The Truth Beneath The Rose

di The Mad Tinhatter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The Request Of The Rose ***
Capitolo 2: *** Into The Painting ***
Capitolo 3: *** And Then I Met You ***
Capitolo 4: *** The House In The Middle Of Nowhere ***
Capitolo 5: *** Return ***



Capitolo 1
*** The Request Of The Rose ***


The Truth Beneath The Rose

Cap. 1: The Request Of The Rose

Luna Lovegood era sdraiata sul suo letto, in pigiama. Era stanca, ma qualcosa le impediva di addormentarsi. Come se una magia la tenesse sveglia.
Quel primo giorno di scuola era stato un fallimento totale. Dopo ben cinque anni di permanenza nella scuola, quasi nessuno aveva imparato a rispettarla. Erano tutti lì, a giudicare basandosi soltanto sulle apparenze. Vedevano solo gli orecchini, le collane, gli occhiali. Non vedevano altro.
La vedevano fuori dal mondo, e pensavano che non li avrebbe sentiti se parlavano male di lei. Ma lei li sentiva, eccome. Sentiva le loro parole: “lunatica”, “strana”, “matta” . L’espressione che più le dava fastidio era “fuori di testa” .
Lei era soltanto lei. Che male c’era ad essere così? Forse sarebbe stata lei ad avere il diritto di dire qualcosa a loro. Tutti uguali, così noiosi. Tutti a seguire la moda del momento. Ragazze sciocche. Ragazzi tanto idioti da far accapponare la pelle.
Beh, su questo punto poteva anche fare un’eccezione. Perché c’era un ragazzo, uno solo in un’intera scuola, che avesse fatto qualcosa per farla stare meglio. Che non si fosse limitato a quella sorta di sterile accettazione che le avevano dato Harry, Ron e Hermione. Si erano visti durante l’estate, erano diventati amici. Ma, anche lì, c’era una pecca. Dopo il banchetto d’inizio anno, la sera precedente, non si era più fatto vedere. Nulla. Non era nemmeno nella Sala Grande per cena.
Chissà, magari avrà avuto i suoi motivi per non farsi vedere, magari lei nemmeno era interessata, magari….
Improvvisamente, qualcosa attirò la sua attenzione. Un luccichio anomalo, diverso da quello normale della luna e delle stelle, proveniva dalla finestra.
Luna si avvicinò, incuriosita. Man mano che la finestra era più vicina, Luna potè vedere che sopra al davanzale c’era qualcosa. La ragazza aprì la finestra, per vedere cosa fosse quel qualcosa. Un leggero venticello entrò nella stanza, scompigliandole i capelli.
In effetti, sul davanzale c’era un oggetto. Una rosa. Luna la prese e la avvicinò ai suoi occhi per osservarla meglio.
Era una rosa bellissima, rossa e fresca. Era ancora ricoperta di gocce di rugiada, nonostante fosse notte. Ed era strana. Era come se fosse ghiacciata, la rugiada non accennava nemmeno a voler scivolare via dai petali. Era come se la rosa fosse stata finta, con le gocce di rugiada di plastica attaccate. Eppure, Luna non avrebbe potuto cogliere una rosa che le fosse sembrata più reale di quella in nessun altro luogo. I suoi petali erano incredibilmente morbidi, il suo colore uno splendido rosso scuro che non accennava a sbiadire.
La annusò. Il profumo che emanava era inconfondibile. Simile a quello di una rosa normale, ma allo stesso tempo particolare.
Luna si avvicinò al letto per immergere la rosa nella brocca dell’acqua, chiedendosi chi mai le avesse fatto quello splendido dono. E fu allora che si accorse del biglietto. Attaccato alla rosa, c’era un biglietto. Forse era il nome del mittente….
La grafia era graziosa e ordinata, l’inchiostro nero come la pece, steso su un pezzo di carta color pergamena.
E no, non c’era scritto il nome del mittente misterioso. C’era scritta soltanto una piccola parola….

“Aiutami….”

