadio.
― Una nave di Lyonesse ― grida uno dei marinai.
― Andiamogli incontro ― ordina Philip. ― staranno cercando la regina.
Ramadio prende il timone e la nave esegue una stretta virata.
Il veliero di Lyonesse esegue una virata, mostrando il fianco. I boccaporti si aprono, rivelando una fila di cannoni puntati verso di loro.
La prima bordata sfiora la nave di Avalon sollevando spruzzi di acqua alti diversi metri.
Ramadio, aggrappato al timone, fa eseguire alla nave una nuova virata, allontanandosi dal pericolo.
― Ci sparano addosso ― grida il comandante guardando la nave di Lyonesse. ― Che cosa dobbiamo fare?
Philip guarda stupito la nave di Lyonesse. ― Non può essere.
― Maestà?
― È un errore.
Una seconda salva colpisce la nave a prua, ma sopra la linea di galleggiamento. Gli altri colpi esplodono molto vicino, ma non colpiscono la nave.
― Maestà, dobbiamo allontanarci subito ― grida Ramadio, la ruota del timone stretta con entrambe le mani. ― Siamo più veloci, ma quella è una nave da guerra. Non possiamo combattere.
― Devo parlare con Leonida. Lui deve sapere. Lui capirà.
― Cosa maestà? Non vi seguo.
Philip si accuccia in un angolo, le dita delle mani tra i capelli. ― Se non avessi inseguito quella nave... non sarebbe finita sugli scogli. È stata colpa mia. Solo mia.
― Avete fatto quello che ritenevate giusto ― dice Ramadio. ― Non è colpa vostra.
Una terza salva esplode a distanza di alcuni metri senza colpire la nave.
Philip, le ginocchia strette contro il petto, nasconde il viso con le mani. ― È stata colpa mia. L'ho uccisa io.
***
Due marinai trascinano Angus sul ponte della nave e lo depositano vicino a un secchio. L'uomo, le vesti lacere e la pelle scottata dal sole, vi si avventa bevendo l'acqua con avidità.
― Piano ― dice uno dei marinai. ― O dopo ti sentirai male.
Vortiger e Leonida sopraggiungono di corsa.
― È Angus ― dice il ministro del conio. ― È sopravvissuto.
Leonida afferra il marinaio per il bavero e lo scuote. ― Parla. Dov'è Mirande? Che fine ha fatto la nave di Philip?
Angus borbotta qualcosa di incomprensibile.
― Maestà ― dice Vortiger liberando il marinaio dalla morsa di Leonida. ― Lasciate che prima si riprenda.
― Non c'è tempo ― esclama Leonida lasciando andare il marinaio.
Angus tossisce e si asciuga la bocca. ― Il traditore ha preso la regina ― dice respirando a fatica. ― L'altra notte.
― Cosa? ― Domanda Leonida, gli occhi sgranati. ― Ne sei sicuro?
― L'ho visto con i miei occhi. I suoi uomini hanno preso la regina e l'hanno caricata sulla nave. Poi sono partiti ― dice Angus. A mano a mano che parla la voce diventa più ferma. ― Ho cercato di fermarli, ma avevano le balestre. Così sono corso alla mia nave e sono partito all'inseguimento.
― Perché non mi hai avvertito? ― ringhia Leonida.
Vortiger trasale, sta per dire qualcosa, ma Angus lo anticipa. ― Temevo che avrei perso le tracce. Speravo di raggiungerli prima che arrivassero in acque sicure.
― E poi, cos'è successo? ― lo incalza Leonida.
Angus scuote la testa.
― Parla! ― grida Leonida.
Angus piagnucola.
Vortiger gli accarezza la testa. ― Angus, di' al tuo re che cosa hai visto.
Angus, la voce rotta dal pianto, dice: ― Re Philip ha portato la sua nave al Dente Spezzato. Lì è pieno di scogli affioranti. Sperava di seminarci, ma noi lo abbiamo seguito. Stavamo per raggiungerli, così lui per rallentarci ha... ha...
― Dimmelo! ― grida rabbioso Leonida.
― Ha scaraventato in acqua la regina.
Leonida impallidisce.
Vortiger sgrana gli occhi.
― Ho dato l'ordine di lasciar perdere l'inseguimento e salvare la regina ― prosegue Angus piangendo. ― L'avevamo quasi raggiunta, quando uno scoglio a pelo d'acqua ha squarciato il fianco della nave. Siamo affondati in pochi minuti e la tempesta ha fatto il resto.
― Mirande... ― sussurra Leonida. ― Lei è...
Angus scuote la testa. ― Il mare ha preso sia lei che tutto il mio equipaggio, che gli Dei maledicano re Philip di Avalon.
― Non può essere... ― borbotta Leonida fissando l'orizzonte con sguardo assente.
― Maestà ― dice Vortiger con tono calmo. ― Non ho parole per esprimervi il mio dolore per la vostra perdita...
Leonida estrae la spada dal fodero legato al fianco. ― Lo ucciderò con le mie stesse mani ― grida puntando l'arma in direzione di Avalon. ― Ordinate alla flotta di attaccare.
― Maestà...
― Vi ho dato un ordine!
― Non siamo in grado di attaccare Avalon ― dice Vortiger con tono calmo. ― Non abbiamo uomini e mezzi sufficienti.
― L'esercito...
― Voi l'avete ridotto. Dicevate che in tempo di pace era inutile avere tanti soldati.
― Ma ora la pace è finita. ― Leonida rinfodera la spada. ― Il traditore dovrà pagare.
― E pagherà. ― Vortiger gli stringe il braccio. ― Verrà il giorno in cui Avalon e il suo re pagheranno per questo orrendo crimine. Attaccare ora allontanerebbe quel giorno.
Leonida respira a fondo. ― Hai ragione. Come al solito ― dice guardando Vortiger con sguardo rassegnato. ― Ho sbagliato a dubitare di te.
Vortiger esegue un leggero inchino.
― Accompagnami alla mia cabina ― dice Leonida muovendosi a fatica. ― Ho bisogno di riposare.
― Da questa parte. ― Vortiger lo guida tre due ali di marinai silenziosi.
L'ultima occhiata la riserva ad Angus.
***
― Sono stato bravo? ― Angus siede sulla branda, le gambe e il torace fasciato e un mezzo sorriso sulle labbra.
Vortiger, in piedi sulla soglia, richiude la porta alle sue spalle, si avvicina all'uomo e gli tira uno schiaffo in pieno viso.
Angus, sorpreso, si passa la mano sulla guancia.
― Sei un idiota ― sibila Vortiger. ― Ti avevo ordinato di spaventare la regina, non di ucciderla. Ti rendi conto che stavi per condannarci tutti a morte?
― È stata colpa di re Philip. Se quello stupido non ci avesse inseguiti...
― Se tu non fossi stato così maldestro da farti scoprire...
― È stata una fatalità ― piagnucola Angus. ― Come potevo sapere che...
― Dovevi. È per questo che ti pago. ― Vortiger passeggia per la cabina, lo sguardo concentrato. ― Dobbiamo pensare a cosa fare. Devo impedire la guerra con Avalon, ma allo stesso tempo fare in modo  che i due re non si parlino. E hai perso la mia nave.
― Un problema in meno ― dice Angus ghignando.
Vortiger si ferma, fissandolo. ― Che vuoi dire?
― Ora non ci sono testimoni che possano raccontare come sono andate le cose.
― A parte te. ― Vortiger gli punta contro l'indice.
Angus si ritrae e deglutisce a vuoto. ― Io sono il tuo servo più fedele.
Vortiger si allontana. ― E anche il più stupido, ma sei utile. A volte. Non ti elimino perché mi costerebbe troppa fatica trovare un degno rimpiazzo.
Angus si rilassa.
― Ma da questo momento in poi ― dice Vortiger con tono minaccioso. ― Al minimo errore sarai punito. Non possiamo più permetterci di sbagliare.
Angus annuisce.
Vortiger lo fissa in silenzio.
― Che cosa facciamo ora?
Vortiger si rilassa, un sorriso appare sul volto scarno. ― Ora ― dice gonfiando il petto rinsecchito. ― Mi riprenderò Lyonesse. E col tempo troverò il modo di impossessarmi anche di Avalon.
***
Due cavalieri lanciati al galoppo si avvicinano a un castello. Il maniero, circondato da mura merlate e torri di guardia, sorge su di una collina che domina la città sottostante.
Una strada che si arrampica sul fianco della collina lo collega al resto del mondo. I cavalieri si fermano di fronte a un cancello di ferro.
La saracinesca si alza consentendo l'accesso al cortile interno. Qui ci sono dei servitori in livrea che attendono impettiti.
I due cavalieri si fermano davanti al picchetto di servitori. Uno di essi è re Philip. Indossa ancora gli abiti con i quali ha lasciato Lyonesse. Lo sguardo è basso, gli occhi rossi e gonfi. Sul viso si scorge un accenno di barba e i capelli neri e crespi sono scompigliati.
Un uomo in livrea azzurra e capelli bianchi come la neve si ferma davanti al re e si esibisce in un inchino. ― Bentornato Maestà.
Philip lo supera senza dire una parola. Il re prosegue fino all'entrata del mastio, un arco sormontato da due unicorni rampanti.
Il servo appare disorientato. L'altro cavaliere, un giovane dai capelli chiari, si avvicina e gli sussurra qualcosa nell'orecchio.
Il servo impallidisce. ― Non può essere ― sussurra.
Il cavaliere annuisce e con sguardo triste segue il re.
***
La sala è una lunga navata sostenuta da colonne. Nello spazio che le divide c'è una guardia sull'attenti armata di picca.
In fondo alla navata c'è una scalinata al termine della quale un trono di legno finemente lavorato. La luce filtra attraverso delle ampie vetrate poste in alto.
Philip percorre la navata in silenzio, senza alzare gli occhi.
Una balia compare da una porta laterale. Nella mano stringe quella di un bambino di due anni, una versione in miniatura di re Philip. Gli stessi occhi grandi e luminosi, i capelli crespi ma di un biondo ramato invece che castani, lo stesso naso appuntito.
Il bambino sfugge alla presa della balia e corre incontro a Philip. Il re solleva appena gli occhi, gli accarezza la testa scompigliandogli i capelli e poi prosegue verso il fondo della navata. Con passo lento sale le scale e raggiunge il trono. Con un gesto stanco si siede sullo scranno, il viso nascosto tra le mani.
Ai piedi della scalinata, la balia ha ripreso per mano il bambino. Il cavaliere e il servo dai capelli bianchi sopraggiungono in quel momento e guardano il re, come in attesa.
***
L'uomo veste abiti umili, pantaloni tagliati in maniera grossolana e una tunica grezza. L'unica protezione contro il freddo è una pelliccia di lana ricavata dalla pelle di una capra. Nella mano destra porta un bastone dalla punta ricurva.
Un cane spelacchiato lo segue fiutando il suolo. I due percorrono un tratto di spiaggia.
― Cos'hai sentito Mido? ― domanda il pastore.
Il cane emette un latrato e corre verso un punto della spiaggia, dove giace un fagotto coperto di alghe.
L'uomo si avvicina guardingo. ― Che hai trovato? Un altro povero delfino spiaggiato?
Usando il bastone l'uomo scosta la massa di alghe, rivelando il viso di una donna.
A quella vista il vecchio indietreggia di qualche passo. ― Nadira ― grida voltandosi. ― Corri. Ho trovato qualcosa.
***
L'uomo deposita la donna sul giaciglio ricavato da una balla di fieno.
Dietro di lui, una donna di mezza età copre la donna con un paio di coperte di lana. ― Poverina ― dice accarezzandole la fronte. ― Scotta. Deve avere la febbre.
― Nadira ― dice l'uomo scoprendo il ventre della donna. ― Guarda.
La donna si muove ed emette un debole lamento.
Nadira si china al suo fianco e le asciuga la fronte madida con un panno. ― Sta calma. Ci siamo noi ad aiutarti.
L'uomo si china in avanti. ― Sei sicura di quello che fai?
― Stefan. ― Nadira gli lancia un'occhiataccia. ― Ho fatto nascere dodici bambini giù al villaggio. Aspetta fuori.
L'uomo esce dalla capanna. Al centro della radura ci sono una dozzina di pecore che pascolano tranquille e Mido che le tiene sott'occhio.
Stefan lo chiama con un fischio. ― Qui bello ― dice passando al cane un biscottino. ― Te lo sei meritato. Sei stato bravo.
Il cane divora il regalo e si accuccia, la coda che spolvera il terreno.
Stefan guarda il cielo che si sta scurendo.
***
Il cielo è buio quando Nadira riemerge dalla capanna, un fagotto stretto tra le braccia, il viso stravolto dalla tensione e la stanchezza.
― È una bambina ― dice la donna scoprendo il viso paffuto di una neonata.
L'uomo accarezza i minuscoli pugni della bambina. ― E la mamma come sta?
Nadira abbassa gli occhi e scuote la testa.
― Dobbiamo portarla in città.
Nadira stringe la bambina al petto. ― Abbiamo sempre desiderato una figlia. Questo è un segno del destino.
― Non possiamo tenerla con noi.
― Perché no?
― Un padre la starà cercando... Domani andrò in città e scoprirò se una giovane donna che aspettava un bambino si è persa in mare.
― E se fosse sola al mondo?
Stefan accarezza la bambina. ― In tal caso, la terremo qui con noi.
Nadira culla la bambina tra le braccia. ― La chiamerò Lyrael. Ho sempre sognato di dare a mia figlia il nome di una regina.
Gli occhi di Lyrael guardano il cielo e sembrano risplendere come le stelle che stanno sorgendo.

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Capitolo 5
*** CINQUE ***


Un ometto in livrea scura, il viso trafelato e arrossato entra nella stanza e si guarda attorno preoccupato. ― Principe Ewan? ― domanda girando la testa a destra e sinistra.
Apre le ante dell'armadio e fruga tra i vestiti. ― Principe?
Guarda sotto il letto. ― Siete qui?
Apre la finestra che da sul balcone. ― Dove vi siete cacciato? Vostro padre vi ha fatto chiamare.
Un ragazzo siede a cavalcioni sul balcone, un piede che ciondola nel vuoto. Ha più o meno diciotto anni, una folta zazzera di capelli castano scuro e un fisico agile. ― Mio padre? ― domanda con voce squillante.
L'ometto sobbalza alla vista del ragazzo. ― Principe! Che ci fate seduto lì sopra? È pericoloso.
Ewan sorride e con un gesto agile si solleva le gambe reggendosi solo con le braccia. ― E questo ti sembra pericoloso, Lazare?
L'ometto si asciuga la fronte imperlata di sudore. ― Vi prego! Smettetela di giocare...
― Non è un gioco ― dice Ewan raddrizzandosi. ― Potrei saltare da qui sopra se lo volessi. Il cortile è solo dieci metri più in basso.
― Se vostro padre...
― Mio padre, mio padre ― dice Ewan con tono canzonatorio. ― Lui ordina, tu ubbidisci. Non ti annoi mai, Lazare?
Lazare si stringe nelle spalle. ― È il mio dovere...
Ewan esegue una capriola che lo fa atterrare sul balcone dopo un giro completo su se stesso. Lazare compie un salto all'indietro e atterra sul fondoschiena.
Ewan lo aiuta a rialzarsi. ― Su, su. Cosa vuole mio padre da me?
Lazare deglutisce a vuoto. ― Il capitano Andrev è appena tornato.
Il viso di Ewan si illumina. ― Perché non me l'hai detto subito? ― Afferra Lazare per le braccia e lo trascina fuori dalla stanza.
***
Un giovane in uniforme grigia attende alla base di una scalinata. Al fianco porta una sciabola, la mano sinistra è appoggiata sull'elsa. Porta un mantello scuro sulle ampie spalle, l'unicorno argentato ricamato sul tessuto spesso e grezzo.
Ewan, seguito da Lazare, irrompe nella sala.
― Andrev ― grida correndo incontro al giovane.
― Ewan ― esclama Andrev allargando le braccia.
I due si abbracciano.
Lazare, col fiatone, si appoggia al muro con la mano. ― Bentornato... capitano Andrev.
Il giovane gli sorride. ― Lazare, vecchio mio. Non sei invecchiato di un giorno.
Lazare si asciuga la fronte con un fazzoletto.
Ewan afferra Andrev per un braccio e lo trascina via. ― Da quanto sei tornato?
― Sono sbarcato stamattina ― dice Andrev puntando i piedi.
Ewan mima un affondo col braccio. ― E quanti leoni hai trafitto?
Andrev si accarezza la nuca, l'espressione imbarazzata. ― Nessuno. In compenso ho infilzato dell'ottimo pesce.
Ewan lo guarda deluso. ― Niente leoni?
― Nemmeno un gattino. ― Andrev gonfia il petto. ― Hanno troppa paura degli unicorni.
Ewan sorride sollevato. ― Sono contento che tu sia tornato. Anche papà... voglio dire il re, sarà contento di vederti.
― Stavo proprio andando da lui. Ho importanti notizie da riferirgli.
― Che genere di notizie?
― Lo saprai presto. Credo che ti riguardino.
― Sua maestà è nella sala del trono ― dice Lazare con tono formale.
***
Philip siede sullo scranno più alto, il viso incorniciato da una rada capigliatura che mostra numerosi fili bianchi e grigi. Il viso è appesantito dagli anni, l'espressione è triste.
Quando Ewan e Andrev entrano nella sala preceduti da Lazare, la sua espressione ha un debole fremito.
Lazare si esibisce in un profondo inchino. ― Maestà. Il capitano Andrev viene a farvi rapporto.
Andrev si ferma ai piedi della scala e si inginocchia, il capo chino.
Ewan sale i gradini a due a due e si ferma al fianco del padre.
Philip lo guarda con espressione severa. Si alza a fatica dal trono, le mani incrociate dietro la schiena. ― che notizie mi portate da Varlys, capitano?
Andrev si rialza. ― Re Nicholas mi ha detto di riferirvi che acconsentirà alle nozze regali, maestà.
― Ottimo ― esclama Philip senza mutare espressione.
― Nozze regali? ― domanda Ewan sorpreso. ― Padre, hai intenzione di sposarti?
Philip gli rivolge un'occhiataccia. ― Non io, figliolo. È del tuo matrimonio che stiamo parlando.
Ewan si porta una mano al petto. ― Il mio... cosa? Non ho alcuna intenzione di sposarmi...
― La principessina Adele di Varlys... ― inizia a dire Philip.
― ... con una sconosciuta ― esclama Ewan a voce alta.
―... ci garantirà l'appoggio di suo padre ― continua Philip senza badargli.
― Padre, tu non mi stai ascoltando.
― Nemmeno tu ― dice Philip alzando la voce. ― Avalon ha bisogno di alleati ― aggiunge con tono più basso. ― Questa alleanza ci darà la forza necessaria per vincere la guerra.
Ewan allarga le braccia. ― Quale guerra? Sono anni che ne parli, ma non hai mai attaccato Lyonesse.
― E spera che non ce ne sia bisogno ― dice Philip duro. ― Non capisci che è in gioco il futuro del regno?
― E del mio futuro non te ne importa niente?
― Mi importa eccome ― dice Philip esasperato. ― È per te che ho fatto tutto questo.
Ewan si tocca il petto. ― Per me?
Philip annuisce grave. ― Per proteggerti e garantirti il trono dopo che io... ― scuote la testa.
Padre e figlio si fissano per qualche istante, poi Philip agita una mano. ― Vai. Torna nelle tue stanze. Andrev e io dobbiamo tenere un consiglio di guerra.
Ewan apre la bocca per dire qualcosa, poi la richiude e si volta. Il ragazzo lascia la sala a testa bassa, il viso contratto in una smorfia di rabbia.
***
Andrev si avvicina alla porta, esita, quindi sospira e bussa due volte. ― Ewan? Ci sei? Posso entrare?
La porta si apre. Dalla parte opposta, Ewan lo guarda in cagnesco. ― Hai un bel coraggio a farti rivedere.
― Voglio spiegarti... se mi fai entrare.
Ewan si volta per lasciarlo passare. Andrev entra e si chiude la porta alle spalle.
― Pensavo fossimo amici ― dice Ewan passeggiando avanti e indietro.
― E lo siamo ― dice Andrev. ― Ma io sono anche un soldato del re.
― Perché non mi hai detto che eri andato a cercarmi una moglie?
― Tuo padre voleva che la cosa restasse segreta. Teme che Lyonesse abbia delle spie a palazzo.
Ewan si lascia cadere sul letto. ― Lyonesse. Lyonesse ― dice ad alta voce. ― È la sua ossessione.
― Sono i nostri nemici.
― Perché?
Andrev scrolla le spalle. ― È stato sempre così.
― Non è vero. Qualche anno fa si parlava di un'alleanza.
― Dove l'hai sentito dire?
― Ogni tanto i servi parlano tra loro, sai. ― Ewan si alza e va alla finestra. ― Li ho sentiti dire che non è stato sempre così. Una volta eravamo alleati con Lyonesse.
― È stato molto tempo fa. Tu eri solo un bambino e io uno scudiero ― dice Andrev con sguardo basso. ― Da allora sono successe molte cose... piuttosto spiacevoli.
Ewan si volta. ― Non mi importa.
Andrev lo guarda stupito.
― La guerra con Lyonesse, l'alleanza con Varlys... sono cose che riguardano mio padre. Io voglio vivere la mia vita.
― Un giorno tu sarai il re.
― Di un regno che nemmeno conosco. ― Ewan indica la finestra. ― Non sono mai uscito da questo castello.
― Il re teme per la tua vita ― spiega Andrev. ― Il regno brulica di spie.
― Ma io voglio vedere il mondo ― esclama Ewan. ― Voglio navigare per mari sconosciuti, esplorare deserti e foreste, visitare città lontane... fare quello che fanno tutti, insomma.
― Viaggiare è piuttosto noioso ― tenta di dire Andrev incerto.
― Non ci credi nemmeno tu ― dice Ewan puntandogli contro l'indice.
Andrev sospira. ― Cosa vuoi che ti dica? Gli ordini del re...
― Per una volta ― lo interrompe Ewan. ― Vorrei essere libero di vedere cosa c'è oltre quelle mura di cinta. Almeno per una volta nella vita vorrei essere libero di camminare per le strade della capitale.
― Chiedi a tuo padre se...
― Lui non me lo permetterebbe mai. Mi costringerebbe a uscire con una scorta di cento soldati.
― Non puoi andare lì fuori da solo.
― hai ragione. ― Ewan si tocca il mento pensoso. ― Ma se fossi tu ad accompagnarmi?
Andrev trasale. ― Spiegati meglio.
Ewan gli punta contro l'indice. ― Mi scorterai tu.
― Il re non...
― Lui non saprà niente. Andremo soltanto tu e io, in abiti da comuni cittadini. Nessuno mi ha mai visto in faccia, quindi potrò girare liberamente per le strade senza essere riconosciuto.
― È una pessima idea. Non accetterò ― dice Andrev scuotendo la testa.
― Ti prego...
― No.
― Sposerò quella principessa, se lo farai.
Andrev si morde il labbro. ― È una gran sciocchezza.
Ewan si mette la mano sul cuore. ― Ti prometto solennemente che lo farò. Parola di principe. Voglio solo vivere per un giorno da persona normale. Aiutami, Andrev. Sei l'unico di cui posso fidarmi.
***
È buio. Un gruppo di uomini e donne siede in cerchio attorno a un fuoco. Altri bivacchi simili si intravedono nella pianura circondata da una fitta boscaglia. La foresta è tagliata in due da un fiume serpeggiante. Nelle vicinanze si intravedono i recinti che contengono le pecore. Gli animali pascolano tranquilli.
A un tratto dalla boscaglia emerge una capretta che scalcia e corre cercando di liberarsi dalla presa di una ragazza.
― Vieni qui ― grida la fanciulla mentre la capra la trascina via nel fango.
La capra si libera della ragazza con uno scossone e scappa via saltando nella fitta boscaglia.
La ragazza si rialza e si spolvera il vestito. Il viso ha tratti regolari, gli occhi verdi sono grandi e luminosi, il naso sembra appena abbozzato. Lunghi capelli castano chiaro le scendono fino alle spalle.
― Ancora problemi con Berthé? ― chiede un anziano pastore avvicinandosi.
La ragazza scrolla le spalle. ― Tutte le volte che deve entrare nel recinto fa i capricci ― si lamenta.
La ragazza sbuffa e si incammina verso uno dei bivacchi.
Qui una dozzina di uomini di tutte le età stanno discutendo in modo animato.
― Ormai non ha più senso venire qui per la fiera di primavera ― dice uno.
― L'anno prossimo non ci verrò. È stato un viaggio inutile ― dice un altro.
― Ormai Avalon non è più quella di una volta ― dice un terzo uomo.
Un pastore più anziano degli altri si alza. È Stefan. I capelli sono grigi e arruffati, non è più aitante come una volta e si regge sul bastone curvando le spalle, ma lo sguardo è saggio e la voce ferma. ― Avalon è la nostra patria ― dice nel silenzio degli altri. ― Per noi è una tradizione festeggiare qui l'inizio di un nuovo anno. Ci sono stati altri momenti di crisi, ma li abbiamo superati.
― Bravo papà ― grida la ragazza. ― Era quello che volevo dire io.
I pastori si voltano.
― Lyra ― esclama Stefan. ― Cosa ci fai qui? Perché non vai ad aiutare tua madre per la cena?
Lyra si stringe nelle spalle. ― Ma a me piace stare qui a sentirvi raccontare storie.
I pastori ridono.
Stefan le rivolge uno sguardo pieno di comprensione. ― Non è posto per te questo, figliola. E le nostre storie non sono così interessanti.
― Se non posso stare qui, andrò in città a vedere i festeggiamenti.
― In città? ― esclama Stefan indignato. ― Non se ne parla nemmeno. Quel posto è pericoloso e le guardie hanno l'ordine di cacciarci via se ci vedono in giro. Tu resterai qui, dove posso tenerti d'occhio.
― Allora andrò a vedere le stelle ― Lyra si volta di scatto e corre via.
Stefan sospira e torna a sedersi.
Uno dei pastori indica il punto in cui Lyra si è infilata nel bosco. ― Quella è tua figlia, vero?
Stefan annuisce.
― Le hai già trovato un marito? Io ho un figlio di un paio d'anni più grande e pensavo che sarebbero proprio una bella coppia.
― Mia figlia ― dice Stefan. ― Non sposerà un pastore. È destinata a cose più grandi.
L'altro ride.

