Oh Michael Penniman, you are a victim of the times.

di Life In Fangirling Motion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lollipop ***
Capitolo 2: *** By the time ***



Capitolo 1
*** Lollipop ***


Dopo quasi 6 mesi di assenza e una storia ancora più cretina dell'altra, sono tornata.
Ormai scrivere stupidaggini alle 4 di notte è il mio segno di riconoscimento u.u
Buona lettura.


 


 


 


 


 

31 Ottobre 1993

 

 

Lollipop



 

Mama told me what I sould know
too much candy gonna rot your soul.


 


 



Il pungente vento autunnale soffiava incessantemente da giorni, sollevando le foglie secche dal terreno in un turbinio di giallo, rosso e arancione e trasportandole in giro per tutta Londra. Le strade erano deserte, gli unici suoni il fischio del vento e lo sbattere di una finestra, ma presto le vie si sarebbero riempite in un'allegra cacofonia di grida e risate.
In casa Penniman, grida e risate erano suoni comuni, quotidiani; ma quella sera erano più forti del solito. Chi correva di qua e di la, sghignazzando allegramente e trascinando per tutta casa fili e ritagli di stoffa inutilizzati, chi faceva avanti e indietro per le scale, chi parlava, o meglio urlava, per farsi sentire da una stanza all'altra. Il rumore di terracotta infranta si unì agli altri, venendo quasi inghiottito da tutto quel baccano. "Per fortuna" pensò Mika, raccogliendo i cocci di quella che, fino a pochi attimi prima, era la biscottiera preferita di sua madre. Bianca e bordeggiata da una greca semplice di un profondo blu mare.
Nonostante fosse piuttosto alto per la sua età, Joanie aveva trovato un ripiano difficile da raggiungere anche per lui. Ma il profumo di biscotti allo zenzero appena sfornati aleggiava ancora nella cucina, troppo forte per essere ignorato. Erano bastate una sedia e la momentanea indifferenza della madre, troppo impegnata con le figlie maggiori, per impossessarsi di quella biscottiera.

Se non fosse stato per i piccoli Fortuné e Zuleika, che si rincorrevano per tutta casa ridacchiando, Mika non avrebbe perso l'equilibrio cadendo a terra e ritrovandosi con un ginocchio sbucciato e mille cocci da raccogliere e nascondere.
Sapeva che, prima o poi, Joanie se ne sarebbe accorta, ma poteva sempre dare la colpa a uno dei suoi fratelli.
"Paloma è fuori discussione, e Yasmine mi picchierebbe.." valutò Mika, addentando un biscotto e nascondendosi cocci affilati di terracorta bianca dentro le tasche. Le avrebbe svuotate in giardino, una volta uscito.
"Zuleika è decisamente troppo piccola, ma, arrampicandosi un pò, anche Fortuné sarebbe riuscito a raggiungere i biscotti."
Era deciso, per sfortuna del piccolo "fortunato". Inoltre, nessuno avrebbe fatto fatica a credere alla sua bugia; la golosità del ometto più piccolo di casa Penniman era piuttosto nota. Soddisfatto della sua decisione, ma sentendosi un pò in colpa, Mika si allontanò dal luogo del misfatto, per raggiungere la madre e le sorelle maggiori nella "sartoria". Era una piccola stanza, una volta usata come dispensa, che con il tempo si era svuotata di cibarie e riempita di rotoli di stoffa, aghi, fili, spille e bottoni ed era diventata lo studio di sua madre.
Addossato al muro, proprio sotto la finestrella che dava sul giardino, c'era un piccolo tavolo, ingombro di stoffe di ogni colore, occupato per la maggior parte della sua superfice dall'imponente macchina da cucire, ormai vecchia di anni, che Joanie continuava a preferire al nuovo e migliorato modello che era rimasto chiuso nella sua bella scatola in garage.
- Yas, chiudi quella finestra per favore. C'è un vento gelido stasera. Siete proprio sicuri di voler uscire? - chiese la donna, lanciando uno sguardo preoccupato al cielo coperto, che si faceva più scuro ogni minuto che passava, e tornando a posarlo di nuovo sulla casacca colorata di Paloma che, poche ore prima, era solo un ammasso di vecchi ritagli di stoffa.
- Mamma, è Halloween. Dobbiamo uscire! - disse Mika, con un tono di urgenza e serietà che fece sorridere la madre.
- E poi, con questi costumi che ci stai cucendo, staremo al caldo come se fosse estate - aggiunse Yasmine, sbuffando accaldata sotto i tanti strati del suo vestiti. Ancora qualche ritocco nel trucco, e, nonostante i grandi occhi chiari che tradivano le suo origini, sarebbe potuta benissimo essere scambiata per una ragazza giapponese.
- Mika, provati il tuo vestito. - disse Joanie, facendo un cenno con la testa al costume che aveva confezionato qualche anno prima, sperando gli entrasse ancora. Il bambino uscì dallo studio e tornò pochi minuti dopo, vestito da vero cowboy stile western, con tanto di bandana al collo e stivali con gli speroni.

