Victoria's Memories. Gold Sea

di Kirara_Kiwisa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** La Gold Sea ***
Capitolo 3: *** Gli spazi del dolore ***
Capitolo 4: *** Un atto di coraggio ***
Capitolo 5: *** Il demone del marchio ***
Capitolo 6: *** La biblioteca ***
Capitolo 7: *** Il primo arrembaggio ***
Capitolo 8: *** Il mio cuore fra le tue mani ***
Capitolo 9: *** Le tenebre di Hunter ***
Capitolo 10: *** Il peso della nave ***
Capitolo 11: *** Il richiamo del marchio ***
Capitolo 12: *** La tempesta ***
Capitolo 13: *** Un mezzo diavolo a bordo ***
Capitolo 14: *** La nascita del male - Può influire negativamente sull'umore ***
Capitolo 15: *** La malvagità, spesso, genera potere ***
Capitolo 16: *** Ci incontrammo, alle porte della morte ***
Capitolo 17: *** Superando i Cancelli, dritta negli Inferi ***
Capitolo 18: *** Rosso scarlatto ***
Capitolo 19: *** Assieme contro il mondo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Piume nere. 
L’oscurità è scesa nel nostro mondo seguendo delle piume nere, appartenenti a due grandi ali da angelo. La luce scomparve, liberando ogni persona accecata da essa. 
Prima che questo accadesse, io sono morta. Me ne sono andata per molto tempo, lasciando che il mio nome divenisse una leggenda, in entrambe le dimensioni. 
La luce non sarebbe mai stata sconfitta, gli angeli non si sarebbero mai estinti, se lui non mi avesse ritrovata. Lentamente, lui mi ha riportata a sé. 
Io sono Victoria. Una volta ero metà angelo dalle ali bianche e metà strega dai poteri eccentrici. 
Adesso, dopo numerose difficoltà e con qualche piccolo aiuto, ho creato una nuova specie di demoni. 

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Capitolo 2
*** La Gold Sea ***


Stavo camminando da giorni, lentamente e senza fretta. 
Il tocco di una brezza leggera mi ricordò di essere giunta fino al mare. Avevo seguito l’orizzonte, incessantemente, senza ben sapere dove sarei andata. 
Era la terza volta che vedevo le onde.
Come le altre volte, non avveniva in una piacevole circostanza.
La prima volta che puntai gli occhi sul mare, mi trovavo sull’oceano meridionale e stavo scappando dai cani del Concilio. Avevo solo sette anni e conobbi la furia dei veri angeli del Cielo. Le streghe ne avevano convinto uno a darmi la caccia e lui accettò di buon grado, a patto di non dovermi uccidere. Asmodai non avrebbe mai infranto gli accordi presi alla mia nascita: io ero una responsabilità degli uomini e come tale non potevo essere giustiziata dal Cielo. Comunque sia potevo essere punita, ogni qualvolta trasgredissi. L’angelo più vicino al nostro mondo, la creatura celeste che più lavorava con il Concilio per mantenere l’ordine e la pace, era sempre ben lieto di darmi una lezione. Lo conobbi in un giorno grigio e senza sole.
La seconda volta che vidi il mare mi trovavo nel Regno delle Fate, più a nord, verso il grande arcipelago. Era inverno, l’acqua era quasi congelata ed io avevo appena ucciso la mia prima fata. Mi ero avvicinata al mare ghiacciato colma di rabbia e tristezza, toccandone la dura superficie chiedendomi se mai avessi potuto attraversarla. Avrei voluto raggiungere le isole, tentando quasi di lasciarmi alle spalle ciò che avevo appena commesso. Sfortunatamente, non appena sfiorai il ghiaccio questo si sciolse. La calotta di gelo che imprigionava le acque evaporò, impedendomi di proseguire. Avevo sospirato, constatando che sarei dovuta tornare indietro, a casa.
A vent’anni per la terza volta mi trovavo di fronte al mare, sulle rive dell’oceano orientale. Lo avevo raggiunto amaramente, provando un dolore al petto e allo stomaco insopportabile.
Credetti di dover morire, di aver preso una strana malattia. Solo il terzo giorno mi resi conto che in realtà non sarei morta, si trattava della sindrome del cuore spezzato.
Nonostante avessi fatto di tutto per non affezionarmi più a nessuno, alla fine era successo.
I sentimenti prendevano il sopravvento ancora una volta, bensì la mente fosse conscia di quanto fosse pericoloso. Sospirai, credendo fermamente che l’amore fosse il peggior nemico dell’istinto di sopravvivenza. Mi avrebbe uccisa, l’amore per lui mi avrebbe uccisa alla fine. Ne ero già consapevole.
Per questo, stavolta non sarei tornata indietro. Giunta al mare, non sarei tornata indietro.
Avrei proseguito, con qualsiasi mezzo, per sfuggire al dolore che mi stava inseguendo.
Conservavo la speranza che più mi sarei allontanata, meno avrei pensato a lui. I suoi occhi d’oro mi sarebbero stati sempre più lontani, il calore delle sue mani sempre più irraggiungibile. Eppure per quanto scappassi, il marchio che mi aveva impresso sulla pelle restava sempre con me. Per non essere più costretta a vederlo, avevo preso in prestito un polsino nero da ginnastica. Questo semplice oggetto si era mostrato a me come una salvezza, in un caldo pomeriggio dove la cicatrice non faceva che tormentarmi. Ogni qualvolta sfioravo con lo sguardo quelle linee circolari e quei puntini, provavo una fitta al cuore insopportabile. Raccolsi il polsino alle spalle del suo legittimo proprietario, senza pensarci molto. Lo indossai, nascondendo alla vista il marchio. Mi sentì subito incredibilmente meglio, certa che altrimenti sarei impazzita. Non sopportavo vedere neanche i graffi e i segni su di esso, da me inferti quando avevo minacciato di strapparmelo dalla pelle. Le ferite di quando, davanti a lui, avevo giurato di lacerarlo se mai lo avessi rivisto ancora. Dopo quelle parole, Nolan non mi aveva più cercata.
Avrei dovuto sentirmi libera, eppure non era così. Intorno a me percepivo ancora la sua presenza. Questo mi spingeva ad avanzare, ad allontanarmi il più possibile fino ad aver raggiunto la costa.
Davanti al gigantesco specchio d’acqua, capì che avrei dovuto imbarcarmi.
Il sole estivo batteva incessante sulla piccola cittadina portuaria di Reims. La moltitudine di fate e streghe che frequentava il trafficato molo non sembrava risentirne, solamente io ero sudata fradicia. Il solstizio era passato da una settimana, regalandoci temperature sempre più torride.
Mi rinfrescai il volto alla prima fontanella che trovai, rispecchiandomi nel piccolo rigagnolo d’acqua sottostante. Osservai il riflesso dei miei occhi d’oro, fissandolo intensamente per qualche istante. Ogni volta che li guardavo, ricordavo i suoi.
Così simili ai miei, il suo sguardo mi inseguiva tramite il mio.
Sbuffai, voltando la schiena alla fontana. Il leggero vento condusse ai miei piedi un pezzo di carta, un volantino con sopra la taglia per la mia cattura. Osservai i capelli lunghi e neri che le fate avevano disegnato a carboncino, trovandoli semplicemente orrendi. Appallottolai e gettai via uno dei tanti proclami affissi per tutto il regno. La ricompensa per consegnarmi era più alta di quanto non avesse mai offerto il Concilio. Le fate non dovevano aver gradito la strage che avevo compiuto nel giorno della loro importante festa del sole. Sorrisi, ricordando i numerosi stolti che avevano preteso di catturarmi in quella settimana, finendo preda del mio calore maledetto. Sotto la temperatura delle mie mani, in quei giorni forse erano perite più fate di quante non ne avessi uccise alla festa.
Proseguì fra la folla, invisibile agli indaffarati occhi dei cittadini. Avevano il “mostro delle fate” proprio sotto il naso ma la loro importante routine impediva a tutti di accorgersene.
Sfilai tacitamente fra di loro, contenendo la mia smania di sangue di fata. Non desideravo creare scompiglio prima di imbarcarmi, se c’era qualcosa che avevo imparato nell’ultimo mese era che l’avventatezza portava a ben poco. Un comportamento normale mi rendeva trascurabile alla vista dei marinai, nonostante una voce dentro di me mi implorasse di dar sfogo alla rabbia che provavo dentro. Mi sedetti sulla banchina, respirando la fresca brezza dell’oceano per calmarmi. Uccidere l’intero porto non mi avrebbe fatto partire prima. Dovevo collaborare con la ciurma che mi avrebbe ospitata per lasciare il paese, non ero certamente in grado di governare una nave da sola. Mi scappò un risolino a quella parola. “Collaborare”. Non avevo mai collaborato con nessuno da quando ero nata. Ultimamente avevo ricevuto un paio di offerte a proposito, due demoni che mi contendevano nelle loro scaramucce. Uno era il successore al trono Abrahel Lancaster, l’altro colui che mi aveva ferito l’anima, il figliastro dell’ultimo Re dei Demoni. I due, come bravi fratelli, erano perennemente in guerra fra loro e avevano deciso di coinvolgermi per il semplice gusto di complicarmi la vita. Grazie al mio sangue misto e al mio potere particolare, secondo loro avrei decretato la vittoria e la sconfitta dei loro eserciti. Da quando lo avevo saputo niente era stato più facile, nonostante fino a quel momento la mia esistenza già non lo fosse stata affatto. Il Concilio delle Streghe aveva desiderato la mia testa da sempre, infastidita dalla mia presenza nel creato. Per loro conto, un influenzabile orfano di nome Isaac aveva quasi portato a termine la sentenza, riducendomi in fin di vita. Rabbrividì un attimo al ricordo. Fino ad allora ero sopravvissuta alla pazzia di quello stregone solamente grazie a Nolan. Adesso che mi ero allontanata da lui, non sarei scampata ad un altro incontro con il giovane membro del Concilio.
Sospirai. Eppure non era quello ciò che mi preoccupava di più. Non era al centro dei miei pensieri avere un mago assetato di sangue alle spalle. Accusavo un morso allo stomaco da sette giorni, da quando Abrahel mi aveva parlato per l’ultima volta. Mi ero sentita tradita da Nolan già un’infinità di volte, ma ciò che ero venuta a sapere non voleva proprio lasciarmi in pace. Il cuore continuava sì a dolermi al solo pensiero che il demone dagli occhi d’oro mi avesse incontrata per usarmi, che mi avesse raggirata, che avesse tentato di sacrificarmi per la sua guerra. Possedevo l’anima straziata al ricordo che avesse detto al fratello della mia particolarità, dei miei poteri, del mio sangue misto e provavo un’enorme rabbia al pensiero che mi aveva coinvolto per poi negarmi l’incantesimo che mi avrebbe resa incredibilmente potente. Ma ciò che la notte risuonava nella mia mente era la possibilità che realmente Nolan fosse manovrato da qualcuno che io odiavo, qualcuno che tentava di uccidermi tramite lui. Se il ragazzo non ne fosse consapevole lo ignoravo, comunque, a detta di Abrahel, non potevo fidarmi di lui perché non potevo fidarmi di questa persona. Sospirai nuovamente, rannicchiando le gambe al ventre sul bordo della banchina. Il dolore che provavo nell’averlo perso era più forte della preoccupazione di essere uccisa da Isaac. Se fosse comparso in quel momento a giustiziarmi, forse, non avrei neanche combattuto.
La voce di un vecchio dietro di me, mi fece sussultare. Stava parlando concitato con un altro marinaio, della stessa veneranda età. Era convinto di aver visto una nave completamente d’oro approdare nell’insenatura vicina, fra gli stretti scogli di una montagna. Avvolta dalla nebbia era scivolata sull’acqua più leggera di una piuma, la famosa nave d’oro. Chiunque intorno a lui prese a schernirlo, a chiamarlo pazzo e a voltargli le spalle. Anche io sorrisi, fino a che non udì qualcosa di interessante.
- Ve lo ripeto! E’ la Gold Sea! Ne sono sicuro! E’ una nave pirata di demoni!-
Due parole che riuscivano a darmi il buonumore: pirati e demoni. Forse il mio biglietto per lasciare quell’insulsa landa popolata da insetti magici. Mi recai lì dove aveva blaterato il vecchio, in una baia lontana solo due chilometri. Il porticciolo era stato abbandonato da almeno cento anni, considerato troppo pericoloso a causa degli scogli e i massi appuntiti. I grandi vascelli non riuscivano ad approdare in quel molo diroccato senza cadere preda della stretta insenatura. Eppure il vecchio matto era certo che la nave delle leggende fosse giunta proprio lì, incurante del pericolo, pronta a ripartire non appena la luna fosse sorta. Scalai la collina sopra la baia, ben fiduciosa delle sue farfugliate parole. Adoravo le leggende, incredibilmente spesso scoprivo quanto esse fossero vere. In fondo, anche io appartenevo ad una di esse. Raggiunta la punta dell’alta scogliera, potei subito notare la strana e fitta nebbia che attanagliava il porticciolo. Non riuscivo a vedere niente, neanche le onde che si infrangevano sui massi. Mi accucciai a terra, con il naso premuto contro le rocce. Ero certa che ci fosse qualcosa là sotto, qualcosa che non voleva essere visto. Lanciai un piccolo incantesimo del vento, qualcosa di semplice e che attirasse poco l’attenzione. La nebbia si diradò leggermente, abbastanza da farmi notare lo scintillio dell’oro sotto la luce del sole.
Sorrisi entusiasta. Se ne stava fra gli scogli, ormeggiata tranquillamente ad un passo dal centro abitato. Una nave di pirati demoniaci.
 
Rimasi sulla scogliera il tempo necessario per elaborare un piano.
Dovevo convincerli ad imbarcarmi, a portarmi lontano ovunque loro stessero andando. Tentai di pensare a qualcosa di decente, una sorta di storia o di scusa che potesse aiutarmi. Spazientita della mia mancanza di immaginazione, decisi di improvvisare. Non ero mai stata molto brava a mentire. Un attimo prima di scendere verso la baia, il vento mi scompigliò i lunghi capelli neri, portandomeli davanti al volto. Li osservai attentamente, ricordando che non li sopportavo affatto. Decisi di modificarli, trovando perfetto il momento. Stavo iniziando una nuova vita, una vita senza Nolan, e possibilmente, senza Abrahel. Entrambi mi avevano offerto protezione, entrambi avevano minacciato di uccidermi ed entrambi mi avevano offerto il potere. Intendevano usarmi con arma di distruzione, in cambio di una lauta ricompensa. Scegliere da quale parte stare e seguirla probabilmente sarebbe stato molto più semplice. Io purtroppo non sono mai stata semplice.
Avevo complicato tutto tradendo prima uno poi l’altro e alla fine piantandoli in asso entrambi.
Sospirai forte, fino a farmi male ai polmoni. Desideravo davvero tanto che prendendo il mare i problemi rimanessero sulla costa, impossibilitati nel raggiungermi. In attesa della realizzazione di una tale aspirazione, sfiorai i miei capelli ordinando che divenissero mossi e di un colore rosso scuro. Magicamente, essi obbedirono. Soddisfatta, mi incamminai verso il vascello.
Lo raggiunsi faticosamente, percorrendo un sentiero ripido avvolto dalla nebbia. Passò un’eternità prima di arrivare al veliero, tanto che il sole iniziò a tramontare. Scesa sulla baia mi accorsi di non vedere un palmo dal naso. La nebbia quasi mi impedì di scorgere le forme della nave. Sembrava che provenisse direttamente da essa, rendendosi più fitta man mano che mi avvicinassi. La toccai delicatamente, quasi per convincermi che fosse veramente lì. Un vascello d’oro che galleggiava sull’acqua.
Sussultai quando udì lo scatto di una pistola dietro la testa. Mi volsi leggermente, notando la canna dell’arma a pochi centimetri dalla nuca.
- Odio le pistole-
Borbottai roteando gli occhi. I proiettili erano troppo difficili da evitare.
- Chi sei?-
Domandò una voce roca il cui volto mi era nascosto dalla foschia.
- Come ci hai trovati?-
- Non è stato così difficile-
Affermai, poco prima che l’uomo mi colpisse con l’arma.
 
Mi risvegliai bruscamente sul ponte, investita dal gettito di un secchio d’acqua. Aprì gli occhi temendo d’annegare, cercando di prendere aria istintivamente.
- Maledetti-
Urlai, divenendo immediatamente nervosa una volta compreso che mi avevano rovinato i capelli. Bagnata fradicia di acqua sudicia, osservai quello che sembrava essere il ponte della nave e la ciurma che mi stava fissando. Sorridevano tutti, estremamente divertiti mentre uno di loro stringeva ancora il secchio fra le mani. Prima di tentare di alzarmi, mi posi una mano alla nuca, accusando un terribile mal di testa. Percepì subito il bernoccolo, terribilmente gonfio.
- Maledetti-
Ribadì a denti stretti, cercando la figura di chi mi avesse colpita.
Mi posi in ginocchio sulle assi dorate del ponte, scrutando i volti degli uomini. Sembravano tutti demoni, grossi e muscolosi. Riuscivo a scorgerli perfettamente, senza il fastidio della nebbia. Mi accorsi allora che in tutta la nave non c’era la foschia, ne eravamo solamente circondati.
L’equipaggio mi fissava ridacchiante, alcuni di loro seduti altri in piedi. Giocavano con le proprie armi, che fossero fucili, pistole o sciabole.
- Ben fatto Thos, adesso ne hai rovinato il sapore-
Disse uno, al compagno che posava il secchio a terra.
- Non abbiamo certo tutta la sera-
Spiegò il grosso demone muscoloso, tornando ad avvicinarsi a me. Mi squadrò da capo a piedi, come il resto degli uomini d’altronde.
- Sei stato tu a colpirmi?-
Ringhiai.
- Chi è stato a mandarti?-
Domandò a sua volta il demone, ignorandomi completamente.
Non risposi, fissando il suo sorrisetto infastidita.  
- E’ stata la regina? Oppure il governo delle streghe? A chi dobbiamo inviare la tua testa?-
Proseguì l’uomo, incalzando con la voce roca.
- A nessuno-
Risposi, fissando il marinaio dritto negli occhi.
- Così fareste un favore ad entrambi. Sia il Concilio che le guardie della regina vogliono la mia testa-
- Una fuorilegge dunque? Di che genere?-
- Ha importanza?-
La creatura scrollò le spalle, voltandosi verso l’equipaggio.
- Qui ce n’è di tutti i tipi-
Rispose un altro, appoggiato ad un barile intento a lucidare la sua pistola.
- Ladri, assassini. Siamo tutti ricercati, considerati criminali da ogni regno o nazione. Un cacciatore di taglie farebbe un bel po’ di soldi conosciuta la nostra posizione-
- Ecco perché uccidiamo chiunque scopra dove ci troviamo-
Spiegò un altro.
- Non possiamo lasciarti andare, bambolina-
Sentenziò il grosso demone davanti a me, estraendo la spada.
- La vostra posizione non è poi un mistero-
Spiegai seriamente.
- Un vecchio al porto ne stava parlando con tutti-
Calò il silenzio per qualche istante, attimi in cui qualcuno di loro sussultò. Il demone di nome Thos arretrò di un passo, prima di imprecare e abbassare la spada.
- Lo sapevo!-
Continuò a blaterare.
- Lo avevo detto io che il guardiano del faro ci aveva visto! La nebbia non era abbastanza fitta! HUNTER!!-
Chiamò infine, urlando a squarciagola facendo rimbombare la sua voce in ogni angolo del vascello.
- Calma-
Disse uno venendo avanti.
- Partiremo appena la luna sarà alta. Infittiremo la nebbia, non ci troveranno-
- E se qualcun altro dovesse arrivare…-
Affermò un terzo appoggiato sulla balaustra d’oro del ponte.
- …lo uccideremo allo stesso modo. Finalmente ci sarebbe un po’ di esercizio-
- Tienilo per te il tuo esercizio-
Replicò colui che mi aveva inzuppata d’acqua.
- Se il Capitano sapesse che ci siamo fatti scoprire da un gruppo di fate giocherebbe a biglie con i nostri occhi-
- Io non sono una fata-
Precisai, catturando nuovamente l’attenzione su di me.
- Non sei una fata senza ali?-
Chiese seriamente il demone muscoloso.
- Una fata senza…? No! Non sapete che sono solamente una leggenda?-
- Anche la Gold Sea-
Sbottò un ragazzino smilzo, grande e alto almeno la metà di tutti gli altri. Il grosso pirata si avvicinò dandogli uno schiaffo alla testa, senza colpirlo troppo forte.
- E’ colpa tua Hunter. Cosa stavi pensando quando ci siamo avvicinati alla costa?!-
- A tua madre-
L’uomo cercò di colpirlo nuovamente. Il ragazzo lo schivò agilmente, aggirando la pesante figura del demone sino a giungere innanzi a me. Si inclinò leggermente in avanti, fissandomi con i suoi occhi nocciola.
- E’ una strega-
Spiegò, facendomi sussultare.
- Almeno in parte. Sicuramente, è qualcosa di assolutamente unico-
- Può essere anche la cosa più unica del mondo-
Borbottò l’uomo alle sue spalle.
- Gli ordini sono di uccidere ogni intruso-
- Aspetta Thos, non possiamo sprecarla-
Contraddisse un demone bendato, armato di baionetta.
- Mettiamola sul menù-
Propose, facendomi rabbrividire.
- Gli ordini…-
Cercò di ribattere il grosso e muscoloso pirata.
- Cuoco, che ne dici?-
Interpellò il marinaio con la benda, ignorando il compagno.
Un uomo basso e tozzo si fece avanti, osservandomi come un semplice pezzo di carne.
- E’ magrolina. Non avrà molto sangue in corpo. Potrei usarla come antipasto-
- Visto? Non sprechiamola-
Deglutì, leggermente spaventata. Demoni cannibali. Questa sì che era fortuna.
- Prima potremmo anche giocarci un po’-
Suggerì uno dei pirati, sorridendo e mostrando i denti placcati.
- In ogni caso, giustiziarla qui sarebbe un peccato-
La piega che stava prendendo la discussione non mi piacque. Ero sola contro più di venti creature demoniache, uscire indenne da quello scontro non sarebbe stato facile.
- A prendere le decisioni in questo turno di giorno sono io-
Ricordò seccato il grosso demone con la sciabola al proprio fianco.
- Quindi decido io se giustiziarla o meno-
Calò il silenzio. L’equipaggio lasciò che il pirata decretasse la sentenza, attendendo pazientemente. Anche il ragazzino smilzo si fece da parte, aspettando con uno strano sorrisetto sul volto.
Dopo qualche secondo il demone con la spada si fece avanti, fissandomi dritto negli occhi.
- Prova a convincermi a non ucciderti adesso-
Sbottò, fissandomi ad un palmo dal volto. Tacqui, non sapendo cosa rispondere.
- Finendo sul menù avresti ancora qualche ora di vita, al massimo un giorno. Hai una possibilità per indurmi a farti questo regalo, capelli arancioni-
La creatura sorrise, io al contrario non ci trovavo niente di divertente.
- Sono rossi-
Brontolai.  
- Non sono arancioni, stupido-
L’uomo fece una smorfia, alzando la sciabola, decretando la sua scelta.
- Risposta sbagliata, bambolina-
Me la puntò al collo, facendomi sussultare. Potevo avvertirne l’odore, del metallo che presto mi avrebbe uccisa.
- Finirai in pasto ai pesci-
Proferì, scatenando lo scontento generale. L’uomo alzò la spada in alto per farla calare su di me, mentre i pirati sbuffavano delusi.
- Fermo!-
Implorai socchiudendo gli occhi innanzi alla morte. Rimasi immobile, impietrita, riaprendoli solo quando constatai di non percepire nessun dolore. Osservai sbigottita la figura del ragazzino dagli occhi marroni, bloccare la spessa sciabola con il solo utilizzo delle dita. Stava contrastando la forza del gigantesco demone, senza alcuno sforzo.
- Hunter-
Rimproverò il pirata Thos.
- Non si blocca mai un’esecuzione. Le regole sono…-
- Qualcuno le ha chiesto cosa ci fa qui?-
Domandò il giovane, vestito come un mozzo, spiazzando l’equipaggio.
- Cosa?-
- Ho chiesto se qualcuno, prima di ucciderla, le ha domandato perché è venuta fino qui?-
L’uomo abbassò la spada, tornando a fissare negli occhi i compagni. Si squadrarono a lungo, dando tutti la stessa risposta negativa.
- Lo sapevo-
Sbottò il ragazzo avvicinandosi maggiormente a me.
- Allora, come ti chiami?-
- Victoria-
Balbettai.
- Victoria, prima di morire…dimmi cosa ti ha portato qui?-
- Voglio un passaggio-
Affermai seriamente, nonostante le mie parole provocarono una risata generale sul ponte della nave.
- Ti sembriamo una carrozza?-
Domandò pacatamente il mozzo, al contrario dei compagni che si stavano sbellicando dalle risa.
- Io ho bisogno di un passaggio-
Incalzai.
Il ragazzino mi fissò intensamente, a braccia incrociate. Alle sue spalle i pirati si spintonavano dal ridere, colpendosi a vicenda per gioco. Molti vennero colti dalla tosse per lo sforzo.
Le mani mi fremettero dalla rabbia. Strinsi i pugni, percependo il volto andare a fuoco.
Il mio corpo iniziò a tremare, desiderando ardentemente sopprimere quelle risa.
- Deciderà il capitano-
Eruppe il ragazzo, facendo tornare il silenzio fra i compagni. Alzai lo sguardo verso di lui, sorpresa. Le mani smisero di fremere, il calore iniziò ad abbassarsi.
- Cosa? Sei impazzito?!-
Urlarono alcuni.
- Disturbarlo per questo? Vuoi farci uccidere tutti?-
- Vorrà dire che mi farò perdonare, quando finirete in fondo al mare-
- Avanti Hunter, non puoi parlare sul serio. E’ colpa mia, perdonami. Mettiamola sul menù e basta-
Borbottò il grosso demone muscoloso, innanzi allo smilzo ragazzino. Li fissai sbalordita, chiedendomi chi fosse il mozzo per ottenere tanto rispetto.  
- Sarà lui a decidere, ho detto-
Ripeté il ragazzo, facendo tacere ogni obiezione.
- Potrà essergli sicuramente utile, sia da morta che da viva. Non vorrete togliere questo piacere al Capitano-
I pirati tacquero, lasciando che il più giovane di tutti, mi portasse all’interno della nave. Lo seguì, non riuscendo a smettere di fissare gli sguardi preoccupati dell’equipaggio.
 
- Penso di doverti ringraziare-
Sussurrai, dopo un po’ che stavamo camminando nell’oscurità dei corridoi del vascello.
- Aspetta a ringraziarmi, non è detto che il Capitano ti risparmi la vita. Potresti ancora finire sul menù-
- Quale menù?-
Domandai ansiosa.
- Il menù del nostro bravissimo cuoco-
- Voi…vorreste mangiarmi?-
- Certo che no!-
Sbottò il ragazzo ridendo. Feci un respiro di sollievo, continuando a seguirlo in quello che sembrava un labirinto.
- Il nostro Capitano ti mangerà-
- Come? Lui cosa?-
- Ecco, siamo arrivati. Ti avverto, potrebbe essere un po’ nervoso. Solitamente non gli piace essere svegliato-
- Sta dormendo?-
Domandai.
- Ma è quasi il tramonto-
- Appunto-
Affermò il giovane mollandomi davanti alla cabina del comandante. Mi lasciò nel corridoio buio e cigolante della nave, davanti alla porta in legno del capitano, augurandomi buona fortuna.
Mi aggiustai i capelli bagnati, strizzandoli il più possibile. Presi un profondo respiro, prima di bussare. Ciò che vi era oltre quella porta non poteva essere peggio di ciò che avevo già affrontato.
Attesi, forse qualche secondo che parvero minuti. Notando che nessuno stava rispondendo, bussai ancora. Allora udì del movimento all’interno della stanza ma la porta non si stava ancora aprendo. Aspettai ulteriormente, già innervosita. Bussai di nuovo, questa volta chiamando il suo nome.
Finalmente, mugolando, qualcuno aprì.
- Spero che la nave stia andando a fuoco-
Borbottò l’uomo oltre l’uscio, nascosto nelle tenebre. Inizialmente non riuscì a vedere la sua figura, immersa nell’oscurità della cabina. Tentai di sforzarmi, di cercare il suo sguardo nel buio.
- Oh-
Udì successivamente.
- Scommetto che non sei qui per avvertirmi di un incendio-
Pronunciò ancora il Capitano, mostrandosi ai miei occhi che smisero di vagare a vuoto nelle tenebre.
Il demone stava reggendo la porta davanti a me, a torso nudo e con i capelli spettinati.
- Guarda guarda, cosa sei? Un regalino per me?-
Mi squadrò da capo a piedi, quasi desiderasse mangiarmi. Indietreggiai di un passo, sistemando imbarazzata i vestiti fradici.  
- Capitano-
Iniziai cercando di restare seria, davanti all’uomo che indossava solamente dei pantaloni neri attillati, forse infilati di fretta. I capelli lunghi neri leggermente arruffati erano tenuti sciolti lungo le spalle, contornando la sua pelle pallida. Era terribilmente affascinante.
- Sì? Dimmi, cosa ci fai qui?-
Domandò con i suoi occhi neri, quanto il buio nel quale era immerso. Il suo volto e i suoi pettorali mi avevano provocato una leggera aritmia e, a causa loro, non riuscì a parlare perfettamente.
- I-I suoi uomini mi hanno indirizzato da lei…-
Balbettai.
- Ma davvero? Che bravi ragazzi…-
Cercai di distogliere lo sguardo dal suo corpo. Avevo sempre avuto qualche difficoltà a concentrarmi davanti a un uomo mezzo nudo.
- Sarò franca-
Continuai.
- Ho urgente bisogno di un passaggio-
- Ti sembro una carrozza io, bella signorina?-
Chiese fermamente il capitano, ripetendo le stesse parole del mozzo.
Feci un respiro profondo, cercando di tenere duro.
- Non mi aspetto di ottenere il viaggio gratis. Ditemi il vostro prezzo-
- Non credo che saresti lieta di pagarlo-
Dichiarò il demone, bagnandosi leggermente le labbra con la lingua. Percepì dei brividi lungo la schiena. Avevo ancora la sensazione che desiderasse mangiarmi.
- Ve ne stupireste-
Spiegai.
- Sarei disposta a pagare qualsiasi prezzo pur di allontanarmi da qui-
- Qualunque?-
L’uomo ci pensò seriamente, prima di contornarsi il mento con una mano.
- Sei un demone, ragazza?-
Io scossi il capo.
- Allora cosa?-
- E’ irrilevante-
- Una fata senza ali?-
Roteai gli occhi, dichiarando ancora una volta che esse non esistevano.
- Una strega dunque. Una strega su una nave di pirati? Con tutte le navi, perché proprio la mia?-
- Non ho così tanta scelta quanto voi crediate, Capitano-
La creatura tacque, attendendo maggiori spiegazioni.
- Ho bisogno di persone come voi, che chiudano un occhio riguardo alla legge-
Fece uno strano ghigno a quelle parole.  
- Quindi una bella signorina come te, sarebbe una fuorilegge-
Annuì.
- E cosa avresti fatto? Hai pestato le ali a qualcuno?-
Chiese ridendo, schernendomi.
- No, veramente io…-
Iniziai dicendo innervosita, tentando di elencare i vari motivi per cui vi era una taglia sulla mia testa. Mi bloccai, cercando di capire se ne valesse veramente la pena.
- Al Diavolo, forse non è stata una buona idea-
Borbottai furibonda fra me e me, voltando le spalle all’uomo e facendo qualche passo nell’oscurità. Non dovevo dimostrare niente a nessuno, tantomeno a lui e alla sua banda di pirati pazzi.
Forse ero ancora in tempo a requisire una nave a Reims.
- Aspetta-
Chiamò il Capitano, facendomi bloccare nel piccolo corridoio.
- Hai detto, qualsiasi cosa?-
- Sì, pur di andarmene in fretta-
- Da cosa stai scappando?-
- E’ tanto importante?-
Domandai, tornando ad avanzare verso la sua figura semi nuda.
- Forse sì, se mette a rischio la mia nave-
- Sono solo una ragazza di vent’anni, una strega come voi avete detto. Come potrei mettere a rischio la Gold Sea? Voi siete i demoni più ricercati dell’oceano, o sbaglio?-
Il comandante sorrise, riprendendo a squadrarmi in ogni mia forma.
- E va bene, mi hai convinto. Puoi salire a bordo ma non posso garantirti che durerai a lungo su questa nave, come hai detto tu, siamo demoni-
Sorrisi, accettando la sfida.
 
