Notte prima dei M.A.G.O.

di InuMilla
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ultimo giorno di scuola, giugno 1977 ***
Capitolo 2: *** Sono un uomo morto. ***
Capitolo 3: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 4: *** Spiegazioni. ***
Capitolo 5: *** Ieri ***
Capitolo 6: *** Quando il mondo inizia a girare al contrario... ***
Capitolo 7: *** La doppia vita di uno studente scansafatiche ***
Capitolo 8: *** Confessioni da dimenticare, ricordi da buttare ***



Capitolo 1
*** Ultimo giorno di scuola, giugno 1977 ***


Ultimo giorno di scuola, giugno 1977.

 

 

Quando l’ultimo giorno di lezione dell’ultimo anno della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts suona la campanella dell’ultima ora, hai la sensazione che quello sia l’ultimo secondo di una parte molto importante della tua vita. Ti sembra l’ultimo secondo della tua adolescenza; e , anche se in questi lunghi sette anni, a volte un minuto non passava mai, quel secondo sonoro che fa “dring” ti sembra lungo un’eternità, più di qualunque altro momento trascorso in punizione a riscrivere sempre la stessa frase o a pulire la Guferia alla maniera Babbana.

Ti viene voglia di fare tutto ciò che ti è stato negato, fino ad adesso. Ti viene voglia di saltare, gridare… Senti il bisogno di sottolineare il momento con una frase storica come «Hasta la vista!» o «La pozione è versata, e io non pulirò!» o altre stupidaggini del genere.

Ma, soprattutto, ti viene voglia di distruggere quel masso che porti sullo stomaco da sette lunghissimi anni.

 

Oggi io, James Potter, diciassette anni, ho appena messo la parola ‘fine’ a una tortura lunga sette anni, in questa scuola. Sette anni! Volati via in  questo-preciso-istante.

E’ una sensazione meravigliosa! Quasi non ci credo.

Ora l’unico scoglio davanti a me sono i M.A.G.O. . L’unico ostacolo che mi separa dai tre mesi di totale cazzeggio che mi aspettano a braccia aperte. Tre mesi di assoluto ozio prima dell’inizio del corso per Auror, ad ottobre.

Fino a quel momento, il mio motto sarà: va’ dove ti porta il cuore.

Certo, i M.A.G.O. non sono una sciocchezza, fanno paura, ma io li considero come l’ultima scalata ripida prima della pianura (wow! Che poeta che sono!), prima della libertà. Come segnare l’ultimo gol per raggiungere i centosettanta punti prima che il Cercatore avversario acchiappi il Boccino. Difficile, ma non impossibile.

Verso la libertà.  Fuori dall’aula, in uno di quei corridoi che conosciamo a memoria, che abbiamo percorso centinaia di volte fuggendo da Gazza o progettando la prossima “Malandrinata” e che  rappresenta la metaforica via di fuga verso il futuro, tutti i ragazzi del mio anno si abbracciano felici.

Le ragazze più studiose ( tra le quali Evans. Oh mia Lily! Ora sono libero di sposarti. E’ per questo che stai saltellando tutta contenta, vero?) si stanno dando appuntamento in Biblioteca per ripassar prima degli esami.

Per le mutande di Merlino, dobbiamo già iniziare?

Sirius, invece, sta radunando un gruppetto di persone per dare una festicciola. Conoscendolo, mi scommetto un occhio che si ubriacherà, e a me toccherà fargli compagnia mentre lui vomita anche l’anima.

Sirius, il mio migliore amico. L’autore supremo dei miei più grandi guai.

Questi sette anni senza di lui non sarebbero stati la stessa cosa.

Lui è il primo ragazzo di Hogwarts che è riuscito a portarsi a letto metà della popolazione femminile della scuola in soli tre anni. Scommetto l’altro occhio non se ne ricorda nemmeno i nomi.

Però è un vero amico; gli affiderei la vita…

Magari la vita no, ma un braccio, una gamba e qualche costola sicuramente.

Ormai è come un fratello per me. (Certo. Ha passato tutta l’estate a casa mia, due anni fa, quando è scappato di casa, e mia madre lo venera.)

Accanto a lui c’è Monique, la sua “ attuale” ragazza.

Sinceramente, gli do massimo tre giorni ancora, poi Monique può ritenersi bell’e dimenticata.

Remus, poco distante, guarda Sirius con aria rassegnata.

Eccolo lì, il mio amico responsabile. L’autore supremo dei miei compiti in classe.

Come avrei fatto senza di lui?

E non guasta nemmeno che sia un licantropo. Se non fosse stato per lui, questi sette anni sarebbero stati una noia…si, lo so, ho detto la stessa cosa anche di Sirius, ma ognuno ha avuto il suo ruolo essenziale nella mia vita.

E poi, c’è Peter.

Il Peter che salterella allegro alle nostre calcagna.

Il Peter che si fa sotto ogni volta che io gioco con il boccino o ogni volta che Sirius fa una battuta.

A volte mi chiedo perché mai siamo amici. Bah!

I misteri della vita.

E, infine, c’è Lily.

La mia dolce, bellissima Lily. La luce dei miei occhi, il motivo della mia esistenza.

Colei che ora, con estrema grazia, si sta allontanando dalle sue amiche e sta venendo…verso di me!

I capelli rossi le danzano attorno al viso, gli occhi verdi, lucenti e allegri, guardano davanti.

Ad ogni suo passo il cuore mi fa una capriola. Quant’è bella!

Eccola, è qui.

La guardo, la mano mi scatta automaticamente a spettinarmi i capelli.

No, non lo faccio apposta.

Le sorrido. «Ciao, Evans » saluto, sorridendo.

Lei mi guarda negli occhi. Non so se riuscirò a non farmi venire un infarto. Mi squadra, come fa sempre, sbuffa, mulina i bellissimi capelli e se ne va .

La nostra ultima uscita insieme non è andata troppo bene.

Sirius arriva e mi poggia una mano sulla spalla, lanciandomi uno sguardo complice.

Ebbene, è arrivato il momento.

Abbiamo organizzato l’ultima, grande malandrinata, per lasciare un’impronta indelebile del nostro passaggio nella scuola.

Il tutto è stato organizzato in fasi: le ultime, le più pesanti, sono state programmate per il post-esami, per non correre rischi.

La prima parte però ha inizio ora.

La vendetta su Gazza.

Niente di letale, è ovvio, ma qualcosa di cui si parlerà per moooolto tempo.

Abbiamo pensato di fargli crescere svariati ciuffi di peli viola nelle orecchie e nel naso e , se siamo fortunati, anche sui piedi.

L’unico modo per togliersi questi peli è cospargersi con una nauseabonda pozione, il cui odore è permanente.

Oh si, siamo geniali.

Tutto avverrà proprio qui, sotto gli occhi di tutti ,a parte prefetti e Caposcuola, che hanno ricevuto l’ordine da “Silente” di trovarsi in Sala Grande, e a parte gli insegnanti, che sono in sala professori.

Per attirare il caro Gazza qui abbiamo rapito la sua gatta. Quell’orrenda bestia ha sfregiato il povero Peter, l’unico che abbia avuto il coraggio di prenderla in braccio. ( Si, l’abbiamo costretto.)

Be’, ecco spiegata l’utilità di Peter.

Quando Gazza verrà, io dovrò semplicemente agitare la bacchetta e la pozione, che ora fluttua sopra le teste dei nostri compagni, gli cadrà addosso e , prima che lui riesca a capire cos’è successo, noi saremo già sotto il mantello dell’Invisibilità a sghignazzare del suo nuovo look.

Perfetto.

Ora, controlliamo: la pozione…è a posto; il Mantello è al sicuro nel mio zaino, pronto per essere tirato fuori.

Sirius, nel frattempo, si è appostato all’angolo, il suo posto di vedetta, pronto ad avvisarci quando Gazza arriverà.

Remus ci sta guardando con aria rassegnata.

Lily si è fermata poco prima della fine del corridoio, vicino alla porta di una classe, a braccia conserte, con espressione dura.

Evidentemente ha intuito che stiamo macchinando qualcosa. Com’è intelligente, la mia Lily!

Tutto sembra al proprio posto.

Sirius si volta di scatto e inizia a correre verso di noi.

Gazza sta arrivando.

Come da piano, Peter tira la coda al  gatto, facendolo miagolare di dolore ( e procurandosi un bel po’ di graffi sulle braccia).

Gazza sbuca da dietro l’angolo, si ferma, vede Peter e i suoi occhi diventano fessure .Cammina a passo di marcia verso di noi, con la faccia chiazzata di rosso che traballa come gelatina. Peter posa il gatto in mezzo al corridoio e lo immobilizza, in modo da attirare Gazza proprio dove lo vogliamo noi.

Poi accadono molte cose in sequenza troppo veloce per averne un ricordo preciso.

Gazza si ferma all’improvviso, poco prima del punto prestabilito, intanto che io agito la bacchetta per far muovere il calderone con la pozione; il gatto si libera dall’incantesimo e corre da lui e , mentre io sto per infilarmi sotto il Mantello, da un’aula sbuca Gravidens, il severissimo e salivante professore di Difesa contro le Arti Oscure, il quale, per uno strano scherzo del destino, si va a posizionare nel “ punto Gazza” proprio mentre cade la pozione.

Il professore, invaso da capo a piedi dalla pozione violacea, si ritrova ben presto i previsti ciuffetti viola ( a dir poco orrendi) che crescono a ritmo accelerato, spuntando dal naso e dalle orecchie.

Sarebbe stato anche divertente, se al posto di Gravidens ci fosse stato un altro professore.

«Il responsabile di questa bravata si riveli immediatamente ,se non vuole essere mandato a casa a colpi di frusta! » sbraita il professore, girandosi attorno, tra gli studenti ancora silenziosamente riuniti nel corridoio.

Io, che sono ancora nascosto sotto il Mantello dell’Invisibilità, mi muovo furtivamente per andarmene, quando mi rendo conto che vicino a me non ci sono i Malandrini.

Dannazione! Che fine hanno fatto, adesso?

Distratto, urto una ragazzina del secondo anno, capitata lì forse per sbaglio.

So come reagirà: mi trapasserà con lo sguardo e , non vedendo niente, si volterà impaurita, chiedendosi chi l’abbia urtata…

Invece no, lei mi guarda precisamente in faccia, strizza gli occhi e dice : « Sono stato io, James Potter.»

La fisso stranito. Per le mutande di Silente, li fanno sempre più piccoli e pazzi.

Poi una cinquantina di occhi si voltano a guardarmi.

Cioè, mi vedono.

Ma non è possibile.

Anche il prof mi guarda. Oddio, com’è brutto!

«POTTER! » urla.

No…non può vedermi…

«POTTER! SO CHE SEI TU SOTTO QUEL MANTELLO! ESCI! »

Si, mi vede.

Mi tolgo il mantello e mi accorgo con orrore che non ero sotto il mio Mantello.

Ero sotto un mantello scuro, simile al mio, che recava una scritta:

“ Sono stato io, James Potter.”

« Nel mio ufficio, Potter. Tu e i tuoi amichetti.» dice il professore, facendosi largo tra la folla, e allora vedo anche gli altri: Sirius e Minus sono scortati da due bestioni mentre Remus è poco distante, sotto gli occhi di Gazza.

E’ la fine. Capolinea. Stop.

E’ la fine dei Malandrini, la fine della pacchia.

La fine della mia vita.

 

Quando l’ultimo giorno di lezione dell’ultimo anno della scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts suona la campanella dell’ultima ora, hai la sensazione che quello sia l’ultimo secondo della tua adolescenza.

Errore: a volte può essere l’ultimo secondo della tua intera esistenza.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

§ Spazio all’autrice. §

Saaaaaalve. Eccomi con una nuova fan fiction, dedicata ai miei adorati Malandrini e alle loro ultime malandrinate.

Mi sono ispirata – come si può intuire dal titolo- a “ Notte prima degli esami”, soprattutto per questo primo capitolo.

Deeah, scrivere in prima persona, con questo stile, non è proprio cosa per me xDD il risultato non convince molto, eh?

Be’, come sempre voglio richiamare la vostra attenzione su una causa importante *fa sisi con la testa*

 

Campagna di Promozione Sociale - Messaggio No Profit:

Dona l’8‰ del tuo tempo alla causa pro recensioni.

Farai felice milioni di scrittori.

(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)

 

 

Scù, sciù, lasciatemi un commentino ^^ così per farmi capire se vale la pena continuare o se devo appendere la penna al chiodo e lasciar perdere ^0^.

Non scappate come Piton davanti ad un flacone di shampoo quando vedete quella scrittina blu, infondo alla pagina, cliccateci sopraaH ^0^

Kissooooni.

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Capitolo 2
*** Sono un uomo morto. ***


Sono un uomo morto.

