Not So Different After All

di Chartraux
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


AVVISO IMPORTANTE
Ciao! Allora, innanzitutto questa è una Sterek AU.
Non tiene conto di lupi, mostri vari, assassini seriali e poteri assurdi.
Forse qualche psicopatico sì XD
Tiene però conto solo delle prime due stagioni e qualcosa di accennato sulla terza.
Voglio sottolineare che questa storia è quasi marcita in una chiavetta USB per più di un anno e che quindi il modo di scrivere, se avete seguito le mie ultime storie, è abbastanza diverso.
Ho cercato di sistemarle, ma avrei dovuto riscrivere tutto per riuscire a scriverla come avrei voluto (e purtroppo non ho molto tempo… ma ho fatto del mio meglio).
Buona lettura.







I - Prologo


Stiles sta camminando, quasi saltellando in realtà, verso il cortile della Clinica Argent; ha un sorriso furbo sulle labbra e le mani sono al sicuro nelle tasche calde dei jeans. C'è il sole e l'aria è fresca, la giornata adatta per fare un po’ di sport con i ragazzi del suo gruppo di sostegno.
La clinica in cui si trova è circondata da prati verdi e situata poco distante dal bosco di Beacon Hills; è di nuova costruzione e, più che una clinica per assistenza psicologica, pare una scuola superiore: le vetrate sono tante e ampie, le pareti delle camere sono state dipinte dai pazienti stessi come meglio preferivano, le stanze delle visite e dei ritrovi dei gruppi non sono di quel bianco asettico e fastidioso, ma piuttosto di quel color crema che ti fa venire voglia di mangiare un pasticcino tutte le volte che le si osserva. Ci sono quadri, poster e foto appesi un po’ ovunque e le attività libere sono molte e tutte diverse.
Stiles sorride, mentre intravede la porta di vetro che è spalancata sul cortile per le attività sportive.
L’ingresso del cortile si trova esattamente dal lato opposto alla hall della struttura dove, una signora dallo sguardo un truce e dai capelli corti e rossi fiammeggianti dà le indicazioni richieste con tono sbrigativo e poco cortese. E se qualcuno se lo chiede, no, non può essere licenziata perché è la moglie del direttore della Clinica.
Avvicinandosi all’ingresso, Stiles, nota uno dei carrelli per i materiali medici lasciato in mezzo al corridoio ed ode dei rumori strani, come di qualcosa di pesante che cade e dei ringhi frustrati; si avvicina con calma, col terrore che gli si è infiltrato nelle vene, ma è curioso di natura Stiles e non può farne a meno.
Si affaccia all’ingresso e vede un ragazzo alto, dai capelli scuri, che lotta contro un paio di agenti di polizia – li riconosce, sono Tropper e Moore che lavorano con suo padre –; ma è forte, decisamente forte, e li sbatte a terra entrambi con facilità. La signora Argent guarda la scena con occhi spalancati, quasi incredula per la violenza gratuita che sta avvenendo davanti a lei, poi scrolla le spalle ed il volto si riempie di serietà: preme un pulsante sotto la scrivania e prende con attenzione una siringa dal proprio camice bianco. Si avvicina senza esitazione al ragazzo che notandola compie velocemente un salto indietro e, colpendola ad una mano, le fa lasciare “l’arma impropria”.
Stiles guarda tutto con occhi curiosi, si accorge dello sguardo arrabbiato ed anche impaurito – Come quello di un leone ferito e braccato! – che è sul volto dell’uomo dai capelli scuri e gli occhi verdi; legge qualcosa di indefinibile quasi, gli sembra tradimento…
Lo sente ringhiare e, spaventato, fa qualche passo indietro.
Sbatte contro al carrello di metallo, facendo ribaltare al suolo i materiali sterili che contiene; si rende conto che il rumore che ha causato con la sua goffaggine è forte e, preoccupato, alza di scatto la testa: quegli occhi verdi luminosi ed arrabbiati lo guardano, lo sfidano.
Non lo sa il perché, ma Stiles gli sorride incerto sollevando una mano tremante.
Poi lo vede correre verso di lui con un braccio alzato per tirare un pugno; anche se spaventato, Stiles non si muove. Non muove un muscolo e non distoglie lo sguardo.
Rimane lì, in piedi, con le ginocchia tremanti di paura ad affrontarlo come può. Sta già pensando come spiegare al padre il livido che si formerà sulla mascella, quando vede il ragazzo rallentare e barcollare fino a che non lo trova steso per terra, proprio davanti ai suoi piedi.
Il ragazzino alza la testa e vede Chris Argent, il direttore della clinica, con una pistola in mano.
Stiles scivola sulle ginocchia osservando preoccupato il corpo steso del ragazzo; ode delle voci chiamare il suo nome, sente delle mani afferrarlo e vede qualcuno di conosciuto, di cui non riesce pronunciare il nome, allungargli un sacchetto di carta.
Lo afferra tra le dita tremanti ed inizia a respirarvi dentro.
Ci vogliono un paio di minuti, un bicchiere d’acqua e delle carezze circolari sulla schiena per farlo riprendere.
Sospira forte e poi parla «Dottor Deaton?!»
L’uomo, sollevato dal fatto che Stiles lo abbia riconosciuto, gli sorride «Ehi, Stiles, come va?»
«… uhm … bene, credo.»
«Davvero?»
Il giovane si mette una mano sul cuore, lo sente battere tranquillo ed il respiro gli pare regolare «Sì, tutto bene.»
«Meglio così. Niente pastiglia supplementare per farti calmare.» sorride gentile, aiutandolo a rialzarsi «Come mai da queste parti?»
Stiles fa spallucce «Volevo giocare a lacrosse» risponde inclinando leggermente il capo sulla destra cercando il ragazzo colpito «però qualcosa ha attirato la mia attenzione, ma ora non c’è più…».
Gli trema la voce.
Il dottor Deaton assottiglia gli occhi scrutandolo appena, gli poggia una mano sulla spalla e si avvicina parlandogli con tono calmo e rilassato «Stiles, quella persona è solo svenuta. Non è morta, va bene?»
«Davvero?» chiede il ragazzino spalancando gli occhi nocciola.
«Sì, davvero. Ma per piacere, non avvicinarti a lui. È un ragazzo davvero pericoloso.»
Stiles si umetta le labbra e poi un ghigno di risposta passa sul suo viso quando esclama un «Sì!» eccitato che non ha affatto convinto il medico: lo conosce, sa di cosa è capace Stiles quando la curiosità prende il sopravvento su tutto il resto.
Deaton gli dà una pacca sulla spalla – Stiles non sa se di ammonimento o altro – e si allontana per dirigersi verso il proprio studio lasciandolo da solo; e solo in quel momento, quando il corridoio è totalmente vuoto, che Stiles osserva: il carrello è stato portato via, la signora Argent è di nuovo dietro la scrivania intenta in una telefonata che di tranquillo non avrà avuto nemmeno la composizione del numero, il signor Argent è scomparso ed il dottor Deaton ha raggiunto un infermiere che trasporta un lettino.
Stringe gli occhi, Stiles, e vede che sdraiato sulla portantina c’è il ragazzo violento di poco prima, un proiettile con tranquillante poggiato al suo fianco.
Stiles si guarda attorno con falso disinteresse e quando è certo che nessuno sia interessato a lui, con passo felpato, inizia a seguire la barella, Deaton e l’infermiere.
 
 
Stiles esce dalla sua stanza, ormai conosce gli orari delle “guardie” ed è certo che il campo sia libero.
Silenziosamente, per quanto le scarpe da ginnastica siano silenziose sul rivestimento in linoleum della clinica, Stiles esce dalla struttura sbucando nel giardino che si trova sul retro, quello che si vede dalle finestre della sala riunioni del personale, gira un paio di angoli facendo attenzione; anche se sa che è il “cambio delle guardie” – che sono lente e svogliate – non vuole avere un rimprovero da Deaton. O peggio, da Chris Argent. Quell’uomo lo inquieta, i suoi modi duri e l’aspetto per nulla gentile gli ricordano un mercenario o qualcosa del genere! – ed in meno di cinque minuti arriva trionfante nell’angolo ristoro esterno. Prende una delle sedie di plastica che sono impilate vicino all’ingresso della mensa e poi ripercorre, per circa un centinaio di metri, la strada all’incontrario, sino ad arrivare di fronte ad una precisa finestra: ha le sbarre di metallo e gli dà uno strano senso d’ansia.
La stanza 24, come la 48, è utilizzata esclusivamente per i casi più gravi; Stiles lo sa solo perché ha convinto Deaton a rivelarglielo, tempo prima, con qualche giochetto intellettuale. Poggia la sedia proprio sotto la finestra, con le mani fa pressione sui braccioli per vedere se è stabile e poi, con un sorriso divertito sul volto, vi sale sopra. È fortunato, che quella sera, ci sia la luna piena splendente in cielo o nell’oscurità della camera non vedrebbe mai il corpo del ragazzo dai capelli scuri e gli occhi verdi seduto sul letto.
«Ehi!» dice con un tono divertito nella voce, forse troppo divertito visto che nota la testa dell’altro girarsi nella sua direzione, ed è certo che il suo sguardo sia decisamente irritato.
Il ragazzo è stranito ed un ringhio gli sale alle labbra, è una stanza di isolamento e non può proprio credere che un moccioso non solo gli rivolga la parola ma sia soprattutto sgattaiolato fuori dalla proprio stanza solo per rompergli le scatole.
«Tu sei Hale vero?! Derek Hale!» ma Stiles non aspetta una risposta, decide solo di proseguire il suo monologo di presentazione «Io sono Stilis Stilinski! Sono qui da sessantuno giorni per ADHD che, in parole povero, vuol dire che soffro di deficit di attenzione e iperattività. Mio padre credo proprio che tu l’abbia conosciuto: è lo sceriffo della contea di Beacon Hills, ed è molto bravo nel suo lavoro! Lo dico perché tu sappia che non è il caso di farmi del male; potresti trovarti circondato da poliziotti in mezzo secondo!!! Ho sentito parlare di te dagli infermieri, dicono che hai rubato in un negozio di elettronica nel centro della città… e che non è la prima volta. Questo mi fa pensare che tu sia bravo in quello che fai, quindi mi sono chiesto come sia possibile che ti sei fatto prendere!»
Un secondo dopo, Stiles non ha capito bene come, si è trovato con le gambe all’aria.
Stava parlando a Derek Hale e poi, tutto d’un tratto, si è trovato quel muso ringhioso davanti alla faccia e, spaventato, ha fatto un passo indietro finendo dritto col sedere per terra. Ora, Derek Hale, di fronte alla finestra, con le dita strette alle sbarre di metallo,  digrigna i denti in un modo che a Stiles sembra quasi un lupo molto, ma molto, arrabbiato.
«Vattene!» ringhia Derek mentre nota il ragazzo alzarsi e pulirsi con le mani il retro dei jeans.
«Va bene, ma solo perché ho sonno, sia chiaro. Non di certo perché pensi di mettermi paura. Proprio no! Io sono un tipo furbo, pensi che non abbia preso le mie precauzioni prima di venire qui?! Beh, sbagli di grosso!» risponde sistemandosi la felpa rossa, alza lo sguardo ed i loro occhi si incontrano per un istante. Stiles gli sorride e poi se ne va.
Derek spera che lo lasci in pace.
 
