Five Ways To Say I love you

di Free air
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** George&Angelina ***
Capitolo 2: *** Lupin&Tonks ***
Capitolo 3: *** Teddy&Victoire ***
Capitolo 4: *** Ron&Hermione ***
Capitolo 5: *** James&Lily ***



Capitolo 1
*** George&Angelina ***


Mi sarebbe piaciuto leggere del momento della dichiarazione di alcune coppie che la Rowling non ha approfondito, e in alcuni casi solo accennato. Per questo, ho provato a immaginarlo e questo è quello che ne è venuto fuori. Le coppie che ho scelto, rigorosamente cinque, sono George&Angelina, Lupin&Tonks, Teddy&Victoire, Ron&Hermione (si, so che abbiamo letto tutti del loro primo bacio, ma sarebbe bello sentire Ron che le dice “Ti amo”… =)), James&Lily. Fatemi sapere che ne pensate…  Kisses, Sara

 

Five Ways To Say “I love you”

George&Angelina

Chiuse il negozio anche quella sera con la stessa sensazione di tristezza mista a rimpianto che accompagnava sempre quel semplice gesto. Le strade della città erano deserte, e fu piuttosto piacevole passeggiare dopo una stancante giornata di lavoro. In prossimità di Halloween, si erano raddoppiati i clienti, e soprattutto aveva ricevuto una marea di ordinazioni dagli studenti di Hogwarts che sicuramente aspettavano trepidanti quella ricorrenza.

Svoltò in una via secondaria, che era solito percorrere quando ripensava a lui, ultimamente molto spesso. L’aria iniziava a farsi sempre più pungente, così si strinse nel suo mantello e osservò il suolo procedere sotto di sé. Non che stesse attraversando un periodo poi così brutto: il peggio era passato, o almeno così sperava, perché era convinto che quei mesi trascorsi in una specie di limbo di incredulità e cieco dolore non potessero che essere la cosa più difficile che potesse capitargli. A parte, certo, ciò che li aveva provocati.

All’inizio, nei primi tempi, tutti erano stati profondamente turbati dalla cosa. In casa era regnato un profondo silenzio, che rifletteva lo stato d’animo di tutti i suoi occupanti, che non ne volevano sapere di lasciare andare colui che tante volte aveva animato con le sue risate e i suoi scherzi quelle stanze. Poi, pian piano, erano tornati alle proprie vite. Un po’ più tristi di prima, certo, ma comunque felici di aver sconfitto la minaccia di Voldemort e di aver contribuito attivamente al ripristino della pace nel loro mondo. Ma lui no.

Non era stato affatto come per gli altri: non era riuscito ad accettarlo, nelle prime settimane, e poi semplicemente si era rifiutato di crederlo. Ma la parte peggiore era stata il capire che era reale, purtroppo, e che non poteva fare niente per cambiarlo. Non aveva nemmeno detto addio al suo gemello, che era molto più di un fratello, così intimamente legato a lui, che la sua perdita l’aveva scosso e cambiato nel profondo. Raramente era riuscito a sorridere, per i due anni seguenti. Non era riuscito a riprendersi. Voleva solo tornare indietro, ai giorni in cui ogni momento della sua vita era condiviso con l’altra metà di se stesso. E poi era arrivata lei.

All’inizio, non avrebbe mai pensato che ciò che l’aveva salvato potesse succedere. Lei, del resto, era sempre stata troppo legata a suo fratello, perché lui ora potesse considerarla in quel modo. Ma Angelina non era una persona che si da per vinta molto facilmente, e aveva deciso di riportare George ad essere quello di un tempo. Inutile dubitare che ce l’avrebbe fatta.

Lui l’aveva trattata male, respinta, odiata, ignorata, senza sortire alcun effetto, se non un maggiore interessamento della ragazza nei suoi confronti. Così lei aveva preso il coraggio a due mani, e l’aveva trascinato fuori, fatto ridere, distratto, guarito e… fatto innamorare.

Non si era reso conto, dapprima, che era successo. Semplicemente un giorno, osservandola mentre rideva ad una sua battuta, l’aveva vista sotto una luce diversa. La sua pelle non gli era mai sembrata così invitante, i suoi occhi mai così dolci, e la sua risata così cristallina. Però si era sentito costretto a reprimere i suoi sentimenti. Non sapeva cosa provasse Angelina, ma ricordava che cosa sentiva Fred per la ragazza e, anche se non ne avevano mai parlato esplicitamente, non poteva tradirlo in quel modo. Non dopo quello che era successo.

Senza badare granchè alla direzione che conosceva a memoria, si ritrovò a dirigersi nel posto preferito dai suoi piedi quando avevano come in quel caso piena libertà di scelta. Forse avevano interferito i suoi pensieri, perché stava andando esattamente dove lui e suo fratello trascorrevano solitamente le loro serate dopo le stancanti giornate lavorative, e dove erano nati la maggior parte dei prodotti del negozio. Si trattava di un vecchio ponte ormai abbandonato e piuttosto logoro, che avrebbe avuto decisamente bisogno di una messa in ordine. Solo che questa volta non era vuoto.

La figura che si stagliava alla luce lunare avrebbe potuto riconoscerla tra mille: i capelli raccolti in una treccia che le ricadeva morbida su una spalla, il cappotto che indossava dopo le visite frequenti nella Londra babbana stretto al corpo, a proteggerla dal freddo e dai brividi che anche i ricordi sapevano provocare. Si avvicinò piano a lei, senza che neanche se ne accorgesse, e, in silenzio, la imitò, mettendosi comodo a guardare le stelle. Angelina si voltò e gli sorrise.

-E’ incredibile che tu sia qui. Stavo proprio pensando a te e a…-

Una morsa di dolore allo stomaco gli impedì di terminare la frase. Che stava facendo? Voleva davvero flirtare con la ragazza di suo fratello?

-So che vieni qui spesso… Anche… anche a fred piaceva molto questo posto. Mi ci ha portata delle volte.-

La ragazza guardò a terra, in imbarazzo, probabilmente conscia di non aver detto la cosa più appropriata in quel momento. Lui, però, non ci badò. Il semplice fatto di averla vicina portava conforto al suo cuore ormai più volte straziato, e sentì l’impulso irrefrenabile di stringerle la mano.

Lei non si ritrasse, anzi ricambiò la stretta, e lo guardò sorridendo.

-Che fine abbiamo fatto noi? La vecchia Angelina avrebbe dovuto dirti qualcosa del tipo “Se non lasci immediatamente la mia mano ti picchio con la mia Nimbus!”-

-Oh, questo è niente. Il vecchio George avrebbe semplicemente sfruttato la situazione.-

Lei ritrasse la mano, ma lentamente.

-Che intendi con sfruttato la situazione?-

Lui inarcò un sopracciglio come a prenderla in giro, e si fece più vicino. La bloccò contro il corrimano del ponte, a pochi centimetri dal suo viso, ma ridendo.

-Intendo dire che c’è la luna piena, siamo su un ponte di legno abbandonato, è sera, ci abbracciamo per il freddo… Anche il piccolo Teddy capirebbe che è una situazione estremamente… ah, romantica-

E subito tornò al posto di prima, lasciandola un po’ sconcertata ma palesemente felice. Per un po’, restarono in silenzio e ripresero a guardare il cielo. Poi Angelina parlò.

-Ho capito una cosa importante: mi mancano la vecchia Angelina e il vecchio George. Credo che se ne siano andati via con lui. –

George si rabbuiò al riferimento al fratello, ma si avvicinò ancora per confortare la ragazza che stava piangendo silenziosamente.

-Vuoi dire che ti manca picchiarmi con una scopa da corsa? – Un lieve sorriso increspò le labbra di lei.-Oh no, non sono andati via con lui. E’ che lui era molto bravo a farli emergere. Forse, se proviamo a pensare per un po’ a come eravamo… Forse torneremo ad esserlo. Credimi, ho sempre saputo rinunciare a delle cose per amore di Fred. – e tu sei la prima, pensò tra se – ma non rinuncerò a me stesso. E neanche tu dovresti farlo. Strano, come stasera sia tutto così chiaro.- 

La abbracciò stretta, poteva sentire i suoi capelli fargli il solletico sul collo, e la live sensazione di umido delle sue lacrime. Un profumo esotico lo inebriò, mentre faticava a capacitarsi di aver avuto tanta fortuna.

