The Fandom Games

di Flawless_hunter
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Mietitura ***
Capitolo 2: *** Rabbia e depressione ***
Capitolo 3: *** Di notte ***
Capitolo 4: *** Chi bello vuol apparire... ***
Capitolo 5: *** La Sfilata ***
Capitolo 6: *** Alleanze ***
Capitolo 7: *** Ultimo Allenamento ***
Capitolo 8: *** Tributi ai voti ***
Capitolo 9: *** Interviste ***
Capitolo 10: *** Il Bagno di Sangue ***
Capitolo 11: *** Frigidum et mortem ***
Capitolo 12: *** Acqua e sangue ***
Capitolo 13: *** Guerrieri della notte e fuoco del Cielo ***
Capitolo 14: *** Bloody night ***
Capitolo 15: *** La quiete prima della tempesta ***
Capitolo 16: *** Ad ogni azione... ***
Capitolo 17: *** ... corrisponde una reazione ***
Capitolo 18: *** Notte col botto e mozzafiato ***
Capitolo 19: *** I'm only human ***



Capitolo 1
*** La Mietitura ***


Note dell’autore: Spoiler di Città del fuoco celeste. Dopo aver visto un’immagine su facebook mi è venuta l’ispirazione per questo mega-crossover. E’ il primo crossover che scrivo in vita mia, e forse aver inserito anche noi, fangirls e fanboys, è stata un po’ una forzatura, ma lo vedremo più in là. Vi prego di recensire e farmi sapere cosa ne pensate di questa mia storia e se ne vale o meno la pena di continuarla. Spero di sì. Mi prendo ancora qualche riga per dedicare questo crossover a albaTH, che mi ha messo tra gli autori preferiti e LilyHerondale, dalla quale ho ricevuto la mia prima (nonché meravigliosa) recensione in assoluto. Grazie :*
 
 
- Non avevamo chiuso, con questa roba?- gridò Katniss, non appena Peeta spense la tv.
- Katniss, calmati- le intimò Haymitch, freddo.
Ma la ragazza non riusciva affatto a calmarsi; e come avrebbe potuto?
La sola idea di rivivere gli Hunger Games, dopo tutto quello che avevano passato era insopportabile.
Le faceva affiorare alla mente brutti ricordi, ricordi che sperava fossero spariti, sepolti da qualche parte in profondità nel suo inconscio.
Oltretutto aveva paura, e non solo per sé.
Aveva paura per Peeta, per Haymitch, per i suoi figli e per Gale.
Gale, che non vedeva da così tanto tempo.
Erano passati dieci anni dalla fina della rivolta e lei pensava di essere finalmente al sicuro, o almeno lo aveva pensato fino a un anno e mezzo prima, quando il primo portale era stato aperto.
La notizia aveva invaso i canali di comunicazione: uno squarcio si era aperto, dove un tempo c’era la zona centrale di Capitol City, permettendo l’arrivo di nuove persone.
Si erano definiti Fan e avevano instaurato un dominio su Panem, dominio tutto sommato pacifico, che aveva preso il nome di Fandom.
Gli ex abitanti di Capitol e dei Distretti non si era trovata male; quella gente sembrava sapere tutto, della ribellione, della loro politica, dei loro usi e costumi, e avevano governato bene e saggiamente, fino ad allora.
Ma Katniss era troppo diffidente per natura e non si era fidata, al contrario di Peeta, dei nuovi politici, e la notizia appena ricevuta le dimostrava che aveva fatto bene.
Magra consolazione, tutto sommato.
Il servizio televisivo informava che “I Fan avrebbero indetto un’ultima edizione degli Hunger Games, dove avrebbero partecipato due Tributi, un maschio e una femmina, secondo le tradizioni di Panem, per ognuno dei mondi appartenenti al Fandom”.
-Calmati- ripetè l’uomo, con voce più imperiosa.
Facendosi violenza la ragazza, che avrebbe preferito scaricare la tenzione camminando in circolo come stava facendo fino a quel momento, si sedette sul divano, accanto a Peeta, che la abbracciò forte.
- Stavolta verranno scelti due di noi da tutto il nostro mondo, non da un solo Distretto.- la cercò di tranquillizzare il ragazzo dai capelli dorati, accarezzandole dolcemente la guancia –Le possibilità di essere scelti sono notevolmente più basse. No?- aggiunse, rivolgendo l’ultima domanda a Haymitch che se ne stava immobile a guardare lo schermo nero del televisore.
Lo sguardo che aveva negli occhi non tranquillizzò affatto Katniss.
 
***
 
Nell’Istituto si respirava adrenalina pura, mista ad ansia.
Jace si aggirava per i corridoi a disagio, come un’anima in pena.
Aveva fatto l’errore di prepararsi in anticipo e adesso non aveva alcuna occupazione che lo distraesse, né qualcuno con cui parlare, dato che tutti quanti erano intenti a vestirsi.
Da quando erano arrivati i Fan aveva sentito accennare a cose come “Hunger Games”, “Tributi” e “Mietitura” e le aveva sempre considerate cose crudeli e inumane, e mai avrebbe creduto di trovarsi in una situazione del genere.
Ma non era questo che lo spaventava, no.
Era convinto che sarebbe stato in grado di sconfiggere una massa di persone, d’altronde era cresciuto per uccidere demoni e aveva preso parte alla terribile Guerra Mortale e Guerra Oscura.
No, non era questo a spaventarlo.
A spaventarlo era la remota ipotesi che Clary venisse estratta e che lui fosse costretto a guardarla rischiare la morte; o peggio, dover essere lui a dargliela.
Piuttosto la morte, se mai fossero arrivati a quel punto si sarebbe suicidato, non avrebbe mai potuto vivere senza Clary.
Mai.
-Pronto?- chiese una voce calda e familiare alle sue spalle.
Alec era vestito con la tenuta da combattimento, i capelli corvini arruffati come al solito.
Dietro di lui Clary, Isabelle e Simon indossavano anch’essi la rispettiva divisa da combattimento.
Simon versione Shadowhunter gli faceva ancora leggermente impressione, ma i suoi occhi d’ambra si posarono subito su Clary e lì rimasero.
-Andrà tutto bene, vedrete- disse Izzy con voce flebile.
Non poteva saperlo, pensò Jace, ma non lo disse: non c’era bisogno di aumentare l’ansia già persistente.
Fuori dall’Istituto li aspettava Magnus, che salutò Alec con un fugace bacio sulle labbra e gli altri con un rapido gesto delle dita smaltate di viola glitterato.
I sei si incamminarono silenziosi versi Times Square, sulla quale, per l’occasione, era stato montato un immenso palco e i cui maxischermi mandavano, in tempo reale, le immagini della Mietitura di quel mondo.
I sei si mischiarono alla folla mormorante.
Per l’occasione, sulla piazza più famosa di New York City era stato lanciato un incantesimo così che i mondani, esclusi a quell’evento, non vi si avvicinassero, né notassero nulla di strano.
- Benvenuti, benvenuti- trillò una voce, amplificata dagli altoparlanti, facendo cessare all’istante ogni conversazione che si stava tenendo in quel momento tra la folla.
La voce apparteneva ad una ragazza sulla quindicina, con meche rosa shocking tra i capelli biondi, e strani disegni tracciati a penna sulle braccia e sulle mani.
Grazie ai maxischermi Jace notò una brutta copia della Runa del Potere Angelico, disegnata sul dorso della mano destra.
Il ragazzo si era sempre chiesto come mai non ci fossero molti Fan al di sopra dei trent’anni, e pochissimi di età compresa tra i venti e i trenta, ma nesuno, neppure Magnus, seppe dargli alcuna risposta.
- Benvenuti ai primi e ultimi Fandom Games- continuò la ragazzina, facendo una pausa ad effetto nella quale, forse, si aspettava un fragoroso applauso.
Nessuno applaudì.
Non parve farci troppo caso.
- Da quest’urna- aggiunse spedita, indicando un grosso contenitore di vetro pieno zeppo di bigliettini ripiegati, con la mano –pescherò il nome di un Tributo maschio, mentre da quest’altra- aggiunse, indicandone un’altra alla sua sinistra –pescherò il nome di un Tributo femmina. Possa la fortuna essere sempre a vostro favore- esordì infine, ridacchiando, come se avesse detto qualcosa di buffo.
Jace non lo trovò affatto buffo.
- Ehi- sentì dire Simon –Questa qua, con i suoi capelli e lo sguardo da pazza, non vi ricorda Maureen?-.
Clary sorrise.
Effettivamente la somiglianza c’era, almeno, per quel che Jace riuscisse a ricordare.
- Allora, prima le ragazze- riprese la brutta copia di Maureen, tuffando una mano nel recipiente di vetro e estraendone un biglietto.
L’intera folla trattenne il fiato.
- Clarissa Adele Morgenstern!- gridò la Fan a squarciagola.
Jace sussultò, l’intera folla si voltò verso Clary, sbiancata.
- Forza Clary, non essere timida- la invitò la Fan, dal palco, con un gesto.
Clary, tremando, si avvicinò lentamente al palco e salì.
Jace provç a raggiungerla, ma un muro di Nephilim e Nascosti glielo impedì, e Alec lo trascinò nuovamente indietro.
- Un applauso per Clarissa- chiese la ragazzina Fan.
Un timido applauso riempì la piazza.
- E ora, i maschi… Parteciperà ai Fandom Games… Alexander Gide…- iniziò la ragazzina, ma fu interrotta da un grido dal pubblico.
- Mi offro volontario come Tributo-.
Clary impallidì ancora di più, perdendo anche l’ultima lieve traccia di colore dal viso.
A parlare era stato Jace.
- Jace, no.- sibilò Alec, ma ormai era fatta.
-Ohohoh, molto bene- trillò la ragazzina, scostandosi la ciocca rosa da davanti agli occhi –Benissimo Jonathan Chrisopher Herondal, raggiungici sul palco- lo invitò.
Jace si fece strada, e questa volta nessuno dei presenti gli si parò davanti, spostandosi, anzi.
Arrivato sul palco abbracciò Clary.
- Che scena tenera- esclamò la ragazzina – Benissimo, ora… c’è qualcuno che si offre come Mentore o devo…?-.
Non fece in ttempo a concludere la frase che un uomo dagli occhi azzurri e la camicia di flanella si fece avanti, arrampicandosi sul palco.
Luke, il patrigno di Clary.
Dopo un futile discorso sul coraggio di Jace, e sull’amore che vince ogni cosa, la ragazzina, che si presentò con il nome di Kassandra, aprì un portale alle loro spalle e invitò i tre a precederla.
Jace prese la mano a Clary e sparì oltre l’apertura dimensionale

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Capitolo 2
*** Rabbia e depressione ***


Note dell’autore: Allora, allora… lo so che è un po’ prestino, ma avevo già chiaro in mente cosa doveva succedere nel secondo capitolo e avevo un tempo morto, così… eccolo qua. Ringrazio The_shipper_number1per la recensione ed averla messa tra le storie preferite e spero che la storia sia piaciuta anche agli atri 47 lettori non recensori. Ripeto che un paio di righe di recensione, per farmi sapere cosa ne pensiate della storia, mi fanno solo piacere. Dedico questo secondo capitolo a due mie amiche D. ed S. (manteniamo l’anonimato). Questo è principalmente un capitolo di passaggio. Scoprirete che il crossover comprende più fandom di quanti EFP me ne abbia fatti selezionare. Grazie e a presto, Hunter ;)
 
Percy rimase sbalordito dal posto dove si trovava.
Insomma, aveva visto l’Olimpo, Roma e Nuova Roma, e lui viveva a New York City… ma caspita, il posto oltre il portale era a dir poco spettacolare.
Nick, il Fan che aveva accompagnato lui, Annabeth e Chirone oltre il portale, faceva loro strada, indicando questa o quell’attrazione o edificio.
Annabeth, da brava aspirante architetto, guardava tutto con bocca spalancata dalla meraviglia, additando i materiali innovativi, le linee semplici ed eleganti…
Il figlio di Poseidone non era mai stato un grande appassionato di architettura, e non amava particolarmente i discorsi da cervellona di Annabeth, ma adesso non poteva che capirla.
-… E pensate che, quest’intera dimensione è stata creata con il solo scopo di ospitare i Fandom Games. Non è magnifico?- stava dicendo Nick.
Percy venne invaso da un impeto di rabbia, e cacciò la mano in tasca alla ricerca di Vortice, ma ovviamente non la trovò.
Il Fan si era fatto consegnare tutte le armi appena oltre il portale.
Percy era rimasto piuttosto sorpreso e deluso di scoprire che, la spada magica, non gli fosse apparsa nuovamente in tasca, come suo solito.
All’improvviso, davanti ai loro occhi, apparve una maestosa e imponente torre, più alta, secondo le approssimative stime di Percy, di sei o sette ciclopi uno sopra l’altro.
Nick fece loro strada all’interno dell’edificio, tenendo aperto l’ascensore per loro.
- Dunque, dunque, dunque….- cinguettò il Fan tutto radioso –Voi non avete mai partecipato agli Hunger Games, né ne avete mai sentito parlare. Per cui mi pare giusto e doveroso informarvi su cosa vi attende-.
-Tipo un combattimento mortale con altre persone?- chiese sarcastica Annabeth.
-No, cara la mia figlia di Atena, intendo cosa vi aspetta prima, di quello!- rise il Nick, divertito.
Chirone gli lanciò un’occhiataccia.
-Allora, domani incontrerete i vostri stilisti, i quali vi truccheranno e vestiranno così da attirare sponsor. Gli sponsor sono fondamentali, sapete. Sono quelli che possono, o non possono, inviarvi oggetti utili nell’arena. Più sponsor avete, più probabilità avrete di sopravvivere- Nick fece un sorriso amabile, come se stesse discutendo degli ultimi gossip in un liceo, cosa che, secondo Percy, a giudicare dall’età, era probabilmente l’ultima cosa di cui aveva parlato prima di incontrare loro tre.
Le porte dell’ascensore si aprirono e i quattro uscirono.
Si trovavano in una specie di loft, con un ampio salone luminoso, una grande sala da pranzo, tre camere da letto ed due bagni enormi.
Nick continuò il suo discorso.
- Dopodichè vi aspettano due settimane di allenamento con i nostri allenatori e il vostro mentore, al termine delle quali mostrerete le vostre capacità ad una serie di giudici, e vi verrà dato un punteggio da 1 a 12- il ragazzo si girò a guardare Annabeth negli occhi –Solo allora verrà la parte del combattimento mortale-.
Detto ciò chiamò nuovamente l’ascensore e si dileguò.
- Chissà se Nico, Jason, Leo, Piper, Hazel, Frank e gli altri stanno bene- commentò Percy, con sguardo preoccupato, guardando fuori dalla finestra.
- Con tutto il rispetto, Testa d’Alghe- sbottò Annabeth seccata –Non sono loro che devono sottoporsi ad un combattimento mortale, quindi, con ogni probabilità, staranno meglio di noi!-
Chirone annuì.
-Annabeth ha ragione, Percy. Venite, credo sia ora di controllare contro chi dovrete misurarvi- commentò, accendendo il televisore.
 
***
 - Harry Potter e Hermione Granger, sono maghi, eccellenti maghi!- disse Caspian, rivolto alle immagini in tv.
Peter fece un verso simile ad un gemito mal trattenuto.
- Non preoccuparti troppo, mio re, senza bacchette non possono compiere alcuna magia- lo tranquillizzò il sovrano di Telmar.
- Ma i Fan procureranno sicuramente loro delle bacchette- commentò Susan.
Caspian non potè fare a meno di notare quanto il vestito che indossava le stesse bene.
- Certo, mia regina, ma saranno molto all’interno della Cornucopia, e dovranno anche riuscire a prenderle. Fino ad allora sono tra i meno preoccupanti. Coloro di cui mi preoccuperei veramente sono loro: Bella ed Edward Cullen, marito e moglie. Vampiri- sentenziò Caspian.
- Come li uccidiamo?- chiese Peter, feroce.
-Non lo so, mio re- confessò Caspian –La migliore possibilità che avete è che si concentrino su qualcun altro o che qualcuno li uccida. Sono molto più veloci, forti e duri da uccidere di tutti gli altri. E non hanno neppure bisogno di dormire. I Fan già li chiamano Favoriti-.
-Incoraggiante- sbottò Susan –Cosa mi dici di loro?- chiese poi, indicando due ragazzi, al massimo di vent’anni.
La cosa che aveva attirato l’attenzione della figlia di Eva erano gli animali che i due si portavano costantemente appresso: una martora ed un gatto nero, il cui manto riluceva però di mille sfumature.
- Loro sono Lyra Belacqua e Will Parry, la martora si chiama Pantalaimon e la gatta Kirjava- rispose Caspian –I due animali sono la manifestazione delle loro anime, cosa che dà loro tanto vantaggio quanto svantaggio. Se è vero che con due paia di occhi in più saranno più vigili e più difficili da sorprendere, è anche vero che ferendo l’uno si ferisce anche l’altra, e uccidendo uno si condanna l’altra- spiegò.
-Non ce la faremo mai- sbuffò Peter, sconsolato.
- Certo che ce la farete, mio re- ribattè l’altro ragazzo, severo –Avete combattuto contro la Strega Bianca, avete combattuto contro Telmar, siete re e regina di Narnia. Non potete non farcela-.
Il figlio d’Adamo non parve particolarmente convinto dalle parole di conforto, ma sisforzò ugualmente di fare un sorriso.
- Lucy saprebbe cosa fare- si lamentò ancora.
Le mancava la sorella, e le mancava anche il fratello, Edmund, nonostante non fosse particolarmente incline ad ammetterlo.
- Ma Lucy non c’è, Peter- ringhiò Susan, infastidita dall’arrendevolezza del fratello – E se vuoi che almeno uno di noi torni da lei sarà il caso che ti dia una controllata e che tanti di vincere, o hai perso in partenza-.
Peter fu talmente colpito dallo scatto d’ira della sorella da rimanere senza parole.
-Cosa direbbe, Aslan, a vederti così, mio re, dopo aver riposto in te così tanta fiducia?- rincarò Caspian.
-Ma Aslan non ci ha aiutati, Caspian- rispose Peter, tonando a fissare gli occhi sullo schermo –Non è arrivato, ruggendo, a interrompere la Mietitura e impedire che ci portassero via.-

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Capitolo 3
*** Di notte ***


Note dell’autore:Eccomi qua, mie cari lettori, col terzo capitolo. Ringrazio tutti coloro che hanno inserito questa storia all’interno delle proprie preferite, seguite o ricordate, e ringrazio anche Likeapanda per la recensione. Un piccolo grazie anche ai 58 lettori che non hanno recensito il secondo capitolo. Alla fine troverete due note in più che spiegano due passi della storia. Attenzione, uno di questi è uno spoiler di Allegiant.
Ho scoperto che questa è la prima fan fiction che una una persona, per me importante, abbia mai letto e la trova bella. Fatemi sapere se la pensate o meno come lei. Dedico questo capitolo a L. e G.
 
 
-Perdonami, ma ancora non te lo ho chiesto. Tu chi saresti?- chiese la ragazza dai capelli candidi, puntando la forchetta verso di lui, e piantandogli gli occhi violacei addosso.
- Jon Snow, mia regina- lo anticipò l’uomo seduto alla sua sinistra.
Il tavolo attorno al quale sedevano era nettamente diverso da qualsiasi tavolo al quale il Guardiano della Notte si era mai seduto.
- Jorah, sono certa che il ragazzo sappia parlare da solo- rispose lei, senza neppure degnarlo di un’occhiata, poi, rivolta nuovamente a lui, aggiunse –Comunque il tuo nome mi era chiaro. La domanda era: di quale Lord sei figlio? Non ricordo alcuna casata Snow-.
Appena avevano attraversato il portale, i Fan avevano portato via i vestiti ad ognuno di loro.
Al posto della sua casacca e del suo mantello di pelliccia, ora il ragazzo indossava quella che avevano definito una “T-shirt” nera, e dei pantaloni di uno strano materiale, di diverse sfumature di blu, piuttosto resistenti.
Jon non aveva mai indossato nulla di più comodo.
- Questo perché non c’è nessuna casata Snow a Westeros- spiegò il ragazzo scostandosi una ciocca corvina dietro le orecchie –Né un Lord Snow- un sorriso amaro gli increspò le labbra a sentirsi pronunciare il nomignolo affibbiatogli da Ser Alliser.
-Snow è il cognome che viene solitamente dato ai figli bastardi dei Lord, su a Nord.- spiegò.
La ragazza Targaryen infilzò un altro boccone di agnello dal piatto e se lo portò alla bocca.
Jon non lo avrebbe mai detto, ma c’era qualcosa, in quella ragazza, che gli era familiare*.
Anche a lei erano stati portati via i vestiti, ed ora indossava un abito semplice, di seta nera, che metteva in risalto il biondo argenteo dei suoi capelli.
- Io sono il figlio bastardo di Eddard Stark, Lord di Grande Inverno- aggiunse il ragazzo, infilandosi in bocca una forchettata di patate al burro.
A quelle parole il boccone dell’uomo di nome Jorah andò di traverso.
-Le mie condoglianze, allora, Jon Snow. Per tuo padre e tuo fratello, il Giovane Lupo- commentò la ragazza senza neppure degnarlo di uno sguardo.
Ora fu il boccone di Jon ad andare di traverso.
Non amava ricordare che il padre ed il fratellastro fossero soli, soprattutto perché lui era stato lontano e non aveva potuto far nulla per impedirlo.
- Grazie- si limitò a dire, bevendo il vino che aveva nel bicchiere, tutto d’un fiato.
Era già stato uno shock essere stato nominato alla Mietitura insieme all’unica Targaryen vivente.
Non aveva bisogno di aggiungere il dolore delle vecchie ferite.
 
***
 
Toc toc.
Tobias aprì gli occhi giusto in tempo per vedere Tris** che entrava nella sua camera da letto.
-Tris, che ore…?- mugugnò, spostandosi su un lato per farle posto dove mettersi.
- Le tre. Non riesco a dormire- rispose lei, in un sussurro.
Aveva provato a cambiare vista della finestra, aveva provato a passeggiare per il loro appartamento, ma nulla l’aveva aiutata a prendere sonno.
Così alla fine si era arresa, era passata davanti alla camera di Tori in punta di piedi, e era sgusciata dentro a quella di Tobias.
Già il solo fatto di stare là dentro sembrava farla stare meglio; sentiva già la tensione sciogliersi.
Si rannicchiò attaccata a Tobias, inspirando il suo odore familiare, e lasciandosi circondare dalle sue braccia muscolose.
-Tesa?- chiese lui, con la voce impastata di sonno.
Lei annuì e lo guardò negli occhi, che nella penombra apparivano completamente neri, anziché blu.
- Tris, al contrario della maggioranza degli altri Tributi noi abbiamo ricevuto un allenamento da Intrepidi, e siamo anche Divergenti. Cosa che ci dà un buon vantaggio. Vedrai che andrà tutto bene- sussurrò lui in risposta, abbracciandola un po’ più forte.
- Ma, Tobias, io non avevo mai creduto a cose come vampiri, elfi e maghi, figurati visti… e adesso mi trovo a combattere contro di loro. Il nostro allenamento non ci prepara alle creature sovrannaturali, né alla magia- Tris era sull’orlo delle lacrime.
Essere stata scelta con Tobias era stata una tortura, sapeva, in cuor suo, che non sarebbero mai tornati entrambi a casa.
Sapeva che uno non sarebbe mai uscito da quell’arena.
E ora sapeva anche contro che tipo di avversari avrebbe dovuto scontrarsi, e l’idea che nessuno dei due sarebbe tornato vivo la torturava anche di più.
Tobias non rispose, nonostante lei sapesse che era sveglio.
Si limitò a stringerla a sé e lentamente, senza neppure accorgersene, Tris si addormentò.
 