< Dedicato alla mia Vì,  
che ogni tanto mi diceva
di muovermi a scrivere
 perchè era curiosa.>






«VOI! Siete il più grosso ammasso di inetti  che esista! Per ogni pelo sul naso di Merlino! Ma in sette anni non avete imparato proprio niente?? Mi meraviglio di lei , signor Lupin…»
Il professor Gravidens sta sbraitando da un quarto d’ora ormai. Direi anche sbavando copiosamente. Che cosa orribile.
E, per di più, non ha ancora toccato l’argomento delle conseguenze.
Che pizza, essere beccati.
Lancio uno sguardo ai miei amici.
Remus ha lo sguardo basso e si sta tormentando la divisa, moridicchiandosi il labbro inferiore.
Mi dispiace che stia così. Infondo lui non era nemmeno d'accordo, come al solito.
Lui non ha colpa.
Sirius sta guardando il soffitto con aria annoiata. Benedetta sia la sua testolina canina.
Il prof lo ha già ripreso un sacco di volte, ma lui ha fatto orecchie da mercante e ha continuato ad ignorare la predica.
Peter si sta mangiando le unghie per l'angoscia.
E' perfettamente normale, mangiarsi le unghie, quando si è nervosi, ma lui sta felicemente banchettando con le estremità delle sue dita da venti minuti buoni, ormai!
Credo che alla fine della giornata si accorgerà di essersi mangiato le mani.
Intanto il nostro beneamato prof ciuffetti-viola-al-vento continua - salivandoci raccapricciosamente in faccia- a sbraitare sullo spreco di risorse umane.
Fa che finisca.
Fa che finisca.
Fa che...oh oh.
Momento di silenzio.
Che forse, dall'alto dei Cieli, qualcuno di grande e misericordioso abbia finalmente accolto le mie preghiere??
«POTTER! »
No, a quanto pare no.
«Sei capace di sintonizzare il tuo unico neurone bacato o sei troppo occupato a guardare le mosche per prestarmi ascolto? »
...Guardare le mosche. Un passatempo interessante. Non ci avevo pensato.
Il prof mi guarda, ostentando una calma che viene tradita dall'oscuro pulsare della vena sulla sua tempia, come se si aspettasse una qualche risposta.
...Lo sapevo. E' pazzo.
«...Be', ovvio che non lo sai. Lo so solo io. E non ho intenzione di dirtelo. »
Se proprio ci tiene, può anche non dirmi niente. Tò, credo che morirò dalla curiosità.
«Perfetto, passiamo alle conseguenze. »
Oddio.
Deglutisco, seguito a ruota dai miei compagni. Quella parolina ha un potere fenomenale: far sbiancare contemporaneamente quattro adolescenti. Addirittura più potente di un "Amore, sono incinta."
«La tentazione di espellervi è forte, ma così sarebbe troppo semplice. » inizia il prof, con aria malvagia.
Ok, è la fine. Capolinea.
Peggio dell'espulsione c'è solo la morte, vero?
Oppure no?
Potrebbe sempre chiederci di fargli un massaggio ai piedi.
A quel punto credo proprio che tenterei il suicidio con un elastico per capelli.
L'ultima affermazione del prof ha attirato persino l'attenzione di Sirius, il che è tutto dire...
«Signor Black, lei dovrà tirare a lucido la sala comune e i dormitori di Grifondoro tutti i giorni, senza usare la magia, fino alla fine della scuola. Non voglio vederla nel parco nemmeno se le viene una crisi respiratoria a causa di un acaro della polvere grosso quanto una mucca, mi sono spiegato? » dice il prof, con tono solenne.
Sirius rimane a bocca aperta per dieci minuti buoni, ma poi si riprende con un sorrisetto malandrino.
«Quando ha detto che devo pulire tutti i dormitori, intende proprio tutti? »
«Mi sembra naturale, Black! »
Sirius sembra stranamente compiaciuto, a questa notizia.
...lo sapevo. E'pazzo pure lui.
Probabilmente anche il professore lo pensa, a giudicare dallo sguardo che gli lancia, ma un attimo dopo fa le spalluccie e va avanti.
«Signor Lupin, signor Lupin » scuote la testa, guardando Remus con una teatrale espressione contrita.
Non recitare, vecchio babucco. Lo sappiamo che sono anni che vuoi punire Remus perchè ti da fastidio che sia così perfetto. Lo leggo in quei piccoli occhietti malvagi da talpa che ti ritrovi.
Remus gli sta intanto rivolgendo le più sentite e silenziose scuse che un essere umano possa concepire, soltanto con lo sguardo.
I sensi di colpa si stanno mangiando il mio stomaco pezzo dopo pezzo.
«Sono molto deluso dal suo comportamento, signor Lupin » continua il prof, senza pietà «quindi, malgrado la sua impeccabile fedina penale » (esagerato, nemmeno fossimo in carcere) «sono costretto a prendere provvedimenti . Ringrazi i suoi compagni. » mi lancia uno sguardo soddisfatto.
Meschino.
Remus continua a guardare a terra.
«Questa faccenda le costerà un voto per ogni esame, e questo vale anche per il signor Minus. Voglio essere buono con voi due. »
Entrambi sbiancano.
Vuole essere buono, ha detto??
Remus non può più aspirare al massimo dei voti e per lui la cosa si può tradurre con "tragedia".
Per Peter un voto in meno, invece, si può oggettivamente tradurre con "bocciatura".
Ora non oso immaginare cosa abbia in mente per...
«E ora veniamo a te, Potter. »
Rabbrividisco. Si sente chiaramente dal tono della voce che non vedeva l'ora di arrivare a me.
Nei suoi occhi brilla una luce malvagia e soddisfatta.
«Quale mente di questa bravata sciocca ed infantile, a te toccherà la punizione peggiore. »
Ti pareva.
Lui sorride.
Mi fa paura. Tanta.
«Non solo da questo momento sei espulso dalla squadra di Quidditch... »
NO!
«In più, per colpa tua, Grifondoro perde cento punti... »
Porca Morgana! Eravamo in testa su Serpeverde di cento punti!
«E, infine, passerà il resto dei suoi giorni qui a fare da assistente madama Pince. »
No! Questa è malvagità pura!
...Dov'è l'elastico per capelli??
«Bene. Credo che basti. Ah, naturalmente è sottinteso che dovrete pulire il corridoio qui fuori entro trenta minuti, senza usare la magia. »
Sorride, indicandoci la porta con la mano.
Remus, Sirius e Peter escono. Mentre io mi accingo a seguirli, il  prof mi sbarra la strada.
No, non deve fare così. Ci potrei lasciare le penne per la paura.
Sorride, ancora. Non mi piace questa cosa. Nemmeno un po'.
«Volevo ricordarti, Potter, che quast'anno sarò io il presidente della commissione d'esame, dato che il preside non c'è. »
Cosa?
Cosacosacosa??
E' uno scherzo, vero? Davvero non c'è fine al peggio?
«Ti consiglio, dunque, di fare attenzione. »
Tradotto: ti consiglio, dunque, di non fare le valigie, tanto passerai un altro anno qua dentro. Mwahahahahah.
Si. Il "Mwahahahaha" è incluso.
Sono praticamente un morto che cammina. Ho un piede nella tomba, e l'altro pure.
Esco.I Malandrini sono già lì con le scope e i secchi a pulire.
Sono miserie che si commentano da sole.
Circa un'ora più tardi ( sembra incredibile, ma è passata solo un'ora. A me sembrava che fossimo rimasti a pulire più o meno un secolo) saliamo in sala comune e ci lasciamo cadere sulle poltrone difronte al fuoco. Mi volto a osservare i miei compagni.

Di nuovo, nel vedere le facce di Peter e Rem, vengo assalito dai sensi di colpa.
A quel punto anche loro mi guardano , ma con una di quelle occhiate che possono essere catalogate come " Stendi-gigante", figuriamoci cosa fanno a me.
«Che c'è? » domando, sulla difensiva. Non credo di meritare un trattamento simile. Uffa.
Remus prende un gran respiro, come se stesse cercando di calmarsi.
«Hai anche solo idea del casino in cui ci hai messi?? »
Aggrotto le sopracciglia. Vabè che non era d'accordo, ma non mi aveva mai aggredito in questo modo.
«Certo che so in che casini ci siamo messi... »
«NON usare quel plurale. E' colpa tua. Come ha detto il prof, sei tu la mente di questa bravata, e noi ne dobbiamo pagare le conseguenze. Ti sembra giusto?? »
Lo guardo, aggrottando le sopracciglia.
Ha perfettamente ragione, lo so, ma non mi ha mai aggredito così. Eppure non è mica la prima volta che gli faccio prendere una punizione.
«Rem, non capisco perchè ti scaldi tanto... »
...Ops. Ho detto la cosa sbagliata.
Remus si alza di scatto, stringendo i pugni. Sembra che voglia attaccarmi a testa bassa, stile toro. Mi sorprendo che non gli esca il fumo dal naso.
«Ovvio che non capisci! Quando mai tu hai capito qualcosa che non riguardasse te??Sei un megalomane e un egocentrico, spero che tu te ne renda conto. Tu non puoi avere idea di cosa possa significare , per me, perdere un voto ad ogni esame, naturalmente, perchè sei sempre troppo concentrato su te stesso! »
Si ferma, per prendere fiato.
Questa storia del megalomane e egocentrico non mi è nuova.
Mi alzo anche io, per fronteggiarlo.
«Rem è un voto. Un voto. Una stupidissima parola scritta su un foglio di carta! Cosa ti scaldi a fare?? »
Non volevo perdere la calma, davvero.
Remus fa un gesto stizzito con il braccio, come se volesse scacciare un insetto invisibile, ed esce dalla sala comune. Qualche secondo dopo, Peter lo segue.
Io e Sirius ci guardiamo con aria interdetta.
Evidentemente nemmeno lui ha capito il perchè della reazione di Remus.
«Non avrei mai creduto di doverlo dire, un giorno » dice Sirius, ad un certo punto «ma credo che abbiamo esagerato, stavolta, Ramoso. »





Angolo dell'autrice.
*Arriva portandosi dietro un elmetto da guerra e uno scudo stile antico romano* S-salve.
Ok, si lo so. Ho fatto passare così tanto tempo che probabilmente sono passabile di ergastolo. Chiedo umilmente perdono ç_ç
Questa storia sembra intrappolata nei meandri della mia testa. Io so come deve andare ma non riesco a scriverla come vorrei ò__ò
Infatti questo capitolo è passato per varie fasi di revisione, prima di arrivare qua. Spero sarà valsa la pena di tutti questi mesi di attesa XD
Grazie a  Lyla_sly, Frytta, LiZzZie ,Lussissa ,Star Petal, Yum, sissy88 e nan96 per aver recensito  il capitolo precedente. Spero che riusciranno a perdonarmi xD anche perchè molte mi avevano detto che DOVEVO continuare ç_ç perdoooono.
Grazie poi a Bella Redi ,Feffe_Cullen_Blast ,germana, GinevraEvans,  ginny_potter94,GrEEn, LiZzZie e ron84 che hanno messo la storia tra i preferiti e a CallieAM e nan96 che l'hanno messa tra quelle seguite.
Prometto che il prossimo capitolo arriverà in più breve tempo. Magari una settimana o due xD
Baci baci **
Milla.

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Capitolo 3
*** L'inizio della fine ***


A Dadduà.  
Perché,
anche se
è un piccione smemorato
,
è anche merito suo
se questa storia
continuerà.



 



« James, fammi una domanda di Trasfigurazione.»
«Mmh. »
«…ma mi stai ascoltando? »
«Mmh. »
«…La scuola brucia. »
«Mmh. »
«Gravidens è vestito di rosa shocking.»
«Mmh.»
«La Evans sta baciando Mocciosus in un modo talmente veemente che si vedono le lingue uscire per le orecchie.»
«…che schifo.»

Sirius mi scuote per una spalla, ma io non riesco a reagire nemmeno davanti al suo sguardo preoccupato, o meglio, allarmato.
D’altronde faccio paura anche a me stesso. 

Lo spingo via con un gesto casuale, senza neanche guardarlo. Lo so che mi farebbe stare ancora peggio. Anche lui è ancora sconvolto, infondo. Sbaglio, o prima mi ha chiesto di interrogarlo di Trasfigurazione?
Chiaro segno che gli manca Remus.
Come dargli torto? Il suo comportamento è arrivato al limite della nostra sopportazione: sono tre giorni che non ci rivolge la parola; e se proprio deve, ci chiama “Potter” e “Black”.
E’ assurdo.  E la cosa peggiore è che ancora non ho capito perché se l’è presa tanto! Insomma, Peter è ancora qui  che sbava dietro me e Sirius (quel ragazzo dovrebbe seriamente cercarsi un hobby) eppure la sua sorte non è stata migliore.

Come se non bastasse, la notizia del nostro fallito attacco a Gazza ha fatto il giro del castello in poco meno di mezzo secondo.
Ormai è chiaro a tutti quanti che Gazza era stato informato del piano. Che geni, fin qui c’ero arrivato anch’io.

“Si accettano scommesse su chi ha portato la spia al guardiano! Sarà stato l’amico fidato di Potter,Black?  Sarà stato il silenzioso Lupin? Sarà stato…quell’altro di cui nessuno si ricorda il nome?” 

Eggià, chi sarà mai stato?
L'idea che possa essere stato uno dei Malandrini non mi è mai neanche passata per l'anticamera del cervello, anche perché tutti si sono beccati la punizione, alla fine. Non avrebbe senso!
Eppure, per questa maledettissima scuola popolata unicamente da civette e gufi pettegoli, l’unica certezza è che la talpa sia proprio tra i Malandrini. Ci hanno dati per sciolti!
Ma cosa ne possono sapere, loro?

«James non posso vederti così!» esclama desolato Sirius, guardandomi con quella sua espressione da cagnolino bastonato.
Ok, adesso basta. E’ il momento di riprendersi.
«Spiacente, Felpato, ma proprio non riesco ad accettarlo.»
Lancio un’occhiata a Remus che è seduto al tavolo dei Corvonero. E’ una visione raccapricciante.
Sirius segue il mio sguardo e sospira.
«Vedrai che tutto si sistemerà.» bisbiglia, poco convinto. Ha ripetuto questa frase migliaia di volte, in questi giorni, ma ancora non gli viene bene.

Lo odio quando è così depresso. Di solito sono io quello depresso!
Se siamo depressi entrambi, finiremo col suicidarci.
Ci impiccheremo con le nostre stesse cravatte, me lo sento.

«Potter!» una voce cristallina e piuttosto adirata mi risveglia dai miei macabri presentimenti.
…Possibile?
«Evans?» domando, quasi come se non riuscissi a credere alla visione che mi si para davanti agli occhi.

A meno che non abbia le allucinazioni da depressione, è proprio Lily Evans questa creatura angelica che mi guarda in cagnesco.

«No, Potter. Sono Barnaba il Babbeo.» alza gli occhi al cielo, sbuffando.
E’ bella anche quando è acida come uno yogurt.
«In effetti noto una certa somiglianza. » la punzecchio, giusto per il gusto di darle fastidio.
Lei fa una smorfia «Eppure continui a sbavarmi dietro. Devi rifarti gli occhiali, Potter?»

La mia bellissima risposta mi muore sulle labbra, quando lei alza la mano con un gesto perentorio per zittirmi. «Resterei qui ad ascoltare le tue baggianate in eterno, Potter, credimi » dice, cercando di impregnare queste poche parole con tutto il sarcasmo di cui è capace « ma sono qui solo per ricordarti che oggi, dopo le lezioni, devi trovarti in Biblioteca. Siamo già praticamente sotto zero: vedi di non far perdere altri punti a Grifondoro, altrimenti ti assicuro che dovrai fare gli esami da uno dei letti dell’infermeria.»

Improvvisamente, il ricordo della punizione di Gravidens mi si abbatte sulle spalle come se fosse un peso di cento quintali.
Nonostante questo, mi sorge spontaneo un dubbio. Lei mi anticipa, prima che io possa domandare.
«Il professor Gravidens temeva che tu ti fossi dimenticato della punizione e quindi ha voluto che te lo ricordassi.» sbotta a denti stretti.

Sbaglio o c’era una nota di astio nel tono con cui ha detto il nome del professor peli-viola?
Se ne va, senza aggiungere altro, mulinando i suoi bellissimi capelli rosso fuoco.
Le mie fantasie vengono interrotte da un Sirius che ,per l’occasione, vestì i panni della voce dei miei pensieri ,domandando: «E da quando la Evans fa da gufo a Gravidens?»
                                                                                                                                                           ***
Solo.  I miei ultimi momenti di libertà li devo passare da solo, abbandonato su una poltrona in sala comune.
Sirius, benedetta sia la sua testolina, si è avviato pochi minuti fa, tutto contento, verso i dormitori, pronto ad iniziare il suo lavoro da elfo domestico.
Ma neanche, è peggio di un elfo domestico: non può usare la magia! Eppure,  era tutto contento. Lo giuro.
Vorrei vederlo quando sarà alle prese con la stanza di Louis il Sozzone. Davvero, credo che rimpiangerà di aver fatto un balletto di esultanza, prima («Sirius, tu sei malato, fratello!»).
Anzi, credo che rimpiangerà di essere venuto al mondo.