Ovviamente non è stato così.
Per le tre sere successive Stiles è uscito dalla sua stanza, prende una sedia di plastica e poi la posiziona proprio sotto la finestra di Derek Hale e parla. Parla e parla di ogni cosa, in modo decisamente caotico e fastidioso, tanto che le uniche reazioni che Derek può  avere sono quelle di tapparsi per le orecchie e ringhiargli parole poco cortesi.
È anche vero, però, che durante quelle chiacchierate a senso unico Stiles gli ha dato una buona notizia: ancora un giorno ed avrebbe potuto andarsene dalla stanza-cella dove è stato rinchiuso e da cui è uscito – accompagnato da ben tre guardie – solo per fare alcuni incontri col dottor Deaton.
«Quindi, se all’incontro di gruppo di domani non fai dei danni, non picchi nessuno e non ringhi a vanvera, credo proprio ti faranno uscire! Avrai una stanza nuova e tutta tua Derek, non è fantastico!?»
Derek non comprende tutto quell’entusiasmo. Anche Stiles è lì contro il suo volere, eppure sembra tranquillo e sereno.
Non riesce proprio a sopportare il suo modo felice di porsi al mondo; per non parlare di quel vomito di parole che lo contraddistingue.
Dopo quattro notti e cinque giorni rinchiuso nella stanza 24, ora si trova in una stanza dal triste color crema, seduto in cerchio su una sedia di plastica e metallo. Stiles è accanto a lui ed il dottor Deaton cinque posti alla sua sinistra, e mai come ora avrebbe voglia di sfogare la sua rabbia su qualcosa o qualcuno.
E dal suo punto di vista quello è un’incontro stupido: il medico ha chiesto cosa è piaciuto loro di un lavoro di gruppo che “quel branco di mocciosi” ha fatto senza di lui, anche se è certo che Stiles glielo abbia raccontato, ma non lo ascolta, non davvero, quindi preferisce fare finta di nulla. Poi Deaton, dopo aver seguito i discorsi di un paio di ragazzi ed una ragazza che hanno alzato la mano per spiegare, esternare le proprie sensazioni sul lavoro e o sul gruppo, continua domandando cosa avrebbero fatto quel weekend quando sarebbero tornati a casa. Derek si è accorto che il ragazzino con la ormai solita felpa rossa, ha parlato con foga ed allegria del progetto mentre ha accuratamente evitato di parlare del fine settimana passando la palla ad un ragazzone dall’evidente problema di peso e di autostima.
Hale ha guardato di sfuggita le mani di Stiles, se non si muovono gesticolando sopra alla sua testa rasata, sono sempre dentro le tasche dei jeans larghi. Distoglie lo sguardo ponendolo di nuovo al pavimento chiaro.
Non mi importa!, si dice aggrottando ancora di più le sopracciglia e spaventando la ragazzina seduta alla sua destra.
Deaton ringrazia tutti i presenti, dà loro qualche consiglio spirituale e medico, ricorda loro le regole da rispettare una volta fuori dalla Clinica e poi dà loro il consenso di fare quello che più li aggrada per la restante giornata; l’unica cosa che Derek pensa è di rifugiarsi nella sua camera dalle pareti bianche e di dormire. Si alza veloce e si dirige all’ingresso senza salutare nessuno, senza sistemare la sedia da dove l’ha presa.
«Ti è piaciuto l’incontro?» gli domanda Stiles seguendolo dopo aver riposto entrambe le sedie nell’angolo.
«No.»
«Oh, andiamo! È stato divertente! Big B. è un ragazzo simpatico non pensi?»
Derek non ha nemmeno idea di chi diamine sia Big B., quindi decide di non ascoltarlo e di proseguire il suo viaggio – in teoria solitario – verso la propria stanza; ma come la solito, Stiles non molla.
«Insomma, il progetto che ha ideato Big B. è davvero forte! Ci siamo divertiti un sacco insieme questa settimana. Se tu non avessi litigato con Moore e Tropper avresti potuto partecipare… ma va beh, ci saranno tantissime altre occasioni! E faremo anche delle foto dove ci sei anche tu. Magari con un sorriso, che ne pensi?!»
«Che diamine stai dicendo?» chiede con un ringhio Derek fermandosi e girandosi per guardarlo: Stiles fa un paio di passi indietro ed infossa leggermente la testa nelle spalle, le labbra si serrano e gli occhi si spalancano un poco.
Lo sa che lo ha spaventato, ma non può fare a meno di essere scontroso con quel ragazzino. Si passa una mano tra i capelli e poi continua «Io non faccio foto» brontola tornando sui suoi passi.
«Oh, ma non devi farle, te le facciamo noi!» dice Stiles mostrando nuovamente il sorriso sulle labbra.
Derek scuote la testa perché, si rende conto, che quel Stiles Stilinski sarà peggio di un gatto attaccato alle sue pregiatissime palle.
Fa un sospiro pesante e decide di lasciarlo parlare: ancora sette settimane e sarà fuori di lì.
 
Il dottor Deaton è in piedi di fronte alla grande finestra che dà sul cortile e vede Stiles seguire Hale senza nessuna preoccupazione sul volto.
Beve un sorso di caffè mettendo in moto il cervello.
Quella strana sintonia sarebbe potuta tornargli utile per aiutare entrambi i ragazzi.




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Ciao a tutti!
Eccomi di nuovo con una Sterek!
Come ho scritto sopra è un pò vecchiotta, però mi dispiaceva moltissimo lasciarla marcire (e non in senso lato) in un angolo del pc, quindi, eccola qui.
Lo so, non è un granché e da questo prologo non si capisce molto; ma non preoccupatevi!
Da martedì prossimo i capitoli saranno più lunghi e con più dettagli e/o spiegazioni! :)
Grazie per essere arrivati fin qui.
A martedì prossimo!
Saluti
Charty :D