*



Il ragazzo vagava per la foresta. E dire che non sapeva nemmeno come ci fosse entrato.
Un attimo prima, era nel suo mondo, quello di un normale studente. Poi l’aveva notato. Un quadro. E aveva sentito qualcosa attirarlo verso di esso. Fu un secondo. In un battito di ciglia, si era ritrovato nel bel mezzo di quella foresta. E in quel momento stava cercando una via d’uscita, apparentemente inesistente.
Eppure, il posto in cui si trovava era splendido. Un vero paradiso terrestre. Ma lui ne aveva paura. Non era il luogo in cui sarebbe dovuto stare. Non era a scuola, con i suoi amici. Sarebbe potuto restare lì per sempre. Da solo.
Scacciò il pensiero dalla sua mente. Perché ci doveva essere una via d’uscita. Era impossibile che fosse lui l’unico ad essere caduto nel quadro. Doveva essere successo a qualcun altro, che con ogni probabilità aveva trovato una via d’uscita.
Il bello era che, apparentemente, quel quadro sembrava un ritratto. Eppure, non appena lui vi era entrato, tutto era completamente deserto. Non era nemmeno arrivato nella foresta che era raffigurata come sfondo. L’aveva raggiunta camminando, dopo varie ore di viaggio.
Si sedette su una roccia, una delle tante che si trovavano in riva al fiume nel bel mezzo della foresta. Si tolse le scarpe, e bagnò i piedi nell’acqua gelida. Aveva bisogno di pensare.
Doveva anzitutto uscire dalla foresta, o si sarebbe perso ancora di più.
Poi avrebbe dovuto cercare qualcosa, un oggetto che indicasse, magari, l’uscita. O qualche stramba formula magica che l’avrebbe catapultato di nuovo ad Hogwarts.
Tolse i piedi dall’acqua, e rimase parecchio sorpreso da ciò che vide. I suoi piedi erano rimasti colorati di blu, come se l’acqua del fiume fosse stata acquerello.
Si guardò intorno, e si rese conto di un particolare che, durante lo shock iniziale, non aveva considerato.
I colori erano strani, irreali. Il verde era troppo verde, il grigio troppo grigio. Come poteva succedere solo in un quadro.
Si rimise le scarpe, e corse nella foresta, come se gli alberi, così irreali, volessero aggredirlo. Uscì in fretta dalla foresta, per scoprire che non era affatto tornato nel punto da cui era partito. Si trovava di fronte ad uno splendido, coloratissimo campo di fiori. Margherite, dalie, petunie, primule… c’erano tutti i fiori possibili e immaginabili. E tutti dai colori vivaci e vividi, così come erano nella foresta.
Forse fu per questo che quel cespuglio di rose saltò immediatamente ai suoi occhi. Perché almeno quelle, in mezzo a tutti quei fiori, sembravano reali.
Si avvicinò al roseto, con cautela, quasi quei fiori potessero morderlo.
Osservò ogni singolo fiore, provando ogni volta una sensazione di ritorno alla realtà.
Erano rose splendide, di un magnifico rosso scuro. La rugiada le bagnava.
Il ragazzo ne toccò i petali. Erano così morbidi sotto le sue dita, così delicati, e così… veri.
Forse una di quelle rose sarebbe stato il suo lasciapassare per il mondo reale.
Forse sarebbe stata la sua salvezza dalla condanna di restare intrappolato lì.
Si avvicinò ancora di più al roseto, sempre lentamente, con attenzione. Poi colse una rosa.
Improvvisamente, una folata di vento si mosse verso il ragazzo.
La sua presa sulla rosa appena colta non fu abbastanza salda. E lui non potè far altro che osservarla librarsi nell’aria, e rincorrerla, sperando che il vento si calmasse e che la rosa tornasse a terra.
Continuò a correre, ma più si avvicinava alla rosa, più il vento aumentava d’intensità. ,la vide librarsi sempre di più, sempre più lontana. Infine scomparve, nel cielo fin troppo blu, tra le nuvole fin troppo bianche.
- No! – gridò il ragazzo, lasciandosi cadere a terra. Aveva corso troppo. Aveva attraversato e superato il campo di fiori, ed era troppo concentrato sulla rosa per curarsi di dove stesse andando.
Sbuffò. Si era perso. Di nuovo.

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Capitolo 2
*** Into The Painting ***


Cap. 2: Into The Painting

Luna si alzò il mattino seguente con un paio di maledette occhiaie sotto agli occhi. Quasi non aveva dormito, pensando a quella rosa. Perché proprio lei? Lei che, in fondo, non aveva poteri particolarmente sviluppati, lei che, da quel punto di vista, era una comunissima strega.
Chi era il misterioso personaggio che chiedeva il suo aiuto?
“Certo che avrebbe potuto anche firmare” , pensò Luna, cercando i suoi Spettrocoli. Indossandoli, avrebbe evitato di far vedere a tutti le sue spaventose occhiaie.
Mise la rosa dentro alla borsa senza nemmeno sapere perché. Forse un paio di lezioni l’avrebbero aiutata a capire qualcosa di più.
Uscì dal dormitorio, e si avviò subito verso la prima lezione. Si era addormentata troppo tardi per svegliarsi in tempo per la colazione.
Passò le ore di lezione e il pranzo a pensare a come avrebbe potuto aiutare una persona di cui nemmeno sapeva il nome o dove si trovasse.
Ovviamente, non giunse a nessuna conclusione. Certo, come faceva a pensare se attorno a lei c’era gente che chiacchierava o mangiava o spiegava? Decise di prendersi un paio d’ore da sola, in un posto completamente deserto. Quindi, non la Sala Comune.
Passeggiò per la scuola, cercando di trovare il suo luogo. Giunse vicino all’aula d’Incantesimi, e vide una cosa che, in cinque anni di carriera scolastica, non aveva mai notato. Un ritratto.
Era splendido, e particolare. Rappresentava un uomo, in posa molto solenne. Eppure i suoi abiti sembravano troppo umili per appartenere a un re. Ma la vera particolarità stava nel paesaggio che lo circondava. Di solito per i paesaggi nei ritratti venivano scelti colori tenui, in modo da far risaltare il soggetto del quadro. In questo caso, invece tutto sembrava essere diverso dal normale.
Lo sfondo era quello di una foresta, con un fiume che la attraversava. I rami degli alberi non erano fitti, si poteva scorgere cosa vi fosse al di là della foresta. Sulla destra, c’era una macchia variopinta, sembrava un campo di fiori. Sulla sinistra, si poteva vedere un sentiero che portava al fiume.
I colori erano vividi, quasi più vivaci del normale, sia nella figura dell’uomo che nella natura che lo circondava. E poi, c’era un’altra cosa che, agli occhi di Luna, parve molto strana.
A differenza degli altri quadri della scuola, ogni elemento che componeva il quadro era perfettamente immobile. Sugli alberi, nessuna foglia frusciava. L’acqua del fiume non scorreva. L’uomo non si muoveva.
“Chissà che mal di schiena, poveretto” , pensò la ragazza.
Luna si sedette per terra, in un angolo del corridoio, proprio davanti al quadro. Aveva deciso il suo posto. Sentiva che, senza sapere come, quel quadro l’avrebbe aiutata a capire qualcosa di più di quella faccenda.
Aprì la borsa, ed estrasse la rosa. La guardò, intensamente, come se lei potesse suggerirle la risposta giusta.
In effetti, qualcosa era cambiato. Le gocce di rugiada, ghiacciate, brillavano come diamanti.
Lo stelo della rosa si muoveva, incurvandosi verso il quadro. Non era come se si stesse afflosciando, ma come se una forza la stesse attirando. Una forza che proveniva dal quadro.
Era abbastanza forte da trascinare anche Luna con sé. Era inutile lottare, non ce l’avrebbe mai fatta a contrastarla.
Ciononostante, Luna non aveva alcuna intenzione di finire spiaccicata contro il quadro. Cercò di mollare la rosa, ma fu come se questa si fosse attaccata alla sua mano. Cercò di opporre resistenza, ma ciò che la attirava diventava sempre più forte man mano che si avvicinava al quadro… ormai c’erano solo pochi centimetri di distanza… le gocce di rugiada brillavano di una luce accecante… troppo accecante… Luna chiuse gli occhi….
E poi cadde. Quella misteriosa forza aveva cessato di agire, e lei, a causa del suo stesso tentativo di contrastarla, era caduta.
Aprì gli occhi, e scoprì di non essere più a scuola. Era nel bel mezzo di una foresta. La foresta del quadro.