-Io non so se è quello che vuoi sentirti dire ma… potresti approfittare della situazione?-

Lui la guardò per un attimo sorridendo, e rifletté. Suo fratello se ne era andato per sempre, era inutile cercare di negarlo. E rinunciare alla vita, a quella splendida occasione di speranza che Angelina gli stava offrendo, sarebbe stato oltremodo stupido. Non avrebbe riportato indietro Fred, né, peraltro, avrebbe cambiato l’amore che provava nei suoi confronti. Lei era ancora ferma a guardarlo, in attesa di una risposta.

Fu come liberarsi di un peso che gli stesse opprimendo lo stomaco. Baciarla significò far rinascere se stesso, in un modo che da troppo tempo ormai aveva represso. Sentì finalmente che tutto il dolore che era entrato a far parte del suo corpo dalla morte di suo fratello si stava cristallizzando in qualcosa di più puro, vagamente simile alla semplice felicità.

-Ora non mi scaglierai un bolide addosso, vero?-

Lei rise e lo guardò, per poi accoccolarsi tra le sue braccia.

-Lui avrebbe voluto così. Credo che siano anni che sta aspettando questo momento, facendo il tifo… o delle scommesse, magari.-

Già, proprio da suo fratello scommettere su qualcosa di così serio. E da lui, anche. La strinse più forte.

-Ti amo, Angelina.-

Lei, prima in imbarazzo, rispose con un bacio alla sua affermazione, e poi sussurrò –Anch’io-.

Sfiniti dal freddo e dalle emozioni forti, si incamminarono verso l’appartamento di George, proprio sopra il negozio. Mano nella mano, assaporarono pienamente la consapevolezza di quella parola che ora li univa. Insieme.

-Sai, comunque Fred era molto più completo di te.- disse lei con aria di ironica sfida.

-Ah si? E in cosa, se mi è permesso saperlo?-

-Lui aveva tutte e due le orecchie…-

George fece finta di offendersi, e poi rispose a tono:

-Conoscendoti e conoscendo la tua parlantina, averne una sola potrebbe rivelarsi un vantaggio!-

E lasciarono quel vicolo buio, per entrare nella strada illuminata.

-Specie quando ti arrabbi…-

Chissà se davvero suo fratello poteva sentirli? Almeno, ne era sicuro, sarebbe stato felice per loro.

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Capitolo 2
*** Lupin&Tonks ***


Grazie delle recensioni, ed ecco il secondo capitolo… Spero che vi piaccia e, mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate! Buona lettura! Kisses, Sara

 

Five Ways To say “I love you”

Lupin&Tonks

La teiera annunciò strepitando di aver portato a termine la bollitura del tè.

“Maledetti incantesimi domestici!” pensò tra sé “Mai che me ne riuscisse uno! Se mi vedesse mia madre, a scaldare l’acqua con una teiera!”

Con la massima attenzione, prese la teiera dal manico, senza premettere alcuna protezione tra questo e la sua mano. Il che, naturalmente, le provocò una bella scottatura, nonché un urlo spacca timpani e, come ultima conseguenza, la trasformazione della sua cucina in un piccolo laghetto artificiale.

-Accidenti!- sbottò, per poi correre ad infilare la mano sotto l’acqua fredda. Per fortuna, non inciampò sull’acqua che continuava ad infiltrarsi dappertutto. In quel preciso istante suonarono il campanello. “Cosa? E’ già arrivato? Ma non possono essere già le cinque!” La puntualità non era mai stata il suo forte.

 

L’aspetto di Ninfadora Tonks in quel momento non doveva essere dei migliori. I suoi capelli, di un insolito biondo cenere, non volevano saperne di stare in ordine. La mano era arrossata ed era costretta a tenerla in un fazzoletto con del ghiaccio. Il vestito, leggermente bagnato di acqua bollente, si era intiepidito e ora le stava assai poco elegantemente attaccato al corpo. Così non ci fu da stupirsi che la prima espressione che attraversò il viso di un pensieroso Remus Lupin non appena lei aprì la porta fu di sorpresa.

-Ciao, Ninfadora.- Portava una bella scatole che suppose potesse contenere dei dolci. Chissà, magari era passato da Mielandia! –Vieni, Remus… Scusa ma ho avuto un piccolo incidente…-

Non potè fare a meno di notare che lui aveva assunto un cipiglio che definire sarcastico sarebbe stato un eufemismo. Ma comunque, ignorandolo, lo invitò ad entrare.

-Ti ho portato dei dolci. Credo che potremmo mangiarli con il tè. Sai, sono passato da Mielandia.-

“Se ci fosse, il tè” si disse tra sé, un po’ triste. Poi ripensò al motivo della sua visita, e questo le fece tornare il sorriso.

-Scusa se te lo chiedo… Ma cos’è successo qui dentro? Un attacco di mangiamorte avrebbe provocato meno danni!-

Resistendo alla provocazione, spiegò per bene la dinamica dell’accaduto. Remus a stento riusciva a contenere le risate.

Quell’ultima settimana era stata speciale, per entrambi. Dopo un primo periodo di dubbi e ripensamenti, finalmente erano riusciti a stare insieme per ciò che erano in realtà. Però sentiva che da parte sua c’era ancora qualche reticenza. E quella visita, lo sapeva, avrebbe chiarito tutto tra loro. Ciò significava anche che forse avrebbe dovuto accettare che la loro storia si chiudesse prima ancora di iniziare.

In pochi secondi, Remus mise tutto in ordine. Certo, pensare che a lui gli incantesimi domestici riuscivano assai meglio la faceva sentire in imbarazzo, ma quando vide la sua cucina tornare a risplendere… ehm, tornare ad essere quasi accettabile in termini di pulizia non potè fare a meno di rallegrarsene. Del resto, era un’auror molto impegnata e richiesta, lei. Perché sprecare il tempo a pulire una cucina o anche solo ad imparare il semplice incantesimo per farlo?

Remus fu veloce anche nel fare il tè, mentre lei, sempre più in imbarazzo, si era appropriata del vassoio di dolci di Milelandia e, arroccata sul divano, ne gustava i sapori strani e deliziosi.

-Qvuesti docci sono dabbero bvuoni!- disse tra un boccone e l’altro.

-Come hai detto?- rispose Remus dalla cucina.

Lei deglutì. –Questi dolci sono davvero buoni.-

In quel momento, lui entrò nel salotto, facendo galleggiare davanti a sé il vassoio dove aveva disposto ordinatamente il te, le tazze, lo zucchero e, notò lei con una strana sensazione di piacere, anche due piattini, uno con del miele, e uno zeppo di panna.

-E non avevo ancora visto il tè! Cos’, hai fatto un corso specializzato da cuoco in questi due giorni?-

Lui sorrise lievemente, poi si sedette e le servì il tè. Un minuto dopo aveva assunto l’espressione più seria possibile.

-Sai bene perché sono qui. Anche se è l’ultima cosa che vorrei, sai anche cosa sto per fare. Non è così?-

Lei si rabbuiò, rimanendo con un pasticcino mezzo inzuppato nel tè, e con un’aria davvero stupida.

-Mi dispiace, ma per quanto questa settimana sia stata meravigliosa, io non posso farlo. Vicino a te mi sento completo, ma non potrei vivere sapendo di averti condannata ad un’esistenza come la mia, da reietta. –

Qualcosa di molto simile alla pura rabbia attraversò tutto il suo corpo, facendola improvvisamente sentire potente. Avrebbe potuto facilmente scagliare quella stupida tazzina e quel pasticcino in testa all’uomo cocciuto che le sedeva davanti.

