With Or Without You

di WankyHastings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** The first time ever I saw your face ***
Capitolo 3: *** Sotto Corte Atwood ***
Capitolo 4: *** Galeotte furono le elezioni ***
Capitolo 5: *** Let's Start Party-Nerd ***
Capitolo 6: *** Mer(edith)ry Christmas - part I ***
Capitolo 7: *** Mer(edith)ry Christmas - part II ***
Capitolo 8: *** Capodanno col (s)botto ***
Capitolo 9: *** L'Enigmatica Georgina ***
Capitolo 10: *** Lunedì Maledettamente Confuso ***
Capitolo 11: *** Amici, Amanti e... Trappole ***
Capitolo 12: *** G for Georgina ***
Capitolo 13: *** Ore Parallele ***
Capitolo 14: *** Corsa contro il tempo - Part I ***
Capitolo 15: *** Corsa Contro il Tempo - Part II ***
Capitolo 16: *** My Summer Love ***
Capitolo 17: *** Goodbye my lover, Goodbye my friend ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

Il suono della sveglia mi tormentava quella mattina di settembre, sembrava come se rimbalzasse sulle pareti per poi ritornare a infastidire i miei timpani in un catena senza fine che mi stava facendo diventare matta. Il sole filtrava dalla finestra chiusa male, colpendomi sul viso, alzai un braccio che feci cadere mollemente sugli occhi, in modo da pararmi da quella luce fastidiosa. Guardai l'orario, i numeri segnavano esattamente le 06.40 in maniera sfocata, maledetta miopia. Rimasi a letto, sbuffando sonoramente. Molti riescono appena svegli a formulare pensieri coerenti, a realizzare una lista delle cose da fare. Il mio cervello riusciva a formulare solamente la frase “ devo fare pipì”.

Così, svogliatamente, mi alzai lentamente per sopperire a quel bisogno fisiologico impellente, dopotutto sarei dovuta andare a scuola. Frequentare il mio ultimo anno di liceo, e finalmente decidere cosa fare della mia vita. Una decisione che rimandavo ogni volta. Come si può decidere il futuro della propria vita, solamente con una scelta? Insomma, la vita è fatta da un insieme di scelte che compiamo inconsciamente ogni giorno: “Oggi mi piacerebbe mangiare un gelato al pistacchio, domani al fior di latte”,” Dovrei andare in palestra, ma decido di rimanere in casa, mancando l'opportunità di incontrare la persona della mia vita”. Insomma se non ero decisa nemmeno sul gusto del gelato, figurati se potevo avere chiaro in mente cosa voler fare della mia vita. Alla domanda “ che università farai?” la mia risposta rimaneva sempre la stessa, come se recitassi lo spot di qualche pubblicità scadente: “Università? No,grazie”.

Sono sempre stata del pensiero che alla nascita dovrebbero regalarti un manuale d'uso per la vita “ non fare questo...”, “scegli questo...”, insomma un qualcosa da seguire come modello in modo da fare meno cazzate possibili e che rispondesse alle tue domande. E mai come quest'anno desideravo risposte che non riuscivo a darmi; ogni domanda aveva una moltitudine di risposte e nessuna mi sembrava la più idonea. Ecco cos'è la vita: un sistema matematico pieno di X e Y; a pensarci bene, come possiamo darci risposte se le prime incognite siamo noi stessi? La nostra base cromosomica non è per caso una coppia di X e Y?

Fatto sta, che a scuola sarei dovuta andarci, anche se la mia voglia di studiare era pari alla voglia che potrebbe avere un mucca di andare a farsi una gita al macello. Che immagine disgustosa.

- Hai preparato lo zaino?-
​- Sì, madre. -

Ogni anno scolastico sempre la stessa domanda, la stessa risposta, le stesse azioni “la routine uccide”, non capisco perché ci mettano nella condizione di crearcela, allora.

Arrivo a scuola trascinando le scarpe sul marciapiede, così stanca della mia vita da non avere nemmeno la forza di sollevare i piedi per camminare. Mi accontentavo di sembrare un zombie. Avevo solo 18 anni, ma mi sembrava di aver sopportato il mondo per millenni. Solite facce, soliti sorrisi finti di persone che non ricordano nemmeno come ti chiami, ma insomma alle superiori conoscere gente ti rende “figo”. Alcune volte non capisco perché mi dia tanto da fare per fare bella figura davanti alle persone se non provo alcun interesse verso di loro. È una stupida deformazione comportamentale che alcune volte mi fa vergognare di me stessa, insomma, mi comporto da brava ragazza anche se vorrei sputarti in faccia le peggio parolacce, mentre rido per la tua faccia scandalizzata.

Stamattina mi sentivo in vena di trovare tutto ciò che non andava nella mia vita, e cazzo, ne stavo trovando fin troppo. Forse avevo sbagliato tutto dall'inizio, forse stavo vivendo una vita che non mi piaceva, forse avevo fatto scelte impulsive che non sentivo mie, facevo la ragazza della porta accanto pur sentendomi un centauro tatuato. Prima o poi sarei implosa.

Stavo seduta sul muretto della mia scuola, fissavo la cancellata arrugginita; in alcune zone la pittura scolorita, un tempo rossa, era sparita. Mi sentivo vicino alla mia scuola: stavo miseramente cadendo a pezzi. Non essere quel che si è logorava e ti toglieva il respiro come se qualcuno ti tenesse la testa sott'acqua. Ecco, mi sentivo annegare in un mare di facce. Forse se avessi avuto il coraggio di scoprirmi, di mostrare il fianco, forse qualcosa sarebbe cambiata, ma avevo costruito delle mura di cinta così alte, così spesse che non riuscivo più ad abbatterle, avevo murato viva me stessa.

Stavo per piangere, sentivo quel pizzico in gola che ti fa lacrimare e ti mozza l'aria nei polmoni. Alzai lo sguardo verso il cielo per ricacciare indietro le lacrime, come se la forza di gravità potesse fare qualcosa, come se le leggi della fisica fossero dalla mia parte. Ho imparato che contro il dolore nulla può, nessuna legge. Sarei voluta sparire, in quel momento, in quel cielo di settembre.

Quando abbassai la testa il mio sguardo fu catturato da una nuvoletta di fumo biancastro, proveniente da qualche sigaretta. Mi incantai e ne seguii le volute fino a raggiungere le labbra della persona che stava fumando. Erano chiare e sottili, stese in un sorriso dolce. I denti erano imprigionati da un apparecchio fisso, ma in quel momento mi sembrò il sorriso più bello che avessi mia visto. Seguii la linea dolce del labbro superiore fino alle fossette che si formavano sulle guance. Mi leccai le labbra, mi si era seccata la gola. Distolsi lo sguardo, avevo paura di continuare a guardare. Il mio cuore stava battendo più forte e stavo sudando freddo, quel sudore fastidioso che ti si forma sulle mani rendendole appiccicose. Non poteva star succedendo davvero, non di nuovo. Cercai di impormi di non riguardare quelle labbra, ma non riuscì a resistere, quanto siamo deboli.

Ripresi a fissare da dove mi ero interrotta, risalii lungo la linea del naso, dove appoggiava la montatura di un paio di occhiali e poi eccoli: Aveva gli occhi socchiusi, scuri, mentre rideva a qualche battuta che non avevo sentito. I lunghi capelli le scendevano sulle spalle dove era appoggiata una cartella rossa. Tutto nei suoi movimenti e nel suo modo di sorridere mi stava catturando. Penso di aver provato la stessa emozione di Cristoforo Colombo quando raggiunse terra, quando i primitivi scoprirono il fuoco. Quella gioia nel scoprire qualcosa di nuovo, quella di aver raggiunto la tua destinazione. Per la prima volta in 18 anni, in quel sorriso mi ero sentita a casa dopo essere stata in viaggio per tanto tempo, finalmente in quell'attimo avevo riscoperto cosa significava il calore intimo del cuore, il voler qualcosa.

Sentivo il desiderio che quel sorriso fosse rivolto solo a me, a me soltanto, che fossi io a farlo nascere su quelle labbra.

Dopo 18 anni, avevo scoperto di avere un cuore che funzionasse.

Quella mattina di settembre la me stessa che avevo murato viva era riuscita a crearsi un piccolo spazio.

 

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Capitolo 2
*** The first time ever I saw your face ***


Capitolo 1

The first time ever I saw your face



 

Ero rimasta incantata da quel viso, senza via di scampo. Non avevo nemmeno sentito la mia amica Georgina salutarmi. Lei mi parlava mentre io pensavo ad un qualsiasi modo per avvicinarmi a quella ragazza. 
Avrei potuto chiederle una sigaretta, un semplice modo per andarle più vicino e poterla guardare meglio. Ero già pronta ad alzarmi per dirigermi da lei senza tener conto di Georgina, quando la campanella di inizio lezione non ruppe il contatto visivo che mantenevo con quella ragazza.

- Andiamo Mer, dobbiamo entrare. Alla prima ora abbiamo quella pazza psicopatica della Keef e se ritardiamo anche di un solo minuto quella ci ammazza- mi sentii afferrare da un braccio e inerme la seguii senza poter fare niente.

- Aveva dato esercizi la stronza?- Georgina continuava nei suoi monologhi infiniti senza che io le rispondessi, a lei bastava semplicemente la presenza di due orecchie da massacrare a suon di parole. Al resto ci pensava lei.

- Sai, oggi io e Lena andiamo a prendere un caffè, vuoi venire anche tu?-

- Certo, Jo -

Entrammo in classe e ci dirigemmo verso la fine dell'aula. Io mi buttai di peso morto sulla sedia mentre lasciavo andare la testa contro il banco, chiudendo gli occhi, in sottofondo Georgina parlava di qualche ragazzo conosciuto durante una serata in discoteca. Non riuscivo ancora a cancellare dalla mente il viso di quella ragazza. Avrei voluto almeno sapere il suo nome, solo per curiosità personale, che male c'è a voler sapere il nome di una ragazza? Bisogna socializzare. Non risultava una scusa credibile nemmeno con me stessa. Maledizione.

Fortunatamente la Keef entrò in classe impegnandomi la mente nel seguire la lezione, nel prendere appunti per il test che avremmo avuto due settimane dopo.

La giornata proseguì come gli altri giorni, lentamente, molto lentamente. Al suono dell'ultima campanella cominciai a ringraziare Voldemort, Sauron, Allah, Buddha o chi per lui per questa grazia divina. La testa mi scoppiava e mi sarei fatta trascinare da un carretto se solo avessi potuto. Georgina in tutto ciò invece aveva ancora la forza di ciarlare, ma dico io ogni tanto la sua lingua non sentiva il bisogno di starsene ferma? 
- Jo, dov'è Lena? Vorrei tornare a casa per un orario decente. -

- Dio Mer, come sei pesante. Ora la chiamo Lena. - sbuffai sonoramente mentre Georgina prendeva il telefono per chiamare Lena.

Così ne approfittai per allontanarmi con la scusa di guardare una vetrina di un negozio anonimo, avevo bisogno di un attimo per me; non l'avessi mai fatto. Il mio pensiero ritornò a quella ragazza in un attimo. Cosa diamine stava succedendo alla mia mente? Non la conoscevo, non sapevo chi fosse, non ci avevo parlato nemmeno una volta e io mi fissavo in questa maniera. Scossi la testa sperando che, come nei cartoni, il pensiero uscisse dalle orecchie. Ovviamente non ebbi successo, l'immagine di quelle labbra piegate in quel dolce sorriso si susseguivano nella mia mente come tante fotografie, cominciavo ad odiarmi, non potevo fissarmi non su una ragazza, sconosciuta per di più. Guardai la mia immagine riflessa sulla vetrina: i capelli biondi erano scompigliati sembrava che una famiglia di scoiattoli avesse deciso di farci un nido sopra, e gli occhi solitamente azzurri, ora mi parevano piombo fuso cerchiati di viola, maledette occhiaie. Mi passai una mano sulla faccia pigramente. Avevo un aspetto orribile, forse avrei dovuto saltare quel caffè e andare a casa, mangiare qualcosa e mettermi a dormire. 

Avrei seriamente cominciato a somigliare ad una vecchia zitella acida per poi finire a collezionare gatti.

- Meredith! - mi voltai spaventata. Lena era finalmente arrivata con i suoi capelli neri e crespi e i suoi occhi da pesce lesso. Non mi stava molto simpatica a dir la verità, ci uscivo solo perché era amica di Georgina. Mi avvicinai per salutarla, anche se avrei preferito dirle che l'aria da bambina smarrita nel bosco non s'addiceva alla sua persona, visto le storie che giravano sul suo conto. Georgina la buona samaritana.

- Hey Lena, come va? - il tono che avevo usato era annoiato, e Georgina mi lanciò un'occhiataccia delle sue, e vi assicuro che quegli occhi verdi avrebbero fatto paura a chiunque. Ma Lena sembrò non accorgersene, ma infondo a Lena Mestfield interessava solo di se stessa e del suo stupido ragazzo.

- Bene, ti ringrazio. Ieri io e Paul abbiamo fatto sei mesi è stato bellissimo, mi ha portato a cena offrendo tutto lui. Quanto può essere dolce il mio orsacchiotto amoroso... - alle parole “orsacchiotto e amoroso” il mio cervello si era rifiutato di continuare ad ascoltarla, mi limitai a guardare il suo sorriso stucchevole e ogni tanto annuivo senza sforzarmi di fare altro; Georgina ogni tanto le chiedeva qualcosa mentre ci dirigevamo al bar sotto i portici. Arrivate ci sedemmo al solito tavolo, sala fumatori vicino alla grande vetrata che affacciava sul viale alberato. Mi piaceva quel posto, io e Georgina ci abbiamo passato ogni mattina quando eravamo troppo svogliate per entrare a scuola. Era tranquillo e nessuno veniva a scocciarti per nessuna ragione, ognuno si faceva i fatti suoi.

Presi la cartella per cercare il pacchetto delle sigarette, per poi ricordarmi che quella mattina ero troppo impegnata a guardare quella ragazza per andare a comprarle. Sbuffai, ormai non facevo altro che sbuffare, quando gli occhi della ragazza mi si presentarono nella mente con forza facendomi mancare l'aria. 
La mia mente stava cercando di uccidermi.
 Ci si può infatuare della bellezza di un viso?

- Jo, mi daresti una sigaretta? Mi sono scordata di comprare il pacchetto-

- Tu che scordi le sigarette M? Che hai la febbre? - mi sorrise e non potei fare a meno di rispondere al sorriso della mia amica.

- Che ci puoi fare? La tua bellezza accecante mi ha fatto dimenticare tutto. - cominciammo a ridere, lasciando Lena in disparte per un momento, non che mi importasse.

- Sì, sì, lo so. Faccio questo effetto a tutti. Toh, prendi brutta stronza. - mi porse il suo pacchetto che io afferrai come se fosse il santo Graal. Presi una sigaretta portandomela alle labbra, l'accesi e aspirai la prima boccata chiudendo gli occhi. Avrei dovuto smettere un giorno, un giorno che non era questo... sicuramente.

- Scendi dal piedistallo, princicessa. - e facendole l'occhiolino le lanciai contro il pacchetto che lei prese al volo.

- Zitta, che senza di me non puoi stare. - adoravo scherzarci. Riusciva sempre a rispondermi a tono, non avrei potuto volere un'amica diversa, aveva i suoi difetti insopportabili, ma nessuno è perfetto.

- Cosa vi porto? - l'arrivo del cameriere interruppe il nostro scambio di battute.

- Un caffè al ghiaccio, un tè nero e un caffè con latte, grazie. - Georgina non ci chiese nemmeno cosa volevamo, eravamo così abituarie che aveva imparato i nostri gusti a memoria. Ci fu un momento di silenzio, Lena era impegnata a scambiarsi messaggi con Paul, mentre io e Jo ci stavamo guardando. Georgina aveva percepito che qualcosa non andava, lo capivo dal modo in cui si mordeva le labbra per evitare di farmi domande, sapeva che se avessi voluto parlarne lo avrei già fatto. Apprezzai i suoi sforzi, sapendo quanto fosse curiosa e apprensiva, e le donai un sorriso mentre continuavo a fumare stravaccata sul divanetto del bar.

- Questo sabato Mary Portam dà una festa, volete venire? -

- Mi dispiace Lena, ma devo dare da mangiare ai ricciocorni che vivono nel mio giardino – il tempo di finire la frase che mi arrivò uno schiaffo sulla nuca.

- Jo! E che cazzo, mi fai male!-

- Te lo sei meritato - la guardai di traverso, mentre Lena impassibile aspettava una qualsiasi risposta. - No Lena, grazie. Sai che non sopporto Mary, e poi io e Meredith sabato abbiamo la festa di Marck. - ed ecco a voi la perfetta Georgina Atwood, suono di trombe e tappeto rosso per lei.

- Oh, peccato Georgie. Sai, sarebbe venuto anche Shane. -

Shane Livingston, il bello e impossibile della scuola. Tutta la fauna femminile ci sbavava dietro e lui le usava semplicemente come sfogo dei suoi ormoni in piena pubertà, e purtroppo piaceva anche a Georgina. Un momento, ma che nomignolo era GEORGIE?

- Sarà per un'altra volta Len, non posso non andare da Marck è il nostro migliore amico. -

- Come vuoi. - nel dirlo aveva mosso la mano come a voler scacciare una mosca. Santo cielo, era una stupida oca che nessuno si calcolava e si comportava come la regina quando era per Jo se aveva un misero di visibilità. L'avrei strangolata nel sonno o appesa al soffitto come una scamorza per frustarla, non so, ma avrei trovato qualcosa per farle togliere dalla faccia quell'espressione da diva.

- Ecco a voi ragazze, le vostre ordinazioni -

- Grazie – risposi io per tutte, come se fosse una legge scritta su qualche manuale. Avvicinai al mio cospetto la mia tazza fumante di tè nero e cominciai a soffiarci sopra. Il silenzio scese di nuovo sul tavolo ma questa volta era dovuto al fatto che avevamo tutte la bocca occupata, bevvi un piccolo sorso per poi passarmi la lingua sulle labbra togliendo qualsiasi residuo di tè che fosse rimasto.

- Meredith,allora, nessun ragazzo ancora? - “come distruggere un momento catartico con una frase” un libro di Lena Mestfield.

- No, Lena. Nessun ragazzo. - la guardai malamente sperando che non aggiungesse altro, di fronte al mio posto Georgina se la rideva sotto i baffi.

- Davvero? Eppure non sei così malaccio. - “non sei così malaccio”, ma per Sauron ballerino, si era mai vista allo specchio? O la madre per evitare spargimenti di vetri aveva bandito qualsiasi superficie che riflettesse la sua immagine?

- Malaccio? -

- Sì, nel senso che sei carina, se solo ti curassi di più. - stavo per lanciarle contro il cucchiaino o il piattino, ma sentii la gamba di Jo colpire la mia da sotto il tavolo.

- Lena, tesoro. Meredith non ha il ragazzo semplicemente perché non ha trovato quello giusto, non la diamo tutte gratis. - Diedi un calcio leggero sulle caviglie per attirare la sua attenzio e le sillabai un grazie.

- Quello che è, ma si dovrebbe dare una svegliata. -

- Decido io quando svegliarmi Lenuccia – stava per continuare ad insistere sull'argomento “fidanzato” se non fosse stato per qualcosa di caldo, cioccolata dall'odore, che mi arrivò sulla gamba macchiando i miei jeans.

- Ma per la miseria! È venerdì 17, per caso? - Georgina cominciò a ridere sguaiatamente perdendo la sua solita classe, mentre io cercavo di tamponare il liquido e il cameriere da cui era caduto si scusava a ripetizione – Smettila di ridere, maledetta – ma un sorriso cominciò a spuntare anche sulle mie labbra, sentendola grugnire per trattenersi. Guardai il cameriere preoccupato per poi tranquillizzarlo.

Mi piegai sulla mia cartella, frugai tra quaderni e fogli alla ricerca dell'unico pacco di fazzoletti che avevo, una ricerca davvero difficile visto il caos che regnava nello zaino. Una volta trovato mi diressi al bagno e passando vicino a Jo, le diedi uno schiaffo sulla spalla facendole emettere uno strillo acuto. Esagerata.

Odiavo i bagni pubblici, avevano quell'odore acre di urina che mi infastidiva facendomi rivoltare lo stomaco. Ma li pulivano mai?

Andai dritta al lavandino per provare a cancellare il di più di quella macchia scura che avevo sulla coscia. Ero china, concentrata a sfregare il fazzoletto bagnato sulla macchia senza molto successo, quando sentii la porta del bagno aprirsi alle mie spalle, ma da quella posizione non riuscii a vedere chi fosse entrato e quando mi misi dritta era già sparita dentro al cubicolo puzzolente. 
Donna coraggiosa.

Arresa all'idea che quella macchia non sarebbe scomparsa e nemmeno scolorita, buttai il fazzoletto nel cestino per poi sciacquarmi le mani sporche. I miei pensieri nel silenzio del bagno ne approfittarono per sbucare nuovamente, avrei avuto una crisi mistica se non avessi smesso di pensare a quella tipa. Infondo non era niente di ché, e a te piacciono i maschi.

Convinta sei.

Non posso crederci, sto davvero discutendo con me stessa?

Mi appoggiai alla ceramica fredda del lavandino con le braccia. Non poteva piacermi una ragazza, perché io sono una ragazza.

Da quando pensi che una donna possa stare solo con un uomo?

Non ho nessuno problema con i gay, semplicemente io non lo sono.

Non lo eri nemmeno la scorsa estate?

È stato solo un incidente di percorso, due ragazze curiose.

Allora perché continui a pensare ad una sconosciuta?

Dio! Perché... perché... i suoi occhi avevano qualcosa di … magnetico.

Un “scusami” proveniente alle mie spalle interruppe, per fortuna, la chiacchierata solitaria. Forse avevo davvero bisogno di una perizia psichiatrica. Mi girai per poi spostarmi dall'unico lavandino presente in quel bagno angusto, quando i miei occhi incontrarono due pozzi neri intensi.

Aprii la bocca per prendere più aria possibile, il cuore cominciò a spingere contro lo sterno e i miei arti non rispondevano a nessun comando, ogni parte di me era in contemplazione di quella ragazza che aveva occupato i miei pensieri per tutta la mattinata.

Idiota, muoviti! Ti prenderà per pazza o una con seri problemi cognitivi.

Ero convinta di star facendo una megagalattica figura di merda ma, guardandola mi accorsi che anche lei mi fissava, forse non aveva un espressione da procione rincoglionito come la mia, ma stava guardando me. Ci stavamo osservando, sentii i suoi occhi scivolarmi addosso in una lenta radiografia e io cominciai a guardarla meglio: la sua pelle sembrava morbidissima e al naso mi arrivava un profumo nettamente maschile mischiato all'odore di sigarette. Le labbra erano piccole, sottili e rosse per il freddo, erano così invitanti.

Avrei voluto passarci la lingua sopra per assaporarne il sapore per poi sbatterla al muro e baciarla.

Scioccata per questi pensieri inopportuni spostai il mio sguardo dalle sue labbra, arrossendo, per guardare il complesso. Era minuta, più bassa di me. I capelli castani lunghissimi erano portati su una spalla, in testa aveva un berretto di lana grigio che le conferiva un'aria tenera. Mi venne da sorridere. Stavo per parlare, per rompere quel silenzio, quando la porta del bagno si spalancò.

- Hai deciso di metterci radici qua dentro? Forza, Lena deve andarsene e io domani devo essere interrogata. -

- Arrivo Jo. - guardai per l'ultima volta la ragazza, che questa volta mi dava le spalle e uscii da quel bagno più confusa di come ci ero entrata.

Etero,giusto?

Stai un po' zitta.

Arrivai a casa che ormai erano le sette di sera, domani non avrei avuto nessuna interrogazione, quindi per oggi avrei fatto a meno di aprire i libri. Salutai mia madre che era intenta a preparare la cena, dal buon profumo capii che fosse una pizza, che bontà.

- Come è andata oggi? - un completo delirio.

- Bene, mamma. -

- Cosa hai fatto? - il giorno che avrebbe cambiato repertorio, io avrei vinto un milione, avrei comprato un attico con piscina e avrei avuto una schiera di servi pronti a riverirmi.

- Niente. - mia madre mi guardò con scetticismo un secondo per poi controllare la cottura della pizza che cuoceva nel forno.

- Mai niente fai. Che materie hai avuto? - aprii il frigo per prendere una bottiglietta d'acqua e bere, avevo bisogno di prendere tempo, visto e considerato che qualcosa l'avevo fatta. Ho pensato tutto il tempo ad un sorriso.

- Ho avuto due ore di chimica, una di fisica, una di inglese e una di matematica. Ho pranzato a mensa, seguito i miei corsi pomeridiani avanzati e preso un caffè con Jo e Lena. -

- Interrogata? -

- No. - la vidi annuire, guardando davanti a sé e capii che ero finalmente libera di andarmene. Andai in camera mia a lasciare la cartella e spogliarmi per una doccia veloce. Presi il pigiama dall'armadio e l'intimo dai cassetti, il telefono vibrò ma non ci feci caso non avevo voglia di rispondere al momento, avevo bisogno di rilassare i miei nervi.

Entrai in bagno, aprii l'acqua regolandola, mi spogliai dei miei indumenti buttando i jeans nel cesto della roba sporca, per poi entrare in doccia lasciando che l'acqua scivolasse su di me per qualche minuto.

...Avrei voluto assaggiare quelle labbra.....

...sbatterla al muro e baciarla..

...passare le mani tra i suoi capelli...

...sentirla sospirare nella mia bocca...

...avrei voluto che la sua pelle profumata lasciasse tracce su di me...

Aprii gli occhi di scatto quando realizzai che la mia mano era arrivata a toccare il monte di venere, delle immagini non molto caste si stavano formando nella mia mente, così presi il bagnoschiuma e mi lavai velocemente. La doccia non era un buon posto per sostare.

Le 23,10.

Finalmente il mio caro, bellissimo e comodissimo letto. Avevo fatto dormite così intense e soddisfacenti, che ogni tanto il mio cuscino si permetteva il lusso di fumarsi una sigaretta. Ok, stavo nuovamente degenerando.

Mi stesi comodamente, cercando la posizione, per poi ricordarmi del messaggio non letto sul telefono. Allungai la mano cercandolo nel buio, trovato lo sbloccai.

Jojo 19.17

M, che hai? Ti ho vista strana oggi...

Sospirai. Sembrava bello per essere vero. Decisi di non risponderle, tanto sarebbe venuta all'attacco domani mattina. Spensi il telefono e lo rimisi sul comodino. Ripresi posizione sperando che Morfeo arrivasse subito a trascinarmi nel suo oblio, ma così non fu. Rimasi sveglia un'ora a ripensare alla scena del bagno, per poi continuarla nella mia mente; mi immaginai dialoghi, sorrisi, sguardi e continuando la mia storia personale il buio mi avvolse.

Io non sono lesbica.

 
 

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Capitolo 3
*** Sotto Corte Atwood ***


Capitolo 2

Sotto Corte Atwood


 

La mattina dopo mi svegliai con un enorme sorriso stampato sulla faccia. Era da anni che non mi capitava una cosa del genere, probabilmente da quando mi regalarono a Natale il mio giocattolo preferito. Forse avevo fatto un bel sogno, ma proprio non riuscivo a ricordarmelo. Poco importa! Ero in ritardo e avrei dovuto sbrigarmi per andare a scuola. Mi lavai e vestii velocemente per poi raccogliere il mio zaino da terra e catapultarmi fuori di casa, in tempo per prendere l'autobus che stava per partire. Ansimando per la corsa, mi sistemai sul primo sedile libero per poi abbandonarmi alla musica del mio Mp3, chiudendo per un attimo gli occhi.

La giornata era iniziata bene, non poteva che peggiorare.

Una donnona che, quasi sicuramente, non sapeva dell'invenzione del sapone si sedette al mio fianco rendendo quella corsa insostenibile.

Arrivata alla fermata scolastica, scesi dall'autobus più velocemente possibile, volevo respirare aria che non puzzasse di pesce e frittura di cipolle. Presi una bella boccata ringraziando il cielo per essere sopravvissuta per poi dirigermi all'entrata di scuola. Mentre passavo davanti ad una vetrina notai con orrore l'accostamento di colori dei miei vestiti che si vedevano dal cappotto lasciato aperto.

Arlecchino: la vendetta.

Imbarazzata, alzai la cerniera fin sopra al mento, fortuna che almeno le scarpe fossero uguali, la stessa fortuna non era stata destinata alle calze. Per Salazar! Sembrava che mi fossi vestita ad occhi chiusi o forse era andata proprio così. Sbuffai, il sorriso ormai sparito dalle mie labbra. Ero un disastro. I capelli continuavano a non avere un senso e ora anche i miei vestiti mi facevano pentire di aver messo piede fuori casa.

Arrivai di fronte scuola e come se fosse una cosa naturale, feci vagare il mio sguardo tra la folla alla ricerca di quella ragazza.

Doveva esserci.

Vidi ragazze truccate di tutto punto, manco dovessero partecipare alla notte degli oscar, ragazzi che prendevano in giro lo sfigato di turno, una ragazza in lacrime che veniva consolata dalle amiche e poi eccola. Indossava un berretto blu, i capelli erano legati in una coda lasciata cadere sulla spalla destra e una sciarpa la copriva fino al naso, lasciando però a me la possibilità di guardarle gli occhi. Mi incantai, tutto intorno a me sparì, c'erano solo quei magnetici occhi neri che mi trascinavano fino a farmi annegarci dentro. Forse sentendosi osservata, o meglio fissata insistentemente, puntò i suoi occhi nella mia direzione incontrando i miei ad aspettarli. Rimanemmo così, sospese, senza via di fuga a guardarci, incatenate.

Una scarica elettrica mi attraversò la schiena facendomi rabbrividire, avrei voluto la forza di andare lì e sorriderle, chiederle un caffè, forse non proprio oggi che sembravo un clown, ma avrei davvero voluto poterle parlare.

Smettila di fissarla come se fosse un piatto prelibato.

Dovevo staccarmi, ma non ci riuscivo.

Hai ancora il coraggio di dire che non sei lesbica?

Vorrei solo esserle amica.

Per quanto tempo hai ancora intenzione di mentire a te stessa?

Strinsi le labbra. Gli occhi, notai con orrore, si erano inumiditi così spostai lo sguardo da quella ragazza per non far vedere il mio tormento. Odiavo me stessa. Tirai su col naso e vidi con la coda dell'occhio che la ragazza continuava a guardarmi, ma sta volta con curiosità. Dovevo andarmene. Girai su me stessa per darmi alla fuga ma mi scontrai contro qualcuno.

- Mer ti stavo cercando, come al solito -

- Hey, Jo. Buongiorno. -

La vidi fissarmi e il sorriso che aveva si spense. Dovevo essere davvero inguardabile per far spuntare quell'espressione su Georgina.

- Meredith, vuoi piangere. Che hai? -

Ecco cosa mi piaceva di Jo. Andava dritta al punto, nessun giro di parole e soprattutto non aveva chiesto “cosa è successo?” come se dentro di sé sapesse che era un mio problema, come se si aspettasse che avrei ceduto da un momento all'altro.

- Non è niente Jo, non è... -

Non finii la frase o sarei davvero scoppiata a piangere. Mi limitai a sorriderle mestamente sperando che per una volta la curiosità made in Atwood si placasse.

- Non sparare stronzate, Mer. Ti conosco, non puoi fregarmi. -

Abbassai la testa, sapevo che aveva ragione. Mi passai una mano trai i capelli, in un gesto disperato.

- È che... io... insomma... Jo, io... -

Non sapevo come dirlo e forse non sapevo nemmeno cosa dirle.

Dille la verità.

Ma se non sapevo nemmeno quale fosse la verità.

Questa cosa ti ucciderà prima o poi.

Georgina era lì che mi guardava annaspare, cercando di mettere insieme due parole di senso compiuto, senza riuscirci. Mi appoggiò una mano sulla spalla guardandomi dolcemente con un mezzo sorriso sulle labbra, un'espressione davvero rara da vedere sul volto di Jo.

- Stai tranquilla M. Che ne dici se stasera vieni da me? Studiamo, mangiamo schifezze, un film e poi a letto. Che dici? -

La guardai. Era davvero bella la mia Georgina, i capelli castani erano mossi sulle punte, sempre perfetti e poi gli occhi di quel verde accecante da sembrare irreali.

- Sì, mi piacerebbe. -

E con un ultimo sorriso, mi prese sotto braccio per entrare a scuola. Ci aspettava un'altra giornata pesantissima.

Appena varcata la soglia, notammo un folto gruppo di ragazze che circondavano qualcuno e dallo sbuffo di Georgina capii che era Shane.

- Quelle stupide oche, non capiscono che facendo così non concluderanno mai nulla. -

- Non per essere cattiva, Jo. Ma neanche guardandolo imbabolata da lontano concludi qualcosa. -

Punta sul vivo, mi diede un forte pugno sul braccio, mi sarebbe rimasto il sengo.

- Si può sapere perché devi essere sempre così manesca? -

- Si può sapere perché devi essere sempre così... -

- Schietta? -

- No. Stronza. -

Ci stavamo guardando cercando di non ridere. Era inutile, non riuscivamo nemmeno a discutere seriamente. Ognuna conosceva i difetti dell'altra e le andava bene, anzi ci andava a nozze. Continuammo a guardarci in una sfida silenziosa a chi cedeva per prima, finché una voce irritante non interruppe quel gioco.

- Ciao Georgie, ciao Dith. - spostai lo sguardo per guardare a bocca aperta Lena. Insomma da dove spuntava ora questo Dith?

- Lena fammi un piacere, chiamami Meredith. -

- Qualcuna si è svegliata male stamattina. - sbuffai apertamente allargando le braccia esasperata. Non riuscivo proprio a sopportarla.

- Ciao Lena, come va? -

- Oh, bene Georgie. Stavo parlando con Mary, prima, per organizzare la festa. Sarà nella sua villa sul lago e stavo proprio andando da Shane per parlare degli alcolici. Vuoi accompagnarmi? - lo sguardo di Lena voleva essere ammiccante, ma onestamente a me sembrava un quadro di Picasso, uscito male per giunta.

Vidi benissimo le sopracciglia di Jo alzarsi raggiungendo quasi l'attaccatura dei capelli, mentre si spalancavano gli occhi. Si girò dalla mia parte come per chiedermi un permesso e sorridendole annuii.

- Vado a cercare Sasha per parlare di fisica. Tu vai, ci vediamo in classe. -

Mi lasciò un bacio sulla guancia per poi seguire Lena – Rompiballe- Mestfield. Non sapevo cosa stesse succedendo, ma oggi Georgina era stata fin troppo tenera. Non ci pensai molto, andai direttamente in classe senza cercare nessuna Sasha per poi sedermi al mio posto guardando il vuoto.

Ero preoccupata per quella sera, non sapevo davvero cosa avrei dovuto rispondere alle domande che sicuramente Jo mi avrebbe fatto.

Dille quello che provi.

Cioé? Che mi faccio schifo, che non mi capisco. Che vorrei sparire dalla faccia della terra?

No, che ti piace una ragazza.

Non mi piace nessuna ragazza. Penso solo che sia bella.

Così bella da sentire il desiderio di baciarla?

