Il gioco delle parti di Rosebud_secret (/viewuser.php?uid=137110)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 1 *** I ***
NdA:
Questa
storia partecipa
al contest della pagina Facebook “Io
scrivo su
EFP”,
FORSE, ovvero:
se la giudice, Lara Zarina
Nemainn,
non mi caccia via perché ho sforato di ben quindici pagine
il limite
massimo; in caso contrario sarà solo una minilong di tre
capitoli,
ma spero comunque che vi piaccia. Una recensione può salvare
la
vita, “sapevatelo” (cit)! Mi sento sempre a disagio
quando scrivo
di Star Trek, e questo è sostanzialmente il motivo per cui
ho una
mezza dozzina di storie cominciate sul pc e mai finite. A voi posteri
l'ardua sentenza!
Disclaimer:
I personaggi, per loro fortuna, non sono di mia proprietà,
ma
appartengono ai loro rispettivi proprietari, che il cielo li abbia in
gloria per questo!
Auguro
a tutti una buona lettura e vi ringrazio, parandomi il vulcaniano
sedere rubando le parole al folletto Puck,:
«Se
noi ombre vi siamo dispiaciuti,
immaginate
come se veduti
ci
aveste in sogno, e come una visione
di
fantasia la nostra apparizione.»
-William
Shakespeare-
Il
gioco delle parti:
di
Rosebud Secret
“Ama
tutti, credi a pochi e non far male a nessuno.”
-William
Shakespeare-
“Sicuro
di non voler venir con me, Spock?”
Il
vulcaniano distolse lo sguardo e Jim poté quasi percepire il
suo
imbarazzo, al di là dell'apatica facciata.
“Non
vedo che piacere potrei trarre dal “cavalcare”
un'onda. La
ringrazio per l'invito, capitano, ma mi vedo costretto a declinare
ancora una volta. Approfitterò di questa breve licenza per
ultimare
i miei aggiornamenti sulle recenti istallazioni del computer di
bordo.”
Jim
scosse la testa con un sorrisino sconsolato. Avrebbe voluto dirgli
che non sarebbe riuscito a sfuggire per sempre a quella ed ad altre
conversazioni, ma si limitò ad un neutro:
“Dovresti
davvero imparare a divertirti un po'.”
Gli
diede una pacca sulla spalla, poi montò sulla piattaforma di
teletrasporto.
“Energia,
signor Chekov.”
“Siamo
soli, siniore.”, commentò il giovane
guardiamarina, rivolgendosi
al primo ufficiale, “L'Enterprise è nave fantasma,
adesso.”
Spock
non commentò e uscì dalla sala teletrasporto.
Benché il capitano
non gliene avesse fatto una colpa, si sentiva responsabile per il
crash del computer che aveva costretto
la nave
a rientrare dopo appena tredici giorni dalla partenza per la missione
quinquennale. Avrebbe dovuto prevedere che l'esplosione di quella
stella avrebbe comportato una pioggia quantica pericolosa, eppure
aveva insistito perché si avvicinassero per fare
rilevamenti. Era
stato avventato e stupido. La sua distrazione aveva raggiunto vette
imperdonabili. Khan aveva cambiato ogni cosa, andando a peggiorare il
suo già instabile equilibrio emozionale. Tutto era
cominciato con la
distruzione di Vulcano e con la morte della madre. Eventi dai quali,
nonostante tutti i suoi sforzi, non si era mai ripreso. Ed altri
incubi si erano aggiunti ai suoi tormenti notturni di seguito alla
morte di Jim, per quanto non definitiva. Per oltre due settimane
aveva vegliato su di lui senza chiudere occhio all'ospedale,
rifiutando di allontanarsi dal capezzale nonostante le minacce del
dottor McCoy. Ed era stato in quel terribile periodo che aveva
accettato l'ineluttabile verità di provare per il capitano
dolorosi
e confusi sentimenti che, suo malgrado, non era riuscito a tenere per
sé.
I
tecnici, ad ogni modo, avevano impiegato poche ore a reinstallare il
sistema, ma Jim aveva comunque insistito perché si
fermassero
qualche giorno per permettere al dottor McCoy di festeggiare il
compleanno di sua figlia. Benché Spock non comprendesse il
bisogno
umano di onorare tale ricorrenza, si era sentito in un certo qual
modo rassicurato dal tempo guadagnato: avrebbe studiato nel dettaglio
ogni procedimento del computer, così da non incorrere
nuovamente in
una tanto imperdonabile svista.
Lavorò
per tutta la giornata e, a sera fatta, dopo aver cenato con Chekov,
si era ritirato nel suo alloggio con l'intento di studiare ancora.
“Guarda
cosa ti stai perdendo!”, esclamò Jim nel
video registrato che
gli aveva mandato quel pomeriggio.
Grazie
al cambio di inquadratura, Spock poté vedere la spiaggia
assolata,
gremita di gente, e le alte onde su cui molti stavano facendo surf.
Per quanto nessuna di quelle attività lo interessasse,
provò
davvero la pungente sensazione di starsi perdendo qualcosa,
per dirlo alla maniera terrestre. Jim aveva davvero molto insistito
perché lo accompagnasse... Probabilmente,
rifletté, ciò era dovuto
al suo tentativo di non farlo sentire in colpa per quel pasticcio col
computer; o forse per risollevare un discorso che, in cuor suo, il
primo ufficiale non avrebbe mai voluto aver intrapreso. Quel che,
tuttavia, il capitano non aveva capito era che non esisteva forza
nell'universo che potesse strappare un vulcaniano al proprio dovere.
Ascoltò
l'altro ripetergli le coordinate della spiaggia per la tredicesima
volta da quando gli aveva mosso il primo invito, due giorni prima,
poi una ragazza comparve nell'inquadratura. Era davvero graziosa, con
i capelli scuri ed una vivace fascia rossa che le copriva la parte
superiore del capo. Questo fu in grado di procurargli un sordo quanto
inopportuno fastidio.
“A
chi lo mandi, alla tua ragazza? Ciaooo, ragazza di Jim!”,
esclamò.
“Ad
un dannato cocciuto.”
Lei
annuì risoluta e avvicinò ancora di
più il viso alla camera.
“Se
sei carino almeno la metà di lui, devi assolutamente venire
qui!”,
sentenziò per poi rivolgersi al capitano: “E'
carino?”
“E'
vulcaniano...”
“Questa
non è una risposta!”
“Concordo.”,
si ritrovò a commentare Spock.
“E'
un tipo. Posso riavere la telecamera, adesso?”
L'apparente
non risposta parve bastare alla ragazza, e Jim tornò ad
inquadrarsi.
Sogghignava, come se immaginasse perfettamente la
perplessità sul
volto del suo primo ufficiale.
“Allora,
ti ho convinto?”
Il
video si concluse con un movimento brusco e qualche risata. Spock si
ritrovò a scuotere leggermente il capo, incredulo.
Guardò
la tabella di marcia che aveva preparato sul suo PADD e
constatò
che, in base alle tempistiche schedate, avrebbe potuto raggiungere
Jim da lì a cinque giorni con una probabilità del
83% salvo
imprevisti.
Forse
lo avrebbe fatto, quanto meno per metterlo a tacere.
Si
sorprese quando notò una chiamata in arrivo.
“Capitano...”,
cominciò a dire, premendo il tasto di ricezione senza
guardare, ma
si corresse subito dopo, quando sentì l'intenso vociare di
un numero
imprecisato di bambini: “Dottore,
cosa posso fare per lei?”
“Ha
sentito Jim? Doveva passare alla festa di Jo per darmi una mano. E'
cominciata già da un'ora e non risponde al comunicatore,
quel
bastardo!”
Bones
si grattò la nuca.
“So
che non lo capirà, ma, insomma... ho davvero bisogno di
qualcuno che
mi copra le spalle, qui! EHI, TU! SCENDI DA QUELL'ALBERO!”
“Ho
ricevuto un suo messaggio alle 15.23.37 di questo pomeriggio. Non ci
sono state altre comunicazioni, ma ho ragione di credere che fosse in
compagnia, e potrebbe esserlo tutt'ora.”, fu la fredda
risposta di
Spock.
“Mi
sta dicendo che mi ha mollato?! Ma io lo ammazzo! Oh, per la miseria,
sono un dottore, non Mary Poppins! VIENI GIU' DA LI', PRIMA DI
ROMPERTI IL COLLO!”
McCoy
chiuse la comunicazione senza neanche salutare, lasciando il
vulcaniano fermo a fissare lo schermo, perplesso: era inusuale che il
capitano non mantenesse la sua parola, quindi perché non era
andato?
Un'ombra
di sospetto gli suggerì che quella fosse tutta un'oculata
manovra
orchestrata per farlo sbarcare, volente o nolente. Nonostante questo
non venne meno ai suoi compiti e cercò di mettersi in
contatto con
il capitano. Provò più volte, ad intervalli
regolari di cinque
minuti, senza ottenere risposta.
“Chekov.”,
chiamò.
“Sì,
siniore?”
“Devo
scendere a terra a sincerarmi delle condizioni del capitano. Reputo
che non sia accaduto nulla di grave, ma è opportuno
controllare.
Sarò di ritorno entro tre ore da adesso,
approssimativamente. Spock
chiude.”
Raggiunse
la sala teletrasporto e si assicurò di avere con
sé il
comunicatore, prima di impostare le coordinate sulla consolle e
scendere in quella spiaggia di Miami.
Il
sole era tramontato da poco e l'orizzonte era ancora tinto da una
striscia violacea. Si guardò intorno per qualche istante:
alcuni
ragazzi stavano preparando un barbecue sulla spiaggia; qualcuno
faceva jogging con il cane; qualche coppietta passeggiava; e in molti
stavano prendendo un aperitivo nelle depandance dei locali al di
là
della strada. Jim non era in vista, per cui si diresse subito verso
l'albergo dove lo sapeva alloggiato.
Una
volta ottenuto il numero di camera alla reception, salì al
ventitreesimo piano. Bussò alla camera 2487, ma non
ricevette alcuna
risposta. Provò quindi ad abbassare la maniglia e la porta,
con sua
sorpresa, si aprì.
“Capitano?”,
chiamò, entrando, esitante.
“Adesso?!
Ti presenti ADESSO?!”, esclamò Bones, furibondo,
spalancando la
porta della casa dell'ex-moglie.
Jim
gli rivolse un sorrisino colpevole.
“Non
ti avevo promesso di aiutarti con la festicciola. Comunque sia
c'è
stato un piccolo guasto con la piattaforma di teletrasporto a Miami.
L'hanno sbloccata solo poco fa.”
“Zio
Jim!”, esclamò la piccola Joanna, sgusciando fuori
da dietro al
padre.
Il
capitano posò a terra l'ingombrante pacco regalo e la
sollevò tra
le braccia, permettendole di dargli un bacio sulla guancia.
“Ciao,
principessa! Mi perdoni per il ritardo?”
“Solo
se mi hai fatto un bel regalo!”
Bones
si guardò bene dal rimproverarla per la sua impudenza, e Jim
rise di
gusto.
“Il
più bello di tutti, parola!”, garantì,
“Coraggio, aprilo.”
La
bambina sollevò il coperchio forato della scatola, e un
musetto fece
subito capolino.
“Mamma!
Mamma! Lo zio mi ha regalato un cagnolino!”,
gridò, elettrizzata,
prendendo in braccio la bestiolina e correndo dentro.
“Mi
sembrava di averti detto che Jocelyn odia i cani.”,
commentò il
dottore.
“Oh,
ops! Devo aver capito male...”
Ridacchiarono
insieme, e finalmente McCoy lo invitò dentro per una birra.
“Un
cane?!?”, li aggredì immediatamente la donna,
arrivando in cucina
come una furia, “Leonard, vuoi spiegarmi?”
Bones
si limitò a scrollare le spalle.
“Jo
lo voleva da tanto. Dev'essermi scappato detto con lui. Mi dispiace
tanto.”, rispose, affatto contrito.
“Voglio
quella bestia fuori da casa mia!”
“Il
cane resta. Guardala.”, rispose il dottore, indicando la
figlioletta al di là della portafinestra che dava sul
salotto.
“Della tua serenità me ne frego, Jocelyn. Te lo
farai piacere.”
“Vattene
tu, almeno.”, gli sibilò lei, ostile, e
consapevole che dati i
mirabolanti sviluppi dell'Enterprise, se Leonard avesse voluto
levargli Joanna, avrebbe facilmente potuto vincere una causa.
“Adesso
non...”, tentò Jim.
“Tu
sta' zitto. Leonard, potrai rivedere Jo domani. Sempre che t'importi,
dato che hai deciso di sparire per cinque anni!”
McCoy
le rivolse un'occhiata furibonda, ma trattenne la lingua per non
rovinare il compleanno della figlia. La raggiunse in salotto, e
l'abbracciò, salutandola. Jim lo seguì poco dopo,
e in meno di
dieci minuti furono fuori dalla villetta.
“Scusami,
Bones, non volevo...”
“Tu
non c'entri. Ce ne andiamo in Florida, allora?”
Il
capitano sorrise.
“Ho
chiesto all'autista del taxi di aspettarci.”
“Che
giornata infernale! Mi serve una sbronza...”,
commentò l'altro,
“Com'è che non mi hai risposto alle
chiamate?”
“Ho
scordato il comunicatore in camera, ma col traffico che c'era non me
la sono sentita di tornare indietro a prenderlo.”
“Spock
farà i salti di gioia...”, ironizzò
Bones, salendo sul taxi.
“Oh
beh, al limite sarà sceso a controllare e lo troveremo
lì. Due
piccioni con una fava.”
“Che
sta succedendo tra te e il folletto?”
Jim
trasalì.
“Niente,
perché?”
“Non
sono nato ieri, ragazzino.”
L'altro
si grattò la nuca.
“E'
complicato. Appena ci sarà qualcosa di definitivo, te lo
farò
sapere.”
“O
anche no, se vuoi preservare quel poco di sanità mentale che
mi è
rimasta...”
Jim
rise, imbarazzato ma non sorpreso. Bones sapeva, forse aveva
sempre saputo.
Guardò
fuori dal finestrino, pensieroso.
Era
successo il giorno della sua dimissione dall'ospedale, dopo la
vicenda di Khan. Spock si era offerto di accompagnarlo a casa,
avevano cenato insieme, e fatto una partita a scacchi, pessima da
parte di entrambi, che si era protratta per quasi quattro ore ed era
terminata in un misero stallo.
“Avresti
dovuto dormire un po' in queste settimane.”, aveva
poi buttato
lì Jim, messo prontamente al corrente da Bones.
Spock
aveva distolto lo sguardo.
“Anche
se avessi voluto, non ci sarei riuscito.”
“Di
nuovo gli incubi? Pensavo che dopo quella faccenda di April 1
si fossero un po' attenuati... Da quanto sei sveglio?”
“Approssimativamente
diciotto giorni, tredici ore e ventun minuti.2”
“E
non hai neanche le occhiaie!”, aveva scherzato Jim,
solo per
dissimulare la sua preoccupazione, “Hai almeno
provato a
dormire?”
“No.”
Aveva
sospirato e scosso il capo.
“Almeno
è chiaro perché giochi da schifo.”
“Resto
comunque imbattuto.”, aveva commentato il
vulcaniano.
“Questo
assomiglia molto al pavoneggiarsi, Spock!”
C'era
stato un lungo silenzio, poi il comandante aveva parlato di nuovo:
“Avrei
dovuto esserci io nel reattore di curvatura. Ero... pronto per farlo.
E non lo ero per quel che è accaduto. Avrei davvero ucciso
Khan. Non
è mai stato nelle mie intenzioni catturarlo.”
“Spock...”
“No.
Ero fuori controllo, ed è qualcosa che non deve
più accadere. È
mia intenzione chiedere un trasferimento, se vorrà accettare
le mie
dimissioni.”
“Vaffanculo.”
L'altro
aveva sollevato un sopracciglio, sorpreso.
“Esattamente
come dovrei interpretare tale risposta?”
“Se
pensi che non avrei inseguito Khan fino all'altro capo dell'universo
per ammazzarlo, qualora ci fossi stato tu in quel reattore, allora
sei un idiota!”
“La
vendetta non riporta in vita i morti, né reca alcun sollievo.”
“Niente
moralismi da quattro soldi. Sarebbe stato giusto. Io ho salvato quel
bastardo, dopo Pike, e...”
“E,
per quanto abbia portato ad esiti tragici a livello personale, quella
era la corretta via da seguire: il generale Marcus doveva essere
fermato. Quel che sto cercando di dire, capitano, è che
qualora si
presentasse una situazione analoga non posso e non potrei garantire
di essere in grado di prendere quel tipo di decisione. E se lei
è
animato dallo stesso dubbio nei miei riguardi, allora abbiamo un
problema che può risolversi solo attraverso il nostro
allontanamento.”
“Tu
non andrai da nessuna parte, questo non è in discussione.”
“Non
ho altro da dire, allora. Prendo atto della sua decisione, ma sappia
che non è dettata dal buon senso.”
Il
tono di Spock era uscito profondamente risentito.
“Problema
risolto.”
“Nulla
è risolto, Jim! Lasciare che i sentimenti prevarichino il
raziocinio
è sbagliato.”
“Ma
finiscila! Pensavo che avessimo sorpassato il fatto che ti avessi
salvato da quel dannato vulcano!”
“Infatti
non è a quell'evento che mi sto riferendo! Non sono pronto
ad
accettare che lei possa sacrificarsi per il bene dell'equipaggio, per
quanto sia logico e doveroso.”
Jim
aveva sospirato, e il suo tono si era un poco addolcito.
“Spock,
non incontreremo Khan tutti i giorni...”
“Sta
minimizzando.”
“No,
sei tu che la stai ingigantendo! Non fraintendermi, apprezzo che tu
mi sia così amico...”
“Sta
ancora minimizzando.”
“E
questo che vorrebbe dire?”
“Lei
non vuole davvero che io chiarifichi l'ovvio, vero? Il rapporto che
si sta creando tra noi è sbagliato e pericoloso.
È pertanto mia
ferma intenzione fermarlo ancor prima che nasca.”
A
questo era seguito un pippone di quarantacinque minuti,
infiocchettato di statistiche, su quanto avessero sbagliato tutto, e
quanto questo avrebbe potuto compromettere la missione quinquennale.
Jim
ne era uscito rimbambito, con un'emicrania terribile e con la
radicata convinzione che i vulcaniani facessero davvero schifo nelle
dichiarazioni.
Spock
alla fine se n'era andato dandogli la garanzia che, una volta ripreso
servizio, non si sarebbe mai più lasciato andare in quel
modo. Da
quella volta si erano rivisti esclusivamente per i resoconti sulle
riparazioni dell'Enterprise, senza mai ricadere sull'argomento, a
discapito dei numerosi tentativi di Jim.
Mentalmente,
il capitano, si era ritrovato a smontare ogni elemento che l'altro
aveva posto come contrario ad un'ipotetica relazione tra capitano e
primo ufficiale; da lì ad immaginare come sarebbe stato il
passo era
stato breve. Sfortunatamente, Spock non gli aveva mai dato modo di
riparlarne, né di esprimergli in modo accurato quali fossero
i suoi
di sentimenti, apparentemente irrilevanti per quel testardo
vulcaniano. Per questo aveva tanto insistito affinché lo
accompagnasse durante quella licenza, VOLEVA chiarire le cose e
arrivare ad un punto che non fosse quello di gelida indifferenza
messo in piedi da Spock.
E
invece lo avrebbe visto con Bones, sempre che fosse sbarcato.
“Capitano?”,
ripeté Spock, entrando nella stanza.
Tutto
era in ordine, e il borsone che Jim aveva portato con sé
giaceva in
un angolo tra l'armadio e il letto. Il comunicatore, invece, era sul
comodino. Lo sollevò e la semplice idea che l'altro fosse
uscito,
fregandosene di ogni cosa, gli provocò un moto di illogico
fastidio.
Probabilmente era nella camera di qualche sconosciuta. La gelosia era
una sensazione nuova per lui, e gli ci volle qualche istante di
concentrazione per riuscire a scacciarla.
“Oh,
sei arrivato!”
Si
voltò verso la porta aperta e riconobbe la ragazza della
spiaggia.
“Se
sta cercando il capitano Kirk, devo informarla che non si trova
qui.”
Lei
sorrise, avvicinandoglisi e lasciando che l'uscio le si chiudesse
alle spalle.
“Non
temere, è te che voglio.”
Il
pensiero che gli stesse muovendo delle avance si estinse quando la
vide estrarre un phaser dalla borsa e fare fuoco.
Quando
riprese conoscenza riconobbe di essere disteso nella vasca da bagno,
imbavagliato e con le braccia e gambe ammanettate da bracciali
magnetici.
Era
ancora nell'alloggio di Jim, con tutta probabilità. La
ragazza che
lo aveva stordito sedeva sul bordo della vasca e parlava a bassa voce
al comunicatore. Riconobbe l'idioma e riuscì persino a
cogliere
qualche parola di romulano: presto; arrivare; carrello.
Una
parte di lui sperò che Jim arrivasse; l'altra, invece, non
voleva
che corresse ancora pericoli. Non dopo tutto quel che era successo.
Non avrebbe saputo definire quale delle due fosse più
logica. In fin
dei conti, in qualità di primo ufficiale, era suo dovere
proteggere
il capitano.