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Capitolo 6
*** SEI ***


Due cavalieri lanciati al galoppo attraversano la campagna. La Luna alta in cielo è l'unica luce che rischiara il sentiero che stanno seguendo.
Uno dei cavalieri è Andrev. Indossa gli abiti militari sotto una mantellina scura.
Al suo fianco galoppa Ewan. Lo sguardo del ragazzo è puntato verso l'orizzonte, dove si intravede un leggero chiarore. ― Quanto ci vuole ancora?
Andrev tira le redini del cavallo. ― Ormai dovremmo quasi esserci.
Superata una collina di fronte ai due si estende una valle occupata da una città protetta da mura. Un porto affollato di navi sorge nella baia vicina.
Ewan e Andrev si fermano sul fianco della collina.
― È la capitale?
Andrev annuisce.
Ewan prende un sacco legato al fianco del cavallo e salta giù.
― Cosa stai facendo? ― chiede Andrev guardandolo incuriosito mentre fruga nel sacco.
Ewan ne tra fuori un pantalone di cotone dal taglio grossolano, una casacca scura e un cappello sbrindellato. ― Devo potermi mescolare agli altri abitanti ― spiega il ragazzo infilandosi i pantaloni di cotone su quelli di  tessuto prezioso.
Andrev smonta da cavallo. ― È questo il tuo piano? Ti vesti da straccione per passare inosservato?
― Tu hai un'idea migliore?
― A parte tornare indietro?
Ewan infila la casacca. ― Ho un abito anche per te ― dice infilando un braccio nel sacco.
― Non ho intenzione di vestirmi come un mendicante.
Ewan gli lancia addosso una specie di saio marrone.
― Dove hai preso questa roba?
Ewan sorride. ― L'ho scambiata con un servo in cambio di un paio di vecchie spade d'argento.
― Hai barattato dei cimeli di famiglia per questi stracci?
― Vestiti ― dice Ewan rimontando a cavallo. ― Un mendicante scortato da un soldato di alto rango sarebbe sospetto.
Andrev sospira. ― Il nostro accordo non prevedeva questo.
***
Lyra raggiunge il fiume e si siede su una roccia, le braccia intorno ai fianchi sottili. I piedi nudi affondano nell'erba che cresce lì attorno.
Quando alza la testa, i suoi occhi incrociano le stelle che da quel punto si intravedono tra le chiome degli alberi.
La capretta di prima sta pascolando nell'erba. Quando si accorge di Lyra, sembra scrutarla con sospetto.
Lyra la ignora e continua a guardare le stelle. ― Non posso fare questo, non posso fare quello ― dice sbuffando.
La capretta lancia un belato.
Lyra volta la testa di scatto. ― Ah, sei qui tu. Sei contenta della figura che mi hai fatto fare?
La capretta si limita ad annusare l'erba.
Lyra le si avvicina e le accarezza un punto della testa dietro le orecchie. ― Nemmeno a te piace stare in un recinto, vero?
Belato di approvazione.
Dall'altro lato del fiume giungono delle voci.
Lyra guarda nella stessa direzione e scorge due ombra che si muovono sullo sfondo di alberi.
― Leghiamo qui i cavalli ― dice una voce. ― Li riprenderemo al ritorno.
Lyra esce dal nascondiglio e corre verso una pietra dalla forma a patata per metà immersa nell'acqua limacciosa del fiume. Dietro di lei, la capretta Berthé la guarda incuriosita.
In quel punto le due sponde del fiume sono unite da una serie di pietre che spuntano dall'acqua. Lyra salta sulla prima pietra, poi allunga la gamba e salta su quella successiva. Giunta all'ultima scivola, agita le braccia e rimane in equilibrio su un solo piede. Col salto successivo atterra sulla sponda opposta.
***
Andrev lega le briglie del cavallo a un albero.
Ewan si allontana saltellando da un piede all'altro, l'espressione felice. ― Non ci posso credere. Siamo proprio vicini. Posso quasi sentire i rumori della festa da qui.
Dietro di lui, Andrev si muove con fare circospetto. ― Prudenza Ewan ― dice a bassa voce, il cappuccio calato sul viso. Sotto gli stracci si intravede l'elsa della spada.
― Ora sono Kalan.
Andrev gli rivolge un'occhiataccia. ― Kalan?
Ewan annuisce. ― E tu sei Drev.
― Drev.
― Esatto. Nomi falsi. Non è una magnifica idea?
― È la prima cosa giusta che ti sento dire da quanto sono tornato.
***
Nascosta dietro un cespuglio, Lyra osserva i due camminare a passo spedito lungo il sentiero. Vicino a lei la capretta Berthé la osserva con fare distratto.
Lyra le fa cenno di stare zitta, Berthé la fissa per qualche istante, quindi lancia un belato acuto che la fa trasalire.
***
Andrev si volta di scatto, la mano sull'elsa della spada. ― Hai sentito?
Ewan si acquatta guardandosi attorno. ― Sì ― dice indicando un punto nella boscaglia. ― Veniva da quella parte.
― Aspetta qui. Non ti muovere ― dice Andrev avvicinandosi agli alberi, la mano pronta a sguainare la spada.
***
Lyra tappa il muso di Berthé con la mano e si sposta verso un albero lì vicino, tenendosi al coperto tra gli arbusti.
Sopra di lei un'ombra si protende tra gli alberi e prende la forma di un uomo incappucciato.
Lyra si appiattisce contro l'albero, la capretta stretta tra le mani.
Tra le fronde si scorge uno scintillio un attimo prima che un ramo si stacchi dall'albero. Quando cade Lyra nota che è stato tagliato di netto.
― Lo so che sei qui ― dice una voce. ― È meglio per te se esci e ti fai vedere. Non ti farò niente se non mi costringi a venirti a prendere.
Lyra striscia tra gli arbusti accovacciata sulle ginocchia e raggiunge un altro albero.
L'ombra dell'incappucciato la segue. Altri rami vengono tagliati. Lyra la vede incombere su di lei e perde la presa su Berthé, che scappa via sparendo nella boscaglia.
― Mia ― grida l'incappucciato gettandosi all'inseguimento della capretta.
Lyra ne approfitta per uscire dalla boscaglia, per finire contro un ostacolo inatteso.
― Ah ― esclama Ewan per la sorpresa di ritrovarsela all'improvviso addosso. I due rotolano per qualche metro.
― Ewan ― grida Andrev precipitandosi con la spada sguainata.
Lyra si rialza e tenta di fuggire, ma il vestito le rimane impigliato in un ramo e finisce gambe all'aria urtando con la schiena sul sentiero di terra battuta. ― Ahi ― grida.
― Aspetta ― dice Ewan facendo cenno a Andrev di fermarsi. ― È soltanto una ragazza.
Andrev, la spada ancora nella mano, la nasconde tra le pieghe del vestito.
Ancora a terra, Lyra si mette a sedere mentre si massaggia la schiena.
Ewan l'aiuta ad alzarsi. ― Ti sei fatta male?
Lyra si aggrappa al suo braccio, ma appena in piedi si ritrae spaventata.
― Perché ci stavi seguendo? ― chiede Andrev con tono ruvido.
― Non vi stavo seguendo ― risponde Lyra con una smorfia di dolore.
― Se non ci seguivi, perché ti nascondevi nella boscaglia? ― la incalza Andrev.
Lyra scrolla le spalle. ― Volevo solo vedere dove andavate a quest'ora.
― Noi ― inizia a dire Andrev.
Ewan gli tappa la bocca. ― Siamo mendicanti ― dice completando la frase dell'altro. ― Siamo diretti in città per la festa di inizio anno.
Lyra lo guarda sospettosa. ― Mendicanti? ― I suoi occhi scivolano sugli stivali che Ewan indossa sotto i pantaloni cenciosi. ― Avete dei bei stivali per un mendicante.
Ewan si morde il labbro. ― Dono di un ricco mercante che non sapeva più che farsene.
― Oh ― fa lei sorpresa. ― E la spada?
Andrev la guarda in cagnesco.
― Un altro dono ― dice Ewan. ― Io sono Kalan. Lui è Drev ― dice indicando Andrev. ― Tu come ti chiami?
― Lyra.
― È un bel nome ― dice Ewan con un sorriso sulle labbra. ― Anche mia madre si chiamava...
Andrev gli da una gomitata nel fianco, interrompendolo.
Ewan si tocca il fianco con una smorfia di dolore. ― Senti Lyra, noi stiamo andando in città. Ti andrebbe di venire con noi?
Andrev lo guarda stupito.
― Con voi? ― chiede la ragazza sorpresa.
Ewan annuisce. ― Potremmo fare la strada insieme.
Lyra guarda la sponda opposta del fiume, dove si vedono i bagliori dei fuochi accesi dai pastori. ― Io non so se...
― Se non te la senti proseguiamo da soli ― dice Ewan voltandosi.
― No, no ― dice Lyra con tono urgente. ― Vengo con voi.
Ewan sorride. ― Meraviglioso. Sei mai stata alla festa di inizio anno?
Lyra scuote la testa. ― Mio padre non mi lascia andare in città. Dice che è troppo pericoloso per me.
― Ti capisco.
Lyra lo guarda incuriosita.
Andrev li raggiunge e tira Ewan da parte. ― Perché la portiamo con noi? ― sussurra.
― Ma non la vedi? È solo una pastorella. Ci aiuterà a confonderci meglio con la folla.
― Mi sembra una pessima idea.
Ewan sbuffa e torna da Lyra. Nel frattempo anche Berthé si è rifatta viva. Si unisce al gruppo tenendosi lontana da Andrev, che la guarda in cagnesco.
― L'hai spaventata ― dice Lyra con tono di rimprovero.
Andrev scuote la testa. ― Questa poi.
***
La capitale è una ragnatela di palazzi di due o tre piani addossati l'uno all'altro, vicoli affollati e piazze dove la folla si raduna per chiacchierare e ballare.
Ewan si muove saltellando da un piede all'altro, gli occhi spalancati. ― Ma è meraviglioso ― dice con un largo sorriso sulle labbra.
Accanto a lui, Lyra osserva la città con sguardo estasiato, le mani giunte all'altezza del petto.
Andrev si guarda attorno con circospezione. ― Attenti a dove mettete i piedi. Qui ci sono pericoli dietro ogni angolo.
Ewan sbuffa. ― Non puoi solo rilassarti e goderti la festa? Questo posto è fantastico.
Attorno a loro si muovono uomini e donne con vestiti colorati. Bambini giocano a rincorrersi lungo le strade. A ogni angolo i commercianti espongono sui banchetti le loro mercanzie.
Ewan annusa l'aria. ― Cos'è questo profumo delizioso?
Andrev si guarda attorno disgustato. ― Non oso immaginarlo.
― Pasticcini ― esclama Ewan indicando un banchetto che espone dei dolci. Un attimo dopo si sta già dirigendo a lunghe falcate verso di esso. Lyra lo segue insieme a Berthé.
Un attimo prima che Ewan lo raggiunga, Andrev lo afferra per la spalla e lo trascina via.
― Che cosa fai?
― Ti evito dei guai ― dice Andrev a bassa voce. ― Hai scordato che sei un povero mendicante senza un soldo?
― Io...
― Cosa penserebbe la gente se ti vedesse tirare fuori delle monete?
Ewan si morde il labbro. ― Non ci avevo pensato.
― Dovresti.
― E ora?
― Diamo un'occhiata in giro e poi a casa.
Ewan sbuffa esasperato.
Lyra li raggiunge di corsa. ― Avete visto?
― Cosa? ― chiede Ewan.
Lyra indica un gruppo di uomini armati di picche e balestre farsi strada tra la folla. ― I soldati.
― Voi ― dice uno degli armigeri avvicinandosi a un gruppo di uomini e donne vestiti di stracci riuniti attorno a un forno. ― Non potete stare qui.
― Aspettiamo la distribuzione del pane ― dice uno dei mendicanti.
Il soldato gli punta contro la picca. ― Non ci sarà nessuna distribuzione pane.
― Ma c'è tutti gli anni.
― Da quest'anno è sospesa. Ordini del re.
Ewan fa un passo avanti, ma Andrev lo trattiene per il braccio.
I mendicanti si scambiano occhiate perplesse. ― Ma non è giusto ― grida uno di essi.
― Giusto o no ― dice il soldato agitando la picca. ― Questi sono gli ordini. Ora sgombrate la piazza se non volete guai peggiori.
Ewan si volta. ― Lyra, ti assicuro che il re non... Lyra?
La ragazza è scomparsa.
Andrev indica il gruppo di mendicanti. Lyra si sta avvicinando ai soldati con sguardo deciso, i pugni chiusi.
― Voi ― dice all'indirizzo degli uomini armati. ― Non avete alcun diritto di affamare queste persone.
I soldati si scambiano occhiate perplesse. ― Sparisci ragazzina ― dice uno di loro.
― Solo se darete il pane a queste persone ― dice Lyra piazzandosi davanti al soldato armato di picca.
Ewan guarda la scena stupito. Andrev gli fa cenno di arretrare. ― Ci penso io ― dice andando incontro ai soldati.
Quando lo vedono arrivare gli armigeri gli puntano contro le armi.
Andrev alza le braccia. ― Calma, calma ― dice sorridendo. ― Non c'è bisogno di arrabbiarsi tanto. La ragazza è chiaramente pazza, non la vedete? È solo una povera pastorella che viene da fuori. Non conosce le leggi.
Lyra incrocia le braccia sul petto. ― Io non sono una stupida pastorella ― dice imbronciata.
Ai suoi piedi, Berthé lancia un beato indignato.
― E tu chi sei? ― domanda un soldato.
― Io? ― Andrev si porta la mano al petto. ― Nessuno. Passavo di qui per caso e vi ho sentiti litigare.
Uno dei soldati nota un luccichio. ― È armato ― grida agli altri.
Le picche vengono puntate contro Andrev, che si immobilizza all'istante. ― Aspettate. C'è un malinteso. Io non...
― È vietato entrare in città armati ― grida uno dei soldati.
Andrev si volta verso Ewan. ― Prendi la pastorella ― grida al ragazzo.
― Io non sono ― dice Lyra mentre Ewan l'afferra per il braccio e la trascina via. ― Una pastorella.
Andrev estrae la spada e fronteggia i soldati. ― Mi riconoscete? ― dice togliendosi il cappuccio e mostrando il viso. ― Sono il capitano Andrev.
I soldati lo guardano in cagnesco. ― Certo. E io sono l'erede al trono.
Due soldati si lanciano contro Andrev. Lui scarta di lato e afferra con la mano la picca più vicina, strappandola di mano al suo proprietario.
L'altro manca il bersaglio e prosegue nella sua corsa. Andrev gli fa lo sgambetto mandandolo a rotolare sull'acciottolato.
I due soldati armati di balestra puntano l'arma verso Andrev, ma questi usando la picca appena conquistata li disarma facendo saltare via le armi dalle loro mani.
I soldati si guardano con espressione incerta.
Andrev rinfodera la spada e si volta, gli occhi che vagano per la piazza.
Nell'angolo opposto vede Ewan e Lyra di schiena sparire in un vicolo.
― Dannazione ― esclama prima di mettersi a correre nella loro direzione.

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Capitolo 7
*** SETTE ***


Ewan trascina Lyra nel vicolo, seguiti da Berthé che trotterella tra le gambe dei passanti. ― Corri, svelta.
La ragazza si volta indietro. ― Forse li abbiamo seminati.
― Forse ― dice Ewan imboccando un vicolo alla sua destra. Quindi i due svoltano a sinistra e poi di nuovo a destra, sbucando in una piazza ottagonale.
Solo allora si fermano piegati in due e col fiatone.
― Seminati ― dice Ewan tra un ansito e l'altro.
Lyra si guarda indietro. ― Il tuo amico?
― Se la caverà. ― Ewan sorride. ― Sei stata molto coraggiosa.
Lyra ricambia il sorriso e si sistema una ciocca di capelli scivolata sulla fronte. ― E adesso che facciamo?
Ewan allarga le braccia. ― Ci godiamo la festa di inizio anno, no? ― Prende Lyra per le mani e la trascina via di corsa.
***
Andrev arriva in una piazza ottagonale e si ferma vicino a una fontana per guardarsi attorno. I suoi occhi vagano tra la folla. ― Dove ti sei cacciato, Ewan?
***
Festoni colorati e ghirlande addobbano i palazzi che affacciano sulla strada. Lyra e Ewan ci passano sotto di corsa.
Uomini e donne vestiti con colori sgargianti danzano davanti ai portoni delle case. Dalle finestre aperte giungono i suoni dei festeggiamenti, mentre chi si trova sui balconi assiste alla parata che si svolge per la strada.
Ghirlande di fiori multicolori adornano le facciate delle case più grandi, mentre quelle più modeste hanno dei motivi floreali dipinti sui muri.
Lyra si ferma a osservarne uno che riproduce un mazzo di rose nell'atto di sbocciare. ― Posso quasi sentirne il profumo ― dice accostando il naso al disegno.
Ewan la tira e indica un carretto di dolci in fondo alla strada. ― Rifatti il naso con quelli.
― Cosa sono?
Ewan la guarda stupito. ― Non hai mai visto i dolcetti al cioccolato? Sono una specialità di Avalon.
― Dall'odore sembrano buoni.
I due ragazzi si avvicinano al carretto, dove un mercante indaffarato serve i clienti ricevendo una moneta in cambio di ogni dolcetto arrotolato nella carta. ― Una moneta da un quarto ― grida l'uomo per richiamare i passanti. ― Prezzo speciale per la festa di inizio anno.
Ewan e Lyra si fermano davanti al carretto, incerti.
― Tu hai dei soldi? ― domanda la ragazza.
Ewan si tocca la tasca. ― Uh... no. Sono un mendicante, lo hai scordato?
Lyra ridacchia. ― Nemmeno io. Mi sa che dobbiamo rinunciare.
― Voi due ― grida il mercante.
― Forse ce li regala ― esclama Ewan felice.
― Andate da un'altra parte ― prosegue l'uomo. ― Mi fate scappar via tutti i clienti.
Ewan lo guarda deluso. ― No. Niente regalo.
Lyra scrolla le spalle. ― Li proverò la prossima volta.
― Potremmo rubarli ― dice Ewan a bassa voce.
Lyra lo guarda dall'alto in basso. ― Che cosa?
― Tu lo distrai e io prendo due dolcetti. Sarà divertente.
Ewan fa per avvicinarsi, ma Lyra lo trattiene per il braccio. ― Aspetta un momento. Io non rubo.
― Davvero? Pensavo che tutti i pastori lo facessero.
Lyra gli rivolge un'occhiata indignata, le mani nei fianchi. ― Noi pastori non siamo ladri.
― Scusa ― dice Ewan stringendosi nelle spalle. ― Pensavo... insomma, lo dice... lo diceva sempre mio padre.
― Che ne sa tuo padre di noi pastori?
Ewan la fissa in silenzio per qualche istante, poi annuisce deciso. ― Niente. Non ne sa proprio niente. Lui non sa proprio niente di niente dei pastori e di tutto il resto. Se ne sta sempre chiuso nel... nel suo... fosso.
― Fosso?
Ewan la tira via di corsa.
― Tuo padre vive in un fosso?
― Viveva ― dice lui fendendo la folla.
― E adesso dove vive?
― Da qualche parte.
La folla si apre rivelando una grande piazza rotonda. La gente si sistema sui lati mentre dei suonatori intonano una melodia veloce e ritmata.
― Conosco questa musica ― dice Lyra voltandosi.
Coppie di danzatori si formano e si lanciano nella piazza ballando al ritmo della musica.
Lyra trascina Ewan per le braccia.
― Aspetta ― dice il ragazzo puntando i piedi. ― Non so ballare.
― Ti insegno io ― dice Lyra afferrandogli le braccia.
Ewan si aggrappa alla ragazza cercando di tenersi in equilibrio.
― Metti la mano sul fianco ― dice Lyra prendendogli l'altra con la sua.
― Così?
Lyra ridacchia. ― No. Più giù e più indietro.
― Qui?
Lyra lo schiaffeggia.
― Ahi ― esclama Ewan massaggiandosi la guancia. ― Scusa.
Lyra lo guarda sottecchi, quindi sorride.
― Come sto andando? ― domanda Ewan imbarazzato.
― Molto bene ― risponde lei divertita.
I due volteggiano per la piazza insieme alle altre coppie, finché la musica si interrompe all'improvviso al suono di un corno.
― I fuochi ― grida un ragazzo.
― I fuochi ― gli fa eco una donna da un balcone, il braccio che indica il cielo.
Ewan e Lyra sollevano la testa nel momento in cui in cielo si accendono i bagliori di un'esplosione colorata.
― Guarda ― dice Ewan indicandoli con il dito.
Lyra li guarda estasiata. ― Non li avevo mai visti prima d'ora.
― Io sì ― dice Ewan con tono superiore.
― Dove? Dal fosso in cui vivi?
― Fosso?
Lyra gli rivolge un'occhiataccia.
― Sì, certo ― risponde Ewan arrossendo. ― Qualche volta si vedono anche da lì.
***
Perduto in mezzo alla folla, spingendo e sgomitando per farsi strada, Andrev rivolge un'occhiata veloce al cielo quando i primi fuochi esplodono.
― E ora da che parte vado?
La piazza ha tre diramazioni. Andrev prende quella di destra.
***
All'affievolirsi dei fuochi, la folla applaude e inizia a disperdersi.
― Che succede? ― chiede Ewan a un passante che si sta allontanando.
― Per il momento niente ― risponde questi. ― Si torna a casa e si cena con la famiglia, come da tradizione. Domani ci saranno altri festeggiamenti, ma per ora è tutto.
Lyra guarda delusa il cielo. ― È stato così bello.
― A chi lo dici.
La ragazza sospira. ― A casa ― dice. ― Devo tornare a casa.
Ewan la guarda perplesso.
Il viso di Lyra si illumina. ― Mi accompagni? È più o meno dove ci siamo incontrati.
Ewan scrolla le spalle. ― Certo. Perché no?
― Mamma e papà saranno preoccupati ― dice la ragazza. ― Sono via da ore.
― Ma no ― risponde Ewan. ― Vedrai che nemmeno se ne sono accorti.
― Davvero?
― Ne sono certo.
***
― Lyrael ― grida Stefan, le mani a coppa vicino alla bocca. ― Dove sei?
― Lyrael ― grida un altro pastore.
Insieme a loro una ventina tra uomini, donne e anche qualche ragazzo, avanzano tra l'erba alta gridando il nome della ragazza.
In piedi accanto al marito, Nadira si guarda attorno spaventata. ― Povera piccola... e se le è successo qualcosa?
― La troveremo ― dice Stefan reggendosi al bastone. ― Sana e salva, vedrai.
 Nadira chiude gli occhi e non riesce a trattenere le lacrime.
***
Lyra e Ewan seguono il sentiero che costeggia il fiume. Sopra di loro il cielo è sereno, la Luna è calata lasciando spazio alle stelle. Dal fiume arrivano i suoni degli animali del sottobosco e il frusciare delle foglie agitate dal vento.
Lyra cammina con le mani incrociate dietro la schiena. ― E così siete una famiglia di mendicanti?
Ewan si stringe nelle spalle. ― Sì... certo. ― Deglutisce a vuoto. ― Lo siamo da generazioni.
― Davvero?
― Mio nonno, mio padre, mio zio ― dice Ewan contandoli con le dita di una mano.
― Hai sempre vissuto per strada?
― Certo ― risponde lui sicuro. ― A noi piace. È bello essere dei mendicanti.
Lyra lo guarda di traverso.
― Puoi andare dove vuoi ― dice Ewan muovendo il braccio a indicare tutto ciò che lo circonda. ― Senza che qualcuno ti dica cosa devi fare o non fare. E senza che nessuno ti imponga di sposare chi non conosci.
Lyra lo guarda con stupore. ― Tu sei... sposato?
― No. Certo che no ― esclama Ewan. ― Mai pensato di sposarmi, io.
― E la tua famiglia? Hai fratelli, sorelle?
― Solo mio padre ― dice Ewan scuotendo la testa. ― Mia madre è morta quando ero molto piccolo.
― Mi dispiace. Deve essere stato duro.
Lui annuisce. ― Sì. Mi manca molto.
― Intendevo per tuo padre.
Ewan la guarda accigliato. ― Cosa c'entra mio padre?
― Ti ha cresciuto tutto da solo, senza l'aiuto di nessuno ― risponde Lyra stringendosi nelle spalle.
Ewan abbassa gli occhi. ― È vero. Non ci avevo mai pensato. ― Quando li risolleva, incrocia lo sguardo di Lyra. ― E i tuoi? Dimmi della tua famiglia.
Lyra sorride. ― Oh. Non c'è molto da dire. Ho quattro fratelli più grandi e abbiamo un gregge. E mamma e papà ovviamente. ― Il volto si rabbuia. ― Chissà come saranno in pensiero.
― Non ti preoccupare. Dì che ti sei persa nel bosco e non riuscivi a ritrovare la strada.
Lyra lo guarda stupita. ― È una bugia.
Ewan scrolla le spalle. ― È allora?
― Io non dico bugie ― dice lei solenne. ― Gli dirò la verità, costi quel che costi.
Ewan la guarda divertito. ― Tu dici sempre la verità?
― Certo ― risponde lei con voce squillante.
I due ragazzi si fermano davanti alle pietre che formano un passaggio verso la sponda opposta.
― Io sarei arrivata ― dice Lyra indicando le pietre.
― È qui che abiti?
Lyra annuisce. ― Perché non vieni? ― dice indicando l'altra sponda. ― C'è da mangiare e da bere. Sarai affamato.
Ewan guarda nella stessa direzione e scuote la testa. ― Magari un'altra volta.
Lyra gli prende il braccio. ― Dai. Sarà divertente. I mie fratelli ti insegneranno a ballare e...
Ewan si tira indietro. ― No ― dice brusco. ― Davvero ― aggiunge con tono più dolce. ― E poi devo trovare And... voglio dire, Drev. Sai, lui si preoccupa sempre tanto per me. È un vero amico.
Lyra lo guarda con sguardo supplice.
Ewan alza le mani. ― D'accordo, verrò. Ma prima devo trovare Drev. È importante.
― E ti troverò qui quando torno?
― Hai la mia parola.
Lyra annuisce. ― Allora io vado. ― La ragazza saltella di pietra in pietra fino alla sponda opposta. Un attimo dopo scompare tra le fronde.
Rimasto solo, Ewan sta per voltarsi quando una mano sbuca dall'oscurità afferrandolo al braccio.
― Trovato ― dice Andrev a denti stretti.
― Andrev ― esclama Ewan. ― Ce l'hai fatta a seminare le guardie.
Andrev lo trascina via. ― Torniamo al castello. Ora.
Ewan punta i piedi. ― Aspetta.
― Forse siamo ancora in tempo.
― Andrev.
― Il re non saprà quello che abbiamo fatto.
― Almeno mi stai ascoltando?
― Con un po' di fortuna, sarà come se non fosse mai successo niente.
Ewan si libera della presa. ― Ho detto aspetta.
Andrev lo guarda con sguardo feroce. ― Basta Ewan.
― Io non mi muovo di qui ― dice il ragazzo indicando il terreno.
― Cosa?
― Devo aspettare Lyra. Gliel'ho promesso.
Andrev si lascia sfuggire una risata. ― Dici sul serio?
Ewan annuisce. ― Le ho dato la mia parola ― dice solenne.
Andrev ride di nuovo e lo prende per il braccio. ― Andiamo via. Adesso.
― No ― dice Ewan divincolandosi. ― Non capisci?
― Cosa? ― Andrev gli urla in faccia. ― Cosa dovrei capire? Che hai promesso a una pastorella qualsiasi che l'avresti aspettata?
― Sì.
― Ma ti ascolti quando parli? Tu sei un principe, Ewan. Quando crescerai?
Ewan lo guarda imbronciato. ― Io...
Due guardie sbucano da dietro una curva, le picche puntate nella loro direzione.
Sorpreso, Andrev estrae la spada e si posiziona davanti a Ewan per difenderlo. ― Stai indietro.
Altri due uomini armati compaiono alle loro spalle.
Andrev si volta per fronteggiarli.
Un quinto uomo sbuca dal folto degli arbusti, la spada sguainata. ― Eccovi qui ― dice mostrando i denti. ― Nessuno sfugge al comandante Gurgal ― dice battendosi orgoglioso il petto con la mano libera.
― Possiamo spiegare ― dice Ewan sporgendosi sopra la spalla di Andrev.
― Prendeteli ― dice Gurgal.
I quattro soldati si stringono su Andrev e Ewan.
― Aspettate ― grida il ragazzo facendosi avanti. ― Io sono il principe...
Una picca scatta in avanti. Andrev lo afferra per le spalle e lo tira indietro. La punta sfiora la guancia del ragazzo.
Andrev butta a terra la spada. ― Avete vinto. Ci arrendiamo ― dice alzando le mani.
Ewan lo guarda spaventato. ― Non possiamo.
― È finita ― dice Andrev. ― Spiegheremo il malinteso non appena ne avremo l'occasione.
Ewan si volta indietro. ― Lyra. ― Fa per allontanarsi, ma uno dei soldati lo colpisce alla testa con la lancia. Il ragazzo cade a terra privo di sensi.
― No ― grida Andrev cercando di raggiungerlo, ma gli altri lo immobilizzano afferrandogli le braccia. Lui tenta di divincolarsi ma senza riuscirci. ― Non era necessario colpirlo. È solo un ragazzo.
Gurgal scrolla le spalle. ― Se l'è cercata. ― Fa un cenno con la mano alle guardie. ― Portateli alle celle. Domani decideremo che cosa farne.

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Capitolo 8
*** OTTO ***


Due uomini vestiti di stracci si fermano a poca distanza l'uno dall'altro, i visi coperti da cappucci.
― Visto niente? ― chiede uno a bassa voce.
― No ― risponde l'altro.
― Il comandante non sarà contento.
Sotto il cappuccio si intravede un mezzo sorriso. ― Non è colpa nostra se non siamo riusciti a trovarlo. Forse non c'è nessun erede...
― C'è ― risponde l'altro sicuro. ― L'informazione viene da una fonte affidabile.
― D'accordo, cerchiamo ancora. Da qualche parte deve essersi pure nascosto. Non può certo passare inosservato.
I due fanno per allontanarsi, ma poi uno torna indietro. ― Aspetta. Che facciamo se lo troviamo?
L'altro si volta. Da sotto il cappuccio si intravedono labbra carnose atteggiate in un ghigno incorniciate da una barbetta rada con il pizzo. ― Prendetelo con ogni mezzo.
***
La guardia si ferma davanti alla cella, in mano una ciotola di legno che passa sulle sbarre producendo un rumore spiacevole. ― Oh, sveglia tu ― grida all'unico occupante. ― Hai delle visite ― aggiunge allontanandosi subito dopo.
Disteso sul pagliericcio sistemato in un angolo, Ewan sbatte le palpebre e si raddrizza. Indossa gli abiti sudici della sera prima. Si guarda i piedi scalzi con una smorfia. Quando solleva gli occhi verso le sbarre, incrocia lo sguardo di suo padre, il re Philip, ritto davanti all'entrata, le braccia dietro la schiena.
― Il mio unico figlio ― dice Philip con tono triste. ― L'erede al trono di Avalon. Chiuso in gabbia come un comune criminale. Vestito da volgare straccione, per giunta.
Ewan si passa una mano sulla testa del punto in cui la guardia l'ha colpito e fa una smorfia di dolore.
Philip scuote la testa. ― Dove ho sbagliato?
Ewan si rialza e si avvicina alle sbarre barcollando. ― Ciao ― dice con un mezzo sorriso. ― Sei venuto a prendermi?
― Dovrei lasciarti lì per qualche giorno.
― Io sono il principe...
― Tu sei ― dice Philip alzando la voce. ― Indegno di definirti tale. Ti rendi conto del pericolo che hai corso? Le guardie avrebbero potuto ferirti gravemente. O ucciderti.
Ewan scrolla le spalle. ― Ma non è successo.
― È stata solo fortuna.
― Cosa vuoi che ti dica? Che mi dispiace? ― Ewan allarga le braccia. ― D'accordo, mi dispiace. Ho sbagliato, non lo farò mai più. In verità non l'avrei mai fatto se tu mi avessi lasciato libero di andare alla festa come tutte le persone normali.
― Tu non sei una persona normale. Hai delle responsabilità.
― Ma io non le voglio ― grida Ewan.
Philip lo guarda incredulo. ― Tu non le vuoi? Pensi di essere libero? Pensi di poterti dimenticare che un giorno governerai un regno e avrai dei sudditi?
― Un regno che non conosco. Che non ho mai visto.
― Per quello avrai tempo ― dice Philip con tono duro.
― Ma io voglio farlo adesso.
― Io, io, io. ― Dice Philip a voce alta toccandosi il petto. ― Possibile che tu riesca solo a pensare a te stesso? Esisti solo tu per caso? Sei un principe, comportati come tale.
Ewan apre la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiude.
― Spero che questa esperienza ti abbia insegnato qualcosa ― dice Philip con voce triste. ― Ora, se vuoi uscire, dovrai promettermi che sposerai quella principessa.
Ewan scuote la testa. ― No.
― No?
Il ragazzo si massaggia le tempie. ― Ho conosciuto una... ― Esita. ― Una persona.
Philip lo fissa impassibile.
― Una splendida, meravigliosa creatura ― continua Ewan. ― Una ragazza.
Il re scuote la testa. ― Una... ragazza? La figlia di un nobile della città? La protetta di un mercante?
Ewan si morde il labbro. ― Non esattamente.
Philip incrocia le braccia sul petto.
― Lei è... la figlia di due pastori.
Philip spalanca la bocca stupito.
Ewan percorre avanti e indietro l'angusto spazio della cella. ― Lo so che sembra incredibile, ma lei ha... qualcosa di speciale.
― La figlia di due pastori ― sussurra Philip incredulo. Guarda il figlio che lo osserva con sguardo supplice. ― Ed è lei che vorresti... sposare, per caso?
Ewan scuote la testa. ― No...sì... non lo so. Prima vorrei conoscerla meglio.
Philip annuisce. ― Certo. È naturale. Pensi che dovremo invitarla a palazzo per ufficializzare la cosa? ― dice parlando veloce. ― Potremmo organizzare un incontro con la sua famiglia, così mentre voi due vi conoscerete meglio, io potrò discutere con i miei futuri parenti. Immagino che loro mi forniranno un esercito di pecore per fronteggiare le armate di Lyonesse quando sbarcheranno sulle nostre spiagge, vero? È il minimo che possano fare.
Ewan lo fissa imbronciato. ― Non sei divertente.
― Perdonami figliolo. Non era mia intenzione offendere la tua principessa dei pecorai ― dice Philip duro.
― Tu pensi solo alla tua maledetta guerra ―dice Ewan aggrappandosi alle sbarre.
― Io penso al futuro di questo regno. ― Philip gli volta le spalle. ― Manderò delle guardie a prelevarti. E togliti quegli stracci di dosso.
***
Fuori dalle mura della prigione, due paggi sono in attesa con altrettanti cavalli tenuti per le briglie.
Philip esce dal portone seguito da Ewan con indosso i suoi abiti. Al loro passaggio un picchetto di guardie scatta sull'attenti.
Gurgal si avvicina a re Philip. ― Maestà, perdonatemi per questo increscioso incidente. Non avevo idea che il principe...
Philip gli fa cenno un cenno con la mano. ― Non dovete scusarvi, Gurgal. Avete salvato la vita a mio figlio, l'erede al trono. Il regno ve ne è grato. Per questo, vi promuovo a Capitano. Domani vi presenterete a palazzo per ricevere un nuovo incarico.
Gurgal scatta sull'attenti, un sorriso compiaciuto sulle labbra. ― Ne sarò onorato, maestà.
Philip e Ewan montano a cavallo e attraversano il portone che divide la prigione dal resto della città.
Fuori, allineati su due file, li attendono una ventina di cavalieri insieme a una cinquantina di soldati appiedati armati di picche e spade.
Gurgal li segue fuori dalle mura.
― Dov'è Andrev? ― chiede Ewan guardandosi attorno.
Il viso di Philip rimane impassibile. ― L'ho degradato a affidato alla guardia cittadina.
― Che cosa? ― Ewan lo guarda sconvolto. ― Perché l'hai fatto?
― Ha disobbedito ai miei ordini ― dice Philip stringendo le redini. ― Ti ha messo in pericolo. Non ti ha difeso quando doveva farlo. Direi che è abbastanza.
― Tu non puoi...
― Io sono il Re ― dice Philip alzando la voce.
Ewan si tocca il petto con l'indice. ― Ma sono io che l'ho costretto a seguirmi. Se devi punire qualcuno, punisci me.
― Non posso privarti del titolo che hai per diritto di nascita.
― Non è giusto.
― Capitano Gurgal ― esclama Philip voltandogli le spalle.
Gurgal scatta sull'attenti.
― Avete forze sufficienti per disperdere tutti i mendicanti e gli straccioni che affollano la capitale. Prima che il sole tramonti voglio che la città sia libera.
― Sarà fatto, Maestà.
Ewan guarda suo padre stupito.
― E dopo che avrete finito con loro, occupatevi dei pecorai che affollano i boschi attorno alla città. Voglio che spariscano insieme ai loro greggi per sempre.
Gurgal annuisce e corre verso i soldati che si stanno già mettendo in marcia.
Philip fa per voltarsi, ma Ewan gli blocca il passo con la sua cavalcatura. ― Che stai facendo?
― Quello che un re deve fare. Prendo delle decisioni per il bene di tutto il regno. La città pullula di spie che si nascondono tra i mendicanti.
― Tu vuoi solo vendicarti.
― Un giorno capirai...
― Io ho già capito ― dice Ewan con rabbia. ― Sei la persona peggiore che io conosca. Essere re non ti da il diritto di prendertela con quelle persone.
― Tu non sai cosa significhi essere un re.
― Hai ragione. Ma so che non voglio diventare come te. ― Ewan sprona il cavallo lungo la strada, allontanandosi dal padre.
― Dove credi di andare? ― grida Philip.
― Lyra ― esclama Ewan lanciandosi al galoppo verso la città.
― Riportatelo qui ― dice  Philip ai cavalieri in attesa. ― Ma senza fargli del male.
***
Andrev, gli occhi bassi e l'espressione triste, percorre con passo lento un vicolo della città. Non ha più il mantello con l'unicorno dorato ricamato né la spada legata al fianco. Indossa degli abiti di fattura grossolana e stivali consumati. ― Lo sapevo che andava a finire male.
Due passanti si voltano nel sentirlo brontolare, scrollano le spalle e proseguono.
Andrev si ferma davanti a una fontana al centro di una piazza. ― Ma dove avevo la testa? ― Si nasconde il viso con la mano.
Ai suoi piedi, Berthé saltella sulle zampe.
Andrev la guarda corrucciato. ― E tu che vuoi?
Berthé si strofina sulla sua gamba.
Lui l'allontana. ― Sparisci.
La capretta si allontana di un passo, gli occhi bassi e tristi.
Dal fondo della piazza arriva il nitrito di un cavallo, seguito dallo scalpiccio degli zoccoli e da un grido.
― Vai bello, vai ― grida Ewan, il corpo teso sulla schiena del cavallo lanciato al galoppo.
Andrev afferra Berthé prima che venga investita dal cavaliere. ― Ma cosa? Ewan?
Altri sei cavalieri attraversano al galoppo la piazza, le sciabole e le armature che luccicano sotto il sole del primo mattino.
Andrev li osserva con sguardo corrucciato. ― Che sta succedendo qui?
***
Ewan lancia il cavallo fuori dalle mura della città, infilandosi nel sentiero che attraversa il bosco. Dietro di lui gli inseguitori si fanno più vicini.
Ewan si volta a guardarli e si morde il labbro. Con le redini strette tra le mani si dirige verso il corso del fiume.
Lì, superata una curva a gomito, arresta la corsa del cavallo e salta a terra. ― Vai, vai ― dice al cavallo dandogli uno schiaffo sul fianco.
L'animale nitrisce e si getta di corsa verso la macchia di alberi, sparendo.
Ewan entra in acqua e si immerge nel canneto che costeggia la riva del fiume. Un attimo dopo, preceduti dal calpestio degli zoccoli, i cavalieri lanciati all'inseguimento sfilando davanti ai suoi occhi.
Dopo che sono passati, Ewan riemerge dall'acqua e seguendo il corso del fiume arriva al guado attraversato da Lyra la sera prima. Sale sulla prima pietra e di salto in salto raggiunge la riva opposta.
― Lyra ― grida addentrandosi tra gli arbusti che crescono rigogliosi. ― Lyra, sono io. ― Gli alberi sembrano chiudersi su di lui, ma a a un certo punto la boscaglia si dirada e appare una radura circolare ampia alcune decine di metri.
I resti di una decina di bivacchi e di altrettante tende giacciono sparse in giro. Vicino a una di queste, siede una figura, le ginocchia raccolte contro il petto e il viso schiacciato contro le gambe.
― Lyra? ― chiede Ewan avvicinandosi.
La figura alza la testa di scatto. Ha gli occhi gonfi di lacrime, ma è la ragazza del giorno prima. ― Kalan? ― chiede con voce rotta dal pianto.
― Lyra ― esclama lui raggiungendola di corsa. ― Cos'è successo?
La ragazza l'abbraccia. ― Non lo so ― singhiozza. ― Era già così quando sono arrivata. Sono tornata al guado ed eri sparito anche tu...
― Le guardie mi hanno inseguito ― dice lui con sguardo triste.
Lyra lo squadra dalla testa ai piedi. ― Ti inseguivano? È perché hai rubato questi vestiti?
Ewan si passa le mani sugli abiti regali. ― No, non li ho rubati. Io... ― Si morde il labbro.
― Tu?
Ewan scuote la testa. ― È una lunga storia. Te la racconterò quando saremo al sicuro.
Si sente un rumore di passi provenire dalla boscaglia, quindi un soldato emerge dal passaggio, la sciabola sguainata. ― Eccolo. L'ho trovato ― grida voltandosi indietro.
Dal bosco arrivano altri rumori di passi e voci di uomini.
Ewan afferra Lyra e la trascina via. ― Andiamo.
I due corrono verso il lato opposto della radura.
― So io dove andare ― dice Lyra tirandolo verso un passaggio tra gli alberi.
I due ragazzi si infilano tra gli arbusti.
― Ahi ― esclama Ewan. ― Qualcosa mi ha punto.
Lyra ridacchia. ― Scusa ― dice con voce sottile. ― È un campo di rovi.
― Un campo di rovi?