Basta! Non volevo più pensare. Accesi il mio Mp3 e alzai il volume al massimo sperando che riuscisse ad essere più forte dei miei pensieri. La dovevo smettere, da oggi basta, la smetterò di pensarci e di cercarla. È una cosa insana e insensata, dovrei guardare un paio di pettorali e non un paio di tette. Convinta di me stessa presi un foglio e impiegai il tempo che mi separava dall'inizio delle lezione disegnando qualcosa.



- Sei pronta a conoscere l'uomo della tua vita Atwood? -

- Non essere stupida Lena. Livingston non è l'uomo della mia vita. -

- Se lo dici tu, tesoro. -

Attraversarono tutto il corridoio fino ad arrivare davanti ad un ragazzo alto, muscoloso, i capelli perfetti freschi di rasatura nero pece e gli occhi di un blu penetrante.

- Hola, Shane. - sentendosi chiamare il ragazzo si voltò verso le due ragazze sorridendo e mostrando una fila di denti bianchissimi da far invidia a qualche pubblicità di dentrifricio.

- Ciao Lena. Atwood. -

Georgina accennò un vago saluto con la testa senza rispondere, ogni volta quando era davanti a quel ragazzo non sapeva come comportarsi.

- Qual buon vento porta la regina dei ghiacci Atwood e la sua scudiera da questo umile servo? -

- Fai poco lo spiritoso Livingston, Lena è venuta per chiederti degli alcolici per la festa di Mary Portman a cui non participerò, per la cronaca. -

- Così mi ferisci, Atwood. -

Georgina si limitò a sbuffare mentre voltava la testa verso Lena, se ci fosse stata Meredith l'avrebbe presa in giro per il suo comportamento, sorrise leggermente al pensiero della sua amica.

- Comunque stai tranquilla Lena, io e Marcus Pierce ce ne stiamo occupando da giorni. Porteremo tutto noi un'ora prima che inizi la festa, la avvisi tu Mary? - - Certo, Shane. Allora ci vediamo. -

- Ciao ragazze è stato un piacere. -

Così dicendo il ragazzo sorrise per un ultima volta ammiccando nella direzione di Jo, prima di voltare le spalle e andarsene. Georgina lo guardò finché non scomparve dalla sua vista, per poi accorgersi che al suo fianco Lena stava ridendo.

- Che c'è? -

- Non ti capisco Georgie. Invece di essere carina con lui gli rispondi acidamente. Non lo conquisterai mai così. -

- Chi dice che io lo voglia. -

Lena la guardò come a dire “faccio finta di crederci”, per poi attaccare a parlare del suo argomento preferito: Paul Becker.



Il suono della campanella mi riportò nel mondo dei vivi, a quanto pare disegnare mi aveva distratto per bene. Il tempo di mettere al proprio posto le mie cose che Jo fece il suo trionfale ingresso nella classe facendo sbavare, come al solito, la maggior parte dei ragazzi per poi prendere posto al mio fianco.

- Allora, come è andata con Sono-figo-e-lo-so-benissimo? -

- Lo chiamerai mai con il suo nome? - mi chiese arricciando il naso per non cedere ad un sorriso divertito.

- No, poi non sarebbe così divertente. Allora? -

- Allora cosa? -

- Jo... - sbuffò, mentre perdeva tempo prendendo i libri della materia che avremmo dovuto fare in quell'ora.

- Allora niente. Come al solito non sono riuscita a fare la tenera Georgina. Mi chiama regina dei ghiacci Mer, regina dei ghiacci. Sono senza speranze. -

Si accasciò sul banco nascondendo la testa tra le sue braccia, quasi quasi mi dispiaceva. Avrei voluto che le piacesse qualcuno migliore di quel borioso.

- Sei Georgina Atwood, hai una fila senza fine di ragazzi che sperano almeno che tu li saluti. Non sei senza speranze. -

Girò la testa verso di me, mostrando le sue labbra piegate in un tenero broncio.

- Davvero pensi che io abbia speranze? -

Come poteva dire quel Livingston che fosse un ghiacciolo quando in quel momento aveva le fattezze di un cucciolo di panda.

- Penso che tu sia bellissima Jo. E che se quel Ken palestrato non ti vuole, ci rimette solo lui. -

Vidi Georgina arrossire, per la prima volta, a quel complimento lasciandomi un attimo sbalordita, avrei voluto sfotterla a riguardo ma quel grazie così timido sussurrato mi fece desistere dal farlo. Mi limitai a guardarla, mentre lei faceva lo stesso.

Con qualche minuto di ritardo entrò la professoressa e io e Jo portammo lo sguardo sui nostri libri. Oggi era davvero strana.


Stavo guardando in maniera insistente quei numeri sperando che all'improvviso la soluzione sarebbe apparsa magicamente davanti ai miei occhi. Odiavo la matematica. Eccome se la odiavo.

Girai lo sguardo per poter sbirciare sul quaderno di Georgina, ma lei coprì tutto con il braccio. Non voleva che io copiassi, diceva che le cose bisognava capirle e che era inutile scopiazzare. Facile parlare per lei che non aveva problemi in nessuna materia. La guardai male, avendo in risposta una linguaccia. Sbuffai, per riportare lo sguardo sul quaderno, avrei potuto bruciarlo con la forza del mio sguardo. Stavo per supplicare in aramaico Jo di farmi copiare almeno quell'esercizio quando qualcuno bussò alla porta dell'aula.

- Avanti. -

- Buongiorno professoressa. -

Non potevo crederci. Era impossibile. Qualcuno lassù doveva volervi davvero, ma davvero male. Rimasi bloccata a vedere quella ragazza che entrava nella mia classe con dei fogli in mano che stava esaminando. Nel momento in cui alzò la testa i suoi occhi incrociarono i miei, lasciandola stupita. Io invece ero semplicemente immobilizzata, proprio ora che avevo deciso di andare avanti, eccola di nuovo davanti ai miei occhi.

- Cosa succede Wolls? Non è chiara la correzione? -

Wolls, Wolls, Wolls. Il suo cognome si ripeteva senza sosta, non permettendomi di ascoltare il resto della loro conversazione. Il mio cervello si era cristallizzato in quell'istante. Che fosse un segno del destino?

Vuoi che lo sia.

Forse, o forse no.

Una gomitata da parte di Georgina mi colpì il fianco, mi girai a guardarla.

- La conosci? -

Spalancai gli occhi spaventata.

- No. Non so chi sia. -

- Allora perché continua a guardarti? -

Non le risposi, mi voltai di scatto confermando quello che Jo mi aveva detto. La professoressa le mostrava qualcosa sul foglio, ma lei annuiva distrattamente continuando a guardarmi. Cominciai a sudare freddo, Jo era troppo curiosa, troppo attenta e io troppo sorpresa per coprire i miei stati d'animo.

- Allora? Perché ti guarda?-

- Che ne so Jo, smettila di rompere! -

Sbottai all'improvviso, facendo rimanere a bocca aperta la mia amica. Se avevo qualche possibilità di ingannarla l'avevo persa in quel preciso istante.

Sei una completa idiota.

Non mi aspettavo che entrasse nella mia classe.

Non è un buon motivo per rispondere così.

Mi manca l'aria.

Ti piace.

Non sono lesbica, non sono lesbica.

- Ora ti è più chiaro Wolls? -

- Sì, la ringrazio prof. -

E con un ultimo sguardo che cercai di evitare, uscì dalla mia classe. Io finalmente ripresi a respirare in maniera normale recuperando un po' di colorito. Mi voltai verso Georgina, ma lei era intenta a finire l'esercizio.

- Jo...-

- Che vuoi? -

- Scusami. -

- Ti scuserai meglio oggi, a casa, quando mi spiegherai cosa diavolo ti prende. -

Abbassai la testa, incassandola nelle spalle. Non avrei avuto via di fuga, ero in trappola, mi avrebbe spremuto come un limone. Ma alla fine di cosa ti preoccupi? Non hai nulla da nascondere, sei normale.

Essere lesbica non significa essere anormali.

Maledizione, dovevo smetterla di discutere con me stessa.

Ammetti almeno che ti piace.

No. Forse.... Merda.

Le lezioni proseguirono senza ulteriori interruzioni e drammi, ma io e Georgina non ci parlammo se non per chiederle una matita.

Non che se la fosse presa, sapevo che non ce l'aveva con me per il modo sgarbato in cui le avevo risposto, semplicemente avevamo bisogno di riflettere e pensare.

Al suono dell'ultima campanella ci alzammo contemporaneamente facendoci sorridere per la prima volta dopo ore. Mettemmo tutto in cartella alla rinfusa, per poi prenderci a braccetto e uscire da quell'inferno.

- Ci viene a prendere mamma. -

- Adoro tua madre, Jo. -

Appena attraversammo la strada sentimmo qualcuno richiamarci, la signora Atwood era in piedi vicino alla macchina che gesticolava per farsi notare, la raggiungemmo per poi partire verso casa di Georgina.

- Meredith, è da molto che non ti fermi da noi, come stai? I tuoi? -

- Tutto bene Isabel, anzi a mamma farebbe piacere averti a casa per un caffè. -

- Ha ragione. Troverò un pomeriggio, dillo a tua mamma. -

Le sorrisi annuendo, per poi ridere fino alle lacrime quando cominciò a bisticciare con Georgina sul modo in cui quel maglioncino non mostrasse le sue “grazie”.


Casa Atwood era una villetta a due piani con un giardino immenso che veniva curato da Jorge, un vecchio giardiniere che ci aveva visto crescere. Avevo vissuto così tanti momenti tra quelle quattro mura da farmi sentire a casa. Salutammo Isabel, per poi salire le scale e andare nella stanza di Jo.

I colori pastello delle pareti erano rilassanti, mi piaceva la sua camera, ogni centimetro della parete principale era pieno di miei disegni, fotografie e scritte sul muro che Isabel odiava manco fosse peste nera.

Buttammo le cartelle in un angolo per poi buttarci sul letto esauste da quella giornata di scuola. Georgina stava per parlare per poi essere interrotta dal bussare della porta. DEO GRATIAS.

- Gina, cosa volete da mangiare? -

- Mamma, per la miseria lo fai di proposito a chiamarmi con quel nome orrido, per mettermi in imbarazzo? -

- Chi, io? Scherzi? -

Georgina sbuffò sdraiandosi nuovamente sul letto per poi dirle che andava bene qualsiasi cosa iniziasse con P e finisse con Izza e Isabel con un ultimo sorriso uscì dalla porta, lasciandoci sole.

- Chi si lava per prima? - l'attacco è la miglior difesa.

- Sai che non potrai scappare per sempre, Mer. Vai tu, prima gli ospiti. -

Mi alzai per andare a darmi una rinfrescata lasciando Jo da sola sul letto, pensierosa.

Feci tutto con calma come se avessi paura di ritornare in quella stanza. Mi diedi della sciocca, Jo era mia amica, qualsiasi cosa avrei detto lei non mi avrebbe disprezzato. Vero?

Presi un gran boccata d'aria per poi decidere di uscire da quel bagno, in intimo, avevo i miei vestiti piegati in una mano che abbandonai sulla scrivania.

- Jo, puoi andare.- non ricevetti risposta, così mi voltai nella direzione del letto trovando Georgina con gli occhi chiusi. Si era addormentata. Avrei voluto lasciarla dormire per evitare il quarto grado della corte marziale, ma quei jeans non sembravano molto comodi e poi sarebbe arrivata la pizza a momenti. Mi avvicinai, per poi accarezzarle la testa. Una cosa avevo imparato su Jo mentre dormiva, se non volevi che ti si avventasse come un leone sulla preda era meglio svegliarla dolcemente, ed è quello che stavo tentando di fare in quel momento. Le accarezzai il volto chiamandola il più delicatamente possibile, aveva la pelle morbida, non mi ero mai fermata a guardarla attentamente, ma aveva un non so ché di perfetto. Continuai finché i suoi brillanti occhi si aprirono, erano lucidissimi, magnetici. Ci guardammo in silenzio finché mi alzai di scatto imbarazzata, merda stavo facendo apprezzamenti sulla mia migliore amica.

Vuoi negare ancora?

- Scusami se ti ho svegliato, ma è meglio se ti cambi prima che arrivi la pizza. -

- Sì, grazie. -

Ero ancora in intimo. Maledizione.

- Jo... Mi daresti qualcosa da mettere? -

Georgina mi guardò, accorgendosi solo in quel momento che ero praticamente mezza nuda.

- Oh. Certo. - aprì i cassetti per poi lanciarmi una maglietta enorme dei Led Zeppelin. Sapeva quanto amassi quella maglietta, la portai vicino al naso inconsciamente per sentire l'odore di Jo, per poi infilarmela. Lei mi aveva guardato per tutto il tempo.

- Ho qualcosa che non va, Jo? -

- Sei dimagrita, stai mangiando? -

La guardai stranita. Non mi vedevo più magra del solito.

- Certo -

Fece spallucce per poi prendere il suo pigiama ed entrare nel bagno. Che abbia capito qualcosa?

Non è stupida ed è tua amica, la tua migliore amica.

E se mi odiasse?

Parliamo di Georgina, non può odiarti.

Esatto, tanto non ho niente da dirle.

Stai di nuovo negando, abbi la decenza di ammetterlo.

No.

Perché?

Perché nel momento in cui lo ammetterò a me stessa, qualsiasi cosa sia, sarà troppo vero.

Non ebbi tempo di pensare ancora, che Jo fece ritorno nella camera con il suo pigiama, per poi buttarsi con la rincorsa sul letto rischiando di travolgermi.

- Pazza, avresti potuto uccidermi. -

- Ma stai un po' zitta, sono un peso piuma io. -

- Sì, credici. Mi avresti incrinato qualche costola. -

- L'unica cosa di incrinata in te sono i neuroni. -

- Sta parlando la specialista. -

Continuammo a ridere e scherzare, facendoci il solletico, come se fossimo tornate bambine.

Arrivata la pizza mangiammo sulla scrivania, guardando qualche video stupido su youtube. Una serata senza impegni.

Arrivate le undici, la madre di Jo ci intimò di andare a letto e smetterla di fare baccano, così ci trovammo sdraiate sul letto una affianco all'altra nel buio. Stavo aspettando l'attacco da un momento all'altro. Ero agitata, continuavo a strofinare i piedi tra loro in un tic nervoso, e anche le mani non riuscivano a stare ferme, giocavo con le dita sperando di scaricare il nervoso.

Sentii il letto muoversi, insieme a Georgina che si voltò nella mia direzione, allungò una mano in cui strinse una delle mie per poi portarsela vicino. Continuò a fissarmi nel buio, senza dire niente. Non sapevo che fare, cosa dire. Si avvicinò di più a me poggiando la testa sulla mia spalla, sentivo il fiato caldo di Jo infrangersi vicino al mio collo, mentre la mano che non stringeva la mia si appoggiava sul mio fianco.

- Mer, smettila di essere così nervosa. Sono io. -

Liberai l'aria che avevo inconsciamente trattenuto, sentivo gli occhi umidi ma non avrei pianto. Non risposi, rimasi ferma in quell'abbraccio.

- Vuoi dirmi che hai? -

Rimasi in silenzio. Non sapevo che rispondere, se le avessi parlato tutto sarebbe cambiato. Non avrei potuto più nascondermi.

Sii sincera.

- Meredith.. -

- Ho paura. -

Ero sincera. Ero terribilmente spaventata da me, da quello che provavo e da quello che avrebbe potuto fare lei, la mia migliore amica. Mi strinse più forte, lasciandomi un delicato bacio sul mento.

- Di cosa? -

- Di me. -

Jo rimase in silenzio. Forse mi stava lasciando un po' di tempo o forse stava cercando una risposta senza dovermi chiedere altro.

- Perché, Mer? -

Non riuscii più a trattenermi, le lacrime cominciarono a scorrere sulle mie guance, mentre un singhiozzo mi ruppe quasi a metà il petto. Georgina, si alzò dalla postazione toccando il mio viso al buio. Passò le dita sulle mie guance togliendo le lacrime.

- Oh, Mer. -

Mi abbracciò forte, mentre cercava di tranquillizzarmi, accarezzandomi la testa.

- Va tutto bene, tranquilla. -

- No. No che non va tutto bene. -

Continuava a cullarmi, mentre le lacrime sembravano aumentare. Quanto ero patetica?

- Che succede, Mer? Mi sto seriamente preoccupando. -

- Jo... è che io... io... Fanculo. -

- Tu, cosa? -

Era arrivato il momento. Non potevo tirarmi indietro. Versando quelle lacrime avevo dato ragione alla mia vocina interna.

- Mi piace... mi piace una ragazza, Jo. Una donna. -

Il tempo sembrò fermarsi. Georgina interruppe le carezze e sembrò quasi che non stesse respirando. Mi prese il viso tra le mani per guardarmi negli occhi nel buio della camera.

- Ti prego Jo, non odiarmi. Mi dispiace.... - si alzò lasciandomi sola sul letto

- Jo, ti prego. Ti prego. -

Risentii il peso di Georgina sul letto, e qualcosa di morbido che mi accarezzava il viso, aveva preso un fazzoletto per asciugarmi le lacrime.

- Non ti odio, Meredith. Non potrei mai odiarti.-

- Davvero? -

- Sì. E sei stata una stupida ad averlo pensato e a non avermelo detto prima. -

Le lacrime cominciarono a diminuire. Mi sentivo più leggera mentre Jo continuava a pulirmi il viso.

- Chi è lei? -

- Quella di stamattina, in classe. -

- Ah-Ah. Il fiuto Atwood è infallibile.

- Stupida. -

Rimanemmo in silenzio, finché Jo non mi spinse a stendermi di nuovo sul letto, per riprendere la posizione di prima.

- Sei lesbica, quindi? -

- Non lo so. Forse. -

Sentii annuire vicino alla spalla, mentre io portavo la mia mano ad accarezzarle i capelli e tiravo su col naso.

- Come... Cioè, hai mai avuto esperienze? -

Non risposi. Ero imbarazzata fino oltre il limite per quello che era successo quella estate.

- Oddio, Mer! Non mi hai detto niente. - mi sferrò un pugno sulla spalla, facendomi male.

- AHI! Smettila di picchiarmi. -

- E tu smettila di essere così idiota. Racconta. - Imbarazzata fino allo stremo, mi misi a raccontare quello che era successo al campeggio quell'estate.


Al campeggio avevo conosciuto una ragazza di nome Jane. Era una di quelle ragazze sempre allegre, che non riuscivano a stare ferme per due minuti, insomma una di quelle ragazze che non sopporterei e che non mi sopporterebbe a causa della mia storica pigrizia. Fatto sta, che io e questa Jane diventammo amiche a causa del turno di pulizia del bosco. Cominciammo a parlare e a conoscerci e in fin dei conti, quando non era intenta a saltare da albero in albero come Tarzan, poteva anche essere simpatica.

Era la cosiddetta amicizia lampo di quando ti ritrovi in un luogo dove non conosci nessuno.

Durante l'ultimo giorno di campeggio gli animatori avevano deciso di svolgere una caccia al tesoro al buio, per renderla più difficile e divertente. Chi vinceva, non avrebbe svolto le pulizie di chiusura campo, un premio che mi faceva molta gola visto il disordine assoluto che regnava nella mia casetta.

Così, tutti quanti armati di torce abbiamo dato il via a questa assurda caccia al tesoro.

Ero super-concentrata nella ricerca di qualche indizio tra i cespugli, quando qualcuno che arrivava alla mia destra mi buttò a terra nello scontro. Alzai lo sguardo per sparare un paio di parolacce random, quando incontrai gli occhi di Jane. Le sue labbra respiravano la mia stessa aria, e cominciai a sentirmi strana, non smettevo di guardarla, finché lei non si tirò in piedi portandomi con sé.

- Corri, credo di aver dato fastidio a qualche animale. Corri!-

- Ti odio!-

Così detto, cominciai a correre seguendo le lunghe falcate di Jane che cercava di mettere più distacco tra lei e qualsiasi cosa la stesse inseguendo, anzi ci stesse inseguendo. Arrivate in prossimità delle casette che affacciavano sul lago ci fermammo per riprendere aria. Io mi accasciai completamente sull'erba cercando di non morire. Mi sentivo come se avessi dovuto vomitare un polmone da un momento all'altro. Avrei dovuto smetterla di fumare.

- Credo che l'abbiamo seminato. - detto ciò, si buttò al mio fianco sull'erba ansimando.

- Ti odio. -

- Me l'hai già detto. -

Avrei voluto arrabbiarmi, ma mi mancava l'aria ed ero sudata, non avevo la forza di fare niente. Così chiusi gli occhi e mi lascia accarezzare dalla brezza che soffiava quella sera. Sentii la mano di Jane prendere la mia, lasciata sul fianco. Aprii gli occhi e girai il volto nella sua direzione per guardarla curiosa.

- Cos'è non posso prenderti la mano? -

- Puoi, ma non capisco il perché. -

- Volevo. -

Continuammo a guardarci mentre cercavo di capire il senso di quel “volevo”, i suoi occhi castani si alternavano nel guardarmi prima gli occhi e poi le labbra. Non so cosa mi prese, ma per la prima volta sentii il desiderio di baciare quelle labbra semiaperte. Strinsi la mano, per poi portarmi su un fianco avvicinandomi di più a lei. Continuavamo a guardarci senza riuscire a pronunciare più parola. Portò una sua mano ad accarezzarmi il viso, spostandomi i capelli sudati dalla fronte. La vidi passarsi la lingua sulle labbra e qualcosa in me si accese, ogni freno inibitore se ne andò a quel paese lasciandomi in balia di una voglia ardente.

Mi avventai su quelle labbra, baciandole e succhiando il labbro inferiore. Jane rispose con la stessa intensità mordendomi il labbro per poi passarci la lingua, come per scusarsi. Senza pensare mi trovai a cavalcioni sul suo bacino, mentre continuavo a baciarla, aprii le labbra permettendo l'ingresso alla sua lingua che andò incontro alla mia. Il bacio stava diventando sempre più famelico, le mie mani erano arpionate ai suoi capelli, mentre le sue mi stavano accarezzando i fianchi sotto la maglietta, graffiandomi di tanto in tanto. Dei gemiti gemelli uscirono dalle nostre labbra quando mi spinsi con il bacino sul suo. Stava succedendo tutto troppo velocemente ma non riuscivo a fermarmi, qualche forza sconosciuta stava facendo di me quello che voleva, forse un imperius. Sentii la mano di Jane arrivare al mio seno stringendolo nel suo palmo, mi staccai dal bacio per sospirare, per poi avventarmi sul suo collo cominciando a morderlo e leccarlo.

Stava per sfilarmi la maglietta quando il rumore dei tamburi degli animatori, che indicavano la fine del gioco, mi spaventarono facendomi scattare. Ripresi lucidità e guardai Jane sotto di me, con gli occhi lucidi e le labbra gonfie di baci.

- Cazzo. Cazzo cazzo cazzo. -

- Hey, Meredith. Tranquilla.-

La guardai un'ultima volta prima di correre lontano da lei, lontano da tutti. Arrivata alla mia casetta mi misi sul letto e piansi finché non mi addormentai.

Jane non si presentò alla mia porta, e il mattino dopo non ci rivolgemmo neanche uno sguardo. Lei non doveva più esistere per me.


Georgina rimase in silenzio tutto il tempo, ascoltandomi attenta senza muovere nemmeno un muscolo.

- E basta, non l'ho più rivista. -

- Wow. -

- Wow? - stranita mi spostai per guardarla negli occhi. Mi sarei aspettata di tutto tranne che quello.

- Sì, nel senso che non me lo sarei mai aspettato. -

- Sei sicura che non ti dia, insomma, fastidio? -

- Vuoi che ti picchi di nuovo? -

Sbuffai sorridendo, per poi riappoggiarmi a letto. Georgina si strinse di più contro di me.

- Mer? -

- Mmmh-

- Non mi salterai addosso, vero? -

Il tempo di capire la frase che presi un cuscino lanciandolo dritto sulla sua faccia, mentre lei continuava a ridere in maniera scomposta.

- Sei un'idiota Atwood. -

Non rispose, troppo impegnata a ridere. Quando smise, richiamò la mia attenzione, io spostai gli occhi dal soffitto ai suoi occhi che mi guardavano dal basso.

- Sono contenta che tu me ne abbia parlato. -

- Anche io, lo sono. -

Si allungò, per lasciarmi un dolce bacio sulla guancia. Due in un giorno era davvero un record.

- E comunque, ti aiuterò io. -

-A che proposito? -

- Poi sono io l'idiota, O'Brien. A conquistare la tua bella Wolls. -

Arrossii al solo pensiero di quella ragazza, per poi passarmi una mano sul viso.

- Non voglio conquistarla... - non mi fece nemmeno finire la frase, che mi diede un pizzicotto sulla pancia, facendomi lamentare.

- Taci! Sei solo spaventata. Ora, dormiamo e domani mattina andremo a capire quale sia il suo nome. Nessuno sfugge a Georgina Atwood. -

Chiudemmo gli occhi e nel silenzio della stanza, gli occhi di quella ragazza vennero a farmi visita.

- Notte Jo e grazie. -

- Notte M.-


Angolo della poveretta:


Ciao a tutti.

Eccoci al terzo capitolo, e visto che ho più tempo, volevo ringraziare chiunque stia leggendo questa storia, chi l'ha inserita nei seguiti e chi nei preferiti. Davvero grazie. :)

Finalmente, nel capitolo seguente la famigerata Wolls, sarà più presente. Mi scuso se la storia è lente, ma sto cercando di raccontare la storia così come è andata. Se avete dei consigli, o altro. Sono pronta ad ascoltarli.

Ancora un grazie :)

La vostra WankyHastings.


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Capitolo 4
*** Galeotte furono le elezioni ***


Capitolo 3

Galeotte furono l'elezioni


 

Il mattino dopo il leggero chiacchiericcio che proveniva dalla finestra mi svegliò, strappandomi da quel dolce limbo dove due occhi neri mi guardavano in maniera languida. Piano, piano i miei sensi cominciarono a risvegliarsi, provai a stiracchiarmi portandomi le braccia sopra la testa, ma un leggero peso sulla mia destra non mi permetteva di muovermi come avrei voluto. Mi accorsi, dopo qualche secondo, di un soffio delicato che mi accarezzava il collo e qualche capello castano che mi solleticava le guance. Finalmente i miei neuroni si collegarono e ricordai di essere rimasta a dormire da Georgina.

Il sole entrava leggero dalla finestra, il silenzio era assoluto, anche le voci che mi avevano svegliato erano cessate, il fascio di luce che entrava rendeva visibili i piccoli granelli di polvere che danzavano nell'aria, la stanza sembrava quasi sospesa nel tempo. Mi stropicciai gli occhi con la mano libera, l'altro braccio era ancora intrappolato tra quelle di Jo, per poi voltare il viso verso di lei e cercando di non svegliarla, cominciai ad accarezzarle i capelli, era un movimento quasi naturale, lo facevo senza pensarci, le spostai i capelli dal viso appoggiandoli dietro l'orecchio. Jo sbuffò leggermente arricciando le labbra e io non potei far altro che fermarmi a guardarla sonnecchiare sulla mia spalla, che appunto, mi faceva leggermente male chissà da quanto il sangue non circolava decentemente in quella zona. Il naso dritto, le guance piene e morbide, le lunghe ciglia che sapevo nascondevano il verde più accecante che avessi mai visto, le labbra rosse a cuore. Sembrava la descrizione di una di quelle strafighe dei telefilm che tutte cominciano a shippare con chiunque, per poi dedicarle amore eterno, ma non c'era altro modo per descriverla.

Non so quanto tempo rimasi a guardarla, immobile, per paura di svegliarla; ma la sveglia cominciò a suonare, le note dei Kiss rimbombarono tra le pareti, così mi allungai leggermente per spegnerla, riportando poi lo sguardo sulla mia amica che stava aprendo gli occhi, infastidita.

Le sorrisi, spostandole l'ennesimo ciuffo che ricadeva sul suo viso, lei si avvicinò di più contro di me, per godersi un po' le coccole.

- Jo, dovremmo alzarci -

- Altri 5 minuti, Mer. Lo prometto -

Sbuffai sorridendo. Nel silenzio, inconsciamente, presi a farle dei leggeri grattini sulla schiena che lei adorava particolarmente.

- Mmmh, stai cercando di sedurmi O'Brien? -

Una leggera risata mi scappò dalle labbra sentendo quella domanda, stavamo quasi sussurrando, non volevamo rovinare quella strana atmosfera che si era nuovamente creata in quella camera.

- Perché sei seducibile Atwood? -

Alzò il viso dalla mia spalla per potermi guardare negli occhi, o meglio inchiodarmi con il suo sguardo, ancora lucido e leggermente appannato dal sonno.


Avrei voluto sapere cosa le passava per la mente.


Passò una mano dietro la mia nuca in una lenta carezza, mentre si sporgeva verso di me lentamente, sempre guardandomi. Io non riuscivo a muovermi, gli occhi di Jo dovrebbero essere seriamente illegali. Sentivo il suo leggero fiato sulle labbra, i nostri nasi si sfioravano e la sua mano continuava ad accarezzarmi la nuca, un mio punto debole. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, se stessi sognando o meno. Eravamo talmente vicine che quando Jo prese a parlare le sue labbra sfioravano le mie.

- A quanto pare, sei tu quella che si lascia sedurre -

Dicendolo si staccò velocemente, cominciando a ridere sprofondando nel suo cuscino.

Io rimasi intontita per qualche secondo, cercando di registrare tutto quello che era successo in quei secondi; i profumi, le sensazioni, per poi finalmente capire la grande presa per il culo.

- Jo?- la mia voce risultava calma, fin troppo calma, lasciando a bocca aperta Georgina che sicuramente si aspettava un attacco isterico.

- ...Sì? -

- Scappa. Stai per morire. -

Il tempo di prendere il cuscino che Jo si era già alzata, precipitandosi fuori dalla stanza ridendo, inseguita da me armata di un cuscino.

Una normale mattinata in casa Atwood.


- Ho un piano -

- Non seguirò nessuno piano che il tuo cervello malato abbia parotorito, Jo-

- Perché? -

- Ti ricordo che l'ultima volta che abbiamo seguito un tuo piano, siamo state beccate da mia madre, nude, sporche di terra e con la mia maglietta preferita rovinata.-

- Andiamo Mer, è stato un incidente! E anche i miei vestiti non erano messi meglio -

- Ma per favore, di certo le tue robe non sono state il pasto di un cane. La mia maglia si è immolata per la patria -

Sbuffai, ricordando quella maledetta notte in cui Georgina riuscì a convincermi a fare un bagno nella piscina del vicino, in piena notte.

Eravamo al solito bar, fumando una sigaretta, stravaccate sul divanetto, almeno io lo ero. Avevamo deciso di saltare la prima lezione, perché c'erano questioni più importanti da risolvere di un'equazione di secondo grado con più incognite che numeri.

- Allora, vuoi ascoltare il mio piano geniale? -

- Quante volte devo dirti che la parola “geniale” non può essere associata alla parola “piano”, soprattutto se tuo? -

Ancora una volta uno schiaffo ben assestato dietro la nuca mi ricordò che avrei dovuto procurarmi qualche protezione, o sarei morta per percosse un giorno o l'altro.

- Se hai smesso di fare la simpatica, parlerei -

Alzai le braccia in alto, mentre facevo uscire dalla bocca il fumo che avevo aspirato.

Non avevo davvero intenzione di essere colpita di nuovo da quella strega.

- Domani, come ben sai, ci sono le elezioni del comitato studentesco...-

Annuii meccanicamente, trovando più interessante la macchia sul tavolo.


Sembra un coniglio, o forse è un gattino.

- E io sarò quella che starà vicino alle urne... -


No, questo è un pokémon. Sì, è sicuramente la forma di un pokémon.

- E lei sarà costretta a venire da me per firmare e avere il foglio per votare... -


Oddio! Questa macchia è proprio Vulpix.

- Meredith Isidora O'Brien! -

Alzai lo sguardo terrorizzato. Non mi chiamava mai con il nome completo, a meno che non fosse davvero,davvero arrabbiata.

- Sì? - sfoderai il miglior sorriso sul mercato, per ammorbidirla anche se sapevo che non sarebbe servito a molto.

- Mi stavi ascoltando? -

- I-io, Ce-certo Jo -

- Qual è ultima parola che ho detto? -

Mi grattai la nuca, guardandola colpevole. La vidi assottigliare gli occhi mentre si avvicinava minacciosa al mio volto, puntando l'indice. Mi ritrovai a deglutire aria.

- Ora stai ben attenta O'Brien. -

Cominciai ad annuire energicamente.

- Mi ripeterò un'altra volta, perché siamo amiche e mi sento magnanima, ma se ti becco ancora una volta a non ascoltarmi ripiangerai di non essere rimasta nel dolce utero di tua madre. Chiaro? -

- Sì...-

- Bene. -

Così dicendo, si riaccomodò tranquillamente sul divanetto, lasciandomi riprendere a respirare normalmente.

- Come ti stavo spiegando, domani ci sono le elezioni. Chiederò al Signor Martinez, sì Mer quello che non fa altro che guardarmi le tette, se posso essere aiutata da te, in modo tale che quando la tua bella si avvicinerà avrai non solo la possibilità di conoscere il suo nome, ma anche di parlarci prima di entrare a votare. Ora sono o non sono un genio? -

La guardai mentre accavallava le gambe, incrociava le braccia sotto il seno e alzava il sopracciglio aspettando una mia risposta. L'idea era buona, davvero, ma ogni cosa che progettava Jo finiva male, in un modo o nell'altro.

- Non mi piace che tu chieda favori a Martinez... -

- Mer, cosa può farmi? Al massimo si bloccherà sulle mie tette per tutta la durata del nostro incontro -

La guardai malissimo, per poi arrendermi al fatto che ancora una volta avrei seguito un piano Made in Atwood.

- Va bene. Ma non metterti nessuna camicetta o maglietta scollata, non vorrei ci cadesse tra le tue tette! -

- Cos'è, siamo gelose? -

Arrossii leggermente, poi guardando il ghigno malizioso della mia amica, decisi di giocare anche io, mi dovevo pur vendicare per stamattina.


Gli O'Brien non perdonano.


Mi avvicinai al suo corpo, sporgendomi verso il suo orecchio, mentre la mia mano si appoggiava , casualmente, sulla sua coscia.

- Non immagini quanto, Jo... - cominciai a sussurrare, stando attenta a sfiorare l'orecchio con le mie labbra, mentre muovevo la mano in una dolce carezza sulla sua coscia. - Non puoi capire quanto io voglia toglierti questa maglietta adesso. -

La sentii sospirare forte, probabilmente non si aspettava una mossa del genere, non ero mai stata tipo. Ghignando apertamente, così come avevo cominciato, finii. Mi allontanai da lei e mi rimisi composta al mio posto per poi finire l'acqua nel mio bicchiere. Georgina era rimasta in silenzio, le guance arrossate e gli occhi sbarrati.


Georgina 1 – Meredith 1. Palla al centro.


- Tutto ok, Jo? - l'ironia trasudava da ogni lettera pronunciata. Ma finalmente si sbloccò guardandomi.

- Sei una vera idiota. - ci guardammo un altro po' per poi cominciare a ridere come due isteriche, accasciandoci una sull'altra.

Quando l'attacco di ridarella terminò, ci trovammo tutt'e due stravaccate sul divanetto, con gli occhi lucidi e un sorriso che ancora serpeggiava leggero sui nostri volti. Eravamo vicine. Ultimamente capitava troppo spesso, ma non mi lamentavo. Mi piaceva poter guardare gli occhi di Jo, così vicino, senza che lei si imbarazzasse distogliendo lo sguardo.