-Ah, ecco dov’eri finita- esclamò Tori, e fu la sua voce a strappare la ragazza dal mondo dei sogni e dall’abbraccio confortevole di Tobias.
-Muovetevi, voi due, la colazione è pronta- e detto questo la donna si dileguò.
Lasciando Tobias a cambiarsi, Tris si trascinò in camera sua, e infilò un top nero, che lasciava scoperti il simbolo degli Abneganti e degli Intrepidi sulla spalle, e intravedere il tatuaggio dei tre uccelli in volo sulla clavicola.
Passò meccanicamente un dito sopra a quest’ultimo, con delicatezza.
Una volta vestita si spostò in sala da pranzo, dove trovò Tori, Tobias e Veronique, la Fan della Mietitura, seduti al tavolo che venivano serviti da due ragazze.
- Buongiorno- salutò entusiasta la Fan, gesticolando ampiamente e facendo quasi cadere il vassoio che una delle ragazze aveva in mano.
-Pronta per oggi?- chiese Veronique.
-Ahm… Pronta?- chiese la ragazza confusa.
- Ma certo! Oggi incontrerete i vostri stilisti, e stasera sfilerete tutti davanti al Fandom. Oh, sarà una cosa meravigliosa, vedrai. Non vedo l’ora di vedere come vi conceranno i vostri stilisti.- squittì lei, battendo le mani come una ragazzina… beh, in effetti era una ragazzina.
-Oddio- gemette la ragazza, mordendo un croissant alla crema ancora caldo.
 
*Si riferisce alla diffusa teoria secondo la quale Jon Snow si in realtà figlio della sorella di Ned Stark ed un Targaryen.
 
**SPOILER ALLEGIANT: Nonostante alla fine di Allegiant Tris sia morta, l’ho utilizzata in quanto protagonista della propria saga.

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Capitolo 4
*** Chi bello vuol apparire... ***


Note dell autore: Dunque, miei amori di lettori, ecco qua il nuovo capitolo. Per quanti di voi non lo sapessero Sennar e Nihal sono i protagonisti delle Cronache del Mondo Emerso, di L. Troisi, mentre Lyra e Will sono i protagonisti della trilogia Queste Oscure Materie di P. Pullman (il più famoso dei quali è la Bussola d’Oro). Nonostante maschio ho vissuto l’incubo del trucco: se le parti di Sennar e Will sono piuttosto realistiche è perché sono state esattamente le mie sensazioni e i miei pensieri. Mi prendo anche il tempo di ringraziare pubblicamente, e ancora una volta, The_shipper_number1 e Likeapanda per le loro recensioni. Posso amarvi? Perché vi amo. Siete motivo di gioia per il quale controllo le recensioni. Questo capitolo lo dedico a voi. Un grazie speciale va anche a marty2212,  la quale ha recensito il primo capitolo nell’ultimo periodo. Infine un grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi, spero che apprezziate, anche se non me lo dite.
 
 
Un dolore lancinante gli partì dalla coscia destra e si irradiò lungo tutto il corpo.
Suo malgrado dovette trattenere un urlo, ma non potè fare a meno che una lacrima gli scendesse lungo la guancia.
-Adesso basta!- sbottò Sennar saltando giù dal lettino.
Guardò in basso: l’interno coscia della gamba destra era tutto arrossato.
Con una smorfia constatò che non aveva così pochi peli sulle gambe da quando aveva dieci o undici anni.
Il Fan si mosse verso di lui, facendolo indietreggiare in maniera scomposta e con le braccia davanti a se per allontanarlo.
Se fosse stato necessario avrebbe fatto ricorso alla magia, poco ma sicuro.
- Uff, la tua magia non funziona qui- esordì l’altro, come leggendogli nel pensiero –E ora torna a sdraiarti. Devo finire di fare l’inguine per poi passare a pancia e petto-.
Sennar strabuzzò gli occhi.
-Non se ne parla proprio. E’ una tortura. Io là sopra non ci torno- urlò con voce stridula, coprendosi l’ombelico e i pettorali con le mani.
-Solo che non sei tu a decidere- gli ricordò il Fan.
Il mago venne afferrato da altri due ragazzi, di cui ignorava l’esistenza probabilmente appena entrati nella stanza, e spinto sul lettino.
-Ora cerca di stare fermo- gli intimò il primo Fan, mentre gli altri lo immobilizzavano.
 
Nihal si trovava, in slip e reggiseno, davanti ad uno specchio, mentre alle sue spalle una ragazza si dava da fare a sistemarle i capelli.
Non ricordava neppure l’ultima volta che i suoi capelli azzurri fossero stati tagliati decentemente da qualcosa di diverso da un rasoio o una spada.
Non che questo la mettesse in uno stato d’agitazione o imbarazzo, sia chiaro.
Non le era mai importato granchè del suo aspetto fisico, o di apparire carina ed elegante.
A Sennar piaceva così com’era e anche a lei.
Punto e basta.
Ma in quel momento, con le accurate dita della ragazza, che si muovevano rapide ed esperti tra i suoi capelli, dando una sforbiciata qui ed una lì… si sentiva quasi felice.
Quasi felice che la sua femminilità venisse finalmente messa in mostra da… sempre.
Non aveva mai avuto una madre, era cresciuta nella bottega di un armaiolo a Salazar, ed era stata addestrata a diventare un Cavaliere di Draghi.
No, la sua femminilità non era mai stata una priorità per nessuno.
-Allora, cosa ne pensi?- chiese la ragazza alle sue spalle, strappandola dai suoi pensieri.
La ragazza che riflessa nello specchio era una giovane donna, con un taglio corto, ma piuttosto elegante.
Nihal trovò che fosse la giusta unione tra il suo lato femminile e il suo lato guerriero.
-E’ bellissimo- le sfuggì.
La Fan sorrise soddisfatta.
-Perfetto, allora adesso è la volta dei truccatori e poi conoscerai lo stilista. Vai- esclamò la parrucchiera, indicandole la porta dall’altra parte della sala.
Nihal la attraversò e un forte odore di creme, ciprie e quant’altro le aggredì le narici.
-Da questa parte, cara- la invitò una voce.
 
***
 
Era categorico: non c’era cosa che Will trovasse peggiore del rossetto.
Nemmeno Kirjava era molto contenta della brillantina con cui le avevano impomatato il pelo.
-Ora apri gli occhi, da bravo- disse una Fan, accovacciandosi accanto alla sua sedia.
Will non era troppo a proprio agio, nel trovarsi nella stessa stanza di una ragazza che non conosceva affatto, con addosso solo un paio di boxer neri.
Spalancò le palpebre, ubbidiente, la ragazza iniziò a passargli la matita.
Nonostante la delicatezza il ragazzo non potè fare a meno di lacrimare, beccandosi un’occhiataccia da parte della Fan.
-Potresti gentilmente evitare?- chiese quella passandogli un angolo di carta assorbente sul bordo dell’occhio –Fai colare tutto-.
Con tutta la buona volontà che possedeva Will provò a non lacrimare, ma era più forte di lui: era come se qualcuno gli avesse infilato dei granelli di sabbia negli occhi e poi si fosse aspettasse che non se li strofinasse.
- E’ proprio necessario, tutto questo?- si lamentò, una volta che la ragazza ebbe terminato con l’occhio destro.
-Nel modo più assoluto- confermò lei –Ordini dello stilista! Puoi sempre parlarci tu, se la cosa non ti va a genio. Ma non prima che io abbia finito il mio lavoro. Non voglio prendermi nessuna colpa!- ribattè lei, partendo all’attacco dell’occhio sinistro.
Rettifica: non c’era nulla che Will trovasse peggiore del trucco in generale.
 
-E Will si vestirà nello stesso modo?- Lyra era scettica.
Vedere Will, dopo tutto quel tempo, dopo aver pensato che non lo avrebbe mai più visto in vita sua, era stato meraviglioso: ma ora la meraviglia era del tutto assente e lo scetticismo la faceva da padrone.
- Ovviamente. Un modello maschile, ma sì-.
La ragazza era truccata come non lo era mai stata in vita sua, ma con la stessa sottilizza ed eleganza con cui si sarebbe truccata sua madre.
Indosso non aveva nulla di più di un semplice abito bianco, a maniche lunghe, ce le cadeva dritto fino alle caviglie.
-Voi siete i Tributi più giovani in assoluto, quindi l’abito bianco indica la vostra purezza, in confronto agli altri concorrenti- spiegò lo stilista, soppesandola e ruotandole attorno come avrebbe fatto un feroce predatore con la propria preda.
-E il trucco allora? I bambini non si truccano- si azzardò a dire Pantalaimon.
Il Fan lo degnò di appena un’occhiata.
-Ovviamente né Layra, né Will sono poi così innocenti. Insomma, quanti bambini conosci che hanno sconfitto l’Autorità, aperto il mondo della morte, e evitato che la Polvere defluisse dai mondi, chiudendo per sempre i passaggi tra essi?- disse l’ultima frase con un ghigno divertito.
Layra e Will avevano chiuso i passaggi fra i mondi, ma poi i fan li avevano riaperti.
-Per cui il trucco mette in risalto i loro visi, aggiunge una nota “Sono comunque pericoloso” al concetto “Sono puro” espresso dall’abbigliamento. Tutto chiaro, mio caro Pan?-.
Pantalaiomon non osò rispondere.
-Bene, voi siete il carro dodici, quindi uscirete per ultimi. Schiene dritte e posture eleganti. E possa la fortuna sempre essere a vostro favore- cinguettò lo stilista, prima di congedare con un gesto Lyra e Pan.

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Capitolo 5
*** La Sfilata ***


Note dell’autore: Eccomi finalmente col nuovo capitolo. Mi scuso in anticipo dato che, a causa delle molte descrizioni, potrebbe essere un po’ più difficile da leggere, ma non potevo non dirvi com’è vestito ogni protagonista di una delle nostre amate saghe. Ringrazio, come ormai mia abitudine, The_shipper_number1 (della quale ho esaudito il desiderio di vedere Percy con molta poca stoffa addosso) e Likeapanda, ma dedisco il capitolo a marty2212 e narrybromance. Credo che mi piacerebbe MOLTO veder sfilare Jace, Percy ed Eragon praticamente nudi… avrei aggiunto anche Tobias al Naked Club, ma poi diventava eccessivo.
Ah, prima che me ne dimentichi: ma seriamente nessuno nota nulla nei nomi dei Fan che accompagnano i nostri personaggi?!?!
Okay, spero vi piaccia il capitolo, a presto, Hunter ;)
 
 
- Stanno scherzando, mi auguro!- Hermione non sembrava particolarmente diversa dal solito, ma Harry non poteva certo biasimarle il cattivo umore.
Insomma, dopo quella sera li aspettavano due settimane di intensivo allenamento di preparazione ad un malato reality show per sadici.
Chi sarebbe stato felice?
-Tutto sommato poteva andarci peggio- puntualizzò Harry guardandosi intorno.
Molti altri Tributi erano decisamente ridicoli nei loro outfit: ragazzi praticamente nudi, una specie di brutta copia di un licantropo e… due pacchiani Tributi vestiti da conte Dracula e signora.
Loro non avevano altro che la loro vecchia divisa di Hogwarts: l’unica differenza era che Hermione aveva un falso Diadema Corvonero in testa e la riproduzione della Coppa Tassorosso in mano, e lui indossava un finto Cappello Parlante di Grifondoro e la copia del medaglione Serpeverde al collo.
Hermione si girò a guardare una coppia di Tributi, entrambi pressocchè nudi: lui aveva delle finte scaglie azzurre di drago che gli coprivano le nudità e salivano in un semplice disegno lungo il petto con due ali da drago dello stesso colore applicate sulla schiena, lei, senza ali, aveva lo stesso vestito del ragazzo, ma fatto di foglie.
Annuì ad Harry e si sforzò di sorridergli.
-Eccovi qua- esclamò seria Joe Anne, la loro Fan, avvicinandosi.
-Allora… Dio, state una meraviglia… dicevo: voi siete nel carro due e sarete tra i primi a partire. Quindi preparatevi e sorridete. Conquistateli. Fatevi amare- si raccomandò.
Harry si sistemò gli occhiali sul naso e si diresse verso il proprio carro, aiutando l’amica a salire.
-Ma sbaglio o ti hanno evidenziato la cicatrice con la matita?- chiese Hermione guardandolo con la fronte aggrottata.
-Non sbagli- confermò lui.
Si mise a studiare i vestiti che indossavano i Tributi nel carro che li precedeva e seguiva.
Davanti a loro c’erano due coniugi: lei aveva i capelli castani raccolti in una treccia singola e indossava una specie di muta da sub, lui, invece, aveva i capelli biondi e indossava una maglietta e dei pantaloni, semplici, sotto una giacca con il numero 12.
-Quelli sono le divise dei Tributi dei settantaquattresimi e settantacinquesimi Hunger Games- gli bisbigliò Hermione all’orecchio –Ho letto tutto al riguardo-.
Mentre l’amica partiva alla carica con la spiegazione del perché fossero state scelte tali divise, Harry sbirciò all’indietro.
Il carro numero tre era occupato da un ragazzo ed una ragazza non molto più piccoli di loro.
Lui, con quei capelli e quegli occhi color del miele, la tintura dorata sulla pelle, i boxer d’oro come unico indumento e le ali gialle, sarebbe potuto sembrare quasi una statua di un angelo, se non fosse stato per gli strani disegni neri che ricoprivano ogni centimetro della sua pelle.
Lei, almeno, aveva capelli rossi e occhi verdi, che staccavano dall’oro di tutto il resto.
Come ultimo dettaglio prima di girarsi Harry notò che sulle ali d’angelo dei due c’erano disegnati tanti piccoli occhi.
 
***
 
Faceva dannatamente freddo.
Eragon si sentiva nudo, era nudo!
Se non altro avevano avuto la decenza di coprirgli i genitali con delle (scomode) finte scaglie di drago, ma tutto il resto era in bella mostra, fatta eccezione per una piccola parte del fianco e del petto su cui erano state applicate altre scaglie.
Le ali da drago sulla schiena erano, tuttavia, un tocco di classe, pensò con ironia e sarcasmo.
Né lui né Arya avevano assolutamente nulla di cui vergognarsi dei propri corpi, tuttavia ciò non voleva necessariamente significare che gradissero.
Anzi, a giudicare dallo sguardo assassino dell’elfa, si poteva dire che gradisse anche meno di lui, se possibile.
Se non altro il Cavaliere di Drago si consolava del fatto che non fossero gli unici.
Nel carro di fronte al suo, ad esempio, accanto alla ragazza in armatura di bronzo e con una civetta impagliata sulla spalla, c’era un ragazzo che, eccezion fatta per una corona di corallo in testa e una grande conchiglia a coprirgli il membro, non indossava assolutamente nulla.
Eragon avrebbe decisamente preferito che, quella con le natiche all’aria, fosse la ragazza al suo fianco, anziché lui.
Con un certo imbarazzo si voltò verso il carro dietro di loro, arrossendo leggermente.
I due Tributi che lo occupavano erano completamente vestiti (beati loro) anche se con un abbinamento tutt’altro che gradevole.
Indossavano entrambi dei grezzi pantaloni grigi ed una giacca nera, ma la ragazza, in più, aveva un paio di occhiali dalla montatura azzurra.
Fino a poche ore prima Eragon non avrebbe neanche saputo cosa fossero, gli occhiali, ma quel pomeriggio, lui ed un altro gruppetto di persone erano state sottoposte ad una rapida “terapia” che li mettesse al passo coi tempi.
I carri si mossero e iniziarono a avanzare lungo la pista, e gli altoparlanti iniziarono a parlare.
 
***
 
-Benvenuti ai Fandom Games- gridò il presentatore causando un boato di acclamazioni, grida eccitate e applausi.
-Allora, andiamo ad analizzare i Tributi presenti qui questa sera- continuò l’uomo mentre i carri uscivano lentamente e le immagini dei tributi che li occupavano venivano proiettate sui maxischermi.
-Nel carro uno troviamo Katniss e Peeta, da Panem. Guardate che vestiti. Se non sbaglio quelle sono le divise dei tributi dei 74esimi e 75esimi Hunger Games-.
I maxischermi inquadrarono il carro successivo.
-Hermione e Harry, da Hogwarts, con le divise tipiche della loro scuola e i cimeli storici di tutti e quattro i fondatori… che emozione gente. Siete emozionati?- chiese il presentatore, e migliaia di voci risposero il loro assenso, urlando come matti.
-E ecco Jace e Clary, sul carro tre… Wow ragazzi, non sembrano l’angelo Raziel e la sua angelica ragazza?-
La sfilata andò avanti, e dopo una manciata di secondi di silenzio il presentatore riprese –Ed Ecco subito Edward e Bella… Beh, che dire, vampireschi sono vampireschi, ma non credo che siano quel tipo di vampiri, a dire il vero. Gran bei costumi, ad ogni modo-.
Sullo schermo c’erano i due Tributi vestiti da Dracula.
-E eccoci arrivati al carro cinque, Annabeth e Percy. Che dire? Con quell’armatura Annabeth sembra proprio sua madre, e quella civetta ci sta una meraviglia… ma… quante di voi non sono d’accordo con la scelta dello stilista di Percy?-.
Il ragazzo dagli occhi verdi come il mare arrossì e, grazie ai maxischermi, nessuno potè far a meno di notarlo.
Anche se, forse, non era dal viso, che era attratta gran parte della gente.
Dopo aver presentato anche i carri di Eragon, Arya, Tris e Tobias, fu il turno del carro otto.
- E da Westeros ecco Jon e Daenerys. Che classe, che eleganza- elogiò il presentatore.
I due Tributi avevano vestiti molto diversi: la ragazza aveva un vestito di pelle marrone da khaleesi, dal quale si alzavano vivide lingue di fuoco, La Non-Bruciata era uno dei suoi nomi non a caso!
Il ragazzo aveva una divisa dei Guardiani della notte, solo che, invece che essere nera, era bianca, e completata da un cappuccio a forma di metalupo dagli occhi rossi.
Il presentatore definì il primo un “Omaggio tanto alla natura Targaryen quanto dotraki” della ragazza e il secondo un “Omaggio tanto alla natura Stak quanto di Corvo” del ragazzo.
- E ecco Peter e Susan, fratello e sorella. Guardate che bel vestito da regnanti di Narnia, che indossano, e guardate che belle che sono le corone che hanno in testa. Fanno onore a tutti i figli di Adamo e le figlie di Eva, dico bene?-.
Ancora grida, ancora applausi.
-Siamo quasi alla fine gente, vediamo cosa ci hanno proposto gli stilisti di questi ultimi sei Tributi. I prossimi sono Nihal e Sennar, dal Mondo Emerso. Andiamo Fandom, ditemi che quell’armatura non le sta da favola, alla bella Nihal, o che Sennar non sembra nato per indossare la tunica del Consiglio… complimenti agli stilisti-.
Eragon iniziava ad essere sinceramente stufo delle acclamazioni del pubblico di Fan.
-Oh, andiamo, venitemi a dire che questi due non sono adorabili: Melanie e Jared, gente. Vestito semplice, tipico delle Anime e… aspettate, ma sbaglio o Jared ha gli occhi diversi?-.
I Maxischermi fecero un primissimo piano al ragazzo che, come la sua compagna, aveva gli occhi innaturalmente azzurri con un anello argento/bianco intorno alla pupilla.
A chiudere la fila c’erano Lyra e Will, nei loro vestiti bianchi e con il trucco pesante, che tenevano in braccio l’uno il daimon dell’altra.
-Oh, gente… che momento magico che è questo- disse infine il presentatore, con commozione nella voce –Non vedo l’ora di intervistarli tutti la sera prima dell’inizio dei Giochi! Buonanotte Fandom- gridò infine, prima che la sua voce amplificata lasciasse il posto all’inno del Fandom e alla voce della Presidentessa

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Capitolo 6
*** Alleanze ***


Note dell’autore: Scusatemi tanto per l’attesa, ma ho avuto quello comunemente noto come “Il blocco dello scrittore” che, unito a tutti gli impegni dell’ultimo periodo (tipo aiutare mia sorella nelle versioni di greco) mi hanno rallentato la pubblicazione di questo capitolo.
Siamo agli sgoccioli, gente… tra tre capitoli cominceranno i veri e propri Fandom Games. Sarei curioso di vedere chi vorreste vedere Vincitore… Potreste scrivermelo in una recensione, la quale è ben accetta anche senza il nome del pretendente alla Vittoria. Beh, non vedo l’ora di causarvi un attacco di cuore con il Bagno di Sangue alla Cornucopia. With love, Hunter.
 
Quella mattina, Katniss, non aveva affatto avuto un… dolce risveglio.
Aveva aperto gli occhi nella sua camera, al primo piano, dopo un terribile incubo nel quale uno degli altri Tributi le uccideva Peeta davanti agli occhi.
Il cuscino era intriso di lacrime, così come le sue guance.
Una sensazione di freddo e solitudine le attanagliò lo stomaco in una morsa ferrea e glaciale da cui riuscì a liberarsi solo accoccolandosi addosso al ragazzo dai capelli biondi che dormiva nell’altra metà del letto.
-Tutto bene?- chiese lui, con preoccupazione nonostante il sonno.
Katniss annuì, mentendo spudoratamente: confidava nel fatto che Peeta fosse troppo stanco per notare le lacrime.
E fu con questi ricordi, lo stomaco vuoto e una divisa da allenamento datale dai Fan che si diresse nei sotterranei, dove li attendevano due settimane di intenso addestramento.
Come se non bastasse, il giorno prima, non era stato Cinna a vestirla, cosa che le causava ancora più dolore.
Il Cinna con cui si confidava, con il quale aveva combattuto il Capitol per due anni… non c’era più.
Haymitch la tirò da parte, facendo cenno a Petta di proseguire senza di loro.
Dopo un istante di esitazione lui ubbidì, ed entrò nella sala.
-Tutto bene, Dolcezza?- chiese l’uomo, a bassa voce, mentre una ragazza dai capelli azzurri e le orecchie a punta ed un ragazzo dai capelli rossi come il fuoco li superavano ed entravano nella sala accompagnati da un omuncolo alto, forse, un metro e dieci.
- Troppi ricordi, troppe emozioni…- inizò lei, ma la voce le si ruppe.
-Lo so. Lo so. E’ lo stesso per me, e per Peeta. Ma devi essere forte. Ne uscirai esattamente come le altre volte- la cercò di tranquillizzare il suo mentore.
-Ma questa volta è diverso. C’eri anche tu, ieri sera. Hai sentito quanta gente ci acclamava. E quanti urlavano “Figlio di Poseidone”, “Lyra Linguargentina”…-.
Haymitch la prese per le spalle e le diede un’energica scrollata.
-Se ti comporti così, se ti piangi addosso… sei già morta-.
Non c’era dolcezza nelle sue parole, non c’era tenerezza; solo durezza e verità.
Spesso, con la ragazza, queste ultime due funzionavano meglio e l’uomo lo sapeva.
Katniss raddrizzò la schiena, si asciugò le lacrime con ferocia e camminò fieramente fin dentro la sala.
 
***
 
Tris premette il grilletto una, due, tre volte.
La familiare situazione di dominio le scaldò le membra facendole sfuggire un sorrisino compiaciuto.
Il bersaglio davanti a se aveva tre fori: uno all’altezza della fronte e due, a pochi millimetri uno dall’altro, sul petto, all’altezza del cuore.
Tre perfetti colpi da Intrepida.
-Non te la cavi male- disse una voce brusca alle sue spalle.
Si girò e i suoi occhi incontrarono un paio di occhi castani, espressivi e guerrieri, ma freddi.
I capelli della nuova arrivata erano castani come gli occhi e legati in un’unica treccia.
-Pensi di saper fare di meglio?- la sfidò Beatrice facendosi da parte e passandole la pistola.
-No, grazie- rispose l’altra, alzando la mano destra e mostrando un arco argentato.
Incoccò una freccia, prese la mira e scoccò.
Poi una seconda, e una terza.
La sagoma di fronte a lei aveva le stesse ferite mortali di quelle di Tris: una in testa e due al cuore.
L’Intrepida non potè che essere ammirata.
-Beatrice Prior- si presentò, allungando una mano verso di lei.
-Katniss Everdeen- rispose l’altra, stringendogliela.
La ragazza dai capelli biondo cenere non ne era assolutamente sicura, ma sentiva che quella ragazza le piaceva perché le assomigliava.
-Tu sei quella di Panem, vero? La Ragazza di Fuoco-.
-Sono io- confermò lei, incoccando una quarta freccia e piantandola nel petto del manichino.
 