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Capitolo 9
*** NOVE ***


Lyra e Ewan riemergono dalla boscaglia, il corpo ricoperto di aculei.
― Quasi quasi era meglio affrontare le guardie ― si lamenta il ragazzo.
Lyra tira via un aculeo che le è finito nel braccio.
― Dove siamo? ― domanda Ewan pulendo l'abito.
Lyra scrolla le spalle. ― Non mi sono mai spinta così lontano da sola.
― Vuoi dire che ci siamo persi?
Lyra fa spallucce.
― Magnifico. ― Ewan solleva gli occhi al cielo. ― Senti, ti devo delle spiegazioni.
Lyra si sistema una ciocca di capelli. ― Non ce n'è bisogno. Tu sei un mendicante, vivi di questo in fondo. Chi sono io per giudicarti?
Lui la guarda stupito. ― Dici sul serio?
Lei annuisce.
Ewan sorride imbarazzato. ― Quello che volevo dirti è che io non...
Da dietro una curva, nascosti dal fogliame, emergono tra figure incappucciate.
Ewan non fa in tempo a spostarsi che un sacco viene calato sulla sua testa, coprendolo fino ai piedi. Altri due uomini appaiono alle loro spalle. Indossano stracci logori e consumati, ma nelle mani stringono sciabole tirate a lucido.
― State fermi e nessuno si farà male ― dice uno degli uomini.
Lyra, sorpresa, tenta di liberare Ewan, ma uno degli aggressori l'afferra per i fianchi e la spinge via. La ragazza lotta e si aggrappa alla schiena dell'uomo. ― Lasciami andare ― dice tirandogli il cappuccio.
Appare vl viso di un uomo con barba e pizzetto, gli occhi che la fissano severi.
― Valek, ti ha visto in faccia ― esclama uno degli aggressori.
Valek gli rivolge un'occhiataccia. ― Non chiamarmi per nome.
Due uomini afferrano Lyra per le braccia, immobilizzandola. Un altro lega Ewan mani e piedi, il corpo ancora infilato nel sacco.
Valek si avvicina a Lyra, che gli rivolge un'occhiata di sfida. ― Ti sei messa in un grosso guaio, ragazzina. Ti avrei lasciata andare, ma ora dovremo portarti con noi. Alla barca ― grida alla fine rivolto agli altri.
In due afferrano Ewan, mentre un terzo prende Lyra per un braccio trascinandola via di corsa.
***
Berthé saltella di pietra in pietra seguita da Andrev, che fatica a tenersi in piedi ma riesce a raggiungere la riva opposta. ― Spero che tu sappia dove stai andando ― dice rivolto alla capretta.
L'animale risponde con un belato.
Andrev si ferma, l'espressione corrucciata. ― Sto parlando con una capra ― esclama sorpreso.
Berthé lo porta nella radura.
Andrev esamina uno dei bivacchi. ― Non sono andati via da troppo tempo.
La capretta annusa l'erba, quindi si lancia nella boscaglia.
Andrev le corre dietro. ― Ehi. Aspetta tu ― grida buttandosi tra i rovi. ― Ma che... ah!
Berthé lancia un belato.
***
Aggressori e prigionieri si fermano davanti a una spiaggia. Davanti a loro si intravede una distesa d'acqua azzurra increspata da piccole onde che si infrangono sulla riva sabbiosa.
Valek si guarda attorno e individua un pontile. Una barca è legata al molo. ― Andiamo, svelti.
Ewan e Lyra vengono spinti sull'imbarcazione senza tanti complimenti. Gli altri salgono e sciolgono la fune che lega la barca al molo.
In due afferrano un remo ciascuno e cominciano ad allontanarsi dalla riva.
Andrev piomba sul pontile. Sembra un istrice per via degli aculei che gli spuntano dappertutto. ― Voi ― grida all'indirizzo della barca. ― Fermatevi subito.
Valek solleva la testa. ― Dite a noi? Che volete?
― Aiuto ― grida Lyra prima che uno degli aggressori le tappi la bocca con la mano.
― Fermi ― grida Andrev. ― Lasciatela andare. Ora.
Valek la guarda di sbieco. ― Visto che hai fatto? Ora lo dovrò... ― Da sotto gli stracci tira fuori una balestra con il dardo già incoccato e lo punta verso Andrev.
Il ragazzo d'istinto si getta in acqua. Il dardo parte e lo manca.
Un secondo aggressore prende la sua balestra e la punta verso l'acqua, mentre Valek ricarica la sua. ― Aspetta che riemerga per prendere aria.
Andrev riaffiora per qualche istante per respirare. Un dardo gli sfiora la testa. Lui sparisce sott'acqua.
― Incapace ― esclama Valek puntando la sua arma.
Andrev appare a una trentina di metri di distanza, tossisce mentre cerca di inspirare quanta più aria possibile.
Valek punta la balestra verso di lui. Lyra fa ondeggiare la barca. Il dardo parte e colpisce Andrev al braccio.
― Ah ― grida Andrev rituffandosi.
Valek afferra l'altra balestra e la punta verso l'acqua. ― Tenetela ferma. Stavolta non mancherò il bersaglio.
Passa qualche secondo ma Andrev non riemerge.
Valek scrolla le spalle e mette giù l'arma. ― Ora non ci darà più fastidio. Torniamo alla nave.
***
La barca si avvicina a un veliero con due alberi. Dal fianco della nave si sporgono alcuni marinai, tra i quali spiccano un omaccione dalla folta zazzera rossa e la barba legata in decine di treccine.
― Com'è andata la pesca Valek? ― domanda con voce profonda.
Valek mostra il sacco che avvolge Ewan. ― Mai stata più fortunata, Steon.
Steon indica Lyra. ― E la ragazzina?
― Una testimone ― dice Valek.
L'omaccione si liscia la barba. ― Non ci serve. Ributtala in mare.
Valek allarga le braccia. ― Andiamo, grassone. Non dicevi che ti serviva una mano per la cambusa?
Steon sembra pensarci. Accanto a lui appare una donna. Anche lei ha capelli rosso fuoco e un fisico imponente quanto quello dell'altro. ― Ha ragione ― dice con voce profonda. ― Teniamola.
― E sia. Ma niente paga per le prime tre lune.
I marinai lanciano delle funi alla barca. Valek e i suoi legano Ewan, che viene issato a bordo.
Una scaletta di corda viene calata subito dopo. Valek afferra Lyra per il braccio, ma lei cerca di divincolarsi.
― Lasciatemi andare.
Valek la fissa negli occhi. ― Ragazzina. Ti ho appena salvato la vita, lo sai? Sali senza fare tante storie.
Lyra si libera dalla sua presa e si aggrappa a un appiglio che sporge dal fianco della nave. Reggendosi solo con le braccia e i piedi nudi raggiunge il ponte.
Steon esplode in una risata fragorosa. ― Hai portato una scimmietta a bordo. Che carina. Vilna ― dice rivolto alla donna dai capelli rosso. ― Mettila subito al lavoro.
Valek arriva sul ponte insieme agli altri aggressori. Tutti si tolgono gli stracci e li buttano in mare.
Steon indica Ewan. ― Vediamo se hai pescato la preda giusta.
Valek prende la sciabola e taglia le corde che legano il ragazzo.
Ewan lotta per riemergere. Quando è libero, si guarda attorno. ― Chi siete?
Steon gli rivolge un inchino ironico. ― Io sono Stevir Panthaleon, Steon per gli amici. Sono il comandante di questa nave. Lei è Vilna Panthaleon, mia sorella minore. E lui ― dice indicando Valek. ― Beh, lui è solo un facchino, non ha importanza.
I marinai ridono.
Valek gli rivolge un'occhiataccia.
― Sicuro che sia proprio lui? ― chiede Steon chinandosi su Ewan.
Il ragazzo tenta di alzarsi, ma viene trattenuto da due marinai.
Valek annuisce. ― L'abbiamo seguito per due giorni. È lui. È il principe di Avalon.
Lyra sgrana gli occhi e scuote la testa. ― No ― esclama con voce squillante ― Vi sbagliate. Lui è un mendicante.
― Indossa dei vestiti da nobile.
― Li ha rubati.
Steon sguaina la sciabola e la punta alla gola di Ewan. ― È vero quello che dice la ragazza? Sei solo un mendicante che ha rubato quei vestiti?
Ewan guarda la punta della spada con aria di sfida.
Valek fa un passo avanti e sussurra qualcosa all'orecchio di Steon. L'uomo annuisce e punta la sciabola verso Lyra, che indietreggia di un passo.
― Allora? ― domanda a Ewan.
Il ragazzo scuote la testa. ― Va bene ― esclama. ― È vero. Sono io. Sono il principe Ewan di Avalon. Contenti?
Lyra lo guarda stupita. ― Kalan ― sussurra. ― Mi hai mentito?
Ewan abbassa gli occhi e serra la mascella.
Steon ride. ― Che scena commovente. Dico sul serio. Portate il principe di sotto e chiudetelo in cella.
Ewan guarda Lyra, cerca di alzarsi ma viene trattenuto da due marinai. ― Lasciatela andare ― esclama con una smorfia di dolore dipinta sul viso. ― Lei non c'entra.
Steon si china su Ewan. ― Ha visto troppo, la terremo con noi. Tranquillo, la tratteremo bene. Vilna, porta la ragazza nella cambusa.
Vilna prende Lyra per le spalle. Lei si lascia guidare senza opporre resistenza, gli occhi lucidi. ― Vieni cara ― dice la donna con voce profonda. ― Gli uomini sono tutti uguali. Prima ti riempiono le orecchie di bugie e poi ti spezzano il cuore.
Mentre le due donne si allontanano, Valek si avvicina a Steon. ― E ora?
― Dritti a Lyonesse. Il re pagherà qualsiasi somma per avere il principe.
― Una parte di quell'oro spetta a me.
Steon fa un gesto vago con la mano. ― Avrai la tua parte, come tutti.
― Ma io ho fatto molto più di te.
Steon solleva un sopracciglio. ― Sono io il capo. Io decido. Hai qualcosa da ridire?
I due si fissano, gli altri marinai che li osservano in silenzio.
Valek scuote la testa e abbozza un sorriso. ― Certo che no. Tu sei il capo. Tu decidi.
Steon annuisce. ― Avete sentito? ― grida rivolto ai marinai. ― Diventeremo ricchi.
I marinai lanciano un grido di esultanza e corrono ai loro posti.
***
Andrev si trascina sulla spiaggia. Da una ferita sul braccio destro cola del sangue che gli imbratta la camicia.
Si solleva su gambe malferme, i suoi occhi guardano la nave a due alberi veleggiare lontano dalla costa. ― Dannazione ― esclama tra i denti.
Berthé salta fuori da un cespuglio, guarda Andrev e lancia un belato.
― Ancora tu ― dice il ragazzo esasperato. ― Ma vuoi lasciarmi in pace? Non lo vedi che li hanno rapiti? ― Indica la nave che si sta allontanando. ― Come faccio ora? Chi lo dirà al re?
Dal cespuglio da dove è spuntata la capretta emergono alcuni uomini e una donna. Indossano abiti grossolani, quasi tutti fatti di pelle e lana. Uno di essi, il più anziano, si guarda attorno con occhi spaventati.
― Berthé ― dice Stefan chiamando la capretta. ― Dov'è Lyra? Tu l'hai vista?
La capretta emette un verso e con il muso indica Andrev.
Il ragazzo si avvicina con passo lento.
― Tu chi sei? ― chiede Nadira. ― Dov'è Lyra? Che le hai fatto?
I pastori lo circondano. Andrev alza le mani come in segno di resa. ― Calmi, calmi, signori. Lyra è stata portata via su quella nave.
Gli occhi di Stefan puntano verso l'orizzonte. ― Perché l'hanno presa? Che cosa vogliono farle?
Andrev si stringe nelle spalle. ― Vi dirò tutto, ma prima ho bisogno di una barca.
― Una barca?
Andrev annuisce. ― E di qualcuno che si occupi di questa ferita ― dice indicando il braccio lacerato.
― A quella penserò io ― dice Nadira.
***
Fermi sul molo, i cavalieri fissano l'orizzonte e la nave che veleggia lontana.
Uno di essi si volta di scatto. ― Vai dal re, corri ― dice rivolto al più giovane. ― Digli che il principe è stato rapito da uomini di Lyonesse.
Il cavaliere annuisce e corre via.
***
Nadira stringe la fascia attorno al braccio di Andrev. Il soldato emette un debole lamento. Entrambi siedono al centro di una tenda circolare su stuoie ricavate da strisce di corteccia intrecciate tra loro.
Gli altri pastori si sono dileguati. Solo Stefan è rimasto a fissarlo in silenzio.
― Lo so a cosa stai pensando ― dice Andrev muovendo il braccio.
― Ho trovato la barca che volevi ― dice il pastore alzandosi.
Andrev annuisce. ― Bene. Partirò subito.
― Partiremo ― dice Stefan. ― Io verrò con te.
― Tu non...
― Io ― dice il pastore alzando la voce. ― Devo salvare mia figlia. Lyra è la mia piccolina.
Andrev alza le mani. ― D'accordo, ma dovrai cavartela da solo. Non posso pensare anche e te.
― Noi sappiamo badare a noi stessi ― dice Nadira alzandosi.
Stefan la guarda indispettito. ― Tu non...
― Lyra è anche mia figlia ― risponde la donna battendosi il petto con l'indice. ― O lo hai dimenticato?
Stefan china il capo sconsolato.
Andrev lo guarda divertito. ― Avete finito? È tempo di muoverci.
I tre escono dalla tenda. Fuori, in attesa, ci sono una dozzina di pastori. Mentre Nadira e Stefan li salutano, Andrev si dirige alla barca ormeggiata lì vicino. Il legno è marcio, l'unico albero è percorso da due lunghe crepe e la vela è sbrindellata e rattoppata.
― Tutto qui? ― Andrev salta nella barca sollevando degli spruzzi. ― Imbarchiamo acqua.
Stefan e Nadira arrivano. Il primo porta in braccio un cane dal pelo arruffato e ingrigito.
― Niente cani a bordo ― dice Andrev. ― Lo spazio è appena sufficiente per noi tre.
Stefan lo ignora e mette un piede sul bordo della barca. Un'onda quasi gli fa perdere l'equilibrio, ma Andrev lo prende al volo e lo tira dentro. Il pastore depone il cane con delicatezza in una cuccia improvvisata con un cesto riempito di stracci. ― Mido ha il più grande fiuto di Avalon. Lui troverà Lyra.
Andrev fa spallucce.
Stefan aiuta Nadira a salire sulla barca.
― Pronti? ― dice Andrev spazientito.
― Tu sai portare una barca? ― chiede Stefan guardando preoccupato le onde.
Andrev scioglie la fune che tiene legata la barca al riva. ― Se non incappiamo negli scogli o in una tempesta, arriveremo sani e salvi a Lyonesse.
La barca inizia ad allontanarsi. Un belato triste risuona alle loro spalle.
Nadira si volta. ― Berthé ― grida indicando la terraferma.
La capretta lancia un paio di versi tristi.
― Troppo tardi ― dice Andrev prendendo in mano la barra del timone.
Berthé indietreggia di una decina di passi, quindi si lancia di corsa e salta un attimo prima che il pontile di legno termini. La capretta vola fino alla barca, cadendo tra le gambe di Andrev, che sobbalza per la sorpresa e la lancia via.
Nadira afferra la capretta e la stringe al petto. ― Anche lei vuole bene a Lyra.
Mido lancia un latrato e agita la coda. Stefan lo accarezza e sorride.
Andrev sbuffa e si spolvera i pantaloni e la camicia. La barca fa rotta verso l'orizzonte.

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Capitolo 10
*** DIECI ***


Un piccione atterra sul davanzale di pietra di una finestra. Mani emergono dal buio e artigliano il volatile, portandolo dentro.
La debole fiammelle di una candela posta su di una mensola illumina la stanza. Vortiger, gli occhi spalancati e il sorriso rattrappito, esamina la zampa del piccione.
― Che notizie mi porti mio pennuto amico? ― dice sfilando il biglietto legato alla zampa.
Con dita tremanti apre il foglietto vergato con scrittura minuta ma chiara. Gli occhi virano da destra a sinistra mentre il sorriso si allarga, mostrando numerosi vuoti nella dentatura.
― Bene. Bene ― sussurra Vortiger mentre passa il foglio sulla candela. Le fiamme consumano la carta in pochi istanti. ― Sta arrivando un ospite importante. Sarà meglio prepararsi ad accoglierlo.
***
Re Philip è in attesa sotto le mura della prigione quando un cavaliere lanciato al galoppo lo raggiunge. Il soldato smonta con un gesto agile, si ferma davanti al sovrano e si inginocchia.
― Mio figlio?
Il cavaliere resta col capo chino. ― Mi spiace Maestà. Spie di Lyonesse lo hanno rapito e portato su una nave.
Philip sgrana gli occhi. ― Non è possibile. Voi dove eravate?
― Siamo arrivati troppo tardi.
Philip passeggia aventi e indietro, il pugno alzato. ― Leonida ― grida. ― C'è sicuramente lui dietro tutto questo. ― Poi, guardando gli altri cavalieri e i soldati in attesa aggiunge: ― Convocate il consiglio dei nobili. Richiamate tutti i lord fedeli al regno. Armate la flotta. Leonida avrà la guerra che voleva.
***
Lyra siede in un angolo, la testa china. Con una mano tiene ferma una patata e con l'altra usa il coltello per sbucciarla. Ogni tanto si ferma, sospira e si passa il braccio sugli occhi per asciugare le lacrime.
Vilna si siede di fronte a lei, l'espressione addolorata. ― Lo so come ti senti ― dice con voce calma e profonda. ― Ci siamo passate tutte, credimi.
Lyra tira su col naso.
― Pensi di avere incontrato il tuo principe azzurro e poi scopri che è un gran mascalzone e un bugiardo.
― Ma lui è un principe ― dice Lyra tra i singhiozzi.
Vilna fa spallucce. ― Principi, cavalieri o pirati non ha importanza. Sono tutti uguali. ― Toglie il coltello dalla mano di Lyra con delicatezza. ― Per oggi hai lavorato abbastanza. Vai a riposarti ora. Clamus ti ha preparato una branda nella mia cabina. ― Sorride. ― È stretta e puzzolente, ma è calda e sicura. Nessuno ti ti darà fastidio.
― Grazie ― dice Lyra alzandosi. A capo chino esce dalla cambusa.
Vilna la guarda allontanarsi e tira su col naso.
***
Lyra raggiunge la cabina, appoggia la mano sulla porta, esita, si volta e torna sui suoi passi. Si ferma davanti a una scala che porta di sopra e sale i gradini due a due per ritrovarsi sul ponte. È buio e si vedono le stelle.
Un paio di marinai di guardia non le badano mentre si avvicina alla murata. Lyra stringe il medaglione che porta al collo.
― Se fossi in te non lo farei ― dice una voce alle sue spalle.
Quando si volta, i suoi occhi incrociano quelli di Valek.
― Siamo in mezzo allo stretto che divide Avalon da Lyonesse ― dice l'uomo appoggiandosi con la schiena al parapetto di legno. ― La corrente è così forte che ti trascinerebbe in mare aperto.
― Non volevo scappare ― dice Lyra senza guardarlo. ― E comunque non so nuotare.
Valek solleva un sopracciglio. ― Lo immaginavo. Voi pecorai non passate molto tempo vicini all'acqua.
Lyra gli rivolge un'occhiataccia. ― Che ne sai tu di come viviamo noi?
― Una volta avevo una fattoria. ― Gli occhi di Valek guardano le stelle. ― Era piccola, ma con un focolare bello e accogliente. Avevo anche dei contadini al mio servizio. Tutto andava per il meglio, fino a che non ci furono un paio di annate storte e mi indebitai. ― Sospira. ― Persi tutto. E devo ancora pagare parte di quel debito. Se non lo farò, mi sbatteranno ai lavori forzati. O peggio. È per questo che mi sono unito a Stevir e la sua ciurma.
― Lo fai solo per i soldi?
Valek si stringe nelle spalle. ― Chi farebbe cose talmente orribili, se non per quello? Non ci provo alcun gusto nel rapire le persone e strapparle alle loro famiglie.
― E allora tu non farlo.
― Non è così semplice. Ti ho già spiegato che...
― Non puoi trovare un lavoro onesto? ― chiede Lyra guardandolo dritto negli occhi. ― Potresti fare il contadino o l'allevatore e pagare il tuo debito.
― Nessuno mi vorrebbe...
― Perché no?
Valek scuote la testa. ― Non puoi capire.
― Voglio vederlo ― dice Lyra dopo qualche secondo di silenzio.
― È impossibile.
― Per piacere ― dice la ragazza in tono supplice.
― Steon si arrabbierebbe e io non voglio irritarlo.
― Lui non lo saprà se tu non glielo dirai. Ti prego. Solo per cinque minuti ma... devo parlargli.
Valek sospira esasperato. ― Sai perché ti ho salvata?
Lyra scuote la testa.
― Ero tra quei mendicanti che le guardie volevano disperdere, quando sei arrivata tu. Non avrei scommesso una moneta falsa su di te, ma tu hai tenuto testa a quei tizi armati di spade e lance. Tu, una pecoraia scalza. ― Sorride. ― D'accordo, ti porterò dal tuo fidanzato, contenta?
Lyra arrossisce. ― Lui non è... noi non siamo... e poi lui è un principe e io una pastorella...
Valek ride e scuote la testa.
***
Ewan è disteso su una panca di legno, i polsi incatenati. In un angolo giace un secchio e vicino alle sbarre della cella un piatto pieno di una brodaglia verde.
Un rumore di passi che si avvicinano lo fa trasalire e scattare in piedi. Due figure umane appaiono e si fermano davanti alle sbarre. Nella tenue luce della luna, l'unica che filtra dalla finestrella che si apre verso l'esterno, riconosce il viso di Valek.
― Tu ― grida scattando verso le sbarre. Poi vede Lyra e si calma, indietreggiando.
― Cinque minuti ― dice Valek allontanandosi.
Quando i passi si affievoliscono, Lyra appoggia una mano alla sbarra. ― Come stai?
Ewan scuote le catene producendo un suono metallico. ― A parte queste, bene. Mi hanno anche dato da bere e da mangiare.
Lyra guarda il piatto. ― Non hai toccato il cibo. Ti indebolirai.
― E allora? Tanto il mio destino è segnato. Cosa credi che mi farà re Leonida quando mi porteranno da lui?
― Forse sarà clemente con te.
Ewan solleva gli occhi al cielo. ― Lui odia mio padre da anni. Non so il perché, ma è così da quando sono nato. Non si lascerà sfuggire la possibilità di fargli del male.
Lyra abbassa gli occhi. ― Mi dispiace tanto ― dice asciugandosi le lacrime col dorso della mano.
Ewan si avvicina alle sbarre. ― No, dai. È solo colpa mia. Non dovevi essere qui. Tu non c'entri niente con tutto questo.
― Perché mi hai detto tutte quelle bugie?
Ewan scuote la testa.
― È perché sono una pecoraia che non si lava mai?
― Io non...
― Perché vesto di stracci e vado in giro a piedi nudi a elemosinare?
― Lyra...
― Perché?
― Io sono il principe di Avalon ― dice Ewan con voce rotta dal pianto. ― Sono l'erede al trono. Ho delle responsabilità. Non posso andare per le fiere cittadine come se niente fosse. Ho commesso un errore e guarda che cosa è successo? Mi spiace di aver deluso mio padre e soprattutto mi dispiace di avere deluso te, ma in quel momento mi sembrava una buona idea.
Lyra si asciuga le lacrime. ― Sei pentito?
Ewan, il capo chino, annuisce.
― Allora io ti perdono. Ma da questo momento in poi non devi più dirmi bugie. Intesi?
Ewan si avvicina alle sbarre. ― Te lo prometto. Mai più bugie.
― Dammi la tua parola di principe.
Ewan si tocca il cuore col palmo della mano destra. ― Sul mio onore. Non ti mentirò mai più.
Lyra sorride e gli mostra il medaglione. ― Forse c'è un modo per farti uscire.
Ewan la guarda stupito. ― Sul serio?
La ragazza annuisce.
― Lyra, ti prego. Non correre rischi inutili per me.
― Ewan...
― Dico sul serio. Ci tengo troppo a te. Se ne avrai l'occasione, scappa e torna dai tuoi genitori.
― Andremo via insieme ― dice lei appoggiando la testa alle sbarre.
Ewan, dall'altra parte, la imita.
― Tempo scaduto ― dice Valek riapparendo. ― Ora dobbiamo proprio andare.
Lyra fa un cenno di saluto a Ewan, che le sorride.
***
Valek accompagna Lyra alla cabina di Vilna. ― Sei silenziosa ― dice l'uomo fermandosi davanti alla porta. ― Non hai smesso di parlare un attimo da quando sei salita a bordo. A che stai pensando, ragazzina?
Lyra gli mostra il medaglione che porta al collo, fino a quel momento nascosto sotto la tunica.
Valek lo esamina alla luce di una torcia. Il luccichio della stella si riflette nei suoi occhi. ― È molto bello. Dove l'hai preso?
― È mio da quando sono nata.
― Bugiarda ― dice Valek ridandoglielo.
― Io non dico bugie ― dice Lyra imbronciata. ― È mio. Ma sarà tuo se ci aiuti a scappare.
Valek la fissa stupito. ― Come, prego?
― A te interessano i soldi, no? Questo vale molte monete. Te lo darò se ci farai scappare.
― E come? Siamo in mezzo al mare. Se prendessi una lancia i marinai di Steon se ne accorgerebbero.
Lyra si stringe nelle spalle. ― Te lo chiedo per favore...
Valek scuote la testa e sorride. ― Non funziona così, ragazzina. Ho dato la mia parola a Steon e non lo tradirò. Io mantengo sempre la parola data.
Lyra sospira e abbassa gli occhi. ― Allora non ci vuoi aiutare?
― Farò in modo che il tuo principe venga trattato bene, ma solo perché mi siete simpatici. ― Valek scrolla le spalle. ― Non posso fare di più per voi.
Lyra annuisce e si infila nella cabina di Vilna, sbattendogli la porta in faccia.
Valek fissa la porta chiusa per qualche istante, poi si gira e torna sui suoi passi.
***
Lyra si sveglia al suono di una campana. Vilna, in piedi al centro della cabina, è già vestita.
― Fai con calma. Siamo arrivati a Lyonesse.
― Di già? ― domanda Lyra sorpresa. La ragazza balza giù dal giaciglio e sgattaiola fuori dalla cabina. Vilna scuote la testa e si lascia sfuggire un mezzo sorriso.
Lyra raggiunge il ponte. Il sole ancora basso sull'orizzonte illumina una striscia di terra brulla e grigia. In lontananza si vedono il profilo di una città aggrappata a delle colline che degradano verso il mare. Ancora più lontano, persa tra le brume del primo mattino, si intravede l'ombra di una fortezza.
― Bello, vero? ― dice Valek raggiungendola. ― Il Castello del Leone ha mura alte come palazzi e spesse trenta metri. Un vero capolavoro.
Lyra storce la bocca. ― Non vedo alberi o prati.
Valek fa spallucce. ― I prati si sono inariditi anni fa e gli alberi li hanno tagliati per costruire navi e fortini. In compenso abbiamo le miniere più ricche del mondo. O almeno lo erano una volta.
― Che posto orribile.
― Questione di abitudine.
La nave si avvicina al molo, i marinai lanciano le funi che vengono legate per assicurarla. Una passerella viene tesa per consentire a due uomini di salire a bordo.
Uno di essi porta un forziere che depone sul ponte, mentre l'altro aspetta con aria impettita.
― Angus ― esclama Steon gioviale emergendo dalle viscere della nave. ― Che piacere vederti ― aggiunge con un sorriso forzato.
Al suo fianco, Vilna sbuffa.
Angus li guarda disgustati. ― Spero tu abbia la merce.
― E tu il compenso.
Angus tira un calcio al forziere, che si spalanca.
Valek si sporge incuriosito.
All'interno si intravedono delle monete d'oro che luccicano.
Steon lancia un'occhiata attenta al contenuto. ― È meno di quanto pattuito ― dice con una smorfia.
― È tutto quello che avrete ― risponde Angus sprezzante. ― Ora dammi il principe.
― È di sotto ― dice Steon.
Valek si avvicina. ― Un momento ― esclama facendo voltare i due uomini. ― La mia parte non sarà abbastanza per pagare i miei debiti.
― E allora? ― domanda Angus con tono di sfida. ― Questo è un tuo problema.
― Diventerà tuo molto presto ― dice Valek estraendo la sciabola.
Angus fa un passo indietro. ― Come osi? Io vengo in nome del re. Ti farò punire.
Steon guarda Valek con sguardo duro. ― Mettila via. Ora ― dice afferrandogli il braccio. L'altro lo prende per il bavero.
I due si fissano in cagnesco per qualche istante.
Valek esita, lascia la presa su Steon e quindi rinfodera la spada. ― Non finisce qui ― dice allontanandosi a passo veloce.
Angus rivolge un'occhiataccia a Steon. ― Tieni a bada i tuoi uomini o la prossima volta verrai punito.
Valek afferra Lyra per un braccio e la trascina via.
― Dove mi porti?
Valek e la ragazza si infilano nel boccaporto e scendono le scale a due a due. ― È ancora valida l'offerta di ieri sera?
Lyra sfiora il medaglione con le dita e annuisce.
― Bene. Ce ne andiamo ― dice Valek spingendola lungo il corridoio.
― Quando?
― Subito.

