Sangue sporco

di mistaya89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fine è l'inizio ***
Capitolo 2: *** Di ghiaccio e oro ***
Capitolo 3: *** Di lettere d'amore e pedinamenti ***
Capitolo 4: *** Di riflessioni e feste clandestine ***



Capitolo 1
*** La fine è l'inizio ***


Hermione camminava nel parco di Hogwarts, i piedi che affondavano nell’erba umida, la sciarpa che le sventolava alle spalle perchè come ogni volta l’aveva indossata sbadatamente, senza badare a come le si arrotolava intorno al collo. I capelli che brillavano rossi mossi nel vento fra i raggi autunnali di quel tramonto. Gli occhi bassi. La mente che rincorreva le ultime frasi che si erano detti. I passi decisi e veloci. 
“Mi dispiace, restiamo amici, per me sei comunque importante..
Che ironia, la vita. Rincorri per anni quello che cerchi, l’ottieni e poi non sai che fartene. Era stato lui a lasciarla, ma solo perchè l’aveva battuta sul tempo. Certo che sarebbero rimasti amici, che frase inutile da dire pensò con stizza, il mondo sarebbe andato a pezzi se non ci fosse stato il trio a salvarlo. Non era distrutta no, non era devastata. Sarebbe dovuta esserlo ma aveva già preso coscienza tempo fa, con quell’intelligenza che la contraddistingueva, che quel che avevano non era ai livelli di quel che aveva sognato, di quel che sarebbe dovuto essere. E doveva averlo compreso anche lui, in un insolito lampo di lucidità. Dunque non c’era stato dolore alla fine, era una cosa che aveva accettato, tutto sommato, serenamente. Ora provava solo un pò di risentimento. Perchè le cose non erano andate come aveva programmato. E davvero odiava quando qualcosa non andava come lei prevedeva. L’ultima volta che era successo era rimasta pietrificata ed aveva dovuto sorbirsi un periodo in infermeria di cui avrebbe fatto volentieri a meno. Ripensare a tutte quelle lezioni perse la faceva stare male ancora ora, a distanza di anni. Si bloccò di colpo. Ron l’aveva appena lasciata e lei stava seriamente pensando che la tragedia più grande fosse essere mancata a due settimane di lezioni quattro anni prima? Scoppiò a ridere. Evidentemente, o questo significava che avrebbe dovuto rivedere le sue priorità o, molto più probabilmente, che era chiaro che tra lei e Ron non potesse funzionare e che avessero fatto bene a chiuderla ora, quando ancora non c’erano stati grossi danni collaterali. Non che la cosa fosse molto comica, alla fin fine, ma lei rise come se le avessero appena scagliato un incantesimo rictusempra addosso. Dopo qualche minuto smise di ridere e si portò un lembo della sciarpa sul viso, per asciugare quelle lacrime traditrici che avevano superato le sue barriere. Fece un respiro profondo. Doveva ricomporsi prima di rientrare, aveva un’intera sala comune da affrontare. Per non parlare della cena nella Sala Grande. Poteva già sentire il vociare delle mille teorie che sarebbero nate. Ad Hogwarts oramai faceva scalpore più una rottura tra due fidanzati che non l’ennesimo tentativo del Signore Oscuro di ucciderli tutti. Specie se quei due fidanzati erano la coppia d’oro di Grifondoro. Si porto le mani al viso e si diede due piccoli schiaffi, uno per guancia. Poi si girò e tornò sui suoi passi. Il sole alle spalle ed il castello davanti.