Cercò
di sollevarsi, ma la romulana fu più rapida di lui. Lo
colpì in
faccia, facendolo ricrollare miseramente sulla fondo di ceramica.
“Ma
guarda! Già sveglio... e dire che quella scarica avrebbe
dovuto
metterti al tappeto per ore! Rimediamo subito.”
Gli
sparò una seconda volta, un istante prima di udire Jim
rientrare.
Imprecò a bassa voce e chiuse la tenda sopra alla vasca,
prima di
tirare lo sciacquone e uscire dal bagno.
“Jimmy!”,
esclamò.
Il
capitano trasalì e Bones incrociò le braccia al
petto, sbuffando di
disappunto.
“Sei
incorreggibile! Poi non meravigliarti se con Spock è un
casino...”,
sbuffò.
“Come
hai fatto a entrare, Trisha?”
“La
porta era aperta. Volevo solo lasciarti un biglietto per dirti che
domani non posso. Il mio ex è tornato in città e,
bhe...”
“Tranquilla,
capisco perfettamente.”
“Scusa
se ho usato il tuo bagno...”
Jim
le fece un cenno.
“Non
c'è problema. Senti, hai detto che la porta era aperta: hai
per caso
visto Spock? Quel vulcaniano di cui ti ho parlato...”
Lei
scosse il capo, e qualcuno bussò alla porta. Un cameriere in
divisa
rossa e cappellino entrò con un grosso carrello per la
biancheria.
“Mi
scusi, signore, ma pare che in questa stanza il personale abbia
dimenticato di cambiare gli asciugamani. Me ne occupo immediatamente
e le porgo le scuse del direttore. L'albergo provvederà a
farle uno
sconto per il disturbo.”, detto questo, sparì in
bagno.
“Bhe,
Jimmy, è stato un vero piacere conoscerti. Grazie per il bel
pomeriggio. Spero che vada tutto bene con Spock.”
Trisha
gli si avvicinò e gli diede un bacio sulla guancia, prima di
andarsene.
“Ed
ecco il premio di consolazione che se ne va.”,
commentò McCoy.
“Scherzi?
Mi è stata attaccata tutto il santo giorno. È
solo una liberazione!
Ancora dieci minuti e avrebbe cominciato a ipotizzare il colore degli
occhi dei nostri futuri figli...”
“Solo
tu puoi rimorchiare parlando di quanto ti interessi qualcun
altro...”, ridacchiò il dottore.
Sentirono
un tonfo provenire dal bagno.
“Ehi,
tutto bene lì dentro?"
Il
cameriere ricomparve, sorridente.
“Nessun
problema, signore. Ora è tutto come deve essere, le auguro
un buon
soggiorno.”, rispose, spingendo, quasi con fatica, il
carrello
fuori dalla camera.
Jim
si chinò a raccogliere il comunicatore abbandonato sulla
moquette,
stranito: ricordava perfettamente di averlo lasciato sul comodino.
Scrollò le spalle: forse era caduto a Spock.
Provò
a chiamarlo, ma senza esito.
“Sarà
qui fuori a chiedere se qualcuno ti ha visto.”, intervenne
Bones.
“Vado un attimo in bagno, tu non andarmi in
paranoia.”
Il
capitano si sincerò con la nave che Spock fosse
effettivamente
sceso, e si era appena affacciato al corridoio, quando:
“JIM!”
Raggiunse
il dottore di volata, e trasalì: il fondo della vasca era
sporco di
sangue. Sangue verde.
Spock
socchiuse gli occhi e constatò immediatamente di trovarsi a
bordo di
una navetta. L'avevano chiuso dentro una cassa d'acciaio per
l'attrezzatura. Maldestramente cercò di raggiungere la tasca
dei
pantaloni, solo per scoprire che, come prevedibile, gli avevano tolto
il comunicatore.
Il
perché dei romulani avessero rapito un ufficiale della
flotta era
piuttosto evidente: volevano delle informazioni, ma come fossero
arrivati sulla Terra, come avessero saputo dove trovare il capitano,
o lui, e perché avessero compiuto un gesto tanto azzardato
erano
tutte domande a cui non riusciva a trovare una risposta logica.
Lo
scossone dovuto ad un brusco attracco lo fece finire contro il bordo
della cassa, lasciandolo senza fiato. Due romulani lo tirarono in
piedi malamente, e uno gli disattivò le manette magnetiche
alle
caviglie.
“Cammina!”
Venne
scortato sin dentro la nave principale, dove altri due romulani
stavano discutendo animatamente. Da quel che riuscì a
capire, l'uomo
a bordo stava rimproverando il pilota per via di quell'attracco
maldestro. Li superarono entrando in un malandato turboascensore. Tutto
su quella nave appariva vecchio e fatiscente, dati che
comunicarono a Spock che quell'azione, probabilmente, non era stata
orchestrata sotto ordine diretto dell'Impero. Forse i suoi rapitori
cercavano qualcosa di specifico, non la guerra.
Scesero
verso il basso per lunghi minuti in completo silenzio, sino a quando
le porte non si aprirono in una stiva di carico adibita a hangar di
detenzione. Spock poté contare cinque celle, una delle quali
sembrava esser stata usata da poco, ma fu sulla donna romulana che
concentrò la sua attenzione. Si era tolta il travestimento
ed ora
non appariva più tanto graziosa e accomodante. Aveva
un'espressione
dura, volutamente minacciosa.
Una
volta avvicinatasi gli strappò il nastro adesivo con cui gli
avevano
tappato la bocca.
“Benvenuto
a bordo, comandante Spock. Spero che l'ambiente sia di tuo
gusto.”
“E'
un po' troppo freddo.”
Pagò
quel tentativo d'ironia ricevendo una sberla in faccia. Decisamente
l'influenza di Jim nella sua vita non aveva portato solo giovamenti.
“Pensavo
che i vulcaniani fossero privi di senso dell'umorismo.”
“Non
siamo immuni da contaminazioni ambientali. Posso sapere con chi sto
parlando?”
“Perché
no? Mi chiamo Rhiana 3.
Ricordatelo, potrebbe
servirti quando implorerai pietà.”
“I
vulcaniani non implorano.”
“Allora
lo faranno le tue contaminazioni ambientali.”,
gli rispose
seccamente, per poi ordinare ai suoi uomini di chiuderlo in cella.
“Non
temere, ci rivedremo tra pochi minuti.”
Spock
si accucciò ad esaminare la parete. Come aveva
già notato, quello
era un mercantile molto vecchio, approssimativamente di
sessanta/settant'anni prima, forse anche di più. La cella,
invece,
era robusta, messa a punto con cura. Ad un primo sguardo gli apparve
impossibile da evadere.
Si
sedette, cercando di riflettere: con tutta probabilità, date
le
parole di Rhiana, il capitano non era stato catturato, quindi era
probabile che si fosse già accorto della sua assenza.
Questo,
tuttavia, lo portava ad un vicolo cieco; stando ai dati di cui
disponeva, non c'erano infatti possibilità che Jim capisse
ch'era
stato rapito, men che meno da chi.
Era
solo.
Un
pallido sentimento d'angoscia si affacciò nella sua mente e
il
comandante impiegò diverso tempo per placarlo. C'era
qualcosa che
non andava nelle sue percezioni, era più che mai evidente,
ma anche
in tal senso non sapeva circoscriverne la causa.
La
porta dell'hangar si spalancò e tre romulani trascinarono
dentro un
uomo seminudo e bagnato fradicio. Aveva numerose ferite sul corpo da
cui colava copioso sangue verde. Lo sbatterono nella cella di fronte
alla sua, poi si avvicinarono. Ad un minimo cenno di uno di loro la
serratura si sbloccò.
“Puoi
seguirci sulle tue gambe, oppure no. A te la scelta.”
Spock
decise ancora una volta di collaborare e, lanciando un ultimo sguardo
all'altro prigioniero, seguì i sequestratori. Salirono di un
livello
e si fermarono di fronte ad un imponente porta di acciaio rinforzato
dove Rhiana li stava attendendo.
“E
io che pensavo che i vulcaniani fossero incapaci di provare
paura...”, l'udì commentare.
Avrebbe
voluto risponderle che si stava illudendo, ma la romulana aveva
ragione: aveva paura; non abbastanza da lasciarsi andare al panico,
ma in modo sufficiente a scalfire la sua disciplinata sicurezza.
“Bene,
comandante Spock, possiamo risolverla pacificamente senza versare una
sola goccia di sangue: voglio che tu mi riferisca le corrette
posizioni di ogni singolo avamposto federale al limitare della zona
neutrale.”
Spock
scosse il capo.
“Questa
è una risposta che non posso dare.”
Rhiana
sorrise.
“Speravo
tanto che tu lo dicessi!”
Bastò
un cenno e gli altri uomini gli furono addosso. Tentò di
ripararsi
con le braccia ancora fissate dalle manette, ma valse a poco sotto i
colpi implacabili dei loro manganelli. Le percosse si susseguirono
con violenza più e più volte, sino a lasciarlo a
terra in un lago
di sangue.
Rhiana
si avvicinò e gli sollevò il capo tenendolo per
la frangia.
“Questo
era ancora il modo gentile di chiedertelo, vulcaniano. Allora, dove
sono quegli avamposti?”
“Non
lo so.”
Era
un'esagerazione della verità: conosceva, infatti, solo
alcuni di
quei siti, non più di una decina su trentasette.
“BUGIARDO!
Basta carezze, portatelo dentro.”, ordinò lei.
Si
sentì sollevare e trascinare nella stanza attigua. Di nuovo
non fece
resistenza, ma si scosse dal torpore quando sentì il tanfo
nauseante
di quel luogo; un fetore di sangue, di carne bruciata, putrefatta e
di morte che fu in grado di risvegliare in lui il più
primitivo
degli istinti: quello di sopravvivenza. Ora era nel panico, e non
poteva fare nulla per arginarlo. Puntò i piedi e, con una
forza che
neanche credeva di possedere, spintonò lontano gli uomini
che lo
stavano trascinando. Corse alla porta e cercò di aprirla,
agghiacciato dallo stesso terrore che coglie le bestie di fronte al
macello.
La
punizione per quella ribellione fu repentina ed efficace. Senza
neanche capire come fosse finito di nuovo a terra, si ritrovo ancora
crivellato da violente manganellate.
“Basta,
mettetelo sulla sedia.”
Rhiana
fermò i suoi uomini che, con prontezza, obbedirono
all'ordine: Spock
venne legato su un trono d'acciaio con delle robuste cinghie.
“Se
credi che qualche bastonata sia tutto quel che ho in mente, Spock,
sei in errore. E, credimi, più resisti, più mi
darai soddisfazione.
Alla fine ti strapperò lo stesso quelle coordinate. Comunque
la
metti, io vinco, quindi fa' l'unica cosa logica...”
“Non
le conosco.”
“Come
preferisci.”
Gli
strattonò indietro il capo e gli infilò un maglio
metallico in
bocca per bloccarlo in quella posizione.
“Sai?
Ero una donna normale, prima che mio marito venisse ucciso. Lavoravo
come bibliotecaria a Ki Bataran, ma negli ultimi anni ho scoperto di
avere talenti inaspettati.”, gli disse, agitando tre lunghi
aghi di
fronte ai suoi occhi, “Sono davvero brava nel far soffrire il
prossimo.”
Li
conficcò sul suo viso con una rapidità e una
precisione chirurgica,
prima di fissarli a dei sottili fili d'oro, a loro volta collegati ad
un macchinario.
Abbassò
la leva.
L'elettricità
corse sui conduttori, raggiungendo i punti di pressione di Spock in
pochi decimi di secondo. Il grido del vulcaniano scosse l'intero
hangar, acuto e straziante; non si sarebbe mai aspettato una tortura
del genere.
Non
riusciva a respirare. Il dolore era atroce, insopportabile, talmente
assoluto da fargli perdere del tutto il controllo della propria mente
e delle proprie funzioni corporali. Sentì Rhiana ridere e
dire
qualcosa, ma non riuscì a cogliere le sue parole.
Si
afflosciò sulla sedia, ansante e madido di sudore, quando il
contatto venne interrotto.
“Ti
è venuta voglia di parlare?”
Spock
boccheggiò versi incomprensibili, cercando disperatamente di
riprendere il controllo per far cessare la sofferenza, ma ogni suo
tentativo risultò fallimentare. La testa gli bruciava, la
sentiva
pulsare come fosse sul punto di esplodere. Il dolore delle sue
innumerabili ferite rimbalzava da una sinapsi all'altra senza
interruzione e senza che lui potesse, in alcun modo, porvi rimedio.
Chiuse gli occhi e ruotò appena il capo. Una striscia di
saliva gli
scivolò dalla bocca e colò sul pavimento,
già lercio della sua
urina.
La
romulana lo colpì al volto con un pugno che, in quella
rapsodia di
atrocità, Spock percepì appena.
“Perché
tu lo sappia: sono pronta a scaricare le gondole di questa carretta
fino a consumare anche il più piccolo frammento di dilitio,
pur di
farti parlare.”, lo minacciò con tono
assolutamente calmo.
“Ho
sovraccaricato le tue sinapsi,”, riprese, “ci
vorranno giorni
prima che tu riesca a spegnere il dolore, come fate
voi
vulcaniani. Va' da sé che non ti lascerò mai
tutto questo tempo per
riprenderti. Non finirà finché non mi darai le
risposte che
voglio.”
Spock
dischiuse le palpebre, gli occhi umidi di lacrime.
-
I-io... n-non..-, furono le uniche parole che riuscì a
mettere
insieme con estrema fatica.
Rhiana
gli rificcò il maglio in bocca ed abbassò la leva
una seconda
volta.
“Aumenta
il voltaggio.”, ordinò.
“Ma,
signora...”
“E'
più forte di quel che sembra.
Sopravviverà.”
Il
vulcaniano finì con l'aprirsi profonde piaghe a polsi e
caviglie nel
violento sussultare per via delle scariche; quando il voltaggio venne
di nuovo interrotto, era appena cosciente. Crollò indietro,
e
sarebbe soffocato nel suo stesso vomito, se la romulana non l'avesse
afferrato prontamente e costretto ad afflosciarsi in avanti. Espulse
quel che aveva nello stomaco sul proprio petto, prima di perdere,
finalmente, i sensi.
“E'
andato, signora...”
Rhiana
gli colpì le gambe con un calcio, urlando di frustrazione.
Si passò
una mano sul viso, cercando di ricomporsi.
“Portatelo
in gabbia. Riprenderemo quando si sveglierà!”
“Jim...”
“Prova
un'altra volta a dirmi che dovrei dormire, Bones, e ti sbatto fuori
dalla nave!”, lo ammonì il capitano con uno
sguardo di ghiaccio.
Era
in plancia da ormai diciotto ore, intento a fare la spola tra la
poltrona e le diverse postazioni alla disperata ricerca di
aggiornamenti sulla situazione. Il sangue nella vasca da bagno era
risultato essere quello di Spock, quindi Jim aveva diramato una
richiesta di cattura per Trisha e per il cameriere. Senza esiti
soddisfacenti. Era presto venuto fuori che quell'uomo, chiunque
fosse, non facesse parte del personale dell'albergo. In seguito,
grazie alle registrazioni delle telecamere di servizio avevano
appreso che Spock era stato trasportato su quel carrello sino ai
magazzini, e poi fuori. Lì il cameriere aveva raggiunto
Trisha,
avevano caricato il primo ufficiale su un furgone e si erano
dileguati.
Lanciò
uno sguardo a Nyota che, pallida e preoccupata quanto lui, non aveva
lasciato la sua postazione da quando era stata richiamata a bordo in
tutta fretta, insieme a buona parte dell'equipaggio. La storia tra
lei e il comandante era finita pacificamente, nonostante tutto, e lei
provava ancora profondi sentimenti.
“Hanno
trovato il furgone, signore!”, esclamò
all'improvviso, “Ci
stanno inviando i dati dei primi rilevamenti.”
“Sullo
schermo.”
Jim
avviò una ricerca incrociata nel database federale e,
nonostante
l'assenza di un riscontro specifico, quella risposta parziale gli
gelò il sangue nelle vene: quelle impronte digitali erano
romulane.
“Chekov,
una linea diretta con il comando di flotta. Immediatamente.”
Spiegò
l'accaduto ad un accigliato ammiraglio Archer, che diramò
un'ormai
tardivo blocco dei voli in un raggio di cento chilometri da Miami, e
predispose un controllo a posteriori di tutte le navette che avevano
lasciato il pianeta in quella zona nelle passate diciotto ore,
lasciando Kirk in attesa di ordini.
“Hai
bisogno di una pausa.”, tornò alla carica il
dottore, “Non
cambierà nulla ad aspettare notizie nel mio ufficio
piuttosto che in
plancia.”
Jim
annuì e una volta nello studio dell'amico accettò
del whisky.
“Parlami.
Che ti frulla in testa?”
Il
capitano si stropicciò il volto con le mani, prima di finire
la
bevanda in un sol sorso.
“Eravamo
lì!”
“Non
è colpa tua. Non è colpa di nessuno...”
“Volevano
me e hanno preso lui! Se non mi fossi dimenticato quel dannato
comunicatore, se non avessi così tanto insistito per farlo
scendere...”
“Jim,
basta. Lo riporteremo indietro.”
“Indietro
da dove?! Non abbiamo idea di dove sia, a quest'ora potrebbero essere
ovunque! E non guardarmi in quel modo! Non mi leverai il
comando!”
“Certo,
perché l'ultima volta è andata alla grande, vero?
Non lascerò che
ti ammazzi di nuovo. Per il momento non te lo levo, ma è una
condizione che potrebbe cambiare, sappilo.”
Il
capitano non gli rispose e uscì dall'ufficio per tornarsene
in
plancia. Litigare con Bones era l'ultima cosa che gli serviva.
Avrebbe trovato Spock in qualsiasi modo.
“Ce
ne hai messo di tempo...”
Spock
sollevò appena lo sguardo, rimanendo prono sul pavimento. La
testa
gli lanciava insopportabili fitte di dolore ad intermittenza, e aveva
freddo. L'avevano lavato, ed ora era completamente fradicio.
Il
suo compagno di prigionia era in piedi nella cella di fronte, intento
a tamponarsi una ferita al torace con un pezzo di stoffa strappato
dai suoi logori pantaloni.
“C-chi
sei?”, si rese conto con suo stesso raccapriccio che la voce
gli
era uscita incerta e tremolante.
“Desus5,
proconsole di Shira. Non che questo conti granché al
momento.”
“Comandante
Spock.”
“Oh,
il bastardo! Rhiana ha proprio avuto una gran botta di fortuna,
pensavo di ritrovarmi un qualche capitano, sarebbe stato meglio, ma
tu... Bhe, era destino che la faccenda si risolvesse tra
cugini.”
“E
questo cosa vorrebbe dire?”
Desus
gli rivolse un lungo sguardo, prima di sbirciare oltre le grate.
“La
guerra sarà inevitabile, una volta che avrai parlato. E,
fidati, lo
farai.”
“Tu
lo hai fatto?”
“Nah,
quella puttana può mettermi sulla sedia quanto vuole. Potrei
quasi
riuscire a farmela piacere. Tu hai ben altri problemi,
vulcaniano.”
Sbirciò
ancora verso il punto di osservazione, poi si avvicinò con
noncuranza all'unico angolo cieco della sua cella, intinse un dito
nel suo stesso sangue e scrisse una parola sul muro: TRELLIUM-D6.
Spock
sbarrò gli occhi e poi li chiuse.
“Capisco.”
Desus
cancellò la scritta con una manata e si sedette a terra.
“Una
vera sfortuna che questo catorcio sia un vecchio mercantile stanziato
nella Distesa Delfica. La nave ne è piena. È solo
questione di
tempo, comandante. Una settimana, due al massimo, prima che il tuo
decadimento diventi davvero invalidante. Un mese e non ci
sarà più
nulla da fare per salvarti dalla pazzia. C'è solo da sperare
che una
polmonite ti stronchi prima.”
“Sei
un medico?”
“Sapere
le cose è il mio mestiere.”, fu la vaga risposta
del romulano.
“Cosa
dovrei fare?”
Desus
scrollò le spalle.
“Suicidarti
prima di parlare sarebbe un ottimo punto di partenza. No, farei
proprio schifo come dottore.”
Spock
gli rivolse uno sguardo gelido.
“Tra
due settimane prenderò in considerazione
l'ipotesi.”
“Oh,
vuoi scappare... Buona fortuna, potrebbe quasi venirmi voglia di
aiutarti.”
Note:
1)
Jim si riferisce al capitano Robert April (ex capitano
dell'Enterprise prePike), che l'equipaggio incontra nel fumetto Star
Trek Before Darkness. Tralasciando la trama generale dei fumetti in
questione, è in quelle circostanze che si apprende
dell'instabilità
emotiva di Spock, che, già lì, mostra
comportamenti inappropriati,
cercando di risolvere diverse situazioni attraverso il proprio
sacrificio personale (come farà, all'inizio del dodicesimo
film,
nella sequenza del vulcano).
2)
E' provato che i vulcaniani possano restare svegli anche per diverse
settimane, per cui diciotto giorni non sono un'esagerazione.
