Living at random

di Liioisjustchemical
(/viewuser.php?uid=194396)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Leo Lancaster ***
Capitolo 2: *** Torneo? ***
Capitolo 3: *** Pozione Invecchiante ***
Capitolo 4: *** Tentacula Velenosa ***
Capitolo 5: *** La Prima Prova ***
Capitolo 6: *** Baci e Palle di Neve ***
Capitolo 7: *** Un animo anticonformista ***
Capitolo 8: *** Balbettante Bambocciona Banda di Babbuini ***
Capitolo 9: *** Il Ballo del Ceppo ***
Capitolo 10: *** Rivelazioni scottanti ***
Capitolo 11: *** La Seconda Prova ***
Capitolo 12: *** Non ti facevo così romantica, Lancaster ***
Capitolo 13: *** Litigi e Disguidi ***
Capitolo 14: *** Cioccolate notturne ***
Capitolo 15: *** Brutte Sorprese ***
Capitolo 16: *** Doppia Colazione ***



Capitolo 1
*** Leo Lancaster ***


Eleanor Lancaster LEO

Leo è una ragazza, una ragazza con un nome da ragazzo, il suo vero nome è Eleanor, lo stesso della sua bisnonna, ma Leo odia il suo nome, è così antiquato e noioso e poi tutti l’hanno sempre chiamata Leo e quello, almeno, era un diminutivo accettabile anche se maschile.
Leo sono io e sono una strega.
Ero seduta in uno scompartimento vuoto dell’espresso per Hogwarts e aspettavo che la locomotiva partisse e mi conducesse al Castello per il mio primo anno.
Ero sempre cresciuta a contatto diretto con la magia anche se vivevo tra i babbani.
Annoiata alla prospettiva di un viaggio lungo e solitario cominciai a sfogliare il settimanale delle streghe che avevo preso dalla borsa di mia madre. Di fatto non mi importava niente di ciò che leggevo ma continuai a sfogliarlo sperando che mi aiutasse ad ammazzare un po’ di tempo.
Mi imbattei in uno di quegli stupidi questionari che dopo una serie di domande dovrebbero indicarti cose tipo il tuo colore, il tuo ragazzo ideale, gnignigni…
Presi la ‘penna prendi appunti’ che mia zia mi aveva regalato e cominciai a rispondere alle diverse domande generali ad alta voce, mentre la penna scriveva.
 
  • Nome: Leo
  • Cognome: Lancaster
  • Soprannome: Leo
  • Come ti chiamano gli amici: sei idiota o cosa?! Ho detto Leo.
  • Casa di appartenenza: vorrei saperlo anche io
  • Colore preferito: nero
  • Colore dei capelli: nero
  • Colore degli occhi: nero
  • Colore degli abiti che indossi: nero
  • Capelli lunghi o corti: metà e metà
  • Libro preferito: L’interpretazione dei sogni di Freud
  • Genere musicale: rock, punk… tutta roba babbana
  • Tatuaggi: solo uno
  • Sport preferito: Quidditch
  • Ruolo: battitrice o cacciatrice
  • Bacchetta: legno di quercia, corda di cuore di drago, 12 pollici, rigida
  • Segni particolari: metamorfomagus
Terminato il questionario voltai pagina per vedere il risultato che avevo ottenuto e trovai un paio di pagine mancanti, probabilmente delle ricette che mia madre aveva staccato per conservarle.
Sbuffai annoiata.
In quel momento sentii bussare alla porta del mio scompartimento. I vetri erano sporchi e non vedevo quasi niente.
Feci per aprire la porta quando il treno frenò bruscamente e io caddi all’indietro inciampando sul mio baule e sbattendo la testa contro il finestrino.
Mi massaggiai il punto dolente dove, ero certa, sarebbe spuntato un bernoccolo da un momento all’altro, quando una voce mi fece sobbalzare.
“Tutto bene?”
Aprii gli occhi e vidi due ragazzi identici chini su di me che mi fissavano con un’aria preoccupata.
Rimasi un attimo interdetta poi alzai una mano per controllare se ci vedessi doppio, contai le dita e ne vidi solo cinque.
Uno dei due ragazzi rimase confuso dal mio gesto l’altro, invece, capì.
“No, non ci vedi doppio” disse sorridendo e porgendomi una mano.
La presi e mi tirai su.
“Tutto bene?” ripeté sempre il primo mentre lasciavo la mano al suo gemello e mi rimettevo a sedere.
“Si, sto bene” dissi imbarazzata e rossa per la figuraccia.
I miei capelli diventarono da neri a rossi quasi quanto i loro, poi a poco a poco ritornarono neri mentre io continuavo a guardarmi le scarpe.
“Ehm...” cominciò quello che mi aveva aiutata a rialzarmi “possiamo sederci qui?”
“Il treno è praticamente tutto occupato” spiegò l’altro.
“Certo” dissi sorridendo.
“Io sono Fred” disse il primo che aveva parlato.
“Io sono suo fratello, George” continuò l’altro.
“Tu come ti chiami?” chiesero in coro.
Sgranai gli occhi alla scena che mi si presentava davanti, poi risposi.
“Mi chiamo Leo” dissi.
“Piacere” dissero sempre in coro.
“Parlate sempre all’unisono?” chiesi.
“No” cominciò George.
“Però ci piace” continuò Fred.
“Fare questo effetto agli estranei” finirono assieme
Sorrisi.
Nel trambusto il mio questionario del settimanale delle streghe era volato per terra e lì era rimasto.
George se ne accorse e lo prese in mano.
“Hei, che cos’è questo?” chiese mostrandolo anche al gemello.
“Ah, stavo solo cercando di passare il tempo e di combattere la noia” risposi io.
“Beh quando ci siamo noi, la parola noia, non deve nemmeno essere pronunciata” disse Fred sorridendomi.
“Quindi sei una Lancaster” chiese George leggendo la lista.
“Così pare” feci io.
“Una Lancaster irascibile a quanto vedo…” continuò.
“Lo siamo tutti, dovresti sentire mia madre quando lascio in disordine la casa”
“Ti piace il nero” chiese sempre George.
“Nel caso non lo avessi notato” dissi indicandomi dalla testa alle gambe
“Cosa vuol dire metà e metà” chiese Fred
In risposta voltai semplicemente la testa di lato mostrando una rasatura sopra l’orecchio destro semicoperta dai miei capelli lunghi fino a sotto il seno.
Vedendo che continuavano a leggere protestai.
“Dai, seriamente, non è così interessante” dissi.
“Lo è invece!” rispose George “Sembri una persona molto interessante a quanto leggo… Freud eh?”
“Si pronuncia froid” risi “La psicologia non è il tuo forte eh?” dissi imitando il suo ‘eh’.
Suo fratello scoppiò a ridere mentre George si limitò a sorridere rispondendomi che essa non era effettivamente uno dei suoi principali interessi.
“Capisco” risi ancora.
“Giochi a Quidditch!” fece Fred entusiasta alzando per un attimo lo sguardo e tornando subito a leggere “E, oh Merlino, hai un tatuaggio?!?!”
Annuii arrossendo appena.
“Me lo fai vedere?” chiese George.
Arrossii di più e feci per alzare il lembo della maglietta ma per fortuna Fred mi fermò.
“George! La conosci da nemmeno dieci minuti e già le chiedi di spogliarsi per te?”
Scoppiammo a ridere anche se la situazione era alquanto imbarazzante e le punte dei miei capelli si tinsero di un fucsia accesso che permase per un paio di minuti.
“Vedo anche che sei una metamorfomagus” disse sempre Fred.
“E già” dissi io sorridendo.
Il treno si fermò e noi ci dirigemmo assieme verso le barchette che ci avrebbero accompagnato al castello.
Arrivati al salone d’ingresso ci accolse una donna abbastanza anziana e dall’aspetto alquanto severo che ci spiegò brevemente come si sarebbe svolta la Cerimonia dello Smistamento; dunque entrammo nel salone e ci disponemmo di fronte al tavolo dei professori, tra il tavolo dei Tassorosso e quello dei Corvonero.
La vicepreside prese in mano la pergamena con i nomi dei ragazzi che sarebbero stati smistati e cominciò.
“Eleonora Lancaster” rimasi sorpresa di essere la prima, ma storsi il naso all’udire il mio nome, all’udire il mio nome pronunciato ad alta voce di fronte a centinaia di ragazzi e ragazze.
Merlino, che imbarazzo.
Salii i due scalini fino a raggiungere lo sgabello su cui era posato il Cappello Parlante, mi sedetti e la donna, che si era presentata come la Professoressa McGranitt, me lo posò sulla testa.
“Ma guarda qua, una Lancaster” cominciò il Cappello.
“Voi Lancaster siete sempre particolarmente difficili da collocare… anche se” e qui si interruppe per un momento “non se ne vedeva uno da molto tempo. E tuttavia, la cosa che mi affascina è la varietà che vi caratterizza. Oh lo so, lo so che non ti piace parlare troppo della tua famiglia, ma penso che tu sia assolutamente all’altezza del nome che porti”
Era vero, i Lancaster erano sempre stati dei Testurbanti o quasi.
In questo momento rimpiangevo il fatto che per le ultime due generazioni prima di me, i Lancaster avessero frequentato Durmstrang e che anche i miei fratelli più grandi adesso fossero in Bulgaria.
Se mio padre fosse venuto a Hogwarts, almeno avrei avuto una minima idea di quale potesse essere la mia Casa; anche se, dopo tutto, i Lancaster erano sempre finiti in Case diverse.
Mi stavo agitando e i miei occhi ne risentivano. Essi passavano dal nero al verde al color nocciola all’azzurro ad una velocità sempre più rapida.
“Comunque” proseguì il Cappello “sono certo che Tassorosso non faccia al caso tuo, non mi fraintendere, hai un cuore d’oro ma il tuo cervello mi suggerisce che potresti essere un’ottima Corvonero”
Corvonero era buono.
“Tuttavia hai coraggio da vendere, non c’è che dire e l’ambizione è forte, forse tanto forte da superare la lucidità di pensiero, perciò penso che Serpeverde non ti porterebbe su una buona strada, non c’è ambizione senza cervello.”
Arrossii visibilmente a disagio e le punte dei miei capelli si infiammarono.
“Sono combattuto, ma penso che, dopotutto, assecondare il tuo desiderio potrà solo portare a qualcosa di buono. Perciò sono totalmente convinto nel dire… GRIFONDORO!”
Alleluja, era finita.
Mi alzai sollevata e mi diressi al tavolo dei Grifondoro dove fui accolta calorosamente mentre delle voci lontane urlavano un inno in mio onore.
Quando finii di stringere mani a destra e a sinistra mi sedetti e mi accorsi solo in quel momento che Fred e George erano accanto a me, l’uno alla mia destra e l’altro alla mia sinistra.
Rimasi sorpresa.
“E voi?” chiesi.
“Siamo Weasley, dopo tutto” mi spiegò Fred.
Annuii.
“Oh, a proposito” mi disse George “anche loro” e indicò tre ragazzi che mi si erano presentati, ma di cui avevo già scordato il nome “sono Weasley”.
“Bill, Charlie e quel babbeo di Percy” disse con visibile astio nei confronti dell’ultimo.
“Sono i nostri fratelli più grandi” spiegò Fred “ne abbiamo anche un altro più piccolo e una sorella, ma non hanno ancora l’età per Hogwarts”
Non ero sorpresa, i Weasley erano una famiglia conosciuta, sapevo che erano numerosi.
“Ah e comunque” disse uno di quelli, Bill o Charlie, non lo avevo ancora capito “5:08” terminò sorridendomi.
Inizialmente non capii, poi realizzai che intendeva il tempo che il Cappello aveva impiegato a Smistarmi.
Wow, papà sarà orgoglioso di me.
La sera stessa gli spedii una lettera per avvertire lui e mia madre di ciò che era accaduto e rimasi sorpresa nel scoprire, dalla loro risposta, che la vicepreside stessa si era già presa il disturbo di avvertirli.
Andai a letto presto.