La Sala Grande era già piena di studenti, la cena del sabato sera era ancora più deliziosa del solito e tutti arrivavano sempre prima, entusiasti di vedere quali prelibatezze gli elfi avrebbero fatto magicamente comparire nei loro piatti stavolta. E non glien’erano nemmeno riconoscenti! Pensò fra se e se che doveva inserire nel calendario del giorno un discorso a riguardo per la prossima riunione del CREPA..! Immersa in questi pensieri camminava automaticamente verso il tavolo di Grifondoro, quindi non si accorse che le discussioni si smorzavano un pò al suo passaggio e che in tanti ne seguivano con gli occhi la figura.
La tavolata dei Serpeverde la osservò percorrere la sala con ghigni beffardi. Certi che qualsiasi cosa nuocesse ad un solo Grifondoro avesse il diritto di essere festeggiata con il miglior succo di zucca reperibile, e che qualsiasi cosa che nuocesse ad uno del magico trio di miracolati meritasse anche una piccola correzione al Whisky incendiario! Effettivamente, visto che stavolta venivano coinvolti in un colpo solo due su tre dei loro nemici giurati, era strano che non avessero ancora ingaggiato i Wizard Rock, ricorrendo ai loro considerevoli patrimoni di purosangue, per far comporre una canzone sull’avvenimento. I Corvonero seguirono Hermione con espressioni dubbie ed indagatrici. Ancora si chiedevano come avesse fatto la Granger (unico caso di smistaggio sbagliato da parte del cappello parlante, in quanto sarebbe dovuta chiaramente appartenere alla loro casa) ad aver accettato di mettersi con Weasley, facendo cosi sfoggio di una mancanza d’intelletto imperdonabile, che forse alla fin fine giustificava la scelta del polveroso cappello. I Tassorosso invece sempre cosi empatici avevano gli occhi lucidi, alcune delle ragazze al tavolo scoppiarono addirittura a piangere solo nell’incrociarne lo sguardo, immaginandosi già una tragedia greca. 
Tutto questo, si svolgeva alle spalle di una distratta Hermione che vagava per la Sala. “Cough” quel leggero schiarimento di voce attirò l’attenzione di Hermione che si accorse cosi che Ginny le camminava al fianco. “Terra chiama Granger. Ei Hem, ci sei? Se non ti avessi raggiunta credo che saresti stata in grado di andarti a sedere al tavolo dei professori, vicino Piton!” Hermione ridacchiò. “Hey Ginny, si scusami stavo pensando a..” “Lo so, lo so. Mio fratello è un’idiota ma ehi, io ti avevo avvertita! Non preoccuparti ho già chiesto a Dean di chiedere a Seamus se Finnegan del settimo anno è ancora sul mercato. Vedrai, ti farò dimenticare Ron in un battibaleno!” trillò Ginny con un sorriso smagliante in viso. “Veramente io stavo pensando a..” in effetti, forse era meglio non dire a cosa stesse effettivamente pensando. “Niente, lascia stare. Grazie, Ginny, ma davvero non ho bisogno che tu mi combini appuntamenti di coppia con chicchesia. Con i ragazzi ho chiuso, per un bel pò!” c’era una vena di sfinimento nel suo tono, di sfiducia. “Come vuoi Hem, però lo sai, io ci sono.” Ed era vero, Ginny c’era sempre stata. Da ragazza timida e spaventata era sbocciata in una splendida maga sicura di se e capace di fare magie, in tutti i sensi. Si portava dentro le cicatrici di quel che le era successo, ma aveva imparato a sfruttarle a suo favore. Era diventata più forte, e si era riplasmata un carattere che le rendesse impossibile compiere di nuovo gli errori del passato. Hermione non aveva mai avuto tempo per stringere altri legami, con tutto quello che era successo nelle loro vite, quindi Ginny era da sempre l’unica persona (di sesso femminile) che Hermione potesse chiamare amica. Fu pensando a questo che si bloccò all’improvviso, gettandoglisi addosso in un grosso abbraccio, che Ginny ricambiò con una risatina.
“Complice la luna/sarcastica e ammiccante/nel suo sorriso avorio antico/in quella notte/perduta tra le trame..” sentirono la voce di George proclamare i versi dal tavolo di Grifondoro. “Perchè, esattamente fratello, stai citando Saffo?” chiese Ginny sciogliendosi dall’abbraccio. “Non è evidente, sorellina? Ovviamente la nostra povera amica non ha retto il colpo ed ha preferito seguire le orme della ormai defunta poetessa e migrare verso sponde più liete..”  Il tono canzonatorio di George venne interrotto dall’esordio di Fred.  “Ed ora, signori, è tempo di pagare. Neville, mi devi 50 galeoni. Chi altri aveva scommesso?” Hermione, senza smettere di abbracciare Ginny, tirò fuori dal mantello la bacchetta. “Avis” mormorò sottovoce, solo Ginny riuscì a sentirla, ed iniziò a tremare nel tentativo di nascondere le risate, pregustando già la scena che sarebbe seguita. In pochi secondi Fred e George si ritrovarono a combattere con uno stormo di canarini inferociti che non solo stava rubando loro i soldi, ma che li stava anche malamente beccando sulle belle chiome fulve. “Ahi, ahi! Scherzavamo Hermione, scherzavamo” disse Fred. “Si, un atto goliardico del tutto innocuo!” ribattè George. I canarini non accennarono a smettere di beccarli. “Hermione per favore..” disse Fred mentre tentava di allontanare i malvagi uccellini con concitati gesti delle mani, il diplomatico George invece stava tentando la via della morte apparente, che non sembrò sortire grandi effetti. Oramai quando l’intero tavolo di Grifondoro stava ridendo a crepapelle e dopo che Fred e George ci ebbero rimesso buona parte degli scalpi, Hermione agitò di nuovo la bacchetta, e i canarini scomparvero con dei piccoli puff. Fred e George si massaggiarono le teste doloranti. “Grazie ragazzi” disse loro Hermione, i due la squadrarono con sospetto, abbastanza incerti sul perchè li stesse ringraziando. “Prego.. Hermione” risposero in coro in tono incerto, ma certi che fosse meglio non indispettirla di nuovo. In quel momento li raggiunse Harry. “Per cosa li stai ringraziando” chiese. “Oh, per una generosa donazione che Fred e George hanno fatto al CREPA, ovviamente. Un pensiero davvero carino.” gli rispose Hermione, tutta zucchero e buone intenzioni. Fred e George spalancarono le bocche e fecero per protestare, ma un movimento del tutto casuale di Hermione fece intravedere la sua bacchetta tra le pieghe del mantello. Scoppiarono a ridere e dissero in coro “Touchè!” poi tornarono a rivolgere la loro attenzione a delle povere matricole alle quali tentarono di vendere forniture annuali di pasticche vomitose. Hermione sorrise soddisfatta, e ripensò a quando aveva usato quello stesso incantesimo per motivi diversi. Come potevano cambiare le cose.
Prese il suo posto al tavolo, Harry a un lato, Ginny dall’altro. Vicino ad Harry solitamente stava Ron, che ancora però non si faceva vedere. Prima che Hermione potesse chiedere ad Harry che fine avesse fatto il suo quasi gemello, Ron fece il suo ingresso in sala. Stavolta, diversamente da come era stato per lei, Hermione vide le occhiate che i vari tavoli lanciavano al suo passaggio, ed intuì l’argomento delle conversazioni sussurrate. Ron avanzava tranquillo, salutando qui e li alcuni ragazzi, del tutto indifferente alle chiacchiere. Raggiunto il tavolo scambiò un lungo sguardo con Hermione. Lei gli sorrise e lui contraccambiò, e fu normale come lo era sempre stato, nonostante tutto.

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Capitolo 2
*** Di ghiaccio e oro ***


“Abbiate cura di cercare gli esseri estremi, i deliri, gli incanti.”