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***




Capitolo I


Derek Hale e Stiles Stinlinski sono nello studio del dottor Deaton, seduti nelle due poltroncine di similpelle bordeaux proprio di fronte al medico che, con il solito sorriso tranquillo, li guarda con affetto.
E Derek se ne sorprende, perché nessuno lo guarda con affetto da… beh, da parecchio tempo. E si sorprende soprattutto che lui sia lì, con quel moccioso logorroico che non lo lascia solo un minuto!
«Come va ragazzi?» chiede il dottore, intrecciando le mani sopra la scrivania.
Hale ringhia qualcosa di incomprensibile, mentre Stiles inizia un lungo resoconto su cosa ha mangiato quella mattina, il motivo per cui ha messo le All Stars anziché le Adidas, cosa ha sognato quella notte e cosa ha canticchiato mentre raggiungeva lo studio.
«Ma non riesci a stare zitto cinque secondi?!» chiede frustrato Derek roteando gli occhi.
Stiles lo guarda bieco «Beh, almeno io parlo per entrambi visto che tu non spiccichi parola!» ribatte arricciando le labbra, incrociando le braccia al petto ed infossandosi un poco sulla poltroncina.
Deaton ridacchia piano, pensando che sì, quello che sta per fare è tanto assurdo quanto geniale.
«Allora,» riprende Stiles rivolto al medico «perché ci ha chiamati entrambi nel suo studio nel medesimo momento?»
«Oh, giusto» si allunga sulla scrivania senza togliere quel sorriso dalle labbra «visto che Derek è qui da pochi giorni e per motivi di comportamento è rimasto isolato e che quindi non è riuscito a partecipare alle attività di inizio settimana per l’integrazione con gli altri ragazzi della clinica, stavo pensando che tu, Stiles» punta il dito verso il ragazzo «possa essere il suo responsabile. Una guida per aiutarlo ad ambientarsi e per spiegargli le regole di questa struttura.» si ferma un istante e vede Stiles con occhi spalancati «Saresti capace di fare questo, Stiles?»
Derek è a bocca aperta, sconvolto da quella assurda richiesta, non riesce a dire nulla; si volta verso Stiles e vede un sorriso eccitato e…, Contento?, apparirgli sul volto. Gli occhi nocciola si illuminano e per la prima volta in cinque giorni vede le sue mani libere dalle tasche dei jeans: sono magre, affusolate, stranamente curate per un ragazzo e gli paiono morbide. Scuote la testa con rabbia, distogliendo lo sguardo e riportandolo al pavimento diventato stranamente più interessante.
«Dice davvero?!» urla quasi Stiles saltando in avanti sulla sedia.
«Certo che dico davvero» risponde docile Deaton ampliando il sorriso.
Stiles si alza in piedi a volta la testa verso Hale che assottiglia lo sguardo e sputa «Sta scherzando, vero? Io non posso certo convivere con questo ragazzino fastidioso
Con la coda dell’occhio vede il corpo di Stiles irrigidirsi, nota le mani tremare un poco e finire nuovamente al sicuro nelle tasche dei jeans; lo vede sedersi e mostrare un sorriso tirato e per nulla simile a quello di poco prima. Volta la testa, per guardarlo bene, per cercare di capire cosa avrà detto di così sbagliato per farlo zittire in un colpo solo.
«Quindi da adesso in poi Stiles ti aiuterà per ambientarti al meglio qui alla clinica.» si intromette Deaton cercando di rilassare i nervi tesi del ragazzino. E sembra che funzioni visto che sorride di rimando in modo decisamente più tranquillo.
«Bene!» esclama Stiles alzandosi e, rivolgendosi a Derek raggiungendo rapido la porta di legno chiaro, aggiunge: «Andiamo a scegliere i colori, Derek.»
Hale non capisce di cosa stia parlando, aggrotta solo le sopracciglia e si alza per seguirlo, Tanto ormai, non posso fare altro, quando sente una mano trattenerlo per una spalla.
«Derek» inizia Deaton con cipiglio serio «sappi che se farai qualunque cosa che potrà innervosire Stiles, i tuoi giorni qua dentro aumenteranno.»
Il ragazzo dai capelli scuri lo guarda con cipiglio arrabbiato «È una minaccia?»
«Non per ora. Ma devi capire che anche Stiles è qui per un motivo, quindi cerca di trattarlo bene.»
Derek scrolla le spalle e gli fa lasciare la presa, non dice nulla, perché in realtà non sa cosa dire, e poi lascia la stanza.
Il medico si accascia sulla sua poltrona e sospira forte: spera di non essersi cacciato in un grosso guaio.
 
«Come diamine fai a sapere quale è la mia stanza?!» chiede Derek sorpreso; il ragazzino alza le spalle e gli sorride divertito «Oh Derek, Derek, Derek! Sono un ragazzo dai mille talenti!»
«Non mentire, chi hai corrotto per rivelartelo?!»
«In realtà nessuno. Stavo parlando con uno degli infermieri che è solito farmi il prelievo del sangue il venerdì e, dopo avergli spiegato che non è il caso di usare le solite siringhe per i pazienti con ansie e disturbi della psiche, ma di certo meglio le “farfalline”, ho chiesto dove ti avrebbero messo a dormire.»
«E lui te lo ha rivelato così?» chiede basito Hale prendendo le chiavi dalla tasca del giubbotto di pelle.
«Beh, sì…»
Derek lo guarda un istante e poi un ghigno divertito si mostra sul suo volto «Dillo che in realtà gli hai rotto talmente tanto le scatole con le tue chiacchiere che ti ha buttato fuori e te l’ha detto solo perché ti levassi dai piedi!»
Stiles apre la bocca e poi la richiude di scatto, si passa una mano sulla testa un paio di volte sfregandosi i capelli cortissimi e poi ridacchia imbarazzato «Mi hai scoperto.»
E Derek non lo sa cosa sia successo, ma il suo stomaco ha fatto una strana capriola.
Di certo è perché ho fame e potrei sbranare anche questo moccioso!
Apre la porta della sua stanza e vede Stiles anticiparlo con un sorriso curioso sul volto «Owhn! È davvero bianca!» si guarda attorno «E dove diamine sono i mobili?!» chiede sconvolto aprendo le braccia per mostrargli ciò che non c’è, ma che in effetti dovrebbe esserci.
Hale alza un sopracciglio «Di che parli? L’ho trovata con solo il letto.»
Stiles sospira «Lo sapevo. Ha fatto proprio bene Doc a mettermi capo del branco
«Non siamo un branco» borbotta Hale sedendosi sul letto.
«Sto parlando del fatto che nessuno ti ha spiegato niente!» si accomoda di fianco al ragazzo che lo guarda infastidito perché quello è il suo letto e non gli ha dato il permesso di sedersi.
«Vedi, la stanza che ti danno è bianca e senza mobili, letto escluso, perché tu possa arredarla come vuoi. Probabilmente è per farti sentire meglio in un ambiente che non conosci, credo. Non me lo ha spiegato bene Deaton. Comunque, di che colore vuoi dipingerla? Domani hanno detto che ci sarà il sole, quindi potremmo approfittarne e dipingerla. Ti darò una mano io, cosi facciamo prima! E poi andiamo a scegliere i mobili e…»
«Stiles!» Derek lo ferma, quel fiume di parole lo confonde.
«…sì?» pigola preoccupato il ragazzino.
«Non ho bisogno di mobili, di colori e men che meno del tuo aiuto!»
Stiles sbatte le palpebre un paio di volte poi si alza in piedi, Le mani sono di nuovo nelle tasche…, ed esce dalla stanza sbattendo un poco la porta.
Derek guarda l’uscio, bianco come tutte le pareti della camera, e poi si sdraia sul letto, convinto di aver risolto ogni problema che inizia con la lettera S.
 
Ma Derek si rende conto di aver sottovalutato il “problema che inizia con la lettera S”, è più testardo di qualunque altra persona abbia mai incontrato in vita sua.
Nemmeno mezz’ora e Stiles è entrato di nuovo nella sua stanza, ovviamente senza bussare, si è accomodato sul letto accanto ad un Derek sconvolto con una brochure sottile dove al suo interno sono elencati e mostrati tutti i colori disponibili per dipingere le stanze.
«Io pensavo ad un bel arancio!» dice Stiles togliendosi le All Star rosse e incrociando le gambe sul materasso e Hale si innervosisce perché quel moccioso non si rende nemmeno lontanamente conto che sta prendendo una parte del suo spazio che non è solito condividere nessuno.
«Stiles, scendi!» lo intima con un ringhio frustrato, ma il ragazzino aggrotta le sopracciglia e gli risponde con un secco “no!”
«Come no?!»
«Ho detto di no. È un compito che mi ha assegnato Doc, non posso non farlo. Lo deluderei e non credo sia il caso.» risponde sfogliando la brochure dalle poche paginette.
Il proprietario della stanza ancora intonsa lo guarda perplesso e si rende conto che Stiles è lì nonostante sia sabato: non è tornato a casa e non è certo di volerne scoprire il motivo.
Vede i suoi occhi concentrati sui colori che il dépliant gli propone e allora decide di ingoiare quella strana sensazione alla bocca dello stomaco e di lasciarlo fare. È quasi certo che non se lo toglierà di dosso troppo preso.
«Comunque no.»
Stiles alza gli occhi e lo guarda curioso «Comunque no, cosa?»
«Non voglio la stanza arancione.» risponde seccamente.
Il ragazzino sorride e poi propone «Giallo?»
«No.»
«Blu?»
«No.»
«Azzurro?»
«No.»
«Rosa?»
«STILES!»
«Stavo solo scherzando! » dice l’altro soffocando una risata.
Derek sospira: «Che ne pensi di verde?»
«Verde?»
«Sì. Ma non verde pisello, o pistacchio o evidenziatore, un bel verde scuro.»
Stiles lo guarda inclinando un poco la testa sulla destra, poi inizia a sfogliare il catalogo «Che ne pensi di verde muschio?» chiede mostrandogli la pagina «Mi dà l’idea di un bosco e di voglia di libertà.»
Derek lo guarda, lo scruta in realtà e si stupisce nel notare che Stiles ha compreso in un istante il suo desiderio di verde. Di evasione dalla normalità e dalla follia.
«Uhm…» mugugna afferrando la brochure e sventolandosela davanti agli occhi «Vada per il verde muschio.»
Ed il sorriso che Stiles gli regala è qualcosa che non avrebbe mai pensato di vedere in nessun volto umano. È strabiliante.
Il ragazzino si alza in piedi, si infila rapido le scarpe, senza allacciarle e poi prende Derek per una mano «Andiamo in segreteria! Dobbiamo chiedere il permesso per prenderne un paio di barattoli dal magazzino!» e senza aspettare un ringhio, un ringraziamento o qualunque altra cosa potesse passare per la testa di Hale, Stiles lo sta già trascinando per il corridoio.


