Storie della Città di Mezzo di claudineclaudette_ (/viewuser.php?uid=44478)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Un luogo senza luce ***
Capitolo 2: *** II. Epilogo ***
Capitolo 3: *** I. La locandiera ***
Capitolo 1 *** I. Un luogo senza luce ***
Prima storia
I. Un luogo senza luce
E’ buio. E’ tutto buio qui.
Seara dice che non bisognerebbe stare al buio, ma ho troppa paura per
muovermi.
Qui sono al sicuro. Continuo a ripetermi. Qui non mi troveranno.
Sono in un vicolo, una casa abbandonata, un vecchio magazzino.
Non importa il luogo, basta che loro non mi trovino.
Da quando siamo in questo posto… hanno cominciato a morire
tutti, uno dopo l‘altro. Jacob, Polly e Maria. Maria era mia
sorella.
Eravamo degli squatter a casa, lo siamo anche qui. Forse peggio
perché non sappiamo cosa aspettarci… O forse
sarebbe meglio dire “non so” cosa aspettarmi.
Se Lucas non torna vuol dire che è stato ucciso anche
lui…
Mi rannicchio senza nemmeno accorgermene. Ancora ora, dopo tanto tempo,
riesco ancora ad illudermi che sia tutto solo un sogno. Un orribile,
lunghissimo sogno da cui mi sveglierò un giorno…
E quelle orribile creature nere…
Nere…nere… E’ tutto nero anche qui.
Ricordo bene quando sono apparse la prima volta. Ce lo ricordavamo bene
tutti. Dopo qualche giorno ne avevamo parlato, per essere sicuri di non
essere pazzi. Forse sarebbe stato meglio.
Essere pazzi intendo.
Ci trovavamo in una casa, tutti e sette. Eravamo quello di
più simile a una famiglia che potevamo immaginare. Dei
fratelli.
E quello sembrava essere un periodo felice dopotutto. C’era
la casa, ed era tutta nostra!
Ero stato io a trovarla, mentre vagabondavo per il quartiere alla
ricerca di qualcosa da mangiare, e ci eravamo trasferiti lì
alla velocità della luce.
Solo dopo un po’ sono arrivati i problemi.
Era nell’aria, diceva Jacob. Qualcosa di brutto e oscuro era
nell’aria… e si agitava. Non riusciva a stare
fermo, guardava ogni secondo fuori dalla finestra, si rifiutava di
svolgere la sua parte.
Era l’undici marzo quando il mondo finì. E non sto
usando una metafora.
Ci trovavamo al buio, tutti e sette… e delle
strane…cose, si materializzarono intorno a noi. Sembravano
invisibili, se non per gli enormi occhi gialli che ci fissavano
ondeggiando a destra e a sinistra. Maria urlò quando
riuscì a vederne uno attraversare uno spiraglio di luce
proveniente da fuori la finestra.
Poi la terra cominciò a tremare.
Potevo sentire il pavimento cedere sotto i miei piedi, le pareti
crollare…e poi cominciarono le urla. Urla di
terrore…con un gesto temerario mi affacciai alla finestra e
vidi la città… l’immensa metropoli
invasa da quei mostri dagli occhi gialli.
E le persone fuggivano.
Urlavano.
Una di quei mostri si gettò in avanti contro Lillian.
La mia Lillian, la bella Lillian… quel tipo di persona che
ti immagini a studiare ad Harvard oppure Yale. Era la mia ragazza.
Cercai di raggiungerla, ma ero troppo lontano. L’unica cosa
che potei fare fu gridare il suo nome.
Fu Jacob allora a saltare avanti, a farle da scudo. Quella creatura gli
squarciò il petto e ne divorò il
cuore…poi il corpo di Jacob svanì, come se si
stesse sciogliendo in niente.
Ma Lillian è salva! Pensai meschinamente.
La cercai con lo sguardo, la chiamai…ma era scomparsa anche
lei.
Scomparsa? Morta. Morta come Jacob.
Loro due furono i primi.
Poi tutto scomparve e ci ritrovammo in un vicolo. Non era la nostra
città. Non era il nostro mondo.
Fu Maria la prima a capirlo e quando lo disse ad alta voce, infranse
ogni nostra folle speranza di esserci sbagliati.
Ci nascondemmo in un magazzino abbandonato…
A turno, decidemmo di uscire per cercare da mangiare o cercare aiuto,
senza allontanarsi troppo.
