La Terra dei Ricordi- This time I finally let you go

di Hidden_Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1- La Terra dei Ricordi ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2- Dave ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3- Gwen ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1- La Terra dei Ricordi ***


Un ragazzo stava camminando per le strade deserte di una città in rovina. Aveva il cappuccio della felpa nera tirato fino alla punta del naso e avanzava con lo sguardo fisso sui suoi piedi nudi, coperti a malapena dai suoi vecchi jeans grigi. Percorreva una strada fatta già tante volte, che portava al teatro grande della città, unica struttura ancora veramente sicura, nonostante l'ingiuria del tempo. Spesso doveva scansare i detriti sull'asfalto oppure aggirare le zone in cui l'edera e le erbacce, che già avevano preso praticamente il pieno possesso della città, coprivano le insidie del terreno.

Ogni volta che passava si domandava come avrebbe dovuto essere quel luogo un tempo, se mai fosse mai stato un vero luogo di vita. Per quanto ne sapeva poteva anche essere nato così, già in rovina, già con i segni del tempo a devastarne la natura.

Qua e là erano sparse le carcasse metalliche di vecchie automobili, biciclette arrugginite, camion divorati dal tempo. Una volta abitavano quelle strade anche alcuni scheletri di esseri umani, ma quelli un po' per via degli animali selvatici che se ne cibavano, un po' perché lui era riuscito a dar loro una pietosa sepoltura, erano scomparsi da un pezzo.

Finalmente giunse davanti al teatro grande. Dei suoi antichi colori sgargianti non era rimasto che un ricordo sbiadito sui muri.

Si prese un attimo di tempo per osservarlo con attenzione, immaginando come avrebbe dovuto apparire un tempo e cercando con gli occhi l'entrata che dopo tanti anni di immobilità era stata ricoperta dalle sterpaglie, poi si strinse al petto con un braccio la valigetta color grigio metallico che si portava dietro e con l'altro braccio tentò inutilmente di strappare ogni impedimento vegetale. Ovviamente l'operazione risultò inutile, perciò fu costretto a fare un giro più lungo per poter entrare attraverso una fenditura nel muro laterale.

Sapeva di essere osservato. Già da quando era entrato in quella città molti occhi ne avevano seguito il peregrinare in silenzio, mantenendosi nell'ombra, scrutandolo dalle finestre vuote come le orbite dei teschi. Lui non ne aveva paura. Era lì per loro, per coloro che ancora si rifiutavano di andarsene.

I corridoi interni del teatro erano ingombri di calcinacci e mattoni caduti, i mobili marci che un tempo li arredavano giacevano a terra in modo scomposto. Più di una volta il ragazzo si ferì la pianta dei piedi sulle macerie, ma nemmeno una volta se ne lamentò.

Dopo un tempo indefinibile passato a cercare una via d'uscita giunse finalmente sotto il palcoscenico del salone principale. La platea, che un tempo conteneva centinaia di sedie rosse disposte in decine di file ordinate, era semi sgombra, fatta eccezione per un paio di poltroncine al centro che, nonostante le loro condizioni pietose, resistevano al loro posto.

Il ragazzo si avviò verso il centro della sala con come unico sottofondo i suoi passi che scricchiolavano sui calcinacci, e una volta giunto sul posto prese la valigetta, deponendola a terra per aprirla.

In quel momento uscì allo scoperto la prima figura. Era un ragazzo dai capelli corti e neri, abbastanza basso, con la pelle scura e gli occhi spenti. Indossava abiti giovanili sporchi di sangue rappreso all'altezza del torace. Lo fissava da lontano senza muoversi, sostando sotto l'architrave di quella che una volta era l'uscita di emergenza.

Il ragazzo incappucciato ricambiò il suo sguardo.

-Dave- Disse salutandolo cordialmente. Come evocato dal suo nome il ragazzo avanzò verso di lui. L'incappucciato si inginocchiò e aprì la valigia, rivelandone il contenuto: decine di foto istantanee erano ordinatamente impilate l'una sopra l'altra. Erano talmente tante da riempire la metà perfetta della valigia.