Tornai lentamente verso il ponte, cercando di non perdermi. Varcata la soglia, incontrai subito lo sguardo del ragazzo vestito di stracci. Mi fissò incredulo, scendendo da un barile sul quale sedeva.
- Sei viva-
Affermò divertito, mentre il resto della ciurma indaffarata si bloccava per prestarmi attenzione. Come il mozzo, anche i suoi compagni parvero sorpresi nel vedermi ancora respirare.
- Farò il viaggio con voi-
Annunciai, non potendo nascondere la mia felicità nell’allontanarmi dal regno. Echeggiò un risolino generale, prima che tutti tornassero ai loro compiti scuotendo la testa.
- Visto Thos?-
Proferì il ragazzo avvicinandosi saltellante al gigantesco demone.
- Non verrai punito per averla lasciata vivere-
- Ti piace avere ragione eh, Hunter?-
- Ho mai avuto torto?-
L’uomo lo colpì una seconda volta dietro la nuca.
- La devi ancora scontare per averci fatto scoprire. Questa notte lavorerai come non hai mai lavorato prima-
I due presero a litigare, intanto il sole stava calando e l’equipaggio si preparò a prendere il largo. Intorno ai due, intenti ad urlarsi addosso, il resto della ciurma correva da un lato all’altro per aggiustare vele e ancora. Avanzai verso la prua della nave, per non perdermi lo spettacolo della partenza.
Le nebbia che ci circondava ci accompagnò fin fuori dal porticciolo, da cui uscimmo con estrema agilità. Scansammo gli scogli quasi come se fossero quest’ultimi a spostarsi al nostro passaggio. Raggiungemmo indenni il mare aperto, solo allora Hunter e Thos furono stufi di litigare. Si separarono con il broncio, tornando ognuno ai loro doveri. Il ragazzino issò la vela. Aveva il simbolo classico con i teschi, ma non era nera. Il suo sfondo era dorato e si abbinava col resto della nave. Improvvisamente mi ricordai che stavo viaggiando su un vascello fatto interamente in oro e che questo stesse galleggiando. Era impossibile, nonostante ne fossi testimone. Con quel peso non poteva stare a galla, eppure pareva che scivolasse sull’acqua da quanto la nave fosse leggera.
Incredula osservai con attenzione tutta la sua struttura. Il ponte era rivestito di assi dorate, la balaustra era in oro massiccio, così come l’albero maestro. L’unica cosa in legno era il rivestimento delle varie cabine.
Ero proprio finita su una nave eccentrica. 

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Capitolo 3
*** Gli spazi del dolore ***


Rimasi sulla prua fino a quando l’oscurità non invase completamente il vascello. A quel punto non distinguevo più il mare all’orizzonte. La luna era alta in cielo e noi avevamo lasciato la terraferma, proprio come aveva previsto il vecchio. Sospirai, guardandomi attorno. Non c’era quasi più nessuno sul ponte, lasciandomi sola con i miei pensieri. Ignoravo dove fossero andati, fino ad un attimo prima la nave brulicava di giganteschi pirati tatuati. Eppure adesso ero sola, abbandonata ai miei ricordi. Lo sguardo cadde sul polsino nero, che si era appena asciugato dopo la secchiata d’acqua ricevuta. Ringraziai di averlo indosso, di non poter vedere il marchio.
Lo strinsi forte, desiderando che sotto di esso non vi fosse niente.
Mi stavo allontanando e avevo l’impressione che il cuore facesse già meno male.
Sotto la luce della luna, mi tolsi l’anello e mi sistemai i capelli arruffati. Si erano appena asciugati e le correnti d’aria non facevano altro che portarmeli davanti agli occhi.
A causa di una folata di vento, improvvisamente non vidi più niente se non i miei capelli.
Bofonchiai per la rabbia e li raccolsi, tornando finalmente a vedere il ponte. Sussultai quando mi trovai davanti una ragazzina bionda, poco più alta di me.
Non dovevo stupirmi, erano demoni. Si divertivano a sbucare improvvisamente davanti alle persone, proprio quando queste non se lo aspettavano.
- Mi hai fatto prendere un colpo-
Dissi, con una mano sul petto. La ragazza non rispose, piuttosto continuò a guardarmi tenendo le braccia incrociate. Mi squadrava con i suoi occhi viola scuro, mettendomi ansia. Se ne stette ad esaminarmi in silenzio per un tempo immemore, facendomi sentire incredibilmente a disagio. Indietreggiai involontariamente davanti a lei, sembrava arrabbiata nonostante il suo volto gelido non facesse trapelare la benché minima emozione. Gli occhi, erano i suoi occhi ad essere colmi di furia. Il vento mi scompigliò nuovamente i capelli rossicci, costringendomi a raccoglierli ancora una volta.
- Quelli non sono adatti per viaggiare su una nave-
Sbottò duramente la ragazza, riferendosi alla mia chioma. Io concordai e feci una crocchia, che per un po’ avrebbe retto. Mi sentì subito più libera.
- Avresti dovuto pensarci prima di imbarcarti-
Continuò, aspramente. Fissai la sua acconciatura perfetta. Si vedeva che i suoi capelli ricci fossero molto lunghi, eppure lei era riuscita a sistemarli con maestria.
- Non navighi spesso, vero?-
Domandò, riuscendo a mantenere un tono di voce estremamente irritabile. Scossi il capo.
- E’ il mio primo viaggio in mare-
Questa sorrise, mostrando una piccola zanna che riconobbi subito. Era un vampiro.
- Debolezze come queste potrebbero costarti la vita, nell’oceano. Se non vedessi la spada nemica per i capelli davanti agli occhi, moriresti in un attimo-
Spiegò, non sembrando affatto dispiaciuta di una tale eventualità.
- Sarebbe un vero peccato, morire così scioccamente durante un attacco. Non credi?-
Non risposi, certa che se lo avessi fatto non sarebbe uscito niente di carino dalla mia bocca.
- Ti ho vista oggi-
Proseguì il demone.
- Quando sei venuta a supplicare per un posto sulla nostra Gold-
Rimasi sconcertata per come pose l’accento su “nostra”. Sembrava che cercasse di dirmi qualcosa, qualcosa che ancora non afferravo.
- Io al contrario non ricordo di averti vista-
- Stavo dormendo quando ci hai disturbato, ero nella camera del comandante-
Specificò, allora sorrisi. Ecco cosa cercava di dirmi. La compagna del Capitano.
- Giusto, tu dormirai di giorno-
Sviai il discorso.
- A te conviene invece non dormire mai, sia di giorno che di notte-
- Come scusa?-
- Non si sa mai cosa potrebbe fare un gruppo di marinai ad una ragazza, dopo tanti giorni in mare-
Sorrisi, sfidando il suo sguardo.
- Mi sembra che tu resista bene però-
- La ciurma sa che se si avvicina troppo a me, trova la morte-
Illustrò a tono deciso, vestita di pelle nera attillata, un completo che lasciava poco alla fantasia.
- Ti ringrazio per il pensiero, vedrò di difendermi-
La vampira sogghignò malignamente, voltandomi le spalle.  
- Un’ultima cosa, Belli Capelli-
Rimasi ad ascoltare, mentre lei mi fissava ancora una volta duramente con i suoi occhi viola.
- Il Capitano è Off Limits, chiaro?-
- Chiaro-
Risposi sorridendo. Dopo aver difeso il suo territorio, se ne tornò da dove era venuta.
Continuai a sorridere, fino a che il sorriso non divenne una risata.
Rimasi sul ponte a ridere, da sola e scioccamente.
Come se fossi stata in grado di pensare ad un altro uomo, come se avessi potuto portarglielo via.
La risata divenne isterica e mi posi entrambe le mani sugli occhi.
Magari se fossi riuscita a pensare a qualcun altro, magari se avessi potuto innamorarmi e dimenticarlo.
- Avrei scommesso su di te-
Sbottò una voce facendomi sussultare. Mi volsi di scatto ma non vidi nessuno dietro di me.
- Quassù-
Alzai lo sguardo, notando il ragazzo appeso alle corde delle vele che mi osservava dall’alto. Poteva essere lì da un minuto come da un’ora.
- Mi stavi spiando?-
- Affatto-
Affermò, raggiungendomi a terra con agilità.
- Pensavo solo che sarebbe stato interessante, se aveste iniziato a picchiarvi-
Sorrisi.
- Era tanto evidente?-
- Solo un po’. Ma ti avverto, non si esce vittoriosi da uno scontro con Lu-
- Intendi la biondina?-
Il ragazzo annuì.
- Lucyndra ha il complesso della prima donna e credo che non ti sopporti molto-
- Beh, la cosa è reciproca-
Ammisi, continuando a sorridere.
- Perché avresti scommesso su di me?-
Domandai.
- Hai appena detto che non si vince contro di lei-
- E’ vero, ma pensa se per caso tu vincessi. Diventerei il mozzo più ricco della nave-
Risi istintivamente, scoppiando in una seconda risata liberatoria. Mi vennero le lacrime agli occhi, che dovetti asciugare velocemente chiedendomi se fossero veramente di gioia.
- Sei buffo, Hunter vero?-
- L’unico e il solo-
Si presentò il ragazzo, porgendomi la mano. Non potei stringerla. La fissai intensamente prima di incrociare il suo sguardo, leggermente deluso. La ritrasse senza chiedere niente, procedendo con la conversazione.
- Tu invece sei Victoria-
Annuì, ringraziandolo ancora per avermi dato modo di parlare con il capitano.
- A proposito, ero venuto a chiamarti-
Si ricordò improvvisamente il pirata, portandosi una mano sulla fronte.
- Devo mostrarti la tua cabina-
- Non posso trovarla da sola?-
- Oh, la nave è grande. Più di quanto tu non creda-
Mi condusse fra i poco illuminati cunicoli del vascello. Gli alloggi dell’equipaggio erano ben più lontani di quelli del capitano, completamente dal lato opposto della nave. Raggiunta la cabina, compresi che da sola non ce l’avrei mai fatta.
- Ricordi come tornare indietro?-
Annuì, mentendo. Il ragazzo se ne andò, lasciandomi esplorare la mia nuova camera.
 
Varcai la porta, sprofondando subito in un mondo di merletti neri e velluto rosa antico.
Per un attimo mi mancò ossigeno, sembrava che la tappezzeria lo assorbisse del tutto.
Corsi all’oblò, aprendolo e respirando una profonda boccata d’aria.
Tornai a fissare con ribrezzo la stanza, scorgendo le poltrone in velluto rosa e i mobili in legno ricoperti da centrini neri giganti. Il letto a baldacchino aveva lenzuola di seta rosa, dello stesso colore erano anche i vestiti che trovai nell’armadio.
Alcuni parevano tende nere piene di pizzi rosa, altri teli rosa ricoperti di pizzi neri. Tutti terribilmente antiquati. Chiusi l’armadio, per non vedere più quella roba.  
La camera non era poi grandissima ma al suo interno vi era una piccola libreria con sopra decine e decine di libri pieni di polvere. C’era poi una scrivania con dei vecchi pezzi di carta sopra, un comò con lo specchio, le poltrone, un comodino con una lampada e una lampada più grande, alta, vicino alla libreria. Tutto sopra ad un immenso tappeto, rosa e nero. Troppi oggetti tutti in una camera sola, mi sentivo soffocare. Sospirai, sedendomi sul letto.
Improvvisamente, fissando ancora volta il mio alloggio, mi chiesi cosa ci facessi lì.
Avrei dovuto essere sulla terraferma, a combattere per i miei ideali. Sarei dovuta partire alla ricerca di un potere maggiore, oppure avrei dovuto essere a fianco di uno dei discendenti dei Lancaster. Invece stavo scappando, con la coda fra le gambe, per colpa di un ragazzo. Ero diventata tutto ciò che non volevo essere. Ero diventata sensibile all’amore, ero vulnerabile ad esso e bruciata da un dolore che non mostrava ferite esterne. Ancora una volta ci ero cascata, non riuscendo a mettere in pratica gli insegnamenti che per tutta la vita mi erano stati impartiti.
Ero debole, debole d’animo ed odiavo esserlo.
Mi diressi nella stanza da bagno, iniziando a spogliarmi per fare la doccia. Sentivo ancora la puzza dell’acqua putrida sui miei capelli. Senza togliere il polsino, entrai in quella che altro non era se non una grande vasca antica. Non c’era lo scarico per l’acqua, né il rubinetto. Si riempiva con i secchi e allo stesso modo si svuotava. Mi sedetti sul fondo, apportando magicamente le modifiche che mi interessavano. Libera dall’anello, dal sigillo che bloccava i miei poteri, riempì istantaneamente la vasca con acqua calda. Creai lo scarico, collegato direttamente con il mare all’infuori del vascello. Posi anche un rubinetto grazioso simile allo stile della vasca. Profumai l’acqua con un olio alle rose e chiusi gli occhi, rilassandomi.
La pace durò poco. Li riaprì pensando che se ero capace di fare tutto quello era merito solamente di Nolan. Ero cresciuta senza poter usare i miei poteri, imprigionata in una famiglia che rinnegava di insegnarmi qualsiasi cosa. Ero una strega, anche abbastanza potente immaginavo. Eppure fino a poco tempo prima non sarei riuscita a fare molto con i miei incantesimi improvvisati. Sapevo usare solamente il calore delle mie mani, capace di ferire il prossimo e basta. Non c’era dolcezza in me, né nel mio corpo. Tutto faceva presagire la mia diversità e, quindi, la mia cattiveria.
Sospirai ancora. Anche secondo Nolan ero cattiva. Lo ero ai suoi occhi da quando avevo sterminato decine di fate per un assurdo capriccio. Odiavo essere considerata cattiva pure dai demoni.
Mi toccai istintivamente la testa con le mani, passando le dita sopra il colore rosso che con l’acqua svaniva. Roteai gli occhi. Non ero migliorata poi tanto, se non riuscivo neanche a fare un colore permanente. Ritirai le mani, riportandole davanti al mio sguardo. Erano sporche di colore e sembravano tinte di sangue. Le riposi in acqua, nascondendole, lavandole. Sembrava il sangue di cui Nolan mi aveva accusata di essere assetata. Sprofondai nell’acqua calda, notando come non riuscivo a non pensare a lui. Era nei miei pensieri ogni momento, ogni secondo della giornata. Non importava se mi stavo allontanando in mezzo all’oceano, non importava se avevo nascosto il marchio. Lui era sempre lì. Riaffiorai in superficie, prendendo aria.
Dovevo fare qualcosa per togliermelo dalla testa. A tutti  i costi.
 
Raggiunsi il letto, sprofondando sotto le coperte. Finalmente un vero materasso. L’ultima volta che ci avevo poggiato la schiena ero con Nolan, li aveva lui i soldi per pagare le camere d’albergo.
Forse prima di andarmene avrei dovuto sfilargli qualche soldo. Tanto era un principe, era ricco.
Sospirai, nascondendomi fra i cuscini, quasi per proteggermi da quei pensieri. Eppure essi riuscivano a raggiungermi anche sotto la seta rosa, facendomi notare quanto il letto fosse spazioso senza qualcuno accanto. Mi strinsi fra le lenzuola, occupando solamente un piccolo angolo del materasso. Avevo freddo, stranamente. Senza il suo calore accanto, percepivo freddo in tutto il corpo. Alla fine mi addormentai, indossando la buffa biancheria che avevo trovato nel comò.
Feci degli strani sogni, come ogni notte da quando lo avevo lasciato. Rivedevo il suo volto, avvolto dalle tenebre del suo castello. Accanto a lui c’era l’angelo dalle ali nere, la donna dai capelli rossi che ormai conoscevo come Lilith e una dai capelli neri. Probabilmente quest’ultima era la sua promessa sposa. Tutti gli stavano accanto ma sul suo viso non scorgevo mai un sorriso.
Era tornato a casa, alle faccende da cui io lo avevo distratto. Impartiva ordini, preparava gli eserciti per una qualche battaglia e squadre di ricerca per ritrovarmi. A questo punto, quando pronunciava il mio nome e ordinava a tutti di rintracciarmi, io mi svegliavo bruscamente. Non riusciva a scoprire la mia posizione, nonostante il marchio che mi aveva impresso.
Desideravo non rivederlo, dimenticarlo eppure l’incantesimo continuava a mostrarmelo.
Durante il giorno la mia mente non riusciva a non pensare a lui e di notte ero tormentata dagli incubi. Il cuore batteva veloce e lo stomaco era perennemente straziato dal dolore. Ero certa che sarei morta. Non uccisa da Isaac, non da Abrahel. Alla fine sarei morta a causa di Nolan.
I raggi del sole mi risvegliarono dalla dormiveglia. Passavano dall’oblo, avvertendomi che presto si sarebbe fatto giorno.
Mi sentivo più pesante.
Faticosamente tirai un braccio fuori dalla coperta, lo allungai verso il comodino e presi l’anello nero. Ritirai la mano dentro il lenzuolo, indossai il gioiello e la pesantezza svanì.
Sbadigliai, non sapendo neanche che ora fosse. Feci sgusciare la mia testa fuori dalle coperte, ricordando che mi trovavo in una cabina di una nave di pirata chissà dove in mezzo all’oceano.
Mi passai una mano fra i capelli, cercai con lo sguardo un orologio ma non ne trovai. Al contrario, vidi una donna seduta su una delle poltrone della mia camera. Mi stava fissando, in silenzio.
Sussultai, sedendomi sul letto. Mi voltai velocemente a fissare la porta. Era ancora chiusa a chiave. Tornai a guardare la donna. Portava uno sfarzoso abito rosso e aveva dei bellissimi gioielli indosso. I suoi capelli castani erano raccolti in una intricata acconciatura, troppo difficile da fare da soli.
Feci un respiro profondo, cercando di tranquillizzarmi. Un fantasma.  
- Chi sei?-
- Potrei farti decapitare, per esserti rivolta a me con tale insolenza-
Sbottò con durezza la donna.
- Io sono la Regina dell’Impero, regnante delle Isole Paradiso colonizzate a sud, la padrona di questa nave e di questa stanza-
- Per-Perdonatemi, non sapevo che questa fosse camera vostra-
Continuai perdendomi negli occhi azzurri della donna che mi fissava, così attentamente. Era evidentemente infastidita dalla mia presenza.
- Desiderate che trovi subito un altro alloggio?-
- Ovviamente. Chi vi ha fatto entrare? Verrà punito con la frusta-
- E’ colpa mia-
Mentì.
- Voi non eravate qui l’altra notte, così pensavo che questa stanza non fosse di nessuno-
- Non devo spiegare a te cosa faccio durante la notte-
Disse fermamente la donna.
- Questa è la mia camera e nei miei alloggi privati non deve entrare nessuno-
- Avete pienamente ragione, perdonatemi-
- Sei perdonata-
Concesse la regina accennando il capo e in quel momento qualcuno bussò alla porta. Volsi lo sguardo un solo istante e, quando tornai a guardare la donna, questa già non vi era più.
Uscì dunque da sotto le coperte, dirigendomi verso l’armadio.
- Chi è?-
Urlai aprendo le ante e sperando di trovarvi nascosto qualcosa di decente.
- Sono Hunter, posso entrare?-
- No, se non vuoi morire!-
Il ragazzo smise subito di bussare e attese in silenzio. Io presi il vestito più semplice di tutti, color rosa antico e comunque pieno di fronzoli.
- Possibile che in trecento anni non abbiate rinnovato il guardaroba?!-
Udì il ragazzo ridere dal corridoio.
- Sono sicuro che ti stanno tutti bene-
Andai ad aprire non appena riuscì ad indossarne uno. Fu lui stesso a giudicare.
- Allora?-
Hunter scosse le spalle, ammirando la gonna che giungeva sino al pavimento. Osservò ogni pizzo e decoro, iniziando a ridere.
- La tua espressione è troppo dura per portare un vestito così dolce-
- E’ tutt’altro che dolce. Pizzica da morire-
Spiegai, facendo entrare il ragazzo nella stanza.
- Sono felice che tu sia venuto, devo parlare con il Capitano-
- No, non è possibile-
Cercò di spiegarmi, sedendosi sul letto mentre io apportavo delle modifiche all’abito.
- E’ appena andato a letto dopo una lunga notte. Deve riposarsi. Lo hai capito che è un vampiro vero?-
A quella domanda, pronunciata con ovvietà, io lo fissai intensamente. I miei sospetti vennero fondati dunque, il comandante era un vampiro.
- Certo che l’ho capito-
Sbottai, non volendo apparire sciocca.
- Voleva mangiarmi, dorme di giorno e si sveglia dopo il tramonto. Lucyndra è una vampira. Certo che anche il Capitano è un vampiro-
- Allora sai che dopo l’alba non dovresti chiedere di lui-
- Va bene. Sarai tu il responsabile-
Sbottai, tagliando magicamente la gonna. Adesso l’orlo si trovava poco sopra il ginocchio.
- Perché ti compare un cerchio rosso intorno agli occhi quando fai un incantesimo?-
Chiese il ragazzo sorpreso, squadrandomi come se fossi stata l’attrazione di un qualche circo.
Seduto sul letto, allungò il collo verso di me come una tartaruga, fissandomi negli occhi. Mi giunse ad un palmo dal volto, non staccandosi dalle mie iridi. Infastidita, gli soffiai sul naso.
Questo si ritrasse immediatamente, arricciandolo.
- Il responsabile di cosa?-
Riprese il discorso.
- Devo cambiare stanza, mi ha affibbiato la camera della Regina di questa nave-
Tornai a spiegare.
- E a meno che io non possa scegliere una cabina a caso, o mi fai parlare con lui oppure ne subirai le conseguenze-
Hunter aprì la bocca, alzando il dito indice cercando di parlare ma le parole gli morirono in gola.
- Credo…-
Disse dopo una lunga ed attenta riflessione.
- Che il Capitano possa essere ancora sveglio. Magari non lo disturberai se vai subito-
Sorrisi, dirigendomi verso le sue stanze con l’aiuto del ragazzino. Mi seguiva in silenzio, leggermente preoccupato.
- Perché sei venuto da me?-
Chiesi dopo un po’, quando mi venne in mente.
- Mi è stato dato il compito di guidarti su questa nave. Devo aiutarti a trovare i luoghi giusti…come la mensa…-
- Adesso aiutami a trovare il capitano-
Dissi bloccandomi ad un bivio e non ricordandomi più da dove dovevo passare.
- Sinistra-
Rispose il ragazzo ed io proseguì.
- Un marinaio qualche decina di anni fa si perse in questo labirinto e morì di fame e di sete-
- Nessuno è riuscito a trovarlo?-
- No, solo il suo scheletro diverso tempo dopo-
- Consolante-
Ammisi sospirando.
- Per questo ci sono io!-
- Ripeto: consolante-
Giunsi davanti alla porta del comandante e chiesi ad Hunter di aspettarmi più avanti. Bussai con decisione e fortunatamente il vampiro mi aprì subito. Era ancora vestito, ma pareva molto stanco. Ancora una volta vigeva il buio nella sua camera e le tende della finestra erano rigorosamente tirate.
- Perdonatemi-
Iniziai.
- Ma devo subito cambiare cabina, se potete indicarmi la mia nuova stanza ve ne sarò grata-
- Non ti piace?-
Chiese mettendosi una mano sulla fronte e appoggiandosi alla porta. Non aveva una bella cera e pareva avere un forte mal di testa.
- Capitano-
Dissi io guardandolo negli occhi.
- Mi avete dato la stanza della Regina-
L’uomo allontanò la mano dalla sua testa, fissandomi.
- E tu come fai a saperlo?-
- Vi prego, indicatemi una nuova camera-
Il vampiro rimase un attimo imbambolato.
- La camera di diamante-
Sbottò improvvisamente l’uomo.
- Dì questo ad Hunter e lui capirà subito dove portarti-
- Vi ringrazio. Buonanotte-
Alzai letteralmente i tacchi, togliendo il disturbo.
 
Riuscì a capire il nome della stanza solo quando ne fui dentro. La nuova cabina era leggermente più ampia, si trovava più vicina agli appartamenti del comandante ma ciò che mi colpì davvero fu l’arredamento. Era decorata completamente di diamanti.
Diamanti all’interno di una nave pirata, dietro una porta nemmeno chiusa a chiave.
Tirate le tende dell’oblò, i raggi del sole colpirono gli oggetti riflettendo una luce nera. Compresi allora che non fossero semplici diamanti. Si trattava di una camera colma di mobili realizzati in diamante nero. Diamanti, neri. Diamanti neri e nessuno li rubava per rivenderli nel prossimo porto. Io stessa ero tentata di farlo!
- Devi essere lusingata ad aver avuto questa stanza-
Spiegò Hunter, sedendosi comodamente su una poltrona.
- Era una delle stanze progettate dalla moglie del Capitano, duecento anni fa-
- Il Capitano era sposato?-
- Certo, lei però era umana e quindi non durò molto-
Osservai la raffinatezza della cabina. I lampadari erano interamente in diamante, così come le lampade sui comò. Non potevo crederci, ma solo il muro era in legno. I comodini, la scrivania, il tavolo, l’armadio e la libreria erano fatti interamente in diamante. Aprì l’armadio, felice che le vesti perlomeno fossero di stoffa.
- Ma…faceva schifo il legno…oppure avevano così tanti diamanti che non sapevano che farne?-
Hunter rise, fissandomi.
- Era una fissazione della Signora Hyner. Adorava i diamanti, soprattutto quelli neri. Ne era ossessionata. Sembrava una vampira anche lei-
Mi voltai verso il ragazzo, sempre appollaiato sulla poltrona in velluto.
- Tu…l’hai conosciuta?-
- Certo, perché?-
Continuai a guardarlo.
- Hunter…ma tu…quanti anni hai?-
- Trecentocinquantasei a luglio. Perché? Tu quanto me ne daresti?-
Rimasi a bocca aperta a fissare quel ragazzino. Nessuna ruga, gli occhi vispi e pieni di vitalità, i capelli perfettamente castani. Gli avrei dato circa sedici anni. 
- Lascia perdere-
Risposi, avanzando verso l’oblò e scorgendo l’oceano azzurro.
- Come mai nessuno li ruba?-
- Cosa?-
- Questi-
Sbottai afferrando in mano la prima bajour che trovai.
- Possibile che non facciano gola a nessuno?-
Il ragazzo mi fissò imbambolato per qualche istante.
- Era la cabina della Signora Hyner-
Ripeté, quasi come se fossi stata stupida.
- Nessuno li toccherebbe. Tutti amavano la Signora-
Scrollai le spalle, rimettendo la lampada apposto. Io avrei superato il lutto correndo a rivendere i mobili passato il primo secolo.
- Come facevi a sapere che quella era la camera della regina?-
Chiese improvvisamente il mozzo, curioso.
- Nemmeno io lo sapevo e sono fra i primi che ha messo piede su questa nave-
- Credi ai fantasmi?-
- Certo che no-
Sbottò il ragazzo fissandomi con i suoi grandi occhi nocciola.
- Nella mia vita ho visto di tutto ma mai un fantasma-
- Dunque secondo te non esistono-
- Certamente-
- Come le fate senza ali?-
Hunter tacque, scrutandomi mentre prendevo confidenza con la mia nuova camera.
- E’ molto più bella dell’altra-
Affermai, felice.
- Perché la regina viveva in una camera così piccola? Anche quella Capitano è più grande. Ce ne sono moltissime più belle di quella-
- Questo veliero è in mano al nostro Capitano da almeno trecento anni. Con il tempo ha subìto qualche modifica, grazie anche al mio contributo ovviamente-
Puntualizzò, quasi cercando dei riconoscimenti. Allora gli sorrisi, avvicinandomi a lui complimentandomi per la sua bravura e nel frattempo scompigliandogli i capelli.
- Quando il vascello fu costruito, la tua camera doveva essere la più bella-
Continuò Hunter, tentando di risistemarsi la capigliatura.
- Abbiamo ristrutturato molto la Gold Sea. Non so se hai notato come sembri più grande nonostante l’aspetto esterno-
- Sì, lo avevo capito coi corridoi-
Il ragazzo sorrise, spiegando che era tutta opera della magia. Serviva a dare più spazio alla ciurma.
- Abbiamo anche aggiunto delle stanze. Ad esempio questa camera non esisteva-
- No? E cosa c’era prima qui?-
- Niente, il vuoto assoluto. Non so se questo può metterti angoscia, ma sotto di te vi è il mare e sopra il cielo. Questa stanza è fuori dalla nave, è come una cabina unita al vascello-
Mi sentì mancare, ero sospesa nel nulla e in balia delle intemperie. Mi sentivo più a mio agio e al sicuro all’interno della nave. Lì invece mi pareva di essere estremamente vulnerabile. Purtroppo però non potevo andare a reclamare di nuovo.
- E’ il momento di andare-
Sbottò improvvisamente il ragazzo, alzandosi di scatto dalla poltrona ma vacillando leggermente. Traballò per qualche istante, riuscendo a mettersi in piedi solo appoggiandosi al baldacchino.
- Ti senti bene? Sembri stanco-
- Nah-
Mugugnò sorridendo.
- Devo andare al turno di giorno non ho tempo per essere stanco-
- Hunter ma tu quando dormi?-
Domandai avanzando verso di lui, prima di sparisse oltre la porta.
- Eri sveglio ieri pomeriggio, questa notte e adesso inizi un nuovo turno. Tu dormi mai?-
Sorrise ancora, dolcemente, prima di andarsene.
 