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Capitolo 11
*** UNDICI ***


Ewan è ancora sdraiato sulla branda, il viso coperto dalle mani. ― Siete venuti a prendermi?
Valek estrae una chiave dal risvolto degli stivali e la usa per far scattare la serratura della cella. ― In piedi. Ce ne andiamo.
Ewan solleva la testa di scatto e balza in piedi. ― Lyra? Che ci fai con lui?
Lyra gli rivolge un sorriso. ― Ci aiuterà a scappare.
Valek li spinge entrambi fuori. ― Andiamo. Non c'è tempo.
Ewan mostra le catene. ― Puoi aprirle?
― Non ho le chiavi per quelle. Ci penseremo una volta a terra.
― Come faremo a scappare? ― domanda Ewan mentre si addentrano tra i corridoi della nave.
― C'è un pozzo da cui viene espulsa l'acqua di sentina. Useremo quello. Dovremo nuotare.
I tre si fermano davanti a una botola. Ewan e Valek si chinano per aprirla. Al di sotto di questa c'è il buio e lo sciabordio dell'acqua.
― Io non so nuotare ― dice Lyra guardandosi attorno.
Ewan le stringe il braccio. ― Ti aiuto io, non preoccuparti.
― Andiamo. ― Valek si infila nell'apertura.
***
Sul ponte, Angus batte a terra il piede impaziente. ― Quanto ci mettono i tuoi marinai a prendere il prigioniero?
Steon si guarda le spalle nervoso. ― Dovrebbero già essere qui.
Due marinai emergono da un boccaporto, l'espressione preoccupata.
― Dov'è il principe? ― chiede Steon.
― È scomparso ― risponde uno dei marinai. ― La porta della cella era aperta.
Steon si porta la mano al petto, fruga in una tasca interna. ― Valek ― dice mostrando i denti come in un ringhio. ― A quest'ora avrà già lasciato la nave. Trovatelo, non può essere andato lontano ― grida ai marinai.
― Padron Vortiger non sarà affatto contento ― sibila Angus.
Steon si volta di scatto, la mano sull'elsa della sciabola. ― Sei ancora sulla mia nave?
― Io...
Steon da un calcio al forziere. ― Prenditi il tuo oro e vai dal tuo padrone. Digli che se vuole il principe dovrà pagare il triplo di quanto pattuito in anticipo. ― Si volta verso Vilna e le sussurra. ― Prendi tutti i marinai che puoi e setaccia il porto palmo a palmo. Trova Valek e il principe. Vai.
Vilna mugugna qualcosa e si allontana.
***
Le mani di Valek si afferrano salde a una scaletta di metallo che affonda nell'acqua. La testa e il resto del corpo emergono subito dopo.
Saliti i due scalini, si volta per dare una mano a Lyra e Ewan subito dietro di lui. Il principe tiene per la mano la ragazza, che tossisce e sputacchia acqua.
― Su su, svelti non c'è tempo ― li incalza Valek guardandosi attorno.
Sono su di un molo isolato rispetto agli altri, la vista in parte coperta da due magazzini. All'estremità opposta del porto si intravedono i due alberi della nave di Steon.
― Concedici un secondo per riprendere fiato ― dice Ewan affannato.
― A quest'ora ci staranno già dando la caccia ― risponde Valek preoccupato. ― Lascia qui la ragazza. È te che vogliono.
― No ― esclama Ewan. ― Non vado da nessuna parte senza di lei.
Lyra si raddrizza. ― Ce la faccio ― dice con un filo di voce.
Valek si mette in testa al gruppo. ― Da questa parte.
I tre si dirigono verso un gruppetto di case con le facciate dai colori sgargianti. Si infilano in uno dei vicoli inoltrandosi nel cuore della città.
Ewan guarda i palazzi addossati l'uno all'altro con sguardo preoccupato. ― Sei sicuro di sapere dove stiamo andando?
― Conosco questa città come le mie tasche ― risponde sicuro Valek. ― Da ragazzo facevo da spola tra i quartieri per consegnare il pesce appena pescato.
Lyra si guarda attorno. ― Non facevi il contadino?
Valek scrolla le spalle. ― Ho fatto molte cose. Alcune piuttosto spiacevoli, ma la peggiore di tutte è stata lavorare come contrabbandiere sulle navi di Lord Vortiger.
― Vortiger? ― chiede Ewan accigliato. ― Ho già sentito questo nome.
― È lui che comanda a Lyonesse. Gestisce il contrabbando da quando Avalon ha chiuso le rotte commerciali con la sua flotta. ― Guarda Ewan. ― Voi avete ridotto alla fame la popolazione di questo regno.
― Noi?
― Tuo padre. Il re Philip.
― Non è vero! ― esclama Ewan con il pugno chiuso.
Valek ghigna e scrolla le spalle. ― Guarda in che stato è ridotta questa città. E tutto per colpa della stupida rivalità tra tuo padre e re Leonida.
Il vicolo termina con un muro di mattoni rossi. Qui un gruppo di mendicanti tenta di scaldarsi davanti a un falò improvvisato.
Valek fa cenno ai due ragazzi di seguirlo.
Lyra si ferma a guardare i mendicanti. ― Quella gente non ha da mangiare?
― Questa gente non ha niente ― dice Valek alzando la voce. ― Niente lavoro, niente casa, niente cibo. Vivono di quello che trovano e ormai è rimasto molto poco.
― Ma non è giusto ― protesta Lyra.
Valek indica Ewan. ― Dillo a lui.
Il ragazzo gli rivolge un'occhiataccia. ― Ti ho detto che io non c'entro. È una questione tra mio padre e re Leonida. Se avessi la possibilità di fare qualcosa... ― Si ferma a metà della frase, gli occhi che fissano il vuoto. ― Un momento. Io posso fare qualcosa. Ma certo. ― Fa schioccare le dita. ― Andrò da re Leonida e lo convincerò a mettere fine a tutto questo.
Valek ridacchia. ― Tu cosa? Leonida ti farà decapitare se solo...
― Andrò da lui come tuo prigioniero ― dice Ewan sicuro. ― Avrai una lauta ricompensa se mi porterai dal re. Al resto penserò io.
― Ragazzo, tu non mi ascolti.
― Non lo fa mai ― dice Lyra rassegnata.
― Sono un principe ― dice Ewan gonfiando il petto.
Valek lo afferra per il bavero. ― Il re ti ucciderà prima ancora che tu abbia la possibilità di aprire bocca.
― Non lo farà.
― Che cosa ne sai?
Ewan si libera della presa. ― Non lo so. Diciamo che lo sento. Ascoltate, mio padre non mi lascerà nelle mani di Leonida. Se lo conosco bene, in questo momento la flotta sta già venendo qui. Ci sarà una guerra. E molta gente si farà male e soffrirà. ― Indica i mendicanti. ― Le cose andranno molto peggio di così. ― Si tocca il petto. ― Sono l'unico che può impedirlo.
― Come? ― domanda Valek. ― In che modo convincerai re Leonida e tuo padre a non combattere?
― Gli chiederò perdono ― dice Ewan sicuro.
Valek si passa la mano sul viso. ― È un piano così assurdo che potrebbe anche funzionare. E visto che non possiamo tornare ad Avalon, la cosa migliore da fare è portarvi al castello e intascare la ricompensa. Così almeno uno di noi sarà felice.
― Al castello allora ― dice Ewan prendendo Lyra per mano.
La ragazza lo segue.
***
Ewan si appiattisce contro il muro. Dietro di lui, Lyra si guarda attorno. Il vicolo è immerso nell'oscurità. Da qualche parte davanti a loro giunge l'eco di passi e di voci confuse.
Valek fa loro cenno di attendere.
Ewan si sporge da dietro un angolo. ― È libero. Possiamo andare. ― Prende Lyra per la mano e la trascina.
― No ― esclama Valek.
Due ombre si allungano sul muro alla loro sinistra.
Ewan si blocca all'improvviso. Lyra va a sbattergli contro la spalla e perde l'equilibrio. La ragazza incespica, ma rimane in piedi. Valek mette mano alla sciabola.
Da una stradina laterale emergono quattro figure umane.
― Ho sentito un rumore ― dice una voce.
Vilna, seguita da tre marinai, emerge dall'oscurità. ― Eccoli ― esclama indicandoli.
I marinai snudano le sciabole.
Valek estrae la sua e li fronteggia.
Ewan indietreggia con Lyra che si nasconde dietro la sua schiena. ― Scappa ― dice alla ragazza.
― No ― risponde lei, gli occhi puntati sulle lame.
― Vai ― la incita lui. ― È me che vogliono.
I marinai sono a un passo, quando Vilna afferra il primo e lo sbatte contro il muro. Gli altri due si voltano sorpresi, solo per essere colpiti uno alla testa e l'altro allo stomaco.
― Niente male ― esclama Valek rinfoderando la sciabola. ― Che vuoi fare adesso?
Ewan guarda stupito la donna che torreggia sui tre marinai stesi a terra e privi di coscienza.
Vilna indica il vicolo dal quale è arrivata. ― Andate da quella parte. Non fermatevi per nessun motivo.
Ewan annuisce e prende Lyra per la mano.
La ragazza si ferma davanti a Vilna. ― Grazie.
― Di niente cara. Ti sei scelta un bravo ragazzo. Molto meglio di quelli che ho incontrato io. ― La donna mostra un sorriso pieno di vuoti, ma sincero. ― Ora vai. Svelta.
Valek, Ewan e Lyra spariscono nel vicolo.
***
Andrev salta in acqua e spinge la barca fino alla riva. Dietro di lui, Nadira e Stefan scendono solo quando l'imbarcazione è affondata nella sabbia.
Gli occhi di Andrev scrutano la spiaggia, una mezzaluna racchiusa tra due promontori di roccia. In lontananza si scorge il profilo di una città.
― Siete sicuro ― dice Stefan aiutando la moglie e scendere. ― Che nessuno ci ha visti arrivare?
Andrev svuota uno stivale pieno d'acqua. ― Conosco bene le coste di Lyonesse. Nessuno sa che siamo qui.
Stefan prende Mido e lo deposita sulla spiaggia. Il cane si guarda attorno, accenna a fare qualche passo e poi si accuccia.
― Il tuo cane non si regge in piedi ― dice Andrev puntando verso uno dei promontori. ― Ci rallenterà.
Berthé si avvicina al cane e gli schiocca una leccata in pieno viso. Mido rimane fermo, gli occhi tristi e bassi.
Stefan lo accarezza dietro le orecchie. ― Lui viene con noi. È parte della famiglia.
Andrev scrolla le spalle. ― Basta che non mi stia tra i piedi.
Il gruppo si mette in marcia diretto al promontorio. Arrivati a una scalinata, Mido si rianima e abbaia in direzione della città.
― Deve aver fiutato qualcosa ― dice Stefan accarezzando il cane.
Andrev si guarda attorno. ― Andiamo. Ma con prudenza. Siamo in territorio nemico.
***
Lyra, piegata in due si appoggia a un albero rinsecchito per riprendere fiato. ― Non ce la faccio più ― dice con un filo di voce. ― Fermiamoci un attimo.
Ewan si guarda indietro, verso la strada polverosa che esce dalla città e si inerpica su colline coperte da una rada erbetta gialla. Gli alberi rinsecchiti gettano ombre spettrali davanti al sorgere del sole.
Valek ha la mano sulla sciabola, lo sguardo attento che perlustra i dintorni. ― Solo per qualche minuto. Qui siamo troppo allo scoperto.
― Che posto orribile ― dice Lyra guardandosi attorno.
― Una volta doveva essere diverso. ― Ewan indica col braccio un mulino. La ruota che utilizza l'acqua come fonte di alimentazione giace nel letto prosciugato di un fiume che scorreva nelle vicinanze.
― Lo era ― dice Valek malinconico. ― Ricordo che da ragazzo amavo passeggiare per i boschi.
― Che cosa sarà successo a questo posto?
― Il re ha fatto distruggere ogni albero di Lyonesse per costruire la fortezza e la flotta.
― Non ho visto nessuna flotta al porto ― dice Ewan.
― È dispersa per tutti i mari conosciuti alla ricerca di ricche navi da depredare e merci da contrabbandare. La fame ci ha ridotti a questo ― aggiunge staccando un rametto secco.  ― Dobbiamo rimetterci in marcia. Il castello di re Leonida non è lontano.
Lyra si stacca dall'albero. I due ragazzi camminano fianco a fianco, i piedi che affondano in un leggero strato di polvere e sabbia che ricopre la strada lastricata di pietre.
Valek li precede di qualche passo, gli occhi rivolti alla pianura desolata e polverosa.
― Sei preoccupato per Andrev? ― domanda Lyra guardando il viso imbronciato di Ewan.
Lui si stringe nelle spalle. ― È in gamba. Sono sicuro che se la caverà.
― Lo penso anche io ― risponde la ragazza. ― Voi due vi conoscete da molto?
― Da quando sono nato. È una specie di fratello maggiore per me. Si preoccupa molto e io non gli ho mai reso la vita facile ― risponde Ewan con un debole sorriso. ― Tu hai fratelli, vero?
Lyra annuisce. ― Quattro per la precisione e tutti più grandi. E sono molto protettivi.
― Saranno preoccupati. Mi spiace di averti trascinato in questa storia ― dice Ewan con occhi bassi.
Lyra gli posa una mano sul braccio. ― Ho scelto io di venire. Tu non hai colpa.
Ewan le accarezza la mano.
― Cosa dirai a re Leonida per convincerlo?
― Non lo so ancora. Ma spero che mi venga in mente prima di arrivare al castello.

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Capitolo 12
*** DODICI ***


Andrev raggiunge la cima del promontorio e guarda di sotto. Lì il mare e la terra formano un arco che sembra sparire dietro l'orizzonte. Gli occhi del ragazzo vagano fino a incontrare una nave che si avvicina a vele spiegate. In cima all'albero più alto sventola la bandiera con l'unicorno.
Andrev apre la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiude.
Dietro quella prima nave ce ne sono altre. E altre ancora più dietro.
Dal basso arriva la voce di Stefan. ― Che cosa si vede da lì?
― Niente di buono ― dice Andrev, gli occhi ridotti a due fessure.
Berthé si struscia sulle sue gambe. Andrev l'allontana con un gesto brusco della mano. La capretta lancia un belato di indignazione e si rifugia tra le braccia di Nadira, che fissa il cavaliere con sguardo ostile.
― Perché siete così cattivo con lei? ― chiede la donna. ― In fondo non vi ha fatto niente di male.
― È sporca ― risponde Andrev senza guardarla. ― E puzza.
― Berthé non puzza ― risponde la donna indignata. ― Forse solo un poco, ma è normale per una capretta. È il suo odore.
Andrev arriccia il naso. ― È disgustoso. Come fate a sopportarlo?
― Siamo pastori ― dice Stefan con tono rassegnato. ― Non date retta a mia moglie. Lei non capisce quanto siano raffinati i nobili. Il vostro naso è più sensibile.
Andrev si volta, apre la bocca per dire qualcosa ma esita e la richiude. Riprende a camminare nella direzione che stava seguendo.
Dietro di lui, Nadira lancia un'occhiataccia a Stefan che si stringe nelle spalle.
***
La grata del cancello è abbassata. Una mezza dozzina di soldati montano di guardia. Sembrano annoiati e distratti, alcuni sbadigliano e non fanno caso alle tre figure che si avvicinano. Un fossato largo cinque metri corre lungo la base delle mura.
― È enorme ― dice Lyra, gli occhi rivolti in alto.
Ewan si morde il labbro. ― È grande almeno il doppio del nostro castello. E guarda quelle torri. Avranno cinquanta feritoie ciascuna.
― A che serve un castello così grande? ― domanda la ragazza stupita.
Ewan scrolla le spalle. ― A difendersi, credo. Re Leonida ha paura che Avalon invada il suo regno.
Valek fa loro cenno di fermarsi poco prima di raggiungere il cancello. Le guardie si accorgono dei tre e si avvicinano, armi alla mano. ― Fate parlare me ― dice l'uomo staccandosi per andare incontro ai soldati. ― Salve ― dice alzando il braccio in segno di saluto.
Le guardie lo osservano diffidenti. ― Chi sei? Che ci fai qui?
― Noi, noi ecco...
― Allora? ― lo incalza il soldato, la picca puntata verso il petto di Valek.
Ewan si fa avanti. ― Sono il figlio di re Philip di Avalon e desidero parlare con il vostro sovrano.
I soldati lo squadrano dalla testa ai piedi. ― Tu saresti un principe? ― Guarda gli altri soldati, che scoppiano a ridere.
― Ewan di Avalon ― risponde il ragazzo con una mano sul petto e il tono orgoglioso. ― E ora portateci dal vostro re. Devo conferire urgentemente con lui e mi sta aspettando.
― Certo ― dice uno dei soldati. Le guardie si fanno da parte come a invitarli a entrare nel castello.
Ewan supera Valek con passo solenne.
― Sei sicuro di quello che fai? ― gli sussurra l'uomo.
― Tu hai un'idea migliore?
Valek fa spallucce.
Lyra corre per affiancare Ewan. ― E adesso che facciamo?
***
I soldati tengono d'occhio Lyra, Ewan e Valek nel cortile del castello. I due ragazzi siedono su una panchina di roccia, mentre il mercenario cammina con le mani intrecciate dietro la schiena.
― Sei nervosa?
Lyra scuote la testa. ― No.
Ewan ridacchia. ― Beata te. Io ho una paura tremenda.
― Andrà tutto bene― dice la ragazza con voce calma. ―   Stai facendo la cosa giusta. Il re lo capirà.
― Lo spero.
Vortiger fa il suo ingresso da una porta nascosta dietro un lungo colonnato. ― E così tu saresti il piccolo principe Ewan ― dice avvicinandosi con passo lento.
Il ragazzo balza in piedi e gli va incontro. ― In persona ― dice piazzandosi davanti al nuovo arrivato. ― E tu sei...
― Lord Vortiger ― risponde inchinandosi. ― Primo Consigliere di re Leonida.
― Onorato di conoscerti. Voglio parlare con re Leonida.
― In questo momento è occupato.
Ewan tenta di superarlo ma Vortiger gli sbarra la strada. ― È questione di pochi minuti.
― Il tempo di un sovrano è prezioso. Sta preparando i piani per la guerra con Avalon.
― Sono qui per questo.
Vortiger gli lancia un'occhiata dubbiosa. ― Chi mi assicura che tu sia chi dici di essere?
Ewan gonfia il petto. ― Come osi mettere in dubbio...
― Lascialo avvicinare ― dice una voce alle loro spalle. Sulla stessa porta da cui è uscito Vortiger si staglia la figura di un uomo.
Vortiger si inchina e si fa da parte.
L'uomo avanza di qualche passo. Una lama di luce gli illumina il viso. Il volto è scavato, la barba bianca con solo qualche traccia di nero, i capelli radi e grigi. Il fisico è imponente ma le spalle curve.
Lyra e Valek sono al fianco di Ewan, che deglutisce a vuoto ma non indietreggia.
L'uomo si avvicina a passo lento, gli occhi chiari puntati sul ragazzo. ― Così tu saresti il figlio di Philip?
Ewan annuisce. ― Lo sono. ― Fa un leggero inchino con la testa.
L'uomo si ferma a un paio di passi di distanza. Ewan fatica ad arrivargli alla spalla. ― Sei proprio uguale a tuo padre ― dice con tono rassegnato. ― Lo stesso sguardo sfrontato, la stessa arroganza di chi pensa che tutto gli sia dovuto per diritto di nascita.
Ewan apre la bocca per rispondere ma la richiude subito dopo.
― Hai coraggio a venire qui da solo ― aggiunge l'uomo. ― Sono re Leonida di Lyonesse e sono davanti a te. Cos'hai da dirmi di così importante, Ewan di Avalon?
Ewan prende fiato. ― Una volta tu e mio padre eravate amici.
Leonida, le mani incrociate dietro la schiena, annuisce solenne. ― È vero. Una volta lo eravamo. Ma è stato molti anni fa.
― Non potete esserlo di nuovo?
― Quello che chiedi è impossibile.
― Per il bene di entrambi i regni.
Leonida gli lancia un'occhiata torva. ― Credi che io non sappia cosa accade fuori da queste mura, ragazzo?
Ewan abbassa gli occhi. ― Non volevo dire questo...
Leonida si volta e guarda il cielo. ― Una volta Lyonesse era prospero. Non è mai stato un regno ricco o potente, ma quello che avevamo era sufficiente per rendere tutti felici. Poi un giorno. ― China la testa come se un peso lo schiacciasse. ― Un giorno tuo padre decise di portarci via tutto. Tutto.
Ewan deglutisce a vuoto. ― Sono sicuro che si può ancora rimediare...
Leonida si gira di scatto, gli occhi socchiusi. ― Il re di Avalon ― dice a voce alta. ― Tuo padre ― aggiunge con tono calmo. ― Ci ha ridotti alla fame. Ha spezzato i nostri commerci con gli altri regni, avvelenato i nostri fiumi, inaridito le terre. Tutto ciò che abbiamo è il ferro che estraiamo dalle miniere. E quello lo utilizzeremo per costruire spade e lance da usare contro di voi ― conclude puntandogli l'indice contro il petto.
― Mio padre non può aver fatto ciò che dici ― risponde Ewan.
Leonida sgrana gli occhi. ― Mi stai dando del bugiardo?
― Non è quello che ho detto. Ciò che intendevo dire è che anche Avalon ha sofferto molto in questi anni e...
Leonida alza la mano per colpirlo. ― Taci.
Lyra si frappone tra i due. ― Ti prego non colpirlo ― esclama la ragazza.
Leonida la fissa con gli occhi spalancati, il respiro pesante e la mano sollevata sopra la spalla. I suoi occhi vagano sul viso della ragazza. ― E tu chi sei? Come osi metterti in mezzo in questioni che non ti riguardano?
Ewan la spinge via. ― Lei non è niente. Lasciala stare.
Valek prende Lyra per le spalle e la allontana.
Leonida la segue con lo sguardo. ― Stavo dimenticando le regole dell'ospitalità ― dice rivolto a Ewan con voce piatta. ― Non posso dirmi lieto di averti nel mio castello, ma hai avuto coraggio a venire qui tutto da solo. È più di quanto abbia fatto tuo padre in tutti questi anni. Vortiger.
― Maestà?
― Fai preparare delle stanze per il principe e i suoi... amici.
Vortiger si inchina. ― Sarà fatto.
― Non abbiamo ancora finito ― dice Ewan impuntandosi.
― Invece sì. ― Leonida fa un cenno alle guardie. I soldati si avvicinano. ― Accompagnateli alle loro stanze.
― Siamo prigionieri?
Leonida si volta di scatto e si allontana. Vortiger lo segue.
― Maestà ― sussurra appena varcata la porta. ― Permettetemi di darvi un consiglio.
Leonida, gli occhi bassi, scuote la testa. ― Non ora.
― Insisto...
― Ho detto che non è il momento ― dice Leonida alzando la voce. ― Vado nelle mie stanze. Non voglio essere disturbato.
Vortiger china la testa. ― Come volete.
***
― Volevo solo aiutarti ― dice Lyra con le lacrime agli occhi.
Ewan sposta lo sguardo dalla porta alla ragazza. ― Lo so. Mi spiace, ma pensavo che ti avrebbe colpito.
― Quell'uomo è crudele.
― Sta buona ― dice Valek guardando le guardie. ― È pur sempre il re e gli devi rispetto.
― Non è il mio re ― risponde la ragazza imbronciata.
― Un re è un re ― replica Valek. ― Imparalo in fretta o finirai male, ragazzina.
― Io non... ― inizia a dire Lyra.
Vortiger riappare, l'espressione accigliata. ― Da questa parte. Vi mostro le vostre stanze.
Vortiger fa un cenno a Lyra. ― Tu puoi andartene, piccola stracciona.
― Bada a come parli ― dice Ewan.
― Voglio rimanere ― risponde lei a testa alta.
Vortiger scrolla le spalle ― Come preferisci.
Valek alza una mano in segno di saluto. ― Io ho fatto il mio dovere e me ne vado. Se non sbaglio c'era una ricompensa, giusto?
Vortiger lo guarda con sospetto. ― Come mai tanta fretta di andarvene? Non gradite l'ospitalità del re?
― Assolutamente no, che dite? Sarei onorato di fermarmi per qualche giorno, ma ho degli impegni urgenti giù al porto e...
― Che genere di impegni? ― lo incalza Vortiger. ― Dovete forse riferire a qualcuno cosa sta succedendo al castello?
Le guardie si stringono attorno a Valek che fa spallucce. ― Ora che ci penso, non sono tanto urgenti come credevo.
Vortiger lo fissa in cagnesco. ― Da questa parte.
***
― Dovevi andartene ― dice Ewan con tono di rimprovero mentre seguono Vortiger attraverso un corridoio di pietra. ― È inutile che tu rimanga qui con me.
― È qui che devo stare invece ― risponde la ragazza.
Ewan sospira rassegnato. ― Come vuoi. Ma poi non venire a lamentarti con me.
Vortiger si ferma dinanzi a una porta. Un valletto la spalanca. All'interno vi è un letto a baldacchino, un armadio e un tavolo con delle sedie. ― È di tuo gradimento?
Ewan si guarda attorno. ― Direi di sì.
Lyra arrossisce. ― Dovremmo stare nella stessa stanza? ― domanda a voce bassa.
Vortiger le scocca un'occhiataccia. ― Certo che no, piccola stracciona. Per te c'è un posto nelle celle della servitù. Lì starai benissimo.
Lyra annuisce, ma il rossore non abbandona le sue guance.
Ewan guarda minaccioso Vortiger. ― Lei è una mia amica. Deve essere trattata bene.
― Non le mancherà nulla.
― Intendo dire che le darai una stanza simile alla mia ― risponde Ewan a muso duro.
― Tu non puoi darmi ordini, ragazzino.
― Io sono un ospite. Hai dimenticato quello che ha detto il tuo re? Devi trattarci con rispetto.
Vortiger lo guarda in cagnesco. ― E sia. La tua amica popolana avrà una camera tutta sua. Contento?
― E devi chiamarla Lyra ― aggiunge Ewan. ― È questo il suo nome.
Il viso della ragazza si illumina.
Vortiger fa cenno alla ragazza di seguirlo. ― Da questa parte... Lyra. Ti affiderò a qualcuno che si occuperà di te. Gwenola!
Una vecchia dal corpo minuto si affaccia sulla porta. ― Comandate, Lord Vortiger.
― Porta la signorina Lyra nell'ala ovest e sistemala in una delle stanze libere.
― Non so se Lady Jolane sarà d'accordo.
― È un ordine ― esclama Vortiger stizzito. ― Lei comprenderà.
Gwenola si inchina. ― Da questa parte cara.
Lyra si volta verso Ewan, che le fa un cenno con la testa.
― Vai ― dice il ragazzo. ― Ti tratteranno bene.
Lyra annuisce e segue la vecchia.
Vortiger rivolge un inchino a Ewan. ― Col tuo permesso, principe. ― Chiude la porta con un tonfo sordo che fa sobbalzare Ewan.
Rimasto solo, il ragazzo emette un profondo sospiro e si lascia andare sul letto.
***
― Tu starai qui ― dice Gwenola guidando Lyra per mano nella stanza.
La ragazza lancia occhiate intimorite al letto a baldacchino a due piazze, alle lenzuola tutte ricami e merletti e ai cuscini di seta. La luce del sole filtra dall'unica finestra coperta da tende color azzurro chiaro. Oltre di esse si intravede un ampio balcone.
Gwenola apre l'armadio con un gesto deciso. All'interno si intravedono vestiti di ogni foggia e colore. ― Ora vediamo di renderti presentabile.
Lyra sgrana gli occhi quando la vecchia tira fuori un abito color rosa con ricami in argento. ― Devo mettermi quello?
Gwenola le lancia un'occhiata di sbieco. ― Devi vestirti in modo consono a una ragazza della tua età. Non puoi andartene in giro conciata in quel modo.
Lyra si guarda la gonna rattoppata e i piedi nudi. ― Cosa c'è che non va?
― Tutto ― risponde secca Gwenola. ― La mia signora si arrabbierebbe moltissimo a vederti vestita così. Ora togliti quegli stracci.