La mano dell'incappucciato si mosse con sicurezza, prendendone una senza nemmeno controllare se fosse quella giusta e la consegnò a Dave. Lui le diede uno sguardo fugace e se la mise in tasca. Si guardarono di nuovo dritto negli occhi, poi Dave chinò il capo lievemente in un cenno che significava contemporaneamente una sorta d'intesa, un muto ringraziamento e un saluto d'addio. L'incappucciato lo imitò, rimanendo fermo ad osservarlo mentre gli dava le spalle per andarsene.

Presto anche altre figure comparvero. Inizialmente si fecero avanti una alla volta, poi, gradualmente, diventarono sempre più. Attorno al ragazzo incappucciato si formò un capannello di persone che tendevano impazienti le mani verso le foto, come se da esse fosse dipesa la sanità mentale di ciascuna di loro.

Il ragazzo incappucciato accontentò tutti, dalla ragazza coi capelli tinti a ciocche blu con un camice da clinica bianco al sergente istruttore dell'esercito in tenuta mimetica, dal bambino nero gracile come una foglia alla donna di mezza età bionda con un vestito rosso da sera che un tempo era stato sgargiante ma che ora era strappato e sporco, dallo spagnolo bello e muscoloso al ragazzone giamaicano grande quanto un armadio.

Si svolse tutto in un silenzio quasi religioso. Ogni persona, dopo aver preso la propria foto, se ne andò con lo stesso silenzio con la quale era arrivata, diretta verso un luogo appartato per poter rimanere da sola con la propria foto.

Il ragazzo incappucciato richiuse la valigia senza degnare di uno sguardo l'ultima foto rimasta sul suo fondo. Semlicemente mosse la mano verso di essa e se la infilò in tasca. Si rialzò lentamente da terra, si spolverò i jeans e si mise a sedere sul bordo del palcoscenico. Ancora poco e se ne sarebbe andato. Ancora poco e avrebbe potuto lasciare di nuovo quel luogo. Doveva solo attendere.

Poco dopo si levarono le prima urla.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2- Dave ***





 

Dave si fermò solo quando raggiunse il palco reale del teatro. Chiuse la porta alle sue spalle e chiuse gli occhi per assaporare il momento.

La sua mano corse quasi automaticamente verso la tasca della sua felpa. Le dita afferrarono con ansia famelica la foto, la assaporarono, ne godettero. La aspettava da tanto, tanto tempo.

Lentamente la estrasse riaprendo gli occhi.

Sopra vi era ritratta una ragazza, la più bella del mondo, a detta sua. Era in riva a una spiaggia tropicale e indossava un bikini azzurro che lasciava scoperto in gran parte il suo fisico da atleta olimpionica. Non era troppo muscolosa, no. Era ben proporzionata, forte e aggraziata allo stesso tempo. I suoi lunghi capelli neri le coprivano in parte il volto a causa del vento. Sorrideva divertita al fotografo nascosto dietro l'obiettivo. Sorrideva a Dave.

Il ragazzo staccò gli occhi dalla foto solo dopo qualche minuto, dopo aver finito di assaporare quell'immagine a lui tanto cara.

Solo allora la vide. Era in piedi a una decina di passi da lui e lo guardava sbalordita. Ora non indossava più il bikini ma abiti normali: una maglia bianca, dei jeans azzurri e gli orecchini a forma di piuma che lui stesso le aveva regalato anni fa. Le sorrise mestamente, mentre dagli occhi cominciavano a sgorgare le prime lacrime.

-Dave- Sussurrò la ragazza incredula, con la voce spezzata dall'emozione.

-Proprio io. Ciao Sky- Le rispose il ragazzo.

-Non ci posso credere. Tu... tu... come è possibile?- Sky scoppiò in lacrime con la stessa velocità con la quale era comparsa. Ora erano in due a piangere.