3)
Tutti i nomi romulani sono presi da un elenco scovato in rete, non
sono di mia invenzione. Pertanto ogni riferimento a
personaggi
presenti, passati, futuri e quant'altro è puramente casuale.
La precisione è una brutta malattia, si può
morire, sapete?
4)
Desus non è un nuovo personaggio. Viene, infatti, dal libro
Black
Fire di Sonni Cooper. Non so quanto io sia riuscita a mantenerlo IC,
ma ho comunque cercato di usarlo con il rispetto che meritava. I
riferimenti alla trama del libro saranno minimi anche perché
la mia
storia è ambientata in tempi ed ambiti molto diversi. Quindi
anche
se non l'avete letto, non c'è problema.
5)
Da Wikipedia, perché la pigrizia regna: È una
immaginaria sostanza
utilizzata per schermare le navi stellari dagli effetti negativi
della Distesa Delfica. È reperibile come
minerale su alcuni
asteroidi, e può venire sintetizzato in forma liquida
attraverso una
procedura molto complessa e pericolosa, dopodiché si
solidifica per
formare una lega normale.
Il
trellium D agisce sui Vulcaniani come una potente neurotossina che
compromette i percorsi sinaptici utilizzati per controllare le
emozioni, causando manifestazioni anche violente dei loro sentimenti.
Preso in dose massiccia, provoca una degenerazione cerebrale
irreversibile cumulabile che compromette la capacità dei
Vulcaniani
di sopprimere le loro emozioni, conducendoli dopo un uso troppo
prolungato alla pazzia.
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Capitolo 2 *** II ***
II
“ Lo
stai ammazzando.”, notificò Desus, quando Rhiana
riportò Spock in
cella.
Era
già trascorsa la prima settimana e, a quel che aveva potuto
denotare, il vulcaniano non si era ancora fatto venire nessuna
brillante idea. Quando non era svenuto per le torture, stava in
silenzio a cercare di meditare. Uno sforzo che, lo sapevano entrambi,
si stava rivelando sempre più inutile.
In
altre circostanze Desus avrebbe trovato interessante il poter
osservare così da vicino il decorso di un intossicazione da
Trellium-D, ma aveva ben altro di cui occuparsi. Anche
perché,
quando Spock si lasciava un po' andare, non era poi così
male. Stava
cominciando ad affezionarsi all'altro animale al di là della
grata.
Gli piaceva.
“ Che
cuore nobile che hai...”, ridacchiò Rhiana.
“ Cultura
generale, più che cuore. Punto primo: ha una brutta
bronchite che
rischia di complicarsi in polmonite. Qui dentro fa troppo freddo per
quelli della sua razza, e se continuate a riportarlo fradicio e a
tenerlo a digiuno dubito che possa esserci qualche miglioramento in
tal senso. Secondo: è vulcaniano, credo non gli importi
granché di
dirvi nulla. Sa sopportare il dolore e, considerato che ci
ammazzerete entrambi, sarebbe piuttosto illogico
mettere a
repentaglio due quadranti per avanzarsi qualche scarica elettrica,
non trovi?”
La
romulana parve riflettere.
“ Sei
in grado di curarlo?”, domandò.
“ Non
sono un medico, e non vedo perché dovrei farlo.”
“ Perché
sei qui solo per rivelarci la posizione dei nostri avamposti. Non
è
nel mio interesse ucciderti, se ti rendi utile.”
“ Non
voglio una guerra totale, e non la vuole neanche il Pretore. Sono un
romulano, non un klingon, il mio onore arriva sino a un certo punto,
e con esso la mia sete di battaglie.”
“ Allora
forzerò la mano alla Federazione.”
Desus
rise di scherno.
“ Lui
È la Federazione, povera stupida, ti sembra di star
riuscendo a
forzargli la mano?”
“ Lasciami
fare il mio lavoro.”, poi, rivolgendosi ai suoi sgherri,
“Metteteli
in cella insieme, e portate al proconsole un kit medico. Senza armi
improprie.”
Detto
questo si allontanò.
Desus
percorse i pochi metri da una cella all'altra con assoluta calma. Una
volta rimasto solo si chinò su Spock, riverso sul pavimento.
“ Vediamo
se riesco a tirar fuori qualcosa di utile da te.”,
mormorò.
“ Perché
l'hai informata?”, domandò il vulcaniano aprendo
gli occhi
all'improvviso.
“ Grazie,
Desus, mi hai appena salvato la vita! Oh, prego, è
stato un
piacere! Ad ogni modo non sono particolarmente interessato a te,
quanto a questo pavimento.”
“ Sono
toccato da tanta umanità...”, borbottò
Spock, prima di tossire
con violenza per lo sforzo di essersi seduto.
“ Non
fare lo stronzo con me, comandante. È ironico, ma siamo
dalla stessa
parte. Toglimi una curiosità: chi è
Jim?”
La
reazione dell'altro fu repentina, forte e inaspettata: Desus si
ritrovò con la schiena contro il pavimento e una mano
stretta sul
collo.
“ NON.FARMI.DOMANDE!”,
scandì Spock in un ringhio, ma lasciò subito la
presa, stravolto da
un altro attacco.
“ Calmati,
pazzo di un vulcaniano! Non sono un nemico, trattieni le tue
paranoie, per quanto possibile. Volevo solo sapere chi chiami ogni
dannata notte!”
“ Sto
già facendo del mio meglio per non ritenerti un
doppiogiochista, e
non sono affatto persuaso che sia la scelta più saggia. Se
tu non
avessi informato Rhiana, probabilmente questa guerra sarebbe stata
scongiurata.”
“ Rimandata,
al limite. Noi siamo solo l'antipasto. Dimmi: tutti gli ufficiali
della Flotta Stellare sono votati al suicidio o è solo una
tua
caratteristica? Forse abbiamo una possibilità, ma mi servi
in forze,
e non necessariamente sano di mente.”
“ Che
cosa vuoi che faccia?”
Desus
sorrise.
“ Al
tempo, comandante, quanta fretta! Devo ancora rimetterti in piedi e
ci vorrà qualche giorno. Il giusto tempo per conoscerci, non
credi?”
“ No.
Non credo.”, fu la tetra risposta di Spock.
“ Cominciamo
bene...”
“ Stiamo
per raggiungere l'orbita di Ferenginar1,
capitano”,
informò Sulu.
Scavando
a lungo nelle scarne informazioni a loro disposizione erano riusciti
a circostanziare due navette sospette che avevano lasciato il ponte
204 dell'aeroporto di Miami ormai quattordici giorni prima. Una
rimandava ad un angolo remoto del quadrante Alfa, e di essa si stava
occupando la USS Jersey. L'altra, attraverso un giro labirintico di
conti criptati, era risultata esser stata di proprietà di un
certo
Dur, un magnate ferengi. Jim aveva scomodato due ambasciate, il
comando di Flotta al completo e sarebbe stato pronto a tirar
giù
dallo scranno persino il Grande Nagus2
in persona,
pur di riuscire ad ottenere un colloquio con Dur, quindi si
alzò
dalla poltrona ancor prima che la nave venisse stabilizzata.
“ Sulu
a lei la poltrona. Nyota, Bones con me.”
“ Cerchiamo
di non creare un incidente diplomatico...”,
commentò il dottore
vedendo Jim mettersi a tracolla un fucile d'assalto, preso
dall'armeria prima di entrare nella sala teletrasporto.
Il
capitano montò sulla piattaforma.
“ Hanno
venduto una navetta a dei romulani che hanno rapito un ufficiale
delle Flotta Stellare; abbiamo già ampiamente sforato
l'incidente
diplomatico.”
“ Non
è così che la pensa il comando.”
“ All'Inferno
il comando!”
McCoy
scosse il capo e guardò Nyota, appellandosi al suo buon
senso, dal
momento che Jim sembrava aver perso del tutto il proprio.
“ Signor
Scott, energia.”
Un
istante dopo si ritrovarono all'aperto, sotto l'impietoso clima di
Ferenginar. Come sempre, su quel pianeta, stava diluviando, ma
nessuno di loro era in animo di muovere lamentele, neppure il
dottore. Salirono la breve scala di quell'enorme palazzo a cupola ed
entrarono nel lussuoso androne. Un ferengi andò loro
incontro,
sfoderando un appuntito quanto mellifluo sorriso.
“ Benvenuti,
onorevoli membri della Federazione...”
“ Taglia
corto.”, lo interruppe Jim, “Vogliamo vedere il tuo
capo.”
“ Sta
venendo avvertito del vostro arrivo. Nel frattempo potrei
mostrarvi...”
“ Non
siamo qui per comprare.”
Una
femmina ferengi, completamente nuda, scese dalla gradinata
principale.
“ Il
signor Dur è pronto a ricevervi. Seguitemi.”
Vennero
condotti al piano superiore, sino ad un grande studio circolare
talmente pieno dei più disparati oggetti da rendere quasi
difficoltosa l'avanzata. Dur sedeva dietro un'ampia scrivania di
mogano scuro. Una liberty terrestre.
“ Lasciaci.”,
ordinò alla donna, prima di posare lo sguardo su Uhura:
“Non
smetterò mai di cedere al fascino di una bellezza vestita.
Cosa
posso fare per te?”, chiese, ignorando i due uomini.
Nyota
si fece avanti, impettita e fiera, e il capitano le lasciò
interpretare la parte del poliziotto buono.
“ Vogliamo
delle informazioni. Sappiamo che ha venduto una navetta a...”
“ Non
penserai certo di averle gratis, vero? Ferenginar è un posto
costoso. Dimmi cosa offri e valuterò se ascoltare il
resto.”,
sorrise il ferengi con occhi brillanti d'aspettativa.
“ Non
è nella posizione per mercanteggiare.”,
ribatté il tenente con
fermezza.
“ Donne!
Non saranno mai portate per gli affari! Dico bene? Allora
sarò io a
fare la mia richiesta: datemi questa femmina per la mia collezione,
insieme alla vostra nave e sarò lieto di dirvi tutto quel
che
vorrete sentire.”
Il
capitano non fece una piega e imbracciò il fucile,
puntandolo contro
l'alieno.
“ Sarò
diplomatico, ferengi: rispondi alle nostre domande o ti sparo in
faccia.”
“ Jim!”,
esclamò Bones, allarmato.
Dur
lo guardò intensamente e, dopo un istante di sorpresa,
sorrise.
“ Non
credo sia nel suo interesse causare un incidente diplomatico. Senza
contare che, se io muoio, quelle informazioni verranno con
me.”
“ E
saranno le uniche, Dur. Perché, ti do la mia parola, prima
che tu
possa arrivare a bussare alle porte della Tesoreria Divina3,
raderò al suolo questa casa con tutto quel che
c'è dentro; poi
prenderò il tuo platinum, scoprirò il nome del
tuo rivale e glielo
donerò sino all'ultimo grammo!”
Aveva
fatto i compiti, prima di raggiungere il pianeta, e aveva preparato
bene il suo bluff.
“ Se
invece collaborerai, garantirò in prima persona
perché tu non venga
incriminato per tradimento. Questa è l'unica offerta che
sono
disposto a concederti. La vendita di quella navetta a dei romulani
è
sufficiente per metterti in dispendiosi guai, pertanto qui non
c'è
alcun incidente diplomatico.”
Il
ferengi digrigò i denti, sdegnato.
“ Romulani?!
Non ho mai fatto affari con gente dalle orecchie a punta. Romulani,
vulcaniani, tutti quelli della loro risma sono pessimi
investimenti!”
“ E
allora perché una tua navetta con compratore anonimo ha
lasciato la
Terra con a bordo un equipaggio romulano?!”
“ Non
lo so.”
“ Chi
era il compratore?”, intervenne McCoy.
Dur
guardò la canna del fucile e sembrò soppesare la
minaccia del
capitano. Decretò che da morto i suoi affari non sarebbero
più
stati tanto propizi; di contro il suo cliente si era sempre
dimostrato essere più che affidabile, sino a quel momento.
Sino
a quel momento, si ripeté.
“ Voglio
il certificato di immunità per i crimini a me
imputati.”, decretò.
Il
capitano non si mosse. La tentazione di buttare il fucile e
massacrarlo, pur di farlo parlare il prima possibile, era forte.
“ Jim?”,
lo interrogò McCoy.
Il
capitano si sfilò il comunicatore dalla cinta.
“ Dur
lei è agli arresti per tradimento. Scott, quattro da portare
su.
Immediatamente.”
Uno
stupefatto ferengi si ritrovò all'improvviso nella sala
teletrasporto dell'Enterprise.
“ Aveva
detto che...”
“ Che
avrei garantito per te. Forse avrei dovuto essere più
specifico: lo
farò solo dopo aver ottenuto le informazioni che voglio. La
strada
per la Terra è lunga, Dur, gli incidenti capitano con una
certa
frequenza a bordo...”
Non
terminò la frase e colpì l'alieno con il calcio
del fucile,
facendolo stramazzare sul pavimento.
“ JIM!”,
urlò Bones.
L'altro
aveva passato il segno: prima rigirando a piacimento regolamenti e
leggi, poi rapendo un, sino a prova contraria, libero cittadino
ferengi, e infine picchiandolo barbaramente.
Iniziava
a mettere in dubbio che l'amico avesse davvero un piano, e non fosse,
piuttosto, uscito di senno.
“ Tu
sta' zitto!”, abbaiò il capitano, sotto lo sguardo
attonito di
Nyota e Scott.
“ Visto?
Sei già caduto. Chissà quante altre volte
potrebbe capitare.”,
sibilò al prigioniero
Dur
strisciò indietro, tamponandosi lo zigomo sanguinante con
una mano.
Ogni baldanza era sparita dal suo viso, sostituita dalla paura.
Malcolm
Garreth!”, esclamò con voce stridula,
“Ha una società di
trasporti che collega Andora a Denobula ed è spesso capitato
che gli
servissero navette o pezzi di ricambio da contrabbandare ai pirati.
Non avevo idea che c'entrassero i romulani! Non avrei mai concluso un
affare tanto sconveniente! Povero me! Oh, povero me! È tutto
quello
che so!”
“ Lo
vedremo. Scott, lo porti in cella.”
“ Sì,
signore.”
“ Jim,
che stai facendo? Non puoi arrestarlo.”, protestò
il dottore, una
volta che lui, il capitano ed Uhura furono rimasti soli.
“ Siamo
in guerra, Bones, i regolamenti cambiano.”, fu l'unica
risposta che
l'altro si degnò di dargli, prima di uscire dalla sala
teletrasporto.
“ Ha
ragione.”, constatò Nyota, “A questo
punto Spock potrebbe aver
rivelato informazioni strategiche fondamentali...
p-potrebbe...”
McCoy
le posò una mano sulla spalla.
“ Lo
troveremo.”, tentò di rassicurarla, anche se
sapeva che ormai le
possibilità di ritrovare l'amico vivo erano prossime allo
zero.
Si
chiese se anche Jim ne fosse consapevole.
Desus
lo strinse a sé, cercando di rassicurarlo. Aveva
già visto Spock
cadere vittima di incontenibili crisi di panico, ma quella gli
appariva essere particolarmente grave. Il vulcaniano tremava
violentemente tra le sue braccia e parlava di cose a lui
incomprensibili.
“ Respira...”,
gli disse con tono calmo, prima di avvicinargli la mascherina
dell'ossigeno al volto.
Gli
accarezzò i capelli fradici, continuando a ripetergli frasi
rassicuranti.
“ Non
voglio morire da solo!..”, gemette Spock in un sussurro.
“ Non
sei da solo, e non morirai.”
Il
vulcaniano annaspò alla ricerca d'aria e si
aggrappò con ancora più
forza alle spalle di Desus. Il suo cervello caduto nel caos dopo
l'ennesima tortura, avrebbe impiegato ore per riprendere una parvenza
di controllo. Provava odio per i suoi aguzzini, disperazione per se
stesso e per l'altro, e rancore nei confronti di Jim, il cui tanto
sperato soccorso tardava ad arrivare.
In
quei momenti di totale confusione sentiva di non avere altro che
Desus. I suoi sentimenti erano altalenanti: c'erano situazioni in cui
non si fidava di lui e della sua quasi ostentata bontà;
altre,
invece, in cui quasi giungeva ad idolatrarlo per tutto l'aiuto che
gli stava dando. Era forte, il romulano, spavaldo e sicuro di
sé.
Tutte caratteristiche che, nella sua mente allo sbando, gli
ricordavano fin troppo Jim.
Si
tolse dal viso la mascherina e prese un paio di profondi respiri.
“ Ti
senti meglio?”, gli chiese l'altro.
Annuì,
non troppo convinto, e si sollevò un poco, senza
però allontanarsi
da lui. Quel contatto fisico era l'unica cosa che lo teneva ancorato
alla realtà, non voleva e non poteva privarsene. Lo
guardò negli
occhi senza neanche sapere quanto apparisse disperato.
“ Non
usciremo vivi da qui. E tu... tu sei l'unica persona che mi
rimanga.”
Desus
si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito.
“ Non
è vero, ma fa uno strano effetto sentirselo
dire.”, ironizzò,
“Voi vulcaniani tendete a diventare sentimentali quando siete
intossicati. Sentimentali e... fatalisti.”
“ Non
sto mentendo.”
“ Oh,
di questo sono certo... Chi è questo Jim che nomini sempre,
vuoi
dirmelo, o vuoi cercare di strangolarmi un'altra volta?”
“ Un
uomo da cui devo stare lontano per il bene di tutti...”
“ Non
sembri voler restare lontano da me, però.”
“ Io
sono... confuso.”
“ Anche
io.”
Desus
si chinò su di lui e gli posò un bacio sulle
labbra. Non si
aspettava di ricevere una risposta, ma Spock lo sorprese: si
aggrappò
a lui come se ne andasse della sua stessa vita. Le loro lingue si
sfiorarono con esausta disperazione, in quel contatto così
intimo
dettato dalla loro forzata convivenza. Fu proprio Spock ad
allontanarsi per primo e ad appoggiare le spalle alla parete.
“ Domani
saranno due settimane.”, mormorò.
Desus
lo guardò: seduto nel suo angolo, completamente immobile,
ricoperto
di lividi e ferite fresche e pallido da far spavento, Spock appariva
quasi come una grottesca statua. Non sapeva cosa l'avesse spinto a
baciarlo, o cosa lo attirasse: gli faceva pena, ma al contempo lo
ammirava. Ovviamente aveva solo una vaga idea di quali effetti gli
stesse provocando il Trellium-D, e non sapeva se l'interesse di Spock
nei suoi confronti fosse dovuto alla tossina, ma, a parte le sempre
più frequenti crisi di disperazione, o di rabbia, il
vulcaniano
stava affrontando il suo supplizio con una dignità che aveva
del
sovrannaturale.
“ Immagino
tu abbia già pianificato due o tre modi per
suicidarti.”
“ Sessantatré.”
“ Wow,
sessantatré! Non devi avere molti pensieri...”
“ Ne
ho fin troppi.”, ribatté Spock, ora ostile,
“È tempo che tu mi
dica il tuo piano. Se ti fosse interessato vedermi morto, non avresti
fatto in modo di potermi curare. Tu vuoi qualcosa da me, qualcosa che
va ben al di là di una romantica compagnia. Stai aspettando
per un
motivo.”
Era
incredibile come riuscisse a passare dall'assoluta fragilità
di un
uomo spezzato, alla più fiera fermezza vulcaniana da un
istante
all'altro.
Il
romulano sorrise e sollevò le mani in segno di resa, prima
di dare
le spalle alle grate. Fece molta attenzione nel sollevare uno dei
pannelli del pavimento per mostrargli un piccolo oggetto tutto cavi
collegato al sistema di alimentazione del mercantile stesso. Era una
radiotrasmittente rudimentale, ricavata smontando il tricorder medico
e un paio di analizzatori.
Spock
sollevò le sopracciglia, sorpreso.
“ Piccoli
trucchi che ti insegnano nel Thal'Shiar. Non avrai
mica
pensato che il Pretore non si fosse premunito col mettere persone
fidate in ogni punto nevralgico della nostra struttura politica,
vero? Con questo giocattolino potrò lanciare un messaggio al
mio
equipaggio, ma non ci servirà a nulla se prima non
prenderemo la
nave. Per quanto ritenga piuttosto importante evitare una guerra, la
mia priorità è salvarmi la vita. Ed anche la tua,
ora che il tuo
chip di controllo vulcaniano fa le bizze.”
Spock
distolse lo sguardo. Desus aveva ragione, per quanto si vergognasse
ad ammetterlo. Come si vergognava di essersi lasciato andare in quel
modo e di essersi concesso di provare sentimenti così
turbinosi.
Fatto stava, comunque, che, per quanto si sforzasse di non darlo a
vedere, da lucido, aveva cominciato davvero a fidarsi dell'altro e a
ritenerlo importante.
“ Non
c'è niente di cui vergognarsi nel voler
sopravvivere.”, gli
rimarcò il romulano.
“ Le
esigenze dei molti contano più di quelle di pochi.”
Desus
rise.
“ Queste
scemenze le pensi la notte, o te le scrive qualcuno?”
“ E'
semplice logica.”, ribatté Spock.
“ Ci
sono uomini che valgono più di interi mondi. Tu ne fai un
discorso
di statistica, ma non sempre più crani sono superiori ad uno
solo.