Tobias si guardava in giro, osservando la concorrenza.
Una ragazza dai capelli lunghi e candidi sembrava particolarmente incapace, a combattere, ma lo stesso non si poteva dire del Tributo suo compagno.
Il ragazzo riuscì ad identificare con facilità coloro che facevano più affidamento agli altri o alla magia, per combattere: erano i più scarsi, nel combattimento.
Nonostante molti di loro si stessero cimentando in cose ben al di fuori della loro portata, o usando in maniera errata i loro punti di forza, Quattro, nonostante la sua indole da insegnante degli Intrepidi, si guardava bene dallo avvertirli o consigliarli.
Non erano all’Iniziazione, qui: erano nemici, quelli che aveva davanti.
E molti di loro, dovette ammettere, erano anche piuttosto bravi.
Il ragazzo si sentì chiamare, alzò gli occhi e vide Tori, che gli fece cenno di avvicinarsi.
Accanto a lei e Tris c’erano altre tre persone.
-…E questo è Tobias Eaton- lo presentò Tris, non appena si fu avvicinato.
-Piacere, io sono Peeta, Peeta Mellark, lei è Katniss Everdeen e lui è il nostro mentore, Haymitch-.
A parlare era stato un ragazzo dai capelli biondi, poco più piccolo di Tobias, dall’aria solare.
-Piacere- bofonchiò lui, guardando Tris con uno sguardo interrogativo.
-Tobias, io e Katniss abbiamo pensato di allearci, una volta nell’Arena. Anche se non abbiamo a che fare con la magia in quattro sarà decisamente più difficile ucciderci, che separati-.
Tobias li scrutò uno ad uno, per poi limitarsi ad annuire.

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Capitolo 7
*** Ultimo Allenamento ***


Note dell’autore: Spoiler “Eroi dell’Olipo: La Casa di Ade”. Allora, bella gente… ci siamo quasi. Questo è l’ultimo giorno di allenamenti e, nella storia, sono passate due settimane, dall’ultimo capitolo. Questo vuol dire che, prestittimo, verranno tutti buttati nell’Arena e inizieranno i Giochi veri e propri. Siete emozionati? Io sì, tantissimo! Un grazie speciale a tutti coloro che hanno messo questa storia tra le preferite, un enorme abbraccione a Likeapanda, The_shipper_number1 e narrybromace che sono diventati i miei recensori ufficiali. Voglio dedicare questo capitolo a tre persone: LilyGinny, Yorgos e baberina_tribute, alla quale ripeto il consigli di non arrendersi e di continuare a scrivere con lo scopo di cercare sempre di migliorare se stessi.
Okay, ho finito, giuro. Vi lascio al capitolo ;)
 
 
-Sveglia, sveglia- trillò Nick, entrando senza alcun preavviso nella camera di Percy e trovandolo con i capelli grondanti e solo un paio di boxer azzurri addosso.
-Prego, eh…- fece il semidio lanciandogli l’asciugamano in faccia.
-Oops- ridacchiò il Fan, senza tuttavia muoversi di un solo passo –Muoviti, dovete essere nella Sala d’Allenamento tra venticinque minuti!-.
-Sì, lo so- sibilò Percy indicando la porta con un segno della mano piuttosto stizzito.
Nick gli lanciò un’ultima occhiata prima di andarsene e chiudersi la porta alle spalle.
Il semidio si abbandonò di scoppio sul letto, esausto.
Erano quasi due settimane che andavano avanti con allenamenti su allenamenti e, nonostante ci fosse abbastanza abituato, grazie al Campo, era stato comunque stancante e snervante.
Come se non bastasse si sentiva intrappolato in un dejavù.
Prima Nico*, che lo guardava e lo ammirava, e ora Nick; con l’unica differenza che Nico aveva la decenza di distogliere lo sguardo in imbarazzo, in situazioni del genere.
Il figlio di Poseidone si alzò dal materasso, sul quale le lenzuola erano ridotte ad un pietoso e disordinato groviglio senza capo né coda, e si infilò la divisa da allenamento.
Arrivato nella sala da pranzo trovò Nick e Annabeth seduti attorno al tavolo, mentre Chirone se ne stava in piedi lì accanto, sulle quattro zampe.
-Buongiorno a tutti- bofonchiò, evitando lo sguardo del Fan e cercando, invece, gli occhi grigi della figlia di Atena.
-Allora- si schiarì la voce Nick, interrompendo il legame che lui e Annabeth avevano creato con quello scambio di sguardi –Oggi è l’ultimo giorno disponibile per allenarsi e cercare alleati. Domani mattina e pomeriggio mostrerete agli Strateghi di cosa siete in grado, individualmente, e loro vi daranno un punteggio da uno a dodici. Dopodichè, domani sera, ci saranno le interviste-.
Annabeth annuì.
-Bene bene… se è tutto chiaro ci vediamo qui per l’ora di pranzo- esordì Nick, dirigendosi verso l’uscita.
Nel farlo sfiorò appena le spalle e la schiena di Percy con la punta delle dita, passando.
Una volta che se ne fu andato Annabeth esclamò –Ehi, se sono di troppo fammi un cenno eh, Testa d’Alghe. Non vorrei mica rovinare nulla tra te e Nick!-.
Percy la fulminò con lo sguardo e le lanciò contro un cupcake blu.
Poi scoppiarono entrambi a ridere.
 
***
 
-Per l’Angelo, queste tute sono davvero attillate- si lamentò Clary, infilando le dita nel colletto e tirando nella vana speranza di allargarlo.
-E’ due settimane che lo ripeti- sbottò Luke, in tono piatto.
-E due settimane che ti dico che a me vanno benissimo così- le bisbigliò Jace all’orecchio, con una cera malizia.
Clary si voltò di scatto per assicurarsi che il suo patrigno non avesse sentito, ma Luke camminava ancora spedito con lo sguardo perso in avanti.
Jace era il suo raggio di sole: nonostante la situazione, nonostante la fatica, nonostante tutto riusciva a strapparle il sorriso e a trasformare questa tortura in qualcosa di magico e romantico.
Entrarono insieme nella sala degli Allenamenti, già piuttosto affollata.
Nell’angolo dove insegnavano ad accendere un fuoco c’erano i due tributi, con i loro strani animaletti onnipresenti appollaiati in grembo.
Appoggiati ad una colonna, invece c’erano i due tributi che a Clary davano più i brividi: i Cullen.
Aveva sentito che erano vampiri, ma non assomigliavano affatto ai vampiri che conosceva lei: non si bruciavano alla luce del sole, non dormivano, ed erano quasi innaturali.
Simon non era mai stato così.
Mai.
Jace le prese la mano e la diresse verso un pannello luminoso sul quale apparivano diverse piante e si doveva riconoscere se erano commestibili oppure no.
Jace, ovviamente, non sbagliava mai, ma lei sarebbe morta diverse volte; così il suo ragazzo insisteva nel farle provare.
Stavolta se la cavò piuttosto bene, dando il 98% delle risposte corrette, ma aveva comunque scambiato un tipo letale di bacca con degli innocui lamponi.
-Sei morta- le sussurrò Jace, circondandola con le sue braccia –Non preoccuparti, ci sarò io ad assicurarmi che tu faccia la scelta giusta. Lo giuro sull’Angelo-.
Clary lo attirò a sé e lo baciò con trasporto, fregandosene chi potesse vederli.
 
***
 
-Basta, ci rinucio. Non so fare nulla- esclamò Daenerys, lanciando a terra i coltelli da lancio che aveva in mano e rischiando di ferirsi un piede.
Jorah fece per andare verso di lei, con apprensione, ma Jon lo fermò con un gesto della mano e si avvicinò al posto suo.
-Tutto bene, mia signora?- chiese, accovacciandosi ai suoi piedi e raccogliendo le armi.
-Non sono la tua signora. Non qui- lo corresse lei, gelida.
Jon poggiò i coltelli su una rastrelliera attaccata al muro.
-Cosa c’è che non va?- insistette.
-Non so fare nulla, non ho mai impugnato un’arma in vita mia. Morirò, da sola- rispose lei, guardando lontano.
-Ma tu non sarai sola- esclamò il Guardiano della Notte, mettendosi di fronte a lei e obbligandola a guardarlo negli occhi –Io sarò il tuo alleato-.
I loro occhi si incontrarono, quelli neri di lui in quelli violacei di lei, e un sorriso increspò contemporaneamente le labbra di entrambi.
 
 
 
*In Eroi dell’Olimpo si scopre che Nico è gay ed ha una cotta per Percy.

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Capitolo 8
*** Tributi ai voti ***


Note dell’autore:Allora, eccoci al capitolo numero otto. Scrivere questo capitolo è stata una tortura, perché tra mia sorella che mi ronzava attorno come un Ago Inseguitore e il telefono che non faceva altro che squillare, ho avuto serie difficoltà a concentrarmi. Ma ora ce l’ho fatta, e ecco il frutto del mio lavoro.
Quindi, il nono sarà il capitolo dedicato alle Interviste, cosa che molti di voi aspettano dalla Sfilata… per cui ho pensato opportuno dedicargli un capitolo a parte.
Ciò detto ringrazio tutti i nuovi recensori e tutti voi che continuate a leggere la fanfiction: much love! Isil, spero che apprezzerai la citazione che troverai nella storia.
Dedico il capitolo ai due lettori che hanno recensito per la prima volta e a due che hanno recensito molto spesso: Alice1999, LolaKastel22, narrybromance e Likeapanda.
Alla prossima, Hunter :*
 
 
Il giorno era arrivato, alla fine.
Susan si alzò dal letto, assonnata; le palpebre faticavano notevolmente a rimanere aperte e l’ansia sembrava starle divorando gli organi dall’interno.
Si spostò verso la cassettiera, messa lì prevalentemente per bellezza, dato che nessun Tributo si portava dietro la valigia con gli effetti personali, e raccolse dalla sua superficie una fotografia.
Le dita le tremarono leggermente mentre osservava i volti di Edmund e di Lucy.
Lucy.
Era solo grazie a lei se, in quel momento, Susan si sentiva fiera ed orgogliosa, nonostante tutto.
Lei era una regina di Narnia.
Lei aveva combattuto contro Jadis, la Strega Bianca, e contro gli uomini di Telmar, e aveva vinto.
Anche Peter, ad essere onesti, ma Peter si era lasciato spezzare dalla Mietitura, dagli allenamenti e dai Fan.
Lei no.
Susan aveva sempre mantenuto un certo rigore e un certo fervore, nonostante la situazione.
Aveva chiesto di essere allenata separatamente dal fratello, che per questo ormai le rivolgeva a stento la parola, ma una donna deve fare ciò che una donna deve fare.
E lei doveva tornare a casa dai suoi fratelli, anche se questo, Aslan non volesse, dovesse significare uccidere Peter.
Ma considerate le condizione del sovrano di Narnia, la ragazza sospettava, con estrema amarezza, che ciò non sarebbe stato necessario.
-Volere è potere- sussurrò a sé stessa, infilando la divisa per l’ultima volta.
Quella sera ci sarebbero state le interviste e il giorno dopo sarebbe stata lanciata in un’Arena con altri ventitré ragazzi: e uno solo ne sarebbe uscito.
-Beh, Susan… allora vedi di essere tu!- mormorò, aprendo la porta della camera e salutando, con un cenno del capo, il fratello, Caspian e Clivette, la loro Fan.
 
***
 
Erano passate già un’ora e mezza e diciotto Tributi, quando fu chiamato il nome di Sennar.
Il mago dai capelli rossi lanciò una fugace occhiata in direzione di Nihal, che se ne stava sulle sue con lo sguardo teso ma risoluto.
Le fece un velocissimo sorrisetto ed entrò nella Sala.
Le porte scorrevoli si chiusero immediatamente alle sua spalle.
Aveva pensato a lungo su cosa fare, cosa mostrare agli Strateghi, e alla fine aveva deciso di mostrare ciò che sapeva fare meglio: gli incantesimi.
D’altronde sapeva che i Fan avrebbero permesso loro l’uso della magia, magari avrebbero trovato un modo per limitarli, ma lo avrebbero comunque permesso.
Non andava dimenticato che i Giochi erano spettacolo, e l’uso della magia non avrebbe fatto altro che rendere lo “spettacolo” ancora più interessante.
Era pura e semplice logica.
Un inserviente gli si avvicinò, chiedendogli se avesse bisogno di qualcosa di particolare.
Lui glielo disse e quello si allontanò di corsa andando ad informare chi di dovere.
Sennar si portò davanti agli Strateghi ed esordì, presentandosi  –Sennar: Distretto 10, Mondo Emerso-.
Ciò detto si voltò, fece qualche passo verso il centro della Sala e si preparò.
Pochi istanti dopo grossi automi umanoidi correvano verso di lui, armati chi di pistole e chi di spade.
Per prima cosa, il mago, eresse una barriera di magia che fece deviare i proiettili, spedendoli nuovamente al mittente.
Gli automi con armi da fuoco in mano si accasciarono a terra, danneggiati e incapaci di continuare oltre.
Tuttavia tre di loro, armati di spade e lance, si stavano ancora dirigendo nella sua direzione.
Con un piccolo sforzo trasformò la lancia di uno di loro in un boa, che avvolse le sue spire intorno alla gola del malcapitato robot, facendogli saltare la testa per la pressione.
Con un rapido gesto delle dita, infine, strappò le spade di mano ai due guerrieri meccanici, facendole conficcare in profondità ognuna nel petto di colui che le impugnava.
Quando ebbe finito si voltò verso gli Strateghi, fece un profondo inchino, e uscì da una porta differente da quella dalla quale era entrato.
 
***
 
Lo schermo si illuminò e vi apparve l’immagine di un libro, inscritto in un anello di simboli.
Uno di loro era il simbolo dei Doni della Morte, che Harry ed Hermione conoscevano ormai così bene.
Il simbolo del Fandom lasciò il posto ad un ragazzo, di età leggermente al di sopra della media.
Il presentatore iniziò a parlare.
-Signore e signori, Tributi e Fan, eccoci finalmente al giorno che tutti noi aspettavamo con così tanta ansia: la Vigilia dell’inizio dei Giochi-.
Applausi registrati.
-Dunque, dunque, dunque- continuò il presentatore –Cominciamo con Katniss Everdeen, che ha ricevuto un punteggio di… 10!-.
Altri applausi registrati.
Dopo il Tributo maschio di Panem arrivò il turno di Harry e Hermione, che per questo si concentrarono e smisero di parlare.
-Harry Potter, Distretto 2. Ha totalizzato un punteggio di…-.
Sullo schermo apparve una foto di Harry e, per diversi secondi, la suspance impedì a tutti di respirare.
Poi, il numero 9 apparve accanto alla sua foto, strappandogli un sorriso.
-La prossima è Hermione Granger, Distretto 2. Gli Strateghi le hanno dato un punteggio di… 11!-.
Hermione quasi squittì dalla contentezza.
-Io non mi emozionerei tanto, signorina Granger- disse Silente, entrando nella stanza con passo flemmatico.
-Un punteggio alto significa sì, molta bravura, ma significa anche che, essendo una così grande minaccia, gli altri Tributi saranno più propensi a dare la caccia a lei, che ad altri-.
Come al solito Silente aveva ragione.
-Essere delle “mammolette” non è tanto male, allora- bofonchiò Harry, seriamente preoccupato per l’amica.
Il presentatore continuò a snocciolare nomi e numeri, ma Harry se ne curò molto poco, preso com’era a focalizzare ciò che avrebbe detto quella sera all’intervista.

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Capitolo 9
*** Interviste ***


Note dell’autore: Spoiler “Città del Fuoco Celeste” e “Il Cannocchiale d’ambra”.
Questo capitolo è stato a dir poco impegnativo da scrivere. Ho cominciato alle tre di pomeriggio e ho finito alle otto di sera.
Ma confido che ne sia valsa la pena.
E’ poco raccontato e povero di descrizioni, prevalentemente dialoghi: per cui ci sono molte espressioni colloquiali e puntini di sospensione.
Personalmente mi ritengo soddisfatto, ma non vedo l’ora di scoprire cosa ne pensiate voi.
Non so quando presto potrò aggiornare, dati gli impegni della prossima settimana, ma spero che questo capitolo soddisfi la vostra sete da Capitolini abbastanza a lungo.
Con ciò vi lascio, Hunter
 
 
-Carissimi amici del Fandom- la voce di Mitchell Pritchett, il presentatore ufficiale dei Fandom Games, esplose dagli altoparlanti nel momento stesso in cui le luci e riflettori del palco si accesero, dando il via ad uno scroscio di applausi talmente forte da sembrare quasi fisico –Questa è la sera che tutti voi state aspettando con trepidante ansia da due settimane. Questa sera i nostri amati Tributi saranno intervistati dal sottoscritto, confideranno a noi i loro segreti, le loro paure, le loro speranze e i loro sogni-.
Il suo volto divenne un’esagerata maschera di tenerezza, chinò il capo e poi, riprendendo la sua solita espressione solare.
-Quindi, adorati Fan… facciamo entrare la nostra prima Tributa. Direttamente da Panem, Katniss Everdeen-.
Acclamazioni, applausi e fischi accompagnarono Katniss nella sua entrata sul palco.
 
***
 
-Allora, Katniss… Questi non sono i tuoi primi Giochi e, tuttavia, Hermione Granger ti ha battuto, nel punteggio. Cos’hai da dire, in merito?-.
Tutti i buoni propositi della ragazza di assomigliare a Peeta, di essere solare e attirare i favori del pubblico, beh… andarono alle ortiche!
-Vuoi davvero sapere cos’ho da dire, Mitch? Beh, ho da dire che è una strega con un bel faccino e, da quanto ne so, buone capacità. Ma resta una strega e, senza bacchetta non può far nulla. Come tutti loro, che sono dipendenti dalla magia, per sopravvivere, se gli Strateghi gli toglieranno tale capacità… beh… sarà allora che li colpirò!-.
Dopo una brevissima pausa, Mitchell fece un altro largo sorriso ed esclamò –Beh, ti vedo carica e motivata, bene… continua così e ti intervisterò ancora, alla fine dei Giochi.- poi, alzatosi, gridò –Un applauso per Katniss, gente!-.
 
 
-Peeta, Peeta, Peeta… tu e la tua amata consorte siete come il giorno e la notte, eh?-.
-Puoi dirlo forte, Mitch… non sai quante volte ho dovuto contrabbandare, di nascosto, pagnotte di pane appena sfornate ai nostri figli, che erano stati mandati a letto senza cena!-.
Il pubblico venne attraversato da una risata.
- Beh, Peeta… potresti fare una cosuccia per me?- chiese Pritchett.
- Non lo so, ricordati che sono un uomo sposato, Mitch- rispose il ragazzo, causando un’altra serie di risate.
-No, no… tranquillo. Niente di strano. Solamente la conferma o la smentita di un rumor piuttosto diffuso-.
-Dimmi tutto-.
-Una voce vuole te, Katniss, Beatrice e Tobias, Alleati. E’vera?-.
-Ebbene sì, Mitchell. Beh, sai, hai visto che bestione è Tobias, no?! Con la gamba in queste condizioni non posso certo sperare che, se succedesse qualcosa, fosse Katniss e dovermi portare in braccio!-.
Anche Mitchell rise alla battuta, dopodiché diede un’amichevole pacca sulla spalla di Peeta e lo congedò con un augurio di buona fortuna.
 
 
-Hermione Jane Granger…- la accolse il presentatore, mentre la ragazza entrava da dietro le quinte in un elegante abito da sera color bordeaux con ricami dorati sul colletto.
-Sei incantevole- aggiunse lui, prendendole la mano e posandole un leggero bacio sul dorso.
-Grazie mille- rispose lei, accomodandosi.
-Allora, sappiamo tutti che hai battuto il punteggio di Katniss, e sappiamo anche cosa la Ghiandaia Imitatrice ne pensi, a proposito… ma ora dimmi; come hai fatto ad aggiudicarti quel punteggio? E, soprattutto, c’è qualcosa che vuoi rispondere, a Katniss?-.
-Ma, Mitchell… se te lo dicessi non avrei più assi nella manica, no?-.
Il presentatore alzò le sopracciglia in un gesto eloquente.
-Beh, gente… non vi resta che immaginare. Sono sicuro che nessuno potrebbe mai indovinare! Conoscendo quanto tu sia brava con tutta quella roba magica… potresti aver fatto davvero di tutto!-.
La ragazza sorrise e si allisciò le pieghe del vestito.
-Per quanto riguarda la signorina Everdeen, vorrei informarla che, sia io che Harry, siamo cresciuti tra i babbani, e che, anche se è vero che ce la caviamo meglio con la magia, non deve certo pensare che, senza, siamo spacciati-.
Il sorriso che seguì quella frase era lo stesso che, da ragazzina, usava dopo aver dato la risposta giusta ad una domanda di Storia della Magia o Aritmanzia.
-Oh, bene… vedo che Katniss non è l’unica motivata! Bene! Fandom, salutate Hermione Granger-.
Mentre la ragazza tornava dietro le quinte venne accompagnata da un fragoroso applauso.
 
 
-Il Ragazzo che è Sopravvissuto…. Quale onore conoscerti di persona!-.
-Grazie mille Mitch-.
-Allora, so che sarai stanco di sentirtelo chiedere, ma… Com’è essere attualmente il mago più potente del mondo?-.
Harry parve imbarazzato dalla domanda.
-Veramente non sono sicuro di essere il mago più potente del mondo-.
-Oh, ma sentitelo, fa il modesto!- Pritchett si voltò verso il pubblico –Un applauso per la modestia di questo ragazzo-.
Come richiesto l’applauso arrivò subito.
-Va bene, allora vediamo… perché non ci racconti della tua vita da Auror?-.
-Beh, vedi… All’inizio è stata dura. Nel senso… Dovevo dividere il mio tempo tra l’addestramento, Ginny e Teddie… e Teddie occupava davvero molto tempo. Si può dire che sia stato il primo figlio mio e di Ginny-.
L’intervistatore lo interruppe –Ho saputo che, quando tu e Ginny vi siete sposati, è stato lui  a portarvi le fedi. E’ vero?-.
-Oh, sì. Avresti dovuto vederlo: era più basso di un Elfo Domestico, con i capelli tutti azzurri e lo smoking. Era un piccolo angioletto. Remus e Tonks ne sarebbero stati fieri-.
Mitchell fece il gesto di asciugarsi una lacrima.
-Beh, allora ti auguro di vincere, così da poter tornare da lui, da Ginny e dai tuoi figli e riabbracciarli tutti!-.
 
 
-Te lo hanno mai detto che il verde ti dona da morire, Clarissa?-.
-Trovi?- rispose lei, guardando il vestito di poche tonalità più scuro dei suoi occhi.
-Assolutamente, ma ora dimmi… Com’è avere Simon tra gli Shadowhunters?-.
Lei lo fissò per un paio di secondi.
-Vuoi la verità? E’ strano. Già lo era stato quando era stato trasformato, ma poi ci avevamo fatto l’abitudine… ed ecco che cambia di nuovo. Beh, se non altro potremo diventare parabatai!-.
-Davvero?- squittì Mitchell eccitato – Ohohoh… avete sentito gente? Non è una cosa carinissima?-.
-Ovviamente questo ammesso che lui Ascenda in tempo e che io non muoia- precisò lei.
-Oh, diamine… Buona fortuna! Lo so che lo sto dicendo a tutti, stasera, ma… io vi vorrei tutti Vincitori! Davvero… In bocca al lupo-.
-Crepi, Mitch. Grazie-.
 