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Capitolo 13
*** TREDICI ***


 Gwenola si affaccia sulla soglia della porta.
All'interno della stanza, una donna siede su una poltrona davanti a una scrivania, una penna stretta tra le mani.
― Mia signora? Vi disturbo?
La donna si volta. Il viso dai lineamenti dolci e regolari è incorniciato da capelli biondi dai riflessi color rame che le scendono fino sulle spalle. ― Ormai sei qui ― dice senza entusiasmo.
― C'è la nuova ragazza di cui le ho parlato prima.
La donna annuisce e si alza con un gesto solenne. ― Falla entrare.
Gwenola si fa da parte. Dietro di lei, avanza con passo incerto una ragazza dal corpo esile e la schiena dritta. Indossa un vestito verde chiaro con ricami in oro e un vistoso fiocco blu legato in vita.
― Ricordati quello che ti ho detto ― le sussurra Gwenola.
Lyra annuisce. Con passi misurati avanza fino al centro della stanza e fa un inchino impacciato su gambe traballanti.
La donna le rivolge un'occhiata scettica. ― E tu saresti?
― Lyra ― risponde la ragazza con un fino di voce.
― Lyra ― le fa eco la donna. ― Io sono Lady Jolane. Gwenola e io ci occupiamo di tenere in ordine il castello, o almeno ci proviamo.
― Sì, signora.
― Sei mai stata in un castello, cara?
Lyra scuote la testa.
― Da dove vieni?
La ragazza guarda Gwenola, che le fa un cenno con la testa. ― Ho sempre vissuto sulle montagne attorno ad Avalon, con la mia famiglia.
Il viso di Jolane si illumina. ― Sei una contadina?
― Mio padre è un pastore.
La donna le rivolge una smorfia di delusione. ― Una pastorella. E come mai sei venuta qui a Lyonesse?
Lyra ridacchia e sposta una ciocca di capelli. ― In verità è una storia piuttosto lunga.
Jolane solleva un sopracciglio.
Lyra deglutisce e prende fiato. ― Prima c'è stata la festa di primavera, poi quei pirati che ci hanno rapiti e infine il mercenario che ci ha accompagnati fin qui.
Jolane la guarda accigliata. ― Mercenario?
Gwenola solleva la testa di scatto come se fosse stata punta. ― Mia signora, stavo giusto per dirvelo...
― Dirmi cosa? ― le domanda Jolane alzando il tono della voce.
Gwenola si stringe nelle spalle. ― Lui è qui.
Jolane la fissa in silenzio. ― Intendi dire... proprio lui?
Gwenola annuisce.
― Con che coraggio osa presentarsi al castello? ― esclama Jolane voltandosi di scatto, i pugni chiusi. La donna marcia come una furia verso la porta. ― Chiederò a Leonida di cacciarlo via. Anzi, di metterlo in catene.
Lyra fa appena in tempo a scansarla e la guarda uscire di corsa. ― Che cosa ho detto di male?
― Niente cara ― dice Gwenola correndo dietro a Jolane.
― E perché vuole fare del male a Ewan? ― Lyra saltella e barcolla cercando di tenere il passo delle due donne.
Gwenola fa un gesto vago con la mano. ― Oh, non ce l'ha col principe, ma col mercenario.
― Valek? Che ha fatto di così terribile?
― Niente, a parte abbandonare la mia signora sull'altare.
Lyra le rivolge un'occhiata stupita.
― Dovevano sposarsi, ma all'ultimo lui non si presentò. La mia signora non l'ha mai perdonato.
***
Ewan, seduto sul letto, guarda Valek andare avanti e indietro per la stanza.
― Non va bene ― dice il mercenario con le mani dietro la schiena. ― Dovrei essere miglia lontano dal castello a quest'ora.
― Perché sei così nervoso?
Valek si ferma e si tocca il petto con l'indice. ― Nervoso? Io? Cosa te lo fa pensare, ragazzo?
Ewan fa spallucce.
La porta si spalanca all'improvviso. Jolane si precipita all'interno, l'espressione furibonda. ― Tu ― dice puntando l'indice contro Valek. ― Hai commesso il peggior errore della tua vita venendo qui.
Valek si ritrae, le mani alzate come a volersi difendere dall'aggressione. ― Posso spiegarti.
Jolane gli si piazza davanti, le mani sui fianchi. ― Spiegare? Cosa? Non ti fai vedere per anni e poi all'improvviso ricompari. Perché sei venuto al castello? Cosa speri di ottenere?
― Niente. Se mi lasci parlare ti spiegherò tutto.
Lyra e Gwenola si affacciano sulla porta.
Alla vista della ragazza Ewan balza in piedi, gli occhi sgranati. ― Lyra? Sei proprio tu?
La ragazza arrossisce.
― Sei... stupenda.
Lyra abbassa gli occhi. ― Grazie.
― Allora? ― dice Jolane incalzando Valek.
Il mercenario chiude la porta. ― Sono venuto qui perché lui me lo ha chiesto. ― Con la mano indica Ewan, ancora con lo sguardo fisso su Lyra.
Jolane si volta verso il ragazzo, lo squadra dalla testa ai piedi. ― Lui è...
― Il figlio di re Philip ― dice Valek.
Ewan guarda Jolane e raddrizza la schiena. ― Principe Ewan di Avalon. E voi siete?
Jolane gli rivolge un'occhiataccia. ― Lady Jolane di Lyonesse.
Ewan si inchina. ― Onorato.
― Io no ― risponde la donna. ― Mirande era mia sorella.
Ewan deglutisce a vuoto. ― Mirande era...
― La moglie di re Leonida. La regina che tuo padre ha ucciso.
― Lui non...
― Jolane, ascolta ― inizia a dire Valek prendendola per il braccio.
Jolane si divincola. ― Sei venuto per chiedere perdono?
― Io...
― Perché in questo caso ti dico subito che puoi tornartene da dove sei venuto ― continua Jolane con le lacrime agli occhi e la voce tremante. ― Io non ti perdonerò mai. E nemmeno Leonida lo farà.
Ewan sospira e china il capo.
― Jolane ― dice Valek costringendola a voltarsi. ― Non è qui per chiederti perdono, ma per impedire una guerra.
Jolane si acciglia. ― Guerra?
― Cosa credi che succederà quando re Philip si accorgerà che il suo unico figlio si trova a Lyonesse, nel castello del suo peggior nemico?
La donna lo fissa in silenzio, poi guarda Ewan. ― Tu lo sapevi e sei venuto lo stesso?
― Mi hanno rapito ― dice Ewan guardando Valek.
Il mercenario si stringe nelle spalle. ― Mi servivano soldi.
Jolane si libera dalla presa. ― Leonida non l'avrebbe mai fatto. Anche se odia re Philip, non farebbe del male a suo figlio.
― giù al porto girava voce che Vortiger avesse messo una taglia sul principe ― dice Valek.
― Vortiger? ― Jolane si acciglia. ― Non mi stupirebbe affatto. Quell'uomo sarebbe capace di tutto. Ma senza prove no posso accusarlo.
― Chiunque sia stato a dare l'ordine ― dice Valek. ― Ormai il guaio è fatto.
― Devi andartene ― dice Jolane a Ewan.
― No ― risponde il ragazzo gonfiando il petto. ― Resterò qui. Re Leonida mi ha assicurato la sua ospitalità e non intendo offenderlo scappando come un ladro.
Jolane scuote la testa. ― Sei proprio uguale a tuo padre. Valek, se il principe non vuole andare via, dovremo essere noi a farlo.
Il mercenario si acciglia. ― Che vuoi dire?
― Andremo ad Avalon e spiegheremo a re Philip quello che è successo. Con un po' di fortuna lo convinceremo a non invadere Lyonesse. Almeno per il momento.
Valek scuote la testa. ― È un piano folle. Re Philip ci farà decapitare non appena ci vedrà.
― Una volta eravamo amici. O almeno lui teneva molto a Mirande. Non mi farà del male.
― Ho rapito suo figlio.
Jolane fa un ghigno. ― Forse ne farà a te. Io ci andrò comunque. Gwenola, fai preparare il mio cavallo, voglio partire subito per la capitale.
La vecchia si inchina ed esce dalla stanza. Dietro di lei Jolane.
― Perché non vai anche tu con loro? ― dice Ewan rivolto a Lyra.
La ragazza gli rivolge un mezzo sorriso. ― È la terza volta che cerchi di cacciarmi via. E poi non so cavalcare, li rallenterei.
Ewan guarda Valek.
― Che hai da guardare? ― chiede il mercenario con tono rude.
― Non vorrai farla andare da sola, spero.
― Quella donnajdfjjQuella donna è matta, lo hai visto anche tu. Ci farà uccidere.
Ewan lo guarda incuriosito. ― Sbaglio o ce l'aveva con te per qualche motivo?
― Non so di cosa parlasse. ― Valek si tocca la tempia col dito. ― Te l'ho detto, è pazza.
Lyra ridacchia. ― Dovevano sposarsi.
Ewan la guarda stupito. ― Che cosa? ― poi si rivolge a Valek. ― Tu e Jolane...
― È una storia vecchia ― dice il mercenario. ― E tu non capiresti.
― Devi andare con lei.
― No.
― Sì.
Valek allarga le braccia e alza gli occhi al cielo. ― Ma insomma, non ho fatto già abbastanza per te e la tua fidanzata? Cos'altro vuoi?
Lyra arrossisce e abbassa gli occhi.
― È un viaggio pericoloso ― dice Ewan ridacchiando. ― E Jolane, per quanto sembri una donna forte e determinata, non è in grado di farcela da sola. Le serve una guardia del corpo che si prenda cura di lei. Ed è l'unica speranza che abbiamo per impedire una guerra.
Valek sbuffa. ― Ti costerà parecchio.
― Quanto vuoi?
― Ricomprerai le mie terre quando tutto sarà finito.
― D'accordo. ― Ewan gli porge la mano. ― Affare fatto?
Valek esita, poi stringe la mano. ― Parola di principe?
Ewan annuisce.
Valek fa per uscire, ma Lyra lo blocca sulla soglia.
― Per averci aiutato. ― Si toglie la collana e la porge al mercenario, che la fissa indeciso.
― Non c'è bisogno che te ne privi ― dice l'uomo.
― È una promessa. Io mantengo sempre la mia parola.
Valek prende la collana e se la infila in tasca. Si volta ed esce dalla stanza.
Ewan si avvicina a Lyra. ― Non dovevi farlo.
― Invece sì ― risponde lei sicura.
***
In piedi davanti alla statua della moglie, Leonida fissa il vuoto in silenzio, le mani incrociate dietro la schiena.
La sala non ha aperture né finestre, tranne la porta sovrastata da un arco ovale sotto il quale sosta Jolane, l'espressione incerta.
La donna si avvicina a Leonida con passi lenti. ― Non sapevo che venissi qui. Questa sala mi mette una tristezza... non c'era un posto migliore dove sistemarla? Il giardino per esempio? Da lì si vedono le stelle e lei amava guardarle.
Leonida apre gli occhi. ― Che importanza ha ormai? Lei non può più... ― Nasconde il viso con la mano.
Jolane annuisce. ― Scusami.  Non volevo tormentarti.
Il re fa un cenno vago con la mano. ― Tu credi che lui verrà?
Jolane si avvicina alla statua. ― Lo conosci meglio di me.
Leonida china la testa. ― Non voglio questa guerra. Lyonesse ha già sofferto troppo.
― Non siete obbligati a combattere ― esclama Jolane.
― Ma lui verrà qui per suo figlio. Io farei lo stesso.
― E allora perdonalo.
Leonida la fissa sorpreso. ― Dopo quello che ha fatto a Mirande? Tua sorella?
Jolane annuisce. ― Se non c'è altra soluzione...
Leonida stringe i pugni. ― Combattere. Questa è l'unica alternativa. ― Si volta.
Jolane lo guarda allontanarsi. ― Maestà. Leonida.
Il re si ferma sulla soglia.
― Mi hai accolta nella tua casa, quando sono rimasta sola ― dice Jolane con le lacrime agli occhi.
― Mirande lo avrebbe voluto. Mi hai servito con lealtà. Senza di te il castello sarebbe andato in malora da anni.
La donna trae un profondo sospiro. ― Andrò da re Philip a chiedergli di non marciare su Lyonesse. Gli darò il mio perdono, se sarà necessario.
Leonida scuote la testa. ― Sarà tutto inutile. È me che vuole.
― Ma io voglio provare lo stesso.
― Vuoi la mia benedizione?
― Non ti sto chiedendo il permesso ― dice lei con orgoglio. ― Ti sto solo dicendo che lo farò.
― Allora vai da lui. Ma non tornare più.
Jolane annuisce e torna a guardare la statua, mentre Leonida lascia la sala.
***
Jolane è in ginocchio, le mani giunte all'altezza del cuore. ― Ti prego ― sussurra, gli occhi chiusi. ― Aiutami a convincere Philip. ― Sopra di lei, la statua di Mirande, le braccia alzate al cielo, rivolge lo sguardo al soffitto di pietra. L'unica luce è data dalle torce che corrono lungo le pareti.
Gwenola si avvicina in punta di piedi. ― Mia signora. La vostra cavalcatura è pronta.
Jolane si alza, gli occhi lucidi, volge lo sguardo prima alla statua, poi ai quadri allineati contro le pareti. Qualcuno li ha coperti con un velo nero. La donna si avvicina a uno di essi, solleva il velo e osserva il ritratto della giovane donna che sembra ricambiare il suo sguardo.
La ragazza ritratta è nel fiore degli anni. In piedi alla sua destra, l'artista ha ritratto la versione più giovane di re Leonida. Al collo di Mirande splende la collana col ciondolo a forma di stella.
― Mia signora... ― fa Gwenola.
Jolane si volta. ― Andiamo.

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Capitolo 14
*** QUATTORDICI ***


Le due donne raggiungono le scuderie nel momento in cui Valek sta uscendo con due cavalli tenuti per le briglie.
Jolane gli rivolge un'occhiata ostile. ― E tu che vuoi?
Valek gli porge le briglie di uno dei cavalli. ― Non puoi andare da sola. Troppo pericoloso.
Jolane le afferra con aria sdegnata. ― È stato il ragazzo, vero?
Valek annuisce e le porge una mano.
― È più intelligente del padre. ― Jolane balza in sella con un gesto atletico, lasciando Valek con la mano alzata.
Il mercenario monta in sella a sua volta. ― Non sei affatto cambiata.
Jolane sprona il cavallo al piccolo trotto.
I due escono dal cancello nel momento in cui un terzo cavaliere arriva al galoppo.
Valek gli sbarra il passo quasi facendolo cascare dalla sella.
Angus si afferra alle briglie. ― Che fai? Levati di mezzo se non vuoi che ti faccia arrestare.
Jolane si fa avanti. ― Attento a come parli.
Angus sgrana gli occhi. ― Perdonatemi milady, non sapevo che fosse il vostro accompagnatore. ― Guarda Valek con attenzione. ― Non ci siamo già visti da qualche altra parte?
Il mercenario fa spallucce. ― Mi ricorderei una faccia come la tua.
Angus gli rivolge un'occhiata disgustata.
― Dove vai così di fretta? ― domanda Valek.
― Porto notizie importanti ― risponde Angus gonfiando il petto. ― La flotta di Avalon è arrivata.
Jolane e Valek si scambiano un'occhiata preoccupata.
― E non è tutto ― aggiunge Angus. ― Re Philip è sbarcato con tutto l'esercito e sta marciando verso di noi. Sapete che cosa vuol dire? Che viene a combattere ― conclude entusiasta. ― Col vostro permesso.
Valek lo lascia passare.
Jolane fissa l'esterno del castello. ― Il ragazzo aveva ragione.
― Forse non dovresti venire.
― No ― esclama lei decisa. ― L'unica che può convincere Philip sono io. Andiamo.
I due si lanciano al galoppo.
***
Le dita ossute di Vortiger si stringono attorno al pomello. La porta si apre verso l'interno della stanza, immersa nel buio. ― Maestà? ― chiede sporgendosi con cautela. ― Siete sveglio?
Una figura siede su di una sedia, lo sguardo fisso sul focolare di un camino spento.
― Maestà? ― chiede Vortiger in un sussurro.
― Che cosa vuoi? ― domanda la figura seduta sulla sedia.
― Non volevo disturbarvi, ma ho notizie da riferirvi.
Leonida si alza. L'unica fonte di luce della stanza, una finestrella quadrata che si apre nel muro, gli illumina il viso per un istante. Le guance scavate, il colore pallido e il contorno nero degli occhi gli donano un aspetto spettrale. ― Che genere di notizie?
― Qualcosa che abbiamo atteso e temuto a lungo, Maestà ― dice Vortiger. ― La flotta di Avalon è arrivata.
La mascella di Leonida si serra. ― Il momento è giunto.
― Così pare.
― Convoca tutti i nobili a noi fedeli.
Vortiger si esibisce in un inchino ossequioso. ― Sarà fatto Maestà.
― Non appena radunato l'esercito ci dirigeremo verso gli invasori.
― Non sarebbe più saggio attenderli al castello?
― Come un codardo che si nasconde? ― Leonida scuote la testa. ― Philip ha abbastanza coraggio per affrontarmi a viso aperto. Posso essere da meno?
― Suggerivo solo una strategia...
Leonida lo spinge da parte. ― Tu sei solo un consigliere. Che ne sai di guerra e strategia?
― Non molto a dire il vero ma...
― Ora vai ― ordina Leonida con un gesto sbrigativo della mano. ― Devo preparare un piano di battaglia.
Vortiger fa un passo indietro. ― Come volete. Cosa devo fare con il principe Ewan?
Leonida china la testa di lato. ― Cosa intendi dire?
― A questo punto, sarebbe lecito considerarlo un nemico.
Leonida chiude gli occhi e sospira. ― È solo un ragazzo. Lascialo tornare da suo padre.
― Maestà...
― È venuto in pace. Che se ne vada allo stesso modo.
Vortiger si inchina ed esce.
Ad attenderlo fuori dalla porta c'è Angus appoggiato al muro, le braccia incrociate sul petto e un ghigno dipinto sul volto.
― Sei un idiota ― sibila Vortiger. ― E un incapace.
Angus lo guarda sorpreso. ― Che ho fatto di male stavolta?
Vortiger lo prende per il braccio e lo trascina via. ― Che cosa hai fatto? Te lo dico io. Ti sei lasciato sfuggire il principe. Lo sai quanto è importante per la riuscita del mio piano.
― Non è stata colpa mia. Quel mercenario...
― Dovrai occuparti di lui. E di Jolane.
― Vuoi che...
― Non devono arrivare vivi da re Philip.
Angus annuisce con decisione.
Vortiger lo lascia. ― Vai. E stavolta cerca di non deludermi. Intesi?
Angus gli rivolge un inchino. ― E riguardo al principe che cosa farai? Lo lascerai libero?
Vortiger mostra i denti in una sorta di sorriso. ― Con lui non ho ancora finito.
***
Ewan abbassa gli occhi imbarazzato. ― Ed eccoci qui. Soli.
Lyra guarda da un'altra parte. ― Sì.
― Ehm...
― Hai detto qualcosa?
Ewan scuote la testa. ― Io? No, niente.
― Mi era sembrato che... ― dice lei delusa.
La porta si apre, sulla soglia appare Gwenola. La vecchia li squadra sospettosa. ― Tu, signorina ― dice a Lyra prendendola per mano. ― Abbiamo da fare di sotto.
― Sì milady ― risponde la ragazza con un filo di voce.
Gwenola ride. ― Non sono una signora. Basta un madame per la vecchia Gwenola, piccolina.
― Sì madame ― dice Lyra mentre viene trascinata fuori dalla stanza.
Ewan l'accompagna con lo sguardo, poi emette un profondo sospiro liberatorio e si lascia cadere sul letto, dove affonda nella trapunta.
***
― Questa è la sala della Regina ― dice Gwenola indicando l'ingresso ad arco.
Lyra allunga il collo per guardare oltre la soglia, ma la vecchia la tira via con decisione. ― Non devi mai, ripeto mai, entrare lì dentro senza il mio permesso.
― Sì madame.
Le due percorrono un corridoio dalle pareti incrostate di umidità. ― E non devi mai andartene in giro da sola. Il castello è enorme e rischieresti di perderti.
― Sì madame.
― E smettila di rispondere sì madame a tutto quello che dico.
― Sì mad...
Gwenola rivolge gli occhi al soffitto.
***
Passi metallici risuonano nella sala. Leonida indossa un'armatura grigia che lo copre di metallo dal collo ai piedi, l'elmo sotto il braccio sinistro e la mano destra sull'elsa della spada che pende al suo fianco.
Si ferma davanti alla statua di Mirande, che lo fissa in silenzio.
― Oggi vendicherò la tua morte ― dice con voce priva di tono. ― In un modo o nell'altro, Philip pagherà per quello che ti ha fatto.
Gwenola entra nella sala, il viso rivolto verso Lyra che la segue a un passo di distanza. ― Ora ti insegnerò come si tiene in ordine...
La vecchia si volta di scatto e sgrana gli occhi.
Leonida la fissa in silenzio, lo sguardo accigliato.
Gwenola si affretta a fare un inchino. ― Perdonatemi maestà, non avevo dea che foste qui. Ce ne andiamo subito ― conclude spingendo Lyra verso l'entrata.
― No, restate ― dice Leonida alzando una mano.
Gwenola si ferma.
Gli occhi del re sono fissi su Lyra. ― Tu sei...
― È la pastorella arrivata questa mattina ― si affretta a dire la vecchia.
― Avvicinati ― ordina Leonida.
Lyra guarda Gwenola, che le fa un cenno con la mano ― Vai ― le sussurra.
La ragazza cammina fino a qualche passo di distanza da Leonida, che la guarda sbalordito.
Gli occhi di Lyra fissano un punto in mezzo ai suoi piedi.
Leonida sta per dire qualcosa, ma il rumore di passi metallici gli fanno scattare la testa verso l'entrata. Qui un soldato in armatura attende sulla soglia.
― Maestà ― dice il nuovo arrivato. ― Aspettiamo solo voi.
Leonida trae un profondo sospiro. ― Arrivo subito. ― Si avvia verso l'uscita, ma dopo un paio di passi si ferma e si volta verso Lyra. ― Tu e il principe potete andarvene quando volete.
La ragazza annuisce. ― Grazie maestà.
― Ma se vuoi restare a palazzo, sarai la benvenuta ― aggiunge Leonida.
― Vorrei tornare dalla mia famiglia.
― Capisco ― dice il re voltandosi di nuovo. In pochi passi raggiunge l'uscita e la supera. Il soldato lo segue a un passo di distanza.
Gwenola si avvicina a Lyra. ― Il re ti ha accordato un grande onore, ragazza mia ― sussurra. ― Se fossi in te resterei. Qui a palazzo si sta bene. Di sicuro meglio che sulle montagne tra le capre.
― Mi mancano mamma e papà.
― Pensaci bene prima di prendere una decisione.
Lyra si morde un labbro. Volge lo sguardo verso la statua al centro della sala e poi ai dipinti nascosti da un velo nero. ― Cosa c'è in questa sala?
Lo sguardo di Gwenola diventa triste. ― Ricordi.
― Ricordi?
La vecchia indica la statua. ― Questa era la regina di Lyonesse. Prima che re Philip la rapisse e la uccidesse.
Lyra la fissa sgomenta. ― Lui ha fatto... questo?
Gwenola annuisce grave. ― Molti anni fa Leonida e Philip erano grandi amici, ma poi accadde tutto questo e da allora...
― Ma le cose possono cambiare, no? Un giorno potrebbero tornare amici.
― Quei due non torneranno mai amici. E ora mettiamoci al lavoro. Abbiamo già chiacchierato abbastanza.
***
Philip monta in sella a un destriero. Un valletto lo aiuta a issarsi sulla bestia. Attorno al sovrano si accalcano cavalieri e soldati appiedati armati di lance e spade.
Altri soldati tengono a bada la folla di mendicanti che si accalca ai lati della strada mentre la fila di uomini armati e a cavallo sfila per le vie della città.
Philip fissa senza emozione gli adulti e i bambini che lo osservano ostili dalle finestre e dai balconi spalancati.
Un cavaliere si avvicina al re, lo saluta toccandosi il petto e dice: ― I cavalieri di re Leonida hanno lasciato la città diretti al castello.
Philip fissa l'orizzonte. ― La battaglia avrà luogo lì.
Dietro di lui sopraggiunge Lazare. L'uomo siede in modo sgraziato sul suo cavallo, sbuffa ed emette un lamento ogni volta che la bestia lo fa sobbalzare sulla sella. ― Maestà ― dice con voce affannata. ― Non sarebbe il caso di mandare in ricognizione una o due pattuglie? Giusto per evitare delle imboscate.
Philip scuote la testa. ― Sarebbe inutile. Leonida mi aspetta al castello con tutte le sue forze. Sa che non può andare da nessuna parte. Ci batteremo a metà strada.
― Insisto...
Philip affonda gli speroni nel fianco del cavallo, che parte al piccolo trotto. ― Uomini ― dice ad alta voce col braccio sollevato verso il cielo. ― Soldati di Avalon. Per anni abbiamo atteso e temuto questo momento e infine è arrivato. Oggi metteremo fine alla guerra contro Lyonesse, costi quel che costi.
Soldati e cavalieri alzano lance e spade.
― Viva re Philip!
― Avalon!
Philip indica i confini della città, oltre i quali si estendono le colline desolate di Lyonesse. ― In marcia!
Dietro di lui la colonna di cavalieri si mette in movimento.

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Capitolo 15
*** QUINDICI ***