Che sciocchezza, pensò Hermione, chiudendo il libro. Lei il suo incanto lo aveva avuto ed era stato un delirio, e non era proprio la stessa cosa. Anzi a dire la verità gli incanti erano la sua specialità, e non era andata poi cosi bene. Quindi figuriamoci!

 Il vento d’autunno spirava nel parco della scuola, spostandole i capelli continuamente e lei, immersa lì, nella luce morente del crepuscolo, in realtà sembrava proprio un incanto, piena dei colori caldi del fuoco che le danzavano addosso. 

Gli studenti stavano rientrando alla spicciolata dopo essersi goduti il clima mite di quella domenica d’ottobre all’aria aperta. Raccoglievano scope, palloni e coperte da picnic. 

Gli innamorati si rubavano gli ultimi baci, gli amici esplodevano nelle ennesime risate chiassose. Qualcuno aveva addirittura pensato di allenarsi clandestinamente a Quidditich con piccoli passaggi di Fluffe raso terra.

E lei osservava. Aveva letto, tanto per cambiare, senza rendersi conto del tempo che passava. Ed ora l’aria era più fresca e i colori più freddi. Qualche civetta già lanciava richiami dalla torre, preparandosi all’arrivo del loro regno.

Erano passati 10 mesi da quando lei e Ron si erano lasciati. E tutto sommato, andava bene. Riuscivano a vedersi, a parlare, non c’erano stati drammi o dolore, guerre sommerse e schieramenti. Era tutto quasi come prima. Quasi, perché ormai lei passava la maggior parte del suo tempo libero da sola, mentre prima erano sempre in tre. Ma non era colpa di Harry, o Ron. Lo aveva scelto lei, sentiva di aver bisogno di un tempo tutto suo, di pensieri ed ore che le appartenessero e che le dessero il tempo di pensare, e capire. Il tempo che le era mancato tra un salvataggio e l’altro, tra una fine del mondo e un omicidio. E cosi quando capitava che Harry e Ron le proponessero di scendere a Diagon Alley nei pochi giorni liberi, lei gli ringraziava, gli augurava di divertirsi e rimaneva ad Hogwarts. Spesso s’intratteneva con Ginny tranne quando lei, come in questo caso, era presa dall’ennesimo fidanzato di turno.

Hermione era arrivata ad Hogwarts bambina ed era stata catapultata in eventi più grandi di lei. E li aveva superati, dando prova di sé come strega e non solo, ma questo le era pesato. Era arrivata a chiedersi chi fosse, dietro quella patina di strega geniale. Era stata plasmata dagli eventi, si era fortificata dietro gli insulti, si era appoggiata a Ron perché c’era quando tutto sembrava perduto. Ma cos’era che voleva? Ancora doveva capirlo.

Un sospiro le scappò tra le labbra serrate. E si accorse di star rabbrividendo nella sopraggiunta sera. Cosi si alzò, si scrollò le foglie dalla tunica e fece per avviarsi nella sala grande.

“Attenta!!”

Il grido la raggiunse di sorpresa mentre una fluffa lanciata a tutta velocità stava per prenderla in pieno viso. Non ebbe il tempo di realizzare nulla mentre gli eventi accadevano, si sentì strattonata all’indietro in una manciata di mezzi secondi e andò a sbattere contro qualcosa di tremendamente duro mentre la fluffa la lisciava per una mezza manciata di centimetri, il vento sollevato le fece finire l’enorme matassa di capelli davanti agli occhi.

Il fiato corto per la sorpresa e lo strattone, la vista mezza oscurata dai capelli, le grida concitate di quanti le stavano intorno la resero improvvisamente stordita, il mondo non smetteva di girare senza senso.

In quelli che le parvero diversi minuti ma che in realtà furono solo pochi secondi tornò lentamente consapevole di cosa, e chi, la circondava.

Delle braccia la stavano cingendo, lunghe e affusolate dita le premevano sul suo braccio poco più in giù del gomito, proprio dove le vene pulsavano impazzite, mentre un altro braccio la cingeva, sostenendola, sulla vita stretta.

Un altro soffio di vento le liberò gli occhi, congelandola con le mani aperte sul petto del suo salvatore.

Il ghiaccio.

Il colore del ghiaccio.

Il calore del ghiaccio.

L’oro.

Fili d’oro leggeri e morbidi come seta.

Il freddo dell’oro.

Tutto apparteneva a lui, carnefice. Lui che da sempre incarnava i contrasti. Lui che aveva reso il suo essere per metà babbana e allo stesso tempo una strega geniale un peccato mortale. 

Erano stretti in un abbraccio indecente. Hermione smise di respirare. Fissandolo negli occhi, si strattonò per liberarsi dalla presa di quel cobra, già pensando a come recuperare la bacchetta nelle pieghe del mantello con il poco spazio di manovra a disposizione.

“Nemmeno un grazie, mezzosangue?” La voce roca e vellutata, canzonatoria. Ennesimo contrasto in lui. 

Tutti intorno a loro tacquero. La grifondoro e il serpeverde erano diventati il centro di ogni cosa nella radura. Persino il vento e le civette si erano acquietati, come se anche loro fossero talmente presi dalla scena che si svolgeva sotto i loro occhi da non riuscire più ad emettere un suono. Gli innamorati con gli occhi spalancati, gli amici dalle espressioni intimorite, i colpevoli giocatori di quidditch immobilizzati. Tutti aspettavano. Colin, passato di lì per caso e seppure stupefatto, rubò con mani tremanti una foto di quell’evento cosi bizzarro.