Uno dopo l’altro sono morti.
La prima fu Polly. Poi venne Maria.
Eravamo rimasti in due. Seara ed io, quando lei decise di andarle a
cercare! Diceva che non potevano essere morte. Che forse avevano
trovato un posto sicuro e che non riuscivano più a tornare
indietro per avvisarli!
Tra noi era sempre stata la migliore per uscire in quelle esplorazioni
mortali.
“Camminate dove la luce è più intensa.
Ne hanno paura…e se anche decidono di attaccarvi li vedrete
meglio”.
Non è più tornata nemmeno lei.
Sono sette giorni ormai.
Il giorno dopo la sua scomparsa sono corso fuori dal magazzino e mi
sono infilato in un altro, lontano dal primo e ben nascosto, nel caso
quelle creature avessero scoperto il nostro nascondiglio.
Non ho più avuto il coraggio di uscire dopo quella volta e
credo di stare cominciando lentamente a morire di fame e di sete.
Meglio così che divorati da quei mostri.
Orribili.
Piccoli, neri striscianti… che strisciano, strisciano,
strisciano intorno a te sibilando a bassa voce.
Mi prendo la testa tra le mani e scoppio a piangere. Mai in tutta la
mia vita ho avuto tanta paura.
Lillian, quanto vorrei che Lillian fosse qui con me…
No! penso poi con orrore. Non vorrei mai che Lillian sperimentasse
questo terrore…
Comincio a dondolarmi sul posto avanti e indietro, ho scoperto che
riesce a calmarmi, almeno un pochino.
Spero di morire presto. Non voglio che mi trovino…non voglio
che mi uccidano…
E intanto sento gli occhi farsi pesanti. Tra poco mi
addormenterò, dormo molto in questi giorni…spero
di non risvegliarmi…
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Capitolo 2 *** II. Epilogo ***
I. Epilogo
Apro gli occhi. Nulla è cambiato. E’
il nono giorno…credo. Forse il decimo…quanto
tempo è passato? Quanto ho dormito?
Le braccia e le gambe ormai sono atrofizzate, faccio fatica a muoverle.
Chiudo gli occhi e respiro piano, godendo di quegli attimi di oblio che
ancora seguono il sonno. So che tra pochi secondi sarà di
nuovo invaso dal terrore.
Sento un rumore che mi ghiaccia il sangue nelle vene.
Qualcuno è entrato nel negozio, al piano di sopra. Panico e
terrore mi attanagliano il petto.
Sono quei mostri? Mi hanno trovato! Sono venuti a prendermi.
Comincio a tremare fortissimo, sembra quasi che la terra
tremi…e invece sono solo io.
Mi guardo intorno, vorrei ci fosse più luce. Devo trovare
qualcosa di tagliente. Delle forbici, un coltello… Non
lascerò che mi uccidano.
Non lascerò che mi uccidano.
Piuttosto, preferisco fare da solo!
Cerco a tentoni sul pavimento finché non trovo un pezzo di
vetro.
Lo afferro con entrambe le mani e lo punto alla gola ma le mani tremano
così tanto che non riesco a prendere la mira.
Basta!
Tre… Due… Uno…
- Fermo!!
Una voce umana…è una persona!
Ci sono ancora esseri umani in questa città! Balzo in piedi
dimentico che le gambe non possono reggermi e cado a terra, ferendomi
una gamba su un chiodo abbandonato.
Lascio andare il pezzo di vetro a avanzo metà strisciando,
metà carponi verso le scale che cominciano ad essere
illuminate.
Una ragazza scende le scale reggendo una torcia in una mano e uno
strano oggetto di metallo nell’altra. Sembra una di quelle
armi che ho visto in un manga, una volta.
- Sei tu Michael? - domanda la ragazza. Sembra più giovane
di me di qualche anno…diciassette anni? Ha capelli corti,
neri, due grandi occhi grigi e dei vestiti stranissimi.
Cerco di rispondere alla domanda con un
“sì” ma dalla gola mi esce solo un suono
rauco, così mi limito ad annuire.
E’ una persona. È venuta a salvarmi!
- Io sono la grande ninja Yuffie Kisaragi! Su, tirati in piedi! -
esclama strattonandomi per un braccio. Io provo ad alzarmi ma le gambe
sembrano proprio non volerne sapere niente.