- Non sei un pò grande per quel vestito? - commentò Paloma, guardando con occhio critico le cuciture molto, troppo tirate, all'altezza delle spalle.
- E i pantaloni sono troppo corti, si vedono le caviglie. Hai intenzione di smettere di crescere? A 10 anni, con quelle gambe, sei quasi già più alto della mamma. - aggiunse Yasmine con un sogghigno.
- Beh, non posso farci niente! - sbottò il bambino, uscendo dalla stanzetta sbuffando.
Sapeva che Yasmine stava solo scherzando, e non aveva detto niente di male in realtà, ma i suoi compagni di scuola non lo facevano in buonafede come faceva sua sorella, e lui era stufo di quei commenti.

Nonostante si fossero trasferiti in una città completamente nuova e avessero cambiato scuola, le prese in giro che aveva sperato fossero finite in Francia, erano ricominciate, più insistenti di prima.
E gli insegnanti, che a Parigi si erano rivelati, nonostante tutto, abbastanza comprensivi, nella nuova scuola erano intolleranti verso ogni tipo di intransigenza, bizzarria o lentezza nell'apprendimento. Una maestra, in particolare, lo scrutava dall'alto in basso con disprezzo, come se il ragazzino valesse meno di uno scarafaggio.
Pensava che a Londra sarebbe migliorato, ma più andava a scuola e meno imparava. Anzi, lo sguardo di disprezzo e sdegno dell'insegnante lo metteva in soggezione a tal punto da dimenticarsi cose che prima sapeva alla perfezione. Gli occhi di ghiaccio di quella donna si posavano su di lui, entravano nelle sue iridi color nocciola e dicevano, con una voce malefica: "Sei uno stupido".

E più i giorni passavano, più lui credeva a quelle parole.

Mancavano pochi minuti alle 8 e un cowboy, una giapponese, un arlecchino, un piccolo orso ed una principessa uscirono da casa Penniman.
Joanie prese i più piccoli per mano e si diresse alla festa di quartiere, pochi isolati più avanti, mentre Paloma, Yasmine e Mika si unirono ognuno al proprio gruppo di amici, per andare alla ricerca di dolci, caramelle e, anche se nessuno poteva saperlo.. guai.

Nonostante i problemi a scuola, Mika era riuscito a farsi degli amici, con cui giocava spesso nel cortile di casa. Lasciare Xavier a Parigi era stato l'aspetto peggiore di tutto il trasloco, ma, nonostante il suo primo compagno di giochi gli mancasse, aveva trovato dei buoni amici anche in Josh e Kevin. Uno basso, capelli rosso fuoco e pelle bianchissima, puntellata di minuscole lentiggini, l'altro un pò più alto, ma non quanto Mika, con capelli lisci e neri come la notte, e grandi occhiali che aggiustava spesso sulla punta del naso.
Erano simpatici ed erano stati gli unici in tutta la scuola ad accettare Mika come nuovo amico.
I tre ragazzini bussarono in ogni casa del quartiere, ricevendo una quantità di dolci tale da bastare fino all'Halloween successivo.