*

Il ragazzo continuava a camminare. Era strano. Chissà per quanto tempo aveva camminato, eppure non sentiva né fame né sonno. Per fortuna. Sarebbe stato difficile trovare qualcosa da mangiare laggiù, o dormire sulla nuda terra.
Sembrava che fosse fuori da ogni concetto di civiltà. Soltanto alberi dipinti, qualche fiore ogni tanto, la terra, il cielo e lui.
Se non altro, niente di delicato da rompere, e nessuna pozione da preparare. C’erano tante piante, erano la sua passione, non sarebbe dovuto essere felice?
Ci pensò, mentre camminava. No, ci sarebbero state molte persone che gli sarebbero mancate. E qualcuno a cui sarebbe mancato.
Non avrebbe più visto nessuno. Nessuno che lo facesse ridere, nessuno con cui parlare.
E poi, si poteva dire che quello non era proprio il suo mondo. Sarebbe potuto essere il mondo ideale di Luna, ma non il suo.
In un attimo, si ritrovò a pensare che cosa avrebbe potuto dire Luna se fosse stata al suo fianco, in quell’universo colorato. Avrebbe riso come una matta, buttandosi nel fiume, cercando di diventare tutta blu. Avrebbe colto un fiore di ogni specie per farne un mazzo.
Sorrise. Si, assieme alla sua amica avrebbe sopportato meglio tutto. Era così solare che non poteva fare a meno di essere contagiosa. E, in ogni caso, avrebbe cercato di farlo ridere con lei.
Chissà cosa aveva pensato, non vedendolo? Forse avrebbe pensato che si fosse dimenticato di lei. Che enorme bugia. Era soltanto grazie a lei che la sua estate non si era trasformata in un mortorio allucinante, come avrebbe mai potuto dimenticarsela?
Alzò gli occhi davanti a sé. Era ritornato nel campo di fiori. Corse con gioia tra ciclamini e papaveri, diretto verso le rose, pronto a fare un altro tentativo. Ma più correva, più il campo sembrava grande… il roseto sembrava sempre più lontano… il campo sembrava infinito….
Si bloccò. L’ultima volta che l’aveva attraversato, il campo non era infinito. Era evidente. C’era qualcosa che gli impediva di raggiungere le rose. Come se la sua fosse stata una possibilità, e che l’avesse stupidamente sprecata.
Decise di ritornare alla foresta, che ormai era il suo punto di riferimento.
Si sedette all’ombra di un albero al limitare della foresta. Aveva scelto di restare ad aspettare. Chi glielo faceva, a girare per tutto il quadro cercando una via d’uscita, se ce n’era solo una che non aveva saputo sfruttare? Prima o poi, qualcun altro sarebbe finito dentro al quadro, come lui. Almeno avrebbe avuto qualcuno che gli avrebbe fatto compagnia.
Non sarebbe stato più solo….

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Capitolo 3
*** And Then I Met You ***