Well, l'idea di questa ragazza che si fa chiamare Leo perchè odia il suo nome mi è venuta in un momento di lite con mio cugino, che si diverte ad affibbiarmi nomignoli demenziali (vedi leonessa, leotorda, leolessa, onorca ecc) -.-" e dato che non mi venivano idee su nomi più ridicoli del mio, ho deciso di lasciare la versione 'inglesizzata' di Eleonora.
Di recente mi hanno detto che per gli americani il nome Eleanor è un nome da nonna o da bisnonna ed ho immaginato fosse lo stesso per gli inglesi. E da qui l'idea.
I gemelli sono in assoluto i personaggi che più mi affascinano e dunque perchè non renderli partecipi?
Leo è una metamorfomagus, tutti i miei protagonisti sono sempre metamorfomagus perchè personalmente credo che sia maledettamente figo.
Detto questo, vi lascio.
Spero di riuscire ad aggiornare presto, preannuncio che sarà una long difficile da scrivere e lenta da postare, ma prometto di non interromperla.
Con ciò vi saluto.
Aidiei, Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Torneo? ***


TORNEO?


6* anno
 
“Fred, idiota, passami quella pluffa!” urlai al mio compagno di squadra.
“Non ci sperare, Lancaster, la pluffa in cambio della ricetta!” ordinò il rosso che aveva evidentemente messo fine all’amichevole Fred-Leo-Alicia contro Lee-George-Angelina.
“E va bene, ma voglio il mio nome su quel dolcetto” dissi prima di consegnarli il foglio di pergamena e farmi ridare la mia pluffa.
Era una ricetta di mia madre di dolcetti alla cannella che io avevo per così dire ‘personalizzato’ rendendoli degli innovativi ‘Dolcetti Sputafuoco’
“E’ semplicemente geniale” intervenne George.
“Lo so” risposi io.
“Cos’ha di importante quella pluffa?” chiese la ragazza che condivideva con me la stanza, Alicia Spinnet.
Era una ragazza esuberante e molto divertente, aveva i capelli di una lunghezza media e biondi mentre gli occhi erano azzurro intenso.
“Gliel’ha regalata Victor Krum in persona” rispose Fred al posto mio.
La ragazza sgranò gli occhi.
“Cosa?” chiese stupefatta.
“E’ amico di mio fratello” mi giustificai arrossendo lievemente.
“Io continuo a non capire perché tu non vuoi fare le audizioni per il Quidditch, sei così brava” si lamentò George.
“Non ricominciamo” lo fermai io prima che la discussione degenerasse.
Era vero, ero una brava battitrice ed una cacciatrice altrettanto brava, ma non avevo mai mostrato interesse nel giocare nella squadra della scuola, era capitato che partecipassi a qualche partita come sostituto di un giocatore infortunato e sin dal primo anno mi ero fatta notare. Dopotutto, ce l’avevo nel sangue, ma non mi interessava un ruolo a tempo pieno. Avevo considerato la possibilità di cercare un ruolo in una squadra finita la scuola e di giocare come professionista, ma per adesso non volevo pensarci.
Alicia, che giocava come cacciatrice era pienamente d’accordo e annuì alle parole del rosso, ma non le prestai particolare attenzione.
Riposi al sicuro la mia pluffa e scendemmo tutti a terra per dirigerci verso la sala grande dove si sarebbe tenuta la cena.
Prima che il banchetto cominciasse il preside annunciò che quell’anno si sarebbe tenuto ad Hogwarts il celebre Torneo Tre Maghi, notizia che fece il suo effetto su molti studenti, sui gemelli in particolare e anche su Angelina che voleva assolutamente parteciparvi, a me non toccò affatto. Non mi interessava la ‘gloria eterna’ probabilmente perché ne avevo già avuta troppa dal mio cognome.
Mio fratello maggiore, Derek mi aveva accennato al Torneo quando, in una lettera, mi aveva scritto che sarebbe venuto ad Hogwarts e mi aveva spiegato che solo lui, sarebbe partito in quanto era l’unico ad aver già compiuto la maggiore età tra quelli che non avevano ancora terminato gli studi.
Anche mia cugina Lizbeth sarebbe venuta, lei frequentava Beauxbatons ed era al settimo anno.
Quando entrarono i ragazzi di Durmstrang ne riconobbi alcuni che dovevano essere amici di mio fratello e poi vidi lui. Capelli color sabbia e occhi verdi, lui mi trovò, mi sorrise e mi salutò con un cenno del capo mentre anche il suo migliore amico, Victor Krum, mi riconobbe.
“Eleanor?” mi voltai a guardare Alicia e la vidi con un’espressione sconcertata sul volto.
“Cosa?” chiesi.
Notai che anche Angelina aveva una faccia meravigliata e che i gemelli alternavano sguardi in cagnesco in direzione dei ragazzi di Durmstrang a volti esterrefatti nella mia direzione, mentre Lee era troppo sconcertato da Victor Krum per prestare attenzione ad altro.
Alicia accennò con la testa al tavolo dei Serpeverde dove si erano seduti mio fratello e i suoi amici.
Roteai gli occhi sbuffando quando capii di cosa stesse parlando la mia amica.
“E’ mio fratello” dissi scocciata.
A quel punto l’espressione sul suo volto si fece ancora più meravigliata.
“Ma… e non ce lo dici?”
“Cosa avrei dovuto dirvi?” chiesi.
“Che tuo fratello è maledettamente figo?” intervenne Angelina anche lei con fare accusatorio.
“E che Victor Krum sarebbe venuto!” aggiunse George con lo stesso tono.
Io rimasi un attimo basita, ma per fortuna la porta si spalancò prima che potessi aprire bocca e le ragazze di Beauxbaton entrarono facendo scalpore tra i ragazzi che le accolsero molto calorosamente, se così si può dire.
Passò mia cugina e mi salutò con la mano.
Stessa scena e stessa storia.
I gemelli e Lee se la presero a morte con me e dovetti promettere loro che gliel’avrei presentata l’indomani.
Lizbeth era una ragazza attraente con i capelli lunghi e castani, perfettamente lisci e con gli occhi scuri.
La cena terminò ed io corsi subito all’uscita a salutare mio fratello, i ragazzi al seguito.
Lo trovai in gruppo con i suoi amici più stretti: Victor, Ivan e Alexander.
Li abbracciai ad uno ad uno e presentai i miei amici, Derek conosceva già Fred e George e probabilmente anche Lee, che avevamo incontrato alla Coppa del Mondo prima dell’inizio della scuola, mentre aveva sempre solo sentito parlare delle ragazze.
Mi parlò del viaggio e mi raccontò di come avevano reagito gli altri della famiglia Lancaster e co. quando seppero della nuova restrizione sull’età.
Li salutai quando sentii il loro insegnante che li richiamava e mi voltai per parlare con mia cugina.
Erano con lei quattro ragazze di cui ignoravo il nome ma che ero sicura di aver già visto in giro.
Lei me le presentò e io presentai i miei amici, poi la stessa storia, parlammo un po’ del più e del meno e poi ci salutammo quando anche loro furono richiamate dalla loro Preside.
Lungo la strada verso la Torre di Grifondoro parlammo del Torneo e del fatto che Angelina avrebbe tentato di parteciparvi, ma, soprattutto, dell’idea dei gemelli di preparare una Pozione dell’età che avrebbe consentito loro di tentare la sorte.
“Tu ci aiuterai, vero?” mi chiese George in un attimo di silenzio.
“Perché io? Alicia è molto più brava di me in Pozioni” protestai.
“Alicia non vuole ficcare il naso in queste… com’è che le ha definite, Fred?”
“Futili buffonate” Fred terminò il discorso del fratello.
Alicia annuì convinta, mentre io mi rassegnai al volere dei due rossi.
“E’ una persona molto negativa” si aggregò Lee scatenando l’ira della bionda che intavolò un acceso battibecco con il ragazzo.
“Va bene, troviamoci domani alle sette nel bagno delle ragazze, secondo piano.” Decisi io e feci per salire e raggiungere le mie compagne che, come Lee, erano ormai nella propria stanza, ma George mi prese la mano.
“Perché nel bagno delle ragazze? Ci scopriranno” si lamentò.
“Nessuno entra mai in quel bagno.” Dissi cercando di nuovo di scappare in dormitorio.
Questa volta fui frenata dal suo braccio attorno al mio fianco.
Mi voltai scocciata ed arrossendo appena.
Mi attirò vicina, troppo vicina al suo viso.
“Perché?” mi chiese sussurrando, con gli occhi puntati nei miei e la mano sempre sul mio fianco.
Notai in quel momento che l’altro deficiente si era dileguato.
Mannaggia a te, Fred. Pensai.
“Perché” dissi decisa cercando di controllare il rossore dei miei capelli che tentava di palesare il mio stato d’animo “Nessuno sopporta Mirtilla Malcontenta” dissi e di nuovo mi allontanai.
Questa volta riuscii a raggiungere i piedi della scalinata quando, per la terza volta fui costretta a fermarmi.
“Sembra che tu non ti senta a tuo agio sola con me, Lancaster”
Lo sentii ed immaginai il suo sorriso malandrino, ma non mi voltai, mi limitai a scuotere la testa.
“Buonanotte George” dissi e salii le scale chiudendomi la porta del dormitorio alle spalle.


Salve, finalmente posso postare il secondo capitolo.
Sì, siamo già al sesto anno, la storia si svolgerà nel sesto anno dei gemelli, ovvero l'anno del Torneo Tre Maghi, e forse, dico forse, anche al settimo.
Non ho molto da dire, ma al contrario di come faccio di solito, questa storia non è già bella, finita e pronta per essere postata, ma va ancora scritta.
Dunque posterò in tempo reale e i tempi saranno abbastanza lunghi, ma giuro, stragiuro di non abbandonarla.
Piuttosto, mi farebbe molto piacere, se voi che seguite la mia storia recensiste con dei consigli/idee per i prossimi capitoli.
Bye
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Pozione Invecchiante ***


La pozione invecchiante

La pozione era quasi terminata, quel giorno si sarebbero trovati nel bagno delle ragazze e la avrebbero finita.
Erano passati giorni ed era stato faticoso, ma sì, ce l’avrebbero fatta.
 
**
 
Il giorno seguente Leo si alzò presto, fece colazione e passò la giornata in uno stato perenne di ansia euforica che mandava in tilt i suoi capelli, mentre gli occhi rimanevano costantemente vigili e scuri, intenti a scrutare le mosse del fratello, che sospettava stesse tramando qualcosa per avere qualche possibilità in più di essere sorteggiato.
La campanella dell’ultima ora suonò e Leo si alzò di scatto, raccolse la borsa da terrà ed afferrò al volo il libro di Divinazione che era rimasto sul banco mentre quella svampita della Cooman ancora borbottava stralunata sulla sua tazza di tè verde.
Scese di corsa una, due, tre rampe di scale, inciampò prima nei suoi piedi poi su quelli di qualche altro studente che aveva la sfortuna di trovarsi di fronte a lei.
Corse a perdifiato fino a quando non raggiunse la stanza delle necessità dove i due gemelli si erano nascosti per marinare le lezioni e prendersi uno dei loro ‘giorni feriali’.
Mi videro entrare e mi salutarono raggianti.
“Angelina, Lee e Alicia, ci aspettano là” dissi ansimando e ricambiando il saluto con un gesto della mano, mentre mi piegavo in due per riprendere fiato.
Fred mi si avvicinò e mi posò una mano sulla schiena.
“Coraggio, Lancaster, coraggio, non è una tragedia.” Lo guardai male, molto male, ma non avevo fiato per rispondergli.
Questo credendo di averla ormai vinta mi sorpassò con un sorriso trionfante e se ne andò seguito dal gemello, il quale, a sua volta, approfittò anch’egli della mia mancanza di ossigeno per schernirmi.
“Bei capelli” sbuffo nel mio orecchio.
Mi alzai di scatto e mi voltai verso una parete riflettente.
Merlino.
Una zazzeretta corta e spettinata di un lilla sbiadito si ergeva imperterrita sulla mia testa.
Li sistemai alla bell’e meglio e ripresi la via per la Sala Grande, dove il Calice di Fuoco, aspettava solo i due ragazzi.
Arrivata sul luogo dove si sarebbe compiuta la magia, raggiunsi il mio gruppo ed aspettai che i due attirassero l’attenzione, che la Granger con il suo solito fare da sapientona-so-tutto-io li rimproverasse e che i due bevessero la pozione.
Saltarono dentro al cerchio dell’età.
In un primo momento non successe niente ed un largo sorriso mi si allargò sulle labbra, poi notai che i loro capelli cominciavano a schiarirsi e che iniziava a spuntare una barba bianca.
Merlino.
Imprecai e il mio sorriso si trasformò prima in una smorfia, poi in una grassa risata che accompagnai al grido “Botte!” intonato da Dean Thomas quando i gemelli cominciarono ad azzuffarsi sul pavimento.
Vedendo che la cosa se ne andava per le lunghe e sapendo di dover terminare la lettere da inviare ai miei fratelli mi diressi verso la porta, ma non feci in tempo ad uscire perché entrarono mio fratello, accompagnato da Victor Krum e da altri due ragazzi sempre di Durmstrang
Calò un religioso silenzio nella sala e i quattro gettarono a turno il biglietto con il proprio nome nel calice, poi uscirono.
Io li seguii e mi diressi alla torre di Grifondoro per finire quella stramaledetta lettera, che da giorni, resisteva incompiuta sul mio comodino.
Salii e con grande sforzo la completai, non ero brava con le parole.
Voglio dire, ero molto brava ad usarle per avere ragione, ma non ero brava a fare discorsi tanto calorosi quanto scontati come quelli che si fanno tra figli e genitori quando non ci si vede da un po’ di tempo.
Poco dopo Alicia ed Angelina mi raggiunsero in camera annunciando che i due ragazzi non sarebbero venuti a cena.
“Come mai?” chiesi ipotizzando già la risposta.
“Sono in infermeria” mi rispose Alicia scocciata.
Io annuii e mi gettai sul letto, mentre con le altre cominciarono ad ipotizzare i possibili sorteggiati dal Calice.



