Mollicci e pasticci di Stria93 (/viewuser.php?uid=319287)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** What you fear the most ***
Capitolo 2: *** Confessions ***
Capitolo 1 *** What you fear the most ***
cap1
- Belle, passerò l'intera mattinata
nel mio laboratorio. Ho delle faccende urgenti da sbrigare quindi
bada di non disturbarmi per nessun motivo. Quanto a te, oggi pulirai
le stanze del terzo piano; sono anni che nessuno ci mette piede
quindi immagino che avrai un bel po' di lavoro da fare. -
Rumpelstiltskin accompagnò
quell'ultima considerazione con un ghigno furbo, poi si diresse su
per la sinuosa scala a chiocciola che conduceva alla misteriosa
stanza in cui il folletto creava le sue pozioni e custodiva
gelosamente gli ingredienti, rari e preziosi, che occorrevano alla
loro preparazione.
Dopo pochi minuti, Belle udì il suono
breve e secco della porta di legno massiccio che si richiudeva alle
spalle del suo padrone e che, solitamente, precludeva a lei ogni
possibilità di vederlo o parlargli per almeno mezza giornata, sempre
che quella non fosse una delle occasioni, tutt'altro che rare, nelle
quali l'Oscuro si decideva ad uscire dal laboratorio solo a tarda
sera, quando ormai la luna era sorta da un pezzo e lei era già in
procinto di andare a dormire.
La ragazza sapeva che avrebbe dovuto
essere felice della possibilità di godere di qualche ora di quiete e
lontananza da quegli occhiacci folli e penetranti e dalla voce
stridula e acuta con la quale Rumpelstiltskin era solito schernirla o
minacciarla di trasformarla in qualche animale; eppure, ogni singolo
secondo che la giovane trascorreva senza la compagnia del Signore
Oscuro diventava nient'altro che una miserabile briciola di tempo
perso e inutile, amaro e senza alcun senso. Un insulso granello di
sabbia che si perdeva nell'immensa clessidra della vita.
Ma quella mattina, il folletto le aveva
assegnato un compito ben preciso da svolgere e, nonostante Belle
tremasse al pensiero dell'enorme quantità di polvere e sporcizia che
avrebbe trovato ad accoglierla in quei luoghi disabitati da tanto
tempo, era ben felice di poter visitare stanze nuove del castello e
di avere un pretesto per tenersi occupata e non pensare al suo
padrone.
Come previsto, le ricche e ampie sale
che si aprivano sul vasto corridoio del terzo piano, erano diventate,
negli anni, il terreno ideale per il proliferare della polvere, il
cui spesso strato grigio e opaco ricopriva la mobilia e ogni singolo
centimetro del pavimento, quasi a voler fagocitare l'intero ambiente.
Le tende erano tirate e ogni cosa era
avvolta dalle insidiose spire dell'oscurità, ma quando Belle, non
senza una buona dose di fatica, riuscì ad aprirle e a consentire il
passaggio della luce del sole mattutino attraverso i vetri incrostati
di sporco, le condizioni disastrose in cui versavano quegli antri
antichi e imponenti si rivelarono ai suoi occhi in tutta la loro
indecenza.
I ricchi e sfarzosi lampadari di cristallo, un
tempo scintillanti e lustri, erano avvolti da intricatissime e fitte
ragnatele che, ora che le tende erano state aperte, luccicavano come
fili d'argento o di madreperla, colpite in pieno dai raggi solari.
L'odore di chiuso e muffa impregnava
ogni cosa ed era soffocante.
La ragazza sospirò, rassegnata:
sarebbe stata una lunga mattina.
La giovane domestica si rimboccò le
maniche e si armò di scopa, straccio e spugna.
Fece del suo meglio per cercare di
liberare tutte le stanze dal secolare e incontrastato dominio della
sporcizia e, verso il primo pomeriggio, si ritrovò coperta di
polvere da capo a piedi, sudata e stanchissima, ma anche decisamente
soddisfatta per essere riuscita a portare a termine l'arduo compito
che le era stato affidato.
Con un sospiro affaticato, la giovane
si passò una mano sulla fronte e volse lo sguardo verso l'orologio
che aveva appena pulito e rimesso in funzione; le spesse e acuminate
lancette nere, rimaste immobili per chissà quanti anni, indicavano
che l'ora di pranzo era passata da un pezzo, ma lei era stata così
assorbita dal suo lavoro che si era completamente dimenticata di ogni
altra cosa, compreso il morso della fame che ora le stringeva lo
stomaco.
Rumpelstiltskin non era venuto a
cercarla. Non era comparso sulla soglia della porta con aria
contrariata e impaziente per ordinarle con sgarbo di andare nelle
cucine a preparargli qualcosa da mangiare, il che poteva solo
significare che anch'egli si stava dedicando totalmente, anima e
corpo, a qualunque cosa lo stesse tenendo occupato tra le mura
circolari del suo impenetrabile laboratorio, fino a perdere la
cognizione del tempo, esattamente come lei.
Le riflessioni di Belle in merito al
Signore Oscuro furono, però, bruscamente interrotte dall'ennesimo
attacco di tosse, provocato dalla grande quantità di polvere che si
era sollevata nell'aria malsana di quelle vecchie sale e si era poi
depositata su di lei, fino a opprimerle i polmoni e la gola. Doveva
assolutamente fare un bagno e indossare un abito nuovo e pulito,
prima di finire soffocata.
Fece per uscire dalla stanza, animata
proprio da quelle intenzioni, quando, con la coda dell'occhio, colse
un rapido movimento poco distante dal punto in cui si trovava, e,
nello stesso istante, un rumore simile a dei colpi battuti
violentemente contro il legno, la fece sobbalzare.
La ragazza tornò sui suoi passi e, con
lo sguardo, passò in rassegna l'intera sala, ma non trovò anima
viva che avesse potuto provocare quegli strani fenomeni; eppure i
suoi occhi e le sue orecchie non l'avevano ingannata.
Anima viva. E se invece si fosse
trattato di un fantasma o di uno spirito? Quante storie aveva letto
riguardanti spettri inquieti e invisibili, che vagavano tristemente
per gli antichi castelli, in cerca della pace eterna che era stata
loro negata e che tanto anelavano!
La giovane attese ancora un paio di
minuti, con tutti i sensi in allerta, ma non accadde più nulla.