- Cid! Cid, l’ho trovato! Non riesce a stare in piedi,
aiutami a trasportarlo! - la sento urlare oltre la spalla sinistra.
Trovato? Mi stavano cercando… per un secondo una nuova
ondata di paura mi assale ma l’attimo dopo decido che non mi
importa. Che facciano di me quello che vogliono, qualunque cosa
sarà meglio di venire ucciso da quei mostri!
Negli istanti successivi un grosso uomo sulla quarantina scende le
spalle e con diverse imprecazioni mi carica in spalla.
- Dannazione, pesa meno di un gattino bagnato questo bambino! - lo
sentii dire con voce roca a causa del fumo, probabilmente. - Forza,
ninja dei miei stivali. Renditi utile per una volta e va a trovare
qualcosa da mettere sotto i denti! Io porto questo nel mio negozio!
- Agli ordini signor vecchiaccio!
- Taci pisciasotto!
- Non farla andare! - esclamo, ritrovando miracolosamente la voce. -
Quei mostri la uccideranno!
- Chi Yuffie?? - domanda l’uomo di nome Cid scoppiando a
ridere. - Quella se li mangia a colazione gli Heartless, non
scherziamo!!
Heartless? E’ così che si chiamano?
Heartless…senza cuore. Per la crudeltà? Beh non
stento a crederlo! Dei mostri simili… mi mordo il labbro per
impedirmi di piangere ancora.
Qualche minuto dopo vengo scaricato sul divano di un negozio. Un divano
vero. E c’è la luce. Un fuoco caldo…
Non riesco a trattenere le lacrime che cominciano a sgorgare dai miei
occhi come da un fiume in piena.
- Ehi! Ehi! Non tremare così che ti si spezzano le ossa,
dannazione! - esclama l’uomo battendo il pugno sul tavolo.
La porta del negozio si apre cigolando sui cardini. E’ un
ragazzo ad entrare questa volta, avrà un po’ meno
di trent’anni. Ha i capelli castani e una lunga cicatrice sul
viso, gliel’avranno fatta quei mostri? Quegli Heartless?
E’ vestito tutto di nero e dalla cintura gli pende una lunga
spada dalla forma strana.
- Cid! Yuffie dice che l’avete trovato! - esclama il ragazzo
cercandomi con lo sguardo.
- Sì, è quel mucchio di stracci
laggiù. Merda, guarda com’è ridotto,
Leon!
Il ragazzo, Leon, annuisce e mi si siede accanto. Cosa vorrà
da me? Vuole che gli dia qualcosa? Cosa vuole? Mi ritraggo in un angolo
intimorito.
E poi cosa mi dice che gli Heartless non ci possano trovare, qui?!
- Cid, vai a cercare le due ragazze e portale qui. Resto io con lui.
- Certo! Mai a muovere il culo, voi giovani d’oggi sempre a
far fare agli altri…
- Cid. Per favore - dice Leon con voce dura. Nonostante le parole, dal
tono sembra tanto un ordine.
Dopo che Cid se n’è andato Leon torna a fissarmi.
Cosa vuole? Non ho il coraggio di chiederglielo.
- Non ti faremo del male - mi dice.
Bene, almeno questo ora lo so.
- Perché vi siete nascosti in quel magazzino?
Perché non avete cercato aiuto? Il Primo distretto
è sorvegliato notte e giorno da noi, non troverai Heartless
qui intorno.
Mesi di sofferenza e terrore per niente? La mia
famiglia…tutti morti perché siamo stati troppo
stupidi?
La consapevolezza che la colpa delle loro morti è mia, che
ho deciso di rimanere in quel magazzino mi opprime il petto e,
purtroppo, ormai non ho più lacrime da piangere.
- Su, calmati… Vuoi che ti racconti cosa è
successo al tuo mondo?
Annuisco senza esitazione, anche se in realtà non sono
così tanto sicuro di voler conoscere la
verità. Tuttavia rimango ad ascoltare in silenzio tutta la
storia, e dopo che Leon ha finito, mi sento come se nulla abbia
più senso.
Leon però sembra intuire i miei pensieri.
- Non preoccuparti. Chi viene qui è fortunato, ha la
possibilità di tornare a vivere e ricordare per tutta la
vita chi non ce l’ha fatta.
- Anche tu hai perso qualcuno quanto il tuo mondo è stato
divorato? - chiedo.