“Grazie” disse Hermione con tono sprezzante. E dopo una breve pausa aggiunse “Per cosa? Per avermi strattonata con la forza bruta e avermi quasi slogato un braccio? Si, davvero, grazie. Ed ora lasciami, se non vuoi che ti restituisca il favore.” Gli sibilò con tutta la rabbia covata negli anni. E piena dell’irritazione di dovergli qualcosa.

Draco sorrise beffardo. “Se non ti avessi riservato il trattamento di cui con tanto sdegno mi accusi a quest’ora il tuo viso sarebbe decisamente meno appetibile di ora. E sarai pure una mezzosangue, ma da quando hai messo su qualche curva non sei poi cosi male, mezzosangue. Sono un esteta, non lascio che le cose belle si rovinino se posso evitarlo.” 

Hermione fu totalmente colta alla sprovvista. Ma come si permetteva?! E allo stesso tempo ne rimase basita. Solo un enorme forza di volontà le evitò di spalancare gli occhi al sentire quelle parole. Draco le regalò un altro sorriso di sbieco e poi, improvvisamente, la lasciò andare.

Senza il suo sostegno venuto a mancare cosi bruscamente ad Hermione sembrò di precipitare nel vuoto, ma si riprese in fretta, senza darlo a vedere. Anni di lotte con il signore oscuro a qualcosa erano valsi.

Il tempo di riprendersi che Draco già si stava allontanando con passi lenti e misurati nella direzione opposta. L’aveva privata anche dell’orgoglio di una risposta. Alcuni dei giocatori corsero verso di lei prodighi di scuse e pentimenti, in quanto prefetto Hermione avrebbe potuto tassarli pesantemente per quello scherzetto. Accerchiata da quel manipolo di studenti del primo anno Hermione intravide Draco soffermarsi sul giocatore che aveva lanciato la fluffa. Era lontano ma Hermione vide l’espressione mortale sul suo volto mentre si rivolgeva alla povera matricola, gli occhi scintillanti più che mai. Parallelamente il giovane corvonero colpevole perdeva il suo colorito diventando più grigio dei gargoyle della torretta della torre di divinazione. 

Tornò a concentrare la sua attenzione su quella manica d’incoscienti, ma le sembrò che Draco si fosse rigirato a guardarla sorridendo prima di sparire.

 

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Capitolo 3
*** Di lettere d'amore e pedinamenti ***


Harry camminava per i corridoi in penombra, l’immancabile mantello posato sopra la divisa lo celava ad occhi indiscreti, non era ancora scattato il coprifuoco quindi di fatto avrebbe potuto solcarli alla luce morente del tramonto in tutta legalità, come tutti gli altri studenti, ma gli affari che stava andando a sbrigare richiedevano prudenza, e discrezione.
Camminava stando ben attento a non sfiorare nessuno, invisibile si, ma come al solito non incorporeo. Ed oramai il mantello non era più un gran segreto, né tantomeno lo era chi di solito vi si celava al di sotto. Quindi far andar a sbattere sul deretano una o più matricole dal nulla nel corridoio affollato avrebbe portato qualcuno a fare due più due: ovvero che qualcuno del trio stava per combinarne una delle loro. Che poi ormai quel trio si era drasticamente ridotto a due membri, ed Harry iniziava a sentire la mancanza della squadra che erano stati.
Quando amiamo qualcuno, o quando lo odiamo, abbiamo un radar. Una specie di sesto senso innato, quel piccolo brivido dietro il collo, quell’improvviso cambiare direzione dello sguardo, quelle piccole infinitesimali cose che sembrano avvenire per caso ma che in realtà sono destinate a  renderci consapevoli in una frazione di secondo che lui, o lei, è lì.
In questo caso specifico fu un riflesso. O meglio, un’ombra. Un’ombra su una delle grandi finestre a mosaico della scuola catturò l’attenzione di Harry. Un’ombra che conosceva bene avendo passato un anno intero a pedinarla. Un’ombra che odiava profondamente, con tutto se stesso. Un’ombra che incarnava ogni minima ingiustizia del mondo, ogni profonda arroganza, ogni distruttiva superbia che i maghi avevano mai creato, usato, immaginato.
Draco Malfoy. Il sole nome causava in Harry una sorta di reazione allergica che gli faceva ribollire il sangue. Serrare la presa sulla bacchetta fu naturale tanto quanto studiarlo.
Draco camminava veloce, ogni gesto, ogni minimo movimento una coreografia impeccabile. Testa alta, lo sguardo gelido di un dissennatore sul volto. Ogni studente si toglieva velocemente dalla sua traiettoria. Solitamente il Serpeverde emanava un’aura gelida, austera. Ma stavolta no. Stavolta sembrava che volesse uccidere qualcuno. Harry se ne accorse dall’angolo destro della bocca, tirato, un piccolo spasmo del nervo facciale: lo conosceva bene. Lo odiava ma proprio per questo lo conosceva. Dopo l’amore l’odio è il sentimento più forte. Anni passati a duellare, a sfidardi, a studiarsi, ad indagare l’uno sull’altro. Sapeva che era nervoso, arrabbiato. Aveva bisogno di una vittima, ed Harry era certo che di lì a poco l’avrebbe trovata. Quasi senza rendersene conto iniziò a seguirlo. Pronto ad intervenire in aiuto del malcapitato che l’avesse incrociato sulla sua strada. Non per bontà di cuore, ma perchè ogni scusa era buona per menar le mani con la sua nemesi. Raramente lo aveva visto cosi scoperto, cosi onesto. Draco era un dissimulatore nato, perlomeno da quando aveva superato quella sua fastidiosa patina da figlio di papà ed aveva imparato a cavarsela da solo nel mondo, senza la protezione altisonante del suo cognome di sangue blu. Anzi, verde. Ed era avvenuto più o meno tra il secondo e il terzo anno.