«Spiegami un po’» inizia Chris Argent sedendosi alla scrivania di Deaton e prendendo una caramella dalla ciotola posta all’angolo destro del tavolo «spiegami cos’è questa storia.»
«Quale storia?» chiede Deaton con un sorriso per nulla rassicurante sul volto.
«La storia che si aggira da questa mattina per tutti i corridoi della clinica. Pare che tu abbia deciso di mettere Stiles al servizio di Derek Hale.»
«Io non ho mai detto che Stiles è il subalterno di Hale.»
«Ah, no?» chiede sarcastico infilandosi la caramella in bocca.
«No, ho solo ritenuto adatto che, per riuscire dove noi stiamo miseramente fallendo, debbano aiutarsi insieme. Riceveranno beneficio l’uno dall’altro.»
Chris lo guarda scettico, gli occhi azzurro ghiaccio sembrano ridere di questa affermazione, ma se è così, Chris non lo rivela, dice solo «Beh, se ci saranno dei guai, sarai tu a prenderti tutte le responsabilità.»
«Certo, non temere.» Deaton si alza in piedi e si affaccia alla finestra.
Dall’altra parte dell’edificio, nota uno Stiles decisamente sovraeccitato trascinare un Derek Hale decisamente incazzato verso la segreteria.
«Non temere, Chris, credo che andrà tutto bene.»


«Ok, copriamo con il telo di plastica il pavimento ed il letto, poi mettiamo lo scotch di carta nella parte alta e negli stipiti di porta e finestre. Poi diluiamo con un 5… uhm, forse è meglio un 10% di acqua il colore e poi ecco qua!» dice Stiles allungando un pennello dal manico sporco e sciupato a Derek «Ci mettiamo a dipingere!»
Hale guarda il manico e il pelo di bue consunto e spelacchiato, sospira pensando già al risultato pessimo che ne verrà fuori «Sei sicuro di quello che fai?» domanda al ragazzino mentre si infila sopra alla canotta bianca una t-shirt logora e vecchia che Stilinski gli ha portato.
«Certo che sono sicuro!» ribatte prontamente il giovane mettendo un po’ di colore in un secchiello «È la quinta stanza che aiuto a dipingere, quindi so come si fa. E la fortuna vuole che tutti i barattoli di vernice sono della stessa marca e che quindi le percentuali di acqua non variano. Per la tua ho preferito un 10 anziché un 5% perché così risulta leggermente più chiaro. Se no sai che cupaggine c’è in questa camera quando non c’è il sole?»
Derek solleva prima uno poi l’altro lato del letto e Stiles, prontamente, poggia dei teli trasparente per terra, compie la medesima operazione su tutto il pavimento, poi, mentre Stiles tiene ferma la scala, Derek appiccica lo scotch di carta dove gli era stato detto precedentemete.
«Hai davvero dipinto altre cinque stanze?» chiede Derek curioso mentre poggia il rotolo di adesivo sul letto ormai coperto dalla plastica.
«Ho detto quattro. La quinta sarà questa.» si infila i guati e prende un bastoncino per mescolare il liquido nei due secchi.
«E com’è andata?»
«Bene! Ai ragazzi è piaciuta molto!» sorride al ricordo «Ho dipinto anche la stanza di Big B. e quella di Matt. Solo che il primo la voleva azzurra, il secondo rosso sangue... alla fine abbiamo optato per il bordeaux.» intinge il pennello nella vernice verde e poi lo asciuga sul lato del secchiello.
«E perché dovrebbe dipingere la stanza di rosso sangue?» chiede Derek guardando storto il ragazzino che, per tutta risposta, alza le spalle e dice «Beh è psicopatico. E comunque i gusti sono gusti.»
Hale è sconvolto e decisamente preoccupato – Che sia un idiota?! – si domanda rigirandosi il pennello tra le mani e guardando il corpo del ragazzo chinato a terra: le mani sono coperte dai guanti ed il volto è concentrato su quello che sta facendo.
«Stiles?»
«Uhm…?»
Derek non dice nulla, non ricorda quello che avrebbe voluto chiedergli, si è perso ad osservare i capelli castani davvero troppo corti per un adolescente in piena fase di crescita ed al passo con la moda. E allora decide di fare finta di nulla, perché di Stiles Stilinski non gli importa e perché mancano sei settimane e cinque giorni prima di andarsene da lì.
«Cosa devo fare?» chiede cercando di nascondere il fastidio di non sapere più cosa dire. Non è una persona loquace, ma nessuno è mai riuscito a zittirlo senza almeno tirargli un pugno tra i denti.
Stiles si alza e poi si toglie la camicia a scacchi -che infila prontamente sotto al telo di plastica- rimanendo con una maglietta dalla dubbia provenienza «Tu parte destra ed io parte sinistra?» chiede con un sorriso stampato sul volto.
«Destra, ok» si gira, Hale e poi inizia a dipingere dall’alto verso il basso.
«Mi raccomando Derek, niente gocce che se no poi a tirarle via ci mettiamo una vita.»
«Stai zitto!» brontola il ragazzo dai capelli scuri.
 
Un paio di ore dopo, si ritrovano a dipingere la stessa parete, l’ultima ancora bianca e Stiles fischietta una canzone sconosciuta, Derek vorrebbe chiedergli di chi è, ma non vuole esagerare i contatti con il ragazzo logorroico; continua a fare finta di nulla, spennellando annoiato la quarta parete. Ad un tratto si sente chiamare, si gira verso l’adolescente e si ritrova il pennello con la vernice sul naso.
Stilinski non riesce a soffocare la risata che gli sale dal petto e comincia a ridere senza ritegno mentre Derek cerca di tirarsi via la tintura con la mano peggiorando però la situazione. Stiles ride forte ed Hale non è certo di poter sopportare quella presa in giro.
Lo afferra per il bavero della maglietta macchiata di verde e lo sbatte, con un po’ di violenza contro la porta della sua stanza. Il ragazzino si zittisce all’istante, preoccupato e spaventato.
«Non…» inizia Derek ringhiando «non devi ridere di me!» gli dice avvicinandosi ancora un po’; da quella distanza ravvicinata può sentire il respiro veloce, i battiti che hanno aumentato di intensità e il tremore nelle mani del giovane che si sono posate sulle sue per cercare di fargli lasciare la presa.
Hale lo lascia andare, alzando le mani in segno di resa e vede il giovane rilassarsi un poco.
«Non stavo ridendo di te, Derek» dice Stiles con un tono di voce non troppo fermo «Ridevo della situazione. Senza fare apposta ti ho imbrattato la faccia e tu te la sei ulteriormente sporcata; è un cinquanta e cinquanta. Sto ridendo della situazione in generale.»
Derek lo osserva e poi distoglie rapidamente lo sguardo, quegli occhi luminosi sembrano leggergli dentro e gli danno fastidio!
Stiles si sistema la maglietta «Vuoi che ti lasci solo?» gli chiede calmo e Hale alza rapido lo sguardo su di lui e capisce che è molto meglio di quello che pensava.
«No»sussurra prendendo di nuovo in mano il pennello che gli era caduto a terra mentre sbatteva Stiles contro la porta «Continuiamo.»
Ed il ragazzino sorride mentre intinge il pennello nella vernice sentendo un po’ di ansia andarsene dalle sue spalle.
Pitturano ancora un po’ in assoluto silenzio che ad entrambi pare davvero assurdo, fino a quando anche l’ultima parte bianca viene coperta; l’adolescente alza le braccia al cielo in segno di vittoria mentre Derek si gira rapido e gli colora i capelli «Siamo pari» dice ghignando, ma Stiles non ci sta ed inizia una battaglia all’ultima pennellata.
«Cos’è successo?» chiede Deaton guardandoli interessato dalla curiosa colorazione verdognola molto Tartaruga Ninja.
I loro schiamazzi divertiti hanno insospettito Victoria che, appena entrata nella stanza di Derek Hale, ha iniziato ad arrabbiarsi per la confusione ed il pasticcio combinato in quella camera. Stiles ha prontamente difeso le loro ragioni con delle tesi alquanto improbabili prendendosi tutta la colpa.
Ma proprio tutta, affermando che ha fatto cadere dalla scala il secchiello con la vernice. E Derek non è riuscito a ribattere nulla. Entrambi sono stati presi per le orecchie e portati al cospetto di Deaton.
«In realtà niente di che, Doc.» inizia come al suo solito Stiles «stavamo solo dipingendo la stanza di Derek. E mentre ero sulla scala ho colpito accidentalmente il secchio con la vernice che si è sparso per il pavimento.»
«Bene e com’è finita sui vostri vestiti?» domanda ancora il medico senza togliersi quel sorriso dalle labbra.
«Siamo scivolati.» Risponde prontamente Hale notando il ragazzo seduto accanto a lui in difficoltà – E poi perché lo stia facendo proprio non lo so!
«Sì, esatto!» si illumina Stiles puntando un dito verso il dottore «È proprio andata così! Derek è scivolato mentre raccoglieva il secchio ed io sono capitolato per terra proprio a causa dell’ultimo scalino sporco e bagnato!»
Derek rotea gli occhi al cielo – Ma mai che stia zitto?! Non ci crederà mai nessuno! – ed invece, Deaton, dice solo «Wow, chissà che capitombolo.»
«Ci può scommettere!» sorride Stiles facendo colpire le scarpe contro la gamba della sedia.
«Bene, allora potete andare.»
L’adolescente si alza di scatto e saltella verso la porta mentre Derek guarda il medico confuso.
«Che c’è Hale?»
«Non mi punisce?»
«Per aver sporcato un telo di plastica che avremmo comunque buttato? Per aver dipinto la tua stanza? Oppure…» riprende con serietà «hai fatto qualcosa che non avresti dovuto fare?»
«Non ha fatto niente di male Doc!» si intromette Stiles appoggiando una mano sulla spalla di Derek «Quindi, possiamo andare?»
«Sì Stiles, potete andare. Fra poco è ora di cena e Hale?»
«Sì?»
«Visto che sei senza camera perché la vernice si deve ancora asciugare, chiedi a Victoria di darti le chiavi della camera 17.»
Stiles boccheggia «Quella accanto alla mia?» chiede sconvolto; Derek può notare che è quasi sbiancato.
«Proprio quella accanto alla tua. C’è qualche problema, Stiles?»
Il ragazzo aggrotta le sopracciglia e poi infila rapido le mani nelle tasche dei pantaloni «No, nessun problema…» biascica mentre fa dietrofront ed esce dallo studio.
Hale lo guarda perplesso, ma non più di tanto visto che sa che è già strano di suo, e poi decide di seguirlo.
Deaton scribacchia qualcosa su un’agenda.
Derek è sdraiato a pancia in su sul letto che non appartiene nessuno, le braccia sono incrociate dietro la testa e le ginocchia sollevate: sta pensando. Sta pensando a quel ragazzino dai capelli troppo corti per un adolescente, dalla felpa rosso sgargiante e dagli occhi più luminosi che abbia mai visto; sta pensando al perché non gli ha chiesto il motivo per cui non è tornato a casa e perché tiene sempre le mani nelle tasche dei pantaloni.
Ma come si è già detto più volte in quei due giorni: Non mi importa e non voglio che mi importi!
Guarda l’orologio: è mezzanotte e sette minuti.
Ancora sei settimane e quattro giorni e me ne andrò di qui …