-Sai, Remus, credo di averlo sentito già a sufficienza, questo discorso. Inutile dirti che non sono d’accordo. Mi spiace solo che tu continui a non capire il mio punto di vista.-

Il viso dell’uomo fu attraversato da un lampo di stupore. Cosa si aspettava, che lei accettasse il suo bel discorsetto e rinunciasse a lui senza neanche provare a lottare? Non aveva capito nulla.

-Ninfadora, credo che sia tu piuttosto a non capirmi. Sai cosa vuol dire essere un lupo mannaro? No. Tu non capisci che vuol dire essere diversi, additati, temuti… spesso non sono considerato neanche un uomo. Credi che sarebbe facile essere mia moglie? Che potresti farlo allegramente, e che magari le tue maggiori preoccupazioni sarebbero i guai combinati in cucina e gli incantesimi domestici? Credimi, sarebbe molto diverso. Dovresti cercare dentro di te continuamente il motivo che ti spinge a sacrificare la tua vita per una persona come me. E io non voglio questo. Voglio vederti felice.-

La sua voce non si era alzata, né incollerita. Parlava con una semplice venatura di tristezza e di accettazione. E fu proprio quest’ultima, l’accettazione, il rassegnarsi dell’uomo che portò la giovane ad arrabbiarsi ancor di più.

-IO, non capisco? Credi che io non capisca che vuol dire essere diversi! A quanto pare hai scordato che di solito me ne vado in giro con i capelli rosa acceso, oppure pensi che mi diverta a farmi notare da tutti? Io ho dovuto imparare ad accettare quello che ero, e posso accettare quello che sei! Non mi importa che il mio naso, i miei capelli, la mia bocca non abbiano una forma stabile: come potrebbe mai importarmi di quello che direbbero le persone di noi?-

Lui poggiò con delicatezza la tazzina sul tavolo, poi la guardò per alcuni istanti. Era uno sguardo profondo, che le trasmise tutta la paura e la voglia di sfida che Remus stava provando in quel momento.

-Perché? Perché vuoi rinunciare a vivere una vita serena? Perché vuoi rifiutare  quello che hai e perché… Diamine, perchè hai maledettamente ragione?-

Senza lasciare che la sua mente captasse il significato dell’ultima affermazione di lui, la ragazza si era alzata in piedi, spinta dall’ira e, contemporaneamente, presa dal forte desiderio di picchiarlo e stringerlo a sé.

-Perché ti amo, Remus! E’ così difficile da capire, per te?-

Sentì appena le lacrime che le solcavano il volto, mentre vide che lui si era alzato, e un attimo dopo la stringeva in un abraccio mozzafiato.

-Lo capisco. Si, lo capisco perché lo sento anch’io.-

Le accarezzò delicatamente i capelli che nella furia erano diventati di un rosso molto acceso, al confronto del quale quello di casa Weasley sarebbe parso un pallido arancione.

-Mi sono chiesto a lungo cosa potesse farmi stare così in pena. Ti volevo ben, certo, e per questo ho subito pensato che non potevo permetterti di essere innamorata di me. Ma c’era una parte del mio cuore, la parte più egoista, che ti reclamava tutta per sé. E in quel caso non c’entrava niente il volersi bene. Pensavo che ti avrei avuta ad ogni costo, e al diavolo le difficoltà. Perché sarei stato accanto a te. E questa parte, molto piccola, è riuscita ad avere la meglio su tutto il resto. Ma sono una persona troppo razionale, per fare quello che mi dice il cuore. Così ho cercato di impedirtelo fino alla fine. Ma non ci riesco più. Chi l’avrebbe mai detto che mi sarei innamorato di una ragazza pasticciona e coraggiosa come te?-

Lei, che aveva trattenuto il respiro mentre lui parlava, tirò un sospirò di sollievo e sorrise felice.

-Sarò sempre felice di esserti accanto, e non ti farò rimpiangere la tua scelta. E sarò eternamente orgogliosa della persona che sei.- disse piano, appena prima che lui la incatenasse in un bacio pieno di quelle promesse di fedeltà reciproca, di tutto il loro coraggio, della loro gioia e della loro voglia di sfidare il mondo ma, soprattutto, pieno di molto amore.

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Capitolo 3
*** Teddy&Victoire ***


Grazie per aver letto e recensito! Ecco a voi il terzo capitolo, che vede protagonisti Teddy&Victoire. Buona lettura e fatemi sapere se vi è piaciuto! (E’ un po’ più lungo degli altri…) Kisses, Sara

 

Five Ways To Say “I love you”

Teddy&Victoire

 

Sul tavolo della biblioteca, vicino ad un libro di pozioni aperto su una pagina a caso, e ad un calamaio con tanto di piuma che gocciolava inchiostro su una pergamena bianca, un ragazzo dai folti capelli più neri del buio sonnecchiava beatamente.

-Insomma, è così difficile da capire? IN BIBLIOTECA SI STUDIA!-

L’urlo aquilino di una donna sui quarant’anni, che aveva ormai dimenticato il tempo in cui lei stessa spettegolava ignorando i libri tra quelle pareti, interruppe il breve ristoro (scomodo) che Teddy si stava concedendo.

-Stando a quanto ne so io, in biblioteca non si dovrebbe neanche urlare…-

Replicò a bassa voce, ma non abbastanza bassa perché la donna non lo sentisse.

Sembrò infuriarsi parecchio, e il giovane credette che probabilmente avrebbe gettato all’aria tutti i suoi libri per poi scagliarlo in giardino attraverso una finestra, ma invece mosse Padma Patil, la bibliotecaria di Hogwarts da ben dieci anni ormai, mosse le labbra piano, quasi in un sussurro, e poi disse –Signor Lupin! Questa è l’ultima volta che usa la biblioteca come dormitorio! Se le servirà un libro, in futuro, dovrà presentarsi con una richiesta firmata da un professore, altrimenti non metterà più piede qui dentro!-

La cosa non lo colpì poi molto: erano settimane che una minaccia del genere aleggiava nell’aria, e la Signora Patil non era tipo da minacciare qualcuno a vuoto. Scocciato, senza replicare né guardare la donna, raccolse i suoi libri, le pergamene e le piume, le infilò alla rinfusa nella tracolla, e si precipitò fuori dalla stanza.

Non che non avesse tempo per dormire, di notte. Ma ultimamente gli capitava spesso di rimanere sveglio a fissare il soffitto, con un solo pensiero a vorticargli nel cervello, che mandava via anche il più piccolo sprazzo di sonno. I suoi compagni di stanza lo prendevano in giro, soprattutto il suo migliore amico, William Baston, che lo aveva soprannominato “L’innamorato insonne”.

Il problema, infatti, era una ragazza. E che ragazza! Victorie Weasley era sicuramente una delle studentesse più corteggiate di tutta la scuola. Frequentava il quinto anno e per, sua fortuna, anche lei era una grifondoro. Ne era profondamente innamorato. Ma non era questo a tormentarlo.

Uscendo dalla biblioteca, si scontrò con un gruppo di ragazze festanti, tutte capeggiate da lei. I capelli biondi, quasi argentei che, Teddy sapeva, erano della stessa insolita sfumatura di quelli di sua madre, le ricadevano morbidi sulle spalle, a incorniciare un viso dai lineamenti perfetti e a risaltare i suoi occhi blu profondi e calamitanti. Camminava come se non toccasse realmente il pavimento di pietra, ma lo sfiorasse appena, volando quasi. O almeno così la pensava il ragazzo.

Passandogli accanto, non potè fare a meno di rimanere inebriato dal profumo che lei emanava e dalla dolcezza delle sue fattezze. Lei si fermò a salutarlo, o almeno era ciò che voleva far credere alle sue amiche, per infilargli tra le mani un po’ tremanti un bigliettino leggermente stropicciato. Stringendolo nel pungo, Teddy si allontanò, non prima di aver indirizzato un ultimo adorante sguardo verso di lei.

