- UMI NO HANA -
- UMI NO HANA -
***
Una fanfiction ideata
per essere suddivisa - per ora - in due parti.
La prima parte dedicata
a Robin e raccontata dal suo punto di vista,
la seconda destinata a
Franky, il quale accompagnerà la storia alla sua conclusione.
Un piccolo, divertente,
esperimento.
Buona lettura!
***
Step One: Robin
Da quando erano ripartiti
da Water 7, per Robin la vita aveva acquisito un senso completamente diverso,
nuovo.
Sensazioni che le
ricordavano esattamente i suoi desideri di bambina.
E ridere di cuore, senza
domandarsi, per una volta tanto, se fosse giusto che una come lei provasse un
sentimento come la gioia, fu il primo vero sfogo della sua ritrovata esistenza,
della rinascita.
Rufy e gli altri non
avevano esitato a saltare giù dal ponte, quando era comparsa, apparentemente dal
nulla, un'isola, quel giorno.
Ed ora lei stava ad
osservarli, dalla balaustra della nave, mentre festeggiavano la nuova scoperta.
Si divertiva ad
osservarli. Si era sempre divertita ad assistere alle loro peripezie in verità,
ma mai come ora riusciva a partecipare al loro entusiasmo. Rideva ai giochi
goliardici dei compagni che si rincorrevano sulle spiagge candide dell'isola.
Socchiuse solo gli occhi
quando un profumo inusuale le stuzzicò le narici. Si godette quella sensazione
che le ricordava fiori profumati e erbe aromatiche. Probabilmente poco distante
doveva esserci un prato.
"Tu non scendi?" una voce
alle sue spalle, mentre veniva assicurata una scaletta per facilitare il compito
a chi, al contrario di Rufy, non aveva gambe e braccia snodabili adatte al
salto.
Si risistemò dritta,
lanciando un'occhiata all'uomo che ora l'aveva affiancata.
Sorrise appena a Franky,
scrollando le spalle come se la cosa non avesse gran rilevanza.
Non aveva ancora
abbandonato, e forse non lo avrebbe fatto ancora tanto presto, quel suo
atteggiamento distaccato e fiero.
Ancora le piaceva stare
sulle sue, immersa nei suoi pensieri, nelle sue considerazioni, ad osservare
quello che le stava attorno.
"Posso aspettare, gli
lascio sbollire l’entusiasmo." Rispose solamente, indicando con un cenno della
testa il capitano che ora si esibiva in urla selvagge, assalendo scherzosamente
Usop e Chopper i quali sfuggivano alla sua furia omicida a suon di risate.
Non lo sentì rispondere
quando tornò a guardare l'isola, oltre le cime degli alberi.
Forse più tardi avrebbe
potuto davvero fare un salto sulla terraferma. Sgranchirsi le gambe e constatare
di persona se il suo sesto senso le aveva suggerito il giusto, riguardo la
presenza di un prato fiorito.
Non ci mise comunque molto
a decidersi.
Lasciò lo spadaccino –
unico membro dell'equipaggio ancora presente - dormire saporitamente all'ombra
delle piante di mandarino, e abbandonò la nave.
La sabbia era così sottile
che scivolava come seta fra le dita dei piedi e il profumo di fiori, da laggiù,
le sembrò così intenso che non sapeva dire da che parte provenisse esattamente.
Ignorò i richiami del
cuoco che si sgolava da qualche parte, accanto a un braciere improvvisato, e si
addentrò nel folto della boscaglia che delimitava la spiaggia.
Sapeva di avere tempo. Non
si sarebbero mossi tanto rapidamente da lì, almeno fino a quando il capitano non
avesse trovato nuovi interessanti stimoli nell'isola.
L'aria diventava sempre
più leggera e fresca più si spingeva a fondo, fra gli alberi. Il profumo di
fiori non diminuiva, semmai si arricchiva di nuove fragranze. Un paradiso
olfattivo che la spingeva a camminare a intuito, inebriata dalla curiosità.
Fu non molti minuti dopo
che oltre il capannello di ombre, intravide, infine, di nuovo la luce.