Remus, ovviamente, è da qualche parte a studiare con i suoi amici Corvonero.
Mi viene quasi da vomitare.

E Peter…starà cercando di affogarsi in un water, immagino.
 
Sono le quattro, meglio sbrigarsi.
Mi alzo con estrema lentezza, neanche il mio sedere avesse improvvisamente deciso di essersi innamorato follemente della poltrona. Mi ci vogliono quasi dieci minuti per lasciare la sala comune e incamminarmi, ovviamente il più lentamente possibile, verso la Biblioteca.
Se arrivo in ritardo, dirò che il mio cervello si era ribellato al tal punto a questa punizione, che aveva ordinato ai piedi di disimparare a camminare.

Cerco di lasciar divagare la mia mente- almeno lei può godersi gli ultimi momenti di libertà- e il mio pensiero va subito dove è stato per gli ultimi quattro anni: da Lily.
La discussione di questa mattina mi ha lasciato l’amaro in bocca, lo ammetto. Siamo tornati ai tempi in cui io la punzecchiavo in ogni modo possibile e lei mi odiava con tutte le sue forze.
E anche quelle delle sue amiche più strette.
Mi sono impegnato per farle capire che io a lei ci tengo davvero. E  quando, finalmente, ha accettato di uscire con me, qualche mese fa, credevo che finalmente si fosse convinta.
Invece, per qualche strana ragione, ad un certo punto di quella meravigliosa, miracolosa , serata, lei è sparita.

La mattina dopo, quasi non mi rivolse la parola.

E quando avresti bisogno di un amico un po’ più gentile che possa domandare alla Evans cosa cavolo le è preso, questo decide di odiarti e tu rimani con la voglia di suicidarti utilizzando un improbabile elastico per capelli.
O anche la tua cravatta, a scelta.

Ah, eccola, la Biblioteca, con quell’adorabile schele—donna di Madama Pince dietro un bancone, ad osservare gli studenti con i suoi bellissimi occhi da rapace morto.
Brr.
Seriamente, una delle persone più adorabili di questo pianeta. Non c’è nulla di più soave del tono inacidito con cui urla «Potter! Sei in ritardo!»

…La uso la scusa dei piedi che hanno disimparato a camminare?

Ok, James, è facile. Tu non guardare quell’enorme porro che le è cresciuto su quell’enorme naso da far concorrenza a Mocciosus.  Guarda altrove, così non dovrai ridere, né vomitare. Su, c’è un sacco di roba da guardare, in Biblioteca: libri, libri, libri, Evans che porta libri e ancora libri…

No, un momento.

Lily Evans è qui in Biblioteca.

 Magari questa punizione non è poi così male. Almeno per oggi.

Madama Pince diventa uno zuccherino, quando si rivolge a Lily. Maledettissima racchia porrosa.
«Oh, grazie, cara. Senza di te questo libro sarebbe rimasto chissà per quanti anni nella camera di quel sudicissimo ragazzo, come si chiama? Louis Schwefel.» dice, allegra, mentre Lily fa un sorrisetto di cortesia, evitando di guardarla in viso. «Sei la migliore assistente che mi potesse capitare. »

Nello stesso istante in cui la mia incredulità affiora sul mio viso sotto forma di espressione attonita, Lily si accorge della mia presenza.

…E la sua rassegnazione è evidente quasi quanto il mio entusiasmo.











Angolino di Mills.
Salve, carissimi.
Non credo che ci sia stata un'attesa più lunga di questa per un capitolo. E' passato un anno o due?  Posso entrare nel Guinness dei Primati! 
Fatto sta che questa storia aveva avuto troppa approvazione dai miei amici per poterla lasciare con due miserissimi capitoli, così ho deciso di portarla avanti. Almeno fino al terzo.
So che i suddetti amici mi staranno bestemmiando contro in turco ottomano (o, nel caso specifico, in tedesco XD) per questa ultima affermazione, per questo dirò che mi impegnerò seriamente per portare avanti questa storia, così magari riesco ad arrivare viva a Natale. :D
Vi lascio in compagnia di quella fantastica scritta blu (che ormai , nella pagina di una storia, è ovunque. E' un'ossessione) e le faccio eco chiedendovi: vuoi lasciare una recensione?
In omaggio avrete un bellissimo traduttore di turco ottomano per poter imprecare contro chi volete, in qualsiasi momento, senza essere capiti!





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Capitolo 4
*** Spiegazioni. ***


Spiegazioni. 





«Evans, sei l’assistente di Madama Pince? » domando, incredulo.
Incredulo e felice.
Lei mi riserva uno sguardo così astioso che quasi mi pento di averle rivolto la parola.
Ho detto quasi.

«Sempre con queste domande intelligenti, eh, Potter? » sbotta in risposta a denti stretti, ma neanche il suo tono ostile può scalfire il mio sorriso compiaciuto.
Dovrei essere imbarazzato all’idea di rimanere solo con lei, dopo quello che è successo tra noi, invece non riesco a non bearmi di questa prospettiva. Povero il mio cuore innamorato.
...forse mi piace semplicemente l’idea di imporle la mia presenza, dopo essere stato così rudemente scaricato.
Si, credo che la seconda ipotesi sia di gran lunga la più plausibile: nessuno pianta in asso James Potter e la passa liscia.

«La tua presenza uccide i miei neuroni, Evans. Sono così impegnati ad ammirare la tua beltà che non sono in grado di formulare domande sensate. »
«Quali neuroni, Potter? »

Ho la risposta pronta a questa scontatissima battuta. E’ sulla punta della mia lingua, protesa in avanti come un tuffatore sul trampolino, ma sono costretto ad ingoiarmela quando Madama Pince mi intima il silenzio portandosi il suo dito rugoso e rinsecchito sulle labbra rugose e rinsecchite.
Certo, Evans può insultarmi gratuitamente, io invece devo stare zitto. Maledettissima megera informe, vecchia , rugosa e rinsecchita.
Perché non cerca un modo per farsi sparire quel porro –che ha raggiunto le dimensioni di un’arancia- e mi lascia in pace?
Quanto la odio.
Nessuno mi dice di stare zitto, capito, racchia insolente e porrosa?

«Potter, James » questo suo modo di chiamare la gente come se stesse leggendo il nome dell’autore di un libro particolarmente scandaloso è semplicemente ridicolo «  Se le ignobili stoltezze che trovano il modo di raggiungere le mie orecchie grazie alla tua fastidiosissima voce hanno perso la loro ragion d’essere » riprende fiato. Potrebbe anche evitarsi il resto, dato che della prima parte non ho capito un’acca  «sarei felice di affibbiarti i tuoi primi incarichi. »

Una cosa in questa donna si può lodare: la finezza nello scegliere le parole.

Affibbiarti, non affidarti.

Infatti, pochi minuti dopo, mi ritrovo a dover spolverare enormi volumi sepolti sotto chili e chili di polvere, combattendo con ragni grossi come Pluffe ai quali, a quanto pare, la polvere piace parecchio.
Ovviamente, perché non dimentichi che la mia è una punizione, devo fare tutto questo “senza l’ausilio di pratiche magiche.”
Rugosa, rinsecchita, ignobile, orribile, porrosa, tremenda, maligna…
Ad ogni epiteto colpisco un ragno, per la rabbia.
Mi sembra di essere diventato un maledettissimo Babbano, negli ultimi giorni. Cosa cavolo ci vengo a fare in una scuola di magia se poi mi proibiscono di usarla?
Devo far presente questa cosa al Preside, assolutamente.
Naturalmente, sono recluso nell’anfratto più isolato e irraggiungibile della Biblioteca –ecco perché è diventato il reame indiscusso degli aracnidi!- per impedirmi di parlare con chicchessia, a meno che non abbia otto zampe e un sacco di occhi.
Sono così costretto a concentrarmi su quello che sto facendo, dimenticandomi di ciò che succede intorno a me.

Un brivido.

Solo così riesco ad accorgermi della presenza di Lily: una scossa elettrica che si diffonde lungo la mia schiena e ha origine nel punto esatto in cui le nostre mani si incontrano.
Io ritiro la mia con uno scatto fulmineo, come se mi fossi fatto male.
«Sei qui, Potter. » dice lei, sorpresa, evitando spudoratamente di guardarmi in faccia. Evidentemente neanche lei s’era accorta della mia presenza.
«Purtroppo si. » rispondo. Neanche io riesco a guardarla. Vedo solo le sue mani che sistemano dei libri su uno scaffale il più velocemente possibile.
E il fatto che lei trovi la mia presenza fastidiosa mi provoca più dispiacere di quanto sia disposto ad ammettere.

Quando l’ultimo libro trova il suo posto, lei fa per andarsene ed io, senza averlo programmato, senza sapere perché lo sto facendo o cosa le dirò, la blocco per una spalla.
Lei si volta verso di me con una lentezza esasperante e, finalmente, mi guarda.

Davanti a questo sguardo seccato, le parole trovano una via autonoma per venire fuori, senza passare dal cervello.
«Perché mi hai piantato così, quella sera? » domando, senza giri di parole. Le perifrasi non sono mai servite a nessuno.
Lei non risponde subito. Inaspettatamente mi rivolge un sorrisetto amaro.
«La domanda giusta è: perché ho accettato ad uscire con te, quella sera? »
Queste parole mi feriscono più di quanto mi sarei aspettato, anche perché non capisco precisamente a cosa si stia riferendo.

La mia tacita richiesta di spiegazioni viene accolta con un’espressione infastidita e una risposta colma di accuse.
«Non fare il finto tonto perché sai benissimo di cosa sto parlando. » è fredda mentre parla, convinta di quello che sta dicendo. Davvero crede che io sappia il perché del suo comportamento!
E, di grazia, che motivo avevo di chiederglielo, allora?
«Pensavo che tu fossi cambiato, lo ammetto. Ti eri impegnato tanto per convincermi e ci eri riuscito. » continua, abbassando lo sguardo per qualche secondo. Quando lo rialza mi colpisce con tanta forza che mi sento quasi costretto ad arretrare.

Ma io sono James Potter, posso sostenere qualunque sguardo.

«Invece eri, sei e rimarrai un idiota, Potter. » eccola, la sua conclusione: dura come il suo sguardo. La cosa straordinaria è che riesce a mantenere un tono calmo e misurato per tutta la frase, riservando tutto il suo sdegno per le ultime due sillabe. Pot-ter. Quasi come se il mio nome fosse una bestemmia.

Allora, con una calma e una freddezza pari alle sue, faccio un passo all’indietro, guardandola dall’alto verso il basso. «Cercare di spiegarti che non so di cosa tu stia parlando è completamente inutile, giusto? » domando. Ogni parola vorrebbe accogliere almeno un grammo della mia enorme delusione, per poterla sfogare, ma io costringo la voce a restare atona.
Un’ ultima occhiata e lei se ne va, senza rispondere, allontanandosi con quel portamento fiero e innervosito che assume dopo ogni nostra conversazione e io, nell’impeto di una rabbia che mi è montata dentro con una velocità assurda, sferro un calcio ad uno scaffale, facendo cadere un paio di grossi, inutili e impolverati libri, proprio mentre quella vecchia megera di Madama Pince volta l’angolo per venire a controllarmi.

Oh, per Merlino!




 
                                                                                                                            ***






Caos.

Più o meno possiamo riassumere con questa parola tutti i festini organizzati da Black e questo non fa eccezione.
La musica –che, di per sé, non è male- si mischia a centinaia di voci diverse che ciarlano, urlano, cantano. La sala comune sembra un grosso contenitore per insalate, con dentro una marea di persone che ballano, o così credono, perché a me sembrano solo un’orda di dannati in preda ad una furiosa crisi epilettica.
Per non parlare di quelli che prendono enormi portate del cibo portato di straforo dalle cucine e lo spargono in giro, incapaci di contenere tutta quella roba in bocca.

E tutto diventa semplicemente caos.

Noi, povere anime innocenti incapaci di considerare questa baraonda un “divertimento” siamo confinati in poche poltrone ammassate vicino alla parete più remota e nascosta e possiamo solo osservare questa marmaglia.
Nell’insieme, la vista può essere fastidiosa, ma se si guardano i singoli soggetti, magari riesci anche a farti una risata.

E io adoro osservare minuziosamente i singoli soggetti.

Partiamo dall’organizzatore sommo di questa rottura di Pluffe: Black.
E’ un essere davvero detestabile, per come si muove, per come parla, per come è. Uno dei più grandi palloni gonfiati della storia dell’umanità.
Forse secondo solo a Potter, sotto questo punto di vista.
Che si tagliasse quei maledettissimi capelli, se gli vanno davanti agli occhi! Giuro che se butta di nuovo la testa all’indietro in quel modo, vado lì e gliela tronco. Un bel taglio radicale, Black. Che ne pensi?
E qualcuno gli dica di abbottonarsi quella maledettissima camicia. Nessuno vuole vedere i suoi pettorali mosci. Magari mi propongo di prestargli uno dei miei reggiseno; una terza gli andrà benissimo.

Peccato che non tutte la pensino come me, a giudicare dal manipolo di ochette in ghingheri che, adoranti, lanciano occhiatine ammirate all’indirizzo di Black, rischiando i affogare i presenti nel mare della loro bava.
Patetiche.

«Oh, Evans! Che ci fai seduta lì ? Sembri mia nonna! Sei così noiosa. »
E questa era Monique Martin, la fortunata ragazza di Black. Che persona adorabile e soprattutto intelligente.
Spero che le bestemmie delle fan di Black la colpiscano, almeno avranno l’occasione di fare qualcosa di utile per il sociale.

Devo ricordare di congratularmi con Rosaline che, con estrema nonchalance, allunga il piede, facendoci inciampare Monique, che finisce lunga e distesa per terra.
Oh, Merlino, fa che l’abbia fatto perché Monique le sta antipatica e non perché è gelosa, ti prego! Rosaline è una delle poche persone qui dentro che non ucciderei, per piacere, risparmiala!

Black accorre immediatamente in soccorso della sua bella, aiutandola ad alzarsi.
Lo ammetto, questa non me l’aspettavo: Black sembra particolarmente apprensivo nei confronti di Monuque, in virtù di un rapporto, sembra, più stretto tra loro. E io che credevo che si sarebbero lasciati nel giro di qualche giorno.

Lei, ovviamente, è sempre sembrata quella che ci teneva di più; ora si ha quasi la sensazione che Black sia un tantino sottomesso.
…Nah.