Cap. 3: And Then I Met You

Luna si rialzò.  La foresta la circondava. Le sembrava anche abbastanza fitta, nonostante nel ritratto non le fosse sembrata così. Si aggirò, vicino al fiume, e cercò l’uomo raffigurato nel quadro. Lo chiamò, pur non sapendone il nome, ma invano.
Lì, nella foresta vicino al fiume, non c’era assolutamente nessuno, a parte lei.
Si sentì perduta, per un attimo. Non sapeva dove andare, anche se era sicura che, chiunque lei dovesse salvare, si trovasse dentro a quel quadro, esattamente come lei.
Si guardò intorno, cercando di orientarsi, e sorrise.
Tutto era eccessivamente colorato. Sugli alberi le foglie non erano foglie. Erano pennellate. A dire il vero, tutto attorno a lei sembrava fatto di pennellate. Anche nell’acqua, poteva vedere il bianco del riflesso della luce come se fosse stato dipinto. Luci ed ombre erano impresse, in un modo che sembrava permanente, sulle rocce, sugli alberi, per terra.
Luna immaginò che la luce stessa non fosse vera, ma dipinta. Per accertarsene, guardò dietro di sé, per vedere se aveva un’ombra. Esito negativo. Dietro di lei, solo il verde dell’erba, e niente ombra a coprirlo.
Non aveva mai provato a stare senza ombra, lei. E non era poi così diverso da averla dietro di sé.
Luna decise di godersi al massimo quel mondo variopinto e strano. Si sentiva quasi un essere superiore, lei, senza ombra….
Raccolse la rosa da terra. Forse non le sarebbe più servita, ma sarebbe stato uno splendido ricordo di quell’avventura.
Si incamminò subito, sia per curiosità, sia per cercare l’altra persona che, come lei, si trovava lì. Si diresse subito verso destra. Voleva subito vedere il campo di fiori. Chissà come sarebbero stati, i fiori, laggiù.
Si inoltrò sempre di più nella foresta, con calma, osservando tutto ciò che la circondava nei minimi particolari.
Riconobbe quasi subito lo stile del quadro così come lo aveva visto da fuori: i colori forti, le pennellate decise, la quasi totale assenza di contorni, gli oggetti delineati da semplici macchie di colore… stava vivendo il quadro, ne era circondata… ed era felice come una pasqua. I suoi sogni erano sempre stati audaci, ma, come spesso accade, la realtà aveva superato nettamente qualsiasi fantasia.
Piccole farfalle fatte di sole pennellate si posavano sulla sua spalla, creando uno strano contrasto con la sua figura dalle linee decisamente più definite. Era un’aliena, lo sapeva ma non se lo sentiva.
“Chiunque abbia dipinto tutta questa roba dev’essere un genio” , pensò la ragazza.
C’era un solo difetto: tutto sembrava così fragile, come se potesse sciogliersi sotto le sue dita.
Ma la cosa migliore era che tutto sembrava essere animato da una propria vita. Sembrava che gli alberi si muovessero senza vento.
Fu solo dopo un po’ che Luna si accinse a toccare la corteccia di uno di essi. Si aspettava di sentirla morbida, quasi irreale, e invece no. Era esattamente come toccare un albero normale, o quasi.
La foresta si stava infittendo. Mentre lei non lasciava nessun’ombra, gli alberi, alti e possenti, creavano una sorta di oscurità, di cui però Luna non ebbe paura.
Dopo un’ora circa di cammino, Luna cominciò a sentirsi stanca. E fu allora che gli alberi cominciarono a diradarsi, e a lasciar passare un po’ di luce. Il campo di fiori cominciava già ad intravedersi, splendido in tutti i suoi colori.

*

Il ragazzo stava cominciando ad annoiarsi. Ciò che stava facendo, non aveva alcun senso. Cosa mai avrebbe potuto fare, seduto da solo all’ombra di un albero?
Nulla, se non sbadigliare come un matto per la noia. Niente fame, niente sonno, niente di niente.
In quel momento non invidiava affatto gli abitanti dei quadri della scuola. Beh, almeno loro potevano dormire o mangiare cioccolatini. Lui no.
Stava per alzarsi e cercarsi qualcosa da fare, quando sentì un rumore. Passi.
No, sicuramente doveva essere un’allucinazione.
Dopo qualche secondo, sentì una risata. Era fin troppo familiare. Solo lei sapeva ridere in quel modo.
Altra allucinazione, sicuramente. Si era ritrovato a pensare a lei perché gli mancava, forse aveva pensato anche alla sua risata, ma lei non poteva essere lì.
Sentì altri passi, sempre più vicini, e sentì un piccolo urlo.
- Fiori! Finalmente!
Un attimo dopo, ecco una figura sbucare fuori dalla foresta, diretta verso il campo di fiori davanti.
Era inconfondibile. Capelli biondi, e quello stile tutto suo. Spettrocoli in testa come un cerchietto, orecchini a forma di ravanelli. Era lei.
- Luna? – esclamò lui, vedendola.
Luna si bloccò improvvisamente, al suono della sua voce. Era lui, che le aveva chiesto aiuto? Era lui, il prigioniero nel quadro?
Poi lo vide. Non seppe perché, ma il suo cuore cominciò a battere a mille.
Era solo felice di vederlo, tutto qui, ne era sicura.
In un’estate che aveva passato con lui, non aveva mai provato niente di simile.
- N-neville…
Era quasi senza voce. Eppure appena due secondi prima, aveva gettato un urlo che chiunque doveva aver sentito a un chilometro di distanza.
- Mi sei mancata… - disse lui.
Non era mai stato così sincero. Di tutte le persone che aveva conosciuto, lei era quella a cui aveva pensato di più, nei momenti peggiori della sua permanenza là dentro. L’aveva rincuorato, e lui aveva spesso desiderato che ci fosse lei, lì accanto.
Ma non si sarebbe mai sognato di vederla lì, davanti a lui, con le farfalle appollaiate sulla sua spalla.
Era felice, mentre le sorrideva.
Passeggiarono per il campo di fiori, raccontandosi ciascuno le proprie avventure.
- È splendido qui – disse Luna.
- Sapevo che ti sarebbe piaciuto – le rispose lui.
- Sai, mi sono preoccupata, quando sei scomparso.
- E invece, come puoi ben vedere, sono sano e salvo.
Luna provò un impulso strano. Non le era mai successo, in presenza del ragazzo… voleva abbracciarlo. Perché lei gli voleva bene. E perché non si erano visti per ben due giorni, e le erano sembrati un’eternità.
Gli buttò le braccia al collo, facendolo quasi cadere tra i fiori. Ecco, quello era il suo modo di dimostrare la sua felicità. Un gesto che sicuramente valeva molto più delle mille parole che avrebbe potuto dirgli… avrebbe potuto urlare, o ridere, e niente di ciò sarebbe stato come quell’abbraccio.
E fu allora che accadde il finimondo.