- Mia moglie, la mia famiglia, i miei amici - risponde con gli occhi
abbassati. - Nessuno…è sopravvissuto.
- Anche per me è lo stesso…
Allora lo vedo alzare gli occhi incredulo, le sopracciglia corrucciate
in un’espressione contrariata.
- Quegli idioti…
Si apre la porta…ed una stella entra nella stanza.
Lillian.
I capelli biondi fino a alle spalle, gli occhi azzurri, le labbra
rosse… Lillian.
E dietro di lei Seara!
Trovando in me una forza che non credevo ci fosse ancora corro loro
incontro. Sono vive, loro sono vive.
La mia famiglia! La mia famiglia esiste ancora!
Dedico un ultimo sguardo a Leon, che ha lasciato nel suo mondo parte
del suo cuore, prima di voltarmi e immergermi nella luce che mi
sembrano emanare le due ragazze. Lillian. Seara.
La mia famiglia.
E scopro che posso ancora piangere.
Questa è la
prima storia della mia raccolta "Storie della Città di
Mezzo". L'ho scritta completamente di getto dopo aver ricominciato
Kingdom Hearts, questa mattina. Ho pensato a tutte le persone che si
sono viste catapultare in un luogo sconosciuto dopo aver assistito alla
scomparsa del proprio mondo a causa delle creature oscure che sono gli
Heartless!
La storia di Michael
è proprio deprimente, anche se ha un lieto fine... (potrei
scriverne anche una che finisce male però...uhm?)
Vabbé. Alla
fine ritrova Lillian e Seara. Avrei potuto spiegare come mai Lillian
è viva e perché avevano impiegato tanto a
trovarlo ma ho preferito interrompere lì la narrazione.
Dovrei spiegarvelo qui,
ma effettivamente potrei usarle come protagoniste dei prossimi
capitoli, raccontanto la loro storia... (ecco a questo punto dovevo
citare Auron per il titolo! XD)
Infondo ci sono vari
mondi, Michael e gli altri provenivano dal nostro, come avrete notato
(io li immaginavo di New York) ma se riesco a portare abbastanza avanti
questa fan fic a mini-capitoli autoconclusivi potrei tirare fuori
persone un po' da tutte le parti! (magari un giorno vi faccio arrivare
un elfo! XD E poi c'è circa un secolo di lavori Disney!
huahua di sicuro non mi mancherà l'ispirazione!) Baci baci
Spero di aggiornare
presto, ma spero di aggiornare prima "Il Mio Maestro" XD
°Ayame°
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Capitolo 3 *** I. La locandiera ***
Seconda storia
I. La
locandiera
-
Esci con me Carmen!
-
No Carmen, esci con me!
-
Su, via! Forza, andatevene se non comprate niente! – disse il
proprietario
della locanda agitando uno scopettone. Era un uomo grosso e muscoloso,
sulla
sessantina, con una brutta cicatrice che gli segnava la faccia: in mano
sua
anche uno scopettone sembrava la più letale delle armi.
Carmen
si lasciò stancamente cadere su una sedia e
abbandonò la testa tra le braccia.
– Grazie Joe. Non sapevo più come fare a mandarli
a casa.
Joe
rise piano dandole una scompigliata ai capelli. –
Sinceramente non riesco a
biasimarli, sei un angelo bambina. Ma niente birra, niente chiacchiere
con la
cameriera! Ehi, dovrei metterlo tra le regole ufficiali!
Carmen
sollevò la testa, si spostò la cascata di
riccioli castani dall’altra parte del
viso, e sorrise. – Grazie Joe – ripeté
– non so cosa avrei fatto senza il tuo
aiuto.
-
Ohh, bazzecole! – esclamò Joe agitando una mano
davanti a sé e sistemandosi il
berretto sulla testa. – Ormai sei come una figlia! Smettila o
mi farai
arrossire!
Dopo
qualche secondo Carmen si decise a rimettersi in piedi.
Afferrò lo straccio che
aveva appoggiato allo schienale della sedia e cominciò a
passarlo sul liscio
legno dei tavoli. – Finisco qui e poi chiudo il locale.
-
Non se ne parla signorina! – le disse Joe deciso. - Dopo oggi
puoi considerare
di aver fatto almeno due straordinari! Finisco io qui, dopotutto
è la mia
dannatissima locanda! Da quando ci sei tu mi sono impigrito e non
faccio quasi
più niente, a parte cacciare via a calci nel sedere i
clienti un po’ troppo
zelanti!