 

Arrivarono all'ultima casa della via, carichi di caramelle e dolciumi vari.
Mika si fermò di fronte al cancello, ad osservare: era una casa piuttosto imponente, con grandi finestre, e un comignolo appuntito. L'edera si arrampicava per tutta l'altezza dell'edificio e si avvinghiava alle sue pareti, come per ancorarsi ai muri e proteggersi dal vento che soffiava sempre più forte, man mano che la notte si avvicinava.
Il giardino era semi vuoto, pochi alberi spogli allungavano i propri rami al cielo, come lugubri dita che sembrava cercassero di artigliare la notte.
Provò ad immaginare come fosse quella casa tempo prima, quando le finestre erano intatte, in tetto ancora del tutto integro. Provò ad immaginare le luci accese, il giardino rigoglioso e le facce, le voci, il suono dei passi dei proprietari, dei loro figli e dei loro nipoti. Ma ormai le uniche facce erano i fantasmi, le voci il fischio del vento che penetrava dai vetri infranti e dalle assi spostate e gli unici passi erano lo zampettare dei topi e dei ragni, ultimi abitanti di quella casa da chissà quanto tempo.
- Andiamo via..- disse Josh voltando le spalle alla casa e guardandosi intorno, preoccupato - Qui vengono i ragazzi più grandi. Se ci trovano siamo fritti. -
Ma Mika era estasiato da quella vista così cupa, tetra e lugubre.

Gli sembrava quasi che il vento, lo sbattere delle poche imposte ancora attaccate, il cigolio della porta principale lo stessero chiamando, dicessero il suo nome, lo invitassero ad entrare.
Kevin gli stava parlando, probabilmente gli diceva di andare via, lo tirava per un braccio, ma Mika restava con gli occhi fissi sulla casa, incapace di distogliere lo sguardo.
Ma qualcosa lo colpì sul fianco, facendolo cadere a terrà e coprendogli la visuale. Non qualcosa, qualcuno. Quello stesso qualcuno che ora allungava un braccio per raccogliere il sacchetto di caramelle caduto a terra insieme a Mika.
- Hey, quelle sono mie. - si lamentò, alzando lo sguardo.
Si trovo davanti un ragazzo alto, grosso come una montagna, che lo squadrava dall'alto in basso, con un sogghigno perfido. Ciocche scure gli ricadevano sulle spalle possenti e gli andavano a coprire gli occhi neri, e derisori. Quegli occhi dicevano "Sei uno stupido" e, di colpo, tutta la determinazione di Mika sparì.
Altri tre ragazzi, grandi quasi quanto il primo, spuntarono da dietro l'angolo, lo stesso sorriso cattivo e sardonico.
Il primo, quello piazzato davanti a Mika, sembrava essere il capo della banda.
I suoi scagnozzi si avvicinarono a Josh e Kevin, presero senza troppi complimenti anche i loro sacchetti di dolciumi, sibilando un ironico "Grazie" e spingendo i due ragazzini per terra.
- Che ci fanno tre poppanti in giro a quest'ora? - disse uno, infilandosi una caramella in bocca.
- Tornatevene a casa, bambini. - aggiunse un altro, soppesando l'ultima parola, con finta cortesia.
Mika prese un respiro e si alzò; forse quel ragazzo non era poi tanto alto. Superava comunque il bambino di tutta la testa, ma, visto da quella prospettiva, non così minaccioso.

- Prima ridacci le nostre caramelle. - disse, alzando lo sguardo, con aria di sfida. Ci mise tutto il suo autocontrollo e, con grande orgoglio, la voce tremolante non lo tradì.