Lo so, lo so, lo so, lo so, lo so, LO SO. E' brutto come la fame e noioso come una lezione di storia della magia, ma vi prego, vi supplico in ginocchio di aspettare il quarto capitolo.
Ne vedrete delle belle.
Vi prego soltanto di non odiarmi, vi giuro che migliora *si nasconde per la vergogna*
Addio
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Tentacula Velenosa ***



Tentacula Velenosa


“E’ uno scherzo vero?” chiesi irritata cominciando a sentire la mia rabbia salire.
“Non lo è!” riprese il rosso impettito.
“Ok, sai cosa ti dico, Fred? Fottiti, tu ed il resto della compagnia” dissi indicando il gruppo di studenti delle varie case che si era raccolto a cerchio nel cortile della scuola per assistere alla nostra litigata.
Presi e me ne andai impettita e con la rabbia che mi ribolliva dentro.
“Sembri una pentola a pressione” mi disse mio fratello non appena mi sedetti su di una panchina accanto a lui.
Era assieme ai suoi amici, ma me ne fregai bellamente.
Dovevo far vedere agli altri che, anche senza di loro, io stavo bene.
Io, Leo Lancaster, non dipendevo da loro.
Loro avevano chiesto aiuto a me.
La mia pozione era perfetta.
Erano solo troppo stupidi per capirlo e cos’altro? Ai due bruciava troppo l’orgoglio per quella figuraccia davanti a tutta la scuola, anzi, davanti alle tre scuole.
Dissi più a me stessa che a mio fratello.
Questo si limitò a starsene zitto e a lasciare che mi sfogassi, come faceva sempre.
“Beh?” gli abbaiai addosso.
I suoi compagni saltarono sulla panchina, spaventati dall’inaspettato ‘beh’ che gridai così minacciosa.
Mio fratello non fece una piega, abituato alle mie crisi di nervi.
“Passerà” disse soltanto.
“No, questa volta non passerà” ribattei io fermamente.
“A chi dei tre ti riferisci?” mi chiese.
Io lo fulminai con lo sguardo.
“A loro” sibilai.
Poi ripresi a tono più alto. “Di certo non a me! Io ci sono sempre stata, io sono sempre pronta a ricominciare, io non mi comporto da ragazzina permalosa per ogni piccola minuzia”
Sentenziai.
Era chiaro che non necessitavo di una risposta.
“E va bene, Leo, allora vorrà dire che dovrò sopportarti fino a quando non farete di nuovo pace” disse lui battendomi una mano sulla spalla e facendomi spuntare un sorriso.
“Ora devo andare” dissi “Ho la lezione di Erbologia”
Lo salutai con un bacio sulla guancia e sventolai la mano in direzione dei suoi amici, che ricambiarono perplessi.
Corsi fino alla serra numero 8 e mi sistemai al mio solito posto, come se nulla fosse, di fianco a Lee.
Quest’ultimo e Alicia, che stava accanto a lui, si scambiarono uno sguardo confuso notando che non degnai affatto i gemelli e che, anzi, cominciai ad infilarmi i guanti ed il grembiule prima ancora che la Sprite comparisse.
La donna entrò nella serra e ci salutò con il suo solito fare frettoloso, ma cordiale.
Noi ricambiammo il saluto.
“Oggi, Grifondoro e Corvonero collaborerete in gruppi di tre e imparerete a potare le piantine ancora giovani di Tentacula Velenosa”
Avevo già capito tutto, la Tentacula Velenosa la conoscevo bene, con i gemelli l’avevamo utilizzata per delle Merendine Marinare.
“Su, forza” ci incitò l’insegnante vedendoci ancora fermi al nostro posto “Formate i gruppi!”
Mi voltai a destra e notai Lee, Alicia e Angelina già pronti.
A sinistra, tre Corvonero secchioni fino al midollo.
Imprecai.
Quando si parla di sorte, di fortuna o di karma, io non faccio testo.
Io, sono una calamita per le scomodità.
E infatti…
“Lancaster, venga qui, dall’altra parte del tavolo, assieme ai signori Weasley” mi incitò la Sprite sempre con la sua aria solare, ignara di tutto.
La mia faccia espressione incazzata e rassegnata al tempo stesso doveva tradire la mia risposta cordiale.
Mi affiancai a Fred che non mi degnò di uno sguardo, mentre George, dietro di lui si sporse e tentò un sorriso poco convinto.
Mi sovrastava di parecchio in altezza e non volli cedere alla tentazione di alzare lo sguardo per rivolgergli la parola
Anche quando la professoressa ci diede il via, io cominciai decisa a potare la mia piantina, senza badare a nessuno.
“Mi passeresti quelle, per favore” mi chiese il mio vicino indicando un paio di cesoie che mi stavano accanto.
Io le presi e gliele porsi.
“Grazie” disse, poi riprese a parlare.
“Oh andiamo! Non sarai ancora arrabbiata per prima!” si lamentò.
“O la tua era una patetica scusa per tentare di fare pace, oppure direi che anche tu te la sei presa parecchio, Fred Weasley. Da quando dici ‘grazie’ e ‘per favore’? O meglio, da quando lo dici a me?” lo guardai alzando un sopracciglio.
Lui sembrò prima arrossire come colto sul fatto, poi riprese con tono accusatorio.
“Merlino, Eleanor! Cercavo solo di essere gentile!” disse esasperato.
“Non chiamarmi Eleanor.” Dissi scandendo bene ogni singola parola, con tono furente e con i capelli che diventavano color fiamma.
“Va bene, Leo, ora, ti decidi a farla finita?”
“Io? Io devo farla finita?” alzai il tono e notai Lee, Alicia ed Angelina che ci fissavano di sbieco.
“Ok, Fred ti chiede scusa” disse George rivolto a me “E anche lei ti chiede scusa, fratellino, ora preoccupatevi di queste cose, mi spaventano un pochino.” Spiegò indicando le nostre piantine che si erano agitate per colpa della mia voce troppo alta.
“Bene” sibilai.
Fred sbuffò e mi diede un cuccio con la spalla.
“Wea…” cominciai, ma mi voltai e lo vidi sorridere radioso.
Scossi la testa sorridendo anche io.
“Ripeto, fottiti.”
Ripresi a potare la Tentacula a me assegnata, ma sbagliai e le tagliai una fogliolina a metà.
Questa cominciò ad agitarsi schizzando liquido verdastro venato di rosso ovunque.
Una goccia mi arrivò sul polso, scoperto dal guanto e dalla manica della divisa arrotolata sul gomito.
“Ah!” gemetti.
Fred, che si era abbassato per evitare la pioggia velenosa si rialzo a guardare la mia mano sinistra dove una brutta ferita piena di pus e cerchiata di viola si andava formando sotto al liquido ella Tentacula.
“Cosa è successo?” si preoccupò la Sprite.
“Mi faccia vedere” disse prendendomi il braccio e spostando delicatamente il guanto.
Io gemetti di nuovo.
“Eh già, eh già, signorina Lancaster, quante volte l’ho ripetuto, di tenere le maniche abbassate. Ma non si preoccupi, non è assolutamente grave. Su, vada in infermeria e se lo faccia disinfettare, Madama Chips glielo sistemerà in quattro e quattr’otto.”
Detto ciò mi indirizzò all’uscita della serra.
Io mi incamminai tentando di non far caso al bruciore e ai conati di vomito che mi provocava guardare quella terribile ferita ed arrivai all’infermeria, dove dovetti subire un trattamento di disinfettazione lungo e doloroso condito dai rimproveri dell’infermiera.
Ero seduta su uno dei letti dell’infermeria ad aspettare che la ferita si rimarginasse del tutto quando la porta si spalancò ed entrarono Alicia e Lee seguiti da George, Fred e da Angelina.
“Sei ancora viva?” mi strillò Alicia.
“Ci vuole ben altro” sorrisi io.
Sentendo tutto quel rumore Madama Chips uscì dal suo studio e corse a vedere cosa fosse successo, mi bendò il polso e mi spedì fuori.
Essendo ormai passata l’ora di cena salimmo subito alla torre di Grifondoro.
Mentre stavo salendo le scale sentii uno scossone, quasi come un terremoto.
“Cos’è?” chiesi allarmata.
“Alle scale piace cambiare” mi rispose Fred aggrappandosi alla ringhiera per non scivolare giù.
Quando si fermarono di nuovo con un altro scossone, io saltai sul pianerottolo più veloce possibile.
“Dove siamo?” chiese Lee con aria smarrita.
“Non ne ho idea, non credo di essere mai stata qui prima” rispose Alicia.
“E’ il corridoio del settimo piano, là c’è la statua della Strega Gobba”
Mi voltai verso George che aveva parlato, sapendo che dietro a quella statua si celava un passaggio segreto per le cantine di Mielandia.
“Non ci resta che tornare di sotto” disse infine Angelina, risoluta e partì di nuovo giù per le scale.
Io sbuffai innervosita al pensiero di dover riprendere quell’aggeggio infernale e lasciai passare gli altri.
Rimasi ultima, proprio dietro George.
Feci qualche gradino poi lui si fermò di scatto e io pure.
Si voltò a guardarmi e io ricambiai lo sguardo con aria interrogativa.
“Volevo chiederti scusa per oggi” mi disse “Sarei dovuto intervenire, Fred non pensava davvero quelle cose, era solo arrabbiato perché avevamo scommesso tutto su quella pozione, nessuno dei due ha mai pensato che fosse colpa tua” disse guardandomi negli occhi.
“Ok, George, accetto le tue scuse, ma ti supplico di farmi scendere al più presto da queste scale, ho avuto già abbastanza sfortune oggi, non tentiamo ancora la sorte”. Risposi.
Lui mi sorrise divertito e scese di corsa le scale, raggiungendo gli altri.