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Capitolo 4
*** The House In The Middle Of Nowhere ***


Cap. 4: The House In The Middle Of Nowhere

- L-luna… - fece Neville, che guardava dietro di sé, nella direzione da cui erano venuti, ancora avvolto dalle braccia della ragazza. Sembrava allarmato. Quasi terrorizzato, a dire la verità.
Anche la ragazza si voltò, e vide il terribile spettacolo davanti a lei.
Gli alberi della foresta si muovevano, minacciosi, verso di loro. I loro rami ondeggiavano come braccia, andando alla cieca alla ricerca della preda che, con ogni probabilità, erano proprio loro due.
Neville prese Luna per mano, cercando di mettere la massima distanza possibile tra loro e gli alberi. Attraversarono tutto il campo di fiori, senza nemmeno sapere cosa ci fosse dopo. Per fortuna i fiori non si erano ribellati contro di loro, altrimenti per loro sarebbero stati dolori.
Corsero a perdifiato, fino a ritrovarsi davanti ad altri alberi. Un’altra foresta.
- Siamo in trappola! – disse Neville.
- Non penso proprio. – rispose Luna – Entriamo tra questi alberi, gli altri non potranno certo seguirci!
La ragazza corse tra gli alberi, e il ragazzo seguì il suo esempio.
Si ritrovarono dentro la piccola foresta che, a differenza di quella precedente, era perfettamente immobile.
- Per fortuna questi alberi sono più tranquilli – disse Luna, sedendosi su una radice sporgente di uno degli alberi più vicini.
Aveva ancora la rosa in mano. La osservò: era ancora freschissima.
- Malandrina – sussurrò la ragazza, rivolta alla rosa.
- Sai, Neville? È lei che devi ringraziare se sono qui… altrimenti non sarei mai riuscita a raggiungerti. E, anche se stavamo per rischiare la vita, è una cosa che mi rende felice. Davvero, sono contenta di essere la tua salvatrice.
Neville si sentì arrossire, e non sapeva nemmeno perché. Forse perché, alberi a parte, stava adorando quei momenti con lei in un modo piuttosto vergognoso. In fondo, cos’era? Lui e lei, da soli, in quel quadro, nel bel mezzo del nulla. Il suo desiderio massimo sarebbe dovuto essere quello di tornare nel mondo reale. E invece no. Ora capiva. Lui desiderava stare lì, con lei.
- Come io sono contento di essere salvato da te – disse lui, timidamente.
- E poi, questo posto è così bello! Come non amare questi alberi… e le farfalle! Neville, dimmi che ne hai viste tante, mentre eri qui!
Il ragazzo scosse la testa. – Ero più impegnato a cercare l’uscita, non credi?
- Pensa: un mondo come questo. Nessuno che ti dica niente, nessuno che ti critichi, solo tu, io e questa splendida natura….
La sua espressione si fece ancora più sognante del solito.
L’espressione di Neville, invece, si fece preoccupata.
- Luna….
La sua voce era diventata bassissima, ma Luna riuscì a sentirlo.
- Cosa c’è, Neville? – domandò lei, ancora tra le nuvole.
- Luna… spostati….
Troppo tardi.
I rami dell’albero si avventarono sulla ragazza, afferrandola per i polsi e sollevandola; altri rami cominciarono a legarla al tronco dell’albero, cominciando dai piedi: era come se volessero inglobarla nell’albero.
- Fai qualcosa! – strillò Luna, impaurita. Avrebbe fatto tutto da sola, ma i suoi polsi intrappolati le impedivano di raggiungere la bacchetta.
Le mani di Neville tremavano. Ora toccava a lui salvarla. Cercò di ricordare un incantesimo che potesse essere efficace in quell’occasione.
- Diffindo! – urlò il ragazzo, puntando l’incantesimo contro i rami. Ma l’incantesimo non ebbe alcun effetto.
- Non sono rami normali, Neville! Sono dipinti! – urlò la ragazza, che ormai era avvolta dai rami fin sopra la vita.
Neville pensò a cosa avrebbe potuto distruggere un albero dipinto. Poi gli balenò in mente un’idea… era stupida, ma tanto valeva provare….
- Aquae Eructo!
Un getto d’acqua sprizzò dalla punta della bacchetta del ragazzo, e colpì i rami. Questi si ritrassero, come se fossero stati colpiti da acido, e lasciarono andare Luna.
Neville corse verso l’albero: non voleva lasciare che Luna cadesse per terra. La prese al volo tra le braccia.
La ragazza scosse la testa per riprendersi dallo shock. Essere afferrata da un albero non è proprio una di quelle esperienze che si vorrebbero ripetere.
Sbattè gli occhi, e la prima cosa che si ritrovò davanti non appena li riaprì fu il volto di Neville.
Improvvisamente, cominciò a tremare, e il cuore cominciò a batterle di nuovo molto forte. Arrossì, ma del resto poteva vedere che anche lui era rosso come un peperone. Sentì una sorta di blocco ai polmoni, come se tutt’a un tratto non fosse più in grado di respirare correttamente.
Capì che forse era meglio ritornare con i propri piedi per terra per conservare il proprio equilibrio fisico e non svenire tra le braccia del ragazzo.
Anche quando ricominciò a camminare sulle proprie gambe non si sentì completamente bene. Forse stava impazzendo, forse ciò che stava vivendo non era vero. Perché c’era solo una cosa che avrebbe potuto provocare quelle reazioni, ma era così… improbabile….
Ci si può innamorare improvvisamente di una persona in così poco tempo?
E in quel momento non era nemmeno nelle sue condizioni migliori. I suoi abiti erano sporchi di pittura marrone, proveniente dagli alberi che, con l’acqua, si erano sciolti su di lei.
Luna continuò a camminare in avanti, senza vedere se Neville la stesse seguendo.
- Forse è meglio se proseguiamo, e usciamo di qui – disse Luna, cercando, inutilmente, di suonare più naturale possibile.
- Si… attenta a non toccare gli alberi, però….
Il ragazzo la raggiunse quasi subito, e ora camminavano fianco a fianco. Erano entrambi piuttosto imbarazzati, ma cercavano di non darlo a vedere.