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Secondo e terzo capitolo della ff insieme.
Ho deciso di inglobarli perchè, dal mio punto di vista, non aveva senzo smezzarli (e non chiedetemi perchè l'ho fatto mentre scrivevo questa storia...).
Spero che vi piacciano. Per ora non siamo ancora entrati nel vivo della storia, ma adoro caratterizzare i personaggi e per cercare di non farli diventare OOC (non è successo ancora, vero? Ditemelo se notate questa cosa, perchè dovrò cambiare le note); cosa che mi accade spesso quando i personaggi esistono già e non sono mie "creature".
Comunque, non so a voi, ma adoro questo Stiles davvero noioso.
Ed il rapporto strano che hanno Chris e Deaton XD
Alla prossima settimana
Charty :)

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***





Capitolo 2

«Buongiorno Derek!» urla Stiles spalancando la porta della stanza del ragazzo «C’è il sole, gli uccellini sono già svegli, il caffè è pronto ed a colazione manchi solo t-oufh!» un cuscino gli è arrivato in pieno viso fermando il suo solito vomito di parole.
«Stiles!» ringhia Derek Hale mettendosi a sedere sul letto; si passa una mano sul volto e poi si alza di scatto.
«Oh-ehi!» brontola il ragazzino buttando per terra il guanciale dalla federa blu notte «Non c’è bisogno di essere sempre così scontro! Sono le otto del mattino e ti stiamo tutti aspettando a mensa!» conclude andando verso la finestra per tirare le tende.
«Ma che… oddio! Pervertito, vestiti!» urla ancora il ragazzo coprendosi gli occhi con le mani.
Derek rotea gli occhi al cielo «Indosso pantaloni della tuta, cretino.»
«Almeno mettiti una maglietta!» dice allungandogliela dalla sedia vicina alla scrivania.
Sono passati cinque giorni da quando hanno dipinto i muri della stanza di Derek; il giorno dopo hanno preso dei mobili disponibili nel solito magazzino e così, oltre al letto già dato in dotazione, hanno recuperato un armadio a due ante, una scrivania ed una sedia, tutti e tre di color legno chiaro. Si sono fatti aiutare da Big B. per il trasporto e poi, Stiles, la mattina dopo, si è presentato nella camera di Hale con il poster di un lago in mezzo al bosco; l’hanno appeso insieme.
Il proprietario della stanza sbuffa, ma fa come gli è stato detto, poi prende i jeans e si infila in bagno per una doccia veloce.
«Ma che sia rapida!» borbotta Stilinski mentre sente il getto d’acqua uscire dal rubinetto; ed è decisamente rapida, meno di dieci minuti dopo, Derek esce dal bagnano pulito e profumato: – Sa di pino… – pensa il ragazzino mentre si alza e si avvia verso la porta.
«Stiles?»
«Uhm?»
«Perché mi hai rifatto il letto?»
Stiles si gira perplesso e sì, ha fatto il letto; si gratta la nuca confuso «Scusa» dice «l’ho fatto senza accorgermene. A casa mia facevamo le pulizie a turno, però ognuno rifaceva il proprio letto. Ammetto che per la fretta mio padre si dimentica spesso, quindi lo rifacevo io…» si zittisce di colpo e Derek non capisce il motivo di quel silenzio inopportuno. Lo scruta e lo vede perso in qualche ricordo piacevole – O spiacevole?! –.
«Ok, andiamo a colazione, se no Victoria ci appende all’ingresso per le palle!» ridacchia il ragazzino come ripresosi all’improvviso dai suoi pensieri.
Hale non dice nulla, lo segue e basta.
Quando arrivano al refettorio, prendono i vassoi e si fiondano, in realtà è solo Stiles che si fionda!, nel reparto frutta fresca e, oltre ad una mela, prende della macedonia e dello yogurt per due, sorridendo alla signora della mensa e facendo un paio di battute con un inserviente; dopo di ché si siede al tavolo vicino alla vetrata principale. È il suo posto preferito e nessuno ha mai avuto il coraggio di occuparlo.
Derek sospira e prende due bicchieri di succo d’arancia e dei cereali, poi lo raggiunge «Spiegami perché dobbiamo fare questa cosa tutte le mattine!»
«Perché è divertente. E poi mi dimentico sempre quello che mangi di prima mattina.» risponde come se fosse la cosa più normale del mondo; ma per Hale non lo è: è strana e decisamente contorta… non si ricorda quando è stata l’ultima volta che ha fatto colazione con qualcuno.
Stiles pone nel vassoio di Derek una ciotola di macedonia ed una di yogurt e poi si prende un bicchiere di spremuta ed una tazza di cereali che versa nello yogurt «Oh, ti ho preso anche una mela per metà mattina!»
«Perché?»
«Perché oggi ho una riunione con Doc e…» si ferma di nuovo «è venerdì oggi?»
«Sì»
Stiles si umetta le labbra e poi affonda il cucchiaino di plastica nella tazza «Ok…»
«Che c’è?» domanda Derek, curioso per davvero questa volta.
Il ragazzino lo guarda un istante e poi si infila il cucchiaio in bocca, non risponde e non lo farà nemmeno successivamente. Fanno colazione in silenzio e Derek si maledice per aver posto quella domanda. La sola domanda che gli è uscita dalla bocca senza che davvero ci avesse pensato; l’ha detta così, d’istinto: vuole sapere cosa sta accadendo.
Apre la bocca, per chiamare il suo nome.
«Stiles!»
Ma è, ovviamente, interrotto da qualcuno che ha già iniziato ad odiare.
Il ragazzino si gira «Oh, ciao Matt!»
«Ciao Stiles» volge gli occhi chiari all’altro ragazzo, ma non lo saluta, ritorna su Stilinski «oggi abbiamo il lavoro di gruppo.»
«Sì, certo. Alle 10 se non sbaglio.»
«Non sbagli, pensavo solo che sarebbe stato carino andare insieme, così per evitare la solita sgridata di Victoria che ti accusa di ritardo» dice atono mentre con gli occhi lo squadra in un modo che a Derek non piace per niente.
«Stiamo ancora mangiando.» brontola il ragazzo dai capelli scuri mentre beve un po’ di succo d’arancia.
Gli occhi chiari di Matt si fermano di nuovo su Hale e un ghigno per nulla divertito gli appare in volto «Oh, ma veramente Stiles ha già finito.»
Derek alza lo sguardo sul vassoio di Stilinski e rimane sorpreso «Ma sei matto?! Vuoi morire affogato?» sbraita prendendo un fazzoletto e tirandogli via, con un po’ di risentimento, lo yogurt dalle labbra; Stiles sorride imbarazzato, arricciando il naso ed aggrottando la fronte «Hai ragione, ma avevo davvero fame!»
Hale ringhia qualcosa e sta per dire al ragazzino di andare a fare una passeggiata all’aperto, ma Matt lo precede e lo solleva di peso «Che ne dici di un paio di lanci a baseball prima di iniziare?!»
«Ottima idea!» risponde Stiles con occhi luminosi «Vado a prendere l’occorrente dal Coach, aspettami all’ingresso del campo sportivo!» conclude correndo verso l’uscita del refettorio.
Matt sospira prendendo il vassoio di Stiles e lo ripone nel carrello che verrà portato in cucina per il lavaggio delle stoviglie e poi torna da Derek­; lo scruta alcuni istanti prima di sussurrargli «Sappi, che non è tuo.»
«Se è per questo» stringe i pugni e mostra i canini in modo da trattenere la rabbia «non è nemmeno tuo.»
«Può essere, ma finché rimarrà qui credo sia doveroso proteggerlo da un farabutto come te.»
Derek si morde il labbro inferiore e non risponde, se picchiasse Matt, e lo vorrebbe davvero!, le settimane che gli rimangono aumenterebbero.
Ormai sono quasi cinque – Poco più di un mese… – e vuole resistere.
Sente Matt andarsene, ma la rabbia rimanere nel suo corpo, stringe i pugni e pensa che potrebbe fare una corsa prima di andare all’incontro con Chris Argent.