Eccomi di nuovo qui, con un capitolo un po' più movimentato rispetto agli altri. Non mi piace proprio come la storia sta proseguendo, ma pazienza. Desidero assolutamente finirla.
Adesso devo salutarvi, perchè sono davvero molto, molto in ritardo.
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** La Prima Prova ***


La Prima Prova

Eravamo tutti riuniti nella Sala Grande e stavamo aspettando che il professor Silente annunciasse i tre campioni che si sarebbero sfidati.
Il Calice sputò fuori il primo biglietto, sentii il preside annunciare che si trattava del campione di Durmstrang e mi voltai a guardare mio fratello, il quale non distoglieva lo sguardo dalla sagoma grigia dell’uomo.
Quando annunciò il nome di Victor Krum applaudii come gli altri, vidi che diversi compagni gli tiravano pacche sulle spalle e mi fece un cenno quando mi sfilò di fianco per raggiungere la sala dei trofei.
Il secondo campione chiamato fu quello per Beauxbatons, una certa Fleur Delacour che non avevo mai sentito.
Una ragazza molto bella ma anche molto snob che, non so per quale motivo, era l’unica ad essersi tirata dietro la sorellina ancora troppo piccola per partecipare.
Arrivammo quindi al campione di Hogwarts, Cedric Diggory, secondo Angelina, aveva una cotta per me, ma i nostri contatti si erano sempre e solo limitati al Quidditch.
“Beh, ecco qua, no?” saltò su Lee.
“Eh già” rispose Fred “da domani apriamo le scommesse?” disse rivolto a suo fratello, il quale annuì energico.
Scoppiammo a ridere e proprio in quel momento il Calice si infiammò per una quarta volta e sputò fuori un quarto biglietto.
Ci zittimmo immediatamente ed aspettammo che il preside tuonasse il nome di Harry Potter, per girarci nella sua direzione.
Sentii volare insulti e commenti acidi nei suoi confronti, ma dal nostro gruppo non si innalzò una parola.
Vedevo gli sguardi preoccupati dei ragazzi e quelli altrettanto preoccupati dei professori.
Era una storia che non mi piaceva affatto.
Da quella sera al giorno della prima prova, il solo ed unico argomento fu Harry Potter, il Torneo Tremaghi e le stranezze del nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, Malocchio Moody.
Seppi in anticipo che la prima prova riguardava i draghi e ne fui affascinata, avevo sempre amato quelle creature.
Il giorno della prima prova cominciai il solito giro propagandistico per le nostre scommesse e mi sedetti tra George e Fred solo quando il cannone che annunciava il via del primo concorrente, Krum, tuonò.
Vidi questo combattere agilmente e colpire il drago, un Grugnocorto Svedese adulto, agli occhi per distrarlo ed afferrare l’uovo d’oro.
Allo stesso modo Fleur Delacour, se la cavò dignitosamente, mentre Cedric ebbe qualche difficoltà in più.
Il quarto cannone sparò e vidi Harry entrare lentamente nell’arena, guardarsi attorno e correre dritto verso l’uovo.
“Stai attento, razza di idiota!” urlai proprio nel momento in cui il suo Ungaro Spinato lo sfiorava con la coda appuntita.
Era la prima volta che aprivo la bocca dall’inizio della gara e Fred mi guardò sorpreso.
“Alternativo, come tifo” mi disse.
Io lo fulminai con lo sguardo, poi scoppiammo a ridere tutti e due.
L’ilarità si protrasse quando Harry appellò la sua Firebolt, ma si spense nell’esatto momento in cui il drago riuscì a spezzare le catene che lo tenevano legato all’arena e si mise a rincorrere il ragazzo, sparendo dal mio campo visivo.
Imprecai.
Una tangibile agitazione si sparse nell’arena e quando li vidi, sul tetto della Torre di Astronomia a combattere in uno scontro ravvicinato, afferrai la mano di George, senza riuscire a distogliere lo sguardo dalla terribile scena alla quale stavo assistendo.
Quando il prescelto riuscì a volare nuovamente all’interno dell’arena ed a recuperare l’uovo dorato schizzai in piedi esultando e battendo le mani.
Seguii la massa di Grifondoro fino alla torre mentre i gemelli sollevarono Harry sulle spalle e lo incitarono ad aprire l’uovo per scoprire il messaggio contenuto in esso.
Il ragazzo fece scoccare la serratura in cima all’oggetto che teneva alto con le mani e da questo uscì un tremendo lamento straziante ed assordante che mi fece rabbrividire.
Quando riuscì a richiuderlo, sentii Ron dire qualcosa, non intesi esattamente cosa perché ero ancora mezza assordata, ma capii che era il momento di andarsene.
Mi rifugiai nella stanza delle ragazze dove Alicia ed Angelina mi raggiunsero presto.
Parlammo a lungo quella notte, di tutte le cose accadute e di quelle che sarebbero potute accadere.
Poi verso le due o le tre caddi addormentata e mi risvegliai solo al mattino.
Per fortuna, era domenica.


Capitolo abbastanza vuoto, ma chiedo umilmente perdono dato che il mio vecchio pc non aveva salvato il nula più assoluto dall'ultima volta ed ho dovuto riscirvere tutto, credo che mi siano usciti più noiosi e scritti peggio, ma non so davvero cosa fare.
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Baci e Palle di Neve ***


Baci e Palle di Neve

Erano ormai passati due mesi dalla prima prova e le acque si stavano calmando, quel giorno avevano concesso una gita ad Hogwarts alla quale parteciparono entusiasti molti più studenti del solito.
Era una giornata fredda e nevosa, il terreno era ricoperto di ghiaccio e man a mano che ci avvicinavamo alla cittadina, lo strato di neve a terra si faceva sempre più spesso.
Arrivati ci fiondammo subito dentro a Mielandia, a fare scorta di dolci, poi i gemelli ci trattennero per un paio di ore buone da Zonko, a fare scorta di scherzi di ogni tipo.
Dopodichè fu il momento dei tre manici di scopa.
La mia tappa preferita.
Ci sedemmo ad un tavolino in un angolo a bere una burrobirra calda e a fare due chiacchiere.
“Mi mancavano queste gite ad Hogsmeade” sospirò Alicia.
“Hai ragione, ma se devo dire la verità penso manchi ancora qualcosa” disse Fred.
“La penso come te, voglio dire, la neve, la burrobira, Zonko, la neve, Mielandia, la neve, cosa manca?”
George finse di pensarci su, poi si voltò a guardare Angelina che le stava accanto e con fare fintamente serio ripose il quesito.
“Allora, Angie, cosa renderebbe questa giornata perfetta?”
“Non saprei” disse la ragazza sorridendo.
“La neve forse?” tentò la mora facendoci scoppiare a ridere.
“La Stamberga Strillante?” tentò Alicia.
“Ci sei quasi” le intimò Fred.
“Ci sono” dissi io entusiasta “una battaglia a palle di neve nel parco fuori dalla Stamberga Strillante”
“Esattamente” mi confermò Fred.
Vedendo che anche gli altri erano d’accordo uscimmo dai Tre Manici di Scopa e ci dirigemmo verso la vecchia casa infestata.
Appena fuori dal locale rimpiansi il caldo accogliente che si sentiva all’interno, ma tutto ciò durò poco perché dovetti sbrigarmi a tenere il passo andante dei miei amici che, a quanto pare, non vedevano l’ora di scontrassi in una battaglia all’ultima palla di neve.
Arrivati sul campo di battaglia ci dividemmo in squadre, tre coppie da due sorteggiate sul momento: Alicia e Fred, Angelina e Lee, io e George.
Al via io ed il mio compagno fuggimmo a ripararci tra gli alberi, mentre Fred e Alicia si nascondevano dietro la Stamberga e Lee costruiva una fortezza di neve assieme ad Angelina.
Io e George stipulammo un buon piano di attacco: avremmo utilizzato l’effetto sorpresa per colpire Fred e Alicia e poi ci saremmo occupati degli altri due.
Purtroppo le nostre prime vittime ebbero la nostra stessa idea e corsero veloci attraverso il campo di battaglia sbaragliando la fortezza che Lee aveva costruito con tanta cura e riducendola ad un mucchietto di neve.
A questo punto i due decisero di barare e di incantare le palle di neve perché volassero da sole contro il nemico.
Io feci per alzarmi e andare a gettarmi all’attacco, ma una palla di neve mal lanciata mi colpì in piena faccia facendomi traballare e cadere all’indietro, sotto all’albero.
George si piegò in due dalle risate e cadde in ginocchio scuotendo l’albero che gli fece piovere in testa un’altra buona quantità di neve.
A quel punto risi anche io.
Solo quando stavo ricominciando a respirare costantemente mi accorsi di quanto fossimo vicini, io seduta ai piedi del pino e lui di fronte a me, inginocchiato sulla neve.
Lo vidi farsi improvvisamente serio e divenni seria anche io di conseguenza, lo vidi avvicinarsi e posare le sue labbra sulle mie.
Velocemente ed altrettanto velocemente staccarsi da me quando sentì suo fratello che veniva a stanarci dal nostro nascondiglio.
Improvvisamente ricordai che stavamo ancora giocando.
George fu molto più lesto di me nell’alzarsi e nel correre all’attacco, io accettai la mano che Fred mi porse e mi tirai su, poi corremmo tutti al centro del campo per riempirci ben bene di neve.
Finita la battaglia, tornammo verso il castello, il tragitto fu molto chiassoso e movimentato, ma io non riuscii a parlare troppo, stavo ancora pensando a quello che era successo sotto a quel pino di fronte alla Stamberga Strillante.
George non sembrava averci fatto caso e procedeva tranquillo e solare come al solito.
Quando Angelina mi chiese se mi sentissi bene, risposi che ero solo molto stanca e così ebbi una buona scusa anche per fuggire immediatamente in camera da letto dopo la cena.
A nessuno sorsero sospetti ed io potei tranquillamente farmi una doccia calda e coricarmi, prima di sprofondare nel mondo dei sogni.


Bene bene, ecco qui il primo bacio tra George e la nostra Leo.
Mi scuso per la bassissima qualità della storia, ma, come ho già detto, ho perso il capitolo originale e mi è toccato riscriverlo da capo.
Spero che la vi sia piaciuto quanto piace a me e non voglio svelarvi nulla, ma sappiate solo che c'è ancora tanto da raccontare.
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Un animo anticonformista ***


Un animo anticonformista

Passarono uno, due, tre giorni e nessuno mi invitò.
Non ci speravo più di tanto, ma mi avrebbe fatto piacere ricevere un invito.
Quando l’invito giunse, io rifiutai.
Era stato Ivan ad invitarmi, uno degli amici di mio fratello.
Qualsiasi altra ragazza avrebbe accettato, non era affatto brutto ed era anche molto divertente, ma io mi ostinavo ad aspettare un invito che sapevo non sarebbe arrivato.
“Perché gli hai detto di no?” fece Angelina furibonda attirando a sé l’attenzione dell’intera Sala Comune di Grifondoro.
“Perché… beh, non mi andava” risposi.
“Si, come no. E io sono bionda” continuò lei.
Per lei era facile, da quando Fred l’aveva invitata il giorno stesso aveva intrapreso la carriera temporanea di accasatrice di amici per il Ballo del Ceppo.
“La pianti di voler accasare tutti quelli che non hanno ancora un accompagnatore” mi lamentai.
“O un’accompagnatrice” mi fece eco George, arrivato in quel momento assieme a suo fratello e a Lee “Fa così anche con voi?” chiese.
Io annuii.
“Perché non ci andate assieme?” chiese allora la mora riferendosi a me e a George.
Io avvampai immediatamente mentre lui scoppiò a ridere.
Lo guardai incredulo.
Non c’era un cazzo da ridere.
“Angelina, mettiti l’anima in pace, ok?” disse semplicemente.
Così la ragazza, vedendo sfumare ogni possibilità, cambiò discorso.
 