Tutto taceva ed era perfettamente immobile, com'era giusto e normale
che fosse.
Probabilmente mi sono solo
immaginata tutto.
Ma proprio mentre formulava quel
pensiero, il movimento e il rumore di poco prima si ripeterono, ma,
stavolta, Belle riuscì a identificarne la fonte.
Si trattava di un vecchio e austero
armadio, con le ante di legno massello scuro, posto in un angolo
della stanza. Oscillava e ondeggiava ripetutamente, sbattendo contro
il muro, come se qualcosa al suo interno si agitasse e si dibattesse,
nel disperato tentativo di uscire.
La ragazza deglutì, incerta sul da
farsi. Forse la cosa migliore era andare a chiamare subito
Rumpelstiltskin e lasciare a lui il compito di dare un'occhiata al
misterioso contenuto del mobile; ma egli era stato molto chiaro
quella mattina: non voleva essere disturbato per nessun motivo,
inoltre il tenace orgoglio di Belle si rifiutava categoricamente di
ricorrere all'aiuto dell'Oscuro.
Già s'immaginava l'espressione
ghignante e insolente del suo viso e le parole di scherno che le
avrebbe rivolto con tono cantilenante e divertito: “Ma come,
dearie? Pensavo che volessi essere un'eroina, che volessi essere
coraggiosa e impavida come i protagonisti dei tuoi libri, e poi hai
paura di aprire un armadio?!”
Pensandoci bene, poteva anche trattarsi
di uno stupido scherzo, architettato proprio da quel pestifero di un
folletto. Non sarebbe stata certo la prima volta che Rumpelstiltskin
tentava di spaventarla e si divertiva alle sue spalle, e poi Belle
ricordava fin troppo bene lo strano ghigno che era apparso sulle sue
labbra solo poche ore prima, quando le aveva annunciato che avrebbe
dovuto pulire le stanze del terzo piano.
Ma la giovane non gliel'avrebbe data
vinta e non sarebbe corsa da lui a chiedere aiuto. Gli avrebbe invece
dimostrato che era più che in grado di cavarsela da sola.
Prese un lungo sospiro per darsi
coraggio; abbassò lentamente la maniglia arrugginita dell'armadio,
dopodiché, per sicurezza, indietreggiò di qualche passo.
Un secondo dopo, le vecchie ante di
legno si spalancarono, cigolando sonoramente, e, da quell'oscurità
polverosa e opprimente, uscì, a fatica, un uomo dalle fattezze
piuttosto robuste e dal passo malfermo.
Indossava una corazza da battaglia
molto simile a quelle che Belle aveva potuto osservare innumerevoli
volte indosso ai soldati di Avonlea, quando ancora viveva a palazzo
come principessa, ma questa era vistosamente macchiata di quello che
era, inconfondibilmente, sangue rappreso e, in alcuni punti, era
stata brutalmente lacerata. Il metallo dell'armatura era ammaccato e
doveva essere stato colpito con tale violenza che aveva formato delle
infossature che, senza dubbio, dovevano mozzare dolorosamente il
fiato a colui che la indossava. Al suo fianco pendeva uno spadone
insanguinato, dal quale colavano goccioline vermiglie; le sue spalle
larghe erano avvolte da un mantello color porpora, strappato, sporco
e lacero. La visiera dell'elmo era calata sul viso dell'uomo e ne
nascondeva i lineamenti, rendendolo irriconoscibile, eppure, la
ragazza riuscì a distinguere, in quello sconosciuto, qualcosa di
incredibilmente famigliare.
- Chi siete? - sussurrò con un filo di
voce atterrita.
Il misterioso guerriero non rispose, ma
si portò le mani alla testa e, con un gesto esasperatamente lento,
si liberò dell'elmo.
A quel punto, il cuore di Belle si
fermò e tutta l'aria sembrò venir risucchiata via dai suoi polmoni.
Non è possibile! Non può essere!
La ragazza non
poteva credere ai suoi occhi. Quell'uomo ferito, comparso
misteriosamente dall'interno del vecchio armadio, e che ora la
fissava con sguardo vitreo e sofferente, era identico a...
- Belle. -
Quando parlò, la
sua voce dissipò ogni dubbio dalla mente della giovane.
- P- papà?! Io...
non capisco... cosa ci fai qui? Cosa sta succedendo? -
- Figlia mia, gli
orchi hanno preso Avonlea. Il nostro regno è caduto e l'esercito è
stato annientato. Io stesso sono dovuto scendere sul campo di
battaglia, ma il nemico non ci ha lasciato scampo neanche per un
istante. Il nostro destino era già segnato. -
La voce di Maurice
suonava debole e stanca, come un rantolo, il fiato sembrava mancargli
ed ogni parola pareva costargli un'immensa fatica.
Ad un tratto, un
rivolo di sangue purpureo iniziò a scorrere sul suo volto livido e
scavato, e a rigargli la fronte. - Come vedi, anch'io sono stato
colpito e temo che non vivrò ancora a lungo. -
- No! Papà! -
Belle, inorridita,
si era portata le mani alla bocca e le sue gambe avevano iniziato a
tremare. Eppure la ragazza sentiva che qualcosa non andava. Quella
faccenda era totalmente assurda e l'uomo di fronte a lei non
poteva essere davvero suo padre, nonostante ne possedesse
l'aspetto e la voce.
Forse si trattava
solo di un brutto sogno. Forse di lì a poco si sarebbe svegliata
nella sua cella, distesa sul suo misero pagliericcio, infreddolita e
spaventata, con la fronte madida di sudore e la tipica sensazione di
amaro sulla lingua che gli incubi peggiori sono soliti lasciare in
ricordo del loro passaggio.
Sì, doveva essere
così. Eppure, allo stesso tempo, era tutto troppo reale, troppo
vivido e spaventoso per poter appartenere al mondo onirico.
All'improvviso, lo
sguardo del sovrano di Avonlea si piantò dritto nelle iridi cerulee
della figlia e si fece più duro e freddo, come granito. - Il tuo
sacrificio è stato inutile. La Bestia che hai scelto di seguire non
ha rispettato i patti, e ora il nostro popolo, la nostra famiglia e
il nostro splendido regno sono stati distrutti per colpa tua! Perché
non hai voluto sposare Gaston, pur sapendo che l'esercito del suo
reame avrebbe potuto aiutarci e perché hai preferito fare di testa
tua, come sempre. -
Maurice mosse
qualche passo instabile e vacillante in direzione di Belle, ma lei si
ritrasse e indietreggiò, inciampando nel tappeto e urtando
accidentalmente un piedistallo sul quale era posizionata una strana
scultura di cristallo, che cadde rovinosamente a terra e andò in
mille pezzi con un frastuono assordante.