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Ciao a tutti, sono un pò di fretta quindi sarò breve (?).
Allora, lo so, questo capitolo non è niente di che, giusto un pò di "slice of life" tra Derek e Stiles.
Sì, probabilmente lo troverete inutile (ed anche molto corto), ma ho voluto scriverlo solo per farvi vedere dei cambiamenti, per mettervi delle pulci nelle orecchie e per valorizzare alcune cose che serviranno più avanti.
Spero comunque, che per quel poco che è, sia gradevole lo stesso. :)
La prossima settimana non riuscirò ad aggiornare perchè sono via in vacanza (finalmente! Non vedevo l'ora! Tra il lavoro, l'università e tutto il resto stavo andando in pappa XD), però ci rivedremo il 19 Agosto, promesso!
Charty :D  


 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***








Capitolo 3
 
Sono passati alcuni giorni dalla discussione che Derek ha avuto con Matt in caffetteria; da allora gli pare che lo sguardo del “ragazzo psicopatico” sia sempre poggiato su di lui. Non gli piace, lo infastidisce. Se potesse lo prenderebbe a pugni, ma questo non gioverebbe a nessuno – men che meno a se stesso: non vede l’ora di andarsene da quella maledetta clinica e se facesse una cosa del genere, ne è certo, la sua detenzione aumenterebbe esponenzialmente. O peggio, finirebbe davvero in prigione!
Derek sta tornando, accompagnato come sempre da Stiles, dal campo sportivo dove il secondo ha giocato a lacrosse, mentre lui è rimasto in disparte a guardare dagli spalti; Hale si è ritrovato a pensare che, nonostante tutto l’armamentario protettivo di cui ogni giocatore necessita, il lacrosse sia uno sport violento. E sì, non lo rivelerebbe mai a nessuno, ma lo ha pensato nell’esatto momento in cui Stiles è stato scaraventato a terra con una spallata; si è chiesto anche come mai lo sceriffo abbia deciso di lascarlo giocare proprio a lacrosse.
Lo vede saltellare di fronte a sé e si rende conto di non aver mai voluto sapere nulla di lui.
Non ha mai voluto sapere perché è lì, alla Clinica Argent; perché non va a trovare suo padre nel weekend; perché gioca a lacrosse e non a baseball, in cui sembra più portato; perché non parla dei suoi genitori; perché non parla dei suoi amici e perché, dopo due settimane, lui è ancora lì, al suo fianco.
Stringe le mani in pugni e si morde il labbro inferiore, non può avere nulla a che fare con quel ragazzino logorroico o, è certo, che non potrebbe più rimanere alla clinica. O che ci rimarrebbe anche per più tempo.
Cosa dovrebbe fare per restare vicino a Stiles senza ferirsi o ferirlo?
«Derek?»
Alza la testa di scatto, risvegliato dal suo nome pronunciato da quelle labbra che, guardandole così da vicino, gli paiono morbide.
«Cosa c’è?»
Stiles sbatte le palpebre – Ha le ciglia davvero lunghe… – e poi gli sorride «Sei pensieroso.»
Derek grugnisce qualcosa di incomprensibile ed il ragazzino lo prende per un braccio e lo trascina verso il refettorio dicendo solo «Ho bisogno di un caffè!».
Se non fosse un po’ contro la sua natura, sorriderebbe e gli direbbe che è un bene che il caffè sia gratuito, se no avrebbe dato fondo a tutti i suoi averi pur di berlo, ma non parla. Non vuole sorridergli e nemmeno avere un vero contatto.
Però, «Stiles» dice preso da un’irrefrenabile voglia di sapere.
«Uhm?»
«Perché non sei andato a casa?»
Il ragazzo gli lascia il braccio e lo guarda spaesato «Come?»
«È di nuovo sabato, e tu sei ancora qui. Perché non vai a casa?»
Derek vede Stiles sussultare fare un paio di passi indietro «Cosa…?»
«Stiles!»
«Sì?» pigola preoccupato.
Si morde l’interno delle guance e vorrebbe ringhiare, Hale, ma decide di lasciare perdere «Non fa nulla.»
«O… ok!» sorride sollevato il ragazzino, ma continua a camminare all’indietro, come a voler lasciare molto più spazio tra loro «Io… vado a prendere il caffè. Ci vediamo più tardi, ok?!» e senza aspettare nessuna risposta, lo lascia lì, in mezzo al cortile.
Derek è decisamente sconfortato.
«Ehi Hale!» urla la voce di Big B. poco distante da lui «C’è qualcuno per te!»
La fronte del ragazzo si aggrotta e le sopracciglia si uniscono quasi; non è sicuro di volerne sapere il nome.
 
«Che diavolo ci fai qui?» chiede con un po’ di rabbia alla persona seduta ad uno dei tavolini del cortile; i piedi incrociati sopra al ripiano di legno dove si è soliti mangiare.
Il sorriso quasi di scherno che appare sul volto dell’uomo che ha di fronte, lo fa fremere di rabbia «Mio caro nipote, non vedo quale sia il problema. Ti sono solo venuto a trovare!»
«Stai mentendo.»
L’uomo sorride, toglie le gambe da tavolo e si siede composto «No, davvero, sono venuto a trovarti.»
«E perché mai?»
«Perché sei un Hale e sei mio nipote ed io sono il tuo parente più prossimo.» con un dito indica la sedia; Derek non risponde, si siede solo di fronte a lui «Cosa vuoi, Peter?»
«Farti un saluto e riferirti che Boyd ed Erika stanno bene.»
Un sospiro sollevato esce dalle labbra di Derek «Bene. Sono più tranquillo adesso. Ora puoi anche andartene.»
L’uomo ridacchia «Assolutamente no! Non mi vuoi davvero raccontare nulla? Prometto che i tuoi sottoposti non sapranno niente.»
«Certo, come no! Sei un pettegolo della peggior specie tu!»
«No, quella è Erika. Io annoto i fatti; non è colpa mia se lei legge il mio diario.»
Derek rotea gli occhi al cielo.
«Eddai nipote, voglio solo sapere se stai bene qui. Hai ancora un mese da passare in questo posto pieno di ragazzini, che, per l’amore del cielo, saranno anche graziosi, ma sono comunque bambini.»
Il nipote aggrotta le sopracciglia «Di che stai parlando?»
«Guarda che ti ho visto, con quel ragazzino dai capelli corti.» sorride in un modo che Derek non approva; si lancia verso di lui e gli prende il bavero della camicia tra le mani, ringhia un poco e, non notando quel sorriso svanire, esclama «Non avvicinarti a lui!»
«Oh Derek, Derek, Derek. Non è che io voglia qualcosa da quel ragazzino. Ma dimmi, cos’è tutta questa protezione nei confronti di quel moccioso?!»
Il nipote assottiglia lo sguardo e strattona un poco la presa «Non ti importa.»
«Ok, non mi importa. Ora, che so che stai bene, posso tornare a casa.»
Derek lascia la presa sulla camicia e lo vede alzarsi e guardare alla sua destra, si volta in quella direzione e vede Stiles che ridacchia con Big B.
«Sai come si dice, no?! L’attacco è la miglior difesa.» e detto questo, Peter Hale, con una strana mossa di Kung Fu lo fa cadere dalla sedia; intontito non nota il parente dirigersi verso Stiles e prenderlo sottobraccio conducendolo lontano da tutti.
 
Derek ha cercato in ogni angolo della clinica per trovare il suo zio psicopatico e Stiles che, come sempre, non ha mancato di fargli trattenere il respiro. Non lo sa il perché suo zio sia lì e non è nemmeno certo di volerlo sapere, ma ora ha Stiles e non sembra volerlo lasciare libero. E Derek vorrebbe essere un cane solo per poterne fiutare l’odore sgradevole o un lupo per poterlo azzannare alla gola!
Dopo un’ora e decisamente meno fiato in gola, decide di andare nella sua stanza a farsi una doccia e poi ricominciare la ricerca, ma appena è lì, di fronte alla sua porta, sente un brusio provenire dall’interno; spalanca la porta di scatto e si trova davanti ad una scena ambigua: Stiles che ride come un bambino sdraiato sul letto e lo zio, sopra al ragazzo, che lo osserva divertito. E Derek davvero non capisce più niente.
Si butta su Peter e lo strattona dal corpo di Stiles che, a sua volta, lo guarda come se fosse matto.
«Ma che diavolo ti è preso?!» chiede con foga l’uomo mentre si mette a sedere sul pavimento massaggiandosi la schiena.
«Tu osi dire a me che diavolo mi è preso?! Stiles ha diciassette anni, maledizione!»
«Oh» sussurra la vocina del ragazzino sorprendendo entrambi gli Hale.
Cavolo!
«Sai quanti anni ho?» domanda Stiles alzandosi sulle ginocchia.
«Certo che lo so! Me lo hai detto la prima volta che ci siamo incontrati!» risponde Derek senza davvero pensare alla risposta che avrebbe dovuto dargli.
Gli occhi nocciola del ragazzino si illuminano ed un sorriso sorpreso si apre sul suo viso «Allora ascolti quello che dico…»
Derek, preso in contropiede, non ribatte nulla; né una cattiveria, né una risposta sensata, rimane immobile a guardare ovunque fuorché gli occhi luminosi di Stiles.
«E comunque, caro nipote, non stavo facendo nulla a Stiles, gli stavo solo raccontando come ti divertiva il fatto che giocassimo agli animali del bosco -io come orso ero memorabile, eh, Stiles!?- e com’eri carino col pannolone. Perché sai, Stiles,» riprende guardando il ragazzino «Derek ha bagnato il letto sino ai cinque anni.»
Derek ringhia e lo afferra, di nuovo, per il bavero della camicia «Vuoi smetterla o ti devo recidere la giugulare?!»
E quando la risata genuina di Stiles Stilinski riempie le orecchie, il cervello, e qualcos’altro, di Derek, questi molla lo zio e decide di chiudersi in bagno per la doccia più lunga della sua vita che dovrebbe cancellare l’imbarazzo ed un parente decisamente indisponente.
 