**
 
Dopo pranzo mi diressi al campo di Quidditch, mi sedetti sugli spalti e cominciai a leggere l’ultimo libro che mi ero fatta mandare, era un libro babbano, molto interessante.
“Ti cercavo” sentii la sua voce e non mi voltai nemmeno.
“Mh” risposi.
“Cosa leggi?” chiese.
“Noi, ragazzi dello zoo di Berlino” risposi freddamente.
“Psicoanalisi anche questa?” tentò.
“No” dissi “droga e prostituzione di ragazzi dei bassifondi”.
Sperai di averlo messo a tacere una volta per tutte, ma George continuò imperterrito.
“A proposito del Ballo” cominciò.
“Si?” chiesi senza alzare gli occhi dal libro.
“Io. Non sapevo cosa dire.”
“Non c’è niente da dire” feci io.
A questo punto lo sentii zittirsi e mi voltai.
Il mio sguardo era di ghiaccio.
“Mi dispiace” disse.
Ok, non ero preparata per delle scuse.
Con calma misi il segnalibro e poi riposi l’oggetto accanto a me.
“Qual è il problema?” chiesi cercando di mantenere un tono il meno acido possibile.
Lui scosse il capo.
“George” dissi piano “Vuoi venire al ballo con me?”
A quel punto fissò i suoi occhi castani nei miei.
Era meravigliato e stupito, non sapevo però, se positivamente o negativamente.
Poi sorrise, il solito sorriso raggiante e malandrino accompagnato da un sopracciglio alzato.
“Di solito è il ragazzo che invita la ragazza” disse.
“Lo so, sono sempre stata un animo anticonformista” risposi sorridendo anche io.
A quel punto mi baciò di nuovo.
Non come la prima volta.
Più dolcemente, più lentamente.
Fui io ad allontanarlo, lo guardai un momento negli occhi.
Leggevo il suo stupore e la sua preoccupazione.
Poi cedetti di nuovo e mi avvicinai a lui.
Mi prese il viso tra le mani e mi accarezzò le guance mentre prolungava quel bacio così dolce.
Poi, lentamente, ci staccammo.
Si fermò a fissarmi, mentre io raccattai immediatamente le mie cose e mi alzai.
Feci per andarmene, ma vidi che lui non mi seguiva.
“Non vieni a mangiare?” chiesi.
Lui semplicemente si alzò, continuando a sorridere, mi raggiunse, mi portò un braccio attorno alla vita e mi strinse a se.


Buongiorno, questo è probabilmente il mio capitolo preferito perciò eviterò di rovinarlo con qualsiasi idiozia io possa scrivere qui sotto.
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Balbettante Bambocciona Banda di Babbuini ***


Balbettante Bambocciona Banda di Babbuini

Erano passate due settimane dalla giornata ad Hogsmeade ed io e George eravamo tornati ai soliti rapporti di amicizia.
Quel giorno era comparso alla bacheca della sala comune un affisso che chiedeva la presenza di tutti gli alunni Grifondoro senza distinzioni in un’aula in disuso del pian terreno alle 14 del pomeriggio, lezioni sospese.
“Beh, o è una cosa talmente figa da sospendere le lezioni oppure è una cosa altrettanto terribile” disse Lee indeciso se esultare o meno.
Io feci spallucce.
La giornata passò veloce e scoprimmo che tutti gli alunni, divisi per casa, avevano un appuntamento come quello, sempre alle 14 dello stesso pomeriggio.
Inutile dire che quello fu l’argomento principale delle nostre discussioni fino alle fatidiche 14 quando, appena usciti dall’aula di Incantesimi scendemmo fino al pianterreno.
Trovata l’aula sunnominata entrammo.
“Secondo me ci fanno il cazziatone generale della storia di Hogwarts” mi fece George mentre entravamo.
“Ma no, non hai sentito che anche le altre Case si ritrovano?” risposi convinta.
“Sarà ma Fred si sta cagando in mano da stamattina” disse con uno sguardo rivolto al fratello che tentò di rispondere, ma preso alla sprovvista, vi rinunciò.
I ragazzi si fermarono dietro a Ron e ad Harry, appoggiati alla parete e io di fianco a loro.
“Hem hem” sentii la McGranitt tossicchiare.
Fred e George trattennero delle risate mentre io diventavo rossa come un peperone e mi accingevo a cambiare lato della stanza al più presto possibile.
Parlando con George non mi ero accorta che le ragazze si erano separate da noi andandosi a sedere sulla sinistra, mentre io avevo seguito i ragazzi sulla destra.
“Bene” cominciò la vicepreside.
Fece una pantomima lunga e assurda su di un Ballo del Ceppo storico del Torneo Tre Maghi e altre baggianate.
Alle mie orecchie arrivarono tre cose.
  • Numero uno: Festa!
  • Numero due: Balbettante Bambocciona Banda di Babbuini (frase che ripetemmo per giorni facendo a gara a chi riusciva a dirlo più volte senza attorcigliarsi la lingua)
  • Numero tre: “Weasley, venga qui”
E da quel ‘Weasley, venga qui’ niente e nessuno ebbe più il potere di distaccare la mia attenzione da Ron che ballava un lento con la professoressa McGranitt, fino a quando la donna non ci invitò a formare delle coppie per esercitarci.
“Non ci sperare” dissi ad Alicia che si alzò subito in piedi.
“Io vado” mi rispose.
“Io non ci penso nemmeno, forse Angelina” poi vidi che la mora stava già ballando con Fred e ripiombai sulla mia sedia mentre Alicia avanzò verso George.
“Mi conced…”
“No.” Risposi seccamente.
“Non concedi un ballo al tuo migliore amico?” chiese con finta disperazione il ragazzo accanto a me.
Non mi ero nemmeno degnata di guardare chi fosse e solo in quel momento mi voltai.
“Ah, sei tu Lee” dissi “in questo caso farò uno sforzo” sorrisi e mi alzai.
Ballammo e mi lasciai andare totalmente senza pensare a nulla.
Finita la musica la McGranitt ci congedò e noi ce ne andammo diretti nella Sala Grande dove consumammo una cena che, almeno per me, fu abbondante.
Dopo la cena ci trovammo in Sala Comune.
“Tu chi inviterai?” chiese Angelina a Lee, diretta e schietta come sempre.
“Non… non lo so ancora” rispose il moro.
“Oh io lo so bene chi inviterai, Lee” disse Fred con un tono malizioso.
“Chi?” feci curiosa ignorando le proteste del ragazzo che arrossiva visibilmente.
“Nessuno!” fece lui immediatamente.
“Dai, Jordan, sputa il rospo!” fece Alicia.
“Non c’è storia, lo saprete solo tra una settimana al ballo.” Disse risoluto scuotendo la testa.
E la conversazione fu chiusa lì.
Intavolammo un dibattito acceso sul Quidditch e poi la nostra attenzione si spostò verso le future carriere che avremmo intrapreso finita la scuola, dopodiché, giunte le undici di sera, andammo a dormire.


Buonsalve lettori, questo capitolo non è particolarmente lungo, ma spero sia comunque di vostro gradimento.
Detto ciò devo proprio scappare perchè sto morendo di fame (maledettissima dieta).
Un Bacio
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Il Ballo del Ceppo ***


Il Ballo del Ceppo

Quando la notizia giunse alle orecchie di Angelina, la ragazza non la finì più di sproloquiare su quanto avesse occhio per queste cose, come lei le definiva.
Alicia, invece, era troppo estasiata per l’invito da parte di mio fratello per aprire bocca e tantomeno per ascoltare Angelina.
Solo la sera della festa tutti seppi chi era la ragazza che Lee avrebbe invitato, era una Tassorosso del quinto anno con i capelli castani e mossi, gli occhi chiari e il viso dolce.
La conobbi la stessa sera emi piacque molto, la vedevo bene con lui.
Il Ballo del Ceppo era un’occasione per indossare abiti eleganti e per mettersi in tiro, i gemelli indossarono due semplici giacche nere e dei gilet bordeaux.
Al contrario di quello che mi aspettavo stavano piuttosto bene, mentre Lee, indossava un classico abito da cerimonia.
Angelina portava un abito color porpora, lungo fino ai piedi con le spalline sottili che le donava molto, Alicia invece aveva una gonna corta e ampia e un corpetto stretto color rosa pallido.
Io infilai l’unico abito che avessi mai posseduto, abito che mia madre mi costrinse a comprare prima di partire, abito che mio fratello considerava troppo corto, abito con cui io non mi sentivo affatto a mio agio.
Era corto e rigorosamente nero, con la gonna leggermente a ruota e decorato con del pizzo nero anch’esso.
Arrivammo in sala comune e li trovammo là ad aspettarci.
Io mi ero strategicamente posizionata dietro ad Alicia e le ero rimasta appiccicata fino a quando non giunsi abbastanza vicina ai ragazzi perché mi potessero squadrare per intero.
Vidi George sorridere divertito.
“Cosa c’è?” chiesi presa dall’imbarazzo.
“Perché ti vergogni? Stai bene” mi disse guardandomi negli occhi.
Abbassai lo sguardo per calmare il rossore che si stava impossessando delle mie guance e dei miei capelli.
Lasciai che mi prendesse per mano e lo seguii fino alla Sala Grande, addobbata a festa.
Aspettammo che un po’ di gente fosse già in pista, poi ballammo anche noi, io e George sulle note del classico lento d’apertura.
Quando cominciò la vera festa ci fiondammo in mezzo alla folla e ci scatenammo come si deve.
Eravamo tutti molto più sciolti, ci lasciammo andare senza problemi e ci divertimmo molto.
Ad un certo punto mi accorsi che Fred era sparito con Angelina, poi li intravvidi fuori dalla sala che si dirigevano nel parco.
Sorrisi pensando a che bella coppia fossero.
“Ti stai divertendo?” mi chiese George.
“Molto” risposi annuendo convinta.
Poi mi prese in vita, mi condusse fuori dalla sala, dove la musica era più tenue e dopo in una delle aule vuote del pianterreno.
Non so quanto tempo passò, ma rimanemmo là fino a tarda notte, noi due soli.
Erano le cinque del mattino quando, stanca, con il trucco rovinato, i capelli scomposti e scalza, avevo ormai rinunciato ai tacchi alti, tornai in dormitorio.
Alicia era già addormentata, Angelina, invece, si stava lavando i denti in bagno.
“Allora, com’ è andata con Fred?” chiesi mentre mi spogliavo.
Lei sputò nel lavandino e si prese il tempo di sciacquarsi la bocca e di asciugarsela prima di rispondere con un semplice ‘bene’.
Io alzai un sopracciglio scettica.
“Solo, bene?” chiesi maliziosa.
Lei annuì, poi puntò i suoi occhi castani nei miei.
“E tu?” chiese anche lei con un tono ricco di sottointesi.
“Bene” feci io imitandola.
“Pretendo dei resoconti dettagliati da te, Lancaster” fece.
“E io li pretendo altrettanto dettagliati da te, Jhonson” risposi pacata.
“Bene, allora a domani” disse mettendosi a letto “Anche Allie ha diritto di sapere” finì facendo un cenno con la testa rivolto alla ragazza.
Mi sdraiai anche io, persa nei miei pensieri.
Pensavo a George, alla festa e a tutto quanto.
Mi addormentai ancora con il vestito addosso.



Aspettate, aspettate a dire che ho deluso le vostre aspettative sul ballo, perchè i dettagli sulla serata devono ancora arrivare.
Vi chiedo solo di aspettare.
Vi imploro di aspettare.
ps. quando capirò come si possono inserire le immagini, ho le foto de
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Rivelazioni scottanti ***


Rivelazioni scottanti



La mattina mi svegliai quando il sole era già alto.
“Buongiorno” mi salutò Alicia, già lavata e profumata.
“Ciao” mugugnai alzandomi e dirigendomi verso il bagno.
Angelina uscì nell’esatto momento in cui io entrai, anche lei assonnata.
Mi lavai con calma e ci misi più del solito, ancora stordita dalla sera passata.
Quando uscii una furia bionda mi tempestò di domande.
“Allie, con calma, ha avuto da fare la notte scorsa con George” fece Angelina allusiva.
Io la fulminai con lo sguardo.
Mi sedetti sul letto di Angelina e cominciai a raccontare, sapendo che era una di quelle cose da fare subito e che prima cominciavo, prima avrei finito.
“Dove siete stati tutta la serata?” chiese Alicia.
“In un’aula al pianterreno” dissi conquistando uno sguardo malizioso da parte di Angelina.
“E non è successo niente” mi affrettai a precisare.
Alicia sorrise mentre Angelina fece spallucce.
“Tu e Fred?” chiese sempre la bionda.
Angelina avvampò.
“UUuh” feci io e lei arrossì di più, mi meritavo una rivincita, dopotutto.
“Siamo andati nel parco” disse lei vaga.
“E poi” insistetti.
“E poi nel mio dormitorio” terminò.
“Cosa?” gridai mentre saltavo in piedi da quel letto incriminato.
Lei sogghignò.
“Non ci credo” fece Alicia esterrefatta.
Lei sembrava estasiata dalla notizia, l’altra si godeva le attenzioni gongolandosi nel piacere, e io tentavo di manifestare la mia non-so-nemmeno-io-cosa che mi impediva di pronunciar parola.
Ero felice per lei, assolutamente, ma ero sconvolta.
Perché proprio in questa camera?
Scrollai la testa e sospirai.
Riaprii gli occhi e sorrisi alle mie due compagne di stanza, ad Angie in particolare.
“E va bene, ma la prossima volta trovatevi un altro posto” risi e anche loro scoppiarono in una risata fragorosa.