- Il conto signorine. -

La voce del cameriere ci fece saltare in aria per lo spavento, riportandoci a ridere di nuovo come due sciocche.



Odiavo le votazioni del comitato studentesco, eccome se lo odiavo. Tutte quelle persone che ti promettevano il mondo per poi lasciarti con un pugno di mosche.

Vidi Lena Mestfield parlare animatamente con un gruppo di ragazze, esponendo la sua tesi avvincente su come dovrebbe esserci un regolamento scolastico che impedisca alle ragazze di vestirsi in giallo accostando la borsa arancione.

Un vero problema.


Mi girai per poter richiedere ancora una volta a Jo, come fosse possibile che fosse amica di quel personaggio, ma la trovai intenta a guardare Shane.

- Quando ti deciderai di andare a parlare a Mr.Muscolo?-

- Cosa? -

Si girò verso di me smarrita, come se non avesse davvero capito a chi mi riferissi.

La guardai aggrottando la fronte, per poi indicare Livingston con un cenno della testa.

- Perché non vai dal tuo Teen Wolf, per fare due chiacchiere? Qui ci penso io. -

- Stai davvero vedendo Teen Wolf, Mer? -

- Ero stanca di sentirti parlare di Stiles e Lydia, senza capire cosa tu farneticassi. - la vidi sorridere compiaciuta, incrociando le braccia. - L'ho fatto solo per il quieto vivere della mia mente -

- Certo. -

- E smettila di eludere. Vai pure dal tuo orgasmo onirico, e no, non so da dove mi sia venuta questa. - rise, tranquilla per poi appoggiare la testa sulle braccia

- Non ne ho voglia, non so cosa dire. -

- Potresti provare con “Ehy tu. Ti va una Schweppes, solo io e te”? -

Questa volta, aspettandomi di essere schiaffeggiata alzai le braccia coprendomi la nuca, ma non arrivò niente. Guardai la mia amica e la trovai di nuovo con lo sguardo perso in direzione di Livingston che stava amichevolmente facendo amicizia con il culo di una tipa bionda.

Sospirai, per poi toccare la spalla della mia amica.

- Non voglio vederti così, Jo. -

- Hai ragione, vado da lui. -

Si alzò di scatto spaventandomi, ma mi ritrovai ad annuire, mentre la vedevo allontanarsi da me, per poi fare retromarcia e lasciarmi uno buffetto, non molto delicato, sulla testa.

- Ahi! Che ho fatto? -

- Questo è per la battuta di prima. -

E sorridendo, riprese la sua marcia verso il suo bello, sculettando ampiamente.


Da quando mi fermo a guardarle il culo?


Georgina Atwood era calma. Georgina Atwood non avrebbe mostrato nessun sentimento, mentre si avvicinava decisa al ragazzo che se ne stava appoggiato alla colonna, parlando con una biondina scialba.

Arrivata a qualche passo da Shane, si fermò per poi guardarlo insistentemente. Sentendosi osservato, alzò lo sguardo incontrando quei fanali verdi.

Sorrise enigmatico, per poi spostarsi dalla colonna e senza dire nessuna parola alla biondina si avvicinò a Georgina.

- Sua maestà, cosa la porta da me? -

Jo, non rispose lo guardò ancora. E ancora. Soffermandosi su quei occhi blu.

- Non lo so. -

- Posso fare qualcosa per te? -

- La domanda è “Cosa puoi fare per me?” -

Shane le sorrise lascivamente, avvicinandosi ancora di più. Le parole si trasformarono in bisbigli.

- Davvero Atwood? È quello che penso? -

- Non leggo nella mente, Livingston. -

Il ragazzo le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, per poi con sorpresa di Georgina, addolcire lo sguardo.

- Pensavo che non fossi il tuo tipo -

- Chi dice che tu lo sia? -

Come se si fosse scottato, il ragazzo si ritirò. Riprendendo il suo solito atteggiamento.

- Ancora non capisco cosa tu voglia, Georgina. Fammi un fischio quando lo capirai. -

E così dicendo, le diede le spalle, per poi andare verso il suo gruppo di amici, vide Marcus Pierce dargli una pacca sulla schiena ridendo, prima di decidere a voltarsi, riuscendo solo a vedere la sua amica Meredith che correva fuori dalla palestra inseguita da un'altra ragazza.



Rimasi a tener d'occhio quei due, speravo davvero che Jo avesse quello che voleva. Se solo quel Livingston le avesse fatto versare anche una sola lacrima, l'avrebbe picchiato. Gli avrebbe dato la caccia come DarkWillow con l'assassino di Tara.

Per la miseria, dovevo smetterla di fare paragoni con telefilm. Ero così concentrata a cercare di leggere il labiale, manco fossi una spia della CIA, che non mi accorsi che qualcuno si era fermato davanti al banchetto, probabilmente per lasciare la firma di presenza, finché non sentii tossire per attirare la mia attenzione.

Infastidita da quella interruzione, mi girai scocciata verso il disturbatore, per poi trovarmi due occhi che continuavano a tormentarmi anche mentre dormivo.

- Ciao -


La sua voce.

Maledizione! Non avevo bisogno di un altro elemento per farmi ticcare e pensarla.


Rispondile stupida deficiente.


- C..Ciao -

- Dovrei firmare -

La guardai un attimo, sicuramente con una faccia da pesce lesso, prima di capire cosa mi avesse detto.

- Oh! Sì, ce-certo. Mmmh, il tuo nome? -

- Wolls, Juliette Wolls. -


Juliette, che bel nome.

Riprenditi!


Feci un disastro con i fogli, per poi finalmente trovare il suo nome.

- Ecco a te. -

Mi sorrise, facendomi sospirare internamente. Dio, ero proprio cotta di una sconosciuta di nome Juliette.

Lasciò una firma sconclusionata, per poi ridarmi il foglio.

- E tu, come ti chiami? -

- Co-Come, sc-scusa? -

Rimasi scioccata, mentre la guardavo appoggiarsi al mio banchetto facendosi troppo vicina per i miei ormoni. Il suo profumo mi stordì per un momento.

- Ti ho chiesto come ti chiami -

Quel sorriso dolce, mi stava dannando, oltre a non farmi ricordare nemmeno come si respirasse.

Quelle labbra erano troppo vicine, troppo invitanti, troppo rosa, troppo tutto.

- Meredith – non penso mi avesse capito, visto lo sguardo confuso. Ma non era colpa mia se mi mancava davvero il fiato.

- Scusami, ma non penso di aver capito -

Dio che figura di merda, i miei complimenti O'Brien. Davvero.

- Ho detto: Meredith. Il mio nome è Meredith -

Ci guardammo, sentivo la faccia che scottava, a quanto pare ero inevitabilmente arrossita.


Parla, chiedile qualcosa.


Ma rimasi zitta. Non sapevo come approcciarmi. Insomma, solo ieri aveva vagamente ammesso di essere attratta da una ragazza, non avevo ancora metabolizzato nulla.


Codarda!

- Vorrei chiedere che classe frequenti, ma sarebbe una stupidaggine, visto che lo so -

Le sorrisi, abbassando lo sguardo sul foglio davanti a me.

- Beh, potresti dire a me, che classe frequenti tu -

- Devo pensare che sia un modo per avere informazioni su di me? -

- Non avevi cominciato tu? -

- Touché -

Continuavamo a sorriderci. Finché la nebbia che mi avvolgeva il cervello si dissolse, lasciando che i pensieri affluissero tutti in una volta.

Stavamo flirtando.

No? Ma davvero?

Era interessata a me.

Non era quello che volevi?

È troppo presto.

Ma cosa stai dicendo?

Non posso, è una ragazza. Insomma. Non posso. Mia madre. I miei compagni.

Calmati.

Il sorriso che mi stava accompagnando in quello scambio di battute si spense all'improvviso.

Sbiancai.

Notai la preoccupazione farsi spazio sul viso della ragazza, che mi strinse una mano gelata.

- Tutto ok? - il suo tocco mi fece alzare di scatto, facendomi colpire il banchetto nella foga.

- Io-io devo andare-

La guardai un'ultima volta terrorizzata, per poi precipitarmi fuori dall'auditorium.

Correvo, il respiro corto, una confusione infernale per la testa. Correvo senza capire bene dove stessi andando, finché non vidi la porta del bagno davanti ai miei occhi e decisi di rifugiarmi lì.


Spalancai la porta, facendola sbattere contro il muro, il rumore dell'impatto risuonò tra le mattonelle ingiallite del bagno. Mi appoggia ai lavandini cercando di riprendere un respiro normale.

- Hey -


Non era possibile, mi aveva seguito.

Ovvio, sembri un fantasma.

Cosa devo fare?

- Meredith, tutto bene? Mi sto preoccupando. -

Sentii la sua mano appoggiarsi delicatamente sul mio fianco, spingendo un po', per farmi voltare.

Avevo freddo. Tremavo inspiegabilmente, mentre sentivo lo stomaco ribaltarsi senza fine.

Sono queste le farfalle di cui tutti parlano? Beh, fanno schifo.

- Sì, ho-ho. Va bene. -

- Sei sicura? -

Mi fissava così intensamente, che cominciai a pensare che potesse leggermi nella mente.

Volevo baciarla.

E poi, ci siamo appena conosciute, perché rimanere?

Annuii alla sua domanda, molto lentamente, avevo paura che scuotendo un po' più forte la testa, avrei rimesso la colazione.

Mi stava accarezzando le braccia, come a volermi riscaldare, ma quei brividi stavolta erano a causa sua.

Baciala!

Perché mi faceva quest'effetto? Perché doveva essere una ragazza a farmi provare tutto questo?

Una patina lucida si stava formando davanti agli occhi, senza che io me ne accorgessi.

Stavo davvero per piangere?

Non volevo che mi vedesse crollare, cercai di resistere mordendomi le labbra a sangue e stringendo gli occhi. Stava per parlami di nuovo, quando la porta del bagno che si apriva la fece allontanare da me.

- Fuori -

La voce di Georgina, mi fece aprire gli occhi, liberando così le prime lacrime.

- E tu saresti? -

- La sua migliore amica. E ora, cortesemente, esci da questo bagno.-

Juliette le rispose con un verso di scherno, facendo innervosire notevolmente Jo, che vedevo stava cercando di trattenersi, ma non avrebbe funzionato.

- Senti, piccola, stupida mocc... -

- JO! -

Tutte e due si voltarono nella mia direzione, con gli occhi spalancati. Guardai Juliette. I suoi occhi erano così caldi, non sapevo quali fossero le sue intenzioni, ma avevo bisogno di Georgina.

- Potresti lasciarmi sola, con Jo. Per favore? -

Non rispose, semplicemente con un ultimo sguardo scocciato verso Jo, uscì da quel bagno.

Il tempo che sparisse dalla nostra visuale, sentii le braccia della mia migliore amica avvolgermi, mentre mi lasciavo andare al pianto scivolando insieme verso il pavimento, dove ci sedemmo.

- Va tutto bene, Mer. -

- No! Non va tutto bene. -

Rimase a coccolarmi, ancora una volta. I singhiozzi mi spaccavano a metà, portandomi a stringermi ancora più forte a Georgina, bagnandole la camicia di lacrime.

- Vorrei che fosse tutto più semplice. -

- Lo è, Mer. Hai solo bisogno di tempo -

Non so quanto rimanemmo in quella scomoda posizione, sedute sul sudicio pavimento di quel bagno. Ma Jo, non mi lasciò nemmeno un secondo, asciugando tutte le mie lacrime.

Ormai, era tutto vero, così reale che non potevo tornare indietro. La conferma l'avevo avuta. Non era niente di astratto o che viveva nella mia mente.


Mi piaceva Juliette Wolls. Tanto. Davvero tanto.



Angolo dello scempio.


Hola, ecco il nuovo capito. Mi dispiace davvero per il tempo che ci sto mettendo a pubblicare, ma sto davvero nei casini y.y

Spero che questo capitolo non deluda nessuno di quelli che ha deciso di seguirla o di metterla trai preferiti :') anzi, GRAZIE.

E niente, buona serata dalla vostra scrittrice di quartiere (troppo spiderman)


Un bacio WH.


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Capitolo 5
*** Let's Start Party-Nerd ***


Hello! Questa volta sono stata davvero puntale con la pubblicazione. Probabilmente perché avevo il capito già mezzo pronto xD

Solitamente l'angolo lo faccio alla fine, ma volevo cambiare un po' quindi eccomi a rompere all'inizio di questo quarto capitolo. E niente, volevo semplicemente continuare a ringraziare i nuovi arrivati e i vecchi avventurieri di questa storia.

Non vorrei sembrare pesate, forse lo sono, ma mi piacerebbe sapere cosa pensate della storia, se posso migliorare in qualcosa, se avete delle richieste e opinioni, sarei davvero contenta di sapere cosa ne pensate. E niente.

Buona Lettura


-WankyHastings


Capitolo 4

Let's Start Party-Nerd





 

Venerdì.

Non è forse la parola più bella dell'universo?

Ve-ner-dì.

Insomma, se Robinson Crusoe ha dato al suo unico amico quel nome un motivo doveva pur esserci.

Domani ci sarebbe stata la festa di Marck, e io e Georgina eravamo eccitatissime e preoccupate perché, in un modo o nell'altro, avremmo combinato una cazzata.

Cazzata che sarebbe stata documentata.

Cazzata che sarebbe stata giustificata dall'elevata presenza di alcol nel nostro sangue.

Come ogni anno.

E non scordiamo che le feste di Marck sono sempre a tema. Quest'anno il tema designato era: Indiani e CowBoy, dopo il delirio dell'anno scorso con Vampiri e Lycan. Era un modo per noi poveri sfigati Nerd di sfogare le nostre voglie represse di interpretare un personaggio, cosa a cui Jo non partecipava volentieri visto la sue continue lamentele sul fatto che eravamo troppo grandi per mascherarci. Seh. Intanto stava imparando il Na'vi sperando che Marck decidesse di farlo a tema “Avatar”.


Ero seduta, da sola, su una panchina in attesa di Jo che era stata fermata dal professore di economia domestica. A quanto pare la mia Georgina aveva ben deciso di provare a dare fuoco all'istituto dimenticando i suoi biscotti radioattivi nel forno.

Per fortuna non avrei dovuto assaggiarli.

Per passare il tempo in attesa della Piromane, decisi di continuare a leggere gli “Hunger Games” in modo tale da andare al cinema e vedermi Mockingjay preparata. Perché il detto degli O'Bullivan, il nome che ci eravamo dati io e Marck, Sullivan per la cronaca, era:

Prima il libro finisco e poi il film guardisco.”

Sì lo so, il termine “guardisco” non esiste, ma non avevamo trovato una rima decente e poi potevamo permetterci licenze poetiche.

Si fa quel che si può.

Ma se dovevamo guardare un film, volevamo avere la facoltà di poter criticare conoscendo le vicende scritte dall'autore.


Ero immersa tra i pensieri di Katniss Everdeen, così concentrata, che ogni rumore sembrava una leggera musichetta di sottofondo, questo finché due Converse nere, con la gomma piena di scritte, entrarono nella mia visuale.

Quelle scarpe mi erano fin troppo familiari.

- Hey, cosa ci fai qui tutta sola? -

Ci misi pochi secondi a collegare quella voce a quella di Juliette, mentre sentivo distintamente il cuore partire per la tangente, manco avesse un razzo propulsore al posto dell'aorta.

Maledizione.

- Ciao... - brava, calma, respira e soprattutto non balbettare - … sto aspettando Georgina. -

Continua così.

- Posso sedermi? -

In risposta spostai la cartella in modo da darle lo spazio per sedersi al mio fianco. Ma non avevo previsto la vicinanza assurda a cui si sarebbe seduta. Le nostre gambe si toccavano, così come le nostre braccia.

E la legge non scritta sul non invadere lo spazio altrui, dov'era finita?

Sta zitta, che ti sta facendo fin troppo piacere.

- Cosa leggi? -

Alzai il libro, in modo da farle vedere la copertina, dandole il tempo di leggere il titolo.

- Di cosa parla? -

- Stai scherzando, vero? -

Ok. Sei bella. Mi fai ammattire. Ma non puoi NON conoscere gli Hunger Games, insomma dove eri vissuta fino ad adesso in un bunker del dopo guerra?

- Nope -

Sospirai rassegnata, in che mondo finiremo se le persone non conoscono certe storie?

Ok, sì. Sono un po' melodrammatica, probabilmente a causa dello zio William.

William Shakespeare.

- È così grave che non lo conosca? -

- Per me, sì. Una tragedia. -

Mi voltai verso di lei, incontrando quei profondi occhi neri. Sembrava di essere tornata a casa dopo aver viaggiato per la Terra di Mezzo con Frodo.

Il sorriso dolce era leggermente sghembo e mi ritrovai a sorridere di conseguenza.

- E tu, cosa ci fai qui? -

- Oh, casa mia è laggiù. - mi indicò dei palazzi giallo ocra alla fine della strada - Mentre passavo da qui ti ho vista e quindi... ho deciso di venire a salutarti -

La faccia si sarebbe paralizzata se avessi continuato a sorridere così apertamente, sembrava di essere finita in una di quelle commedie romantiche e sdolcinate che criticavo.

- È stato gentile da parte tua -

- Figurati -

Non sapevamo cosa dirci, insomma, cosa si dice in questi casi: sedute su una panchina, al freddo, in attesa di Jo che sembrava essere stata rapita dall'UomoNero, imbarazzate...

- Non mi hai ancora detto di cosa parla il libro, chissà, se mi convinci potrei leggerlo anche io -

Dolce Juliette. Dolce e ingenua Juliette. Hai appena liberato la bestia.


- La prossima volta stia più attenta signorina -

- Certo Signor Chang, controllerò il forno la prossima volta -

- Bene, può andare -

E con ultimo cenno della testa Georgina lasciò l'aula.

Percorse il corridoio trascinandosi mollemente, era davvero stanca quel giorno, e non riusciva a rimanere concentrata per più di due secondi. La dimostrazione erano quei biscotti disintegrati all'interno del forno di proprietà scolastica.

Si passò una mano tra i capelli, spostandoli all'indietro, per poi voltare l'angolo andando a sbattere contro qualcuno.

- Scusam... Livingston, sempre tra i piedi! -

- Oh, Altezza. Ci incontriamo spesso ultimamente -

Georgina sbuffò. Non era proprio giornata quella, non aveva proprio voglia di bisticciare con il ragazzo. Quindi fece un passo verso il lato per sorpassarlo, quando sentì una mano fermarla per il polso.

- Lasciami! -

- Che hai? -

Georgina si voltò incontrando quegli occhi blu notte che la scrutavano con interesse.

- Nulla -

- Non sei brava a mentire Atwood -

- Mia madre non sarebbe della tua stessa opinione. Non capisco, comunque, cosa ti interessi Livingston. Non sei il mio migliore amico a cui vengo a raccontare i miei segretucci. -

Il ragazzo lasciò il polso continuando a guardarla.

- Vero. Noi non siamo amici, solo perché tu sei... -

- Cosa? -

- Sei tu che non me lo permetti -

Georgina spalancò gli occhi a quella confessione sincera. Possibile che la reputazione che si portava dietro Shane l'avesse, in qualche modo, messa troppo sulla difensiva.

- Non... Non pensavo volessi essere mio amico -

- No, in effetti no. -

Lo sguardo confuso della ragazza spinse Shane ad avvicinarsi per poi prenderle una ciocca di capelli giocandoci con le dita. Manteneva gli occhi bassi, mentre un sorriso dolce spuntava su quelle labbra che la popolazione femminile venerava in tutti i modi.

- Mi sei sempre piaciuta, Georgina. -

Non era possibile.

Era tutto un sogno, aveva inalato troppo fumo durante la lezione di educazione domestica.

Perché non era possibile che Shane Livingston avesse potuto dire quelle parole.

- Se questo è uno scherzo sappi che non è affat... -

Due labbra non permisero a Georgina di continuare a parlare, lasciandola paralizzata sul posto. Le labbra di Shane erano premute leggermente su quelle della bruna. Era uno di quei baci casti, delicati. Di quelli che la mamma lascia al proprio bambino sulla fronte, mentre dorme.

Non c'era niente di erotico.

Niente di affrettato.

Rimasero semplicemente così, immobili, con le labbra che si accarezzavano.

Quando si staccarono, la bruna si trovò ad arrossire per poi abbassare lo sguardo, era troppo imbarazzata.

- Pensaci, ok? -

Georgina annuì lentamente, per poi sentire i passi del ragazzo che si allontanavano lungo il corridoio.

Non era quello che voleva?


Aveva bisogno di Meredith.



- Allora? Che ne pensi? -

- Sembra che abbia scopiazzato dal manga Royal Battle -

- Apprezzo che almeno tu conosca quel manga -

Cominciammo a ridere.

Continuava a piacermi sempre di più, insomma, Georgina già mi avrebbe preso a sberle alla prima digressione su un argomento, mentre lei era rimasta ad ascoltare le mie turbe mentali, senza mostrare segni di cedimento come il consueto “sto per addormentarmi”.

Stavamo guardando gli alberi, con un sorriso leggero, godendoci un momento di silenzio dopo il mio monologo infinito sul perché Peeta fosse migliore di Gale-il-rosicone.

- Ti andrebbe di prendere un caffè insieme, uno di questi giorni? -

Ok. WAIT.

Sono stata seriamente io a pronunciare quella funesta domanda?

A quanto pare, idiota!

Ma per la barba di Merlino! Dov'era il famoso filtro Cervello-Bocca, quando serviva?

Quando mai ne hai avuto uno?

Ero su quella panchina, pietrificata, con il sedere congelato, aspettando una qualsiasi risposta a quella domanda uscita senza un mio specifico permesso.

Sentii la sua mano che si posava sulla mia, posizionata sul ginocchio, che mi costrinse a voltarmi verso di lei.


Smettila di sorridermi così, porca miseria.

- Mi farebbe davvero piacere -


Sbaglio o erano i cori dell'Alleluja quelli che sentivo?

Mi sarei messa a saltare per la felicità, se non avessi avuto ancora una minimo di dignità da preservare.

Dignità? Si mangia per caso?


- Perfetto! -

- Perfetto -

Stavamo continuando a sorriderci, come due idiote, lo ammetto. Quando una furia: Uragano Jo, arrivò spaventandoci.

- MER! -

- JO! -

- Perché diamine stai urlando? -

- Ma se hai cominciato tu! -

Stava per rispondermi quando si accorse della presenza di Juliette al mio fianco.

- Di nuovo tu -

- A quanto pare! - rispose Juliette con sprezzo, incrociando le braccia al petto.

- Stop the violence -

- Oh, Mer sei seria? - Jo mi guardò esasperata – sai che non mi convincerai a fare la buona citando Brittany, non sono Santana -

Juliette mi guardò confusa, probabilmente non capendo a cosa si stesse riferendo la mia migliore amica.

Avrei dovuto insegnarle molte cose.

- Jo, fai la buona. Lei è Juliette – feci indicandola – Juliette lei è Georgina -

- Atwood, per te -

La guardai stranita, l'avrei seriamente pestata. No anzi, l'avrei legata al soffitto per poi cominciare a frustarla come quel Grey, in 50 Sfumature del Bondage, che a lei piace tanto.

- Senti un po' brutta... -

- Ok, ora basta... -

Mi alzai alquanto irritata, misi una mano davanti la bocca di Jo, per evitare che rispondesse in maniera non consona all'epiteto “brutta”. Per poi guardarla malissimo.

- ...State zitte! -

Le guardai in maniera glaciale, prima di lasciare libera Georgina, accertandomi che ascoltasse il mio comando, e girarmi verso Juliette.

- Ora devo andare, mia madre avrà già chiamato la guardia nazionale. Ci vediamo lunedì? -

Lei si alzò dalla panchina avvicinandosi, un po' troppo, lasciandomi un soffice bacio sulla guancia.

- A lunedì -

E con un ultimo sorriso continuò per la sua strada, lasciando a me la libertà di sciogliermi come un ghiacciolo al sole.

Cotta. Ero proprio cotta.

- Avvisami quando scendi dal tuo castello fatato. Diamine! Fai quasi paura con quel sorriso ebete sulla faccia -

La voce di Jo mi strappò dalla contemplazione della figura di Juliette che si allontanava, riportandomi coi piedi per terra.

Non mi piaceva il suo comportamento, all'improvviso mi sentii nervosa, non volevo che la mia migliore amica avesse un comportamento del genere.

- Mi dici che ti prende? - esclamai d'impulso, voltandomi per incrociare i suoi occhi.

- Cosa stai blaterando? -

- Blaterando, Georgina? Perché ti sei comportata in quella maniera? Sembravi un Ungaro Spinato. -

- Hai riletto Harry Potter e il Calice di Fuoco, vero? -

- Sì – ammisi con aria colpevole per poi riprendermi – Ma non è questo il punto. Spiegami perché ti sei comportata così. -

- Non lo so, ok? Non mi piace -

- Non la conosci nemmeno, Jo!-

- Beh, nemmeno tu. Eppure questo non ti ferma dal sembrare quasi innamorata di lei come una stupida, eppure dopo l'ultima volta dovresti essere... -

Spalancai gli occhi guardandola stupita. Dopo qualche secondo vidi Georgina portarsi le mani alla bocca come per bloccare le parole.

Ma ormai il danno era stato fatto.

Uno strano gelo cadde su di noi. Non potevo crederci.

- È questo quello che pensi? -

- Mer... io non intendevo ... non volevo...-

- No. Lascia stare Georgina. Torno a casa. -

- Mer, aspetta. -

- No! Ora direi cose che non penso. Ci vediamo direttamente alla festa di Marck. -

E detto questo me ne andai, senza rivolgerle la parola.

Non avrebbe dovuto fare riferimento a quell'avvenimento.

Non avrebbe dovuto ricordarmelo.

Non avrebbe dovuto...



Il giorno del compleanno di Marck era finalmente arrivato. Avrei potuto finalmente sfoggiare il mio costume da cowboy che, onestamente, mi stava d'incanto.

Spero di non finire a ballare sui tavoli in pieno stile “ Le ragazze del Coyote Ugly”


Io e Georgina non ci eravamo ancora sentite, o meglio, io avevo evitato ogni contatto con lei non rispondendo a nessuno dei suoi 30 messaggi e a nessuna delle sue 52 chiamate.

Quanto era cocciuta quella ragazza.

Sbuffai, per poi notare con mio sommo orrore che ero nuovamente in ritardo.

- Marck mi ucciderà -


In quindici minuti e ventisette secondi, Guiness World Record, riuscii a preparami per poi volare fuori dalla porta salutando distrattamente i miei.

Eh già, Marck mi avrebbe uccisa.



- Jo, sai dove è finita quell'imbecille? Non risponde al telefono -

- Marck, non guardare me. Ti ricordo che io e Mer abbiamo litigato. -

La guardò scettico per due secondi, per poi riprendere le sue colorite bestemmie verso il telefono, Meredith e la sua stirpe per poi generalizzare e sfogare il suo nervosismo contro l'universo.

Il suono del campanello salvò quella situazione che stava veramente degenerando.

- Se non è lei giuro che potrei prendere in considerazione l'idea di assoldare un killer -

Georgina rimase ferma all'angolo bar mentre faceva girare il ghiaccio all'interno del suo bicchiere.

Avrebbe voluto risolvere con Meredith, si sentiva in colpa, dannatamente in colpa.

Sentì distintamente la voce dolce della sua, sperava ancora, migliore amica trovandola a bisticciare come al solito con Marck, cercando di mantenere i pantaloni alti. A quanto pare stavano discutendo su come un vero cowboy sarebbe dovuto entrare in una sala.

Sorrise dolcemente.

Ogni tanto si sentiva come una mamma che accudiva due bambini, e che cercava di placare gli animi quando partivano discussioni, come per esempio, su cosa fosse più figo: “Se la bacchetta di Sambuco di Silente o l'anello di Sauron”. Discussione che era finita solo quando Georgina, esasperata, li aveva minacciati di dare fuoco alle loro collezioni di figurine, nel sonno.

Sorridendo ancora, per il ricordo delle loro facce traumatizzate, non si accorse che i suoi due migliori amici erano arrivati vicino a lei.



La vidi seduta da sola al bancone sorseggiando, sicuramente, il primo alcolico della serata.

Era vestita, o meglio dire svestita, da indiana. Tipico di Georgina il voler mostrarsi, ma quel viso così dolce, riusciva a non renderla mai volgare.

Sembrava Giglio Tigrato.

Avrei voluto davvero andare correndo da lei per abbracciarla, ma il ricordo di ieri era ancora fisso nella mia memoria.

Ma sapevo che avrei ceduto al suo primo “scusami”.

Io e Marck ci avvicinammo al bancone per poi prenderci una birra da veri cowboy, e io cercai con tutte le mie forze di far finta che Jo non esistesse.

- Ora vi dico una cosa: Siete ridicole. -

- COME PREGO? - urlammo in contemporanea, per poi guardarci negli occhi un secondo.

- Avete capito benissimo testone. Ora io me ne andrò, lasciandovi sole, e voi risolverete come al solito. Perché oggi è il mio fottutissimo compleanno e voglio passarlo con le mie migliori amiche e non con te... - mi indicò minaccioso - … che non mi hai ancora sfidato a duello, quando ne parlavi da giorni; e con te... - indicando la bruna alla sua destra - … che non ci riprendi ogni due secondi. Avete capito? -

Finito il suo monologo, prese la sua birra per poi andare verso il suo amico Derek Paine, che era vestito da Toro Seduto.


Rimasi sola con Georgina, nessuna delle due sembrava avesse intenzione di parlare, stavamo immobili sorseggiando la nostra bevanda.

Odiavo il suo orgoglio, sarebbe bastata una sola parola e l'avrei perdonata.

Sbuffai. Quella attesa era snervante e non avevo intenzione di passare tutta la serata aspettando una qualsiasi dimostrazione, così la guardai un secondo trovandola triste e persa, ma sta volta non avrei ceduto, per poi voltarmi e prendere a camminare, lontano da lei.

- Mer....-

Finalmente, stupida, stupida-egocentrica-stronza.

Mi fermai, rimanendo di spalle, non avevo intenzione di farle vedere il sorriso contento che mi ero spuntato irrimediabilmente al suo richiamo.

- Io.... Mi dispiace, Meredith. Sono stata davvero pessima a tirar fuori quella cosa... - sentii i suoi passi che si avvicinavano, mentre continuava a parlarmi - … e hai ragione, mi sono comportata malissimo quel giorno. Ma non voglio perderti. Io non posso perderti... - un singhiozzo trattenuto, mi costrinse a voltarmi, trovando Jo stravolta.

- Jo... - feci per avvicinarmi, ma la mia amica alzò le braccia per fermarmi.

- Non posso, perché sei la mia famiglia, Mer. E non volevo ferirti, e se quella..... Juliette, ti rende felice. Allora io sarò felice. Ti prego perdonami. -

Non vedevo Georgina in questo stato da molto tempo. Mi precipitai ad abbracciarla forte, forse avevo esagerato a non averle risposto ad almeno un messaggio.

- Tranquilla, Jo. -

- Mi spiace.. -

- Lo so. - strinsi più forte, sentendo come lei si reggesse con le mani alla mia camicia mentre le sue lacrime mi bagnavano il collo.

- Ho pensato di averti persa. - mi si strinse il cuore a quella rivelazione.

- Non succederà mai, Jo. - eravamo abbracciate strette strette, nemmeno l'aria sarebbe potuta passare tra di noi, quando un altro paio di braccia ci avvolse.

- Le mie tenere Umpa Lumpa – sentii Georgina ridere contro il mio collo.

- E tu saresti Willy Wonka? - risposi stizzita.

- Ovvio, non vedi quanto io sia affascinante come Jhonny Depp? -

Lo schiaffo che gli arrivò dietro alla nuca lo fece lamentare, mentre Jo riprendeva a dominare.

- Dopo questo tenero siparietto, che ne dite se andiamo a ballare? -

Lo guardammo, per poi spingerlo sulla pista da ballo con noi al suo seguito.



Al termine della festa, come da tradizione, noi tre moschettieri eravamo al centro del soggiorno di casa Sullivan, stesi sul tappeto.

Eravamo leggermente brilli, mentre parlavamo di come era andata la festa.

- Andiamo Mer, devi ammettere che è stata una scena comica vedere che ti buttavi, manco fossi ElasticMan, per recuperare una birra che stava cadendo. -

- L'antica birra andava portata in salvo – risposi convinta, portando un pugno in alto, scatenando le risate dei miei amici.

- Marck tu di certo non puoi parlare, visto lo spogliarello gratuito che hai fatto mentre Derek cercava di tenerti buono – sentii la voce di Georgina ovattata e girandomi notai che aveva un braccio spalmato sulla faccia.

- La camicia mi prudeva -

- Sicuramente -

- Jo, anche tu però... - cominciai per poi essere interrotta da lei stessa.

- É stato un incidente, IDIOTI.-

- Ah sì? Mi vuoi dire che quel cocktail è accidentalmente caduto sulla testa di Elizabeth? -

La sentimmo sbuffare, per poi girarsi verso di noi imbronciata.

- L'avevo sentita chiamarmi puttana mentre parlava con la sua amica idiota -

Io e Marck cominciammo a ridere sguaiatamente trascinando con noi anche Jo, rimanendo senza fiato e con i dolori addominali per lo sforzo.

- Ma sicuramente... - riprese Marck, cercando di prendere aria - … la scena migliore è stata quando voi due, che comincerò a chiamare il DinamicoDuo, avete cominciato a giocare a braccio di ferro mentre facevate versi osceni... - riprese a ridere più forte. - … la faccia di Phill non me la scorderò mai, quando Jo è arrivata all'orgasmo! -

Ecco! Questa era la cazzata che si sarebbe ricordata, per tutto l'anno.

- Eravamo ubriache! - esclamammo insieme, come al solito.

Ci fu qualche momento di silenzio, interrotto solo dai nostri respiri accelerati a causa del troppo ridere.

- Comunque Mer-Dina, ti piace ancora Derek? -

Quella domanda fu un colpo di cannone.

Strinsi la mano di Jo, agitata. Avevo dimenticato, per quella sera, quel piccolo e insignificante problemino.

Notando il mio silenzio prolungato, Marck si alzò mettendosi a gambe incrociate su quel tappeto persiano che puzzava, eccessivamente, di vodka.

- Mer? -


Avrei dovuto parlare, ma la lingua si era momentaneamente inceppata.


Sentii la mia mano che veniva stretta più forte per infondermi il coraggio che mi stava mancando.

Mi alzai anche io, portandomi dietro Jo, e posizionandomi davanti al mio migliore amico presi un profondo respiro.

- Devo dirti una cosa Marck. - mi interruppi un momento, cercando di mettere in ordine i miei pensieri.

Non ero lesbica. Mi piaceva solo Juliette. Come potevo spiegare una cosa del genere?

- Forza M, è solo Marck – annuii meccanicamente, mentre prendevo a raccontare la storia di come mi fossi presa una cotta spaziale per una ragazza sconosciuta.


Quando finii il racconto, rimasi in attesa di una reazione da parte del mio amico, mentre giocavo in maniera compulsiva con la mano di Jo.

Stavo quasi per avere una crisi isterica a causa del silenzio, quando un abbraccio violento mi fece ricadere sul tappeto.

- OhSantoGandalf! Che notizia grandiosa -

- Marck sei impazzito?! - gracchiai, mentre cercavo di liberarmi da quella morsa, chiedendo anche aiuto a Jo che se la rideva in disparte.

