Colin's Legacy di SakiJune (/viewuser.php?uid=25189)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** capitolo 1 ***
C'era un gran mucchio di fotografie sul tavolo, e un biglietto
stropicciato a terra.
Harry aveva lasciato la finestra aperta, ma aveva cominciato a piovere
di stravento e le tende cominciavano a bagnarsi.
- Dennis dovrebbe avere un po' più cura del suo gufo. Era
troppo carico, quel poveretto.
Ginny raccolse il foglietto e impallidì un poco.
- Te le ha mandate tutte? Tutte le foto di sei anni di scuola?
- No, non credo - rispose Harry, trasognato. - Solo quelle che aveva
scattato a me.
- Ci sono anch'io. Quant'ero... ridicola!
Sentivano Molly chiamarli per la cena, ma vagamente, come un'eco
lontana. I ricordi sembravano ad entrambi più vivi della
realtà.
- Gin. - Fu un sussurro.
Lei continuava a guardare il suo viso di tanti anni prima, mentre la
malinconia l'avvolgeva. L'indomani sarebbe tornata a Hogwarts, senza di
lui, senza Ron...
- Ma io ti piacevo solo perché... insomma, perché
ero quello che ero?
Prima di rispondere, Ginny ci pensò attentamente. Doveva
essere sincera con lui, sempre.
- Sì, una volta era così. Eri una leggenda, no?
Ed eri carino.
- E adesso?
Percy entrò nella stanza, e lei sobbalzò. Forse
non si sarebbe mai abituata a vederlo girare di nuovo per casa.
Continuava a ripetersi di averlo perdonato, ma una certa irritazione
era rimasta.
- Ehi, sta entrando la pioggia!
Silenzio. Imbarazzo.
- Beh, non scendete? E' un'ora che mamma si sgola.
Già, ed erano due anni che non si dava pace per colpa tua,
pensò Ginny d'istinto, stringendo i pugni senza
accorgersene. Percy colse l'atmosfera ostile e se ne tornò
da dove era venuto.
Harry aspettava ancora una risposta.
- E adesso perché stai con me?
Ginny posò la testa sulle sue gambe. Non sapeva che dire,
non esisteva una risposta semplice. Con un gesto naturale, lui le
accarezzò i capelli, poi voltò il biglietto e
scrisse una risposta.
Mi dispiace.
Lei si alzò e andò ad aprire la gabbia di Pig.
Ron non si sarebbe arrabbiato. Quando il gufo ebbe spiccato il volo dal
davanzale con il messaggio, finalmente chiuse la finestra e
trovò le parole.
- Sto con te perché non ti vergogni di piangere, e
perché non sei sempre sicuro di te.
Harry scosse la testa, no che non stava piangendo. Ma non poteva
dirglielo, perché la gola gli si era stretta
all'improvviso...
- E perché non sei più una persona leggendaria,
per me. Credo di aver cominciato ad amarti veramente solo quando ho
capito quanto fossi vero.
Per un istante gli sembrò ancora di più di non
riuscire a respirare.
Lui non l'ha mai capito invece. Che avrei voluto essere una persona
normale. Non un eroe per il quale morire.
Raccolse le fotografie e le rimise nel pacco, che mise in mano a Ginny:
- Tienile tu. Non ho saputo essergli amico... né convincerlo
a non idealizzarmi. Ora è troppo tardi.
- Ma non è troppo tardi per noi.
Non si accorse delle lacrime che gli scorrevano sulle guance, mentre la
stringeva forte al petto e quel nodo alla gola si scioglieva pian
piano. - Siamo solo all'inizio.
Pioveva ancora. Ma le tende umide ora nascondevano il cielo cupo e le
gocce che battevano contro il vetro erano piacevoli da ascoltare. Come
il presentimento di una felicità sempre più
vicina.
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Capitolo 2 *** capitolo 2 ***
Finalmente scesero a cena. Molly non strillò e
non
strepitò, anzi non li guardò neppure. L'atmosfera
era
tesa, e fredda quanto il cibo che masticavano lentamente, controvoglia.
Ginny era invariabilmente seduta di fronte a Percy. Non si capiva se
quello fosse il posto che occupava da sempre, oppure se volesse
autoinfliggersi quella tortura. Ma scavando nei ricordi, Harry ebbe un
brivido. Certo che Ginny si era sempre seduta lì: ma prima, quando
alzava gli occhi, c'era Fred a sorriderle dall'altra parte del tavolo.