La foresta era troppo tranquilla, come se fosse morta.
- È tutto troppo calmo – disse Luna.
Ad un tratto, sentirono una forza strana, come una sorta di vento. Si resero conto che veniva dagli alberi ai lati, che sembrava volessero risucchiare tutto ciò che stava loro attorno.
Era una forza incontrastabile che li attirava verso gli alberi, e verso i loro rami–tentacoli.
Il primo ad essere preso fu Neville che, con i polsi bloccati, si dimenava cercando inutilmente di liberarsi.
Luna riuscì a tenere la mano con cui teneva la bacchetta (e la rosa) libera, così riuscì a liberarsi velocemente.
Fece scaturire acqua dalla sua bacchetta per liberare anche Neville, ma forse ci mise troppo entusiasmo….
- Grazie – disse il ragazzo, grondante d’acqua.
- Scusami… - disse Luna, diventando rossa. Aveva avuto così tanta paura di perderlo… che aveva esagerato.
- Non importa – rispose Neville, scuotendo la testa per eliminare parte dell’acqua.
- Forse è meglio correre, per evitare altri episodi del genere… - fece Luna.
Neville non se lo fece ripetere due volte. La foresta ora sembrava minacciosa, e non vedevano l’ora di uscirne.
Giunsero al limitare della foresta, che terminava lasciando spazio ad un piccolo sentiero.
I due proseguirono per quella via. Attorno a loro, a parte qualche pietra qua e là, c’era il nulla, soltanto terra di un colore giallo ocra, vivido come tutti gli altri. Il cielo era scuro, come se si stesse per scatenare un temporale.
- Che strano posto – disse Neville.
- Anche piuttosto noioso – fece Luna. In effetti, stavano camminando da almeno un’ora, e nulla era cambiato nel paesaggio.
Dopo un po’, i due cominciarono ad intravedere qualcosa della loro destinazione. Un tetto rosso, seguito immediatamente da muri dipinti di rosa, con due piccole finestrelle. Una casetta dall’aspetto assolutamente innocuo.
- Entriamo? – domandò Neville.
- Si… forse è meglio fermarci. Sai, per riposarci, visto che qui sembra non esserci roba commestibile.
Giunsero alla porta della casa, e la aprirono. Si ritrovarono davanti una piccola sala con un camino, arredata soltanto da un tavolo, una sedia e un divanetto. Tutto dipinto nello stile del quadro. Il fuoco ardeva nel camino, ma in modo strano, come se i ciocchi fossero pezzi di tela che stavano bruciando.
Al tavolo stava seduto un uomo anziano, anche lui dipinto, che scriveva qualcosa.
Luna gli si avvicinò con cautela.
- Ehm… signore?
L’uomo alzò gli occhi da ciò che stava scrivendo. Non si voltò verso di loro, ma disse: - Ce ne avete messo di tempo, ragazzi… vi stavo aspettando.
- Scusi? – fece Neville.
L’uomo si alzò, e si volse verso di loro. E loro lo riconobbero.
- Lei… lei è l’uomo ritratto nel quadro! – esclamò Luna.
- Esatto – disse l’uomo – e, per essere precisi, ne sono anche il pittore.
- Lei è il creatore di tutto questo? – domandò Neville, un po’ irritato. Ecco l’autore della sua prigione. Ecco l’uomo che aveva creato quegli alberi imbizzarriti.
- Si – rispose l’uomo.
- Anche degli alberi che per poco non ci hanno ucciso?
L’uomo sospirò. – Si, anche di quelli.
- Oh, non si preoccupi… - disse Luna, poggiando una mano sulla spalla del vecchio – Noi stiamo….
- Stai lontana da lui, Luna! – disse Neville, strattonando la ragazza per allontanarla dall’uomo.
- Oh, Neville, calma! Non penso che l’abbia fatto apposta… e poi, alberi a parte, è tutto così bello qui! Davvero tanti complimenti, signore!
- Luna… non ti rendi conto che è per colpa sua che i nostri abiti sono sporchi di pittura? Quegli alberi stavano per ucciderci!
- Calma, ragazzo, – lo interruppe l’uomo – la ragazza ha ragione. Non ho mai voluto fare del male a nessuno. Ma la storia di questo quadro è lunga, e a tratti imprevedibile anche ai miei occhi. Ora, accomodatevi. Non voglio far stare troppo in piedi i miei ospiti.
Il mio nome è Astrophel Bailey, sono nato nel 1785 e ho esercitato la professione di pittore fino alla mia morte. Ho sempre pensato alla pittura come un modo per trovare sé stessi, e come qualcosa di… vivo. Ho sempre desiderato di finire dentro uno dei miei quadri e verificare se era possibile viverlo. Voi certo non potete immaginare la mia sorpresa quando, alla mia morte, mi è stato concesso di rivivere in uno dei miei quadri, e dargli vita. È una possibilità che viene data a tutti i pittori, ma che non tutti sfruttano, purtroppo.
Io ho deciso di vivere in questo mio autoritratto; il paesaggio che ho dipinto attorno a me è probabilmente una delle cose più belle che abbia mai visto… voi non l’avrete mai visto dal vivo, ma è un vero e proprio paradiso terrestre….
Sicuramente vi starete chiedendo come mai siete qui, e qual è lo scopo di questo quadro: ecco a voi la risposta. Ho creato tutto ciò per coloro che non sanno bene cosa vogliono… e il modo per uscire arriverà soltanto quando chi si trova qui si sarà un po’ schiarito le idee.
- Quindi la rosa… - fece Luna.
- Si, la rosa è uno dei tanti modi per uscire; ma a quello arriverò tra poco.
Non è mai stata mia intenzione quella di fare del male a qualcuno, naturalmente, ma la pittura magica deve aver interpretato male le mie intenzioni e, ogni volta che l’ospite nel quadro si avvicina alla soluzione dei suoi problemi, fa di tutto per non farlo uscire vivo… non sono in molti quelli che giungono fino a me incolumi, dovreste considerarvi fortunati per questo.
- Magnifico, ma tornando al nostro problema? Come faremo ad uscire? – gli domandò Neville.
- Basterà rimettere la rosa al suo posto, nel roseto. Riconosco il fatto che sia un souvenir piuttosto allettante da portare a casa, ma fa parte del quadro, e fuori non rimarrà in quello stato per molto tempo. Mi dispiace.