- No. Sono solo felice. Finalmente avrò qualcuno con cui parlare di tette e culi -

- Che pensiero profondo, Cullivan -

- Stai zitta, Chiapwood. Lasciami godere questo momento. -

- Potresti godertelo lontano dal mio corpo? Comincio a non respirare -

E finalmente mi liberò e io ripresi a respirare normalmente.

Quando mi alzai, li guardai entrambi sorridermi, in quel momento mi accorsi di quanto fossi fortunata ad avere degli amici del genere.

- Vi odio -

- Anche noi -

Ecco un'altra cosa che ci accomunava, la difficoltà nel dire quello che provavamo, ma infondo l'importante non erano le parole. Sapevo che loro mi volevano bene, così come io volevo bene a loro.

- Vedrai ci divertiremo io e te insieme, Mersbian. Andremo a caccia di dolci e indifese pulzelle ogni venerdì -

- Calma i bollenti spiriti Cowboy! -

- Perché? -

- Il fatto è che la nostra Mer, è proprio partita per quella ragazza non credo che abbia voglia di andare a caccia -

Vidi il mio migliore amico annuire pensieroso, portandosi teatralmente una mano sotto al mento.

- Allora c'è solo una domanda che mi tormenta...-

Mi voltai verso di Marck, confusa.

- ... a quando le nozze? -

E nello stesso istante in cui Georgina cominciò a grugnire per trattenersi dal ridere, io mi ero lanciata su di lui con l'intenzione di strozzarlo amichevolmente.



Quella notte io e Jo decidemmo di dormire a casa mia.

Arrivate, cercammo in maniera silenziosa, cosa difficile visto che l'alcol doveva ancora finire di fare il suo circolo, di arrivare alla mia stanza.

Raggiunta, tra una risata trattenuta e qualche bestemmia per essere inciampata nel tappeto, cominciammo a spogliarci da quei costumi che stavano cominciando ad essere fastidiosi.

- L'aria da cowboy ti rendeva sexy -

- Io sono sempre sexy -

- Sì, come un panda dormiente -

- I panda sono sexy -

Andai in bagno, in intimo, per darmi una lavata e fui raggiunta quasi subito da Jo, anche lei rimasta in intimo.

- Il mio spazzolino? -

- È dove lo lasci sempre Jo. -

Ci lavammo tranquillamente una a fianco all'altra, senza alcun problema, alternandoci in maniera perfetta per l'uso dell'acqua.

Ritornate in camera, presi la maglietta della Columbia University di mio padre per dormire.

- Mi dai la maglietta dei Muse per dormire? -

Non le risposi, aprii il cassetto per cercarla e la lancia verso di lei, per poi decidermi a sciogliere e liberare i miei capelli dalla coda stretta.

Finalmente, lavate e vestite... si fa per dire. Ci lasciammo cadere sul letto, infilandoci sotto la coperta. E spensi il lume sul comodino.

- Avevo davvero pensato di averti persa -

- Non ci pensare Jo, te l'ho detto non sarebbe potuto succedere -

Non potevo guardarla in viso, visto il buio pesto che ci avvolgeva, ma sentii distintamente il suo sospiro sollevato.

Aveva davvero bisogno di essere rassicurata ancora.

Mi girai su un fianco, a tentoni trovai i suoi capelli e cominciai a far passare le mie dita tra quei fili sottili.

- Mer? -

- Si? -

- Mi abbracceresti stanotte? -

A quella richiesta avvolsi il suo fianco con il braccio libero, spingendola verso il mio petto, cominciando a far passare la mano sul bacino e la schiena in una lenta carezza, mentre l'altra mano continuava la sua opera.

- Grazie -

Le lasciai un bacio tra i capelli profumati, sentendo i suoi muscoli rilassarsi, e lei che si lasciava andare al sonno.

Ci addormentammo così, abbracciate in un groviglio di gambe e braccia, felici di esserci ritrovate, ancora.


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Capitolo 6
*** Mer(edith)ry Christmas - part I ***


Capitolo 5

Mer(edith)ry Christmas - part I


 

Come passa veloce il tempo.

Non riuscivo davvero a spiegarmi come fosse possibile che fosse arrivato già dicembre, con precisione, le feste natalizie.

Insomma, no che non fossi contenta, adoro il natale, ma io e Juliette avevamo preso l'abitudine di prenderci un caffè ogni mattina, prima di entrare a scuola e beh, sinceramente mi sarebbe mancato non vederla tutti i giorni.


Mi stavo rammollendo.

Mi stavo trasformando in una bambina piagnucolante.


Ero seduta in mensa che mi lambiccavo sulla velocità del tempo quando un vassoio, sbattuto con violenza sul tavolo, mi fece spaventare e rovesciare il budino che stavo esaminando con il cucchiaino.

- Vuoi dirmi che problema hai? -

- Di cosa stai parlando, Mer?-

- Della tua nevrosi, mio dolce pasticcino alla crema -

Jo mi lanciò un sguardo truce in risposta al mio sorriso ironico, ma nel profondo ero davvero preoccupata per lei, insomma sembrava sempre sul punto di esplodere manco fosse un vulcano.

- Sono scioccata dal fatto che tu abbia notato la mia nevrosi, visto che la tua mente non riesce a far altro che formulare il nome Juliette... - vidi il suo sopracciglio raggiungere l'attaccatura dei capelli, mentre provava ad aprire il contenitore del pranzo - … tra un sospiro e l'altro. -

- Non riesco a capire tutta questa avversione nei confronti di Juls -

Sbuffò apertamente portandosi alla bocca una foglia d'insalata.

- Non mi piace. -

- Se magari... -

- Senti... - a quanto pare l'insalata faceva davvero schifo, visto la faccia disgustata di Georgina - … sei tu che hai una cotta spaziale per Miss Berretto, ok? Io ho problemi più grandi a cui pensare -

- Del tipo “Oh mio dio! Pettorale Pompato mi ha baciato e io non ho fatto nulla”? -

- Esattamente -

Io annuii sconsolata.

A quanto pare Jo era troppo assorbita da Shane per poter dar retta alla mia felicità.

Alzai lo sguardo e subito individuai Juliette, come se i nostri occhi avessero due calamite, dall'altro lato che mi guardava sorridendo; sorriso che contraccambiai volentieri.


Quanto era bella, porco Sauron.


Dovevo cominciare a prendere in considerazione l'idea di far uso di insetticida per le “farfalle” nello stomaco, e periodicamente andare a fare un controllo cardiologico; non penso che avrebbe retto ancora per molto se avesse continuato a sbattere con tanta violenza contro lo sterno.


Ma quegli occhi.

Quelle labbra.

Lei.

Quanto-fottutamente-era-bella!


- Se hai finito di sbavare, io sto cercando di mangiare -

- Sai Jo... - la guardai nervosa, raccogliendo la mia borsa - … ti lascio mangiare in pace. Vado da lei. -

- Certo -

La guardai un'ultima volta mentre lei continuava a mangiare senza degnarmi di un'occhiata, per poi decidermi ad alzarmi, sconfitta, e puntare il mio sguardo verso Juliette indicandole – con la testa – l'uscita.



Arrivai in bagno e buttai la borsa in un angolo, per poi sedermi comodamente sulla ceramica del lavandino, in attesa.

Quando sentii la porta aprirsi, con un cigolio fastidioso, un sorriso spontaneo si aprì sulle mie labbra.

Eccola lì, con il suo berrettino verde calato sulla testa e quel sorriso da fammi-girare-la-testa.

- Hey -

- Ciao -

Si sporse verso di me lasciandomi un delicato bacio sulla guancia, per poi rimanere molto vicina appoggiando le sue mani sulle mie gambe.

- Cosa farà la mia nerd preferita durante le feste? -

- Il solito: feste tra i parenti, Jo e Marck....tu, invece? -

Le sorrisi, mentre facevo passare la mia mano tra i suoi capelli giocandoci un po'.

- Oh, io credo che continuerò a pensare ad una certa biondina... -

- Ah, sì? -

Alzai lo sguardo dai suoi capelli per poterla guardare negli occhi.


Quei bellissimi occhi neri.

Avrei davvero potuto fare pazzie per essere sempre guardata così.


La vidi annuire, per poi lasciarmi un bacio accennato sul naso.

- Stai giocando troppo bene le tue carte, Wolls -

- Chi, io? Ma che dici. Sono solo... -

- Sei solo...? -


Mi guardava languidamente, e io mi sentivo andare a fuoco. Letteralemente.

Le sue mani si spostarono dalle mie cosce, più sù, verso il bacino che strinse saldamente.

I nostri nasi si sfioravano e potevo sentire il suo fiato infrangersi sulle mie labbra.

In questo momento sarebbe potuto anche apparire Lord Voldemort che ballava il cha-cha-cha con un unicorno, e io non sarei riuscita a togliere lo sguardo da Lei.

- Vorrei davvero baciarti in questo momento, Meredith -


OH-SANTO-GRAAL.

Voleva ammazzarmi.

Lentamente.

Dolorosamente per - la mia amica dei bassifondi – Gina.

Vogliosamente.


Ed io, io ero pronta per questo altro passo nel mondo saffico?

Juliette...


- E cosa stai aspettando, allora? -

Ringraziai me stessa per una risposta del genere.

Cavolo O'Brien, stavamo facendo progressi.


Sentii il suo sorriso sulle mie labbra, perché – Santo Sauron – eravamo così vicine, ma il vibrare del telefono nella sua tasca ruppe il momento.


Qualcuno lassù mi odiava.


- Scusami -

La vidi allontanarsi con il telefono in mano, mentre io cercavo di riprendere aria e controllare il tremore che mi stava cogliendo per l'adrenalina.

Non è giusto.

Fanculo.


- Devo andare, mi dispiace...- non farmi quell'espressione da panda bastonato - ... Noi ci sentiamo e magari se hai tempo tra tutti i tuoi parenti, potremmo vederci... durante le feste. -

- Certo, Juls. -

Mi lasciò un ultimo bacio sulla guancia per poi uscire completamente da quel bagno che, qualche minuto prima, aveva preso le sembianze di un forno.


Sarei morta.



- Capisci? Eravamo così vicine e puff.. -

- Puff? -

- Puff -

- Ok, che ne dici se smettiamo di ripetere Puff? -

Mi lasciai cadere sul letto del mio amico cercando di pensare ad altro, ad altro che non fossero le labbra di Juliette così maledettamente vicine alle mie.

- Non capisco, perché non sei a piagnucolare da Jo? -

- Perché mi mancava il mio migliore amico? -

Montai sul mio viso la migliore faccia da cucciolo che avessi nel mio misero repertorio, per poi vedere Marck alzarsi dalla sedia vicino la scrivania e stendersi al mio fianco.

A quanto pare non funzionava la “puppy-face”, dovevo allenarmi.

- Avanti che succede? -

- Non lo so – ammisi imbronciandomi – Quando le parlo di Juls, diventa una strega verde, sputa veleno e con la scopa incastrata su per il.... hai capito, insomma. -

- Mmmh, le hai chiesto il motivo? -

- Dice che non le piace – scimmiottai cercando d'imitare la voce autoritaria di Georgina, senza riuscirci, ovviamente.

- E non le credi? -

- Le credo... - sussurrai, andando a nascondere il viso contro il suo petto - … ma non capisco perché non riesca ad essere felice per me. -

Rimanemmo in silenzio, abbracciati sul letto, ognuno perso nei suoi pensieri. E speravo che almeno per quella volta i pensieri di Marck non fossero direzionati alla partita lasciata sospesa alla Play-Station.

Un sacrilegio, lo ammetto.

Ma avevo davvero bisogno di lui.

- Le parlerò io -

- Davvero? -

- Sì – lo abbracciai più forte senza dire nient'altro. Infondo fra me e Marck non c'erano mai state tante parole carine.

- E comunque O'Brilla, hai visto la prima puntata di “Gotham”? -

- Secondo te sembro pazza se ti dico che mi sono già follemente innamorata del pinguino? -

Mi guardò per poi cominciare a ridere e stringermi più forte contro di lui

- Ecco perché sei la mia migliore amica -



Georgina era ferma da ben cinque minuti, in attesa di Marck, all'entrata dei grandi magazzini.

Dovevano comprare il regalo di natale per Meredith.

Cercava di riscaldarsi saltellando ogni tanto sul posto, per poi voltare lo sguardo verso la direzione da cui sarebbe dovuto apparire il suo amico.

Quando ormai stava per maledire qualsiasi santo nel raggio di mille anni, intravide la figura allampanata di Marck che correva nella sua direzione.

- Alla buon'ora, Sullivan! -

- Oh per Salazar! Non cominciare Atwood.- la spinse per la spalla, invitandola ad entrare, al caldo. - Ho avuto problemi con mia sorella su chi doveva portare giù Wiwo -

- Povero cagnolino. -

Finalmente al caldo, si tolsero le sciarpe arrotolate strette contro il collo, per poi sospirare più rilassati.

- Allora Marck, qual è il regalo di quest'anno? -

- Non so davvero cosa comprarle. -

- Bene. Siamo fottuti. -

Annuirono in contemporanea; decidendo di comune accordo di fare un giro esplorativo, giusto per farsi un'idea e sperando di essere illuminati da qualche grazia divina.


Erano a zonzo da un'ora, avevano guardato miriadi di negozi e ora erano fermi davanti ad un negozio di libri.

- Ricordi se voleva qualche libro, Marck? -

Ma il ragazzo era perso tra i suoi pensieri, doveva parlare con Georgina, ma non era molto famoso per la sua delicatezza.

- Marck? -

- Jo, devo parlarti. -

Georgina spalancò gli occhi e la bocca e probabilmente se avesse avuto qualche altra cosa da spalancare, con stupore, l'avrebbe fatto

- Ce..certo -

Marck annuì rigido, dirigendosi poi verso un bar, senza parlare, dove prese posto.

Ordinarono da bere un caffè, per poi guardarsi negli occhi a vicenda, circospetti.

- Di cosa volevi parlarmi? - vide il ragazzo tentennare un po' e con un grosso respiro prendere parola.

- Volevo parlarti di Meredith, Jo. -

- Cosa? -

Marck si trovò a corrugare la fronte notando con quale tono irritato avesse pronunciato quella domanda.


Cosa diamine stava capitando?


- Ah! Non saprei Gina, vogliamo parlare del fatto che Mer è triste perché la sua, dicesi, migliore amica la sta trattando di Mer-Da in questo periodo? -

- Io la starei trattando di merda, davvero? - Jo sbuffò, lasciandosi andare ad una risata isterica.

- Oh, andiamo Jo! Meredith ascolta le tue paturnie mentali su Livingston da anni, senza farti pesare niente. E ora... che cazzo stai combinando? -

- Non sto combinando, NIENTE. È lei che non fa altro che stare con Juliette. Juls di qui, Juls di qua, Juls ha fatto quello, Juls ha detto quello. Dio! -


Georgina si passò una mano tra i capelli, tenendo lo sguardo verso il lato, evitando lo sguardo accusatorio e indagatore di Marck.

Arrivato il caffè, il silenzio cadde pesante come una coperta di lana.

Fine primo round.

Marck continuava a guardarla, stava cercando di capire, doveva capire.

E ci riuscì, nell'esatto momento in cui Georgina Atwood abbassò lo sguardo torturandosi le mani, Marck Sallivan capì.

Una risata gli uscì spontanea dalle labbra sottili, lasciando la ragazza di fronte confusa.

Insomma, non stavano discutendo?

- Si può sapere perché stai ridendo Cullivan? -

- Rido di te, Chiapwood -

- Perché? -

Il ragazzo si asciugò gli occhi con l'indice cercando di incamerare aria nei polmoni e avere la forza di risponderle.

- Sei gelosa Sua Maestà? -

- Gelosa? -

- Per tutte le sfere del drago, sei gelosa marcia! -

- Cosa cazzo stai blaterando? - una mano sbattuta sul tavolo, fece diventare serio il ragazzo, all'improvviso.

Quella parolaccia, sputata, gli aveva dato la conferma. La sua amica le utilizzava solo quando si sentiva messa alle strette.

Si sporse sul tavolo cercando di avvicinarsi al viso di Georgina il più possibile, guardandola seriamente, con un cipiglio nervoso.

- Ora ascoltami bene, Georgina. Meredith è tua amica, Meredith quella ragazza bionda hai presente? Bene. Quella ragazza si è per la prima volta innamorata, lo sai anche tu che è così, e tu... tu brutta stronza, stai facendo la gelosa perché hai paura di non averla più al tuo fianco? -

Vide l'amica indurire la mascella, stringendo i denti, senza però dare una risposta, spingendo il ragazzo a continuare addolcendo il tono.

- Mer non riesce nemmeno ad abbandonare i calzini bucati senza sentirsi in colpa, Jo. Non puoi fare così, lei ha bisogno di te, lo sai. E non aver paura di essere sostituita, lei ti vuole bene, tanto bene. Vorrebbe solo che la sua migliore amica sia felice con lei. Pensi di poterlo fare? - le strinse la mano abbandonata sul tavolo, mentre Georgina si lasciava sfuggire una lacrima.

Annuì. Non voleva rispondere, la voce sarebbe risultata rotta dal pianto e si stava già mostrando troppo debole.

- Perfetto. Allora, andiamo a comprare un qualsiasi libro che tanto le piacerà? Quella ragazza in qualche vita passata doveva essere una bibliotecaria -



- Sì, anche tu mi manchi...-

- ...Certo, ci vediamo dopo le feste e passiamo la giornata insieme...-

- Non vedo l'ora... Ciao, Juls -


Chiusi il telefono con aria sognante. Esisteva ragazza più perfetta?

Sorrisi allo schermo del telefono dove c'era una nostra fotografia, scattata durante una mattina in cui la mia indole da Zombie era più contenuta, mentre lei era sempre così splendente.

Sarei rimasta a contemplare quella foto in eterno se qualcuno non avesse bussato alla mia porta.

- Avanti -

Di certo non mi aspettavo di vedere Jo dall'altro lato, considerato il fatto che ci saremmo viste stasera per passare la vigilia insieme con Marck e genitori a seguito.

- Tutto ok, Jo? -

- Sì, volevo solo... stare un po' con te. Se ti va... -


Georgina remissiva e in cerca di coccole.

Marck aveva fatto la sua magia.


- Vieni qua, stupida di una Atwood -

Allargai le braccia sapendo che si sarebbe catapultata senza aspettare un secondo.

Mi strinse stretta, ma non mi lamentai, avevo bisogno di risentirla così vicino dopo questi mesi strani.


- Sono proprio una stupida, come fai a sopportarmi Mer?-

- Me lo chiedo anche io, sai? -


Mi arrivò un leggero schiaffo dietro la nuca che mi fece ridere di gusto, coinvolgendo anche la mia amica, con me.

Staccate da quell'abbraccio, spaccaossa, mi prese per mano trascinandomi sul letto, che avevo aggiustato qualche minuto prima, per poi stenderci.


- Allora, incomincia. Voglio sapere ogni cosa, ogni dettaglio. Abbiamo da recuperare e hai tempo fino a stasera. -



Bentornata Georgina, di nuovo.



SBUM SDISH SBAM

C'è qualcuno?

Scusate per l'attesa, ma davvero, periodo no per la sottoscritta. Ma tanto, che importa. WHO CARES?

Comunque capitolo un po' più corto, perché ho deciso di spezzettare la vigilia di natale in due capitoli: Mattina e Sera. Quindi questo è solo un po' di passaggio, nel prossimo invece avremo.... beh. Un regalo di natale – anticipato – no?

Spero che piaccia comunque, e che non cominciate a buttare pomodori a getto contro lo schermo. Insomma, alla prossima, presto. Devo solo trovare il tempo di revisionare il capitolo, ergo, sono fiduciosa.

Grazie ancora a tutti i lettori di questa storia, vi bacerei i piedi – forse – a tutti.

Buona giornata, WH

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Capitolo 7
*** Mer(edith)ry Christmas - part II ***


Capitolo 6

Mer(edith)ry Christmas - part II


 


Georgina si svegliò all'improvviso, qualcosa di umido sul collo l'aveva spaventata, strappandola dal mondo dei sogni.

Ci mise qualche secondo per fare mente locale e capire che si trovava nel letto di Meredith, era circondata dal suo profumo, e lei sicuramente non avrebbe mai avuto la malsana idea di appendere sul soffitto, sopra il letto, il poster del Signore degli Anelli, Gollum l'avrebbe resa insonne.

Come diavolo faceva a dormire con quegli occhi a palla che la guardavano?

Voltò lo sguardo verso destra, trovando la chioma bionda della sua amica, appoggiata sulla sua spalla.

Ed ecco spiegato l'umido.

Le labbra di Meredith erano socchiuse, appoggiate delicatamente sul collo dell'altra; un brivido colse Georgina all'ennesimo alito di fiato caldo sulla pelle sensibile del suo collo.

Per la miseria, era il suo punto debole.

Cercò di spostarsi, delicatamente, cercando di non svegliare la sua amica; un'impresa semplice visto che Meredith quando dormiva non si svegliava nemmeno con i colpi dei cannoni, sparati a distanza ravvicinata.

Riuscita a liberarsi, si mise sul fianco destro in modo da poterla guardare dormire.

Avrebbe davvero fatto qualsiasi cosa per lei, per quanto facesse la forte e scherzasse su ogni cosa, Jo sapeva cosa la sua amica portava dentro.

Sapeva quanto fosse fragile, ed era spaventata.

Spaventata da Juliette e quello che avrebbe potuto combinare se l'avesse in qualche modo ferita.

Si avvicinò di nuovo al corpo della sua amica, lasciandole una lieve carezza sul viso, prima di appoggiare la sua fronte contro quella della bionda e rimanere così.


Avrebbe voluto proteggerla.

Da ogni cosa.



- Mer... -

- Meredith -

- Per la miseria O'Brien, apri gli occhi! -

Quella voce mi arrivava ovattata alle orecchie.

Per tutti i folletti! Lasciatemi dormire, che cosa era l'alba? Anzi no, io avrei fatto il remake di “L'alba dei morti viventi” se avessi aperto gli occhi.

- Mer, il tuo poster di Harry Potter, sto per bruciarlo. Non sto scherzando -


Quella voce.

Georgina.

Harry Potter.

Poster.

Bruciare.


Sacrilegio.


Il tempo di formulare quei semplici pensieri – perché non avrei potuto fare di meglio – mi decisi ad aprire gli occhi per guardare male, o almeno credo che fosse così, quella pestifera ragazza che mi ostinavo a chiamare amica.


- Tu.sei.il.male -

- Ben svegliata -

- Che ore sono? -


La sentii muoversi, mentre io continuavo a sbadigliare senza pudore, poi la luce del telefono mi ferì gli occhi, costringendomi a chiuderli di nuovo.

Avrei voluto continuare a dormire.


- Abbiamo dormito due ore, Mer. Sono le sette e mezza -

- La cena è alle nove, abbiamo tempo – richiusi gli occhi, felice di poter riposare ancora un'oretta.

- Non riaddormentarti... -

- Sei una piaga d'Egitto abbattuta nella mia vita Atwood – la sentii ridere contenuta, per poi prendere ad accarezzarmi facendo passare le dita trai miei capelli.

Avrei cominciato a fare le fusa.

Aprii gli occhi incontrando, nella penombra della mia camera, quelli verdi e luminosi di Georgina che mi stavano guardando dolcemente.

Come se fossi richiamata da quel verde, mi avvicinai di più al suo corpo caldo, per godere – meglio – di quelle carezze leziose.

Strofinò il suo naso contro il mio, sapeva quanto apprezzassi queste dimostrazioni dolci, quando eravamo da sole, anche perché la Grande Georgina doveva dimostrare al resto del mondo di non provare emozioni.


Che cazzate.


E con probabilità, stava cercando ancora di farsi perdonare da me.

Sorrisi, per poi portare la mia mano sul fianco, lasciato scoperto dal maglione, di Jo per lasciarle qualche carezza con la punta delle dita.

Un sospiro contento serpeggiò dalla sua bocca a quel gesto, sospiro che arrivò direttamente sulle mie labbra.

Sentivo caldo.

Riaprii gli occhi, che avevo chiuso senza accorgermene, ritrovando ancora i suoi occhi ad aspettarmi.

Mi sentivo sospesa, come se stessi sognando, la mia mente era – quasi sicuramente – annebbiata e gli occhi di Georgina non aiutavano, per niente.

Per tutti i Troll di Montagna, cosa stava succedendo?

Vidi Jo avvicinarsi ulteriormente al mio viso, strofinando il naso sulla mia guancia, mentre le sue labbra sfioravano leggermente le mie.


Non stava succedendo, davvero.

Stavo sognando.

Per forza.


Le carezze continuavano, lente e studiate, la mia mano si era spostata sulla sua schiena dove stavo disegnando cerchi immaginari.

Volevo fermarmi, ma non ci riuscivo.

Eravamo vicine, tanto – troppo – vicine, le bocche socchiuse che continuavano a sfiorarsi, timorose di toccarsi completamente.

I nostri fiati cominciarono a diventare più pesanti e le mani più esigenti, eravamo ad un passo dall'oblio e, porco Sauron, non mi stava dispiacendo.


Lo stavo desiderando.


Intrecciammo le gambe, mentre io mi portavo sul corpo della mia amica, il contatto con il suo corpo mi stava.... estasiando.

Le sue labbra mi stavano eccitando.

Tutta quella situazione mi stava eccitando.

I sospiri scandivano i secondi che scorrevano, mentre continuavamo a guardarci e sfiorarci con le labbra.

Dovevo fermarmi. Ora.

Fermati.

Hai Juliette.

Finiscila.


- Ragazze, siete sveglie? -

La voce di mia madre mi arrivò alle orecchie come una martellata sul cervello. Spalancai gli occhi, nello stesso modo di Jo sotto di me, per poi saltare – letteralmente – giù dal letto, cercando di calmare il respiro mentre la mia amica si metteva seduta.


Non riuscivamo a parlare.

Non capivo cosa ci fosse preso.


Ma la porta che si apriva, interruppe ogni nostra possibilità di provare a spiaccicare parola.


- Oh! Siete sveglie. Georgina, tua madre ti stava cercando, forse è meglio se vai da lei. -


Vidi la mia amica alzarsi meccanicamente, evitando il mio sguardo, per poi salutare mia madre, ringraziandola e sparire giù per le scale.


- Forza, sfaticata! Vatti a preparare -


Cosa diamine stavamo per fare?

Cosa – porcammerda – stavo per combinare?


Dio, Juliette.



La cena a casa Atwood si svolse come tutti gli anni, Isabel aveva addobbato la sala da pranzo in pieno stile Hogwarts e no, non stavo esagerando, ogni tanto mi aspettavo di vedere Sir Nick sbucare dal mio piatto; ma venivo delusa ogni anno.

L'unica cosa diversa di quest'anno – anzi due – era l'assenza di Marck, che all'ultimo momento era dovuto partire con i suoi per andare dalla nonna e beh, il silenzio imbarazzante tra me e Jo.

Insopportabile silenzio.

Fortunatamente la cena era finita, in modo tale che saremmo potute uscire di casa e finalmente parlare.

Aiutammo le nostre madri a sparecchiare la tavola, lavare i piatti e spazzare il pavimento, mentre mio fratello e i nostri padri continuavano a discutere di football nel soggiorno, sorseggiando whisky.

- Allora Georgina, neanche tu hai il fidanzatino? -

- No, Claire. Quella figlia che mi ritrovo non vuole ancora darmi questa gioia -

- Neanche la mia. Mai una soddisfazione Isabel. -

- Mamma! - l'esclamazione ci scappò contemporaneamente, portandoci a fissarci e abbassare immediatamente lo sguardo.

- Dico solo che siete due belle ragazze e che non ci dispiacerebbe vedervi felici. -

Oramai erano partite, e nessuno le avrebbe fermate, neanche una calamità naturale.

- Mamma, io sto uscendo con Sunshine. Mer, tu e Jo avete bisogno di un passaggio in centro? -

Guardai Georgina in cerca di una risposta e la vidi annuire impercettibilmente.

- Sì, Leo. Grazie. -

E con un ultimo saluto ai nostri genitori, coperti con chilometri di sciarpa – che io adoravo – uscimmo al freddo.

Parlai con Leonard tutto il tempo, mentre Jo rimase in silenzio guardando fuori dal finestrino; arrivate in centro, ringraziai mio fratello che ripartì verso casa della sua ragazza.

Rimaste sole prendemmo a camminare verso il parchetto in silenzio. Non sapevo cosa fare e nemmeno cosa dire.

Che situazione orribile.

Arrivate a destinazione ci sedemmo sulle altalene, prendendo a dondolarci svogliatamente. Non ero abituata a quell'atmosfera pesante, ci eravamo riunite solo qualche ora prima, ed eccoci di nuovo ad innalzare muri.


Stava per esplodermi la testa.

Anzi, stavo per impazzire come quella vecchia gattara nei Simpson.

Meglio, come Spencer quando ha ricominciato a prendere quelle pasticche.


Ero concentrata a ricercare il mio coraggio, come Orlando con il suo senno, quando la mano di Jo – sia ringraziato il cielo – prese la mia, stringendo.

Mi voltai a guardarla, e la vidi tormentarsi il labbro inferiore con i denti per poi prendere un grosso respiro.

Un grossissimo respiro.

- Non... non so cosa sia successo oggi, Meredith. Ma è stato fuori luogo e mi dispiace. Davvero. -

- Non è solo colpa tua, anzi sono io a dovermi scusare con te Jo. Ho esagerato... -

- Ma io non ti ho fermato. -

Sospirammo, rivolgendo i nostri sguardi al cielo notturno di quella vigilia.

- Perché non l'hai fatto? -

La guardai confusa.

Non riuscivo a capire di cosa stesse parlando.

- Perché non mi hai baciato? -


Oh. Perché non ho fatto quello.


- Io... volevo, credo. Ma poi ho pensato a Juliette e beh, al fatto che non sarebbe stato giusto nei tuoi e nei suoi confronti -

- Capisco. -


Io invece non stavo capendo niente.

Ma proprio niente, eh.


- Perché ti saresti lasciata baciare Jo? A te piace Shane... -

- Oddio! Allora è vero che a Natale si diventa più buoni, l'hai chiamato per nome -

- Sono seria.... - la guardai cercando di mantenere un espressione convinta - … stupida -

- Sinceramente? -

- Ma no, sparami la prima cazzata random che ti passa per la testa? Ovvio che voglio che tu sia sincera! -


Questa giornata l'avrei ricordata come la più assurda e incomprensibile della mia vita, almeno fino ad ora.

- Ero curiosa. -

- Curiosa? -

- Sì, volevo solo provare. Non lo so cosa mi sia esattamente passato per la testa M, solo che ero curiosa di capire.... il tuo mondo. -

- Dio, Jo! La prossima volta fammi un fischio, quando ti prendono queste curiosità malsane. -

- Mi dispiace, davvero. -


Ci fissammo per un po', per sondare il terreno e capire se fossimo apposto, e quando un sorriso gemello si formò sulle nostre labbra, capii che era tutto ok.

O almeno speravo ardentemente che fosse così.


Allora perché questa ansia?


Il rimbombo degli spari alla fine della via ci fece voltare per ammirare quello spettacolo di luci e colori, che mi affascinava ogni santissima volta.

Era scattata la mezzanotte.

- E comunque Buon Natale, biondina dei miei stivali -

- Buon Natale, banshee -



Era l'una e mezza quando – Alleluja – raggiungemmo casa di Jo, per scambiarci i regali e dopo tornare a casa, che era esattamente due isolati più giù.

Ci salutammo verso le due, tutto sembrava essere ritornato al suo posto, camminavo qualche passo indietro ai miei, pensando e ripensando, macinando e rimacinando, sulle parole di Georgina quando il telefono cominciò a suonare.

Juls.


- Hola straniera -

- Ciao Meredith, buon natale. -

- Buon Natale. A cosa devo questa gradita chiamata? -

- Oh, volevo solo chiederti una cosa... - raggiunta casa, mi fermai sulla veranda, salutando i miei che mi stavano augurando la buonanotte.

- Dimmi -

- Potresti voltarti...? -


A quelle parole mi si bloccò l'aria dei polmoni.

Voleva uccidermi.

Ohssì, eccome se lo voleva.


Mi voltai lentamente, sentendo come se lo stessi facendo in slow motion,e la vidi, nel mio vialetto, con il sorriso accecante e quegli occhi neri che facevano invidia al cielo notturno.

Non mi sarei mai stancata di quella immagine.

Scesi le scale, inciampando sull'ultimo gradino – cheffiguradimmerda – e imbarazzata arrivare davanti a lei.

- Ciao... -

- Ciao -


Due idiote.

Due idiote sorridenti.


- Cosa ci fai qui? -

- Mi mancavi e volevo darti il mio regalo -


Mi porse una scatoletta nera con un fiocco argentato, che io non accettai, senza dirle una parola entrai in casa correndo, rivoltai la mia stanza e ritornai da lei che era rimasta paralizzata, al suo posto.


Non potevo comportarmi normalmente almeno con lei?!


- Scusami, è che avevo anche io un regalo per te. -

- Grazie -


Ci scambiammo i regali, e aspettai che fosse lei la prima ad aprirlo. Le avevo regalato un berretto rosso – in pieno stile natalizio – con sopra un panda, adorabile.

Alla vista di quel cappello, si levò il suo per indossarlo.

L'avrei riempita di baci per quanto apparisse tenera.


- Lo adoro Meredith. Davvero. - mi lasciò un bacio sulla guancia facendomi arrossire - Ora tocca a te -


Aprii il pacchetto e rimasi scioccata.

Non era possibile.

Le avrei chiesto di sposarmi.

.

Perché sì.

Perché quello che ora stringevo tra le mani era l'anello di Mordor.


- Per tutti i gargoyle. Io... -

- Ti piace? -

- Stai scherzando vero? È perfetto -


L'abbracciai di slancio, stritolandola, mentre nella mia mente si susseguiva senza sosta la battuta più celebre di tutto il film:

Il mio tesssssoro.


- Non so davvero come ringraziarti -

- Un modo ci sarebbe... - mi staccai leggermente dall'abbraccio per poterla guardare negli occhi e tutto mi fu più chiaro.

Sorrisi, perché non potevo fare altro in sua presenza, solo sorridere. Per poi avvicinarmi a quelle labbra – invitanti – che stavo desiderando da ben quattro mesi.

- Bel modo, Wolls -

E mi baciò.

Sospirai dal naso, aumentando l'intensità di quello che era cominciato come un tenero bacio a fior di labbra; le gambe mi tremavano e se non ci fosse stata lei a reggermi sarei crollata come una pera cotta.

Quando la sua lingua incontrò la mia, un caleidoscopio esplose dietro le mie palpebre chiuse, ora la canzone di Katy Perry aveva un senso.


Baby, you're a firework.


Non so quanto rimanemmo fuori a baciarci, insomma avevamo pur sempre quattro mesi da recuperare, ma seppi con assoluta certezza che quel bacio era stato il più bello che avessi mai ricevuto.

Per Salazar! Era quello l'amore?


Mi addormentai con quella domanda che mi centrifugava la mente, e il sorriso stampato in faccia e il suo sapore che riuscivo ancora a percepire.


Era questo l'amore?



Bubusettete

Eccome! Non ho molto da dire... sinceramente. Finalmente ho avuto un po' di tempo e.. ET VOILA, pubblicato il sesto capitolo di 'sta storiella.