 
-Eh no. Eh no, questo, dovete scusarmelo- esordì il presentatore alzandosi e dirigendosi verso Jace.
Una volta che fu di fronte a lui lo prese per le spalle e gli scoccò un bacio su ogni guancia.
-Andiamo, gente… ma quando mi sarebbe mai ricapitato di aver l’occasione di baciare Jace Heronadle?!-.
I due si avvicinarono alle poltroncine ridacchiando.
-Da quello che ho sentito dire in giro, mio care Jace… non sono l’unico che avrebbe voluto fare ciò che ho fatto… Diciamo che con quel look, i tuoi stilisti, non ti hanno fatto passare inosservato, alla Sfilata!-.
Sul maxischermo alle loro spalle apparvero dei fotogrammi della sfilata in cui si vedeva Jace, praticamente nudo, e completamente dorato.
-Andiamo, secondo me Raziel stava pensando “Ehi, ma perché me ne sto su un carro a sfilare?”. Dico bene?-
Il pubblico applaudì in risposta.
-Beh, effettivamente questo non è certo da tutti!- esclamò il Nephilim, e così dicendo si tirò su la camicia scoprendo gli addominali perfetti e i solchi sul basso ventre.
-Oh per l’Angelo… Dove devo firmare per Ascendere?- esclamò Mitchell, causando le risate del pubblico.
-Vuoi toccare?-chiese Jace, fissandolo con gli occhi dorati, divertito.
-Posso davvero?!- chiese l’intervistatore poggiando un mano sul ventre piatto dello Shadowhunter.
-Oh, non mi laverò mai più questa mano… suppongo che Clary ti debba tenere stretto, dico bene? Ragazze, vi voglio sentire!-.
Gridolini esaltati arrivarono dal palco, e si fecero ancora più acuti nel momento in cui Jace, prima di uscire, lanciò un bacio verso il pubblico.
 
 
-E eccovi, signori e signore, direttamente da Forks… Isabella Swan!-.
Nuovi applausi aleggiarono nell’aria, mentre una bella ragazza, dagli occhi color nocchiola-dorato e con indosso un abito blu elettrico, faceva il suo ingresso da dietro le quinte.
- Allora, Bella, come sta Renesmee?- chiese il presentatore, una volta che la vampira si fu seduta.
-Oh, bene, grazie…- rispose lei sforzandosi visibilmente di sorridere.
-Immagino chi ti manchi. Chi si sta prendendo cura di lei, metre tu ed Edward siete qui?-.
-Rosalie, suppongo, e Jacob, ovviamente-.
-Ovviamente, e dimmi… a te e a tuo marito è andata subito bene che Jacob abbia avuto l’imprinting con lei?-
Lei si morse il labbro inferiore e, dopo una risatina palesemente forzata e falsa, disse –No, a dire il vero. Anzi, paradossalmente è andata meglio ad Ed che a me-.
Mitchell finse di ridere, ma lavorando in televisione, la sua sembrava una vera risata.
-Oh, Bella… suppongo che ci stiano guardando, adesso… quindi che ne dici? La salutiamo la tua bambina?-.
La vampira mandò un bacio verso le telecamere e poi uscì.
 
 
-Edward Cullen… che piacere-.
-Tutto mio, signor Pritchett-.
Il presentatore scoppiò in una risata divertita.
-Il tuo modo di fare un po’ all’antica mi fa morire, davvero, lo adoro!- esclamò.
-Allora, Edward, riesci ad immaginare cosa sto pensando?- aggiunse il presentatore, subito dopo.
-Che io e Bella siamo i Favoriti?- rispose lui.
-E’ esattamente ciò a cui stavo pensando, ma come… oh, aspetta, ma tu hai barato!- lo accusò l’intervistatore, fingendosi offeso.
-Mea culpa- confessò il vampiro, poggiandosi una mano sul petto.
-Comunque sì: non avete bisogno di riposare, non avete bisogno di bere, gli altri Tributi vi possono fare da pasto e avete forza e velocità sovraumane… mi dispiace per gli altri, ma non vedo come non potreste vincere!-.
-Beh, sì… sono piuttosto ottimista, confesso!- ammise il vampiro.
-Perfetto… allora, se, come ti auguro, le tue previsioni si dimostreranno esatte… potrei intervistarti di nuovo a breve! Buona fortuna per domani!-.
 
 
-Miei dei… sembri proprio tua madre, Annabeth!-.
-Grazie Mitchell-.
Annabeth indossava un vestito di lino bianco, dal taglio semplice e senza maniche; in vita aveva un cordino dorato a mo’ di cintura e, per finire, un motivo a greche che correva lungo il bordo inferiore dell’abito.
-Allora, figlia di Athena, che mi dici? Come hai trovato gli edifici? Di tuo gradimento?-.
-Oh, sì, Mitch… sono a dir poco stupendi, con quelle linee, quei materiali…-.
-Pensi che, se vincessi, potresti ispirarti a questi edifici, nella tua carriera da architetto?-.
-Per gli dei, assolutamente sì… farei delle cose meravigliose, ispirandomi a questo posto!-.
-Ne sono certo. Ma ora dimmi… Ti piace di più il Campo Mezzosangue o il Campo Giove?-.
-Ad essere sincera, dal punto di vista architettonico, il Campo Giove è a dir poco mozzafiato. Noi greci non abbiamo nulla di simile-.
-Beh, magari potresti creare una… Nuova Atene, dentro al vostro Campo, una volta tornata a casa-.
-Perché no? Sarebbe bello!-.
-Che Tyche ti sorrida, domani- le augurò l’intervistatore, prima di congedarla.
 
 
-Pretore, eroe e per poco anche dio… Insomma, Percy, tu sei una vera e propria leggenda! Al pari dei miti-.
-Ah, sai… si fa ciò che si può…- scherzò il semidio.
-C’è una cosa che molti Fan mi hanno chiesto di chiederti: ma alla Sfliata, non avevi freddo?-.
Percy arrossì.
-Oh, su, andiamo Percy… non hai certo nulla di cui vergognarti, da ciò che ho visto. Io sono per altri orizzonti, ma alla sfilata ho capito come mai piaci a così tante ragazze, compresa Annabeth-.
-A dire il vero sono convinto che l’aspetto fisico non sia ciò che piace… ad Annabeth!-.
-Alto, moro, con gli occhi verdi come il mare e il corpo che abbiamo visto… beh, permettimi di non crederti-
-No, no… dico davvero!-.
-Vabbeh, figlio di Poseidone… diciamo che io ti creda. Come mai hai marcato quell’”ad Annabeth”?-.
-Oh, beh… non credo che a Nick interessi esattamente il mio carattere o la mia intelligenza, ecco-.
-Nick?- esclamò divertito il presentatore –Il nostro Nick? Oddei, questa sì che è una notizia.. ragazze, state attente. Non siete le uniche ad aver messo gli occhi su questo bocconcino-.
 
 
-E poi si chiedono perché piacciano gli elfi?- chiese Mitchell, mentre Arya entrava sul palco.
L’elfa si limitò a sorridere, visibilmente a disagio.
-Ti vedo timida, Arya-.
-Sì, signor Pritchett, sa…-.
-Ti prego, chiamami Mitchell-.
-Mi scusi, ma non posso!-.
-Oh, e io che pensavo che Edward avesse delle maniere all’antica. Arya, dimmi: dei rumors vorrebbero te ed Eragon fidanzati, sono corretti?-.
-Assolutamente no!-.
-Peccato. Beh, mia cara… spero che domani tu te la cavi bene-.
 
 
-Oh, Eragon… vieni, siediti accanto a me-.
Il ragazzo fece come gli era stato chiesto.
-Allora, da cosa vogliamo partire? Che ne pensi del vestito della sfilata?-.
I fotogrammi apparvero sullo schermo alle loro spalle.
-Eh, domanda interessante… diciamo che, dovendo attirare l’attenzione ha fatto il suo lavoro… ma da qui a chiamarlo addirittura “vestito” quando ero praticamente nudo…-.
-Hai ragione, hai ragione, scusa! Ti manca Saphira? Immagino di si!-.
-Puoi dirlo forte. Ma sai una cosa? Riesco a parlarle telepaticamente anche da qui, o scoperto. Un po’ come se fossi al telefono, ma non voglio morire senza averla rivista un’ultima volta-.
-Ti capisco e ti auguro di rivederla presto-.
 
 
 
-Beatrice Prior…- gridò Mitchell, mentre la ragazza faceva la sua entrata seguita dai riflettori.
-Tris, per favore- lo corresse lei.
-Oh, molto bene, Tris. Allora, arrivo subito al sodo: come hai deciso di allearti con Katniss e Peeta?-.
-Beh, Mitchll, le cosa è molto semplice: noi quattro siamo gli unici a non saper nulla di magia e poteri strani, per cui abbiamo pensato di unire le nostre forze contro un obbiettivo comune. Sai, è semplice logica e strategia!-.
-E tu te ne intendi parecchio di entrambe, non è vero? Insomma, tra i risultati del test c’era si Intrepida che Erudita, no?-.
-Sì, anche se parlarne mi fa ancora un po’ impressione, a maggior ragione davanti ad una telecamera. E poi, non so se l’hai notato… ma io e Katniss ci assomigliamo abbastanza!-.
-Sì, sì ho notato!- rise il presentatore – Se è così, allora, forse è meglio se evito di nominarti Hermione Granger. Katniss a quel nome è andata su tutte le furie. Beh, Tris… Sei stata addestrata per combattere, questo dovrà essere un gioco da ragazzi-.
-Oh, lo spero proprio, Mitch-.
-Sì, lo speiamo tutti in fondo, no? Un applauso per Tris, gente-.
 
 
-Tobias, ti va di spegarci perché “Quattro”?-.
-Beh, è semplice: perché ho solo quattro paure, undici in meno della media!-.
-Però, non male… da quello che so, anche Tris va forte!-.
-Assolutamente…-
-Scusa se ti interrompo, ma abbiamo poco tempo. Credi che gli Strateghi useranno le tue paure, o le paure di Tris, nei Giochi? Nel senso, le vostre sono quelle che sanno di sicuro-.
-Sì, è probabile in effetti, ma è anche per questo che abbiamo degli Alleati- rispose Tobias, leggermente più cupo.
-Mh, mi sa che qualcuno è meno entusiasta di Tris, di avere degli alleati, dico bene?-.
-Non fraintendermi- spiegò Quattro –Sono contento di avere due paia di occhi in più a guardarmi le spalle, ma ho paura che, una volta aver lavorato insieme ed esserci affezionati l’un l’atro… ammazzarci, poi, sarà difficle-.
-Sì, capisco il tuo punto di vista, ma sono certo che troverai il modo di uscire da questa situazione-.
 
 
-Daenerys Targaryen, Ultima del suo Nome, khaleesi, Nata dalla Tempesta, la Non-Bruciata, la Spezzatrice di Catene… insomma, se mi mettessi a snocciolare tutti i tuoi titoli finiremmo il tempo a disposizione, ma a quale di questi sei più affezionata?-.
-E’ difficile da dire, Mitchell… sai, mi sento tanto regina del popolo Dotraki quanto ultima erede della mia dinastia… non credo ce ne sia uno che possa qualificarmi meglio di un altro-.
-Già ti amo. Cosa ne pensi di Jon? E’ un bravo ragazzo?-.
-Oh, sì. La sua presenza mi ha aiutata tantissimo, ultimamente-.
-Sono contento di sentirlo, e dimmi, invece… tra te e Jorah…-.
-No, no assolutamente. Siamo solo amici! Lui non interessa a me e io non interesso a lui. Ne sono più che certa!-.
-Beh, se mi dai la tua parola di Targaryen ti credo!-.
 
 
-Hai già una tattica per domani, Jon?-.
-No, nulla di preciso, a dire il vero… sai, nulla all’infuori dell’allearmi con Daenerys-.
-Già che siamo finiti in argomento, che ne pensi di lei?-.
-Beh, Mitchell, ho come l’impressione di conoscerla già da tempo. Non posso allargarmi oltre a questo. Io sono comunque un Guardiano della Notte-.
-Oh, andiamo; come se questo ti abbia fermato, con Ygritte-.
Jon si fece cupo.
-Mi dispiace, non volevo essere indelicato. Mi dispiace per lei, e mi diapiace anche per il resto della tua famiglia, te lo giuro-.
-Grazie Mitchell, lo apprezzo!-.
 
 
-Susan… Dio, sembri appena uscita da una rivista, stai d’incanto!-.
-Grazie mille Mitch, anche tu non sei da meno!-.
-Avete sentito? Una regina di Narnia mi ha fatto un complimento. A proposito… Oso solo immaginare come sia stato andare là. Sai, dev’essere molto emozionante-.
-Sì, lo è stato, e devo ringraziare Lucy per questo, senza di lei sarei stata una persona qualunque. Lo saremmo stati tutti!-.
-Ma è vero che il tuo arco e il tuo corno ti sono stati donati da Babbo Natale?-.
-Assolutamente sì, è un tipo forte. Dovresti conoscerlo, di persona è completamente un’altra cosa-.
-Chissà, magari me lo presenterai tu, alla fine dei Giochi-.
-Assolutamente, ho intenzione di vincere!-.
-Adoro le ragazze motivate. Voi no?-.
I Fan applaudirono il loro assenso.
 
 
-Direttamente dal Distretto 9, Narnia… ecco a voi il figlio di Adamo più famoso, gente: Peter il Magnifico-.
Ma il ragazzo che entrò, sembrava tutto tranne che magnifico.
O meglio, fisicamente era uno schianto, nulla da dire, ma lo sguardo basso e malinconico mal si addiceva ad un fiero sovrano di Narnia che aveva guidato la sua patria alla vittoria in guerre importanti.
-Allora, Peter… Ti vedo abbacchiato, tutto bene?-.
-Sì, certo. Tutto bene-.
-Allora, raccontami, com’è stato combattere per la tua patria al fianco di Aslan, ed essere incoronato da lui sovrano?-.
-Indescrivibile-.
-Ti vedo di poche parole, ragazzo. Che c’è? Ti manca casa?-.
-Sì- rispose quello.
Il conduttore non provò neppure a tirare un po’ di più la corda, ne sapeva abbastanza da capire che non sarebbe servito a nulla.
-Facciamo un applauso di incoraggiamento a questo ragazzo, gente?-.
 
 
-Scusami, Nihal, ripeti l’ultima frase. Mi ero perso nei tuoi occhi viola!-.
Nihal sorrise in imbarazzo, ma ripetè – Ido è stato come un padre, per me, dopo che il mio vero padre è stato ucciso a Salazar-.
-Mi dispiace molto per Livon-.
Lei fece un freddo sorriso di circostanza.
-Però tu sei speciale, dico bene? Oltre ad essere l’ultima della tua razza ed essere consacrata a Shevrar sei anche una delle poche che è stata in grado di domare un drago appartenuto ad un altro cavaliere, giusto?-.
-Sì, Oarf… All’inizio mi faceva paura, ma poi ho avuto la meglio, su di lui-.
-Ti auguro di fare lo stesso domani- rispose Mitchell, con un sorriso caldo e rassicurante.
 
 
-Sennar, vieni qua. Mago, salvatore del Mondo Emerso, membro del Consiglio e ambasciatore presso il Mondo Sommerso. C’è qualcosa che non hai mai fatto?-.
-Fino a due settimane fa, ti avrei risposto la ceretta- scherzò quello.
-Giusto! Ti compatisco. Dimmi: conosciuto qualcuno, nel Mondo Sommerso?-.
-Sì, beh Mitch, ad essere sincero c’è stato un periodo, mentre ero laggiù in cui temevo che sarei arrivato a tradire Nihal-.
-E l’hai fatto?- il viso dell’intervistatore era un’esagerata maschera di sgomento.
-No, nonostante amassi Ondine non ho mai ceduto, ho sempre amato Nihal più di chiunque altro-.
Pritchett finse di asciugarsi una lacrima, mentre il pubblico acclamava tutta la sua commozione.
 
 
-Distretto 11: Melanie e Wanda, venite fuori-.
La ragazza che usciva dalle quinte aveva innaturali occhi azzurro-argentati e un vestito di seta azzurro ricamato d’argento.
-Allora, la prima domanda la faccio a Melanie: cosa hai provato quando Wanda è entrata nel tuo corpo?-.
-All’inizio la odiavo, ogni cosa a cui pensavo lei la riferiva, ma poi è diventata più empatica, ha iniziato ad aiutarmi… e siamo finite con l’essere amiche-.
-Che storia toccante, dico sul serio… Ma Wanda, tu eri costretta a fare cose che non volevi giusto? Tipo baciare Jared.-
-Sì, Mitch, Melanie e Jare stavano insieme, e io assecondavo i desideri di Melanie… ma a me lui non piaceva, preferivo Kyle, cosa che però non potevo dare a vedere-.
-Beh, suppongo che, se tu voglia vedere di nuovo Kyle, dovrai impegnarti nell’Arena-.
-E’ esattamente ciò che abbiamo intenzione di fare!- confermò Melanie.
 
 
-Jared, è stato difficile, per te, accettare Wanda?-.
-Non puoi capire quanto!- confermò il ragazzo.
-Fino a quel momento non avevamo mai sentito parlare di coscienze umane sopravvissute all’arrivo delle Anime, e invece Melanie era lì… e alla fine me ne sono reso conto-.
-Se ti trovassi ad essere da solo con Melanie, nell’Arena, cosa faresti?-.
-Credo che mi ucciderei, e chiederei a Wanda di impedire a Melanie di fermarmi. All’inizio soffrirebbe, ma poi capirebbe che sarebbe meglio così-.
-Arriverò a fine serata con gli occhi gonfi, se continuate con queste scene commoventi!- si lamentò Mitchell.
 
 
 
-Lyra, Pan… come state?-.
-Benone Mitchell- rispose Lyra.
Pa si limitò ad accoccolarlesi in grembo.
- Ho saputo che, alla fine di tutte le vicissitudini, Lyra, tu hai perso la capacità di leggere l’aletiometro, ma che stai studiando per riacquisire quella capacità. Come vanno, le cose?-.
-Piuttosto bene, ad essere sinceri. Sai, non sono più dei simboli senza senso, adesso riesco a cogliere il significato di quasi tutte le frasi più semplici, ma di certo non è come prima. Serafina mi ha detto che ci vorrà tempo, per quello-.
-Pensi di averne?-.
-Francamente sì. Io e Pan siamo fuggiti a tante cose, e anche alla Morte, una volta. Sono ottimista. Ma, nella peggiore delle ipotesi, adesso che so cosa c’è dopo, non sono molto spaventata! E questa sarebbe una cosa in più da raccontare a Senzanome… volevo dire… Alibenigne-.
-Ti auguro di poterle raccontare anche la fine dei Giochi, quando la incontrerai-.
 
 
-Will, Kirjava… Allora, siete stati contenti di rivedere Lyra e Pan?-.
-Sinceramente no- confessò il ragazzo, causando lo shock nel pubblico.
-Come no?!-.
-Beh, avrei dato di tutto per rivederli, e anche Kirjava. Ma non in un’occasione del genere! In ogni caso solo uno dei due avrà la possibilità di uscire vivo di qui, quindi tanto valeva rimanere ognuno nei propri mondi, ma vivi, per lo meno!-.
-Sono senza parole…-
-Vorrei esserlo anche io, Mitch… ma non lo sono! Questi sono Giochi sadici e privi di senso. Non bastava quello che abbiamo passato? Tutti noi?-.
-Will, ho paura che sia scaduto il tempo- cercò di interromperlo Mitchell.
-Me ne frego del tempo. Io voglio tornare a casa!-.
Mentre due uomini della sicurezza tutti muscoli trascinavano il ragazzo dietro alle quinte, il presentatore concluse la serata.
 
***
 
-E così, gente, avete conosciuto anche i nostri Tributi. Ricordatevi di scommettere e sintonizzarvi sul canale del Fandom, gratis in ogni Distretto. Tifate i vostri eroi, mi raccomando e… a domani. Per stasera è tutto, un saluto: Mitchell Pritchett-.

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Capitolo 10
*** Il Bagno di Sangue ***


Note dell’autore: Scusatemi tanto per la mia luuunga assenza, ma sapete, avendo una sorella bisognosa di aiuto in matematica che si riduce all’ultima settimana per fare i compiti, il tempo rimanente è poco. Oltretutto la lettura della Casa di Ade in inglese mi ha portato via un bel po’ di tempo.
*cough cough* NICO GAY! <3 *cough cough*
Ecco a voi il bagno di sangue: mi scuso in anticipo se ho fatto morire qualcuno per cui tifavate e amate causandovi un grave colpo, ma gli Hunger Games sono gli Hunger Games.
Grazie alle 11 persone che hanno recensito il capitolo precedente, e soprattutto a Serelly, Delta_Mi, Hope_the_Dreamer (e Leo<3) e power99 a cui dedico questo capitolo.
Un abbraccio forte anche a tutti i vecchi recensori e un bacio a Likeapanda (speriamo che la mammoletta abbia scritto bene anche stavolta), The_shipper_number1 (che mi ha fatto preoccupare con la sua assenza) e idkcheeky (che si è fatta strada tra i “soliti recensori”).
Preparate i fazzoletti, le menti e i cuori, Hunter :*
 
 
 
Per quanto si sforzasse e concentrasse, Lyra, non riusciva a sentire altro che il suo cuore, e quello di Pantalaimon, batterle in sincron nelle orecchie, producendo un rumore profondo e snervante.
Un miscuglio non ben definito di emozioni le si agitava dentro al petto, così da farla sentire come se una tempesta la stesse agitando dall’interno.
Come una di quelle che avevano fatto affondare tante navi Gyziane nelle storie di Ma Costa e Farder Coram.
Le mancavano, i gyziani, e le mancava il suo mondo.
Venne fatta salire su di un hovercraft, insieme con gli altri Tributi, diretti all’Arena.
Durante il volo, una Fan vestita da infermiera, iniettò qualcosa nel braccio di ognuno di loro.
-Che cos’è?- chiese l’elfa di nome Arya, quando l’infermiera arrivò a lei.
-Un rilevatore, servirà agli strateghi per vedere dove vi trovate all’interno dell’Arena- rispose la donna, affondando l’ago nell’incavo del braccio della ragazza dalle orecchie a punta.
Oltre che a Lyra e Will, iniettarono il rilevatore anche a Pan e Kirjava.
Will allungò una mano e strinse quella di Lyra in una morsa salda ed affettuosa fino a destinazione.
 
Una volta atterrata Lyra trovò il suo stilista ad attenderla con dei vestiti.
Mentre se li infilava lui spiegò –Vi fanno vestire a strati, segno che potreste trovare diverse temperature, nell’Arena, oppure simbolo di un’escursione termica elevata-.
Lyra si trovava ad indossare un paio di pantaloni, lunghi fino alle caviglie, con una zip all’altezza del ginocchio per trasformarli, eventualmente, in bermuda.
Nella parte superiore indossava una canottiera senza maniche bianca, sopra alla quale aveva una maglia di cotone a maniche lunghe grigio, e una giacca nera sopra a tutto.
Lo stilista le spiegò che anche i colori non erano casuali, e che erano studiati così da catturare o respingere i raggi solari: cosa che dava maggiore credibilità alla tesi delle differenti zone climatiche.
In fondo ad uno stretto corridoio si apriva una sala, di due metri quadri al massimo, al centro della quale vi era un cilindro di vetro ed una pedana circolare.
-Tempo rimasto: trenta secondi- disse una metallica voce femminile da un interfono invisibile.
-Farai meglio ad andare- suggerì il Fan, abbracciandola forte.
Lyra non provava grande simpatia, per lo stilista.
Dopotutto era un Fan, ed era anche colpa sua se si trovava in quella situazione; tuttavia, non si ritrasse.
-In bocca al lupo- le augurò.
 