                                                                  ***********************************

“Ti aspetto tra due ore nel passaggio segreto della strega orba. Baci, Victoire

Diceva quella calligrafia curata in ogni minimo dettaglio, proprio come chi l’aveva scritta. Se annusava bene il biglietto poteva ancora sentirci dentro il suo odore. Naturalmente, l’aveva fatto lontano da William.

-Allora, Ted, ti va di fare due tiri? Il campo è libero e farei bene ad allenarmi per la partita.-

Disse il suo amico, attraversando il ritratto della Signora Grassa per poi sedersi esattamente accanto a lui.

-Ehm… Veramente avrei da fare-

Non potè nascondere il suo imbarazzo, come al solito, perché i capelli si schiarirono improvvisamente.

-Uh… C’entra qualcosa una certa biondina? Non sapevo che la preferissi al Quidditch!-

Per William il Quidditch veniva prima di qualsiasi altra cosa. Era capitano della squadra e, essendo entrambi all’ultimo anno a scuola, aveva già ricevuto proposte per ingaggi da parte di alcune delle squadre più prestigiose di tutta l’Inghilterra. Merito anche della fama di suo padre come portiere, pensava Teddy.

Comunque, non rispose alla frecciatina del ragazzo. Si limitò ad alzarsi, mentre i capelli tornavano pian piano al loro solito castano scuro, identici, anche se lui non lo sapeva, a quelli di suo padre.

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Quando arrivò, il passaggio segreto era vuoto. Aveva cercato di darsi un’aria un tantino disinteressata, come se essere lì gli procurasse fastidio, invece di una gioia enorme. Si appoggiò ad una parete, immerso nei suoi pensieri, riflettendo ancora una volta su quanto fosse stupido quello che stava facendo. Ad interromperlo fu prima un lieve rumore, e poi la ragazza che lo abbracciò freneticamente. Piangeva.

-Oh, Teddy, temevo che non venissi!- Gli sussurrò piano all’orecchio. Lui, di rimando, la strinse più forte.

Poi si separarono, e lei si sedette a terra. Lui fece lo stesso.

-Cos’è successo, stavolta?-

Lei non aveva smesso di piangere, ma lo faceva in silenzio. Nell’oscurità del passaggio segreto, dove l’unica luce erano delle piccolissime finestre poste molto in alto, assomigliava quasi ad una figura eterea. Prese coraggio, e parlò.

-Non ce la faccio più, Teddy. Oggi ho preso un altro brutto voto in pozioni, eppure mi ero tanto impegnata! E Roxane mi odia, perché crede che voglia rubargli William!-

Per un attimo tacque, pensando a cosa dire. Poi iniziò a consolarla.

 

                                            *******************************************

 

Si. Era il confidente di Victoire. Quello che la confortava, ascoltava i suoi problemi e cercava di consigliarla per il meglio. Un po’ come un fratello. Certo, un fratello perdutamente innamorato di lei.

Tutto era cominciato l’anno prima, quando per caso, una sera, si erano trovati soli nella sala comune, e, siccome lei piangeva, lui aveva iniziato a consolarla e incoraggiarla. Da allora, ogni volta che aveva bisogno di sfogarsi, la ragazza gli inviava in qualche modo l’ora e il luogo del loro incontro, sempre e inevitabilmente di nascosto. Non che Victoire si vergognasse di lui, anzi. Tutti a scuola sapevano che loro due si incontravano frequentemente durante le vacanze, che Teddy trascorreva in gran parte a casa del suo padrino Harry e di sua moglie Ginny, zia di Victoire. No, si vedevano di nascosto perché la ragazza aveva bisogno di mantenere la sua facciata da persona perfetta: bellissima, popolare, inarrivabile e felice. All’inizio i loro incontri si erano svolti in sala comune, ma una sera degli studenti del primo anno erano scesi proprio mentre lei stava piangendo, e da allora si vedevano solo in luoghi deserti.

-Non preoccuparti. Posso aiutarti io con pozioni, me la cavo abbastanza. Potrei darti ripetizioni quando gli altri sono all’allenamento, oppure… quando preferisci. Per quanto riguarda Roxane, invece, credo che dovresti parlarle. Sai, sono convinto che Will sia realmente interessato a lei, solo che è troppo preso dal Quidditch adesso.-

Lei smise di piangere, e si avvicinò al ragazzo. Teddy era sicuro che poteva sentire distintamente il suo cuore battere più forte, e ancora una volta l’imbarazzo si manifestò nel colore dei suoi capelli. Lei però non se ne accorse, ma semplicemente chinò la testa, in una palese manifestazione di tristezza.

-A volte mi sembra… Che tu sia l’unico a capirmi davvero. L’unico che mi conosce per quello che sono.-

Intontito da queste parole, e pieno d’imbarazzo, Teddy cercò la mano di Victoire, che era in preda ad un dolore perfettamente percepibile, e gliela strinse forte.

-Le persone… loro mi giudicano continuamente. Alle mie amiche non importa niente di me. Vogliono solo i miei vestiti, e farsi vedere a parlarmi… Ah, e qualche volta te.-

Piacevolmente sorpreso dall’ultima affermazione, Teddy raggiunse il massimo imbarazzo quando lei si appoggiò piano sulla sua spalla.

-…Me?-

Lei sorrise mestamente. –Si, certo. Almeno tre quarti delle mie amiche ti amano perdutamente. Credo che sia a causa di questo tuo aspetto da bravo ragazzo. E poi i tuoi capelli.-

Lui si allontanò quasi di scatto, stupefatto.

-che hanno i miei capelli?-

Sorridendo, stavolta divertita, lei glieli accarezzò piano. –Vedi? Sono immensamente morbidi. Ed è una cosa che si percepisce, anche senza bisogno di toccarli. Poi anche i tuoi occhi. Specie quando sono grigi.-

Lui tornò nella precedente posizione, e le mise un braccio attorno alla spalla.

-Non devi pensare a queste cose. Tu hai molte persone che ti apprezzano per quello che sei. Diamine, sei una Weasley! La tua famiglia potrebbe costituire un esercito! E ognuno di loro conosce la vera Victorie. E quelle ragazze, se si comportano in questo modo… Non sono realmente tue amiche.-

Lei ricominciò a piangere. Anche senza vederla, la sentiva tremare tra le sue braccia. Poi si riscosse, e, scostandosi, lo guardò negli occhi.

-A scuola mi sento sola. Per fortuna ci sei tu, Ted, che mi vuoi bene.-

In seguito, ripensando a quell’attimo, non capì mai come aveva percepito che era il momento giusto, e non doveva farselo scappare. Semplicemente, le aveva preso le mani.

-Ti sbagli.-

Sul viso della ragazza si erano alternati un palese stupore, subito sostituito da un dolore vivo.

-Io non ti voglio bene. Vedi, Vic, io… io ti amo.-

Il dolore fu spazzato via come da una brezza leggera, e sul volto di quella creatura celestiale si aprì un sorriso magnifico. I suoi occhi gli parlavano, rispondevano alle sue parole. Sguardi carichi di sentimento ed emozione si rincorrevano per giocare a prendersi e poi perdersi nella profondità di quei colori così strabilianti. Azzurro e grigio, grigio e azzurro.

-E’ da tempo che mi chiedevo se fosse così. Perché anch’io ti amo, Ted-.

Tutto il coraggio del degno Grifondoro che era si manifestò quando le scosto i capelli dal volto, le accarezzò le guance ancora umide di pianto e poi la baciò piano, più dolcemente possibile, finchè entrambi non furono travolti dalla passione che provavano.

                                                       *******************************

 

-Certo figliolo. Lo scaffale sulle nuove cure magiche, dici? No, hai ragione, non è molto frequentato. Aspettami pure qui.-

Padma Patil si mosse velocemente tra gli scaffali, per dirigersi verso l’angolo più remoto della biblioteca. Quel reparto era assolutamente deserto, di solito, e nessuno degli studenti sapeva che si poteva arrivare lì attraverso un passaggio segreto. O almeno, così credeva lei.