Dopo essermi sistemata nella nuova stanza e aver ispezionato i nuovi abiti nell’armadio, cercai di raggiungere la cucina. La prima volta che mi ripresentai dal cuoco, questo mi squadrò domandandomi se finalmente fossi stata messa sul menù. Feci un passo indietro, dichiarando che ero lì solo per mangiare.
- Fantastico-
Grugnò il rozzo capo cuoco della cucina.
- Quindi ti tiene in vita-
- Un’altra bocca da sfamare-
Rimproverò un cuoco più giovane, impegnato ai fornelli.
- Ecco un’altra donna a bordo. Ci mancava proprio-
Disse un altro, passando di lì per con un grande pentolone. Solo allora ricordai che le donne non erano gradite in mare, soprattutto sui vascelli pirata.
- Ho fame-
Brontolai, ignorandoli.
- Vorrei sapere cosa fare per poter mangiare-
- Semplice-
Rispose il cuoco.
- Si mangia solo se si lavora-
- Ma io non sono qui per lavorare-
Spiegai.
- Sono un’ospite, che paga per questo passaggio-
- Ragazzina, con questo ti sei guadagnata l’alloggio e il permesso di compiere la traversata ma non certo il mio cibo e neanche il diritto di stare in questa cucina. Fuori!-
- Ma io devo mangiare!-
Urlai attirando l’attenzione di tutti i cuochi in cucina.
- Allora devi lavorare!-
Ribadì il grasso e brutto capo cuoco, fissandomi negli occhi.
Avrei voluto replicare, ma il mio stomaco in quel momento borbottò.
- Va bene-
Dissi ammettendo la sconfitta.
- Comincia subito, cosa aspetti?-
- Sempre che tu non voglia fare il turno di notte-
Suggerì l’aiuto cuoco, la cui idea non mi dispiacque. I miei poteri erano più forti di notte, liberi dal sigillo. Avrei potuto faticare meno e farmi aiutare dalla magia.
- Bene dunque, lavorerò, però di notte-
- Sei forze impazzita? Non durerai un’ora-
- Ho detto che voglio far parte del gruppo di notte-
- Se lo fai solo perché pensi di essere esonerata andando a piagnucolare dal Capitano…-
- Non è così!-
Urlai offesa.
- Se ho detto che lavorerò, lavorerò. Ma di notte! E le mie motivazioni non sono affar tuo!-
- E va bene signorina ma saranno guai per te. Questa è una nave di demoni e la notte escono i peggiori dalla loro camerata! Sarebbe stato molto meglio per te restartene chiusa nella tua cabina-
- Invece di blaterare, dammi qualcosa da mettere sotto i denti. Non posso lavorare se non mangio-
Il cuoco, malamente, acconsentì e mi porse di mala voglia una scodella con della strana sbobba dentro.
- Cosa sarebbe?-
Chiesi perplessa.
- Zuppa di pane. Ora vattene se non vuoi essere cucinata anche tu-
Risi, pensando che scherzasse. Lo sguardo serio che mi lanciò mi fece presagire che non stesse scherzando. Osservai i suoi strani denti appuntiti, aguzzi, quasi fosse un piranha. Ignoravo che demone fosse, c’erano comunque buone possibilità che si nutrisse davvero di persone.
Girai i tacchi senza aggiungere altro, con la mia scodellina verso la mensa. Vi entrai di soppiatto, nonostante questo tutti si fermarono un momento a fissarmi. Cadde il silenzio, l’equipaggio smise di mangiare. Mi fissavano e basta, come se fossi l’attrazione del momento.
Avevo quasi voglia di andare a mangiare in un angolo sul ponte, quando si alzò una piccola mano fra i grossi energumeni. Una voce si levò, chiamando il mio nome verso di sé. Avanzai, fino a che non intravidi Hunter. Sedeva fra tre demoni grandi il doppio di lui, mi sorrideva con la bocca piena, traboccante di qualcosa che pareva essere meglio della mia misera zuppa.
- Vieni Victoria!-
Continuava a ripetere eccitato.
- Siediti qui!-
Obbedì, posizionandomi sulla panca in legno davanti a lui. I pirati che lo costeggiavano mi fissarono male, scrutandomi come se rappresentassi un fastidio per tutti loro.
Abbassai gli occhi, non capacitandomi di cosa avessi fatto di male.
Altri sorridevano quando mi guardavano, malignamente oppure alludendo a qualcosa di terribilmente spiacevole.
- Sono felice che il cuoco abbia deciso di non mangiarti-
Sgranai gli occhi, fissando quelli innocenti del ragazzino che mangiava con tanto ardore davanti a me.
- Sapevi che c’era questo pericolo?-
Dopo averci pensato un istante, annuì, continuando ad ingozzarsi forse più dei giganteschi demoni che lo costeggiavano.
- E non mi hai avvertito?-
- Ci sarebbero così tante cose di cui dovrei avvertirti-
Spiegò, candidamente.
- Non posso dirti tutto. Pensa che fatica-
- Già-
Mormorai sospirando, assaggiando la zuppa.
- Qualcosa di imminente?-
Inizialmente scosse il capo, per poi accennare che ogni tanto il cuoco gettava dei bulbi oculari nelle zuppe. Lo faceva per dargli sapore. Stavo rabbrividendo quando ne presi uno con il cucchiaio.
Urlai, scattando in piedi e rovesciando l’intera zuppa sul tavolo. In un attimo, ebbi nuovamente gli occhi di tutti addosso. I pirati al mio stesso tavolo scossero il capo, allontanandosi imbarazzati. Hunter rimase seduto, in silenzio, cercando di nascondere le proprie risa.
Scappai dalla mensa, a stomaco vuoto e rossa in volto dalla vergogna. Raggiunsi il ponte di corsa, ignorando gli sguardi divertiti di chiunque incontrassi negli affollati corridoi. Scattai all’esterno prendendo una boccata d’aria come se fossi stata cinque minuti in apnea negli abissi.
Una nave di demoni. Iniziavo a credere che non fosse stata una buona idea.
Sbuffai, appoggiando i gomiti alla balaustra d’oro davanti allo spettacolo dell’oceano. Anche in quella posizione, anche in quell’angolo del vascello, tutti mi stavano fissando. Ebbi improvvisamente l’impressione di essere tornata nel mio villaggio. Percepì nuovamente la sensazione di essere un mostro.
- Non te la prendere-
Borbottò Hunter dietro le mie spalle.
Sobbalzai appena, osservandolo con la coda dell’occhio. Non risposi, continuando a guardare l’orizzonte.
- Sei quella nuova-
Spiegò, sedendosi sul parapetto di fianco a me.
- Non ci sono molte novità su questa vecchia nave. Soprattutto novità in gonnella-
- Io non porto la gonnella-
Borbottai, nonostante indossassi proprio uno di quei irritanti abiti in dotazione con la cabina.
- Non di solito. Ma sembra che qui abbiate solo vestiti così-
Il ragazzo sorrise, ciondolando le gambe verso il ponte.
- Se non ce la fai a resistere, puoi sempre scendere la prossima volta che attracchiamo-
Continuò, voltandosi verso il mare e giocando con le gambe sopra l’oceano.
Non risposi, probabilmente perché non sapevo cosa rispondere. Ero lì da un giorno e già pensavo di andarmene. Mi facevo spaventare da degli sguardi, molto più di quanto non temessi gli angeli.
- Voglio farcela-
Affermai decisa.
- Voglio essere più forte-
Il ragazzo sorrise di nuovo.
- Quale posto migliore di questo?-
Sorrisi con lui, voltandomi verso l’equipaggio. Sotto i loro occhi e i loro risolini, compresi che effettivamente non avrei mai trovato un posto migliore di quello.
- Dovresti tornare dentro e finire di mangiare-
- Non ho più fame-
Spiegai incrociando i suoi occhi nocciola.
- E poi il cuoco non mi darebbe altro-
- Ci penso io a quello. Tu torna a sederti in mensa. Non ti rispetteranno mai se ti vedono scappare-
Mi piegai alla sua saggezza e lo seguì sottocoperta, scendendo quelle scale lentamente. Hunter mi incitò con il sorriso, costringendomi a ripercorrere i cunicoli e a subire nuovamente gli sguardi della ciurma. Mi sedetti al primo tavolo libero che trovai nella cambusa, tenendo gli occhi bassi. I minuti da sola a quel tavolo parvero interminabili, fino a che Hunter non tornò. Mi pose davanti agli occhi due salsicce fumanti, ricevendo i più sentiti ringraziamenti da parte del mio stomaco. Presi a mangiare velocemente, incontrando le critiche del mozzo.
- Più lentamente! Così sembra che hai fretta, che hai paura. Rilassati e prenditi tutto il tempo-
Lo ascoltai, tentando perlomeno di farlo.
- Mi sento una stupida-
- Lo sei se permetti agli altri di metterti in soggezione. Ti farai ammazzare in questo modo. Combinerai dei guai se ti senti a disagio, abbasserai la guarda e potresti dare occasione ad uno di loro di ucciderti-
Deglutì, alzando il capo verso il suo volto così serio.
- Sei una contro centinaia di demoni. Se vuoi sopravvivere a questo viaggio devi infurbirti-
- Perché mi stai aiutando Hunter?-
Chiesi seriamente, allontanando un attimo il cibo.
- Cosa vuoi in cambio?-
- Niente-
- Allora perché lo fai?-
- Fai bene a non fidarti della gente. Questo ti aiuterà a sopravvivere-
- Hunter-
- Ok, ok-
Sbottò salendo sulla panca in legno, accovacciandosi su di esso come una gallina. Gli altri lo fissarono ma lui parve non farci caso.
- Mi annoio-
- Cosa?-
- Mi annoio da almeno duecentottantasette anni. Tu sei stata come una boccata d’aria fresca-
Ripresi a mangiare, scrutandolo diffidente accovacciato a due passi dal piatto.
- Stai giocando a mantenermi in vita, Hunter?-
- Voglio provarci sì. Sarà divertente-
- Non hai altri modi per divertirti?-
- Tipo?-
- Non lo so!-
Gridai.
- Sei un pirata!-
Il ragazzo sorrise, tornando a sedere compostamente.
- Quello ha smesso di essere divertente dopo cinquantaquattro anni-
Aggrottai le sopracciglia, facendo un po’ di calcoli.
- Tu sei diventato un pirata…a…-
- Quindici anni-
Affermò il ragazzo.
- La mia età da allora si è fermata. Così la mia vita-
- Non sapevo che i demoni potessero farlo-
Commentai, continuando a mangiare.
- Oh ma io non sono un demone. Sono uno stregone-
Quasi mi strozzai.
- Uno stregone? Uno stregone su una nave di demoni?!-
- Strano eh? Quanto una strega dagli occhi d’oro che si cerchiano di rosso quando fa una magia-
Tacqui, davanti al suo volto così giovane e al suo sguardo così vecchio.
Sempre sorridendo, si alzò in piedi, consigliandomi di aspettare il più possibile prima di andarmene.
- Tieni duro. Aspetta che il nostromo o il capo ciurma venga a chiamare tutti, tu al contrario non alzarti-
- Perché?-
- Per dare l’impressione che sei più importante di loro, almeno per ora. Poi dovranno crederti indispensabile, essenziale alla nave per rispettarti-
Sbottò, lasciandomi in balia dei demoni.

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Capitolo 4
*** Un atto di coraggio ***


Feci esattamente come aveva detto Hunter, dopodiché iniziai ad esplorare la Gold Sea.
Dovevo trovarmi un mestiere, qualcosa di utile ma che non mi riducesse allo stremo delle forze.
Pensandoci seriamente, mi resi presto conto di non aver la minima idea di quali compiti esigesse una nave pirata. Se pensavo ai pirati, mi veniva in mente solo la vedetta appollaiata sulla cima che gridava: Terra!
No, forse non avevo ben chiaro il significato di essere pirati.
Bere Rum, cantare canzoni sul ponte, issare una bandiera nera e attaccare navi.
Questo immaginavo al suono della parola “bucanieri”. Visto che poi si trattava di demoni, credevo che tutto fosse ancora più accentuato. Al contrario scoprì una grande disciplina, regole ferree e abbastanza ordine per essere un vascello abitato da per lo più soli uomini.
Ognuno sulla Gold adempiva ai propri compiti senza sgarrare, in caso contrario seppi che se la sarebbero vista con Lucyndra. Sembrava che tutti avessero una gran paura di lei. Fifoni.
Scrollai le spalle al pensiero della vampira, osservando attentamente chiunque paresse impegnato in una qualche sorta di lavoro. Presi spunto da loro, tentando di capire se avessi voluto farlo anch’io.
Fissandoli in ogni dettaglio, constatai che, nonostante il rigore che dimostravano, i demoni pirata non erano affatto come i demoni dell’alta società che avevo conosciuto fino ad allora.
Non mi piacevano allo stesso modo. Non c’era niente di affascinante in loro, di aggraziato.
A parte il comandante, poi il resto della ciurma era rude quanto il loro aspetto.
Tutto ciò che avevo imparato su di loro, all’interno di quel vascello, si annullò. Ritenevo che demone fosse sinonimo di bellezza, non finivo mai di imparare.
Erano demoni ma alcuni apparivano brutti come troll, non godevano certo della magnificenza della famiglia reale. Sospirai innanzi ai volti dei Lancaster e del mezzo demone che portava il loro cognome, pur non appartenente alla famiglia. Un po’ mi mancavano.
Intanto la ciurma mi fissava malignamente per il solo fatto che fossi priva di un lavoro. Tentavo di non abbassare la testa, di non sviare gli occhi. Rispondevo alle loro occhiate altrettanto severamente, mimando con lo sguardo l’intenzione di trovarne uno. Dovevano solo darmi il tempo.
Mi sedetti a poppa, scrutando l’equipaggio sfiancato. Ogni tanto si lamentavano e il loro superiore prontamente li ammoniva. Urlando, ricordava ai mozzi che il buon mantenimento della loro casa era la cosa più importante. I volti dei pirati allora si facevano scuri e tornavano al lavoro con gli spazzoloni. Non avrei voluto fare il mozzo.
Poco dopo scorsi un uomo fuoriuscire da sottocoperta con il pranzo per coloro che non potevano mangiare comodamente in mensa. I demoni troppo impegnati o in ritardo con i loro compiti avevano il diritto a ricevere una scodella di sbobba direttamente sul ponte, a patto che la consumassero in fretta. Chi aveva terminato in tempo, al contrario, aveva diritto ad un’ora di pausa in mensa. Il cambusiere si presentava poco dopo l’ora di pranzo, quando la cucina e la mensa avevano chiuso. A chi era rimasto sul ponte, il cambusiere porgeva il cibo aiutato dal dispensiere di bordo, che portava la pentola con la sbobba calda e che si assicurava che tutti gradissero, altrimenti se la sarebbero vista con il cuoco dai denti affilati. Ognuno ebbe circa cinque o dieci minuti per consumare il pasto, dopodiché un uomo sul pennone iniziò ad urlare e ad ordinare di tornare al lavoro. Non sapevo chi fosse, si atteggiava a capitano ma ovviamente non lo era.
- Scusa-
Chiesi ad un mozzo che mi passava accanto.
- Chi è quello che urla? Il comandante in seconda?-
- Oh no-
Mi rispose il ragazzo.
- Il comandante in seconda è la sorella del Capitano-
- Sorella?-
Ripetei ebete. Pensai che avesse una sorella che io non avevo ancora incontrato, magari era simpatica.
- Sì, la Signorina Hyner. Lucyndra Hyner-
Sussultai, sorpresa e delusa allo stesso tempo. Non c’erano altre donne sulla Gold tranne me e Lucyndra, la sorella del comandante.
- Allora…il capo ciurma?-
Tornai a chiedere, tentando di riprendermi dal fatto che lei non fosse la sua compagna. In tal caso non mi spiegavo una gelosia simile nei miei confronti.
- Neanche-
Affermò sorridendo.
- Quello è il nostro nostromo-
- E può comandare così a piacimento l’equipaggio?-
- Solo una parte, dà ordini a chiunque sia addetto alle manovre su questa nave. Guarda, stiamo ripartendo perché prima ci eravamo fermati. Con quegli urli ci dice di tirare l’ancora ecc…-
- Hey tu!-
Ci bloccò improvvisamente il nostromo, urlando verso il malcapitato ragazzo che avevo distratto dai suoi compiti.
- Torna subito a lavorare se non vuoi beccarti una frustata!-
Il mozzo prese molto seriamente la minaccia, tanto che mi congedò immediatamente, sparendo fra la folla impegnata nel tirare su l’ancora dai fondali marini.
Io pensavo di essermela scampata, invece ce ne furono anche per me.
- E tu non pensare di poter vagabondare e distrarre a piacimento i miei uomini! Vatti a trovare qualcosa da fare se non vuoi che te lo trovi io! E non sarà una cosa piacevole, te lo assicuro!-
Storsi il naso e me ne andai, voltando le spalle a quel demone maleducato. Non avrei voluto essere addetta alle manovre e rispondere a quel nostromo dai baffi lunghi. La ricerca del mio lavoro così proseguì all’interno della nave.  
Camminando, perdendomi fra quei corridoi, giunsi in un luogo dove sentì improvvisamente un gran caldo. Cercai di capire da dove provenisse e, all’interno di una piccola stanza vicina, scorsi un uomo. Egli era chino su un ferro rovente, impegnato a batterlo con un martello incessantemente. Ogni tanto rimetteva il ferro a contatto con il fuoco, poi continuava a batterlo. Stava costruendo delle spade. Fissai il suo sudore e i suoi muscoli, pareva compiere una grande fatica, ma era il suo dovere. Il carpentiere di bordo. Proseguì, certa che non avrei voluto lavorare vicino a tanto calore.
Passeggiando trovai dove tutti i membri dell’equipaggio dormivano, quelli del turno di giorno. Era un grande stanzone con vestiti, casse e forzieri sparsi ovunque. Lo spazio era completamente occupato da fini amache che dovevano fungere da letti. Alcuni avevano una coperta, altri un cuscino.
Pensai al mio letto a due piazze e ringraziai per non essere stata ammassata con gli altri.
Gli alloggi del gruppo di ciurma addetto ai servizi notturni, non la trovai.
Continuai il tragitto, superando la stiva, l’infermeria e l’ufficio del capitano, vuoto. Mi bloccai davanti all’armeria, dove alcuni uomini stavano litigando. Le urla mi raggiunsero sino in corridoio, incuriosendomi. Mi avvicinai di soppiatto alla porta, spiando all’interno il più possibile.
Nella grande stanza piena di armi e polvere da sparo, scorsi un demone alto e uno più basso che discutevano. Non capivo di cosa stessero parlando, a quanto pare la questione riguardava alcune pistole scomparse. Il più basso, quello che appariva più anziano con una folta barba bianca, stava accusando il più alto, muscoloso e indossante una attillata canottiera verde, del furto. Quest’ultimo presentava un gigantesco tatuaggio sulla spalla a forma di teschio, fra i denti il disegno stringeva un pugnale d’oro.
- Io non rispondo a te, Barbas. Non sei il mio capo-
- Le armi sono state rubate durante il turno di notte, sotto la mia responsabilità. Pertanto tu rispondi a me. Il mio polveriere ha riferito al nostromo il furto. Adesso il compito di punire il colpevole spetta a me-
- Stai solo perdendo tempo vecchio-
Sbottò il demone più alto, incrociando le braccia muscolose.
- Io di notte dormo-
- Sono certo che sei entrato nell’armeria l’altra notte, poco dopo la mezzanotte, quando il mio polveriere è andato a pranzo-
Proseguì l’uomo più anziano, pacatamente. Al contrario il pirata con il tatuaggio si stava innervosendo, alzando la voce sempre di più.
- Sono certo che è stato Fargus a prendere le pistole. Erano sotto la sua responsabilità in fondo-
- Io mi fido di Far, al contrario non mi fido di te. Non mi sono mai fidato, fin dal primo momento-
L’alto demone con i capelli a spazzola digrignò i denti, avvicinandosi minaccioso al suo interlocutore. L’uomo dalla barba bianca era almeno la metà dell’altro pirata, eppure non sembrava preoccupato.
- Anche tu non mi sei mai piaciuto Barbas. Mai-
- Restituisci le armi Joe. Oppure le hai già vendute per estinguere i tuoi debiti?-
Il demone con la canottiera verde strinse i pugni, continuando a ringhiare come un cane rabbioso.
- Scommetto che è così. Non le troveremmo neanche nei tuoi alloggi perché ormai sono già in mano al tuo debitore-
- Quindi non hai nessuna prova che sono stato io-
Continuò il grosso pirata.
- Tranne che andare a chiederlo a chi le hai vendute. Penso che il coffiere di notte possa essere qui in dieci minuti-
Da rosso, il volto del demone coi capelli a spazzola divenne pallido. Sbiancò completamente, i suoi occhi divennero sgranati, prima di saltare addosso al pirata più anziano. Sobbalzai leggermente da dietro la porta, ponendomi entrambe le mani sulla bocca quando vidi la sua figura accanirsi sull’altro. Gli strinse le mani al collo, stritolandolo con tutta la sua forza. In un attimo lo aveva gettato a terra, costringendolo al suolo intento a soffocarlo. Il demone con la barba bianca pose a sua volte le mani su quelle dell’altro, cercando di liberarsi da quella stretta troppo potente. Il suo volto divenne paonazzo quando il mio corpo scattò autonomamente, intervenendo.
- Lascialo stare!-
Urlai senza capirne realmente il motivo. In pochi istanti avevo attraversato di corsa l’armeria, saltando addosso al gigantesco pirata. Lo placcai dalla schiena, toccandogli gli avambracci scoperti dal tessuto della canottiera. I due ebbero un momento di perplessità vedendomi arrivare ma non ebbero il tempo di porsi domande. Il demone più possente presto iniziò ad urlare dal dolore, lasciando la presa sul collo dell’altro. Quest’ultimo prese subito a tossire, alzandosi velocemente in piedi stringendosi la gola arrossata. L’uomo di nome Joe iniziò a scalciare e ad urlare come un cavallo imbizzarrito, mentre io gli ero appiccicata sulla schiena. Chiusi gli occhi quando si alzò completamente in piedi, notando di essere veramente molto in alto.
- Lasciami andare!-
Urlò il pirata. Lo ignorai, continuando a stringerlo e a ferirlo mentre lui cercava di disarcionarmi. Dopo qualche istante si bloccò di colpo, facendomi riaprire gli occhi. Lo fissai sorpresa, non capendo per qualche motivo si fosse fermato. Fissò il vuoto per circa due secondi, poi cadde a terra pesantemente con me ancora sulla sua schiena. Ci fu un boato, l’armeria tremò ed io rotolai al suolo. Finì accanto al suo volto, vicino ai suoi occhi sbarrati. Urlai allontanandomi, quando mi capacitai che fosse morto.
- Non sono stata io-
Mi giustificai fissando l’altro demone, in piedi di fronte a noi.
- Almeno non credo-
Mormorai tornando a scrutare prima le mie mani poi la figura priva di vita del marinaio.
- Certo che non sei stata tu, dolcezza-
Sbottò l’uomo, avanzando verso di me che mi trovavo ancora a terra davanti al cadavere dell’uomo.
- Sono stato io-
Fissai i suoi occhi per un tempo che parve infinito, chiedendo alla fine pacatamente come diavolo avesse fatto. Il demone sorrise, sedendosi su di un barile massaggiandosi la gola. Fissava il compagno steso, sorridendo.
- Immagino che ora dobbiamo dirlo al suo capo, l’armaiolo di giorno. Non credo che ne andrà pazzo. Poi mi toccherà dirlo anche al luogotenente di questo turno. Una vera scocciatura-
Blaterò grattandosi la testa.
- Senza contare che non ho alcuna prova che fosse lui l’autore del furto. Eh sì, proprio una vera scocciatura. Ti dispiace se incolpo te dell’accaduto?-
- Cosa?!-
Gridai.
- No! Assolutamente no! Cosa mi accadrebbe?-
- Ah non lo so. Dipende dall’umore del comandante-
- No, non puoi dare la colpa a me!-
Gridai, alzandomi in piedi.
- Io non ho fatto niente!-
- Quelle ustioni sono tue però-
Mi volsi verso le ferite che avevo inferto al demone, in ogni caso nessuno avrebbe mai attribuito la causa della morte a quelle.
- Sì ma…-
- Calmati dolcezza, non darò la colpa a te. Non ci crederebbe nessuno che J. sia stato ucciso da quella nuova-
Aggrottai le ciglia, sentendomi offesa. Tornai a fissare il cadavere e poi gli occhi blu del demone dalla barba bianca.
- Probabilmente non crederebbero neanche a te. Ti sei visto allo specchio?-
L’esile demone sorrise, alzando lo sguardo dal corpo del compagno verso di me.
- Per questo vorrei evitare di dirlo in giro. Ti va di aiutarmi a sbarazzarmi del cadavere?-
- Cosa?! No! Non mi metterò nei guai!-
- Avanti. Lo gettiamo in mare!-
Propose con la luce negli occhi. Arretrai di un passo, inquietata.
- Tu sei matto-
Gridai.
- Perché non dici la verità? Avevi scoperto…-
- Ah, non ho scoperto un bel niente. Ho solo tirato ad indovinare. J. giocava d’azzardo con le carte e il coffiere di notte intrattiene la maggior parte dei debiti con tutti. In realtà non so un bel niente-
- Ma lui ha reagito attaccandoti! E’ una prova di colpevolezza!-
- Non per un demone, bella-
Spiegò l’uomo sbuffando.
- Non per un pirata. Joe è stato accusato, questo lo faceva sentire libero di uccidermi anche se in realtà fosse stato innocente. Il punto è che il segreto è morto con lui-
- Perché lo hai ucciso allora?-
- Ah non sono stato io-
- Ma hai detto…-
- No, no. E’ stato lui a suicidarsi-
Iniziavo ad avere mal di testa. Mi allontanai dal cadavere, dal pirata pazzo, fino a raggiungere lentamente la porta. Scappai a gambe levate, dando le spalle a quella situazione assurda.
 
Alla fine giunsi nella stiva, sorpassando ogni marinaio che avevo incontrato nei corridoi. Avevo spintonato qualche mozzo e fatto cadere ciò che stavano trasportando ma volevo allontanarmi. Scappando avevo udito i loro rimproveri ma li ignorai completamente, solo giunta in quella grande stanza piena di provviste ripresi fiato.
- Cosa succede, bambolina?-
Domandò una voce che conoscevo. Alzai lo sguardo, appoggiata al muro in legno. Thos, il demone che mi aveva inzuppato di acqua lurida, stava lavorando con altri compagni nella stiva.
- Qualcuno è già riuscito a spaventarti a morte?-
Annuì, incrociando i suoi occhi. L’uomo rise in modo dolce, non come solitamente ridevano gli altri innanzi a me. Mi invitò a sedermi, a bere un bicchier d’acqua o di vino, come avrei preferito.
- Acqua-
Affermai, sedendomi su una cassa contenente delle patate. Il grosso demone ordinò ad un mozzo di offrirmela, continuando a spostare i barili e le casse da una parte all’altra. Alcune venivano aperte per visualizzarne il contenuto, poi venivano mandate in cucina.
- Cosa è stato a spaventarti tanto? Con chi mi devo congratulare?-
- Non so chi fosse-
Borbottai, fissandolo.
- Era nell’armeria e aveva una lunga barba bianca-
La creatura demoniaca si bloccò di colpo, fissandomi scoppiando a ridere con maggior vigore.
- Barbas non farebbe male ad una mosca!-
- Già…-
Mormorai, accavallando le gambe.
- Ancora non capisco cosa ci faccia nel turno di notte-
- Chi lo sa…-
- Insomma non hai intenzione di tornare a terra?-
Ci pensai un attimo. Restare poteva essere una delle sfide più difficili della mia vita, però non volevo tirarmi indietro.
- No, voglio rimanere-
Il demone sorrise, riprendendo il suo lavoro.
- Sai, avevo giurato che non avresti resistito ventiquattrore-
Sbottò sollevando un pesantissimo baule a torso nudo, mostrando tutti i suoi muscoli e i suoi tatuaggi.
- A dire il vero avevo scommesso, che saresti morta o scappata in meno di ventiquattrore-
- Cosa avevi scommesso?-
Domandai, continuando a bere e a riprendere fiato. L’uomo sorrise, allontanandosi per un attimo dalle provviste. Si avvicinò a me, asciugandosi la fronte con la maglietta.
- Ero così certo che “capelli arancioni” non ce l’avrebbe fatta, che ho scommesso che in caso contrario sarei stato gentile con te-
- Wow-
Affermai, scoppiando a ridere a mia volta.
- Dovevi proprio essere certo che me ne sarei andata-
- Già. Avevo sottovalutato il tuo coraggio-
Brontolò, continuando a spostare i barili di birra.
- Oppure la tua stupidità-
Sorrisi, ritenendo più veritiera la seconda ipotesi. Il grosso demone attese qualche prima di parlare nuovamente, stupito dal mio silenzio.
- Credevo che volessi avere sempre l’ultima parola-
- Non in questo caso-
Ammisi, facendo passare leggermente il sorriso al pirata.
- Se fossi intelligente, a quest’ora non sarei qui-
- E dove saresti?-
Domandò divertito l’uomo ritornando a lavorare.
- Probabilmente seduta su di un qualche trono-
Mormorai sospirando, senza prestare molta attenzione a quello che stavo dicendo. Il demone si voltò curioso, bloccandosi e lasciando il carico pesante ad un marinaio la metà di lui. Stava per domandare qualcosa, quando Hunter entrò nella stiva saltellando.
- Vi ho trovato!-
Urlò entusiasta.
- Stavo cercando proprio voi due! Visto, Thos? Ho vinto!-
Gongolò lo stregone avvicinandosi al gigantesco demone.
- Non sono ancora trascorse ventiquattro ore-
Replicò, cercando di non dare troppa soddisfazione al mozzo.
- Ormai ho vinto! Non scapperà in queste poche ore, no?-
Domandò frizzante il ragazzo rivolto verso di me.
- N-No-
Borbottai.
- Cosa potrebbe mai farmi cambiare idea?-
- Giusto! Questo è lo spirito!-
Continuò a gioire Hunter, ballonzolando intorno a Thos.
- Dovrai essere gentile con lei, lo hai promesso-
Ricordò il giovane se pur anziano stregone, quasi con tono di rimprovero. Si volse leggermente verso la mia direzione, ammiccando illuminato dalle fioche luci delle lanterne. Sobbalzai, capacitandomi che lo aveva fatto solo per darmi un po’ di tregua. Cercava di crearmi degli amici.
- Ho già iniziato-
Ammise l’altro, accennando al bicchier d’acqua che stringevo fra le mani. Hunter continuò a ridere, raggiungendomi e sedendosi accanto a me in un lampo. Lo fissai sbalordita, chiedendomi dove trovasse tanta forza se pur lavorando così tanto.
- Dovrai accontentarti-
Sussurrò il ragazzo.
- Non sarà mai più gentile di così-
- Ehi!-
Urlò il demone dall’altro capo della stanza. A quanto pare aveva sentito benissimo le parole dette, se pur scherzosamente.
- Ammettilo Thos!-
Urlò a sua volta Hunter scattando in piedi e raggiungendo il compagno circondato da sacchi di noccioline.
- Tu sei un orco!-
Vista l’offesa, il demone volle assestare un colpo dietro la nuca al ragazzo. Questo si spostò di lancio, evitando lo schiaffo abilmente. Con il sorriso sul volto, Thos si preparò a calciare il mozzo, mirando dove aveva previsto che il ragazzo si sarebbe spostato. Hunter aveva evitato il colpo esattamente nello stesso modo della sera prima, questa volta Thos voleva vincere in furbizia, anticipandolo. Qualcosa però non funzionò. Hunter non seguì lo schema, spostandosi dando il ventre verso il compagno invece che il fianco. Senza riuscire a bloccarsi in tempo, il demone muscoloso colpì violentemente lo smilzo stregone nello stomaco. Scoppiò un imprevisto urlo generale all’interno della stiva mentre Hunter si accasciava a terra, con le mani sul ventre. Lo stesso Thos si impietrì dal terrore, sbiancando completamente. Si avvicinò di un passo verso la figura del compagno, scusandosi impotente. Mi alzai preoccupata, non capendo cosa stesse succedendo. Cercai di avanzare verso di loro, quando la nave prese ad inclinarsi. Mi bloccai spaventata, cadendo al suolo poco dopo. I marinai presero a gridare, inermi alla nave che si stava incrinando su di un fianco.
- Ma lo hai colpito tanto forte?-
Gridò uno al grosso demone.
- No, infatti…io non capisco…-
Le casse di cibo scivolarono verso destra, così i barili. In poco tempo l’intero contenuto della stiva, tutto ciò che non era saldato al suolo, iniziò a scivolare investendo l’equipaggio nel loro passaggio. Le urla si moltiplicarono, mentre gli oggetti e le persone venivano catapultate sul fianco del vascello. La cassa su cui mi ero seduta un attimo prima, se ne andò con le altre, sparendo nel mucchio che si accatastò sulla parete destra. Stesa a terra mi aggrappai impotente alle assi in legno, conscia che se la nave avesse continuato ad incrinarsi sarei caduta verso i bauli distrutti dalla forza dell’urto.
- Cosa diamine sta succedendo?-
Sbottai guardandomi intorno, fissando la figura di Huner piegato al suolo nello stesso punto di prima. Non si stava spostando, non stava scivolando come tutto il resto. Thos era già finito a qualche metro dal compagno, in ginocchio a terra con una mano protesa verso lo stregone. Urlava il nome del ragazzo, quasi come se fosse una supplica. Continuai a fissare la figura del ragazzino impietrita, fino a che la nave non iniziò a ristabilirsi. Improvvisamente, apparentemente senza un motivo, il vascello lentamente tornò nella posizione corretta. Hunter alzò per la prima volta il capo, ansimando ma sorridendo guardando Thos. Quest’ultimo rispose al sorriso, rilassandosi finalmente al suolo. Si gettò completamente su di esso, prendendo fiato circondato dalle macerie della stiva.
Anche io potei smettere di resistere alla forza di gravità e rilassarmi sul pavimento. In quel momento sulla soglia della porta comparve un uomo, visibilmente concitato.
- Hunter!-
Urlò il Capitano della Gold Sea, presentandosi con una camicia sbottonata e con i soliti pantaloni indossati di fretta.
- Sto bene-
Mugolò il ragazzino, rimanendo a terra stringendosi il ventre senza voltarsi verso il suo comandante. Il vampiro avanzò velocemente davanti agli occhi dei presenti, sorpassandomi senza degnarmi nemmeno di uno sguardo. Raggiunse lo stregone inginocchiandosi vicino a lui, sussurrandogli qualcosa all’orecchio e aiutandolo ad alzarsi. Lo sostenne, mentre Hunter cercava di sorridere e di sdrammatizzare con qualche battuta.    Nonostante i suoi sforzi, lo sguardo cupo e preoccupato del comandante non si rasserenava.
Continuai a rimanere allibita a terra, senza riuscire ancora a capire cosa cavolo fosse successo.
- Tutto bene-
Continuò a ripetere Hunter, finalmente capace di restare in piedi da solo. Si allontanò leggermente dal suo capitano, con una mano sempre sullo stomaco. Fissai il volto del ragazzo, pallido e provato. Sicuramente quel poderoso calcio non poteva avergli fatto bene.
- Chi è stato?-
Urlò improvvisamente il Capitano Hyner, rivolto all’equipaggio.
- Chi è stato?-
Domandò con maggior vigore, non ricevendo risposta. Thos venne avanti, ammettendo il suo errore.
- Come ti giustifichi?-
- E’ stato un incidente-
Affermò il demone tatuato, con lo sguardo abbassato.
- Capitano…-
Cercò di dire Hunter, prima che venisse azzittito dal vampiro.
- Quale incidente potrebbe discolpare un simile errore?-
- Noi…-
Iniziò dicendo il pirata, stringendo i pugni.
- Noi stavamo scherzando-
- Scherzando-
Ripetè il comandante, furibondo.
- Questo ti sembra scherzare?!-
Domandò puntando una mano verso Hunter e lo sguardo verso la stiva. Thos scosse la testa, senza alzare gli occhi da terra.
- Guardami-
Pretese Hyner e il demone obbedì.
- Voglio che mi guardi mentre ti toglierò la vita-
- Capitano!-
Tornò ad urlare Hunter, al contempo l’intero equipaggio prese a borbottare.
- Una spada-
Reclamò il Capitano, attendendo che qualcuno gliela portasse.
- Capitano no!-
Gridò ulteriormente lo stregone, affiancando il comandante e supplicandolo di fermarsi.
Un uomo portò al vampiro l’arma e un altro afferrò Hunter, impedendogli di opporsi.
Le sue urla allora divennero più forti e le sue suppliche più strazianti.
Mi posi istintivamente le mani sulle orecchie, non riuscendo a sopportarle.
Nonostante le numerose proteste, il Capitano Hyner ordinò a Thos di inginocchiarsi.
Hunter prese a scalciare e la Gold Sea a tremare.
Le urla del ragazzo non si arrestavano, ferendomi il cuore.
- Per aver messo in pericolo la mia nave-
Pronunciò il vampiro innalzando, quella che era una sciabola, sul pirata silenzioso.
Non si opponeva, accettava il suo destino senza sollevare lo sguardo. Lo stregone, al contrario, non riusciva a starne fuori, gridando con tutto il fiato che aveva nei polmoni. I timpani presero a dolermi, la scena era insopportabile. Le sue grida di dolore erano laceranti. Si trattava di qualcosa che superava la semplice amicizia.
- E’ stata colpa mia!-
Urlai, avanzando velocemente verso il comandante.
Hyner bloccò la lama, ad un palmo dalla testa del marinaio. Si volse verso di me, fissandomi con i suoi occhi neri. Tutti mi stavano fissando, imbambolati. Anche Hunter e Thos mi stavano guardando, a bocca aperta. Il silenzio che era caduto, mi assordava.
- E’ stata colpa mia-
Ripetei, bloccandomi ad un metro dal capitano e dalla sua spada.
- E cosa avresti fatto tu, per scatenare un gesto simile?-
- Ho provocato Thos-
Affermai, con le mani che mi stavano tremando.
- Mi sono arrabbiata, perché ha preso in giro i miei capelli-
Continuai, mentre il comandante abbassava la sciabola.
- L’ho insultato e l’ho minacciato, mentre dietro di me Hunter mi stava pregando di smettere-
Raccontai ancora, cercando di non incrociare lo sguardo dei due pirati fissi sbalorditi a guardarmi.
- Quando Thos ha cercato di colpirmi con un calcio, io mi sono spostata e ha colpito Hunter-
Terminai, sperando con tutto il cuore che il Capitano ci credesse. Cadde di nuovo il silenzio più assoluto all’interno della stiva. Il vampiro mi stava scrutando con il suo immenso sguardo colmo d’oscurità, forse valutando l’integrità della mia storia. Il cuore mi batteva all’impazzata, presi a sudare attendendo che quei interminabili attimi passassero.
- E come avresti fatto a finire laggiù?-
Domandò il comandante. Sobbalzai, rendendomi conto di quanto mi fossi trovata lontana da Hunter.
- Sono scivolata all’indietro, quando la nave ha preso ad incrinarsi. Ho cercato di scappare verso la porta-
Il Capitano continuò a fissarmi, con la spada abbassata. Strinsi i pugni, non riuscendo ad immaginare come sarebbe potuta andare a finire. Quando il vampiro si avvicinò verso di me chiusi gli occhi, temendo di essere uccisa. Percepì l’uomo afferrarmi per i capelli e allora li riaprì spaventata. Sotto le grida di Hunter e Thos, il Capitano mi pose la lama della spada vicino alla gola. Ero certa che mi avrebbe staccato la testa, al contrario spostò la sciabola e me la pose dietro la nuca, tagliandomi i capelli. Gridai cadendo al suolo, con gran parte della chioma fra le mani.
I capelli tagliati tornarono neri pece. Li strinsi, piangendoli silenziosamente.
- Questo è un avvertimento-
Affermò duramente il Capitano, gettando l’arma e allontanandosi. Rimasi immobile a terra, impietrita. Hunter e Thos scattarono per primi verso di me, come gli altri del resto che si radunarono intorno alla mia figura inerme sulle assi del pavimento.
- Victoria! Ti senti bene?-
Domandò il ragazzino scuotendomi per il vestito. Lo fissai pallida, annuendo leggermente. Mi toccai la nuca, percependo di non aver quasi più capelli. Dietro erano stati tagliati di netto mentre sul davanti si presentavano più lunghi. Continuai a toccarli, non riuscendo a capacitarmene.
- Sei stata incredibilmente coraggiosa-
Continuò lo stregone.
- Avrebbe potuto ucciderti-
Proferirono gli altri.
- Sei stata grande-
- Incredibile-
- Tutto quel coraggio in un corpo così piccolo-
In un attimo i demoni della stiva iniziarono a complimentarsi con me, circondandomi di parole. Ma solamente quelle di Thos mi colpirono veramente.
- Grazie-
Affermò, fissandomi con uno sguardo pieno di paura e riconoscenza.
- Ti devo la vita-
Ammise protendo una mano verso di me, per stringerla.
- Io…io non stringo le mani-
Mormorai, ringraziandolo lo stesso con lo sguardo. L’uomo sorrise, abbassandola.
- Sei una ragazza strana. La più strana che io abbia mai visto-
- Ma se non ci fosse stata, a quest’ora saresti cibo per pesci Thos-
Ricordò Hunter, asciugandosi le lacrime e spintonando scherzosamente l’amico.
- Ehi-
Sbottai.
- Ma prima cos’è successo con la nave?-
 