- Un poppante coraggioso. Ooh, guardate un po' ragazzi.. - il Capo attirò l'attenzione del resto del gruppo. - ..Il piccolo arabo travestito da cowboy. - il ragazzo non si sforzò minimamente di nascondere il suo scherno. Probabilmente, per qualche motivo, trovava tutta la situazione molto divertente.
- Tornatene in Iran, bastardo. - ringhiò uno degli scagnozzi, sputando con disprezzo, proprio davanti ai piedi del piccolo Penniman. - Tu e tutta la tua sporca famiglia di zingari. -
Mika fece per parlare, la rabbia che montava nel il suo corpo, un fischio sordo dentro le orecchie. Avrebbe potuto sopportare qualsiasi angheria, ma mettere in mezzo le sue radici era stato un colpo basso. Avrebbe posto fine a tutti gli insulti, prese in giro e occhiate maligne che la gente aveva rivolto a lui e a tutta la sua famiglia, sin da quando poteva ricordare. Stava per esplodere.
Ma una voce lo precedette; una voce molto familiare.
- Lui neanche si ricorda com'è il Libano. Se proprio devi, prenditela con me.- lo sfidò Paloma, seduta a gambe incrociate su un muretto, guardandosi le unghie con disinvoltura, come se fosse la cosa più normale del mondo.
- Con te? Sei una ragazza! - rispose il Capo, sempre più divertito.
- Wow, però, sei perspicace. - ribattè Paloma, sarcastica - Ma credo che tu mi stia sottovalutando. -
In un attimo scattò in piedi, tirando fuori qualcosa dal suo sacchetto. Uova.
Iniziò a lanciarle contro i quattro ragazzi che, sbigottiti, se la diedero a gambe, abbandonando il loro bottino.
La ragazza saltò giù dal muretto con agilità e sorriso trionfante.
- Ad Halloween le uova sono meglio delle caramelle, fidatevi.- disse con un'alzata di spalle, rispondendo alla muta domanda di Mika e dei suoi amici. Raccolse il sacchetto di dolciumi e lo restituì al fratellino che, sorridente, la abbracciò.
- Non dirò nulla alla mamma. - promise Paloma - Sai che non vuole che tu venga fin qua giù, a quest'ora. E non le dirò niente neanche della biscottiera. - aggiunse con un sorriso complice, punzecchiando il fratello con dei colpetti sulla spalla.
- Come fai a saperlo? - chiese Mika, spalancando gli occhi. Se n'era completamente dimenticato.
- Se rompi qualcosa e poi lasci i pezzi rotti nelle tasche dei pantaloni, ti scoprono per forza, geniaccio. -
- Ops. -






 





Che vi avevo detto? L'ennesima storia senza ne capo ne coda che vi rifilo senza un minimo di pudore.
Com'è che non mi avete ancora lapidata? u.u

Anyway.. inzio a prenderci gusto a raccontare del piccolo Mika, anche se non avete idea della difficoltà che ho nel trovare dei nomi per i personaggi secondari lol
Oh e, tanto per farvelo sapere, scrivere gli insulti razzisti verso Mika e la sua famiglia è stato straziante v.v

Come al solito, se volete lasciare un commentino qui sotto (credo di non essere nella posizione adatta per dirvi che spero non siano insulti lol) mi fareste felice c:

Alla prossima!


 

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Capitolo 2
*** By the time ***


Avevo o no promesso una nuova FF incentrata su Mika?
Se tutto va bene, riuscirò a non riempire la raccolta di OS solo con questa demenziale storiella.
Buona lettura.






 

Aprile 1991

 

By the time

 

 

Dont’ wake up,
won’t wake up,
can’t wake up,
no, don’t wake me up.




- Mika! Muoviti pigrone, è ora di alzarsi. -
Tre. Due. Uno.
Puntuale come sempre, ecco il trillo stridulo della sveglia.
Ogni mattina la voce dolce e materna di Joanie batteva le lancette dell'orologio di qualche secondo.
Nessuno aveva idea di come riuscisse a farlo.