Ragioniamo per assurdo: se tu avessi da una parte un luminare della
medicina, uno che nel corso della sua vita potrebbe trovare la cura
per centinaia di malattie e, potenzialmente, salvare miliardi di
vite, e dall'altra cinquecento persone comuni, la cui massima
aspirazione è avere una casetta con tre o quattro figli da
crescere,
chi salveresti? O, ancora: se da una parte ci fosse la persona a cui
tieni di più nella Galassia, e dall'altra cinquecento
sconosciuti?”
L'altro
distolse ancora lo sguardo e il sorriso del romulano si
allargò.
“ Ho
un affascinante punto di vista, non credi? Ora dimmi: vuoi essere
solo uno che ho salvato, o fare la differenza?”
Lo
sguardo che Spock gli rivolse non dimostrò alcuna
controllata
esitazione. Era, al contrario, colmo di una ferina quanto arcaica
voglia di vivere e, forse, di vendetta. Desus sapeva di star giocando
con il fuoco: se avesse lasciato troppo tempo al veleno lui sarebbe
diventato la prima vittima della sua pazzia, indipendentemente
dall'affetto che si stava creando tra loro.
“ Ho
fatto del mio meglio perché tutti ti credessero debole e
inoffensivo.”, proseguì, “Nessuno di
loro sa un accidenti sui
vulcaniani; non sospettano che tu sia una bomba pronta ad esplodere.
Il Trellium-D potrebbe essere la nostra carta vincente. Prendi per
mano la follia, Spock. Sei più forte e più
intelligente di loro.”
“ Non
voglio.”
“ Stronzate,
vuoi eccome. Ti stai solo aggrappando ad un'etica che tra una
settimana sparirà del tutto. Stai per fare quella scelta,
Spock.
Sappiamo entrambi che quando anche il tuo ultimo barlume di controllo
crollerà, io sarò la tua prima vittima. Salva me
e scongiureremo
una guerra. Salva loro e non ci sarà ritorno. So cosa sto
facendo.”
Una
goccia di sudore freddo colò dalla fronte di Spock che
scosse il
capo. Nonostante tutto non riusciva a giudicare insensato il piano
dell'altro. Tacque a lungo, e Desus non insistette per non tirare
troppo la corda.
La
porta del corridoio si aprì con un clack metallico e quattro
romulani entrarono.
“ Proconsole,
è il tuo turno.”, sentenziò uno di
loro, spalancando la cella.
Desus
stava per alzarsi, ma Spock, inaspettatamente, fu più rapido
di lui.
“ Tu
non lo toccherai!”
Il
romulano non riuscì a quantificare la velocità
con cui l'altro
fracassò la testa del malcapitato contro le sbarre della
cella. Fu
fuori, nel corridoio, prima che gli altri riuscissero anche solo a
rendersi conto di ciò che era accaduto. In pochi istanti era
tutto
finito: i tre erano a terra in un lago di sangue e un allarme
assordante impazzava per tutta la nave. Spock si chinò a
raccogliere
uno degli storditori che il più sveglio dei carcerieri aveva
cercato
di sfilarsi dalla cinta, e si voltò verso Desus.
“ Muoviti.”
L'altro
rispose solo con un sorriso ammirato, e dopo aver azionato il suo
improvvisato dispositivo radio, lo raggiunse e si armò a sua
volta.
“ Gli
altri avranno dei phaser. Non possiamo uscire da...”
“ Non
useremo la porta.”, lo interruppe Spock, scardinando con una
mano
il pannello malandato del condotto d'areazione.
“ Come
vuoi tu...”
Si
infilarono dentro appena in tempo, prima che gli altri due sgherri di
Rhiana facessero irruzione nell'hangar detentivo.
La
romulana si mise in comunicazione con tutta la nave poco dopo.
“ Questa
vostra fuga è inutile. Ho appena inviato un bel filmato alla
Terra,
Spock. L'avevo registrato per ogni evenienza. Avresti dovuto
sentirlo, il tuo amichetto, quel pomeriggio in spiaggia! Non faceva
altro che parlare di te, di quanto sei testardo, delle vostre partite
a scacchi, di come voleva sistemare le cose. Bhe, troppo tardi. Quel
povero idiota farebbe qualsiasi cosa per te. Sarà lui il
primo a
volere una guerra, quando il comando di Flotta gli farà
pervenire il
filmato e vedrà tutto quel che ti ho fatto. Ora venite pure,
uccidetemi, ma fate in fretta: questo rottame si
autodistruggerà tra
pochi minuti, con tutti noi a bordo.”
Spock
sfondò una grata e si precipitò fuori dal
condotto. Si guardò
intorno e, grazie a un pannello, riuscì a capire di trovarsi
al
livello C, un centinaio di metri sotto la plancia. Il labile barlume
di autocontrollo che gli era rimasto era ormai sparito del tutto.
Desus
provò a richiamarlo, consapevole che il compagno,
trasformato in
provvidenziale arma, era lì lì per esplodergli in
faccia.
Jim
era steso sul letto nei suoi alloggi, tormentato dai pensieri e
dall'insonnia. Aveva perso sonno, peso e raziocinio in quelle due
settimane e non era valso a nulla. Avevano indagato sull'uomo tirato
in ballo da Dur, solo per raggiungere un altro punto morto: era
saltato fuori che quel losco individuo era un mercante d'armi
già
noto alla Federazione. Ricco, laddove il sistema capitalistico era
ancora forte, Malcolm Garreth era praticamente un fantasma. Il suo
nome compariva con notevole frequenza nella maggior parte delle
guerre civili in corso nei quadranti Alfa e Beta, ma nessuno sembrava
sapere dove fosse il suo centro operativo.
E
questo era quanto.
Sospirò,
snervato, rigirandosi per l'ennesima volta tra le lenzuola. Durante
il giorno le ricerche riuscivano un po' a distrarlo dal pensiero
fisso di Spock, ma la notte diventava un autentico tormento.
In
mezzo a tutta quell'angoscia i sentimenti del capitano si erano
acuiti sino a diventare insopportabili, tanto che il pensiero che
Spock potesse essere già morto era in grado di gettarlo in
una
rabbia cieca e incontrollabile. Dopo Pike e dopo Khan aveva ritenuto
ingenuamente di saper gestire quel tipo di emozione, ma il destino
aveva voluto provargli il contrario. Non era pronto a subire
l'ennesima perdita della sua vita, non dopo così poco tempo.
Aveva
tentato ogni genere di via, persino contattare l'anziano Spock alla
disperata ricerca di una rassicurazione che l'ambasciatore, desolato,
non aveva potuto dargli, dal momento che a lui non era mai accaduto
nulla del genere.
Allungò
una mano verso il comodino, afferrando l'hypospray di sonnifero che
Bones gli aveva ordinato di prendere. Se lo rigirò tra le
dita,
attanagliato dal panico: il dottore gli aveva dato la sua parola di
svegliarlo immediatamente, qualora fossero giunte delle
novità dal
comando, ma l'ansia che non rispettasse quella promessa era troppo
forte. Gli aveva mentito, dicendo di averlo preso, i giorni
precedenti, ma McCoy era troppo sveglio per cascarci. Presto o tardi
avrebbe fatto valere la sua autorità, forse arrivando
persino a
togliergli il comando della nave.
“ P-plancia
a capitano!”, la voce rotta di Nyota esplose nel
buio della
stanza.
“ Ci
sono!”, esclamò, altrettanto concitato, balzando
giù dal letto.
La
risposta che ottenne fu un singhiozzo e poi un lungo silenzio.
“ Nyota,
che è successo?!”, le urlò.
“ I
romulani... hanno... hanno mandato un filmato...”
“ Sul
mio terminale. Subito.”, ordinò, roco.
Si
slanciò verso la scrivania nell'oscurità
più totale e accese lo
schermo.
“ Riprodurre.”
La
prima cosa che vide fu il volto sorridente di Trisha, o qualunque
fosse il suo vero nome. Ora che non aveva più il capo
coperto poté
riconoscere con chiarezza le sue orecchie a punta.
“ Hai
passato bene queste due settimane, Jimmy? Io e il tuo amichetto ci
siamo divertiti davvero tanto! Ha invocato il tuo nome tante di
quelle volte nella speranza che tu venissi a salvarlo... Lascia che
te lo mostri.”
La
telecamera ruotò, inquadrando dapprima un pavimento lercio
di sangue
fresco, poi vide Spock, legato ad una sedia di metallo, con il volto
sfigurato dalle percosse. Era appena cosciente e madido di sudore,
sembrava persino respirare affannosamente.
“ S'Harien,
fa' vedere a Jimmy qualcosa di interessante, coraggio!”
Un
altro romulano entrò nell'inquadratura e
strattonò indietro il capo
di Spock. Il vulcaniano socchiuse appena le palpebre gonfie, poi le
serrò e le lacrime colarono sul suo viso, mescolandosi al
sangue.
“ Ma
guardatelo, sta piangendo... evidentemente la tempra dei vulcaniani
è
solo una leggenda.”, commentò Trisha.
Il
romulano chiamato S'Harien conficcò quelli che Jim riconobbe
come
aghi sul viso di Spock, poi abbassò una leva. Lo strillo di
dolore
che proruppe dalla gola dell'altro gli gelò il sangue nelle
vene.
Vide il suo corpo sobbalzare e tremare in incontrollabili spasmi, il
suo cranio surriscaldarsi al punto da rilasciare piccole strisce di
vapore nell'ambiente gelido. Jim smise di guardare, gli occhi
appannati, il volto paonazzo di disperazione. Gli mancava il fiato e
il cuore sembrava sul punto di esplodergli nel petto.
Risollevò
lo sguardo solo quando Thrisha ordinò al sottoposto di
smettere. La
camera si avvicinò al viso di Spock, ancora bloccato
indietro in
quella terribile macchina di tortura.
“ Allora,
comandante, vuoi dire qualcosa al tuo fidanzatino? Adesso
può
sentirti.”
Era
più che evidente che non fosse in grado di pronunciare
neanche una
parola. Probabilmente non si stava neanche rendendo conto di cosa
stava avvenendo. Venne scosso da alcuni conati e vomitò,
prima di
rovesciare gli occhi e perdere i sensi.
“ Piuttosto
disgustoso come addio.”, ridacchiò la
romulana, “Ad ogni
modo questo era solo l'epilogo di tutto. Spock ci ha già
detto quel
che volevamo sapere. Sto per spazzare via il tuo alfiere (o dovrei
dire: “la tua regina”?) dalla scacchiera, Jimmy...
Sono o non
sono più brava di lui a giocare a scacchi?”
Un
guizzo di energia rossa colpì il petto del vulcaniano, che
si
afflosciò sulla sedia.
Trisha
si inquadrò di nuovo:
“ A
te la mossa.”
Quando
un trafelato Bones raggiunse gli alloggi dell'amico, trovò
la camera
nel più completo caos: la scrivania era ribaltata sul
pavimento, il
terminale distrutto. Il capitano sedeva a terra in un angolo, con la
testa tra le mani .
Lo
avvicinò con cautela, non trovando la forza di dire
assolutamente
nulla. Non c'erano parole giuste in quella circostanza, né
quelle di
un amico, né, tanto meno, quelle di un dottore.
Da
principio pensò stesse piangendo, ma fu lui a farlo quando
vide gli
occhi arrossati sul viso livido del giovane amico. Crollò in
ginocchio, il dottore, disperato. Jim, invece, si alzò e gli
passò
accanto come un'ombra senza chiedere né dare alcun conforto.
Quando
Desus raggiunse il turboascensore principale provò pena per
il
giovane romulano all'interno della cabina. Era ancora vivo, ma ne
aveva per poco.
“ A-aiutami!..”,
lo udì gemere.
Spock
gli aveva spezzato braccia e gambe, lo aveva massacrato e poi gli
aveva sfondato il petto con un pannello del rivestimento.
“ T-ti...
prego! N-N...”
Desus
si inginocchiò e, con mano ferma, gli tappò sia
il naso che la
bocca. Il romulano annaspò con gli occhi pieni di terrore,
ma ogni
suo tentativo di liberarsi fu inutile.
“ Y'kllhe4!”,
lo insultò il suo assassino, prima di premere il tasto di
salita.
Si
riparò il capo da una pioggia di scintille, quando le porte
si
aprirono sulla plancia, poi udì gli strilli di Rhiana.
Avanzò con
cautela. Spock torreggiava sulla donna, distesa sulla consolle di
navigazione. All'apparenza non le stava facendo nulla che
giustificasse le sue urla, poi notò le dita forzatamente
premute sul
suo viso. Non avrebbe augurato a nessuno una fusione mentale con un
vulcaniano in quelle condizioni.
Neanche
a Rhiana.
Muovendo
un altro passo urtò la poltrona di comando, e l'altro si
accorse di
lui.
“ Calmo,
sono io!”, esclamò, “Sei
ferito...”, aggiunse, preoccupato,
notando uno squarcio sul suo addome nudo da cui zampillavano fiotti
di sangue verde.
Spock
non gli rispose, e tornò a concentrarsi sulla sua vittima,
affondò
gli artigli nella sua mente con ancor più
brutalità, riuscendo a
strapparle tutte le informazioni che riteneva necessarie. Non si
premurò di alleviare in alcun modo l'interruzione della
fusione
mentale. Così, quando sollevò la mano, Rhiana
cadde sul pavimento,
sussultando per le convulsioni; sottili rivoli di sangue le colavano
dalle orecchie e dagli occhi. Smise di muoversi dopo lunghi istanti
di agonia, stroncata dallo shock.
“ Un
minuto e ventisette secondi all'autodistruzione.”,
comunicò il
computer.
Spock
si accasciò a terra, incapace di reggersi ancora in piedi.
“ 8F4-1240-DR83-XZW9,
blocca l'ordine...”, sospirò, prima di perdere i
sensi.
Quando
riaprì gli occhi, colse del confuso movimento attorno a
sé, e il
suono di diverse voci. Parlavano in romulano e lui era troppo debole
per riuscire a mettere in piedi una confusa traduzione. Terrorizzato,
scorse Desus e riuscì persino ad afferrarlo per un braccio.
“ No,
sta giù!”, gli intimò l'altro,
costringendolo a ristendersi, “Sei
in salvo adesso.”, cercò di rassicurarlo.
“ N-non
erano soli!”, rantolò Spock allo stremo,
“Collaborano con... con
Malcolm Garreth, un... mercante d'armi. I-il romulano che comanda
l'operazione si chiama Nniol. Rhiana... lei non sapeva altro. Ho
tentato... ho...”
“ Shhh,
basta. Hai perso molto sangue, e la
terapia per
il Trellium-D ti sta spossando. Devi riposare. D'ora in avanti ci
penso io.”, mormorò il romulano, baciandolo sulla
fronte madida di
sudore, “Sei con me?”
L'altro
annuì debolmente.
“ Se
davvero lo sei, devi rivelarmi la posizione di quelle basi. Ho
bisogno di coordinate precise per raggiungere la vostra
flotta.”
Spock
esitò un istante, incerto, poi gliele riferì con
fatica.
“ Jim...
devi cercare Jim. Lui... lui ti aiuterà!”
Desus
annuì, carezzandogli il viso, poi fece un cenno al dottore
di bordo,
che, immediatamente, insufflò un altro calmante al
vulcaniano.
“ Le
ho lasciato fare molte cose, signore: il doppio gioco, farsi
catturare... ma mai e poi mai le permetterò di prendere un
mercantile che naviga ancora per miracolo e con un sistema di
comunicazioni da buttare!”, esplose un altro giovane
romulano, alla
sinistra del letto, “Per andare dove, poi?! Alla ricerca di
un
federato? È uscito di senno? E, in aggiunta a questo: i
vermi
mangeranno il mio corpo prima che salvi la vita ad una spia
vulcaniana! Potrebbe vanificare tutto il nostro lavoro! Se lo
dimentichi!”
“ Basta,
è deciso!”, tuonò Desus, “E,
comunque...”, afferrò un paio
di forbici dal carrello delle strumentazioni mediche e
scorciò la
frangia pari di Spock, rendendola a punta, “Ecco, ora
è romulano.
Fa' come ti ho detto, Ejiul, o ne pagherai le conseguenze.”,
concluse, prima di sparire fuori dall'infermeria.
Nel
comunicare al comando di voler guidare personalmente una flotta
diretta al confine della zona neutrale romulana, Jim aveva sfondato
una porta spalancata. Se, da principio, le voci all'interno del
consiglio erano state discordanti, dopo l'arrivo di quel video la
decisione di intraprendere un pronto intervento si era rivelata
pressoché unanime. L'ordine, comunque, non era quello di
compiere
un'invasione diretta dell'Impero, ma piuttosto di proseguire con le
indagini per capire se quell'azione fosse stata organizzata dal
governo romulano, o piuttosto da una singola cellula. Nel frattempo,
tutte le navi militari presenti nel quadrante Alfa erano state
richiamate e schierate in punti strategici per fungere da cuscinetto
ad un ipotetico sbaragliamento della prima linea comandata da Kirk.
New
Vulcan era stato evacuato, e i pochi vulcaniani rimasti trasferiti in
un luogo sicuro come specie da salvaguardare. Solo ai capitani della
loro ancora esigua flotta era stato concesso di rimanere,
benché
nelle retrovie.
C'erano
anche considerevoli preoccupazioni in merito a Qo'noS, che aveva
mantenuto un infrangibile silenzio radio in merito alle vicende che
si stavano verificando. Era impossibile per il consiglio prevedere se
l'Impero Klingon si sarebbe tenuto fuori dalla possibile battaglia,
se si fosse schierato con i romulani, o se prevedesse un attacco ad
uno, o ad entrambi gli schieramenti.
Dalla
Terra all'ultimo confine del quadrante Beta, tutto era in fermento.
Persino le varie opinioni pubbliche planetarie erano esplose in
vortici di nevrotico opinionismo fatto di commenti a favore, o a
sfavore della guerra, compiuti da persone che a stento avevano
oltrepassato il cancello del loro vialetto.
In
una decina di pianeti sotto il protettorato della Federazione, si
erano riaccesi focolai di ribellioni interne; i dissidenti avevano
approfittato del panico e del richiamo militare centrale per tentare
di soverchiare i loro governi.
Come
la notizia di una guerra imminente si fosse diffusa tanto in fretta
non era un mistero: una comunicazione non ufficiale proveniente dalla
Distesa Delfica aveva abbattuto la prima tessera del domino e dato il
via alla reazione a catena. Era stato, presumibilmente, Malcolm
Garreth: l'unico che in tutto quel caos stava davvero guadagnando.
Nyota
esitò prima di rivolgersi al capitano.
Come
ovvio la notizia della morte di Spock aveva gettato l'intero
equipaggio nel cordoglio e nella tristezza, ma Kirk più che
distrutto appariva furioso. Il capitano aveva giocato bene le sue
carte nell'offrirsi come comandante di flotta, e, nonostante la
garanzia della presenza di un supervisore dell'ammiragliato, il
tenente era comunque preoccupata. Non sapeva, infatti, se in quella
circostanza Jim li avrebbe condotti alla salvezza, o ad una tragica
ricerca di vendetta.
“ L'inviato
è qui, signore. Chiede il permesso di salire a
bordo.”, si decise
a dire.
“ Accordato.”
Jim
si alzò dalla poltrona e sparì nel
turboascensore. Aveva parlato
molto poco in quelle ultime ore, e quasi esclusivamente con gli
ammiragli. Bones l'aveva seguito come un'ombra, al punto di farsi
cacciare in malo modo dalla plancia non più di mezz'ora
prima.
Il
capitano se lo ritrovò di fronte non appena le porte della
cabina si
furono aperte. Gli rivolse solo uno sguardo, prima di superarlo, ma
reagì quando l'amico gli avvicinò l'analizzatore
alla testa:
strappatoglielo di mano lo fracassò contro la parete senza
aggiungere neanche una sillaba.
Il
dottore non poté far altro che seguirlo in silenzio,
decidendo di
tenere ancora per sé le proprie ansie.
Nella
sala teletrasporto Jim non esitò a mostrare il proprio
disappunto
nel vedersi comparire davanti l'ambasciatore Spock.
“ Dovrebbe
essere al sicuro con la sua gente.”, sibilò,
incapace di essere
cordiale.
L'anziano
non batté ciglio e scese il gradino.
“ Sono
rammaricato per la tua perdita.”, disse.
“ Non
abbiamo tempo per il lutto.”, tagliò corto il
capitano, “Nel mio
ufficio.”
L'incontro
fu breve, e non portò agli esiti sperati: Jim, volente o
nolente,
avrebbe dovuto lasciare la parola all'ambasciatore e prendere il
comando solo nel caso di un palesamento delle ostilità. Il
comando
di Flotta era consapevole che l'Enterprise fosse la loro miglior
nave, ma era al contempo palese che non avessero voluto lasciare
l'esito di quelle trattazioni ad un capitano appena privato del suo
primo ufficiale.
L'ambasciatore
Spock, che aveva presto rinunciato a parlare con Jim, deviò
verso
l'infermeria.
Il
dottor McCoy era affaccendato a preparare tutto quanto per la
peggiore eventualità possibile, ma delegò ancora
una volta il
compito a M'Benga, quando scorse l'anziano vulcaniano. Nell'impeto,
quasi lo trascinò nel suo studio.