 

Hermione rientrava dopo aver tolto 10 punti a Corvonero per allenamento illegale ed uso improprio delle Fluffe della scuola. Sapeva di essere una brutta persona, ma per quanto non avrebbe mai tolto punti ad una casa rivale senza un buon motivo non riusciva a smettere di godere intimamente del fatto che ora Corvonero era a 10 punti di distanza dalla Coppa, che era certa che anche quest’anno sarebbe andata a Grifondoro. Che poi questo le fosse quasi costato due settimane in infermeria per rottura del setto nasale, dolori atroci e la perdita di almeno 25 ore di lezioni le era già passato di mente, almeno fin quando non ripensò grazie a chi lo aveva evitato. Il sorriso le morì sul volto e il passo divenne più lento. C’era qualcosa di profondamente sbagliato, che la faceva sentire a disagio, solo che ancora non capiva cosa.

 

“Fred vuoi smetterla?! Per la barba di Merlino!” Ginny stava correndo in giro per la stanza cercando di riacciuffare una lettera d’amore improvvisamente trasformata in scoiattolo da suo fratello, che nel mentre declamava ad alta voce il contenuto ad una interessatissima, e strapiena, sala comune.
“Mia piccola e deliziosa fuffola ti amerò come un’alchimista ama la sua pietra filosof…”
“ORA BASTA” il tono improvvisamente identico a quello della madre fece impallidire George che perse il controllo dell’incantesimo, lo scoiattolo implose su se stesso lanciando cartoccetti di lettera infuocata sui grifondoro impiccioni che si dispersero urlando.
Uno lo prese in piena testa.
D’improvviso i suoi capelli furono ancora più rossi. Le risate divennero urla.
“Aquamenta!, l’incantesimo rovesciò l’equivalente di un secchio d’acqua sulla, in quel momento davvero focosa, testa di George. Che annaspò carponi sul tappeto, bagnato come un pulcino ma miracolosamente illeso.
“Il tuo tempismo come sempre è impeccabile, Milady” disse Fred in direzione di Hermione che era appena entrata nella sala comune. Fino a quel momento era stato svogliatamente appoggiato alla parete laterale, da dove si godeva dell’acustica migliore per intonare appassionate orazioni, o in questo caso, contenuti impropri di lettere d’amore altrui.
Il quadro della Signora Grassa le si richiuse alle spalle con un sordo tonf.
“Ho appena tolto 10 punti a Corvonero, e ne ero entusiasta, non vorrete costringermi a togliercene altrettanti. Che sta succedendo qui?!”
Il suo tono fece gelare le matricole, ed anche la maggior parte degli studenti senior, la temevano, sapevano che non stava scherzando. Nessuno fiatava. Fred nel frattempo le era svicolato alle spalle e le afferrò all’improvviso le braccia, provando a distrarla.
“Nulla di che, un piccolo scherzo goliardico finito male, ma prontamente risolto, da te” le disse, con tono di zucchero, conducendola verso i dormitori maschili “In realtà c’è una situazione incresciosa di cui vorrei parlarti, in quanto Prefetto, vedi alcune matricole hanno…” il suono della sua voce sparì nel corridoio insieme alla strega.
Ginny sospirò, e con lei mezza sala comune, per il pericolo scampato. L’avrebbe fatta pagare in un secondo momento ai suoi fratelli, i Grifondoro non amavano perdere, e senza Fred sarebbero stati 10 punti in meno avanti ai Corvonero. Impensabile.

 

“Fred, so benissimo che era tutto uno stratagemma per distrarmi il tuo. Qui non c’è nessun barile di Whisky Incendiario contrabbandato da Diagon Alley” disse Hermione, chiudendo l’ennesimo baule vuoto. Fred era semidisteso sul suo letto, e la fissava sornione.
“Eppure hai controllato ogni singolo baule” le rispose lui.
“Per qualche assurdo motivo tendo sempre a crederti” disse Hermione “anche se so che 9 volte su 10 quello che dici è uno scherzo, o un trucco. Non me lo spiego in effetti…” bisbigliò pensierosa.
Fred sembrò toccato da quelle parole, la postura s’irrigidì appena e non rispose subito, come suo solito. Hermione si sedette sul letto affianco a lui, sospirando.
“Dovrei andarmene, questo è il dormitorio maschile, non dovrei stare qui” disse con un tono che faceva chiaramente intendere che per una volta non aveva minimamente voglia di fare quel che dovere avrebbe voluto.
“Ti senti sola?”
Hermione si girò di scatto verso di lui. Gli occhi verdi brillavano nella penombra, fissandola intensamente, seri come mai li aveva visti prima. Notò che il loro colore era quello degli smeraldi più puri, tra le luci delle candele accese.
“Forse si” gli rispose, abbassando triste il volto.
“Sai che potresti tornare con loro in qualsiasi momento, non aspettano altro.”
“E’ che… non so se voglio farlo.”
Fred rimase in silenzio, aspettando che lei mettesse insieme il filo dei suoi pensieri, trovando le parole giuste per pronunciare ad alta voce quello che ancora non aveva mai confidato a nessuno. Nemmeno a Ginny.
“Sono le due persone al mondo a cui tengo di più, sono la mia famiglia ma… sento di aver bisogno di staccarmi da loro per un pò. Di trovare una mia dimensione, una mia consapevolezza, prima di tornare. O altrimenti farò gli stessi errori…” la voce si spense sull’eco dell’ultima parola, memento di dolori ancora non del tutto rimarginati.
“Le famiglie possono essere pesanti, a volte, ma restano parti di ciò che siamo.” Fred si alzò a sedere “Se vuoi prenderti del tempo per te ne hai tutto il diritto, ma ricordati che non è necessario allontanarli a tutti i costi, specialmente se questo ti fa soffrire. So che per te è difficile farlo, Hermione, ma ricordati che esistono delle vie di mezzo nel tuo mondo di bianco e nero”.
Non fu una ramanzina, od un giudizio, sul volto aveva un sorriso dolce e puro come il più candido degli zuccheri filati. Ci teneva a lei, pensò. Non se ne era mai accorta prima ma probabilmente Fred doveva aver esteso il grado di sorellina anche a lei, negli anni in cui avevano condiviso manicaretti alla tana ed avventure a scuola. Tra uno scherzo dispettoso ed una pergamena copiata, tra un succo di zucca ed un incantesimo pietrificante il loro rapporto si era intrecciato un pò più stretto.
Hermione rimase pensierosa per un pò, colpita a fondo da quelle parole, capiva il senso di ciò che Fred aveva voluto dirle. Ed era sorprendentemente profondo. Il silenzio calò tra loro senza imbarazzo. Finchè Hermione non lo spezzò.
“Grazie, Fred”
“Quando vuole, milady” le disse lui ammiccando, improvvisamente tornato ai suoi modi giocosi. Si alzò veloce, porgendole la mano “Dovremmo rientrare in Sala Comune, non sono sicuro che George abbia finito di combinare guai…”
“Lui, eh?”
Si guardarono sorridendo. Ed Hermione pensò che tutto sommato, forse, un pò dell’allegria che permeava quel ragazzo doveva essere contagiosa, perchè si sentì leggera come non le capitava da mesi mentre lo seguiva. Un sorriso sul volto.