Rumpelstiltskin,
rinchiuso nella quiete del suo laboratorio, stava trafficando con una
serie di provette e alambicchi contenenti liquidi e fluidi colorati e
luminescenti, quando, alle sue orecchie, giunse un baccano
improvviso, proveniente, senza alcun dubbio, da una delle sale del
terzo piano.
Il folletto sospirò
e alzò gli occhi al cielo: quella maldestra di Belle doveva averne
combinata una delle sue. Non era la prima volta che, durante le
pulizie, finiva per rompere qualche oggetto di inestimabile valore,
che lui doveva poi riparare facendo ricorso alla magia.
Il Signore Oscuro
decise che, in ogni caso, sarebbe stato meglio recarsi di sotto per
verificare l'entità del danno e per dare una bella strigliata alla
sua disattenta domestica, sempre con quella sua incantevole testolina
tra le nuvole, intenta a sognare ad occhi aperti.
Scese la scala a
chiocciola e percorse tutto il corridoio del terzo piano, fino a
quando non arrivò all'ultima stanza e si trovò di fronte uno
spettacolo del tutto inaspettato e quantomai bizzarro.
Belle giaceva a
terra in un angolo, pallida, tremante e con gli occhi sbarrati e
pieni di orrore che fissavano un guerriero morente e ricoperto di
sangue. E non un guerriero qualsiasi, bensì il suo stesso padre: Re
Maurice di Avonlea.
Dopo un primo
istante di smarrimento e sorpresa, il folletto intuì cosa dovesse
essere accaduto e, con passo deciso e svelto, si parò davanti alla
giovane, frapponendosi tra lei e l'uomo.
Il sovrano studiò
per un attimo il nuovo arrivato con interesse, poi, nel giro di pochi
istanti, scomparve e, al suo posto, si materializzò un ragazzino
magro, con folti capelli castani e occhi scuri e tristi.
Rumpelstiltskin
strinse forte i pugni e digrignò i denti acuminati. Guardare quel
viso giovane eppure così saggio per la sua età, che per anni gli
aveva riservato il sorriso più bello e spontaneo che un padre avesse
potuto desiderare, cogliere la sua espressione di biasimo e delusione
gli faceva provare un terrore e una sofferenza indicibili, ma non era
davvero lui; non doveva lasciarsi trarre in inganno come un
principiante, e così, prima che la sagoma potesse aprir bocca, il
folletto allungò una mano e, grazie ad una magica e potente onda
d'urto, la scaraventò di nuovo nell'armadio dal quale era comparsa.
Le pesanti ante lignee si richiusero con un colpo secco, infine
apparve un robusto lucchetto di metallo che le sigillò.
Il mobile, o
meglio, la creatura prigioniera al suo interno, prese ad agitarsi
furiosamente, ma, alla fine, si calmò e tutto tornò alla normalità.
Il Signore Oscuro
rimase per qualche secondo a fissare il vuoto, proprio nel punto in
cui, fino a pochi secondi prima, se ne stava il giovinetto dall'aria
malinconica, dopodiché si voltò e allungò una mano per aiutare
Belle a rialzarsi. - Stai bene? -
La ragazza sembrava
troppo scioccata per rispondere, ma strinse le proprie dita candide
attorno a quelle calde e squamose del folletto. C'era qualcosa di
incredibilmente rassicurante nel calore della sua pelle e nel
contatto con la superficie ruvida del suo palmo.
Quando la giovane
si rimise in piedi, il suo sguardo iniziò a saettare freneticamente
dall'armadio incriminato, al suo padrone.
- Rumpelstiltskin,
io non capisco... ho appena visto mio padre in punto di morte! Ha
detto che non avete rispettato l'accordo e che Avonlea è stata presa
dagli orchi... -
- Belle... -
- Ma com'è potuto
arrivare fin qui in quelle condizioni? E perché è scomparso appena
siete arrivato? -
- Belle, calmati
ora! Quello non era affatto tuo padre. -
Gli occhioni della
giovane, resi, se possibile, ancora più grandi a causa del terrore,
si posarono, confusi e smarriti, sul volto dell'Oscuro che, come
sempre accadeva, avvertì un piacevole fremito quando incrociò
quelle mille tonalità di blu e azzurro. Avrebbe quasi voluto potersi
tuffare in quei pozzi d'acqua cristallina e pura, in quell'immensità
meravigliosa eppure così terrificante proprio per la sua limpidezza
e la sua innocenza.
- Ma allora che
cos'era e perché gli somigliava così tanto? -
Rumpelstiltskin si
riscosse dalla contemplazione delle iridi celestiali della sua
domestica e gettò una rapida occhiata all'armadio, che ora se ne
stava tranquillo e silenzioso al suo posto, come un qualunque altro
mobile.
- Era solo un
Molliccio. - rispose seccamente.
- Un cosa? -
Belle non aveva mai sentito quella strana parola in vita sua. Non
ricordava neanche di averla letta in qualcuno dei suoi libri.
- Un Molliccio,
dearie. - ripeté il folletto con impazienza.
La giovane inarcò
un sopracciglio. - Non sembra qualcosa di pericoloso, almeno a
giudicare dal nome. -
Il Signore Oscuro
sogghignò e annuì. - Infatti non lo è. Non avrebbe mai potuto
farti del male, non fisicamente almeno. I Mollicci sono creature
assolutamente innocue, e la loro unica capacità è assumere la forma
di ciò che la persona che si trova davanti a loro teme di più.
Nessuno ne conosce il vero aspetto. Amano i luoghi chiusi e oscuri e
immagino che l'esemplare che abbiamo appena avuto il piacere di
incontrare si fosse insediato in quel vecchio armadio proprio per
tale motivo. Questo posto non ha conosciuto visitatori per moltissimi
anni, ma i tuoi movimenti e la tua presenza devono averlo ridestato.
Me ne sbarazzerò più tardi, personalmente. -
Ci fu una pausa.