Carmen
allora gli sorrise. Si slacciò il grembiule, gli porse lo
straccio e si
allontanò in direzione del secondo distretto.
Come
ogni notte, si fermò di fronte al grande portone che
separava il Primo dal Secondo
distretto. Il cuore le batteva così forte che sembrava
volerle saltare in gola
da un momento all’altro. Fece due lenti respiri profondi, si
asciugò
distrattamente i palmi sudati delle mani sulla gonna e varcò
la porta.
“Non
avere paura” continuava a ripetersi come un mantra.
“Più hai paura e più e
probabile che compariranno” si passò di nuovo le
mani sul tessuto della gonna.
“Ieri non son comparsi…”
Ogni
giorno della sua vita, da quanto era arrivata nella Città di
Mezzo, si giurava
che entro sera avrebbe confessato a Joe che gli aveva mentito: che non
viveva
nell’ultima casa prima del Secondo Distretto ma assolutamente
DENTRO il secondo
distretto, pochi metri prima delle scale per scendere nella piazza. Ma
ogni
giorno si rimangiava tutto. Come poteva dirglielo? Se
l’avesse fatto lui
l’avrebbe presa a vivere in casa con sé, nella sua
casa composta da una camera
e da un bagno, o addirittura gli avrebbe ceduto la sua casa! Con il
Secondo e
il Terzo distretto pieno di Heartless ormai era impossibile trovare
posto per
tutti nel Primo Distretto, nonostante tutto quello che facevano Leon e
il suo
gruppo.
Carmen
si riteneva ancora fortunata. Era lì già da un
anno: aveva un lavoro, aveva
degli amici. A differenza della maggior parte delle persone che
venivano a vivere
nella Città di Mezzo inoltre non si era lasciata niente
indietro, nel suo mondo
ormai scomparso. Niente genitori, niente casa, niente lavoro. Era stata
a un
passo da…beh, comunque
sia…l’Oscurità era venuta per lei come
una benedizione.
Forse era anche per questo che le pareva un prezzo equo rischiare ogni
sera la
propria vita per tornare a casa dal lavoro.
Sentì
un rumore. Non un rumore qualsiasi: era quel
rumore. Il rumore dell’Oscurità. Il
rumore che annunciava la comparsa degli
Heartless.
Immediatamente,
una paura folle la invase. Il cuore le batteva così forte
che se lo sentiva
pulsare nelle orecchie. Si guardò in torno freneticamente
premendosi le mani
contro il petto, per evitare di farle tremare. Non vedeva nessun
Heartless.
Questo bastò per farla uscire dal panico in cui era
piombata, ma la paura
continuava a invaderla. Cosa poteva voler dire? Li aveva sentiti
distintamente.
In
quel momento si rese conto che c’era un altro rumore, fino a
quel momento era
stata troppo spaventata per sentire altro che il suo cuore che batteva.
Sembrava
un rumore metallico e proveniva esattamente da dietro
l’angolo della sua casa.
Si
fermò davanti alla sua porta, doveva solo aprirla. Era
davanti a sé: allungare
la mano, girare il pomello ed entrare. Poi si sarebbe richiusa la porta
alle
spalle e fino al giorno dopo sarebbe stata al sicuro…
Fece
un respiro profondo una volta, duo volte. Allungò una mano
verso la maniglia…
poi si immobilizzò per la durata di un battito e
girò l’angolo.
Ciao a tutti!
Non ho
molto da dire a dire il vero…mi sembra abbastanza banale ma
volevo provare a
scrivere un’altra storia…la prima storia credo sia
imbattibile (no non mi sto
facendo i complimenti da sola, solo dubito di riuscire a raggiungere di
nuovo l’immedesimazione
avuta per Michael nel magazzino! Poi quella era anche una situazione
limite…)
Ah! Carmen
l’avete vista…la
locanda è quella accanto al negozio di Qui, Quo e Qua!
Quello con le candele da
spegnere sui tavoli! E Carmen è quella donna davanti ai
tavolini, sotto un
lampione se ricordo bene! (ah, detto così però
non sembra che faccia la
cameriera! Ahah) Quella era un po’ bruttina, non aveva un bel
viso…Carmen me la
immagino un po’ più latina <3
°Ayame°
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