***
 
La luce solare quasi accecò Percy.
Davanti a sé la Cornucopia era piena di oggetti utili ed armi, e poi, a raggio, tutto intorno a quella, oggetti sempre meno utili o invitanti.
A pochi metri dalla sua piattaforma, ad esempio, c’era un misero pacchetto di fiammiferi “Hestia”.
49… 48…
Percy si focalizzò sul contenuto della Cornucopia (piuttosto diversa da quella cha Jason e Piper avevano riportato dallo scontro con Acheloo).
Spade, archi, balestre, coltelli, tende e un sacco di zaini colmi di provviste e altre cose utili; poi oggetti ben più strani.
Un tridente in bronzo celeste (che sembrava chiamarlo persino a quella distanza), la sua Vortice, spade dall’aspetto singolare che sembravano forgiate in uno strano materiale cristallino e luminescente, una bussola grande quanto la sua mano fatta d’oro massiccio, uno stano coltello piuttosto piccolo e un po’ malandato, due bastoncini in legno finemente lavorati, un corno a forma di leone e una… pistola? Seriamente?
27… 26…
Percy si guardò intorno alla ricerca di Annabeth.
La figlia di Athena si trovava a tre posizioni da lui, alla sua sinistra, mentre il ragazzo, invece, era in mezzo a una ragazza dai capelli rosso fuoco e una dai capelli azzurri e le orecchie a punta.
4… 3… 2… 1…
Il figlio di Poseidone saltò giù dalla pedana e iniziò a correre disperatamente verso la Cornucopia.
Un’ agghiacciante rumore e un grido provenirono dalle sue spalle e non riuscì a trattenersi dal guardare.
La ragazza dagli strani occhi azzurro-argentati era distesa a terra, con la schiena piegata in un’innaturale posizione.
I due coniugi Cullen erano su di lei, affondando i loro canini nel suo collo e nei suoi polsi.
Lo spettacolo lo fece quasi dare di stomaco e, per un attimo, rivide Kelli, l’empusa.
Continuò a correre e, quasi inudibile a causa del suo respiro e battito cardiaco, sentì una voce maschile gridare il nome di Melanie, un altro verso strozzato, e poi nulla.
Non dovette voltarsi per capire che, il tributo compagno della ragazza aveva inutilmente tentato di salvarla, andando incontro alla medesima morte.
Percy e Annabeth arrivarono alla Cornucopia nello stesso istante, ma non per primi.
Per primo arrivò il ragazzo dai capelli dorati, che si fiondò subito sulle strane spade luminose che Percy aveva notato poco prima.
Il semidio afferrò Vortice, e si voltò per affrontare i tributi in arrivo.
-Annabeth, andiamocene!- gridò il ragazzo.
-Prima devo fare una cosa!- rispose la ragazza spingendosi più all’interno.
Il figlio di Poseidone la seguì preoccupato.
-Cosa vuoi fare?- chiese Percy.
Per tutta risposta la ragazza prese in mano una delle due bacchette e la spezzò.
Ovviamente non sarebbe stata Annabeth, se non avesse avuto un’idea geniale.
-Due maghi senza bacchette sono un pericolo minore- sorrise lei.
Una freccia sibilò accanto all’orecchio di Percy, che si ritrasse, facendo da scudo ad Annabeth.
Dietro di loro c’era una ragazza dai capelli scuri e gli occhi azzurri, con un fiero e tremendo sguardo negli occhi.
Allacciato alla cintura aveva il corno intagliato a forma di leone e, alle sue spalle, c’era un ragazzo dai capelli chiari che impugnava una spada da cavaliere a due mani.
-Li hai mancati, Susan- si lamentò quello.
-Dovevo abituarmi all’arco- rispose lei, senza smettere di fissare i due semidei –Stavolta non sbaglierò-.
Annabeth si guardava freneticamente intorno, in cerca di una via di fuga o di salvezza, ma non ce n’erano: erano in trappola.
Quando la ragazza incoccò la freccia, tuttavia, successe qualcosa di inaspettato.
Il ragazzo alle spalle di lei sgranò gli occhi, emettendo un rantolio sommesso e, dopo aver sputato un fiotto di sangue scuro e grumoso, si accasciò a terra.
L’elfa era alle sue spalle, feroce, con una spada in mano sporca di sangue.
Susan si voltò e gridò il nome del fratello, mentre l’elfa correva via a grande velocità.
Non velocemente abbastanza, tuttavia.
La freccia destinata a Percy o Annabeth finì nella sua nuca, dando il tempo ai due semidei di uscire e mettersi a correre verso il folto della foresta.
 
***
 
Quando Hermione riuscì a farsi strada fino alla Cornucopia, tra spari, frecce e lame affilate, trovò una brutta sorpresa, ad attenderla: la bacchetta di Harry era a terra, spezzata a metà.
In un lampo afferrò la sua, ma come si voltò per uscire trovò Katniss Everdeen con una freccia incoccata che puntava verso di lei.
Ebbe giusto un attimo per lanciare un incantesimo di protezione, che la freccia volava verso la sua fronte a diverse decine di chilometri orari.
Tuttavia l’incantesimo fu sufficiente a farla fermare a mezz’aria.
-Ti piacciono le frecce?- gridò la strega –Oppugno!-.
La freccia, colpita dall’incantesimo,  venne rispedita al mittente, col doppio della velocità, ma con molta meno mira.
L’altra ragazza, tuttavia, per evitarla, si lanciò a terra e questo diede ad Hermione il tempo di mettersi in salvo, con Harry alle calcagna.
 
***
 
-Lyra, attenta!- gridò Will, disperato, indicando la mezzelfa dai capelli azzurri alle sue spalle.
La ragazza, però, parve non aver sentito l’avvertimento, e continuò ad arrancare verso di lui.
A quanto pareva qualcuno l’aveva colpita malamente ad una gamba.
Will iniziò a correre verso di lei, continuando a gridarle di fare attenzione, che la guerriera era a pochi metri da lei, con la spada sguainata e rossa di sangue, ma lei continuava a non sentirlo.
Poi Will si accorse, con orrore, del perché.
Ad un tratto aveva sbattuto contro una parete invisibile, ma solida e dura come roccia.
Dietro alla giovane dai capelli azzurri e gli occhi viola c’era il suo compagno stregone, le mani puntate verso Will e un sorriso maligno sul viso.
Lyra non poteva sentirlo, era ferita, e lui non era in grado di raggiungerla.
-Lyra!- gridò ancora una volta, inutilmente, mentre il suo gatto-daimon graffiava sulla barriera magica nel disperato tentativo di aprirvi una breccia.
Alla fine Pantalaimon vide la mezzelfa, ma era ormai troppo tardi: la giovane donna alzò l’arma che impugnava e la infilzò con violenza nell’addome di Layra.
Mentre l’assassina correva via, Will si abbandonò a terra, acide lacrime gli irroravano il viso, mentre Lyra smetteva di respirare e Pan si riduceva a nient’altro che particelle nell’aria.
 
***
 
-Ti prego… Ti prego, non lasciarmi-.
Il terreno era viscido e umido di sangue e, tutto attorno alla Cornucopia, era disseminato di cadaveri.
Otto, in tutto, ma avrebbe voluto che ce ne fosse uno di meno.
Uno, non chiedeva altro.
L’assassino giaceva anch’esso a terra, morto, ma dal suo corpo non fuoriusciva sangue: non fuoriusciva nulla.
La sua morte lo faceva stare meglio, ma questo non riportava in vita la ragazza che stringeva tra le braccia.
Lacrime amare caddero dai suoi occhi e lasciarono due puntini umidi sulla maglia di cotone che portava.
-Ti prego- sussurrò ancora una volta, ma Clary non poteva più sentirlo.
La spada angelica piantata nel costato del vampiro stava lentamente bruciandolo e consumando quella che una volta era stata carne.
Jace sfiorò la fronte della ragazza con la propria e gemette.
Non aveva mai pianto da quando Valentine aveva ucciso il suo falco; mai, nemmeno una volta.
Ma ora il dolore era troppo grande per essere contenuto.
Strinse una ciocca rossa di capelli tra le mani e si abbassò a baciare le labbra, che stavano già cominciando a perdere il loro calore.
Passarono diversi minuti prima che lo Shadowhunter trovasse la forza d’alzarsi.
La vista era straziante: la ragazza era distesa in maniera scomposta, sul terreno, sporca di terra e di sangue non suo, con il collo spezzato.
Jace si strappò un lembo di stoffa dalla canottiera e ne ricavò una candida benda che pose sugli occhi chiusi della ragazza.
Candida seta per i nostri caduti…
Poi si mosse verso l’altro cadavere, quello del vampiro.
Estrasse la spada dalla sua gabbia toracica.
Dove la spada era infilzata c’era un cerchio carbonizzato piuttosto ampio.
Il nephilim affondò l’arma nel suo corpo senza vita altre due, tre, quattro volte.
Ovunque la lama avesse penetrato nel corpo marmoreo, la zona circostante iniziò ad annerirsi ed incenerirsi.
Forse erano diversi dai vampiri che conosceva, ma anche questi non andavano molto d’accordo con le lame angeliche.
Jace era rimasto solo, nella radura.
Sforzandosi di non guardare indietro si diresse verso il folto degli alberi, accompagnato da otto spari di cannone, senza neppure curarsi della candida testa decapitata sul suo cammino.
 
***
 
Appena avevano lasciato la Cornucopia la loro prima preoccupazione erano stati cibo e acqua.
Tobias aveva trovato un ruscello vicino ad una radura, così i quattro si erano dati da fare nell’allestire un rifugio per la notte.
Dopo diverse ore di lavoro erano riusciti a pescare qualche pesce e prepararsi per la notte.
Appena calò la notte il cielo brillò, dopodiché il simbolo del Fandom, un libro aperto circondato da un’enorme quantità di piccoli simboli, lasciò il posto all’immagine delle persone uccise quel giorno.
La prima era la ragazza dai capelli rossi del Distretto 3: il nome diceva Clarissa Morgestern.
Poi fu il turno di Edward Cullen, il vampiro.
-Qualcuno l’ha ucciso? Ma chi sarà stato?- si lasciò sfuggire Peeta.
-Probabilmente la sua compagna l’ha tradito- suppose Katniss, dura.
-Ne dubito- rispose Tris –Molto più probabilmente è stato l’ammazza-demoni. Il biondino. Suppongo che lui ne ha le capacità!-.
Aveva senso.
In cielo comparve l’immagine dell’elfa di nome Arya, Distretto 6, dopodiché fu il turno della giovane donna dai capelli bianchi del Distretto 8: Daenerys Targaryen.
-Immaginavo che sarebbe morta il primo giorno- confidò Tobias –Era incapace a combattere. Carismatica, devo ametterlo: ma il carisma non basta, nell’Arena-.
Dopo il ragazzo del Distretto 9, il re di Narnia, fu il turno di entrambi i Tributi del Distretto 11, Melanie e Jared.
L’ultimo volto era quello di una ragazzina, accanto al quale comparve la foto di una martora.
-E con questo siamo ad otto. Bene. Già un terzo dei Tributi sono morti, tra cui uno dei vampiri- constatò Tris.
-Faccio io, il primo turno di guardia- propose Tobias.
-Eh no!- sbottò la Ghiandaia Imitatrice.
-Scusami?- le rispose Beatrice –Perché ‘no’?-.
-Siamo in un’Arena dalla quale solo uno di noi uscirà vivo. Se permetti, nonostante l’Alleanza, non mi fido abbastanza da addormentarmi beatamente mentre un guerriero addestrato potenzialmente in grado di uccidermi nel sonno mi fa la guardia-.
-Ma come ti permetti…?- iniziò Tris.
-Ha ragione- la interruppe Tobias –Ieri sera ho detto che, con la collaborazione, ci saremmo affezionati l’uno all’altra e sarebbe stato più difficile, ucciderci. Quindi il ragionamento di Katniss ha senso: potrei ucciderli entrambi ora e prevenire l’affetto. Va bene, allora. Uno di voi due faccia la guardia con me-.
-Sto io- disse Katniss –Voi riposatevi, vi daremo il cambio tra qualche ora-.

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Capitolo 11
*** Frigidum et mortem ***


Note dell’autore: Lo so, lo so, lo so… sta passando sempre più tempo tra un capitolo e l’altro e ne sono profondamente dispiaciuto. Ma sapete, al quarto anno di classico, con professori pazzi che di rifilano compiti in classe di grammatica greca a sorpresa e un altro mezzo milione di materie da studiare… No, non è facile.
Ma oggi mi sono preso una pausa pensando ad ognuno dei miei amatissimi lettori, dicendomi che era mio dovere continuare a scrivere. Suppongo, purtroppo, che passerà ancora diverso tempo, prima del prossimo capitolo (pur promettendovi di aggiornare il prima possibile), quindi perdonatemi in anticipo.
Il capitolo avrà un passaggio un po’ macabro, vi avverto.
Vi amo tutti, e dedico questo capitolo a chiunque abbia recensito, anche solo uno, degli altri capitoli della storia.
A presto (greco e latino volendo), Hunter.
 
 
Era freddo.
Maledettamente freddo, tanto che la temperatura sembrava tutto fuorché naturale.
Nihal e Sennar si erano trovati un posticino tranquillo, in una piccola radura, all’interno della foresta.
Nonostante il gelo si erano guardati bene dall’accendere un fuoco, cosa che non avrebbe fatto altro che attirare gli altri Tributi.
Sennar era seduto a terra, la schiena poggiata contro il tronco di una massiccia quercia, alta almeno dieci metri.
Nihal era rannicchiata accanto a lui, con la testa azzurra appoggiata al suo ventre, in posizione fetale, per evitare la dispersione di calore.
Il mago le accarezzava distrattamente i capelli sottili, rimanendo sempre vigile al più minimo rumore.
Temeva che il ragazzino col gatto li avesse seguiti o rintracciati.
Nonostante fosse privo di poteri magici di alcun genere a Sennar faceva davvero paura.
Era forte, feroce e paziente, le doti di un vero guerriero.
Il mago non dubitava che, alla minima distrazione, se fosse davvero là attorno, avrebbe tagliato la gola ad entrambi.
Per di più, al contrario suo, il ragazzo poteva sempre contare sull’ottima vista notturna del suo gatto.
Nihal fece un movimento brusco, nel sonno, facendolo trasalire.
Il mago sorrise, nell’oscurità della notte.
Era oltremodo paranoico, si disse.
Certo, la situazione era quella che era, ma la sensazione d’essere osservato era semplicemente frutto della sua immaginazione e persuasione.
Non c’era nessuno, lì intorno.
Erano solo lui e Nihal, gli altri Tributi si erano sicuramente trovati dei loro ripari, facendosi vicendevolmente la guardia o piangendo le loro perdite.
Quale Tributo avrebbe potuto aspettare immobile, nell’ombra, con quel freddo, senza emettere il minimo rumore?
Il mago scosse la testa e si abbassò, portando le sue labbra alla fronte gelida della mezzelfa, per darle un bacio.
Successe tutto in una frazione di secondo: un fruscio di foglie, una mano sulla sua gola, che lo alzava da terra e scaraventava dall’altra parte della radura.
Cadde di schiena, tossendo ripetutamente per la morsa che gli aveva chiuso la trachea: una morsa salda come roccia.
Dietro di sé Nihal gridò.
Si costrinse a mettersi in piedi, incerto sulle gambe.
Nell’oscurità intravedeva de figure, in lotta.
-No, no. Sennar- gridava Nihal, affaticata e disperata.
Non l’aveva mai sentita così terrorizzata da quando, anni prima, Soana non l’aveva mandata da sola nel bosco.
-Nihal, sono qui- gemette il mago, me era troppo tardi.
Un grido agghiacciante lacerò il silenzio gelido della notte.
Con mani tremanti, Sennar, riuscì ad evocare una fiammella, la cui luce illuminò la scena.
La mezzelfa era a terra: dal cranio spaccato fuoriusciva rapidamente una pozza di scuro sangue scarlatto che andava a tingere l’erba circostante.
Le mancava l’occhio destro e, dall’orbita vuota, sgorgava altro sangue.
Il carnefice era ancora lì, una ragazza pallida, con lunghi capelli neri e penetranti occhi color rubino.
Sarebbe stata bella, se non fosse stato per le mani e il mento sporche di sangue.
Fu un flash: la vampira si lanciò verso di lui, ma il mago trasformò la piccola fiammella in una colonna verticale di fuoco ruggente.
L’assassina fu rapida abbastanza da evitarla, ma la parte sinistra del volto rimase comunque carbonizzata dalle fiamme magiche.
Mentre quella, gemente, fuggiva verso il folto della foresta e Sennar si lasciava cadere, piangendo, a terra, un cannone esplose in lontananza.
 
***
 
Jon aveva acceso un vivo fuocherello e si stava scaldando.
Non aveva mai sentito un freddo tale, nemmeno alla Barriera.
O forse sì: difficile da capire senza la sua pelliccia e la sua divisa da Guardiano della Notte.
Magari era davvero molto freddo, o magari era semplicemente lui ad essere molto poco coperto.
Non riusciva a togliersi dalla testa quell’immagine orribile, che continuava ad inseguirlo e perseguitarlo ogni qual volta chiudeva gli occhi.
Il ragazzo con gli occhiali tondi e la stana cicatrice in fronte che afferrava una spada, con l’elsa tempestata di rubini e la roteava in aria.
Jon aveva vissuto abbastanza con i Corvi da vedere le abilità di qualcuno, e quel ragazzo non ne aveva, cosa che gli faceva montare ancora più rabbia.
La lama tagliente che si abbatteva impietosa sul collo della ragazza Targaryen, congelandogli l’espressione in una smorfia sorpresa e imbrattandole di rosso i capelli candidi come neve.
La cosa che, più di tutte, gli faceva rabbia, era quella di non essere stato in grado né di proteggere Dany, né, tantomeno, di vendicarla.
Il ragazzo con la cicatrice gli era stato portato via dalla sua compagna-strega proprio quando Jon aveva trovato una spada degna di quel nome.
Lungo Artiglio era ai suoi piedi, sguainata, e la lama lucida rifletteva le fiamme guizzanti del fuoco, creando dei giochi di luci sui tronchi circostanti.
Un rumore catturò la sua attenzione, strappandolo dai ricordi.
-Chi è là?- sibilò Jon, alzandosi in piedi e puntando la spada davanti a sé.
La figura uscì dagli alberi, con le mani alzate.
Le mani e il collo erano segnate da strani simboli, e gli occhi dorati riflettevano i giochi delle fiamme come la lama della spada.
Ma erano occhi diversi.
Erano occhi tristi, rispetto a quelli che Jon aveva visto per due settimane, occhi arrossati, cerchiati.
Ciononostante non abbassò la spada.
-Cosa vuoi?- chiese Snow.
-Compagnia. Alleanza- rispose l’altro ragazzo.
La risposta lasciò Jon stupito.
-Sono serio, non ho intenzione di ucciderti né nuocerti. Lo giuro sull’Angelo. Voglio solo stare al caldo e avere un alleato. Se non mi credi uccidimi, ormai puoi farmi solo un favore-.
Snow abbassò la spada, e gli fece segno di sedersi.
-Anche la tua compaga è..?- chiese Jace, dopo un po’-
Jon annuì.
-Sono stati i vampiri?- chiese il Nephilim.
-No, il mago con la cicatrice in fronte- rispose Jon.
-Ho un patto da proporti, Jon Snow- esordì Jace.
La sua voce non aveva più il timbro scherzoso, suadente, caldo e saggio di prima; era una voce fredda, dura, vendicativa, rotta.
-Ti propongo di stringere un’alleanza che duri il tempo sufficiente per uccidere la ragzza-vampira e il ragazzo con la cicatrice. Dopodichè, ognuno per la sua strada-.
Il Cacciatore allungò una mano.
Jon la guardò intensamente per qualche secondo e infine, fissando l’altro ragazzo negli occhi, la strinse con vigore.

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Capitolo 12
*** Acqua e sangue ***


Note dell’autore: Ed ecco a voi il nuovissimo, sadicissimo capitolo. Non so, sinceramente, come sia. Vengo da una notte di quattro ore e mezza di sonno, dopo un’intensa campagna di Dungeons and Dragons. E sono anche in lutto, visto che il mio personaggio di DnD è morto. Scusatemi, sto divagando. Fosse per me scriverei solo questa, ve lo giuro, ma andatelo a dire a Cicerone ed Erodoto D:
Ah, beh… però vi prometto che la porto a termine, parola mia.
Dedico questo capitolo a una persona che conosco da pochissimo tempo P.A.P.
Credete al colpo di fulmine? Perché io ne ho avuto uno.
Scusate se non ho aggiornato domenica scorsa, ma ero al Romics.
Chiunque ci fosse stato e abbia visto/fatto una foto con un pazzo biondo con il cos play da Instagram, sappia che ero io.
Beh, fine dei divaghi vari.
Buona lettura e alla prossima, un bacio.
Hunter :)
 
 
 
Ovunque, nel Fandom, la domanda “Hai visto cosa sta succedendo?” era sulla bocca di tutti.
I Fan erano accaniti spettatori del nuovo show televisivo, e era stato creato un vero e proprio circolo di scommesse in tutte le più grandi città di ogni distretto.
Fan in lacrime, con trucco sfatto e capelli scarmigliati, che si aggiravano per le strade piangendo la morte dei loro Tributi preferiti, Fan trionfanti, felici che i loro Tributi preferiti fossero ancora vivi, o che quelli meno apprezzati fossero morti.
Tuttavia non solo loro seguivano il programma con assiduità e apprensione.
Ogni altro cittadino del Fandom rimaneva le ore, incollato allo schermo, pregando che i loro amici, o concittadini tornassero vivi da quel sadico torneo.
-Dobbiamo aiutare Jace- sbottò all’improvviso Simon.
Gli occhi arrossati dai molti giorni di pianto, come, d’altronde, tutti quelli degli altri presenti.
-E come?- chiese Emma, aggrottando le sopracciglia.
Dalla morte di Clary lei e gli altri Blackthorn erano arrivati a New York da Los Angeles, come sostegno morale e per aver qualcuno con cui condividere il dolore della grave perdita.
-Potremmo mandargli qualcosa di utile. I Fan non si sono premurati di dargli anche uno stilo. Cosa che gli farebbe discretamente comodo!- esclamò il ragazzo, passandosi una mano tra i ricci castani.
-Non è un’idea malvagia- concordò Alec, alzandosi a sua volta a sedere.
Da quando Jace era laggiù si sentiva totalmente inutile.
L’Angelo faccia a me questo e anche peggio se altra cosa che la morte mi separerà da te, diceva il giuramento, ed ora loro due erano entrambi vivi, ma divisi, e non c’era nulla che Alec potesse fare.
Ora, avere qualcos’altro a cui poter pensare e da fare, che fosse utile al suo parabatai sembrava una manna dal cielo.
-Costa tanto- mormorò Magnus –Uno stilo, intendo. Non viene proprio dieci dollari-.
-Lo so- sbuffò l’Ascendente.
-Dov’è il problema?- chiese Tiberius, staccandosi dalla parete e muovendo qualche passo verso il centro della stanza –Faremo una colletta. Non solo noi, ma ogni Shadowhunter o Nascosto che voglia partecipare, potrà farlo. Noi, nostro zio, Fratello Zaccaria, Theresa Gray, Maia, Lily, Malcom Fade, Catarina Loss… tutti loro potranno aiutarci. Per non parlare dei Penhallow e tutte le altre famiglie di Nephilim che hanno amato Jace e Clary. Non siamo in pochi, potremmo anche farcela-.
Fece un sorriso asciutto, mentre guardava negli occhi ognuno dei presenti.
 