Il poco di appetito che aveva gli passò subito; le settimane
erano diventate mesi ma ancora quella voce dentro di lui non si placava.
Mi dispiace, mi dispiace.
L'avrebbe scritto su tutti i muri di Hogsmeade e Diagon Alley,
l'avrebbe urlato con un Sonorus per farlo echeggiare per le stanze del
Ministero, e ancora non sarebbe bastato a placare quell'assurdo senso
di colpa.
Assurdo, sì. Mentre ancora le pagine dei giornali lo
acclamavano, alla vigilia dell'inizio del suo addestramento come
Auror... ecco, anche quello era un problema. Non aveva mai pensato di
dover separarsi dai suoi amici per così tanto tempo.
- Ottimo, grazie. Scusate. - Con la coda dell'occhio aveva visto Ron
sparire per le scale. Lo seguì e si chiuse la porta alle
spalle,
facendolo scattare dalla sorpresa.
- Scusa... domani è il gran giorno per me, ecco. Potremmo
avere poche occasioni di parlare per un po'.
Ron temette che gli proponesse per l'ennesima volta di unirsi a lui, ma
la proposta non ci fu. Harry aveva riflettuto anche su questo: George
aveva davvero
bisogno, al negozio... e non solo -
- Io faccio sul serio con Ginny. Volevo che lo sapessi.
- Sicuro. - Ron alzò le spalle. - Adesso è tutto
diverso, io... ho fiducia in te.
Si abbracciarono. Harry pensò che invece non cambiava nulla,
erano proprio le aspettative che gli altri avevano da lui a farlo
sentire a disagio. Desiderava avere soltanto la
responsabilità
della propria vita, ora. Non quella del mondo intero, non
più,
era stanco.
Ma diventare un Auror avrebbe ugualmente significato disciplina, senso
del dovere e sangue freddo. Per un istante invidiò Neville,
che
avrebbe iniziato il suo tirocinio come assistente della professoressa
Sprout... ecco, un lavoro tranquillo e rilassante...
Scosse la testa. Desiderava
mettersi al servizio del nuovo Ministero, i progetti di Kingsley erano
carichi di ottime promesse ed era fiero del cammino che avrebbe
intrapreso.
Non riuscì ad addormentarsi, e non ne fu sorpreso. Per un
po'
rimase sdraiato con gli occhi al soffitto, ascoltando il respiro
regolare di Ron e la pioggia che non aveva smesso di scendere. Poi
decise di andarsi a prendere un bicchiere di latte, d'altronde aveva
mangiato pochissimo.
Scese in cucina senza far rumore... e si accorse che qualcun altro
aveva avuto la sua stessa idea.
Qualcun'altra.
Ginny era seduta al tavolo, sorseggiando un succo di zucca. Aveva la
bacchetta accesa e dapprincipio Harry credette che stesse leggendo.
La luce le creava delle ombre sul viso e notò che i suoi
occhi erano lucidi.
- Gin? Anche tu non riesci a dormire?
Non sembrò stupita del suo arrivo, gli parve quasi che lo
stesse
aspettando. Ma notò che le si erano colorite le guance.
Prese una sedia e si avvicinò.
- E' una foto di quelle che ha mandato Dennis?
Ginny scosse la testa. - La scattai io, a una riunione del club di
Incantesimi. Ci ero andata perché Vicky Frobisher mi aveva
chiesto...
Harry gliela strappò di mano, senza pensarci. Tenne gli
occhi fissi su quel viso sorridente molto, molto a lungo.
E comprese.
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Capitolo 3 *** capitolo 3 ***
Colin non si era mai pentito della sua scelta di combattere, nemmeno in
punto di morte.
Quel sorriso non si era mai trasformato in sospetto e malizia, era
rimasto innocente fino alla fine... ma non incosciente, no.
Tutti loro, maggiorenni o meno, erano cresciuti in fretta nei tre anni
che avevano seguito il ritorno di Voldemort.
Questa certezza lo attraversò mentre lentamente posava la foto
sul tavolo, capovolta. Sarebbe stato inutilmente doloroso posare ancora
gli occhi su quell'immagine, ma non ce ne sarebbe stato più bisogno,
perché aveva capito davvero.