Belle era intenta a fissare, con sguardo assente, le ante scure del
mobile, pensierosa, rielaborando, nella sua mente, le informazioni
che aveva appena ricevuto dal folletto. Il suo istinto aveva ragione,
dunque: non aveva visto realmente suo padre in fin di vita, ma solo
una proiezione della sua più grande paura, eppure si sentiva ancora
inquieta.
Rumpelstiltskin
sembrò cogliere quei pensieri che si affollavano nella sua testa,
sotto la lucente chioma di ebano e rame. - Belle. -
La giovane si volse
verso il viso del suo padrone, che si era fatto incredibilmente
serio. - In tutta la mia lunga vita, c'è un solo accordo che io non
abbia rispettato, e posso assicurarti che non si tratta affatto di
quello che ho stipulato con te. Il tuo regno è salvo e così pure i
suoi abitanti e tuo padre. Non hai alcun motivo di preoccuparti. -
poi il suo tono si fece più stizzito - Sai, dearie, potrei quasi
ritenermi offeso: credevo sapessi che sono un uomo di parola e che
rispetto sempre le mie promesse. -
La ragazza si sentì
lievemente rincuorata e, nonostante fosse ancora piuttosto scossa,
arrossì e abbozzò perfino un sorriso imbarazzato.
- Bene, e ora devo
tornare alle mie pozioni. Tu puoi fare quello che preferisci; ti
concedo di avere libero il resto della giornata, basta che non ti
salti in mente di venire a seccarmi con le tue sciocchezze. -
Il Signore Oscuro
si stava già avviando fuori dalla sala, quando la domestica gli
porse una domanda a bruciapelo e inattesa. - Rumpelstiltskin? Chi era
quel ragazzino che è comparso davanti a voi al posto di mio padre? -
Il folletto
s'irrigidì ma non si voltò verso la sua impertinente
interlocutrice. - Non sono cose che ti riguardano, dearie. - tagliò
corto, per poi sparire oltre la porta.
Da Stria93:
E, come preannunciato – o minacciato -, eccomi di nuovo qui, miei
cari!
Stavolta ho deciso
di unire la mia passione per i RumBelle alla mia infinita venerazione
per la saga di “Harry Potter” e per l'insuperabile J.K.Rowling.
È la seconda volta
che provo a cimentarmi in un velato cross-over tra OUAT e HP e, se
nell'ultima occasione, ho “preso in prestito” l'Amortentia dal
mondo potteriano, stavolta ho deciso di trasportare nella Foresta
Incantata addirittura un Molliccio. (Perdonami, zia Jo!)
Inizialmente l'idea
era di scrivere una OS, ma sarebbe diventata un po' troppo lunga,
così quella di dividerla in due capitoli mi è parsa la soluzione
migliore, anche considerando il nucleo tematico che avrei in mente di
sviluppare nella prossima parte di questa storia e che si discosterà
leggermente da quello presentato in questo capitolo.
Come spesso accade,
non mi ritengo pienamente soddisfatta del mio lavoro, che mi sembra
davvero privo di ogni originalità e fin troppo simile alle molte
altre mie storie aventi come tema la vita di Belle e Rumpel al
Castello Oscuro, e che ormai sembrano seguire tutte la stessa trama,
senza divergere quasi mai da quello che sembra un percorso
prestabilito. -.-
Purtroppo in questo
periodo l'ispirazione è molto sfuggente e fa i capricci, complice la
pausa estiva di OUAT, ma spero che possiate comunque apprezzare
almeno un pochino questo scritto. :)
Ringrazio
immensamente tutti coloro che apriranno questa storia e, ancora di
più, chi vorrà lasciarmi un commentino. I vostri pareri, positivi o
negativi che siano, sono molto preziosi e sempre più che apprezzati.
;)
Un bacio a tutti,
meraviglie! :*
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Capitolo 2 *** Confessions ***
mollicci
CONFESSIONS
Quando
Rumpelstiltskin se ne fu andato, Belle percorse le quattro rampe di
scale che la separavano dai sotterranei, ancora con l'immagine di suo
padre (che non era suo padre) chiara e spaventosa davanti agli occhi.
Una volta giunta
nella sua cella, la ragazza si svestì e si lavò con l'acqua fredda
di un catino di legno, posto accanto al rudimentale giaciglio che
accoglieva il suo corpo stanco tutte le notti.
Le sue mani si
muovevano automaticamente, come se qualcun altro avesse preso
possesso dei suoi arti e li stesse manovrando a suo piacimento. I
suoi pensieri, infatti, non avevano ancora lasciato la stanza del
terzo piano ed erano ancora fissi sul ricordo di quanto era avvenuto
in quel luogo solo pochi minuti prima. Maurice in fin di vita, le sue
parole a proposito della presa di Avonlea da parte degli orchi e
dell'inutilità del suo sacrificio, l'intervento di Rumpelstiltskin,
la sua spiegazione in merito all'accaduto... Tutto era successo così
in fretta! Il cuore di Belle ancora faticava a riprendersi dallo
spavento e a rallentare i suoi battiti furiosi, mentre la mente della
giovane non era ancora riuscita a superare lo shock.
Era un Molliccio. Nient'altro che un
Molliccio. Nient'altro che un'illusione. Tuo padre sta bene e il
regno è salvo.
Per un momento,
alla giovane parve di udire la voce del Signore Oscuro mormorarle
quelle stesse parole all'orecchio, con un tono caldo e rassicurante
che non gli apparteneva.
Quando ebbe finito
di lavarsi, Belle indossò un abito pulito e finalmente libero dalla
polvere, dopodiché pensò di recarsi nelle cucine per prepararsi
qualcosa da mangiare, dato che non aveva pranzato; ma sarebbe stato
assolutamente inutile perché l'incontro raccapricciante con il
Molliccio le aveva chiuso lo stomaco e tolto ogni appetito.
Fuori dalle
finestre splendeva un tiepido sole primaverile, che, dopo un lungo e
monotono susseguirsi di giornate piovose, sembrava aver finalmente
dissipato le nubi e portato un po' di calore anche in quel luogo
isolato e cinto da una corona di vette alte e perennemente innevate,
così la ragazza decise di uscire e fare una passeggiata nel vasto
parco che circondava il Castello Oscuro.