“ Che
devo fare?”, gli chiese, brusco, “Jim è
una bomba pronta ad
esplodere. Non parla, non ragiona, e dire che la faccenda è
personale è un dannato eufemismo, ma il comando ha puntato
tutto su
di lui! Non posso levargli la nave adesso! Avrei dovuto farlo prima,
quando ancora sarebbe stato sensato, ma...”
“ Si
calmi, dottore...”
“ Calmarmi?!
Ma, per la miseria!”
“ Accusare
Jim di non ragionare lucidamente, quando neanche lei è in
grado di
farlo, non porterà ad alcun giovamento. Lo conosco da molto
tempo e
mi fido di lui. Sarà in grado di gestire la
situazione.”
“ E
che succede se non lo fa? Oh, scusateci, abbiamo scatenato la
peggior guerra nella storia di due quadranti, ma l'abbiamo fatto in
buona fede, eh! Se Spock fosse qui, lo avrebbe sbattuto
giù da
quella poltrona da tempo!”
“ Qual
era la natura del rapporto tra il capitano e il mio
corrispettivo?”,
domandò l'ambasciatore.
“ Non
lo so.”
“ Non
è tempo per il riserbo, dottore.”
“ Amici,
migliori amici, amanti! Non ne ho idea! So solo che non c'è
stato
verso di far allontanare Spock dal suo capezzale, sei mesi fa, e Jim
stesso mi ha detto che il loro rapporto era un casino. Di certo
c'è
solo che Spock ha lasciato Nyota poco prima della partenza per la
missione quinquennale...”
“ Troppo
giovani...”, commentò l'anziano, serrando le
palpebre.
“ Mi
ascolti, McCoy: lo osserverò e se...”
“ Plancia
ad infermeria” l'intervento del tenente Uhura li
interruppe
“C'è un mercantile in rotta
d'intercettazione, ma il loro
sistema di comunicazione è fuori uso. I sensori hanno
rilevato una
forma di vita. Si tratta di un romulano. Il capitano sta andando
là
con una squadra. Dottore...”
“ Vado
immediatamente.”
McCoy
corse fuori dall'infermeria a rotta di collo e raggiunse la sala
teletrasporto appena in tempo. Impose la propria presenza sulla
piattaforma, ma Jim, ancora una volta, non pronunciò una
parola.
Si
materializzarono direttamente sulla plancia del mercantile, dove il
romulano li stava aspettando in ginocchio e con le mani sollevate
sopra la testa.
“ Controllate
che non ci sia nessun altro.”, ordinò il capitano
alla sicurezza,
prima di avvicinarsi al prigioniero.
“ Mi
chiamo Desus, proconsole di Shira, protettorato dell'Impero Romulano,
e parlerò solo con Jim.”
Il
dottore bruciò l'amico sul tempo.
“ Chi
è Jim? Perché proprio con lui?”
“ Non
ho la più pallida idea di chi sia, ma confido che lo
scoprirete se
farete un controllo sulle frequentazioni del comandante Spock. Questo
Jim è l'unica persona che forse potrebbe credermi, e
salvarmi la
vita, pertanto vale la pena rischiare, comandante.”
“ Dottore,
dottor McCoy.”, specificò Bones.
Desus
gli rivolse un sorrisino.
“ Splendido,
potrebbe essermi utile da qui a poco.”
“ Io
sono Jim.”, intervenne il capitano, senza accennare ad
abbassare il
fucile, “Ti ascolto.”
“ Un
capitano... ma certo, il suo capitano.”,
ridacchiò il
romulano.
Jim
lo colpì in faccia con un calcio, sbattendolo a terra.
“ Parla
in fretta!”
“ Spock
è vivo, tu, figlio di puttana!..”,
digrignò Desus, tamponandosi
il naso rotto.
“ NON
MENTIRMI!”, tuonò Kirk.
E
gli si sarebbe avventato di nuovo contro, se Bones non l'avesse
trattenuto.
Desus
si stese sulla schiena, esausto.
“ Sì,
sei definitivamente Jim...”,
commentò con un lamento,
“Questa è la nave dove tenevano entrambi
prigionieri. Puoi
controllare, le celle sono in uno degli hangar. Spock era
più morto
che vivo quando il mio equipaggio ci ha soccorsi. Era impossibile
spostarlo dalla nostra infermeria, per questo sono qui. Ti
dirò il
resto solo quando sarò sicuro che non mi sparerai.”
Il
capitano ordinò alla squadra di sicurezza di perquisire
l'intera
nave, e poi a Chekov di ritrasportare lui, Bones e il prigioniero a
bordo.
Una
volta lì un'altra squadra di sicurezza scortò
Desus sino all'hangar
detentivo.
“ Questo
è un dannato deja vu!”, borbottò McCoy,
ma Jim non lo stava
ascoltando. Troppi pensieri si affollavano nella sua testa.
Ovviamente sapeva che non doveva fidarsi di quel romulano, ma la
notizia che Spock potesse essere effettivamente vivo l'aveva scosso
ben più di quanto avesse dato a vedere.
“ Ehi,
ora che avete preso lui, non avete più bisogno di me,
vero?!”,
esclamò Dur dalla sua cella.
“ Tu
sta' zitto!”, lo ammonì al capitano.
“ Ma
stiamo andando in guerra! Una guerra vera! Almeno
trasferitemi!”
Jim
proseguì, fermandosi al di là della barriera
dietro cui avevano
rinchiuso il prigioniero.
“ Da
una cella all'altra, ma devo comunque riconoscere un notevole salto
di qualità!”, commentò, “Qui
almeno c'è il letto.”
“ Fuori
tutti. Bones, tu resta. E qualcuno faccia venire qui l'ambasciatore
Spock!”
“ Dev'essere
un nome comune fra i vulcaniani...”
“ Finiscila
con le chiacchiere!”, tuonò il capitano, sbattendo
una mano contro
la paratia energetica, “Dimmi di più.”
“ Siamo
stati rapiti da una romulana di nome Rhiana, vedova del rei'karanha
Hanaj, un legionario imperiale, e dai suoi uomini. Potrei dirti i
nomi, ma sprecherei fiato. La tua squadra troverà i loro
cadaveri
sparsi per il mercantile. Il mio Spock sa essere
piuttosto
irascibile, se si premono i tasti giusti.”
“ Noi
non torturiamo i prigionieri.”, intervenne McCoy.
“ So
riconoscere un sseika5
idrofobo
quando lo vedo, dottore, e il tuo amico, qui, ne ha tutta l'aria.
Spock è riuscito a stabilire una fusione mentale con Rhiana,
prima
di ucciderla, e ha ottenuto due nomi. Uno romulano, Nniol,
sicuramente falso, l'altro terrestre: Malcom Garreth. Prima che il
mio ufficiale medico lo sedasse, ha detto che si trattava di un
mercante d'armi. Mi ha inoltre riferito la posizione di dieci
avamposti federali, di modo che io potessi intercettarvi in tempo per
bloccare una guerra che nessuno vuole realmente. Purtroppo non
abbiamo potuto impedire che Rhiana diramasse quel filmato. Il mio
equipaggio, sta curando il vostro comandante.”
“ Spock
non uccide la gente, e di sicuro non la fa a pezzi!”,
esclamò Jim,
dopo aver dato uno sguardo al resoconto della squadra a bordo del
mercantile sul suo PADD.
“ Un
vulcaniano sotto Trellium-D può fare questo ed altro.
È un miracolo
che non abbia ammazzato anche me. Menomale che gli piacevo. Ora, se
non ti spiace, possiamo lasciare da parte il conteso Spock ed
occuparci delle altre questioni?”
Jim
arretrò di qualche passo, facendo cenno a Bones di seguirlo.
“ Che
cos'è il Trellium-D?”
“ Un
composto che veniva usato una settantina di anni fa per schermare le
navi che dovevano viaggiare nella Distesa Delfica, prima che l'allora
capitano Archer disattivasse una delle sfere di non so chi e
annullasse le perturbazioni in quell'area. Il Trellium-D va ad
intaccare i percorsi sinaptici vulcaniani, compromettendo l'area atta
al controllo delle emozioni. Un tempo il danno, anche minimo, era
permanente. Ora se preso in tempo si può curare il paziente
anche di
fronte ad un'intossicazione di media gravità.”,
spiegò il
dottore, “Dal momento che quel mercantile è molto
vecchio, è
probabile che ci sia ancora del Trellium-D nello scafo. Se Spock
è
vivo...”
“ Lo
stanno già curando, ho detto.”, intervenne Desus,
“Orecchie a
punta, vi sento benissimo.”, si giustificò.
Le
porte si aprirono e l'ambasciatore Spock fece il suo ingresso. Il
romulano trasalì, riconoscendolo.
“ Ma
dai!”, commentò, “Se avessi saputo che
lo spazio federale è
così assurdo, avrei lasciato Romulus molto prima!”
“ Desus...”,
commentò l'anziano, apparendo turbato.
“ Lo
conosce?”, domandò Jim.
“ Ho
conosciuto il suo corrispettivo, nella mia linea temporale originale.
Benché fossimo entrambi più maturi.”
“ E
com'è andata a finire?”, domandò il
romulano.
“ Malamente.
Prima che tu lo chieda: ci conoscemmo in una prigione federale, in
circostanze molto differenti da quelle attuali. Fuggimmo e fui il tuo
secondo per mesi.”
“ Sempre
dietro le sbarre! Dev'essere un punto fisso della storia. E:
malamente... Immagino ci sia scappato il morto. Dal momento che tu
sei qui, l'altro Desus...”
“ Voleva
conquistare l'Enterprise. Per quanto tenessi a lui e lo rispettassi,
ho dovuto compiere una scelta.”
“ Povero
Desus, allora! Ma rimandiamo a dopo l'assurda rimpatriata. Sono qui
per impedire una guerra, non per cominciarne una. Sempre che voi mi
crediate, ben inteso. Altrimenti me ne starò sdraiato qui,
finché
duriamo. Ho circa tre settimane di sonno arretrato. Tra le torture e
il raccattare i pezzi di Spock, non ho avuto molto tempo per
riposare.”, fece una pausa, “Nessuna obbiezione?
Bene. Ho
studiato la collocazione di quelle dieci basi, mentre cercavo di
raggiungervi, e sono ben disposte. Immagino ce ne siano altre, e, no,
al momento non m'interessa sapere dove siano. Quel che posso dire
è
che posso portarvi sino a Romulus. Non sarà semplice,
né indolore,
dovremmo attraversare una fascia di asteroidi particolarmente
instabile e le probabilità di successo sono del 40%. Una
volta lì,
sempre che non mi taccino di tradimento, posso farvi avere un
incontro con il Pretore. Questo chiuderà i giochi, in un
modo o
nell'altro. Riconosco che non sia il miglior piano che abbia mai
ideato, ma dovrete accontentarvi. Va da sé che posso far
passare una
nave sola, di certo non una flotta.”
“ Perché
hai mentito?”, gli domandò l'ambasciatore a
bruciapelo, dopo aver
letto a sua volta il rapporto.
“ Su
cosa? Non capisco.”
“ Non
sei mai stato un proconsole.”
“ Oh,
un lungo rigiro che non ho voglia di spiegarti. Ti basti sapere che
avevo il compito di tenere sotto sorveglianza il senatore Tael,
pertanto sono stano nominato ufficiosamente proconsole della sua
regione. In fin dei conti stare sotto copertura è il mio
lavoro.”
“ Sì,
me lo ricordo.”
Desus
sorrise.
“ Eravamo
piuttosto intimi, allora.”
L'ambasciatore
distolse lo sguardo e fece cenno a Jim di seguirlo fuori.
“ Chi
è quell'uomo? Possiamo fidarci di lui?”
Spock
rifletté alcuni istanti.
“ Non
è tanto di Desus che dobbiamo preoccuparci, quanto di Tael.
Se è
simile a quello che ricordo, è un uomo avido di potere, e
non è da
escludersi che possa esserci lui dietro a tutto questo. La morte del
Desus della mia realtà è uno dei miei rimpianti.
Eravamo vicini,
sì. Ricordo che mi offrì la sua protezione,
qualora lo avessi
seguito su Romulus. Non sapevo ancora nulla degli ordini che gli
erano stati impartiti, e in quel momento la sua offerta mi parve
allettante.”
“ Allettante!?
Andartene con un romulano?”, tuonò il capitano,
incredulo.
“ Era
un momento molto difficile. Specialmente tra me e il mio Jim. Inoltre
ho impiegato quasi l'intera seconda metà della mia vita a
cercare,
con successo, di creare una pace duratura con Romulus. Non da solo,
ovviamente.”
“ Quindi
incontri il primo che capita e a posto così? C'è
almeno stato un
momento non difficile, o mi metto l'anima in pace?”
Il
sollievo era stato sostituito dalla gelosia nei confusi pensieri di
Jim. La sola idea che Spock, il suo, potesse prendere e andarsene lo
annientava, soprattutto dal momento che aveva già
manifestato il
desiderio di un allontanamento senza che fosse accaduto assolutamente
nulla fra loro.
“ Jim...”
“ BASTA!”,
si impose McCoy, “State decisamente perdendo il punto della
situazione: là fuori ci sono DUE flotte che si stanno
radunando per
distruggersi a vicenda! Chi se ne frega dei vostri problemi
personali!”
“ Andiamo
a Romulus.”, ribatté Jim, granitico, riaprendo le
porte
dell'hangar di detenzione..
“ E
devo supporre che sia il buon senso a parlare, vero!?”, gli
urlò
dietro il dottore.
Note:
1)
Ferenginar è il pianeta natale dei ferengi: un popolo
ultracapitalista che basa tutta la propria sussistenza sul commercio
(etico e meno etico). Basta dire che sono l'unica razza a non aver
scoperto la curvatura, ma ad averla comprata. Il pianeta è
molto
inospitale, piove infatti sempre, ma, al di là di questo,
lì tutto
è in vendita, anche le cose che, per ovvietà, non
dovrebbero
esserlo.
2)
Il Grande Nagus è il leader politico ed economico
dell'intero popolo
ferengi. Virtualmente ogni azione compiuta da un cittadino deve
sottostare alla sua approvazione.
3)
Sempre da Wikipedia che si fa prima: I
ferengi credono in un aldilà
ma
ritengono che il proprio destino dopo la morte non dipenda dalla
condotta tenuta in vita, bensì dal profitto accumulato. Dopo
la
morte un buon Ferengi si troverà davanti all'ingresso della
Tesoreria
divina,
luogo riservato solo ai Ferengi che hanno condotto un'esistenza retta
e fruttuosa: una volta lì, l'obiettivo del defunto
è quello di
partecipare ad un'asta
per
comprare il diritto a reincarnarsi. La porta della tesoreria reca
questa scritta: Preparatevi
a esibire un rendiconto dei profitti e delle perdite prima di entrare
nella Tesoreria divina.
4)
Insulto in romulano: “Sei un verme!”.
5)
Un canide romulano.
NdA: Eccoci
qui con il secondo capitolo, il prossimo sarà l'ultimo (e mi
fa quasi paura dirlo, dal momento che di solito posto storie
chilometriche), ringrazio già da qui tutti coloro che hanno
messo la storia tra le seguite, e chi l'ha mipiaciata (voce del verbo
XD) su Facebook, e ovviamente, chi ha recensito il primo capitolo, a
cui risponderò subito dopo aver postato. Chiunque abbia
voglia di dire la sua, nel bene o nel male, è il benvenuto!
Un bacione,
Ros.
|
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Capitolo 3 *** III ***
III
Spock
si risvegliò di soprassalto. Nonostante l'avessero curato,
gli
incubi erano ancora insostenibili. Riusciva a dormire per un paio
d'ore per notte, e fare meditazione era ancora difficoltoso. Si
alzò
dal letto e passeggiò per la stanza, cercando di placare le
orribili
visioni di devastazione che avevano riempito il suo stentato riposo.
Non era prigioniero su quel falco romulano. Non formalmente, quanto
meno. Gli avevano messo a disposizione un alloggio da cui poteva
andare e venire a piacimento, ma sempre sotto la stretta supervisione
di due uomini della sicurezza. Ejiul, il secondo di Desus, si era
dimostrato molto meno aperto nei suoi confronti, ma non aveva
comunque disobbedito agli ordini impartitigli dal suo capitano.
Uno
scossone lo costrinse ad appoggiarsi alla parete per non finire a
terra. Era ancora piuttosto debole per via del sangue che aveva
perso, quindi quel viaggio tutt'altro che confortevole lo stava
provando. Come ovvio, non aveva idea di dove si trovassero, ma aveva
capito che stavano viaggiando da ormai trentatré ore
all'interno di
una fascia di asteroidi. Si sedette alla scrivania e si
versò un po'
d'acqua. La scelta di un itinerario tanto difficoltoso lo
insospettiva, non ne vedeva il motivo. Da chi, o cosa stavano
cercando di nascondersi?
Guardò
con rinnovato interesse il terminale dell'alloggio. Se n'era tenuto
lontano sino a quel momento perché aveva logicamente
supposto che lo
avessero disattivato. Fu l'istinto di un momento a portarlo a premere
il pulsante d'accensione.
Con
sua sorpresa scoprì che era già stato impostato
in vulcaniano, una
versione approssimativa della lingua, ma che lui era in grado di
comprendere in modo agevole. Vide l'icona di un filmato sullo schermo
e ne ordinò la riproduzione nella sua lingua natia.
“ Spock.
O almeno lo spero. Avevo impostato il computer perché
diramasse
questo video solo alla seconda attivazione.”,
cominciò Desus,
“Se non sei Spock, probabilmente mi hanno
già ammazzato da
qualche altra parte, per cui non prenderti il disturbo. Bene, stando
ai miei calcoli dovreste essere quasi fuori dalla fascia di
asteroidi. Spero che tu ti sia ripreso, perché il bello
viene
adesso...”
Il
vulcaniano ascoltò con estrema attenzione la contorta
spiegazione di
Desus, arrivando a chiedersi in più circostanze se fosse un
genio o
un folle.
“ Credo
che sia tutto chiaro. Troverai la tua divisa, un PADD e le tue nuove
generalità dentro il materasso. Ti consiglio di muoverti,
Spock, non
hai molto tempo. Ah, se tutto questo va bene, e non mi azzardo a fare
previsioni, hai mai considerato..? ..Ahhh, lascia stare, ne parleremo
se ci rivedremo. Sappi solo che mi piacerebbe averti come secondo. Ci
sono troppi idioti nell'Impero. Pensaci, e buona fortuna.”
Spock
fece appena in tempo a cambiarsi e ad armarsi con il phaser che le
luci dell'intera nave saltarono, sostituite da quelle rosse
d'emergenza. La voce del computer parlò poco dopo, ma non
aveva
bisogno di una traduzione per sapere che cosa stava avvenendo.
Spalancò
la porta e sparò alle due guardie, poi corse via lungo il
corridoio.
Doveva scendere di tre livelli e aveva solo due minuti per farlo. Fu
costretto a sparare ad altri uomini, lungo il percorso, ma
lasciò a
dopo l'onere di crucciarsene. C'era troppo in ballo per farsi frenare
dagli scrupoli. Non gli piaceva agire in quel modo, non ora che aveva
riottenuto il raziocinio, ma era necessario.
Entrò
nella terza navicella di soccorso, l'unica che, sapeva, avrebbe
funzionato, e cominciò la procedura di allontanamento. Dei
colpi di
phaser si susseguirono contro la paratia che dava sul corridoio.
Affrettò la manovra di uscita e la navetta si
staccò dalla nave con
un bruco sobbalzo. Prese i comandi e, con la serafica calma che solo
un vulcaniano è in grado di mantenere, accelerò
in mezzo alla fase
terminale di quel banco di asteroidi. Pochi secondi dopo il falco
romulano si autodistrusse.
L'onda
d'urto fu devastante ed investì la navetta con una potenza
sconsiderata. Spock volò in avanti, andando a sbattere
malamente
contro la consolle di navigazione.
Si
rialzò con fatica, dolorante ma vivo, e si sedette sulla
poltrona,
prima di impostare la rotta che Desus gli aveva rivelato.
Chiuse
gli occhi, reclinando indietro il capo sullo schienale. Si
ripeté
che il bene dei molti contava più di quello dei pochi, ma
non
riusciva a non provare vergogna per le persone che aveva ucciso e per
quelle che non aveva avvertito. Era illogico, date le circostanze, ma
non poteva farci niente. Forse era colpa del Trellium-D, forse della
sua metà umana, ma non riusciva ad affrontare quel che stava
accadendo con fredda logica. Desus aveva detto:
“ Ci
rincontreremo presto, se riuscirò a trovare un capitano
abbastanza
folle da seguirmi.”
Sapeva
che c'era un solo capitano che corrispondesse a quelle
caratteristiche e aveva mandato Desus proprio da lui...
Sospirò,
ripensando a tutto il caos dell'ultimo mese.
“ Non
incontreremo Khan tutti i giorni...”
Infatti:
poteva esserci molto peggio; anche se in quella circostanza non era
poi così fiero di aver avuto ragione. Si perse nel
considerare i pro
e i contro dell'offerta di Desus: andare con lui su Romulus avrebbe
comportato lasciare l'Enterprise, abbandonare Jim, ma forse avrebbe
potuto portare alla costruzione dei primi pilastri di una pace
duratura. Nonostante quel che Nero aveva fatto al suo pianeta, e quel
che l'ambasciatore Spock non aveva potuto impedire nella sua linea
temporale, lui credeva ferventemente nella possibilità di
pacificare
i due quadranti. Forse con i romulani sarebbe stato persino
più
semplice che con i klingon. La risposta più logica a quel
dilemma
era più che mai evidente, ma nonostante la sua
razionalità non
riusciva ad accettarla senza provare un disarmante dolore. I suoi
sentimenti erano ancora confusi, sia quelli nei confronti del
capitano, che quelli nei confronti di Desus.