Oltrepassato un grosso scaffale, infatti, si ritrovò di fronte ad una specie di vicolo cieco di libri. Solo che non era sola. Due ragazzi si stavano baciando, appoggiati allo scaffale. Avanzando, li riconobbe.

-SIGNOR LUPIN! DEVO CERCARLE SU UN DIZIONARIO IL SIGNIFICATO DELLA PAROLA BIBLIOTECA?-

 The end

 

 

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Capitolo 4
*** Ron&Hermione ***


Grazie per aver letto e commentato il capitolo precedente! Questo è il penutlimo, con Ron&Hermione, la mia coppia preferita. Spero che possiate apprezzarlo. Buona lettura, e fatemi sapere che ne pensate! Kisses, Sara

Five Ways to say “I love you

Ron&Hermione

 

Ron prese stancamente la sua giacca, e si apprestò ad uscire. Si ricordò di sistemarsi i capelli nello specchio all’ingresso, perché erano estremamente disordinati. Lei dormiva, e le aveva lasciato un biglietto in cui aveva brevemente accennato ad un incontro impellente al lavoro. Che era, del resto, la verità.

Gli dispiaceva lasciarla così, senza neanche augurarle il buon giorno, ma era già in netto ritardo, e si era scordato di mettere l’abito adatto. Il suo capo probabilmente se la sarebbe presa, ma non tanto da licenziarlo. Studiò ancora una volta il suo aspetto nella vetrina del palazzo in cui lavorava: poteva andare, anche se sembrava che fosse appena sceso dal letto. E, ancora una volta, era la verità.

Hermione si svegliò tardi, ancora piuttosto assonnata, e non si stupì di essere sola. Guardandosi intorno, intercettò subito il biglietto che dava bella mostra di sé sul comodino. L’aveva scritto su un pezzo di carta rossa che aveva trovato chissà dove, in una calligrafia a dir poco illeggibile. Ma a lei non interessava tanto il messaggio, quanto la firma. Infatti, senza leggere quale fosse il motivo che aveva spinto il suo ragazzo ad abbandonarla così senza neanche salutarla, il suo sguardo corse velocemente a quel “baci, Ron” che era scribacchiato in un angolo del foglietto. Sentì una piccola fitta di delusione al cuore, ma la nascose bene a se stessa con la prospettiva di un’interessante giornata di lavoro.

Erano mesi che andava avanti così, se non anni (ma agli anni non ci pensava, perché sarebbe stato troppo deprimente). Stavano insieme, facevano tutto insieme, erano una vera e propria coppia. E stavano bene, davvero, ma a lei mancava qualcosa, e sapeva anche benissimo di cosa si trattava.

-Mai? Non ci credo.-                                                                                                                                                              Ginny la guardò scettica, mentre finiva di sistemare i capelli del suo primogenito James che, pur essendo ancora molto piccolo, dimostrava un carattere degno di quello dei suoi genitori e dei suoi zii. In quel momento, era intento a giocare con i bottoni del maglione di sua madre.

-E io ti dico che è così. Davvero.-

-Ma come è possibile che non sia mai accaduto? Insomma, è una cosa che viene spontanea!- Hermione, indecisa tra il ridere o disperarsi, decise di prenderla con filosofia. –Spontanea? Evidentemente non a tuo fratello. Credimi, ogni volta che si presenta l’occasione in cui sembra che finalmente lo farà, poi non succede assolutamente nulla. E’ inutile. E tuttavia non ne capisco il motivo.-

Ginny adagiò il bimbo su una sedia, e prese a trafficare con una macchina per il caffè, una delle più recenti ossessioni di suo padre. –E tu? Non dirmi che neanche tu glielo hai mai detto!-

Hermione si fece piccola piccola, pronta alla sfuriata della sua adorata cognata che, sapeva, sarebbe arrivata da un momento all’altro. Il suo atteggiamento bastò a far comprendere alla rossa quale fosse la risposta alla sua domanda. –Io l’ho sempre detto che siete proprio adatti a stare insieme! E ora avete anche conquistato il primato di coppia più strana che io conosca!- Hermione, all’affermazione, si sentì un tantino offesa. Loro erano una coppia fantastica: perfetti l’uno per l’altra, stavano benissimo insieme, e si amavano alla follia. Si, peccato che non riuscissero a dirselo. Ma questo non era il solo problema della ragazza. Tremando dall’emozione, e sussurrando quasi, disse piano –Ginny… non è tutto. C’è un’altra cosa che devo dirti.-

Ron tornò a casa dal lavoro molto stanco. Aveva passato una giornata davvero pesante, iniziata con una sfuriata da parte del suo capo e proseguita peggio. Sua madre aveva preparato una cena coi fiocchi, e si chiese se ci fosse qualche occasione particolare da festeggiare. Quando, togliendosi il cappotto, sentì le urla del suo adorato nipotino, capì che sua sorella e il suo migliore amico sarebbero stati loro ospiti quella sera. Si stupì, però, di vedersi comparire davanti Hermione.

Dopo che si furono salutati con un bacio, come facevano sempre, Molly chiamò tutti a tavola.

-Allora, ragazzi, com’è andata oggi?-

Tra gli assensi e i brevi racconti delle varie giornate, trascorse tutta la cena. Nonostante ciò, Ron non potè fare a meno di notare che tra Ginny ed Hermione c’era un sospetto scambio di sguardi, del quale non riusciva a capire il motivo. In particolare, sembrava che sua sorella volesse esortare la sua ragazza a fare qualcosa. Si, ma che cosa?

-Allora, Ron, ce l’hai fatta a dirglielo?- Ron si spaventò quasi sentendo la voce del suo migliore amico raggiungerlo nel cortile, dove era andato per pensare un po’.

-Ancora no. Non riesco a trovare il momento giusto… E poi stasera mi è sembrata molto strana. Non vorrei che fosse successo qualcosa, oggi.-

Harry sorrise, e lo guardò divertito. –Non credo che sia successo qualcosa OGGI, ma piuttosto che vada avanti da un po’ di tempo.- Ron lo fissò senza capire, innervosito dal fatto che harry sembrava conoscere la sua vita sentimentale meglio di lui. In quel preciso istante, Hermione aprì la porta, e si avvicinò a loro.

-Credo che Ginny avesse bisogno d’auto con James. Si è rovesciato qualcosa addosso.- Disse, e guardò harry con uno strano sguardo complice. –Non c’è bisogno di preoccuparsi, Herm, c’è mia madre- la rassucrò Ron ma, siccome harry lo colpì con discrezione con un gomito, si affrettò ad aggiungere –Oh.. si, sarà meglio che tu vada ad aiutarla, amico. –

Quando furono rimasti soli, dissero contemporaneamente –Ho bisogno di parlarti.-                                        Ridendo, decisero di fare una passeggiata. –Allora, che volevi dirmi?- le chiese Ron osservando quanto fossero magnifici i suoi lineamenti alla luce della luna. Si, era addirittura più bella del solito, con un’espressione serena che raramente le aveva visto in faccia. –Oh.. No, sicuramente quello che vuoi dirmi tu è più importante.-Ron sorrise, e le prese una mano.

-Sai, forse hai ragione. Credo che quello che devo dirti io sia più importante.- Così dicendo, fece per inginocchiarsi, ma non aveva notato il cipiglio che stava assumendo la ragazza, decisamente infuriata.

-Oh no! Non te lo permetterò, Ronald Weasley, fosse l’ultima cosa che faccio!- e si girò le braccia incrociate e un’espressione di palese disappunto scolpita nel volto.

Ron, incredulo, ferito e un po’ arrabbiato, si rialzò velocemente per poi posizionarsi esattamente di fronte a lei. –Ora mi spieghi. Per quale motivo, esattamente, non posso fare quello che stavo per fare?-

Lei, senza cambiare espressione, ma con un’altezzosità e un’aria piuttosto feroce, che al tempo stesso lo spaventavano e facevano infuriare, sibilò: - Non puoi pretendere di fare le cose come e quando vuoi tu. Quello che stavi per fare… non è giusto che tu lo faccia!- E tacque, voltando la testa.