Mi stanno arrivando troppe recensioni che mi invitano – calorosamente – a far finire Mer con Jo.

Per quanto io voglia soddisfare – e non sto dicendo che non lo farò – le vostre richieste, questo racconto si rifà ad una storia realmente accaduta, quindi... diciamo che il finale è già scritto.

Quindi chissà.

E comunque non capisco quest'avversione nei confronti di Juliette, insomma... a me pare tanto dolce e carina.

Vabbè, vi saluto gente, vi auguro una buona domenica e Alla Prossima :)


PS: 19,15 Signore degli Anelli. Chi non l'abbia visto... LO VEDA ahahahah

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Capitolo 8
*** Capodanno col (s)botto ***


Capitolo 7

Capodanno col (s)botto


 


Dalla vigilia di Natale erano passati esattamente sette giorni.


Sette giorni di nonne che cercando di riempirti di cibo manco fossi il tacchino per il ringraziamento.

Sette giorni di tua madre che ti sfrutta come se fossi una filippina.

Sette giorni di tue zie che cercano – inutilmente – di trovarti marito.


Sette giorni d'inferno, insomma.


Anche perché, dopo quel bacio, io e Juliette non riuscivamo a rimanere sole per più di qualche minuto.

E poi, poi c'era Georgina.

Non che ci fosse qualche problema ma sembrava come se volesse attaccare Juls da un momento all'altro e, soprattutto, non riuscivamo a parlare perché Jo s'inventava qualche scusa.


Forse un problema c'era.


Ma almeno, stamattina, avevo salutato tutti i parenti e finalmente avrei potuto festeggiare la fine dell'anno – come ogni anno – con i miei due migliori amici bevendo e scherzando alla festa dei Pierce.


Ora il mio tormento era solo uno.

Juliette sì o Juliette no?

Tanto per citare zio Will : Juliette o non Juliette, questo è il problema!


La volevo con me, durante la festa, ma non ero pronta a lasciarmi a dolci moine davanti ad altri.

No, assolutamente no.

Manco morta.


Cosa avrei dovuto fare?


Mi girai tra le dita l'anello di Mordor, passando l'indice sulle lettere, della lingua nera, incise.

Un sorriso spontaneo mi spuntò sulle labbra pensando a quella sera, a quel bacio, a lei.


Fanculo.

Avevo preso la mia decisione.


E che Sauron mi abbia in gloria.




Georgina era pensierosa, continuava a guardare fuori dalla finestra rigirandosi tra le mani il cellulare, indecisa sul da farsi.

Quel messaggio le bruciava le retine ogni volta che lo rileggeva.

Sbuffò per poi decidere di chiamare Lena.

Cercò il suo numero in rubrica, trovato avviò la chiamata mettendosi in attesa.

- Georgie, ciao -

- Come hai potuto? -

Il silenzio dall'altra parte la fece innervosire, si alzò di scatto dalla sedia cominciando a girare intorno alla stanza.

- Dico a te, Lena! Come hai potuto dare il mio numero a Shane, senza chiedermelo? -

- Pe...pensavo di farti un piacere, Georgie -

- Piacere un corno, Lena! -

- Ma che problemi ti stai facendo, si può sapere? -

- Il problema è che tu hai dato il mio numero senza chiedermelo -

- Ti stai attaccando a sciocchezze. Ti chiedo scusa, ma prendi la palla al balzo, una volta tanto. -

- La palla la farò balzare sulla tua testa! -

- Sai che ti dico, Gerogie? Vatti a fare una doccia ghiacciata, io ho di meglio da fare che sentirti lamentare di nulla. -


Non le diede tempo di rispondere, Georgina si ritrovò a bestemmiare al nulla prendendo a calci l'aria, e per la stizza buttò il telefono sul letto.

Stringeva i pugni così forte da non sentirsi più le dita.

Cercò di calmarsi, prendendo respiri profondi come le aveva insegnato il suo maestro di yoga, prima che decidesse che lo yoga non faceva per lei.


Si lanciò sul letto, recuperando il telefono, e rilesse quel messaggio, ancora una volta.


Sua maestà sono il suo umile scudiero.
Le volevo chiedere se potessi accompagnarla io alla festa di stasera.

Ci sta?

Shane”


Le sue dita erano ferme sullo schermo, indecisa su cosa fare, rileggeva quel messaggio trovandolo irritante per come si prendeva beffe di lei.


Cosa avrebbe dovuto fare?





A N S I A.


Ecco cosa provavo in quel momento.

Una stramaledetta ansia.


Da dove – porcogiuda – avevo preso quel coraggio per invitare Juliette alla festa? Dove?

Saranno stati quei fottuti nargilli del cazzo.


Ero fuori casa Wolls, sudando come se mi trovassi nel deserto del Sahara vestita per una spedizione in Antartide e non in una semplice via, il 31 dicembre.

Mi sarei data tante spranghe sulla testa, se avessi potuto.


- Ma allora? Devo lanciarti un imperius o ti decidi a suonare il campanello? -


Oh, giusto.

Il campanello.

Che stupida.

Devi suonare il campanello, se no, mica può capire che sei arrivata. No?

Devi solo allungare il dito e premere quel pulsante.

Che mi pareva un capezzolo.

Ok, ora sto degenerando.

Premi quel cazzo di capezz...campanello!


Ero ad un passo dal suonare – lo giuro – quando la mano di Marck, uscito dalla macchina esasperato, fece quello che avrei dovuto fare io.


- Scusami Mer, ma volevo andare alla festa prima del prossimo millennio -


Mi ritrovai semplicemente ad annuire, mentre prendevo a lisciare pieghe invisibili sul mio vestito.

Avevo le mani sudaticce.

Che s c h i f o.


Ero ancora intenta a darmi della stupida in tutte le lingue del mondo – reale o meno – quando la voce di Juls, la mia Juls, mi fece alzare lo sguardo.


TUM.


Prendete un defibrillatore, perché penso che il cuore abbia smesso di battere.

Incantevole.

Tenera.

Mia.


- Sei...Sei bellissima – mai una volta che tu faccia una bella figura, O'Brien, e che palle.

- Anche tu, Mer – ma certo, sorridimi anche, fammi squagliare, tanto.

- Ok, vi salterete addosso più tardi, che ne dite di entrare in macchina? -


Ci spinse dalle spalle per sbloccarci e farci entrare in macchina, Porco Sauron, era davvero tardi.


Una volta dentro l'auto – io nel posto affianco a Marck e Juls alle mie spalle - Juliette mi accarezzò dolcemente la spalla, facendomi voltare per poi lasciarmi un soffice bacio sulle labbra.


- Ciao -

Lasciatemi qui, vi prego, dove posso saltarle addosso ogni 2x3.

Non risposi al saluto, mi allungai verso i sedili posteriori per riappropriarmi di quelle – dolcissime – labbra e baciarle in maniera più consona.

- Mer conteniti! Non voglio ripulire la tappezzeria dalla tua bava -

- Idiota! -




La musica alta rimbombava in casa Pierce, una villa in periferia, isolata.

Georgina era sulla pista da ballo con il suo tubino attillato e i tacchi alti, in mano aveva un cocktail che sorseggiava ogni tanto, alle sue spalle, Shane Livingston, la manteneva dai fianchi strusciandosi sensualmente addosso, seguendo il ritmo della musica alta, quasi spacca timpani.

Aveva già bevuto parecchi shot e la testa era leggera, tremendamente leggera.

Aveva quell'euforia assurda che la faceva ridere per ogni sciocchezza, e le movenze di Shane la stavano rendendo bollente, quasi ustionante.

Buttò giù il resto del cocktail per poi voltarsi e trovarsi faccia a faccia con il ragazzo, continuando a ballare stretti.


Le gambe intrecciate.

I bacini vicini.

Le mani di lui che si muovevano sui suoi fianchi.

Le mani di lei tra i capelli neri del ragazzo.

I loro nasi che si sfioravano.


Una danza erotica.

Lasciva.

Provocante.

Indecente.


Al cambio di canzone, il ragazzo si sporse raggiungendo l'orecchio della ragazza per farsi sentire in mezzo a quel baccano assurdo.

- Vuoi qualcosa da bere? -

- Sì, grazie. -

- Arrivo subito -

E con un occhiolino si allontanò verso la cucina, dove erano stati messi tutti gli alcolici insieme a Flitch – un ragazzo con qualche rotella fuori posto – che si occupava di miscelare.

Jo lo seguì con lo sguardo finché non sparì, risucchiato da quella bolgia di corpi, per poi riprendere a ballare da sola chiudendo gli occhi.

Quando li riaprì vide Meredith, sui divanetti, che parlava con Juliette.

Si ritrovò a stringere i pugni a quella immagine.

Spintonando cercò di raggiungerla.




Arrivammo a casa Pierce a festa inoltrata, viste le – disperate – condizioni del giardino, pieno di bicchieri di carta e ragazzi che vomitavano, arrancando sul terreno in una revisione sull'apocalisse zombie.

Mi voltai verso Juliette per assicurarmi che andasse tutto ok, trovando il suo viso solcato da smorfia disgustata.


Iniziamo bene.


Entrati in casa, salutammo il padrone che era completamente sbronzo e vaneggiava proclamandosi George Washington.

Una scena davvero divertente.


- Mer, io vado a cercare Kate. Hai capito? -

- Sì, mi raccomando niente nipotini -


E con un bel dito medio alzato, anche il mio amico mi abbandonò, lasciandomi sola con Juliette.

Avrei fatto bella figura.

Quindi, promemoria:

1.Stai lontana dagli alcolici.

2.Stai lontana dagli alcolici.

3.Stai lontana dagli alcolici.


Forse bastava solo il primo punto.


Presi la sua mano, per immergerci nel delirio senza che la perdessi, per raggiungere la cucina.

Intanto con lo sguardo cercavo Georgina, visto che ci aveva avvisato che sarebbe andata alla festa con Mr.Muscolo-Pene-Attivo.

E la vidi.

Ok, forse era meglio se non l'avessi vista.

Che cosa era una biscia?

Sembrava uno di quei serpenti che formavano la chioma di Medusa in Percy Jackson.

Probabilmente era ubriaca.


Il desiderio di salutarla mi passò subito, non volevo certo disturbare la loro danza dell'amore.


- Vuoi qualcosa da bere, Juls? -

- Una birra andrebbe benissimo -


Le sorrisi trascinandola verso la cucina, dove trovai il solito Buon-Vecchio Flitch che – strafatto, sicuro – stava cercando di fare una piramide di bicchieri.


- Hey, Flitch. Che hai una birra? -

- Nel freddo dovrai stare, finché la birra non appare -


Sì, finché un cinque o un otto non compare.

Per Sauron Ballerino.

Se era arrivato a fare le rime – credendosi un rapper – era proprio partito per L'Isola che non c'è.

Senza Trilly che avrebbe potuto riportarlo indietro.


Mi avvicinai al frigorifero, mentre lui intonava una canzone sui pirati – che per la cronaca, conoscevo – e meno male trovai la birra nel primo ripiano del frigo.

La presi e la stappai con una forchetta abbandonata sulla mensola, per poi voltarmi verso Juliette e lasciarle la birra con un sorriso.

- Wow, quanta galanteria -

- Solo per te -


Ci sorridemmo ancora un po', poi decidemmo di accomodarci sui divanetti, ai lati della pista da ballo improvvisata.

Sedute, una mano di Juliette si appoggiò sul mio ginocchio, mentre lei si sporgeva lasciandomi un bacio sotto l'orecchio.


Eccheccazzo!


- Non sai quanto vorrei baciarti fino a toglierti il fiato, Mer -


Eccheccazzo x 2!

Non poteva.

No.

Perché sarei morta.

O venuta.

O sarei morta venendo.


- Ti prego, Juls -

- Adoro la tua voce -

- Io adoro te -


Ci stavamo – praticamente – mangiando con gli occhi, quasi pronta a farmi assalire da quelle labbra, e fanculo il coming out, ma una Furia, dico proprio una FURIA, interruppe quel momento – vagamente – romantico.


Romantico un cazzo, ci stavamo togliendo i vestiti nella mente.


- Cos'è ora nemmeno saluti più? -

- Di cosa stai parlando Jo? -

- Del fatto che sei arrivata, e non so da quanto tempo, e non ti sei minimamente degnata di venirmi a salutare. -

- Eri impegnata con Enrico VIII, non volevo disturbare -


Ma sta sparata?

Oh, non era ancora mezzanotte, spegnesse i fuochi.


- Ma non sparare cazzate. Cos'è, sei così impegnata a pendere dalle labbra della tua fidanzatina da esserti dimenticata le buone maniere, O'Brien? -


Ora.stava.esagerando.

Che qualcuno calmi la mia Snix personale o, davvero, le avrei fatto assaggiare il mio personale Lima Heights Adjacent.

Mi alzai dal divanetto, fermando Juls dal fare lo stesso.


- Credo che tu sia ubriaca, Georgina -

- Non sono ubriaca. E tu, TU! Stai eludendo la mia fottuta domanda -

- Ti ho detto che non volevo disturbarti, mentre ti strusciavi addosso a MachoMan -

- Si chiama Shane, smettila di inventare nomignoli. -

- Ok, eri occupata con Shane, allora. -


Allargai le braccia, esasperata. Stavamo alzando i toni e qualcuno, vicino, si stava interessando – un po' troppo – a quello che ci stavamo dicendo.


- E da quando ti fai problemi, eh? - la vidi guardare Juls incazzata come una belva

- È tutta colpa sua! -

- Non mettere in mezzo Juliette, Georgina! -

- Oh, perdonami. Non volevo toccare la tua donna, da quando QUELLA è entrata nella tua vita non ti riconosco più! -

- Io non ti riconosco più, Atwood.-


Vedemmo Marck e Shane raggiungerci, per separarci e calmarci, qualcuno aveva cominciato a bisbigliare. L'attenzione era ovviamente tutta su la regina indiscussa.


- Non mi riconosci più? Non sono io che si sta dimenticando della propria migliore amica, mentre lei si fa sbattere dalla prim... -


Non so cosa mi fosse preso.

Il corpo era partito prima che avessi avuto il tempo di realizzare.

Lo schiaffo risuonò nelle mie orecchio, come un eco continuo.

Ero incredula.

Eppure, non mi sentivo in colpa.


Georgina stava con il viso voltato verso il lato, a causa della botta, e io rimanevo con la mano alzata – l'arma del delitto – mentre cercavo di calmare il respiro affannoso.

Marck si precipitò verso di me, facendomi abbassare la mano e lasciandomi delle pacche sulla schiena per calmarmi.

Juliette si era alzata in piedi prendendomi la mano abbandonata sul fianco e stringendola forte.


Shane prese il viso di Jo tra le sue mani, per controllare la situazione, ma lei lo allontanò per voltarsi a guardami.


- Mer... -

- Non ci provare, Georgina. Non.ci.provare. Mi spiace per lo schiaffo, ma la mia cosiddetta migliore amica non mi avrebbe mai ferito in questo modo -


Le lacrime cominciarono a scendere sul mio viso.

Gli occhi di Jo erano lucidi.

E finalmente consapevoli.


- Marck, possiamo andare... perfavore? -

- Certo -


E senza più rivolgerci una parola uscimmo da quella festa.

Era una rottura questa.

Di quelle assurde e dolorose.

E forse, irreparabili.




Dopo che il trio uscì da quella casa, Georgina si lanciò in cucina per afferrare il primo alcolico disponibile.

Voleva bere fino a dimenticare persino il suo nome.

- Ehi, Jo... stai bene? -

- Sì. -

- Stai esagerando, non credi? -

- Shane, baciami e stai zitto -

Georgina lanciò il bicchiere che aveva svuotato per poi avvinghiarsi al collo del ragazzo premendo le sue labbra contro quelle dell'altro.

Le lingue si incontrarono in un bacio famelico, senza alcuna delicatezza, vorace.

La mano della bruna scese lenta, arrivando sul petto del ragazzo lasciato scoperto dalla camicia, mentre mordeva le labbra carnose.

- Jo... -

- Mmmmh? -

- Fermati -

- Non mi vuoi? -

Georgina passò la lingua sul collo del ragazzo, mentre si schiacciava sul suo corpo muscoloso.

Shane la strinse sulle sue braccia, sospirando.

- Ti vorrei, davvero tanto. Ma sei ubriaca. -

- E allora? -


Si guardarono negli occhi, per un eterno istante.


- Per quanto sia allettante la tua proposta, devo declinare. Sono davvero interessato a te, Georgina -


Lei non rispose, abbracciò il ragazzo nascondendo il viso nel suo petto e lasciare finalmente che le lacrime scendessero lente, bagnandogli la camicia.


- Dai, andiamo. Ti riporto a casa -




Juliette non aveva voluto lasciarmi sola, per questo a dieci minuti dalla mezzanotte, ci trovavamo sul portico di casa mia, sedute sul dondolo in legno, sotterrate da strati di coperte di lana.

Marck era rimasto con noi, giusto il tempo di tranquillizzarmi, poi era salito in macchina per andare da Kate.

Appoggiai la testa sulla spalla di Juls godendomi le sue carezze e i suoi baci accennati.

- Stai bene? -

- No... ma passerà -

- Mi dispiace -

- Già. -


Continuai a farmi coccolare da Juls, stavo talmente bene tra le sue braccia che per un momento – per quel momento – dimenticai tutto il dramma con Jo.

Mi aveva deluso.

Nel profondo.

Se c'era qualcosa che non andava avrebbe potuto parlarmene in privato.

Invece.

Aveva spiattellato la mia vita e i nostri problemi al mondo.


Oh, porcammerda.


Mi alzai di scatto, spaventando Juls, per poi scuoterla terrorizzata.

- Juls! -

- Cosa? -

- Jo... Io... tu... porco porco Sauron -

- Meredith! -

Mi afferrò per le spalle per farmi stare calma per poi riprendere a parlare mantenendo il contatto visivo.

- Lascia stare Sauron e spiegami, con calma, cosa c'è! -


Presi un grosso, enorme, mastodontico respiro.


- Jo alla festa ha detto che io e te, beh, insomma. Che io me la facevo con te. Insomma che io...- mi indicai -... e te... - puntai l'indice verso di lei -... ce la intendiamo.- ­


Juls mi guardò confusa, corrugando la fronte, per poi capire cosa volevo dire.

Passò un braccio sulle mie spalle tirandomi verso di sé e farmi appoggiare sul suo petto, lasciandomi un bacio sulla fronte.


- Stai calma. C'era la musica alta e il 99% delle persone erano ubriache fradice, non avranno capito nulla. -

- Ma se qualcuno avesse sviluppato un potere mutante che gli permette di metabolizzare l'alcol più velocemente? O se qualcuno ha sviluppato il super udito? -


La vidi ridere sommessamente.

Abbassò lo sguardo per guardarmi negli occhi e lasciarmi un bacio a fior di labbra.


- Tesoro, sai benissimo che quello che hai detto è davvero, davvero improbabile, vero? -


Avevo perso la testa.

Sempre colpa di quei fottuti nargilli.

Perché dovevo ridicolizzarmi ogni volta?

Per tutti gli Horcrux.

Fanculo.


- Scusami... -

- Adoro queste tue uscite nerdose. Ti rimpirei di baci -

- Davvero? -


Ammiccai nella sua direzione, dimenticandomi del tutto dei drammi esistenziali che mi ero fatta.

Era l'effetto Juliette.

Mi occupava ogni spazio mentale.

Riempiva ogni mio buco nero.


- Sì -


Allo scoccare della mezzanotte, manco fossimo nel film “Capodanno a New York” con quella gnocca della Michele, Juliette mi baciò.

Uno di quei baci che ti lasciano una voglia liquida nelle mutande.

Uno di quei baci che chiunque – una volta nella vita – dovrebbe ricevere.

Lento, bagnato, profondo, interminabile, desiderato.

E per tutti gli unicorni, avrei potuto continuare all'infinito.


- Rimani da me, stanotte? -

- Certo, Mer. -


A Georgina ci avrei pensato domani.

E anche ai miei gusti sessuali resi pubblici, forse.

Ora volevo godermi Lei.



Almeno finché non sarebbero ritornati i miei a casa.

Santo Sauron.




POLPETTONE TIME

Corpo di mille Balene! Arrrrgh!

Eccomi con il settimo capitolo, sudato – sudatissimo – ammettiamolo.

Avrei voluto spezzare anche questo a metà, ma poi ho pensato (quanto sono magnanima) che con il tirocinio alle porte avrei avuto poco tempo da dedicare alla scrittura, quindi ecco a voi un bel capitolo pieno di...... boh.

Spero che vi piaccia ahahahaha anzi, fatemelo sapere, marinai.

Sono disposta anche a leggere una sfilza di parolacce xD

E niente... Mi sono innamorata di Flitch. Già. Dovrei farlo diventare un personaggio fisso ahahaha


basta sparare cazzate,

vi lascio in pace – finalmente direte voi.

Alla prossima

Baci

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Capitolo 9
*** L'Enigmatica Georgina ***


Capitolo 8

L'Enigmatica Georgina



 

 

 

Iniziamo bene l'anno.

Avevo appena aperto gli occhi e il primo pensiero dell'anno nuovo è stato: Lasciatemi in questo letto fino alle fine dei miei giorni.

Ma non era colpa mia.

Insomma, probabilmente l'avrei comunque pensato, ma ora c'era un motivo più che sufficiente.

E sì.

Al mio fianco, nel letto, c'era Juliette.

Il mio cuore non poteva reggere tanta dolcezza - soprattutto di prima mattina che avevo le sembianze di un limone con il ciclo e un'isteria latente – era di una bellezza che mi stava assorbendo, completamente.

Era accovacciata sul fianco, una mano sul mio stomaco e la sua testa sotto il mio braccio.

 

Avrei cominciato a vomitare arcobaleni.

 

Mi voltai verso l'orologio che avevo sul comodino, per poter guardare e capire che ora fosse, visto che ancora non avevo imparato a farlo con il sole.

Cosa che avrei dovuto imparare in caso di apocalisse.

Sì, avevo delle vaghe – inutili – fisse sull'orario.

 

Appena riuscii a fare quattro calcoli – fanculo la matematica – arrivando alla consapevolezza che avevo dormito solo cinque ore, cominciai a bestemmiare la mia memoria, che mi aveva fatto dimenticare di chiudere la tapparella, da dove filtrava quel malefico raggio che mi aveva trascinato via dai miei sogni segreti.

 

Ok, stavo sognando di essere un Power Ranger, problemi?

 

Provai a rimettermi a dormire, ma l'immagine di Gerogina mi si piantò nel cervello mettendo le tende, all'improvviso.

Non volevo pensarci, non avevo proprio voglia di capire, di ragionare di trovare una soluzione.

Volevo solo godermi il calore che il corpo di Juls emanava.

 

Ma il mio cervello continuava a ritornare sui ricordi di ieri notte.

Mi stavano assalendo come un'orda barbarica.

E niente valse l'immagine di Gandalf il Grigio che urlava “ Tu non puoi passare”, no, perché quei pensieri – bastardi – comandavano.

Erano più potenti.

Over 9000.

 

Sbuffai.

Non riuscivo a capire cosa significasse quella lite.

Mi sentivo ferita.

Tradita.

E non riuscivo a trovare un motivo per cui dovessi perdonarla.

 

Era ubriaca.

 

Non era una buona giustificazione.

Anzi, non era una giustificazione e basta.

L'avrei volentieri picchiata.

Ah, no! L'avevo già fatto quello.

A pensarci, dovevamo sembrare proprio Quinn e Santana, senza il sesso durante un quasi-matrimonio.

 

Mi passai la mano tra i capelli, spostandoli.

Ogni volta la stessa storia, quando la situazione è troppo complicata e difficile da digerire, divagavo sui telefilm o film.

Ma davvero, non sapevo che fare.

 

Chiamarla?

Non chiamare. È colpa sua.

Chiedere spiegazioni?

Aspetta che ti chiami.

 

E se non mi chiamasse?

Allora forse...

Forse è arrivata la fine.

 

Ma ero pronta a non averla più al mio fianco?

Hai Juliette.

Mi bastava?

 

- Hey, da quanto sei sveglia? -

 

Mi voltai incontrando i suoi occhi neri, ancora appannati dal sonno.

 

- Non da molto -

 

Mi sorrise per poi sollevarsi per lasciarmi un bacio sulle labbra.

- Buongiorno -

- Buongiorno a te -

- Che facciamo stamattina? Ti va di fare un giro in paese? -

- Certo. -

 

Mi bastava?

 

 

 

 

Quella mattina Georgina si svegliò con una megagalattica emicrania che le stavo perforando la testa, come se avesse una squadra di muratori armati di martello pneumatico, e non riusciva a ricordare come fosse arrivata in quel letto.

Perché non era la sua camera quella.

 

Si mise seduta di scatto – spaventata – e la testa cominciò a girarle paurosamente, avrebbe rimesso nei prossimi cinque minuti se la stanza non si fosse fermata.

Alzò la coperta, in ansia, per poi sospirare più rilassata.

Almeno aveva tutti i vestiti al proprio posto.

 

Un leggero bussare alla porta la mise in allerta.

Cosa doveva fare?

Non era la sua camera.

 

Rimase bloccata, seduta al letto, mentre la porta si apriva – troppo lentamente per i suoi gusti – e sentiva nella sua testa, oltre ai martelli, la colonna sonora dello “Squalo”.

 

Dove diamine era finita?

 

Quando la porta fu aperta, la figura atletica di Shane fece il suo ingresso con in mano un vassoio con la colazione.

 

Cosa era successo?

 

- Oh, sei sveglia finalmente. Ti ho portato qualcosa da mangiare e un'aspirina. -

- Co...come...io... -

 

Non riusciva a collegare i pensieri, la bocca era impastata e i pensieri erano confusi.

Non ricordava nulla.

 

- Eri ubriaca, tanto ubriaca. Alla festa hai esagerato. -

- Perché non sono a casa mia? -

- Hai farneticato sul fatto che tua madre non poteva vederti ubriaca e che le avevi detto che avresti dormito da Meredith. E poi mi hai... costretto a portarti a casa mia -

- Costretto? -

 

Shane appoggiò il vassoio sul comodino vicino al letto, prima di voltarsi e guardarla negli occhi sorridendo enigmatico.

 

- Sì, eri alquanto vogliosa ieri, Sua Maestà -

- Merda! -

 

Un rossore si espanse rapidamente sulle sue guance.

Non poteva crederci.

Che vergogna.

 

- Tieni, mangia qualcosa. -

- Grazie, Shane. -

 

Stava masticando un toast con la marmellata quando, un ricordo della sera prima, la fece strozzare con il boccone.

Shane si alzò, dalla sedia su cui si era seduto, per darle delle pacche dietro la schiena, per poi porgerle un bicchiere di succo di frutta.

 

- Tutto bene? -

- No.... - respirava affannosamente -... ho davvero, ho davvero detto quelle cose a Meredith, insomma, abbiamo davvero litigato? -

- Sì -

- E lei mi ha tirato uno schiaffo -

- Già -

- Merda. -

- Sono d'accordo -

 

Era stata una stronza colossale.

Doveva rimediare.

Doveva risolvere.

Prima che fosse troppo tardi.

 

O forse era già tardi.

 

- Alfred, prepara la BatMobile. Andiamo in missione -

 

Lo sguardo confuso di Shane la fece sospirare.

Era così brava a nascondere il suo lato nerd, di solito, stava proprio messa male.

 

Se ci fosse stata Meredith avrebbe apprezzato.

Meredith...

 

- Lascia stare, mi potresti accompagnare a casa di Meredith? -

- Certo, Jo -

 

La ragazza si alzò barcollando, aiutata dal ragazzo, e dopo aver chiesto il permesso per usare il bagno, si diresse dove indicato per darsi una ripulita.

 

 

 

 

Che freddo boia.

Ma non potevamo rimanere a farci le coccole a letto?

Belle tranquille e soprattutto al CALDO!

 

Invece no, mi ero fatta convincere ad uscire di casa.

Con la neve che scendeva leggera.

Giuro che se dietro quel freddo ci fosse stata Elsa l'avrei investita con una motoslitta.

Ok, basta pensare cazzate.

 

Goditi il sorriso di Juls davanti alle bancarelle.

 

Non avrei mai smesso di meravigliarmi di tanta bellezza concentrata in una sola persona.

 

Stavamo passeggiando per le vie del centro cittadino, con in mano una tazza di cioccolata calda, guardando gli oggetti che le persone creavano per venderli il giorno di capodanno.

Ero incantata a guardare un tipo – dalle fattezze di un barbone – che stava dipingendo uno scorcio magico quando, voltandomi per condividere la mia meraviglia, non trovai Juliette al mio fianco.

Vagai con lo sguardo in giro, finché non notai la sua piccola figura da folletto, vicino ad una bancarella che vendeva sciarpe e cappelli fatti a mano.

Sorridendo mi avviai verso di lei.

Una volta raggiunta mi piegai leggermente verso al suo orecchio.

 

- Quale ti piace? -

Sorpresa, fece un piccolo saltello, per poi accogliermi con un sorriso dolcissimo.

 

- Non pensi che quel capellino sia bellissimo? -

 

Seguii la traiettoria che il suo dito mi stava indicando, e vidi un capello di lana pesante, verde – e soltanto per il colore era entrato nelle mie grazie – e sulla punta erano state applicati due occhi da ranocchio.

 

La mia fantasia già galoppava su unicorni fatati.

La immaginai nuda, con addosso solo quel capello, e …

Per la barba di Silente.

 

- Quanto costa? -

- Tre dollari, signorina -

- Lo compro -

 

Nulla valsero le sue preghiere e proteste per quel regalo inaspettato.

Quella immagine mi stava assillando.

E quando mi fissavo erano guai.

Guai seri.

 

Dopo la piccola discussione – per tre dollari – riprendemmo a camminare.

Sentii la sua mano scivolare nella mia.

Mi accesi.

E se qualcuno ci avesse visto?

Non ero pronta a mostrare in giro chi fossi.

 

- Stai tranquilla. Anche le amiche si tengono per mano. Rilassati -

 

La guardai, mentre passeggiava rilassata senza perdere il suo sorriso, e mi ritrovai a sorridere anche io.

Riusciva sempre a mettermi a mio agio.

Era magica.

Non poteva essere altrimenti.

 

 

 

Verso mezzogiorno accompagnai Juliette a casa – come un vero gentleman, poco man – ricevendo un caloroso bacio come ringraziamento.

 

Chi bacia il primo dell'anno, bacia tutto l'anno, no?

 

E zompettando felice – come la capretta Fiocco di Neve di Heidi – ripresi la strada verso casa.

Ero impregnata da una felicità che si sarebbe trasformata quasi in euforia.

Non sapevo spiegarlo.

Riuscivo solo a pensare a un verso di Pablo Neruda:

 

...Succede solo che sono felice

fino all'ultimo profondo angolino del cuore.”

 

Ecco.

Mi sentivo proprio piena.

E questo solo per una stupida passeggiata mano nella mano.

Quanto potevo essere diabetica?

 

Arrivata a casa, notai una figura seduta alle scale della veranda, mi avvicinai e quella figura alzò lo sguardo mostrando la sua identità.

Mi ritrovai ad indurire la mascella, mentre i ricordi mi graffiavano il cuore e martellavano il cervello.

 

- Che ci fai qui? -

- Ti aspetto da un po'... -

 

Vidi Georgina alzarsi per mettersi davanti a me.

 

- Sei stata con lei, vero? -

- Non penso ti debba importare -

- Meredith... -

- No... -

 

La guardavo e non riuscivo a trovare la forza di fare finta di niente. Non riuscivo nemmeno ad ascoltarla.

 

- … hai parlato abbastanza ieri. Ora parlo io. - stavo cercando di tenere i toni bassi, per non far incuriosire mia madre che si sarebbe sicuramente messa a spiarci dalla finestra. - Sono stanca di questo tuo comportamento. Davvero, non riesco a capirti. Prima dici che sei felice per me, dopo che sto sbagliando; un secondo prima mi abbracci e quello dopo spali merda. Che cosa ti sta succedendo? -

- Io non lo so. Non riesco a capirmi, ma credimi Mer non volevo, non volevo, dire quelle cose ieri. -

- Ma l'hai fatto Jo! -

 

Si avvicinò, per prendermi una mano, ma – come se fossi un cyborg telecomandato – la scacciai.

Lei mi guardò smarrita da quel gesto.

E io – dentro di me – ne stavo soffrendo.

Ma non riuscivo più a sopportare.

 

- Questa volta non bastano delle scuse, Georgina. Voglio delle spiegazioni, oppure... - abbassai lo sguardo sulle mie scarpe, un groppo pesante mi si stava formando in gola, sembrava come se mille spilli mi stessero perforando la trachea - … oppure, non abbiamo nient'altro da dirci -

 

Ripresi a guardarla, aspettando una qualsiasi parola, uno straccio di spiegazione.

Qualsiasi cosa.

Una bestemmia.

Un balletto.

Una crisi di pianto.

Un rito voodoo.

Qualsiasi cosa.

 

Ma lei non si muoveva, rimaneva con i piedi piantati al suolo, senza fare assolutamente nulla.

Avrei contato fino a tre, poi me ne sarei ritornata a casa.

Soffrendo.

Maledicendo il mondo.

Ma l'avrei fatto.

 

Avrei voluto tirarle uno schiaffo – l'ennesimo – e gridarle di fare qualcosa, di non lasciarmi andare.

 

Uno.

 

Avanti Jo. Dimmi qualcosa.

Anche un vaffanculo.

Tutto ma non questo.

 

Due.

 

Stupida di una Atwood.

Migliore amica dei miei stivali.

 

Due e mezzo.

 

Diciotto anni di amicizia buttati nel cesso.

Non ti importava proprio niente.

Non ti ho chiesto il mondo.

 

Due e tre quarti.

 

A quanto pare hai fatto la tua scelta.

Spero che tu sia felice.

 

Tre.

 

Addio, Georgina.

 

La guardai per un'ultima volta, imprimendo nella mia mente la sua immagine in quell'istante, per poi muovere il mio primo passo per sorpassarla.

Le nostre spalle si sfiorarono e in quel preciso momento – come una scintilla – Georgina si mosse, bloccandomi per un polso e attirandomi verso di lei.

 

Avevo gli occhi spalancati.

Non riuscivo a crederci.

Perché non poteva esserci universo – galassia – mondo parallelo in cui Georgina....

Porco Sauron.

 

Mi stava baciando.

Georgina Atwood mi stava baciando.

 

Sentivo le sue soffici labbra premute sulle mie e io, io, non riuscivo a muovermi.

 

Che cosa significava tutto questo?

 

Quando si staccò - lasciandomi il suo sapore sulle labbra – i suoi occhi incontrarono subito i miei.

Confusione e Sorpresa.

Ansia e Paura.

Quegli occhi verdi mi stavano confondendo più della matematica.

 

- Jo...cosa... -

- Mi dispiace -

 

E scappò.

Mi aveva lasciata sul vialetto di casa.

Mi aveva baciata ed era volata via, manco avesse le ali ai piedi.

Ero più confusa di prima.

Cosa significava quel bacio?

Perché mi aveva baciato?

Io chiedevo risposte e lei mi lasciava con più domande di prima.

 

Cosa cazzo stava succedendo?

 

 

 

 

Kiss-Angle

ciao cari lettori,
anche se ci ho messo un po' ecco il nuovo capitolo di questa storia. Spero che non deluda le vostre aspettative.
Ringrazio tutti quanti per l'appoggio che mi state dando, significa molto per me.