Ok, so che è corto, cortissimo, ma DOVEVO, inserirlo.
Spero di aggiornare presto e mi scuso di essere sparita nel nulla.
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** La Seconda Prova ***


La seconda prova

Arrivò gennaio e con esso la seconda prova.
Tutti gli studenti furono radunati sulle sponde del Lago Nero sulle quali erano stati costruiti delle specie di spalti in legno dove ci sistemammo.
Fred, George, Lee, io Alicia ed Angelina ci sistemammo sul piano più basso.
I campioni si tuffarono quando il cannone sparò il suo colpo e da quel momento passarono non più di dieci minuti quando la mia impazienza cominciò a palesarsi.
Dopo le mie infinite lamentele George mi portò un braccio intorno alla vita.
Mi voltai addolcita da quel gesto.
“Stai tranquilla, non manca molto” mi disse dolcemente lasciandomi un bacio sulle labbra.
Sapevo che in realtà mancava ancora più di mezz’ora ma per il momento mi tranquillizzai.
Dopo una manciata di minuti Dggory uscì dal lago assieme alla Chang, la sua presunta ragazza.
Mi rilassai appena.
La tipa di Beauxbatons si era ritirata, a quanto pare spaventata dagli avvincini, perciò la provasarebbe dovuto finire in poco tempo, sperai.
Passò poco tempo che la mia agitazione si palesò un’altra volta.
“Quanto ci vuole ancora?” chiesi per l’ennesima volta e Angelina, per l’ennesima volta, alzò gli occhi al cielo esasperata rispondendo che non lo sapeva, che nessuno lo poteva sapere.
Mi zittii per qualche secondo.
“Basta, io me ne vado” dissi non riuscendo più a sopportare la tensione ed ignorando le voci degli altri che mi intimavano di restare.
Poi un boato grandioso si alzò alle mie spalle e mi voltai di scatto per capire cosa fosse successo.
Corsi indietro dal mio gruppo e notai che anche l’ultimo campione era riaffiorato sano e salvo e con lui eravamo al completo.
Sospirai sollevata ed applaudii anche io.
**
Quella sera a cena tutti parlavano della prova e del giro di scommesse che avevamo messo in atto.
Stavamo facendo un bel bottino, ma aspettavamo l’incasso dell’ultima prova, che sarebbe stato il più generoso.
“Come siamo messi ad incassi?” chiese Lee raggiungendosi ed accomodandosi tra Alicia e me.
“Molto bene” dissi raggiante distogliendo per un attimo lo sguardo da George che continuava a contare galeoni e da Fred che li appuntava meticolosamente su di una pergamena unta e bisunta.
“Ah, quasi dimenticavo” dissi cominciando a frugare nella mia borsa.
“Che cosa?” mi fece Fred abbandonando per un momento il suo lavoro.
“Questa” dissi tirando fuori un foglio di pergamena ancora intonso.
“Wow Leo, ma non mi dire! Hai scoperto la carta! Che invenzione rivoluzionaria!”
Gli altri scoppiarono a ridere alle parole di Fred, ma io li fermai.
“Non è una pergamena qualunque, deficienti” feci, poi ne strappai un pezzetto e glielo ficcai sotto al naso “assaggia” ordinai.
Lui guardò il fratello preoccupato.
“Non ho più fame, grazie” fece lui, ma io insistetti.
“Assaggia, Weasley!” ripetei imperterrita.
A quel punto, riluttante, prese il foglietto e lo appoggiò sulla lingua.
La sua espressione mutò dallo schifato all’interessato misto sorpreso.
“Allora?” chiesi gongolandomi nel momento di gloria.
“E’ fantastica!” disse raggiante.
Ne prese due altri pezzetti e li offrì al fratello e a Lee.
Alicia tossicchiò e ne fu dato un angolo anche a lei e uno ad Angelina.
“Sa di menta” fece quest’ultima degustando il suo pezzo di pergamena estasiata.
Io annuii.
“L’ho chiamata pergamenta” dissi orgogliosa.
“E’ fantastica” le fece eco Lee.
“Grazie, grazie” feci inchinandomi al fantomatico pubblico che mi stava di fronte.
“Sarà la nostra nuova produzione” cominciò Fred.
“Andrà a ruba” continuò il fratello, poi mi guardò con ammirazione e io gli sorrisi.
“Potreste lanciare delle offerte, andranno a ruba assieme alle piume di zucchero” fece Alicia.
Tutti furono d’accordo.
È inutile precisare che la serata si svolse parlando di affari e di progetti riguardanti il futuro.
Avevo ancora qualche idea da mettere a punto, ma ancora non volli svelare niente.
Diamo tempo al tempo.
Il giorno seguente si sarebbe tenuta la partita di Grifondoro contro Tassorosso ed io ero stata reclutata come sostituta al posto di Angelina che, dall’ultima partita era rimasta infortunata e, nonostante ora stesse alla meglio non era né riuscita a guarire del tutto, né ad allenarsi in modo sufficiente.
Non le andava a genio di dover saltare una partita, ma d’altra parte la sua presenza in squadra sarebbe stata solo un peso, anche se lei si rifiutava di accettarlo e malediva Baston per questa sostituzione.
Andai a letto abbastanza presto da potermi svegliare fresca e riposata, pronta per la partita.




E' vero, avevo detto un capitolo alla volta, ma dato che sono stata assente per un po' di tempo e che l'ultimo capitolo era corto in modo imbarazzante ho voluto rimediare.
Spero vi piacerà.
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Non ti facevo così romantica, Lancaster ***


Non ti facevo così rimantica, Lancaster

Quella notte le stelle brillavano luminose per il freddo e, mentre le mie compagne dormivano beate nei loro letti, io mi alzai in piedi, non riuscendo a dormire.
Non avevo idea del perché non fossi riuscita a chiudere occhio quella sera, semplicemente non sentivo sonno.
Era ormai la fine di gennaio e febbraio era alle porte, ma il freddo non si era deciso a desistere.
Mi alzai da letto e mi avvolsi nel cardigan color nocciola che Alicia mi aveva regalato per natale, era un caldo cardigan di lana, lungo fino al ginocchio ed infinitamente caldo e comodo.
Nel dormitorio di Grifondoro era sempre caldo, estate e inverno.
Perciò il mio misero pigiama consisteva in una canottiera o, al massimo una maglietta a maniche corte ed un paio di pantaloni, lunghi o corti, ma comunque di tessuto leggero.
Sottrarsi al tepore del mio caldo letto a baldacchino fu faticoso, ma la vista oltre la mia finestra era qualcosa che meritava davvero questo piccolo sforzo.
Continuai a contemplare il cielo e le stelle che si specchiavano bianche, limpide e luminose nel Lago nero quando Alicia cominciò a bisbigliare nel sonno.
Non volli svegliarla e mi rimisi a sedere sul mio letto.
Udii dei ticchettii che ricondussi al vento contro le finestre, ma mano a mano essi si facevano più insistenti ed io dubitavo sempre più che si trattasse del vento.
Presa dalla curiosità mi alzai.
Mi sistemai il cardigan e alzai lo sguardo incontrando due occhi ridenti ed un largo sorriso fuori dalla finestra.
Aprii piano per evitare il rumore e mi affacciai.
“Ciao” mi fece.
“Che ci fai qui?” sussurrai senza riuscire a trattenere un sorriso.
“Non avevo voglia di dormire e a quanto vedo nemmeno tu” disse continuando a sorridere raggiante.
“E come lo sapevi signor so-tutto-io?” dissi prendendolo in giro.
Lui alzò un sopracciglio e mi guardò scettico.
“La mappa, giusto, la mappa” mi risposi da sola e lui scoppiò a ridere.
Lo intimai ad abbassare il tono per non svegliare nessuno.
“Allora? Non Sali?” mi chiese indicando il retro della sua scopa.
“Mh perché no” risposi ed aggrappandomi a lui salii sulla scopa.
Lui si voltò e mi fissò un attico, mi posò un bacio delicato sulle labbra e mi avvolse nel suo mantello, poi cominciò a scendere nel buio del parco.
Il freddo lambiva ogni angolo della mia pelle e, pungente, mi faceva tremare.
Mi strinsi più vicina a lui, le mani attorno alla sua vita percepivano i muscoli scolpiti sotto la maglietta, anche la sua decisamente troppo leggera per il clima.
Appoggiai la testa alla sua spalla e chiusi gli occhi, mi portò in giro a lungo e quando si fermò di nuovo davanti alla mia finestra mi accorsi che dovevano essere passate almeno un paio di ore.
Scesi sul davanzale e mi voltai per baciarlo sulle labbra.
Lui si avvicinò a me e, stringendomi a sé con una mano approfondì il saluto.
Quando si staccò da me lo guardai per un attimo negli occhi, poi rientrai al caldo nella mia camera.
“Perché?” chiesi semplicemente.
Non lo vidi affatto sorpreso dalla domanda.
“Perché, Leo? Semplicemente perché ti amo” rispose sorridendo.
Lo aveva detto.
Lo aveva davvero detto.
Io non ebbi la prontezza di rispondere e me ne rimasi lì imbambolata a fissarlo, probabilmente con un sorriso sghembo sulle labbra.
“Mi serviva un’occasione per dirtelo, non credi?” mi fece accennando ad una risata.
Sospirai anche io divertita.
“Hai ragione, vorrà dire che dovrò trovare io l’occasione per rispondere alla tua affermazione, adesso” feci maliziosa.
“Non vedo l’ora” disse e fece per voltarsi, ma non resistetti e sputai fuori i miei sentimenti.
“George” lo richiamai “anche io ti amo” dissi.
Poi aggiunsi “tranquillo, ciò non implica che l’occasione a cui stavo facendo riferimento prima verrà eclissata”.
Lui mi sorrise dolcemente e si avvicinò per baciarmi un’ultima volta sulle labbra prima di tornare al dormitorio maschile.
**
Il giorno seguente fui richiamata almeno un centinaio di volte da Angelina, che, in banco con me, non poteva fare a meno di notare la mia totale assenza.
“Che c’è?” mi chiese anche se sapeva benissimo la risposta.
Io la guardai semplicemente.
“Oh, ancora con questa storia?” disse sbuffando.
Io cambiai la mia espressione in una leggermente offesa, ma vi rinunciai subito non appena la campanella suonò la fine delle lezioni.
Uscimmo dall’aula per dirigerci in Sala Comune.
Improvvisamente mi venne un lampo di genio, presi George per un braccio e gli intimai di seguirmi.
Lui ubbidì senza proferire parola.
Lo condussi su per le scale, fino al corridoio del settimo piano.
Lui riconobbe l’arazzo di Bandaba il Babbeo bastonato dai troll e mi sorrise malizioso.
“Non farti strane idee, Weasley” feci proprio un attimo prima che la porta della Stanza delle Necessità comparisse davanti a noi.
Entrammo e lo vidi nettamente sorpreso di ritrovarsi circondato da un laboratorio di pozioni.
“E’ così che mi confessi il tuo amore?” mi chiese con fare disperato “in mezzo ai calderoni? Non sarai micca figlia di Pitno eh?” aggiunse guardandomi con fare diffidente.
Io risi.
“No, scemo” dissi “Il primo giorno che ci siamo conosciuti, mi hai chiesto di vedere il mio tatuaggio, ricordi?”
Lui ci pensò un attimo su, poi annuì perplesso.
“Bene” cominciai alzando appena e molto, molto lentamente il lembo del maglioncino che indossavo.
Quando arrivai appena sotto al seno mi interruppi e mi voltai indicando con l’indice un piccolo ghirigoro che si contorceva sul mio fianco sinistro.
Lo vidi avvicinarsi e sfiorare il mio segreto con due dita.
Le sentii bollenti a contatto con la mia pelle.
“E’ una runa” precisai e lui alzò lo sguardo puntando i suoi occhi nei miei.
“Significa orgoglio” dissi.
“Perché proprio orgoglio, non fa così… serpeverde?” chiese.
“Abbastanza” feci “ma non puoi negare che l’orgoglio per me non sia tutto” continuai “sia una spinta verso l’essere migliore, sia la peggior cosa che mi sia mai capitata”
Lui annuì sorridendo sempre di più ad ogni mia parole.
Mi riscossi solo un attimo dopo dalla celestiale visione del suo sorriso.
Abbassai la maglia mentre lui spostava le dita, ancora ferme sotto al mio seno.
“Guarda” dissi muovendomi verso un calderone che conteneva un liquido violaceo “questa pozione, è il tatuaggio che mi ha ispirata” dissi.
“Che pozione è?” mi domandò interessato.
“Dovrebbe creare un tatuaggio temporaneo, sul polso di chi la beve compare un cuoricino che diventa rosso quando è in compagnia della persona amata” spiegai.
“E quanto dovrebbe durare?”
“Tanto quanto durerà l’amore di chi la beve”
“Non ti facevo così romantica, Lancaster” disse lui con una smorfia divertita.
“Non penserai micca che avessi intenzione di berla io eh!” feci tirandogli un pugno sul braccio.
Entrambi scoppiammo a ridere.