-Siamo in un mondo a parte, amore mio. Non sono né completamente morto né completamente vivo. Solo il tuo ricordo mi tiene ancora incatenato al vostro mondo. E per me è ora per me di andarmene, lo capisci, vero? Ti sei rifatta una vita, hai un nuovo fidanzato e tra non molto ti sposerai. L'unica cosa che ti rimane da fare è...-

-No! Non dirlo ti prego!- Urlò lei tappandosi le orecchie con le mani e piegandosi su se stessa, intuendo la richiesta del ragazzo. Dave non le si avvicinò, non le offrì una spalla su cui piangere, non le disse nulla che la potesse calmare.

-Non capisci che è difficile anche per me? A nessuno piace essere dimenticato, ma io non posso continuare così. Ti scongiuro Sky, tu hai l'occasione di continuare, di guardare avanti, io invece no! Se continui a rimanere legata al mio ricordo non riuscirai mai a essere veramente felice e io non potrò mai essere libero.- Lei rimase raggomitolata con la testa tra le mani e il busto scosso dai singulti del singhiozzo.

-È ora di andare avanti e di liberarmi. Ti supplico. Io voglio che tu sia felice.- Aggiunse mestamente Dave.

Lei lo guardò paonazza per il pianto che ancora la scuoteva.

-Io non ti voglio dimenticare! È da quando tu... quel dannato rapinatore... non posso proprio Dave!-

-Sì che puoi- questa volta fu lui a chinarsi e mettersi in ginocchio. Avrebbe voluto avvicinarsi per abbracciarla come faceva un tempo, ma li separava una distanza che nessuno dei due avrebbe mai potuto colmare.

-È l'unica maniera possibile. Sarà meglio per entrambi, credimi. E poi non mi dimenticherai completamente, semplicemente il mio ricordo sbiadirà nel tempo, e così anche le emozioni che provavi per me.- La sua voce era piena di sofferenza. Non era facile quello che le stava chiedendo, ma non era una passeggiata nemmeno chiederlo.

-Dimenticami o dovremo soffrire per l'eternità la mancanza l'uno dell'altra- Aggiunse con un sospiro. Le sue stesse parole gli mozzarono il fiato. Era quello che andava fatto, l'unica cosa giusta rimasta, ma lo stava lo stesso uccidendo.

Lei cercò di calmarsi. Lo sguardo di Dave era lì, calmo e rassicurante proprio come quello che aveva prima; prima della rapina al supermercato in cui loro due, appena fidanzati, stavano facendo la spesa, prima che quel rapinatore cercasse di ucciderla per aver tentato di fermarlo, prima che Dave si mettesse in mezzo per evitarle una coltellata, prima che per questo perdesse la vita.

Lei non lo aveva dimenticato, non aveva smesso di piangerne la morte anche a distanza di anni. E anche se in parte era andata avanti, aveva voluto mantenere il suo ricordo incatenato a sé. Solo ora capiva quanto dolore gli aveva involontariamente procurato.

-Va bene- Esalò piano senza che le lacrime smettessero di inondarle le guance. -Cosa devo fare?- Dave sorrise sollevato.

-Devi innanzitutto rialzarti. E poi devi urlarmi che devo andarmene e che sono libero, e io devo fare lo stesso con te.-

-È davvero così semplice? E dopo cosa ti succederà?- Dave sorrise nuovamente, questa volta sinceramente felice.

-Me ne andrò. Sarò libero. Andrò dall'altra parte, qualsiasi cosa mi stia aspettando laggiù. Confesso che la cosa mi spaventa un po', ma sono sicuro che almeno sarà un miglioramento rispetto ad adesso- Lei annuì, si sollevò e cercò a sua volta di sorridere.

-Addio allora.- Sforzandosi di dimostrarsi serena, anche se con scarso successo, si asciugò le lacrime dal viso -Al mio tre?- Dave annuì.

-Abbi cura di te. E sii felice con lui come lo saresti stata con me- Anche le ultime lacrime vennero versate, poi Sky cominciò il conto alla rovescia.