A presto :)

 

 

 

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Capitolo 10
*** Lunedì Maledettamente Confuso ***


 

Capitolo 9


Lunedì Maledettamente Confuso

 

 

 

 

Mi svegliai all'improvviso, come ogni notte, da quel maledetto bacio.

Cercai di riaddormentarmi, stringendo di più le coperte intorno al mio corpo, alla ricerca di un calore che avevo perso appeno riaperto gli occhi.

 

Non ci sentivamo da una settimana.

 

Una settimana di silenzi.

Domande inespresse.

Risposte mai formulate.

Lacrime malcelate.

Urla isteriche bloccate in gola.

 

Mi presi la testa tra le mani, mentre il ricordo di quelle labbra – le labbra di Georgina – mi inondava la mente.

 

Domani sarebbe ricominciata la scuola.

Ci saremmo parlate?

Guardate?

Sorrise?

 

ci saremmo evitate?

 

Sbuffai sonoramente nel buio della mia camera.

Più cercavo di trovare un qualsiasi significato nascosto in quel gesto, più il mio cervello si rifiutava di darmi una risposta sensata.

Neanche se avessi messo in piedi un'equipe formata da: Jessica Fletcher, Detective Conan, Sherlock Holmes, Spencer Hastings e Cosima Niehaus; avrei trovato una risposta al grande enigma.

 

...Perché mi aveva baciato?

 

 

Guardai l'ora.

Le 4:35 di un Lunedì da dimenticare.

Come tutti gli altri – ma PEGGIO.

 

Non avevo detto niente a Juliette, probabilmente se l'avesse saputo avrebbe attaccato Georgina, come un leopardo attacca una gazzella.

 

Io,invece, non riuscivo a capire cosa provavo.

 

O meglio, provavo talmente tante cose da non riuscire a dare un nome a questo insieme.

Mi alzai dal letto, portandomi appresso la coperta, per poi sedermi alla scrivania accendendo la lampada – non del genio – da studio.

 

Dovevo pur far qualcosa, no?

 

Aprii un cassetto, prendendo un foglio e una penna, e scrissi a caratteri cubitali e sottolineando una ventina di volte – rischiando di consumare il foglio – la cosa che mi stava tormentando da sette ignobili giorni.

Mi sentivo tanto Samara di “The Ring”, per quante volte avevo pronunciato le parole “sette giorni”.

 

Scacciai l'immagine di me con i capelli a coprirmi il viso e una tutina lercia bianca – si fa per dire – mentre faccio chiamate di morte, per concentrarmi nuovamente sul foglio dove cominciai a scrivere.

 

 

Sarebbe stata una lunga notte.

 

 

 

 

Il suono della sveglia mi trapanò la testa, peggio del post-sbronza.

Mi ero addormentata sulla scrivania.

Ma che problemi avevo?

Alzai il viso, mi si era appiccicato il foglio – sulla guancia – su cui avevo passato la notte a scrivere.

Lo staccai per rileggere le evidenti stronzate che avevo segnato.

 

 

I MOTIVI LOGICI E ILLOGICI CHE HANNO SPINTO JO A BACIARMI

 

 

  1. Era ancora ubriaca

  2. Aveva sbattuto la testa e mi aveva scambiato per Jude Law

  3. Stava sognando in piedi

  4. Voleva farmi un scherzo

  5. Gli alieni l'avevano rapita e fatto il lavaggio del cervello

  6. Gli zii di Casper si erano impossessati di lei

  7. Era la penitenza per una scommessa clandestina

  8. Trunks-dei-poverelli-aka-Shane, aveva delle fantasie lesbo

  9. Mi ero immaginata tutto

  10. Era innamorata di me AHAHAHAHAHAHA

  11. No

 

 

Elenco interessante.

Chissà cosa volevo scrivere al punto undici.

Almeno non avevo vaneggiato su complotti di stato.

 

Strappai il foglio in mille pezzi, per poi buttarlo nel cestino, nascondendolo sotto altri fogli.

Sì, avevo paura che quella curiosona di mia madre mi controllasse anche la spazzatura.

 

Ero un po' paranoica, lo ammetto.

 

Mi stiracchiai per bene, e finalmente decisi – non con gioia – di prepararmi per andare a scuola.

Per vedere Jo.

 

merda,dovevo incontrare Juliette.

 

 

 

 

Georgina era già seduta al suo posto, in aula. Lo sguardo perso di fronte a sé, le mani sul grembo che si muovevano in maniera spasmotica.

Era tesa.

Tanto tesa.

Così tesa da aver paura di spezzarsi da un momento all'altro, come una corda di violino.

Non sapeva cosa aspettarsi da Meredith, non sapeva cosa dirle se le avesse chiesto qualcosa, non sapeva se l'avrebbe picchiata, sgridata o...

 

Scacciò – l'immagine di Meredith che le sorrideva lasciandole un bacio – stringendo gli occhi tra loro.

 

Lei stava con Shane.

Aveva finalmente Shane.

Era quello che desiderava.

 

Doveva smetterla.

A s s o l u t a m e n t e.

 

Aveva passato una settimana fantastica fuori il paese con Lui.

Avevano passeggiato, chiacchierato, avevano fatto tutto quello che aveva sempre voluto fare con Lui.

 

E allora perché quel magone non voleva sparire?

Forse perché sapeva che aveva fatto la stronza con Meredith.

Forse era quello che non la faceva stare bene.

 

Ma non era convinta nemmeno lei.

Quel bacio...

 

Il suono della campanella le fece alzare la testa.

Non era pronta.

Non aveva preparato nessun discorso.

Niente.

 

E poi la vide.

I capelli scompigliati, l'andamento trasandato, gli occhi così...così... Meredith.

 

Cosa le stava succedendo?

 

 

 

Certo che a volte sono proprio stupida.

Ok, eliminiamo “a volte” e sostituiamolo con un bel “la maggior parte delle volte”.

Come ho potuto scansarmi quando Juliette ha provato a baciarmi?

Sulla guancia per giunta.

Io avrò bisogno di un psichiatra, molto presto.

 

Mi stropicciai gli occhi cisposi, a causa delle poche ore di sonno. Probabilmente avevo le fattezze di un procione rincoglionito.

Che diamine!

Non ne combinavo una buona – Santo Sauron – non potevano rinchiudermi al Radley con Mona?

Forse sarebbe stato meglio.

 

Il suono della campanella mi fece correre verso la mia classe.

 

Stupida, stupida O'Brien.

Meriteresti di bruciare “nelle tenebre eterne in caldo e in gelo”.

Hai fatto del male a Juls, per cosa poi?

Per uno stupido bacio del cazzo.

Il bacio della tua migliore amica...

Il bacio di Jo.

 

Merda.

Merda.

STRAMERDA.

 

Varcai la porta della mia classe pensando a come cambiare identità, espatriare in Canada, dove avrei cominciato a spacciare sciroppo d'acero aprendo un bisca clandestina.

Quando sentii la nuca formicolare, alzai lo sguardo incontrando la distesa verde che erano gli occhi di Georgina, che mi stavano fissando spauriti.

 

Per tutto l'oro della Gringott!

Sembrava Bambi che vedeva la sua mamma venir uccisa dal cacciatore, Simba che trovava Mufasa morto, Cenerentola quando le sorellastre le strappano il vestito fatto dai topolini, Mago Merlino quando viene molestato dalla scoiattola.

 

Cazzo.

 

Lo stavo rifacendo.

Stavo di nuovo divagando per non affrontare l'ansia che mi stava stringendo la gola, lo stomaco e qualsiasi altro organo e non, presente nel corpo.

Se un ago mi avesse punto, mi sarei afflosciata su me stessa, rilasciando ansia a profusione.

 

La professoressa che entrava, mi fece riprendere dal coma in cui ero caduta, portandomi ad accomodarmi al fianco di Jo.

Senza scambiarci una parola.

Pronte a scappare al primo scoppio.

 

Il suo profumo mi arrivò alle narici.

E inevitabilmente, il mio pensiero andò a quel giorno, quando il suo profumo era così vicino...

Quando il suo sapore era così vero.

 

Ma per la Peppa delle Peppine!

 

Smettila O'Brien.

Dio.

Ti ricordo della ragazza a cui hai appena rifiutato uno stupidissimo bacio sulla guancia.

Datti un minimo di contegno alla Lady Oscar.

E che merda.

 

Presi i quaderni e mi concentrai sulla lezione di biochimica.

 

Non pensare a Georgina.

 

 

Cosa avrebbe dovuto fare?

Avrebbe dovuto parlarle?

Scriverle un biglietto?

Cosa doveva fare?!

 

Guardò Mer con la coda dell'occhio, cercando di non farsi notare.

Aveva il viso pallido e contratto.

La ruga evidente sulla fronte le fece capire che stava pensando a qualcosa che non riusciva a capire, come quando studiava matematica.

Era così bella.

 

 

 

 

Questa situazione cominciava ad essere insostenibile.

Avrei voluto parlarle.

Almeno dirle “ciao”.

 

- Bene, ragazzi. Questo è tutto, il compito è fissato per la settimana prossima, mi raccomando. Studiate. -

 

La voce della professoressa mi ridestò; cominciai a chiudere i libri e i quaderni, e Lei prese a fare lo stesso.

Era il momento giusto.

Era l'ora X.

Girati e chiedile spiegazioni.

 

Non nasconderti.

Esci le ovaie che tanto vanti di avere, e … e... e non lo so, ma fai qualcosa O'Brien.

 

Ma Jo fu più veloce di me, nello stesso istante in cui mi voltai verso la sua direzione lei – con uno scatto felino – si era precipitata verso la porta.

 

Ennò.

Non mi sarebbe scappata.

 

Infilai a casaccio il resto delle mie cose rincorrendola fuori dall'aula. Seguii l'ondeggiare dei suoi capelli, finché non si fermò di fronte al laboratorio di musica.

Ero pronta, stavo prendendo l'aria necessaria per richiamare la sua attenzione, quando Shane uscì dalla porta abbracciandola e....

 

baciandola.

 

Tutto si fermò.

I miei pensieri avevano smesso di navigare sulle onde della mia mente.

Stavano insieme.

Sicuro, altrimenti Georgina non si sarebbe fatta baciare.

 

Non mi ha cercato perché era occupata con lui.

 

Mi ero fatta problemi per niente.

 

Voltai lo sguardo, lontana da quella scenetta, lontana dalla persona che pensavo fosse la più importante della mia vita.

 

- Hey, Mer. Eccoti -

- Ciao, Juls -

- Vieni a pranzo con me? -

- Certo... e volevo scusarmi per stamattina. -

 

Mi sorrise dolcemente, prendendomi la mano e lasciando delle delicate carezze con il pollice sul dorso.

 

- Non ti preoccupare. È stata una stupidaggine -

- Già. Oggi pomeriggio studiamo insieme? -

- Ovvio. E poi, dobbiamo finire di vedere la puntata del “Trono di Spade”. Mi stai drogando, Mer -

 

Cominciai a ridere davanti alla faccia buffa di Juliette, seguendola verso la mensa scolastica.

 

Lei mi parlava di come era andata la sua giornata e io... io rivivevo quella scena, come se fosse un rewind infinito, fotogramma per fotogramma.

Come se la mia giratempo si fosse inceppata.

 

Lei stava meglio senza di me.

 

 

 

Georgina ricambiò il bacio di Shane, cercando di eliminare la sensazione che il corpo di Meredith le aveva lasciato.

Non l'aveva nemmeno sfiorata, eppure sentiva ancora il calore del suo braccio vicino al suo.

 

Come se l'avesse tatuata con il Marchio Nero.

 

- Come è andata la giornata, Jo? -

- Bene -

- Hai impegni per oggi? -

 

Shane avvolse le spalle della ragazza con il suo braccio, per poi proseguire nella direzione della mensa.

La scena che si parò davanti a Georgina, la lasciò tramortita.

 

Meredith e Juliette.

Che si sorridevano.

Mano nella mano.

 

- Jo, mi hai sentito? -

- Eh? No, scusami -

 

Il ragazzo sbuffò divertito prima di ripetere la domanda che le aveva posto.

 

- No, sono libera. -

- Vuoi uscire con me ? -

 

Ripensò a Meredith, così contenta, senza lei.

 

- Certo. Passa quando vuoi -

- Perfetto -

 

 

Meredith stava meglio senza di lei.

 

 

 

 

 

DomenicaDaComa

Salve, a tutti.
Sì, sono risorta dopo.... un... boh, tanto tempo lo ammetto. Ma, comprendetemi, 20 esami l'anno e 500 ore di tirocinio in clinica psichiatrica mi tolgono parecchio tempo.

Ma chiedo comunque VENIA.

Spero che l'attesa valga, se no assoldate un Killer e mandatelo da me... lo capirò.
Bando alle mie solite stronzate:
Ringrazio tutti per la pazienza che dimostrate e il calore, per questa storia.

Un abbraccio-spacca-ossa, alla prossima e BUONADOMENICA a tutti :)

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Amici, Amanti e... Trappole ***


Capitolo 10

Amici, Amanti e... Trappole

 

 

 

MARK POV'S

 

Questa situazione era davvero insostenibile.

Non riuscivo più a sopportarle.

Ormai, passavo il mio tempo facendo da spola fra la coppietta da tappeto rosso e squillo di trombe: Georgina e Sha-Sha-Shane; e la coppia che non esiste per nessun altro: Meredith e Juliette.

 

Il DinamicoDuo aveva deciso di arrivare ai ferri corti, senza dirmi quale fosse il motivo.

 

Ero stanco dei loro sorrisi finti e dei loro “Sto bene.

Avrei voluto trasformarmi in un macrofago e fagocitarle nel mio organismo come MajinBu.

 

OhSantoGandalf!

Ero arrivato davvero a paragonare una cellula del corpo ad un personaggio di Dragon Ball?!

 

Chiusi il libro di Anatomia Umana con un colpo secco, decidendomi ad uscire dalla biblioteca e andare in giardino a respirare un po' di aria gelida di febbraio.

 

Quelle due testone. Non si parlavano da settimane ormai.

 

Donne.

 

Dovevo fare qualcosa.

Qualsiasi cosa.

Spremi le meningi Sullivan.

 

Mi sedetti su una panchina, al mio fianco il buon-vecchio Flitch, stava fumando sorridendo al cielo.

- Giornata dura, amico? -

Lo guardai sconcertato.

Era la prima frase di senso compiuto che gli sentivo pronunciare.

Avrei dovuto scrivere questo momento magico sul calendario.

- Già, Flitch. Molto dura. -

- Dovresti parlare con uno sconosciuto. Gli sconosciuti aiutano, più degli amici infelici che dici perdici -

 

Come non detto!

ma, avevo seriamente bisogno di parlare con qualcuno.

 

Anche se quel qualcuno non avrebbe capito nemmeno una parola.

 

- Hai ragione. Ho degli amici, anzi due amiche, che sono infelici -

- Le amiche son fiche. E le fiche portano guai e ti smutandano come non mai -

- Verissimo! Mi hanno messo in una situazione scomoda. Eravamo tre amici, inseparabili. I tre moschettieri, e ora? Non parlano e non mi dicono nemmeno il perché! -

 

Lo guardai aspirare tranquillo dalla sua sigaretta... magica.

 

- Parlare, parlare, parlare. Solo quello sanno fare. Se scopassero di più, nessuno cadrebbe giù -

- Mi stai dicendo che non sono soddisfatte della loro vita sessuale? -

- Si vuole sempre quello che non si ha. -

 

Mi appoggiai allo schienale della panchina, sbuffando.

Si vuole sempre quello che non si ha”

Nella mia mente passò in slow motion ogni minimo particolare, ogni scena, ogni sguardo, ogni....

 

JO!

 

- Georgina vuole Meredith -

- La patata amica è sempre preferita -

- TU SEI UN GENIO, FLITCH -

- Perché mangio patate? -

 

Lo guardai, come se avessi davanti il Buddha nel momento della sua illuminazione.

 

Era così scontato.

Era gelosa perché si era innamorata di Meredith.

Oddio.

È innamorata di Meredith.

 

Mi passai la mano sul viso sconvolto.

Era un grosso guaio.

Un enorme – fottutissimo – giganterrimo GUAIO.

 

- Flitch, come posso aiutarle? -

- Sono Massimo Decimo Meridio, comandante delle forze...-

- Mi stai dicendo che devo farle combattere? -

- Ho tante noci di cocco splendidi dittititi in fila per tre -

- Darle in pasto ai leoni? -

- Jumanji -

- Jumanji? - corrugai la fronte, a quel nome sillabato con convinzione. Come se fosse Robin Williams nel finale del film.

- Nella giungla dovrai stare, finché un cinque e un otto non compare -

- Nella giungla... -

- Corri, Forrest, Corri! -

- Hai ragione. Le devo mettere in trappola. Oddio... - mi alzai come una molla, per poi abbracciare Flitch - ...corro. Sei un genio Flitch. Non ti ringrazierò mai abbastanza. -

 

Ora sapevo cosa fare.

Oh, sì.

Non avrebbero avuto via di scampo.

Le avrei messe alle strette.

Quanto cazzo mi sentivo m a l v a g i o.

 

 

 

Arrivai a casa velocemente, mi mancava solo il costume da Flash.

Avrei dovuto comprarlo.

Tornando a noi.

Dovevo mettere in moto il mio piano.

 

Primo Passo:

Chiamare Meredith e invitarla ad una partita alla Play-Station, che non avrebbe potuto MAI rifiutare.

 

Secondo Passo:

Trovare una scusa valida per convincere Georgina a venire a casa.

 

Ce l'avrei fatta.

Sì.

Che Godric mi aiuti!

 

 

 

 

Alle 16 – puntuale come Bianconiglio – Meredith, suonò al campanello di casa.

Andai ad aprire accogliendola con una pacca poderosa sulla schiena.

- Allora, a cosa vuoi perdere oggi Sully? -

- Non cantar vittoria, lo sappiamo entrambi che con le macchine sei una schiappa -

- Ti farò mangiare la polvere! -

- Vedremo -

 

Ci posizionammo sul mio letto e cominciammo a giocare, mentre io tenevo sotto controllo l'orario, sperando che almeno per questa volta Georgina fosse puntuale.

Le avevo detto di avere un appuntamento con Kate, e che avevo bisogno di qualcuno che mi consigliasse come vestirmi e dove portare la dolce pulzella.

 

 

Con qualche minuto di ritardo – la solita regina – sentii suonare il campanello per la seconda volta.

 

- Marck, chi diamine è? -

- Non guardo oltre i muri, Mers. Vado a vedere, nel frattempo porta la nostra truppa lontano dalle linee nemiche -

- Signorsìssignore. -

 

Sorrisi sotto i baffi, prima di precipitarmi giù per le scale e aprire la porta di casa.

Ed eccola qui...

… la stronza innamorata.

 

- Maestà -

- Bado alle ciance Cullivan, abbiamo una missione da portare a termine. -

- Oh, dopo di Lei -

 

Mi feci di lato per farla passare, per poi chiudere la porta alle sue spalle e farle strada verso la mia camera.

Stava andando tutto a meraviglia.

Sono un fottuto genio del male.

Avrei tanto voluto permettermi la risata malvagia a pieni polmoni, ma dovevo trattenermi.

 

Arrivati davanti la porta della mia camera, mi preparai ad essere veloce.

Misi una mano sulla maniglia, mentre continuavo a parlarle di come la cravatta nera fosse troppo seriosa per un primo appuntamento, e appoggiai l'altra mano sulla schiena di Georgina.

Successe tutto in fretta.

Nel momento in cui aprii la porta, spinsi Jo al suo interno, richiudendo la porta a chiave.

 

MISSIONE COMPIUTA.

 

 

 

 

 

MEREDITH POV'S

 

 

- Marck ma chi...era... -

 

Stavo sognando.

 

Mi alzai di scatto dal letto, mettendomi in piedi.

Il joystick abbandonato, e il rumore di mitragliatrici in sottofondo.

 

Perché Georgina era lì.

Con lei.

In quella camera.

 

La guardai mentre si voltava verso la porta, cercando di aprirla, ma non ci riusciva.

 

- Stronzo! Apri questa strafottuta porta del cazzo! -

- Oh-oh, sbaglio o sua maestà è nervosa? -

- Vaffanculo Sullivan -

 

Mi avvicinai alla porta, portando la mano alla maniglia.

Già.

Eravamo chiuse all'interno.

 

- Marck, cosa cazzo stai facendo? -

- Ora ascoltatemi. Io, mi andrò a fare una passeggiata fino a casa di Kate. E voi, rimarrete qui dentro e vi parlerete. Sono sicuro che la nostra cara Georgina abbia qualcosa d'interessante da dirti Meredith - mi voltai a guardarla confusa.

- Di cosa stai parlando Maledetto? -

- Lo sai benissimo. Ciao, ragazze... a dopo -

-Dove vai, bastardo, torna indietro. Oh! -

 

Lascia Georgina da sola, vicino alla porta, lasciandola sfogare.

Io mi rimisi seduta sul letto, riprendendo a giocare.

Merda.

Mi il mio battaglione era stato completamente sterminato.

Che palle.

 

Sentii un fruscio, mi girai, e vidi – finalmente – Jo, arrendersi mentre si sedeva a terra sbuffando, appoggiando la schiena alla porta.

 

Che gran bella situazione del cazzo.

 

La guardai, ancora.

Il suo viso era tirato, gli occhi spenti...

Cosa le stava succedendo?

Sembrava un fantasma.

 

Sta buona.

Non parlare.

Non dire assolutamente nulla.

Zitta.

Non ti deve importare.

 

- Che hai, J...Georgina? Stai male? -

 

IDIOTA.

Sempre la solita O'Brien.

Non prendi mai l'occasione per startene zitta, al tuo posto.

 

Infatti, lei strinse gli occhi, abbassando il capo.

Senza degnarmi di una risposta.

Sbuffai.

Arrabbiata.

Con me stessa.

Con lei.

Con il MONDO INTERO.

 

Avrei cominciato a nutrire sogni di distruzione di massa.

Di apocalissi zombie e quant'altro.

Avrei studiato piani malvagi come “Mignolo col Prof.”

Ne ero certa.

Certa, come il 3 che avrei preso in matematica.

 

Ripresi a giocare.

Nella stanza, solo il rumore di esplosioni e dei tasti.

 

- Hai... ragione, Mer. Non sto bene... per niente -

 

Eppure, nessuna bomba fu così forte, quanto il singhiozzo che esplose nel petto di Georgina.

 







TRAPP-ANGLE

Perdonate il ritardo, davvero. Non so come farmi perdonare... spero solo che questo capitolo vi piaccia e prometto di aggiornare il prima possibile.
Grazie a tutti :)

 

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Capitolo 12
*** G for Georgina ***


Capitolo 11

G for Georgina

 

 

 

 

 

 

 

GEORGINA POV'S

 

 

- Hai... ragione, Mer. Non sto bene... per niente -

 

Perché avevo ceduto?

Ora cosa avrei dovuto dire!?

Ma lei era lì, davanti a me, così spaesata e triste, così tremendamente Meredith.

 

Eppure, avrei dovuto mordermi la lingua a sangue.

Non riuscivo ad ammetterlo nemmeno a me stessa, come avrei potuto dare una sola misera spiegazione alla persona che mi conosceva meglio di tutte?

 

Come?

 

Eppure, eccomi qui.

Seduta sul pavimento della camera di Mark, a piangere come una disperata.

Mi sentivo una mendicante.

Sì.

Una povera, misera mendicante.

Perché ora, con le spalle contro la porta, non desideravo altro che Meredith mi donasse un abbraccio.

Anche solo uno e me lo sarei fatto bastare.

 

Ma...

… avevo fatto la stronzata di parlare.

Di dare fiato al caos che stava regnando indiscusso nella mia mente da...

… da sempre.

 

Nascosi la testa tra le braccia, per evitare di guardarla negli occhi, per evitare di farle notare il tormento che mi stava spaccando a metà.

La sentii alzarsi dal letto, con un cigolio, e avvicinarsi alla mia postazione.

 

Avrei dovuto cacciarla.

Mandarla via.

La sua vicinanza mi metteva in difficoltà.

 

Ma non riuscii a fare niente di niente, se non continuare a piangere singhiozzando.

Lasciando che la frustrazione di anni, uscisse senza freni.

 

- Non piangere, Jo -

 

Risposi con un singhiozzo più forte, mentre un suo braccio mi circondava le spalle, portandomi ad appoggiare la fronte contro il suo collo.

 

Il suo profumo mi riempì le narici.

 

Il mio cervello riusciva solo a formulare il suo nome, all'infinito, in una cantilena senza sosta.

Quanto ero stata stupida?

Come avevo potuto non accorgermi di quanto fosse impossibile tornare indietro per me?

Quanto ero stata fifona ?

Avevo avuto il tempo, il modo... invece avevo preferito far finta di niente.

 

Qual era il risultato idiota di una Atwood?

 

Tu in lacrime.

E la tua... la tua Meredith con una insulsa ragazzina con l'ossessione per i cappelli ed un cattivo gusto nel vestirsi.

E nel mangiare...

… e nel pettinarsi...

 

Ok.

La odiavo.

Profondamente.

Inesorabilmente.

 

Un odio talmente radicato, che nemmeno Gandhi avrebbe potuto estirpare.

 

Mi aveva portato via Lei.

 

- Georgina, parlami -

- Non posso -

- Perché? Mi vuoi dire cosa succede? Abbiamo sempre parlato di tutto, condiviso ogni cosa. Cosa c'è di così tragico da non riuscire a farti aprire con me -

 

Tirai su con il naso, scostandomi dal suo collo per asciugare, con la manica della mia giacca, le lacrime che stavano scendendo sulle guance.

 

Ero così indecisa.

Cosa avrebbe cambiato, palare ora?

Non mi avrebbe creduto.

 

- Non posso... -

- Smettila di dire che non puoi. Tu non vuoi, Georgina. E io sono stanca... -

 

La vidi alzarsi dal pavimento, cominciando a camminare avanti e indietro.

Nervosa.

 

Cosa sarebbe cambiato?

 

Tutto.

Niente.

 

Cosa avrei perso?


Lei.

o forse no.

 

Andiamo Jo! L'hai già persa.

 

Non ci parliamo da settimane, non ci vediamo da settimane, non ci guardiamo in faccia da settimane.

Questa è la prima volta, non puoi sprecare nuovamente un'occasione.

 

Dille quello che vuole.

Dalle quello che vuole.

 

Mi alzai anche io, per avvicinarmi a lei.

Bloccai la sua camminata, mettendomi davanti e incontrai i suoi occhi lucidi.

 

- Cosa ci sta succedendo, Jo? Tu mi manchi. -

- Anche tu mi manchi, Mer -

- E allora, costa stiamo facendo? Mark ha dovuto rinchiuderci nella sua stanza. Tu … tu sei sparita... -

- Hai ragione, e mi dispiace -

- Non voglio scuse... - la vidi avvicinarsi di più, appoggiando le sue mani sulle mie spalle, mentre qualche lacrima le rigava le guance - … voglio sapere perché. Ho fatto qualcosa di sbagliato? -

 

Mi si strinse il cuore a vederla così dispiaciuta.

La sua unica colpa era...

...era...

 

- Non hai fatto niente di sbagliato... -

- Allora perché Jo! Perché! -

- Perché mi sono innamorata... -

- Di Shane? Questo è il problema? Io sono contenta se ti sei... -

- Fammi finire... -

- ...davvero Jo, non c'è problema. Sono contenta... -

- SONO INNAMORATA DI TE, TESTONA -

 

Merda.

 

L'avevo detto.

 

Ero stata proprio io a parlare, o meglio gridare.

 

Un silenzio pesante calò su di noi. Alzai lo sguardo – che avevo inavvertitamente abbassato – per incontrare gli occhi azzurri di Meredith che mi guardavano, stupiti.

 

- Co...cosa? -

- Hai capito bene. Sono … innamorata, sì. Ma il problema è che lo sono di te -

- Non... non è possibile. A te... a te piace Shane -

- No... -

 

A quanto pare era arrivato il momento della verità.

Mi odierà.

 

- ...Sei tu, Mer, che l'hai sempre pensato. Io, io ho solo... solo, preso la palla al balzo. -

- Cosa intendi dire? -

 

Eravamo in piedi.

Una di fronte l'altra.

Occhi negli occhi.

 

Non sapevo come dirglielo.

Non sapevo come organizzare un discorso che pensavo non avrei mai esposto.

Non a lei.

MAI.

 

Sentivo il cuore galoppare sotto lo sterno, il respiro pesante, e le lacrime che volevano ritornare a liberarsi.

 

Presi le mani di Meredith tra le mie, facendole dei leggeri cerchi con il pollice sui dorsi.

Abbassai lo sguardo.

Non riuscivo a parlarle guardandola.

 

Presi un gran respiro, come se dovessi affrontare una gara di apnea, la più difficile.

Ora non potevo più tirarmi indietro.

 

- Voglio dire che... Dio. Credo di essermi innamorata di te dalla prima volta. Da quando entrasti in classe con quel grembiulino rosa e le due codine bionde. Eri imbronciata e non volevi parlare con nessuno... e io ero così fottutamente dispettosa da volertele tirare, quelle codine. Ma tu... - sorrisi a quel ricordo d'infanzia – ...tu mi anticipasti. Litigammo quel giorno e fummo messe in castigo dalla maestra. Ricordi? -

 

Alzai lo sguardo solo per vederla annuire assorta.

Piangeva.

Come lo stavo facendo io.

 

Che quadretto patetico.

 

- Credo che quel giorno, quando incontrai i tuoi occhi arrabbiati, credo... di aver capito, già a quell'età... che... eri tu, Mer. -

- Jo... -

- Ti prego, fammi finire. Altrimenti non, non riuscirò più a farlo e tu... tu meriti di sapere. E io, di liberarmi -

 

Strinsi più forte le sue mani.

E mi avvicinai.

Di più.

 

- Ma eravamo piccole, io non potevo capire. Siamo cresciute insieme. Abbiamo superato ogni cosa insieme. Ogni difficoltà. Tutto. E io... quel sentimento, è cresciuto. -

- Perché non me l'hai mai detto? -

- Ero spaventata. Non potevo crederci, non volevo. Avevo paura di perderti, di... schifarti. Avevo paura del mondo, di ogni cosa. E quindi avevo deciso di far finta che questo sentimento non esistesse. Ma poi... tu, tu sei venuta da me... a dirmi che ti piaceva una donna e io... sono esplosa. Perché ho visto la mia opportunità di essere felice, scomparire. Per sempre. -

 

 

Rimasi ferma, in attesa di qualcosa, qualsiasi cosa.

Ma non arrivava niente dall'altro lato.

Non la sentivo nemmeno respirare.

 

Hai perso.

 

- Di' qualcosa, per favore. -

 

Il nulla.

Gran bella cazzata.

Avrei dovuto continuare a soffrire in silenzio.

Mi sarebbe passata, prima o poi, e saremmo ritornate amiche.

 

Stupida stupida stupida.

 

La guardai, per poi sospirare.

Era andata.

Lasciai le sue mani, triste, sconfortata.

Avrei picchiato chiunque avesse inventato il detto “La fortuna aiuta gli audaci”

Ma vaffanculo.

 

Mi allontanai, voltandole le spalle, e mi avvicinai alla porta.

Speravo che Marck tornasse subito, questo silenzio mi stava uccidendo lentamente.

Uscita da quella porta, avrei dedicato il mio tempo a Shane, basta.

 

- ...Jo... -

 

Sognavo?

Mi voltai e lei era già vicino a me.

Non l'avevo sentita avvicinarsi, tanto ero presa dalle mie fisime.

 

- Si? -

 

Cominciò a piangere più forte.

E non sapevo che fare.

Cosa ancora potevo permettermi di fare con lei?

 

- … Abbracciami, ti prego. -

 

Allungai le braccia intorno al suo corpo, stringendola forte al mio petto.

Non stavo capendo niente, ma sentirla sospirare contro la mia pelle, fece piangere anche me.

 

Dio.

Mi stavo prosciugando.

 

- Va tutto bene, shhh. -

 

Le feci alzare il viso dalla mia spalla, accarezzandole i capelli, e le asciugai le lacrime con i pollici.

Eravamo così – dannatamente – vicine.

Sentivo il suo fiato caldo sulle mie labbra e i suoi occhi bruciare, come tizzoni ardenti, nei miei.

Quanto avrei voluto baciarla, come quel giorno.

Sentire il suo sapore per l'ultima volta.

 

Avvicinai il viso, in uno spasmo voglioso involontario.

Le mie labbra sfioravano le sue.

 

… Era tutto così...

...caldo.

 

- Non posso, Jo... -

- Allora allontanami. -

 

Sospirai sulle sue labbra – causa della voglia che mi stava bruciando ogni neurone – un'ultima volta, prima di chiudere gli occhi e baciarla.

 

Potevo sentire il suo cuore battere contro il mio.

E niente mi sarebbe apparso più perfetto di quel momento.

 

Le mie mani continuavano ad accarezzarle le guance, mentre le sue erano arpionate ai miei fianchi.

 

La desideravo.

 

Aprii leggermente la bocca, facendo uscire la lingua che andò a leccarle dolcemente i contorni del labbro superiore.

Morsi il labbro inferiore, portando Meredith – la mia Meredith – ad aprire la bocca, mentre un gemito scappava ad entrambe.

 

Fuoco.

Ecco cosa sentivo.

Mi sentivo ardere.

Ogni cellula del mio corpo stava entrando in autocombustione.

 

- Jo...-

 

Fu solo un sospiro, appena accennato sulle mie labbra, ma...

...persi la ragione.

 

Spinsi il corpo di Meredith contro la porta, incastrando una mia gamba tra le sue – che cominciai a spingere – le mani tra i suoi capelli.

Il bacio era famelico.

Come se non avessimo voluto altro che divorarci a vicenda.

Le lingue giocavano tra loro.

Gli ansimi stavano riempiendo la stanza.

E Meredith – santocielo – si stava strusciando sulla mia gamba in cerca di sollievo.

 

Era tutto perfetto.

 

Lasciai la sua bocca con un rumoroso schiocco umido, per scendere sul suo collo leccando e mordendo.

Sentii le mani di Meredith scendere sui miei fianchi andando sotto la maglietta, mentre la sua bocca mordeva il mio orecchio, lasciando che sentissi al meglio i suoi gemiti.

 

La volevo.

 

Stavo per scendere sui suoi pantaloni, per liberarla, quando un rumore di chiavi ci fece staccare.

 

Mark era tornato.

 

Mi ricomposi guardando di sottecchi la mia amica fare lo stesso.

Non riuscivo a capire cosa stesse pensando, e stava evitando il mio sguardo.

 

Merda.

 

La porta si aprii mostrando il sorriso bastardo del nostro migliore amico.

 

- Allora, dolci fanciulle avete... -

 

Non riuscì a finire la frase che Meredith si precipitò fuori dalla stanza senza dire niente.

Ti sei solo illusa.

 

- A quanto pare, non è andata bene -

 

Ti ha fatto assaggiare il paradiso e ora ti ha rispedito all'inferno.

Sei stata una stupida, Atwood.

Avresti dovuto crepare.

Invece, hai rovinato quel minimo che c'era da salvare.

 

- Jo, stai bene? -

 

Mi accorsi solo in quel momento che le lacrime erano tornate a rigarmi il volto.