 

Harry aveva completamente dimenticato che altri impegni reclamavano la sua presenza quella sera, seguire Draco dopo averlo visto con quello sguardo aveva avuto la priorità assoluta. Ogni raziocinio cancellato dalla sua volontà, schiava della sua nemesi. Ma effettivamente un già elevato numero di potenziali vittime lo avevano incrociato e Draco non aveva ancora maltrattato (o ucciso) nessuno. Anzi, mano a mano che svoltavano nei corridoi, sembrava placarsi. Il passo stava rallentando, il volto si faceva meno teso. Camminava come il principe che credeva di essere. Come se tutto il tempo del mondo fosse li per servirlo. Erano già una trentina di minuti che vagavano senza sosta. Harry non aveva idea di dove stessero andando fra l’altro. Poi, Draco si fermò improvvisamente in un corridoio deserto. Harry lo sentì bisbigliare qualche parola e a passo fermo lo vide dirigersi verso… il muro. E puff. Sparì. Harry spalancò gli occhi, preso alla sprovvista corse per passare a sua volta attraverso il muro incantato prima che l’incantesimo svanisse, senza riflettere si lanciò e… diede un’epica facciata contro la pietra grezza, fredda e dura di cui Hogwarts era fatta. Gli occhiali e il mantello rovinarono a terra, come anche lui. Dal naso colava del sangue caldo e vischioso, mentre sulle guance sentiva i graffi del duro granito. Ma il dolore era nulla in confronto alla frustrazione di aver perso Draco. Si tirò su, asciugandosi frettolosamente e stizzitamente il sangue colato con la manica della divisa, raccolse gli occhiali e si avvio furioso verso la Sala Comune, senza nemmeno premurarsi di rindossare il mantello. Furia ed invisibilità non erano buone compagne di strada.

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Capitolo 4
*** Di riflessioni e feste clandestine ***


I pulviscoli di polvere danzavano luminosi nella luce lunare che filtrava dalla finestra. La stanza delle necessità ti dava quello di cui avevi bisogno, pretendere che non fosse polverosa era chiedere troppo, pensò Draco mentre alzava una mano per provare ad afferrarne uno, microscopico, facendosi ombra sul viso.

Sorrise pensando a Potter aldilà del muro, riverso in terra e schiumante di rabbia per l’umiliazione appena ricevuta. Dilettante, aveva davvero pensato di riuscire a seguire un maestro degli inganni come lui, senza farsi scoprire. Come al solito quel quattrocchi dimostrava più accanimento che buonsenso. Si chiese per l’ennesima volta come avesse fatto a sopravvivere fino a quel momento. Per poi sorridere sornione fra sè e sè, contemplando la risposta, era ovvio. Grazie alla Granger. Senza di lei Potter probabilmente sarebbe morto al primo anno, nella camera della pietra filosofale. Quale forza spingesse quella strega brillante ad aiutare cosi strenuamente qualcuno come Potter, donandogli la sua completa amicizia e fiducia, era un mistero che sfuggiva a Draco. Ed era solo uno dei tanti che la riguardavano. Lui aveva bisogno di lei, era chiaro. Ma lei perchè aveva bisogno di lui?

Lo incuriosiva. Aveva smesso da tempo di ritenerla inferiore, nonostante non lo desse a vedere. Crescendo, aveva imparato a discostarsi dai malsani insegnamenti paterni, tra le spesse mura di Hogwarts, nei suoi corridoi intrecciati, lontano dalla sua influenza, aveva sviluppato una suo opinione sull’importanza del sangue. Si, ci aveva messo molto e gli era costato parecchio, e non credeva che l’ombra di chi era stato avrebbe mai potuto abbandonarlo del tutto, troppe macchie oscuravano il riflesso di chi fosse, ma era cambiato. Profondamente. Solo, non era ancora pronto ad ammetterlo con il mondo. Quindi continuava a nascondersi dietro il riflesso di un altezzoso Serpeverde. In fondo, in quello non era cambiato.