Nessuno volle spiegarmelo. Dissero che era troppo complicato e che tanto avremmo avuto tempo per parlarne, in fondo io non stavo andando da nessuna parte. Senza darmi modo di replicare, tutti tornarono a lavoro come se nulla fosse successo e Hunter mi accompagnò in camera.
- Devi riposare se questa notte vuoi iniziare a lavorare-
Affermò lo stregone scortandomi per i lunghi corridoi.
- A proposito!-
Scattò dicendo gioiosamente il giovane ritornando verso di me e iniziando a salterellarmi intorno. Pareva essersi ripreso bene dopo la spavento nella stiva. Solo poco prima era letteralmente piegato in due dal dolore.
- Hunter ma tu e Thos…?-
- Un lavoro!-
Sbottò il ragazzo con la luce negli occhi.
- Ero venuto a dirti che ti ho trovato un lavoro!-
- Davvero?-
Domandai entusiasta, lasciando perdere la mia curiosità riguardo a loro due.
- Quale?-
- E’ un compito molto interessante ed importante-
Iniziò dicendo il mozzo riprendendo a camminare verso la mia stanza, con le braccia incrociate dietro la schiena.
- E’ essenziale ed è una posizione di tutto rispetto. Sei stata fortunata che si sia liberato un posto. I demoni in questa nave aspettano anni prima di poter avere un’occasione simile-
- Avanti Hunter non tenermi sulle spine!-
Giungemmo davanti alla mia cabina. Tirai fuori la chiave aspettando di sentire quale sarebbe stato il mio impiego sulle Gold Sea, tuttavia quello che disse mi fece sparire il sorriso.
- Polveriere del turno di notte!-
Urlò alzando le braccia verso l’alto.
- Il polveriere del turno di giorno è scomparso e ha preso il suo posto quello di notte. Quindi il suo è attualmente vagante!-
- Scomparso?-
Domandai con i brividi lungo la schiena.
- Sì, ogni tanto capita che qualcuno scompaia misteriosamente. Noi diciamo che se è stata la Gold a prenderselo-
- Ma perché proprio io?-
Chiesi con le mani che iniziarono a tremare. Hunter afferrò la chiave aprendomi la porta, continuando il discorso gettandosi a capofitto sul mio letto.
- Questa è una buona domanda!-
Borbottò saltellando sul materasso.
- In condizioni normali non avresti potuto ottenere il posto ma è stato l’armaiolo di notte a proporti. A quanto pare gli sei piaciuta!-
Mi sedetti su di una poltrona innanzi al letto, fissando la figura di Hunter senza trovare il coraggio di parlare.
- Barbas ha detto che avresti accettato subito, che ne avevate già parlato-
- Lo abbiamo fatto?-
- Sì ha detto che avresti capito al volo. Sei stata la prima persona che si è trovato di fronte dopo la scomparsa di J. e gli sei stata di grande aiuto-
- Posso rifiutare?-
Domandai seriamente, con voce talmente preoccupata da far diventare serio anche lo stregone.
Si bloccò sulle lenzuola di seta nera a fissarmi intensamente, sbalordito dalla mia reazione.
- Certo che puoi-
Sbottò, facendomi tranquillizzare.
- Ma Barbas ha detto che in tal caso il vostro accordo si sarebbe rotto-
- Accordo? Quale accordo?-
- Lo chiedi a me?-
Domandò il ragazzo sorridendo.
- C’eri tu lì, non io-
Mi misi le mani sugli occhi. Avrebbe detto a tutti che ero stata io ad uccidere il polveriere. Dopo quello che era successo con il Capitano non potevo rischiare di compromettere nuovamente la mia immagine di fronte a lui. Mi avrebbe cacciata sul serio questa volta, oppure mi avrebbe uccisa.
Sospirai, alzando lo sguardo verso il volto di Hunter.
- A che ora devo cominciare?-

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Capitolo 5
*** Il demone del marchio ***


Cercai di dormire qualche ora, tentando di dimenticare lo sguardo infuriato del Capitano.
I suoi occhi neri mi rincorrevano non appena socchiudevo i miei. Mi aveva seriamente odiato in quel frangente, solamente perché credeva avessi ferito Hunter. Non riuscivo a comprendere cosa avesse di tanto speciale quel ragazzo. Un’intera nave di demoni gli portava il proprio rispetto, pareva essere superiore a tutti eppure non ne vedevo un apparente motivo. Poi c’era quella strana coincidenza della nave. La Gold si era inclinata non appena lo stregone si era accasciato a terra. Questi pensieri tormentarono il mio sonno fino al tramonto, quando dovetti vestirmi e presentarmi a lavoro. Titubante e se pur riluttante, mi diressi lentamente verso l’armeria. Disertai la cena in mensa, oppure la colazione per i demoni che si levavano dopo il calo del sole. Avevo lo stomaco chiuso e il pensiero di tornare da quel vecchio pazzo non aiutava. Sfilai per i corridoi della nave sospirando, vestita finalmente decentemente. In un angolo remoto dell’armadio avevo trovato per caso un paio di pantaloni neri e una camicia da donna bianca. Non me ne sarei più separata. Finalmente accantonavo gli abiti settecenteschi. Mi toccai istintivamente i capelli, non percependoli più dietro alla nuca. Sbuffai. Grazie al Capitano almeno non avevo più bisogno di legarli. Quello strano taglio a caschetto, irregolare visto che davanti erano decisamente più lunghi, mi permetteva di muovermi meglio. Compresi che tutti i mali non vengono per nuocere. E poi, sarebbero ricresciuti.
 
Mi bloccai davanti alla porta dell’armeria, facendo un grosso sospiro prima di entrare.
Diedi un’occhiata furtiva al suo interno ancor prima di fare un passo oltre la soglia. Non riuscì a scorgere il vecchio pazzo, così entrai. Scioccamente, cercai il cadavere del grosso demone con la canottiera verde. Era ovvio che Barbas se ne fosse liberato, adesso al posto del morto si ergevano due barili di polvere da sparo.
- Eccoti qui-
Saltai in aria.
- Quasi non ti riconoscevo-
Ammise l’anziano pirata, puntando il dito sugli abiti e mimando il taglio di capelli che avevo subìto.
- Stai bene, non sembri più una bambolina di porcellana-
Non risposi, fissandolo con sospetto per tutto il tempo. L’uomo ignorò il mio comportamento e continuò a parlare, ridacchiando e scherzando come se il giorno prima non fosse successo niente.
- C’è un bel po’ di lavoro, signorina. Dovremmo iniziare subito-
Elencando ciò che avrei dovuto imparare quel giorno, si diresse verso un grosso baule impolverato. Lo aprì, frugando al suo interno. Il suono metallico mi fece presagire che dentro ci fossero delle pistole e credetti che ne avrebbe prese alcune. Al contrario tirò fuori una fiasca di Brandy, bevendone avidamente per poi tornare a nasconderla all’interno del baule.
- Immaginavo che saresti stata entusiasta, ma non fino a questo punto. Cerca di non sforzarti troppo-
Borbottò ridacchiando. Persi la pazienza.
- Cosa ti aspettavi?-
Gridai avanzando di un passo verso di lui.
- Hai cercato di incolpare me! Mi hai chiesto di disfarti del…-
- Shhh-
Il demone mi azzittì, muovendo le mani in segno di abbassare la voce.
- Meglio che nessuno sappia cosa è successo, non credi?-
Continuò la creatura, procedendo verso un barile.
Fra la densa e nera polvere da sparo, estrasse una seconda bottiglia, più grande, di Gin.
- Perché mai dovrei coprirti? E perché mi hai trascinato in questo lavoro?!-
- Perché io e te siamo uguali, mia cara-
Sbottò l’uomo, sedendosi su di una cassa sorseggiando il liquore.
- Siamo maledetti-
Rabbrividì, indietreggiando nonostante fossi già parecchio lontana da quegli occhi angoscianti.
- Non so di cosa tu stia parlando-
- Oh avanti dolcezza!-
Gridò il demone, echeggiando fra le alti pareti dell’armeria.
- Siamo solo io e te qua dentro. Hai paura che i fucili vadano a raccontare qualcosa a qualcuno?-
Mi guardai intorno, stranita. Prima voleva che abbassassi la voce e poi urlava, dichiarando che nessuno poteva sentirci. Sì, metteva fortemente angoscia.
- Ho visto quello che hai fatto a Joe, come tu hai visto quello che io ho fatto a Joe-
Continuò il vecchio.
- Io…non credo di aver capito cosa gli hai fatto-
- Il mio corpo lo ha ucciso-
Ammise la creatura, posando il Gin e avanzando verso una cassa di pezzi di ricambio per pistole. Incredibilmente, tirò fuori del Rum e continuò a bere conversando.
- Ovvero, il mio sistema di difesa lo ha fatto. Uccide chiunque cerchi di uccidere me. E’ la mia maledizione, non posso morire, solo seppellire cadaveri-
Rimasi immobile a scrutare nei suoi occhi verdi impalliditi. Anche lui aveva sperimentato il dolore di nuocere agli altri senza volerlo.
- Si trattava di gente che ha provato a farti del male…-
Mormorai.
- Non certo delle brave persone-
- Hai mai provato a fare la lotta con qualcuno?-
Sbottò l’uomo, alzandosi verso di me con il dito puntato contro.
- Fra amici? Per scherzo?-
- No-
Ammisi, provando una fitta allo stomaco.
- Già. Nemmeno io-
Bevve un ultimo sorso, prima di deporre il Rum al suo posto.
Tacqui, fissando intimorita il suo sguardo deciso e sagace. Dietro al suo sorriso leggevo una consapevolezza e una saggezza che mi faceva venire la pelle d’oca. Anche lui, come me, sapeva cosa significasse essere diverso.
- Hai mai ucciso qualcuno a cui volevi bene?-
Domandai, avvicinandomi leggermente alla sua figura. Il sorriso beffardo del demone scomparve per la prima volta, divenendo immensamente triste per un istante. Subito dopo si rasserenò, nonostante i suoi occhi non furono in grado di nascondere lo strazio del suo cuore.
- Tu? Lo hai mai fatto?-
Annuì, forse con lo stesso sguardo e tristezza che il demone mi stava rivolgendo in quel momento.
- Ecco perché dobbiamo lavorare insieme-
Sbottò la creatura tirando fuori una fiaschetta dai pantaloni e brindando a me.
- I mostri si spalleggiano a vicenda-
Gridò avvicinandosi ad un tavolo di lavoro con fogli e istruzioni poggiate sopra. Iniziò a frugare fra le pagine di qualche libro, alla ricerca dei principi dell’uso e della cura delle armi.
- E in un’intera nave di demoni…-
Cominciai dicendo, avanzando verso il tavolo.
- Tu non hai trovato un altro “mostro” con cui poterti spalleggiare?-
Il demone si bloccò un istante, poggiando il libro che aveva fra le mani e sospirando.
- Maledizioni simili non sono comuni, neanche fra i demoni-
Spiegò il vecchio.
- Sono rari i casi che ho visto nella mia lunga vita, poche le persone con la mia stessa sfortuna-
- Come funziona il tuo potere?-
Domandai, incuriosita.
- Il cuore dell’aggressore si ferma, non appena mette a rischio la mia vita. Il tuo come funzionava?-
- Funzionava?-
- Hai lo sguardo desideroso della mia maledizione, come se tu avessi appena perso la tua-
Spiegò riponendo il liquore e, forse, smettendo di bere.
- Oltre la tristezza, in te vedo la paura di chi non è abituato ad essere vulnerabile. C’era dell’altro oltre lo strano sortilegio delle tue mani-
Sospirai.
- Il mio corpo brucia-
Raccontai.
- Il sortilegio non è solo alle mani e non si tratta affatto di un sortilegio. Sono fatta così, a causa della razza mista il sangue mi brucia nelle vene e rende il mio tocco pericoloso. Appartengo alla magia bianca, se tocco i demoni questi vengono feriti maggiormente-
Il vecchio annuì, senza porre domande a riguardo. Sembrava ormai essere abituato a tutto.
- Ma c’è dell’altro-
Mi spronò a continuare, tirando fuori nuovamente il Rum.
- Sì, ero più potente una volta-
Spiegai con un sospiro.
- Avevo un oggetto, una piuma, che interagiva solo con me. Mi proteggeva e inceneriva chiunque provasse a farmi del male. Era un buon incantesimo, intelligente, appartenente alla magia celeste. Non ha mai ferito nessuno per sbaglio. Non era una maledizione-
- A fare danni era l’altra maledizione, quella del sangue misto. Dico bene?-
Annuì.
- Questa è più difficile da controllare-
Bofonchiai, fissandomi i palmi delle mani.
- Ci vuole e tempo e concentrazione per annullarla. Se per caso qualcuno mi cogliesse alla sprovvista e mi abbracciasse…io lo ferirei. E nel caso…-
Dissi, provando un forte bruciore agli occhi.
- Nel caso fosse una creatura terribilmente debole e delicata-
Continuai sospirando e cercando di controllare le mie emozioni.
- La ucciderei in un attimo senza riuscire ad accorgermene-
Il demone mi fissò, dandomi il tempo di ricompormi. Dopodiché mi sorrise, dandomi una pacca sulla spalla attraverso la camicia che indossavo.
- Devi circondarti di persone robuste allora, che non muoiano al primo tocco-
Inizialmente sorrisi, concordando. Poi pensai a Nolan e istintivamente mi strinsi il polso. Sotto quel polsino nero si nascondeva il marchio dell’unica persona a cui non potevo fare del male. E, invece di stargli vicino, me ne stavo allontanando terribilmente.
- Guarda un po’-
Mi volsi alla voce stridula di Lucyndra.
- La coppia più improbabile della Gold-
- Buonasera Lucyndra-
Salutò cordialmente il vecchio, nascondendo la fiaschetta di Rum nei pantaloni.
- Stavi bevendo Barbas?-
- Certo che no Signora Comandante-
- Sai che è proibito in servizio, non è vero?-
Domandò aspramente la ragazza, avvicinandosi con il suo completino nero attillato.
- Sì mia Capitana-
La vampira fece un sorrisetto beffardo, voltandosi leggermente verso di me. Mi fissò seriamente con i suoi occhi viola scuro, per un attimo temetti che volesse mangiarmi.
- I capelli corti ti donano, sai?-
Sobbalzai, a quello che sembrava quasi un complimento.
- Il Capitano ha fatto bene a tagliarteli-
Assestai la frecciatina, cercando di contenermi.
- Mi ha detto che il trambusto di questo pomeriggio è stata opera tua-
Continuò, incrociando le braccia.
- Ancora una volta, ci hai svegliato. Sai, divento molto irritabile se non dormo bene-
Strinsi i pugni, aprendo la bocca per rispondere. Barbas si pose leggermente dietro le spalle del comandante in seconda, iniziando a farmi strani gesti con le mani.
- Io…-
Iniziai, bloccata dal demone che mi stava suggerendo di lasciar perdere. Sospirai innanzi alle mani incrociate del vecchio, decidendo di ascoltarlo.
- Io sono mortificata, comandante. Non succederà più-
- Certo che no-
Sbottò la donna.
- Anche perché la prossima volta il Capitano non ti taglierà solo i capelli-
Stavo per reagire, quando Barbas venne avanti ponendosi fra noi due.
- Posso chiedere il motivo della vostra visita, illustre Signora? Necessitate di un’arma?-
- No-
Affermò la ragazza.
- Detesto le pistole. Sono venuta per capire perché tu abbia scelto lei come nuovo polveriere-
- Qualcosa non va?-
- Non è consono che una…-
Cominciò la vampira, bloccandosi a fissarmi e indicando la mia intera figura.
- Una…-
Incrociai le braccia roteando gli occhi, aspettando di ascoltare quale aggettivo tirasse fuori.
- Una nuova?-
Propose Barbas.
- Sì, diciamo così. Non è consono che una “nuova” ricopra una posizione di rilievo. Sono venuta per portarla nelle cucine. Lavorerà come sguattera per il cuoco. All’occorrenza porterà anche le pentole sul ponte come dispensiere-
Rabbrividì al solo pensiero di lavorare vicino al calore dei fornelli e a portare un peso simile per mezza nave. Mi ritrovai nuovamente a stringere i pugni e a digrignare i denti, desiderosa di saltarle addosso. A questo punto l’armeria non pareva più tanto male.
- Perdonate Signora, ho già ricevuto l’autorizzazione del capo ciurma e dal luogotenente. La ragazza ormai è assegnata qui-
Lucyndra strinse la frusta nera che portava al fianco, voltandosi verso il vecchio dalla barba grigia decisamente infastidita.
- Io sono sopra a tutti loro e ti dico che la “nuova” verrà affidata alle cucine-
Proferì la sorella del Capitano, avvicinando minacciosamente i suoi occhi viola a quelli verdi spenti dell’armaiolo. L’uomo smilzo accostò il suo volto a quello della vampira, imitandola.
I due si fissarono seriamente, squadrandosi incessantemente senza che nessuno cedesse.
- Hunter era entusiasta che la ragazza lavorasse qui-
Enunciò infine Barbas, facendo retrocedere la donna. Io sobbalzai leggermente, non capacitandomi di come potesse porre un mozzo sullo stesso piano di un luogotenente.
- E dubito che il Capitano non sia d’accordo con lui, altrimenti avrebbe preso provvedimenti quando Hunter glielo ha detto. Perché sicuramente l’ha fatto. Come tu sai, quei due si dicono tutto-
Il comandante in seconda fece una smorfia, stringendo impettita la frusta. Arretrò fulminando dapprima il vecchio, poi passò a me. Sembrava volermi incenerire con lo sguardo, tanto che mi fece venire la pelle d’oca. Se ne andò, senza aggiungere altro. Scomparve in fretta dall’armeria dirigendosi chissà dove, decisamente di pessimo umore.
- Devi stare attenta a lei-
Ghignò il demone, riprendendo la fiaschetta dai pantaloni.
- Non mi sembra che ti abbia preso in simpatia-
- Già-
Borbottai.
- E’ reciproco-
 