 

- No.... -

- Io e te, dobbiamo parlare. - 








G-ANGLE
Tadan! Il primo povs Georgina, spero di non aver fatto gravi errori e di essere riuscita a correggere il meglio possibile.... Si comincia a capire un minimo l'atteggiamento di quella psicopatica di Jo.
Spero che vi sia piaciuto, alla prossima...
spero presto
UN BACIO JOMER a tutti ahahahah scherzo, buona domenica e grazie

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Capitolo 13
*** Ore Parallele ***


Capitolo 12

Ore Parallele

 

 

 

MEREDITH POV'S

 

Corri.

 

Credo di essere innamorata di te dalla prima volta”

 

Dovevo andare lontana.

Scappare dai miei pensieri, ma loro...

loro mi stavano rincorrendo.

 

Non posso Jo”

Allora allontanami”

 

Perché non l'avevo fatto?

Perché l'avevo lasciata fare?

 

Per Sauron!

Se chiudevo gli occhi riuscivo ancora a sentire le sue mani sul mio corpo, e le sue labbra sulle mie.

Non potevo.

 

Jo era innamorata di me, ma io... io amavo Juliette.

Oddio, l'avevo tradita.

Mi sentivo così sporca, così... devastata.

 

Mi aveva baciata.

Mi ama.

Georgina...

 

 

GEORGINA POV'S

 

- Allora, Sua Maestà... Mi dici che succede? -

- Nulla -

- Non mi dire cazzate, Jo. Me ne avete dette già abbastanza, non credi? -

 

Mi voltai a guardarlo, mentre qualche lacrima continuava a scendere sulle mie guance, che io cercavo di scacciare con la manica della mia maglia.

Forse, avrei dovuto parlarne con lui.

Sfogarmi.

Svuotarmi.

Dimenticare.

...Andare avanti.

 

Un sorriso amaro solcò le mie labbra.

Ero stata rifiutata, nella maniera peggiore.

 

- Sono innamorata di Meredith -

- Dimmi qualcosa che non so... -

 

Lo guardai sorpresa, per poi sorridere davanti a quello sguardo gentile.

 

Ecco, perché non mi ero innamorata di Mark?

 

- Ci siamo baciate... -

 

Lo sentii avvicinarsi, poggiando un suo braccio intorno alle mie spalle.

 

- Ma queste non sono lacrime di gioia... vero? -

 

Sentii la mia testa pesante all'improvviso, e la lasciai cadere sulla spalla di Mark, sospirando.

 

- Beh, hai visto in che modo è scappata via -

- Sembrava che avesse uno sciame di Aghi inseguitori alle calcagna -

- Dovete smetterla di fare riferimenti ai libri – sorrisi leggermente.

- E tu dovresti smetterla di capire questi riferimenti -

 

Mi spintonò leggermente per farmi ridere ancora, ma il pensiero di Meredith che scappava, mi riportò nel baratro.

 

- Mark... -

 

Riuscii a bisbigliare il suo nome, prima di sentire il cuore stringersi in una morsa, e ricominciare a piangere.

 

- Andrà bene, Jo. Andrà bene -

 

Chissà dove era...

 

 

 

 

MEREDITH POV'S

 

 

Avevo camminato per un bel po', persa nei miei pensieri.

Non riuscivo a darmi una spiegazione, non riuscivo a capire perché avessi ceduto, avessi concesso tanto.

E la risposta era che non volevo ferire la mia amica...

… ma adesso...

 

Cosa era questo vuoto che mi stava dilaniando?

 

Alzai lo sguardo e capii di essere nei pressi di casa di Juliette.

Avevo bisogno di lei.

 

o di Georgina?

 

Mi affrettai verso il suo palazzo, per poi attaccarmi al citofono, fregandomene della possibile presenza dei suoi genitori.

 

- Chi è? -

- Sono Meredith, posso salire? -

 

Sentii il rumore metallico del portone, così mi ritrovai a spingerlo per entrare; mi precipitai sulle scale cominciando a salirle a due a due.

Dovevo vederla, avevo bisogno di stare con lei.

 

o con Georgina?

 

Dio.

Stavo impazzendo.

Stavo perdendo il senno.

Non poteva piacermi Jo.

 

Io amo Juliette.

 

Non si possono amare due persone.

Non si può.

 

Arrivai alla sua porta, trovandola già aperta, e lei che mi aspettava sulla soglia, in pigiama e i capelli scompigliati.

 

- Mer, tutto ok? -

- Sei sola? -

- Sì, ma cosa succ... -

 

Mi attaccai prepotente alle sue labbra, senza che lei potesse continuare a parlare, cominciando a baciarla profondamente.

 

Niente.

 

Perché non sentivo niente?!

Dov'erano i brividi che avevo sempre sentito?

 

Cosa mi stava succedendo?

 

Georgina...

 

 

 

GEORGINA POV'S

 

 

- E poi lei è scappata... -

- Senza dirti niente? -

- Niente, Mark. Niente. Nemmeno una schifosissima e insulsa parola senza senso. Nulla. -

- Sai cosa ne penso... -

- No! Lei ama Juliette. Devo mettermi l'anima in pace, avrei dovuto … avrei dovuto trovare il coraggio prima -

 

Rimanemmo in silenzio, stesi sul letto, con lo sguardo fisso sul soffitto.

 

- E ora, cosa hai intenzione di fare, Jo? -

- Lasciarla andare... -

- Dovresti combattere -

- Dovrei, ma non ne vedo il motivo -

- La tua felicità -

- … La mia felicità... - mi girai a guardarlo, aspettando che anche lui guardasse me - … ho le mani legate. -

 

Lo guardai, ancora.

Era bello Mark.

Se solo avesse avuto gli occhi grigi, i capelli biondi, e un sorriso idiota...

 

Sentii un dolore forte al petto.

Stavo per ricominciare a piangere, ma ero stanca.

Troppo stanca.

Sentivo come se fossi invecchiata di anni, in poche ore.

 

- Mark... -

- Che c'è? -

- … Baciami, ti prego. -

- Jo, non risolvi niente così -

- Io non voglio risolvere niente. Voglio solo non pensare, voglio cancellare il suo sapore, voglio eliminare le sue tracce. -

- Hai Shane per questo...io.. -

- Mark … -

 

Mi avvicinai, guardandolo tremante.

Era così simile a Meredith.

 

E poi le sue labbra furono sulle mie, in un bacio appena accennato.

 

Cosa stavo facendo?

 

 

 

MEREDITH POV'S

 

 

- Mer... ehi... -

- Zitta e baciami! -

 

Non avevo bisogno di parole.

Non avevo voglia di parlare, di sentire chiacchiere che probabilmente mi avrebbero confusa ancora di più.

Avevo bisogno di...

...non lo so.

 

La mia lingua giocava con la sua, le mie mani stavano esplorando il suo corpo, sotto la maglietta.

 

- Juliette, fai l'amore con me... -

- Sei sicura? -

 

Ero sicura?

...Georgina.

 

Scossi la testa, per cancellare il pensiero di Georgina che mi spogliava.

Stavo davvero impazzendo.

 

- Sì, ti prego -

 

Riprese a baciarmi, più famelica.

Le sue mani presero a spogliarmi, togliendomi il cappotto e abiti superflui.

 

Mentre cercavamo di levarci le magliette, Juls prese a spingermi, direzionandomi verso la sua camera.

Il bacio diventava sempre più passionale, le mani sempre più bramose di esplorare.

 

Eravamo in reggiseno, ansimanti, vogliose di andare oltre.

Juliette mi sorrise, per poi spingermi delicatamente per farmi ricadere sul letto.

Il suo corpo fu subito sul mio, cominciando a strusciarsi leggermente, mentre mi lasciava baci sul collo, le spalle e sul seno.

 

- Sei bellissima -

 

Non risposi, troppo concentrata sui suoi movimenti, sulle sensazioni.

Troppo concentrata a dimenticare Georgina.

 

Cominciai a piangere silenziosamente, mentre Juliette era già tra le mie gambe.

 

Non potevo amare due persone...

 

 

 

GEROGINA POV'S

 

 

- Jo... -

- Sì? -

- Cosa... -

- Non ti preoccupare. È stato solo uno stupido bacio. -

- Già. Sembrava come se stessi baciando mia sorella -

- Stupido di un Cullivan -

- Bentornata, Chiapwood -

 

Quel bacio non era servito ad un emerito cazzo.

Ora che sapevo cosa significava baciare Meredith, tutto il resto non avevo più senso.

 

- Forse, è arrivato il momento che io torni a casa -

- Cosa farai, ora? -

 

Bella domanda.

Eppure, la risposta...

 

- Lascerò Shane... -

- Davvero? -

- Sì, è un bravo ragazzo. Merita di essere amato... e poi... -

- Poi...? -

- Poi, credo che accetterò la proposta di iniziare il college in anticipo. -

 

Mi alzai dal letto, non aspettando nessuna sua risposta. Raccolsi la mia sciarpa, per avvolgerla intorno al collo.

 

- Perché non … non ne sapevamo nulla? -

- Perché non volevo accettare, Mark. Volevo finire l'anno con i miei due migliori amici. -

 

Lo guardai annuire mestamente.

 

- Quando... -

- Tra due mesi -

- Ne dovresti parlare con Meredith -

 

Annuii, non molto sicura.

Andai verso di lui, abbracciandolo.

 

- Grazie -

 

Rispose, stringendomi più forte tra le sue braccia.

E mi lasciai cullare per un po', nel suo odore familiare.

 

Mi staccai, gli lascia una pacca sulla spalle, per poi uscire dalla porta della sua camera, pronta a ritornare a casa.

 

- Non schiattarmi per strada Sua maestà-

- Sarai tu il primo a farlo, Idiota. E comunque baci come un quindicenne -

- Anche io ti voglio bene -

 

E con un sorriso stupido, lasciai casa Sullivan.

 

Chissà dov'era Meredith.

 

 

 

 

MEREDITH POV'S

 

 

 

Ero nel suo letto, nuda.

La guardavo dormire delicata, appoggiata sulla mia spalla.

 

L'amavo.

 

Mi piaceva stare in sua compagnia, mi rendeva felice.

Adoravo guardarla sorridere, mi piaceva vederla parlare, e mi riempiva il cuore ogni volta che pronunciava il mio nome.

 

… allora, cosa...

perché?

Perché?

 

Perché?

 

Il sapore di Georgina era rimasto sulle mie labbra.

Riuscivo ancora a percepirlo, nonostante i baci di Juliette.

 

Avevo fatto l'amore con Lei.

 

Perché mi sentivo così incompleta?

 

Sentii un braccio avvolgermi sul fianco, facendomi risvegliare dai miei pensieri.

Juliette si era svegliata.

 

- Hey... -

- Ciao, amore -

 

Sorrisi a quell'appellativo dolce, lasciandole un soffice bacio sulle labbra.

 

- Dormito bene? -

- Sì... è stato bellissimo -

 

Annuii, lasciandole un altro bacio.

 

- Rimani da me, oggi? -

- Certo -

- Ti amo -

 

La guardai.

Era in attesa.

Felice.

Appagata.

 

E io?

 

- Ti amo, anche io -

 

Avrei dovuto dimenticare quegli occhi verdi.

Era lei che amavo.

Sì, era lei.

 

...Georgina.










Angolo
Ciao, a tutti quanti...
scusate per il ritardo mostruoso, ma sono senza rete internet, quindi aggiornare è diventata un' impresa epocale. Quindi chiedo venia...
spero che questo capitolo non presenti molti errori, in tal caso, chiedo scusa anche per quello .
E niente, buon anno a tutti anche se in ritardo :)

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Capitolo 14
*** Corsa contro il tempo - Part I ***


 

Capitolo 13

Corsa contro il tempo - part I

 







GEORGINA'S POV

 

 

Come è cambiata la mia vita.

 

Solo qualche settimana prima avevo un fidanzato che mi adorava – o almeno pensavo fosse così; una migliore amica – che amavo – senza che lei lo sapesse e soprattutto, avevo tanto tempo prima di andarmene, prima di lasciare la città che mi aveva cresciuta, gli amici che mi erano stati vicini, la scuola che mi aveva reso la regina, la ragazza più popolare e desiderata.

 

Già.

Tutto era cambiato.

 

Sospirai pesantemente, chiudendo gli occhi, e lasciandomi andare mollemente contro lo schienale della sedia di un bar anonimo.

 

- Chiapwood del mi corazòn -

- Evita, Cullivan! Sai che con me non funziona il tuo fascino latino -

- Così mi ferisci! -

 

E con una pacca – un po' troppo forte – si sedette davanti a me, insieme a Shane.

 

Oh, sì. Ho dimenticato di dirvi che io Shane, stranamente, siamo diventati molto amici...

 

… già, a quanto pare il ragazzo pensa di essere gay.

 

- Hey, Shane -

- Georgina -

 

Un cenno del capo, accompagnato da un sorriso e finalmente potemmo ordinare da bere.

 

- Allora, principessa sul pi... - una gomitata da parte di Shane, interruppe il mio amico.

- Andiamo Mark! Che piselli; sappiamo entrambi che è più propensa per le patate -

- Hai ragione compare, come ho potuto dimenticare che sei tu ad avere queste affinità culinarie -

 

Cominciarono a ridere, davanti ai miei occhi, lasciandomi a bocca aperta.

 

Che coppia insolita.

Che coppia insolita di idioti.

Cretini.

Deificienti.

 

Maschi.

 

- Quando avete finito, principesse, avvisatemi -

- Quanto sei acida, stai per averle per caso? -

- No, Shane. Solitamente le ha a fine mese -

 

Spalancai gli occhi, sputando un po' di acqua che avevo in bocca.

 

- E tu come fai a sapere quando ho il ciclo? -

- Oh, andiamo sua Maestà! All'improvviso ti trasformavi in una fusione ibrida tra uno schiopodo sparacoda e la volpe a nove code. -

 

Scossi la testa sconsolata, mentre Shane chiedeva spiegazioni.

 

Davvero poco nerd.

 

Stavo ancora pensando a come Mark avesse potuto tenere il conto dei giorni del mio ciclo mestruale, quando il rumore di una tazza sbattuta – violentemente - sul tavolo, mi fece risvegliare.

 

- Allora, parliamo di cose serie. Hai parlato con la testona? -

- Non...non ancora. -

- Jo! Ma per la barba di Gandalf! Non vai a scuola da settimane, la tua stanza è completamente smaltita, e parti tra tre giorni.-

- Lo so, Mark! Lo so! -

- Allora cosa stai aspettando? Che Shane capisca cosa preferisca di più tra il martello di Thor e la bacchetta di Voldemort? -

- Thor... -

- Ero retorico, Shane. Fammi capire, Georgina! -

 

Strinsi il tessuto dei miei jeans tra le mani.

Cercando di regolarizzare il respiro, mentre le immagini di quel giorno, di quel bacio, tornavano a riempirmi la mente.

 

Non che se ne fossero mai andate.

 

- Mark, mi ha rifiutata! -

- Ti sei fatta rifiutare! -

- Che intendi dire? Che avrei dovuto rincorrerla pregandola in elfico di stare con me? -

- Non sarebbe stata una cattiva idea... - lo guardai sconcertata, mentre si grattava pensieroso la fronte - … peccato che tu non conosca l'elfico -

- Coglione -

- Hey! Chi ti insegna queste brutte parole? -

 

Stavo per azzannarlo alla gola, se non fosse che Shane decise di intervenire, mettendomi una mano sulla spalla, facendomi riaccomodare – composta- sulla sedia.

 

- Mark, ha ragione. Forse, dovresti parlare e dirle, che boh... cosa vuoi dirle, Jo? -

 

Ci pensai un attimo, e poi il discorso si formò chiaro nella mia mente.

 

- Vorrei dirle di scegliere me, e se così non fosse... allora partirò, perché stare vicino a lei, mi fa male. -

- Allora, fallo. -

 

Alzai lo sguardo, trovando i due ragazzi sorridermi dolci.

Mi stava venendo da piangere.

Gli occhi mi bruciavano.

 

- E impara il Tengwar, non si sa mai -

- Ti odio, Cullivan! -

 

 

 

 

MEREDITH'S POV

 

 

Triste.

Incompleta.

 

Ecco come mi sentivo.

Eppure non riuscivo a fare niente per migliorarmi.

 

Niente.

 

Solo piangermi addosso, uscire con Juls, e ritornare a piangermi addosso.

 

Non sentivo Jo da quel giorno, e Lei non era neanche venuta a scuola.

Non veniva a scuola da settimane e io...

io, non avevo avuto il coraggio nemmeno di scriverle.

 

Sospirai, prendendo il telefono per poi aprire l'album delle foto, per guardarla.

 

Mi amava.

 

E io sono scappata.

 

Forse avrei dovuto scrivere un messaggio, chiederle almeno come stesse, per scusarmi di come fossi scappata.

 

Di come ero andata a letto con Juliette.

 

Ero talmente confusa da non capire nemmeno cosa provassi per una e per l'altra.

Semplicemente non capivo.

 

 

Juliette.

Jo.

Juliette.

Jo.

Juliette.

Jo.

Juliette.

Jo.

 

Georgina.

 

Dovevo vederla.

Dovevo parlarle.

Dovevo...

 

il vibrare del telefono mi distrasse dalle mie fisime, portai lo sguardo sullo schermo e quel nome...

 

Dio.

Era lei.

 

“ Ciao, Meredith. Spero che tu stia bene, volevo chiederti se tu fossi libera stasera. Avrei bisogno di parlarti di una cosa urgente.

Buona giornata”

 

Freddo.

Vuoto.

 

Mi mancava.

 

Oggi avrei dovuto vedere anche Juliette, ma quell'urgente mi stava bruciando le retine manco fosse scritto con le fiamme della lava del Monte Fato.

 

Digitai un Okay frettoloso sulla tastiera per poi accordarci sull'ora.

Sarebbe venuta a casa mia.

 

Che ansia.

 

Mi guardai allo specchio e decisi che una doccia mi avrebbe disteso i nervi. O almeno...

 

Ci speravo.

 

 

 



GEORGINA'S POV

 

 

Ero davanti alla porta di casa sua.

Il braccio sospeso.

Non avevo la forza di suonare quel maledetto campanello.

 

Ma avrei dovuto farlo.

 

Era la resa dei conti.

Dentro o fuori.

 

Presi aria, riempiendo i polmoni fino a farli scoppiare, per poi suonare, aspettando che la madre venisse ad aprire.

 

- Ciao, Georgina. Dai entra! -

 

Benvenuta all'inferno.”

 

 






MEREDITH'S POV

 

Alle 19 – stranamente – puntuale, il campanello suonò.

Sentii mia madre salutare Jo, invitandola a raggiungermi in stanza.

 

Era così vicina da mancarmi l'aria.

Che Sauron mi aiuti.

 

Stavo camminando avanti-indietro per la stanza, finché un leggero bussare alla porta mi fece bloccare sul posto, manco fossi stata colpita da un pietrificus totalus.

 

- A...a... avanti. -

 

Ed eccola.

Bella.

Bellissima.

 

Più bella di come ricordavo.

 

Se fosse stato possibile.

 

- Ciao... -

 

Quanto mi era mancata la sua voce.

 

- Hey... -

 

Rimanemmo a fissarci ancora per qualche secondo, nervose, tese come corde di violino.

 

- Accomodati -

- Preferisco stare in piedi, se non ti dispiace -

 

Ancora quella strana freddezza.

 

Ovvio!

Cosa ti aspettavi?

Un abbraccio e un bacio?

 

Andiamo O'Brien!

Hai fatto davvero la stronza.

 

Le gambe mi cedettero, sotto il peso di quelle consapevolezze, e mi lasciai cadere seduta sul letto.

Presi un altro respiro, prima di rivolgermi nuovamente a Lei.

 

- Allora, mmh, cosa volevi dirmi di così urgente? -

- Oh! Sì, ehm... -

 

Era strano vedere Georgina così nervosa e a disagio.

Non era mai stata a disagio con me.

Ma era colpa mia.

Lei mi amava e io...

 

- Volevo, volevo... -

La vidi sbuffare arrabbiata con se stessa, e io non potei fare a meno di sorridere intenerita.

 

- Ok. Senti... - la vidi avvicinarsi, prendendomi le mani - … sono stanca di questa situazione. Di questo strano limbo in cui siamo finite. Sono qui per ridirtelo, sono qui per avere una risposta che non prevede l'entrata improvvisa di Mark, o la visione delle tua schiena che si allontana. -

 

Abbassai lo sguardo sulle nostre mani.

Cosa volevo?

 

L'amavo?

 

- Guardami! - alzai lo sguardo incontrando i suoi occhi verdi, lucidi, tristi – Io ti amo, Meredith. Ti amo, e se tu non provi lo stesso per me, ti prego di dirmelo adesso. Perché ho bisogno che tu mi dia una risposta, ho bisogno di capire... ti prego -

 

La guardavo senza riuscire a parlare.

Questa cosa mi stava spaventando.

Quello che sentivo per Lei mi stava spaventando.

 

Era più forte del mare in tempesta.

Più forte di un uragano tropicale.

 

Troppo da poter gestire.

 

E così, rimasi a guardarla, mentre attendeva una qualsiasi mia risposta.

Ma avevo troppa paura.

 

Una fiamma così forte, così alta, avrebbe bruciato tutto e velocemente.

Noi ci saremmo bruciate.

Ci saremmo fatte male.

 

E io non potevo perderla.

Non potevo rischiare così tanto.

L'amavo?

Sì.

 

Ma non potevo.

 

- Jo, io... -

- No. Ho capito -

 

Si staccò da me, velocemente, girandomi le spalle.

 

- Avrei dovuto capirlo. Sono stata sciocca a sperarci. -

- Mi dispiace... -

- No. Non è vero. Hai la tua bella, sono stata una stupida a pensare che tu avresti potuto... -

 

Il silenzio regnò per qualche minuto.

Lasciando la frase sospesa dolorosamente.

I nostri respiri scandivano i secondi che passavano.

 

- Jo... -

- Dimmi... -

- Non voglio perderti. -

 

Una risata amara lasciò le labbra della persona che amavo di più al mondo, portandomi a stringere a sangue le labbra, tra i denti, per non piangere.

 

- Parto. -

 

Una parola.

Cinque lettere.

 

Un vaso di cristallo che s'infrange..

 

- Parti...? -

 

Si voltò verso di me.

Il volto impassibile.

Duro.

 

- Sì, sono stata ammessa al college in anticipo. Pensavo di rimandare, ma... ho bisogno di stare lontana da te. Non riesco. Mi dispiace... -

- Quando parti? -

- Tra due giorni -

 

Rimasi a guardarla, mentre dentro di me il mio cuore si stava rompendo.

Il dolore mi stava dilaniando, e io non riuscivo a fare nulla.

Non riuscivo a muovermi.

A respirare.

 

Non partire.

 

Rimani qui.

 

Stai con me.

 

 

Ti amo.

 

 

- Scusami, ora devo proprio andare. Addio, Mer. -

 

E senza aspettare risposta uscì dalla mia stanza.

 

 

Cosa stavo facendo?

 

 

 

 

 

 

angolo
Scusate, per l'attesa. davvero chiedo perdono, venia, mi inchino ai vostri piedi, per questo ritardo imperdonabile.
ma fra esami, tirocinio e drammi vari... e beh...e Lei, ho un po' perso la misura del tempo.
questo capitolo doveva essere pubblicato tra una settimana, ma, ecco qui l'8 marzo, come regalo per tutte le mie lettrici donne.
auguri ragazze, e grazie per seguire questa storia, alla prossima.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 15
*** Corsa Contro il Tempo - Part II ***


Capitolo 14

Corsa contro il tempo

 

 

 

 

MEREDITH'S POV

 

 

 

Oggi sarebbe partita.

 

Lei si preparava e io ero rimasta a letto per un giorno intero, rifiutandomi di fare qualsiasi cosa e... pensavo, pensavo.

 

Pensavo a Georgina.

A noi.

Volevo correre da lei e fermarla.

 

Ma una forza sconosciuta mi teneva ferma su quel letto senza fare nulla.

Probabilmente Jo si stava vestendo in questo momento, oppure stava finendo di sistemare le ultime cose; ma io non stavo facendo niente per impedirglielo.

 

Stupida O'Brien.

 

Lo squillo, improvviso, del telefono mi distrasse dai miei pensieri; mi allungai per afferrarlo e risposi senza leggere chi fosse.

Tanto... non sarebbe mai stata Jo.

 

- Pronto? -

- Pronto un paio di, sacrosante, palle elfiche! -

- M...Mark? -

- No, Gandalf il Grigio, sì che sono io, stupida, deficiente, cazzona! -

 

Mi misi seduta sul materasso, continuando a sentire le innumerevoli parolacce e i fantasiosi epiteti che Mark stava sputando, senza prendere fiato.

- Mi vuoi dire cosa vuoi, Mark? -

- Cosa voglio? Hai pure il coraggio di chiedere COSA VOGLIO?! -

 

Mi irritava quando girava intorno alla questione senza parlare.

Mi irritava molto.

 

- Parla, Mark; o giuro sulle mie tette che ti chiudo il telefono in faccia! -

 

Sentii Mark sospirare pesantemente al telefono, pronunciando un mantra per rilassarsi; senza che io capissi effettivamente cosa stesse dicendo.

 

- Allora te lo dico lentamente e in parole che tu potrai facilmente comprendere: Sei.una.cogliona! -

- Questo l'avevo capito, ora puoi continuare il discorso? -

- Cosa ci fai a casa? -

 

E finalmente capii cosa voleva il mio amico.

Cosa avrei mai potuto dirgli?

 

Mi spiace, ma anche se ho scoperto di amarla ho troppa paura”

 

Mi avrebbe davvero preso a sberle!

 

- Mark...-

- No, non iniziare Mer! Ora tu ti alzi e vai a fermare quell'altra cretina che mi ritrovo come amica! -

- Non... non posso -

- Tu non vuoi, Meredith -

 

Deglutii aria.

Un amaro boccone.

Una consapevolezza che avevo evitato come la peste.

 

Paura.

 

- Ho paura, Mark. Ho, fottutamente, paura. -

- Ascoltami, Meredith. È normale avere paura, ma davvero vuoi permettere che questa paura ti porti Georgina, la nostra Jo, lontana chilometri di distanza senza muovere un muscolo? -

- Io... -

- La ami, Mer? -

 

Tum.

Il cuore mi si era bloccato in quel momento.

Cosa avrei dovuto rispondere?

Sì.

No.

 

Forse?

 

Da quando mi ero trasformata in questo?

Non riuscivo a parlare con i miei migliori amici, non riuscivo ad essere sincera.

 

Maledetta paura.

Esci le palle.

 

Ora.

 

- Sì, la... la amo -

- Allora vai a riprendertela, Tigre; o giuro che la prossima volta che vedrò la tua faccia sarà per colpirla con dei pomodori... di pietra -

 

E la chiamata finì così.

Aveva deliberatamente concluso la chiamata senza lasciarmi il tempo di rispondere, di negare, negoziare, chiedere un baratto o vendere la mia anima a Sauron.

 

Mi guardai intorno.

Guardai le pareti della mia stanza, quel colore che io e lei avevamo scelto; le foto che avevamo fatto da quando eravamo piccole.

Guardai la scrivania, dove Jo, aveva il vizio di lasciarmi sempre una frase incisa con la punta della sua biro.

Guardai il letto sfatto, dove avevo passato le ultime ventiquattro ore immobile, e ancora una volta lei mi tornò in mente.

 

Vidi Jo avvicinarsi ulteriormente al mio viso, strofinando il naso sulla mia guancia, mentre le sue labbra sfioravano leggermente le mie.

Le carezze continuavano, lente e studiate, la mia mano si era spostata sulla sua schiena dove stavo disegnando cerchi immaginari.

Volevo fermarmi, ma non ci riuscivo.

Eravamo vicine, tanto – troppo – vicine, le bocche socchiuse che continuavano a sfiorarsi, timorose di toccarsi completamente.

I nostri fiati cominciarono a diventare più pesanti e le mani più esigenti, eravamo ad un passo dall'oblio.

Lo stavo desiderando.

Intrecciammo le gambe, mentre io mi portavo sul corpo della mia amica, il contatto con il suo corpo mi stava.... estasiando.

Le sue labbra mi stavano eccitando.

Tutta quella situazione mi stava eccitando.

I sospiri scandivano i secondi che scorrevano, mentre continuavamo a guardarci e sfiorarci con le labbra.

 

Mi risvegliai da quel ricordo, separandomene con violenza.

Cosa stavo facendo?

 

Mi catapultai fuori dalla mia stanza, come se avessi un esercito di iene affamate alle calcagna; salutai frettolosamente mia madre ed uscii di casa.

 

Dovevo correre.

Dovevo volare.

 

Zeus, perché non hai Pegaso-munito anche me?

 

Aspettami, Jo.

 

Aspettami.

 

 

 

 

GEORGINA'S POV

 

 

Odiavo queste file.

Le odiavo immensamente.

Eppure avrei dovuto farla, visto e considerato che avevo aspettato fino all'ultimo momento per comprarmi il biglietto dell'autobus che mi avrebbe portato a Harvard.

 

E, onestamente, adesso che ero un po' più lucida non riuscivo ancora a capire cosa – esattamente – io stessi aspettando.

Forse, davvero il miracolo.

 

Sbuffai, un'altra volta, sconsolata; continuando imperterrita a sbattere il piede sul pavimento in maniera ritmica.

Questa fila doveva muoversi!

 

Dovevo ancora tornare a casa a prendere le valige, infilare le ultime cose nella sacca e poi, i miei, mi avrebbero accompagnato alla stazione dei bus.

 

Mancavano ancora sei ore alla mia partenza, sei lunghissime ore.

E avevo, ancora, quell'aspettativa, quella stupida aspettativa che mi faceva sperare.

 

Sciocca che ero.

 

Cercai di affacciarmi per vedere a che punto fosse la fila, ma non riuscivo a capire quale deficiente ci stesse mettendo così tanto per comprare un fottutissimo biglietto del cazzo.

Incrociai le braccia, davvero irritata; per fortuna che avevo deciso di venire la mattina presto o, forse, non sarei davvero più partita.

Soffiai sul ciuffo, per spostarlo dagli occhi, e mi rimisi al mio posto facendo una smorfia di impazienza, davvero malcelata.

 

- Oh, santo Salazar!-

 

Una risatina, sicuramente causata dalla mia flebile esclamazione, mi fece voltare; alle mie spalle vidi una ragazza che cercava di nascondere il sorriso dietro ad una mano.

 

Arrossii.

Che figura di mierda.

 

- Scusami, non volevo ridere, ma... - un altro scoppio di risa la fece fermare per qualche secondo - … scusami, ma sei stata davvero buffa -

 

Mi grattai la testa, davvero imbarazzata.

Le feci un sorriso, per poi rivoltarmi, evitando di fare una figura peggiore.

 

Che giornata!

 

Mossi un passo, seguendo la fila, quando mi sentii toccare sulla spalla; mi rivoltai sapendo che avrei incontrato la ragazza di prima.

 

- Mi dispiace davvero. -

 

Mi fermai a guardarla.

Era una bella ragazza; i capelli erano di un rosso scuro, lunghi, mossi; la pelle del viso era macchiata da piccole lentiggini e poi gli occhi.

I suoi occhi mi colpirono.

Erano di un nocciola profondo, così caldo, che per un momento mi sembrò di sudare.

 

Cazzo, Atwood! Parla, che minchia fai in silenzio?!

 

- Non ti preoccupare, in fin dei conti … sono stata davvero ridicola -

 

Ma cosa dico?

Io sono Georgina Atwood, e gli Atwood non sono mai ridicoli!

 

- Comunque, io sono Heather -

 

La guardai porgermi la mano, non molto curata, le unghie erano rovinate ed evidentemente si mordeva le pellicine.

Sorrisi intenerita, non capendone nemmeno il motivo.

 

- Piacere, mi chiamo Georgina -

 

 

 

MEREDITH'S POV

 

 

Arrivai a casa degli Atwood con i sintomi di un infarto precoce e di un possibile broncospasmo che mi avrebbe ucciso sulla soglia della loro abitazione.

Con un ultimo sforzo salii i gradini – che in quel momento mi sembravano la scalinata infinita di Rocky Balboa – che conducevano all'entrata e suonai il campanello, abbandonando il mio peso sulle braccia poste ai lati della porta.

 

Dovevo prendere aria.

 

Dovetti aspettare qualche secondo, prima che la porta si aprisse rivelando la madre di Georgina.

 

- Meredith, tesoro, ciao! -

- Buongiorno Isabel. C'è Georgina? -

- Oh, no è alla biglietteria, ma sarà qui a momenti. Vuoi entrare? -

- Sì, grazie. -

 

Almeno ero arrivata in tempo.

Dove sei Jo?

 

 

 

GEORGINA'S POV

 

 

- Non stai scherzando, vero? -

- Assolutamente no, anche io sono stata ammessa a Harvard! -

- Oh, beh... a quanto pare saremo colleghe -

 

Ci sorridemmo, mentre camminavamo per quel parchetto, mangiando i nostri gelati.

 

- E sentiamo signorina Ledger, in cosa è stata ammessa? -

- Oh, io voglio diventare una sceneggiatrice. Sono stata ammessa alla scuola di arti sceniche. Tu, invece? -

- Niente di che -

 

Vidi Heather sorridermi, per poi indicarmi la panchina, invitandomi a sedere con lei.

 

- Sai cosa penso di te, Georgina? -

- Cosa? -

- Penso che tu abbia paura del giudizio, che tu abbia paura di rimanere sola e che per quanto tu sia felice di essere stata ammessa, ovunque tu sia stata ammessa, c'è qualcosa che ti blocca -

 

La guardai un momento in quegli occhi, poi non riuscii a reggerne il peso e lo distolsi; un pesante sospiro uscì dalle mie labbra, mentre le lacrime si formavano agli angoli degli occhi.

 

- Sono stata ammessa alla facoltà di medicina. -

- Chiamalo nientediche! Ma...? -

- Ma, cosa? -

- C'è sempre un “ma” -

 

Sorrisi.

Quella ragazza era oltremodo perspicace, a modo suo.

 

- Ma significa lasciare una persona a me... cara -

- Ah! Capisco -

 

La guardai, cercando di leggere il suo volto, ma non riuscivo a decifrarlo. Si voltò verso la mia parte e sorrise, indicandomi il naso.

 

- Ti sei sporcata -

 

Ancora una volta mi ritrovai ad arrossire davanti a quella mezza sconosciuta.

 

- Sai, Georgina; l'amore è una cosa davvero subdola a volte. Dovrebbe essere la cosa che ti rende la persona più felice al mondo ma, ogni tanto, credo che dimentichi il suo ruolo e … fa male. - mi guardo intensamente, prima di ricominciare a parlare lentamente – So che siamo due estranee, ma forse è per questo che mi trovo più libera di parlarti. Forse ad Harvard, prese dai nostri impegni, non riusciremo nemmeno ad incontrarci; per questo ti dico che … per quanto tu sia innamorata di questa persona, se l'amore è vero, dura anche con la distanza, anche con il poco tempo. Se è amore, continua a vivere anche con i corpi lontani. -

 

Sospirai.

Forse avrei potuto parlare con lei.

Avrei evitato di dire che la persona di cui parlavo era una donna, ma... forse...

 

- Il problema è che sono solo io quella che ama -

 

La sentii ridere, lasciandomi sconcertata.

 

- Scusami, è che... siamo più simili di quel che credevo. -

 

La guardai perdersi, con lo sguardo, tra gli alberi; e io la imitai. Non volevo fare domande, ero sempre stata molto rispettosa dei tempi e della privacy degli altri.