Si
impose di nuovo la calma, per quanto possibile: c'erano ancora troppe
cose in ballo per poter volare avanti con le aspettative. Doveva
restare concentrato e fare quel che era giusto nell'immediato.
“ Avanti.”
L'ambasciatore
entrò negli alloggi del capitano, trovandolo, come
prevedibile,
sveglio e nervoso. Sprecare fiato per ribadirgli di riposare sarebbe
stato inutile, quindi si limitò a sedersi al tavolinetto e
ad
accarezzare la scacchiera con uno sguardo nostalgico.
“ Ho
ragione di credere che tu abbia frainteso lo stato delle
cose.”
“ Non
ho voglia, né tempo di parlare di questo.”
“ Io
devo parlare con te. Non il contrario, Jim.”
“ Oh,
certo, come al solito!”, esplose il giovane, “E' il
ritornello di
ogni dannato istante passato con Spock! Perché mai con lei
dovrebbe
essere diverso?”
“ Non
puoi incolparlo per essere spaventato. A maggior ragione
perché ha
molti più motivi di esserlo lui di quanti ne avessi io alla
sua età.
Ha perso il suo pianeta, sua madre, ha quasi perso persino te. Sei
umano, non puoi capire quanto sia disarmante per un vulcaniano
provare sentimenti che non può controllare.”
“ Quindi
non dovrei neanche rimproverargli di essere un completo imbecille?
Non so quali siano state le dinamiche tra lei e il suo Jim,
né tra
lei e quello stronzo in cella. Francamente neanche mi interessano, ma
non posso sopportare di essere calpestato in questa maniera! Io... ha
solo una vaga idea di come mi sia sentito in queste settimane? Non ho
neanche fatto in tempo a rallegrarmi che sia vivo! Ho dovuto subito
preoccuparmi che possa... possa... con un romulano! Cristo! Senza
contare che l'unica cosa che ci separa da una guerra è
questa nave!
E Spock che fa? Che fa? Il cagnolino di Desus! Chissà
dov'è,
adesso, di certo non su Romulus ad aspettarci!”
L'ambasciatore
si alzò e lo fronteggiò con raggelante
severità, zittendolo con un
cenno.
“ Tu
credi che l'intero universo ruoti attorno a te, e per quanto questo
possa essere un vantaggio in molte circostanze, non lo è in
questa.
Spock sta vedendo per la prima volta la possibilità di
costruire una
pace che gioverebbe a due quadranti. Non puoi pretendere che non
consideri l'idea.”
“ E
dovrei credere che Desus non c'entri affatto? Non mi prenda per
stupido!”
L'anziano
scosse il capo.
“ Desus
è un grande uomo, ma resta comunque secondo.”
Jim
irrigidì la mascella, furioso.
“ Ed
è il suo punto di vista.”
“ Se
credi che tre settimane con qualcun altro possano aver spento i
sentimenti che prova per te, allora di lui hai compreso ancor meno di
quanto pensassi. Per usare un lessico colloquiale terrestre:
è
meglio che ti svegli.”, sentenziò Spock,
avvicinandosi alla porta.
“ Lui
dovrebbe svegliarsi! Non può sempre nascondersi dietro alla
scusa di
essere vulcaniano per scappare a gambe levate da ogni situazione
scomoda! Lei non sa quante volte ho tentato di riaprire il discorso
con lui...”
“ Io?
Io non lo so?”, esclamò
l'altro, voltandosi incredulo, “Le
dinamiche sono state profondamente diverse, è vero, ma credi
che il
tuo corrispettivo non mi abbia mai causato sofferenza?”
Jim
abbassò lo sguardo e scosse il capo.
“ Oh,
bhe...”
“ Spock
ha perso troppo in troppo poco tempo per non temere che tutto
ciò a
cui tiene gli possa esser strappato via. Ritengo di aver detto fin
troppo sull'argomento. Ti attenderò in plancia. Tra 3.2 ore
saremo
fuori dal banco di asteroidi, cerca di riposare.”
L'ambasciatore
premette il tasto di apertura.
“ Il
tuo Jim... è ancora là fuori, da qualche parte,
ad aspettare il tuo
ritorno?”
Spock
si fermò senza voltarsi.
“ No.”
Rimasto
solo il capitano si stese sul letto, ma ci rimase per poco.
Ritornò
nel suo ufficio e ordinò che Desus venisse condotto da lui.
“ Lasciateci
e che nessuno ci disturbi.”, disse poi.
Il
romulano si guardò intorno, prima di sedersi sulla
poltroncina di
fronte alla scrivania.
“ La
tua nave è molto bella.”
“ Risparmiati
i convenevoli. Cosa ci aspetta dall'altra parte?”
Desus
si guardò le manette e scrollò le spalle.
“ Dipende...
Ora ascoltami bene...”
Parlarono
a lungo, raggiungendo dei compromessi che al capitano piacquero molto
poco. Non sapeva a che gioco stessero giocando Spock e quel romulano.
Non sapeva neppure se poteva ancora fidarsi del suo primo ufficiale,
date le circostanze, ma liberò Desus dalle manette e
diramò quel
pesante comunicato a tutta la nave.
“ Resterai
con me. Tutto il tempo.”, sentenziò, poi,
scortandolo fuori
dall'ufficio sin nell'alloggio di Spock.
Lo
osservò pareggiarsi i capelli con il rasoio laser del suo
primo
ufficiale. Dopodiché il romulano si spogliò in
tutta naturalezza,
proprio come se quell'alloggio fosse suo e, pertanto, gli fosse tutto
dovuto. Quando però raggiunse l'armadio, Jim lo
fermò, infastidito:
“ Te
la prendo io. Non frugherai nella sua roba.”,
sibilò, spalancando
l'anta e afferrando una delle divise di Spock.
“ Dovrai
essere un po' più accomodante di così, se vuoi
essere credibile. La
gelosia non è il sentimento più
saggio.”, lo rimproverò il
romulano, divertito, vestendosi in fretta.
“ Comoda.”,
commentò, rimirandosi allo specchio.
“ Sei
tu a non essere credibile.”
Desus
sbuffò.
“ Ti
prego: non ho neanche cominciato!”
Chiuse
gli occhi per qualche istante, richiamando alla memoria gli
atteggiamenti, la postura e il tono di voce di Spock.
Raddrizzò
quindi la schiena e cancellò ogni forma di espressione
mimica dal
proprio volto, prima di riaprirli. Jim si ritrovò ad avere
un
parziale ripensamento: Spock e Desus si assomigliavano; avevano la
stessa corporatura e lineamenti tanto simili da farli apparire
fratelli. Ad una rapida occhiata sarebbero pesino potuti sembrare la
stessa persona. Questo, tuttavia, non scacciava il profondo ribrezzo
che provava per la situazione in sé. Quell'uomo non era
Spock, era
solo un bravo attore e forse un bastardo.
“ Suggerisco
di raggiungere la plancia, capitano.”
“ Tieni
il tuo colpo di teatro per quando sarà
necessario.”, sbottò Jim,
precedendolo fuori dall'alloggio, “Sei davvero sicuro che
nessuno
possa riconoscerti?”
“ Che
Spock ce l'abbia fatta o meno, le persone che potrebbero farlo sono
lontane dal campidoglio. Tutto dovrebbe andare bene.”
“ Come
direbbe l'uomo che stai cercando di impersonare: bene
è una
condizione inaccettabile.”
“ Dovrò
solo raggiungere il Pretore, è a lui che rispondo. Non me lo
permetterebbero se apparissi un romulano. Mi taccerebbero di
tradimento per aver condotto una nave federale sin quasi al pianeta e
verrei giustiziato all'istante. Ho un rapporto da fare, Jim, immagino
tu possa capirlo.”
E
lo capiva, certo, ma c'erano comunque troppi segreti.
Gli
ultimi istanti all'interno del banco di asteroidi vennero trascorsi
in un teso silenzio da tutto il personale di plancia. Sulu appariva
provato dalla lunga traversata di quasi tredici ore consecutive.
Persino l'ambasciatore Spock sembrava meno serafico del solito:
continuava a lanciare sguardi a Desus, seduto alla postazione del suo
corrispettivo.
“ Ci
siamo.”, comunicò il pilota.
L'attacco
che ricevettero fu violento, benché aspettato. Gli scudi
ressero
quell'avvertimento con un indebolimento del 0.5%.
“ Una
chiamata in arrivo.”
Jim
si alzò.
“ Sullo
schermo.”
Il
volto di un romulano di mezza età apparve.
“ La
vostra presenza in questo settore è da considerarsi una
dichiarazione di guerra. Arrendetevi, o vi distruggeremo.”
“ Veniamo
in pace.”, si affrettò a dire il capitano.
“Il nostro intento è
quello di prevenire una guerra, non quella di iniziarne una. Ci
è
pervenuto un messaggio da uno dei vostri comandanti, Desus, che ci
indicava la via d'accesso al vostro spazio attraverso il banco di
asteroidi. È stato un lungo viaggio, e siamo soli. Non era
nostra
intenzione celarci in alcun modo ai vostri sistemi di rilevamento.
Richiediamo un incontro con il Pretore Vrih per impedire il palesarsi
delle ostilità. La nostra flotta è a conoscenza
dell'operazione,
pertanto, se non riceveranno notizie sulle nostre condizioni in sette
giorni rivaluteranno l'ipotesi di uno scontro diretto. A
dimostrazione della nostra buona fede, adesso abbasseremo gli scudi,
ma devo ammonirla: se il computer registrerà la presenza di
anche un
solo romulano a bordo, la USS Enterprise si autodistruggerà,
vanificando l'operazione stessa. Vi sconsiglio, pertanto, di tentare
un abbordaggio.”
Desus
trattenne a stento un sorriso. A quanto pareva quel Jim era meno
sprovveduto di quanto sembrasse. Dal momento che i romulani erano del
tutto all'oscuro sul funzionamento delle navi federali, quel bluff
reggeva alla perfezione.
A
un cenno del capitano, Chekov abbassò gli scudi e Jim
riprese la
parola:
“ Richiedo
di essere accolto a bordo della vostra nave con un piccolo
contingente.”
Il
romulano fece un cenno e i loro cannoni ad antimateria vennero
disarmati.
“ Accordato.
Abbasseremo i nostri scudi solo per il tempo necessario al
trasferimento.”
Il
capitano chiuse quindi la comunicazione e rifletté qualche
istante,
prima di chiamare l'infermeria.
“ Bones,
vieni in sala teletrasporto.”
Le
proteste che si era aspettato non arrivarono, quindi si rivolse a
Desus e all'ambasciatore Spock e insieme entrarono nel
turboascensore.
“ Complimenti
per la trovata, capitano.”
Jim
non si prese la briga di rispondergli. Proseguì lungo il
corridoio a
passo spedito.
“ Scendi
dalla piattaforma.”, ordinò a McCoy, una volta in
sala
teletrasporto.
“ Che?”
“ Non
verrai con noi. La nave è tua.”
“ COSA?!”
Il
capitano lo guardò dritto negli occhi.
“ Sulu
è troppo stanco, e comunque mi serve al timone. Scotty
è
fondamentale in sala macchine. Tu sei la sola persona rimasta di cui
mi fidi ciecamente e che, salvo imprevisti, avrà ben poco da
fare.
Ho bisogno di te. Se non ricevi notizie entro dodici ore, evacua
l'equipaggio e distruggi la nave. Prigionieri è meglio che
morti.”
“ Sei
completamente fuori di testa!”, esclamò il dottore.
“ Già.
Grazie per averlo notato.”
“ Comandante
Ejiul, non l'aspettavo tanto presto.”
Spock
si voltò con naturalezza, smettendo di guardare le stelle al
di là
del finestrone. Chinò il capo con deferenza.
“ Senatore
Tael.”, rispose in perfetto romulano. Aveva impiegato ore per
ultimarne l'apprendimento, ma l'esito era stato comunque
soddisfacente.
“ Il
capitano Desus si trova su una nave della Federazione e, a questo
punto, dovrebbe averla già condotta nel nostro spazio,
creando un
incidente diplomatico. Mi scuso per essermi presentato a bordo di una
navetta, ma il capitano l'ha ritenuto meno rischioso.”
Tael
sorrise.
“ Non
importa. Mi segua, le mostrerò la sua postazione.”
Spock
annuì, calmo all'apparenza, in realtà erano molti
gli interrogativi
che lo scuotevano: aveva seguito il piano di Desus, ma poteva davvero
fidarsi di lui? Ora che la sua condizione psicologica era meno
instabile si poneva dei legittimi dubbi sull'attendibilità
dello
strano compagno. Desus sapeva troppo. Questo poteva derivare dal
fatto che facesse parte del Tal'Shiar, come da quello che non avesse
detto tutta la verità.
Ed
ora, con una probabilità del 99.8% si trovava con Jim.
Ripensare
al capitano gli provocò una morsa dolorosamente fisica. Si
sentiva
in colpa per quel che provava per Desus, e per quel bacio che si
erano scambiati. Oltre a questo, l'idea che Jim, o lui stesso,
potessero morire senza che si fossero chiariti lo fece sentire sporco
e colpevole. Aveva sbagliato tutto. Avrebbe dovuto dare
l'opportunità
al capitano di esprimere i suoi sentimenti. Avrebbe voluto sentirle
quelle parole, almeno una volta.
“ Mi
dispiace...”, pensò, rievocando piccoli
quanto dolorosi
ricordi: le loro partite, il sorriso del capitano, e quel brillio
nello sguardo che donava solo a lui.
Allontanò
tutto questo quando si sedette alla consolle indicatagli da Tael:
doveva scoprire le dinamiche di quella che Desus aveva definito
“Fase
3” e, possibilmente, trovare il modo di riferirle al comando
centrale dell'Impero.
Non
l'avrebbe fatto.
“ Voglio
che pianifichi la rotta più rapida e sicura per raggiungere
la
flotta federata. Entro due ore.”, gli ordinò il
senatore.
“ Sta
commettendo un errore, signore.”
Tael
apparve infastidito dal suo zelo, ma da uomo intelligente qual era,
si trattenne.
“ L'ascolto.”
“ Se
gli uomini a bordo della nave che Desus ha portato a Romulus fossero
in grado di guidare il Pretore verso un accordo pacifico, il nostro
attacco alla flotta federata risulterebbe un'evidente mossa
dissidente. Ho una soluzione: c'è un nemico che ha
trascurato,
signore, e che potrebbe portare la situazione al punto di rottura che
ci occorre.”
“ Qo'noS1...”,
mormorò il senatore.
“ Esattamente.
So che la sua contenuta flotta dispone di navi federate, acquistate
da Garreth. Se noi raggiungessimo il pianeta natale dei klingon e
attaccassimo proprio con quelle poche navi, la Federazione si
troverebbe a combattere su due fronti. A quel punto sarebbe semplice
stipulare un temporaneo trattato di alleanza con Qo'noS, sconfiggere
la Federazione, ed occuparci in seguito dei klingon, le cui armate
sarebbero già provate dalla guerra.”
Tael
gli rivolse uno sguardo indecifrabile e Spock temette di aver
azzardato troppo. Era stata la sua non completa fiducia nei confronti
di Desus ad indurlo a rimescolare gli schieramenti, ma non sapeva se
il senatore lo avrebbe seguito, né, tanto meno, se il suo
piano
avrebbe funzionato.
“ Ha
ragione, comandante. Tracci una rotta per Qo'noS.”
“ Molto
bene.”
“ Due
ore, Ejiul. Non un minuto di più.”
Spock
aprì diverse carte spaziali e iniziò davvero a
progettare una via
sicura per raggiungere Qo'noS. Tutto quel che gli serviva era una
strettoia, un punto in cui le navi sarebbero state tutte abbastanza
vicine. Quando fu certo di non essere più sotto
osservazione,
utilizzò il codice che gli aveva dato Desus per inviare un
messaggio
al governo Romulano. Sperò che Jim fosse davvero
lì, perché
difficilmente qualcun altro avrebbe potuto interpretarlo con la
corretta chiave di lettura.
Impiegò
altri dieci minuti per ultimare il percorso, e lasciò il
tempo
restate al mettere a punto una formula. Il suo piano era un azzardo,
nulla più che un'intuizione, ma era l'unica
possibilità per
prendere tempo e salvare il salvabile.
Inserì
il nuovo codice nella subroutine del computer centrale, poi si
alzò
e raggiunse Tael al centro della plancia.
“ L'itinerario
è completo, senatore. I klingon non si accorgeranno di noi
sino a
quando non sarà troppo tardi.”
“ Mostramelo.”
Obbedì
all'ordine e si sentì sporco nel ricevere dei meritati
complimenti
per il lavoro svolto: se non avesse funzionato, lui sarebbe risultato
l'artefice di una guerra totale e disastrosa.
Lui,
un vulcaniano, un portatore di pace.
Jim
venne spintonato dentro una grande sala, dove i generali dell'Impero
si erano riuniti. Desus era al suo fianco insieme all'ambasciatore
Spock. Non appena le porte si furono chiuse alle loro spalle si
scatenò un caos di urla, fino a che una voce più
forte delle altre
le mise a tacere.
Il
capitano guardò in direzione di quell'anziano romulano, e
capì
immediatamente di trovarsi di fronte al Pretore in persona. Non si
scompose ed avanzò.
L'altro
impartì un altro ordine e i generali si alzarono e uscirono
dalla
sala, accompagnati dalle guardie.
“ Non
c'è molto tempo...”, cominciò Jim.
“ Silenzio.
Non perderò il mio tempo con un strumento come
te.”, lo zittì il
Pretore, rivolgendosi poi a Desus: “Dunque, comandante: le ho
lasciato orchestrare tutta questa messinscena per conto di Tael solo
per riuscire ad evitare una guerra, e guardi dove mi ha
portato!”,
urlò, schiaffeggiandolo.
Il
giovane non fece una piega e sollevò lo sguardo fiero.
“ Ad
avere qui l'ammiraglia della Flotta Stellare, signore. La nave
più
avanzata che possiedono. Siamo ancora in tempo per impedire
l'irreparabile. Tuttavia, se vorrà agire altrimenti, mi dia
dieci
minuti e le metterò in piedi una squadra che
smonterà l'Enterprise
da cima a fondo, così da sapere tutto quel che occorre sulla
loro
tecnologia.”
“ FIGLIO
DI PUTTANA!”, urlò Kirk, ma Desus fu
più veloce a colpirlo e a
sbatterlo a terra.
“ E
questo te lo dovevo.”, sibilò, restituendogli quel
calcio in
faccia.
“ Basta!
È sicuro che l'uomo che ha inviato da Tael sia in grado di
ucciderlo?”
“ Non
gli ho dato queste direttive, ma si renderà conto da solo
che è
l'unica soluzione. È dalla mia parte.”
“ Non
ucciderà nessuno.”, intervenne l'ambasciatore,
“Lo conosco.”
“ Tu?
Un vulcaniano?”, si sorprese Vrih. Poi a Desus:
“Hai inviato un
federato?!”
“ Ho
dovuto lavorare con quel che avevo, signore. Garantisco personalmente
per Spock. È il mio secondo in comando, mi fido di
lui.”
L'anziano
Spock trasalì, memore di una situazione simile. Desus stava
giocando
una partita molto pericolosa, ma l'ambasciatore era oltremodo certo
che non volesse davvero quella guerra, nonostante le apparenze. Non
aveva mai dubitato del rapporto d'affetto creatosi tra lui e il suo
Desus, pertanto riteneva profondo e reale anche quello tra i due
giovani corrispettivi. Guardò Jim che, a terra, appariva
l'incarnazione della disfatta. Aveva già visto
quell'espressione
negli occhi del suo capitano e il rievocarlo gli provocò un
sordo
dolore.
Una
consolle alle loro spalle trillò, e una voce concitata
comunicò
l'arrivo di un messaggio. Il Pretore si avvicinò allo
schermo.
“ Desus,
cosa vorrebbe dire?”, chiese.
L'altro
romulano lo raggiunse e lesse a sua volta il messaggio, corrugando le
sopracciglia.
“ Jim,
credo sia per te.”, disse, infastidito.
Il
capitano si riscosse.
“ Non
leggo il romulano.”
Desus
si schiarì la voce:
“ 25:Se
il vostro avversario ha un carattere iroso, dovete tentare di
irritarlo, se è arrogante, provate a incoraggiare la sua
arroganza.
13: Colui che è in grado di muovere il proprio avversario lo
fa
creando una situazione che indurrà il nemico a compiere una
certa
mossa.
48:La
configurazione tattica eccellente, dal punto di vista strategico,
consiste nell’essere privi di configurazione tattica, ossia
nella
condizione “senza forma”. Quando si è
senza forma, neanche gli
agenti segreti più profondi sono in grado di spiarci,
né gli uomini
più intelligenti di tramare progetti.
81:
Questi i cinque pericoli del combattente: essere troppo pronto a
morire, troppo preoccupato di vivere, troppo portato dall’ira,
troppo attaccato all’onore, troppo emotivo.”