Buona sera a tutti, allora è vero che avrei dovuto pubblicare questo capitolo domani, ma tra le mie millemila long da terminare e il più che imminente orale di matematica -arg- avrei finito certamente con il saltare questo capitolo, dimenticarmelo e postare direttamente il tredicesimo.
Perdunque, eccovi il dodici C:
Leo vi augura la buona notte :3

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Litigi e Disguidi ***


Il clima si faceva a poco a poco sempre più caldo mentre le vacanze di Pasqua erano alle porte.
L’odore della primavera si sentiva fin troppo bene per permettere agli studenti di concentrarsi sui libri.
Tuttavia nella torre di Grifondoro stava scoppiando il pandemonio e, nonostante, la bella giornata, uno spettacolo inaspettato costringeva tutti gli studenti della casata nella Sala Comune, per assistere alla scena.
“Come hai potuto?” chiesi urlando mentre scendevo le scale che conducevano al dormitorio.
“Leo...”
“Leo un cazzo, sai cosa? Fottiti, tu e tuo fratello!”
Il sunnominato fratello, nel frattempo, se ne stava indietro, senza proferir parola.
“Mi vuoi ascoltare?” chiese con tono esasperato Weasley.
“No, George, non ti voglio ascoltare” risposi con lo stesso tono.
“Ti prego”
A quelle parole alzai gli occhi al cielo, non potevo credere di essere caduta così in basso.
“Addio” dissi voltandomi ed uscendo dalla Sala Comune.
Nessuno tentò di fermarmi.
Li capivo, se solo ci avessero provato li avrei schiantati sul momento.
Uscii e mi diressi al Campo di Quidditch.
Contrariamente a quanto si può sperare, ad Hogwarts non esiste un solo luogo per starsene da soli.
Mi accantonai sotto gli spalti, al buio delle tende pesanti con i colori della quattro case.
Di solito ci venivano gli studenti per pomiciare, ma in quel momento mi sembrava vuoto.
Mi rannicchiai e cominciai a rimuginare su ciò che era appena accaduto.
Forse ero stata troppo brusca, ma avevamo un accordo.
Io ho inventato quei prodotto, io volevo il mio nome scritto su quei prodotti.
Questa è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Succede fin troppo spesso che loro si prendano il merito di ciò che io invento.
Se la priva volta avevo creduto che ci fosse stato un malinteso, che la cosa non si sarebbe ripetuta, beh, adesso ero certa che mai avrei rivelato loro qualsiasi altra ma invenzione.
Non avevano bisogno del mio aiuto, a quanto pare.
Non volevo essere presa in giro in quel modo ancora una volta.
Avevamo bell’e chiuso.
L’unico mio problema era che, per quanto la cosa fosse già accaduta, da George continuavo a non volermelo aspettare.
Quella pozione, quella per il tatuaggio…
E lui e Fred l’avevano spacciata per loro.
Non gliel’avrei mai e poi mai perdonata.
Mai.
Lasciai che le lacrime scorressero sulle mie guance, esse rappresentavano il dolore per la perdita del ragazzo che amavo e l’amarezza per il torto che mi aveva fatto.
Non mi asciugai la faccia e lasciai che i solchi umidi permanessero sul mio viso.
Probabilmente loro erano dentro a vendere il nuovo prodotto orgogliosamente marcato Weasley alla folla che si era accalcata nella Sala di Grifondoro, oppure stavano scherzando e ridendo sull’accaduto come facevano su ogni cosa seria che avvenisse.
In entrambi i casi non avevo voglia di vederli né di sentirli.



Hello a tutti, lo so che ormai i capitoli di questa ff vengono postati una volta ogni morte di papa, ma è diventata davvero difficile da scrivere.
tuttavia, ho promesso di non abbandonarla e non lo farò, vi chiedo solo di essere pazienti.
Un bacione ed un grazie immenso a chi ancora, dopo tutto questo tempo, segue la mia storia.
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Cioccolate notturne ***


Avevo fame, avevo davvero troppa fame.
Ci pensai su per un po’, ma più ci pensavo e più mi veniva fame, così alla fine, mi decisi.
Saltai giù dal letto e, scalza e con un misero pigiama composto da un paio di pantaloni lunghi a quadretti scozzesi ed una canottiera bianca, troppo leggero per il freddo clima del Castello, scesi fino ai sotterranei, fino alle cucine di Hogwarts.
Ero certa che nessuno fosse in giro, erano le tre di notte, eppure temevo di incontrare qualcuno.
Soprattutto un qualcuno dai capelli rossi…
Fui fortunata, riuscii a scendere fino alla cucina e a prepararmi una cioccolata calda con panna e biscotti senza che nessuno si accorse della mia capatina proibita.
Quando la mia pancia fu bella piena, bevvi l’ultimo sorso di cioccolata e, sbadigliando, andai a posare la tazza sporca nel secchiaio.
Gli elfi non gradivano quando rimettevo a posto, così non pulii ciò che avevo usato e feci per ritornarmene in dormitorio.
Come se uno solo dei miei piani filasse mai liscio.
Mentre uscivo dalla porta, sbattei contro una maglietta nera.
“Oh Merlino! Scusami!” sentii una voce maschile ed alzai gli occhi a guardare in faccia il ragazzo che mi sovrastava di diverse spanne.
Travis qualcosa…Travis…
“Travis Hack, Serpeverde” disse sorridendo e porgendomi la mano.
Io mi scostai in modo che potesse entrare e, finalmente, decisi che era ora di far uscire voce dalla bocca.
“Leo Lancaster, Grif…”
“Grifondoro, lo so”
Oh… lo sa?
“Posso offrirti qualcosa Leo Lancaster?” chiese avvicinandosi al fornello.
“Mi dispiace, a dire la verità ho appena bevuto una tazza di cioccolata con i biscotti, ma se vuoi resto a farti compagnia”
Lui acconsentì con un “Si, mi farebbe piacere, grazie”.
Dio, non avevo mai conosciuto un ragazzo più educato!
E per di più Serpeverde… non sembrava avere la puzza sotto al naso come molti suoi compagni, magari perché ero purosangue… mah, ragazzi.
Quando ritornai in dormitorio e guardai l’ora sulla sveglia di Angelina mi accorsi che ero stata via per diverso tempo, realizzai con una punta di stupore di parlato con Travis per più di un’ora.
Travis era davvero un bravo ragazzo, intelligente e molto gentile.
Essendo ormai le due ed un quarto, facendo due conti realizzai che, se la matematica non era un’opinione, mi restavano sì e no cinque ore di sonno.
Cercai dunque di addormentarmi per non perdere altro tempo o il giorno dopo sarei stata completamente fusa, ma il mio cervello continuava a presentarmi immagini di Travis e frammenti della nostra conversazione notturna intermezzati da ricordi delle varie discussioni con George.
Non volevo pensarci, non lo facevo di proposito, semplicemente mi veniva così!
Ci misi davvero tanto ad addormentarmi ed il giorno dopo mi svegliai pallida come un lenzuolo e con gli occhi cerchiati come un procione.
“Ma che hai fatto?” mi chiese Alicia non appena mi vide uscire dal bagno, ancora mal messa ed in condizioni pietose.
“Non riuscivo ad addormentarmi” dissi. Non stavo mentendo, ma non stavo dicendo nemmeno tutta la verità, non so perché lo feci, probabilmente non avevo voglia di spiegare. Di solito cerco di evitare di parlare la mattina presto e sapevo che quello sarebbe stato un discorso lungo e tempestato di domande da parte sia della mora, sia della bionda.
Mi sistemai alla meno peggio e scesi assieme alle ragazze in Sala Grande per la colazione.
Quando entrai vidi Travis al tavolo dei Sereverde salutarmi e ricambiai subito con un sorriso.
“Tu conosci Travis Hack?” mi chiese Alicia sorpresa.
Io annuii. L’ho detto che ero restia a parlare appena sveglia.
“Da quando?” chiese Angelina.
“Non da molto” dissi.
Insieme ci sedemmo al tavolo dei Grifondoro: Alicia, Angelina ed io.
Poco dopo arrivarono i ragazzi, io mi irrigidii, ma cercai di far finta di niente.
Lee si sedette di fianco a me, mentre i gemelli ci si sedettero di fronte.
“Allora che cos’abbiamo oggi?” fece Lee allegro come sempre.
“Pozioni, pozioni, Storia della magia, Trasfigurazione e Incantesimi” risposi tetra.
“Miseriaccia!” fecero i due rossi all’unisono.
Io scoccai loro un’occhiata, ma non proferii parola.
Si prospettava una lunga giornata.



Ormai credo abbiate perso le speranze con questa storia, ma io no! Con la calma e la flemma di un vecchio bradipo con l'artrosi procedo capitolo dopo captolo.
Questo doveva essere particolarmente lungo (più dei miei soliti standard) dato che ultimamente, per ragione a me sconosciute, tendo ad essere prolissa (e appunto vi sto annoiando con chiacchiere senza senso) perciò l'ho diviso in due.
Spero il capitolo vi piaccia e la storia continui ad intrigarvi, diciamo che finalmente è arrivata una bella svolta!
Ora vi saluto davvero, alla prossima!
Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Brutte Sorprese ***


Quando dissi che si prospettava una lunga giornata non immaginavo nemmeno lontanamente le infernali pene che avrei dovuto patire nel corso di tutta la mattinata.
Promemoria per me: non sedersi mai più accanto a Lee durante pozioni, ne va della mia sanità mentale.
Sono uscita dalla seconda ora di lezione nei sotterranei con un diavolo per capello, letteralmente, avevo i ricci di un rosso talmente acceso che quando sono entrata nell’aula di Storia della Magia il professor Rüf mi ha scambiata per una Weasley.
Per quella terza ora di lezione decisi di scegliere il mio posto più accuratamente e mi piazzai in fondo alla classe accanto ad Alicia, dimentica per un istante di quanto la mia amica fosse pettegola.
Non ascoltai una sola parola del professore fantasma e non perché trovassi la materia noiosa, credo di essere una dei pochi studenti a cui veramente piace Storia della Magia, a parte la Granger, ovviamente, in ogni caso, il motivo per cui non riuscii a seguire ciò che veniva detto in classe erano le continue domande di Alicia.
“Come fai a conoscere Hack?”
“Te l’ha presentato George?”
“Perché non l’ha presentato a me? Avrei potuto provarci con lui ad Halloween…”
“Ti ricordi con chi è andato alla festa di Halloween?”