Passiamo ad un altro soggetto.
Ah! Potter. Il sommo idiota. L’amico perfetto per uno come Black. Stupido, arrogante, presuntuoso.
Mi fa letteralmente schifo. Se ne sta lì a sbattersi come una trota fuori dall’acqua attorniato da un drappello di ragazzine adoranti (chissà se sono le stesse di Black. Per me hanno tutte la stessa faccia.)
Per lo meno, però, la sua camicia è abbottonata.
Per il sinistro floscio di Merlino, come ho fatto a farmi convincere ad uscire con lui!? Cosa avevo per la testa?

Ok, mi sto prendendo in giro da sola. So benissimo perché ho accettato.
Mi sono illusa che fosse cambiato. Mi sono illusa che ormai non facesse più certe stupidaggini.
E invece, proprio quella sera, la sua tanto agognata uscita insieme a me, cosa fa lui?  Se la prende con Severus. Di nuovo. Davanti a me! Come il ragazzino idiota e montato che era e che, evidentemente, è ancora.
Poi ha anche la faccia tosta di venirmi a chiedere perché l’ho piantato, con quell’espressione da cerbiatto innocente. Ma chi vuoi darla a bere, eh, Potter? Sei un moccioso. E’ inutile che ti atteggi a grande uomo maturo.

E adesso eccolo che si guarda in torno, alla ricerca della prossima ragazza da importunare visto che, molto probabilmente, avrà capito che con me non c’è storia.
Chi sarà la prossima, eh? Willis del quarto anno? Susan del quinto? O vuoi buttarti sul sicuro andando sulle ragazzine del primo anno?
A quanto pare ha deciso, perché si sta avviando con passo deciso verso un punto della sala comune, scostando le ragazzine adoranti come se fossero i due lati del Mar Morto.
…ma sta venendo qui! Non ti avvicinare, schifosissima ameba!

No, non sta venendo da me. Va verso un’altra poltrona.
Oh, non mi ero resa conto che Remus fosse qui.
Povero Remus; quell’espressione affranta che ha da quando hanno scoperto il piano di Potter mi fa sempre venire una stretta al petto. Lui è innocente, lo è sempre. Eppure si becca continuamente le punizioni insieme a Potter.
Se solo Gravidens lo avesse risparmiato...

In questi giorni sembra anche malato. Si prende un malanno al mese, quel ragazzo. Da quando è qui non l’ho mai visto stare bene per un mese intero.
James –no, POTTER- gli si avvicina e gli dice qualcosa, con aria di scuse. Ah, certo. Adesso si scusa.
Remus lo spinge via , si alza e si allontana. Potter, con un’espressione indecifrabile lo guarda per qualche secondo, poi lo segue fuori dalla sala comune.

Ora, non è per farmi gli affari loro, per carità, ma sono proprio curiosa di sentire cosa si inventa Potter per tirarsi Remus dalla sua parte di nuovo.
Diciamo che vado a farmi una passeggiata, stanca della musica troppo alta, e casualmente mi trovo nello stesso corridoio dove loro stanno discutendo.
E discutono ad alta voce perciò, anche se fossi andata in un altro corridoio, li avrei sentiti lo stesso.

«…non capisci, James? Come fai a non capire? »
«Perché non mi spieghi, Remus? Sono tardo, non capisco. Spiegami! »

Ah, bravo, Potter. L’hai capito che sei tardo.

«Sai cosa significa per me perdere un voto ad ogni esame? »
«Che non avrai il massimo dei voti ,quasi!  » che insolente che sei, Potter. Scusati e stai zitto!
«Continui a non capire. »
«Continui a non spiegarmi. »

Remus prende un respiro profondo, cercando di calmarsi. Non l’ho mai visto così arrabbiato. Se non lo conoscessi, direi che potrebbe aggredire Potter da un momento all’altro.
Mi nascondo meglio dietro il mio angolino.
«Per uno come me, non uscire dalla scuola con il massimo dei voti, coincide con una condanna alla disoccupazione, lo sai questo? No che non lo sai! Cosa importa a te di queste cose? Male che vada per te c’è paparino che ti trova una sistemazione! Ma io devo cavarmela da solo, Potter! E grazie alle tue bravate, dato che tu puoi permettertele, io non sarò ammesso a nessun corso per Auror, Guaritore, Insegnante, NIENTE.  »
«Remus… »
«Risparmia il fiato, Potter. Almeno adesso lasciami stare. »

Remus si volta e va via, trascinando i piedi per terra. Anche se non ho capito di cosa stesse parlando, il dolore impresso in ogni sua frase mi ha procurato una fitta allo stomaco tremenda.
Di Potter riesco a vedere solo la schiena. Vedo le spalle curve, il capo chino, le braccia penzoloni lungo i fianchi.
Quasi riesco ad essere compassionevole nei suoi confronti, perché so che significa sentirsi impotenti, davanti ad un amico che ti abbandona.










 









Angolino di Mills.
Salve! 
Non sapete quanto sono fiera di me per essere riuscita a postare in così poco tempo!
(Vi assicuro che per i miei standard è pochissimo.) 
Spero solo di non aver arronzato,
per poter rispettare una tempistica decente.
Dunque, questo è il capitolo delle spiegazioni,
non solo perchè James non fa altro
che andare a chiedere chiarimenti alla gente a destra e a manca (povero cucciolo!) ,
ma anche perchè è nato durante l'ora di spiegazione di storia, italiano, spagnolo e non so che altro
(credete, professori, che a scuola io ascolti? Ah, poveri illusi!).
Al povero James ne capitano di tutti i colori.
Non oso immaginare cosa sia successo
quando Madama Pince l'ha beccato a prendere a calci gli scaffali
(" TUUU! ORRIDO ESSERE! SOZZURA!" un po' alla Walburga Black, insomma.)
e adesso pure Remus gli ha voltato le spalle.
...sono crudele! °_° Ma poverino.

Se volete risollevare il morale al povero Bambi,
lasciate un commentino e io mi adopererò
affinchè egli riceva i vostri incoraggiamenti.
Forza, James, siamo tutti con te! *__*

Ma un commentino potete lasciarlo anche se volete sostenere la nostra cara Lily,
che fa il suo ingresso nella storia in questo capitolo, in veste di Investigatrice,
e che vuole fondare il club "PAIN", Potter Ammazza I Neuroni.

Se poi volete semplicemente regalare un reggiseno a Sirius,
non posso fare da tramite, spiacente. Monique si arrabbia.

Approfitto per ringraziare le bellissime personcine che hanno
recensito;
le quattordici che
preferiscono questa storia;
le due che la
ricordano;
e le otto che la
seguono.

Alla prossima, gente *__*

 

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Capitolo 5
*** Ieri ***




 

A Lisa,                        
il capo Alfa               
del mio branco.
Perchè è bellissimo           
passare l'ora
di educazione fisica          
a parlare con lei.

 



                                                                                                                                                                                                                                                              


Ieri
                   Why she had to go
                                     I don't know, she wouldn't say
                                I said something wrong
                                                    Now I long for yesterday...





E’ strano.
Vi siete mai accorti che a volte basta un oggetto, un colore, un odore per rievocare ricordo, senza che lo abbiate chiesto, senza che lo vogliate? Quel ricordo è rimasto appiccicato a quel qualcosa in cui vi siete imbattuti per caso e, inevitabilmente, vi assale, quasi come se non avesse aspettato altro che il momento giusto per annebbiarvi la testa e intorpidirvi i sensi di nuovo.
E che sia bello o brutto, quel ricordo vi si presenterà nitido, con tutte le sue forme, i suoi odori, i suoi colori. Vi accorgerete presto che non gli  si può scappare, a meno che voi non mettiate via quella foto, non vi spostiate da quel preciso angolo della Sala comune, non riponiate nel cassetto quel regalo… e non sempre è facile farlo.

E’ così che mi sono imbattuto nel ricordo di quel pomeriggio passato con Lily. E’ bastato ritrovare per caso quella foto, scattataci da una compagna di scuola, perché ogni immagine ritornasse alla memoria.
E, ad ogni istante, quel ricordo pulsava più dolorosamente contro le pareti della mia testa, perché sapevo che quei momenti, da me tanto agognati, non si sarebbero mai ripetuti.

 







«Senti, Potter. Vedi di finirla, altrimenti… »
« Altrimenti cosa, Evans?»
«Altrimenti ti affatturo, e lo sai che lo faccio. »
«Sto tremando di paura. »
«Fai bene. »
«Evans, mi farai paura quando Piton si farà uno shampoo. »
«Potter, sei il solit--- »
Non seppi mai cosa ero, perché la frase, detta tra le risate, le morì in gola, quando lei intuì le mie intenzioni.
Io le stavo semplicemente mostrando gli indici alzati, ma lei sapeva cosa significava.
« Non provarci nemmeno, Potter!» disse lei, scuotendo la testa.

Quante volte mi aveva rivolto quella stessa frase con sguardo minaccioso, nei passati sei anni?
Quella volta non c’era traccia di minaccia nei suoi occhi, per fortuna.
Stavamo scherzando. Stavamo scherzando insieme, finalmente.

Mi avvicinai e presi a farle il solletico sui fianchi. Con l’agilità di chi è abituato ad attacchi del genere, lei sgusciò via e corse dietro un muretto, dal quale poi mi guardò.
«Vai via! Non ti avvicinare! » disse, ma il suo sguardo divertito mi invitava a fare l’esatto contrario. Le corsi incontro.
Lei cercò di fuggire,di nuovo, ma ovviamente io l’afferrai per i fianchi, sollevandola leggermente da terra.
Andiamo, credeva davvero di poter scappare?

«Potter, lasciami! » strillò,  scalciando.
Però rideva. E la sua risata cristallina mi riempiva le orecchie, scaldandomi il cuore come se fosse la mia canzone preferita.
«No che non ti lascio. Adesso che ti ho presa, non ti lascerò più. » le dissi, serio.

I suoi piedi tornarono a terra e lei si voltò verso di me.
Lessi la sorpresa, in quegli occhi smeraldo e sorrisi. La stessa sorpresa l’avevo vista qualche giorno prima, quando –come diceva lei- l’avevo convinta ad uscire con me.
I nostri sguardi restarono incatenati per qualche secondo. Non riuscivo a smettere di guardarla perché mi sembrava letteralmente impossibile che lei fosse lì, tra le mie braccia, e non stesse cercando di colpirmi con il primo oggetto contundente nelle vicinanze.

Le nostre dita si intrecciarono. Posso solo  tentare di esprimere ciò che provai a quel semplice gesto e sicuramente non riuscirei a rendere giustizia alla gioia che si mostrò attraverso il mio sorriso che, miracolosamente, era specchio del suo.

Quasi come se avesse sentito il mio bisogno di una prova tangibile di quegli istanti, un’amica di scuola con la fissa per le foto immortalò quel momento, porgendoci poi questo pezzo di carta che adesso stringo convulsamente tra le mani.
Avrei voluto che quel momento durasse per sempre.

«James! JAMES!»
Certo. Come pensare ” vorrei che Piton si lavasse i capelli”.
La voce di Peter irruppe in quel bellissimo istante come uno spillo che rompe una bolla di sapone.

«Vieni»  la sua voce preoccupata, però, mi mise in guardia.
Mi voltai verso Lily e risposi al suo sguardo confuso con uno di scuse. « Resta qui, torno subito» la rassicurai, prima di voltarmi per seguire Peter verso un vicolo buio e poco frequentato, a pochi metri da dove ci trovavamo.
Sperai di non averla offesa, ma in realtà credevo che lei avesse avvertito l’urgenza nella voce di Peter, proprio come me.

Voltammo l’angolo. Quello che riuscii a distinguere, all’inizio, fu una cupola di mantelli scuri: un manipolo di persone erano in cerchio, chine su qualcosa che si trovava in mezzo a loro.
«Forza, Mulcibier! Non avrai mica paura di colpire questa feccia? Lo sai cosa è?» una voce femminile impregnata di scherno si levò alta sopra i mormorii di approvazione e le risate.
Poi, un lamento, qualche altra battuta e , alla fine, un «Crucio!»

Qualcuno si lamentò, in preda al dolore, e la voce di quel qualcuno mi suonò spaventosamente familiare.
«Razza di bastardi!» qualcuno sbottò queste tre parole, sputando odio ad ogni sillaba.

Non era possibile…

«L’unico bastardo qui è il tuo amichetto, cugino, o almeno così supponiamo; merita comunque una lezione. Lui e anche tu.» di nuovo la donna di prima ma, questa volta, la sua voce era quasi alterata dal disgusto.

La mia mano si strinse istintivamente attorno alla bacchetta e, prima che uno di quei Mangiamorte potesse fare un’altra mossa, un raggio di luce rossa andò a colpire quello che mi stava proprio davanti che, cadendo, mi lasciò libera la visuale sugli ostaggi.

A terra, circondati da ben sette (otto, più quello Schiantato) brutti ceffi incappucciati, c’erano Sirius e Remus, Disarmati e soli.

«Ma che bravi! » sbottai a denti stretti «Otto contro due. Siete l’immagine stessa del coraggio. »
Una donna si face avanti, squadrandomi. Il suo volto era stranamente familiare; sarebbe stata anche bella, se ogni tratto del suo viso non fosse stato deformato dalla rabbia.

Accanto a me, Peter tremava.

«E tu chi sei?» domandò. Era stata lei prima ad incitare quel tale Mulcibier (che adesso giaceva supino per terra) a colpire Remus con la maledizione Cruciatus. Ed era sempre lei che aveva chiamato Sirius cugino.

Bellatrix Black.

«Sono quello che vi farà il culo a strisce se non lasciate andare Remus e Sirius. »
«Se noi siamo poco coraggiosi, tu sei uno sciocco a pensare di poterci battere da solo. Uno contro sette? Credevo che almeno sapessi contare, Potter.» mi rimbeccò subito una voce strascicata e melliflua. Del proprietario riuscivo a vedere solo il naso, che era troppo grande anche per il cappuccio da Mangiamorte : Mocciosus.

«Dovevo immaginarlo che c’eri tu dietro questa storia, Mocciosus. Adesso ti nascondi dietro i tuoi amichetti Mangiamorte per prenderti le tue piccole vendette personali?»
La risposta fu una maledizione che riuscii a scansare giusto in tempo. Mocciosus era noiosamente prevedibile a volte.

Fu come se qualcuno avesse sventolato la bandierina a scacchi del via : maledizioni iniziarono a volare da ogni direzione, ma io ero troppo concentrato sul mio bersaglio per preoccuparmi di bazzecole come uno Schiantesimo che mi mancava per un pelo di Unicorno. Vedevo solo Piton, che sembrava particolarmente intenzionato, se non a uccidermi, almeno a menomarmi gravemente. Insomma, sembrava che ce l’avesse con me, più del solito…

Il trambusto creato dagli incantesimi che, mancando i diretti obiettivi, erano andati a finire contro muri e bidoni dell’immondizia, attirò una discreta, e allarmata, folla.