Camminare
all'aperto, inspirare l'aria fresca e fragrante, ascoltare i suoni
della natura erano piccoli gesti che l'avevano sempre aiutata a
scacciare le preoccupazioni e i brutti pensieri, fin da quando era
una bambina.
Proprio mentre
Belle varcava la soglia del castello, diretta verso il parco,
Rumpelstiltskin era alle prese con la distillazione di una
particolare pozione che proprio non voleva saperne di dargli
soddisfazione e si ostinava a diventare di un nauseante color vomito
e a ribollire rabbiosamente quando, secondo le indicazioni
dell'antico manuale runico che il folletto stava consultando, sarebbe
dovuta risultare perlacea e dalla superficie piatta e fluida come un
lago in una giornata senza vento.
Con un ringhio di
frustrazione, il Signore Oscuro fece per l'ennesima volta evanescere
con la magia quel disastro e tutti gli strumenti da pozionista
tornarono lucidi e splendenti, pronti ad essere utilizzati per un
altro tentativo. Ma Rumpelstiltskin sapeva che, almeno per il resto
di quella giornata, non avrebbe combinato un bel niente e avrebbe
collezionato solo un fallimento dietro l'altro.
Il perché di tutto
ciò gli era chiarissimo, per quanto fosse riluttante ad ammetterlo:
l'incontro con il Molliccio-Bae l'aveva turbato molto più di quanto
si sarebbe aspettato.
Lo sguardo di
biasimo e delusione negli occhi di suo figlio era la sua più grande
paura e trovarsela di fronte a quel modo improvviso e inaspettato
l'aveva fatto sentire completamente indifeso e gli aveva
sgradevolmente rammentato la sensazione di impotenza, vergogna e
terrore che era la sua compagna quotidiana prima che diventasse il
Signore Oscuro, quando ancora non era altro che Rumpelstiltskin, il
codardo che si era ferito da solo per non affrontare la battaglia
contro gli orchi, la cui andatura zoppa era diventata un marchio
d'infamia nonché testimonianza visibile a tutti di quella
vigliaccheria, il misero uomo che era stato abbandonato dalla moglie
e si trovava a dover crescere da solo il proprio bambino.
Il folletto scosse
la testa con rabbia. Non doveva indugiare su quei ricordi. Il passato
apparteneva al passato e non era il caso di rievocarlo proprio in
quel momento cruciale. Era a un passo dal completare il suo piano per
far lanciare a Regina il Sortilegio Oscuro e riuscire finalmente a
raggiungere il mondo senza magia in cui avrebbe potuto ricongiungersi
con Baelfire e non poteva lasciarsi distrarre da quei pensieri
inutili e addirittura dannosi.
Decise che un po'
d'aria fresca l'avrebbe aiutato a schiarirsi le idee e a dissipare
l'immagine del Molliccio che si ostinava a danzargli nell'occhio
della mente come con l'intenzione deliberata di provocarlo.
Rumpelstiltskin si
avvicinò alla finestra ad arco della torre e inspirò a pieni
polmoni l'etere fresco e denso di profumi di quel pomeriggio di fine
aprile.
Lo spettacolo che
si ammirava da quella postazione era mozzafiato: miglia e miglia di
terreno boscoso si estendevano come un tappeto di smeraldi fino alle
vette più alte dei monti che circondavano il Castello Oscuro e lo
cingevano come una corona. Le cime frastagliate svettavano fiere
verso l'alto e si stagliavano contro il cielo terso, alcune avvolte
da un'aureola di soffici nubi bianche o ancora innevate e
impreziosite da scintillanti ghiacciai perenni che facevano brillare
la roccia al sole come diamante.
Tuttavia, lo
sguardo del Signore Oscuro in quel momento non si posò su alcuna di
queste meraviglie naturali, intercettò invece un piccolo movimento
proprio sotto di sé; una macchia celeste che avanzava lentamente nel
parco, con incedere mesto e pensieroso.
Il folletto
riconobbe immediatamente la sua domestica e rimase colpito quando la
vide lasciarsi cadere su una panchina di pietra e tirare un lungo
sospiro triste. All'improvviso si rese conto di non essere l'unico
che ancora rimuginava sul Molliccio.
Le sue gambe si
mossero da sole ben prima che la ragione potesse fermarle e, chissà
come, in meno di cinque minuti Rumpelstiltskin raggiunse Belle fuori
dal castello e si avvicinò lentamente alla panca dove la giovane era
ancora seduta, o meglio, acciambellata con le ginocchia al petto
circondate dalle braccia e lo sguardo perso nel vuoto a contemplare
qualcosa che vedeva solo lei.
Il folletto esitò
un istante. Non era sicuro di ciò che stava facendo, ma se lui e
Belle erano egualmente attanagliati dal ricordo del Molliccio, tanto
valeva cercare di distrarsi a vicenda. Inoltre era spinto da uno
stranissimo desiderio di condivisione e vicinanza. A un tratto, dopo
secoli di segreti custoditi gelosamente e di rigida chiusura a
qualsiasi confidenza o rapporto umano che esulasse dai suoi piani,
sentiva il bisogno di parlare con qualcuno... no, non con qualcuno.
Con lei.
- Posso sedermi,
dearie? -
Belle sobbalzò per
lo spavento e sollevò la testa di scatto, andando a sbattere contro
lo schienale di pietra della panchina.
- AHIA! Che male! -
Prese a
massaggiarsi la nuca con una smorfia di dolore e rivolse un'occhiata
storta verso il Signore Oscuro, che, dal canto suo, ce la stava
mettendo tutta per non mostrarsi divertito. - RUMPELSTILTSKIN! Dovete
smetterla di comparire così all'improvviso e farmi prendere un colpo
ogni volta! -
- In realtà,
dearie, ero qui già da qualche minuto. Sei tu che non ti sei neanche
degnata di notare la mia presenza, persa com'eri in chissà quali
fantasie. -
Gli occhi di Belle
si velarono nuovamente di tristezza e malinconia e il suo corpo tornò
spontaneamente nella posizione difensiva e un po' infantile di poco
prima. - Scusate. Stavo ancora pensando... -
- Al Molliccio? Sì,
lo sospettavo. Allora, posso sedermi o no? -
- Be', questa
panchina vi appartiene, così come del resto il parco e l'intero
castello quindi suppongo proprio di sì. - rispose Belle, con voce
stranamente piatta, scevra di emozioni.