-Uno- I due si alzarono da terra e si guardarono fissi negli occhi.

-Due- Cercarono di avvicinarsi l'uno all'altra, ma un muro invisibile li fermò prima che potessero fare più di tre passi.

-Tre- Con le mani contro il muro invisibile si lanciarono un ultimo saluto.

 

-VATTENE VIA! SEI LIBERO!-

-VATTENE VIA!SEI LIBERA!-

 

Le loro urla prolungate e sofferenti rimasero a lungo sospese nell'aria.

Dave chiuse gli occhi, assumendo un espressione rilassata, finalmente in pace. Sotto gli occhi di Sky la sua pelle prese a sgretolarsi. Dalle fessure createsi su tutto il suo corpo fuoriuscì una polvere simile a sabbia che per un breve istante gli fluttuò attorno. Infine fu come se la sua figura collassasse su se stessa, e come un pupazzo di fango che una volta secco si sgretola e si polverizza, così anche il ragazzo si dissolse, lasciando dietro di sé un nugolo di fumo che si diradò rapidamente.

Sky tirò un lungo sospiro di sollievo misto a rimpianto.

-Addio Dave. Addio amore mio- Poi, chiudendo gli occhi a sua volta, si dissolse, ritornando nel mondo dei vivi.


 

Angolo in fiamme

Serve acqua ma è nascosta anche quella. Sì, lo so, era pessima.

Dunque, salve di nuovo popolo di FP! Evitando di commentare la battuta che sì, me la potevo risparmiare, ho notato con piacere che nonostante le recensioni  assenti riguardo al precedente capitolo almeno ci sia stato un po' di interesse per questa mini-storia. E se non proprio "interesse" perlomeno un po' di curiosità, il che per me è un grande passo avanti ^.^"

Ringrazio le due anime pietose che hanno infilato la mia storia nelle ricordate e nelle seguite, spero di non deludere almeno voi :')

Non so cosa pensare precisamente di questo capitolo, spero sia riuscito abbastanza... che ne so... No, come "che ne so"!?! Io spero bene, poi voi mi direte!
In ogni caso la mia speranza è quella che io sia riuscita a trasmettervi le emozioni che ho provato io nello scriverla.

Fatemi sapere se ci sono riuscita o se ci sono elementi da migliorare nella storia, se vi va!

Alla prossima con il capitolo su... Gwen! 

Ciao a tutti!!!

Fire

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Capitolo 3
*** Capitolo 3- Gwen ***


Avvertenze!


Prima di leggere questo capitolo sappiate che dentro vi si troverà l'accenno a una coppia yuri. Il mio consiglio è quello del DLDR (Don't Like? Don't Read!) se questo fatto vi sconvolge. Poi non ditemi che non vi avevo avvertito. L'ho inserito per dedicarlo a una mia amica che so leggerà questo capitolo. Voglio che capisca che anche se non troverà in me ciò che cerca lei, io non la abbandonerò e rimarrò al sua fianco anche solo come amica perché a me non interessa delle sue inclinazioni, e che non faccia sciocchezze delle quali potrebbe pentirsene. C'è un sacco di gente che ti vuole bene, non aver paura. Noi ci saremo sempre per te.

 


La ragazza dalle ciocche tinte era lì, sull'altare maggiore di una chiesa abbandonata, con in mano la foto di una donna.

aveva i capelli ricci e castani striati di grigio ed era poco più alta di lei. Nonostante le rughe le deturpassero il volto, si poteva intuire che un tempo aveva dovuto essere una donna molto affascinante. La sua espressione era terribilmente seria, ma non dura, anzi. Semplicemente sembrava aver perso la scintilla di vita presente negli esseri viventi.

La ragazza dalle ciocche tinte sospirò. Conscia del fatto che chiudendo e riaprendo gli occhi l'avrebbe trovata davanti a sé, prese un bel respiro profondo prima di farlo, sperando di essere capace di affrontarla. Aveva spiato più volte i suoi “compagni di prigionia” mentre compivano il grande passo che li avrebbe portati ad abbandonare quel luogo decadente. Lei aveva aspettato anche fin troppo per farlo, più di vent'anni per trovare il coraggio e finalmente chiedere al ragazzo incappucciato di aiutarla.