***
 
-Fermiamoci qui un secondo- propose Annabeth.
Il sole picchiava molto forte, come se Apollo in persona fosse deciso a far evaporare ogni singola molecola d’acqua presente nei loro corpi, ma la figlia di Athena sapeva che gli strateghi stavano influenzando la temperatura.
-Sì, ho bisogno di riposarmi un secondo e, magari, mangiare qualcosa- concordò Percy, mettendosi a sedere.
La testa gli roteava come una trottola, e solo la presenza di Annabeth gli impediva di crollare.
I due estrassero una mela dallo zaino, e il ragazzo la affettò a metà con la lama di bronzo celeste della sua spada.
Ad un tratto avvertitono un gemito acuto e poco distante, che li fece scattare entrambi in allarme.
Non ebbero neppure il bisogno di chiedersi l’un l’altro se lo avessero sentito.
All’improvviso, il figlio di Poseidone, avvertì anche un secondo suono, più musicale, ritmico e costante.
Non appena capì di cosa si trattasse si sentì rinascere: un fiume.
Poco distante da loro c’era un fiume e magari, se erano sufficientemente fortunati, l’acqua era anche potabile.
L’unico inconveniente era, come il terzo gemito ricordò loro, che non erano soli.
Il semidio guardò la sua ragazza negli occhi le fece segno di seguirlo, in silenzio.
Si spostarono verso ovest, e gli alberi si fecero mano a mano più radi, fino a quando non sparirono del tutto lasciando il posto ad una sponda erbosa.
Il fiume era poco più largo di cinque o sei metri, poco profondo, e con un’acqua cristallina.
I due semidei erano sul punto di precipitarsi a riempire le borracce, quando videro la causa dei rumori lamentosi di poco prima.
Un ragazzo dai capelli biondicci, sporchi e appiccicati al volto e al collo, era sdraiato a terra, dall’altra parte del fiume, a torso nudo, con un taglio sul petto aperto e sanguinante.
Con un arco, forse, sarebbero stati in grado di finirlo e arrivare tranquillamente all’acqua, ma loro non avevano un’arco.
L’altro ragazzo sì.
E poi non erano molto felici all’idea di uccidere un umano: finchè si trattava di mostri era un altro paio di maniche.
Percy sentì dei bisbiglii provenire da davanti a lui, ma non riusciva a cogliere il senso di ciò che il ragazzo stesse bisbigliando.
-Riesci a capire cosa dice?- chiese il ragazzo ad Annabeth.
-Cosa dice chi, Percy?- domandò di rimando la ragazza, aggrottando le sopracciglia confusa.
-Il… il ragazzo, ah, lascia perdere- rispose il figlio di Poseidone.
Magari se lo era immaginato, o magari il rumore della corrente non aveva fatto cogliere il sussurro ad Annabeth.
Qualsiasi opzione fosse, era irrilevante.
I due fecero per andarsene, ma evidentemente gli strateghi li stavano tenendo d’occhio ed avevano deciso che sarebbe andata diversamente, perché una barriera invisibile impediva loro di indietreggiare.
Percy pestò un piede ad Annabeth, che fece un verso strozzato di dolore, che mise in allarme il ragazzo.
Il biondino, dall’altra parte del fiume, scattò in piedi ed incoccò una freccia.
Un curioso bisbiglio ancora invadeva la mente di Percy, ma ancora non ne riusciva a cogliere il senso, anche se adesso era chiaro che non provenisse dal ragazzo.
Il sangue della ferita sul petto dell’altro iniziò a correre rapido, macchiandogli il ventre e gli addominali di rosso cremisi.
-Cosa volete da me?- gridò quello, che ora Annabeth riconobbe: era Eragon.
 
***
 
Sentiva il cuore martellargli nelle orecchie.
Pessima cosa, la tachicardia, con quella ferita aperta sul petto.
L’unica cosa che riusciva a pensare era che Arya era morta e che, per quanto ne sapeva, potevano averla uccisa anche quei due Tributi là davanti.
-Nulla, noi, volevamo bere. Poggia l’arco a terra, amico.- fece il ragazzo dai capelli mori posando la spada a terra.
La ragazza bionda alle sua spalle fece altrettanto con il proprio pugnale.
Pessima scelta.
-Assassini!- gridò, folle.
Eragon scoccò la freccia, sicuro che avrebbe centrato un bersaglio così facile.
Ma andò diversamente.
Con suo grande stupore un tentacolo d’acqua di levò dal fiume, intercettando il suo dardo, per poi colpirlo al fianco sinistro.
Non se lo aspettava, e perse l’equilibrio, cadendo nel torrentello.
L’acqua era appena sufficiente a coprirlo, e piuttosto calma.
Un vero fiume, profondo ed impetuoso, sarebbe stato un problema, ma questo… era appena un canaletto.
Eppure, tiratosi a sedere, vide un espressione di orrore dipinta sul volto dell’altro ragazzo.
Il tempo si dilatò e rallentò.
Vide il semidio muoversi lentamente verso di lui, lungo l’argine, proprio un secondo prima che una scarica di dolore lancinante gli partisse dal fianco sinistro, per irradiarsi in tutto il corpo.
Gridò, ma fu come sentire qualcun altro, in un’altra stanza, che urlava.
Una seconda fitta lo colpi alla coscia destra, e una terza allo stesso piede.
Guardò giù, e vide l’acqua tinta di un rosso slavato.
Poi un’altra fitta, e un’altra ancora, fino a che ogni parte del suo corpo immersa in acqua non divenne un unico insopportabile dolore.
Provò ad alzarsi e fuggire a riva, ad appena un metro da lui, ma perse l’equilibrio, scivolando anche con la faccia sotto il peso dell’acqua.
L’ultima cosa che sentì era Saphira, disparata, che gridava il suo nome nella sua mente.
 
***
 
Quando Percy iniziò a capire cosa le voci stessero dicendo era, ormai, troppo tardi.
Mannngiare, addentttare, carrrne, sssangue…
Poi il ragazzo cadde in acqua, e il figlio di Poseidone capì di averlo condannato a morte.
Il primo piranha guizzò verso la preda quasi immediatamente.
Percy vide il sangue spargersi nell’acqua, e a quel punto era troppo tardi.
In una decina di secondi del ragazzo non rimanevano che le ossa e il colorito rasato nell’acqua del fiume.

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Capitolo 13
*** Guerrieri della notte e fuoco del Cielo ***


Note dell’autore: Okay, penso che stavolta non abbiate dovuto aspettare troppo, per il nuovo capitolo, no? Beh, eccovelo. Fatemi sapere cosa ne pensate visto che, all’ultimo, hanno recensito solo in quattro. T_T
Anyway, dedico questo capitolo a tutti coloro che hanno messo questa storia tra le preferite.
A presto, Hunter
 
 
-Ne è morto un altro- annunciò Tris secca, sedendosi accanto a Tobias, addormentato, e scrutando Katniss nel pallore della luce lunare.
Sempre che quella fosse davvero la luna.
-Chi?- chiese l’altra ragazza, sistemandosi la treccia a un lato della testa.
-Il ragazzo biondo, il cavaliere di draghi, mi pare-.
Calò il silenzio.
Nessuna delle due ragazze era un tipo molto socievole e loquace.
Tris era sul punto di aprire la bocca e parlare, ma Katniss alzò la testa di scatto e la bloccò.
Si mise un dito davanti alle labbra e poi si indicò l’orecchio.
“Hai sentito?”.
Tris scosse la testa e rimase in ascolto; all’inizio non sentì nulla, ma poi lo avvertì anche lei.
Sembravano dei passi di qualcuno che stesse cercando di fare meno rumore possibile.
Katniss, muovendosi lentamente, incoccò una freccia e mirò verso la fonte del rumore, ma quello prontamente sparì.
La foresta, attorno a loro, era tornata immobile, silenziosa e fredda.
La Ghiandaia Imitatrice rimase con la freccia puntata, ma senza vedere né sentire il bersaglio Tris si chiedeva come fosse possibile che lo avrebbe preso.
All’inizio nessuna delle due ragazze lo vide: e come avrebbero potuto?
Il manto del gatto era nero come le tenebre, e l’animale era silenzioso in modo quasi soprannaturale, ma poi i suoi occhi felini catturarono un raggio di luce, brillando come lanterne nella notte.
Ciò che accadde dopo fu una serie confusa di eventi, uno dopo l’altro.
L’attenzione delle due venne attirata dall’animale e, non appena le due si voltarono verso di esso, un ragazzo uscì dalla boscaglia, saltando sulla spalle di Tris, mentre una freccia sibilante passò a pochi millimetri dal volto di Katniss.
Beartice si dimenò, per liberarsi del peso sulla schiena, ma un forte e penetrante dolore si impadronì del suo fianco destro, mozzandole il respiro in gola e facendola gemere di dolore.
Il rumore dello scontro, tuttavia, svegliò Peeta e Tobias che, non appena si resero conto della situazione, si fiondarono ad aiutare le due ragazze.
Non appena qualcuno, presumibilmente Tobias, levò il ragazzo dalle spalle di Tris, la ragazza si accorse di star perdendo sangue dal fianco.
Molto, sangue.
Una seconda freccia volò dal fitto degli alberi, conficcandosi, questa volta, nella gamba buona di Peeta, che cadde a terra.
Stavolta Katniss rispose con una freccia, ma non vedendo l’arciere, era difficile colpirlo.
Con la vista annebbiata dal dolore, e la testa che girava per la rapida perdita di sangue, Tris vide il suo ragazzo abbattersi sul tizio che l’aveva attaccata.
Quello tentava di rispondere agli attacchi, ma aveva perso la sua arma, e riusciva (e neppure troppo bene) a difendersi dai pugni di Tobias.
Beatrice si guardò attorno e vide l’arma caduta di mano al ragazzino: un coltello, piccolo e con una lavorata impugnatura a forma di angelo, con la lama sporca di sangue che catturava i raggi della luna, tanto che sembrava emettere luce lui stesso.
La ragazza, tenendosi il fianco premuto con la mano sinistra, provò ad afferrare l’arma con la destra, ma una freccia, la terza che veniva scoccata dalla foresta, le inchiodò la mano al terreno.
Dopo un primo moneto di shock il dolore si impadronì anche della sua mano, facendola gridare.
Tobias si voltò per capire cosa fosse successo, ma così facendo diede solo la possibilità di fuggire al suo rivale, che, allontanatolo con un calcio all’altezza dello stomaco, si dileguò nel folto degli alberi, seguito dal suo gatto.
Prima che scomparissero del tutto nella foresta, tuttavia, Katniss riuscì a colpire la zampa posteriore dell’animale con una delle sue frecce.
 
***
 
Bip. Bip. Bip.
Un piccolo paracadute argentato, al quale era legato un pacco leggermente più grande del solito, cadde dal cielo.
Il primo che lo vide fu Jon.
-Ehi, guarda- indicò il Guardiano della Notte, avvicinandosi cautamente.
Lo raccolse e notò che c’era attaccato un biglietto.
Non appena lo aprì Jon capì che il pacco non era per lui, dato che non era in grado di leggere… qualsiasi cosa il biglietto dicesse.
-Jace, suppongo sia per te- disse, passando il pacco e il biglietto e il pacco al Nephilim.
Quello lesse ad alta voce – Ekdìkese, J.-.
Era greco, significava “Vendetta”.
Appena aprì il pacco ne capì il senso.
Dentro c’era un piccolo oggetto cristallino, intarsiato di rune angeliche: uno stilo.
Cominciò con il farsi un paio di rune che lo rimettessero in sesto e che gli donassero un po’ di forza e velocità aggiuntive, tutt’altro che inutili.
-Andiamo. Adesso sono pronto- disse il Nephilim dai capelli dorati, alzando lo sguardo sul suo alleato.
-Cosa hai fatto?- chiese l’altro.
-Sono delle rune, segni magici donatici dall’Angelo che servono a renderci più forti, veloci, a farci guarire e un sacco di altre cose-.
-Beh, allora che aspetti?! Falle anche a me!- disse Jon, scoprendosi l’avambraccio
-Tu devi essere matto. Tracciarle sulla pelle di un individuo che non fa parte degli Shadowhunters, significa condannare quell’individuo ad una morte certa e orribile-.
L’eccitazione svanì dagli occhi scuri di Snow.
Quella sera il cielo mostrò loro per chi era stato sparato il colpo di cannone, la notte prima.
Il volto di una ragazza, con corti capelli biondo cenere, venne proiettato sul cielo artificiale dell’Arena.
 
La vampira attaccò senza preavviso.
Di punto in bianco Jace era passato da un tranquillo dormiveglia all’eccitazione da battaglia.
La luce che emanò la spada angelica, dopo che il Nephilim ebbe nominato “Nithael” il nome dell’angelo a cui la lama era consacrata, mostrò loro che il volto del loro aggressore era stato sfigurato dalle fiamme, ma anche che, adesso, sembrava più un pezzo di legno mezzo bruciato, piuttosto che un essere umano gravemente ustionato.
Jon estrasse la spada e menò un fendente alla creatura, ma il metallo non riuscì neppure a scalfire la pelle marmorea della creatura.
Quella, tuttavia, aveva occhi solo per Jace, che le si scagliò contro a spada tratta.
Lei si spostò, con grande velocità, ma non a sufficienza perché lo Shadowhunter non riuscisse a colpirle comunque il braccio.
Dalla ferita apertasi iniziò a salire del fumo.
La donna, ammesso che così la si potesse ancora chiamare, ringhiò, e si avventò sul ragazzo dai capelli biondi.
Gli diede un colpo tanto forte che lo fece volare a diverse decine di metri di distanza, addosso ad un albero.
Jon sentì un suono sordo, come di qualcosa che si rompeva, e Jace smise di muoversi.
La vampira sorrise, e si mise ad avanzare lentamente verso il ragazzo steso a terra.
Il primo impulso di Jon fu quello di fuggire: se non ce l’aveva fatta Jace, allenato tutta la vita per questo genere di cose e con armi che potevano affettivamente ferire la creatura… che possibilità aveva lui?
Ma poi pensò che era proprio ciò che lei si aspettava.
Guardò a terra e vide la spada di Jace, abbandonata vicino allo strano oggettino ricevuto quel giorno.
Li raccolse entrambi.
Isabella Swan si voltò verso di lui, con i suoi occhi neri e il volto sfigurato.
Jon la attaccò senza pensarci, con un fendente della spada cristallina colpì il petto della creatura, sul quale si aprì un altro taglio fumante.
Quella perse l’equilibrio e cadde di schiena.
Jon non ci pensò due volte: le piantò la lama nel ventre, inchiodandola al suolo.
Quella iniziò a dimenarsi, e altri fumo uscì dalle sue ferite, ma non poteva toccare l’impugnatura dell’arma senza bruciarsi, e, di conseguenza, non poteva liberarsi.
Ciononostante non dava il minimo segno di voler morire.
Jon prese, allora, l’altro oggettino e, tenendole ferme le gambe, le alzò la maglia scoprendole la pancia.
Alzò gli occhi e guardò Jace, dopodiché riprodusse uno dei disegni che aveva sul collo, sul lembo di pelle scoperto di lei.
Quella che un tempo era stata carne iniziò ad annerirsi e creparsi e fumare, trasformandosi in carbone e cenere.
Il dolore pare paralizzarla, e Jon approfittò nuovamente.
Ripetè lo stesso disegno sulle sue mani, e sul collo di lei.
Ben presto non rimase che un ammasso di materiale annerito e fumante al cui centro era piantata una spada angelica.
Jon corse dal suo alleato, ancora a terra, e gli mise un dito sulla gola.
Sentendo il battito si tranquillizzò.
Rimase accanto a lui per tutta la notte, fino a quando Jace non aprì gli occhi.
Per quando gli iratze, le rune curative, ebbero fatto effetto e Jace potè nuovamente camminare, il sole era bello alto nel cielo.
-Come hai fatto a ucciderla?- chiese il Nephilim, meravigliato.
-Le ho disegnato quel simbolo addosso cinque o sei volte, e il disegno l’ha consumata e carbonizzata- rispose Jon, indicando il simbolo nero all’altezza della gola dell’altro.
-A proposito, che significa?- aggiunse, dopo un minuto di silenzio.
-Potere Angelico; le hai disegnato la rune del Potere Angelico. Non c’è da meravigliarsi che sia morta. Probabilmente, se funziona come con i nostri vampiri, deve aver sofferto orribilmente, prima di diventare cenere-.
Nel dirlo, Jon, non notò nel ragazzo alcun segno di pietà o compassione, anzi… pareva piuttosto compiaciuto all’idea che la vampira se ne fosse andata soffrendo.

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Capitolo 14
*** Bloody night ***


Note dell’autore: Sì, sì. Lo so. Mi dispiace tanto di aver fatto passare così tanto tempo, prima di questo capitolo, ma sono stato davvero impegnato, tra scuola e… e altro.
Beh, vediamo. Mi mancavate, devo essere sincero! Spero che possiate apprezzare questo capitolo.
Questo capitolo lo dedico a tutti coloro che hanno una guerra da combattere, non importa di che tipo.
A big kiss to everyone, Hunter :*
 
La note precedente era stata a dir poco stressante.
Hermione ed Harry non erano riusciti a dormire neppure per un istante.
A quanto pare gli Strateghi avevano giudicato che loro due erano poco divertenti da seguire, così si erano decisi a rendere la notte precedente una delle peggiori di sempre.
Tutto era cominciato con l’ologramma a forma di Sirius, seguito a ruota da Dobby, Fred, Colin, Piton, Silente e tutti i morti cari ai due, caduti negli anni del ritorno di Lord Voldemort.
Poi quelli si erano messi a parlare, incolpando Harry di aver causato la loro morte, e questo aveva fatto avere una bella crisi di nervi, al ragazzo.
Neppure la magia di Hermione, strega formidabile, era stata utile per cancellare le immagini, o, alle peggio, i suoni.
Poi la terra si era messa a vomitare tarantole, che erano cresciute parecchio.
Non alle dimensioni di Aragog, fortunatamente, ma sicuramente a quelle di Grattastinchi.
Harry ne aveva uccisa qualcuna con la spada di Godric, ed Hermione si era data da fare con vari incantesimi; ma per ognuno che uccidevano, parevano comparire altri dieci.
Arrivarono sulla riva di un fiume, e fu solo quello a salvarli.
Harry si stava per tuffare, ma Hermione si accorse che l’acqua era infestata di piranha, così le venne l’idea.
Con un rapido movimento di bacchetta congelò la superficie del lago e lei ed Harry lo attraversarono.
-Scongelalo, Hermione!- gridò Harry, ma la ragazza non si mosse.
I ragni iniziarono a camminare sulla lastra congelata.
-Hermione, stanno arrivando!- insistette il mago.
Ma l’amica non fece ancora nulla, spettò che la maggior parte di essi si trovasse sul ghiaccio, prima di far tornare il fiume nella sua forma liquida.
Gli aracnidi caddero in acqua e i voraci pesci li dilaniarono e uccisero.
-Sei geniale- sbuffò Harry, riprendendo fiato.
-Sì, strega. Sei geniale!- aggiunse una voce femminile, alle loro spalle.
Come si voltarono trovarono Katniss e Quattro dietro di loro.
La Ghiandaia Imitatrice aveva una freccia, incoccata, puntata alla fronte di Hermione.
 
***
 
-Lyra…- sussurrò Will, accarezzando il morbido e lucido pelo di Kirjava.
-Lyra, ti penso ogni notte, lo sai? Non posso credere che tu sia morta, non sul serio. Non così- continuò, il ragazzo.
Susan dormiva pochi metri più in là, sotto un albero, con l’arco accanto.
Will la temeva: soprattutto dopo la notte prima, quando avevano attaccato la Ghiandaia e gli altri.
Quando lei aveva ucciso la Divergente in modo così brutale.
-Spero che tu mi senta, Lyra. Ovunque tu sia, in questi alberi, nei loro fiori, o in qualche altro mondo, a prendere parte ad una nuova vita-.
Susan si mosse, nel sonno, e Will rimase zitto per qualche minuto.
-Io e Kirjava vi vendicheremo, Lyra. Uccideremo quel mago, a costo della vita. A costo di non rivedere mai più Oxford, Mary o Serafina. Non mi importa di morire. Perché, dopo la morte, ogni particella di me cercherà ogni particella di te, e la troverà. E nessuno potrà più separarci. Vivremo per sempre insieme, nei fiori, nelle rocce, nelle libellule e nei frutti-.
William Parry si alzò e guardò la luna, la cui luce si riflettè, sfavillante, sulla lama del suo coltello.
-Ma non potrò farlo, se lei mi ucciderà- soffiò, infine.
Si voltò verso Susan, e le si avvicinò con passo felpato.
Il colpo fu netto e veloce.
La ferita piccola, pulita, ma efficace.
La ragazza non ebbe neppure il tempo di accorgersene.
Senza un suono, senza un lamento o un gemito, rimase lì, immobile, mentre il suo stesso sangue macchiava i suoi vestiti ed il terreno.
Will le prese le provviste e l’arco, si mise la faretra a tracolla e si allontanò nella notte.
Il cannone diede l’ultima buonanotte alla regina di Narnia.
 
***
 
-E così, alla fine, eccoti nel mio mirino- sorrise Katniss, soddisfatta.
Harry provò a sollevare la spada, ma Tobias sparò un proiettile contro la lama argentata, e quella volò in acqua: nel territorio dei piranha.
-Dì addio, Granger- rise Katniss, scoccando la freccia.
Hermione chiuse gli occhi e aspettò la morte.
Sentì un grido.
Stava gridando?
Non se ne era neppure accorta.
Aprì gli occhi, e vide Harry, davanti a lei, che si accasciava a terra.
Una freccia gli spuntava dal petto, come un grottesco virgulto, e una macchia scura si allargava sulla parte superiore della magia.
Katniss stava incoccando una seconda freccia, e Quattro stava alzando la pistola su di lei.
Non ce l’avrebbe mai fatta, se non fosse stato per il cannone.
La sparo, improvviso, squarciò la notte, facendo sobbalzare i due, e dando alla maga il tempo necessario per reagire.
Dopo un muto incantesimo di protezione, alzò la bacchetta verso Katniss.
Tobias sparò il colpo, ma quello tornò indietro, ferendolo all’avambraccio.
-Stupeficium- gridò Hermione.
L’incantesimo volò dalla punta della bacchetta della ragazza, potente ed efficace.
La Ghindaia venne sbalzata all’indietro, battendo la nuca sul tronco di un albero.
Un crac poco rassicurante accompagnò l’impatto.
Con le lacrime agli occhi, la ragazza si abbassò per scoccare un ultimo bacio alla guancia del suo migliore amico.
Poi, singhiozzando, sparì nell’oscurità della notte, inseguita dallo sparo di due cannoni

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Capitolo 15
*** La quiete prima della tempesta ***


Note dell’autore: Sì, okay, è passato così tanto tempo dall’ultimo capitolo che molti di voi non ci speravano nemmeno più. Lo so. Ma provate a fare il liceo classico con un esercito di pazzi come professori e poi ne riparliamo. Sono stato un po’ occupato anche col mio coming out, oltretutto. (Sì, mi dispiace per tutte coloro che mi avevano chiesto in matrimonio). Ad ogni modo, non è un blog personale. E’ una fan fiction, giusto? E allora adiamo col capitolo!
Hunter.
 
Peeta doveva ammetterlo: quando aveva saputo di Katniss era stato sicuro che non sarebbe passato molto prima di raggiungerla a sua volta.
Insomma, Tris era morta, Katniss era morta…
Ora che la causa del legame tra loro e gli Intrepidi era svanita, si sarebbe aspettato che Tobias lo uccidesse anche se non avesse avuto la gamba ferita.
Invece il ragazzo, dopo avergli dato l’orrenda notizia, spense il fuoco, raccolse tutti gli utensili e le provviste in una sacca, diede la sua pistola a Peeta e se lo caricò in spalla.
Non era la prima volta che gli capitava.
Durante i 75esimi Hunger Games, Finnick aveva dovuto fare la stessa cosa.
Ma la scena gli risultava comunque strana.
Quattro lo lasciò a terra dopo una ventina di minuti, stremato: avrà anche avuto la sua buona dose di muscoli, ma Peeta non era comunque un peso piuma.
-Mi… mi dispiace per Katniss- ansimò, guardando il ragazzo dai capelli biondi.
Il Ragazzo del Pane fece un sorriso amaro per fargli sapere che apprezzava.
-Non si meritava quella fine- aggiunse Tobias, riprendendo un po’ di fiato.
-No. Nemmeno Beatrice- rispose l’altro, mesto –Nessuno la meritava-.
Passarono una decina di minuti durante i quali nessuno dei due parlò, ognuno immerso nei propri ricordi, ognuno a crogiolarsi nel proprio dolore.
-Perché non mi hai ucciso?- chiese Peeta, dopo un po’
Tobias lo guardò storto.
-Non mi fraintendere-si affrettò ad aggiungere Peeta –Sono contento che tu non l’abbia fatto. Solo, non ne capisco il motivo. Siamo onesti, io ti sono solo di peso e tu non volevi neppure allearti con noi…-.
-No. È vero- ammise l’Intrepido, guardandolo –Io non volevo allearmi con voi. E sì, mi sei solo di peso. Ma ormai siamo una squadra, e io non volto le spalle ad un alleato solo perché mi converrebbe.-
Il tono dell’Intrepido era duro, ma sollevò un peso dalle spalle dell’altro..
Altro silenzio.
Peeta si aspettava di dover replicare qualcosa, ma non sapeva cosa dire senza sembrare sciocco o banale.
Dopo qualche minuto si accorse che il respiro di Quattro si era fatto regolare e che la luna aveva smesso di specchiarsi nei suoi occhi, ora chiusi.
 