Semplicemente confuso, il ragazzo insistette –Forse è colpa mia, ma davvero non capisco. Cosa vuoi? Una serenata, dei violini, un atto eroico? O il problema è che mi rifiuteresti e non sai come dirmelo?-

Indignata, lei si voltò a guardarlo, la bocca spalancata dallo stupore, gli occhi ridotti a due fessure. Ron, che aveva detto l’ultima frase un po’ perché lo pensava, un po’ perché era sicuro che gli avrebbe fatto riavere tutta la sua attenzione, la guardò con aria di sfida.

-Io rifiutarti?? Come puoi anche solo pensare una cosa simile?-

-E allora perché diamine mi hai impedito di farlo?-

Lei, come le accadeva molto raramente, non sapeva cosa rispondere, non volendo svelare la verità, perché se ne vergognava. Così, prese a fissare a testa china il terreno, e a guardarlo ogni tanto di sottecchi.

-Adoro questi momenti, in cui sono io ad avere l’ultima parola. Davvero, ti amo immensamente quando fai così.-

Prima ancora che il ragazzo concludesse la frase, lei lo guardò con gli occhi sbarrati, confusa e, se possibile, ancora più arrabbiata di prima.

-Sono anni che aspetto questo momento, si sentirti dire quelle parole… e tu che fai?? Lo rovini così!-

Lui improvvisamente capì. Capì perché era arrabbiata, e la frecciata di Harry, e il motivo per cui era tutta la sera che sua sorella lo guardava come se volesse fulminarlo. E, avendo compreso, non potè fare a meno di scoppiare a ridere in maniera piuttosto evidente.

Vedendo che però la cosa stava attirando ancor di più su di lui le ire della ragazza, si fermò, e le si avvicinò, abbracciandola.

-Migliaia di volte. Per migliaia di volte ti ho detto che ti amavo, mentre dormivi o quando non potevi sentirmi. E non ho mai avuto bisogno di dirtelo davvero, perché so che sai che senza di te non potrei andare avanti neanche per un minuto.-

Tutta la rabbia la abbandonò immediatamente, e lo baciò animata dalla stessa magia che l’aveva guidata la prima volta che l’aveva fatto, nel bel mezzo della battaglia.

-Hermione… vuoi sposarmi?-

Lo disse così, in maniera completamente diversa da come l’aveva progettato, ancora abbracciato stretto a lei, con il cuore che gli batteva vicino a quello della ragazza che aveva sempre amato. E che accelerò di un battito, quando lei rispose –Si. –

Restarono per un po’ immobili, a godersi quel momento, e poi, mano nella mano, si avviarono verso casa.

-Ma ora che ci penso… Era questo che volevi dirmi, quando hai detto che dovevi parlarmi?-

Lei arrossì lievemente, e si fermò, mettendosi davanti a lui.

-Non esattamente. Ecco, io avevo paura di dirtelo, ma adesso non più. Aspettiamo un bambino.-

Lui per un attimo sembrò scioccato, poi sorrise e la trasse a sé un’altra volta.

-Ti amo e non mi stancherò mai di farlo. Anche se non lo ripeto spesso.-

 

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Capitolo 5
*** James&Lily ***


Eccoci infine all’ultimo capitolo. Devo dire che mi sono davvero divertita nella scrittura di questa fan fiction, soprattutto per quanto riguarda James&Lily, e che mi è venuta voglia di scrivere alter cinque shot, con nuovi protagonisti. Che ne dite? Vi ringrazio ancora per aver letto e commentato, e spero che lo farete di nuovo. Perdonatemi le obbrobriose poesie (che non possono neanche essere definite tali) all’inizio e alla fine, ma ci stavano bene. Ora vi lascio alla lettura, buon divertimento! (la shot è un po’ lunghetta, scusatemi…) ;-)  Kisses, Sara

 

 

Five ways to say “I love you

James&Lily

 

“Ti dirò ti amo quando non vorrai sentirmi,

e il vento coprirà il tuo volto di carezze.

Ti dirò ti amo se potrai guardarmi,

mentre combatto per il nostro amore.

Ti dirò ti amo senza emozionarmi,

quando poi spezzerai il mio cuore.

Ti dirò ti amo sussurrando, piano

Perché tu capisca quanto è vero.

E ti dirò ancora che ti amo, come in sogno,

aspettando che anche tu lo dica a me.”

 

Era una giornata d’autunno come tante, solo che il freddo iniziava a farsi sentire e passare le giornate in riva al lago stava diventando una vera tortura. Le torri del castello svettavano minacciose all’orizzonte, come presagi di un prossimo temporale contro le nuvole stagliate in cielo.  Lily chiuse il libro, arrabbiata perché con il vento che tirava era davvero impossibile leggere in pace. Adagiandosi per bene sul suo mantello, ben poggiato a terra, si sdraiò, stanca, con l’intenzione di concedersi un breve ristoro.

James e Sirius camminavano allegri nel castello. Avevano appena saputo di aver preso degli ottimi voti nel compito di “Difesa contro le arti oscure” e, resi ancor più tronfi dalla situazione, se ne andavano in giro a pavoneggiarsi e fare incantesimi, pur sapendo benissimo che nei corridoi era proibito. Del resto, amavano provocare Gazza, il custode, che ce l’aveva in particolare con loro due. Avevano appena finito di tingere un’intera armatura di un rosso molto acceso, quando Sirius si fermò vicino ad una finestra.

-Dai! Muoviti! Se vogliamo fare anche gli altri colori dobbiamo sbrigarci!-

Ma il ragazzo non l’ascoltava: sembrava assai concentrato su qualcosa nel parco, finchè un grosso sorriso gli illuminò il volto. Con noncuranza, si girò ad osservare l’amico, che, in un gesto assai consueto, si stava sistemando i capelli costantemente spettinati.

-Indovina un po’ chi c’è in riva al lago?-

James comprese e sorrise di rimando –Credevo che si fosse rintanata nel dormitorio femminile! Ci vediamo dopo, amico!- e sparì nella rampa di scale più vicina.

 

Lily, anche se non ne aveva l’intenzione, si era addormentata con il libro ancora stretto in una mano, ma il suo era un sonno assai poco tranquillo, perché cominciava ad infreddolirsi e a stare scomoda. Stava per avere un infarto, però, quando aprendo gli occhi si accorse di non essere sola.

-Che diavolo ci fai tu qui?- sbraitò mentre si metteva velocemente a sedere, e infilava con foga i libri nella sua borsa. James si limitò a guardarla divertito, per poi aggiungere –Mi dispiace che tu non sia contenta di vedermi, ma era così bello osservarti mentre dormivi…-

Lily arrossì, e chinò la testa. Ce l’aveva ancora con lui per un litigio avvenuto da poco tempo, in occasione del loro primo appuntamento. La ragazza si era arrabbiata moltissimo quando James, a metà del loro incontro, che stava peraltro procedendo benissimo, era stato chiamato da Sirius in una sorta di specchietto che si portava sempre dietro, a causa di quello che il giovane Black aveva chiamato “Il nostro piccolo problema peloso”. L’aveva lasciata lì sola, senza neanche una spiegazione, e lei si era molto arrabbiata, tanto da non avergli più rivolto la parola.

-Bene, lo spettacolo è finito, perché io me ne torno al castello.-

-No, Lily, aspetta, per favore. Io volevo chiederti scusa per l’altro giorno, ma vedi…-

Lei, che si era già alzata e si avviava verso il portone principale, si voltò di scatto, improvvisamente infervorata. –Chiedermi scusa? Mi sembra il minimo, James. Ma mi dispiace, sono io che devo farti le mie scuse: non sarei mai dovuta uscire con te, e me ne rendo conto solo ora.-

-Dai, non fare così. Io, ti assicuro, non potevo fare altrimenti… Non ti avrei mai lasciata sola se non si fosse trattato di una vera emergenza. –

Lei inarcò le sopracciglia, anche se si vedeva che era prossima al pianto.