La prima notte del mio lavoro passò ad imparare le caratteristiche delle pistole ospitate nell’armeria della nave. Il polveriere doveva occuparsi della loro cura, manutenzione e che non ne sparisse mai una. Erano un’ottima merce di scambio sulla nave, per questo dovevano essere tenute sempre sotto chiave. Solo alcuni demoni potevano portare sempre un’arma con loro, il resto doveva accontentarsi di impugnarle solamente per gli arrembaggi. Barbas disse che se mettevi una pistola in mano ad ogni demone pirata della nave, in mezz’ora non ci sarebbe più stato un equipaggio di cui doversi preoccupare. Erano più letali dei loro poteri stessi, forse perché le pallottole erano più veloci oppure perché in realtà non sapevano usarle. Mentre ascoltavo mi chiedevo perché fossi finita lì. Io detestavo le pistole.
- Quasi tutte sono avancariche-
Spiegò il vecchio, maneggiandone una per mostrarmi la lunga canna che le caratterizzava.
- Credo fossero le meno costose sul mercato-
Terminò ridendo e porgendomela.
La presi fra le mani, capacitandomi subito di quanto fosse pesante. Cercai di puntarla contro il pavimento, rendendomi conto che mirare il bersaglio con una canna d’acciaio così lunga non fosse affatto facile. Era difficile da maneggiare, nonostante l’impugnatura in legno. Però era legante, con dei disegni che ricordavo un colore vagamente oro.
- Avranno più di cento anno ma funzionano ancora-
Continuò Barbas, prendendone un’altra per spiegarmi le varie componenti dell’arma.
La canna, con il diametro interno fisso che si chiamava calibro. Alcune presentavano una rigatura all’interno della canna. La calciatura in legno, che facilitava l’impugnatura e attutiva il rinculo dell’esplosione. La parte posteriore si chiamava culatta. Iniziai a perdermi quando disse che in essa c’era un piccolo foro perpendicolare alla canna, attraverso cui il sistema d’accensione innescava il sistema di deflagrazione di polvere nera. Sospirai quando iniziò a spiegarmi i quattro tipi esistenti del sistema di percussione. Miccia, ruota, pietra, percussione. Avrei dovuto imparare ad usarle tutte.
Sospirai nuovamente e nuovamente mi domandai cosa cavolo ci facessi lì.
Dopo un’accurata spiegazione, mi mostrò altri due tipi di pistola. Era tenute separatamente, lontano dalle antiquate avancariche. In diversi bauli, il demone teneva delle armi a colpi multipli e a colpi singolo Wheellock a ruota. Erano le migliori e potevano essere utilizzate solo dagli stretti collaboratori del Capitano.
Dopo ore di spiegazione, Barbas mi lasciò andare. Passai di sfuggita dalla cucina a rubare del pane, del formaggio e filai a letto. Al sorgere del sole, come un vampiro, mi chiusi in camera per uscirne solamente poco prima del tramonto. Feci un bagno, indossai i preziosi pantaloni che avevo trovato, gli stivali neri e mi diressi in mensa. La stomaco borbottava, risentendo del semi digiuno del giorno precedente. Entrai nella grande stanza, per la prima volta da quando il comandante mi aveva tagliato i capelli. I demoni si bloccarono a fissarmi, sicuramente la voce di ciò che era successo aveva già fatto il giro completo della nave e ritorno.
Sfilai davanti ai loro occhi con sicurezza, scrutandoli altrettanto. I pirati del turno di giorno stavano cenando, mentre quelli del turno di notte, che si erano appena, levati facevano colazione. Era uno dei rari momenti in cui i demoni dei due turni si incrociavano. Mi stavo dirigendo lentamente verso il gruppo di notte, quando una voce si levò dalle mie spalle.
- Eccola lì! La donna che mi ha salvato la pelle!-
Mi bloccai all’istante, con in mano un piatto di pane e marmellata. Mi volsi timidamente.
L’enorme figura di Thos si stagliava su quella dei compagni del turno di giorno, intenti a mangiare carne e uova con appetito. Il suo dito indice era puntato verso di me e in un attimo mezza mensa prese ad urlare e a battere le mani verso di me.
Demoni che mi applaudivano. Questa era nuova. Se pur inizialmente fossero restii, presto anche il turno di notte prese ad applaudirmi. Alcuni si alzarono pure in piedi. Rimasi impietrita con la colazione fra le mani, chiedendomi cosa dovessi fare. Hunter corse a salvarmi dall’imbarazzo, raggiungendomi a saltelli e spintonandomi per scherzo.
- La voce si è sparsa in fretta-
Spiegò il ragazzino, abbracciandomi attraverso la camicia bianca.
- In fondo è una nave noiosa!-
Un vascello d’oro massiccio con equipaggio demoni pirati ricercati in tutto il mondo e comandati da un vampiro centenario. Sì, proprio una nave noiosa.
Anche Thos mi raggiunse in mezzo agli applausi della folla, cercando di calmarli alzando le mani.
- Ha rischiato la vita per salvare la mia! Adesso ho un debito con questa ragazza! Chi oserà ancora sparlare di lei, dovrà vedersela con me!-
- Sparlavano di me?-
Domandai sussurrando ad Hunter. Lo stregone sorrise candidamente.
- E’ una nave noiosa-
- Già-
Sospirai, ruotando gli occhi.
- Thos! Raccontaci ancora come è andata!-
Improvvisandosi narratore di professione, il demone muscoloso iniziò a spiegare con la sua voce possente di come avessi affrontato Hyner. Avevo avanzato coraggiosamente facendomi carico delle sue colpe mentre la spada del Capitano stava scendendo sul suo collo. Sfidando il rischio di perdere la testa a mia volta, avevo ammesso di aver colpito Hunter. Mi allontanai con quest’ultimo, notando come ormai l’attenzione non fosse più su di me. Ci sedemmo ad un tavolo oltre la folla, accostato ad un angolo della mensa.
- Hai colto esattamente il mio consiglio. Superiore e indispensabile-
- Sono indispensabile?-
- Non ancora ma lo sarai presto. Sicuramente sei superiore a loro per coraggio. Nessuno ha mai affrontato così la spada del Capitano-
Iniziai a mangiare, pensando che in realtà non avevo fatto niente di che. Affrontare la sua o quella di Abrahel, non c’era molto differenza. A questo pensiero lo stomaco si chiuse di colpo. Posai il pane, con una mano sulla pancia. Iniziava a salirmi la nausea.
- Tutto bene?-
Domandò il ragazzino.
- Sì. Solo…brutti pensieri-
- Come possiamo scacciarli via?-
Scacciarli. Già, non c’era da fare altro. Certamente non potevo tornare alla vita da cui stavo scappando. Vivere con Nolan, spostandomi da una città all’altra con il pericolo che Abrahel o Isaac ci trovassero. Al pensiero del membro del concilio dovetti pormi una mano sulla bocca per non vomitare.
- Forse ti farebbe bene parlarne-
- Per carità-
Sbottai.
- Avrei solo bisogno di dimenticarli, così forse tornerei a dormire-
Capì subito quanto fosse sciocca quella frase. In ogni caso il marchio di Nolan non mi avrebbe lasciato pace. Anche senza i suoi ricordi, avrei continuato a sognarlo su quel suo grande trono affiancato da Lilith e Abaddon. L’immagine dell’angelo caduto fu il colpo di grazia. Sbiancai, pensando seriamente di dover vomitare. Hunter mi raggiunse dall’altro lato del tavolo, afferrandomi e portandomi fuori dalla mensa. Con una scorciatoia, mi condusse sino al ponte, all’aria fresca.
Era praticamente deserto. Tutti stavano mangiando ed io potei riprendermi senza temere di essere vista in quel momento di debolezza. Mi aggrappai alla balaustra, liberando lo stomaco pressoché già vuoto verso l’oceano. In quel caso, i capelli corti furono utili.
Il sole era appena tramontato, tingendo l’orizzonte d’oscurità. La brezza della notte mi aiutò a respirare. Tolsi anche l’anello, così da sentirmi maggiormente libera.
- Devono essere pensieri molto pesanti-
Commentò il ragazzo, di cui mi ero quasi dimenticata la presenza.
- Già…indigeribili-
Affermai, cercando di fare una battuta in un momento in cui avrei voluto mettermi a piangere.
Mi accasciai sul ponte, con la schiena verso la balaustra. Sospirai, poggiando la testa sul parapetto dorato. Dovevo trovare una soluzione, non potevo sempre sentirmi male al solo pensiero dei mesi appena trascorsi.
- Da cosa stai scappando, Victoria?-
Domandò Hunter, forse serio per la prima volta da quando avevo messo piede sulla Gold. Abbassai gli occhi, non riuscendo ad incrociare i suoi. Come fare a spiegare da cosa stavo scappando senza tornare a vomitare? Tutto ciò che girava intorno a Nolan e ai momenti trascorsi insieme, mi infliggeva un dolore incalcolabile. Dalla tristezza, all’amarezza, adesso iniziavo a risentirne fisicamente. Invece che migliorare, sembravo peggiorare. Iniziai a credere che imbarcarmi non fosse servito a niente.
- Allora?-
Incalzò gentilmente lo stregone, aspettando ancora una risposta. Sorrisi, chiudendo gli occhi.
- Da uno stupido-
Sbottai.
- Sto scappando da una stupida civetta dagli occhi gialli che per fortuna non ha la minima idea di dove io sia-
Istintivamente toccai il marchio, percependo del bagnato sul polsino. Con orrore scoprì che lo avevo macchiato poco prima, nell’intento di vomitare anche il dolore che provavo dentro di me.
Lo tolsi immediatamente, non accettando di indossare qualcosa che contenesse succhi gastrici. Dopo un bel po’ di tempo, tornai così a vedere il marchio. Sospirai, mentre la faccia di Hunter sbiancò completamente. Lo fissai, domandandomi quale fosse il problema.
Il ragazzo stette accucciato vicino a me, con lo sguardo perso, per qualche secondo. Gli posi una mano davanti al volto, agitandola per riportarlo sul pianeta Terra. Neanche così rinsavì.
- Chi…chi te lo ha fatto?-
Domandò allibito. Abbassai lo sguardo fino al marchio, chiedendomi cosa ci fosse di tanto strano.
Si era fatto spaventare da due punti uniti da due linee.
- La stupida civetta-
Hunter si riperse nuovamente nei meandri della sua mente. Iniziai a preoccuparmi.
- Stai bene?-
- Chiedi a me se sto bene?!-
Sbottò, risvegliandosi dallo stato catatonico.
- Tu sei stata marchiata!-
- Lo so, ma non ha fatto così male…-
- Chi è stato a fartelo?-
Sbuffai, domandandomi se stesse dormendo.
- Te già l’ho detto Hunter, ci sei?-
Si alzò, ponendosi le mani dietro la testa e iniziando a camminare nervosamente avanti e indietro davanti a me.
- Il Capitano sa che sei stata marchiata?-
- No-
- Certo, certo che non lo sa. Non ti avrebbe mai fatto salire-
- Qual è il problema?-
Chiesi, leggermente irrequieta. Obbligai Hunter a fermarsi e a rispondermi. Il ragazzo cercò di darsi una calmata, respirando profondamente.
- Chi è stato a marchiarti?-
Roteai gli occhi facendo un grosso respiro.
- E’ stato un demone, Hunter-
- Ovvio che è stato un demone. Certamente non è opera di una fata senza ali-
Replicò, alzando la voce istericamente. Seduta sul ponte, lo pregai di fare piano e lo stregone, in piedi davanti a me, provò a calmarsi nuovamente. Stette immobile ad occhi chiusi per un momento, forse contando fino a dieci.
- Victoria-
Iniziò, dicendo con molta pazienza. Io lo fissai dal basso verso l’alto, curiosa.
- Non tutti i demoni sono in grado di usare una magia del genere-
- Ah no?-
Domandai, seriamente sorpresa.
- Certo che no! E’ magia antica, molto antica e potente. È precedente a tutte le guerre fra il Regno dei Demoni e quello degli uomini. Ormai nessuno padroneggia incantesimi simili, sono in pochi che ancora li sanno usare-
- Tipo?-
- I più antichi, che ancora ricordano come fare. I più potenti, che hanno obbligato i più antichi ad insegnarglielo oppure…-
- Oppure?-
- Ovviamente la famiglia reale. I Lancaster sono la discendenza più antica e potente, dunque anche loro saprebbero applicare un marchio del genere. Ma tu sai cosa vuol dire?-
Domandò, indicando il marchio.
- E’ un incantesimo di collegamento-
Risposi.
- Chi me lo ha posto saprà sempre dove mi trovo e mi raggiungerà sempre in un attimo-
- E poi? Cos’altro sai?-
- Che sparirà solo se chi me lo ha posto muore. Ah, e so che se questa persona rischia la vita il marchio si illumina e fa un male terribile-
- Tutto qui? Davvero non sai altro?-
- Cos’altro dovrei sapere?-
Domandai, improvvisamente mi tornò alla mente una questione lasciata in sospeso.
- Chi è stato marchiato si innamora di chi glielo ha posto?-
Chiesi scattando in piedi, avanzando fino a giungere ad un palmo dal naso di Hunter, alzandomi sulle punte per raggiungerlo.
- Cosa? No!-
- Oh-
Sbottai, tristemente.
- Questo non è solo un incantesimo di collegamento. E’ una delle magie nere più potenti dei demoni. E’ un sortilegio di possesso. Dal momento che ti è stato posto il demone ti possiede, tu sarai sua fino a che lui non morirà-
- In che senso…sarò sua?-
- Possiede ogni tipo di diritto su di te! Quasi come un padrone con il suo cucciolo! Una madre con il suo piccolo!-
- Eh?-
Domandai non capendo. Lo stregone roteò gli occhi.
- Se questa persona si presentasse su questa nave e ti ordinasse di seguirlo, nessuno di noi potrebbe fare niente. Anche se sei un membro dell’equipaggio, il Capitano Hyner sarebbe costretto a restituirti a lui secondo la legge. Sei alla pari di un oggetto! Come hai potuto farti marchiare?-
Tornò a salire la nausea.
- Questo non me lo aveva detto-
Mormorai, scioccata.
- Nessuno usa più questo incantesimo sugli umani e sulle streghe-
Continuò il ragazzo.
- Dopo le due guerre non ce ne è il motivo. Prima era molto utilizzato, era come un contratto, un’assicurazione per essere certi che nessuno avrebbe mai rubato quell’umano al demone. Il demone personalizzava il suo umano e nessuno poteva più toglierglielo-
- E se…un demone rubava l’umano all’altro demone?-
- Chi aveva posto il marchio aveva tutto il diritto di uccidere il ladro e riprendersi il proprio oggetto-  
Abbassai lo sguardo, non avendo la forza di dire una sola parola.
- Dovresti toglierlo-
- Si può?-
Domandai spalancando gli occhi, improvvisamente rianimata.
- Certo che si può-
Sbottò Hunter.
- Non si potrebbe, per la legge. Ma si può fare tecnicamente. Se qualcuno si infischiasse delle regole antiche del Regno dei Demoni, lo eliminerebbe in un baleno-
Tacqui, fissando il marchio, quasi dispiaciuta.
- Tu non vuoi toglierlo, è così?-
- Cosa? No. Certo che voglio toglierlo-
- Tu vuoi bene a chi te lo ha posto, non è vero? Non ne sembri spaventata o triste della tua condizione-
- Ho solo paura che se lo distruggo, non riuscirò più a vedere la faccia di quello stupido. Questo disegno è l’unica cosa che ci lega. L’unica che mi permetterebbe di ritrovarlo, se solo volessi. Non voglio privarmi dell’unica possibilità che ho di ritrovarlo-
- Ecco dove si rintanano i perditempo-
La voce di Lucyndra ci fece sussultare.
- Se sperate che nascondendovi sarete esonerati…-
Si bloccò all’istante, con la sua lunga coda di cavallo bionda e la frusta ben legata alla vita. Fissò il mio volto, sicuramente pallido e sciupato e i suoi occhi puntarono subito al marchio. Il mio cuore ebbe un sussulto. In un attimo mi vidi già gettata fuori bordo. Anche Hunter parve preoccuparsi.
- Signora Capitana!-
Esordì il mozzo cercando di distrarla.
- Agli ordini! Scattiamo subito ai nostri compiti! Stavamo proprio andando…-
- Fermo lì-
Sbottò la vampira.
- Non credere che non me ne sia accorta. Quello cos’è?-
Domandò riferita al mio marchio.
- Un tatuaggio. Venuto male-
Spiegò Hunter.
- Sembra marchiato a fuoco sulla pelle-
- Infatti è venuto male-
Lucyndra squadrò male lo stregone, incrociando le braccia.
- Non crederai che io sia stupida?-
- Certo che no mia Capitana!-
Rispose il mozzo mettendosi sull’attenti.
- Quella è magia nera. Per la sicurezza della nave sarà meglio eliminarlo-
Disse malignamente, con immenso piacere. Protese la mano verso di me, il cui palmo presto divenne incandescente. Indietreggiai di un passo ma, senza che me accorgessi, la ragazza era già su di me. Mi afferrò il polso con forza, bruciandomi la pelle. Nessuno era mai stato in grado di bruciarmi. Nessuno. Eppure lei stava distruggendo il mio marchio.
- No!-
Gridai, temendo di perderlo.
- Per restare a bordo devi rinunciarvi-
- Lu, fermati-
Ordinò Hunter frapponendosi fra me e lei.
- Solo mio fratello può chiamarmi così-
Ringhiò la donna, oltraggiata.
Le afferrò il suo braccio così pallido, ripetendole di fermarsi e di lasciarmi stare. Offesa, la ragazza alzò gli occhi sino a quelli marroni dello stregone, fulminandolo.
- Come ti permetti…-
- Non posso lasciartelo fare-
Continuò il ragazzo, con voce ferma e decisa.
- E’ un ricordo importante per lei. E’ solo un ricordo, nient’altro. Non rappresenta un pericolo per la nave-
Strinse maggiormente il braccio della vampira, sino a costringerla a mollarmi. La donna pose istintivamente una mano sulla frusta, forse desiderando con tutto il cuore di estrarla e usarla.
Le mani presero a fremerle, così come gli occhi. Un fuoco divampò in essi, il desiderio di ucciderlo e danzare sul suo cadavere. Indietreggiai di scatto, stringendomi forte il polso. La pelle era ustionata e il marchio danneggiato. Il cuore si strinse, temendo che non funzionasse più. Provai una profonda tristezza e immediatamente dopo una fortissima rabbia. Percepì il sangue ribollirmi nelle vene, desiderosa di ucciderla. Feci un passo in avanti ma Hunter mi bloccò. Fissai il suo volto. Per la prima volta la gioia e l’umorismo erano completamente assenti, sembrava più furioso di me.
- Non dimenticherò quest’affronto-
Sbottò il demone dagli occhi viola.
- Io sono pur sempre il comandante in seconda-
- Devo ricordarti chi sono io?-
Lucyndra ebbe un fremito. Strinse maggiormente la frusta, quasi per scaricare la rabbia che le divampava in corpo. Si avvicinò minacciosamente ad Hunter, fissandolo dritto negli occhi ad un palmo dal naso.
- Un giorno, Hunter, troverò il modo per non renderti più indispensabile-
Il ragazzo sorrise, avvicinandosi a sua volta alla donna. Solo pochi centimetri separavano i loro volti.
- Quando lo hai trovato, Lu, chiamami-
Sbottò.
- Seriamente, chiamami-
La vampira digrignò i denti, tremando da capo a piedi dal fervore. Non capivo cosa le impedisse di ucciderlo, sembrava sforzarsi veramente tanto dal non farlo.
Se ne andò, scomparendo sotto coperta accompagnata dal rumore dei suoi tacchi.
- Sei fortunata-
Sbottò Hunter.
- Come?-
- Sei fortunata che Lucyndra sia troppo ignorante per conoscere quell’incantesimo. A proposito, fa vedere-
Si voltò verso di me per controllarmi il polso. Cercò di toccarlo ma io mi scostai, temendo che si ferisse con la mia temperatura.
- Non ho intenzione di farti del male-
- Nemmeno io-
Risposi, seriamente. Il mozzo sorrise, scegliendo di rispettarmi ed esaminarmi da lontano.
- Cosa ne pensi? Potrò ancora usarlo?-
- Non sembrerebbe troppo danneggiato. Dovrebbe funzionare. Riesci ancora a percepire lo stato di salute dell’altra persona?-
Spalancai gli occhi.
- Posso farlo?-
- Certo! Sono tantissime le cose che puoi fare con questo marchio. Non te lo ha insegnato chi te lo ha posto?-
Abbassai gli occhi, rattristandomi nuovamente. Hunter comprese e andò avanti con la spiegazione.
- Se ti concentri puoi percepire la posizione del demone che ti possiede, il suo stato d’animo e il suo stato di salute. Se non sai farlo comunque, è impossibile capire se funziona ancora-
- Solitamente faccio dei sogni, su di lui. Vedo quello che sta facendo come se fossi presente-
- Perfetto. La prossima volta che ti addormenti saprai se funziona. Ti fa male?-
- Come?-
Il ragazzo puntò il dito alle ustioni. Solo allora le osservai attentamente. Non provavo niente.
- Lui deve aver sentito un gran male-
- Che cosa?!-
Urlai spaventata.
- Vuoi dire che il marchio permette di percepire il dolore dell’altro? Ma io non ho mai sentito niente!-
- Puoi percepirlo se sai come metterti in collegamento con l’altra persona. E’ un meccanismo di difesa. Se il demone sente che il suo oggetto è ferito corre ad aiutarlo ma non era quello a cui mi stavo riferendo-
Spiegò.
- Il marchio, Victoria, è una parte dell’anima del demone che ti ha donato e che ha fuso con te. Se distruggi il marchio anche quella parte della sua anima viene distrutta e questo fa un gran male-
- Allora perché prima mi hai detto di distruggerlo!-
Gridai aggredendo il ragazzo. Lo spintonai con tutta la forza, cogliendolo alla sprovvista.
- Non credevo che ci tenessi!-
Urlò.
- Non avevo capito che eri innamorata del demone-
- Io non sono innamorata di lui!-
Urlai con tutta la forza che avevo nei polmoni. Entrambi ci guardammo intorno, controllando se qualcuno ci aveva sentito.
- Victoria-
Riprese lo stregone, tranquillamente.
- Non sapevo che fosse così importante-
- Non posso crederci che lui abbia sofferto-
Borbottai tristemente, cambiando del tutto discorso.
- Non voglio che lui soffra. Non voglio-
- Calmati-
Affermò il ragazzo bloccandomi per le spalle, stringendomi attraverso la camicia.
- Perché io non sento nulla?!-
Ebbe quasi timore a rispondermi.
- Perché lui sta assorbendo tutto il dolore, per fare in modo che tu non soffra-
Svelò, sospirando. Caddi in terra. Hunter non riuscì a sorreggermi e mi accompagnò al suolo, mentre io scoppiavo a piangere.
- Mi dispiace-
Continuavo a ripetere.
- Mi dispiace-
Non sapevo esattamente di cosa fossi dispiaciuta. Forse di essermene andata, di averlo lasciato, di essermi allontanata e di aver minacciato di togliermi il marchio se solo lo avessi rivisto. Forse di non essermi fidata, di essermi sempre arrabbiata con lui e di aver pensato al potere invece che ai miei sentimenti. Forse mi dispiaceva di essere tanto debole, di aver permesso a qualcuno di far del male al marchio, a lui.
Quel che mi faceva più male era che, anche se lontano, Nolan continuava a proteggermi. Anche se me ne ero andata, lui continuava a prendersi cura di me.
- Ucciderò Lucyndra-
Sbottai improvvisamente, alzandomi da terra con gli occhi rossi. Fuori di me, avanzai di un passo prima che Hunter mi afferrasse.
- Ferma! Perderesti immediatamente-
- Tu non mi conosci!-
Urlai, cercando di divincolarmi dalle sue braccia.
- Come tu non conosci lei! È un vampiro! Te la ritroveresti al collo prima di accorgertene e ti dissanguerebbe in dieci secondi esatti!-
Per essere magrolino, Hunter era incredibilmente forte, talmente da impedirmi di raggiungere le scale per scendere sottocoperta. Mi tenne stretta a sé, tanto da riuscire a percepire lo strano calore che proveniva da sotto la camicia bianca. Non disse nulla, continuò a stringermi, ad ignorarlo. Io continuai a piangere, a pregarlo di lasciarmi andare. Non lo fece. Pazientò, attendendo che mi calmassi. Continuò a tenermi a sé, sino a che non ricaddi a terra singhiozzando.
Odiavo cosa Nolan fosse capace di farmi. Prima di conoscerlo raramente avevo pianto in quel modo. Ricordavo solamente tre occasioni in cui avevo singhiozzato. La volta che ero scappata di casa con gli Angeli alle costole era stato il terzo ed ultimo episodio, prima di incontrarlo. Dopo di lui era capitato sempre più spesso. Mi rendeva debole, tremendamente debole. Eppure non potevo farci niente.
- Lo ami, non è vero?-
Domandò Hunter, smettendo di stringermi ed iniziando ad abbracciarmi. Seduti entrambi a terra, circondati dall’oscurità della notte, annuì con la testa appoggiata al suo petto. Percepì il ragazzo sorridere, benevolmente.
- Allora perché non sei con lui? Mi pare che starci lontano ti faccia stare male-
Affermò, riferendosi non solo al pianto ma anche al vomito.
- E’ complicato-
Spiegai, scostandomi leggermente e asciugandomi il volto.
- E’ una storia davvero lunga Hunter-
- Ho più di trecento anni Victoria e ho sempre l’aspetto di un quattordicenne. Il tempo non è un mio problema, non credi?-
Riuscì a farmi sorridere, nonostante i miei occhi continuassero a piangere senza sosta.
- Lui non è stato mai sincero con me-
Cominciai.
- Mi ha mentito sulla sua identità e sui motivi che lo hanno spinto ad avvicinarsi a me. Voleva usarmi e ha finto di essermi amico-
Raccontai.
- Mi ha ferito per questo e mi ha messo in pericolo una marea di volte. Mi sono sentita tradita da lui. Ho rischiato di morire, solamente perché non mi ha detto la verità-
Esposi, incrociando gli occhi nocciola di Hunter.
- Sono demoni-
Sbottò il ragazzo, comprendendomi appieno.
- Ho cercato di restargli accanto. Ci ho provato davvero ma alla fine…-
- Alla fine sei scappata-
Annuì.
- La situazione era diventata impossibile. Mi ha trascinato nei suoi problemi, nelle sue faccende. Pensa che anche suo fratello voleva usarmi e uccidermi-
A quelle parole lo stregone sussultò.
- Tutt’ora vuole ucciderti?-
Se pur titubante, decisi di dire la verità e annuire.
- L’ho tradito. Mi ero alleata con lui, contro il demone che mi ha posto il marchio. Gli avevo promesso di consegnargli il fratello minore ma non ce l’ho fatta e così adesso vuole uccidermi-
Lo stregone tacque, non sapendo cosa rispondere. Temetti di averlo spaventato, di aver esagerato. Stavo per alzarmi e andarmene.
- Non sembrano faccende normali dei demoni, pur essendo…insomma, demoni-
Spiegò.
- Posso sapere chi sono?-
Tacqui a lungo, non sapendo se rispondere o meno. Non che ci fosse niente di male nel rivelare chi fossero, solo che non mi sembrava normale dire che i miei poteri erano contesi fra i due eredi al trono. Non che tutta quella vicenda fosse stata “normale”.
- Posso fidarmi di te, Hunter? La mia situazione è già complicata, non vorrei complicarla ancora di più-
- Per la prima volta da quando sono sulla Gold ho affrontato Lucyndra in quel modo, inimicandola per l’eternità. Credo che tu possa fidarti di me-
- Perché lo hai fatto? Se non l’avevi mai affrontata così, perché lo hai fatto per me?-
Chiesi, prima che un’idea mi balenasse nella mente.
- Sei forse bisex?-
- Come?!-
Hunter si scostò, diventando completamente rosso.
- Perché dici questo?!-
- Sì sai, tu e Thos…mi sembrava che fra voi ci fosse un’intesa. E ora fai questo per me…-
- No, no!-
Sbottò, parando le mani in avanti.
- Non fraintendermi, sei carina! Per essere una donna. Ma io non…insomma…non sei proprio il mio tipo!-
Borbottò imbarazzato.
- Se non per quello…perché ti sei messo a repentaglio per me?-
- La detesto-
Ammise infine con fermezza, tornando serio.
- La detesto da una vita ma non ho mai trovato una buona ragione per iniziare una battaglia contro di lei-
Spiegò, riavvicinandosi a me.
- Credo che tu meritassi questo sforzo. Ciò che ti stava facendo non era giusto e poi dovevo renderti un favore-
- Quale?-
A quel punto, le sue guance che stavano appena per tornare rosee, d’impatto tornarono rosso pomodoro.
- Quello per avere salvato Thos-
Sorrisi, rassicurandolo che era stato un piacere.
- Allora? Chi è il maledetto che ti sta facendo soffrire così tanto?-
Domandò, cambiando discorso repentinamente.
Sospirai, non sapendo proprio come dirglielo.
- Ricordi che hai detto che solo pochi demoni potevano usare un incantesimo simile?-
- Certamente-
- Fra loro ricordi chi c’era?-
- I demoni più antichi, i più potenti-
- Hai nominato anche…il nome di una famiglia-
Mormorai.
- Certo! I Lancaster-
Sbottò il ragazzo, fiero di esserselo ricordato. Il suo sorriso svanì immediatamente.
- Non vorrai dire…-
- E’stato l’ultimogenito, Nolan Lancaster. Suo fratello Abrahel è quello che ora vuole uccidermi-
Lo stregone sbiancò, alzandosi per riprendere a camminare avanti e indietro sul ponte come solo poco prima aveva fatto. Con una mano sulla bocca e una sulla fronte, iniziò a solcare le assi dorate senza sosta. Mi alzai, quasi preoccupata.
- Tutto bene?-
- No, per niente-
Sbottò.
- Un membro della famiglia reale ti possiede. Non un demone qualunque. Proprio il figliastro del Re. Forse il demone più potente di tutto il suo regno-
- Pensi che Nolan sia il più potente…-
- Se lo sapesse il Capitano-
Continuò a bofonchiare Hunter, ignorandomi.
- Non facciamo salire nessuno a bordo. Mai. Sono almeno sessant’anni che nessuno di nuovo sale sulla Gold. E chi facciamo salire? Non solo una ragazza marchiata, ma una ragazza marchiata dal Principe dei Demoni-
Continuò, quasi delirando.
- Al Capitano prenderebbe un infarto, se solo il suo cuore battesse. Povero Capitano. Abbiamo l’oggetto di un Lancaster. Potrebbe essere accusato di averlo rubato e ucciso per questo-
- No!-
Gridai, avanzando.
- Non lo permetterei. Nolan non lo farebbe mai-
- Tu sei innamorata di un Lancaster-
Sbottò improvvisamente lo stregone. Io sussultai.
- Come hai potuto innamorarti di un Lancaster? Sai cosa vuol dire? Per caso vorresti essere la prossima Regina dei Demoni?-
- Cosa?! No! Certo che no!-
- Dovresti togliere quel marchio e in fretta anche! Il Principe potrebbe venire qui da un momento all’altro e incenerire la nave in un baleno-
Nascosi il polso dietro la schiena, indietreggiando allo sguardo di Hunter. Per la prima volta ebbi paura di lui.
- Non lo farebbe-
- Toglilo o dovrò dirlo al Capitano-
- No, ti prego-
Supplicai, congiungendo entrambe le mani in segno di implorazione.
- Non dirglielo-
- Allora distruggilo-
- Pensavo di potermi fidare di te, Hunter!-
Urlai, disperata.
- Non sapevo che appartenessi al Principe. Noi siamo pirati, fuorilegge! Ci nascondiamo dalle guardie del Re, non possiamo rischiare che proprio lui ci trovi! Lui ha come un radar con su scritto il tuo nome sopra!-
Spiegò dozzinalmente, in caso non lo avessi ancora capito.
- Ci condannerai tutti a morte!-
Urlò, infuriato come mai lo avevo visto. Quella scena mi fece male, seriamente.
- Devo portarti da Hyner-
Concluse infine lo stregone, tentando di afferrarmi. Questa volta lasciai che mi toccasse l’avambraccio, scoperto dalle maniche a tre quarti. Il ragazzo percepì allora il mio calore senza lo protezione della stoffa, ferendosi. Gridò istintivamente, forse sorpreso che fosse più intenso di quello che già aveva avvertito attraverso la camicia. Ritirò la mano, fissandomi allibito.
- Ma cosa sei tu?-
Di nuovo quella frase. Quelle parole che tanto detestavo. Lo avevo considerato diverso, un amico ma alla fine anche lui era come tutti gli altri. Strinsi i pugni, aumentando il mio calore dalla rabbia.
- Un mostro-
Sbottai, concedendo la risposta che tutti si aspettavano a quella domanda.
- Contento? Sono un mostro, senza anima e senza cuore. Quindi non ho problemi a tornare dal Capitano e dirgli che non sono stata io a colpirti-
Minacciai. Hunter sussultò, indietreggiando al mio sguardo furioso.
- Dirò che mi avete costretta ad assumermi la colpa. Già il Capitano sospettava che avessi mentito, non credo che avrà problemi a credere alla mia versione-
Continuai, avanzando verso di lui.
- Scegli Hunter, puoi tradirmi e metterti in pace la coscienza oppure salvare il tuo amico-
- Mi stai chiedendo di scegliere fra tutta la nave e un mio compagno?-
- Ti sto chiedendo di fare la scelta più saggia. Tu non conosci Nolan. Non ferirebbe nessuno di voi se solo glielo chiedessi io. Non saremo un pericolo per voi, né io né lui. Se corri diligentemente a denunciarmi, Thos morirà invano perché io ti garantisco, ti do la mia parola, che Nolan non vi accuserà mai di furto. Sa che mi sono allontanata di mia volontà, sa che sono abbastanza testarda da farlo-
I nostri occhi si incrociarono a lungo, circondati da un silenzio assordante, spezzato solo dal rumore delle onde. Improvvisamente dalla porta comparvero i demoni del turno di notte, pronti a cominciare il lavoro. Il ponte si riempì in un attimo di gente, circondandoci completamente.
- Scegli-
Affermai.
- Io ho solo bisogno di un passaggio. Non sono qui per mettervi nei guai-
Hunter non rispose, continuando a fissarmi furibondo.
- Cosa mi dici dell’altro fratello?-
Domandò abbassando la voce.
- Che riesca a trovarmi è improbabile-
- E se ci riuscisse?-
Continuò a chiedere, avvicinandosi quasi ringhiandomi.
- Allora lo affronterò. Non vi metterò in pericolo. Lo seguirò se fosse necessario…-
Hunter ruotò gli occhi.
- Non sarà necessario, non abbiamo paura di lui-
Lo fissai allibita.
- Perché di Nolan sì e di lui no?-
- Sei stata con lui abbastanza tempo da farti marchiare, non dirmi che non conosci la sua vera natura-
Lo fissai intensamente, sfidandolo con lo sguardo nel suo stesso modo.
- Me ne sono andata, perché non era sincero con me-
Ripetei.
- No, non la conosco la sua vera natura ma non ho paura di lui-
- Sei una sciocca allora. Chiunque ha un po’ di senno ha paura di…-
Si guardò intorno prima di sussurrare il suo nome sottovoce.
- Nolan Lancaster-
- Beh, io no. E no perché sono stupida-
Sibilai, ad un palmo dalla sua faccia.
- Fai la tua scelta Hunter. Capirò cosa hai scelto se vedrò il Capitano sul mio collo o meno-
Sbottai, voltandogli le spalle. Feci qualche passo, prima di tornare indietro per dire ancora una cosa.
- E a proposito-
Sbottai, abbassando la voce.
- Mi ha marchiata nei primi cinque minuti che l’ho conosciuto. No, non ho avuto abbastanza tempo per scoprire ogni lato di lui-

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Capitolo 6
*** La biblioteca ***


Raggiunsi Barbas, iniziando il mio turno di lavoro silenziosamente.
A stomaco vuoto e piena di rabbia in corpo, assistetti il demone nella manutenzione delle armi. Attesi di scorgere la figura del Capitano da un momento all’altro. Lo immaginavo entrare furente con la spada sguainata, pronto a giustiziarmi.
Non arrivò.
Le ore trascorsero lente, quella notte la vissi con ansia. Al sorgere del sole salutai il mio datore di lavoro, sempre con la sua fiasca di liquore fra le mani. Evitai di andare a mangiare, nonostante avessi una fame tremenda. La vista si offuscava e ogni tanto vacillavo ma non avevo il coraggio di scendere, di incontrare Hunter. Mi chiusi in camera, sperando che nessuno bussasse alla porta per venirmi a prendere. Faticai ad addormentarmi proprio per quel motivo. Ogni passo che udivo in prossimità della mia camera, mi metteva in allarme. Alla fine cedetti alla stanchezza e riaprì li occhi solo al tramonto. Un’intera giornata era trascorsa, un intero turno di giorno. Il turno di notte stava per cominciare e, questa volta, non potevo proprio saltare il pasto. Mi preparai velocemente, quasi correndo verso la mensa. Dopo più ventiquattro ore senza cibo, il desiderio di non incontrare lo stregone passava in secondo piano. Entrai in mensa senza degnare nessuno di uno sguardo. Mi avventai semplicemente sul cibo, iniziando a divorare tutto quello che trovai nel reparto della colazione. I demoni non ci fecero proprio caso, mangiavo esattamente come loro. Ebbi un attimo di titubanza quando Thos passò accanto a me, salutandomi. Non avevo la forza di guardarlo negli occhi. Gli avevo salvato la vita per poi minacciare di togliergliela.
Ricambiai il saluto distrattamente, cercando di non incrociare troppo il suo sguardo. Il demone parve comprendere che non avevo voglia di parlare e se ne andò, con un leggero disappunto. Feci un respiro di sollievo ricominciando a mangiare, quando lui si sedette al mio tavolo.
- Ciao-
Sbottò Hunter, poggiando i gomiti sul tavolo e fissandomi seriamente.
- Ciao-
Risposi, tralasciando momentaneamente la colazione.
- Mi…mi dispiace per come ho reagito ieri-
Ammise lo stregone, sorprendendomi. Quelle parole mi fecero piacere ma cercai di non darlo troppo a vedere.
- A me dispiace per aver minacciato di denunciare Thos-
Confessai.
- Non lo farai allora?-
- Tu hai ancora intenzione di andare dal Capitano?-
- Il tuo demone non verrà qui ad ucciderci tutti?-
Feci una smorfia.
- Lui non è il mio demone-
Spiegai, irritata.
- E comunque no, non lo farà-
- Bene-
- Bene-
Distolsi lo sguardo da lui, riprendendo a mangiare per sopperire a quel silenzio.
- Siamo di nuovo amici?-
Chiese candidamente, come un bambino piccolo. Io sorrisi istintivamente.
- Sì Hunter. Devo ancora ringraziarti per avermi difeso con Lucyndra-
L’attenzione passò immediatamente al mio polsino nero, che avevo prontamente lavato e messo ad asciugare prima di andare a dormire.
- Figurati. Era una soddisfazione che volevo togliermi da tanto. A chi importa se adesso mi odia?-
- Hunter-
La voce del Capitano, in piedi di fianco al nostro tavolo, ci fece sussultare entrambi. Era comparso all’improvviso, come solo i demoni sapevano fare.
- Capitano!-
Sbottò il ragazzo togliendo la mano dal cuore, che aveva rischiato seriamente di arrestarsi.
- Cosa ci fate qui?-
- Hai offeso mia sorella ieri. Non fa che lamentarsi con me per questo-
Ad Hunter scappò istintivamente un’occhiata verso di me. Calò il silenzio nella mensa. L’equipaggio si bloccò, smettendo di mangiare, per vedere cosa stesse succedendo.
- E’ terribilmente fastidiosa quando qualcuno osa affrontarla e lei non può ucciderlo, lo sai vero?-
- Sì Capitano-
Rispose il ragazzo, meccanicamente.
- Posso sapere cosa è successo?-
- Un conflitto d’opinioni-
Calò nuovamente il silenzio.
- Un…un conflitto di opinioni?-
Misteriosamente, il Capitano mi fissò per un attimo.
- Riguardo a…?-
- Una banalità-
Espose lo stregone, seduto tranquillamente al tavolo.
- Che genere di banalità?-
Incalzò il comandante, mettendo in difficoltà il ragazzo.
- E’ stata colpa mia-
Sbottai. Il vampiro si volse verso di me, incrociando le braccia rassegnato.
- Chissà perché non ne sono sorpreso-
Lo fissai stizzita, domandandomi perché mai non ne fosse sorpreso. Mica avevo scritto “combina guai” sulla fronte.
- Purtroppo non ci sono molti altri capelli da tagliare-
Toccai istintivamente la mia chioma decimata.
- Come dovrei punirti questa volta?-
Sobbalzai, mentre i brividi mi correvano lungo la schiena.
- E’ stata colpa di Lucyndra-
Affermò Hunter, alzandosi in piedi. I demoni iniziarono a borbottare, molto sorpresi da quell’affermazione.
- Come prego?-
- E’ la verità. La ragazza non aveva fatto niente di male. Vostra sorella la maltratta da quando la strega ha messo piede sulla nave-
- Sei stato nominato suo difensore personale?-
- Un’ingiustizia è pur sempre un’ingiustizia, Capitano. Le stava facendo del male, non potevo restare a guardare-
Il comandante si volse verso di me.
- Ti ha fatto del male?-
Sobbalzai, non sapendo cosa dovessi rispondere. Alla fine rimasi ammutolita, a bocca aperta davanti agli occhi neri del demone.
- La stava ferendo con il solo scopo di farla soffrire, non di ucciderla né di nutrirsene. La sua cattiveria non poteva restare impunita-
- Cattiveria, Hunter?-
Il ragazzo salì in piedi sulla panca, forse per raggiungere il livello del comandante ma in realtà lo superò. Lo fissò dritto negli occhi, dall’alto verso il basso, prima di continuare. Si trattava di un affronto dietro l’altro.
- Cattiveria, avete capito bene-
Il comandante Hyner fulminò il mozzo con lo sguardo, irrigidendosi completamente a quelle parole.
- Ok, ok-
Esordì Thos, afferrando di peso lo stregone e poggiandolo a terra.
- Per oggi basta Hunter-
Brontolò il demone muscoloso tenendolo stretto per le spalle, così da impedirgli di liberarsi.
- Credo che tu abbia detto abbastanza-
Il ragazzino tentò di divincolarsi ma fu tutto inutile.
- Vogliate perdonarlo Capitano. In questi giorni è un po’ irritabile-
- Già-
Mormorò il vampiro, fissandolo a braccia conserte quasi chiedendosi cosa farne di lui.
- Mi chiedo perché-
- Non sono irritabile!-
Sbottò lo stregone.
- E’ sua sorella che…-
Thos gli coprì la bocca, sorridendo imbarazzato.
- Non sopporto la tua indisciplinatezza, Hunter-
Affermò il Capitano.
- Per punizione questa notte assisterai il carpentiere di notte, riparando per lui tutte le parti dello scafo danneggiate e quando avrai finito, ti recherai in cambusa. C’è bisogno di un nuovo inventario-
Il ragazzo iniziò a scalciare, tanto che Thos dovette sollevarlo da terra.
- Certo che lo farà Capitano!-
Rispose il demone per il compagno, continuando a sorridere. A quel punto Hunter gli morse la mano, riuscendo così a rispondere.
- Maledetto!-
Imprecò contro il comandante.
- Sai che non sopporto il carpentiere!-
Thos tornò prontamente a tappargli la bocca.
- Fingerò di non aver sentito-
Sibilò il vampiro, avvicinandosi al volto del ragazzino per fissarlo dritto nei suoi occhi nocciola.
- Adesso basta, tutti a lavoro!-
Ordinò infine, voltando le spalle allo stregone.
- Lo spettacolo è finito-
Se ne andò, nonostante questo Thos ancora non mollò il mozzo. Un gruppo di demoni si riunirono intorno a due, circondandoli completamente. Mi avvicinai, cercando di ascoltare le loro voci e di vederli attraverso i corpi giganteschi dei demoni.
- Si può sapere cosa ti è preso?!-
Sentì gridare.
- Forse volevi dire, cosa gli sta prendendo in questi giorni-
- Giorni? Sono ormai due settimane che fa così-
Continuarono a confabulare, mentre ad Hunter era ancora impedito di parlare. Finalmente Thos lo lasciò, subendo tutta la sua ira.
- Fatevi gli affaracci vostri!-
Urlò, aprendosi un varco fra i compagni e sparendo fuori dalla mensa. Fissai il demone muscoloso leggermente preoccupata, notandolo Thos mi sorrise.
- Solitamente non è così-
Spiegò.
- E’ molto gentile, allegro, un buon amico. Questo non è proprio il suo carattere. Non l’ho mai visto arrabbiato fino a…a due settimane fa. Da allora non ha più smesso-
- Cosa è successo due settimane fa?-
- Niente-
Rispose il demone alzando le spalle.
- Ha iniziato a fare così dal nulla e, a quanto pare, non riesce a smettere-
Se ne andò, mollandomi lì.
 