Quando la campanella suonò sentii il coro dell’allelujah.
Essendo ora di pranzo ebbi una buona scusa per deviare il discorso sul cibo e su quanto avessi fame.
Entrando salutai Travis al tavolo dei Serpeverde e mi sedetti accanto ad Angelina, l’unica in cui potevo riporre le mie ormai flebili speranze in quella giornata disperata.
Ingurgitai la mia zuppa di piselli e ne presi una seconda doppia razione, poco prima che finissi anche questa scodella mi sentii arrivare una gomitata nelle costole dalla mora.
Mi voltai contrariata e notai che il suo sguardo era fisso su quel Serpeverde che avevo poco prima salutato.
Travis stava uscendo dalla Sala Grande e mi fissava, quando lo vidi mi sorrise e sostenne lo sguardo più a lungo accennando impercettibilmente con la testa all’esterno.
Finii in fretta di mangiare per potergli andare a parlare. Era stato molto cortese a non venire al tavolo per dirmi ciò che mi voleva dire, George avrebbe reagito male e lui aveva colto questa sottile sfumatura. A me non sarebbe cambiato niente, ero abbastanza serena a riguardo, ma ero assolutamente certa che George avrebbe minimo minimo fissato Travis di sottecchi borbottando ogni specie di commenti per l’intera durata dell’ipotetica conversazione.
Mi congedai dai miei compagni e uscii dalla Sala Grande, incontrai il serpeverde che mi salutò con un sorriso gentile e ricambiai.
“Tutto bene?” chiese.
“Tutto bene” risposi “tu?”
“Tutto a posto… ehm… abbiamo la partita domani: Serpeverde contro Grifondoro” fece.
Io annuii.
“Volevo farti l’imbocca al lupo, da Cacciatore a Cacciatore” sorrise.
“Crepi! E in bocca al lupo anche a te!” sorrisi allungando la mano per farmela stringere.
Lui l’afferrò, ma sembrò quasi impercettibilmente deluso, come se si aspettasse di più.
Il giorno seguente avrei giocato nella squadra di Grifondoro al posto di uno dei Cacciatori a cui era esploso il calderone pieno di morte apparente in faccia… brutta storia il povero Neil.
Tornata in Sala Grande vidi che se n’erano tutti andati, quel pomeriggio era libero dalle lezioni, come tutti i venerdì, perciò andai a cercarli nel parco.
Li trovai sulle rocce del Lago Nero e li raggiunsi a passo svelto.
“Allora cosa doveva dirti di così privato Travis?” fece Alicia.
“Voleva farmi l’imbocca al lupo per la partita di domani” risposi.
“Me lo immagino che in bocca al lupo volesse farle” sbuffò George al fratello, ma decisi di placare la mia rabbia e ignorarlo.
“Devi farlo nero domani” si raccomandò Lee.
“Tranquillo, se non ci penserà lei se ne occuperà George” rispose Fred facendo arrossire il gemello.
Passammo il pomeriggio a far niente nonostante il proposito iniziale fosse stato quello di studiare incantesimi.
Angelina e Fred continuavano a scambiarsi effusioni mentre Lee li prendeva in giro facendo incazzare in gemello in questione, Alicia tentava esasperatamente di convincermi a presentarle uno degli amici di mio fratello.
Ormai stava arrivando la primavera e le giornate si stavano allungando, ma la sera era sempre freddo, così rientrammo al castello sul presto.
Giunti all’ingresso ci dividemmo: Alicia salì alla torre assieme a Lee e Fred per andare a farsi una doccia, Angelina andò all’ufficio del professor Vitious per scontare la sua punizione (sistemare i libri del professore non era un gran castigo per una che era stata beccata nel bel mezzo della lezione a russare sonoramente), George scomparve nel nulla, mentre io salii alla biblioteca per restituire un libro.
Appena varcai la soglia mi inciampai in una sedia lasciata fuori posto facendola cadere e facendo infuriare Madama Pince che sputacchiò più che mai nell’urlarmi il suo solito “shhhhhhh” accompagnandolo, come si addice ad una brava bibliotecaria, dall’indice sulle labbra.
Le detti il tomo e me ne andai di corsa, sì, mi ero accorta di Travis che mi guardava dallo scaffale di Trasfigurazione, probabilmente aspettando che io lo salutassi, ma feci accennai solo ad un sorriso, poi scappai via. Non ne potevo più di stare là dentro con la consapevolezza di aver attirato l’attenzione di tutti quanti su di me. E poi chissà come mai continuavo a ritrovarmi quel Serpeverde ovunque andassi… magari era il fato che mi stava suggerendo qualcosa… chi può dirlo…
Uscita tirai un sospiro di sollievo e mi ricomposi i capelli specchiandomi in una finestra. Erano diventati corti dallo spavento, spettinati e di un viola pallido, quello che prendono ogni volta che ho l’influenza e sbocco l’anima, per intenderci.
Scendendo le scale di corsa e percorrendo la strada verso la Torre di Grifondoro mi rendevo sempre più conto di quanta fame avessi, così decisi di deviare verso la Sala Grande.
Grande mossa Leo, sul serio, mi prenderei a pacche sulle spalle da sola se ciò non mi facesse sembrare una completa deficiente.
Certe volte il destino è davvero uno stronzo.
Mentre pensavo al pollo fritto che mi aspettava a pochi gradini nella Sala Grande, incontrai niente popo di meno che George Weasley in persona (proprio lui!) che si faceva trascinare non voglio nemmeno immaginare dove da una biondina di Beauxbatons.
Rimasi impietrita alla vista di ciò, ma per fortuna nessuno dei due si accorse di me.
Il primo istinto fu quello di buttarmi per terra, poi pensai di tornare in biblioteca a cercare Travis, ma mi resi conto che non sarebbe stato affatto corretto per il povero Hank, soprattutto visto quanto lui era stato gentile con me. Così feci dietrofront e corsi di sopra verso la mia camera.
Gli occhi mi bruciavano, ma mi rifiutai di versare anche una sola lacrima per quell’essere abominevole.
Arrivata là mi fiondai a letto, Alicia e Angelina dovevano essere a cena, fortunatamente.
Poco dopo mi addormentai, esausta di tutto e di tutti.




Finalmente torno ad aggiornare questa ff con un capitolo ultimato e ricorretto proprio cinque minuti fa.
La buona notizia? Ho finalmente ritrovato l'ispirazione e ho già in mente cosa scrivere nei prossimi 2/3 capitoli.
Speriamo che les professeurs mi lascino un pochino di tempo da dedicare a questa storiella che continua ad affascinarmi come nessun'altra che abbia mai scritto.
Per ora vi lascio (vi prego di non odiarmi troppo per questo capitolo, ma dovevo proprio inserire un po' di movimento, no?).
Un bacio.
La vostra Leo

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Doppia Colazione ***


Mi svegliai con un mal di testa terrificante e, alzandomi, mi resi conto che faticavo a muovere il collo e che avevo la schiena incriccata come se avessi dormito sul cemento.
Tirandomi su mi lamentai ed attirai su di me lo sguardo di Angelina che si era svegliata anche lei da poco.
“Tutto bene?” chiese.
“Mh” fu la mia unica risposta mentre mi rigettavo con la testa sul cuscino e tiravo le coperte fin sopra la testa.
“Lo prendo per un no…” commentò, ma ebbe il buonsenso di lasciarmi stare.
Mi ci volle del tempo prima di riuscire a scendere a colazione assieme a lei e ad Alicia.
Mi sedetti e cominciai a fissare il toast al formaggio che avevo nel piatto, senza la minima voglia di assaggiarlo.
Sentivo lo stomaco brontolare, ma la sola idea di inghiottire qualcosa mi faceva venire da vomitare, è mai possibile?
Alla fine cominciai a dargli piccoli morsi, ma sempre senza convinzione.
Quando arrivarono i tre ragazzi, Lee si sedette di fronte a me e il solo vederlo ingozzarsi di pancetta mi fece passare anche quella misera voglia di cibo che avevo e lasciai il toast a metà.
Lanciai un paio di occhiate a George, seduto di fianco a lui, poi la smisi per paura di sembrare paranoica.
Avrei voluto proprio chiedergli che fine avesse fatto la sua bella biondina, ma me ne stetti zitta per ovvi motivi.
Oggi non avremo avuto lezioni e io contavo di potermi dedicare un po’ al libro che stavo leggendo da più di un mese e che ancora non ero riuscita a finire.
Così, fino alle 10 di quel mattino me ne stetti buona buona sulle rive del lago nero a farmi i fatti miei, ma verso quell’ora il mio stomaco cominciò a non poterne più e dovetti risalire al castello per mangiare qualcosa.
Scesi nelle cucine indecisa se prendere un panino con la marmellata di zucca o con quella alla menta, aprii la porta e sbam.
Colpii qualcuno che stava proprio dietro l’uscio.
“PER GODRIC!” gridai precipitandomi a vedere che danno avessi fatto.
Quando il malcapitato si voltò, notai, a parte il naso sanguinante, che si trattava di una faccia conosciuta.
“Travis, per la miseria! Mi dispiace, non sai quanto mi dispiace, mi dis…”
“Sarà destino che ci incontriamo sempre nelle cucine io e te” fece lui alzandosi da terra.
“Travis, io… per la miseria!” continuavo a ripetere periodicamente mettendomi le mani nei capelli blu per la pura e la vergogna assieme.
“Tranquilla, Leo, sto bene” disse sorridendomi mentre, con tovagliolino inumidito si tamponava il naso.
“No, io…”
“Leo, io soffro di epistassi, non è colpa tua, mi capita spesso”
“Ti capita spesso che ti vengano sbattute porte in faccia?” domandi.
Rise.
“No, mi capita spesso di perdere sangue dal naso”
Io non risposi.
“Davvero… siediti, per favore, mi fai venire l’ansia se continui a girare avanti e indietro”
Io obbedii sempre rimanendo in silenzio.
Dopo un attimo si sedette sulla sedia accanto alla mia.
“Allora, che eri venuta a fare qui?” chiese.
“Colazione”
“A quest’ora?” sorrise.
“Si, stamattina non avevo fame… tu?”
“Avevo voglia di ciambelle” rispose scrollando le spalle.
“CI SONO LE CIAMBELLE??” gridai.
Lui annuì.
Corsi a frugare tra la dispensa, le mensole e ogni angolo della cucina finché non le trovai; ne acchiappai un paio e mi sedetti al tavolo cominciando a divorarle.
“Avevi davvero fame…” commentò sorridendo divertito.
Io alzai lo sguardo e annuii appena continuando a masticare.
“Allora verrai a fare il tifo per me alla partita di oggi?” chiese una volta che ebbi finito di mangiare.
Giusto, mi ero dimenticata della partita.
“Certo!” affermai convinta “tiferò solo e soltanto per il mio amico Travis, ma non per la sua squadra. Devo ricordarti che se vincete questa partita contro Tassorosso rischierete di raggiungerci?”
“Come dimenticarlo…” soffiò.
Mi squadrò per un momento come se volesse dire qualcosa, poi scosse la testa e disse soltanto: “ci si vede più tardi alla partita, allora”
“A più tardi” lo salutai a mia volta.
Lui si alzò e si avviò fuori dalle cucine verso la sua Sala Comune, io rimasi a bere un bicchiere di latte, poi me ne andai a mia volta alla Torre di Grifondoro.





BUONSALVE!!!
Beh, non so davvero come scusarmi per questo ritardo, ma ormai è diventata routine, no?
(niente crucio, vi supplico)
L'unica scusante è che non so proprio come portare avanti questa storia, ahimè manco della tanta ispirazione che mi aveva spinta a postare i primi capitoli.
MA HO UNA BUONA NUOVA!
Il prossimo capitolo sarà più lungo (dovevano essere uniti, ma visto che sto pubblicando capitoli abbastanza corti, ho preferito lasciare questo microcapitolo e il prossimo un po' più lungo) e molto mooooolto interessante. Vedremo Leo alla partita di Quidditch di Serpeverde contro Tassorosso alla quale saranno presenti, ovviamente anche Angelina, Alicia, Lee ed i miei amati gemelli.
Aggiornerò presto! Prometto!!!
Per ora vi saluto.
Non dimenticatevi di recensire e fatemi sapere cosa ne pensate della storia e dei personaggi; accetto molto volentieri anche eventuali vostre idee.
Un bacio.
La vostra autrice ritardataria (Leo).

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2771520