-Una vera emergenza, eh? E allora non vedo perché, ora che è passata, non puoi dirmi di cosa si trattava! O non vuoi raccontarmi niente, perché non tieni abbastanza a me da volermi fare partecipe della tua “strabiliante” vita?-

Il ragazzo chinò la testa, palesemente combattuto tra il desiderio di tacere e quello di rivelare alla ragazza tutta la verità. Invece, piano, disse –Non puoi credere che io non tenga a te. Ti amo, Lily, e lo sai, ma non posso, proprio non posso dirtelo.-

Una lacrima solcò il viso della giovane, mentre i capelli erano mossi dal vento sempre più forte.

-Non ho alcuna voglia di ascoltarti, James.-

E corse via nel castello, per non scoppiare a piangere davanti al ragazzo.

 

                                                        **********************************

-E’ andata male, Ramoso?-

Sirius, beatamente sdraiato su una delle poltrone più comode della sala comune, era intento a scrivere quello che doveva essere un tema di Divinazione.

-Stai facendo divinazione, no? Perché non provi a indovinare?-

James si lasciò cadere sulla poltrona, scoraggiato, e non prese neanche in mano il boccino che aveva rubato e che usava di solito per divertirsi che Sirius gli stava porgendo.

-E’ andata COSI’ male, James?-

Il ragazzo annuì stancamente, e chiuse gli occhi, rivivendo la scena. -Quando le ho detto che la amo, se n’è andata piangendo.-

Sirius, come al solito, cercò di sdrammatizzare la situazione. –Forse erano lacrime di felicità.-

Vedendo però che il suo tentativo non aveva sortito alcun effetto, cambiò tattica.

-Tu hai bisogno di una burro birra, e ci sono alcuni nostri piccoli amici che considereranno un onore offrircene qualcuna.-

Sul volto di James si fece strada l’ombra di un sorriso.

                                                                             *******************************

Lily era piuttosto sconvolta. Aveva passato un po’ di tempo a piangere nascosta tra le tende del suo letto, nel dormitorio, per poi ricordarsi con rammarico di non aver ancora terminato il tema di divinazione che avrebbe dovuto consegnare il giorno dopo. Così, cercando di darsi un aspetto un tantino più accettabile, si era diretta verso la biblioteca, dove aveva intenzione di terminare il compito.

I corridoi erano piuttosto deserti: con i primi freddi, era molto più piacevole starsene rintanati nella propria sala comune, specie se si aveva la rara fortuna di accaparrarsi la poltrona vicino al fuoco. Lily accellerò il passo perché voleva terminare quel fastidioso impegno il più presto possibile, e anche perché l’orario di chiusura della biblioteca le avrebbe altrimenti impedito di portare a termine il lavoro.

Così, una volta arrivata, si lasciò cadere su una panca, e subito si mise all’opera, cercando di ricordare almeno qualcuno dei sogni che doveva elencare nel suo tema. Anche perché aiutata dal supporto dei libri, non impiegò molto a terminare. Ripose tutte le sue cose, e si incamminò stanca verso la sala comune, non vedendo l’ora di infilarsi il suo pigiama e andare a dormire dopo una giornata che l’aveva tanto provata. Prima però decise di passare dalla Sala Grande, per mangiare qualcosa.

-Questa volta mi sa che hai proprio esagerato, ramoso!-

Disse Sirius spingendo il suo amico su per la scalinata principale, pregando di non incontrare la professoressa McGrannitt e di arrivare indisturbati in Sala comune.

-“Non potrei mai ubriacarmi con un paio di burro birre! Smettila di preoccuparti”- disse imitando la voce di James, mentre quest’ultimo si guardava intorno disorientato. –Dove stiamo andando Sir? Io ho fame non voglio tornare al dormitorio! Tu non hai fame?- In quel preciso istante, una ragazza dai lunghi capelli rossi imboccò la scalinata, voltando la testa non appena li vide.

-Sir, c’è Lily! LILY!!!- si mise a gridare James, ma non fece altro che provocare la rabbia della ragazza.

Lily affrettò il passo, desiderando di scendere quelle scale il prima possibile, e poi accadde l’inevitabile. Nell’affrettarsi eccessivamente, perse l’equilibrio, e tutto ciò che portava in mano, libri, calamaio, piume e quant’altro, le caddero per poi spargersi tutto intorno. Lei, nel frattempo, era caduta rovinosamente a terra, e, rossa per l’imbarazzo e per lo spavento, si apprestava a rialzarsi. Non si era accorta di cosa era successo realmente.

Infatti, oltre a loro tre, sulle scale, c’era anche un altro ragazzo, con i capelli lunghi, neri e unticci, che ora avevano assunto un aspetto ancora più disgustoso a causa del calamaio che gli era piombato addosso, rompendosi e procurandogli anche un taglietto copra il sopracciglio.

-Sporca mezzosangue! Come osi!- Lily guardò mortificata il ragazzo che per tanto tempo era stato il suo unico punto di riferimento in quel mondo, ma non trovò alcuna parola per scusarsi. Si sentiva ferita, come ogni volta in cui Severus pronunciava quelle parole, e vecchi ricordi, spesso molto dolorosi, le riaffioravano alla mente.

James, intanto, sebbene avesse la mente annebbiata dall’alcool, capì perfettamente cosa era successo, anche se con qualche secondo di ritardo. Così, mentre Lily era ancora a terra e Piton la insultava, si liberò dalla stretta del suo amico, e corse ad aiutare la ragazza ad alzarsi. Nel farlo, scoccò un’ occhiata carica d’ira al Serpeverde. Non si rese conto che, quando si era girato per sorreggere Lily, Piton aveva afferrato la bacchetta e, silenziosamente, aveva scagliato un sectusempra contro James, spinto dalla cieca rabbia.

James non si difese. Semplicemente, dal suo braccio cominciò a scendere sangue a fiotti, e ben presto si accasciò a terra, mentre Lily terrorizzata lo teneva e Sirus era corso a cercare aiuto. Piton ne aveva approfittato per scappare.

-Lily, sei Lily, vero?-

La ragazza annuì, cercando di fare in modo che non svenisse, spaventatissima. Aveva anche un forte male alla caviglia, che probabilmente aveva poggiato male nel cadere a terra.

-Si, si James, sono io-

-Lily, sto morendo?-

Un lieve sorriso, subito represso, le scaturì in viso. Accarezzò il volto del ragazzo, che sembrava non rendersi conto di quanto fosse successo, e, dal suo sguardo vuoto, capì anche che aveva bevuto. Disapprovava in pieno quel comportamento, ma non poteva dirglielo in un momento simile, così gli strinse ancora la mano.

-Io sono innamorato di Lily Evans.-

Disse James, e, mentre lei lo guardava stupita, gli svenne tra le braccia.

                                                                      **********************************

 

L’infermeria era deserta, tranne che per due ragazzi, uno dei quali dormiva beatamente con una grande fasciatura ad un braccio. Lily occupava il letto accanto al suo, poiché l’infermiera aveva deciso che passare una notte sotto osservazione le avrebbe fatto solo bene, dopo la paura che aveva provato, e dopo essersi distorta la caviglia. Stava appunto ripensando ancora una volta a tutto l’accaduto, quando un rumore la fece voltare di scatto. James, sveglio e palesemente cosciente, la stava fissando.

-Cosa ci facciamo qui? E’ un sogno?-

Lei scosse la testa. Non aveva molta voglia di parlare. Era notte fonda, e non aveva chiuso occhio, per cui aveva avuto molto tempo per riflettere, e capire che cosa doveva fare.

Dopo aver spiegato brevemente la situazione a James, che giurò che avrebbe ucciso Piton la prossima volta che l’avrebbe incrociato per i corridoi, rimase in silenzio, a guardare davanti a se. La voce del ragazzo la distolse dai suoi pensieri.

-Io devo chiederti ancora una volta scusa, Lily, per quanto è successo. Sembra che ultimamente io ti procuri solo guai-

Lei si limitò ad annuire.