Finalmente si decise. Le sue palpebre si chiusero di scatto e si riaprirono con la stessa velocità. Di fronte a lei comparve la donna della foto, spenta e ingrigita proprio come nell'immagine.

La distanza che le separava non era più lunga di dieci passi, eppure nessuna delle due si mosse. La meraviglia si dipinse negli occhi stanchi e appannati della donna.

-Gwen? Sei...sei tu?- La ragazza le sorrise facendo spallucce.

-A quanto pare sì, mamma-

-Sto sognando? O forse sono impazzita... io...-

-No mamma. È tutto vero- Gli occhi della madre si spalancarono, ma la sua costante espressione triste non la abbandonò nemmeno per un istante.

-Allora sono morta. Cielo, tuo fratello rimarrà solo... povero ragazzo, ha sofferto tanto in vita sua...- Il tono della sua voce scemò fino a quasi scomparire.

-Non sei morta mamma, rivedrai presto. Siamo nel mondo di mezzo, una specie di anticamera verso l'aldilà- Gwen chinò il capo preparandosi a dare delle spiegazioni che inevitabilmente la madre avrebbe preteso.

-Comunque hai sofferto molto anche tu, troppo a lungo rispetto al dovuto. Mi rendo conto di quanto sia ingiusta questa cosa ma... non ho avuto il coraggio di farlo prima-

-A cosa ti riferisci piccola mia? Oh cielo, ho così tante domande da farti...-

-Lo so mamma. E so anche che meriti una risposta ma prima di tutto voglio dirti che mi dispiace. Non avrei dovuto scappare di casa, non avrei dovuto seguire la mia fidanzata.. ma non pensavo che sarebbe finita così, ti giuro che sarei ritornata da voi e-e poi ti avrei detto... avevo paura di farlo, io volevo solo...- La ragazza dovette interrompersi a causa del singhiozzo. Le lacrime cominciarono a rigarle le guance candide e la voce le si incrinò tradendo tutto il rimorso accumulato durante il corso degli anni.

Per la prima volta dopo anni e anni il volto di sua madre si distese dalla solita espressione sconsolata e si animò di una nuova vita.

-Shh- Sussurrò la donna dolcemente -Non piangere bambina mia. Adesso siamo di nuovo insieme, puoi spiegarmi tutto.-Provò di avvicinarsi alla figlia, ma dopo soli pochi passi fu costretta a fermarsi da una specie di muro invisibile. Gwen scosse la testa tirando su con il naso.

-Noi... noi non possiamo avvicinarsi più di così. L'incappucciato dice che i morti e vivi devono rimanere separati il più possibile.- La donna la guardò stranita.

-Chi è l'incappucciato?-

-Non so chi sia esattamente, ma in pratica è quello che ci permette di contattarvi. Prima di lui ce n'era un altro, poi nove anni fa è stato sostituito. Viene a farci visita ogni tre anni per rilasciare alcuni di noi che durante la sua ultima visita avevano fatto richiesta di parlare con i propri cari, poi sparisce per tre mesi e ritorna per raccogliere le nuove richieste. Infine scompare di nuovo per altri tre anni. Questo procedimento si ripete all'infinito, almeno credo. Comunque non siamo qui per parlare di questo, non ho tanto tempo a disposizione. Ti devo domandare una cosa, e anche se so che sarà difficile ti prego di accettare, mamma- La donna annuì tenendo le mani premute sul muro invisibile.