Incrociò le gambe, tornando ancora una volta ad indugiare sulla Granger mentre qualche ciocca dei capelli biondissimi cadde a sfiorargli le lunghe ciglia. Era diventata un punto fermo nei suoi pensieri, in realtà lo era sempre stata, nel bene o nel male. Una sorta di avversario molto più temibile di Potter, che incarnava tutte le sue contraddizioni. Ma ultimamente le cose stavano cambiando. Voleva conoscerla, voleva che sapesse che era cambiato. Voleva capirla e voleva obbligarla a riconoscere che non era più quello che era stato. Come se convinta lei, potesse finalmente ottenere quell’assoluzione che tanto spasmodicamente bramava. Era un bisogno profondo, che lo divorava internamente. Non sapeva se fosse perchè lei era stata bersaglio dei suoi modi peggiori, o perchè quegli occhi penetranti sembravano giudicarlo, soppesarlo, condannarlo in ogni modo. O forse solo perchè aveva bisogno di un’altra mente brillante che gli tenesse testa. Aveva sempre amato le sfide, e lei sembrava la sfida più deliziosa su cui avesse posato gli occhi da un bel pò di tempo.

 

Ginny camminava veloce fra i tavoli della Sala Grande affollata, spostando di peso le piccole matricole che le oscuravano letteralmente la vista, dannazione era frustrante essere basse in questi frangenti! Incrociò la McGranitt che la rimproverò silenziosamente, con una sola occhiataccia, per i suoi modi poco composti. Ginny abbozzò un sorriso di scuse per poi filare via, continuando a travolgere matricole. Finalmente le sembrò d’intravedere una zazzera di capelli lunghi e mossi in lontananza e tirò dritta come un treno.

“Hem!” urlò arrivandole alle spalle.

Hermione, che stava parlando con la prefetta di Corvonero, trasalì girandosi di scatto.

“Per la barba di Merlino, Ginny! Hai deciso di farmi prendere un colpo?!”

L’amica la trascinò verso un angolo della panca di Grifondoro ancora miracolosamente libero, la fece sedere su un lato della panca, appartate, per poi lasciarsi cadere di peso su quella di fronte a lei.

Hermione, la guardava incuriosita. Ginny, ansimante, afferrò uno dei bicchieri ed una delle grandi brocche di succo di zucca, versandosi un generoso bicchiere, e scolandoselo tutto d’un fiato prima di parlare. Sembrava uno degli avventori della taverna di Diagon Alley. Hermione non si sarebbe stupida nel vederla lì, perfettamente a suo agio, dopo quella scena.

“Ti cerco da una vita, dove diavolo eri finita?” disse mentre si versava un secondo, abbondante, bicchiere di succo.

“Abbiamo avuto una riunione dei prefetti, è durata più del previsto, quindi siamo venuti direttamente in Sala Grande per la cena. Ero appena arrivata quando mi hai sequestrata. Perchè, che diavolo è successo?”

Ginny si guardò intorno con fare sospetto, ed abbassò la voce cosi tanto che Hermione dovesse sporgersi verso di lei per sentirla. Le teste che quasi si sfioravano.

“Oh amica mia, non è qualcosa che è successo, è qualcosa che succederà” disse con un ghigno ferino, uno dei più temibili che Hermione le avesse mai visto. La bocca aperta in un sorriso che avrebbe fatto tremare il diavolo, gli occhi illuminati da una luce febbrile “ma prima che continui, devi giurarmi che quello che ti dirò resterà fra me e te.”

“Ginny, quando mai sono andata a spifferare qualcosa che mi hai detto a qualc…”

“No, non in quel senso. Devi giurarmi che rimarrà fra me e TE, fra me e la mia amica Hermione, non il Prefetto di Hogwarts.”

Hermione alzò un sopracciglio, sospettosa.

“Ginny non puoi fare qualcosa di illegale, sono stati Fred e George? Sai che la scuola ha delle regole molto severe, l’espulsione…”

“Non ho intenzione di farmi espellere!” sbuffò l’altra “E non è nulla d’illegale, non proprio, soltanto… beh… non proprio, diciamo che è leggermente contro le regole. Ma al massimo ci toglieranno dei punti, SE CI SCOPRONO. In ogni caso l’espulsione non è contemplata.” disse controllando per l’ennesima volta che nessuno le stesse ascoltando.

Hermione rimase in silenzio per qualche secondo.

“Prometto” disse infine “ma sappi che se penso che sia troppo contro le regole tenterò in ogni modo di farti cambiare idea!”

Ginny sorrise, illuminandosi.

“Daremo una festa Hem! Inviteremo alunni di tutte e 4 le casate, per la prima volta nella storia Hogwarts avrà una vera e propria festa clandestina aperta a tutti! O meglio, non proprio a tutti, diciamo a persone selezionate” lanciò una lunga e penetrante occhiata verso la tavolata dei Serpeverde.

Hermione sgranò gli occhi. Ed aprì la bocca per ribattere ma Ginny l’anticipò.

“I tempi sono bui, oscuri, Silente ci ha detto di rimanere uniti, di stringere i legami fra noi. Quale modo migliore di una festa per risollevare gli animi e socializzare, abbattendo i vecchi paletti? E poi, una festa segreta è una gran ficata! Ci divertiremo da matti! Ho già pensato a tutto, abbiamo Burrobirra importata clandestinamente da Hogsmeade nascosta nei dormitori, un paio di ragazzi di Corvonero penseranno a luci e musica, e stiamo già pensando a come rimanere sotto i radar ed abbiamo appena trovato la Sala perfetta bastano un altro paio d’incantesimi e…”

“Ginevra Molly Weasley” disse Hermione con un tono che assomigliava paurosamente a quello della Signora Weasley “hai completamente perso la testa?!”

Ginny interruppe il fiume di parole, intimandole di abbassare la voce “Shhh, o ci sentiranno tutti”.