Rumpelstiltskin
prese posto accanto a lei e per un po' rimasero entrambi in silenzio,
fianco a fianco. Alla fine fu Belle a prendere la parola per prima: -
Perché siete qui? Credevo che steste lavorando alle vostre pozioni e
non voleste essere disturbato. -
Il Signore Oscuro
sospirò. - Be', dearie, diciamo che... a volte è meglio concedersi
una pausa e riprendere il lavoro in un altro momento con più
concentrazione. -
La giovane sollevò
lo sguardo, vagamente sorpresa. - Il Signore Oscuro ha problemi a
concentrarsi? Questa mi è nuova. -
Sul volto squamoso
del folletto passò un lampo di stizza. - Tu non sai tutto di me,
dearie. Non mi conosci affatto, in realtà. -
- Allora fatevi
conoscere. - replicò pronta la ragazza. - Potreste cominciare col
dirmi la vera ragione per cui oggi non riuscite a lavorare ai vostri
intrugli magici e siete venuto a sedervi qui fuori proprio come me...
-
- Non ti devo
proprio nessuna spiegazione. Tu, piuttosto... mi dici perché mai hai
quell'aria abbattuta e stranita? Non è da te; hai l'irritante
tendenza ad essere sempre allegra e chiacchierona. -
Dalle labbra di
Belle uscì un lungo sospiro che parve svuotarle i polmoni e renderla
ancora più piccola nella sua posizione raggomitolata.
Rumpelstiltskin si sentì afferrare da un moto di tenerezza che cercò
di soffocare immediatamente.
- Si tratta di
quello che è successo prima. Non riesco a smettere di pensare a mio
padre e a quello che mi ha detto. -
Il Signore Oscuro
ribatté con impazienza: - Quante volte devo ripetertelo, Belle?!
Quello non era tuo padre. Era un maledetto Molliccio e il suo
preciso scopo era proprio quello di spaventarti. -
- E allora perché
neanche voi riuscite a togliervi dalla testa quel ragazzino? -
ribatté la ragazza.
Rumpelstiltskin
incassò il colpo senza reagire e questo confermò automaticamente i
sospetti della sua domestica, che annuì. - Come pensavo. Quel
Molliccio ha turbato anche voi. Ho notato l'espressione del vostro
viso quando quel bambino vi si è materializzato davanti. Non vi
avevo mai visto così prima d'ora. Sembravate... terrorizzato e
triste allo stesso tempo. Molto triste. -
Per la seconda
volta quel giorno, Rumpelstiltskin si sentì completamente privo di
ogni difesa, come se gli occhi intelligenti e privi di malizia di
Belle potessero mettere a nudo il suo animo oscuro e scrutarvi ogni
anfratto fino a cogliere le sue emozioni più profonde, quelle che
lui si ostinava a combattere da tanto tempo.
Improvvisamente
sentì che sarebbe stato del tutto inutile continuare a negare e, per
una volta in vita sua, optò per la verità. - Il Molliccio ha preso
le sembianze di mio figlio. Ti ho già detto che un tempo sono stato
padre, no? Be', quella era una patetica copia del mio Baelfire.
Quell'incapace di un Molliccio non è riuscito a riprodurre
nient'altro che una scadente imitazione del mio bambino. -
Belle pareva
sinceramente confusa. - Ma... come può un'immagine di vostro figlio
spaventarvi tanto? -
Rumpelstiltskin
sapeva di star addentrandosi in un terreno molto pericoloso. Rivelare
la sua più grande paura in quel modo non era saggio, chiunque
avrebbe potuto usare quell'informazione contro di lui per indebolirlo
o soggiogarlo... ma Belle non era chiunque.
Prese un altro
sospiro profondo e proseguì, avendo cura di non incrociare lo
sguardo di lei per non rendere il tutto ancora più difficile. - Ti
ho detto di averlo perduto... ma la verità è che alcune mie azioni
lo hanno portato ad allontanarsi da me e ci hanno condotto alle
circostanze in cui siamo stati separati per sempre. Quel Molliccio mi
ha ricordato quanto l'abbia deluso come padre, mi ha rammentato come
tutto sia successo per colpa mia. -
Belle non disse
nulla ma lo guardò con intensità e comprensione, senza alcuna ombra
di giudizio o biasimo, semmai dispiacere. Rumpelstiltskin sentiva i
suoi occhi su di sé ma non osò distogliere i suoi dal vuoto che
stava fissando da ormai qualche minuto. A un tratto però avvertì
qualcosa sfiorargli la mano e abbassò lo sguardo. Belle aveva
delicatamente intrecciato le proprie dita candide e affusolate alle
sue. Era una visione difficile da sostenere e quantomai grottesca: la
bellezza di lei e la mostruosità di lui stridevano in quel contatto
che aveva qualcosa di innaturale, di enormemente sbagliato, eppure
incredibilmente armonioso, come se le loro mani fossero state due
pezzi di un puzzle che si incastravano alla perfezione.
Qualcosa nella
mente del Signore Oscuro gridava a gran voce di ritrarre
immediatamente la mano e di scostare quella della ragazza, ma il suo
corpo non reagiva e sembrava come paralizzato, scollegato da ogni
canale razionale.
Ancora una volta
passarono diversi minuti di silenzio prima che uno dei due parlasse
e, di nuovo, fu Belle a dare voce ai suoi pensieri. - Grazie. -
Rumpelstiltskin la
guardò senza capire. - Per che cosa, dearie? -
- Per essere stato
sincero con me. Posso immaginare quanto vi sia costato confidarmi una
cosa tanto personale e dolorosa. -
Il Signore Oscuro
non rispose e Belle continuò. - Suppongo che ora tocchi a me essere
sincera con voi. Vedete, da quando sono qui ho sempre cercato di non
pensare alla mia vecchia vita, alla mia famiglia, al mio regno e a
mio padre. Ho tentato di trovare conforto nella certezza di aver
preso la decisione giusta accettando di seguirvi e di aver compiuto
un'impresa eroica salvando Avonlea dagli orchi. Ma quel Molliccio mi
ha fatto pensare... e se le cose non stessero davvero così? E se la
mia partenza avesse creato più problemi e sofferenza di quanto
pensassi? Come sta mio padre? Si strugge nel dolore per la mia
perdita o magari è attanagliato dai sensi di colpa? E se fosse
malato? E se ce l'avesse con me per quello che ho fatto? Vorrei tanto
sapere come sta. L'incontro con il Molliccio ha fatto emergere una
miriade di dubbi e paure e da quel momento continuo a figurarmi gli
scenari più cupi. -
Un leggero tremito
scosse dapprima la sua voce, poi il suo corpo minuto e
Rumpelstiltskin notò di sfuggita una piccola lacrima rigarle una
guancia. Belle si morse forte il labbro nel tentativo di controllarsi
e arrestare sul nascere quell'incontenibile voglia di piangere.