Il
capitano tacque per qualche istante.
“ Sun
Tzu, L'Arte della Guerra...
Klingon, Spock sta parlando dei klingon. 25' 13' 48' 81' sono
coordinate.”, disse.
L'ambasciatore,
alle sue spalle, annuì.
Il
Pretore attivò lo schermo così da visualizzare il
punto. Si
trattava di una zona pericolosamente vicina a Qo'noS, precisamente
tra i satelliti del pianeta più esterno del loro sistema.
Né lui,
né la sua intelligence avevano previsto che Tael sarebbe
stato tanto
folle da coinvolgere persino l'Impero Klingon. Era stato un tragico
incosciente a lasciare che fosse Desus a gestire l'intera faccenda.
Avrebbe dovuto uccidere suo figlio Tael ai primi sospetti, piuttosto
che attendere di avere delle prove fondate.
Scrutò
con sospetto il giovane comandante che appariva così a suo
agio in
quelle vesti federali.
“ Mi
dica perché non dovrei ucciderla all'istante!”,
urlò.
“ Si
metta in coda...”, sfuggì detto a Jim.
Desus
per la prima volta parve perdere un po' della sua convinzione.
“ Non
ero al corrente che Tael puntasse ad intromettere Qo'noS.
Non...”
“ Zitto,
idiota! Guardie!”
Quattro
romulani entrarono nella sala.
“ Portatelo
via.”
“ No!”,
esclamò l'ambasciatore Spock con decisione, “Lui
ci serve. L'unica
cosa che ci separa da una devastazione totale è il
collegamento tra
Desus e l'uomo che ha inviato da suo figlio Tael.”
“ Non
sappiamo neanche da che parte stiano. È troppo rischioso.
Quella di
Qo'noS potrebbe esser stata una loro iniziativa.”
“ No.
Non la è. Mi metta al comando di una flotta, con la mia
nave. Se
Desus e Spock tenteranno di tradirci, li
distruggerò.”, intervenne
Jim.
“ E
perché dovrei fidarmi di te, chi sei?”
“ James
T. Kirk, la sua miglior carta da giocare. Se un vostro contingente
venisse scoperto a violare i confini della Zona Neutrale, la guerra
sarebbe inevitabile. Fintanto che ci sarà l'Enterprise,
tutti saremo
al sicuro.”
Vrih
parve soppesare con attenzione le sue parole, poi annuì e
Desus
venne rilasciato.
“ Scortateli
alla sala teletrasporto. Una volta in orbita, capitano Kirk, attenda
disposizioni.”
“ Sì,
signore.”
“ Desus,
resti. Li raggiungerà a breve.”
Il
giovane romulano annuì. Nel passargli accanto l'ambasciatore
Spock
azzardò un sussurro appena udibile:
“Sei
abbastanza
intelligente da salvare tutti. Persino te stesso.”
Solo
quando i due federati furono usciti, il Pretore parlò ancora:
“ Rivoglio
l'Enterprise, quando il problema con i klingon sarà risolto.
Portamela e avrai salva la vita, fallisci e non ci sarà
posto nella
Galassia dove potrai rifugiarti.”
Spock
guardò nervoso il monitor, mancavano pochi minuti a quella
strettoia
tra pianeta e satelliti che, all'apparenza, doveva servir loro da
scudo; il computer era impostato su un timer prestabilito e criptato,
per evitare che Tael potesse risalire alla piattaforma che aveva
inviato l'ordine. Tutto sembrava andare secondo i piani, non restava
che un'estenuante attesa.
Erano
a poche centinaia di chilometri dal confine del sistema Klingon,
quando un'inaspettata raffica colpì i loro scudi di poppa.
Era stata
la nave accanto alla loro, che, ricalcolando la posizione attraverso
la concentrazione di ioni, era uscita per un istante dalla
dissimulazione e li aveva attaccati. Tael ordinò l'allarme
rosso e
l'immediato arresto della loro avanzata. Si mise quindi in
comunicazione con le altre ventiquattro navi, per cercare di
circostanziare i traditori. Senza successo, dal momento che risposero
e si discolparono tutti.
Spock
chiuse gli occhi: tutto era perduto, la vicinanza delle navi era
fondamentale per la buona riuscita del suo piano. Un secondo attacco
li colse e, finalmente, il falco romulano si palesò e
schizzò a
tutta velocità all'interno della zona neutrale, vanificando
anche i
progetti di Tael di far incolpare la Federazione.
L'intervento
delle navi klingon fu rapido e micidiale: non chiesero spiegazioni,
con le raffiche di tre incrociatori distrussero il falco. Forse i
suoi occupanti erano altri infiltrati come lui, forse solo una
fazione avversa al senatore... il vulcaniano non lo sapeva, e
dubitava di poter ottenere risposta.
Tael
era in piedi di fronte allo schermo, furibondo. Non temeva un attacco
diretto, dal momento che le loro navi, federate comprese, erano
dissimulate, ma era in palese smarrimento. Spock decise quindi di
fare un ultimo disperato tentativo: si alzò e lo
affiancò.
“ Raduniamoci
e andiamo via! Siamo ancora in tempo!”, esclamò,
senza aver
bisogno di fingere di aver paura.
“ No!
Sienae, al mio comando, attaccate gli incrociatori.”, disse,
comunicando l'ordine ad una delle navi federate.
“ Pronti
all'attacco, signore.”, ribatté la donna.
“ Adesso!”
Una
vecchia classe Prometheus uscì dalla dissimulazione e si
scagliò
contro il più vicino incrociatore. Aveva appena lanciato i
primi
siluri, quando la silenziosa esplosione programmata da Spock
detonò
nel reattore ad antimateria della loro ammiraglia. Aveva sfruttato la
differente impostazione dei motori romulani per simulare, in scala
ridotta, la pioggia quantica che aveva ridotto all'impotenza i motori
dell'Enterprise mesi prima. L'invisibile onda d'urto si
propagò per
un raggio di alcune centinaia di chilometri. Le luci della nave
sfarfallarono un poco, prima di spegnersi del tutto. Quasi l'intero
contingente di Tael era ormai allo scoperto appena al di là
del
confine del sistema, e non dietro al pianeta e ai satelliti, come
aveva calcolato Spock. L'unica fortuna era che anche due degli
incrociatori klingon erano rimasti bloccati.
Il
senatore urlò di rabbia e di frustrazione in quella completa
oscurità.
“ Ejiul!”,
sbraitò, e Spock temette di essere stato scoperto,
“Fa' ripartire
tutto, adesso!”
Il
vulcaniano tornò al terminale, conscio che ci fosse ben poco
da
fare. Con un po' di fortuna forse sarebbe riuscito a ripristinare il
sistema di supporto vitale prima che fosse troppo tardi per tutti,
lì
dentro, ma anche solo per la propulsione ad impulso sarebbero occorse
almeno 27.8 ore. Si mise comunque al lavoro con solerzia.
Riuscì a
riaccendere le luci, a garantire il ricambio d'ossigeno e a rendere
operative le comunicazioni a corto raggio. I capitani delle altre
navi non ebbero la stessa fortuna, e stando ai suoi calcoli, erano
già morti all'arrivo dei rinforzi ai due incrociatori
klingon. Gli
alieni non si misero in comunicazione e repentinamente abbordarono la
nave, teletrasportandosi a bordo armati e risoluti. A Tael non rimase
altra scelta che capitolare in una vergognosa resa.
Vennero
catturati, tutti, e rapidamente trasferiti su Qo'noS. Molti dei
sottoposti vennero giustiziati all'istante, solo Spock, Tael e i
pochi altri presi sulla plancia del falco romulano vennero
risparmiati e portati per direttissima di fronte all'Alto Tribunale
riunito.
Il
senatore fu il primo ad essere interrogato dai giudici, dopo una
breve quanto efficace introduzione dell'avvocato accusante, ma a
stento parlò: dal momento che era stato catturato dai
klingon, i
suoi sogni di ottenere il potere si erano infranti e non aveva molto
da dire.
Spock
venne spintonato avanti con malagrazia, ma non esitò a
guardare
giudici e giuria con vulcaniana fermezza.
“ Ejiul,
è questo il tuo nome, romulano?”
“ No.
Il mio nome è Spock, di Vulcano, matricola S 179-276 SP,
primo
ufficiale della USS Enterprise NCC-1701. Stavo agendo sotto copertura
in un'operazione segreta per conto dell'Impero Romulano. Il mio
compito era neutralizzare la flotta d'attacco del senatore Tael
diretta a Qo'noS, per sventare una guerra disonorevole per tutti gli
schieramenti. Era mia ferma intenzione fermare i terroristi poco
entro il vostro sistema, di modo che un contingente misto potesse
arrestarli e raggiungere con voi un compromesso pacifico. La
Federazione dei Pianeti Uniti e il governo imperiale sono innocenti.
Le fallimentari azioni belliche ai vostri danni sono state
pianificate e messe in atto dal senatore Tael e da un terrestre di
nome Malcom Garreth. Non c'è ragione, quindi, di considerare
questi
fatti un'aggressione interplanetaria, ma bensì l'azione di
un
ristretto gruppo di folli privi di onore. Essi non miravano ad altro
che ad aizzarvi contro il nemico sbagliato, insultando la vostra
intelligenza e considerandovi alla stregua di belve. Ho personalmente
sabotato la flotta del senatore, rendendo inoperative la maggior
parte delle sue navi. Mi dolgo che due dei vostri incrociatori siano
rimasti coinvolti, e mi dichiaro colpevole per la morte dei vostri
uomini. Fermo restando, tuttavia, che nessuna azione, volontaria o
involontaria, sarebbe mai stata mossa ai danni del vostro impero, se
Tael fosse stato capace di rimanere al proprio posto, piuttosto che
ambire ad una reggenza per la quale è indegno.”
Ci
fu qualche istante di attonito silenzio, seguito poi dalle urla
furibonde di avvocati, giuria e spettatori, mescolate a quelle dei
pochi romulani sopravvissuti. Tael cercò di scagliarsi
contro Spock,
ma venne fermamente bloccato e percosso con violenza. Il giudice
dovette suonare il gong più volte per riportare l'aula alla
calma e
ritirarsi con la giuria. Ci misero diverse ore a raggiungere un
verdetto. Quando rientrarono, il vulcaniano sperò di essere
riuscito
nel suo intento.
“ Questa
corte condanna gli imputati a morte. L'esecuzione avverrà
tra due
tera'Hong2. Trascorrerete
questo tempo nella
colonia penale di Rura Penthe3.”
“ E
in merito alla Federazione?!”, domandò Spock,
quasi urlando.
Non
gli importava della propria sorte, ma aveva bisogno di sapere che
quella guerra era stata scongiurata. L'unica risposta che ottenne fu
un violento colpo in faccia che lo fece stramazzare a terra, privo di
sensi.
“ Non
rilevo nulla, signore...”, comunicò Nyota,
inviando ancora quel
messaggio pacifico.
Jim
si alzò, nervoso, e guardò Desus che, pochi passi
dietro di lui,
appariva altrettanto preoccupato. Non c'era stato bisogno di
chiedergli se avesse concordato con Spock di andare a pestare i piedi
proprio ai klingon: la sua faccia sbigottita nella sala consiliare
del campidoglio gli era bastata. Entrambi gli uomini non capivano
quella mossa suicida, ed erano confusi, disperati e furiosi allo
stesso modo.
“ Dov'è?”,
domandò il romulano, “Siamo vicini, ormai,
perché non c'è
niente?”
“ Dovresti
dirmelo tu. Adesso è il tuo secondo, non il mio.”,
ribatté il
capitano, aspro.
“ Ho
come l'impressione che Spock non sia più il secondo di
nessuno.
Forse la cura per il Trellium-D non ha avuto effetto, forse ora la
vuole questa guerra...”
“ Forse
non avresti dovuto mandarlo dai terroristi! Potrebbero averlo
scoperto, ucciso ed essere da tutt'altra parte a quest'ora!”
“ E'
una possibilità...”, fu costretto ad ammettere
Desus con disarmata
rassegnazione.
“ Una
chiamata in arrivo, capitano!”, esclamò Nyota
all'improvviso, “E'
un incrociatore klingon!”
“ Sullo
schermo.”
“ Il
capitano federato incaricato di risolvere la situazione, immagino.
Non ci sarà alcun dialogo fintanto che le navi romulane che
vi
seguono non saranno uscite dalla dissimulazione. Venite meno a questo
accordo e sarà guerra.”
Desus
intervenne, affiancando Kirk e comunicò l'ordine. Le
cinquanta navi
alle loro spalle comparvero una dopo l'altra.
“ Abbiamo
accondisceso, ora parliamo.”, sentenziò il
romulano.
“ Abbiamo
catturato una nave romulana, le altre quattordici sono andate
distrutte, insieme alle nove federali. Siamo a conoscenza che
né
l'Impero Romulano, né la Federazione siano direttamente
implicati in
quel tentativo d'attacco. I criminali superstiti sono stati
processati e condannati a morte. Potrete riavere i loro corpi tra
tredici giorni terrestri. Ritiratevi, ora, o considereremo la vostra
presenza entro i nostri confini come una dichiarazione
d'intenti.”
“ Un
attimo!”, tuonò Kirk, “Che ne
è stato del comandante Spock?”
“ E'
stato condannato, come tutti. Sua è la
responsabilità della morte
di due equipaggi. Non sappiamo come abbia annientato i supporti
vitali, ma questo segreto morirà con lui. La sua condizione,
come
quella degli altri prigionieri non è negoziabile. Non
abbiamo altro
da dirci, capitano.”
Il
klingon chiuse bruscamente la comunicazione.
“ Che
diamine hai fatto, idiota?”, bisbigliò Desus,
coprendosi il volto
con una mano.
Jim
non si diede il tempo di caricare altra disperazione a quella che
già
portava sulle spalle. Dopo aver dato ordine di ritirarsi oltre il
confine, si era messo immediatamente in comunicazione con il comando
perché smuovesse le acque. Ricevette risposta dopo pochi
minuti e fu
tutt'altro che confortante: Spock si era dichiarato colpevole per la
morte di quei due equipaggi, pertanto il governo imperiale pretendeva
la sua condanna a morte. Un costernato Archer gli ordinò di
rientrare: la Federazione non poteva rischiare una guerra con i
klingon per salvare un solo uomo.
“ Capisco...”,
commentò il capitano con tono grave.
“ Non
è il momento di fare pazzie, Kirk. Torni sulla Terra e
basta. Archer
chiude.”
Jim
si lasciò cadere sulla sedia, privo di energie. Quelle poche
che gli
erano rimaste le aveva impiegate per reggere il gioco sino a quel
punto. Non ne aveva altre, e non aveva altri assi da giocare. Si
sentiva svuotato anche di ogni sentimento.
Rievocò
quel che gli aveva detto Spock:
“ Quel
che sto cercando di dire, capitano, è che qualora si
presentasse una
situazione analoga non posso e non potrei garantire di essere in
grado di prendere quel tipo di decisione. E se lei è animato
dallo
stesso dubbio nei miei riguardi, allora abbiamo un problema che
può
risolversi solo attraverso il nostro allontanamento.”
“O
con la sua accettazione...”, mormorò.
Si
coprì gli occhi per nascondere le lacrime al personale di
plancia.
Una rabbia cieca e incontrollabile si era impadronita di lui, effetto
più che prevedibile di una mente portata allo stremo della
sopportazione: Spock aveva compiuto la sua scelta definitiva; aveva
deciso di fidarsi totalmente di un uomo che non era lui, forse c'era
persino andato a letto; ed ora, ultima ma non ultima, era ancora una
volta ad un passo dalla morte.
Sedotto,
infangato e abbandonato nel più brutale dei modi, Jim non
poteva
fare niente per aiutarlo. L'unico conforto, se tale poteva essere
definito, era che non l'avrebbe visto andarsene via con quel
romulano.
Quando
si alzò in piedi per dare l'ordine di rientro, quasi
inconsciamente
cercò Desus alla postazione di Spock.
“DOV'È?!”,
tuonò, trovandola vuota.
Nessuno
seppe dargli la risposta. Desus aveva approfittato della temporanea
confusione per lasciare la plancia. Il capitano si infilò
nel
turboascensore, animato da un presentimento, e, una volta fuori,
corse a rotta di collo verso l'hangar navette.
Troppo
tardi.
Quando
lo raggiunse, la Galileo era già un piccolo puntino al di
là del
portellone, e l'ambasciatore Spock la osservava dal limitare della
stiva.
“Glielo
dovevo.”, fu la sua unica giustificazione.
“La
dichiaro in arresto, ambasciatore. Mi segua, o sarò
costretto a
chiamare una squadra di sicurezza.”
“Non
allontanarti troppo, Jim. Il dottor McCoy è andato con
lui.”
Spock
si strinse con forza nella pelliccia che gli avevano dato. Faceva
freddo in quella prigione, ma questo era l'ultimo dei suoi problemi.
Tael e gli altri romulani gli stavano dando la caccia per ucciderlo.
Sapeva che era illogico, dal momento che ignorava il come, ma era
convinto che da un momento all'altro Jim sarebbe saltato fuori dal
nulla per tirarlo fuori da quell'Inferno. Confidava in lui, animato
da una folle speranza. Finalmente si sarebbero rivisti, avrebbero
chiarito, e la loro vita avrebbe potuto proseguire serenamente.
Si
appiattì contro la parete di roccia, quando un gruppo di
tellariti
gli bloccò il passo, e tenne lo sguardo basso per non
attirare su di
sé attenzioni indesiderate.
Si
sedette quindi in un angolo buio e si guardò le mani,
lacerate dai
tre giorni di massacrante lavoro nelle miniere di dilitio
dell'asteroide.
Sospirò.
Con il passare delle ore gli risultava sempre più chiaro il
suo
errore nell'essersi lasciato tanto andare con Desus. Era stata
l'ebrezza di un momento, una leggerezza terribilmente umana che, con
il senno di poi, si pentiva di aver commesso. Non sapeva cosa il
romulano si aspettasse da lui, ma una cosa era certa: non lo avrebbe
seguito su Romulus. Non era da una situazione come quella che si
poteva costruire una pace duratura. Avrebbe quindi atteso, con la
certezza che nell'Impero avrebbe avuto qualcuno che era più
di un
amico dalla sua parte, un giorno.
Da
principio, quando i klingon avevano catturato lui e i terroristi, non
avrebbe pensato di riuscire a risolvere ogni cosa solo dicendo la
verità ed autoaccusandosi, ma, stando ai discorsi delle
guardie, era
bastato: il trattato era stato ristabilito.
Era
talmente perso nei suoi pensieri che si accorse solo con tremendo
ritardo di essere rimasto solo in quella grotta. Si alzò,
allarmato
e si liberò della pelliccia, pronto a combattere,
all'occorrenza.
Scorse tre ombre sopraggiungere dalla cavità di fronte a
lui. Due
erano alte, possenti, sicuramente appartenenti a klingon, l'altra era
più minuta. Rimase comunque teso quando le due guardie lo
raggiunsero: non poteva sapere chi si celasse sotto il cappuccio di
pelliccia che copriva il volto della terza figura. Poteva essere
Tael, o un suo sicario...
“D-Desus!”,
balbettò, sorpreso, quando lo sconosciuto si
scoprì il capo.
“Desus.”, ripeté.
Il
romulano sorrise, gli si fece incontro e lo strinse in un abbraccio
che Spock non ricambiò.
“Sono
qui per portarti via.”, lo udì dire.
Non
si tirò indietro al suo bacio, ma gli rispose con
incertezza. Desus
gli rivolse una lunga e strana occhiata.
“Devo
confessarti delle cose.”
Spock
rivolse uno sguardo nervoso alle guardie, incerto.
“Non
ti curare di loro, li ho pagati a sufficienza da concederci qualche
minuto. Io...”, il romulano abbassò lo sguardo,
“...ti devo
delle scuse. Ero a conoscenza del piano di Tael da ben prima che
cercasse di renderlo operativo. Ero stato incaricato dal Pretore di
coadiuvare il senatore in tutto, per poterlo incastrare una volta
ottenute prove concrete. Sono stato io ad ordinare di attendere per
catturare te, piuttosto che il tuo inutile capitano, sempre io a
seguire le trattative con Garreth, a scegliere quel mercantile, e a
calibrare la giusta dose di Trellium-D a bordo con la quale
intossicarti per... per... Eri solo un nome nella mia agenda, mesi
fa. Avevo bisogno che tu ti fidassi di me. Rhiana non sapeva che per
il senatore ero anche Nniol, prima ancora che Desus. Ho fatto
sì che
mi torturassero perché potessimo legare. Solo in quel modo
avremmo
potuto lavorare insieme e sventare definitivamente questa guerra! Non
mi aspettavo che...”
L'altro
si fece indietro, interrompendo ogni contatto fisico.
“Mi
hai quasi fatto impazzire... mi hai...”
“Non
avevo idea di chi tu fossi, prima di conoscerti! Avresti fatto lo
stesso!”
“No...”
“Mi
dispiace, Spock.”
Il
vulcaniano gli diede le spalle e chiuse gli occhi.
“Avrei
dovuto prevederlo: tu menti a chiunque, perché con me
avrebbe dovuto
essere diverso?”, commentò, retorico.