Sgranò sorpresa gli occhi,
allo spettacolo che le si profilò di fronte.
Una scogliera, da cui si
sentiva il rumore fremente delle onde e, su di essa, un tappeto di fiori dai
colori vivacissimi.
Mai aveva visto in vita
sua uno spettacolo simile.
Mai aveva assaporato un
profumo così inebriante, variegato e pieno.
Come un ospite che si
appresta ad entrare in un santuario, valutò a lungo la possibilità di farsi
strada in quell'Eden fiorito, timorosa di rovinarne la bellezza con la sua sola
presenza, o di intaccare quel profumo così puro.
Si accovacciò allora, al
limite del bosco, sfiorando con le dita un fiore blu.
Sembra fatto di seta
– pensò, saggiando la morbidezza dei suoi petali. I raggi del sole si
abbattevano su di esso, rivelandone le sfumature più impensabili.
Non ne conosceva affatto
il nome, e si ritrovò a pensare che fosse strano, dato che fiori e piante, così
come la storia del mondo e l'archeologia, rientravano fra i suoi primari
interessi.
Un rumore di passi sulle
foglie secche degli alberi alle sue spalle la fece trasalire.
"Wow, che diavolo è questo
posto?"
Di nuovo il carpentiere.
Oggi sembrava divertirsi a sorprenderla alle spalle.
Lo sbirciò di sfuggita,
voltandosi appena, giusto per fargli capire che si era accorta della sua
presenza, come se poi fosse possibile ignorarlo.
Portava, sotto una delle
poderose braccia, una fascina di legna. Doveva aver pensato che l'aver trovato
quell'isola fosse l'occasione buona per mettere da parte un po' di materiale.
Quando lo stesso capitano,
al momento, non pensava che a divertirsi, uno dei suoi uomini si preoccupava
invece del benessere della loro nave e dei suoi occupanti. Se lo sarebbe atteso
forse da chi li conosceva da più tempo, ma non dall'ultimo arrivato.
Si rimise in piedi,
pensando che però era anche vero che i fatti di Enies Lobby non avevano seguito
alcuna logica, e rapporti interpersonali e sentimenti erano stati così intensi
che avevano ribaltato il concetto che lei stessa aveva di fiducia e amicizia.
"Impressionante, vero?"
concordò solamente, perfettamente conscia che un simile spettacolo non potesse
risultare straordinario solo ai suoi occhi.
"A dir poco…" si sentì
rispondere, guardandolo avanzare in direzione della scogliera.
"Sono venuto da questa
parte seguendo il rumore delle onde e il profumo del mare. Mi aspettavo un'altra
spiaggia o qualcosa di simile, ma di certo niente del genere."
Robin si accigliò
vagamente, mentre le nacque spontanea una considerazione, ispirata dalla frase
di Franky: doveva essere il mare a rendere il profumo di quei fiori così
intenso. Si nutrivano esattamente di quello e il rimescolio delle onde e del
loro effluvio, ricreavano quella fragranza così unica.
"Sai di che fiori si
tratta?" le domandò curioso, chinandosi appena, sradicandone uno di malagrazia.
Robin storse il naso al
suo gesto, ma non disse nulla.
"A dire la verità no."
Ammise con poco entusiasmo, un po' delusa dalla sua stessa ignoranza.
Eppure era convinta che la
forma, il colore almeno, dovessero suggerirle qualcosa. Ma non rammentava
proprio niente di lontanamente simile, su nessun libro o articolo che le fosse
mai passato sotto mano.
Senza avvicinarsi, fece
sbucare una delle sue mani dal braccio di Franky, sottraendogli delicatamente il
fiore dalla mano. Il cyborg si ritrasse di scatto, apparentemente terrorizzato,
fissando quell'appendice come se avesse ricevuto una scossa.
Probabilmente non aveva
ancora dimenticato lo scherzetto che lei aveva giocato ai suoi gioielli, per
convincerlo a salpare con la ciurma di cappello di paglia. Certo, se non fosse
stato così ostinato, non avrebbe dovuto ricorrere a mezzi così rozzi e dolorosi.
Trascinò invece il fiore a
sé, allontanandolo dall'uomo, facendo poi svanire la mano in sovrannumero.