Seppi che Hunter non si presentò dal carpentiere, né in cambusa. Comparve tranquillamente il giorno dopo come se niente fosse successo, senza che nessuno sapesse dove fosse stato fino ad allora. Lo incontrai poco prima di scendere a mangiare, quando venne a chiamarmi per fare colazione con il comandate.
- Perché?-
Domandai, preoccupata.
- Credo che voglia parlarti-
Affermò il ragazzo, agitandomi maggiormente.
- Ma non ne sono sicuro, non ho indagato. Sono solamente venuto a chiamarti-
- Tu gli hai detto qualcosa?-
- Io non gli ho detto niente!-
Ribadì lo stregone, facendomi strada lungo i cunicoli che portavano alle stanze del Capitano.
- Così…-
Iniziai dicendo, seguendolo diligentemente.
- Tu e il comandante vi parlate?-
- Certo, perché?-
- Non lo so-
Sbottai.
- Forse per quello che è successo ieri-
- Cosa è successo ieri?-
- Avanti, la scenata di fronte a tutti…-
Sperai che capisse e che non dovessi aggiungere altro. Scese un silenzio imbarazzante, prima che il mozzo rispondesse con un risolino.
- Ah sì. Ma quello non è stato niente. E’ tutto apposto adesso-
Tentai di tacere, di non fare domande. Purtroppo la curiosità prese il sopravvento.
- Cosa ti è successo?-
Il ragazzo parve non ascoltare e continuò a camminare svelto nelle viscere della nave.
- Perché hai reagito così? Non ti avevo mai visto…-
- Sei qui da nemmeno sette giorni-
Interruppe Hunter con voce ferma, voltandosi verso di me repentinamente.  
Il suo sguardo mi congelò.
- Credi di conoscermi?-
Mi bloccai impietrita.
- Anche gli altri hanno detto…-
- Gli altri-
Ripeté con tono seccato, ridacchiando beffardamente.
- Nemmeno gli altri non mi conosco-
Affermò rabbiosamente, riprendendo a camminare. Lo seguì in silenzio per qualche istante, poi non riuscì più a contenermi.
- Cosa ti sta succedendo, Hunter?-
- Non mi sta succedendo niente!-
Gridò, voltandosi di scatto verso di me. Indietreggiai ai suoi occhi. C’era qualcosa di diverso in loro. Non nel colore, non nella forma. Però c’era un’ombra, un’ombra nascosta che non riuscivo bene a visualizzare.
- Sono stanco! Stanco di tutti voi che pretendete di conoscermi!-
Sferrò un pugno contro la parete ed io indietreggiai ancora, non capacitandomi della sua reazione.
Stava per dire altro, sfogarsi ulteriormente quando la smorfia di rabbia sul suo volto si affievolì. Sbiancò completamente, vacillando verso la parete.
- Hunter-
Cercai di raggiungerlo, di afferrarlo prima che cadesse ma la Gold prese ad oscillare.
Sembrava in prede alle onde, alte onde che sbattevano contro lo scafo. Raggiunsi un oblò e vi guardai fuori. Il sole era appena tramontato e la tenue luce mi permise di intravedere ancora il mare. Era completamente calmo. Non c’era una tempesta in atto.
- Sto bene-
Bofonchiò il ragazzo, attirando la mia attenzione. Mi scostai dall’oblò, osservando lo stregone appoggiato al muro con il viso rivolto contro di esso. Il vascello aveva smesso di ondeggiare, permettendo al mio corpo di muoversi. Lasciai la parete in legno, raggiungendo cautamente il mozzo. Mi dava la schiena, il volto era nascosto e solo avvicinandomi maggiormente scorsi il colorito che lentamente tornava a catturare le sue guance. Ansimava ma il mancamento sembrava passato.
- Sicuro di star bene?-
Domandai, ponendogli una mano sulla schiena.
- Sì-
Rispose sorridendo, leggermente.
Si volse verso di me, fissandomi in volto. Sobbalzai, notando che l’ombra era sparita.
- Va tutto bene. Ho solo…avuto la sensazione…-
- Cosa? Cosa è successo?-
Incitai prudentemente, non volendo scatenare una seconda reazione di aggressività.
- Che il cuore si fosse fermato-
Rivelò il ragazzo, con una nota di preoccupazione.
- Ma solo per un attimo. Ora sto bene-
Ripeté, questa volta sfoggiando un sorriso a trentadue denti. Iniziò a ballonzolare come a suo solito, con una mano fra i capelli imbarazzato.
- Devo solo aver lavorato troppo-
Rimasi in silenzio, ammutolita.  
- Allora? Ci diamo una mossa? Il Capitano ti aspetta!-
L’ultimo pezzo di strada lo fece saltellando, fino a giungere alla porta in mogano del comandante. Bussò con impeto, entrando entusiasta nella stanza non appena il vampiro gli diede il permesso.
Io lo raggiunsi più lentamente, preoccupata dal comportamento di Hunter e dal motivo della chiamata di Hyner.
Squadrai con attenzione la stanza buia in cui dovetti entrare. Gli appartamenti del demone comprendevano almeno tre camere diverse, con grandi finestre che davano proprio sul mare. Da esse si potevano vedere le stelle. La libreria nella prima stanza era più ampia e curata della mia. Nell’altra camera osservai di sfuggita due letti matrimoniali separati, già ben rifatti. Nella terza e in quella in cui mi trovavo contai in tutto due grandi armadi, cinque poltrone sempre in velluto, una grande scrivania e un tavolo pieno di mappe navali. Vicino alla finestra era stato sistemata una grande tavola, già apparecchiata.
- Sembri di buon umore, Hunter-
Si congratulò il Capitano, accennando anche lui ad un lieve sorpresa. Entrai di soppiatto, quasi senza voler essere vista. Hyner sorrideva, sembrava che i brutti momenti della sera prima fossero solamente un lontano ricordo.
- Dovrei non esserlo?-
Domandò il ragazzo ridacchiando.
- Hai offeso me e il comandante-
Ricordò Lucyndra, nascosta nell’ombra della camera. Sobbalzai, non essendomi assolutamente accorta della sua presenza.
- E hai disertato la punizione. Essere di buon umore è un atto irresponsabile-
Continuò appoggiata ad un lungo mobile in legno pregiato, fissando malignamente lo stregone a braccia conserte. Vista la scenata del giorno precedente, mi chiesi come il ragazzo avrebbe reagito alle sue parole. Sconcertandomi, la raggiunse a mezzo metro di distanza per poi farle semplicemente la linguaccia. La donna roteò gli occhi, volgendo il capo altrove per non dover vedere la sua faccia. Il demone dagli occhi neri cercò di contenersi dal non ridere, tentando di parlare di cose serie.
- Cosa è successo un attimo fa? Abbiamo sentito la nave oscillare-
- Niente-
Sbottò il ragazzo, allontanandosi dalla vampira con il suo solito candido sorriso stampato in faccia.
- Quello non sembrava niente-
Replicò il Capitano.
- Solo un mancamento-
- Non hai mai avuto mancamenti, in trecento anni-
- E’ ovvio che sta solo fingendo-
Eruppe Lucyndra.
- Per farvi dimenticare l’affronto di ieri-
- Si può sapere che problema hai?!-
Gridò improvvisamente lo stregone.
- Sei così piena di veleno che se uno scorpione ti pungesse, morirebbe lo scorpione!-
Tentai con tutte le forze di non ridere ma la faccia del comandante in seconda mi impediva di restar seria. La sua espressione, così furibonda e oltraggiata, mi fece scappare un risolino che non passò inosservato.
- Vuoi aggiungere qualcosa?-
Domandò furente la donna, venendo verso di me.
- Perché lui non posso ucciderlo ma te sì-
Minacciò, venendomi ad un palmo dal volto.
- Adesso basta-
Ordinò il Capitano.
- Fuori-
La vampira si allontanò da me, fissando il volto dell’uomo.
- Hunter va a calmarti da qualche parte-
- Sì, Hunter. Va a sbollirti fuori di qui-
Canzonò la ragazza, a braccia incrociate mentre il mozzo sfilava verso la porta. La ignorò completamente, quasi sollevato di doversene andare.
- Anche tu Lucyndra-
La donna ebbe un sobbalzo, fissando prima me poi il Capitano.
- Volete rimanere solo con lei?-
Domandò ringhiando, divenendo paonazza per la rabbia.
- Fuori ho detto. Non farmelo ripetere ancora-
Continuò fermamente il vampiro, costringendo la sorella ad andarsene, se pur contro voglia. Uscì gettandomi un’occhiata carica d’odio, lasciandomi sola in quella grande stanza.
- Mi dispiace-
Si scusò il comandante, avanzando verso la tavola imbandita.
- Queste scene non sono degne di noi-
Spiegò, sospirando.
- E’ qualche tempo che quei due si comportano stranamente. Hunter da due settimane e Lucyndra…-
Si bloccò, sospirando di nuovo.
- Beh, Lucyndra da quando ho fatto salire te a bordo-
Sospirai anch’io, sospettandolo.
- Posso sapere il motivo della vostra convocazione?-
Chiesi, cambiando del tutto discorso.
- E’ un semplice invito a colazione-
Mi tranquillizzò.
- Volevo parlarti, conoscerti meglio. E’ quasi una settimana che navighi sulla Gold e sei ancora tutta intera. Credevo che meritassi le mie attenzioni. Forse dovevo convocarti prima ma sono stato molto occupato-
- Sapendolo, avrei indossato qualcosa di più elegante-
Ammisi, osservando la divisa del Capitano.
- Come uno di quegli strani e buffi abiti nel mio armadio. Li avete comperati duecento anni fa?-
L’uomo sorrise, accompagnandomi alla tavola.
- La moda deve essere un po’ cambiata, sulla terraferma-
- Già-
Mi aiutò a sedermi, come vuole la galanteria. Dopodiché raggiunse l’altra estremità del tavolo, sedendosi anch’esso.
- E’ cambiata da qualche secolo-
- Molti vestiti erano in dotazione con la nave. C’erano già quando ne sono entrato al comando. Mi scuso se non sono stati di tuo gradimento-
- Non importa-
Fissai il cibo posto innanzi a me. Il vampiro per me aveva fatto portare ogni sorta di brioche, dolci, marmellate, biscotti, uova, prosciutto, thè, caffè e aranciata. Dal suo lato del tavolo invece vi erano solamente tante diverse ciotole e calici ben chiusi.
- Ne vorresti altri di questo genere?-
- Come?-
- Pantaloni e camicie. Ne vorresti altri?-
- Oh sì-
Sbottai, rincuorata.
- Sarebbe fantastico-
- Te li farò avere-
Garantì il demone, bevendo qualcosa che non doveva essere vino rosso.
- Se posso chiederlo, perché una nave d’oro? Non dà troppo nell’occhio?-
L’uomo sorrise.
- E’ una lunga storia…come hai detto di chiamarti?-
Feci una smorfia, leggermente offesa che il vampiro dopo una settimana non ricordasse il mio nome.
- Victoria-
Calò un attimo il silenzio.
- Ma certo, ora ricordo dove ti ho vista-
Smisi di mangiare, posando la forchetta e cercando di deglutire.
- Ho visto i tuoi volantini nel regno delle fate. E delle streghe-
La fame passò quasi del tutto.
- Capisco perché hai chiesto a me di imbarcarti. Sei un’assassina, non è vero?-
- Non proprio di professione, ma sì. Nel regno delle fate sono ricercata per omicidio-
- Che buffo. Non sei un demone ma fai cose da demone-
- Vi prego, raccontate della vostra nave-
Sviai, tornando a mangiare. L’uomo sorrise, accontentandomi.
- Questo è un antico galeone appartenente al diciassettesimo secolo. Una grande regina dell’epoca volle mostrare tutto il suo potere costruendo una nave completamente d’oro. Usò il bottino di guerra di un antico popolo a lei confinante. Doveva essere il simbolo del suo grande regno, della sua forza, della sua tenacia e anche della sua bellezza-
Cercai di mangiare, constatando che dovesse essere la donna che avevo visto nella mia prima camera.
- Ma?-
- Ma era solo un sciocca umana un po’ troppo superba. Non diede ascolto ai suoi ingegneri. Il vascello doveva essere solo ammirato, lei invece pretendeva che navigasse. Così la nave affondò non appena lasciò il porto, con la regina ancora dentro. Solo lei morì, gli altri scapparono mentre la regina non si decise ad accettare la sconfitta. Era sopravvissuta a decine di guerre ma morì, uccisa dalla sua stessa cupidigia e pazzia-
- Cosa accadde alla nave?-
Chiesi io incuriosita, smettendo per un attimo di mangiare.
- La leggenda vuole che quella regina così caparbia abbia guidato la nave anche da morta, sotto gli abissi. Dal porto, la nave è finita a miglia di distanza in un crepaccio profondo. Nessuno sa realmente come sia giunta lì e nessuno poté mai recuperarla-
- Fino a quando non siete giunto voi-
L’uomo sorrise, continuando a bere. Rimasi molto colpita da una storia così antica, che adesso si trovava proprio sotto i miei occhi. Una donna ambiziosa era morta per difendere il suo orgoglio, non aveva accettato i consigli di nessuno e per mostrare la sua forza aveva perso la vita.
Non volevo diventare così, non volevo finire in quel modo.
- Ho viaggiato il mondo per decadi intere con una bellissima nave-
Continuò a raccontare il vampiro.
- Ma quando ho udito la storia della Gold Sea me ne sono innamorato. Decisi che sarebbe diventato il mio simbolo di forza, tenacia e bellezza. Così la raccolsi, portandola in superficie e rendendola alla luce-
- Siete stato proprio voi a farlo?-
Chiesi sospettosa e il capitano rimase in silenzio qualche istante.
- Tutto sotto il mio comando, ovviamente-
- Ovviamente-
Risposi sorridendo.
- In realtà è stato Hunter che l’ha riportata alla superficie e che rende possibile il suo galleggiamento-
Quasi mi strozzai con il cibo.
- Cosa?-
- Non te lo ha detto? Lui è l’unico che non può mai lasciare questo vascello, altrimenti affonderebbe all’istante-
- La magia di Hunter tiene la nave a galla?-
Il vampiro annuì, procedendo nella colazione.
Istintivamente toccai i miei capelli, perduti quando lo stregone era stato atterrato da un pugno e la nave si era inclinata. Ora capivo. Quando Hunter vacillava, la Gold vacillava con lui.
- Perché ti sei imbarcata sulla Gold Sea, Victoria?-
Rinsavì, osservando l’uomo che stava passando alla seconda ciotola d’argento. Essa conteneva ancora un denso liquido rosso, di colore leggermente più scuro rispetto all’altro.
- Avete visto i volantini. Sono un’assassina, lo avete detto anche voi-
- Non sembri una che sta scappando dalla legge. La tua storia non mi convince neanche un po’-
Affermò, facendomi passare nuovamente la fame. Questa volta, del tutto.
- Nei tuoi occhi non leggo preoccupazione, ragazza. Non hai chiesto aiuto perché ti stanno inseguendo, non hai paura delle guardie della regina. Nei tuoi occhi io vedo il dolore Victoria. Chi è stato a provocartelo?-
Allontanai il piatto, stringendo istintivamente il polsino nero. Abbassai lo sguardo, portandomelo al ventre mentre il cuore batteva talmente forte da farmi male.
- Come fate a vedere tutto questo?-
- Sono un vampiro. Riesco ad intravedere l’anima di chiunque attraverso la luce dei suoi occhi. Allora, da chi stai scappando?-
- Perché vi interessa tanto?-
- Desidero solo conoscere chi ho fatto salire sulla mia nave. Non è un privilegio che concedo a tutti-
Rimasi in silenzio, continuando a stringere il polso destro fino a farmi male. Digrignai i denti, perdendomi nei ghirigori della tovaglia bianca. La luce della luna li illuminava, mostrandoli argentati. Anche la pelle del comandante sembrava argentata, mentre le sue parole si mostravano alle mie orecchie come lame d’acciaio.
- Volevo solo allontanarmi-
Sussurrai, mantenendo lo sguardo basso.
- Non c’è altro-
La creatura tacque, continuando a mangiare. Sapeva che stavo mentendo, sapeva perfettamente che c’era molto altro.
- Sicura di non mettere a rischio la mia nave?-
Attesi prima di rispondere, non desiderando mentire una seconda volta.
- Quanto sono forti i vostri uomini?-
Domandai pensando ad Abrahel e ad Isaac.
- Il mio equipaggio è il più forte che abbia mai solcato queste acque-
- Allora non dovete preoccuparvi-
Il vampiro sorrise, fissando per un attimo l’orizzonte avvolto dalle tenebre.
- Chissà perché ho la sensazione che tu mi metterai nei guai, ragazzina-
Sobbalzai, alzando lo sguardo verso i suoi occhi scuri.
- Volete…farmi scendere?-
- Ma no-
Sbottò l’uomo scrollando le spalle.
- Potrebbe essere divertente. I soliti arrembaggi ci hanno un po’ annoiato-
 
Terminata la colazione cercai di raggiungere Barbas. Quella notte avrebbe dovuto iniziare a spiegarmi i fucili. Sospirai, non essendo proprio interessata all’argomento. Immersa nei miei pensieri, complici anche gli intricati cunicoli della nave, sbagliai strada e finì sul ponte.
Non c’era nessuno in quel momento. Il timone procedeva magicamente da solo, mentre l’equipaggio mangiava e si dava il cambio. Il turno di giorno terminava e quello di notte prendeva il suo posto, lasciando il ponte incustodito. Diedi uno sguardo a quello spettacolo spettrale. La nave di notte assumeva uno strano fascino, avvolta dalle tenebre. Ogni rumore era enfatizzato, ogni scricchiolio acuito. Stavo per tornare indietro, mettermi nuovamente alla ricerca dell’armeria, quando udì un battito d’ali.
Mi volsi di scatto, con il cuore in gola. Lui era lì, in piedi sulla prua del vascello: Abaddon.
- Cosa vuoi?-
Urlai, avanzando verso la sua figura minacciosa. L’angelo sorrise, scrutandomi con i suoi occhi da lontano.
- Tagliarti i capelli e farli arancioni non ti aiuterà a nasconderti-
- Sono rossi!-
Brontolai nervosamente.
- Il colore non ti è venuto molto bene-
Lo intensificai immediatamente, ordinando ai capelli di divenire maggiormente vermigli sotto la luce della luna.
- Fatto-
Sbottai, rendendomi conto che la colorazione magica perdeva tonalità molto in fretta.
- Adesso vattene Abaddon! Non tornerò indietro!-
Gridai.
- Non sono qui per riportarti indietro-
Assicurò la creatura, prendendo il volo e raggiungendomi in un istante. Indietreggiai, trovandomi innanzi le sue grandi ali nere spiegate. Alzai lo sguardo fino al suo, a mezzo metro dal suo busto.
- Allora cosa ci fai qui?-
Domandai, spalancando bene gli occhi.
- Ti ho raggiunto per congratularmi-
Affermò, spiazzandomi.
- Approvo la tua scelta e sono qui per intimarti di non tornare-
Indietreggiai ancora, disarmata in ogni parola.
- Lui…non ti ha ordinato di trovarmi?-
- Certo che lo ha fatto ma, stranamente, io non ti ho ancora trovato-
Pronunciò con i suoi occhi gelidi.
- Ma il marchio…-
- Qualcuno deve aver oscurato il suo potere-
Continuò l’angelo, sogghignando.
- Sei sparita alla sua vista. E farai meglio a continuare a sparire, a stare lontana sia da lui che da Abrahel-
Il cuore provò un brivido. Sentì le mani divenire congelate, mentre mi veniva quasi da ridere, istericamente.
- Mi odi così tanto, Abaddon?-
- Io non ti odio. Però amo il mio padrone, lo servo e voglio proteggerlo. Tu per lui sei pericolosa, instabile quando un serpente. Non possiamo sapere quando lo tradirai nuovamente, la prossima volta che ti rivolterai contro di lui-
Spiegò durante.
- Il mio signore quando sta con te diventa vulnerabile e terribilmente sciocco. Se tu gli stessi accanto, si farebbe uccidere nel giro di tre giorni-
Mi posi una mano sullo stomaco, al contempo gli occhi iniziarono a bruciare. Smisi di retrocedere, Abaddon non poteva farmi già più male di così.
- Gli ho impedito di trovarti, offuscando il marchio, solamente per il suo bene-
Annuì, asciugando velocemente le lacrime sulle guance. Tornai a fissare il suo volto, così serio e duro mentre pronunciava quelle parole. Lo ringraziai, promettendo che non sarei tornata.
- Non desidero tornare. Mi hai fatto un favore ad annullare il marchio. Adesso vattene-
- Un’ultima cosa-
Proferì l’uccellaccio, preparando le ali per spiccare il volo.
- Te lo ripeto, non avvicinarti al principe Abrahel. Per il bene del mio Signore, non fare in modo che lui ti usi in alcun modo. Se accettassi di aiutare il principe senza trono, dovrò tornare ad ucciderti-
Se ne andò, in fretta e senza aggiungere altro. Tornò da Nolan mentre io rimasi sul ponte, con il cuore che urlava. Scoppiai a piangere, cadendo al suolo. Mi posi entrambe le mani sul volto, desiderando fermare quelle lacrime così incessanti. Non avrei dovuto essere triste. Finalmente ero libera. Abaddon mi aveva donato la libertà eppure ciò che provavo non si avvicinava minimamente alla gioia.
Rimasi a singhiozzare fino a che il mio corpo non si calmò, rendendomi capace di respirare.
Puntai lo sguardo al cielo, sulle stelle, con il volto rigato di lacrime.
Ogni sua parola era vera, ogni cosa detta così aspramente rispecchiava la realtà. Forse per quello faceva così male.
- Tutto bene?-
Domandò una voce alle mie spalle. Mi asciugai il viso velocemente, alzandomi e voltandomi verso Barbas.
Mi stava fissando, uscito per primo sul ponte dopo il pasto.
- Non ti ho vista arrivare e sono venuto a cercarti-
Spiegò.
- Credevo che Lucyndra fosse finalmente riuscita ad ucciderti-
Riuscì a strapparmi un sorriso.
- Il Capitano mi aveva convocato. Poi per venire a lavoro mi sono persa-
Raccontai.
- Sicura di star bene?-
- Certo-
Bofonchiai.
- Sto bene-
- C’era qualcuno con te?-
- Nessuno, perché?-
Domandai, fissando il vecchio con gli occhi arrossati.
- Mi era sembrato di sentire la voce di qualcun altro-
- Siamo in mezzo all’oceano-
Ricordai, con un mezzo sorriso.
- Nessuno potrebbe salire e fuggire dal nulla, non credi?-
- Già-
Sussurrò il demone, non del tutto convinto. Si avvicinò a me, cercando di osservarmi meglio sotto la luce della luna. Arretrai, per nascondermi alla sua vista.
- Hai pianto per caso?-
Scossi la testa, cercando di sforzarmi di più nel sorridere.
- Sono caduta. La solita maldestra-
- Sicura? Non è che il capitano ti ha sgridato? Ti ha tagliato di nuovo i capelli per caso?-
- No-
Sorrisi.
- Al contrario è stato gentile. Ora, parlami dei fucili. Non vedo l’ora-
 
Mi comportai normalmente per tutto il mio turno di lavoro. Sorrisi, risi alle battute di Barbas, ascoltai attentamente le sue spiegazioni e alla fine tornai in camera. Fu lì che ebbi la seconda reazione alle parole di Abaddon. Finalmente sola, mi sedetti a terra appoggiando la schiena contro la porta, respirando profondamente. Le parole dell’angelo mi facevano terribilmente male, più di ogni ferita inferta da un’arma. Chiusi gli occhi avvolta dalle tenebre della stanza, rannicchiandomi sul pavimento ricoperto di moquette nera. Io rendevo Nolan vulnerabile.
Raggiunsi il letto, ricordando esattamente quante scelte sciocche e avventate avesse effettuato a causa mia. Strinsi il marchio per la rabbia. Dovevo smettere di amarlo, dovevo smettere di pensarlo. Se davvero tenevo a lui, dovevo dimenticarlo.
 
Non riuscì a dormire. Mi alzai presto, quando ancora il sole era alto in cielo.
Iniziai a camminare senza meta per la nave, fino a che non finì nella biblioteca. Sbirciai velocemente al suo interno, pareva immensa.
Ancora mi stupivo dello spazio che la Gold riuscisse a nascondere. Solo poco prima avevo trovato una sala di allenamento dedicata forse agli esercizi di scherma, un salone per la musica pieno di strumenti e pianoforti, una sala per le feste e adesso una biblioteca.
L’avrei ribattezzata la nave infinita, altro che Gold Sea.   
Stavo per varcare la soglia quando notai un cartello, inchiodato sulla porta.
Vietato l’ingresso all’equipaggio.
Lo osservai attentamente, forse per qualche istante, secondi in cui stavo valutando se seguire o meno il consiglio. Alla fine l’istinto prese il sopravvento, feci spallucce ed entrai.
In fondo io ero un ospite, non facevo proprio parte dell’equipaggio.
Avanzai di soppiatto, non riuscendo a frenare la mia curiosità. Volevo vedere da vicino quegli alti scaffali pieni di libri sui demoni. Potevo solo immaginare le meravigliose leggende contenute in essi, in possesso di un vampiro centenario come Hyner. Probabilmente li aveva raccolti nelle sue scorribande, dunque provenivano da ogni parte del mondo. Regioni e paesi in cui non ero ancora stata. Forse c’era qualcosa sui draghi neri del Nord, forse alcuni arrivavano addirittura dall’arcipelago a Est del Regno delle Fate. Forse qualche volume proveniva da Ovest del Regno dei Demoni. Rabbrividì dall’emozione.
Proseguì all’interno della biblioteca, camminando con maggior convinzione. Nessuno sarebbe riuscito a scacciarmi da quel luogo.
Davanti a me scorsi un grande tavolo rotondo in legno massiccio e qualche sedia. Molte poltrone erano sparse presso gli scaffali che circondavano il tavolo a ferro di cavallo. Erano disposti simmetricamente, su un gigantesco tappeto che ricopriva tutto il pavimento. Non avevo mai visto un tappeto così grande, forse era il bottino di un qualche assalto ad una nave di ricchi mercanti. Sembrava prezioso e ben tenuto.
Lo percorsi, costeggiando il tavolo. Improvvisamente tornai a percepire un brivido, questa volta non per l’emozione. Mi volsi velocemente, cercando il responsabile di quella strana sensazione che mi aveva catturato. Osservai attentamente ma non vidi niente, non vidi nessuno.
Continuai a fissare il punto esatto che corrispondeva al centro della stanza, a pochi passi da me. Percepivo qualcosa di sinistro, qualcosa di triste posizionato esattamente lì. Innanzi al tavolo.
C’era qualcosa da vedere che non riuscivo a vedere.
Ripetei a me stessa che niente mi avrebbe buttato fuori dalla biblioteca, dunque cercai di calmarmi. Ritenevo, molto superbamente, che ciò che non poteva essere visto non fosse degno di essere preso in considerazione. Mi dedicai ai volumi che tanto agognavo, faticando per cercare quello che realmente mi interessava. “Magia e Incantesimi” e “Demoni di ogni mondo”.
Rimasi impalata davanti alle decine di copertine rilegate, indecisa su quale leggere per prima. Adesso che ero sola dovevo imparare ad usare la magia dai libri, come avevo sempre fatto fin da piccola. Presi dunque un volume sulla magia nera, stringendolo forte. Lo aprì delicatamente, odorando il profumo delle sue vecchie pagine ingiallite. Lo misi da parte, scorgendone improvvisamente uno che attirò particolarmente la mia attenzione. Era il più grande di tutti, con una rilegatura in pelle: il libro sulla famiglia reale dei Demoni.
La mia mano vacillava, indecisa se afferrarlo o meno. Là dentro, fra tutti i membri della stirpe Lancaster, sicuramente vi era anche lui. Allungai il braccio, certa che nell’ultima pagina ci sarebbe stato raffigurato il suo volto. Accarezzai la copertina, chiedendomi se fosse una buona idea. Quei libri erano incantati, si aggiornavano da soli con ogni notizia sui Lancaster in tempo reale. Leggendolo avrei saputo tutto ciò che stava facendo, senza di me. Lo afferrai, senza aprirlo.
- Cosa ci fai qui?-
Gridò una voce infastidita, che mi fece sussultare. Mi volsi di scatto e vidi una donna, con i capelli biondi e raccolti. Aveva in mano dei libri e, dall’abbigliamento, sembrava la bibliotecaria.
Forse si trattava solo di uno stereotipo ma gli occhiali da vista, la camicia bianca e la gonna nera la rendevano estremamente simile ad una responsabile di biblioteca.
- Mi scusi…-
Iniziai dicendo, colpevole di essere entrata nonostante il cartello.
- Non pensavo che fosse vietato-
Mentì spudoratamente.
- E non credevo neanche che ci fossero altre donne su questa nave…-
- Beh, sei in torto su ambo i lati ragazzina-
Dichiarò duramente la donna, avvicinandosi.
- Questa biblioteca è privata, i membri della ciurma non ci possono entrare. Dio solo sa cosa potrebbero fare quei rozzi uomini a questi preziosi libri. Per di più ciò che hai detto è un’offesa nei confronti delle donne, pensi che il mare sia degli uomini?-
- N-No-
Balbettai, non avendo il tempo di dire altro.
- Io sono la bibliotecaria qui, la detentrice del sapere. Credi che un uomo possa fare meglio il mio lavoro?-
- Affatto…lei…lo sta svolgendo benissimo-
- Bene, dunque devo chiederti di andartene ragazzina. Questo non è un parco giochi-
Disse mostrandomi la porta e facendomi avanzare, allontanandomi dagli scaffali.
- Ma io sono venuta per leggere, non rovinerò i libri-
- Non sai quante volte l’ho sentito. Avanti, restituisci questi volumi-
Vacillai un attimo, tentata di porgere i due libri nelle mani della donna. Mi bastò osservare la copertina con lo stemma della famiglia reale per ripensarci. Non volevo separarmene.
- No-
- No? Come ti permetti?! Potrei farti gettare fuori bordo per questo-
- La prego, chiuda un occhio. Voglio davvero leggere questi libri, sono importanti per me-
- E perché mai? Sono solo pezzi di carta scritta, no? Voi demoni la pensate tutti così-
Fissai gli occhi verdi della donna, se parlava in questo modo non era un demone.
- Io non sono un demone, sono…sono quasi una strega. La prego, questo libro parla di una persona che conosco-
Affermai, stringendo il grande volume. Calò per un attimo il silenzio.
- Sei innamorata, ragazzina?-
Chiese la bibliotecaria aspramente. Io sussultai, non desiderando chiamare così il sentimento che mi stava corrodendo, il dolore che stavo provando nel cuore. Sospirai stringendo maggiormente il libro al petto, tardando a rispondere. Il mio cuore ormai non mi apparteneva neanche più. Una noiosa civetta me lo aveva ghermito con i suoi artigli. Un giorno, molto presto, avrei dovuto riprendermelo.
- No-
Risposi a tono basso. La donna tacque, probabilmente non credendoci minimamente.
- Si tratta di un demone?-
Domandò, riferendosi alla natura dei miei volumi. Non risposi, voltando lo sguardo per non dover incrociare quello della bibliotecaria.
- Posso capirti-
Sbottò improvvisamente la donna, facendomi alzare gli occhi dal pavimento.
- Da quel che vedo ragazzina, siamo entrambe vittime dei demoni-
Continuò, stringendo anch’essa dei volumi forte al petto.
- Lei…ha sofferto?-
- Sono stati gli anni più belli della mia vita-
Rivelò, provocandomi un sobbalzo allo stomaco.
- Ha colmato tutti i momenti di tristezza-
Fissai istintivamente il polsino nero che portavo, non riuscendo a condividere il punto di vista della bibliotecaria. Sospirai forte, prima di tendere le braccia e porgere il volume più grande alla donna.
- Non lo voglio più-
Spiegai.
- Questo però mi serve, devo imparare a difendermi. Me lo può lasciare?-
Attraverso i suoi occhiali rossi, fissò il simbolo dei Lancaster sul libro che le avevo appena restituito.
- Sei sicura ragazzina? Sembrava essere importante-
- Mi sono sbagliata. In realtà, non lo è affatto-
Lo ripose al suo posto mentre mi concedeva il permesso di tenere quello sulla magia nera.
- Puoi portarlo nella tua cabina e restituirlo non appena lo avrei terminato. Vedi di non sciuparlo, intesi?-
Annuì, ringraziando.
- Adesso vattene, non ti voglio qui-
Seguì il consiglio, scattando fuori dalla biblioteca correndo per il labirinto.
 