-Ma credo che tu debba sapere che conti davvero molto per me. Più di ogni stupida partita di Quidditch o di qualsiasi cosa io reputi importante. Sai che ti amo.-

Sentirselo dire ancora una volta nello stesso giorno le procurò più che altro irritazione. Se riusciva a ripeterlo così spesso, immaginava quanto la prendesse alla leggera.

-Ma conto meno del tuo “piccolo problema peloso”, non è così?-

Lui si accigliò, guardandola intensamente.

-Mi dispiace, ma ci sono delle cose che non posso…-

Lo interruppe –No, James, parlerò io, stavolta. Credo che tu mi piaccia, e che potrei stare con te. Ma non sarebbe giusto. Non c’è fiducia, tra noi, e siamo due persone troppo diverse. Per questo, ti prego, non insistere. –

Lui annuì, mentre sentiva distintamente il suo cuore spezzarsi in tante piccole parti. All’improvviso, il mal di testa divenne impossibile da sopportare. Tacquero per tutto il resto del tempo.

                                                      ******************************************

Era passato un mese, da allora. Un mese in cui non si erano parlati, e in cui entrambi stavano sempre peggio. Lily si stava chiudendo in se stessa, in un cieco dolore e soprattutto nel forte rimpianto delle parole che aveva detto in un momento di rabbia, senza neanche chiedersi se la pensasse davvero così. James aveva capito che doveva arrendersi, e l’aveva fatto. Nonostante stesse malissimo, non le aveva più rivolto la parola, dopo quell’orribile notte in infermeria.

Quella sera aveva fatto davvero tardi con i compiti, e aveva solo voglia di andare a dormire. Però, doveva ancora scrivere il tema di pozioni, e completare la mappa astrale per divinazione. Così, rimboccandosi le maniche, si mise al lavoro. Immerso nella lettura, non si accorse quasi che l’entrata della sala comune si era aperta, e che una figura incappucciata alla bell’e meglio stava rientrando furtivamente, finchè questa non passò vicino alla sua poltrona. I capelli rossi che aveva intravisto la dicevano chiara su chi ci fosse sotto quel cappuccio.

-Lily, è successo qualcosa?-

Lei si fermò di scatto, spaventata, e tirò un sospiro di sollievo nel vedere che si trattava solo di James. Vincendo le sue inibizioni, andò a sedersi accanto a lui, dopo essersi sfilata il grosso mantello.

-No, niente di cui preoccuparsi… Mi sono accorta di aver dimenticato una cosa in biblioteca e sono tornata a prenderla. -

Lui la guardò sorridendo. –E cosa ti eri dimenticata? Comunque, la prossima volta, invece di vestirti come se dovessi partire per l’Alaska, chiedimi il mio mantello dell’invisibilità.-

Lei spalancò la bocca in un’espressione di palese stupore.

-Tu possiedi davvero u mantello dell’invisibilità? Credevo fosse una leggenda! Vorrei proprio vedere come funziona! Comunque, avevo dimenticato la bacchetta.-

James, seppure a fatica, si astenne dal commentare quest’ultima affermazione.

-Hai bisogno di aiuto con il tema? Se mi passi il foglio, posso finirlo io.-

Lui non credette alle proprie orecchie. Si girò a guardarla, ma sembrava sincera. Le diede il foglio, e la sua piuma, e per qualche secondo la osservò mentre scriveva.

-Lily, so che non dovrei farlo, d’altronde mi hai chiesto di non insistere…-

Lei si fermò, la piuma a mezz’aria, e si voltò, fissandolo intensamente.

-Questo mese… Non credevo potesse accadere, James, ma questo mese è stato il più brutto, in sette anni di scuola.-

Lui, incredulo, le prese la mano, quando un rumore inconfondibile li interruppe.

-Qualcuno sta rientrando! Vieni con me!-

Senza lasciare la sua mano, raccolse velocemente le sue cose, e poi la condusse sulla scala del dormitorio maschile. Si fermarono in modo da poter vedere cosa accadeva di sotto. Due ragazzi avvinghiati erano appena crollati sulla poltrona dove un minuto prima erano seduti loro. Con sgomento, James si rese conto che il ragazzo era Sirius, mentre la giovane era una ragazzina del terzo anno. La stretta della mano di Lily nella sua gli fece tornare in mente la situazione in cui si trovava.

Voltandosi per essere esattamente di fronte a lei, le prese anche l’altra mano.

-Anche per me questo mese è stato orribile. Lily, so che te l’ho detto troppe volte, forse, ma…-

Lentamente, si fece più vicino, fino ad abbracciarla, e accarezzandole la testa, le sussurrò all’orecchio.

-Ti amo-

Lei, forse per la confusione e la troppa gioia del momento, o forse perché non voleva che finisse così subito, stava per rispondere con le stesse parole, quando vennero nuovamente interrotti.

-Diavolo! Scusate, scusate, non vi avevo visti…-

Sirius, che evidentemente stava salutando la sua nuova fiamma, si trovava ora sull’ultimo gradino, con un’espressione di profonda sorpresa dipinta in volto, e un insolito rossore a imporporargli le guance.

Rossore che era molto più evidente sul volto di Lily. Imbarazzata, si scostò da James. Eppure, non voleva lasciarlo così. Alzandosi appena in punta di piedi, lo baciò lievemente su una guancia. –Buonanotte-, sussurrò, prima di scendere le scale e lasciare i due ragazzi uno più stupito dell’altro.

                                                                  ************************************

La mattina dopo, non l’aveva visto a colazione. Con suo profondo dispiacere, perché voleva davvero concludere il loro discorso, questa volta senza spiacevoli interruzioni. Si stava avviando alla lezione di erbologia, stretta nella su divisa, e le mani le stavano divenendo viola per il freddo. Se le sfregò per scaldarsi, e continuò a camminare, pensando che il cielo tetro, grigio e nuvoloso rispecchiava perfettamente il suo umore quella mattina.

Non sentì i passi dietro di sé, finchè, all’improvviso, tutto ciò che aveva intornò le sembrò di vederlo attraverso un velo. Spaventata, si voltò, per trovarsi faccia a faccia con James, che sorrideva.

-Hai detto che volevi vedere come funzionava. Ogni tuo desiderio è un ordine.-

Lei non potè fare a meno di guardarlo ammirata, e poi contemplare il paesaggio al di là del mantello.

-Sembra… vedo le cose esattamente come quando sogno. Tutto è un po’ nitido, sfocato…-

Lui si avvicinò maggiormente, anche perché non era molto lo spazio a loro disposizione.

-E’ davvero un sogno poterti stare così vicino senza paura che tu mi scagli contro qualche terribile maledizione.-

Risero insieme. –Ieri notte, io… Ero sincero, davvero, e mi dispiace che Sirius…-

Lei poggiò la testa sulla sua spalla, per abbracciarlo esattamente come la sera prima.

-Dillo di nuovo. Come se non fossimo mai stati interrotti.-

James non se lo fece ripetere due volte.

-Ti amo, Lily.-

Lei si scostò appena per guardarlo negli occhi, e specchiarsi, trovandosi raggiante. Si avvicinò ancora, rompendo l’ultima barriera che li separava, e lo baciò.

Aveva aspettato quel momento per sette lunghi anni, ma non aveva mai immaginato che sarebbe stato così incredibilmente magnificò. Ricambiò il bacio con trasporto, animato dalla stessa passione che gli scaldava il cuore ogni volta che lei gli era accanto.

-Anch’io ti amo, James.-

 

 

“Capirò che ti amo quando non vorrò sentirti,

le tue parole portate via dal vento.

Capirò che ti amo sostenendoti,

quando avrò paura per noi.

Capirò che ti amo pentendomi,

mentre ti spezzerò il cuore.

Capirò che ti amo stretta a te,

incatenata alle tue parole.

Ti dirò che ti amo, infine, quando poi

Entrerai in silenzio nei miei sogni, facendoli tuoi.”

 

THE END =)

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