Non era stato lui a uccidere, non era stato lui a ferire.
Anche in quella casa, in cui per la prima volta, quell'estate, si era
sentito a disagio... non aveva colpa per la morte di Fred né
alcun merito per il ritorno di Percy, ed era tempo di diventare
ciò che non era mai stato: un ragazzo.
Non lo schiavetto di casa Dursley, né il Bambino Sopravvissuto.
Un ragazzo che vive, senza dimenticare, ma anche senza rimorsi.
Il ragazzo di Ginevra Molly Weasley.
- Non la smette di piovere. Sarà dura, domani alla stazione, con il
baule...
Erano frasi semplici, banali. Era tornato il tempo in cui essere banali
non era più peccato. Chiuse gli occhi, e vide...
Lei quel primo giorno a King's Cross, con le guance
scarlatte, pallida e immobile nella Camera dei Segreti,
infastidita e accigliata durante il Ballo, e poi tra le braccia di
Dean, e finalmente tra le sue...
Per sempre?
Gli parve di vedere qualcos'altro, che non era il passato, ma nemmeno
era ancora accaduto... forse possedeva la Vista di cui parlava la
professoressa Trelawney, o forse... era solo la sua più intima
speranza a immaginare quel futuro luminoso.
- Mi spiace non poterti accompagnare. Dovremo salutarci ora, non credi?
Ci sarà una gran confusione domattina.
Ginny chinò la testa, Harry non capì se per annuire o per
non guardarlo negli occhi. Quando tese le mani per afferrare le sue,
sentì che erano fredde. Avrebbero fatto davvero meglio a tornare a
letto, ma non aveva nessuna voglia di lasciarla...
- Salutarci. - Un brillìo malizioso era apparso negli occhi di lei. -
Vuoi dire...
- Vuol dire arrivederci fino a Natale, e -
Non finì la frase, i loro visi si avvicinarono e unirono le labbra in
un lungo bacio.
Ad
occhi chiusi, Ginny udì qualcuno che scendeva le scale. Non voleva
staccarsi da Harry, ma d'altra parte, sarebbe stato imbarazzante se si
fosse trattato di suo padre...
- Ops - disse la voce, uscendo dall'ombra - perdonatemi.
Il momento magico si era spezzato: ma Ginny lo sapeva, sarebbe risorto
ad ogni nuovo incontro. L'amore per Harry era una certezza per
entrambi; l'affetto per quell'intruso spettinato e in pigiama, che in
una parola aveva inteso molto più di quanto osasse confessare, stava
rispuntando incerto come la falce di luna che splendeva tra le nuvole.
Perdono...
Perdono per gli inconsapevoli, per coloro che hanno compreso e sono
tornati indietro.
Per chi non ha avuto scelta, e ha tradito per amore.
- Chi era? - chiese Harry, senza sciogliersi dall'abbraccio.
- Oh, soltanto Percy. - Non c'era più nessun disprezzo nella sua voce,
nel pronunciare quel nome: in quella notte di pioggia ognuno di loro si
riconciliava con gli altri e con se stesso, prima di tornare nella vita
di ogni giorno nel pieno delle proprie energie.
Non erano le sue fotografie, l'eredità di Colin.
Era il suo entusiasmo, la voglia di vivere ogni attimo e catturarlo
nella memoria.
E tutta la pioggia e le lacrime del mondo non potevano distruggere
nulla di ciò che avevano costruito con le loro forze.
Fu un unico pensiero, una promessa tenue e solenne mentre il
cielo cambiava colore e la casa si riempiva di scalpiccii e richiami, a
risvegliarli dal bellissimo sogno.
All'alba di una realtà altrettanto bella.
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E con questo breve epilogo la mia incursione nel regno del romanticismo
è finita!
A Ginny Lily Potter,
naturalmente.
A tutte le Orange Crushers di EFP e oltre.
Con un grazie speciale a chi ha recensito, facendomi capire che la
semplicità premia più di tante pippe mentali, che continuerò ugualmente
a farmi, beninteso!
(Ehm... Ino, che fai, recensisci? vuoi far piovere oro di Lepricani? XD
ti adddoro!)
Saki
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