Tornata in camera, ci rimasi fino al tramonto del sole. Con la lampada accesa sfogliavo il libro di incantesimi, cercando di memorizzarne il più possibile. Seduta su una delle tante poltrone nere, mi chiedevo se sarei mai riuscita a metterli in pratica.
Avevo difficoltà con la magia bianca, non osavo immaginare con la magia nera.
Divertita, entrai a conoscenza di numerosi malocchi assolutamente diabolici. Si trattava di sortilegi principalmente di odio e vendetta.
Con poche frasi potevi condannare generazioni intere. Al massimo potevi maledirne sette, poi la fattura si sarebbe estinta. Alcuni incantesimi ti permettevano di rinchiudere il tuo nemico in un limbo, dove avrebbe rivissuto per l’eternità l’incubo che tu avevi preparato per lui. Un uomo in esso poteva morire per migliaia e migliaia di volte. Bruciato vivo, per soffocamento o ucciso dal suo migliore amico, provando ogni singola volta un immenso dolore. Un inferno su misura.
Si poteva imprigionare qualcuno in un altro mondo e non farlo tornare più indietro.
Maledizioni permettevano di rilegare la vittima nel corpo di una bestia, oppure farlo dormire per sempre. Tanti altri piccoli incantesimi rendevano muti, cechi o altro.
Praticamente tutto il libro era dedicato a come ferire gli altri, non si trattava minimamente di difesa. I demoni ritenevano di non doversi mai difendere, se avessero sempre attaccato per primi.
Nel volume erano presenti solo modi per rendersi più forti e uccidere i nemici.
Improvvisamente qualcuno bussò alla mia porta.
- Chi è?-
Domandai poggiando il libro sul tavolino.
- Sono il Capitano-
Corsi ad aprire, ricordandomi solo allora di aver mancato al secondo appuntamento con lui.
Aprì la porta di impeto, senza pensare di essere in tenuta da notte.
Mi presentai così svestita, in sole mutande e top.
Incrociai i suoi occhi, leggermente preoccupati, scorgendo il vestito elegante che indossava.  
- Stai bene?-
Chiese, rimanendo sulla soglia. Stavo per rispondere, quando il suo volto imbarazzato mi rammentò di essermi presentata in intimo. Feci un sobbalzo, richiudendo la porta in faccia al demone.
Questo rimase in silenzio dall’altra parte dell’uscio mentre io cercavo qualcosa da indossare. In pochi secondi infilai un abito verde con i pizzi neri, riaprendo velocemente la porta con un sorriso stampato in volto.
- Pensavo…-
Riprese a parlare il capitano, ignorando di essersi appena beccato una porta in faccia.
- Pensavo che ti fossi smarrita. Ti sto aspettando da mezz’ora-
- Vogliate perdonarmi-
Iniziai, non sapendo proprio come scusarmi.
- Non so cosa mi sia preso. Leggevo un libro preso in biblioteca e ho perso il senso del tempo. Se mi date cinque minuti…-
- Cosa?-
Chiese scattando verso di me.
- Si…anche tre minuti…devo solo pettinarmi…-
- No-
Disse fermandomi, visto che ero già arrivata al comò.
- Hai detto la biblioteca?-
- S-Si-
Risposi io titubante.
- Lo so, me lo ha già detto la bibliotecaria che è proibito entrarci. Immagino che siate arrabbiato. In effetti quel cartello lo avevo pure visto ma ormai ero entrata e avevo già preso dei volumi…-
- Aspetta, aspetta-
Mi bloccò, non capendoci più nulla.
- Tu hai preso dei libri?-
- Solo uno alla fine…che restituirò questa notte se lo vorrete. Immagino che se è vietato entrare, lo è ancora di più prendere qualcosa-
Affermai andando svelta al comodino e prendendo il libro di magia nera. Lo porsi al capitano, che lo guardò sorpreso sgranando gli occhi.
- Vedete? Solo questo e non l’ho rovinato-
- Victoria-
Sospirò il vampiro toccando il libro, quasi volendosi accertare che fosse vero.
- La mia biblioteca…è sbarrata da almeno duecento anni. Ho chiuso quelle porte io stesso con un potente incantesimo e adesso tu mi dici che ci sei entrata, hai preso un libro e la bibliotecaria ti ha sgridata?-
Lo fissai dritto negli occhi, cercando di capire cosa stesse dicendo.
Certo che ero entrata, avevo preso un libro e conversato con la bibliotecaria. Mica me lo ero inventato. Dovetti sedermi sul letto, dove rimasi in silenzio a riflettere.
Non era stato un sogno, il volume che il capitano stringeva in mano era una prova tangibile.
- Non è possibile-
Sussurrai.
- Forse il vostro incantesimo si è sciolto e voi non ve ne siete accorto-
- Victoria-
Disse ancora avvicinandosi, accucciandosi di fianco al letto per raggiungere la mia stessa altezza.
- Passo davanti a quelle porte ogni notte e ti assicuro che l’incantesimo non si è spezzato-
- Ma io oggi ci sono entrata! Era tutto aperto, luminoso e ben spolverato! Il libro che avete in mano dimostrano che dico la verità! Poi la bibliotecaria…potrà confermarvelo…-
- Victoria. Non c’è una bibliotecaria su questa nave. Le uniche donne presenti siete tu e mia sorella-
Rimasi sconcertata. Era impossibile.  
- Quello che però non capisco è come tu possa aver preso questo-
Dichiarò sorpreso fissando il volume.
- Lo riconosco, fa parte della mia collezione e lasciamo perdere il motivo per cui una strega sia interessata a cose del genere…ma per caso tu attraversi i muri?-
- No Capitano-
Risposi esasperata.
- Vi giuro che ho varcato le porte. Era tutto aperto, come se la biblioteca fosse in uso tutti i giorni. Ho anche litigato con quella donna, perché pensava che fossi un demone della vostra ciurma e come tale sarei stata capace solo di rovinare i suoi libri-
L’uomo improvvisamente perse il sorriso e si alzò, incitandomi a fare lo stesso. Mi consegnò in mano il libro, fissandomi dritto negli occhi.
- Adesso mi farai vedere quello che hai visto oggi-
 

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Capitolo 7
*** Il primo arrembaggio ***


Il capitano volle portarmi di nuovo alla biblioteca. Rimase in silenzio per tutto il tragitto, con il volto crucciato. Camminava veloce mentre io lo seguivo in altrettanto silenzio. Non sembrava arrabbiato, piuttosto agitato, sconcertato. Quasi non riuscivo a stare al suo passo, percorrendo le viscere del vascello fino a giungere dal lato opposto. Si stava facendo tardi ed ero preoccupata per il mio lavoro. Se non mi presentavo, non sarei più riuscita a convincere il cuoco a darmi da mangiare.
- Mi dispiace farvi perdere tempo, Capitano-
Sbottai, cercando di intrattenere una conversazione, tentando di fargli capire che si stava facendo tardi.
- Non preoccuparti. Ho tanti uomini validi, non hanno bisogno di me. E credo che per queste notti non faremo assalti ad alcuna nave-
- Assalti?-
- Già. Una di queste sere verrò a chiamarti per farti vedere come si saccheggia un vascello mercantile. Eccoci, siamo arrivati-
Quasi sbattei contro l’alta schiena del vampiro. Mi sporsi oltre le sue spalle per scorgere l’entrata della biblioteca. Osservandola, sentì il sangue gelarmi nelle vene.
Le porte erano rigorosamente chiuse e sprangate con delle sbarre di legno. Numerosi chiodi le tenevano saldate e non c’era possibilità di toglierli e rimetterli senza darlo a vedere. Pareva che nessuno le avesse toccate da centinaia di anni.
- C’è il mio incantesimo che tiene la porta sigillata, guarda non è stato infranto-
Spiegò l’uomo, avvicinando una mano alle porte. Questa venne immediatamente respinta da una scarica elettrica e, per un attimo, fu visibile un muro d’energia che circondava tutta l’entrata.
- Nessuno può spezzarlo, tranne me. E’ uno dei più potenti al mondo-
Spiegò, comprendendo finalmente il suo sconcerto.
- E tu mi stai dicendo che oggi pomeriggio hai varcato le porte tranquillamente-
- Non me lo sto inventando!-
Urlai, percependo una fitta allo stomaco.
- Posso descrivervi la biblioteca. Ci sono entrata per davvero. Al centro c’è un tavolo rotondo con tante sedie e poltrone in velluto nero. Un gigantesco tappeto copre l’intera superficie del pavimento e delle grandi finestre con i bordi d’oro fanno entrare la luce sugli scaffali radianti in tutta la sala-
- E’ vero-
Ammise il vampiro.
- Era proprio così, trecento anni fa. Adesso su ogni cosa ho posto io stesso un lenzuolo bianco e molti mobili li ho spostati. Tante poltrone non ci sono più, gli scaffali sono sparsi fra le stanze e quel bel tappeto lo regalai circa settanta anni fa. Prendeva solo polvere nella stiva-
Rimasi immobile, con lo sguardo perso nel vuoto per qualche istante. Sentì salirmi la nausea, le gambe divennero deboli, lasciandomi cadere in ginocchio. Ero entrata in una stanza che non esisteva. Ero certa di quello che avevo visto, sicura di ciò che avevo toccato e odorato. Eppure là dentro ormai non c’era altro che polvere.
Rimasi a terra, impossibilitata ad alzarmi, dove potei toccare con mano le assi del pavimento della Gold Sea. Erano umide e leggermente sconnesse. Non dovevano aver un buon carpentiere che si occupasse dei pavimenti. Forse sapeva costruire solo spade.
C’erano poi tante macchie, quasi una per ogni giorno in cui la nave aveva salpato le acque. Non riuscivo a contarle, troppo tempo.
- Victoria-
Risuonò una voce nella mia testa.
- Victoria-
Alzai il volto lentamente, scorgendo gli occhi del Capitano davanti a me. Mi stava chiamando, tenendomi per le spalle. Già, mi trovavo davanti alla biblioteca con lui.
- Stai bene?-
Non pensai neanche ad una risposta. Volsi lo sguardo verso le sue mani. Guanti bianchi, con quelli non faceva che scuotermi. Se ne levò uno, per sentirmi la fronte. Forse ero rossa in volto e pensava che avessi la febbre.
- Tu scotti-
Sbottò il vampiro. Certo che scottavo, ero viva. Solo da morta sarei stata gelida.
Sorrisi, era la prima volta che mi toccava. Non sapeva che quella non era febbre, quella era la mia maledizione. La temperatura di un mostro, che vedeva l’anima di ciò che non esisteva più.
Mi avevano ingannata. I defunti mi avevano ingannata ancora una volta. Ero stanca, stanca di vederli.
- Andiamo, ti riporto nella tua stanza-
 
Non ricordo come ci arrivai. Mi ritrovai sul letto, stesa sui morbidi cuscini con il soffitto proprio sopra di me. Accusai subito terribilmente freddo. Non ricordavo di averne mai avuto così in vita mia. Quasi non riuscivo a percepire le mani.
Improvvisamente mi accorsi di avere una luce puntata contro. Feci una smorfia, volgendo il capo dall’altra parte e chiudendo gli occhi. La luce si spense prontamente, accompagnata da una voce.
- Capitano, si è svegliata-
Udì dei passi e dei sospiri.
- Come sta?-
- Non so dirlo. Non ho mai visto niente del genere. Il ghiaccio ha abbassato la temperatura ma non so se il cervello abbia subito danni-
- Sto benissimo-
Mugolai, mettendo fine a quelle sciocchezze. Mi sedetti appoggiandomi al soffice schienale del letto, nonostante le due voci mi consigliassero di non farlo. Presi a tremare, accorgendomi di essere completamente circondata da borse del ghiaccio. Una mi cadde dalla fronte, finendomi direttamente fra le mani. Non era neanche sciolto. No, forse non stavo tanto bene.
- Victoria-
Sbottò il Capitano, avanzando verso il letto mentre mi rannicchiavo per far fronte al gelo.
Un uomo sulla mezza età, con i capelli e la barba bianca si fece da parte. Mi fissò stranito, sbalordito dal fatto che parlassi e mi muovessi. Spostò una valigetta nera da lavoro per far posto al comandante, incredulo che cercassi di liberarmi da tutto quel ghiaccio.
- Sicura di star bene?-
Chiese il vampiro, fissandomi con i suoi occhi neri.
- No, assolutamente no-
Urlai innervosita.
- Siete forse impazziti? State cercando di uccidermi?
Cadde il silenzio, in cui il Capitano e l’uomo col cravattino si guardarono perplessi.
- S-Sei svenuta-
Spiegò il demone, non sapendo esattamente cosa dire.  
- Avevi la febbre molto alta-
Continuò.
- Se posso puntualizzare-
Interruppe l’uomo, togliendosi gli occhiali maculati dal naso.
- Non si trattava tecnicamente di febbre, non quando il termometro non riesce a registrare la temperatura-
Roteai gli occhi, ponendomi una mano sulla fronte per la disperazione. Scossi leggermente la testa, immersa in tutto quel ghiaccio. Alla fine i mortali mi avrebbero uccisa seriamente.
- Adesso non siete comunque del tutto guarita, visto che il termometro segna 42°. Dovete assolutamente restare nel…-
- Spostatevi-
Urlai, alzandomi tremante e dirigendomi verso il bagno. Il Capitano fece qualche passo in avanti, cercando di raggiungermi. Gli chiusi la porta in faccia, per la seconda volta in una giornata. Accompagnata dalle loro proteste, mi spogliai ed entrai in doccia. Sotto l’acqua bollente, iniziai a sentirmi un po’ meglio.
- Siete dei pazzi-
Continuai ad urlare, ricominciando a prendere colorito.
- Non ho mai raggiunto in vita mia una temperatura così bassa. Volevate seriamente uccidermi-
Gli uomini oltre la porta, tacquero. Sino a che non udì la voce del capitano e dei rumori che mi fecero presagire che l’altro uomo se ne era andato, portando con sé la sua valigetta.
Non sentivo niente ma ero certa che il comandante fosse ancora lì, oltre quella porta in mogano. Mi presi tutto il tempo, facendolo aspettare di proposito. Mi asciugai i capelli con un asciugamano davanti allo specchio, incurante di quanto fosse tardi. Osservai la cicatrice che portavo sul petto, all’altezza del cuore. La ferita che mi aveva inferto Isaac con un pugnale, riducendomi ad un passo dalla morte. L’avevo tenuta, per ricordarmi quale errore fosse mettersi nelle mani di qualcun altro. Avevo sbagliato a fidarmi, ad imbarcarmi con loro, a cercare di collaborare con altre persone. Non eravamo uguali, non lo saremmo mai stati.
Solamente una persona sarebbe stata uguale a me.
- Tutto bene?-
Domandò una voce, dopo qualche minuto che il rumore dell’acqua si fosse arrestato.
- Non grazie a te-
Dichiarai arrabbiata.
- A voi-
Mi corressi.
- Dammi pure del tu, quando siamo soli-
Non risposi. Continuai ad asciugarmi, notando solo in fronte allo specchio che il polsino nero mi era caduto. Era scivolato sotto l’acqua, liberando il marchio che portavo a ricordo di Nolan.
Percepì una fitta allo stomaco, talmente forte da piegarmi in due. Fra i vapori dell’acqua calda, raggiunsi il polsino a terra. Lo indossai se pur bagnato, rincuorandomi nel non poter più vedere quei due segni circolari.
- Cosa sei, Victoria?-
Domandò il vampiro con voce ferma, oltre la porta.
- Quasi una strega-
Risposi, sempre a terra, con il cuore che lentamente stava tornando del suo ritmo naturale.
- Non ho mai visto una strega andare in ipotermia a 42°-
Sorrisi, avvolgendomi il telo intorno al corpo e aprendo la porta. Il calore si sperse per la stanza, attraverso una densa nuvola di vapore che investì a pieno il capitano, seduto sul letto.
- Infatti sono “quasi” una strega-
Affermai con i capelli bagnati sulle spalle, tornati di color corvino. Dovevo essere rimasta addormentata per un po’ e la mia colorazione magica purtroppo non durava a lungo. Sotto i suoi occhi, ordinai che divenissero rossi nuovamente.
Gli passai accanto per raggiungere l’armadio. L’uomo mi afferrò per un braccio, impedendomi di avanzare oltre. Mi strinse forte attraverso il guanto bianco, alzandosi in piedi e fissandomi con i suoi occhi neri.
- E’ questa la tua temperatura normale?-
Annuì, spiegando che non sapevo esattamente a quanto arrivasse. Non ero mai riuscita a misurarla, comunque non certo intorno ai quaranta gradi.
Il demone si tolse il guanto, mostrando l’intenzione di toccarmi senza di esso. Cercai di scansarmi, stringendomi nell’asciugamano che mi cingeva il corpo. Il capitano mi tenne ferma con gentilezza, parlandomi con gli occhi. Non uscì nessun suono dalla sua bocca, ma il suo sguardo mi supplicò di restare. Accettai, rimanendo immobile mentre il vampiro sperimentava il mio calore. Le sue dita sfiorarono la mia pelle, dapprima ritirandosi immediatamente, come se avessero appena assaggiato il fuoco. Successivamente tornò a toccarmi, poggiando completamente il palmo sul mio avambraccio. Lo strinse fino a che gli fu possibile, poco prima che iniziasse a ferirlo.
- E’ incredibile-
Bofonchiò.
- Già, quanto una nave d’oro che galleggia-
L’uomo sorrise, allontanandosi leggermente.
- Cosa ti è successo prima?-
- La paura mi fa due effetti-
Spiegai raggiungendo finalmente l’armadio e scegliendo qualcosa da mettere.
- La temperatura si alza o si abbassa, in entrambi in casi mi sento male. Nel peggio delle ipotesi svengo, soprattutto se la temperatura si alza troppo-
L’uomo tacque, voltandosi quando gli ordinai di farlo. Fidandomi, iniziai a vestirmi mentre era rivolto verso il muro. Trovai dei pantaloni di ricambio in un cassetto, fortunatamente mi avevano rifornito di vestiti decenti.
- Di cosa ti sei spaventata?-
Mi venne da ridere a quella domanda.
- Di cosa? Ma non hai capito? Avete, hai…-
Il comandante quasi si voltò. Lo sgridai, arraffando una camicia bianca dallo stesso cassetto.
- Mi dispiace, sono un po’ confuso a riguardo-
Sbuffai, terminando di vestirmi. Gli permisi di voltarsi.
- Ho avuto un attacco di panico, dopo aver capito perché sono entrata nella biblioteca-
Il Capitano mi fissò incuriosito, quasi preoccupato, attendendo che ricominciassi a parlare.
- So il vostro segreto-
Sbottai, incrociando i suoi occhi neri quanto la notte. L’uomo trasalì, cercando di dire qualcosa, nonostante le parole non riuscissero a prendere fiato.
- Tu-tu cosa?-
- So cosa custodite là dentro, protetto da un incantesimo così potente. E’ qualcosa che mi ha spaventato a morte, ecco perché sono svenuta-
Se possibile, la carnagione del demone divenne ancora più pallida. Arretrò di un passo, scrutandomi da mezzo metro di distanza come se avesse visto un fantasma. In realtà, il fantasma lo avevo visto io. Si allontanò dandomi le spalle, iniziando a camminare nervosamente per la cabina con una mano sulla testa.
- Non mi hai ancora detto come hai fatto ad entrare. A prendere quel libro-
- E’ stata lei a farmi entrare-
Spiegai. Quelle parole parvero ferirlo, facendolo agitare ulteriormente.
- La bibliotecaria, ovviamente, non sa di essere morta-
Il Capitano Hyner si sedette sulla prima poltrona che trovò, sospirando e fissando nel vuoto.
Si eclissò completamente, forse dimenticando che fossi lì. Mi avvicinai cautamente, chiamando il suo nome. Non mi rispose, continuando a perdersi nei ghirigori delle tende. Sospirai, accucciandomi di fianco alla poltrona, di fianco a lui.
- Mi dispiace-
Ammisi, cercando di riparare al danno che avevo fatto. Non vi era solo lo spirito di una donna là dentro. Il capitano vi aveva custodito un ricordo, qualcosa che non doveva essere liberato.
Fissai a lungo in silenzio i suoi occhi tristi, così simili ai miei quando pensavo a colui che mi aveva impresso il marchio sulla pelle.
Ignoravo chi fosse la donna, tuttavia doveva essere stata qualcuno di estremamente importante.
Rabbrividivo al pensiero di essere stata in quella biblioteca con lei. Potevo vedere gli spiriti eppure mi terrorizzavano completamente. Si presentavano con l’intero corpo quando non erano consci di essere defunti. In quel caso anche io faticavo a riconoscerli.
- Qualcun altro sa cosa c’è là dentro?-
Domandai, attirando finalmente l’attenzione dell’uomo. Il demone scosse il capo debolmente, tuttavia non distogliendo lo sguardo dalle tende.
- Non l’ho mai detto a nessuno-
- Manterrò il vostro segreto. Il tuo segreto-
Promisi, ottenendo lo sguardo del capitano su di me. Solo in una condizione uno spirito era talmente forte da poter creare un’illusione come quella della biblioteca. Solo in un singolo, raccapricciante caso, un fantasma poteva riportare indietro oggetti ormai perduti. Avevo camminato fra la polvere, nel vuoto e nel buio mentre tutto ai miei occhi si era presentato quasi come se il tempo fosse stato riavvolto.
- Non credo sia importante, che l’equipaggio scopra dopo tanto tempo cosa tenete chiuso a chiave là dentro-
L’uomo sorrise con lo sguardo, prendendo la mia mano attraverso i suoi guanti bianchi.
Involontariamente, avevo letteralmente scovato uno scheletro nell’armadio del vampiro.
- Ti sembro un mostro?-
Sorrisi, ricambiando la stressa, sempre accucciata di fianco a quella poltrona in velluto nero.
- Io ne ho visti tanti di mostri-
Spiegai.
- E vi posso assicurare, Capitano, che non hanno il vostro aspetto-


Quella fu l’ultima conversazione che ebbi con lui prima dell’assalto di una nave mercantile. Non fui più invitata nella sua cabina e, anche se entrambi effettuavamo il turno notturno, non ci incontrammo mai. Probabilmente non avremmo saputo cosa dirci, faccia a faccia. Avevo scoperto un segreto troppo grande, qualcosa che lo rendeva indifeso e vulnerabile. Sospettavo che dopo quella conversazione, lui si sentisse imbarazzato quanto me.
Non ero più passata nei pressi della biblioteca, essendone raccapricciata. Non desideravo scorgere la realtà che si nascondeva dietro quell’illusione dorata. Temevo quasi di esserne capace di vederla, di osservare con i miei occhi il tragico segreto contenuto in essa.
Mi concentrai sul lavoro, sul mio libro di incantesimi e nel sopportare l’impertinente Lucyndra.
Sembrava incredibilmente lieta che io e suo fratello avessimo interrotto i nostri rapporti. Lo ostentava in un impetuoso sorriso, dove le sue zanne si mostravano più scintillanti che mai.
Si avvicinava a me con la scusante di dovermi impartire qualche ordine, per poi finire nel schernirmi. Ogni volta stringevo i pugni, tentando di dominarmi. Più di una volta Barbas mi ricordò di restare calma, perché se uccidevo il comandante in seconda avrei attirato le ire del Capitano, di nuovo. Allora toccavo i miei capelli mozzati, facevo un enorme sospiro, contavo fino a dieci e aspettavo che Lucyndra si allontanasse. Mi piaceva lavorare di notte, usavo la magia a piacimento per rendere i miei compiti meno duri, respiravo l’aria fresca e vedevo le stelle.
Sulla nave di notte era tutto tranne che tranquillo. L’equipaggio scherzava, giocava e cantava. Il capitano dava ordini da prua e poppa e il timoniere non faceva altro che seguire le sue indicazioni. Anche alla giovane vampira piaceva farsi sentire dalla ciurma e dava parecchio filo da torcere a chiunque osasse fermarsi un attimo. Ci voleva fegato per offendere demoni grandi e pericolosi che ad ogni sua parola sfoderavano le armi. Can che abbaia non morde, nessuno tentò mai di aggredirla. Si limitavano a ringhiare e poi tornavano a cuccia, obbedendo. 
Solo una notte assistetti alla perdita di un membro della ciurma. Stava dando problemi da qualche tempo. Lo sentivo sempre lamentarsi aspramente perché non era contento della sua posizione. Occuparsi delle cime non era abbastanza per lui, visto che un suo compagno era diventato girabussola. Anche lui voleva avanzare di grado.
In quel momento sedevo sul ponte, godendomi l’aria della notte. Avevo finito il mio lavoro, quando udì Lucyndra riprendere l’uomo per la sua inettitudine.
Fu la goccia che faceva traboccare il vaso. Tutto si svolse in un attimo. Il mozzo con il suo coltellino si avventò sulla sorella del capitano, gridando di volerla uccidere.
La ragazza non ci pensò due volte. Sfoderò la frusta che portava sempre al fianco e staccò di netto la testa all’uomo. Come un cappio intorno al collo, la spessa corda nera aveva stretto con tale intensità da rompere le ossa e da lacerare la carne.
Mi posi una mano sulla bocca e una sullo stomaco, pensando seriamente di rimettere.
Lucyndra lasciò andare la frusta e la testa cadde, rotolando lungo ponte fino a noi. Feci qualche passo indietro, trovando Thos di fianco a me. Alzai lo sguardo fino al suo, probabilmente sbiancata. Il demone mi strinse, suggerendomi di voltarmi e tornare in cabina. Lo feci ma udì lo stesso il suono del vampiro che divorava ciò che rimaneva del marinaio.
Quando mi volsi, per l’ultima volta prima di entrare sottocoperta, incrociai gli occhi viola della donna. Si era rialzata dal cadavere, con un fazzoletto di pizzo si puliva le labbra e non smetteva di guardarmi. Sapevo cosa volesse dire il suo sguardo. Mi stava giurando che un giorno avrebbe fatto lo stesso con me. Distolsi la vista. Se provava a toccarmi, ancora una volta, la facevo fuori.
 