A quel punto, il
Signore Oscuro le cinse le spalle con un braccio, usando una tale
dolcezza che la giovane sentì crollare ogni resistenza e scoppiò in
singhiozzi senza ritegno, accoccolandosi contro il petto di lui.
Contro ogni buon
senso, Rumpelstiltskin non si ritrasse e lasciò sfogare la ragazza
provando un segreto piacere nel tenerla così stretta a sé e nella
sensazione dei suoi capelli morbidi e profumati che gli solleticavano
il viso, eppure non poteva fare a meno di percepire anche uno
spiacevole senso di disagio. In fondo era colpa sua se Belle si
trovava in quella situazione. Certo, il Molliccio di quella mattina
aveva scatenato tutto ma aveva solo fatto scoppiare un ordigno già
innescato da tempo e pronto ad esplodere in qualsiasi momento.
A un tratto ebbe
un'idea e quando la ragazza si fu calmata, il Signore Oscuro la prese
delicatamente per le spalle e la allontanò da sé quel tanto che
bastava per guardarla negli occhi, ora arrossati e gonfi a causa del
pianto. - Belle, c'è un modo per vedere tuo padre e sapere se sta
bene. Vieni con me. -
La giovane era
ancora scossa ma si lasciò guidare da Rumpelstiltskin all'interno
del castello e lungo infinite rampe di scale che li condussero alla
torre nord, di fronte al laboratorio del folletto.
Entrambi si
accorsero subito che qualcosa non andava; da sotto la porta filtrava
un liquido denso dall'odore acre e nauseabondo e dall'interno della
stanza si udivano schiocchi e gorgoglii poco rassicuranti.
- MALEDIZIONE! -
imprecò il Signore Oscuro spalancando la porta con un gesto fulmineo
e precipitandosi dentro il laboratorio che ormai era irriconoscibile.
Le pareti e il
soffitto erano schizzati di macchie viscide e verdastre che
sgocciolavano sul pavimento. Alcune ampolle di vetro erano andate in
frantumi e il loro disgustoso contenuto era sparso per tutta l'area
della stanza circolare.
Rumpelstiltskin
compì alcuni gesti rapidi ed eleganti con le braccia e tutto quel
pasticcio si ripulì nel giro di pochi minuti. Il laboratorio tornò
come nuovo, fatta eccezione per quello sgradevole odore che ancora
aleggiava nell'aria.
Belle se ne stava
sulla soglia, sbigottita alla vista di tutto quel caos, ma quando il
folletto si voltò verso di lei scoppiò a ridere di gusto vedendolo
tutto scarmigliato e con i vestiti e i capelli schizzati di pozione.
- Dannato
Molliccio! - ringhiò Rumpelstiltskin, togliendosi di dosso quel
sudiciume con la magia. - Ero così intento a rimuginare che devo
aver dimenticato di spegnere il fuoco sotto il calderone di rame. E
tu piantala di sbellicarti, dearie! -
Eppure, dopo il
pianto e la tristezza di poco prima, il Signore Oscuro non poté non
provare una punta di sollievo per lo scoppio d'ilarità della sua
domestica.
- Sembra proprio
che quel Molliccio abbia provocato molti più disastri del previsto.
- disse alla fine la giovane.
- Pare proprio di
sì, ma ora occupiamoci di tuo padre. -
Rumpelstiltskin si
diresse con decisione ad un vecchio mobile, aprì uno dei cassetti e
ne estrasse un magnifico specchio a mano, finemente lavorato in
argento e madreperla.
Lo mostrò a Belle
e lasciò che la giovane lo prendesse tra le mani e lo studiasse con
curiosità.
- Che cos'è? -
- Si tratta di un
oggetto magico molto utile. Vedi, questo specchio può mostrarti
chiunque tu voglia, dovunque si trovi. Basta che glielo ordini. Su,
prova. -
Belle esitò; aveva
paura di ciò che lo specchio avrebbe potuto mostrarle. E se tutti i
suoi timori si fossero rivelati fondati?
Il Signore Oscuro
sembrò leggerle nel pensiero. - Non serve a niente rimanere nel
dubbio, Belle. Non ti darai mai pace se adesso non guardi nello
specchio. -
Lei annuì e prese
un respiro profondo, poi scandì a voce alta e chiara: - Mostrami Re
Maurice di Avonlea. -
La superficie dello
specchio prese a vorticare come se fosse stata costituita d'acqua e
alla fine si delineò un'immagine nitida della sala del trono del
palazzo reale di Avonlea.
Belle ebbe un tuffo
al cuore vedendo suo padre afflosciato sul trono con il viso stanco e
tirato dalle preoccupazioni. Contemplava un foglio che teneva tra le
mani con aria triste.
A un tratto un uomo
entrò nel perimetro visivo dello specchio e si fermò di fronte a
Maurice con un inchino. Belle riconobbe Philip, il fidato consigliere
di corte.
- Vostra Maestà, -
lo sentì rivolgersi al padre. - il reame è salvo. Anche l'ultimo
avamposto degli orchi è stato neutralizzato. Il Nemico è scomparso
e il popolo è in pace e festeggia in ogni villaggio. -
Maurice non diede
segno d'aver udito le parole di Philip, invece gli mostrò il foglio
che ritraeva il volto di Belle, sorridente e radioso. - Come? Dimmi,
amico mio, come ho potuto lasciare che quel mostro la prendesse e la
portasse via? Perché non l'ho impedito? -
- È stata una
decisione di vostra figlia, Maestà. Voi non avreste potuto fare
niente per fermarla. -
Il barlume di un
sorriso nostalgico illuminò il volto del re. - Già, è sempre stata
cocciuta e ostinata, proprio come sua madre. Voleva tanto diventare
un'eroina. -
- E ci è riuscita,
Maestà. - proseguì Philip. - Tutti nel regno acclamano il suo nome
e parlano del suo coraggio e del suo spirito di sacrificio. Ha
salvato Avonlea e nessuno dimenticherà mai il suo gesto nobile e
impavido, per quanto ognuno di noi senta la sua mancanza. Il suo nome
verrà ricordato per sempre nella storia del reame. -
Qualcosa nel cuore
di Belle si sciolse come neve al sole. Allora aveva funzionato! Aveva
davvero salvato il suo regno e la sua gente!