***
 
Sennar era stato svegliato dal suono dei cannoni, che avevano squarciato la notte come ruggiti di mostri.
Il campo magico in cui si era chiuso per riposare al sicuro era svanito.
Tanto valeva muoversi, decise.
Evoco una piccola luce che gli illuminasse il sentiero e scelse una direzione a caso.
Le sue dita corsero più di una volta alla cicatrice che aveva sulla guancia.
Gliela aveva lasciata Nihal, anni prima, in un momento di rabbia.
Aveva fatto male, all’epoca; non sulla pelle, più in profondità, nei sentimenti, nell’anima.
Ma ora era l’unica cosa che gli restava della sua mezzelfa.
Camminando si mise a ricordare la prima volta che l’aveva incontrata: una bambina prepotente, nella città di Salazar, della Terra del Vento, che si vantava del suo nuovo pugnale.
Ricordò la faccia di lei quando, con un incantesimo semplicissimo, era riuscito a vincerlo e portarglielo via.
L’espressione che aveva avuto nel constatare che la zia, dalla quale era andata per apprendere i rudimenti della magia, altri non era che la sua maestra.
Ricordò della notte in cui era andato a trovarla nel bosco, per farle coraggio.
E poi a cascata tutto il resto: il Mondo Sommerso, il viaggio per il Talismano del Potere, la guerra contro il Tiranno…
Un fruscio lo riportò alla realtà.
Evoco due sfere infuocate, che gli si misero a volteggiare intorno alle mani.
-Non attaccare- supplicò una voce femminile.
-Vieni fuori- le intimò lui di rimando, abbassando le mani ma senza far sparire le sfere incandescenti.
La ragazza uscì allo scoperto.
Sennar notò che aveva le guancie rigate di lacrime e la divisa sporca di sangue quasi secco.
La bacchetta fu l’ultima cosa che notò, ma quando lo fece tornò ad alzare la guardia.
-No, fermo, ti prego. Non voglio farti del male- gridò lei.
-Buttala a terra- ringhiò lui, tra i denti.
La strega obbedì.
-Sei… un mago vero?- chiese Hermione.
Sennar annuì, senza smettere di tenerla d’occhio.
-Ho bisogno di un alleato- sentenziò lei, asciugandosi le lacrime con la manica.
Il mago cercò di non darlo a vedere, ma era sollevato.
Aveva disperatamente bisogno di un’alleata, e il fatto che fosse una strega era solo un punto in più a suo favore.
Ma cercò di non far trapelare la propria disperazione.
-Dov’è il tuo amico?- chiese Sennar, ricordando di non aver mai visto la sua faccia proiettata in cielo e temendo immediatamente di essere stato tanto ingenuo da finire in una trappola.
La ragazza non rispose, distogliendo invece lo sguardo e mordendosi il labbro.
-Era… uno di quelli per cui ha sparato il cannone, non è vero?- chiese lui, più dolcemente, facendo ora sparire le palle infuocate.
Hermione annuì, ripetutamente.
Cadde in ginocchio e cominciò a piangere sonoramente.
 
***
 
Kirjava tornò indietro silenziosamente.
-Via libera- sussurrò.
Will si alzò da dietro il cespuglio e sgattaiolò fuori.
La foresta era immersa in una calma sovrannaturale.
Non si muoveva una foglia, non soffiava vento, non friniva un insetto.
Nulla.
Erano rimasti in sette e, con un po’ di fortuna, qualcuno aveva fatto fuori il mago dai capelli rossi.
Ma poi si pentì di quel pensiero.
Sarebbe stato lui a doverlo uccidere.
Lui, e lui solo ad affondare la sua lama nel petto di quello e vederlo spegnersi come un qualunque mortale.
Per un momento si pentì di aver aperto le porte della morte: quanto avrebbe voluto che Alibenigne, anzi, Senzanome, tormentasse l’anima di quell’assassino in eterno.
Ma se non l’avesse fatto, anche l’anima di Layra avrebbe condiviso la stessa sorte.
E non voleva questo.
All’improvviso Kirjava si fermò e soffiò agli alberi sopra di loro, ma era troppo tardi.
Due corpi caddero dalle chiome frondose, atterrando Will ed immobilizzandolo.
Il ragazzo sentì Kirjava miagolare ferocemente e soffiare.
Alzò la testa, per implorarle di non farsi prendere, ma gli mancò il fiato e capì che era, di nuovo, troppo tardi.
Si sentì come se qualcuno gli stesse tenendo in pugno l’anima (cosa piuttosto simile alla verità).
-Non… Non la toccate- ansimò, turbato nel profondo.
Toccare il daimon di qualcuno era impensabile.
-Certo, come no- ridacchiò una voce maschile.
Il corpo di Will cominciò a tremare, nonostante il peso di qualcuno sopra di lui.
-Jon, lascia il gatto- disse una seconda voce.
Will si sentì improvvisamente libero, nonostante si trovasse ancora schiacciato ed immobilizzato.
Con quanto fiato aveva in corpo gridò al suo daimon di correre via, e quella ubbidì, seppur Will avvertisse quanto ciò gli spezzasse il cuore.
-Visto, Jace? Che ti aspettavi succedesse? Che si facesse legare?- si lamentò la prima voce.
-Va bene così. Hai paura di un gatto?- chiese la seconda.
Will si sentì tirare in piedi da un paio di mani forti, calde e callose.
-Chi siete?- chiese il ragazzino.
-Ehi, qui siamo noi a fare le domande, intesi?- chiese la voce che aveva associato al nome Jace, il ragazzo che lo aveva immobilizzato e che lo stava saldamente trattenendo.
-Dove andavi?- chiese Jon.
Ma Will tacque.
Se solo fosse riuscito a prendere il suo pugnale….
-Con chi sei alleato?-.
Il ragazzino tacque ancora, in imbarazzo, pensando alla ragazza che aveva ucciso ne sonno.
-Chi cerchi?-
Se allungava le dita, Will riusciva a sfiorare l’impugnatura del coltello.
Con una rapida mossa, Jace gli sfilò il coltello dalla cintura e lo lanciò via.
-O rispondi o Jon ti uccide- disse, abbassandosi verso l’orecchio del ragazzino.
Allora quello parlò.
E, come un fiume in piena raccontò di come il mago dai capelli rossi avesse ucciso Lyra, e di come si fosse alleato con la ragazza con l’arco, di come avessero ucciso la Divergente, la notte prima, e di come avesse ucciso la sua alleata nel sonno.
-Anche noi siamo alleati per vendetta- disse Jace, alla fine del suo racconto.
-Se lo vorrai, potrai unirti a noi. Sennò…- e così dicendo lo lasciò -…sei libero di andare a cercare la vendetta per conto tuo. Noi non ti fermeremo-.
Jon sembrava tanto sorpreso quanto Will.
Ma il ragazzino non diede il tempo a ripensamenti: si mise a correre verso il bosco, raccolse il suo coltello e sparì tra gli alberi.

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Capitolo 16
*** Ad ogni azione... ***


Note dell’autore: Un altro capitolo? Così presto? Ebbene sì. Volevo stupirvi con effetti speciali. Nonostante pochissimi di voi abbiano recensito l’ultimo capitolo (grazie a Scorpion550, best_alex e la mia The_shipper_number1 per le recensioni) ho deciso di cercare di andare avanti, adesso che posso.
Godetevi lo spettacolo *risata sadica*
Hunter
 
La luce grigia dell’alba iniziò a rischiarare il cielo.
Le dita di Hermione erano aggrappate alla bacchetta come se fosse un’ancora di salvezza per evitare di essere portata alla deriva dalle correnti del dolore.
La morte di Harry le aveva causato un dolore tale che le era sembrato che una ferita gli avesse squarciato il petto e che il cuore fosse fuggito da quella nuova apertura.
Si era addormentata scossa dai singhiozzi e, quando Sennar l’aveva svegliata per farsi dare il cambio, le sue guancie erano rigate da minuscoli granelli di sale: ciò che rimaneva delle lacrime che l’avevano accompagnata nel mondo onirico.
Da quando aveva montato la guardia si era imposta di non piangere e ci era riuscita, ma ciò che non era riuscita a fare era stato lenire il dolore che la attanagliava.
Amava Ron, con tutto il suo cuore, ma Harry era stato per lei un fratello, così come lei era stata, per lui, una sorella.
Poco distante da lei, sul bordo opposto del cerchio protettivo, Sennar si mosse, mugulò e aprì gli occhi.
Quando guardò la ragazza i tendini sul collo si tesero e qualche scintilla luminosa guizzò intorno alle sue dita, ma poi, ricordandosi che erano alleati, si rilassò e si lasciò cadere nuovamente con la testa appoggiata allo zaino.
Nessuno dei due disse nulla, limitandosi a dividere una pagnotta, ormai dura, e fissare chi la radura, chi il cielo.
-Mi ha salvato la vita- disse la ragazza dopo un po’, con voce rotta e incrinata.
Il mago dai capelli rossi non seppe cosa rispondere; a dire il vero non sapeva neppure, con certezza, se Hermione stesse parlando con lui, o avesse semplicemente  espresso un pensiero a voce alta.
-La Ghiandaia mirava me, e io lui mi ha fatto scudo col suo corpo. Mi ha salvato dalla morte quando io, ormai, mi ero arresa. Mi ha dato la possibilità di tornare a casa-.
Sennar rimase in silenzio.
Capiva cosa si provava, il desiderio di togliersi quel peso dalle spalle, dal cuore.
La lasciò parlare.
Hermione alzò la testa, verso il cielo terso e gridò –Mi dispiace, Ginny. Mi dispiace. Non era questo che volevo. Mi dispiace-.
Sennar si alzò, e mosse qualche passo incerto verso di lei.
Le si inginocchiò accanto e la abbracciò timidamente, finchè non si cambiò.
 
***
 
Annabeth aprì gli occhi per trovarsi la faccia di Percy a circa dieci centimetri dalla sua.
Cacciò un urlo.
Ora, Percy era un bel ragazzo, per carità, con quegli occhi verde mare e i capelli neri, ma ritrovarselo a distanza così ravvicinata appena sveglia… beh, sarebbe potuto essere anche Eros in persona.
-Percy! Ma che stai facendo?- esclamò la ragazza, mettendosi a sedere.
Il ragazzo inclinò la testa da un lato.
-Devo dirti due cose. La prima: quando dormi sbavi anche tu. Non tanto, ma lo fai!-.
Le labbra di Annabeth si incresparono in un sorriso.
-La seconda, Testa d’Alghe?- chiese lei, tirandogli un lieve pugno sulla spalla.
-La seconda…- disse il ragazzo, ora più serio –E’ che potrei conoscere qualcuno che può aiutarci-.
 
-Ma perché non me lo hai detto prima?- gridò Annabeth, fuori di se dallo choc.
-Ero… preso dai giochi. Non ci ho pensato!- ribattè il figlio di Poseidone.
-Non intendevo quello. Intendevo prima prima. Quando eravamo ancora a New York.- sbottò lei, incrociando le braccia.
Gli occhi color del ferro incupiti dalla rabbia.
-Gli avevo detto…- provò a scusarsi Percy.
Annabeth alzò un dito, zittendolo.
Respirò profondamente, chiuse gli occhi e contò fino a dieci.
-Sei sicuro che potrà aiutarci? Che funzionerà?- chiese la figlia d’Athena, ora calma.
-No, ma meglio tentare e morire lo stesso che morire senza aver tentato-.
Annabeth decise che era un ragionamento logico.
-Okay, come si fa?- chiese la ragazza, spingendo una ciocca d’oro dietro l’orecchio.
Percy non lo sapeva.
Non con assoluta certezza, quantomeno.
Non ci aveva mai provato e non era sicuro che nell’Arena avrebbe funzionato.
Si guardò il palmo: era sporco e livido, ma per il resto sembrava normale.
Ma il ragazzo sapeva che c’era di più, qualcosa invisibile che lo aveva sempre accompagnato.
Il figlio di Poseidone si riempì i polmoni d’aria frizzante e pronunciò un nome: Carter.
Sul suo palmo apparve uno strano disegno azzurro luminoso, una specie di occhio.
-Ma quello è…?- chiese Annabeth senza parole.
-L’Occhio di Horus. Sì- confermò Percy, serio.
 
***
 
Il ragazzo si svegliò, madido di sudore.
Fuori era ancora buio e i rumori di Brooklyn erano attutiti dalle finestre.
L’East River brillava al riflesso della luce della luna.
Eppure c’era qualcosa di strano, qualcosa che non andava.
Poi capì cos’era: il proprio nome, che gli rimbalzava nella testa in tono urgente.
Per un attimo pensò che fosse uno dei suoi iniziati, o Sadie, che lo chiamava da dietro la porta.
Ma poi realizzò che era una voce diversa, solo nella sua mente; una voce maschile che aveva già sentito.
Si alzò dal letto per sciacquarsi la faccia e il pensiero arrivò come un fulmine a ciel sereno.
-Percy!- disse, rivolto al proprio riflesso, in bagno.
 
***
 
Will si arrampicò senza troppa fatica sull’albero.
Le mani erano coperte da graffietti superficiali, ma lui non diede grande peso alla cosa.
Kirjava si acquattò su un rametto lì vicino.
-Perché ti hanno lasciato andare?- chiese la gatta, dopo un breve silenzio.
Era stata felice di rivedere Will, soprattutto dopo che era fuggita come una codarda, ma la cosa non le tornava.
Temeva che i ragazzi li stessero seguendo, che fosse una specie di gioco sanguinario e sadico.
D’altronde, erano nell’arena: la cosa non l’avrebbe stupita così tanto.
-Non lo so- rispose il ragazzo –Ma che importanza ha? Sono libero, no?-.
Kirjava annuì, mesta, ma non ne era sicura.
William cacciò una mano nella sacca e ne estrasse due pezzetti di carne secca.
Uno lo mangiò, mentre diede l’altro a Kirjava.
La carne sembrava stargli dando nuovo vigore; sentiva il formicolio che gli correva lungo la schiena.
Dovettero passare alcuni istanti prima che si rendesse conto di quanto fosse strana, quella sensazione.
I brividi si allargarono lungo tutta la schiena e le braccia, il torso e il collo.
Iniziò a scuotersi e grattarsi.
Infilò una mano nel collo della divisa e, quando la estrasse, se la ritrovò piena di formiche rosse grandi quattro volte una formica normale.
Gridò e fece un movimento brusco, cadendo dall’albero.
Una volta a terra, nonostante la caduta gli avesse strappato il fiato dai polmoni, si rotolò furiosamente, cercando di scacciare o schiacciare le bestiacce e liberarsene.
Ma quello ebbe l’unico effetto di farle imbestialire.
Gli insetti iniziarono a mordere con le loro tenaglie affilate, e ogni morso sembrava uno spillo infilato nella carne di Will.
Il ragazzo si strappò la maglietta di dosso, gridando.
Quando si alzò per fuggire le formiche erano ormai sparute o morte, ma il suo corpo era lacero e sanguinante, e la schiena era decorata con un intricato motivo cremisi.
 
***
 
Percy se ne stava in riva al fiumiciattolo, intento ad arrostire uno dei piranha assassini che infestavano le acque del torrentello.
Doveva essere quasi mezzogiorno.
Ogni tanto lanciava fugaci occhiate ad Annabeth, ma la ragazza se ne restava in disparte, silenziosa.
Percy sapeva cosa stava pensando: era amareggiata che il piano non avesse funzionato.
Come lo era lui, del resto.
Fece una smorfia rassegnata, sfilò il bastone dal pesce e lo adagiò su una foglia larga a mo’ di piatto di fortuna.
-Il pranzo è pronto- disse, avvicinandosi alla ragazza cautamente.
-Non so se mi piace, l’idea di mangiare un pesce che potrebbe aver mangiato un essere umano- borbottò lei.
Percy fece una smorfia.
-Nemmeno a me, ma abbiamo finito le provviste e non abbiamo alternative-.
Si sedette accanto a lei e appoggiò il “piatto” tra loro.
-Per gli dei, e quello cos’è?- esclamò la figlia di Athena di punto in bianco.
Il tronco di un albero, davanti a loro, si era trasformato in una specie di vortice di sabbia.
I due semidei si alzarono, con le armi in mano.
Forse era un trucco degli strateghi.
Poi la cosa sputò due figure: un ragazzo dalla pelle scura con riccioli castani e una spada decisamente singolare e una ragazza, dai capelli biondi striati di porpora e un lungo bastone bianco in mano.
 
 

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Capitolo 17
*** ... corrisponde una reazione ***


Note dell’autore: *si guarda attorno*
*si schiarisce la gola*
GENTE SONO TORNATO! (dopoappenacinquemesicirca)
Ma l’importante è che sono tornato, no?
No?
Okay, davvero, chiedo venia.
Dedico il capitolo alla mia sorella gemella gracewalker, The_shipper_number1 (vedi cara, non sono morto), Scorpion550 e LolaKastle22.
Mi siete mancati.
Hunter.
 
 
-Ho fame- sentenziò Jace, lapidario, giocherellando con lo stilo, schiena appoggiata al tronco nodoso di un albero e gambe stese davanti a sé.
-Sì, sì. L’ho capito Herondale! E’ la terza volta che lo ripeti- sbottò Jon, poco distante, asciugandosi il sudore dalla fronte col dorso della mano e tornando a cercare di scuoiare il coniglio che l’altro aveva ucciso, un’ora prima.
Aveva la pellaccia ben ancorata alla carne, il batuffolino di pelo.
-Non lo avrei detto così tante volte, se ci avessi messo di meno a spellarlo- mugugnò Jace.
Jon alzò gli occhi al cielo esasperato e poi lo fulminò con un’occhiataccia.
Il cacciatore fece finta di non accorgersene.
-Sto solo dicendo- continuò Jace, imperterrito –Che ci si aspetta che un Ser Condottiero delle Guardie dell’Oscurità di Westros sappia spellare un coniglio-.
-Oh dei!- esclamò Jon, lasciando cadere coniglio e coltello a terra –Punto primo: non ne hai detta una giusta. Io sono il Lord Comandante dei Guardiani della Notte di Wes-te-ros! Non quelle cavolate senza senso che hai detto tu-.
Il nephilim fece un gesto beffardo come a dire “come dici tu”.
-Punto secondo- proseguì Jon –Io so spellare un coniglio.
Jon si voltò e continuò nel suo lavoro ingrato.
-Non mi pare- commentò a bassa voce, focalizzando l’attenzione sulle proprie unghie.
Non passarono tre secondi che qualcosa di viscido, umido, peloso e non esattamente morbidissimo, lo colpì in pieno volto.
Prese la carcassa mezza spellata del coniglio per le orecchie e guardò Jon, che imprecava, allontanandosi.
-Ehi, dove stai andando?- gli chiese il biondino.
-A cercare della legna per il fuoco- gli gridò l’altro di rimando –Se passo ancora un minuto con te ti uccido-.
Jace fece scattare gli occhi da Jon al coniglio e viceversa.
-Beh, amico. Siamo rimasti solo noi due, a quanto pare- disse rivolto al coniglio morto –Vediamo di dare un senso alla mattinata-.
Raccolse il coltello insanguinato di Jon e iniziò a finire di spellarlo.
 
***
 
-Come?!-.
Il capo degli Strateghi entrò nella stanza con tempestiva furia.
Prese uno degli Strateghi più giovani per il colletto della giacca e lo lanciò via dalla sua postazione, prendendone il posto.
-Sto aspettando- disse, con voce freddamente calma, facendo scivolare il suo sguardo tagliente su ognuno dei presenti.
Si alzò una ragazza, sui diciassette anni, che iniziò ad arrossire fin dal momento stesso in cui il suo fondoschiena si staccò dalla sedia della sua postazione.
All’improvviso, tutti gli altri iniziarono a trovare i propri monitor, il pavimento o le proprie scarpe tremendamente interessanti.
-Ti ascolto- disse il capo Stratega.
-Non avevamo calcolato la magia egiziana- confessò lei –Avevamo pensato che, essendo estranei alla faccenda, non avrebbero interferito-.
Il capo Stratega annuì diverse volte, si alzò in piedi e si avvicinò alla ragazza, facendo scorrere l’indice sulle scrivanie degli altri, lungo il tragitto.
La Stratega si paralizzò, deglutendo un paio di volte.
-Quindi, vediamo se ho capito bene. Sono passato da avere più della metà dei Tributi morti, e me ne arrivano un altro paio, fresco fresco che aiuta l’unica coppia di Tributi ancora viva?- la voce del capo Stratega era melliflua.
La ragazza annuì.
-Ah- rispose solo, il capo Stratega, avviandosi verso la porta.
-Alzate le difese anche contro la magia egizia, mettete le restrizioni che abbiamo messo agli altri- ordinò lapidariamente –Io vado a parlare con Mitchell Pritchett per risolvere questa situazione-.
Le dita degli altri Strateghi iniziarono a battere veloci sulle tastiere.
Arrivato sulla porta, il capo Strategha si battè il palmo sulla fronte, e ruotò sui tacchi.
-Ah, già. Quasi dimenticavo. Fate pentire i semidei di aver chiesto aiuto, e i maghi di aver risposto alla chiamata-.
 
***
 
Lentamente riprese conoscenza.
Ricordava il formicolio, gli insetti che gli si arrampicavano su per le membra, il dolore e le allucinazioni.
Ricordava di aver visto Kirjava diventare Pantalaimon, poi lo scimmiotto dorato della madre di Layra, poi Sayan Kotor, il daimon di suo padre.
Poi gli sembrava di essere di nuovo a Cittagazze, si vedeva circondato di spettri, che lo inseguivano ovunque andasse, cercando di svuotarlo.
Poi aveva perso i sensi.
-Va tutto bene?- chiese una voce femminile.
Will scattò a sedere, cercando il coltello con la mano.
-Cerchi quello?-chiese la ragazza, indicando la Lama Sottile.
Il ragazzo guardò l’arma, cercando di capire se avesse delle possibilità di scartare l’altra e arrivare al coltello, ma poi vide Kirjava.
La gatta era tra l’arma e la ragazza, che dava le spalle al daimon, e faceva cenno a Will di non attuare il suo piano.
Il ragazzo non capiva, ma si fidava, così desistette.
-Sono Hermione Granger. Ti ho trovato svenuto in mezzo al bosco, sei stato privo di sensi per due giorni- le spiegò la ragazza.
Will pensò che dovesse essere una ragazza sciocca: perché aiutarlo quando avrebbe semplicemente potuto ucciderlo?
Sarebbe stato di gran lunga più logico e sensato.
Un avversario in meno a cui pensare.
Una possibilità in più di tornare a casa.
-Sei sola?- chiese Will, con voce roca.
-No- rispose lei, spingendolo delicatamente di nuovo straiato, e puntandogli la bacchetta contro il petto nudo.
Will notò che non aveva più nemmeno i graffi di dove le formiche lo avevano morso e punto.
-Il mio alleato è andato a fare un giro di ricognizione, e vedere se riesce a trovare qualcosa per cena- spiegò la strega.
Come nominò il suo alleato, Will avvertì la rabbia di Kirjava come fosse la sua.
-Chi è il tuo alleato?- chiese Will, credendo di conoscere, tuttavia, la risposta.
Una figura sbucò dagli alberi.
-Oh, vedo che il ragazzino si è svegliato- commentò, con poco entusiasmo.
-E’ lui, Sennar- disse Hermione, indicando il mago dai capelli rossi che aveva ucciso Layra
 
***
 
Per qualche breve, meravigliosa ora, Annabeth si era addirittura dimenticata che si trovasse nell’Arena.
Senza cannoni, senza attacchi e coi nuovi arrivati, Carter e Sadie, così interessanti e simpatici, avrebbe quasi potuto illudersi che fosse una normale uscita pomeridiana con degli amici a Central Park.
Carter, una persona con la testa decisamente più sulle spalle di sua sorella Sadie, aveva spiegato come Brooklyn fosse sotto al dominio di dei diversi di quelli dell’Olimpo, più antichi.
Di come il mondo fosse diviso in Nomi (no, Percy. Non come il plurale di “nome”) e di come ci fosse un gruppo di maghi a capo di ognuno di loro.
Di come, per loro, la Madre Terra fosse, in realtà, un Padre Terra, e di come non fosse un pazzoide schizzato che aveva provato a spazzare via tutti i semidei.
Si raccontarono ognuno le proprie avventure, i greci contro Crono e Gea, gli egiziani contro Apophis.
A quanto pareva Sadie era l’Occhio di Iside e Carter di Horus… ma era decisamente diverso dall’essere semidei.
Quando Sadie raccontò di Anubis, Annabeth e Percy si ritrovarono ad esclamare all’unisono –Ehi, ma potrebbe essere il fratello maggiore di Nico!-, e ridere come matti.
I Kane, non capendo, li fissarono imbarazzati.
Ma poi la magia si infranse di colpo.
Senza che se ne rendessero conto il cielo si era coperto da nuvolone nere.
All’improvviso un arco di candida energia elettrica schizzò dalle nuvole e colpì il suolo al centro dei quattro.
Non colpì nessuno, ma nessuno volle testare il modo di dire secondo il quale i fulmini non cadono due volte nello stesso punto.
Si misero a correre.
Purtroppo, però, in due direzioni diverse.
Annabeth e Carter lungo il letto del fiume, Percy e Sadie verso il bosco.
-Carter!- lo chiamò Annabeth.
Il ragazzo si voltò e si fermò a sua volta.
-Dove sono Sadie e Percy?- chiese il ragazza, allarmato.
-Non lo so, li abbiamo persi, ma non so dove!- rispose Annabeth, dovendo gridare per sovrastare il rumore del temporale che era appena scoppiato.