“Ginny non si può fare, ma come ti è venuto in mente!” la voce più bassa che mai “E’ troppo pericoloso, e se ci scoprissero? Hai idea di quanti punti ci toglierebbero? E’ totalmente contro il regolamento. Violeremmo almeno una dozzina di norme e potrebbero addirittura sospenderci! Ed io sono un prefetto non posso permettermi una macchia simile, e se dovessi perdere tutte quelle ore di lezione hai idea della catastrofe che sarebbe se…”

Stavolta fu Ginny ad interrompere il fiume di parole.

“E dai, Hem! Sarà divertente. Siamo intelligenti, non ci scopriranno. Andrà tutto bene! Ce lo meritiamo. Tu ne hai bisogno! Da quant’è che ti aggiri per la scuola come una banshee depressa? Hai bisogno di un pò di divertimento! Siamo entrambe single ora, sarebbe una bella occasione per rimettersi sul mercato, no?” disse ammiccando all’amica, che rabbrividii al solo pensiero “Inoltre, penso che ti farebbe bene, per una volta, non seguire le regole per fare qualcosa di divertente, di frivolo, invece che la solita eroica impresa per salvare il mondo magico.”

Hermione la guardò, soppesando le sue parole. Non aveva tutti i torti. Non aveva mai, in vita sua, trasgredito ad una regola per il puro piacere. Ripensò a Fred che le diceva di non prendere la vita troppo sul serio, ripensò a quei mesi di malinconia, alla sua decisione di crescere, di capire chi fosse in un mondo in cui non esistevano più le basi su cui si era sempre appoggiata.

“Sai cosa, Ginny, hai ragione. Facciamolo.”

Ginny sgranò gli occhi.

“Fa-facciamolo?” ripetè balbettando e fissando allucinata l’amica.

“Si, facciamolo!” le rispose Hermione sorridente “Cosa stai guardando?” chiese poi a Ginny che improvvisamente si era avvicinata cosi tanto al suo viso da sfiorarle il naso con il suo.

“Sto cercando segni evidenti, difetti, hai sempre avuto qui questa lentiggine? Perchè penso che qualcuno potrebbe aver preso il tuo posto, con una pozione polisucco magari…”

Hermione scoppiò a ridere. Come non faceva da mesi. Parecchi studenti si girarono a guardarla, Ginny rise insieme a lei e per qualche minuto stettero piegate, le lacrime agli occhi, a sorridere fra di loro.

“Beh” disse poi Ginny fra un respiro mozzato da un sorriso e l’altro “Non so chi tu sia, ma mi piace questa nuova versione di te, Hermione Granger!”

“Non abituartici troppo!” le rispose l’altra, asciugandosi le lacrime fra le ciglia.

Passarono la cena a bisbigliare trucchi ed idee per la festa, che era già praticamente del tutto organizzata, ed era prevista a partire da una settimana da allora.

Quando Hermione si mise a letto quella sera si sentiva leggera come non era da molto, molto tempo a quella parte. Qualche istante dopo aver chiuso gli occhi però li spalancò. Ginny aveva detto barili di Burrobirra nascosti nei dormitori?! FRED! Oh quel maledetto, furbo, astuto, infido mago l’aveva fregata per bene… l’indomani gliene avrebbe dette quattro. Si addormentò sorridendo.

 

“Draco!” Goyle gli corse incontro, arrancando sgraziato come il troll che avevano affrontato nei sotterranei qualche anno prima sui tappeti di velluto verde della Sala Comune “ho una notizia grandiosa da darti!” si fermò, aspettando quasi che Draco gli desse il permesso per parlare. Tutto quel servilismo, che un tempo pretendeva, linfa del suo ego smisurato, adesso rendeva Draco davvero insofferente. Ma Tiger e Goyle erano rimasti al suo fianco, sempre, nonostante tutto. E questo glielo riconosceva. Gliene era grato, addirittura. Anche se non lo avrebbe mai ammesso. Probabilmente.

“Parla, Goyle” gli disse irritato ma senza durezza.

“La Weasley sta organizzando una festa clandestina, con tutte e quattro le casate. Per entrare bisogna avere l’invito, ed ovviamente noi non eravamo persone gradite, ma sono riuscito a sgraffignarne qualcuno terrorizzando un paio di matricole.”

Draco notò con piacere che finalmente dopo anni di lezioni di recupero Goyle aveva imparato ad esprimersi in maniera decente.

Goyle gli mostrò soddisfatto tre buste di pergamena incantata, color oro, sul cui dorso in eleganti lettere nere corsive apparivano i nomi delle matricole a cui le aveva sottratte.

“Basterà un pò di pozione polisucco, e poi una volta entrati, se anche l’effetto svanisse, non potrebbero più buttarci fuori o andremmo diretti a spifferare tutto a Gazza…” mentre Goyle esponeva quello che era un piano fin troppo ben pensato per essere tutto frutto della sua zucca Draco iniziò a non ascoltarlo più, pensando che l’impresa non valesse la resa, non aveva nessuna voglia d’infiltrarsi ad una festa piena zeppa di studenti probabilmente ubriachi…

“… e quindi sono riuscito a rubarle perchè ho casualmente visto la Granger che stava parlando con…” l’attenzione di Draco tornò improvvisamente su di lui, calamitata.

“Hai detto Granger?” gli chiese, il tono del tutto annoiato.

“Si confabulava con la Weasley a cena, quindi ho pensato che potesse saperne qualcosa anche lei, penso che sia assurdamente coinvolta…”

Draco sorrise come il più astuto dei predatori. Improvvisamente l’idea di presentarsi alla festa lo allettava molto più di quanto non avesse fatto prima.

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