Attesi.

Sapevo che si stava prendendo solo un momento dai suoi ricordi, prima di rispondermi.

 

- Allora prendi questa partenza come un dono. Se ti ama, la lontananza gli farà aprire gli occhi... -

- E se così non fosse? -

- Avrai la possibilità di rinascere e ricominciare -

 

 

MEREDITH'S POV

 

Guardai l'orologio, ancora una volta, nervosa e sfibrata da quella attesa.

Erano le dieci del mattino, la signora Atwood era uscita per fare l'ultima spesa per la partenza della figlia.

 

Che ansia.

 

Chissà dove si era cacciata.

Mi alzai dal suo letto, cominciando a girovagare.

Ogni cosa era un nostro ricordo.

Ogni dettaglio.

Profumo.

Colore.

Noi.

 

Presi la cornice che le avevo regalato al suo diciassettesimo compleanno, accarezzai il viso di noi due sorridenti, perdendomi nei ricordi; era da tanto che non sorridevo così.

All'improvviso sentii la porta aprirsi; il rumore mi scaraventò - come Leonida fece con il messaggero di Serse, nel pozzo – nella realtà.

 

Cominciai a sudare, a iperventilare, emettendo suoni che avrebbero fatto concorrenza a un'aspirapolvere.

 

Cazzo.

 

Sentii dei passi salire le scale e venire nella mia direzione, era Lei; e io non avevo nemmeno preparato un discorso.

Cosa si dice alla tua migliore amica che hai ferito e che vuole partire, lontana da te?

 

Cosa, PER TUTTI I FOLLETTI, COSA?

 

E, finalmente, la porta cominciò ad aprirsi – anche troppo lentamente per i miei nervi – e la vidi.

 

Georgina.

 

I suoi occhi si spalancarono, appena si accorse della mia presenza, la bocca si aprì – una muta domanda serpeggiava tra le sue labbra – e tra le mani vidi quel biglietto.

 

Il biglietto di Satana.

 

- Cos... cosa ci fai qui? -

- Non partire -

 

La guardai, mentre lenta, si avvicinava alla scrivania lasciando il biglietto.

Sembrava pensierosa, così triste, così poco brillante.

 

Ed era colpa mia.

 

- Non partire, Jo -

- Perché? -

- Perché non voglio perderti -

 

Stupida.

La vidi sorridere amara; carezzava con la punta delle dita il bordo della scrivania, evitando di guardarmi negli occhi.

 

Aveva ragione Mark, ero una cogliona.

 

- Non basta, Meredith. Non basta. - prese un profondo respiro; fece un passo verso di me e finalmente mi guardò negli occhi – Sono stanca. Okay? Stanca. Parto perché non posso più stare al tuo fianco senza sentire mille aghi trafiggermi il cuore. Sono stanca di soffrire, sono stanca di star male, sono stanca di negare quello che provo per te. -

 

Stavamo piangendo entrambe.

Come due stupide bambine ci guardavamo piangendo

 

- Ti prego, Jo -

 

Mi allungai per afferrarle le mani ma, lei, si allontanò; mettendo tra di noi quella distanza che mi pesava.

 

- Te lo domanderò un'ultima volta, Meredith; poi ti chiederò di lasciare la mia casa...-  strinsi gli occhi, dovevo farcela. Dovevo.

- Cosa ci fai qui? -

 

L'aria si bloccò nei polmoni.

Tutto si pietrificò.

Anche il mio cervello si spense.

Riuscivo solo a piangere e a guardarla.

 

Avanti.

Dillo.

Dillo.

Dillo.

 

TI AMO.

 

- Jo non... -

- Fuori. -

 

Mi voltò le spalle; aprii la porta e rimase lì, in attesa che io uscissi dalla sua stanza, dalla sua casa e dalla sua vita.

 

Era la mia ultima opportunità.

 

Mi avvicinai, guardandola, sperando che lei ricambiasse il mio sguardo, senza successo.

Arrivata sulla soglia mi fermai, presi un profondo respiro.

 

Potevo farcela.

 

- Ti amo... -

- Cosa? -

 

Avevo bisbigliato, ma sapevo che lei aveva capito, solo che non poteva crederci; dopo tutto quella che era successo non potevo biasimarla.

Mi misi di fronte a lei, le lacrime continuavano a scorrere ma questa volta sorridevo, le sorridevo.

 

- Ti amo, Jo. E sono stata una stupida ad aver avuto paura di questo; perché dio, ti amo. -

- Se è un modo... un modo per non farmi partire io... -

 

Non la feci finire.

Mi avventai sulle sue labbra, baciandola come se fosse davvero l'ultima volta che l'avrei vista; come se ogni cosa dipendesse da quelle labbra.

Succhiai la sua lingua, facendola sospirare e infilai una mano sotto la maglietta solo per poterle carezzare il fianco.

 

Ci staccammo per mancanza di ossigeno e finalmente Jo, mi abbraccio stretta.

 

Ero a casa.

 

- Ti prego, ridimmelo -

 

Le presi il volto tra le mani; scacciai con i pollici le lacrime che continuavano a scendere e poi le sorrisi.

 

Finalmente sorridevo, davvero.

 

- Nga yawne lu oer -

 

E finalmente sorrise anche lei, baciandomi, e stringendomi.

Il Na'vi, faceva ancora colpo.

 

- Sei stata una stupida! -

- Lo so, e mi dispiace Jo. -

 

Non riuscivamo a staccarci.

Ogni parola era accompagnata da un bacio lascivo.

 

- Non mi lasciare -

 

Non risposi.

La baciai più profondamente, più forte, spingendola verso il letto, dove ci stendemmo.

Mi sentivo così completa.

 

Così a casa.

 

Ora avrei dovuto lasciare Juliette.










Angolo


Salve, per favore niente lancio di verdure, so di star ritardando le pubblicazioni, ma davvero ho i tempi ristretti; tra l'università e il salvare il mondo, sono davvero incansinata.

Cazzate a parte... Vorrei ringraziare chiunque abbia ancora la pazienza di seguire questa storia che, ahimé, è quasi arrivata alla fine. (forse mancano due o un capitolo)

Niente, grazie ancora a tutti,
Buona domenica.
WankyHastings

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Capitolo 16
*** My Summer Love ***


Capitolo 15

My Summer Love

 

 

 

 

 

MEREDITH'S POV

 

 

Cercai di aprire gli occhi, che sentivo pesanti come macigni.

Non capivo quando mi fossi addormentata e non riuscivo nemmeno a capire che ore fossero, visto la tapparella completamente abbassata che non mi permetteva di vedere il cielo.

 

Chissà come si sentiva Cristoforo Colombo quando le stelle erano coperte dalle nubi...

 

… okay.

Pensiero fuori luogo.

 

Forza O'Brien, apri gli occhi.

 

Mi sforzai, davvero, per obbedire al mio ordine mentale e quando, finalmente, riuscii a spalancare quelle serrande, che si erano spacciate per i miei occhi, ringraziai tutti i santi e i libri della Rowling per lo spettacolo a cui stavo assistendo.

 

Georgina.

 

Quanto era bella?

Quanto ero stata stupida a farle del male?

 

Ormai erano passate due settimane da quando mi presentai da lei per fermarla. Quella notte restammo a parlare tutto il tempo, tra un bacio e l'altro; raccontandoci tutto quello che ci eravamo perse dell'altra, in quei giorni orrendi in cui ci evitavamo.

Colpa mia, lo so.

 

E poi...

 

Non era partita.

 

Cioè, sarebbe andata ad Harvard, ma dopo l'estate.

Come tutti.

 

E per quanto io fossi felice di poterla avere con me durante i mesi estivi; non cambiava il fatto che le nostre strade si sarebbero divise, ognuna a rincorrere i propri sogni, in college diversi.

 

Tutti sappiamo che la lontananza è una brutta bestia e, a me, faceva paura.

 

Ma non volevo ancora pensarci, per adesso volevo semplicemente godermi il calore di quella che era diventata la mia ragazza.

 

Mi stiracchiai, alzando le braccia sopra la testa e stendendo i piedi, come se fossi una ballerina provetta.

Mi voltai su un fianco, per mettermi di fronte a Georgina che continuava a dormire indisturbata.

Chissà cosa stava sognando, per aver quel sorriso sulle labbra.

 

Mi avvicinai silenziosa al suo viso e cominciai a baciarle le labbra, piano, per farla svegliare da quel sogno.

Continuai a schioccarle baci finché, finalmente, aprì i suoi occhi verdi e lucidi, incontrando i miei che stavano agognando quest'incontro.

 

- Buongiorno -

- .. giono -

 

Sorrisi ancora una volta davanti a quel viso ancora addormentato, davanti a quegli occhi che raccontavano ancora sogni di mondi incantati, poi, finalmente, la bacia ricambiata.

Ci stavamo ancora coccolando, come due neosposine in luna di miele; quando il mio telefono cominciò a suonare.

Allungai il braccio per afferrarlo e far smettere chiunque stesse disturbando la mia dolce quiete che sarebbe finita sicuramente con un'appagante sessione di Sweet Lady Kisses, se volevamo citare le Brittana; peccato che Jo non si sentisse ancora pronta per il passo successivo.

 

Guardai lo schermo e mi ritrovai a sbuffare.

 

- Jo, è Mark... -

- Rispondigli, dai -

 

Feci scivolare il dito lungo lo schermo, accettando la chiamata e portai il telefono all'orecchio, pronta ad ascoltare quello che aveva da dire.

 

- Pronto? -

- Santo Godric, finalmente! -

- Non pronunciare quel nome -

- Serpeverde dei miei stivali, è Voldermort l'innominabile -

- Il signore oscuro ti punirà per questo affronto -

 

Non riuscii a sentire cosa il mio amico avesse risposto perché Georgina mi aveva sferrato un pugno sul braccio – la solita violenta – e mi aveva carinamente intimato con il labiale di non continuare questa “menata” Harrypotteriana.

 

- Mark... cosa c'è? -

- Io, un giorno di questi, ti ucciderò. Non dovevamo andare a mare, oggi? -

 

Spalancai gli occhi e la bocca, consapevole di aver dimenticato questa cosa.

 

- Mark... noi …. -

- Alzate quel culo – immediatamente e trascinatelo su questa spiaggia, prima che decida di vendicarmi -

 

Chiuse il telefono, lasciandomi imbambolata per qualche secondo; poi il mio cervello recepì per bene la parola “vendicarmi” e compresi che avremmo dovuto muoverci.

Ora.

Subito.

Immediatamente.

 

Smaterializzazione.

… magari.

 

Mi lancia fuori dal letto intimando Georgina di fare lo stesso, o i suoi capelli sarebbero stati rasati a zero prima che potesse finire di dire Supercalifragilistichespiralidoso.

 

Non c'era tempo da perdere.

 

 

*

 

 

 

Arrivammo in spiaggia in tempo record, con gli occhi ancora in fase di apertura. I miei capelli erano una massa scompigliata senza forma mentre, Jo, sembrava un zombie; l'avevo vestita io – questo spiegava gli abbinamenti orridi – e l'avevo trascinata fuori di casa mettendole le ciabatte tra le braccia.

 

Povero amore.

 

Mano nella mano, camminavamo sul bagnasciuga in cerca di Mark; camminammo per qualche minuto finché non vidi il mio amico sbracciarsi – si sarebbe lussato una spalla se avesse continuato – per farsi notare da noi.

Arrivati alla base, salutai Mark e mi accorsi della presenza di GayShane impegnato a parlare con Jo; mi avvicinai al mio amico e mentre mi spogliavo gli sorrisi sorniona.

 

- Che c'è Merdina ritardataria? -

- Mi nascondi qualcosa? -

 

Mi guardò confuso. Gli occhi chiusi a fessure, una mano a pararsi dal sole e la bocca piena – stava mangiando una carota.

- No. Ma di cosa stai parlando? -

- Oh, niente... Sai, tutto questo tempo che stai passando con Shane, non vorrei che tu possa... come dire... cambiare gusti -

 

A questa mia frase Mark sputò la carota, cercando di non strozzarzi e morire di asfissia.

 

- Non saremo i tuoi Albsu Silente e Gellert Grindelwald, O'Brien! -

- Infatti spero in nessuno omicidio magico -

 

Vidi Mark muoversi lento, cominciando a fare stretching.

Ma che cazzo?

 

- A me piacciono le donne. Diventerò gay quando il caro Tony Stark avrà una storia con Capitan America. -

- Lo prendo per un mai? -

- Sì.... e ora corri -

- Pe...per..perché? -

 

Smise di fare stretching per poi girarsi con un sorriso malefico che gli solcava il viso.

Sembrava Joker.

 

- Perché sto per ucciderti -

 

Merda.

 

 

 

GEORGINA'S POV

 

 

Mi sdraiai tranquilla sul mio asciugamano sulla spiaggia, mentre controllavo Meredith e Mark che in acqua cercavano di affogarsi a vicenda.

Mi sarebbero mancate le loro uscite così nerd, battute che io , con il tempo, capivo; battute che trovavo esilaranti – ma questo non lo avrei mai detto a loro, o non avrebbero fatto altro per tutto il tempo.

Avrei voluto che il liceo non finisse mai.

Ma, Harvard

 

… Harvard è il mio sogno da sempre.

È il futuro.

 

Non avrei potuto rinunciarci, anche se questo significava lasciare ogni cosa; lasciare il mio passato.

Sospirai e mi voltai, mettendomi con la schiena rivolta al caldo sole estivo.

 

- A cosa pensi principessa? -

 

Girai il viso incontrando gli occhi blu di Shane; era appena uscito dall'acqua e le goccioline seguivano la forma dei suoi pettorali.

Povera fauna femminile....

Aspettai che si stendesse al mio fianco prima di parlare.

 

- Pensavo a quante cose cambiano in pochi mesi -

- Jo, non cambierà nulla -

- Invece cambierà tutto! Le mie abitudini, i luoghi, le persone... tutto -

- Tu e Meredith ce la farete... -

- Lo spero. -

 

Mi diede una dolce carezza sul capo, sorridendomi dolce; così diverso dallo stronzo Livingston che mostrava a liceo.

Non riuscii a dire nient'altro che un getto di acqua gelida mi arrivò dritto in testa, facendomi urlare come una pazza isterica.

 

- Chi ha OSATO? -

 

Mi voltai e trovai quei due stupidi che cercavano di scaricarsi a vicenda l'arma del delitto: il secchiello rosso.

 

- Amore, dai... era solo... uno scherzetto -

- Vero, Chiapwood. Ero solo per giocare -

- Jo non guardarci così... -

- Sua maestà, avanti, non digrignare i denti -

 

Più cercavano di calmarmi con quelle frasette, più la mia mente trovava modi per ucciderli; avrei potuto scrivere un libro: “ I milleuno modi per uccidere”

 

- Io vi ammazzo! -

 

E mi lanciai in una corsa con in mano un rastrello come arma letale.

 

 

MEREDITH'S POV

 

 

- Amore...? -

- Che vuoi brutta traditrice? -

 

Chinai il capo sconsolata. Avevo quasi rimosso il fatto che Georgina fosse così brava a farti sentire in colpa.

 

- Vieni a costruire un castello di sabbia con me? -

- Non sei più una bambina -

 

Mi lanciai su di lei, strofinando il viso contro il suo petto.

 

- Dai, Jo! So che piace anche a te, smettila di tenermi il muso. Dai! -

- Avanti Chiapwood, smettila di fare la sostenuta! -

- Tu TACI, Cullivan! -

 

Sfoderai la mia espressione migliore di cucciolo bisognoso di attenzioni, continuando a lasciarle dolci bacini sulle guance.

 

- Va bene O'Brien, andiamo a costruirci questo castello -

- Sìììììì -

 

Mi alzai trascinando anche lei da una mano, correndo verso la riva, dove avremmo costruito il nostro castello.

- Meredith...-

- Cosa? -

 

Mi voltai per guardarla; incontrai i suoi occhi che riflettevano la luce del sole e mi baciò.

 

Perfetta letizia.

 

- Niente, ora possiamo andare -

 

Quel bacio era durato davvero poco. Merda.

 

Ci inginocchiammo sulla spiaggia e armate di paletta, rastrello e secchiello, cominciammo a costruire l'opera d'arte.

 

- Meredith, facciamo una gara? -

- Cioè? -

- Chi fa il castello più bello vince un premio -

 

Ecco.

Era la fine.

 

 

*

 

Non so quanto tempo rimanemmo nelle nostre posizioni per costruire qualcosa; ero solo consapevole della sabbia che aveva occupato ogni buco disponibile del mio corpo, e quando dico ogni buco, intendo anche quelli del naso.

 

Fatto sta che Mark – il nostro giudice di gara – si avvicinò per controllare i nostri lavori.

 

- Allora, architetti della sabbia, vediamo cosa avete combinato -

 

Si avvicinò alla costruzione di Jo e io rimasi senza parole, così come Mark.

 

- Sua maestà lo devo ammettere. Ci sai fare con le mani -

- Grazie Cullivan -

 

Io non potevo ancora crederci.

Quello...

 

- Allora, Mer... ti piace la mia Hogwarts? -

 

Ebbene sì.

Era riuscita a costruire la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.

Volevo piangere.

La mia donna è una bomba.

 

- Amore, ma come faccio a portarmela a casa? -

- Non puoi! Hogwarts non può essere nelle mani di una babbana come te -

 

STREGA!

Quella donna se si fosse impegnata avrebbe superato Bellatrix in cattiveria.

 

- Dai, basta bambine. Ora vediamo un po' cosa hai combinato Merdina.....-

 

Ci avvicinammo alla mia postazione, dove... beh...

 

- Che schifo è quello? -

 

Ecco, appunto.

Quanta delicatezza aveva il mio amico.

 

- Ma non ti vergogni? Una bambina di quattro anni avrebbe saputo fare meglio -

 

Okay, ora però si stava esagerando.

 

- Non lo riconosci, Mark? -

 

Mi guardò, aspettando una qualsiasi giustificazione, mentre Georgina se la rideva nascondendosi dietro le sue spalle.

 

- Questo è il Monte Fato -

 

Mi guardò negli occhi, poi di nuovo quell'ammasso di sabbia indistinto – che io stavo spacciando per la dimora di Sauron, poi di nuovo me.

 

- Tu, piccola O'Brien, sei un fottuto genio! Vince Meredith! -

- COSAAA?! -

 

Improvvisai un balletto, mentre Mark spiegava a Jo che il Signore degli anelli vinceva sempre.

Sempre.

 

Che Sauron sia lodato!

 

 

 

GEORGINA'S POV

 

Dopo aver perso così miseramente, la mia punizione fu quella di massaggiare i piedi di Meredith... ogni volta che l'avrebbe richiesto, fino alla fine della giornata.

 

Quei due cretini non avrebbero mai permesso di far vincere me.

Dovevo aspettarmelo.

 

Era ormai il tramonto, così smontammo il nostro accampamento profughi e decidemmo di andare a casa.

Ero stanchissima e completamente sfatta.

 

Non vedevo l'ora di arrivare a casa di Meredith e morire sul suo letto.

 

*

 

Arrivate sul vialetto di casa O'Brien, Meredith si fermò davanti alla cassetta della posta, per controllare; la guardai mentre leggeva i mittenti di ogni lettera, quando notai il suo corpo congerlarsi, rimanere di pietra.

 

- Mer, tutto okay? -

 

Nessuna risposta.

 

- Mer...? -

- Meredith mi stai facendo preoccupare -

 

E finalmente alzò il suo sguardo verso di me. Un sorriso che piano piano si apriva sulle sue dolci labbra.

 

- Sono stata ammessa -

 

Ci ritrovammo ad urlare come due pazze, abbracciandoci e saltellando lungo il giardino.

Era stata ammessa alla New York University, dovevamo festeggiare, dovevamo...

 

Boston e New York.

 

Ci bloccammo dal saltellare, probabilmente colpite dallo stesso pensiero.

Saremmo state lontane.

 

- Ce la faremo, Meredith, credo in noi -

- Sì, hai ragione -

 

Ci baciammo con passione, con una voglia crescente che mi stava facendo ansimare.
Che mi stava uccidendo ogni neurone; disintegrando sinapsi e.... facendo contrarre le pareti della mia vecchia amica patata.

La volevo.

 

- Mer... -

- Sì? -

- Andiamo a casa. Ho voglia di spogliarti -

 

Non volevo pensarci.

Non ora.

Per adesso volevo solo fare l'amore con Meredith per la prima volta e renderlo il mio ricordo più bello.









note:
Ed eccomi con il penultimo capitolo! ebbene sì, il prossimo sarà l'epilogo di questa storiella molto nerde.
chiedo scusa per gli eventuali errori, spero che vi piaccia comunque.
CIAO CIAOOOOO

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Capitolo 17
*** Goodbye my lover, Goodbye my friend ***


Capitolo 16

Goodbye my lover,

Goodbye my friend.

 

 

GEORGINA'S POV

 

 

Infilai nella valigia, ormai stracolma, l'ultimo paio di jeans; poi con la rinomata tecnica del “siediti sulla valigia e salta” riuscii a chiuderla.

Guardai l'armadio ormai vuoto, le pareti spoglie, il comodino rivoltato e sospirai.

Era davvero arrivato il momento.

 

Non potevo crederci.

 

Mi lasciai cadere sul letto sfatto e i miei occhi si fissarono su un punto qualsiasi sul pavimento.

 

Non volevo partire.

Volevo.

 

Non riuscivo nemmeno a capire cosa volessi.

 

Rimasi immobile in quella posizione per non so quanto tempo; so soltanto che ad un certo punto sentii una mano accarezzarmi la schiena.

Mi voltai incontrando gli occhi grigi di Meredith.

La mia Meredith.

La mia bellissima ragazza.

 

- Ehi... -

 

Dio.

Mi sarebbe mancata anche la sua voce da bambina.

Il suo profumo dolce.

Le sue menate nerd.

Le notti passate a ridere.

 

Lei.

 

Mi sarebbe semplicemente mancata lei, nel suo tutto; nella sua totale e infinita completezza.

Mi persi un altro po' nei suoi lineamenti, come se dovessi memorizzarmeli per sempre nelle retine, prima di rispondere a quel flebile saluto.

Avrei potuto piangere.

 

- Ciao... -

- Hai finito le... valige -

- Già -

 

La sua non era stata una domanda, ma... dovevo per forza riempire quel silenzio doloroso.

 

- Jo... -

- Mmh? -

 

La guardai sospirare prima di voltarsi verso di me sorridendo.

 

- Facciamo che per oggi non esista nient'altro che noi, okay? Divertiamoci con Mark e Shane. Basta. Come ai vecchi tempi -

 

Come avrei – solo lontanamente – potuto dirle di no?

Non ne avevamo parlato neanche una volta e io, io... ne stavo morendo.

Ma se questo era un suo desiderio, non sarei stata io a negarglielo.

 

Cosa sarebbe rimasto di noi?

 

Mi sentivo come Brittany, quando Santana aveva deciso di lasciarla per fare la “cosa matura”; e il problema era che Meredith non mi aveva ancora lasciata.

 

Cosa voleva fare?

 

- Okay, Mer. Allora andiamo da loro? -

- Certo! -

 

Mi prese per mano e insieme uscimmo dalla mia casa.

 

- Mer? -

- Cosa? -

- Dormi da me stanotte? -

 

Si fermò lungo il sentiero di casa per potermi guardare.

Perché nei suoi occhi scorgevo un addio che io non ero disposta ad accettare?

L'amavo. Avrei aspettato anni per lei.

 

- Certo, amore -

 

Si sporse verso di me, accarezzandomi la guancia, prima di baciarmi.

 

E per Morgana, aveva tanto il sapore di un ultimo bacio.

 

 

 

 

MEREDITH'S POV

 

 

Camminavo con Jo, per strada, diretti ad una gelateria all'aperto dove ci attendevano.

Ero tremendamente spaventata dal futuro.

Stavamo insieme da poco, solo tre miseri mesi.

Come avrei potuto dirleo “Ciao”?

 

Avrei resistito tutti quegli anni?

 

Troppe domande mi ronzavano in testa, troppe senza risposta; quindi sarebbe stato meglio godersi questa ultima giornata.

 

Arrivammo al bar e notai Mark che cercava di tenere in equilibrio sul bicchiere una monetina.

 

- Si può sapere cosa stai combinando Cullivan? -

 

A quella domanda la monetina cadde rovinosamente, facendo innervosire Mark e ridere di gusto Shane.

 

- Non puoi farti un paio di affari tuoi, Sua Maestà? Anche l'ultimo giorno devi rovinare la vita di un povero cavaliere dall'armatura scintillante? -

- L'unica cosa che tu hai di scintillante, Mark, è l'orologio che ti ho regalato, per pietà -

- Quanta acidità in un giorno che dovrebbe essere fatto d'amore e uccellini -

- Gli uccelli ti fanno venire la polmonite -

 

Ci sedemmo intorno al loro tavolo, sorridendo per l'ultimo scambio di battute.

Mi sarebbe mancata questa rassicurante quotidianità.

 

Perché quando pensi di essere felice, ma davvero felice, succede qualcosa che deve distruggere tutto?

Siamo davvero dei miseri castelli di carta che crollano al primo alito di vento?

Siamo davvero così... fragili?

 

Per fortuna la voce di Mark mi distrasse da quei pensieri apocalittici.

 

- Dio Gandalf! Shane, smettila di fissare il culo di quel povero cameriere. -

- Andiamo, amico! Ha delle chiappe d'oro! -

- Potrei concedertelo, ma insomma, si sentirà … deflorato dal tuo sguardo maniaco -

 

Ridemmo della faccia di Shane ormai rossa d'imbarazzo.

Georgina sembrava tranquilla, seduta al mio fianco, continuava a lasciarmi dolci carezze sulla gamba e parlava con gli altri.

Possibile che fosse così serena all'idea di partire?

 

- Merdina? -

- Mmh? -

- Possibile che devo essere circondato da gente che sbava dietro ad altra? -

 

Quanto era melodrammatico.

Santo Salazar!

Non feci in tempo a rispondere al mio amico, che sentii la mano di Jo abbandonare la mia gamba per poter minacciare il povero Mark.

 

- Attento a quel che dici, Schiappa. Io non sbavo! -

- No, infatti. Tu semplicemente picchi le persone che ti piacciono prima di dichiarare il tuo amore in lacrime! -

 

Non ridere Mer, non ridere.

NIENTE DA FARE.

 

Scoppiai miseramente a ridere, mentre Jo mi guardava a bocca aperta.

 

- Cosa ridi, brutta stupida? Vogliamo parlare della tua indecisione di mesi? Sembrava che dovessi scegliere chi tra “Harry Potter” e “Il signore degli anelli” dovevi buttare nelle fiamme! -

- Jo, per favore! -

- No, tu hai riso alla battuta di quel mentecatto! Insomma, Shane, cosa c'è da scegliere tra me e quel nano da giardino, con problemi di ossessione verso i cappelli? -

 

Rimanemmo in silenzio in attesa della risposta di Livingston. Lui, con tutta la calma del mondo, finì di bere la sua Diet Coke, si asciugò la bocca e finalmente guardò Jo negli occhi.

 

- Tesoro, se tu fossi meno acida forse non ci sarebbe stata scelta... -

 

Ancora una volta mi trattenni dal ridere – difficile, visto il mondo in cui Mark si stava sbellicando tenendosi in precario equilibrio sulla sedia.

- Io non sono acida. Sono diversamente dolce. E poi con l'ossessione che ha Mer per i Serpeverde, avrei dovuto vincere contro una Tassorosso di quarta lega. -

- Wow -

- Cosa c'è, Sully? -

 

Mi preparai mentalmente ad un'altra battuta.

Per quanto oggi fosse l'ultimo giorno, Mark e Jo, rimanevano sempre i soliti.

 

- Mi stupisco del fatto che alla fine, tu abbia davvero imparato qualcosa da noi. Sono commosso -

 

Fece finta di asciugarsi gli occhi con un fazzoletto, tirando su con il naso; e Shane si aggiunse alla scenetta dandogli delle pacche sulla schiena.

 

- Solo perché non parlo ogni cinque secondi di quanto Sauron sia potente; non significa che io non abbia conoscenze in merito. Stupido Troll -

 

Continuammo a ridere e scherzare; a farci battute e a lanciarci di tanto in tanto il gelato rimasto nelle coppe.

Sembrava come se niente dovesse finire quel giorno.

Sembrava come se tutto sarebbe rimasto uguale il giorno dopo.

 

E io un po' ci speravo.

 

Ma quando ci alzammo per ritornare a casa; ebbi la certezza che invece le cose stavano cambiando.

Dopo anni di amicizia, vidi per la prima volta Mark abbracciare Georgina; non nel solito abbraccio di gruppo dove poter nascondere il proprio affetto.

No.

Parlo di quegli abbracci intimi, dove ognuno scopre la propria anima e dona il proprio cuore.

 

- Mi mancherai, Jo -

- Anche tu -

 

Già. Le cose stavano davvero per cambiare.

 

 

 

 

GEORGINA'S POV

 

Casa.

Come al solito mi ero divertita al bar, anche se Meredith era distante.

Molto distante.

 

Ma, non voleva parlarne, aveva deciso così.

 

Ci cambiammo per la notte, infilandoci il pigiama. Eravamo nel mio letto, le mani intrecciate ma gli sguardi rivolti al soffitto.

Non ce la facevo più.

 

Stavo scoppiando.

 

- Meredith, a cosa pensi? -

 

Si voltò verso di me; gli occhi erano lucidi e le sue ciglia stavano trattenendo piccolo goccioline salate.

Mi buttai completamente su di lei, avvolgendola e lasciandola sfogare; io mi accontentai di lasciarle baci sulla fronte.

 

- Non voglio che tu te ne vada -

 

Eccola. Finalmente.

 

- Amore, è il nostro... destino. Anche tu te ne andrai tra una settimana. -

 

Si alzò di scatto dalle mie braccia per potermi guardare negli occhi.

 

- E se rimanessi qui? Potrei trovare un lavoro da “Galatex” e... e... quindi potresti rimanere anche tu... e... -

 

Bloccai il suo sproloquio con un bacio.

 

- Mer, guardami. Tu odi “Galatex”. Sei destinata a proteggere indifesi, tu diventerai il migliore avvocato come quel Daredevil. Rimanendo qui a servire gelati... cominceremo ad odiarci a vicenda. Hai... abbiamo un futuro che ci attende. -

- Ma... tu... io... noi -

- Con o senza di me, diventerai un stupendo avvocato -

- Che significa con o senza di te ? Mi stai lasciando? -

 

Si allontanò di scatto da me, mettendosi a sedere sul letto.

La mia piccola Mer.

 

- No, pensavo volessi lasciarmi tu. -

- NO! -

 

Rimanemmo in silenzio a scrutarci.

Poi finalmente, Meredith, ritornò tra le mie braccia lasciando dei baci sul collo.

 

- So che sarà difficile, ma ti amo, Meredith. E ti aspetterò. -

- Anche io -

 

Ci guardammo negli occhi per un attimo che parve infinito, poi le nostre labbra si avvicinarono, spinti da chissà quale forza.

Come delle calamiti.

 

Perché io e Lei eravamo questo: delle forze che si attraevano; impossibile da dividere.

 

Il bacio si fece sempre più profondo, sempre più intenso, le mani cominciarono a girovagare sotto la maglietta; i gemiti – mi stava facendo morire – cominciarono a riempire le nostre orecchie.

 

La volevo.

 

Con uno scatto di reni, cambiai la posizione.

Ero sopra di lei e la guardavo, innamorata, persa.

Mi sentivo come un marinaio attirato dalla sirena, una sirena che l'avrebbe condotto nel più oscuro abisso.

 

Meredith era la mia sirena e il mio abisso.

 

Le tolsi la maglietta per poter viziare il suo seno – non portava il reggiseno – e il suo addome.

Volevo baciare e coccolare ogni piccola parte di lei; ogni lembo di pelle doveva portare il segno del mio passaggio.

Volevo marchiare la sua pelle e dimostrare a tutti che era MIA.

 

Scesi più giù, fino a sfilarle il pantaloncino e le mutande...

… e lei era lì.

 

Nuda e bellissima.

In mio potere.

 

- Prendimi Jo, ti prego -

 

Non servì nient'altro. Mi immersi in lei infinite volte finché stanche non ci addormentammo.

Ci amavamo, questo era l'importante.

 

 

 

 

MEREDITH'S POV

 

 

Il mattino dopo ci svegliammo ancora abbracciate e nude – anche se un po' sudaticce.

Facemmo la doccia insieme, prima di condividere la colazione.

Non parlammo molto; ci scambiammo giusto qualche parola.

 

Eravamo spaventate.

Lo sentivo sotto la pelle, in profondità, fino alle ossa.

Avevamo paura di rompere quella preziosa bolla in cui Jo non sarebbe partita tra poche ore.

 

Ma l'inevitabile sarebbe arrivato.

 

Ero pronta?

Sarei riuscita a sopportare questi anni di distanza?

Mi ripetevo sempre le stesse domande, neanche fossi un disco rotto.

 

Solo quando caricammo le valige in macchina, per accompagnarla alla stazione, capii che ero arrivata al capolinea; volevo piangere, ma mi trattenni per non far disperare ancora di più Georgina.

I suoi genitori parlavano e io rimanevo muta, la sua mano stretta nella mia in una muta richiesta: Non lasciarmi.

 

Arrivammo.

Troppo in fretta.

Troppo.

 

Non ero pronta.

Io non potevo.

 

NO.

 

Vidi Jo salutare i suoi genitori, con calma, trattenendo anche lei le lacrime.

 

Non era giusto, porco Sauron.

 

Quando toccò a me, nessuna delle due riuscì più a trattenersi; le lacrime cominciarono a scendere copiose sulle nostre guance.

L'abbracciai stretta, sperando che questo avrebbe rimandato, cancellato, annullato questa pena.

 

- Andrà tutto bene, amore mio -

- Non andare, Jo -

 

Ero patetica.

Sapevo che sarebbe dovuta andare, ma una parte di me, la mia parte bambina ed egoista sperava...

Speranza.

 

Una grande fregatura.

 

- Ti prego, Mer -

- Hai ragione, scusami -

 

Eravamo ancora abbracciate, ognuna persa nel profumo dell'altra, ognuna cullata dal battito dei nostri cuori innamorati; quando Isabel ci comunicò che il bus per Boston era appena arrivato.

 

Ci staccammo di malavoglia.

Un sorriso.

Un bacio appena accennato.

Una carezza.

 

- Staremo insieme, io credo in noi -

 

Una frase.

 

- Ci conto, Jo -

 

Una promessa.

 

- Ti amo -

- Anche io -

 

Una sicurezza.

 

E poi...via...

Lontana da me.

Ma non dal mio cuore.



















VIVA
Ciao popolo!
Okay, forse un saluto troppo didattoriale...
Ciao, gente! :D
Finalmente - anche se di fretta - sono riuscita a publlicare l'ultimo capitolo di questa storia.
Non prometto nulla, ma penso che.... se voi siete d'accordo a starmi ancora dietro, ho intenzione di fare un sequel, non buono per i deboli di cuore :D
Detto ciò (fatemi sapere che ne pensate) ringrazio chiunque abbia recensito, messo la storia tra le preferite, seguite, ricordate.
Siete stati fantastici.
Grazie e alla prossima. :) ps: per eventuali errori chiamate la mia segretaria Sbrodolina. Ergo, chiedo scusa.
 

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