Seguito da un mugugno assonnato, un braccio spuntò fuori dal pesante piumone verde, cercando a tentoni la sveglia sul comodino e spegnendola. Lentamente, anche due grandi occhi color nocciola riemersero da sotto le coperte, guardandosi pigramente intorno e cercando di abituarsi alla luce del sole che penetrava dalla finestra. Sapeva che se non si fosse alzato ne avrebbe pagato le conseguenze, ma, con uno sbadiglio il bambino si voltò dall’altra parte e riprese beatamente a dormire.
Niente da fare, la donna al piano di sotto non si dava per vinta.
- Scendi giù dal letto, farai tardi a scuola! -
- No! Io non ci vado a scuola. -
Sebbene fossero separati da un’intera rampa di scale, Joanie sentì perfettamente le parole del figlio e, con un sospiro rassegnato abbandonò le stoviglie sporche nel lavandino, dirigendosi verso la cameretta del bambino.
Al suono dei passi, che rimbombavano su per i gradini, Mika si nascose sotto le coperte, stringendosi le ginocchia al petto.
- Vieni fuori di lì. – fece la donna con tono perentorio, una volta arrivata di fronte al letto dalle coperte verdi.
- No! – ma il bambino, testardo com’era, non voleva sentire ragioni. Se ne stava lì, immobile, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore e pregando che la madre lo lasciasse a letto.
Perdendo definitivamente la pazienza, Joanie tirò via le coperte, fino a lanciarle ai piedi del letto, scoprendo Mika che, braccia conserte e gambe incrociate, fissava intensamente un punto imprecisato davanti a se.
- Michael Holbrook Penniman Jr, o tu scendi giù di lì con le buone, lo farai con le cattive! Tu andrai a scuola, perché lo dico io. - La voce risoluta, le braccia sui fianchi e il fatto che avesse usato il suo nome completo, conferivano a Joanie un’aria davvero spaventosa, ma il bambino non si fece intimidire.
- Io. Non. Ci. Vado. – Mika scandì lentamente ogni parola, stringendo le braccia al petto e allungando le gambe, impassibile.
Aveva delle gambe incredibilmente lunghe, per essere un bimbo di soli 8 anni. Era il più alto tra tutti i suoi compagni, tanto da meritarsi soprannomi sgradevoli come “giraffa” o “spilungone”. Ma a lui non importava come lo chiamassero i suoi coetanei, continuava a giocare con loro nonostante lo prendessero in giro. Joanie però sospettava che in fondo sapesse che quelli non erano dei veri amici.
- Io odio la scuola. Non ci voglio più tornare. – sentenziò con voce lamentosa, cercando di appigliarsi alla maschera seria e decisa che aveva deciso di indossare quella mattina.
- Voglio andare in Australia a coltivare i canguri! – esclamò, lanciando uno sguardo al mappamondo sopra la scrivania.
La donna cerco di trattenersi, ma finì per scoppiare a ridere di gusto, intenerita e divertita da quella scena.
- A me allevare i canguri non sembra divertente. E sentiamo, perché la odi? Non ti diverti con Xavier? -.
- Sì, ma con lui mi posso divertire anche qui. – disse guardandosi intorno. Era strana come cameretta, molto diversa da quella degli altri bambini della sua età. Se nelle stanze di tutti i suoi coetanei i colori allegri, forti e sgargianti prendevano il sopravvento, in quella di Mika regnava il bianco. Pareti bianche, scrivania bianca, mobili bianchi. Era stato lui a scegliere quel colore, rifiutando il giallo e l'azzurr­­­o proposti dai suoi genitori. Diceva che il bianco fosse il suo colore, che lo rappresentasse.
Non che non fosse un bambino vivace, anzi. Forse era il più esuberante e creativo fra tutti, ma in modo diverso. Sul volto di quel bambino si potevano leggere tutte le emozioni del mondo, in una volta sola. I suoi occhi brillavano di una luce speciale che, Joanie lo sapeva, lo avrebbe portato lontano.
E quando un giorno, dopo essere tornato dalla lezione di arte, Mika aveva esordito dicendo “Sapete, il bianco in realtà non è un colore, è l'insieme di tutti i colori.” finalmente avevano capito. Mika era il bianco. Era l'unione di tutte le cose.