«Che sta succedendo? »
«Ragazzi che state facen-- »
«Oh mio Dio! »

Non ci volle molto perché i curiosi accorsi riconoscessero le figure incappucciate per quelli che erano e, prima che qualcuno potesse chiamare rinforzi, i Mangiamorte si Smaterializzarono.
Ne restarono solo un paio: quelli che erano stati colpiti -e che quindi erano privi di conoscenza- e Piton, che fluttuava in aria a testa in giù, con le vesti che gli ricadevano verso il basso – che cosa agghiacciante!- e una pura espressione di odio stampata sul poco di viso che si riusciva a vedere. I suoi occhi vagavano ritmicamente da me a Sirius- che teneva, trionfante, la sua bacchetta- ripartendo equamente tra noi tacite promesse di vendetta.

«Un altro punto per me, Mocciosus! » lo derisi.
Lui, invece di maledirmi in tutte le lingue del mondo, cambiò espressione: guardando un punto oltre le mie spalle, sorrise.
Io mi voltai, ma non vidi nulla.
…d’altronde avevo sempre saputo che era pazzo, no?
Lo lasciai alle amorevoli cure di Sirius – che evidentemente aveva qualche nuovo conto in sospeso con il nostro amico untuoso – e tornai al muretto dove, ero sicuro, Lily mi stava ancora aspettando.
Corsi, pregustando il momento in cui le avrei raccontato l’accaduto ma, soprattutto, cercavo il modo migliore per metterla in guardia contro Piton.
Ma quando arrivai al muretto, lei non c’era più.
L’unica prova che lei era stata davvero lì, con me, era la foto, abbandonata sul selciato.
 
 
                                                                                                         ***
«Lils, va tutto bene? »
Jasmine, la mia migliore amica, mi sta scrutando con lo sguardo apprensivo che di solito le madri rivolgono ai figli.
«Certo, Mine. Va tutto bene. »
Attimo di silenzio. Questi sono i momenti in cui capisco di odiarla dal profondo del cuore: non riesco a sostenere il suo sguardo scettico, perciò decido di concentrarmi su qualcos’altro.
Toh! Guarda! Una mosca!
«Lily non dirmi balle, per piacere. Non ti riesce bene, lo sai. »
E il suo tono materno, che fa pendant con l’espressione preoccupata, mi spinge ad evitare di guardarla ancora più accuratamente.
Guarda quante stelle fuori dalla finestra!
« Non dico mai balle. Io sono la verità fatta persona. Sei tu che ti immagini le cose.»
«Lils. » ed ecco che, dalla versione mammina, passa alla versione terrorista. Il mio nome, sulla sua bocca, diventa un ultimatum « Non costringermi a torturarti.»
Questo, in linguaggio corrente, può essere tradotto con “ sto per farti il solletico fino alla morte.” Ma cos’hanno tutti contro i miei poveri, sensibili fianchi?
Non ho alcuna voglia di dibattermi come un pesce fuor d’acqua, in preda alla sua tortura, perciò mi spreco in una spiegazione.
«Pensavo. » borbotto.
«NO! E quando hai iniziato? E’ una cosa nuova! »
Alzo gli occhi al cielo. « Questa battuta è secolare, non ne hai una che il mio bisnonno non ha sentito?»
«Tu dammi una spiegazione che valga la pena di essere ascoltata, così non dovrai sorbirti battute scontate. »
Sospiro. « Qualche giorno fa ho parlato con Potter.»
Torno a guardarla, alla fine. Ogni traccia di minaccia o sentimento materno è sparita. Mi guarda con un’espressione indecifrabile.
«Perché non me l’hai detto? »
«Non era importante. »
«Se pensarci ti procura quel muso lungo, è importante, eccome! »
Sospiro di nuovo. Quasi sbuffo. Lei, con lo sguardo, mi incita ad andare avanti.
«L’altro giorno, in Biblioteca, Potter ha avuto il coraggio di chiedermi perché l’ho piantato, quella volta. »
Inutile specificare quale volta.
Onestamente, la sua reazione un po’ mi secca: nessun scandalizzato “come ha osato?” o indignato “che faccia tosta!”. Semplicemente, lei mi guarda, impassibile.
Poi, con il sorrisetto incerto di chi sa di essere sul punto di dire qualcosa che non sarà proprio gradito al suo interlocutore, dice « Lils, tu sei sicura di quello che hai visto, quella volta?»
Jasmine non si smentisce mai: cerca sempre disperatamente di vedere il buono nelle persone, soprattutto quando non è evidente. Crede ossessivamente nei fraintendimenti. Secondo me, direbbe che anche Voldemort non è così cattivo, infondo: avremo frainteso le sue intenzioni!
«Per l’ennesima volta, Mine, si, sono sicura. Potter era con me che faceva il carino – e io ci stavo cascando, lo ammetto- quando Minus è venuto a chiamarlo… »







 
«Resta qui, torno subito.» mi disse e seguì Peter Minus verso un vicolo buio, a una ventina di  metri di distanza da me. Io mi poggiai al muretto e iniziai a fissare la foto che ci aveva fatto Rosalie. Mi sorpresi a sorridere, guardando quell’immagine.

Buffo. Se qualche mese prima qualcuno avesse solo osato mettere nella stessa frase me e Potter, gli avrei come minimo urlato contro, mentre invece, in quel momento, stavo sorridendo come un’ebete davanti ad una foto di noi due insieme, al nostro primo appuntamento.
Il mondo aveva iniziato a girare al contrario, ne ero sicura, ma al momento mi andava bene così.

James era cambiato, bastava guardarlo un attimo per capirlo. Non era più convinto che il mondo ruotasse attorno a lui, era diventato una persona più…umile. O almeno così mi era parso.

Intanto i minuti passarono. Iniziai a fare mille congetture: magari si era fermato a parlare con qualcuno; magari si era perso…
Riuscii a formulare almeno un centinaio di scuse improbabili, per nascondere il fatto che, in realtà, l’espressione allarmata di Minus non mi faceva presagire niente di buono.

E alla fine, l’ipotesi peggiore, quella che avevo voluto evitare, si formulò: era successo qualcosa.
Tanto per darmi una conferma, dal vicoletto dov’erano spariti quei tutto d’un tratto si sentì provenire un fracasso di gente che urlava e di cose infrante. Quando un raggio di luce rossa superò l’angolo e andò a distruggere un bidone dell’immondizia, mi decisi ad andare a controllare.
Arrivata allo svincolo, mi affacciai leggermente per guardare.

Quello che vidi mi fece ribollire il sangue.

Potter e Black erano al centro del vicolo. Tra di loro, c’era una figura che galleggiava in aria, a testa in giù, come se fosse appesa per le caviglie. Black era tronfio quasi fino a scoppiare; Potter sorrideva, sornione, tenendo la bacchetta puntata verso l’alto.
«Un altro punto per me, Mocciosus!» esclamò.

Severus mi vide e mi lanciò uno sguardo carico di significato. Sembrava dire: “Ecco, credevi che fosse cambiato. Povera ingenua!”
Non potendo sopportare oltre, mi voltai e me ne andai, stringendo i pugni così forte da sentire le unghie conficcarsi nei palmi.

Ero stata una perfetta idiota a fidarmi di Potter. Quello non cambierà mai.

Sul muretto c’era ancora la nostra foto. Con un gesto stizzito, la gettai a terra, sperando che tutta Hogsmeade –no!- tutta l’Inghilterra ci camminasse sopra.










 


Jasmine ha ascoltato con pazienza il mio racconto. Mi sorprende che non mi mandi a quel paese: sarà la decima volta che lo sente.
«Lils, magari non ti piacerà quello che sto per dirti, ma magari hai esagerato.»
La guardo, senza capire.
«Che?»
«Lasciami finire: qualunque cosa abbia fatto Potter, a me sembra strano che all'improvviso abbia deciso di prendersela con Piton così, senza motivo.»
«L'ha sempre fatto!»
«Ma è dalla fine dell'anno scorso che non lo faceva più, Lils! »
«E allora come ti spieghi...»
«Non lo so. Penso solo che non l'abbia fatto senza una ragione. E penso anche un'altra cosa.»
«Cosa?»
«Che tu abbia esagerato a fare quello che hai fatto.»
Si alza dal letto, senza aggiungere altro, e mi lascia sola con i miei pensieri.
Per la prima volta, mi sento davvero in colpa.
Magari ha ragione lei. Magari ho esagerato.
Forse non avrei dovuto avvertire Gazza di quello scherzo idiota.
Ma, per il sinistro floscio di Merlino, Potter meritava una lezione!

















Angolino di Mills.

Salve, piccoli lettori viandanti! Non sono mai stata così veloce ad aggiornare una storia, credetemi!
Cioè, state assistendo ad un vero e proprio miracolo! *_* Neanche la scuola/esame di inglese/ impedimenti vari possono fermarmi!
...Sarà che si sta avvicinando Natale *_*

Eccoci qui con un capitolo cruciale, dunque! 
"Ieri" perchè un po' tutto è ambientato in un momento passato, rispetto alla narrazione; un rimpianto dei due protagonisti.
Che ci volete fare, a tutti capita un giorno no. 

La povera Lils è la spia. Zumzumzum.
Ma lei era in buona fede, eh. 
Insomma, capitela! Cosa avreste fatto voi al suo posto?
Per i suoi sostenitori, una spilla "La colpa è sempre di Potter" in un grazioso pacco regalo natalizio *_* Jingle beeells.

E per i sostenitori di James, invece, la maglia "Capitano tutte a me ç___ç" con un  bellissimo Babbo Natale vivo che vi canta le carole natalizie *_* We wish U a Marry Christmas *__*

Detta la solita dose di cose particolarmente beote,
ci tengo a ringraziare tutte le personcine che leggono, quelle che recensiscono pure *_*, quelle che seguono, preferiscono e ricordano. Grazie mille, guys!

Adesso vi lascio con quel bellissimo spazietto bianco alla fine di questa pagina: andate lì e lasciatemi un commentino, in nome della bontà natalizia *__*

A presto! (se la magia del Natale non si esaurisce XD)
Milla.


E se, per caso, vi state chiedendo chi sia l'autore di quella schifezza lassù in alto...
Si. Purtroppo sono io.

 

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Capitolo 6
*** Quando il mondo inizia a girare al contrario... ***


Quando il mondo inizia a girare al contrario...






Metto a posto un altro volume, senza neanche fare attenzione ai gesti che faccio. Ho riempito così tanti scaffali che ormai questi maledettissimi libri mi sembrano tutti uguali.

La Biblioteca oggi è particolarmente vuota- non che di solito sia piena, ma oggi la cosa è anche più evidente. Ci sono  soltanto un paio di anime buone che sono qui a farmi compagnia ( Jasmine! Tu, razza di amica degenere, dove sei?), chini su pesantissimi – letteralmente e in senso lato- tomi, di conseguenza c’è un silenzio quasi assoluto, il che probabilmente costituisce un motivo di folle felicità per Madama Pince, ma che rende me particolarmente nervosa.

Fortuna che c’è Potter.

Non che sia di compagnia lui, per carità, ma i suoi sospiri tristi, almeno, hanno scandito ritmicamente il mio lavoro, dandomi un’idea del tempo che passa.
Un sospiro particolarmente profondo e sconsolato, mi induce a guardare Potter che si trova accanto alla finestra, con lo sguardo perso.

Mi scappa involontariamente un piccolo sorrisetto compassionevole, prontamente cancellato dal mio viso, prima che qualcuno possa vederlo.
Infondo, non posso negare che Potter mi faccia un po’ pena -magari il mondo ha iniziato a girare al contrario- innanzi tutto perché, da quando è iniziata la punizione, lui non ha mai disobbedito all’ordine di non usare la magia. Ogni pomeriggio viene qui – con una faccia da funerale, ovviamente- impugna il suo piumino e i suoi stracci e spolvera, spazza, lava i vetri, senza alzare la bacchetta.

Ovviamente la mia parte ragionevole mi ricorda che questo suo ineccepibile comportamento potrebbe essere molto aiutato dalla mia costante – e forzata- sorveglianza, ma ciò non toglie che stiamo parlando di James Potter! Non mi risulta che una vigilanza costante abbia mai potuto impedirgli di fare quello che voleva.

In secondo luogo, sarebbe inutile negare che, malgrado Madama Pince  abbia sottoposto Potter a qualunque tipo di supplizio che fosse in suo potere imporre, lui non si è mai lamentato. Mai.
L’unica forma di protesta, se vogliamo definirla tale, sono questi sospiri regolari che si lascia scappare, quando il suo sguardo, inevitabilmente, vola oltre i vetri delle finestre, quasi a voler abbracciare tutto il mondo che c’è fuori.

Sempre la mia parte ragionevole –chiamatela coscienza, subconscio, vocina interiore, come vi pare – mi ricorda che lui merita tutto quello che sta passando.
Eppure, una strana sensazione all’altezza della bocca dello stomaco mi suggerisce che quei sospiri sono solo ed unicamente da imputare a me e non posso fare a meno di sentirmi in colpa.

Quello sguardo triste, dietro quell’espressione arrogante mi richiama alla mente le parole di Mine.

“Magari hai esagerato.”

Ma no. Io sono sicura di quello che ho visto. Potter è un montato, un tronfio, un arrogante, che se la prende con i più deboli per il gusto di farlo, perché non dovrebbe meritare questa punizione?

Con la coda dell’occhio, vedo Potter che si avvicina. Probabilmente si sarà stancato di consumare col piumino quel libro che tiene tra le mani da un’ora buona ormai e avrà deciso di dare fastidio alla sua vittima preferita: la sottoscritta.
Faccio finta di non vederlo: magari cambia idea e va  via.

«Evans? »

Certo. Come sperare che Pasqua venga di lunedì.

«Che vuoi Potter? » domando, stancamente. Lui mi piazza tra le mani il libro che ha spolverato fin ora senza troppe cerimonie.
«Questo è tuo. » spiega «Lo hai lasciato in classe, stamattina. »
Lo guardo con un sopracciglio inarcato. E’ completamente impossibile che io lasci libri in giro. Ultimamente, poi, faccio particolarmente attenzione. Non posso permettermi di perdere qualche libro con gli esami che incombono.
Eppure, sul frontespizio, campeggia il mio nome, scritto in bella grafia.
Lo ringrazio secca, cercando ancora di ripercorrere con la mente il momento in cui ho preparato la cartella, stamattina.
«Prego. » mi risponde lui, altrettanto svogliato, poi si volta e se ne va.

A questo punto, riesco a formulare solo due ipotesi: o il mondo ha davvero invertito senso di rotazione, oppure il vero Potter è stato rapito dagli alieni e quello lì è solo un clone poco preparato .
Se proprio avesse voluto spacciarsi per James Potter, avrebbe  dovuto sapere che il vero Potter avrebbe accolto qualsiasi scusa per parlare con me come una manna dal cielo.
…forse sono diventata troppo egocentrica. Insomma, perchè Potter dovrebbe avere ancora voglia di perdere tempo con me?
Forse voleva davvero solo farmi in piacere, questa volta.
Maledetto! Proprio ora che ti ho dato una lezione , tu decidi di essere gentile con me, pezzo di sterco di drago che non sei altro? Mi fai venire i sensi di colpa così!
Inevitabilmente, i suoi sospiri ripartono. Ormai ha abbandonato ogni tentativo di fingere di fare qualcosa: si limita a guardare fuori, verso un punto ben preciso.