- Peccato, era davvero bella – disse Luna.
- Piuttosto, saremo costretti ad affrontare di nuovo quegli alberi? – disse Neville, preoccupato.
- No, ragazzo. Inspiegabilmente, tutto si calma in poche ore, anche se per il momento l’unico posto sicuro è questa casa. Io ne approfitterei: non so tu, ma la ragazza sembra essere stanca. La stanza di sopra è tutta per voi.
- Grazie, signor Bailey – disse Luna.
- Prego, ragazza.
- A proposito… abbiamo dimenticato di presentarci. Io mi chiamo Luna.
Neville si picchiò la fronte con la mano. Che sbadati, si erano lasciati prendere così tanto dalla storia da dimenticarsi di presentarsi.
- Io sono Neville, piacere.
- Il piacere è tutto mio, ragazzi. Ma ora andate - . Sembrava che stesse cercando di mandarli via.
I due salirono, ed entrarono nella camera. Era una stanza molto semplice, con un letto e una cassettiera. Sarebbe stato strano, dormire lì. In un letto dipinto, con delle lenzuola di un bianco leggermente opaco e con le ombre delle pieghe che non sarebbero scomparse.
Luna si sedette sul letto, e Neville fece lo stesso.
- Ce l’abbiamo fatta, - disse il ragazzo – tra poco usciremo da qua.
- Già… finalmente.
- Bene… ora tu vorrai dormire, immagino….
Si, lei voleva dormire. Ma c’era qualcosa che mancava a quella giornata così piena. Forse la parte migliore, se non la più difficile.
Era servita a quello, tutta la loro avventura? A farle capire che lui era tutto ciò che stava cercando, tutto ciò che avrebbe voluto?
Forse….
- No, non subito – disse Luna, bloccando il ragazzo, che già si era alzato per andarsene.
- Neville, io ti devo parlare.
- Si… certo… dimmi….
Luna prese un bel respiro, poi cominciò a parlare.
- Non so nemmeno da dove cominciare… penso che tutto sia cominciato dal momento in cui ci siamo incontrati, qui nel quadro. So solo che l’attimo in cui ti ho visto ho provato qualcosa. Non ero soltanto contenta di vederti, ma molto di più. Quando tu mi hai salvata da quell’albero, e mi sono ritrovata tra le tue braccia… non so come, ma avevo capito. E quando l’albero ti ha intrappolato, ho avuto troppa paura di perderti… e ho esagerato. Non so come sia potuto accadere, davvero… ma anche tu hai sentito le parole del pittore, noi siamo qui per trovare ciò che vogliamo realmente… e io l’ho trovato. Sei… sei tu, Neville….
Neville arrossì, e sorrise. Perché si rendeva conto che tutto ciò che diceva Luna era vero, e che anche lui aveva provato quelle sensazioni. Quando l’aveva vista, quando l’aveva presa tra le sue braccia… e anche lui aveva trovato ciò che voleva realmente. Lei, solo e soltanto lei.
- Sai… nel momento preciso in cui ti ho vista, ero felice. Non perché qualcuno fosse arrivato per salvarmi, ma perché eri tu. Soltanto per quello.
Lei gli sorrise, e lo abbracciò. Era più delicata di quando, per poco, aveva rischiato di buttarlo a terra. I loro volti erano, tutt’a un tratto, vicinissimi….
E lei lo baciò. Un bacio leggero, a fior di labbra.
Sorrisero entrambi. Neville alzò timidamente una mano, e accarezzò la guancia di Luna, ancora rossa.
- Dormi, ora – le disse, dolcemente.
E Luna decise di dormire, per magari scoprire che il suo era stato tutto un sogno. Sentiva le mani di Neville che accarezzavano i suoi capelli… e quello non era un sogno….
Neville rimase al suo fianco finché non si addormentò. Era bellissima….
Le diede un bacio sulla fronte, poi scese. Non aveva voglia di dormire, e una chiacchierata col signor Bailey non gli avrebbe certo fatto male.
Mentre loro erano su, l’uomo aveva ricominciato a scrivere.
- Cosa sta scrivendo? – domandò Neville.
- Un diario – rispose l’uomo – Serve per ricordarmi che giorno è, ed è un ottimo rimedio contro la noia.
- Viene spesso qualcuno a… trovarla?
- No… sono già pochi quelli che entrano dentro il quadro, e ancora di meno quelli che possono fare qualcosa contro di esso. È orribile, ma sembra che sia più semplice sconfiggere quegli alberi se si è in coppia. E molti devono trovare ciò che vogliono da soli. A proposito… come va la tua ricerca, ragazzo?
- Benissimo. Ho già trovato ciò che voglio. E dire che ce l’avevo proprio sotto il naso….
- Era lei, vero?
Neville annuì.
- Sono contento per voi, allora. Siete entrambi pronti per uscire.
Neville osservò, da una finestrella, il paesaggio fuori dalla casa. Lentamente, tutto stava tornando alla normalità. Sospirò.
- Mi sembra quasi che questo mondo sia diventato parte di me – disse il ragazzo.
- O, piuttosto, che tu sia diventato parte di esso… - gli rispose il vecchio.
D’istinto, Neville si guardò le mani. I contorni erano poco definiti, e le dita sembravano pennellate. Stava diventando parte del quadro.
- Oh no… - disse.
- Non preoccuparti… finché la trasformazione non si completa, sarà sempre reversibile. Ma penso che comunque non sia il caso di attendere molto.
Luna si svegliò qualche ora dopo.
- Neville… cosa è successo alla tua faccia? Sembra… sembra dipinta! – esclamò lei, appena lo vide.
Neville le spiegò tutta la faccenda.
- Allora, cosa stiamo aspettando? Muoviamoci! – disse la ragazza, allarmata. Ora che lui era suo, non voleva perderlo.
Neville guardò di nuovo fuori dalla finestra. Tutto era calmo.
- Va bene – disse lui – ma prima salutiamo il signor Bailey.
I saluti furono piuttosto veloci.
- Grazie per averci ospitato, signor Bailey – disse Luna.
- È stato un piacere conoscervi, signore – fece Neville.
- Il piacere è tutto mio – rispose l’uomo, stringendo le loro mani.
- Vi auguro buona fortuna, ragazzi – continuò il signor Bailey.
I due uscirono, mentre il vecchio li salutava con la mano.
- Che avventura – disse Neville, prendendo Luna per mano.
- Già – rispose lei.