- So che vi manca,
Maestà. Ma ormai Belle è una donna responsabile delle proprie
azioni e del proprio destino. Non avreste comunque potuto tenerla con
voi e proteggerla per sempre. -
- Hai ragione,
Philip. Spero solo che quella bestia scellerata non le faccia
del male. Non mi perdonerei mai se le accadesse qualcosa per mano di
quel mostro. -
In quel momento,
l'immagine s'increspò di nuovo e lo specchio tornò al suo aspetto
originario e a riflettere il viso commosso di Belle.
- Be', hai avuto la
conferma che cercavi? - chiese Rumpelstiltskin.
- Sì, l'ho avuta.
Avonlea è al sicuro dagli orchi e la popolazione è tornata a vivere
serenamente grazie a voi. -
- Grazie a te.
- la corresse il folletto. - Ricorda che sei stata tu a salvare il
tuo reame acconsentendo di seguirmi al Castello Oscuro. Io non ti ho
mai obbligata. È stata una tua libera scelta. Avresti potuto fuggire
in un altro regno con la tua famiglia e abbandonare Avonlea agli
orchi invece hai scelto di sacrificare la tua libertà in cambio
della salvezza del tuo popolo. Non per niente ora acclamano il tuo
nome e narrano del tuo coraggio. Sembra che tu sia finalmente
diventata l'eroina che hai sempre desiderato. Come vedi, alla fine
questo accordo si è rivelato proficuo per entrambi. -
- Sì, pare proprio
così. Mi dispiace solo per mio padre. Detesto vederlo così
preoccupato e sofferente, ma so che Philip gli starà vicino e lo
conforterà. È sempre stato un amico saggio e leale. -
Belle fece per
restituire lo specchio a Rumpelstiltskin, ma questi scosse la testa.
- Tienilo tu. A me non serve e in questo modo potrai vedere tuo padre
e la tua casa ogni volta che lo vorrai. Certo, lui non potrà vedere
te ma... -
Il Signore Oscuro
non poté terminare la frase perché la giovane gli gettò le braccia
al collo e lo strinse forte a sé.
- Grazie. - mormorò
contro la sua spalla.
Il Signore Oscuro
ricambiò goffamente la stretta. Tutto quel contatto fisico in un
giorno solo stava seriamente minando la resistenza dei muri
impenetrabili che egli si era costruito intorno negli anni addietro
per erigere una barriera tra sé e il mondo. Ed ecco che, in meno di
una giornata, quegli stessi muri crollavano e si sgretolavano pezzo a
pezzo, demoliti da quella giovinetta che sembrava portare uno sprazzo
di sole ovunque andasse e che riusciva a leggere nel cuore del
Signore Oscuro e a scorgere l'Uomo dietro le parvenze della Bestia,
l'amore dietro la malvagità, la flebile scintilla di luce che ancora
non era stata offuscata dalle tenebre.
Quando la ragazza
sciolse l'abbraccio un silenzio colmo d'imbarazzo e incertezza
aleggiò nella stanza ma fortunatamente quel vuoto di suoni venne
presto riempito dai possenti rintocchi di una pendola che, da qualche
parte nel castello, stava provvidenzialmente battendo le 5 del
pomeriggio.
- Oh, sono già le
5... Ehm, sarà meglio che vada di sotto a preparare il tè. -
Stando ben attenta
a non incrociare lo sguardo del folletto, Belle colse al volo
l'occasione per dileguarsi, tenendo ben stretto tra le mani lo
specchio incantato.
Rumpelstiltskin si
lasciò cadere su una sedia e solo in quel momento si rese conto di
aver trattenuto il respiro. A volte aveva l'impressione che il cuore
gli si fermasse ogni volta che la vicinanza fisica tra lui e Belle si
faceva troppo stretta. Non era una sensazione propriamente sgradevole
ma in qualche modo ne rimaneva sempre profondamente toccato e scosso,
come se ogni fibra del suo essere dovesse poi faticosamente
ricomporsi per riformare lo stesso Rumpelstiltskin e non una sua
versione trasformata, indebolita da componenti umane che aveva deciso
molto tempo prima di lasciarsi alle spalle.
Il Signore Oscuro
si passò stancamente una mano sugli occhi e si ripromise di
setacciare tutto il castello per sbarazzarsi di ogni singolo
Molliccio. Ne era bastato uno solo per creare tutta quella catena di
circostanze ed emozioni che lo avevano pericolosamente riavvicinato
all'uomo che era stato, e questo non sarebbe più dovuto accadere...
nonostante una parte di lui non desiderasse altro che poter tenere di
nuovo Belle tra le sue braccia.
Da Stria93: Per
la serie “meglio tardi che mai”, eccomi di nuovo qui con il
secondo e ultimo capitolo di questa storia che ormai è diventata un
reperto archeologico.
Chiedo scusa a tutti i lettori che aspettavano il seguito anni fa ma
ho scritto e riscritto la seconda parte di questa breve fic un sacco
di volte senza mai esserne soddisfatta. Fortunatamente sembra che
questo agosto bollente mi stia portando una ventata di ispirazione
come non mi capitava da moltissimo tempo e sto sfruttando la cosa per
cercare di terminare i lavori in sospeso e magari dedicarmi a qualche
nuovo progetto... ;)
All'inizio non avevo intenzione di abbandonarmi a tutto questo fluff,
che forse ha reso Rumpel fin troppo OOC... ma che posso dire? Ho
bisogno di fluff RumBelle come ho bisogno dell'aria in questo
periodo! Spero che possiate capirmi.
Grazie di cuore a chi, nonostante la mia lunghissima assenza, avrà
ancora voglia di dare un'occhiata ai miei deliri a tema RumBelle.
Love you, dearies
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