Il campo di Quidditch.

Tra poche ore si disputerà la penultima partita del campionato, Grifondoro contro Corvonero, e sarà anche la prima partita da sette anni a cui Potter non assisterà.
Negli anni passati, infatti, anche quando era stato punito con l’espulsione momentanea dalla squadra, era sempre riuscito ad ottenere almeno il permesso di andare al campo a guardare le partite e gli allenamenti.
Questa volta, però, è diverso. Questa volta la McGranitt, che ha sempre fatto il possibile per il giocatore di Grifondoro più bravo e più spregiudicato, nulla ha potuto contro la determinazione di Gravidens, che secondo me, su questo punto di vista si è un po’ fatto condizionare dagli scarsi risultati dei suoi Serpeverde, più volte battuti grazie ai bellissimi –inutile negarlo- goal di Potter.

Impietosita, vado da lui e attiro la sua attenzione con un colpo di tosse.
Lui si volta. Si, Potter, sono anch’io sorpresa per quello che sto facendo, è inutile che mi guardi con quegli occhi strabuzzati.
«Potter, non ce la faccio a sopportarti con quel muso lungo, mi stai facendo deprimere. Per piacere, sparisci.» gli dico, con tono annoiato, sperando che prenda la mia richiesta come un atto di scortesia.
«Ma devo finire… »inizia a ribattere, ma io lo interrompo.
«A chi vuoi prendere in giro? Lo sappiamo tutti e due che non stai facendo niente. »
«Ma Madama Pince… »
«Ci parlo io con lei, basta che sparisci dalla mia vista. »
Incrocio le braccia al petto, guardandolo truce. Dopo un po’, lui mi sorride.
Ha capito il vero senso delle mie parole, probabilmente.
Perché, Merlino, lo hai reso perspicace solo in questo momento?
«Grazie, Lily. » dice e, prima che io possa controbattere, lui si volta e si precipita fuori dalla Biblioteca.
Mentre lo guardo allontanarsi, mi rendo conto di ciò che ho fatto.
Non c’è dubbio: il mondo sta girando al contrario.

 

                              ***



 
 
Lo specchio del bagno mi rimanda l’immagine del mio sorriso malefico.
E anche quella della mia chioma leonina, a dire il vero.
Dovrei seriamente fare qualcosa , tipo uno shampoo, ma sono troppo occupata a bearmi della mia malefica intelligenza per fare caso a bazzecole come dei capelli indecenti.

Dovrebbero darmi un premio per quello che ho fatto, sul serio; non solo per la velocità con cui ho elaborato e messo in pratica un piano geniale, ma anche per quanto sono stata furtiva, rapida e indifferente mentre, stamattina, toglievo il libro dalla borsa di Lily e lo lasciavo sul banco, in bellavista, in modo da essere sicura che Potter, rimasto indietro, lo vedesse.
Ora, sperando nell’intelligenza di Potter, con tutta probabilità quel libro sarà tornato tra le mani della legittima proprietaria e io avrò dato un’occasione a quei due di parlare.
Se, invece, quel libro è rimasto sul banco, mi dovrò arrendere e dare ragione a Lily quando dice che nel cranio di Potter regna incontrastata la cacca di Schiopodo.

Esco dal bagno e mi spaparanzo mollemente sul mio letto. In questi giorni sono rarissimi i momenti in cui posso stare in dormitorio a oziare beatamente, con gli esami così vicini.
Sarei anche andata in Biblioteca a fare compagnia a Lily, ma se vedo un altro libro potrei non rispondere delle mie azioni.
Spero che quella testolina rossa mi perdoni per averla lasciata sola al suo destino e soprattutto per aver dato a Potter una scusa per attaccare bottone con lei.

…magari non è proprio necessaria che sappia quest’ultima cosa. Lascerò che creda di essere così nevrotica a causa degli esami da dimenticare i libri in giro.

Sorrido. Ho preso davvero a cuore il “caso Potter”, devo ammetterlo. E’ che sono convinta che lui possa davvero essere quello giusto per Lily, ora che ha smesso di andare in giro ad appendere la gente. Lui e Lily sono più simili di quanto lei sia disposta ad credere.
Inoltre, devo confessare che anche io mi sarei divertita a torturare Piton, se non fosse stato amico di Lily.
Amico, poi! Che razza di amico è stato lui per Lily? Magari lo era prima di arrivare ad Hogwarts, ma adesso è solo un essere untuoso immerso fino alla punta di quegli schifosissimi capelli nelle Arti Oscure.

Tra l’altro, dubito che Piton abbia sempre visto Lily come una semplice amica. Solo lei sembra non volersi accorgere dell’interesse che lui ha sempre provato nei suoi confronti. Su questo punto, sembra che la mia cara testolina rossa abbia le bistecche di drago sugli occhi.
Insomma, tra Piton e Potter, io tifo per Potter.

Almeno lui non ha l’aria di uno che si è fatto il bagno nel proprio moccio; e poi, per quanto sia stato sgradevole in questi anni, Potter non si unirebbe mai a certe combriccole…

A proposito di combriccole, mi chiedo come mai il dormitorio sia così vuoto, così come la sala comune. Non che mi dispiaccia, per carità, ma di solito la torre di Grifondoro è giusto un tantino gremita ad ogni ora del giorno, invece, oggi, non c’è proprio nessuno in giro.
Questo mi dà come l’impressione di aver dimenticato qualcosa.
Oh no.
Che stupida!
La partita! Oggi c’è la semifinale! Oggi noi siamo in semifinale!
Brava, Jasmine Bennett. Sei un genio.

Mi tiro a sedere di scatto ma, nel tentativo di alzarmi dal letto un po’ troppo repentinamente, inciampo nel copriletto e finisco lunga e distesa per terra, sbattendo il naso contro il pavimento freddo.

Ho dimenticato di parare la caduta con le mani.

Sento qualcosa di caldo e appiccicaticcio bagnarmi il viso e so che è la fine: addio partita, il mio naso ha deciso di sanguinare copiosamente.
Alzo lo sguardo. Malgrado il naso dolorante e gli occhi offuscati dalle lacrime, un piccolo quadrato di carta attira la mia attenzione. Allungo la mano destra per prenderlo, mentre la sinistra è occupata ad arginare il fiume di sangue con una porzione di manica (la camicia buona! Mia madre mi ucciderà).

Quel quadratino di carta si rivela essere una foto.

E’ sicuramente una foto Babbana, perché il soggetto è assolutamente immobile.
E il soggetto in questione, cosa assai curiosa, è Sirius Black.

Solo adesso mi accorgo di essere caduta a pochi centimetri dal letto di Rosaline Gray, fotografa di Hogwarts in carica, e che la fotografia che ho in mano è solo una delle tante ammassate lì sotto.
Ne afferro qualcun’altra –sono un’ orribile ficcanaso, lo so e me ne vanto – e noto che tutte – e dico tutte- hanno lo stesso soggetto: Black.
Alcune sono addirittura incantate e quindi si vede un Black che si pavoneggia in diverse pose.

Oh no, Merlino! Abbiamo perso anche Rosaline! E’ entrata a far parte del club delle fan senza speranze di Black!
Che peccato, mi è sempre sembrata una tipa a posto, malgrado non abbiamo mai legato.
Di certo non è una tipa popolare, ma è simpatica, a suo modo. Forse il suo unico problema è che se ne sta un po’ troppo sulle sue.

Con un’analisi più accurata delle foto,  poi, noto un altro agghiacciante particolare.
Lo sfondo, che accomuna tutti gli scatti, è quello del nostro dormitorio femminile. Riconosco il mio poster di Hamish MacFarland dei Montrose Magpies : Lily gli disegnò un bel paio di baffi qualche anno fa.
Cosa diamine significa?

***



Esco dalla Biblioteca con passo svelto. Penso solo al mio obbiettivo: non il campo da Quidditch, ma l’ufficio di Gravidens.
Ovviamente mi dispiace da morire non poter neanche assistere alla partita, la mia è stata una decisione sofferta, ma devo approfittare di questo momento per parlare con lui, che sicuramente ora non sarà accerchiato dai suoi adorati Serpeverde.
Sono tanto occupato ad organizzarmi mentalmente il discorso, che neanche rifletto sul miracolo appena accaduto: Lily mi ha fatto un piacere!
Avrò tempo per ringraziarla a dovere, adesso ho altro a cui pensare.
Arrivo alla soglia dell’ufficio di Gravidens senza neanche ricordare bene il percorso che ho fatto. La porta è aperta. Busso sullo stipite.
«Che vuoi, Potter?» domanda una voce glaciale. «Non ti darò il permesso per andare alla partita, quindi fila in Biblioteca immediatamente. »
Azzardo a fare qualche passo in avanti.
«Non è per questo che sono venuto.» rispondo col tono più garbato di cui sono capace. «Volevo parlarle di Remus Lupin…»

***

 
 
Esco dalla Biblioteca con un mezzo sorrisetto in faccia.
L’influenza che esercito su Madama Pince è incredibile: non solo non ha avuto obiezioni sul fatto che abbia mandato via Potter prima dell’orario stabilito, ma ha dato il pomeriggio libero anche a me.
«Non sarebbe giusto tenerti qui, Lily cara.» ha detto.
Purtroppo, è troppo tardi per andare alla partita, quindi mi avvio verso la torre di Grifondoro. Spero di trovarvi Jasmine…magari ha dimenticato di andare al campo, non sarebbe la prima volta…
Arrivo al secondo piano. Mentre sto attraversando un corridoio, sento la voce di Gravidens urlare «E va bene, Potter, revocherò la punizione di Lupin! Ma quella di Minus no! Ho visto benissimo che vi aiutava! E adesso sparisci! »
Dall’ufficio del professore, vedo uscire un trionfante Potter che, come me, prende la via per la torre di Grifondoro.
Nel suo passo, noto una nuova baldanza; nel suo sguardo, una luce di speranza.





 




Angolino di Mills.

Ciao a tutti! Buone feste! (Anche se sono finite ormai .__.)
Dato che non ho molto tempo, non mi dilungo in commenti sul capitolo, quelli li lascio a voi.
Ci tengo solo a ringraziare, come sempre, tutti quelli che leggono, recensiscono, ricordano, preferiscono, seguono questa storia. Siete tanti, guys! Vi ringrazio! *__*
Ora, in nome delle ormai finite vacanze Natalizie, che ne dite di lasciarmi un commentino-ino-ino? *___*
Alla prossima!
Mills


 

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Capitolo 7
*** La doppia vita di uno studente scansafatiche ***


La doppia vita di uno studente scansafatiche.


 
 

I'll keep you my dirty little secret,
(Dirty little secret)
Don't tell anyone or you'll be just another regret,
(Just another regret, hope that you can keep it)
My dirty little secret.
Who has to know?



 

 
 
Il sole regna indisturbato e sereno nel cielo terso e azzurro di Giugno.
Le acque del lago riflettono pigramente la luce, accarezzando la sponda con ritmo lento.
Tutt’attorno, nel parco della scuola, c’è un silenzio ovattato.
Sarebbe tutto virtualmente perfetto, se non fosse per il fastidiosissimo rumore di pagine sfogliate che, sebbene non interrompa il suddetto silenzio, risulta particolarmente fastidioso alle mie sensibili orecchie da studente nullafacente.
Insomma, come può uno scansafatiche godersi un perfetto pomeriggio di ozio, steso sulla soffice erba del parco, se intorno a lui c’è un tale clima di maniacale studio?
«Sirius,» mi chiama Peter, timidamente. « mi fai una domanda di Trasfigurazione? »
Cosa stavo dicendo a proposito di ossessivi studenti che rovinano le pennichelle altrui?
«Per la milionesima volta, Peter, metti via quel libro. Per piacere. Non vorrei che te lo ritrovassi in posti spiacevoli. »
«Ma gli esami sono tra venti giorni! »
Mi tiro a sedere. E non potete neanche immaginare quanto mi costi aprire gli occhi alla luce accecante del sole di giugno.
«Appunto, Pete. VENTI giorni! Ho il tempo di imparare i libri a memoria. »
Peter si stringe il libro di Trasfigurazione al petto, quasi come se fosse un orsacchiotto.
Alzo gli occhi al cielo, esasperato. Sì, lui ha bisogno di studiare! Lo sappiamo!
«Che ore sono? » domando. Forse ho l’opportunità per sfuggire a questa tortura.
Lui guarda il suo orologio da taschino «Sono le quattro… »
«Perfetto. » mi alzo, battendo le mani sui pantaloni, per scrollarli dal terriccio.
Gli sorrido e lui mi guarda con aria sospettosa.

«Che c’è? » domando, alzando le spalle.
«Dove stai andando? »
 
Oh, andiamo! Cos’è quell’espressione indagatrice sul viso del più ingenuo dei  miei amici?
«Hai presente un certo Gravidens? Mi ha messo in punizione diciamo…dieci giorni fa… »
«Sirius, ti rendi conto che sei in anticipo per andare a scontare una punizione? »
«Sto cercando di migliorare! » rispondo, con una teatrale intonazione offesa «Insomma: faccio l’idiota e non vi sta bene. Faccio il bravo ragazzo e ancora non vi sta bene! Cosa dovrei fare? »
Sono un attore nato. Mi mancano solo i lucciconi agli occhi.
Malgrado la mia perfetta interpretazione, però, Peter non sembra affatto convinto.
Sbuffo, riprendendo la mia solita espressione pre-punizione, che comprende un sorriso largo da orecchio a orecchio, naturalmente.
«Ci vediamo alle sette in Sala Comune, va bene? »
Lui continua a scrutarmi. Ok, ora inizia a darmi sui nervi.
Mi volto e prendo a  camminare verso il castello, con le mani calate nelle tasche dei pantaloni.
«Scopriremo cosa stai combinando, Sirius! » esclama Peter alle mie spalle, ma io lo ignoro solennemente.
Non sto combinando niente, per la miseria!
O meglio, non sto combinando niente di male, paragonato a ciò che faccio di solito.




                                                                               ***




Ed eccomi qui, in compagnia del mio caro amico secchio e del mio inseparabile compagno strofinaccio, pronti ad un altro pomeriggio di pulizie estreme, a breve sul grande scherno.
…Esattamente non ho mai capito cosa sia un “grande scherno”, ma mi piace come suona questa frase, quando Remus la usa.
Salgo le scale del dormitorio femminile, beandomi ancora una volta di questa possibilità che mi è stata negata negli anni passati. Non posso fare a meno di sorridere, nel ripensare a quante volte questa stessa rampa si è trasformata in uno scivolo sotto i miei piedi, procurandomi altrettante cadute parecchio dolorose per il mio povero didietro.
Sul corridoio del pianerottolo si aprono sette porte. Scelgo l’ultima e, con un movimento lento, la apro, accompagnandola con la mano.