Mido affonda il naso nel terreno polveroso, alza le orecchie e si volta verso Stefan, che lo segue a un paio di passi di distanza. ― Hai trovato qualcosa vecchio mio?
― Lyra? ― domanda Nadira che cammina al fianco del vecchio pastore.
Andrev sbuffa e si passa la mano tra i capelli resi appiccicosi dal sudore. ― Quel sacco di pulci non troverebbe la sua coda, figuriamoci tua figlia.
Per tutta risposta, il cane inizia a girare su sé stesso cercando di mordersi la coda.
― Visto? ― Andrev scuote la testa affranto e supera l'animale.
Dietro di lui Berthé lancia un belato a Mido, che si ferma e scodinzola verso la capretta.
Stefan lo accarezza dietro le orecchie. ― Su con la vita amico, andrà meglio la prossima volta.
Gli occhi di Andrev puntano l'orizzonte, dove due cavalieri galoppano verso di loro sollevando una nuvola di polvere. ― Non vi muovete ― dice rivolto ai due pastori, la mano che scivola sull'elsa della spada nascosta sotto al mantello.
I due cavalieri rallentano l'andatura in vista del gruppo e si fermano quando Andrev alza un braccio.
― Non vi conviene andare da quella parte ― dice ai due nuovi arrivati.
Il primo cavaliere è una donna dai capelli chiari e lo sguardo determinato. ― Chi siete? Levatevi di mezzo.
L'altro cavaliere è un uomo dai capelli scuri e la mascella squadrata. Al suo fianco ha in bella mostra una sciabola.
Andrev fa per spostarsi, ma gli occhi scivolano alla sciabola e sgranano. ― Tu sei un pirata? ― chiede rivolto all'uomo.
Il cavaliere fa un smorfia. ― Potrei offendermi, straniero. La pirateria è un crimine punito con la morte.
― Anche il rapimento di un principe. ― Andrev estrae la spada e la punta contro l'uomo. ― Pensavi che non ti avrei riconosciuto?
― Valek ― dice la donna. ― Di che cosa parla?
L'uomo non stacca gli occhi di dosso ad Andrev.
― Avanti Valek ― dice Andrev. ― Raccontale come hai rapito il principe Ewan e lo hai portato qui.
― È la verità? ― domanda la donna.
Valek si stringe nelle spalle.
― A terra ― ordina Andrev. ― Tutti e due.
La donna si sporge in avanti. ― Ascoltami, straniero.
― Mi chiamo Andrev.
― Io sono Jolane ― risponde lei con tono calmo. ― Stiamo andando da re Philip.
Andrev si acciglia. ― Perché?
― Per impedire la guerra. Qualunque cosa abbia fatto Valek, riguarda solo voi due. Risolvetela tra voi, ma lasciami proseguire.
Andrev la guarda perplesso. ― Re Philip non ti ascolterà mai.
― Una volta eravamo amici.
― Lo era anche re Leonida e guarda com'è finita.
Jolane emette un sospiro. ― Mi ascolterà.
― Chi te lo assicura?
― Nessuno ― risponde lei esasperata. ― Ma devo provarci. Ora, se vuoi farti da parte... ― Jolane avanza, ma Andrev le punta contro la spada.
Nadira si avvicina. ― C'era anche una ragazza?
― Sì ― risponde Jolane. ― Una pastorella che è arrivata insieme al principe Ewan.
Le gambe di Nadira cedono ma Stefan è lì per sostenerla. ― Sta bene? ― chiede la donna con un filo di voce.
― L'ho lasciata in ottime mani ― dice Jolane sicura. ― È una ragazza molto determinata.
― E di parola ― dice Valek estraendo da una tasca la collana col ciondolo a forma di stella. ― Ha insistito per darmi questa come compenso per averli portati al castello. ― Lancia il gioiello a Stefan, che lo afferra al volo. ― Visto che la conoscete, penso sia in buone mani.
Con mani tremanti Stefan mostra il ciondolo a Nadira, che impallidisce.
― È il suo. Lo riconosco.
Jolane allunga una mano verso Stefan. ― Quel gioiello... come l'hai avuto?
Stefan e Nadira si scambiano un'occhiata. ― È una lunga storia ― dice il pastore porgendo la collana alla donna.
Jolane se la rigira tra le mani. ― Era di Mirande. Come...
― Il mare restituì una donna ― dice Stefan. ― Nadira e io l'aiutammo a partorire una splendida bambina, ma lei non sopravvisse.
Jolane impallidisce, la stella a cinque punte stretta tra le dita. ― Quella bambina...
― La chiamammo Lyra, come la regina che re Philip aveva perso da poco ― continua Nadira. ― Cercammo a lungo il padre della bambina, ma nessuno venne a reclamarla, perciò decidemmo di tenerla con noi.
Stefan stringe la moglie al petto, che piange contro la sua spalla.
Jolane scuote la testa. ― Non è possibile.
― È la verità ― dice Stefan.
La donna infila la collana in una tasca. ― Devo andare da Philip. Subito. Lyra è al sicuro finché si trova al castello.
Andrev si sposta di lato. ― Voi due proseguite per la vostra strada. ― Rinfodera la spada. ― Io devo andare al castello per recuperare Ewan.
― Anche lui starà bene ― dice Jolane. ― Leonida non gli torcerà un capello.
― Farò in modo che non accada.
― Ci sono soldati e cavalieri di Lyonesse tra voi e il castello ― dice Valek.
― So cavarmela piuttosto bene.
― Contro un intero esercito? ― Valek si gratta la tempia. ― C'è una strada che potete prendere. Vi porterà a ridosso del castello evitando la maggior parte delle pattuglie e dei soldati. Da lì in poi dovrete cavarvela da soli.
― Passate per la breccia vicino al torrione occidentale ― dice Jolane. ― Non c'è mai stato il tempo di ripararla. È quasi invisibile dall'esterno, ma dovreste riuscire a trovarla se sapete dove cercare. Vi porterà dentro il castello.
― Grazie ― risponde Andrev.
Jolane si rivolge ai due pastori. ― Prendetevi cura di Lyra.
― Lo faremo ― dice Stefan annuendo.
Jolane parte al galoppo seguita da Valek. Quando questi l'affianca, dice: ― Non ci ho capito niente. Potresti spiegarmi cosa significa quella collana?
Jolane scuote la testa.
***
― Direi che per oggi può bastare ― dice Gwenola raddrizzandosi.
Lyra passa lo straccio sulla cornice facendo attenzione a non toccare il dipinto. ― È lei la donna di cui parlavi prima?
La vecchia annuisce. ― Si chiamava Mirande. Tutti l'amavano, soprattutto Leonida.
Gli occhi di Lyra vagano dal viso sereno della donna ai preziosi vestiti che indossa.
― Andiamo a riposarci un po'.
Le due donne escono dalla sala fianco a fianco. ― Mi riposerò dopo. Prima voglio vedere Ewan. Forse ha voglia di mangiare o di fare una passeggiata.
Gwenola le rivolge un sorriso. ― Vuoi proprio bene a quel ragazzo, non è vero?
Lyra si stringe nelle spalle.
― Lui è un principe e tu sei solo...
― Una pecoraia. Lo so. Me l'hanno già detto.
― Non volevo essere così dura, ma questa è la realtà.
Lyra sospira. ― Non penso che a lui importi molto.
― I ragazzi della sua età sono tutti così.
― È stato tanto caro. Si preoccupa per me.
― Solo perché hai un bel visino. Il destino di ogni principe è di sposare una principessa.
Lyra china la testa in avanti.
Gwenola le poggia una mano sulla spalla. ― Non dare retta a questa vecchia brontolona. Sai che facciamo? Prepariamo un bel pranzo per due e lo portiamo al tuo principe, che ne dici?
― Per due?
― Oh sì. Vuoi morire di fame per caso? ― ridacchia Gwenola.
***
Ewan si sporge dal balcone. Nel cortile del castello, Leonida marcia tra due ali di cavalieri in attesa.
― In marcia ― ordina il re montando a cavallo.
― Così non va' ― dice Ewan guardando i cavalieri farsi strada attraverso il cancello principale. Altri soldati appiedati seguono il piccolo corteo. Appena fuori dalle mura uomini in armi radunati in più file e colonne attendono l'arrivo del sovrano.
Ewan rientra nella stanza. ― Devo parlare con il re ― dice a bassa voce.
La porta si spalanca all'improvviso facendolo sobbalzare. Due soldati armati di spada irrompono nella stanza, seguiti da Vortiger.
Ewan si volta verso la finestra, ma un attimo dopo viene afferrato e costretto a inginocchiarsi. ― Che volete? ― esclama a denti stretti.
Vortiger gli si piazza davanti. ― Dove volevate andare, principe Ewan?
― Devo parlare con il re.
― Il re è partito. È andato a combattere vostro padre, se non lo sapete.
― Cosa?
― Lui è sbarcato a Lyonesse con un un esercito. Penso sia diretto qui.
Ewan tenta di alzarsi ma i soldati lo costringono a rimanere in ginocchio. ― Lasciatemi andare con lui. Convincerò mio padre a deporre le armi.
Vortiger gli rivolge un ghigno. ― È troppo tardi ormai. Niente e nessuno può fermare questa guerra.
― Vi sbagliate. Io posso.
― È per questo che vi farò mettere agli arresti.
― Il re mi ha dato la sua parola.
― Voi siete un nemico ― dice Vortiger con tono severo. ― E un bugiardo. Re Leonida vi ha concesso la sua fiducia e voi lo avete ripagato col tradimento.
― No ― esclama Ewan disperato.
― Dicevate di venire in pace e invece avete portato la guerra. Osate negarlo?
― Posso impedire che ciò accada.
Vortiger fa un cenno alle guardie. ― Portatelo via. Nel sotterraneo.
I due sollevano Ewan e lo trascinano fuori. Vortiger li segue e chiude la porta dietro di sé dopo essere uscito.
***
Lyra tiene in equilibrio il vassoio con entrambe le mani mentre sale le scale una alla volta. Il rumore di una porta che sbatte e l'eco di un grido la fanno trasalire.
Si accuccia sulle scale, il vassoio appoggiato su di un gradino. Alzando la testa, vede due soldati trascinare Ewan per il corridoio, seguiti a pochi passi di distanza da Vortiger, le mani dietro la schiena e un ghigno dipinto sul volto.
― Lasciatemi ― grida il ragazzo.
Lyra si appiattisce sulle scale, gli occhi sgranati, le labbra che tremano. Vortiger e gli altri vengono verso di lei.
― Smettila di gridare o dirò ai soldati di azzittirti ― dice Vortiger gelido.
A una decina di passi da Lyra, Vortiger e i soldati svoltano in un corridoio laterale. La ragazza si guarda attorno, prende un profondo respiro e si alza. Il corridoio è libero.
Lyra corre verso il punto in cui Vortiger e gli altri hanno svoltato. Con cautela si affaccia oltre l'angolo. La strada è libera ma da un'altra svolta proviene l'eco di passi metallici sulla pietra.
La ragazza si appiattisce contro il muro e avanza nella stessa direzione.
***
La strada si snoda tra due colline che formano una gola. Valek e Jolane spronano le loro cavalcature e si infilano nella strettoia. Subito dietro di loro tre cavalieri, sui cui petti si intravede il Leone di Lyonesse.
Jolane gira la testa. ― E questi che vogliono?
― Me ne occupo io ― dice Valek rallentando l'andatura. ― Tu prosegui. Non preoccuparti per me.
Jolane lo guarda di traverso. ― Chi ti dice che mi preoccupo per te?
Valek le mostra un sorriso.
La donna emette un sospiro rassegnato e sprona il cavallo.
Dietro di lei, Valek rallenta fin quasi a farsi raggiungere dai tre inseguitori.
Uno di essi estrae una balestra.
― Volete giocare? ― dice Valek scartando di lato. ― E allora giochiamo.
Alla testa degli inseguitori, Angus digrigna i denti. ― Lasciate perdere il mercenario ― grida agli altri due. ― Prendete la donna.
I due cavalieri annuiscono.
A una biforcazione, Valek si butta a destra mentre i cavalieri guidati da Angus vanno a sinistra.
― Dannazione ― esclama il mercenario.
I due gruppi proseguono per strade parallele, separati da una collina piatta e brulla.
― Più veloci ― grida Angus.
Trenta passi più avanti, Jolane si volta per guardare gli inseguitori.
Valek si lancia al galoppo lungo il fianco della collina, raggiunge la sommità e si butta a capofitto verso la parte opposta, atterrando dieci passi dietro Angus e i due cavalieri.
― Salve a voi ― grida.
I tre si voltano con le balestre strette nella mano, il sole si riflette sulla punta di un dardo già caricato. Uno dei cavalieri si volta e punta l'arma contro il mercenario. Un istante prima di scoccare il dardo lo zoccolo del suo cavallo incespica in un buco. Il proiettile parte e sfiora la testa del mercenario.
Valek sprona la sua cavalcatura, raggiunge il cavaliere ed estrae la spada. Il soldato mette la mano sull'elsa della sua arma, ma il mercenario taglia la fibbia che tiene legata la sella  alla schiena del cavallo.
Il sodato scivola a terra ancora seduto in sella e rotola nella strada polverosa.
― Occupati di lui ― dice Angus all'altro cavaliere prima di lanciarsi all'inseguimento di Jolane.
Il cavaliere punta la balestra contro Valek, ma il mercenario è dietro di lui, in piedi sulla schiena del suo cavallo.
Il soldato solleva la balestra, Valek salta nello stesso momento in cui il dardo parte e lo sfiora alla spalla. Il mercenario atterra dietro all'avversario, lo afferra per le spalle e lo disarciona facendolo finire nella polvere.
Angus è dietro Jolane, che ora si volta di scatto e si piega in avanti. L'uomo punta la balestra e fa partire il dardo, che sfiora la donna alla testa e prosegue oltre.
Dietro di lui avanza Valek, la spada brandita con una mano mentre con l'altra tiene le redini. ― È Vortiger che ti manda? Sei il suo lacchè o sbaglio? ― grida.
L'altro digrigna i denti. ― Non mi pagano abbastanza per questo.
Angus scarta di lato e si infila in un passaggio laterale tra le rocce. Valek lo supera, poi tira le redini e arresta la corsa del cavallo. Jolane prosegue lanciata al galoppo mentre il mercenario torna sui suoi passi. Con cautela si affaccia per guardare. Il sentiero scavato nella roccia prosegue fino a una curva a gomito, oltre la quale non si vede altro.
Valek rinfodera la spada e riparte nella stessa direzione di Jolane.
***
― Il re lo verrà a sapere ― grida Ewan mentre i soldati lo spingono oltre la soglia della cella.
Dietro di lui, Vortiger sorride. ― Tra poche ore il re sarà morto. Con un po' di fortuna, sarà morto anche tuo padre.
I soldati chiudono le sbarre. Una chiave viene fatta girare in una toppa e poi affidata a Vortiger, che la infila in una tasca del vestito.
Ewan si aggrappa alle sbarre e allunga una mano per afferrarlo, ma l'uomo si allontana un attimo prima. ― Che vuoi fare? ― grida il ragazzo.
― Assicurarmi che Avalon e Lyonesse abbiano un solo sovrano. ― Vortiger indica il proprio petto con l'indice. ― Me.
― Tu non sarai mai re ― ringhia Ewan.
Vortiger gli volta le spalle. ― Trovate anche la pecoraia ― dice rivolto alle guardie.
― No ― grida Ewan. ― Lasciala stare. Lei non c'entra niente.
― Sa troppe cose ― dice Vortiger allontanandosi. ― Ma non preoccuparti. La sua fine sarà rapida quanto la tua, te l'assicuro.
Ewan si aggrappa alle sbarre. ― No ― grida. ― Lyra. Scappa.
Vortiger sorride. ― Grida pure quanto vuoi, nessuno ti sentirà. ― Si allontana a passo lento scortato dalle due guardie.

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Capitolo 16
*** SEDICI ***


Lyra si sporge da dietro l'angolo. Dal corridoio proviene l'eco di voci e il rumori di passi veloci. La luce delle torce è appena sufficiente per distinguere il percorso da seguire.
Da dietro un angolo sbucano le guardie e Vortiger. La ragazza si accovaccia e si infila in uno dei corridoi laterali, appiattendosi contro il muro.
Vortiger e i soldati avanzano nella sua direzione, quindi imboccano una delle altre diramazioni sparendo qualche passo dopo.
Lyra emette un sospiro si sollievo e si stacca dal muro. Camminando appiccicata alle pietre si infila nel corridoio percorso poco prima da Vortiger e le guardie.
Arrivata alla svolta getta un'occhiata dall'altra parte. Il corridoio termina in un vicolo cieco. Lungo la parete sinistra sono allineate mezza dozzina di celle, tutte vuote tranne l'ultima.
Lyra si ferma davanti a questa e getta un'occhiata all'interno.
Ewan solleva la testa di scatto e si getta contro le sbarre. ― Lyra ― esclama sollevato. ― Come hai fatto a trovarmi?
― Ho visto che ti portavano qui e li ho seguiti.
― Devi andare via. Subito.
― No.
― Per una volta ― esclama Ewan disperato. ― Vuoi starmi a sentire?
― Devo farti uscire di qui ― risponde la ragazza tirando e spingendo le sbarre di ferro.
― È inutile ― dice Ewan.
Lyra guarda la serratura.
― Vortiger ha la chiave ― dice il principe.
― Forse esiste una copia da qualche parte.
― Potrebbe essere ovunque.
― Vado a cercarla. ― Lyra fa per andarsene, ma lui l'afferra per un braccio.
― Aspetta ― dice Ewan avvicinando il suo viso a quello della ragazza. Attraverso le sbarre i due si fissano per un istante. ― Vai via, Lyra.
La ragazza scuote la testa. ― Tu non mi lasceresti mai qui.
― Invece sì. ― Ewan si morde il labbro. ― Lo farei perché io sono l'erede di Avalon e tu sei... solo una pecoraia.
Gli occhi di Lyra si riempiono di lacrime.
― È così ― dice Ewan sicuro. ― Provo affetto per te. Mi fai tenerezza ma... noi siamo troppo diversi. Non rischierei mai la mia vita per te.
― Io credevo...
― Sei più ingenua di quanto pensassi. ― Ewan deglutisce a fatica. ― Ti illudevi forse che tu e io... ― Ride. ― Il mio destino è guidare Avalon, un giorno. E avrò al mio fianco una vera regina, non una pastorella sprovveduta.
Lyra scuote la testa, le lacrime le rigano le guance.
― Mi spiace ― sussurra Ewan lasciandola andare.
Lei si allontana con gli occhi pieni di lacrime.
Rimasto solo, Ewan si abbandona con la schiena appoggiata alle sbarre, gli occhi chiusi e il viso nascosto tra le mani.
***
Mido si rotola nella polvere, si raddrizza e abbaia a Berthé, che lo ignora e prosegue dritta per la sua strada. Il cane la insegue su zampe malferme.
― La volete smettere voi due? ― esclama Andrev esasperato.
Mido e Berthé si fermano a fissarlo.
― Oh, ma insomma ― esclama Nadira con tono spazientito. ― Che cosa vi hanno fatto quei due capitano?
Stefan le fa cenno di calmarsi con le mani, ma Nadira gli rivolge un'occhiataccia.
― Niente. ― Andrev prosegue dritto.
Nadira lo raggiunge e gli sbarra il passo. ― È da quando siamo partiti che ci trattate come degli stracci per il pavimento.
Andrev sbuffa e tenta di superarla, ma la donna si sposta impedendogli di proseguire. ― Toglietevi di mezzo.
― Ascoltate. ― Nadira gli punta l'indice contro il petto. ― Voi siete pieno di risentimento verso di noi per qualche motivo, ma noi non vi abbiamo fatto niente. Quindi ce l'avete con noi perché siamo dei pastori. So che voi nobili siete arroganti...
― Io non sono nobile ― dice Andrev fissandola negli occhi.
Nadira piega la testa di lato. ― No?
― No ― dice Andrev a muso duro. ― E ora toglietevi di torno se non volete che vi passi sopra.
Nadira si sposta e Andrev prosegue. ― Se non siete un nobile, come avete fatto a diventare capitano?
Andrev si volta di scatto. ― Lavorando duramente sulle navi di Avalon. Facendo i lavori più umili e faticosi che nessuno voleva fare.
― Questo vi fa onore ― dice Stefan. ― Ma non spiega perché ce l'avete così tanto con noi.
― Ho dovuto lavorare come un mulo perché nessuno mi ricordasse le mie origini ― dice Andrev alzando la voce.
― Da dove venite? ― domanda Nadira con tono dolce.
Andrev sospira. ― Se ve lo dico smetterete di domandarmelo?
Stefan e Nadira annuiscono.
Andrev si passa la mano sul viso. ― Vengo da Montfort, un minuscolo villaggio di confine. Mio padre è... era un pastore, proprio come voi. Io ero l'ultimo di sette fratelli. Eravamo così poveri che non poteva darmi da mangiare, così a nove anni decise che ero abbastanza grande da potermela cavare da solo e mi fece imbarcare sulla mia prima nave. Vi restai fino a sedici anni, imparando tutto quello che potevo sulla navigazione. Siete soddisfatti ora?
Nadira si avvicina a Andrev. ― Voi non dovete vergognarvi delle vostre origini, capitano.
Andrev scuote la testa esasperato.
― È vero ― dice Stefan raggiungendo la moglie. ― Non ho mai visto nessun figlio di pastore diventare capitano di Avalon.
― Lo ero una volta, ma ora è tutto finito. Il re mi ha tolto il grado.
― Ma può restituirvelo.
― No ― dice Andrev sicuro. ― Non lo farà. Lui non torna mai indietro quando ha preso una decisione.
― Ma non potete esserne sicuro ― inizia a dire Nadira.
Andrev alza la testa di scatto.― Al riparo.
I due pastori rimangono imbambolati a guardarsi attorno. Andrev li afferra per il bavero e li trascina dietro un terrapieno, costringendoli ad appiattarsi contro il terreno polveroso. Mido si nasconde tra le gambe di Stefan, mentre Berthé si accomoda tra quelle del capitando di Avalon.
Andrev l'allontana in malo modo. ― Via tu.
La capretta emette un belato di indignazione. Andrev le chiude il muso con la mano. ― Zitta.
Un cavaliere passa lanciato al galoppo alzando una nuvola di polvere e sabbia.
Quando si dissolve, Andrev lo vede superare il portone d'ingresso salutato dai soldati.
Stefan aiuta Nadira a rialzarsi. I due pastori guardano il castello.
― Impressionante, vero? ― domanda Andrev passando loro accanto. ― Il mercenario aveva ragione. Questa strada è meno battuta delle altre. E quella deve essere la breccia di cui parlava la donna.
― Jolane ― dice Nadira.
Andrev fa spallucce. ― Quello che è.
I tre avanzano di una decina di passi tenendosi al riparo dietro montagne di detriti ammonticchiati nelle vicinanze.
A separarli dalle mura del castello c'è un fossato largo una trentina di passi e profondo dieci. Andrev indica un punto alla base del muro. ― Eccola lì. È appena sufficiente per passare, ma penso di potercela fare.
― Andiamo. ― Stefan fa per alzarsi, ma Andrev lo trattiene.
― Voi resterete qui.
― Cosa? ― domanda Nadira indignata. ― C'è nostra figlia lì dentro.
― Più precisamente, è figlia del re di Lyonesse ― dice Andrev.
― Noi l'abbiamo cresciuta ― risponde Stefan battendosi il petto.
Andrev annuisce. ― D'accordo, ma dovete restare qui lo stesso. Da solo avrò più possibilità di entrare senza farmi notare e voi sareste un peso. Inoltre ― aggiunge indicando il castello. ― Dovrete attirare l'attenzione delle guardie.
― Come? ― domanda Stefan
Andrev fa spallucce. ― Non lo so. Siate creativi. ― Si alza e procede accovacciato verso il fossato.
Nadira e Stefan si scambiano un'occhiata perplessa.
***
Lyra supera di corsa un incrocio e imbocca subito un altro corridoio. Sotto la luce delle torce i suoi occhi brillano per le lacrime.
Raggiunto un vicolo cieco, batte i pugni contro il muro e si appoggia con la schiena alla roccia umida, sedendosi.
Le braccia sottili abbracciano le gambe raccolte contro il petto, il viso schiacciato contro le ginocchia e il corpo scosso dai singhiozzi.
***
I soldati puntano le picche verso il cavallo lanciato al galoppo. Jolane tira le redini fermandosi a pochi passi di distanza. Dietro di lei sopraggiunge Valek al piccolo trotto.
Davanti a loro si estende l'accampamento fatto di tende, recinti per i cavalli e carri per le provviste.
― Devo parlare con il re ― dice Jolane balzando a terra con un gesto agile.
I soldati si stringono attorno a lei minacciosi.
Valek si frappone tra le punte delle picche e la donna. ― Calmi, calmi. È solo una donzella. ― Una punta gli sfiora la gola. ― Calmi ho detto ― aggiunge alzando le mani.
― Chi siete? E cosa ci fate qui?
― Veniamo dal castello ― dichiara Jolane.
Valek la guarda di traverso.
― Siete delle spie? ― domanda una guardia.
― No, no ― si affretta a dire Valek. ― Ambasciatori. Veniamo in pace.
Un ometto dall'andatura incerta si avvicina. ― Che succede qui? ― chiede ai soldati.
― Monsieur Lazare ― dice una delle guardie indicando Jolane e Valek. ― Cercavano di entrare nell'accampamento ma li abbiamo bloccati. Dicono di essere degli ambasciatori, ma secondo me sono spie.
― Chi vi manda? ― chiede Lazare a Valek.
Il mercenario fa per parlare, ma Jolane lo precede. ― Siete Lazare? Io sono Jolane, la sorella di Mirande. Vi ricordate di me?
Lazare solleva un sopracciglio. ― Mi ricordo di una Jolane, ma voi non le somigliate.
― Sono cambiata ― dice la donna esasperata. ― Anche voi lo siete.
― Sarà...
― Fatemi parlare con re Philip.
― In questo momento è impegnato. Sta preparando un piano di battaglia.
― Ditegli che è importante. Questione di vita o di morte.
― Pensate forse che non lo sappia? Ogni sua decisione è di vitale importanza.
Jolane si fa strada tra le guardie spostando le picche con la mano, lo sguardo deciso puntato su Lazare. ― Ascoltatemi bene. Se volete impedire che questa guerra abbia inizio, fatemi parlare con il re. Adesso.
Le guardie si spostano puntandole contro le picche.
Valek le appoggia una mano sulla spalla. ― Forse non è il caso di usare questo tono.
Jolane tira via la sua mano con un gesto brusco.
Lazare gonfia il petto. ― Voi non potete pretendere...
Jolane tra fuori la collana con il ciondolo a forma di stella e glielo porge. ― Date questo a re Philip. Lui capirà.
Lazare prende la collana e la guarda perplesso. ― Aspettatemi qui ― dice prima di voltarsi e allontanarsi.
― Credi che funzionerà? ― le chiede Valek con un sussurro.
― Lo spero ― risponde la donna.
***
La guardia percorre lo spazio che divide le due torri con passo lento. Ha l'espressione annoiata mentre con la lancia appoggiata sulla spalla getta un'occhiata annoiata in basso.
A qualche passo di distanza dal fossato che separa la torre dalla strada, un uomo e una donna agitano le braccia.
La guardia sobbalza, afferra la lancia con entrambe le mani ma questa gli scivola e rotola via. Si affaccia per guardare meglio, gli occhi sgranati.
― Ehi, voi ― grida l'uomo. ― Voi del castello.
Un secondo soldati si avvicina e guarda di sotto con espressione incuriosita. ― E questi due chi sono? ― domanda all'altro.
La prima guardia si stringe nelle spalle.
Mido scodinzola e abbaia mentre Stefan e Nadira si sbracciano.
― Credi che funzionerà? ― domanda la donna a denti stretti.
― Non lo so ― risponde l'uomo. ― Ma è l'ide migliore che mi sia venuta.
Una terza guardia si affaccia dalla torre. ― Andate via. Non potete stare lì ― grida rivolto ai due pastori.
Stefan lo saluta con un ampio gesto del braccio. ― Scusate, volevamo un'informazione.
Le guardie si scambiano occhiate perplesse.
― Che genere di informazione? ― chiede quella sulla torre.
Stefan esita.
― Che ti prende? ― sussurra Nadira.
― Non ho pensato a cosa chiedere. In verità non credevo che funzionasse.
La donna solleva gli occhi esasperata. ― Inventati qualcosa.
Stefan si schiarisce la gola e dice: ― Mi chiedevo se questa era la strada giusta per il vecchio mulino.
La guardia sulla torre si guarda attorno. ― Il vecchio cosa? Qui non ci sono mulini da almeno dieci anni, vecchio.
― Davvero? ― esclama Stefan sorpreso. ― Allora vuol dire che ci siamo persi?
Le guardie si guardano perplesse.
― Continua ― dice Nadira. ― Non ti fermare.
***
Andrev si lascia scivolare nel fossato sollevando una nuvola di polvere e detriti. Quando raggiunge il fondo lancia una rapida occhiata al castello.
Le guardie si sono radunate sulla torre e guardano da tutt'altra parte. Più in basso si scorgono Nadira e Stefan che agitano le braccia e parlano.
― Niente male per due pastori ― sussurra accovacciandosi nella polvere.
Un belato lo fa trasalire e lo costringe a voltarsi di scatto.
Berthé lo raggiunge saltellando.
― Ancora tu ― esclama esasperato. ― Vattene via. Mi farai scoprire.
Berthé lancia un belato più acuto.
Andrev balza verso la capretta, l'afferra e le serra il muso con la mano. Stringendola tra le braccia raggiunge la base delle mura del castello e inizia ad arrampicarsi su per il terrapieno sul quale è poggiato.
***
Nadira lancia una rapida occhiata al fossato e vede Andrev infilarsi nella breccia.
― E questa è la storia di come io e mia moglie ci siamo conosciuti ― dice Stefan agitando le braccia.
Le guardie annuiscono.
― Bravo.
― Gran bella storia.
― Per un attimo ho creduto di essere davvero lì.
Stefan sorride imbarazzato. ― Grazie. Lo dicono tutti che come racconto io le storie nessun sa farlo meglio.
― E da dove hai detto che venite? ― grida la guardia sulla torre.
Stefan indica un punto alle sue spalle. ― Da un villaggio.
La guardia si acciglia, le mani corrono alla balestra legata sulla schiena. ― Non c'è nessun villaggio da quella parte ― ringhia. ― Spie di Avalon ― grida agli altri soldati.
Stefan afferra Nadira e la trascina via. ― Andiamo ― dice mentre due dardi si conficcano nel punto in cui si trovavano un attimo prima. Dietro di loro Mido abbaia e li segue scodinzolando.
― Prendeteli ― grida una delle guardie scendendo i gradini della scala due per volta.

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Capitolo 17
*** DICIASSETTE ***