- E poi con Xavier non ci servono i giocattoli, come ci fanno giocare a scuola. Ci divertiamo lo stesso! - riprese il bambino.
Ed era vero; solitamente, nei pomeriggi che Xavier passava a casa Penniman, i numerosi giocattoli di Mika stavano chiusi nella sua camera, mentre i due bambini uscivano in cortile a giocare. In quel mondo fantastico, fatto di regole che solo loro conoscevano, un ramoscello poteva diventare una bacchetta magica, una spada, una pistola o qualsiasi altra cosa venisse in mente ai due amichetti.
- Esatto, allora perché non provi a divertirti anche a scuola? - incalzò la donna, sorridendo dolcemente.
- Ma perché la scuola è noiosa! Stare sempre seduti, dover fare i compiti. E poi la maestra continua a spiegare anche se io non capisco. Le chiedo di andare più piano, di rispiegare, ma lei si arrabbia e dice che scrivo troppo lento. - disse il bambino, con sguardo improvvisamente triste.
Tutti i suoi compagni sapevano già leggere bene, ma a lui si confondevano le parole in testa e, strizzando gli occhi, annaspava cercando di interpretare quelle lettere che si trasformavano puntualmente in segni senza senso.
Joanie sospirò con un misto di tristezza, sorpresa e una punta di delusione. Le sue sorelle erano sempre state brave a scuola, non capiva perché lui non riuscisse. “Il bambino non si impegna. Se a 8 anni ancora non sa leggere la situazione è grave.” La donna vedeva la realtà, e sapeva che, sebbene il bimbo non passasse ore a studiare, si impegnava a scuola. Ed era anche molto intelligente. Aveva una spontaneità particolare nel dire le cose. Quando ad esempio, l’insegnante aveva domandato alla classe quale fosse la prima cosa da fare per leggere un libro, Mika aveva risposto, con tono ovvio e sguardo stupito “Aprirlo!”. Tutti erano scoppiati a ridere ma lui si guardava intorno, cercando di capire come mai nessuno fosse arrivato ad una conclusione così ovvia. Quando poi la maestra l’aveva sgridato, ripetendo per l’ennesima volta che la mancanza di studio e la sua impertinenza avrebbero distratto l’intera classe, Mika aveva provato a giustificarsi, sapendo però che la donna non avrebbe voluto sentire ragioni.
Non era lo studio, non l’era la mancanza di intelligenza. C’era qualcos’altro sotto, qualcosa che però Joanie non aveva ancora capito.


Con un sorriso incoraggiante, la donna si avvicinò al bambino, stringendolo a se e sospirando.
- Facciamo così.. se tu ti impegnerai fino alla fine dell’anno, cercherai di ascoltare la maestra, le chiederai spiegazioni e farai il bravo, andremo allo zoo, a vedere i canguri. – disse Joanie, sorridendo con aria complice.
A quelle parole gli occhi del bambino si illuminarono.
- Davvero?? Andremo allo zoo a vedere i canguri? E le zebre, gli elefanti? – mentre saltellava sul letto, fremente di gioia, Mika ripeteva i nomi di tutti gli animali strani che conosceva.
- E verrà anche Xavier con noi? – chiese fissando quei suoi grandi occhi color nocciola pieni di aspettativa, sulla madre.
- Perchè no? Se anche lui farà il bravo e i signori Doupon saranno d’accordo, verrà anch.. – la donna non fece neanche in tempo a finire la frase, che Mika le buttò le braccia al collo, stampandole un bacio sulla guancia.
- Graziegraziegrazie! – esclamò.
Passando una mano tra i capelli ricci del bambino e scompigliandoli più di quanto già non fossero, Joanie si alzò dal letto.
- Dai, ora scendi a fare colazione, prima che le tue sorelle mangino tutto. -
Il bimbo saltò giù dal letto e corse per il corridoio, gridando prima di chiudere la porta del bagno davanti a se.
- Mamma, non c’è tempo per la colazione. Facciamo tardi a scuola! -

Mentre Joanie si chiudeva alle spalle la porta della camera di Mika, il piccolo Fortuné apparve con il suo pigiamino dalla stanza affianco, strofinandosi gli occhi ancora assonnati e chiedendo confuso
- Mamma, è vero che andiamo allo zoo a vedere i can.. i canrughi? -














Che ve ne pare?
Idiozia!
Ecco un'altra storia senza trama, scritta alle 4 di notte, proprio il giorno prima di dover tornare a scuola dalle vacanze di Natale.
No, neanche io volevo alzarmi u.u
Ma l'immagine di quel cosino tenero che era Mika da bambino mi ha dato la forza di svegliarmi e affrontare di nuovo la scuola xD Beh, per lui era più difficile, porello, con la dislessia.

Va beene, credo di aver parlato abbastanza; se la storia vi è piaciuta, vi ha fatto schifo, vi ha fatto tenerezza o compassione per questa povera ragazza che scrive solo stupidaggini, lasciate un commento, mi rendereste tanto felice. :)

Ooh, quasi dimenticavo, ho cambiato nick! Quindi ho abbandonato Scarlett Colfer (non so perchè Scarlett, ma lasciare “Colfer” è stato difficile) e ora sono Life In Fangirling Motion.
Lo trovo fantastico lol (La modestia l'ho persa per strada)  

 

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