Nella stanza, seduta sul suo letto, con lo sguardo basso, fisso su un malloppo infinito di fotografie, c’è lei.

Resto per un po’ a guardarla, in silenzio, approfittando del fatto che lei è troppo assorta per accorgersi di me.
Ha i capelli sciolti. Non li porta quasi mai così: dice che non le piacciono. Invece io adoro il modo in cui il sole gioca con i suoi riccioli castani, illuminandoli di riflessi rosso scuro.
Sorride, osservando una foto con particolare attenzione. Non so quante volte gliel’ho detto, ma continuerò a ripetere che le sue labbra hanno un taglio praticamente perfetto.
Lascio il secchio per terra e mi appoggio allo stipite, sorridendo involontariamente.
Rosaline è diversa. Non somiglia alle ragazze che frequento di solito.
Non somiglia a Monique: non ha la sua stessa bellezza appariscente. Anzi, non ho mai sentito qualcuno dire che fosse bella.
Rose è…normale.

Non è alta.
Non è magrissima.
Non le piace truccarsi.
Non le piace sistemarsi i capelli.

Inizialmente la pensavo esattamente come gli altri,  poi ho fatto caso ai particolari. Piccoli dettagli come, appunto, i riflessi tra i suoi capelli sciolti, i suoi occhi scurissimi o la perfezione delle sue labbra e ho capito quanto fosse superficiale il giudizio della gente.
Ma forse, per far caso ai particolari, bisogna prendersi la briga di parlarle almeno una volta e, dato che lei è timida come una bambina, non risulta sempre facile farlo.
Lei si apre solo a chi si fa coraggio e entra prepotentemente nella sua vita, come ho fatto io.

Alza lo sguardo, mi vede, mi sorride.

«Sei in anticipo. »

Sospiro, fingendomi seccato, ma non risulto particolarmente convincente, con questo sorriso che non accenna a spegnersi.
«Perché vi sembra così strano che io sia in anticipo? »
«Forse perché questa, in teoria, è una punizione. E tu, di solito, sfuggi alle punizioni come un’anguilla. »
Si alza, si avvicina a me e mi abbraccia. Io la stringo al petto, nascondendo il viso tra i suoi capelli.
«Sai, non so perché, ma ultimamente sto rivalutando le punizioni. Non sono poi così male.  » mormoro e lei ride sommessamente, poi si allontana e torna a sedersi sul letto, invitandomi a fare altrettanto.
E’ così, grazie a questa punizione, che riusciamo a passare almeno una parte del pomeriggio insieme, fin quando non inizia davvero la tortura.

Perchè possiamo incontrarci solo nel deserto dormitorio femminile?
Perché io, teoricamente, sto ancora con Monique.
Da quanto va avanti questa storia?
Dall’inizio dell’anno.
Perché non ho ancora lasciato Monique?
…c’è una domanda di riserva?

Di solito, a questo punto del nostro “appuntamento” iniziamo a scherzare, giocare con la macchina fotografica o semplicemente a parlare di come abbiamo passato la giornata, ma lei ha un’espressione che non mi piace per niente.
Vuole dire qualcosa, ma probabilmente non sa bene come.
Le lancio uno sguardo di incoraggiamento, sperando che questo basti a spingerla a parlare. Odio stare sulle spine.
«Che c’è, Rose? » domando, alla fine, notando che lei ha iniziato a mordicchiarsi il labbro inferiore.
«Sir, non voglio rivangare un discorso già trito e ritrito, » comincia, assumendo un tono deciso che stride con il suo atteggiamento di poco prima.  «ma credo che sia arrivato il momento di affrontare la questione: cosa hai intenzione di fare con Monique? »
Ecco qua, lo sapevo.
Quest’ abilità di porre esattamente la domanda che mette in difficoltà il suo interlocutore, la renderebbe un’ottima professoressa.

«Non lo so, Rose. » rispondo, evitando il suo sguardo.
Lei, al contrario, cerca di guardarmi negli occhi. «Sirius, è quasi un anno che non lo sai… » mi fa notare, con tono dolce.
Una delle tante qualità di Rose – a parte quella di metterti in difficoltà con domande scomode- è quella di essere utopicamente altruista. Ecco il perché di questa sua calma stoica: lei lo sta facendo per il bene di Monique, mica perché le dà fastidio che possa incontrarmi solo di nascosto.
 «Non è giusto che continui a ingannarla. » aggiunge, sempre con la stessa dolcezza.
Come volevasi dimostrare.

Mi faccio coraggio e punto lo sguardo nel suo. Non c’è traccia di accusa, di frustrazione nei suoi  occhi,esattamente come mi aspettavo e la cosa, paradossalmente, mi fa sentire anche peggio.
«Non possiamo andare avanti così. » continua lei, con un sorriso amaro. «Forse sarebbe il caso di smetterla… »
Scuoto la testa, senza esprimere a voce il mio disappunto.
«Allora cerca di parlare con Monique. Mi spiace, Sir, ma non ci vedremo finchè non l’avrai lasciata. » conclude con un tono leggermente più duro. Forse non è del tutto vero che lo sta facendo solo per Monique.
«Non mi hai sempre detto che non ti piace fare la “fidanzatina gelosa”?  » la punzecchio.
Lei mi guarda malissimo. Per le mutande di Merlino, non mi aveva mai lanciato un’occhiata del genere!
La questione è seria.
«Non sto facendo la “fidanzatina gelosa”, Sirius. Non ti sto neanche obbligando a fare una scelta. Cerco soltanto di costringerti a fare la cosa giusta, visto che tu non avrai il coraggio di farlo, finché le cose andranno così bene per te. »
Nasconde le foto – che, per inciso, sono quasi tutte mie. Non per vantarmi, ma sono un modello meraviglioso – sotto il letto e si alza, fronteggiandomi con le mani ai fianchi.

«Vado al lago a studiare, Sirius. » dice, calma. Afferra la sua borsa, abbandonata ai piedi del comodino e se la appende alla spalla. «Vienimi a cercare solo quando avrai preso una decisione. Intanto, pulisci. Questi dormitori sono un porcile. »
Si china per lasciarmi un bacio sulla fronte, poi esce dal dormitorio, legandosi i capelli in una crocchia morbida sulla nuca.

E così resto solo, nel dormitorio femminile.
Solo con il mio caro amico secchio e il mio inseparabile compagno straccio.
Solo, con una terribile morsa che mi stringe lo stomaco.





                                                                                   ***




 
Ok, non deve essere troppo difficile.
“Monique, mi dispiace, ma non possiamo più stare insieme.” Ecco cosa le dirò.
Sarò diretto, conciso.
Sarà come togliersi un cerotto.
Lei farà un po’ di piagnistei, sicuramente. Io le poggerò una mano sulla spalla, senza concederle contatti troppo amichevoli, in modo da rendere il distacco più semplice.
Le dirò che è stato bellissimo stare con lei, ma che ora ho bisogno di passare un po’ di tempo da solo.
Rose non potrà biasimarmi per aver detto una piccola bugia. Non posso mica dire a Monique che la sto lasciando per un’altra ragazza! Non sono così cattivo.
E’ circa un quarto d’ora che sto osservando lo schienale della poltrona più appartata della sala comune, quella vicino alla finestra, dov’è seduta Monique, cercando le parole giuste da dirle.
Non posso più aspettare.
Prendo un gran respiro, mi faccio coraggio e vado verso di lei.
Avvicinandomi, inizio ad avvertire dei singhiozzi soffocati.

Monique sta piangendo.

Tiene il volto coperto dalle mani, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia. Le sue spalle si alzano e si abbassano con ritmo irregolare, scosse dai singulti.
Le poggio una mano sulla testa, accarezzandole i riccioli biondi, stranamente cadenti, e lei alza lo sguardo. Quegli occhi verdi, di solito così allegri, sono arrossati e pieni di lacrime.
E’ come ricevere un pugno in pieno stomaco.
Non è possibile che sappia…
«Ehi, piccola. » mormoro, con tono rassicurante «cosa è successo? »
Lei scuote la testa. I singhiozzi le impediscono di parlare regolarmente.
Mi indica un pezzo di carta stropicciato, ai suoi piedi.
Lo prendo e lo spiego. E’ una lettera.



Gentile sig.na Martin,
Il personale medico del San Mungo esprime tutto il suo cordoglio nell’informarla che i suoi genitori sono deceduti alle 17,13 di questo pomeriggio. Sono stati trovati gravemente feriti nel vostro domicilio. Non è stato possibile in alcun modo salvarli.
Sentite condoglianze.
Cyrus Lutor, responsabile del Reparto di Lesioni da Incantesimo dell’ospedale San Mungo.





«Oh, mio Dio. » borbotto, a mezza voce, sconvolto.
Monique singhiozza più forte, quasi a sottolineare la mia reazione.
«M-mi dispiace. » non trovo niente di più intelligente da dire, forse perché, in situazioni del genere, le parole, intelligenti o stupide che siano, non servono a nulla.
Lascio scivolare la mano sulla sua spalla. Lei non mi respinge, quindi mi azzardo ad abbracciarla, poggiando il mento sulla sua nuca e iniziando a cullarla dolcemente.
Dopo qualche minuto, lei ricambia la stretta, aggrappandosi alla mia camicia.
Le accarezzo i capelli con gesti lenti, tentando in tutti i modi di tranquillizzarla, ma le lacrime non accennano a diminuire.
Non so dire per quanto restiamo così, abbracciati.
Non ho quantificato il tempo che lei ha passato a piangere. So solo che, quando alza la testa e mi guarda, non piange più, forse solo perché ha finito le lacrime.
Il suo viso è ancora stravolto da un’espressione di puro dolore che è talmente forte da arrivare fino a me, stringendomi il cuore fino quasi a farlo battere a fatica.
Quello sguardo, arrossato e disperato è una supplica.
Mi sta pregando di restare con lei. Non solo fisicamente, per questa sera o per i giorni, terribili, che l’aspettano.
 Mi sta chiedendo di non lasciarla sola.

Sono l’ultima persona al mondo che le resta.
 

 
 







Angolino di Mills.

Salve, gente.
Lo so che sono orribilmente in ritardo. Lo so.
Lasciate che dia la colpa, per l’ennesima volta, alla scuola. Tutti ti dicono quanto sarà duro in quinto anno, ma nessuno ci crede veramente finchè non si ritrova immerso fino alla punta dei capelli in compiti, interrogazioni, professori idioti che non sanno fare il loro lavoro.
E, tanto per completare il quadretto, sono stata colpita dal blocco dello pseudo-scrittore, il che mi ha portato a iniziare questo capitolo per ben sette-otto volte, su fogli diversi, con diverse impostazioni.
Alla fine, fortunatamente, sono riuscita a costringermi a scrivere quest’ennesima schifezza, che non mi piace per niente. Il mio povero Sirius meritava un capitolo molto, molto più bello ç__ç  scusa, canide.
Insomma, questo è il capitolo in cui si scoprono le sue macchinazioni u.u non è giusto che sia così orribile. Ma si dovrà accontentare.
Colgo l’occasione per ringraziare, come sempre, le personcine dolci e buone che
leggono(e, in particolare, quelle che recensiscono pure *_*), preferiscono, seguono e ricordano questa storia. <3

Si apre lo shipping! Sei
team Rose o team Monique?
*__* A breve le magliette personalizzate, gente!
Nel frattempo, che ne dite di lasciarmi un commentino? *_* Mi farete affrontare meglio questi dannatissimi giorni prima della luunga pausa.
(PartoperLondra PartoperLondra PartoperLondra PartoperLondra! *________*)
Alla prossima *O*

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Capitolo 8
*** Confessioni da dimenticare, ricordi da buttare ***


Confessioni da dimenticare, ricordi da buttare.











Sfoglio svogliatamente il libro di Pozione, conscio del fatto che gli esami incombono sulla mia bellissima e sciagurata testolina, ma nessuna di queste interessantissime nozioni sul Distillato della Morte Vivente sembra intenzionata a stamparsi nel mio cervello.
Sto leggendo la stessa pagina da un quarto d’ora, ormai, ma il significato delle parole mi sfugge.

…mi farò bocciare, di questo passo.

Mi arrendo. Chiudo il libro con uno schiocco.
E’ inutile, non riuscirò mai a studiare : ho troppi pensieri per la testa.
Non ho ancora ricevuto notizie da Remus. Non mi aspettavo certo che venisse a ringraziarmi in lacrime lodandomi per il mio buon cuore (… forse si. Ma sono dettagli) . Speravo solo che sarebbe venuto almeno a dirmi che Gravidens aveva revocato la sua punizione e che, nell’euforia del momento (magari con l’aiuto di un bel faccino da cerbiatto, che non guasta mai) mi avrebbe perdonato.

Invece sono passati due giorni e lui continua a evitarmi come se mi facessi lo shampoo con le Caccabombe.
Come se non bastasse, tra due giorni ci sarà la luna piena, l’ultima prima degli esami, e io non so come comportarmi.
Mi vorrà con lui, quella notte?
E il giorno dopo, quando sarà in catalessi sul solito lettino dell’Infermeria, si aspetterà di vedermi al suo capezzale?

La questione mi sta ossessionando al punto che  non riesco nemmeno a pensare che c’è Lily, seduta proprio nella poltrona accanto alla mia.
E’ lei ad attirare la mia attenzione con una battutina di quelle simpatiche come un’ascessi al dente: «Sei riuscito a decifrare il significato della riga che stai leggendo da un’ora, Potter? »
La guardo. « I miei neuroni si rifiutano di assimilare questa roba. » le rispondo, rivolgendole uno sguardo incuriosito.
«Potter, tu  non hai neuroni, è questo il problema. »  Ribatte, senza staccare lo sguardo dal suo libro. «Mi sembra di avertelo già detto. »
«Si, stai diventando noiosa e ripetitiva, Evans. »  Sospiro. La mancanza di convinzione nel tono della mia voce rende la frecciatina completamente priva di effetto.
Lei alza lo sguardo. «Sei tu che sei tardo e mi costringi a ripetere le cose. » Anche lei mi punzecchia con voce atona, senza una vera intenzione di colpire.
Le rivolgo un sorrisetto, giusto per farle capire che non ho proprio voglia di battibeccare.

Evidentemente non afferra il concetto perché, sbuffando, chiude il libro e si rivolge verso di me.
«Qual è il problema, Potter? »
Assottiglio lo sguardo, squadrandola con aria sospettosa.
«Perché ti interessa? »
«Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda. »
Continuo a scrutarla; lei sbuffa per l’ennesima volta, alzando gli occhi al cielo, esasperata.
«Quando hai un problema, tu sospiri, sei musone…diventi pesante! »spiega, gesticolando con le mani. «Chi ti sta attorno non può ignorare il tuo malumore. »  Sospira, appoggiandosi allo schienale. « Quindi, sfogati. Io farò finta di ascoltarti.»