Purtroppo, nonostante la doccia sia durata più di un’ora, trova ancora intenti nella chiacchiera pomeridiana lo zio ed il ragazzino che sembrano, però, più tranquilli e docili di prima; vede Stiles con gli occhi umidi e Peter che gli accarezza la schiena. Di nuovo non capisce il perché Stiles Stilinski non voglia parlare con lui.
«Che succede?» domanda frizionandosi i capelli con l’asciugamano verde e blu.
Il ragazzino alza gli occhi e si guardano per una manciata di secondi; un piccolissimo istante che sembra voglia rivelare segreti pesanti quanto un elefante.
Peter volta lo sguardo verso la finestra, allontanandosi da loro, come se si sentisse di troppo.
«Che succede?» chiede nuovamente Derek avvicinandosi a Stiles ed accarezzandogli la testa, il ragazzo si muove a quel tocco, come fosse un gatto bisognoso di attenzione e coccole.
«Non sei solo, Derek.» gli dice piano, quasi in un sussurro.
E Derek capisce che suo zio ha spifferato la sua vita adolescenziale; si gira verso l’uomo che sta lasciando la stanza mentre gli sillaba un “tornerò a trovarvi” prima di chiudersi la porta alle spalle.
Scuote la testa e si siede accanto a Stiles «Che ti ha detto quello sciroccato di mio zio?!»
Stiles si umetta le labbra, non sicuro di volerglielo rivelare, ma poi parla «Hai perso la tua famiglia in un incendio?!»
«…sì.»
Stiles fa un sospirone «Mi dispiace.»
«Non dispiacerti.»
«Ma so com’è!» risponde con enfasi.
Derek lo guarda perplesso «Di che parli?»
Stiles, seduto al bordo del letto, muove i piedi avanti ed indietro, ha un sorriso tirato sul volto ed Hale vorrebbe toglierlo anche con la forza, se potesse.
«Mia mamma è morta quando ero piccolo…»
Derek vede la sua mano sul bordo del materasso e la afferra, come per rassicurarlo «Come?» non chiede Come stai? o dice Mi dispiace: la prima domanda l’ha sentita troppo spesso e la seconda la odia; ed è certo che anche Stiles la pensi come lui.
Rimane in silenzio un istante Stiles, cercando di decidere se rispondere o meno a questo quesito, poi sospira piano, gli occhi sono rivolti al pavimento e stringe la mano di Derek «Non è stato nulla di eclatante; non un incidente rocambolesco, né una storia d’amore finita in tragedia come in certi film.» sorride nel modo più triste che Derek abbia mai visto in vita sua «Ha avuto delle complicazioni durante il parto, i dottori sono riusciti a salvarla, ma ne è uscita estremamente provata; da allora è sempre stata cagionevole di salute. Man mano che il tempo passava si ammalava sempre più spesso, finché un giorno non c'è stato più nulla da fare ed è morta…»
Derek ascolta silenziosamente il respiro del ragazzino, lo sente più veloce; gli pare che la sua mano tremi… la stringe con più forza.
«Quanti anni avevi?»
«Sette, due mesi e sedici giorni…»
Se Derek non avesse conosciuto Stiles prima di quella ammissione, lo avrebbe deriso per il modo contorto in cui ricorda le cose, come se fosse un secchione o un ragazzo affetto da qualche assurda psicopatia; poi si ricorda che, tutti quanti, gli hanno detto che il giovane Stilinski è lì per quello, per un disturbo. Anche se a lui sembra la persona più in salute di tutti i ragazzi che ha incontrato nella Clinica Argent.
Vorrebbe abbracciarlo, per confortarlo, perché sa quanto dolore può fare anche dopo tanti anni il ricordo di una persona che non c’è più, ma preferisce evitare.
È Derek Hale lui, e non può essere un umano qualunque pieno di sentimento e di bontà.
Lui è un ladro – Un farabutto! – come ha detto Matt pochi giorni prima…
Ma Stiles Stilinski gli fa compiere azioni che nemmeno immaginava; gli mette una mano attorno alle spalle e lo avvicina al suo corpo, gli accarezza la testa, i capelli corti gli solleticano il palmo, «Se vuoi, puoi piangere. Non lo dirò a nessuno. »
Il ragazzino ridacchia e poi si stacca dal corpo di Hale «No, grazie. Già mi prendono in giro perché sono piccolo e magro e perché gioco malissimo a lacrosse, quindi non è il caso che dia motivo di sparlare ancor più di me. Certo, non tutti lo fanno in modo cattivo, ma comunque…»
«Stiles?»
«Uhm?»
«Stai zitto!» e poi, Derek, lo riprende vicino a sé, in una sottospecie di abbraccio quasi fraterno che Stiles inizia ad apprezzare.
 
Sono rimasti vicini per parecchi minuti, poi Stiles si è staccato ed è tornato in camera a cambiarsi visto che era quasi ora di cena.
Derek ha atteso un poco, guardando il soffitto e contando i giorni che lo separano dalla vita di prima -quattro settimane e sei giorni. In quel momento, gli pare davvero poco tempo…-; successivamente è andato a prendere  Stiles alla sua camera. Ha bussato e ha atteso che uscisse; ha notato gli occhi rossi e le mani di nuovo nelle tasche dei jeans.
 
 


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Ciao a tutti,
spero che le vostre vacanze sia iniziate e finite (?) nei migliori dei modi!
Volevo scusarmi per il ritardo, ma c'è stato un problema tecnico e, giurin giurello, ero certa di aver pubblicato il capitolo.
Mi ha avvisata Lylyt tramite Twitter, se no oggi avrei postato il capitolo successivo e ci saremmo persi tutti quanti XD
Scusate il disagio!
A Mercoledì col prossimo capitolo :D
Charty