-Cosa mi devi chiedere? Mi devi promettere che poi però risponderai alle mie domande!-

-Lo farò, te lo giuro. Ma prima devi acconsentire... io... mamma, voglio che tu smetta di perderti la vita a causa mia. Io... sono stata una stupida una vera idiota... non l'ho capito quando ero in tempo, ma la vita è meravigliosa e vale la pena di essere vissuta, in qualsiasi situazione ci si trovi. Kevin ti vuole un bene dell'anima anche adesso che ha una famiglia tutta sua, ma tu non fai che perderti in un rimpianto inutile riguardo alla mia morte. Smetti di ricordarmi e concedimi finalmente la pace. Questo ti chiedo. Solo allora io potrò andarmene nell'aldilà, e tu potrai continuare a vivere veramente.-

-Mi stai chiedendo di dimenticarti? Ma sei mia figlia, anche volendo non potrei mai...- La donna dovette asciugarsi gli occhi per evitare di piangere a sua volta. Aveva speso così tante lacrime in quegli anni... non poteva lasciare che le impedissero di parlare per l'ultima volta con la figlia.

-Non si tratta di dimenticare nel senso letterale della parola. Devi.. è difficile da spiegare me credo che si tratti di accettare il fatto che io non tornerò mai più. Devi smettere di disperarti e cominciare a pensare che sono in un posto migliore. Io rimarrò un tuo ricordo, ma sarà un ricordo felice, non triste e angosciato, composto unicamente dai rimpianti di quello che non abbiamo fatto assieme. Capisci?- La ragazza si mosse a sua volta verso il muro per avvicinarsi il più possibile alla madre. I suoi passi fecero oscillare dolcemente i bordi della vestaglia da ospedale che costituiva il suo unico indumento.

-L'ultima volta che ti ho visto con quella vestaglia addosso eri all'ospedale, in fin di vita. Al bordo del tuo lettino, al tuo fianco, c'era quella... quella...- Gwen si morse il labbro, pronta alla confessione.

-La amavo mamma. Ero lesbica. Amavo una ragazza e non me ne sono mai pentita. E anche lei mi amava. Lei però è riuscita ad andare avanti con la sua vita dopo la mia morte, tu no.-

-Sai, ogni tanto la vedo ancora davanti alla tua tomba. Ogni settimana viene a farti visita con dei fiori diversi.- La donna dovette asciugarsi le lacrime dal volto di nuovo. Pregò di fare in tempo a dire tutto, perché le lacrime le impedivano quasi di parlare. -Non sono mai riuscita a perdonarla. È rimasto solo il vuoto dentro di me dopo la tua morte, capisci? Io accetto la tua richiesta, cercherò di guardare avanti, ma prima spiegami perché. Perché sei fuggita, perché non hai provato a parlarmene, perché è andata a finire così... perché, PERCHÈ?- Gwen chinò il capo staccandosi dal muro invisibile e andò sedersi sui gradini dell'altare.

-Io e lei ci amavamo mamma, ma sapevamo entrambe che né tu né la sua famiglia ci avreste permesso di vivere assieme. Volevamo andare lontano e aspettare di avere la maggiore età per sposarci. A cose fatte non avreste potuto opporvi, giusto?- Seguì un lungo silenzio, tanto pesante quanto colpevole. -Perciò pianificammo la fuga. Io temevo di dirtelo, ti avevo già sentito più volte esprimerti sulle coppie... alternative. La sera prima della mia morte rubai dalla tua borsetta un centinaio di dollari con l'intenzione di restituirteli, prima o poi, raccolsi dei vestiti e un po' di cibo, poi aspettai che lei venisse a prendermi con il pickup che suo padre le aveva regalato per il compleanno. Iniziò così la nostra fuga, con lei che guidava il pickup verso il confine e io che dormivo al suo fianco. Avevamo così tante speranze per il futuro...- Si dovette interrompere di nuovo a causa del singhiozzo che prepotentemente si face strada su per il suo petto.

-E poi?- La incitò a continuare dolcemente la donna.