Lo osservò da vicino,
lasciando che petali, fusto e bulbo riposassero delicatamente sul palmo della
sua mano.
"Non ho mai visto fiori
del genere. Potrebbe trattarsi di una razza nuova… o semplicemente di qualcosa
che mai essere umano ha avuto modo di classificare" constatò sovrappensiero,
dando una spiegazione più a se stessa che a Franky.
"Dovresti dargli un nome
tu, allora." Ricevette in risposta una volta che l'uomo si fu ripreso dallo
spavento di veder minati ancora i suoi attributi.
Rialzò lo sguardo,
piantandoglielo addosso come se non avesse capito l'allusione.
"Bè… quando si trovano
nuove… stelle, razze di animali o di fiori, il suo scopritore deve assegnar loro
un nome. Va così, no?" proseguì l'uomo, decidendo probabilmente di ignorare la
sua espressione.
"Dovresti saperlo meglio
di me. Sei un'archeologa" aggiunse come la cosa spiegasse tutto "E comunque
funziona così anche per le navi."
Intrecciò le braccia al
petto e Robin si scoprì per la prima volta a pensare che fossero davvero enormi.
E a quanto si erano dimostrate forti nei giorni passati.
"Ho dato un nome ad ogni
singola nave che ho costruito e varato" sorrise "Dai personalità alle cose,
affibbiando loro un nome."
Robin lo ascoltò in
silenzio, valutando seriamente le sue parole.
Forse Franky aveva
ragione, anche se non era del tutto certa che quel fiore avesse bisogno di nuova
personalità. Le sembrava sprigionasse già una placida e silenziosa forza.
"Il fiore Nico Robin"
La donna sussultò
visibilmente alle sue parole.
Si ritrovò
sorprendentemente imbarazzata e lusingata da quella considerazione, e per questo
non alzò lo sguardo su di lui, ma lo mantenne fisso ai petali del fiore, che
improvvisamente le apparve diverso… più familiare.
"E sentiamo…" si riscosse
rapida, sollevando la piantina, affinché venisse illuminata maggiormente dai
raggi del sole "Che nomi avresti dato alle tue navi?" buttò lì, con una sorta di
malcelata provocazione nella voce.
Franky non rispose per
qualche istante e lei avvertì una sorta di conflitto interiore che lo
tormentava.
Poi rispose: "Battle
Franky uno, Battle Franky due, Battle Franky tre…"
Lei rise.
"Non brilli certo per
originalità"
"Con i nomi?" domandò,
apparendo risentito per qualche istante "Ho paura di no" e seguì la sua risata,
sorpresa ma sincera.
Rimasero lì per qualche
attimo, a godersi in silenzio lo scenario.
Le spiaceva pensare che la
sua scoperta - se poi di scoperta si trattava veramente - dovesse restare lì, su
quell'isola sperduta.
"Quel fiore andrebbe
ripiantato" le suggerì lui, mentre dirigeva, senza avvertimenti, qualche passo
in direzione della spiaggia, pronto a tornare dai compagni.
Predicatore da due soldi…
era stato lui stesso a strapparlo dalla sua terra poco prima. Ma aveva ragione.
Se non voleva vederlo appassire nel giro di pochi minuti.
"La Sunny ha un prato così
spoglio"
Robin non credette di aver
capito bene. Si voltò di scatto, per accorgersi che le ultime parole del cyborg
si erano affievolite come la sua figura ormai in lontananza.
Le stava forse suggerendo
di portarselo via?
Sarebbe stato giusto
allontanarlo dal suo habitat naturale? Lontano dalle onde di quella scogliera.
Non aveva forse realizzato, poco prima, che erano il profumo del mare e i raggi
di quel sole a renderlo così unico?
Ma noi viviamo sul mare -
le corse alla
mente un pensiero - e veniamo baciati dallo stesso identico sole.
Si umettò le labbra,
improvvisamente decisa sul da farsi. Fece fiorire le mani a ombrello sul fiore e
sorrise.
Era arrivato il momento di
inaugurare quel prato.
***
Fine parte uno
Continua...
|