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***




Capitolo 4


Stiles e Derek stanno camminando, l'uno accanto all'altro, verso il cortile. Il tempo è splendido quella mattina e l'aria è abbastanza fresca da non farli boccheggiare; è di nuovo lunedì e nessuno dei due sembra accorgersene. Hanno chiesto a Deaton di essere esonerati agli incontri del mattino perché Stiles non si sente bene; Deaton si è preoccupato, ma quando Derek gli ha detto che hanno parlato della madre per tutto il weekend, il medico si è stupito e poi ha 'regalato' loro l'intera giornata libera. Ed ora sono lì, a camminare per il vasto cortile, nel silenzio assoluto, solo perché non sanno cosa fare.
«Non c'è una tv?» chiede Derek con un pizzico di curiosità, è lì da più di due settimane ed ancora non l'ha notata: nessuna camera è dotata di quel dispositivo e non ha visto nemmeno dei computer.
Stiles alza le spalle «Una tv c'è, si trova nella stanza degli incontri coi parenti. Non viene usata da anni...»
Derek sorride, è il discorso sensato più lungo che gli abbia sentito dire in due giorni «E non possiamo usarla adesso?» domanda con un po' di eccitazione, farebbe qualunque cosa per tornare a vedere il solito Stiles di sempre.
Il ragazzino lo guarda e poi scuote la testa «Dobbiamo chiedere il permesso.»
«A chi?»
«A Victoria Argent.»
Entrambi vengono colti da un brivido fastidioso che percorre la loro schiena.
«E non possiamo prendere in prestito la tv?»
«E dove la mettiamo?!» chiede il giovane guardandolo incuriosito, e Derek vede un barlume di luccichio nei suoi occhi nocciola «Nella mia camera. Ci saranno pure delle spine per il collegamento!»
Stiles ci pensa «Mi sembra di sì...»
«Bene. Andiamo a prenderla!»
«Moriremo sicuramente nell'intento!» pigola il ragazzino pensando alle atroci torture che Victoria potrebbe fare loro.
«No, ci riusciremo!»
«Ma, Derek, come possiamo non farci notare? C'è il sole, è mattina, fra meno di un'ora ci sarà il pranzo e...»
«Stiles!»
«Uhm?»
«Andrà tutto bene.»
Stiles prende un respiro profondo e poi gli sorride divertito «Ok, facciamolo!» ed alza i pollici in su per enfatizzare la risposta; ed il cuore di Derek fa una piccola capriola.
Stiles lo trascina per un braccio fino all'ingresso dove, una Victoria Argent più rossa che mai, sta scrutando con attenzione alcuni documenti sulla scrivania.
«Cosa pensi di fare?» chiede il ragazzino passandosi una mano tra i capelli.
«Pensavo di distrarla e poi di intrufolarsi nella sala dietro di lei»
«Bene, e come?»
Derek rimane in silenzio un istante e Stiles lo guarda con un cipiglio scettico sul volto «Ma certo. Il silenzio assassino. Perché non ci ho pensato prima?! Sono io quello sciocco che pensava di scivolare attentamente dietro di lei ed nascondermi nella stanza, aprire la finestra così tu puoi entrare senza problemi. E contando il fatto che la finestra di quella stanza è sul retro, non hai nemmeno il problema di essere scoperto. Non ci sono guardie, né cani lasciati allo stato brado e senza cibo per giorni e che... che c'è?» domanda Stiles notando l'altro ragazzo guardarlo con occhi sgranati.
«Stiles Stilinski, sei geniale!» e detto questo, gli prende la testa tra le mani e gli scompiglia i capelli. Stiles lo guarda basito e le guance si tingono di un lieve rossore «Non è vero... io non sono...»
«Sì, lo sei!» rincara Hale sollevandosi in piedi «Io la distraggo, tu entri nella stanza e poi mi aprì la finestra. È facile, no?!»
Il ragazzo alza gli occhi al cielo borbottando «Certo! Come no?! Facilissimo!»
«Ok, io vado!»
«No, Derek asp...!» mentre il ragazzo si alza, Stiles allunga le braccia per afferrarlo, per afferrare qualunque cosa che lo possa legare a Derek, ma tra le dita sente solo dell'aria e se ne preoccupa. Ha bisogno di aggrapparsi a qualcosa. Anche solo per una manciata di minuti. Ha paura di fallire miseramente come ha sempre fatto.
Derek lo osserva un istante, si accorge che qualcosa non va, gli afferra le dita per una manciata di istanti «Stiles, andrà bene! Io sono un ragazzo affascinante. Per quanto Victoria mi odi, in qualche modo la distrarrò, ok?», lascia le sue mani appena nota il ragazzino rilassarsi.
«...Ok.»
Derek inizia a camminare verso il nemico, con sicurezza e fermezza, e Stiles si sorprende di quell'aura fantastica che lo circonda in ogni istante. Lo vede avvicinarsi a Victoria con un sorriso - Sexy! - e la miglior faccia tosta – e da schiaffi – che abbia mai visto sul volto di Derek Hale.
Ovviamente Victoria non ci casca ed inizia una lunghissima divagazione sulla sfacciataggine giovanile, Stiles alza gli occhi al cielo e poi inizia a strisciare verso la stanza degli incontri; un paio di volte Derek ha fatto voltare la donna pur di non farle notare uno Stiles decisamente poco silenzioso. Stiles odia il linoleum. E le sue scarpe da ginnastica che stridono sul pavimento.
E devono essere assolutamente oliati i cardini di questa porta!
Quando il ragazzino è dentro alla stanza e chiude la porta, Derek conclude bruscamente il dialogo con Victoria ed esce dalla struttura, fa il giro e poi bussa contro il vetro. Dal basso, spaventandolo un poco, appare il giovane Stilinski che apre totalmente la finestra «Ce l'abbiamo fatta Derek!» esulta Stiles alzando le braccia in alto.
«Ok, adesso prendiamo la tv e... stai scherzando, vero?!» le sopracciglia di Hale si alzano fino quasi a toccare l'attaccatura dei capelli.
«Di che parli?»
«Parlo del fatto che quella, Stiles, è un reperto archeologico!» dice notando una televisione vecchia di anni e che, forse, funzionerà solo facendola rianimare con dell'elettroshock!
«Mi hai chiesto solo se c'era una tv, non che età avesse.» risponde con ovvietà.
Derek alza gli occhi al cielo e poi si avvicina alla televisione, stacca alcuni cavi che arrotola e li passa a Stiles che infila prontamente nelle tasche larghe dei jeans; cercando di fare meno rumore possibile, trasportano fino alla finestra l’apparecchio elettronico e, con non poche difficoltà e decisamente ancora meno coordinazione, riescono a portarla all’esterno senza farla cadere. Richiudono un po' malamente le persiane, lasciando comunque un piccolo spiraglio – perché Stiles non ci tiene a tornare nel corridoio passando proprio di fronte a Victoria Argent!
Derek obbliga Stiles a tacere ed a sincronizzarsi per cercare di evitare pazienti, guardie, proprietari e chiunque possa anche solo avvisare Deaton – o peggio, Chris Argent – del loro piccolo furto; quando finalmente raggiungono la camera, tirano un sospiro di sollievo  e mentre Derek cerca di collegare la tv, Stiles si sdraia sul letto.
Quindici minuti e qualche imprecazione dopo la televisione parte; i due ragazzi la scrutano speranzosi. L'audio non è un granché e lo schermo è tutto blu «un tubo catodico è andato.» dice Derek ringhiando; Stiles, a quell'espressione, inizia a ridere perché «Mio Dio! Dovresti davvero vederti!»
«Stiles!»
«Uhm?»
«Stai zitto e guarda la tv!»
Hanno guardato la televisione fino all'ora di pranzo, sono andati in refettorio a mangiare e poi si sono di nuovo chiusi in camera a guardare qualche programma. La tv è per terra, vicino al bagno, dove l'unica spina per l'apparecchio era nascosta da un pezzo di legno; passate le ore più calde sono usciti di nuovo per una passeggiata e la tv l'hanno nascosta sotto ad un panno.
«È stata l'esperienza più strana che abbia mai fatto!» dice emozionato Stiles saltellando, Derek si rende conto che le mani - Lunghe, affusolate, pallide, morbide mani! - sono libere dalle tasche dei jeans e se ne compiace; per due giorni le ha tenute al sicuro e rivederle gli sta risollevando il morale.
«Stiles!» urla una voce che Derek odia più di suo zio.
«Ehi Matt!» lo saluta il ragazzino alzando una mano e gesticolando sereno; Hale vorrebbe azzannare la gola ad entrambi.
«Stiles, c'è tuo padre.»
E Derek si sorprende dal cambio repentino di comportamento di Stiles: è impallidito, le dita si sono nascoste nei pantaloni ed è quasi certo di averlo visto tremare un poco.
Allunga una mano e la posa su una spalla del ragazzino e lo sente fremere a quel contatto, ha paura che gli svenga tra le braccia...
«Stiles?» chiede con preoccupazione.
Il ragazzino prende un respiro e scrolla le spalle liberandosi dalla stretta «Sto bene» e detto questo, va verso l'ingresso, lasciando soli Matt e Derek.
«Che succede?!» domanda Matt perplesso da quel cambiamento e Derek fa un semplice cenno negativo col capo. Non lo sa nemmeno lui.
Dopo essersi liberato di Matt -non nel modo che avrebbe voluto lui- ha deciso di fare una passeggiata, per schiarirsi la mente e per cercare di comprendere cosa sia accaduto a Stiles e cosa gli passi per la testa.
Cammina per il campo sportivo, Big B. sta giocando con una paio di ragazzi arrivati la settimana precedente e che sembrano essersi affezionati immediatamente al ragazzone; passa vicino alla hall e spera che gli Stilinski siano lì.
Cercando di non farsi notare, sbircia all’interno, ma non li vede; li trova, invece, nella stanza dei colloqui, quella dove hanno rubato la tv che ha lasciato uno spazio bianco sporco sopra al ripiano. È uscito nel cortile ed ha percorso il perimetro dell'edificio fino a che non ha raggiunto quella finestra. La finestra è ancora mezza aperta, nessuno è entrato dopo di loro.
Ode Stiles che, con voce piena di rabbia, si lamenta «È una brava persona!»
«Non lo è, Stiles! Ha una fedina penale davvero ampia e non è finito qui per caso!» risponde con la stessa frustrazione il signor Stilinski «Non lo conosci!»
Derek si affaccia alla finestra e vede il ragazzino stringere le mani in pugni feroci che, è certo, vorrebbe tirare sul naso del padre. Non ne è sicuro al cento per cento, ma pensa stiano parlando di lui.
«Sì che lo conosco, lui...»
«Stiles!» lo sceriffo sbatte un pugno sul tavolo, facendo sussultare il figlio e Derek vorrebbe essere lì, solo per potergli stringere le mani che tremano come in preda alla rabbia più cieca. O dalla paura.
«Non devi più vederlo.»
Gli occhi nocciola del ragazzo si spalancano «Cosa?!» è un sussurro, ma Hale lo sente bene.
«Non devi più vedere Derek Hale, Stiles.»
«...no!»
«È una pessima persona.»
«Non è vero, è un ragazzo gentile e fantastico; è divertente e si prende cura di me!»
Lo sceriffo e Derek guardano Stiles come se fosse impazzito, il secondo, soprattutto, spera di stare avendo un incubo!
«Stiles» lo ammonisce il padre, ma il giovane si alza di scatto e lo guarda con fastidio e forse un po' d'odio negli occhi luminosi «Derek Hale è la persona migliore che abbia incontrato qui dentro! Non puoi permetterti di venire qui e darmi delle regole nuove... Sono qui per guarire, papà, e lo faccio a modo mio o ritornerò esattamente come prima!»
Derek fa un paio di passi e si siede per terra, sull'erba fresca a tagliata da poco, si passa una mano sul viso ed è certo che nulla andrà bene d'ora in poi. Ed è tutto a causa sua.
Lo sceriffo sospira forte «Stiles...»
«No. Può confermartelo anche Deaton, sto migliorando. Potrei tornare a casa prima dell'inizio della scuola!»
L'uomo spalanca gli occhi e sorride estasiato «Davvero?»
«Sì, davvero! Ma papà, per piacere, lasciami guarire a modo mio.» chiede in quello che sembra un preghiera, prendendo tra le sue le mani del padre; l'uomo rimane in silenzio alcuni istanti, poi fa un cenno affermativo e Derek è sicuro che Stiles stia saltellando sul posto.
«Va bene; ma appena scopro che ti ha anche solo torto un capello, vengo qui e lo arresto»
«Non preoccuparti, so per certo che gli risulterebbe difficile visto che i miei capelli sono cortissimi!» ridacchia il ragazzino ed Hale si stupisce del tono gentile che hanno usato entrambi; si solleva dall'erba e poi cerca di mettere più distanza tra lui ed il figlio dello sceriffo.
Deve pensare a cosa dovrà fare nelle quattro settimane che gli rimangono...

 

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