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Capitolo 18
*** Notte col botto e mozzafiato ***


Note dell’autore: Okay, lo so. Faccio sempre passare secoli tra un capitolo e l’altro, ma da ora a settembre mi impegnerò ad aggiornare con intervalli meno lunghi! Permettetemi di dedicare nuovamente il capitolo a gracewalker, che mi fa un’instancabile pubblicità, e a tutte le sue amiche che hanno cominciato a leggere la mia ff.
E permettetemi di dedicarla anche a Endergreen347 (che sennò mi si offende) e ad A (no, non –A di Pretty Little Liars; il mio A).
Finite le dediche.
Passiamo al capitolo.
 
 
 
 
Dopo aver letto il messaggio, contrassegnato con “Massima Urgenza e Priorità”, Mitchell Pritchett liquidò la ragazzina che glielo aveva portato con un gesto della mano e fece ruotare la sedia in modo che vedesse il proprio riflesso allo specchio.
Si leccò il polpastrello del pollice destro e se lo passò sulle sopracciglia fulve.
Con le dita sottili si sistemò il nodo della cravatta e la giacca color grigio madreperlato.
Soddisfatto del risultato sorrise alla propria immagine allo specchio, che gli restituì un sorriso a trentadue candidissimi denti, e si alzò.
L’aria era fresca e odorava di cipria e lacca per capelli.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli rossi, quasi pietrificati dalla quantità esagerata di spray che vi era stata applicata al fine di tenerli ben fermi.
Arrivò alla Sala Riunioni 4F, come era stato scritto sul messaggio, e spinse la porta senza nemmeno bussare.
La stanza era tanto spartana quanto all’avanguardia.
L’unico mobile era un grande tavolo, stretto ma piuttosto lungo, con il piano d’appoggio touch screen.
Al tavolo erano seduti almeno una ventina di strateghi, tutti impegnati a digitare velocemente sulle loro tastiere digitali.
Una delle due sedie a capotavola era vuota, per cui il Presentatore vi prese posto senza neppure chiedere il permesso.
L’altra era una poltrona girevole che dava le spalle sia al tavolo che alla porta d’ingresso della Sala Riunioni 4F, ed era girata verso la parete occidentale, coperta di una decina di schermi ad alta risoluzione che mandavano le riprese dei Giochi in tempo reale.
-Finalmente sei arrivato- commentò piatto il Capo Stratega, senza voltarsi verso Pritchett.
-Sono venuto non appena ho potuto- mentì il rosso, accavallando le gambe sotto il tavolo.
La poltrona girevole ruotò e Mitchell poté vedere Il Capo Stratega ghignare.
Sapeva benissimo che il Presentatore non aveva avuto nessuna fretta ad arrivare.
Lo sapevano entrambi.
-Allora, qual è il motiva di questa tempestiva convocazione?- chiese Pritchett, incrociando le dita davanti a sé.
Il Capo Stratega lanciò un’occhiata alla ragazza alla sua sinistra e quella iniziò a parlare.
-I semidei sono riusciti ad eludere i nostri sistemi di sicurezza e introdurre i due giovani maghi Kane nell’Arena. Anche così separati potrebbero essere sufficientemente forti per far saltare la barriera e mandare tutto all’aria-.
Il Presentatore annuì, aspettando quella parte.
Con il Capo Stratega c’era sempre quella parte.
Giusto per dare la soddisfazione alla povera ragazza, Pritchett chiese –Quindi cosa proponete di fare?-.
-Mettiti comodo, signor Presentatore- disse il Capo Stratega, con un ghigno per nulla rassicurante che gli incurvava le labbra sottili –Questa ti piacerà un sacco-.
 
***
 
Ben presto le nuvole nere si propagarono in tutto in cielo artificiale dell’Arena, e un fortissimo acquazzone scoppiò ovunque.
Il rumore dell’acqua e i tuoni rendevano quasi impossibile udire in qualsiasi altro suono, e le nuvole erano così fitte e scure che solo i lampi e i fulmini erano in grado di portare un po’ di luce nella vallata.
Hermione e Sennar erano stati in grado di creare un riparo magico abbastanza in fretta da evitare che qualcuno di loro fosse bagnato fradicio.
Tuttavia l’umidità aveva reso i capelli di Hermione gonfi e un po’ più ricci della solita chioma castana ondulata, la maglietta di Will aderiva fastidiosamente al corpo, tanto che decise di toglierla e Sennar, che aveva preso più acqua di tutti, correndo sotto la prima pioggia a recuperare tutte le provviste, aveva i capelli scuriti dall’acqua e con delle minuscole goccioline delicatamente posate sulle punte, che scintillavano alla luce del fuoco magico acceso da Hermione.
-Voi ragazzi avete più bisogno di dormire di me. Andate a riposare, vi sveglierò fra un paio d’ore- disse la strega.
Ciò detto puntò la bacchetta contro se stessa e sibilò qualcosa simile ad “Impervius” e uscì nell’acqua battente.
Sennar si coricò subito dopo, sdraiandosi sull’erba asciutta del rifugio, dando le spalle al ragazzino e al suo daimon.
Will si sdraiò dall’altra parte del rifugio e silenziosamente estrasse il pugnale dal fodero con la mano destra, mentre con la sinistra si mise ad accarezzare Kirjava.
Dopo una decina di minuti il respiro di Sennar si era fatto sufficientemente regolare da dare ragione a Will di credere che fosse addormentato.
Il ragazzino rotolò sul terreno e si alzò in piedi lentamente, iniziando cautamente ad avvicinarsi al mago addormentato.
Inspira.
Pensò a Layla, e a quando l’aveva trovata smarrita a Ci’gazze.
Espira.
Pensò a quando loro e le loro Morti si erano imbarcati verso il regno della morte, lasciandosi indietro Pantalaimon e Kirjava.
Inspira.
Pensò all’ultima volta che l’aveva vista, ad Oxford, e alla promessa che si erano fatti.
Espira.
Pensò a Lyra e Pan che morivano per mano del mezzelfo dai capelli blu e del mago dai capelli rossi, senza che lui potesse fare nulla.
Inspira.

INSPIRA! INSPIRA!
Cadde in ginocchio, boccheggiante, incapace di riprendere fiato, coi polmoni come strizzati da una forza invisibile, non più in grado di gonfiarsi.
Lasciò cadere il coltello e si portò le mani alla gola, mentre Kirjava gli si aggirava intorno, inquieta ed impotente.
Sennar si alzò in piedi, la sua mano destra avvolta in una nube di scintille colorate.
-Pensi di essere furbo, ragazzino? Pensi che non sapessi che volevi uccidermi dal primo sguardo che mi hai lanciato questo pomeriggio?- gli sussurrò il mago, inginocchiandoglisi davanti.
-Beh, saluta la tua ragazza per me, William Parry-.
Kirjava fece un balzo verso la gola del mago, ma quello fece un rapido gesto con la mano, e il coltello lasciato cadere a terra da Will schizzò alla gola del daimon, uccidendolo sul colpo.
Nonostante privo di aria, il ragazzino emise un potente grido di dolore, mentre il suo daimon si disfaceva in una piccola nube di Polvere.
Dopodiché roteò gli occhi all’indietro e morì a sua volta.
Il boato del cannone trovò Sennar a correre bagnato fradicio nel bosco fitto e buio.
 
***
 
Come era arrivato, il temporale svanì di botto, lasciandosi dietro un cielo pieno di stelle, l’odore di terra bagnata e una coperta di perline luccicanti sugli steli d’erba e sulle foglie degli alberi.
-Fermiamoci qui- supplicò Sadie, strizzandosi i lunghi capelli color del grano maturo.
Percy annuì .
Il figlio di Poseidone stese la braccia e le goccioline d’acqua rotolarono via, lasciando una porzione di erba asciutta su cui sedersi.
Avevano cercato Annabeth e Carter ovunque, ma in temporale non aveva affatto aiutato le ricerche, e ormai erano stanchi e rassegnati che avrebbero dovuto continuare le ricerche il giorno successivo.
-Riposati- le sussurrò Percy –Farò io il primo turno di guardia-.
Sadie sorrise in segno di riconoscenza e cadde addormentata una manciata di secondi dopo.
 
***
 
-E’ il momento- sibilò il Capo Stratega.
La ragazza annuì e digitò rapidamente un codice sulla sua tastiera.
Sullo schermo olografico apparve un animale che aveva tutta l’aria di essere una zanzara, ma delle dimensioni di una vespa.
-Perfetto- ridacchio il Capo Stratega, e, mentre Mitchell lasciava la stanza, la ragazza premette “Invio”.
 
***
 
Sadie si svegliò, con uno stranissimo e pungente dolore al collo.
-Percy?- chiamò, ma nessuno rispose.
-Percy?- chiamò ancora, e fu allora che lo vide: la testa gigantesca e rosse di un serpente.
La fauci si spalancarono, mostrando una fila di enormi zanne bianche e una saettante lingua biforcuta.
-Eccomi Sadie, cose vuoi?- rispose il serpente, minacciosamente.
In un secondo la ragazza era attiva, col suo bastone in mano e i geroglifici dorati che le danzavano attorno.
-Sadie, ma cosa fai?- chiese il serpente, con l’aria di un gigante che si vede arrivare contro una formica armata, per affrontarlo.
-Mi sembra ovvio- rispose lei, ingoiando la paura –Ti uccido!-.
 
***
 
Percy non capiva.
Aveva sentito Sadie chiamarlo, e quando si era presentato da lei, la ragazza era saltata in piedi, con aria minacciosa e un po’ spaventata, e aveva affermato di volerlo uccidere.
Suo malgrado, il figlio di Poseidone si vide costretto ad estrarre Anaklusmos per salvarsi la vita.
Sadie gridò un comando in una lingua che Percy non capì –Ha-wi-.
Un geroglifico dorato rimase un secondo sospeso nell’aria tra loro, dopodiché il figlio di Poseidone fu sbalzato lontano, perdendo la presa su Vortice.
Rotolò a terra, sporcandosi i vestiti di fango e erba.
-Sadie, smettila!- gridò Percy, cercando di rimettersi in piedi.
-Oh senti chi si è messo a supplicare. Non ti facevo il tipo, Apophys, e ti facevo anche molto più forte!- ghignò Sadie, che aveva evidentemente riacquistato coraggio.
-Ma non preoccuparti, Signore del Caos: tra un secondo la smetterò!-.
 
***
 
Non appena Carte aveva vista quella luce dorata ne era stato sicuro: era lì, che avrebbe trovato Sadie e Percy.
Non appena lo disse ad Annabeth i due si misero a correre in quella direzione.
Se Sadie stava usando le parole divine, i due dovevano essere in guai seri.
Carter vide sua sorella, circondata da geroglifici dorati, puntare il proprio bastone verso una figura armata dall’altra parte della radura e pronunciare un’altra parola divina.
 –Ha-di!-.
Il geroglifico si staccò dal bastone e il tempo sembrò dilatarsi.
Il disegno luminoso fluttuò nell’aria fino a fermarsi davanti alla figura armata.
La luce dorata che emanava illuminò il volto del Tributo contro cui l’Occhio di Iside stava combattendo.
Carter riconobbe il volto di Percy Jackson.
Sentì Annabeth gridare –Noooo-.
Il geroglificò svanì e Perseus Jackson, figlio di Poseidone, esplose come un budino al cui interno era stato messo un petardo di capodanno, tanto che Carter non fu mai del tutto sicuro se, il suono dell’esplosione, fosse stato prodotto da Percy o del cannone.

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Capitolo 19
*** I'm only human ***


Note dell’autore: Dedico il capitolo alla mia parabatai adorata e a tutti quelli che, nonostante sia passato un anno dal primo capitolo e la storia non abbia ancora trovato una fine, continuano a leggere questa fan fiction.
Vi prometto che non la abbandonerò.
Perché voi, miei piccoli lettori a cui voglio tanto bene, ve lo meritate, il finale.
Hunter.
 
 
La luce grigia dell’alba trovò Tobias sveglio.
Grandi gocce d’acqua cadevano a ritmo cadenzato dal fogliame che lui e Peeta avevano utilizzato come tetto del loro riparo di fortuna.
Il ragazzo di Panem dormiva inquieto in un sacco a pelo poco lontano e piccole volute di fumo grigio si alzavano da ciò che rimaneva del falò acceso la notte precedente.
Una brezza umida accarezzava il volto corrugato di Quattro.
Non aveva svegliato Peeta per il turno di guardia, quella notte: non avrebbe avuto senso dal momento che lui sarebbe rimasto sveglio tutta la notte comunque.
Peeta o non Peeta.
Aveva spesso tutte le ore notturne a pensare al volto di Tris e a sentire una voragine aprirglisi in petto, risucchiando ogni pensiero positivo.
Avrebbe voluto vendicarla ma, da quanto aveva visto la notte precedente, era arrivato tardi.
Qualcun altro aveva già ucciso il ragazzino col gatto e, a lui, adesso, non restava più nulla.
Non Tris.
Non vendetta.
Nulla.
Sentì gli occhi iniziare a bruciare e lacrime dolorose iniziarono a rigargli le guance.
-Ehi, amico, tutto bene?- sentì dire dalla voce impastata di sonno di Peeta, alle sue spalle.
Solo a quel punto Tobias si accorse di star tremando.
Scosse la testa, sapendo che, se avesse provato a parlare, avrebbe emesso solo gemiti di disperazione.
Sentì il biondino alzarsi e mettersi a sedere accanto a lui.
-E’ per Beatrice, non è vero?- chiese Peeta, con delicatezza.
Quattro annuì.
-Anche a me manca Katniss, sai? Mi manca come l’ossigeno manca a qualcuno che sta lentamente affogando. E non ti dirò di non piangere, perché non tutte le lacrime sono male. Ma la vita va avanti: devi solo avere il coraggio di accorgertene-.
Tobias alzò lo sguardo, allacciando i propri occhi castani in quelli azzurri del ragazzo di Panem e si asciugò il naso con una manica.
-Come fai a non essere distrutto?-.
-Lo sono. Non c’è nemmeno una fibra di me che non stia soffrendo per la sua mancanza- rispose Peeta –Ma non per questo posso permettermi di crollare. Ho due bambini a casa, che mi aspettano. Se crollassi e mi lasciassi ammazzare, chi baderebbe a loro?-.
Tobias rimase in silenzio per un po’, guardando il cielo che, rapidamente, verso est, si tingeva di un vivo rosa.
-Io non ho figli o famiglia da cui tornare. Ma ti prometto, Peeta Mellark, che fino al momento in cui in me ci sarà un alito di vita mi impegnerò perché tu possa tornare a riabbracciare i tuoi bambini-.
 
***
 
Jace si stava girando e rigirando lo stilo tra le mani, chiedendosi se era davvero in grado di fare una cosa del genere.
D’altronde, su di lui si sarebbero potute dire tante cose (e molti lo facevano), ma non si poteva definire un traditore.
L’unica volta che aveva commesso qualcosa di simile ad un tradimento era perché era momentaneamente posseduto dal figlio di Lilith, la madre dei Demoni.
D’altra parte l’alleanza doveva durare solo finchè gli assassini delle loro compagne fossero morti, cosa successa diversi giorni prima, con la morte del mago.
Fece un respiro profondo e iniziò a tracciare una runa, col cuore che gli rombava nelle orecchie.
 
-Jon, svegliati!-.
Il Guardiano della Notte aprì un occhio, pigramente, e ciò che vide lo confuse.
Jace era in piedi di fronte a lui, gambe leggermente divaricate, schiena eretta, sguardo duro e una spada per ogni mano.
Quella nella mano sinistra sembrava fatta di vetro, quella nella mano destra era inequivocabilmente quella in acciaio Valiriano di Jon.
-Cosa fai con Lungo Art…?-
-Alzati!- lo interruppe Jace con tono autoritario.
Jon obbedì, ma con sguardo accigliato e confuso.
-Jace, mi spieghi cosa stia succedendo? Cosa c’è?-.
Per tutta risposta il Nephilim gli lanciò la sua spada inguainata e il Guardiano della Notte la prese al volo.
-Avevamo deciso di allearci- disse Jace, fissandolo dritto negli occhi –fino a quando non avessimo vendicato la morte di Clary e Daenerys. E Potter è morto qualche giorno fa. Nulla di personale, ma non possiamo più essere alleati-.
Jon capiva.
Era ovvio, era stato bello fino a quando era durato, ma non aveva senso continuare oltre.
-Va bene, Nephilim. E’ stato un onore combattere al tuo fianco. Addio-.
-No!- esclamò Jace –No. Ti ho dato la spada per un motivo. Siamo nemici, ora. Solo il vincitore lascerà l’accampamento-.
Ciò detto il Cacciatore partì in affondo verso il petto dell’avversario.
Ma Jon era allenato: in un lampo estrasse la spada dal fodero e piroettò di lato per evitare la lama cristallina dell’altro.
Una sensazione strana gli attraversò il braccio.
Cerco di passare la spada nell’altra mano, ma quella non si mosse, restando saldamente incollata al palmo della mano destra.
Jace era ripartito alla carica, nel frattempo, obbligando Jon ad una serie di parate rapidissime.
Ecco perché il Nephilim aveva la sua spada, poco prima; era una qualche sorta di sortilegio, ma a che scopo incollargli la mano all’elsa della spada?
A contatto con la pelle del palmo sentì la temperatura dell’elsa alzarsi.
Ben presto divenne incandescente, ma l’arma non voleva ancora saperne di staccarsi dalla sua mano.
Il bruciore era così intenso da strappargli un urlo.
Fu allora che il Nephilim smise di attaccarlo e fece un passo indietro.
-Tu, schifoso…- sibilò Jon avvicinandosi a Jace, ma, in quel momento, la sua mano destra prese letteralmente fuoco, mandandolo nel panico.
Iniziò a gridare e correre in tondo, mentre il fuoco lo divorava e consumava come fosse fatto di legno secco.
Il dolore era insopportabile ma, nei suoi ultimi attimi di vita, gli venne in mente Lady Melisandre, la Donna Rossa.
Decise che, se proprio doveva morire, tanto valeva tentare di portare Jonathan Christopher Herondale con sé.
Offrì la sua anima a R’hllor e, morendo, lanciò una muta maledizione al Nephilim.
 
Jace si avvicinò al cadavere incenerito del Guardiano della Notte.
Sull’elsa, annerita dalle fiamme, erano ancora visibili la runa Pastein e la runa Pyrus, la runa per far rimanere le cose attaccate e la runa del fuoco.
Perdonami, Jon. Ho fatto una cosa orribile. Ma sono solo umano: voglio solo tornare a casa. A casa da Alec, da Izzy, da Simon.
Si inginocchiò accanto alle carni carbonizzate.
-Ave atque vale, Jon Snow-.
 
***
 
Era successo il caos, da quando Sadie aveva fatto esplodere Percy come un petardo.
Dopo l’accaduto, la giovane maga si era trasformata in un rapace, volando via nella notte.
Carter l’aveva guardata andarsene lontana, ma poi aveva raggiunto Annabeth, che gridava a pieni polmoni la sua agonia.
Era inginocchiata a terra e piegata in avanti, ma non c’era nessun cadavere su cui piangere: un braccio del figlio di Poseidone era ai bordi della radura, un piede nell’erba viscida del suo sangue, una parte della sua testa incastrata nella biforcazione di un ramo.
Carter provò a non vomitare e si abbassò vicino alla figlia di Athena, posandole una mano sulla spalla.
Ma quella reagì come se le avesse appena dato una sberla: si alzò di botto, urtando con la propria testa il mento del ragazzo e facendogli mordere dolorosamente la lingua, e lo spinse forte a terra.
-Annabeth, ma cosa…?-
-Non chiamarmi Annabeth! Non sono tua amica. E’ colpa vostra. Tutto questo- disse lei allargando le braccia e indicando simbolicamente tutti i resti di Perseus Jackson disseminati nelle vicinanze –è colpa vostra. Nulla di tutto questo sarebbe mai successo senza di voi-.
Gli occhi erano diventati duri e freddi come il ferro.
La lama di bronzo celeste del suo pugnale le comparve in mano.
-Dovrei… dovrei ucciderti-.
Il mago preparò mentalmente un incantesimo-scudo.
-Ti prego, ragiona…- la supplicò lui.
-Vattene, Kane. La prosima volta che ci rincontreremo, ti taglierò la gola con questo pugnale. La taglierò a te e a tua sorella. Lo giuro sullo Stige-.
Carter indugiò un secondo, scioccato dalla durezza e dalla rabbia di quelle parole.
-VATTENE!- gridò lei, alzando il coltello sopra alla propria testa.
In una breve frazione di secondo l’Occhio di Horus si era alzato in piedi, trasformandosi a sua volta in rapace e spiccando il volo, nella direzione presa dalla sorella.
 
Era l’alba, adesso, e Carter non aveva idea di dove si trovasse lui.
O sua sorella.
O Annabeth.
Continuava a pensare e ripensare alla notte precedente, cercando di capire cosa fosse successo.
Certo, Sadie amava distruggere le cose: ma le cose, non le persone.
E tantomeno gli amici.
Era sicuramente una sorta di magia, o di trucco, delle persone che li avevano intrappolati tutti lì dentro, e doveva trovare il modo di farlo capire anche ad Annabeth.
Ma, per il momento, la sua preoccupazione era di trovare sua sorella prima che lo facesse la figlia di Athena.
Perché, dopotutto, nonostante avesse appena ucciso un suo amico, restava sempre sua sorella e, se lui aveva ragione e Sadie si era ripresa e resa conto di ciò che aveva fatto, probabilmente era da qualche parte, traumatizzata e spaventata.
In lontananza un cannone esplose un colpo, e il suo cuore mancò un battito.
Che fosse Sadie?
Che Annabeth l’avesse raggiunta e uccisa?
Che si fosse tolta la vita in preda alla disperazione?
No, non poteva pensarci.
Sadie era viva, da qualche parte nella foresta, e aveva bisogno del suo aiuto.
Con uno stridio acuto, il falco-Carte si librò nuovamente in volo setacciando con la sua vista da rapace l’intera foresta.

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