Nascosto dietro un angolo, Andrev osserva le guardie correre e radunarsi nel cortile prima di uscire dall'ingresso principale del castello.
― I tuoi padroni sono stati davvero bravi ― dice rivolto alla capretta. ― Ora cerchiamo Ewan e Lyra.
***
Jolane e Valek attendono in piedi, le guardie di Avalon che li tengono sott'occhio.
― Sei stato coraggioso ― dice la donna fissandosi la punta degli stivali.
― Come prego?
Jolane alza la testa di scatto. ― Prima, con quei cavalieri che ci inseguivano. E poi quando mi hai fatto scudo.
Valek fa spallucce. ― Difendevo anche me stesso.
Jolane sorride.
― A proposito di quelli che ci inseguivano. Non c'era anche il tirapiedi di Vortiger tra loro?
― Non ci ho fatto caso. Sai, ero troppo impegnata a scansare quei dardi, non so se mi spiego.
Valek si gratta il mento. ― Questa storia non mi piace.
Lazare si avvicina. ― Mettete via le armi ― ordina alle guardie. Poi, rivolto a Jolane: ― Vuole vedervi nella sua tenda. Tutti e due.
***
Stefan e Nadira si nascondono dentro un avvallamento del terreno. Mido si accuccia tra le gambe del padrone, il muso schiacciato sul suo ventre.
― Buono vecchio mio ― gli sussurra Stefan.
 I soldati con lo stemma del leone rampante passano sopra di loro guardando a destra e sinistra.
― Li vedi?
― Sono spariti.
― Proviamo a vedere da questa parte.
Nadira impallidisce, il corpo scosso dai tremiti. Stefan la stringe tra le braccia.
― Trovati?
― Niente.
Le voci ora giungono più da lontano.
Nadira e Stefan tirano un sospiro di sollievo.
***
Lazare scosta il velo che nasconde l'interno della tenda. Philip attende in piedi, nell'ombra.
Jolane entra quasi in punta di piedi, seguita da Valek che si guarda attorno. La tenda è spoglia fatta eccezione per una branda sistemata al centro, un baule, due zaini e un'armatura sistemata su un manichino.
Philip le rivolge un sorriso forzato. ― Jolane. Da quanto tempo...
La donna gli rivolge un leggero inchino. ― Maestà.
― Chiamami Phil come faceva Mirande.
Jolane lo fissa con ostilità.
Philip solleva la collana con il pendaglio a forma di stella. ― Lo hai conservato tu per tutto questo tempo?
― No ― dice Jolane avanzando fino al centro della tenda. ― Mirande non se ne sarebbe mai separata.
Philip la fissa a bocca aperta.
― Lo aveva con sé anche il giorno in cui... ― Jolane si ferma, trattiene le lacrime.
― Come lo hai avuto?
Jolane guarda Valek.
Il mercenario avanza, la schiena dritta, lo sguardo fisso negli occhi del sovrano di Avalon. ― Appartiene alla ragazza che ho portato qui insieme al principe Ewan, vostro figlio.
― Una ragazza?
― Una pastorella ― dice Jolane tormentandosi le dita. ― La figlia di Leonida... e di Mirande.
Philip scuote la testa. ― Non è possibile... la pecoraia è...
Jolane annuisce.
Philip punta il dito contro Valek. ― Sei tu che li hai... dovrei farti arrestare subito ― conclude alzando la voce.
― No. ― Jolane si frappone tra i due uomini. ― È stato un errore. Ci sta aiutando.
― Ha consegnato Ewan al mio peggior nemico.
― Io penso ― dice Jolane dopo aver scambiato un'occhiata con Valek. ― Che il vostro nemico, tuo e di Leonida, sia un altro.
― Chi?
― Vortiger.
― Il maggiordomo di corte?
Jolane annuisce. ― È diventato molto potente durante questi anni e la sua influenza su Leonida cresce ogni giorno che passa. È lui che ha ridotto Lyonesse allo stremo, nel tentativo di rivaleggiare in forza e potenza con Avalon. Lui sosteneva che era per il bene del regno, ma... da quel giorno le sue ricchezze e il suo potere sono aumentati sempre di più. Ormai è lui che governa il regno.
Philip stringe tra le mani la collana. ― Ha approfittato della nostra rivalità.
Jolane abbassa la voce. ― Credo che abbia fatto molto di più che approfittarne. Temo che che sia stato proprio lui a crearla. ― La donna si ferma, gli occhi lucidi. ― Il giorno in cui morì Mirande...
― Fu un incidente. ― Philip stringe al petto la collana. ― L'avevano rapita e io stupidamente diedi l'ordine di inseguire la nave.
― Ricordo che scomparve un vascello con tutto il suo equipaggio in quei giorni ― dice Valek. ― Tutti erano dispiaciuti per la fine della regina e diedero la colpa a una nave di Avalon.
Jolane annuisce. ― Lo ricordo anche io. ― guarda Philip. ― Vuoi ancora combattere contro Leonida?
Il re di Avalon gonfia il petto. ― Vortiger ha mio figlio nelle sue mani. E la principessa di Lyonesse è lì. Devo parlare con lui.
Jolane annuisce. ― Insieme lo convinceremo, vedrai.
Il suono di un corno li fa trasalire. Lazare si affaccia all'entrata, il viso stravolto. ― Maestà ― dice deglutendo a fatica. ― I cavalieri di re Leonida sono qui.
***
Vortiger siede su di uno scranno a destra del trono, sulla cima di una scalinata fatta di marmo e argento. Si regge la testa con una mano, il gomito appoggiato sulla gamba.
Ai piedi della scalinata, Angus si inginocchia.
― Dimmi che porti buoni notizie, verme ― dice Vortiger con tono cupo.
Angus si rialza. È coperto di polvere dalla testa ai piedi. ― Purtroppo il mercenario e milady sono riusciti a fuggire.
Vortiger si passa la mano sul viso come a volerlo ripulire.
― A quest'ora saranno già all'accampamento di re Philip, a metà strada tra la capitale e il castello.
Vortiger si alza e con passo lento scende tutti i gradini fino a trovarsi di fronte ad Angus. ― Lo sai che cosa significa questo, verme?
Angus scuote la testa.
― Niente ― esclama Vortiger gioviale. ― Il mio piano non cambia di una virgola. ― Apre le braccia ed esegue un giro su sé stesso. ― Chiunque esca vincitore dalla battaglia, verrà a reclamare il trono di Lyonesse e io sarò qui ad attenderlo.
― E se quei due dovessero far pace? Se non ci fosse nessuna battaglia?
Vortiger digrigna i denti. ― Vieni. Voglio mostrarti una cosa.
***
Si fermano davanti a una porta di ferro.
Vortiger tira fuori una chiave e la infila nella toppa. Ci vogliono sei mandate per far scattare la serratura. ― Sai perché nessuno viene mai qui sotto?
Angus scuote la testa.
Vortiger mostra i denti in un sorriso che sembra più un ringhio. ― Ora lo scoprirai.
La porta si apre verso l'interno.
La sala è buia, l'umidità cola dalle pareti. L'unica luce è la torcia che Vortiger regge nella mano.
― Ricordi quando ordinai di ristrutturare il giardino reale? ― La sua voce rimbomba sulle pareti di pietra.
Angus si guarda attorno intimorito. Nel buio si scorgono file e file di casse, sacchi e barili di legno accatastati uno sopra l'altro. ― Sì padrone.
Vortiger si avvicina a un braciere sostenuto da un treppiedi. ― Tuttavia, non sai cosa feci costruire proprio sotto il giardino. ― Avvicina la torcia al braciere che si infiamma spargendo una luce sinistra tutto intorno.
Dal buio appaiono le casse ammonticchiate fino al soffitto, catene e ruote dentate che affondano nella pietra scomparendovi, le leve e gli ingranaggi che corrono lungo le pareti.
Vortiger si ferma davanti a una cassa dalla quale spuntano alcune leve. ― Negli anni ho trasformato l'intero castello in una gigantesca trappola mortale. Chiunque superi le mura non avrà alcuna speranza di sopravvivere.
Angus sfiora una leva, ma tira via di scatto la mano quando Vortiger la schiaffeggia.
― E se anche dovessero riuscire a superare tutte le trappole che ho disseminato in giro ― dice Vortiger avvicinandosi a una delle casse. ― In questa sala c'è abbastanza polvere di fuoco da far saltare tutto per aria.
― Voi non dite sul serio, vero padrone?
Vortiger afferra Angus per il bavero e lo trascina via. ― Andiamo a prepararci per l'arrivo degli ospiti.
***
Berthé saltella lungo il corridoio precedendo Andrev che si guarda attorno. Le pareti di pietra corrono dritte fino a un incrocio, oltre il quale si intravede una luce fioca.
La torcia che stringe tra le mani getta una luce spettrale tutto intorno, generando ombre grottesche che scivolano lungo i muri.
― Che razza di posto è questo? ― domanda a bassa voce.
Berthé lancia un belato e saltella in avanti, distanziandolo.
Andrev la insegue. ― Ferma. Così ci farai scoprire.
Berthé lo ignora e corre fino all'incrocio, dove si ferma e si guarda attorno prima di scegliere una direzione a caso.
― Dannazione.
***
Lyra siede con le gambe distese, il viso rivolto verso il soffitto. Lancia un sospiro e chiude gli occhi, reclinando la testa. Berthé le lecca la mano. Lei sobbalza, si alza di scatto puntando i piedi.
― Berthé? ― esclama felice. ― Sei proprio tu?
La capretta lancia un belato di approvazione.
Lyra la solleva e l'abbraccia.
Andrev emerge dall'oscurità, la torcia stretta nella mano. ― Che bel quadretto.
Lyra lo guarda stupita. ― Drev! Ci sei anche tu.
― Drev? Io mi chiamo Andrev.
― Un'altra bugia di Ewan ― dice lei delusa.
Berthé salta giù e si struscia contro le gambe di Andrev, che l'allontana con la mano. ― A proposito, lui dov'è? L'ho cercato dappertutto ma questo posto è enorme. ― Si guarda alle spalle. ― In verità penso proprio di essermi perso.
Lyra incrocia le braccia sul petto. ― Non parlarmi più di quel... quel...
― Lo so, lo so. Fa lo stesso effetto anche su di me.
― Perché deve essere così...
Andrev annuisce. ― Ti capisco. Dico sul serio.
― Certe volte è insopportabile.
― Vero.
― Ed è un gran bugiardo.
― Il peggiore che ci sia.
― Sì, lui è... ― Il viso di Lyra si illumina. ― Un bugiardo ― dice entusiasta. Afferra Berthé e la fa girare in tondo. ― Un grandissimo, insopportabile, inguaribile bugiardo.
Andrev la guarda di traverso. ― Non vedo cosa ci sia da stare allegri. Siamo nei guai per le sue bugie.
― Lo so ― esclama Lyra felice. ― Andiamo da lui. ― La ragazza si allontana di corsa trascinandosi dietro Berthé.
La capretta lancia un belato in direzione di Andrev che sbuffa e le corre dietro.
***
Due file di cavalieri, separate solo da un centinaio di passi. Occhi che si scrutano sotto le celate, mani che stringono le picche, cavalli che nitriscono, stendardi che si agitano al vento.
Preceduto dal vessillo dell'unicorno, Philip si fa strada tra i suoi cavalieri. Procede al piccolo trotto, affiancato da Valek e Jolane.
― Siamo sicuri che funzionerà? ― chiede il mercenario alla donna.
― Funzionerà ― risponde lei. ― In caso contrario, saremo in un mare di guai.
Valek si tocca il fianco. ― Avessi almeno la mia spada. Mi sentirei più sicuro.
Jolane indica le lance e le picche dei cavalieri di Lyonesse. ― Contro quelli sarebbe inutile.
I tre si fermano a una decina di passi di distanza dalla prima fila di cavalieri. I soldati puntano le picche.
Dalle retrovie giunge un ordine. ― Abbassate le armi.
Leonida, in sella al suo cavallo, emerge dalla fila di cavalieri. Indossa l'armatura con il leone rampante dipinto sul petto e una rosa sul cuore.
I due sovrani avanzano fino a trovarsi a due passi di distanza.
― Hai coraggio a presentarti sul campo di battaglia ― dice Leonida con sguardo fiero.
Lo sguardo di Philip è fisso in quello dell'altro. ― Non sono venuto per combattere.
― Io sì.
Philip solleva la collana con la stella a cinque punte. ― La riconosci?
Leonida stringe l'elsa della spada che gli pende al fianco. ― Dici di non essere qui per combattere e mi provochi? Sì che lo riconosco. È la collana che regalasti a Mirande il giorno del nostro matrimonio. La indossava sempre, non se ne separava mai. Gliel'hai strappata il giorno in cui tu...
― No ― esclama Philip. ― La portava una ragazza che tu hai accolto al tuo castello. Due pastori trovarono Mirande morente e crebbero tua figlia come se fosse loro.
― Non credo a una sola parola di quello che dici.
Jolane avanza fino ad affiancare Philip. ― È la verità. Di me puoi fidarti ― aggiunge toccandosi il petto.
Leonida le rivolge un'occhiataccia. ― Fidarmi di te? Sei corsa da Philip nonostante quello che ha fatto a Mirande. Traditrice.
― Ascoltami ― inizia a dire Jolane con tono supplice. ― Non è così che deve andare. Mirande non avrebbe mai voluto che voi due...
― Dovevi pensarci prima ― urla Leonida. Estrae la spada e la punta contro Philip. ― Tu eri geloso di noi due e me l'hai portata via. La volevi per te. L'hai sempre voluta. Tu eri l'erede del potente regno di Avalon e io del debole e povero Lyonesse, ma lei ha scelto me. E non l'hai mai accettato.
Philip stringe i denti. ― È una questione che non riguarda più solo me e te, ma i nostri figli.
― Nessuno intervenga. ― Leonida afferra le redini e con un colpo di speroni si lancia all'attacco. ― Risolviamola qui. Adesso.
Philip estrae la spada un attimo prima che il fendente di Leonida lo raggiunga. Le lame si incrociano davanti ai visi contratti dei due combattenti.
― Basta, smettetela ― grida Jolane.
I soldati si stringono attorno ai duellanti.
Leonida fa roteare la spada prima di calarla sulla spalla di Philip, che intercetta il colpo e si allontana. L'altro lo incalza con altri due fendenti che vanno a vuoto. Il secondo attacco strappa di mano la spada al re di Avalon.
Leonida solleva la spada pronto a colpire, ma Philip si lancia in avanti e lo afferra all'addome, sbilanciandolo. I due cadono dalle rispettive cavalcature e si ritrovano a rotolare nella polvere.
Jolane balza giù dalla sella, ma Valek la trattiene. I soldati si avvicinano, le picche puntate verso i due sovrani.
Philip si alza per primo e con un calcio strappa via dalla mano di Leonida la spada. L'arma vola lontana e atterra ai piedi di un soldato.
Il re di Lyonesse tenta di raggiungerla, ma Philip raccoglie la sua arma e gliela punta alla gola.
Leonida, il respiro affannato, fissa la punta della spada. ― Avanti ― grida. ― Finiscimi.
Philip solleva l'arma. Jolane, Valek e i soldati trattengono il fiato. Leonida chiude gli occhi, la mano sulla rosa dipinta sul cuore.
La spada si conficca nel suolo a un passo dalla spalla del re di Lyonesse. Leonida apre gli occhi. Davanti a lui, inginocchiato, Philip gli porge la collana che fu di Mirande.
Le lacrime scendono giù per le guance del re di Avalon. ― Io l'amavo ― dice a denti stretti. ― E volevo bene anche a te.
Gli occhi di Leonida si riempiono di lacrime. ― Che ci è successo? ― Chiede accarezzando la stella dorata.
Jolane si fa strada tra i soldati. ― È stato Vortiger.
Leonida serra i pugni e si rialza. Nella mano stringe la collana. ― Quella ragazza è davvero...
Jolane annuisce. ― È lei.
Il re di Lyonesse alza la testa. ― Al castello ― ordina rivolto ai suoi soldati.

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Capitolo 18
*** DICIOTTO ***


Andrev si ferma davanti alle sbarre e lancia un sonoro fischio.
Ewan, accovacciato vicino alla parete opposta, solleva la testa di scatto e impallidisce. ― Tu? Ma come hai fatto a...
Lyra appare un attimo dopo. ― Ho portato un amico, visto?
Ewan si aggrappa alle sbarre. ― Ti avevo detto di andartene.
― Lo so.
― Ma non l'hai fatto.
― No.
― Neanche dopo quello che ti ho detto.
Lyra sorride. ― Niente più bugie. Me l'avevi promesso. Ma ti perdono lo stesso.
Lui scuote la testa. ― Sei completamente pazza.
― Come lo facciamo uscire di qui?
Andrev si guarda in giro. ― Non vedo la chiave, quindi dovremo essere... creativi. Aspettatemi qui ― dice un attimo prima di correre via.
Lyra avvicina il viso alle sbarre. ― Non ti preoccupare. Ti faremo uscire.
― Mi sentirei più tranquillo sapendoti al sicuro.
― Ma io sono al sicuro.
Qualcuno tossicchia alle spalle di Lyra. La ragazza si volta di scatto un attimo prima che la mano ossuta di Vortiger le afferri la spalla costringendola a piegarsi sulle ginocchia.
― No ― grida Ewan tentando di afferrarlo.
Vortiger trascina via Lyra che tenta di liberarsi dalla morsa. ― Aveva ragione il tuo fidanzato ― ringhia. ― Dovevi andartene quando ne avevi l'opportunità. Ma sei rimasta. Gran brutta scelta.
― Andrev ― grida Ewan. ― Aiutaci.
Lyra cerca di sollevarsi, ma Vortiger la schiaccia contro il pavimento. ― Non sprecare fiato giovane principe. Il tuo amico a quest'ora ha altro a cui pensare.
Vortiger apre la cella a fianco di quella di Ewan e vi spinge dentro la ragazza.
Lyra sbatte contro il muro opposto, si volta e si lancia verso le sbarre, ma le raggiunge un attimo dopo che Vortiger ha girato la chiave nella serratura.
― Due uccellini in gabbia ― dice Vortiger facendo sparire la chiave in una tasca interna del vestito. ― Sono proprio ansioso di sentirvi cantare.
Quattro soldati armati di spada sopraggiungono di corsa.
― Lo avete preso? ― chiede Vortiger.
― È sparito in un passaggio. Non siamo riusciti a trovarlo.
― Siete degli incompetenti, ma non ha importanza. Due di voi monteranno di guardia alle celle. Se sarà così stupido da tornare, voi saprete cosa fare. Gli altri due con me.
Vortiger si avvicina alla cella di Ewan. ― E ora, caro principe, preparatevi per il gran finale. Tra poco il vincitore della battaglia sarà qui per reclamare il castello. E noi lo accoglieremo come si deve.
***
Philip, Leonida, Valek e Jolane avanzano al galoppo lungo la pianura polverosa. Dietro di loro cinquecento cavalieri con gli stendardi del Leone e dell'Unicorno faticano a tenere il passo. La polvere alzata è così densa da oscurare il sole che sta sorgendo dietro le montagne.
― È incredibile che quella ragazza... Lyra ― dice Leonida rivolto a Philip. ― Sia arrivata proprio al mio castello. E in compagnia del tuo ragazzo, poi.
― È il destino ― risponde il re di Avalon. ― O solo una coincidenza.
― Forse doveva solo accadere qualcosa ― dice Jolane. ― Un evento qualsiasi. Ed è successo questo.
Leonida serra il pugno che stringe la collana di Mirande. ― Vortiger ― ringhia. ― Quel maledetto me la pagherà. Per anni mi ha avvelenato l'anima con le sue menzogne. È arrivato a ordinare il rapimento di tuo figlio. Io non l'avrei mai fatto. Devi credermi.
― Lo so ― dice Philip mesto. ― Anche io, in un certo senso, sono stato vittima delle sue menzogne. Per anni mi ha fatto credere di essere l'unico responsabile della morte di Mirande.
― Tu non hai alcuna colpa. Hai fatto quello che ritenevi giusto. Io stesso avrei agito in quel modo, al tuo posto ― dice Leonida con sguardo fiero. ― Ora ristabiliremo la giustizia.
Jolane sorride e si volta verso Valek, che ricambia. La donna torna subito seria. Il mercenario abbassa gli occhi deluso.
***
Angus è in piedi, lo sguardo fisso sulle leve e gli ingranaggi.
Vortiger, in piedi accanto a lui, gli da un buffetto dietro la nuca. ― Hai capito o devo ripetere?
Angus si massaggia la testa. ― Credo di aver afferrato il concetto, padrone.
Vortiger gli rivolge un'occhiataccia. ― Sentiamo allora.
Angus indica le sette campanelle sospese sopra ognuna delle leve. Il filo che le sostiene sparisce nel muro della sala. ― Quando suona la campanella devo azionare la leva corrispondente.
Vortiger annuisce. ― E solo quella. Chiaro?
― Sì padrone.
― Esegui i mie ordini e tutto andrà bene. Posso fidarmi di te, verme?
Angus annuisce.
Vortiger si volta ed esce dalla sala scortato da due soldati. ― Il principe è già in posizione? ― domanda rivolto a uno dei due.
― Come da voi ordinato.
― Andiamo a goderci lo spettacolo.
***
In vista del castello, Philip e Leonida alzano le braccia. Dietro di loro la corsa dei cavalieri rallenta fino ad arrestarsi a un centinaio di passi di distanza dalle mura.
Jolane guarda verso l'entrata. La grata è abbassata e non ci sono soldati di guardia. Anche le torri e le mura sono sgombre.
― Sembra deserto ― borbotta Valek.
Philip e Leonida avanzano fianco a fianco fino alla passerella che scavalca il fossato.
― Voi nel castello ― grida Leonida. ― Aprite. È il vostro re che ve lo ordina.
― Benvenuti ― esclama una voce proveniente dall'alto.
Jolane, Valek e i due re sollevano la testa di scatto. In cima a una delle torri, si intravedono due figure umane.
Una, quella di Vortiger, saluta col braccio alzato. L'altra, quello di Ewan, è legata a un palo con le mani dietro la schiena.
― Vortiger ― ringhia Leonida. ― Che storia è questa?
― Vedo che alla fine vi siete riconciliati ― grida l'uomo in cima alla torre. ― È un vero peccato, perché vuol dire che uno di voi dovrà essere eliminato. Due re non possono sedere sullo stesso trono, giusto?
Philip sgrana gli occhi. ― Ewan! ― esclama. ― Quello è mio figlio.
I cavalieri puntano le balestre verso la torre.
― Fermi ― grida Leonida col braccio alzato. ― Mettetele via. È un ordine.
I soldati di Lyonesse ubbidiscono, quelli di Avalon guardano Philip.
― Fate come vi dice. Rischiate di colpire il principe da quella distanza. ― Guarda in alto, gli occhi socchiusi. ― Vortiger. Che hai intenzione di fare? Lascia andare mio figlio.
Vortiger ride. ― Lo farò ― dice dopo essersi calmato. ― Ma solo dopo che uno di voi sarà stato eliminato. Perciò io vi ordino di battervi fino alla morte. Adesso.
Philip estrae la spada e la getta ai piedi di Leonida. ― Alla fine uno di noi due dovrà davvero morire oggi ― dice rivolto al re di Lyonesse.
***
Philip allarga le braccia offrendo il petto all'altro. ― Vorrei che fosti tu a...
Leonida estrae la spada e la butta via. ― Non lo farò. ― Si gira verso il castello. ― Vortiger ― urla. ― Non hai più alcun potere su di me. Lascia andare il principe e tutti quelli che si trovano nel castello.
Vortiger si lecca le labbra. ― E cosa mi offri in cambio?
― La mia vita.
― La tua offerta mi tenta ― risponde il maggiordomo stringendo le corde che legano Ewan.
Il ragazzo geme e stringe i denti.
― Ma la tua vita non vale così tanto ― continua Vortiger. ― Forse il principe vuole dire qualcosa. Avanti ragazzo, fai sentire la tua voce.
― Papà ― grida Ewan.
Philip guarda in alto con espressione sgomenta. ― Resisti. Verrò a salvarti.
― Mi dispiace ― grida il principe. ― Per tutte le bugie e per quella volta che ti ho detto che non eri un buon padre.
― Ewan ― sussurra Philip.
― Non venire qui ― continua il ragazzo. ― Non so cos'abbia in mente, ma è pericoloso.
Vortiger gli copre la bocca con uno straccio. ― Basta così. Il mio cuore è straziato ― grida rivolgendosi ai due uomini in basso. ― Che dimostrazione di vero amore. Sono davvero sorpreso. Credevo che sarebbe stato più facile e invece sarò costretto a ricorrere alle maniere forti. ― Guarda in basso, dove una serie di corde collegate ad altrettante leve spariscono in un foro nel pavimento.
Vortiger pizzica una delle corde.
***
Il trillo della campanella riscuote Angus. L'uomo afferra la leva collegata alla campanella e la tira a sé. Gli ingranaggi si mettono in moto con uno stridio e un clangore assordanti.
Angus si copre le orecchie.
***
Enormi blocchi di pietra si staccano dalle mura e precipitano verso il fossato. Al loro posto rimane un incavo che viene riempito da una balestra. Un meccanismo automatico azionato da leve e ingranaggi carica un dardo sull'arma.
In breve una fila di cinquanta balestre è puntata verso i soldati radunati davanti al castello.
― Questa storia non mi piace. ― Valek afferra Jolane per il braccio e la tira via.
― Cosa?
Una alla volta le balestre scoccano il proprio dardo producendo un rumore sordo. Le frecce viaggiano veloci verso i soldati, che hanno appena il tempo di gettarsi pancia a terra o nel fossato.
Valek si butta su Jolane coprendola col suo corpo. Un dardo gli trafigge la gamba all'altezza del polpaccio, passandolo da parte a parte. ― Ah.
Jolane si volta di scatto. ― Ti ha colpito?
― Non è niente ― risponde lui stringendo i denti.
La donna osserva la ferita preoccupata. ― È grave.
― Aiutami a rialzarmi.
Valek si guarda attorno. I soldati sono in fuga, per terra o intrappolati nel fossato. Philip e Leonida corrono verso di loro.
― Che cosa ha fatto al mio castello? ― domanda il sovrano di Lyonesse atterrito.
Valek zoppica verso di loro sostenuto da Jolane. ― Direi che in questi anni si è dato parecchio da fare.
― Ora si spiegano tutte quei restauri alle mura ― dice la donna.
Leonida allarga le braccia. ― Non ne sapevo niente. Era Vortiger a gestire tutto.
― Ci ha colti di sorpresa. ― Philip alza la spada sopra la spalla. ― Radunate tutti i cavalieri rimasti. Aiutate i feriti ― grida.
Dalle mura giungono rumori di pietre che precipitano e ingranaggi che girano.
Jolane guarda verso la torre e sgrana gli occhi. ― Non è ancora finita.
***
Vortiger guarda in basso e sorride. ― Piaciuta la prima lezione? ― chiede rivolto a Ewan.
Il principe mugola qualcosa di incomprensibile.
― Sì, certo. La seconda lezione, quasi me ne dimenticavo. ― Vortiger pizzica una delle corde con il pollice e il medio.
Nelle camminate che collegano le torri del castello si aprono una decina di botole larghe abbastanza da accogliere una decina di uomini. Un assordante sferragliare di argani e ingranaggi precede la comparsa, da ciascuna botola, di una piattaforma. Sopra di essa una catapulta con il braccio già in posizione di lancio e un proiettile posizionato sulla fionda.
― Sorpresa ― esclama Vortiger gioviale. ― Non è fantastico cosa si riesce a fare avendo il tempo, l'ingegno e le risorse di un intero reame?
Ewan lo guarda accigliato.
― Come dici? Vuoi vederle in azione? Come desideri. ― Vortiger pizzica un'altra corda.
Un sistema di ingranaggi e funi tira verso il basso i contrappesi delle catapulte, i bracci si mettono in posizione di lancio. Le corde in tensione vengono rilasciate all'improvviso producendo uno schiocco sordo. I bracci si sollevano lanciando in aria i proiettili.
***
― Al riparo ― grida Leonida.
Il primo masso cade a poca distanza dal fossato sollevando una nuvola di schegge e detriti che si spargono tutto intorno.
I proiettili viaggiano veloci verso i cavalieri che si sparpagliano sulla pianura polverosa. Ogni masso che si abbatte nel terreno spazza via tutto quello che si trova lì attorno.
Philip, la spada ancora nella mano, incita i suoi cavalieri. ― In ordine sparso. Avanziamo.
Leonida è al suo fianco. ― Vuoi attaccare mentre ci piove addosso questa roba?
― Tu hai un'ida migliore?
― No.
Philip ride. ― E allora andiamo.

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Capitolo 19
*** DICIANNOVE ***


― Ammiro la loro audacia ― dice Vortiger osservando dalla torre i soldati che si radunano formando un quadrato compatto. Le catapulte vuote hanno smesso di lanciare proiettili. ― Dico sul serio ― aggiunge rivolto a Ewan.
Gli occhi del ragazzo non smettono di vagare per il campo di battaglia. Qui e lì si vedono cavalieri arrancare nella polvere o sostenersi a vicenda mentre cercano scampo alla pioggia di massi.
― Pensavo bastasse questo a scoraggiarli, ma si vede che li ho sottovalutati. ― Vortiger pizzica un'altra corda. ― Vuol dire che dovremo usare la polvere di fuoco per spazzarli via per sempre. ― Sorride mostrando i denti. ― Ti piacciono i fuochi d'artificio, principe?
***
Il braccio della catapulta torna in posizione di lancio. Da un condotto poco sopra il cucchiaio posto all'estremità libera, rotola una sfera di metallo. Una scintilla brilla all'improvviso e la superficie della sfera, ricoperta da minuscoli fori, prende fuoco.
Non appena è nel cucchiaio, il meccanismo che mantiene in tensione la corda viene sganciato e il braccio lancia il proiettile verso l'alto.
Decine di proiettili infuocati rischiarano il cielo del primo mattino.
***
Il fischio preannuncia l'arrivo del proiettile. Valek spinge Jolane verso il terreno, costringendola a mordere la polvere.
Qualcosa di caldo passa sopra le loro teste e si conficca nel terreno a una trentina di passi di distanza.
Valek solleva la testa.
Poco più in là qualcosa arde nel foro prodotto dal proiettile. ― E ora che succede?
Il lampo successivo e la vampata che ne segue lo costringono a chiudere gli occhi e abbassare la testa. Jolane grida qualcosa di incomprensibile.
Attorno ai due si scatena un inferno di fiamme. Lingue di fuoco attraversano la pianura scaturendo dai proiettili che si sono conficcati nel terreno. Ovunque i cavalieri lottano contro le fiamme, disperdendosi in tutte le direzioni.
Philip vede un proiettile cadere a poca distanza da Leonida e poi esplodere, investendo il re di Lyonesse con un'ondata di fuoco.
Leonida viene sbalzato a decine di passi d distanza e ricade sulla schiena, per poi rotolare. La spada che regge con la mano gli viene strappata via e spezzata in due.
Philip corre verso Leonida e lo aiuta a rialzarsi.
― È finita ― dice il re di Lyonesse, il viso annerito e pieno di tagli.
Philip si guarda attorno. I cavalieri ancora in piedi sono una ventina. Gli altri sono scappati o si trascinano a malapena sulle ginocchia. Valek e Jolane si sostengono a vicenda mentre vagano senza meta per il campo di battaglia disseminato di piccoli incendi e pozze dove il fuoco arde ancora.
Philip brandisce la spada e la solleva in aria.
― No. ― Leonida gli afferra il braccio. ― È troppo forte. Dobbiamo accettare la sconfitta.
Philip lo afferra per il bavero e lo costringe a raddrizzarsi. ― Niente è troppo forte per noi due.
I due sovrani avanzano fianco a fianco verso il castello.
***
― Perché non si arrendono? ― domanda Vortiger con tono lamentoso. ― A quest'ora dovrebbero già averne abbastanza. Possibile che non si rendano conto di non avere alcuna possibilità?
― Forse sei tu quello che non si rende conto che è finita.
Vortiger si volta di scatto, gli occhi che quasi gli schizzano fuori dalle orbite.
Andrev è in piedi vicino alla botola che collega la sommità della torre col piano sottostante, la sciabola sguainata. Al suo fianco Berthé lancia un belato di sfida.
― Ancora tu? Sei noioso. ― Vortiger pizzica una delle corde con l'indice e il pollice. ― Ma visto che sei arrivato fin qui, divertiti con i miei giocattoli.
Il pavimento davanti a Andrev si spacca e crolla verso l'interno trascinandosi dietro massi grandi quanto un uomo.
Il capitano di Avalon fa un balzo all'indietro per evitare di essere risucchiato. ― Questo è sleale.
Il pavimento alle sue spalle si apre e da una lunga fenditura emerge una grata formata da punte d'acciaio acuminate.
Andrev volta la testa di scatto e sgrana gli occhi. Davanti a lui il pavimento continua a sparire diminuendo lo spazio che lo separa dalla grata. ― Questo è molto sleale.
Dalla voragine che si allarga sempre più emergono lingue di fuoco che costringono Andrev a balzare all'indietro, la schiena ormai quasi a contatto con le punte della grata. ― Questo è ridicolmente sleale.
― E ora il gran finale. ― Vortiger muove un'altra corda.
I proiettili incendiari caricano le catapulte, i dardi fanno scattare i meccanismi di lancio delle balestre.
Una punta sfiora la schiena di Andrev, che si accovaccia. Tra lui e la voragine di fuoco c'è solo una sottile striscia di pavimento che non è stata ancora ingoiata dal baratro.
Berthé si stringe alla sua gamba lanciando un belato di disperazione.
Andrev l'afferra e la solleva sopra la testa. ― Tu sai cosa fare ― Dice prima di scaraventarla oltre il baratro.
La capretta lancia un belato di sorpresa e indignazione mentre supera il baratro, le fiamme che le lambiscono le gambe e l'addome. Infine atterra dall'altra parte.
Vortiger afferra un'altra cordicella. Nello stesso momento, Berthé lo carica manandolo gambe all'aria. La capretta spalanca la bocca e morde le cordicelle, spezzandole.
Vortiger, sconvolto, si getta sulle corde che scivolano nelle aperture, sparendo. ― No ― esclama disperato. ― Che cosa hai fatto? Che cosa hai fatto?
Berthé emette un belato e scappa via.
***
Angus osserva disperato le campanelle che trillano tutte insieme. ― Quale? ― si chiede guardando le leve. Poi, una alla volta, le tira tutte.
Gli ingranaggi si mettono in movimento con uno stridio e lo sferragliare del metallo. Dense volute di fumo e vapore si levano dalle macchine in tensione. Una corda si spezza, una leva cede e viene sparata via sfiorando Angus.
― Ma che succede? ― si chiede scendendo dalla pedana, gli occhi che fissano le pareti tremare e sgretolarsi. Pietre grandi tre volte un uomo si staccano dalle mura e dal soffitto. Quelle che raggiungono il pavimento si disintegrano in mille pezzi.
Angus si volta e corre fuori dalla sala mentre un incendio divampa vicino alle casse di polvere di fuoco.
***
Stretto con le spalle vicino alle punte di metallo, Andrev vede le fiamme all'interno della voragine diminuire ed estinguersi.
Con un balzo raggiunge il lato opposto.
Vortiger si alza di scatto e si precipita verso la botola sul lato opposto. Andrev fa per inseguirlo, poi si volta e corre da Ewan
Con un colpo di sciabola libera il ragazzo, che si affloscia a terra.
― Come stai?
Ewan si rialza. ― Bene.
― Dobbiamo andarcene subito. Questo posto sta per cadere a pezzi.
Metà della torre crolla, le mura esterne si sgretolano sotto l'azione di qualche forza misteriosa. Le pedane che sostengono le catapulte precipitano nel vuoto sottostante portandosi dietro le macchine da guerra che sostengono.
Andrev si precipita alla botola, tenta di aprirla ma senza riuscirci. ― È bloccata dall'altra parte. Siamo in trappola.
Ewan raccoglie la corda che lo teneva legato. ― Caliamoci giù con questa.
Andrev lega un capo della corda a uno dei merli della torre e la getta dall'altra parte. ― Dopo di te ― dice a Ewan.
***
La grata che chiude l'entrata al castello si abbatte sul ponte levatoio, spaccandolo in due. Una pioggia di calcinacci investe tutti quelli che si trovano nelle vicinanze, compresi Philip e Leonida che non indietreggiano di fronte alla devastazione.
Lingue di fuoco si sollevano dalle mura del castello e dal mastio, le fiamme consumano gli stendardi che fanno bella mostra di sé davanti all'ingresso.
Il ponte levatoio si incrina, ma resiste all'enorme peso della grata di ferro. Leonida vi passa sopra e raggiunge il cancello con pochi passi. Dietro di lui Philip.
Soldati e servi corrono verso di loro. Tra di essi c'è Angus. Leonida lo afferra per il bavero e lo scaraventa a terra.
― Dov'è il tuo padrone? ― gli ringhia contro Leonida.
Angus cerca di liberarsi ma il sovrano lo costringe a restare a terra.
― Dov'è? Parla.
― Non lo so ― piagnucola Angus.
Leonida lo lascia.
Philip indica il mastio.
Una figura si aggira vicino all'ingresso.
Leonida, i pugni serrati, grida: ― Vortiger!
Il maggiordomo del re si volta, l'espressione sgomenta.
Leonida e Philip si precipitano verso di lui.
Vortiger si infila nell'ingresso e chiude il portone un attimo prima che i due re lo raggiungano.
Leonida si scaglia con tutto il peso contro la porta di metallo, ma riesce solo a smuoverla di qualche millimetro. ― Apri. Te lo ordino ― grida battendo i pugni sulle borchie di ferro cromato.
Dall'altra parte, Vortiger si appoggia al muro terrorizzato. La voce di Leonida è appena udibile attraverso il metallo, ma ogni colpo sferrato dal re lo fa sobbalzare.
***
Philip appoggia una mano sul braccio di Leonida. ― È inutile. C'è un'altra entrata?
Leonida scuote la testa. ― Vortiger le fece sigillare molti anni fa, per sicurezza. ― Batte il pugno contro il portone. ― Maledetto.
― Andiamo. ― Philip lo trascina via.
― Dove?
― A cercare una chiave.
***
Ewan si lascia cadere nel cortile. Andrev atterra dietro di lui, Berthé legata in vita da una corda. Appena a terra libera la capretta che si mette a zampettare attorno alle sue gambe.
― Cosa c'è ora?
― L'hai quasi buttata tra le fiamme ― dice Ewan guardandosi attorno. ― È normale che sia arrabbiata.
Andrev fa spallucce. ― Pensiamo a come andarcene.
Il fumo di cento piccoli incendi ha invaso il cortile nascondendo i dettagli. Si scorgono figure umane correre in tutte le direzioni, accompagnate da urla di terrore.
― No ― dice Ewan puntando i piedi. ― Devo liberare Lyra.
― Giusto ― dice Andrev prendendolo per il braccio. ― L'entrata è da questa parte. Ci sono passato la prima volta.
***
La trave si abbatte sul portone scuotendolo. Otto soldati per lato reggono l'ariete. In testa ci sono Leonida e Philip, subito dietro Valek.
A qualche passo di distanza Jolane e Gwenola osservano tenendosi per mano.
― È inutile ― dice Leonida. ― È fatto per resistere a cariche ben peggiori.
― Ce la faremo ― risponde Philip stringendo i denti. ― Buttiamo giù il portone ― grida ai soldati.
***
Vortiger attraversa la navata della sala del trono. Le finestre chiuse hanno intrappolato il fumo, che ora lo costringe a tossire piegato in due.
Trascinandosi su piedi malfermi raggiunge la scalinata e si accomoda sul primo gradino. Poi guarda in alto, dove il trono sormontato dal Leone giace tra spire di fumo.
***
Le pareti di pietra sembrano chiudersi su Andrev e Ewan lanciati di corsa. Il pavimento cede all'improvviso, una voragine si apre sotto i piedi dei due ragazzi.
Ewan salta e atterra dall'altra parte insieme a Berthé, Andrev deve indietreggiare per evitare di precipitare di sotto.
Ewan si volta. ― Andrev.
Berthé lancia un belato.
― Prosegui. Cerco un'altra strada ― grida l'altro voltandosi.
Ewan prosegue fino a un incrocio, si ferma e guarda nelle tre direzioni. ― Da che parte?
Berthé si lancia di corsa lungo il corridoio alla loro destra. Ewan la segue dopo un attimo di indecisione.
***
Il fumo ha invaso la prigione. Lyra, piegata in due e aggrappata alle sbarre, tossisce.
Ewan sopraggiunge in quel momento. ― Lyra ― esclama vedendo la ragazza annaspare. ― Come ti senti?
― Ewan? Perché sei tornato?
Il ragazzo si aggrappa alle sbarre, cerca di muoverle ma queste si spostano appena dalla loro sede. ― Non ti lascio qui.
― Ti prego, vattene.
― No ― esclama Ewan. ― Troverò il modo di farti uscire. ― Picchia con le mani contro le sbarre.
Lyra gli prende il braccio. ― Vattene ― dice con le lacrime agli occhi.
Ewan scuote la testa, le mani aggrappate alle sbarre. Vicino ai suoi piedi, Berthé lancia un belato triste.
***
Il portone cede di schianto sotto i colpi dell'ariete. Le porte di ferro battuto cadono verso l'interno del castello, schiantandosi con un rumore sordo e sollevando una densa nuvola di polvere e calcinacci.
Leonida si precipita all'interno seguito da Philip. I due entrano di corsa nella sala del trono e attraversano la navata.
La scalinata che porta al trono è circondata dalle fiamme. Leonida le affronta ma è costretto a indietreggiare quando le lingue di fuoco aggrediscono i suoi vestiti.
Vortiger, in piedi accanto al trono, fissa un punto con espressione assorta.
― Vortiger ― esclama Leonida. ― Dimmi dov'è.
L'altro scuote la testa. ― Alla fine è mio ― dice sedendosi sul trono. ― Ho sperato a lungo che una guerra vi eliminasse entrambi.
― Perché l'hai fatto? ― chiede Philip.
― La mia famiglia vi ha sempre serviti con devozione ― grida Vortiger. ― Ma voi ci avete sempre trattati come dei servi. Dei maggiordomi. ― Il corpo è scosso da una risata. ― Volevo entrambi i regni per me ― grida Vortiger. ― Lyonesse era troppo povero e piccolo per competere con Avalon, così dovevo trovare un altro modo.  Pensavo a una guerra, ma voi eravate troppo legati, anche se in fondo eravate rivali. Era solo questione di tempo prima che un incidente vi dividesse. Così ho dovuto aiutare il destino e nel farlo ho anche eliminato l'unico erede di Lyonesse. A quel punto, non mi restava che spingere Avalon a farci la guerra e unire le due corone. Avrei convinto Philip della mia buonafede e di essere stato sempre dalla sua parte. Col tempo avrei preso il controllo di Avalon.
― Hai fatto male i tuoi conti ― dice Philip.
― Non ha importanza. ― Vortiger batte il pugno sul bracciolo. Le fiamme si alzano fino a lambire il soffitto, che inizia a scricchiolare. ― Ormai è tutto finito.
Jolane e Valek raggiungono i due re.
― Li avete trovati? ― chiede la donna.
― È impazzito ― dice Philip indicando Vortiger. ― Non ci dirà niente.
Leonida avanza fino a lambire le fiamme. ― Vortiger. Dimmi dov'è Lyra. Mia figlia.
Vortiger smette di ridere e torna serio. ― La piccola pecoraia è... tua figlia?
Attraverso le fiamme il viso di Leonida sembra quello di un demone. ― Dimmelo!
Vortiger allarga le braccia. ― Questo è il giorno più bello della mia vita ― grida reclinando la testa all'indietro. ― La mia vittoria è completa.
Il soffitto cede di schianto. Assi di legno, pietre e calcinacci precipitano sulla scalinata, sotterrandola. Il soffitto si riempie di crepe dalle quale iniziano a precipitare altri detriti.
Valek afferra Jolane. ― Andiamo.
Philip prende Leonida per la spalla e lo trascina via.
― Lyra ― riesce a dire il re di Lyonesse mentre tutto intorno a loro inizia a sgretolarsi e frantumarsi.
***
Un rombo assordante esplode sopra le loro teste, le sbarre e tutte le celle sono scosse da una forza gigantesca. Le pareti tremano, grandi pietre si staccano dal soffitto e precipitano spaccandosi in mille pezzi.
Lyra si aggrappa alle sbarre. ― Ewan ― esclama nel momento in cui l'intelaiatura della gabbia cede e si frantuma in mille pazzi.
La grata che tiene chiusa la cella precipita in avanti. Ewan tenta di spostarsi di lato, ma viene trascinato all'indietro dal peso della struttura in metallo, che lo schiaccia contro il pavimento.
Lyra gli cade addosso, i visi separati dalle sbarre. ― Stai bene?
Ewan stringe i denti. ― La nostra situazione non è affatto migliorata, ma almeno ora tu sei libera. ― Alcune pietre impediscono alle sbarre di schiacciarlo. ― Non posso muovere le gambe.
Lyra afferra la grata e cerca di sollevarla. Dopo un paio di tentativi si piega in due, esausta. ― Non ce la faccio. È troppo pesante.
― Vai via ― dice Ewan con un filo di voce. La grata ora gli sta schiacciando il torace. ― Stavolta è davvero finita.
Lyra si guarda attorno, lo sguardo che vaga tra i detriti disseminati in giro. ― Non lasciarlo solo ― dice a Berthé prima di correre via.
Ewan la vede sparire avvolta nel fumo. Tossisce a fatica, gira la testa di lato e chiude gli occhi. Quando li riapre, Lyra ricompare.
Tra le braccia ha una trave di legno spessa il doppio di lei che trascina a fatica sul pavimento.
― Che... ― Ewan tossisce.
Lyra infila la trave nello spazio formato dall'intelaiatura della grata e il pavimento e inizia a spingere verso l'alto. ― L'ho visto fare una volta ― dice a denti stretti, il viso contratto per lo sforzo. ― Un carro si era bloccato in un crepaccio e nessuno era un grado di sollevarlo. Così mio padre prese una trave spessa e lunga e lo sollevò senza alcuno sforzo, come se avesse la forza di dieci uomini.
Ewan sorride. ― Ma tu sei una ragazza.
Lyra sposta di qualche centimetro la trave e ricomincia a spingere. ― Quando gli chiesi come aveva fatto, mi disse che il segreto stava nel trovare il giusto punto d'appoggio.
La grata si solleva.
― Ora ― esclama la ragazza. ― Non so quanto potrò resistere.
Ewan si trascina fuori a forza di braccia.
Lyra abbandona la trave e la grata torna ad abbassarsi con un tonfo metallico. Quindi offre il braccio a Ewan che si rialza.
― Come ci sei riuscita? ― chiede lui guardando la grata con stupore.
Lyra sorride. ― Mai sottovalutare una pecoraia.
Ewan la stringe a sé. ― Ti amo.
Lyra lo fissa con gli occhi sgranati. ― Davvero? Non... non è una delle tue solite bugie? Perché se  è così io...
Lui sta per dire qualcosa, ma un rombo assordante li fa sobbalzare. ― Ne riparliamo dopo. ― Prende Lyra per il braccio e la trascina via.
***
Un pezzo di soffitto si stacca sfiorandoli. Ewan si appiattisce contro il muro dopo aver tirato a sé Lyra. I due rimangono a fissarsi per qualche istante, poi riprendono a correre per il corridoio di pietra.
Il fumo li costringe a tossire in continuazione.
― Dove stiamo andando? ― domanda Lyra arrancando con le mani tese in avanti.
― Non lo so. Mi sono perso ― risponde Ewan.
Una mano gli artiglia la spalla costringendolo a voltarsi. Andrev lo fissa attraverso la coltre di fumo.
― Trovati ― esclama trascinandoli via.
― Andrev. Dove eri finito? ― domanda Ewan felice.
― Ho fatto il giro lungo. Andiamo, tra poco crollerà tutto.
Il soffitto cede di schianto, riversando nel corridoio tonnellate di pietre e detriti. Andrev indietreggia seguito dai due ragazzi.
― Dannazione. Era l'unica via d'uscita. ― Andrev si volta. ― Torniamo indietro.
***
Il fuoco raggiunge le casse posizionate lungo i lati della sala. Gli ingranaggi, ormai immobili, sono gli unici testimoni all'incendio che divampa e divora in pochi secondi tutto ciò che si trova nelle vicinanze.
Uno dei campanelli emette un ultimo trillo prima che l'esplosione lo investa in pieno.
***
La scossa è così forte da sbalzarli a terra.
Ewan aiuta Lyra a rialzarsi mentre Andrev prende Berthé sotto braccio. Superato un arco di pietra, il corridoio si allarga e il fumo si dirada.
Sopra le loro teste il soffitto si sgretola facendo precipitare pietre e calcinacci insieme alle travi che le sostengono.
Andrev evita di un soffio di essere investito da un masso.
Attraverso il fumo, Lyra scorge l'enorme sagoma di qualcosa che si erge al centro della sala. ― Lì ― dice trascinando per mano Ewan. ― Da quella parte.
Il soffitto cede e crolla di schianto portandosi dietro tonnellate di pietre e calcinacci.
Andrev grida qualcosa che viene coperto dal terribile frastuono mentre si accovaccia cercando di proteggere col suo corpo i due ragazzi. Berthé, ancora stretta tra le sue braccia, lancia un belato disperato.
Ewan abbraccia Lyra un attimo prima che su di loro cali il buio.