Sorrido, passandomi una mano tra i capelli. « E’ la seconda volta che mi fai un favore, Evans… »
Lei mi interrompe, con un gesto perentorio della mano «Lo so. Ma potrei cambiare idea molto facilmente, quindi vedi di sbrigarti. »
I suoi modi fintamente acidi mi indurrebbero a prenderla in giro, ma trattengo le risa e cerco di concentrarmi sulle parole da dirle.
Le sono troppo grato per non approfittare di questo momento.
«E’ per Remus. » inizio a spiegare. La sua maschera cinica cade, scoprendo un’espressione di sincero interessamento «Non mi parla. »
«E’ arrabbiato, ovviamente.  » mi fa notare. Mi sorprendo nel constatare che non c’è traccia di accusa nel suo tono di voce.
«Lo so, » riprendo, alzando gli occhi al cielo. «Ma non ne ha più motivo! Ho sistemato tutti: Gravidens non lo punirà. »
Incoraggiato il suo sguardo incuriosito, le racconto della mia discussione col professore di qualche giorno fa.
«L’ho assillato fino alla morte, perché non punisse Remus.Alla fine – MOOLTO alla fine- ha acconsentito a trasferire la punizione di Remus su di me. » concludo, con un impeto di orgoglio.

Non è stato facile convincere PeloViola.

Lily spalanca gli occhi, sorpresa. «Ti sei accollato la sua punizione? » domanda, come se non avesse sentito bene.
Alzo le spalle. Insomma! Perché questo tono sorpreso? Mi ferisce che mi creda un tale insensibile!
«Sì. Infondo, era il minimo che potessi fare. Lui non c’entrava nulla. »
Lily mi sorride.
Cioè, Lily Evans mi sta sorridendo!
Erano mesi che non succedeva. Avevo quasi dimenticato quanto fosse bello il suo sorriso.
«Hai ragione, era il minimo che tu potessi fare. »  mi dice, senza riuscire a dissimulare una nota d’ammirazione.

Il fatto che Lily Evans sia ammirata per qualcosa che ho fatto non può che essere il segno di  un’astrusa congiunzione di astri che induce il mondo a girare al contrario.
Oppure, più semplicemente, sto sognando.
Oppure, con più probabilità, Remus mi ha ucciso nel sonno ( libera interpretazione sul come) e questo è il Paradiso.










 

***








 

 

Con un leggero sfrigolio, un’altra foto atterra nel cestino, sulla cima del mucchietto che già giace lì dentro.
E non sarà l’ultima.
 
Riuscirò a gettarle tutte, forse, ma per il momento, ogni volta che prendo uno di questi pezzi di carta, decisa a disfarmene, lascio che questo indugi tra le mie dita e, prima che effettivamente riesca a cestinarlo, passano almeno dieci minuti.
Ognuna di queste immagini e un pezzo di un puzzle che, ricomposto, rappresenta uno dei periodi più felici della mia vita.
Provo quasi un dolore fisico, al pensiero che sia tutto finito..
E lui, prepotente protagonista della mia felicità come di ogni mio scatto, adesso deve finire nel cestino,  con tutti i miei ricordi legati a questi ultimi mesi, fatti di momenti rubati.
Sarebbe una tortura per me conservare queste foto.
 
I genitori di Monique sono morti.
 
Una notizia così intima e privata, naturalmente, non poteva non fare il giro di Hogwarts nel giro di un decimo di secondo, passando di bocca in bocca, infarcita di falsi “mi dispiace!” e ipocriti “poverina!”
E il fatto che Jean e Nicole Martin fossero due famosissimi Auror, non ha giovato al mantenimento del segreto: la loro morte è stata interpretata come il segno che il Lato Oscuro si sta muovendo, mettendo in agitazione tutto il Mondo Magico.
Mi sento tremendamente egoista a pensare che a me, al momento, del Mondo Magico, non m’importa un fico secco.
La morte dei Martin, per me, significa semplicemente che io devo rinunciare a Sirius.

Lui deve scegliere Monique.
E se mai non lo facesse, io stessa lo prenderei a randellate, fino a fargli cambiare idea.
E’ finita.
Devo farmene una ragione.
Passano altri dieci minuti. Un’altra foto finisce nel cestino.
La successiva mi fa venire un tuffo al cuore.
Non c’è Sirius in questa foto.
C’è una rosa. Una rosa rossa.
Ricordo perché scattai questa foto: non volevo che il ricordo di ciò che quella rosa simboleggiava appassisse insieme a lei, senza lasciare traccia.
Volevo che quel momento restasse impresso nel tempo.









 



 

Era il 13 febbraio. Io e Sirius eravamo ancora una sorta di pseudo- amici.
E’ vero: sempre più spesso, lui si avvicinava a me con una frase banale sul tempo o con qualche improbabile richiesta di chiarimenti sull’ultima lezione, ma non ho capito subito cosa significasse tutto ciò.
In effetti, ci ho messo un po’ a metabolizzare il fatto che Sirius Black cercasse di attaccare bottone con me.
Quel 13 febbraio, ero sola, come al solito, seduta su una panca in pietra viva, nel parco, sotto un salice.
Leggevo.
In realtà, però, non ero affatto sola.
«Ciao. »  La voce di Sirius mi fecesobbalzare. «Come va? »
Sorrideva, allegro, nonostante gli stessi lanciando la peggiore occhiataccia che avessi in repertorio.
«Andava bene fino a cinque secondi fa, prima che rischiassi un infarto. » risposi, cercando di fare in modo che fosse chiaro come il sole che stavo per mollargli uno di quegli schiaffi che lasciano il segno.

«Uh, come sei esagerata! » mi sbeffeggiò, alzando gli occhi al cielo.
Subito dopo, però, mi rivolse un sorriso dolce.
La mia minaccia sottointesa era andata a segno, evidentemente.
«Cosa vuoi, di preciso? » domandai, in tono piuttosto acido.
 «Quanta scortesia! Ti ha morso una tarantola, oggi? » continuò a scherzare. Io cercavo di reprimere la voglia di prenderlo a capocciate.
Ero piuttosto irritabile e nervosa, quel giorno, e lo sapevo, ma non mi andava di ammetterlo, perciò chiunque si permettesse di farmelo notare, entrava automaticamente nella mia lista nera.
E Sirius Black si era appena guadagnato  i primi tre posti.
«No. » risposi tra i denti «Ma tra un po’ io mordo te.»
Lo sentii deglutire, ma il suo sorriso non scomparve.
«C’è qualcosa che non va? » mi domandò.
Non me ne accorsi subito, ma era sinceramente interessato ad avere una risposta.
Scossi la testa un po’ troppo vigorosamente, ma, fortunatamente, lui non indagò oltre.
Allora, presi in considerazione l’idea che forse non era stata una sfortuna che lui mi fosse venuto vicino. Forse sarebbe riuscito a distrarmi …
«Va bene, come vuoi. » desistette, con un’alzata di spalle  «Allora ne approfitto per chiederti un consiglio. »

Sospirai. «Dimmi. »
«Mi servirebbe un’idea originale e facile da realizzare per un regalo di S. Valentino. » disse, grattandosi dietro la nuca, con aria imbarazzata. «Mi è … passato di mente. Ma immagino che Monique si aspetti un regalo, perciò… »
Alzai gli occhi al cielo, chiedendomi quale atroce assassinio ho dovuto commettere nella mia vita precedente per meritarmi tutto ciò.
«Non ne ho idea, Sirius. » risposi, seccata.
Lui mi fissò per qualche secondo, come se cercasse di interpretare le mie parole.
«Facciamo così: dimmi cosa hai ricevuto l’anno scorso. »  disse, d’un tratto.
«Niente. » risposi, troppo in fretta.
Con uno sguardo cercai di fargli capire che non doveva insistere.
Ma Sirius Black, quel giorno, si dimostrò recettivo come una talpa sorda.

«Ma che razza di maleducato, il tuo ragazzo! » esclamò, fingendosi indignato. Era un modo per chiedermi spiegazioni.
Sbuffai. «Non avevo un ragazzo, l’anno scorso. » spiegai con tono cantilenante di chi dice qualcosa che dovrebbe essere scontato per il proprio interlocutore.
Cercavo in tutti i modi di fargli capire che non era un argomento di cui parlavo volentieri … ma niente. Sirius Black, quel giorno, era ottuso come un Vermicolo.
«E quest’ anno cosa ti piacerebbe ricevere? O cosa pensi che riceverai? Su! Mi serve un’idea! »
Mi alzai di scatto, fronteggiandolo.

«Niente. Niente. Niente! » risposi, stizzita

Lui, che si era leggermente ritratto sulla panca, mi guardò con aria incuriosita.
Abbassai lo sguardo e il tono di voce.
«Non ho mai ricevuto niente per San Valentino. »
Senza riuscire a guardarlo in faccia, mi voltai e me ne andai, con il mio libro stretto convulsamente sul petto.
 
La mattina dopo, a colazione, al momento della consegna della posta, ero già rassegnata a essere una di quelle che avrebbero dovuto ignorare, in silenzio e con santa pazienza, le urla isteriche delle Valentine che ricevevano i loro insulsi regali , senza aspettarsi nulla.
Poi, mentre ero concentrata sul mio porridge, una civetta mi beccò, forte, sulla mano.
Mentre imprecavo, capii che quel volatile maledetto era lì, davanti a me, perché doveva consegnarmi qualcosa.
Aveva una rosa – quella rosa- legata ad una zampa.
Non c’erano bigliettini, non un solo pezzo di pergamena che mi facesse capire chi fosse il mittente, ma non fu difficile capirlo, comunque.
Sirius Black si sporgeva continuamente dal suo posto per guardarmi …













Passano quindici minuti. Un’altra foto finisce nel cestino…









 

***









 

«… e ti ricordi quando abbiamo incantato la gatta di Gazza? »
«E’ stata una cosa davvero infantile! Ha abbaiato per settimane! »
«Sarà anche stato infantile, ma nessuno le ha fatto un contro incantesimo, neanche Silente… »
Lo sguardo di rimprovero che mi lancia Lily è completamente rovinato dal sorriso che riesco a strapparle.
E non me lo sto immaginando!
Stiamo chiacchierando da quasi un’ora senza scannarci.
Siamo riusciti a scherzare insieme, di nuovo.
E’ assurdo!

All’improvviso, lei cambia bruscamente discorso:
«Perché devi rovinare sempre tutto? »
E’ una domanda retorica, pronunciata con la forza della frustrazione.
La guardo, piuttosto confuso. Il suo sguardo mi trapassa da parte a parte.
«Anche quella sera avevamo parlato e scherzato così, ricordi? » spiega, continuando a rimproverarmi implicitamente, come se io dovessi sapere dove vuole andare a parare.
…ah! Quella sera.

«Era andato tutto bene! » continua lei, con la fronte aggrottata «Perché hai dovuto rovinare tutto? »
Mi raddrizzo sulla poltrona. «Io?! »  la aggredisco, irritato «Sei tu che sei sparita senza darmi una spiegazione! »
Vedo le sue mani stringersi convulsamente attorno ai braccioli, come se volesse staccarli dal resto della poltrona.
«Cosa c’era da spiegare? » sibila, tra i denti. Lo sforzo di controllare il tono è evidente nel tremolio della sua voce. «  Se rifletti su cosa hai fatto, potresti arrivarci da solo.»

Sbuffo. «Lily, hai visto anche tu con quale faccia mi ha chiamato Peter. Non potevo non andare con lui, era un’emergenza… » cerco di spiegarmi –nonostante credessi che questo punto fosse chiaro – ma lei mi interrompe, come suo solito, con un gesto della mano.
Mi viene quasi voglia di staccargliela.

«Trovare Severus indifeso e facile bersaglio da quando si chiama “emergenza”? »
Finalmente, capisco.
Ha visto.
Ma è arrivata al momento sbagliato.
Mi calmo. E’ solo un enorme malinteso, infondo.

Prima che io possa spiegarmi, però, lei riprende, rivolgendomi un sorrisetto distorto:
«Non devi sorprenderti se poi tutto ti si ritorce contro … » il suo tono è strano, colmo di sottointesi.
Un riflesso involontario del mio cervello mi porta a fare un collegamento completamente improbabile che si insinua prepotentemente nei miei pensieri come un atroce dubbio.
Non è possibile.
Sperando con tutto me stesso in una risposta negativa, mi schiarisco la voce con un colpo di tosse e chiedo, del tutto calmo e pacato:  «Sei stata tu a portare la spia a Gazza? »
Sorride, di nuovo, un sorrisetto strano, privo di allegria, che rende il suo volto una maschera sardonica.


«Sì. »
 

Questa semplice sillaba risuona nella mia testa come un colpo di cannone.
Mi alzo di scatto, furente.
Senza accorgermene, stringo i pugni fino a conficcarmi le unghie nei palmi, ma non sento il dolore.
Dentro di me, qualcosa è stato raschiato via da unghie ben più affilate delle mie.
Reprimo la voglia di prendere a calci qualcosa e guardo lei, aspettando.
Aspetto che mi dica qualcosa. Aspetto che si giustifichi.
Aspetto che salvi il salvabile.
Ma la verità è che non c’è niente da salvare.

Quella che sto guardando non può essere la mia Lily.
Questa qui è solo una persona crudele che si è divertita a torturarmi solo per qualcosa che crede che io abbia fatto.
Questa persona non ha fiducia in me.
Perché ho perso tutto questo tempo con lei?

E’ troppo.

Mi volto ed esco, senza dire una parola.
Non vado in un luogo preciso.
Voglio solo uscire.
 












Angolo straordinariamente piccolo di Mills.
Salve. 
Vi sto parlando dal mio rifugio anti-bomba atomica perchè c'è qualcuno - ogni riferimento a fatti e persone e casualmente voluto- che è molto arrabbiato per il mio, inqualificabile ritardo.
Gente, non è colpa mia. E' che questo capitolo davvero non voleva saperne di venire fuori decente.
Infatti, è orribile.
Però non potevo non pubblicarlo - nonostante l'orario improponibile- altrimenti non l'avrei fatto più.

Passiamo alla parte più bella del mio angolino, ora: i
ringraziamenti *_*
Ringrazio le  carissime personcine che
leggono,
(a quelle che
recensiscono pure va la gloria eterna, naturalmente)
quelle che
preferiscono,
quelle che
ricordano
e quelle che
seguono.

Ora, in nome dello spirito Pasquale (?), mi lascereste un commentino a questo capitolo? (Povero, già è stato soprannominato il "capitolo-prostituta", poi gli ho detto che è orribile, risollevategli un po' il morale, su *w*)

Vi lascio la
buona notte! (Prima che la quantità di stupidaggini aumenti ancora.)
(*Nota per Milla: non postare nulla su EFP dopo le dieci di sera*)

 

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