Si
sentiva uno stupido, lo guardò di nuovo con fredda rabbia.
“Perché
me lo stai dicendo?”
“Perché
solo uno di noi uscirà da qui. I klingon vogliono che scorra
del
sangue e non sarà il tuo a farlo. Mi è bastato
guardare il tuo
capitano per capire che non avrebbe mosso un dito per tirarti fuori
da qui. Fammi solo la cortesia di dire all'ambasciatore che, alla
fine dei giochi, non sono poi così intelligente.”
Spock
sbarrò gli occhi, colpito. Scosse il capo con forza,
sentendo una
desolata disperazione riempirgli cuore e mente.
“Non
posso permettertelo.”, disse con un filo di voce.
Desus
sorrise, ma i suoi occhi erano tristi.
“Non
ho chiesto il tuo permesso.”
A
un suo cenno le due guardie bloccarono Spock e il romulano si tolse
dalla cinta un hypospray. Si avvicinò a Spock che,
inutilmente,
stava cercando di liberarsi.
“NO!
Desus! No! Dev'esserci un'altra via!”, esclamò,
“Non voglio che
tu...”
“Quel
che vuoi è irrilevante, Spock. Sono già un morto
che cammina: avevo
l'ordine di riportare l'Enterprise su Romulus, una volta risolta la
situazione con i klingon. Non posso e non voglio farlo, e, anche lo
volessi, un uccellino mi ha detto che mi andrebbe male. Lasciami
almeno il diritto di scegliere come morire. Al di là di quel
che è
stato, tu sei prezioso. So che prima o poi riuscirai davvero a
stipulare quella pace. Entrambi i nostri popoli ne hanno bisogno.
Lunga vita e prosperità, mio pazzo vulcaniano, mi hai
davvero
sorpreso nel venire sin qui, hai avuto fegato.”
Non
gli diede tempo di ribattere ancora e, con mano ferma, gli
insufflò
l'hypospray nel collo. L'ultimo ricordo cosciente di Spock fu la mano
di Desus che gli carezzava il volto prima del buio.
Il
romulano scambiò i loro vestiti, poi guardò uno
dei due klingon.
“Sono
pronto.”
La
guardia gli si scagliò contro, colpendolo ripetutamente al
viso con
la chiara intenzione di sfigurarlo. Se era vero che Spock e Desus si
somigliavano, lo era anche che, se si fosse presentato di fronte al
plotone di esecuzione con il viso tumefatto, nessuno avrebbe notato
lo scambio, né si sarebbe posto domande. Dentro Rura Penthe
i
pestaggi erano all'ordine del giorno.
Crollò
a terra, esausto.
“A-andate...
adesso...”, gemette, “Garreth vi darà il
resto della somma che
vi spetta.”
I
due klingon trasportarono Spock fuori dalla prigione, ma non in
superficie, e lo chiusero dentro una delle casse di dilitio grezzo
estratte nella miniera. Solo quando il loro cargo fu sufficientemente
lontano dall'asteroide, chiamarono il terrestre e gli concessero di
adagiare più comodamente il vulcaniano sulla branda della
Galieo.
Il
dottor McCoy, che più volte si era dato del completo
imbecille per
aver deciso di seguire quel romulano, quasi si avventò su
Spock per
la preoccupazione. Gli bastò guardarlo per capire quanto
fosse
provato: aveva perso peso, la sua pressione arteriosa, già
piuttosto
inesistente in quanto vulcaniano, era a livelli follemente bassi,
come lo erano i suoi battiti che, a stento, raggiungevano i 180 al
minuto.
Gli
somministrò subito una flebo di nutrienti, ma non lo
risvegliò,
spaventato che potesse stressarsi troppo.
“Siamo
quasi arrivati.”, disse un uomo, affacciandosi al portello
della
navetta.
Bones
si alzò, nervoso.
“L'Enterprise
è in vista?”
L'altro,
Garreth, sorrise.
“Non
sono un suicida. Vi lasceremo solo abbastanza vicini. Abbiamo un
accordo, McCoy: la vita del vulcaniano e lei dimenticherà di
averci
visti per il tempo necessario.”
Il
dottore annuì e si sedette al timone. Tuttavia,
tirò un sospiro di
sollievo solo quando la Galileo fu fuori dalla portata delle armi di
quel pirata.
Vennero
recuperati dall'Enterprise mezz'ora dopo e Bones diede subito ordine
di trasferire Spock in infermeria.
Il
dottore tenne il vulcaniano sotto stretta osservazione per una
settimana, non permettendogli di lasciare il letto per nessun motivo.
Sfortunatamente, però, non aveva potuto impedirgli anche di
pensare.
Nonostante le sue condizioni fisiche fossero tornate quasi alla
normalità, era più che evidente che Spock stesse
male. Aveva
parlato meno del solito, e persino le mirate provocazioni lanciategli
dal dottore non erano riuscite a distrarlo. Il fatto, poi, che Jim
non si fosse neanche degnato di scendere a fargli visita di certo non
era stato d'aiuto.
“Preferirei
tenerla qui ancora per qualche giorno...”, sospirò
Bones,
osservandolo vestirsi.
“Non
sarà necessario.”
“Spock...
mi dispiace per Desus. In realtà mi dispiace più
per lei che per
lui...”
“Non
ha più importanza, dottore.”, lo interruppe il
vulcaniano,
lasciando l'infermeria.
Invece
ne aveva, ne aveva sin troppa. Per quanto fosse logico considerare
chiusa l'intera vicenda, la scelta di Desus l'aveva profondamente
scosso. La sua prossima morte era un'altra da aggiungere alla lista
delle sue numerose perdite, e, nonostante tutte le premure del
dottore, ci sarebbe voluto tempo per riuscire davvero a passare
oltre. Si era aspettato di vedere Jim, durante la sua convalescenza,
ma così non era stato. Da principio aveva pensato che fosse
particolarmente impegnato con le trattative, poi però i
giorni si
erano susseguiti. Nyota, Sulu, Scott, persino Keenser erano andati da
lui, ma non il capitano.
Si
diresse verso il suo alloggio e suonò il cicalino senza
alcun
ripensamento.
“Avanti.”
Jim
sedeva alla scrivania. Si era rasato, quella mattina, e, ad un rapido
sguardo, sembrava apparire del tutto normale. Fu l'astio nei suoi
occhi azzurri a mettere il vulcaniano sulla difensiva.
“Ah,
sei tu. Dimmi quel che ti serve, Spock, sarò felice di
aiutarti. Una
navetta? Il teletrasporto? Oh, no. No, no! Ci sono: vuoi che abbassi
gli scudi, cosicché i tuoi amici romulani possano prendersi
l'Enterprise!”
“Perché
è in collera con me? Non capisco. Senza contare che quanto
ha detto
non ha il minimo senso.”
Jim
si alzò in piedi, sbattendo una mano sul piano della
scrivania.
“Non
prendermi per il culo! Dov'è il tuo fidanzato? Voglio
saperlo!”
“Su
Rura Penthe. E non è...”
“Balle!
Puoi farlo credere a McCoy, ma non a me! Ha tirato le fila di questo
incubo sin dal principio, e che io sia dannato se non lo
catturerò
per fargli dire tutto quello che sa!”
Spock
gli rivolse uno sguardo glaciale.
“Ha
preso il mio posto in quella prigione perché potessi essere
qui,
capitano. Ha fatto ammenda. Non pretendo che lei condivida il mio
stato d'animo, ma le chiedo di rispettarlo.”
“Per
quale motivo dovrei rispettare i tuoi sentimenti, quando non hai
fatto altro che calpestare i MIEI? Coraggio, tira fuori dal cappello
la scusa di essere vulcaniano, ma ti avverto: ho smesso di cascarci
già da tempo!”
“Questa
conversazione finisce qui.”
Il
comandante gli diede le spalle, più che intenzionato a
lasciare
quella stanza e il suo infantile proprietario. Sobbalzò
quando sentì
la scacchiera sorvolare di poco la sua testa, e chiuse gli occhi,
quando la vide schiantarsi sulle porte. Le pedine si sparsero
tutt'intorno con un gran frastuono.
“E'
finita, Spock.”, sibilò Jim, incattivito.
L'altro
gli scoccò un'occhiata piena di risentimento.
“Non
si può finire qualcosa che non si è neanche
cominciato.”
“Allora
siamo fortunati.”
“Mi
avrebbe lasciato lì a morire, capitano!”, quella
frase gli sfuggì
prima che potesse vagliarla adeguatamente, ma, tutto sommato, Spock
non se ne pentì.
“Non
mi avevi lasciato alcuna scelta! Cosa avrei dovuto fare? Scatenare
una guerra interplanetaria per salvarti il culo sino alla prossima
volta? Per vederti tradire la Federazione e andartene su
Romulus?!”
“Lasciare
la Federazione non è mai stato nelle mie intenzioni, Jim!
Per il
resto confidavo nella sua intelligenza. Desus non ha alcuna dote
più
di lei. L'unica logica ragione per cui il suo soccorso è
riuscito è
dovuto unicamente al fatto che lei non voleva tirarmi fuori da Rura
Penthe! L'ho vista fare miracoli, in questi due anni, ma è
chiaro
che non ne volesse compiere uno per me.”
“Ci
sei andato a letto?”
Spock
si irrigidì, pieno di sdegno e di rancore.
“Non
vedo come questo possa essere rilevante.”
“È
un sì?”, ringhiò il capitano.
“Se
anche fosse, e non è mia intenzione chiarirlo, continuo a
non
vederne la rilevanza.”
“Esigo
una risposta!”
Spock
sapeva che sarebbe bastato un “no”, per far star
meglio Jim, ma
non aveva alcuna intenzione di concederglielo. Era ferito da tanta
ottusità, ferito dal crollo dell'illusione di poter far
andare le
cose per il meglio almeno con il capitano, ferito dalla sua
ipocrisia, dal momento che lui aveva davvero avuto innumerevoli
compagnie da quando Spock si era maldestramente dichiarato, mesi
prima, e non si era mai posto il problema di averlo fatto soffrire.
No,
non gli avrebbe concesso alcun dannato sollievo.
Non
riuscì ad impedire che i propri occhi si inumidissero.
“Come
ho detto: questa conversazione è finita, e con essa
qualsiasi altro
rapporto ci fosse tra noi. Rassegno le mie dimissioni.”,
sentenziò,
roco, prima di lasciare l'alloggio.
Jim
non chiuse occhio neanche quella notte, e, alle 4.37 del mattino
rinunciò del tutto e si alzò dal letto.
“Può
salvarlo?”, domandò, dopo aver raggiunto la cella
dell'ambasciatore Spock.
L'anziano
si sedette e lo guardò quasi con paterna tenerezza.
“Posso.”
Il
capitano chinò il capo, stravolto da ciò che
stava per dire:
“Spock... vuole stare con lui. E, nonostante tutto, voglio
che sia
felice. Abbiamo ancora due giorni per salvare quel bastardo, le do la
mia piena collaborazione.”
Il
sorriso esasperato sulle labbra dell'anziano vulcaniano lo sorprese.
“Hai
sentito Spock fare tale affermazione?”
“No,
ma...”
“Sei
un tale idiota...”
Jim
si strofinò gli occhi.
“Ci
siamo scontrati, pesantemente. È finita.”
L'ambasciatore
si risedette e sollevò un sopracciglio.
“Ma
davvero? Lascia che ti dica una cosa: sarà finita
un'infinità di
altre volte, ragazzo, e non lo sarà per altrettante. Non
avrei mai
pensato che, visto dall'esterno, tutto potesse apparire
così...
ridicolo.”
“Ha
rassegnato le dimissioni. Questa volta ho la sensazione che mi
scavalcherà, se gliele respingerò.”
L'anziano
si lasciò sfuggire un sospiro rassegnato.
“Tu
fallo, si renderà conto da solo di aver sbagliato, ma non
pensare
che non te le ripresenti, in futuro. In fin dei conti è
sempre stato
così: Jim diceva “è finita”,
io rassegnavo le dimissioni per
ribadire il medesimo concetto, e alla fine nessuno dei due era
davvero così convinto delle proprie posizioni.”
“La
fa sembrare semplice.”
“Perché
è semplice.
Potrei dirti uno per uno i problemi che incontrerete, ma sarebbe
inutile: siete entrambi così talentuosi che riuscireste a
crearvene
senz'altro di nuovi.”
“Forse
sarei più felice con lei, allora.”, si
sforzò di scherzare Jim.
L'anziano
scosse il capo, divertito.
“Pensiamo
a Desus, adesso.”
“L'ascolto.”
“Avrò
bisogno del signor Scott.”
Epilogo:
Quando
il capitano lo chiamò, due giorni dopo, Spock era sicuro che
fosse
per accettare le sue dimissioni. Per tutto quel tempo non aveva
richiesto la sua presenza in plancia, pertanto la sua scelta doveva
essere definitiva. Indossò la divisa e si sistemò
i capelli. Una
morsa di nostalgia gli strinse lo stomaco nel rivedere la punta della
sua frangia. Se non fosse stato per Desus non sarebbe successo nulla,
ne era consapevole, ma sapeva anche che senza il romulano non avrebbe
mai visto il vero volto del capitano. Finì di chiudere
l'ultimo
borsone con tutti i suoi effetti personali, prima di uscire in
corridoio. Il fatto stesso che Jim lo avesse convocato nell'hangar
navette gli aveva tacitamente confermato la sua teoria: quelli erano
i suoi ultimi momenti sull'Enterprise.
Si
sorprese quando trovò il capitano ad attenderlo di fronte al
turboascensore.
Lo
guardò, sorpassando la soglia, ma senza proferir parola.
“Spock...”,
cominciò quindi l'altro, una volta che le porte si furono
chiuse.
“Questa
conversazione è superflua.”
Jim
parve esitare, desolato.
“Volevo
solo... niente. Voglio che tu scelga quel che è meglio per
te.”
“Non
vedo che scelte possano?..”, Spock si interruppe quando le
porte si
aprirono e, a una decina di metri da lui, vide Desus seduto su una
cassa. Il dottor McCoy era chino su di lui e lo stava esaminando,
borbottando e lamentandosi sommessamente perché
“non sapeva un
dannato accidenti della sua fisiologia”.
“Me
la cavo ancora con i miracoli...”, commentò Jim,
tristemente, “E
sono ancora capace di fare la scelta giusta.”
Il
vulcaniano mosse qualche esitante passo fuori dal turboascensore.
“Jim...”,
mormorò, voltandosi, ma le porte si chiusero tra loro: il
capitano
poteva fare molte cose, ma guardarlo andare via non era tra queste.
“Spock!”,
esclamò Desus, raggiungendolo.
“Com'è
possibile?”
“Non
so dove il tuo capitano abbia preso quel proiettore olografico,
né
come abbia fatto a render tutto così... così
reale. È una
tecnologia di cui non sappiamo assolutamente nulla su
Romulus!”
Il
vulcaniano sollevò un sopracciglio.
“E
non ne dovranno sapere nulla.”
Desus
sorrise.
“Non
tornerò nell'Impero. Se venissero a sapere che sono ancora
vivo, non
avrei scampo. Restare ufficialmente morto è l'unica via, per
il
momento.”, gli strinse le mani con forza: “Vieni
con me, Spock.
Potremmo fare grandi cose, insieme. Vrih è vecchio, una
volta che
sarà morto potremmo rientrare a Romulus. So come infiltrarmi
nei
giochi di potere, la pace non è mai stata tanto
vicina!”
Spock
guardò McCoy, che sembrava starlo pregando con lo sguardo di
rifiutare. Deglutì e tirò indietro le mani.
“Non
posso...”
Il
sorriso di Desus si affievolì ma non si spense.
“Dovevo
fare un tentativo. Ma se cambi idea, chiedi al vecchio bastardo, lui
sa dove sto andando.”
Spock
inarcò un sopracciglio.
“A
chi ti stai riferendo?”
L'altro
rise.
“Lo
sai perfettamente. Ora è meglio che vada, prima che il tuo
fidanzato
ci ripensi.”
“Jim
non è...”, scosse il capo, “Cerca di
restare vivo. Tu sei...
importante.”
“Puoi
contarci. Quello stronzo di un umano mica vivrà per sempre,
merito
una seconda possibilità!”, ironizzò
l'altro.
“Vivrà
il più a lungo possibile, come tutti noi.”, il
vulcaniano accennò
un pallidissimo sorriso, “Sarò felice di
rivederti, quando sarà
il momento.”, disse, sollevando la mano per salutarlo.
Desus
si guardò le dita, cercando maldestramente di imitarlo.
“Alla
malora!”, esclamò, abbracciandolo, e poi posando
la fronte contro
la sua, “La prossima volta che ti viene in mente di
suicidarti,
augurati che non lo scopra, o verrò a prenderti a
calci.”
Si
allontanò da lui e, levando la cassetta medica dalle mani di
McCoy,
muto spettatore, salì sulla navetta klingon che avevano
usato per
trasportarlo lì. Un istante dopo era sparito fuori dal
portello.
Spock
guardò il dottore, che sembrava sollevato dalla sua
decisione.
“Se
non avesse scelto di restare, sangue-verde, ero
pronto a
tirarla giù da quella navetta con la forza, solo per non
trovarmi
nella spiacevole situazione di provare nostalgia.”
“Sarebbe
mancato anche a me, dottore.”
“Ma
come le è venuto in... aspetti: cosa?!”
“Non
mi ripeterò.”, sentenziò il vulcaniano,
risalendo sul
turboascensore.
Si
affrettò a raggiungere gli alloggi del capitano ed attese
con
nervosismo il suo permesso, dopo aver suonato il cicalino. L'unica
risposta che ottenne fu un urlato:
“Voglio
restare solo!”
Non
tentò una seconda volta e bypassò il sistema di
sicurezza per
aprire le porte. La prima cosa che vide fu la scacchiera, di nuovo
sulla scrivania, con quasi tutte le pedine al loro posto.
Colpì con
il piede l'alfiere nero e si chinò a raccoglierlo.
Il
capitano, intento a cercare la pedina mancante sotto il letto, non si
voltò neppure.
“Bones,
non voglio parlarne. Più tardi verrò in
infermeria. Non darmi il
tormento...”
“Ho
io l'alfiere nero.”
Jim
si rialzò immediatamente, il viso trasfigurato dalla
sorpresa.
“Spock!..”,
ma la sua espressione mutò subito, “Se sei qui
per...”
“Voglio
ritirare le mie dimissioni.”, lo zittì il
vulcaniano.
Non
ricevette una risposta.
Le
sue spalle urtarono con forza contro la parete per l'impeto con cui
Jim gli si era buttato addosso. Sentì le sue mani
carezzargli,
concitate, i capelli e il viso, e guardò i suoi disperati
occhi blu,
ad un palmo dai propri.
“Lo
so che...”
La
bocca di Spock lo zittì, inaspettata, in un bacio caldo,
carico di
un desiderio colmo di incertezze.
Jim
lo strinse ancora, afflitto dal terrore che, da un momento all'altro,
potesse scivolargli via dalle dita e sparire per sempre. Per tutta la
vita aveva avuto il terrore della solitudine, della mancanza di
controllo. Per questo aveva cercato di tenersi lontano dal fuoco, ma
ormai stava bruciando e non poteva più tornare indietro.
Sperava
solo che Spock restasse il più a lungo possibile.
Fine
Note:
1)
Qo'noS: Kronos, il pianeta natale dei klingon.
2)
Due settimane terrestri.
3)
Sempre da Wikipedia: Rura
Penthe è un asteroide impiegato come colonia penale
dall'Impero
Klingon, posizionato circa al bordo dei confini della Federazione dei
Pianeti Uniti. Esso è ben noto anche con il soprannome di
"il
cimitero degli alieni". La temperatura sulla superficie è
estremamente bassa e l'asteroide è completamente rivestito
di
ghiacciai. Senza un abbigliamento adeguato, nessuna forma di vita
può
sopravvivere sulla superficie, per questo motivo la maggior parte
delle attività di estrazione sono svolte nel sottosuolo. Uno
scudo
magnetico circonda la miniera e una vasta area circostante, impedendo
che i prigionieri possano essere teletrasportati. Non ci sono
ulteriori misure di sicurezza, poiché sono largamente
superflue dato
il rigido clima di superficie.
NdA:
Eccoci
qui, giunti alla fine ^^, spero che la storia vi sia piaciuta e di
non aver fatto troppi strafalcioni vari ed eventuali. Lo scriverla in
sé non è stato difficile, riuscire a sgarrare
solo (?) di quindici
pagine, invece, è stata una vera sfida. In venti, purtroppo,
non ci
sarebbe stata. Ringrazio Lara (la Giudice) e le altre partecipanti
per aver chiuso un occhio sulla mia effrazione. Ovviamente ringrazio
anche tutti quelli che hanno seguito la storia qui su EFP e chi l'ha
recensita. In cantiere c'è un ipotetico seguito (che sia
Neimann che
Baldr stanno riguardando passo per passo, cercando di confortarmi in
ogni paranoia. Fanciulle, avete tutta la mia vulcaniana
gratitudine!). Al momento non so ancora se vedrà la luce,
nel caso
lo farà solo ed esclusivamente quando avrò finito
di scriverlo,
perché ho già fin troppe storie in sospeso e non
voglio lasciarne
altre.
Grazie
a tutti, un bacione,
Ros.
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