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Capitolo 5
*** Return ***


Cap. 5: Return

Attraversarono tranquillamente la foresta, stavolta senza paura di essere avvolti o attaccati dagli alberi. Riuscirono addirittura a godersi un po’ della pace di quel posto, il cui unico rumore era quello del cinguettare degli uccelli.
Giunsero nuovamente al campo di fiori, luogo del loro incontro e, ora, della loro liberazione.
Arrivarono davanti al roseto. Luna aveva la rosa in mano, e la stringeva con fermezza.
- Ora devo soltanto metterla qui, e tutto sarà finito… - sussurrò Luna.
- Meglio farlo subito, non ho nessuna voglia di restare qui per sempre….
Luna allungò la mano che reggeva la rosa verso il cespuglio, e posò la rosa sopra uno degli steli. La rosa subito si integrò col cespuglio, come se non fosse mai stata staccata.
Una forza, proveniente dal terreno, la stessa forza che li aveva attirati verso il quadro, li spingeva verso l’alto. I loro piedi si staccarono da terra. Stavano volando.
- Fantastico! – esclamò Luna. Era finita dentro un quadro, e ora stava volando… cosa voleva di più?
Continuarono ad andare sempre più su, verso il sole… gli alberi erano diventati una grande massa verde… il disco giallo del sole era sempre più vicino, con la sua luce abbagliante….
Chiusero gli occhi, mentre letteralmente attraversavano il sole… era pura luce dipinta, non poteva fare loro del male….
Improvvisamente, fu come se avessero attraversato una barriera. La forte luce scomparve, e poterono riaprire gli occhi.
Erano ritornati a scuola, nel corridoio dell’aula di Incantesimi.
- Wow – disse Luna, appoggiandosi al muro.
- Oltre ogni tua aspettativa, immagino – le disse Neville, appoggiando una mano sulla sua spalla. Lei sorrise.
- Non poteva andare meglio di così – disse, e si avvicinò, lentamente, per baciarlo di nuovo….
- Finalmente vi ho trovati! – tuonò una voce dall’altra parte del corridoio.
I due si voltarono, e videro la McGranitt che si avvicinava a loro con fare minaccioso.
- Vedo che avete deciso presto di marinare le lezioni! Immagino che vi siate divertiti molto a nascondervi! E guardatevi… avete sporcato le uniformi di fango!
- Ma… professoressa… il quadro… - disse Neville, cercando di spiegarsi.
- Ci siamo finiti dentro! – continuò Luna.
- Avete proprio una bella fantasia, ragazzi! Nessun quadro qui ad Hogwarts ha mai permesso agli studenti o a nessun altro di entrare, perciò dubito che voi possiate essere gli eletti! Davvero, non me l’aspettavo da voi due!
- Ma professoressa… - dissero i due, assieme.
- Niente ma! Il vostro comportamento è stato inaccettabile, ed è per questo che toglierò venti punti alle vostre Case e che vi assegnerò una bella punizione! Stasera, nel mio ufficio, e non inventatevi altre scuse strane!
La professoressa si allontanò, senza nemmeno dare loro il tempo di rispondere.
I due non parlarono per tutto il tragitto di ritorno ai loro dormitori. Erano troppo arrabbiati con la professoressa e avevano paura di lasciarsi scappare qualche parola di troppo.
Giunsero di fronte all’ingresso per il dormitorio di Corvonero.
- Mi dispiace per la punizione… - disse Neville.
- Guarda il lato positivo della situazione – gli rispose Luna – Almeno avremo un po’ di tempo da passare assieme, durante la punizione.
- Sei incredibile – le rispose il ragazzo, per poi baciarla.
- Ti amo – disse lui.
- Anch’io… - rispose Luna, per poi dirigersi col suo solito passo saltellante verso il dormitorio.  

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