-E poi la mattina dopo successe l'incidente. Ci eravamo fermate per la notte a una stazione di sosta, e dopo aver riposato eravamo ripartite verso la nostra destinazione ignota. L'autista del tir che speronò la nostra auto era ubriaco marcio. La nostra macchina non l'aveva nemmeno vista arrivare, brillo com'era. Solo il lato passeggeri del pickup venne coinvolto nell'urto. Il paraurti del tir mi sfondò la cassa toracica. La mia fidanzata riuscì a chiamare un ambulanza nonostante l'intontimento dovuto all'urto, ma per me era già troppo tardi. Il resto lo sai anche tu. La polizia chiamò i nostri parenti indicandovi l'ospedale nel quale eravamo state ricoverate e quella stessa sera io...-

-È solo colpa mia, se non fossi stata così stupida da non capire...- Gwen interruppe la madre rialzandosi dai gradini e tornando vicina al muro.

-Non è colpa di nessuno, mamma. È successo e basta, si vede che doveva andare a finire così. Adesso però è ora di lasciarsi tutto alle spalle.- La donna annuì convinta nonostante le lacrime.

-Allora cosa devo fare?-

-Cosa dobbiamo fare, mamma. Insieme, io e te. Dobbiamo urlare l'una all'altra che siamo libere, che possiamo andarcene. Io mi sgretolerò e tu tornerai nel mondo dei vivi. Sei pronta?-

-Sì, Gwen. Sono pronta-

-Mi mancherai mamma. Dì a Kevin che gli volevo bene. E assicurati che non faccia lo scemo come al solito, va bene?- Stavano entrambe singhiozzando ormai, ma nonostante la voce incrinata dall'emozione Gwen riuscì a rivolgere alla madre un'ultima frase: -Perdonami, se puoi, ma sopratutto perdona lei: solo così riuscirai a perdonare anche te stessa-

Abbassarono contemporaneamente il capo, e le ultime lacrime scivolarono a terra.



-Vai. Vai! VAI! SEI LIBERA, GWEN!-


-VATTENE! VAI VIA! SEI LIBERA, MAMMA!-


 

Gwen stava ancora urlando quando si accorse che il dito indice del mano destra, quello che assieme al pollice stringeva la foto di sua madre che le aveva consegnato il ragazzo incappucciato, si stava sgretolando. La paura scomparve. Era davvero l'ora. Lanciò un ultimo sguardo alla madre mentre profonde crepe le salivano sul per il volto. Chiuse gli occhi, attendendo il momento in cui sarebbe trapassata definitivamente. L'ultima cosa che avvertì fu una brezza leggera che la avvolse. Il suo corpo si polverizzò, portato via dal vento. E finalmente Gwen trovò la pace.



Angolo ifiamme

A tutti un rovente affettuoso saluto! Se state leggendo questo messaggio significa che non siete ancora fuggiti a gambe levate. Complimenti! Questo era il capitolo su Gwen, spero vi sia piaciuto perché ci tenevo parecchio.

So che vi aspettavate qualcosa di un po' più "sdolcinato" come nel capitolo precedente, e devo ammettere che inizialmente ne ero tentata, ma poi ripensandoci ho pensato che gli amanti non sono le uniche persone che rimarrebbero traumatizzate da un ipotetica morte di un proprio caro.Figli, fratelli, sorelle, madri e padri, ma anche solo gli amici intimi. Un sacco di gente insomma.

È per questo motivo che nemmeno nel prossimo capitolo (il penultimo :D), quello incentrato su Brick, non tratterò della coppia Jock (Non propriamente, perlomeno ^.^'')

In ogni caso ringrazio infinitamente 
nini_maw e maple per le graditissime recensioni lasciate sul capitolo precedente e tutte quelle persone che hanno aggiunto la storia nelle ricordate, seguite e preferite (ma quanto siete stati carucci?!? Grazieee! ^_^)

Ora vi lascio perché credo di aver scritto fin troppo. Spero di essere riuscita a intrattenervi piacevolmente e di avervi fatto emozionare anche stavolta.

Fatemi sapere se ci sono riuscita o se ci sono elementi da migliorare nella storia, se vi va ovviamente!

Alla prossima con il capitolo su... Brick! 


Ciao a tutti!!!

Fire

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