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Capitolo 20
*** VENTI ***


Leonida fissa disperato il mastio che si accartoccia su sé stesso come inghiottito da una voragine che si è spalancata sotto il castello e lo ha ingoiato.
Le torri crollano una a una trascinate dalle pareti che esplodono proiettando massi e detriti in ogni direzione come proiettili.
Philip assiste allo spettacolo in ginocchio, le mani che lo sostengono a fatica.
Jolane e Valek si stringono l'uno all'altra in silenzio.
La polvere si deposita sui loro visi sugli abiti, così come sulle corazze dei cavalieri che sfilano atterriti di fronte alla devastazione.
Chi è rimasto forma un ampio semicerchio attorno ai due sovrani che, inginocchiati, piangono su ciò che resta del castello.
Facendosi strada tra i cavalieri, Stefan e Nadira, seguiti da Mido, raggiungono il luogo della devastazione.
― Lyra ― sussurra Nadira prima di crollare a terra.
Stefan invece si getta sui calcinacci e solleva una pietra. ― Dobbiamo scavare ― grida rivolto a quelli che si trovano nelle vicinanze.
Jolane si riscuote. ― Ha ragione ― dice ai soldati. ― Formiamo una catena umana. ― Jolane affianca Stefan e inizia a spostare una pietra con le mani.
I cavalieri si scambiano occhiate perplesse.
Valek si fa avanti. ― Non avete sentito Lady Jolane? Scaviamo.
Philip si rialza. ― Andiamo ― dice prendendo sottobraccio Leonida.
Il re di Lyonesse si regge su gambe malferme. ― L'avevo appena ritrovata e l'ho persa di nuovo.
― La ritroveremo. Anche Ewan.
Leonida si aggrappa al braccio di Philip. ― È tutta colpa mia. Tuo figlio non aveva alcuna colpa.
― Nessuno di noi ne ha.
― Ma io ho sbagliato a giudicarti.
Philip sorride. ― Tutti sbagliamo. Se può farti stare meglio, io ti perdono. A patto che tu perdoni me.
― Per cosa?
― Per averti invidiato Mirande.
Leonida lo abbraccia.
***
Tre file di soldati formano altrettante catene umane. Philip, Valek e Leonida spostano i massi che viaggiano veloci di mano in mano fino raggiungere il fossato,dove vengono gettati.
Quelli che erano scappati dal castello di uniscono a chi scava.
Gwenola abbraccia Jolane. ― Quella povera ragazza ― piagnucola. ― Non ho potuto fare niente per lei. I soldati ci hanno rinchiuso in un'ala del castello. Siamo riusciti a fuggire solo quando è scoppiato l'incendio.
Jolane le accarezza la guancia.
***
Il sole sta calando dietro le montagne e le prime stelle stanno sorgendo. Alcuni cavalieri giacciono esausti, mentre uomini e donne del popolo li hanno sostituiti.
Tra di essi ci sono Vilna e alcuni marinai.
― È gente della città ― dice Valek indicandoli a Jolane. ― Sono venuti non appena si è sparsa la notizia.
Philip, in piedi tra i detriti, si lascia cadere esausto su di una colonna.
― Non ti arrenderai proprio ora, spero ― dice Leonida rimettendolo in piedi.
Philip indica le macerie alle sue spalle. ― Sono ore che scaviamo. Non c'è più speranza.
― Scaveremo tutta la notte se necessario. E anche domani e per tutta la settimana.
Stefan si siede. Accanto a lui Nadira continua spostare pietre e calcinacci. ― Avrei dovuto lasciarla andare in città. Forse tutto questo non sarebbe successo.
― Volevi solo proteggerla ― risponde la donna con tono dolce.
― Sono stato proprio bravo.
Mido, accucciato ai piedi del padrone, alza le orecchie di scatto e scappa via.
― Dove vai? ― grida Stefan all'indirizzo del cane. ― È pericoloso.
Mido si arrampica con andatura incerta fino a un cumulo più alto degli altri, annusa tra le travi spezzate e le pietre divelte e abbaia all'indirizzo del padrone.
Stefan scuote la testa. ― Mido. Fai il bravo.
Il cane abbaia rivolto al suolo, poi esegue due giri completi su sé stesso e infine abbaia di nuovo all'indirizzo di Stefan.
― Ora vengo lì e... ― Il pastore si blocca a metà della frase. Si alza di scatto e raggiunge di corsa Mido. ― Che stai cercando di dirmi vecchio mio?
Mido saltella e lecca la mano di Stefan prima di puntare il muso verso una minuscola apertura che si intravede tra le macerie.
Stefan si china per guardare meglio. Quindi si rialza di scatto. ― Qui. Venite, presto. Mido ha trovato qualcosa.
***
Le pietre vengono rimosse rivelando una trave. Sotto di essa si intravede una cavità avvolta nel buio.
― C'è qualcosa qui ― grida una voce eccitata.
― Piano. Potreste far crollare tutto.
― Spostate quella trave. Non quella lì, l'altra.
― Fate attenzione.
― Spostatevi di lì. Ecco, ora dovrebbe vedersi qualcosa.
***
Una lama di luce piove attraverso l'apertura. Affacciati lungo il bordo frastagliato, si vedono i visi di Valek, Jolane, Leonida e Philip.
Tre figure coperte di polvere giacciono ai piedi della statua, vicino alla base quadrata. Una di esse di sposta, appare un viso che guarda verso l'alto.
È quello di Andrev.
Poi appaiono i visi di Ewan e Lyra.
I quattro in cima all'apertura si scambiano una lunga occhiata. Quando tornano a guardare in basso i loro occhi incontrano quelli grigi e freddi della statua.
Jolane si tocca il petto, gli occhi pieni di lacrime.
La statua di Mirande, le braccia alzate e gli occhi rivolti al cielo, la fissa dal basso. Le travi che sostenevano il soffitto della sala sono crollate su si lei e lì sono rimaste, bloccando le pietre e i calcinacci che piovevano dall'alto.
***
Lyra è la prima a uscire. Aiutata da Andrev e Ewan in basso e da Philip e Leonida in alto, la ragazza abbraccia Nadira e Stefan che l'aspettano in disparte.
I cavalieri e le persone radunatesi al castello applaudono e lanciano grida di entusiasmo. Vilna si soffia il naso e si asciuga le lacrime.
Leonida li osserva in silenzio.
Philip gli posa una mano sulla spalla. ― Ci sarà tempo per le spiegazioni.
Il re di Lyonesse annuisce e sorride.
Ewan riemerge dal foro. Philip lo stringe tra le braccia, ricambiato.
― Volevo solo fermare la guerra ― dice piangendo.
― E lo hai fatto ― risponde Philip commosso.
Leonida stringe la mano al ragazzo.
Andrev lancia fuori Berthé, che tra la sorpresa e il divertimento generale atterra sulle sue gambe a qualche passo di distanza.
Mido le si avvicina e le regala una leccata sul muso.
La capretta risponde con un belato indignato e scappa via.
L'ultimo è Andrev che viene aiutato da Valek e Philip.
Il re di Avalon è il primo ad abbracciarlo. ― Ben fatto, capitano.
Andrev sorride imbarazzato. ― Grazie Maestà, ma ho fatto solo il mio dovere.
Ewan si schiarisce la voce. ― Padre...
Philip alza una mano. ― Lo so, lo so. ― Guarda Andrev negli occhi. ― Volevo dire ben fatto, Ammiraglio.
Andrev deglutisce a fatica. ― Cosa? Io un... non so se lo merito. Voglio dire...
Leonida gli da una pacca sulla schiena. ― Non fare il modesto, ora. Philip potrebbe offendersi se rifiuti questo onore.
― Ma solo un nobile può diventare ammiraglio ― dice Andrev pensoso. ― E io sono solo il figlio di un pastore.
Leonida guarda Lyra ancora abbracciata a Stefan e Nadira. ― Ragazzo, ci può essere nobiltà anche in un pecoraio.
Philip annuisce. ― E il titolo nobiliare non è un problema.
Ewan cerca Lyra con lo sguardo e le sorride.
La ragazza lo ricambia con la stessa intensità.
***
Lazare percorre il molo con andatura incerta. Quando raggiunge la passerella tesa tra una nave e la banchina, deve spostarsi di lato per non essere investito da due marinai che stanno sbarcando una botte facendola rotolare.
― Piano con quella ― grida ai due. ― Contiene semi da piantare. Cercate di non rovesciarli.
Fa per salire sulla passerella, ma una seconda coppia di marinai che spingono una botte lo costringe a scendere in tutta fretta.
Solo quando si sono allontanati sale la passerella di corsa.
Il ponte della nave è ingombro di casse, botti e sacchi.
Lazare si dirige con passo spedito verso un uomo in livrea grigia e azzurra.
― Capitano Danton ― dice rivolgendogli un leggero inchino.
― Lazare, amico mio ― risponde l'altro con un ampio sorriso.
Lazare osserva compiaciuto i marinai che scaricano le casse e le botti. ― Avete fato in fretta. Solo tre giorni per caricare la merce e attraversare lo stretto.
Danton si liscia la barba nera e folta. ― Devo ammettere che quando ho letto la vostra lettera non riuscivo a credere ai miei occhi. ― Batte il ponte col tacco dello stivale. ― Pensavo che a Lyonesse avrei portato solo cannoni e non... semi e scorte alimentari.
― È ciò di cui ha bisogno la popolazione. In questo momento i nostri cavalieri stanno distribuendo il cibo ai più bisognosi.
― Mi chiedo se tutto questo ha l'approvazione di re Philip.
― È stato lui a ordinarlo ― risponde Lazare con tono gioviale.
Danton lo fissa stupito. ― Perdonatemi ma... il re deve essere impazzito. Pensavo fossimo in guerra con Lyonesse.
Lazare sorride. ― Scoprirete che molte cose sono cambiate e molte altre cambieranno. E il re è perfettamente in sé.
Danton si stringe nelle spalle. ― Se lo dite voi...
***
― Datevi da fare, manica di rammolliti ― grida Steon ai marinai impegnati a ripulire il ponte della nave. ― Non vi pago per oziare.
Vilna, in piedi sul castello di poppa, rivolge lo sguardo al mare. Navi con lo stemma di Avalon si dirigono verso il porto, mentre altre se ne allontanano.
― Smettila di guardare quelle navi ― dice Steon salendo le scale una a una. ― Non è pane per i nostri denti.
Vilna emette un sospiro triste. ― Sai, stavo pensando che...
Steon esplode in una fragorosa risata. ― Tu pensavi? E a cosa?
Vilna gli rivolge un'occhiataccia. ― Pensavo che potremmo cambiare mestiere.
― Ti sei stancata di fare il pirata? Vuoi diventare un fornaio o un contadino come quello stupido di Valek per caso? ― Steon indica il molo. ― Vai allora, accomodati pure.
I marinai guardano nella loro direzione.
Vilna si piazza davanti al fratello, sovrastandolo. ― Non ho detto questo. Possiamo ancora essere dei marinai onesti. Una volta lo eravamo.
― Quello era prima.
― Sì ― dice Vilna triste. ― Prima che io ti lasciassi fare tutto di testa tua. E guarda dove ci hai portato.
Steon le punta contro il dito. ― Io comando, io...
Vilna lascia partire un pugno che raggiunge Steon al viso. Il colpo è così forte da scaraventarlo oltre il parapetto.
L'uomo precipita in mare alzando una colonna d'acqua che raggiunge il ponte.
Quando riemerge sputacchiando e tossendo, i marinai sono tutti affacciati lungo la murata e ridono.
Vilna, le mani appoggiate sul parapetto, lo guarda con aria di sfida. ― Da oggi torniamo a essere marinai onesti. Aiuteremo Lyonesse a tornare quella di prima. Chi è con me?
Dai marinai si alza un coro entusiasta.
Vilna guarda Steon. ― Sei con me, fratello?
L'altro sbuffa. ― Tu comandi, tu decidi ― esclama rassegnato.
***
Andrev lancia un'occhiata all'insegna sopra la sua testa. ― La Tavolozza dai Mille Colori. Di Gustav ― recita ad alta voce ciò che è impresso a fuoco sul legno.
Con piglio deciso apre la porta e si ritrova all'interno di un laboratorio di pittura. Le pareti sono ingombre di scaffali pieni di essenze colorate, quadri raffiguranti animali e nobili uomini in posa e busti di bronzo di tutte le forme e grandezze.
Una ragazza lavora china su un tornio dove sta modellando un vaso di terracotta.
Andrev si ferma a qualche passo di distanza e si schiarisce la voce.
La ragazza alza la testa e torna ad abbassarla. ― Torna più tardi per la consegna.
Andrev si morde il labbro inferiore. ― In verità io avrei un ordine da fare.
La ragazza stacca gli occhi dal vaso e ferma il tornio.
― Tu sei Gustav? ― chiede Andrev.
― No. È mio padre. Lui fa lo scultore, per lo più. Io mi chiamo Letitia.
― È un bel nome.
― E tu sei?
― Andrev de Montfort-Beuval.
Letitia scrolla le spalle. ― Allora Andrev. Cosa ti serve?
Andrev tira fuori dalla tasca un foglio piegato in quattro e lo porge alla ragazza.
Letitia lo apre e lo osserva per qualche secondo. ― È uno scherzo?
― No. In verità è uno stemma nobiliare. Il mio, per la precisione. Il re mi ha nominato barone ― aggiunge sorridendo imbarazzato.
Sul foglio è raffigurata una capretta con le zampe anteriori sollevate, quasi a imitare un leone rampante.
Letitia lo guarda stupita. ― Sei sicuro di volere una pecora come simbolo?
― È una capretta.
― È uguale.
Andrev annuisce. ― Sì. Ne sono sicuro.
― Te lo chiedo perché poi non voglio lamentele. C'è un motivo particolare per volere una pecora...
Andrev si acciglia.
― Una capretta, sul tuo stemma araldico?
Andrev fa spallucce. ― In fondo ― dice con orgoglio. ― Sono il figlio di un pastore.
***
Valek si ferma davanti alla villa abbandonata. L'abitazione è poco più di un rudere con le porte divelte, i muri scrostati e il tetto sfondato. Il vento solleva un mulinello di polvere che lo investe in pieno.
Il mercenario si abbassa con cautela per raccoglierne un po' e la fa passare tra le dita.
Dietro di lui, Jolane incrocia le braccia. ― Non è poi così male. Basta riparare il tetto e montare le porte e sarà perfetta.
Valek la guarda accigliato. ― Cade a pezzi. E il terreno è arido come le mie tasche.
― Riapriremo i pozzi e porteremo l'acqua alle campagne ― dice Jolane sicura. ― Lyonesse tornerà a fiorire. È solo questione di tempo.
Valek sospira. ― Non so se ce la farò. A ricominciare, intendo. Fare la vita del contadino non è semplice.
Jolane gli poggia una mano sul braccio. ― Sarai bravissimo. Lo so.
― Leonida ti ha nominata direttrice dei lavori?
Jolane allarga le braccia. ― Diciamo pure che ho preso il posto che Lord Vortiger ha lasciato libero.
― Farai sicuramente un lavoro stupendo ― dice Valek sorridendo. ― Sei sempre stata portata per questo genere di cose.
― Spero solo che Lyonesse torni com'era una volta.
Jolane si ferma davanti a Valek, il viso a pochi centimetri dal suo.
― E noi? ― chiede il mercenario. ― Torneremo come una volta? O è troppo tardi?
Jolane gli passa le braccia attorno al collo. ― Non è mai troppo tardi. ― Si alza sulla punta dei piedi.
Le loro labbra si sfiorano, poi si toccano con più decisione. Infine si uniscono in un intenso abbraccio.
***
La tavola di legno grezzo è sostenuta da quattro pile di mattoni, una per ogni angolo. Leonida, le mani appoggiate sulla tavola, punta l'indice sul foglio dispiegato davanti a sé e tenuto fermo da quattro pietre poste sui lati. Altri fogli arrotolati giacciono nelle vicinanze o per terra.
Alle sue spalle si intravede ciò che resta del castello. Un cumulo di macerie ammonticchiate attorno alle quali si muovono decine di uomini che spostano travi e pietre sistemandole lì attorno.
― Qui ― dice Leonida battendo la punta dell'indice sul foglio. ― Costruiremo qui il canale.
Philip lo osserva divertito.
Leonida alza la testa. ― Che hai da ridere?
― Non ho mai visto un uomo così entusiasta al pensiero di aver perso tutto.
― In verità, penso di non aver mai posseduto niente.
― Hai una splendida figlia.
Leonida sorride mesto. ― Che è cresciuta senza conoscermi. E tutto per colpa del mio orgoglio.
Philip gli passa il braccio sulla spalla. ― Il tempo aggiusterà le cose. Il tempo aggiusta tutto.
― Il tempo ― dice Leonida pensoso. ― Ecco cosa manca a Lyonesse. Ci sono così tante cose da fare e sono tutte urgenti.
― Noi vi daremo una mano. In memoria dei vecchi tempi. ― Philip punta il dito sul foglio. ― Parlami di questo canale. Sarà davvero efficiente come dici o ti stai solo vantando come al solito?
― In verità l'ha progettato Jolane. E penso che funzionerà. Un giorno riavremo campi verdi e boschi rigogliosi.
***
Andrev spinge Ewan per le spalle.
Il principe si divincola. ― Smettila.
― Diglielo.
― Ci sto pensando.
― Non devi pensarci. Lo devi fare e basta.
― Lo farò.
― Quando?
― Devo trovare le parole giuste.
― Ora.
― Non è così semplice.
I due sono arrivati vicino ai sovrani. Andrev spinge Ewan che inciampa ma si raddrizza appena in tempo per non finire disteso davanti alla tavola ingombra di progetti.
Philip e Leonida sollevano la testa e si scambiano un'occhiata perplessa.
Nello spiazzo, che una volta racchiudeva il cortile del castello, Lyra e i suoi genitori, accompagnati da Mido e Berthé, passeggiano guardandosi attorno.
A qualche passo di distanza, Jolane e Valek camminano mano nella mano. La donna ogni tanto rivolge la parola a uno degli operai per dare delle disposizioni.
Ewan guarda Leonida e arrossisce.
Andrev gli passa da dietro e gli da un colpetto alle spalle. ― Diglielo ― sussurra.
Ewan lo allontana infastidito, poi si inginocchia e con la testa china esclama: ― Vostra Maestà. Vorrei chiedervi il permesso di frequentare vostra figlia, la principessa Lyra.
Leonida solleva un sopracciglio.
Lyra, Stefan e Nadira si fermano a osservare la scena. La ragazza non riesce a trattenere un sorriso.
Jolane e Valek si scambiamo un'occhiata divertita.
Leonida si raddrizza, schiarisce la voce e dice: ― Principe Ewan, non posso concedervi il permesso di frequentare Lyra.
Tutti spalancano la bocca stupiti.
Ewan sta per dire qualcosa. Leonida indica Stefan e Nadira con un braccio e aggiunge: ― Non posso perché dovete chiederlo ai suoi genitori, che per tutti questi anni l'hanno cresciuta con affetto e amore.
Stefan e Nadira si guardano stupiti.
― Ma noi non...
― Cosa? Non possiamo certo...
Ewan si volta nella loro direzione. ― Ho il vostro permesso?
Lyra stringe i suoi genitori in un abbraccio. ― Sì ― esclama entusiasta.
Nadira e Stefan, commossi, la guardano correre via.
Ewan si alza e fa per andarle incontro, ma Lyra si getta su Leonida e lo abbraccia.
― Grazie ― gli sussurra dopo avergli dato un bacio sulla guancia.
Leonida, gli occhi lucidi, si tocca il punto in cui le labbra di Lyra lo hanno sfiorato.
Philip osserva compiaciuto Lyra ed Ewan che si abbracciano e si stringono l'uno all'altra.
***
― E fu così che la storia dei due regni divenne quella di uno solo ― conclude il vecchio con voce roca.
Attorno a lui la folla ascolta in silenzio, gli occhi rapiti. Solo quando il libro si chiude il silenzio si spezza. I giovani e i meno giovani si scambiano sguardi compiaciuti. Un paio tra i più anziani si asciugano una lacrima. Tutti si allontanano con un sorriso sul volto.
Il vecchio ripone il libro in un sacco che poi si getta sulla spalla. Con occhi languidi, appena velati dalla tristezza, rivolge lo sguardo al cielo.
Le stelle brillano vivide nella notte appena iniziata.
Il vecchio si incammina tra i carri e le bestie lasciate al pascolo. Un paio di caprette gli tagliano la strada inseguite da un cagnolino tutto pelo.
Al confine del campo improvvisato, si imbatte in un paio di donne che stanno depositando dei fiori alla base di una statua. Il tempo ha consumato la pietra di cui era fatta, rendendo irriconoscibili i tratti del viso, ma gli occhi del vecchio non mostrano alcuna esitazione nel seguirne la figura che si erge al di sopra degli alberi, il viso rivolto verso il cielo e le braccia distese in un gesto di saluto e di benvenuto.
Dal punto in cui si trova, il vecchio non può vederla, ma una goccia di rugiada scivola tra i solchi lasciati dal tempo sul viso della statua, si ferma su ciò che una volta era una guancia e scivola infine verso il basso.
E mentre cade, per un attimo assume la forma di una stella e sembra brillare più di tutte le sue sorelle lì in alto nel cielo.
 
FINE

E siamo arrivati alla fine!
Doveva essere una novella di ventimila parole e invece è diventato un vero e proprio romanzo di quarantottomila.
Lo scrivo anche a numeri, così si capisce meglio:
48,000
Non è la storia più lunga che abbia mai scritto, ma gli si avvicina.
Spero che vi sia piaciuto leggerla tanto quanto a me è piaciuto scriverla.
Che altro dire?
Solo che questo non è un addio. Prima o poi tornerò su questi lidi con una nuova storia, ma non prima dell'anno prossimo a causa di un'agenda fittissima di impegni.
Quindi arrivederci, lunga vita e prosperità.
 
Heliodor

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