La notte dell’attacco alla nave mercantile, anche io rischiai di uccidere un membro della ciurma. Lucyndra mi aveva costretto a pulire il ponte, uno dei tanti modi per vendicarsi. Non sapevo se per l’affronto di non averle lasciato bruciare il marchio oppure per il solo fatto di esistere.
Io, durante quella delicata operazione, non permettevo a nessuno di metterci piede.
Mi facevo gli affari miei, immersa nei miei pensieri non avevo sentito la porta della stiva aprirsi e chiudersi. Strofinavo lo straccio sul pavimento d’oro e cercavo di farlo risplendere alla luce della luna. Ero prossima a finire, quando mi sentì toccare i fianchi da due grandi mani.
Sobbalzai perdendo lo spazzolone. Mi volsi e vidi nel buio un rozzo demone che aveva lasciato le sue impronte ovunque, rovinando tutto il mio lavoro. Era completamente pelato e mi sorrideva con i pochi denti che si ritrovava. Non mollava la stretta dal bacino, iniziando a farmi male.
- Sei bella anche così-
Disse riferendosi ai vestiti sporchi e ai capelli scompigliati. Mi dimenai ma più mi muovevo più questo stringeva. Mi portò al suo corpo ed io potei sentirne la fragranza. I conati di vomito iniziarono subito.
- Cosa vuoi?!-
Chiesi a stento, non riuscendo neanche a respirare. Mi sentivo i polmoni compressi e più si faceva vicino, più iniziavo a sentire anche qualcos’altro.
- Devo anche dirtelo bambola?-
Sbottò l’energumeno, muovendomi a suo piacimento come un giocattolo.
Improvvisamente prese a ridere e iniziò a roteare, stringendomi sempre di più e facendomi salire la nausea. Quel marinaio demente faceva il girotondo tenendomi forte ed io temevo di cadere, schiacciata da lui. Stanca della situazione, gli posi le mani sulla faccia. Lo ustionai, facendolo urlare dal dolore. Non ancora soddisfatta, gli sferrai un calcio allo stomaco e successivamente alle gambe. Come aveva insegnato Nolan, colpì forte dietro le ginocchia facendo crollare il pirata a terra.
Non permettendo che finisse lì, tornai ad afferrarlo per le vesti. Lo costrinsi a mettersi in ginocchio per poi prendergli la testa e infilargliela dentro al secchio. Lo tenni fermo con forza nell’acqua sporca, fino a farlo soffocare.
- Non sono una bambola-
Ringhiai mentre il corpo del demone si dimenava. Obbligai il mio corpo a resistere, ordinai al mio stesso sangue di pompare più velocemente. Se qualcuno fosse stato presente, avrebbe visto i miei occhi illuminarsi leggermente. Il controllo del sangue si attivò su me stessa e i muscoli vennero nutriti maggiormente, così da irrobustirsi. Costrinsi le mie braccia ad avere più forza, non importava se mi fossi fatta male. L’uomo doveva morire.
- Victoria-
Urlò il capitano. Sussultai, alzando il capo.
Spuntava dal pozzetto, vicino al timone.
- Fermati-
Ordinò, provocandomi più rabbia.
- Perché?!-
Gridai, senza lasciare la testa del demone.
- Perché volete difenderlo?!-
Il comandante mi fece ulteriormente cenno di liberarlo, se pur riluttante, lo feci.
Una parte di me stava gridando, reclamando la vita dell’uomo. Il dolore di non aver soddisfatto quel desiderio, mi provocò una forte nausea.
Il pirata intanto si allontanò prendendo un enorme boccata d’ossigeno. A carponi, strisciò a terra tossendo con il volto violaceo.
 - Maledetta-
Bofonchiò a fatica sputando l’acqua del secchio. Poco dopo riuscì a spiegare al suo Capitano che era stato il comandante il seconda a dargli il permesso.
Decisi che avrei finalmente ucciso Lucyndra.
- Sei un mostro-
Continuò il marinaio, facendomi scattare nuovamente verso di lui. Fu Hyner a fermarmi. Intervenne balzando davanti a me con la spada sguainata, non rivolta verso di me però.
- Ma…Capitano!-
- Vattene, credo che tu te la sia proprio cercata-
Il demone dalla testa pelata indietreggiò vacillando, solo allora notai il pugnale che nascondeva.
Lo aveva tirato fuori dalla tasca dei pantaloni. Se mi fossi avventata su di lui, probabilmente me lo avrebbe affondato nella pancia.
Il vampiro non dovette impartire l’ordine una seconda volta. Se pur con avversione, il demone se ne andò rientrando in coperta.
- Come stai?-
Chiese il Capitano voltandosi e guardandomi, per la prima volta da giorni.
- Bene. Vi avevo assicurato che a farsi male sarebbero stati i suoi uomini, non certo io-
Hyner sorrise ma dovette ammonirmi.
- Sono felice che tu sia molto sicura di te ma ci sono demoni su questa nave davvero pericolosi. Non sono semplici pirati, soprattutto il gruppo notturno. Hanno una taglia sulla testa e sono veri e propri assassini-
Fui io a ridere, passando oltre il comandante.
- Non sono poi tanto diversi da me, Signore-
L’uomo tacque, fissandomi seriamente.
- Per di più, ho avuto a che fare con veri mostri. I vostri marinai, non sono assassini. A malapena si possono definire moscerini-
- Quelli che ti stanno cercando?-
Scrollai le spalle.
- Nah, anche quelli che mi stanno cercando non sono poi granchè in confronto a…-
Mi arrestai, non desiderando parlarne.
Sospirai, sorridendo malinconicamente. Avrei iniziato a preoccuparmi solo se gli Angeli fossero mai tornati a prendermi.
- Una nave!-
Urlò la vedetta, interrompendo le parole del Capitano sul nascere.
- Una nave di ricchi signori da crociera!-
Hyner si distanziò da me e tutto l’equipaggio notturno si precipitò sul ponte. Si radunarono sotto l’albero maestro, in cima un uomo mingherlino con un cannocchiale stava riferendo quello che vedeva.
- Hanno vele?-
Chiese il vampiro, mettendosi per la prima volta da quando ero lì, il suo cappello nero con delle piume e un teschio disegnato sopra.
- Dura vederle di notte-
- Avanti, sei la migliore vedetta notturna. Non scherzare-
- Sono umani e stregoni, pure con la scorta della marina-
Continuò e un urlo di esultanza si alzò dal vascello. Mi fu spiegato che per loro vi erano meno grane se attaccavano le navi degli altri paesi, se fossero stati demoni avrebbero potuto avere problemi al ritorno in patria.
- Per caso siete corsari?-
Domandai ad Hyner mentre l’equipaggio si preparava ad attaccare.
- No-
Rispose seriamente il demone.
- Allora perché temete la corona? Siete pirati, dei fuorilegge che hanno paura della legge?-
Sorridi istintivamente ma il volto serio del comandante della Gold Sea me lo fece passare del tutto.
- Non è della legge che abbiamo paura-
Avvertì il comandante con voce grave.
- Bensì di chi la applica-
Il mio cuore ebbe un tuffo. Dovetti aggrapparmi alla balaustra per non vacillare.
- Voi…voi temete…-
- Se il Principe decidesse di punirci, nessuno di noi si salverebbe. Nessuno. Solo uno sciocco si anteporrebbe sulla stessa strada del figlio della Regina-
Spiegò il vampiro, dopodiché mi volse le spalle per parlare ai suoi uomini.
- Signori-
Urlò a gran voce.
- Preparatevi all’arrembaggio-
Seguirono le urla dei marinai, estremamente fragorose e assordanti. Gli uomini correvano da una parte all’altra del ponte, mentre io restavo a guardare non sapendo bene cosa fare.
Uscì sul ponte anche il gruppo diurno, dimenticando tutta la stanchezza. Nessuno si voleva perdere qualcosa di così eccitante.
- Timoniere! Pronto all’abbordaggio!-
Ordinò Hyner. La nave virò tutta a dritta ed io caddi per terra. Un galeone che sembrava così grande e pesante, si muoveva invece con tale agilità e velocità. Ogni cosa sulla Gold era sconcertante, i sensi venivano ingannati continuamente e questo mi dava la nausea. Durante l’attacco mi sembrò di navigare su di un guscio di noce, non certo su di una città galleggiante.
Sbuffai, tentando di rialzarmi. Demoni. Riuscivano sempre a confondermi.
Cercai di stare in piedi appoggiandomi al bordo della nave. Non sapevo cosa fare per rendermi utile, tutti avevano il loro compito.
Ovviamente, presto giunse anche il comandante in seconda che ordinò di preparare i cannoni, prendere le munizioni e disporre le cime per attraccare la nave al vascello avversario.
- Ammainate le vele idioti!-
Udì anche la voce di Hunter, uscire dalla coperta e partecipare alla manovra di assalto.
- C’è troppo vento! Così la superiamo! Procedete con i remi stupidi!-
Dava ordini da una parte all’altra del ponte ed io lo fissai affascinata. Faceva quasi impressione, minuscolo in mezzo a uomini grandi e muscolosi.
- Non sapete più neanche attraccare ad una nave?! Muovetevi!-
Preferì stare da parte, anche se in qualunque posto ero d’impiccio. Non facevano che spostarmi, dovendo passare o dovendo prendere qualcosa che era dietro di me.
- Sono pronti quei cannoni? Razza di imbecilli! Ormai siamo vicini! Dovete sparare subito!-
Urlava Lucyndra saltando da un lato all’altro del vascello nello stesso modo di Hunter.
Aveva indossato una divisa nuova, degna da capitano e molto più bella di quella che utilizzava di solito. Forse era l’abito speciale per gli abbordaggi.
- Forza! Due mesi senza un arrembaggio e siete già incapaci! Abbattete le vele e l’albero!-
I cannoni erano posti nella parte inferiore della nave e la bella vampira stava urlando talmente forte che gli uomini riuscivano a sentirla anche a metri di profondità, all’interno dello strato d’oro.
- Pronti! Fuoco!-
Con queste parole i cannoni della Gold Sea spararono e la nave tremò. Era incredibile.
Fu come una scossa di terremoto.
- Fuoco a babordo!-
Urlò l’ufficiale d’artiglieria.
- Mirare, puntare, fuoco!-
Aggiunse l’artigliere di bordo. La nave continuò a tremare, così forte da non riuscire a rimanere in piedi. Era la prima volta che assistevo ad una cosa del genere, ed ero stata tanto stupida da arrampicarmi sulla balaustra. Mi afferrai alle corde delle vele, riuscendo a non cadere in mare per miracolo. Gettai un respiro di sollievo, quando Lucyndra ordinò di nuovo il fuoco.
Hunter mi vide, un attimo prima che i cannoni tornassero a sparare. I nostri occhi si incrociarono, l’ufficiale gridò di accendere le micce e al contempo lo stregone urlò il mio nome.
Lucyndra sapeva dove mi trovassi, per questo, mentre cadevo, mi sorrise.
Persi l’equilibrio, non riuscì ad aggrapparmi alle corde e caddi rovinosamente verso il mare.
Colta da un forte istinto di sopravvivenza, riuscì in un qualche modo ad afferrare la balaustra d’oro del ponte. Rimasi penzoloni giù dalla nave, reggendomi con una mano sola al bordo dove spesso stavo seduta. Sotto di me c’era l’oceano scuro e nero. Non era neanche iniziata la battaglia e io già ero stata buttata giù dal vascello, appesa come un prosciutto. Mi sentivo davvero idiota.
- Victoria!-
Urlò il ragazzo dagli occhi nocciola correndo ad afferrandomi il braccio, coperto dalla camicia.
- Dammi la mano!-
Gridò.
- Non ci penso neanche!-
Gridai io di conseguenza. Non aveva i guanti come il capitano, non era Nolan ed io ero troppo concitata per riuscire a dominare la mia temperatura e abbassarla. Lo avrei ferito, avrebbe percepito la maledizione sulla mia pelle e non volevo lasciare che succedesse.
- Perché?!-
- Non sono affari tuoi!-
- Ma così cadrai!-
- So nuotare!-
- Ci sono gli squali-
Tacqui a quel pensiero. Comunque non avrei afferrato la sua mano.
- Non mi ferirai!-
Urlò.
- Invece sì!-
Replicai.
Hunter si guardò intorno, non c’erano cime vicino a lui. Tutte erano state usate per attraccare la nave nemica.
- Victoria! Avanti!-
Urlò ancora, percependo che ormai stavo cadendo.
- No!-
- Fuoco!-
Altre palle di cannone. La scossa fu tremenda e Hunter dovette reggersi con tutta la sua forza per non cadere e per non far scivolare me. Ormai sentivo che la nostra stretta cedeva sempre di più. Un altro movimento brusco e sarei caduta in mare.
- Ci siamo!-
Urlò improvvisamente Lucyndra.
- Timoniere!-
Non furono necessarie altre parole. La nave avversaria era priva di cannoni e per i pirati era stato uno scherzo distruggere le sue possibilità di fuga e di difesa. Adesso la Gold le era arrivata proprio davanti, le due navi si osservavano rivaleggiando. Con un manovra il nostro vascello colpì lateralmente quello avversario e l’equipaggio lanciò le cime per correre all’arrembaggio.
Il colpo dell’abbordaggio fu fatale per me, bastò per farmi perdere la stretta con Hunter.
Per pochi istanti mi sentì cadere nel vuoto e fui accompagnata dall’urlo del ragazzo che non era riuscito a riafferrarmi. Improvvisamente la mia caduta si arrestò ed io riaprì gli occhi, chiusi per la paura. Non ero in mare, stavo ancora penzolando e qualcuno mi teneva per la mano.
Alzai lo sguardo e vidi una mano coperta da un guanto bianco, quella del Signor Hyner.
Scorsi il suo volto preoccupato e i suoi occhi che ringraziavano di avermi presa.
In un attimo mi tirò su, come se fossi stata una piuma. Mi prese per i fianchi e mi pose dolcemente sul ponte. Un secondo prima penzolavo dalla nave, subito dopo ero al sicuro su di essa.
Il capitano ancora non mi lasciava, aspettando che riacquistassi l’equilibrio.
- Congratulazioni-
Mi disse.
- Sei sopravvissuta al tuo primo abbordaggio-
Io sorrisi, arrossendo per l’imbarazzo. Anche Hunter scoppiò a ridere e mi tranquillizzò, dicendo che una volta anche a lui era successo.
- Credo che per te sia meglio tornare in cabina-
Affermò seriamente il comandante, interrompendo il momento comico di quella situazione.
- Hunter, falla rientrare-
Non mi diede neanche il tempo di rispondere che corse verso la nave appena attraccata. Si stava scatenando l’inferno sul ponte avversario. Molti dei pirati combattevano con le spade contro le guardie della marina che il vascello degli stregoni disponeva. Furono appiccati incendi e delle urla si alzavano dalla stiva del galeone, i passeggeri si erano svegliati con una bella sorpresa.
Fui distolta dallo spettacolo, il ragazzo mi afferrò il braccio portandomi verso la porta.
- No-
Dissi fermamente bloccandomi e impuntando i piedi.
- Voglio vedere-
- E’ troppo pericoloso, è il tuo primo attacco-
- Ma il capitano mi aveva promesso che avrei assistito, ti prego! Voglio solo vedere! Starò attenta!-
Il ragazzo sospirò e udì i suoi compagni urlare sul vascello nemico. Doveva correre ad aiutarli, un po’ troppe esplosioni stavano scoppiando su quella nave. Probabilmente gli stregoni si stavano ribellando.
- Aspetta qui-
Disse fissandomi negli occhi.
- Non mi muovo-
Affermai alzando entrambe le mani. Pur non essendo convinto, il mozzo prese una cima, se la legò alla vita e con un balzo saltò all’arrembaggio della nave da crociera. Per un attimo temetti che la nave sarebbe affondata. Invece non accadde niente. Scossi le spalle.
Rimasi sola sul ponte, non c’era più nessuno nella Gold. Ormai tutti erano corsi all’attacco per prendere più bottino possibile, in quel momento diedi a me stessa un compito molto importante: difendere la nave.
Salì sul pozzetto, vicino al timone e osservai la scena. Da lì vedevo meglio e cercavo di scorgere attraverso il fumo le figure del Capitano, di Lucyndra, di Thos, di Barbas e di Hunter.
Sentivo spari e colpi di incantesimo. Persone gridavano dal terrore, altre dall’emozione dell’attaccare. La notte scura fu illuminata dal falò che in breve la nave da crociera divenne. Il mare si illuminò, il cielo si illuminò. Come una grande torcia mostrava i vinti e i vincitori.
Osservavo ammirata, i passeggeri della nave scappavano attraverso le scialuppe oppure si gettavano in mare.
Il silenzio della notte venne rotto dalle urla degli umani ed io dovetti farmi indietro, non sopportando né il calore né il frastuono.
Il fumo divenne sempre più intenso, in breve niente sarebbe stato più visibile.
Indietreggiando, improvvisamente vidi una figura giungere sulla Gold Sea. Aveva afferrato la cima di una vela e l’aveva usata per saltare, rotolando sul ponte con gli abiti leggermente anneriti.
Scesi verso di lui, pensando che stessero già tornando.
Il mio sorriso scomparve quando vidi che non era un demone, si trattava di uno dei nemici.
Un giovane in divisa blu cadde sul ponte d’oro, tossendo per il fumo.
Al fianco sinistro portava una spada e non pareva possedere altre armi. I suoi capelli biondi erano ben rasati, tipici dell’esercito. Non capivo se era uno stregone oppure un umano.
L’uomo sollevò il capo e solo allora si accorse della mia presenza. Sussultò dalla sorpresa, fissandomi stranamente mentre si alzava a fatica.
- Hanno anche fanciulle nelle loro file-
Disse impugnando la spada e brandendola contro di me.
- Veramente sarei un ospite-
- Perché? I pirati conoscono le gentilezze per gli ospiti?-
- Ne rimarresti stupito, soldato-
- Sicura di non essere solo una prigioniera?-
Continuò l’uomo avanzando verso di me, abbassando la spada.
- Posso aiutarti a scappare-
- Dovresti preoccuparti della tua vita, piuttosto-
Affermai mettendomi in posizione d’attacco, dovevo proteggere la nave. Questo era il mio piccolo compito.
- Non sembri un demone-
- Infatti, non lo sono-
Il marinaio in divisa parve confuso.
- Vieni con me allora-
- Su quella nave bruciata?-
Domandai ridendo.
- Abbiamo delle scialuppe. Scappa, posso salvarti-
Affermò, porgendomi una mano. Voleva che l’afferrassi, che fuggissi con lui al sicuro dai pericolosi mostri con i quali viaggiavo.
- Possiamo darti un passaggio-
Sorrisi, dolcemente, quasi dispiaciuta per lui.
- Ho già il mio passaggio-
Alzai la mano destra e lanciai un attacco contro di lui. Qualcosa di semplice. Con una Raffica di Vento speravo di metterlo a terra, ma questo la respinse facilmente con una abile mossa di spada.
- Divertente, uno stregone-
- Non capisci che questi pirati ti stanno ingannando?! Non sono capaci di fare altro! E’ la loro natura-
- Te lo ripeto, pensa alla tua vita-
Feci un balzo indietro per avere più posto e lanciai Lame di Ghiaccio, spesse e dure come mai ne avevo lanciate.
L’uomo riuscì a respingerle, se pur a fatica, usando sempre la sua spada, spezzandole e gettandole a terra. La sua arma si illuminò, dalla punta della sciabola partì una luce bianca che cercò di colpirmi.
Io attuai l’incantesimo Specchio Demoniaco. Quella magia aveva la peculiarità di rinviare al mittente qualsiasi incantesimo di attacco. L’uomo si vide dunque giungere indietro il suo stesso fascio di luce, che fu costretto a scansare rotolando a terra.
Non gli diedi il tempo di riprendersi e lanciai subito un altro incantesimo.
- Cerchio della Morte-
Intorno al giovane si creò un grande cerchio magico blu che presto avrebbe colpito il malcapitato al suo interno, uccidendolo. Faceva parte delle magie oscure e non sapevo se mi sarebbe riuscito.
Fui abbastanza brava per essere la mia prima volta, infatti l’incantesimo riuscì ma fu lento da attuare. Il soldato ebbe tutto il tempo per alzarsi e distruggerlo, allora capì che la prossima volta che lo usavo dovevo combinarlo con un incantesimo immobilizzante.
- Vuoi usare magie che non sono le tue, ragazzina-
Io digrignai i denti, sapevo di non essere un demone ma non c’era niente di male a provare. Il soldato scattò in piedi e mi lanciò contro una magia che non conoscevo. Improvvisamente comparvero delle funi alle mie gambe e ai miei polsi, solo vedendoli riconobbi la stessa magia che aveva usato Isaac, quel giorno che mi rapì.
Ero fregata, con quelli la mia temperatura non funzionava. Non potevo scioglierle normalmente, ma adesso conoscevo la magia.
Mi concentrai, cercando di ricordare tutti gli incantesimi che conoscevo.
- Spade del diavolo!-
Dietro la mia schiena comparvero almeno dieci spade tutte diverse l’una dall’altra. Usai i coltellini per liberarmi dalle funi e le sciabole per attaccare il soldato.
Io fui libera e l’uomo non riuscì a tenere testa a cinque spade tutte insieme. Gli stracciai le vesti e gli provocai varie ferite. Non volli lasciargli neanche un attimo di tregua.
- Lacrime di Fuoco!-
Dal cielo comparvero decine e decine di fiammelle che si abbatterono sullo stregone. Purtroppo grazie all’ausilio di una barriera, riuscì a scampare alla morte.
- Pazza! Incendierai la nave!-
Il fuoco colpì il ponte, rimbalzando e spegnendosi a mio comando. Niente prese fuoco.
- Povero stolto, è notte e non sai dove ti trovi. Questa nave è fatta d’oro non di legno-
Approfittai del momento di sorpresa per correre verso di lui e strappare la sua barriera a mani nude. Io sorridevo ma scorsi il terrore negli occhi del soldato della marina.
- Rinforzo!-
Aumentando la potenza del mio pugno almeno di dieci volte, colpì il giovane in pieno volto, facendolo crollare a terra.
Mi accucciai accanto e lui e gli sbottonai la camicia, toccandolo sul petto nudo con l’intero palmo della mia mano. Era uno stregone, non lo avrei ucciso ma sicuramente gli avrei fatto male.
Il soldato prese ad urlare ed io mi feci vicino al suo orecchio, sussurrandogli le ultime parole che avrebbe sentito.
- Cercavi di salvare Victoria Van Liard, mai sentita?-
Il panico aumentò nello sguardo dell’uomo che fissò i miei occhi dorati e poi balbettò:
- L’abominio che il Concilio cerca…-
Ancora quella parola, il termine che mi ricordava Isaac. Il fanatico religioso, nonché mio ex ragazzo, che aveva cercato di sacrificarmi per il bene della mia anima.
Colma di rabbia, tentai di mettere in pratica i miei studi sull’occulto.
Misi una mano sul cuore del soldato, pronunciando due parole.
- Arresto Cardiaco-
Dalla mia mano si sprigionò la maledizione che colpì il giovane, uccidendolo in pochi istanti. Il volto del soldato si contorse in un’espressione di dolore mentre io sorridevo.
Ero riuscita ad uccidere con la magia nera. Finalmente.  
- E’ per me?-
Sussultai sentendo la voce del capitano dietro di me. Mi volsi e lo vidi pieno di cenere, con gli abiti un po’ bruciacchiati. La sua spada era sporca di sangue e pareva affaticato.
Aggirò il cadavere sul ponte ed io mi feci indietro.
- Ha assaltato la nave…ed io…-
- Non devi giustificarti-
Disse il demone accucciandosi verso il corpo e afferrandolo per i capelli.
- Il ponte della Gold è un luogo sacro-
Ammise Hyner.
- E deve morire chiunque lo violi-
Rimasi a guardarlo, mentre osservava il collo dell’uomo steso a terra.
- Avevo giusto un languorino -
Lo morse, iniziando a berne il sangue. Mi volsi, per dargli un po’ di intimità. Mi concentrai sulla nave avversaria che affondava lentamente. Tutti i pirati stavano rientrando con sacchi pieni di oggetti preziosi, oro e gioielli. Tutti parevano soddisfatti. 

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Capitolo 8
*** Il mio cuore fra le tue mani ***


 
Dopo quella notte io e il capitano smettemmo di evitarci.
Migliorarono anche i rapporti con l’equipaggio, con la parte che non si era convinta nemmeno dopo il salvataggio di Thos. Quei pochi restii ad accettarmi, lo fecero quando macchiai il ponte del mio primo sangue. Sembrava quasi un rito di iniziazione.
Adesso facevo parte della ciurma, avevo ucciso qualcuno della mia razza per difendere una nave di demoni. Pare che avessi dimostrato fedeltà alla bandiera della Gold, senza nemmeno saperlo.
Qualcuno iniziò pure a temermi, dopo lo scontro con il rozzo e sporco pirata prima dell’attacco.
Era stata una notte proficua, avevo ottenuto rispetto e timore in un colpo solo. Per la prima volta dopo tanto, mi sentì soddisfatta.
L’unica che continuava ad odiarmi era Lucyndra. La sorella del capitano non mi voleva sulla nave ed io l’avevo capito. Purtroppo ero costretta a vederla ad ogni turno. La vedevo dovunque andavo. Mi mostrava sempre un ghigno, come se giurasse di uccidermi. Quando incrociavo i suoi occhi, un brivido correva lungo la mia schiena.
Ero abituata ad essere odiata senza motivo, ormai quasi non ci facevo più caso. Ma l’odio che provava quella vampira nei miei confronti, mi era inspiegabile. Non avevo fatto niente, eppure lei mi considerava un pericolo.
 
Una notte salutai Barbas in anticipo, dichiarando che mi girava la testa e avevo bisogno di un po’ d’aria. Mi sedetti nel mio solito posto sul bordo sinistro della nave, poco lontano dal punto in cui ero caduta la notte del mio primo assalto.
Stavo lì, in silenzio. La ciurma si stava dando il cambio del turno e quasi tutti erano in mensa a mangiare. Così avevo il ponte tutto per me. Rimasi sola con i miei pensieri, stringendo il polso che ormai era quasi del tutto guarito dal tentativo di Lucyndra di distruggermi il marchio.
Sospirai, rannicchiandomi sulla balaustra d’oro, con lo sguardo rivolto alle stelle.
Mi piaceva la luce bianca della luna nella notte scura.
Mi sarebbe piaciuto essere una creatura notturna, che poteva vivere solo sotto la luce opaca delle stelle. Di notte ero libera, mentre lui era legato.
Con i miei pensieri finivo sempre lì, a Nolan. Cercavo di dimenticarlo, ma non ci riuscivo. Ogni volta che stavo in silenzio il suo nome mi risuonava nelle orecchie.
Anche quella volta sul ponte, mentre scrutavo l’oscurità infinita dell’oceano. Mi mancava la sua figura che mi stava accanto e mi teneva la mano. Ma lui odiava la notte, pur essendo un demone.
I suoi poteri erano dimezzati a causa dello stesso sigillo che portavo io. Senza saremmo stati troppo forti, incontrollabili, un pericolo pure per noi stessi. Così le nostre ali erano tarpate, le mie di giorno mentre le sue di notte. Un angelo che aveva pieni poteri solo di notte e un demone che ne aveva solo di giorno. Sorrisi, avevano fatto in modo di farci odiare il nostro elemento naturale. Nonostante tutto io e Nolan ci eravamo adattati, riuscendo comunque a conquistare ciò che desideravamo.
Il Cielo e gli Inferi non l’avrebbero avuta vinta con noi, saremmo stati più forti…
- Allora eri qui-
Sussultai, quasi cadendo dal ponte. Il capitano spuntò improvvisamente dalla stiva, salvandomi dal passato e dai pensieri che cercavano di ingoiarmi lentamente.
- Ti cercavo in mensa, non mangi?-
Io scossi la testa, fissando ogni suo movimento. Si sedette davanti a me, sul piccolo bordo del ponte della Gold.
- Non ti vedo quasi mai mangiare-
- In questo periodo…non ho molta fame-
- Sei dimagrita da quando sei salita qui, non ti piace il cibo?-
Me ne ero accorta pure io. Stavo perdendo peso ma non per il cibo.
- No, è buono. Solo che non ho voglia di mangiare-
Il capitano sospirò e fissò il cielo.
- Ti piace stare da sola, eh?-
Io annuì.
- Di solito le persone cercano la compagnia-
- A me non piace stare con gli altri-
- Hai amici?-
Scossi il capo.
- Non ne ho bisogno-
- Un ragazzo?-
Aspettai prima di rispondere.
- Neanche…-
L’uomo tacque un istante. Sembrava che stesse scegliendo la domanda più giusta da farmi, come se ce ne fosse un numero limitato e lui non volesse sprecarle.
- Da chi stai scappando?-
Chiese improvvisamente ed io rimasi sorpresa, gli avevo già spiegato che ero ricercata in due stati.
- Da quelli che vogliono uccidermi-
- E basta?-
Fissai gli occhi neri del demone, non capendo quale risposta si aspettasse.
- Ho parlato con Hunter-
- Cosa ti ha detto?-
Sbottai spaventata.
- Posso spiegare tutto!-
All’uomo scappò un sorriso.
- Cosa vorresti spiegarmi, esattamente?-
Sbiancai, sedendomi compostamente sulla balaustra.
- Niente-
Bofonchiai fissando i suoi intensi occhi neri.
- Cosa ti ha detto Hunter?-
Chiesi, cercando di essere il più calma possibile.
- Che stai soffrendo per amore-
- Non è vero!-
Sbottai arrabbiata, arrampicandomi sul bordo per parapetto fino a giungere a pochi centimetri dal vampiro.
- Io non sono innamorata!-
- Sicura? Spiegherebbe molte cose. La tua fuga improvvisa, la tua mancanza d’appetito…-
- Io non lo amo!-
Affermai, senza riflettere che in questo modo stavo rivelando la sua esistenza. Hyner prese a ridere, io divenni completamente rossa, indietreggiando fino a tornare compostamente al mio posto.
- Si tratta di un demone?-
Domandò, aggiustandosi i lunghi capelli neri mossi dal vento.
Dopo un attimo di titubanza, annuì.
- E come si chiama?-
- Si chiama…Nolan-
Svelai, sospirando.
- Vorresti tornare da lui?-
- Certo che no!-
Urlai decisa, mentre il Capitano sorrideva.
- Allora perché stai piangendo?-
- Cosa?-
Mi posi una mano sulla guancia. Stavo piangendo.
Mi asciugai subito il volto, ero troppo orgogliosa e non volevo passare per una ragazza debole.
- Non posso tornare da lui-
Dichiarai.
- Non tornerò indietro sui miei passi-
Il vampiro rimase in silenzio, fissandomi dolcemente.
- Gli hai detto dove stavi andando, quando te ne sei andata?-
- Non mi troverà-
Assicurai, ricordando le parole dell’angelo caduto.
- Non può farlo. E anche se fosse, non sono preoccupata che sia lui a trovarmi…-
- Respingeremo chiunque tu non voglia ricevere-
Promise il vampiro, sorprendendomi. Alzai lo sguardo verso il suo, spalancando gli occhi d’oro.
- Ti proteggeremo, come tu hai protetto la Gold-
- Ma io non ho protetto la Gold!-
- Lo hai fatto dal primo momento che sei salita-
Risposi al suo sorriso, pur non capendo appieno le sue parole.
- Victoria-
Sussurrò il capitano avvicinandosi a me. Delicatamente l’uomo cercò il mio viso, nascosto dai capelli. Con un dito tentò di farmi alzare il capo e pronunciò ancora il mio nome. Cedetti, alzai il volto verso il comandante e lo guardai.
Non ebbi neanche il tempo di scorgere i suoi occhi che si avvicinò a me, al mio volto.
In un attimo pose le sue labbra sulle mie, con estrema dolcezza. Rimasi bloccata, pietrificata.
Il bacio durò pochissimo, sapeva che poteva toccarmi per poco tempo.
Mi guardò negli occhi e mi asciugò le guancie bagnate con le mani nude.
- Posso aiutarti a dimenticarlo-
Sussurrò il vampiro toccandomi le spalle e avvicinandosi ulteriormente a me, desiderando ancora un mio bacio. Rimasi immobile, senza muovere un muscolo.
Il mio corpo non seppe reagire fino a che il capitano non fu a pochi millimetri da me. Forse perché neanche io sapevo cosa fare.
Alla fine fu il cuore a prendere la decisione, ad avere il sopravvento, eclissando la mente e declinandola da ogni responsabilità.
I tristi sentimenti che ancora provavo per Nolan, decisero per me. Le istruzioni erano chiare ed esse determinarono le mie azioni. Fu l’animo che quella notte, alle quattro del mattino, ordinò al corpo di scendere dal bordo d’oro della nave, scusarsi e andarsene.
Senza rendermene conto, scappai dentro la stiva correndo fino alla mia cabina e chiudendomi dentro. Perché il cuore poteva essere tanto stupido?
Avessi potuto, me lo sarei cavato dal petto con le mie sole mani. Ma non potevo, ormai non era più di mia proprietà. Dovevo riprendermelo prima o poi.
 
Non ricordo l’età precisa in cui mi fu spiegato perché io non avevo la mamma, al contrario degli altri bambini. Non ricordo in che modo riuscirono a farmi capire il motivo per cui dovevo sempre stare in casa, in cosa io ero diversa dagli altri. Non mi ponevo il problema del perché la gente mi odiasse, per me era normale. Ricordo però che soffrì molto, quando uscita in strada mi accorsi che gli altri bambini non erano odiati come me. Essi venivano accarezzati e baciati dai genitori. Pensai che ci fosse qualcosa di strano in loro. Presto mi accorsi che strana ero io.
Non trovavo una spiegazione razionale, io ero l’unica che non veniva mai presa in braccio o abbracciata quando piangeva. Nessuno mi consolava quando cadevo, nessuno mi teneva la mano per attraversare la strada.
Cosa che mi parve ancora più incredibile, gli altri bambini non venivano regolarmente sequestrati dal Concilio o dalla congrega degli Angeli. Non stavano settimane fuori di casa, in una piccola stanzetta blindata piena di persone che li esaminavano e li studiavano. Non venivano portati in un grande tribunale pieno di strana gente che li scrutavano, dovendo decidere se farli vivere o morire. Erano proprio strani. La loro famiglia non cercava mai di ucciderli.
Crescendo, non tentavo mai di conquistarmi l’amore degli altri. Avevo vissuto senza il calore della mia famiglia, non mi serviva quello degli estranei. Non volevo che nessuno mi toccasse, non volevo che nessuno fosse gentile. Se mio padre non mi accarezzava, non volevo che nessuno lo facesse.
Se dovevo combattere giorno dopo giorno contro mia sorella che desiderava uccidermi, ritenevo normale dovermi difendere anche dagli altri. Se lei mi voleva morta, non pretendevo che gli altri mi volessero viva.
Un bambino che cresce nell’amore si aspetta sempre di riceverlo, io ero nata nell’odio e volevo che mi fosse dato solo quello.
Era l’unico sentimento che riuscivo a gestire. Ecco perché mi ritrovavo così impreparata all’amore.
 
Un pomeriggio mi svegliai da un brutto sogno e rimasi ferma, immobile nel letto. Ero parecchio stressata in quel periodo e avevo riunito tutte le mie angosce in un incubo che mi aveva fatto accapponare la pelle. Si dice che non sia possibile sognare la propria morte, eppure l’avevo sognato. Non ero stata capace di difendermi ed ero stata uccisa, sotto gli occhi attoniti di Nolan. Lo avevo sentito urlare, disperandosi per non essere riuscito ad adempiere alla sua promessa. Giacevo a terra e tutto divenne buio. A lungo restò buio, senza che io riuscissi a svegliarmi.
Quando finalmente aprì gli occhi, urlai. Riconobbi la cabina della nave e mi calmai, ritrovandomi fra le lenzuola di seta della Gold. Mi posi le mani fra i capelli. Dopo la paura sopraggiunse la rabbia. Io non ero debole. Non avevo bisogno del cavaliere, o del principe in questo caso, che mi salvasse.
Nel sogno venivo battuta per non saper usare la spada. Decisi dunque di imparare.
Corsi fuori, tranquilla che a quell’ora del pomeriggio nessuno mi avrebbe potuto impedire di imparare la scherma.
Passai per l’armeria e presi da Barbas una delle nuove e leggere spade che il carpentiere aveva forgiato da poco. Trovato Hunter, storse il naso vedendomi con una spada in mano.
- Hunter-
Dissi con il mio solito tono che usavo quando mi serviva qualcosa.
- Hai tempo per una ragazza che ti ammira moltissimo?-
- Tu mi ammiri?-
- Certo, sei uno stregone centenario, tieni a galla l’interna nave e la notte dell’attacco ho visto quanto sei bravo con la spada-
- Stai cercando di dirmi qualcosa?-
Mi avvicinai sorridendo e stringendo l’arma, goffamente.
- Mi insegni?-
- Cosa?-
- Ti prego! Ti prego! Insegnami a tirare di scherma!-
- Perché? Sei una strega, non una guerriera!-
- Anche tu sei uno stregone ma la usi-
Ribattei.
- Ma io sono un pirata, è d’obbligo per me-
- E daaaaaaai!!!! Anche io allora voglio essere un pirata!!-
Il ragazzo si avvicinò a me mettendosi le mani sui fianchi e guardandomi in volto, con gli occhi spalancati.
- Victoria?-
- Sì?-
- Sei sonnambula per caso?-
- Non sto dormendo! Dai! Dico seriamente! Voglio imparare!-
- Va bene, ti insegno. A patto che tu non dica più di diventare un pirata-
Presi a ridere e a saltellare dalla gioia per tutto il ponte. I membri dell’equipaggio mi guardavano straniti, pensando che fossi improvvisamente impazzita. Hunter si mise una mano sul volto, quasi facendo finta di non conoscermi.
- Grazie! Grazie!-
Continuavo a ripetere.
- Quando si inizia?-
Tornai davanti al ragazzo dai capelli marroni, che mi fissò pensieroso e mettendosi una mano sotto il mento. Mi spiegò che era parecchio indaffarato, a breve avremmo attraccato per i rifornimenti. Gli oggetti caricati andavano poi annotati e sistemati, quindi mi poteva dare la prima lezione fra due giorni. Espressi il mio malcontento ma lui non poté accontentarmi.
- Quando arriveremo a questo porto?-
- Credo verso le nove di sera. Perché?-
- Prima delle nove?-
- Victoria-
Mi ammonì con tono di rimprovero ed io smisi di insistere.
- Va bene, va bene. Fra due giorni-
Me ne andai, ma non riuscivo a stare con le mani in mano. Volevo almeno imparare la teoria. Tornai in camera per riporre la spada e guardai l’orologio che avevo sistemato sul comodino. Erano le sei di sera e c’era ancora luce fuori.
Uscì dalla stanza e mi incamminai verso il primo piano della Gold Sea, giungendo in un luogo sperduto dove nessuno quasi ci passava più. Ormai avevo imparato la strada, in poco tempo riuscivo benissimo ad arrivare alla biblioteca.
Come immaginavo, le porte erano aperte. Mi fermai poco fuori, osservando la soglia. Le grandi finestre facevano entrare i raggi del sole che illuminavano il tappeto che ricopriva il pavimento. Mi avvicinai, entrando e calpestando il prezioso persiano. Osservai le poltrone, il tavolo e gli scaffali estremamente lucidi e senza polvere.
- E’ permesso?-
Chiesi avanzando lentamente.
- Oh no-
Sentì una voce provenire da dietro i libri.
- Ancora tu-
- Salve-
Salutai la bibliotecaria che mi fissava con le braccia incrociate. Pareva arrabbiata, soprattutto quando vide che non avevo riportato il libro. Mi sgridò, ricordandomi quanto fosse prezioso e che non dovevo assolutamente sciuparlo.
- Lo tratto bene, non si preoccupi-
Dissi, cercando di far rilassare la donna.
- Ma è così interessante che ancora non sono pronta a riportarglielo-
- Però sei già venuta a prenderne un altro-
Io annuì e mi avvicinai agli scaffali, osservando i vari generi.
- Ho chiesto al capitano, non ha niente in contrario che io stia qui. Credo che sia perché non sono un demone-
La donna sbuffò, venendo verso di me.
- Se te lo ha detto quel demonietto, non posso ribattere. Ma devi sentirti lusingata, non dà a tutti questo permesso-
- Probabilmente è lieto che io le faccia compagnia. E’ dispiaciuto che lei sia sempre sola. Se ho capito bene, siete sposati, giusto?-
Vidi un velo di tristezza calare sul volto della bibliotecaria e pensai di essermi spinta oltre troppo in fretta. La donna abbassò lo sguardo e per un breve istante la sua figura divenne trasparente. Si riprese subito, tornando a fissarmi e aggiustandosi gli occhiali.
- Lo siamo, nonostante questo non viene mai a trovarmi-
- E’ molto occupato signora. Ha un’intera nave da mandare avanti, però vi pensa sempre-
- Lo spero-
Disse sospirando e venendomi accanto. Guardò le vesti che indossavo e credo che gli riconobbe, ma la paura le impediva di collegare. Se ammetteva che quelli erano i suoi vestiti ammetteva anche lei non poteva più metterli. Quindi sicuramente erano solo simili.
- Cosa ti serve?-
Sorrisi.
- Ho bisogno di un volume che insegni la scherma-
- Per principianti?-
Chiese avvicinandosi subito allo scaffale giusto. Salì sopra un piccolo scaleo e raggiunse in fretta l’ultimo ripiano della libreria. Prese un grosso libro blu, lo sfogliò un attimo per essere certa e venne verso di me.
- Questo dovrebbe andare. Vuoi imparare a tirare di spada?-
- Sì, per difendermi nel caso non potessi usare la magia-
- Sei intelligente-
Mi lodò sorridendo.
- Non è dalle streghe ammettere le loro debolezze. Per questo finiscono per morire in massa. La magia non è perfetta, lo sai?-
- Sì, per questo voglio imparare-
Affermai sorridendo e stringendo al petto il libro.
Osservai ancora la biblioteca, ammirando il suo splendore e come al solito la mia attenzione si rivolse verso le porte.
- Per caso, avete un orario di chiusura?-
- Certo, mio marito sarà un vampiro ma io no. Questa biblioteca chiude al calar del sole -
- Peccato-
Dissi io.
- Così il capitano non può mai venirvi a trovare-
La donna sospirò ancora e fissò le grandi finestre, dalla quale entrava la luce.
- Credo che non verrebbe a trovarmi neanche se fosse buio. Sono anni che non entra qua dentro, forse non gli piace più leggere-
- Le manca?-
La bibliotecaria annuì.
- A volte lo sento. Tutte le notti a dire la verità, odo i suoi passi. Sento il suo respiro che si infrange sul legno delle porte, percepisco il suo cuore battere. Il battito leggero di un cuore solitamente fermo, che batte solamente in mia presenza-
Si perse a raccontare.
- Ma non entra mai, non so perché. Eppure io sono qui. Forse è arrabbiato-
- N-No-
Sbottai con la voce strozzata. Mi passai una mano sugli occhi, scusandomi che mi era entrata un po’ di polvere. Di solito non mi facevo toccare dalle storie e dai racconti dei defunti, non volevo neanche parlarci. Avevo paura, anche in quel momento. Sapevo in realtà dov’ero e cosa avevo realmente davanti, comprendevo bene che quella era solo un’illusione. Però non riuscivo a lasciare da sola quella donna.
- Io penso che la ami tanto, lo leggo nei suoi occhi quando parla di lei-
- Davvero?-
- Sì, lo so per certo-
- Potresti farmi un favore?-
Io annuì.
- Se hai tempo, puoi chiedergli di passare…almeno una volta-
Attesi prima di rispondere ma mi mancò il coraggio. Ero solo una codarda.
- Certo e mentre lo aspetta, verrò io farle compagnia. Vuole?-
La donna annuì felice.
Salutai, non riuscendo più a contenermi. Uscì di corsa dalla biblioteca con in mano il libro.
Mi girai un attimo, le porte erano chiuse e sigillate come quella notte con il capitano. Non sapevo perché ma si aprivano solo per me, quando io volevo entrarci.
Mi asciugai gli occhi e tornai nella mia cabina, se iniziavo a farmi prendere dai problemi di tutti gli spiriti che incontravo, per me era finita.
 
Quella stessa notte, alle nove, qualcuno bussò alla mia porta. Mi alzai andando ad aprire, indossando la biancheria intima. Quando vidi il volto del capitano, la richiusi di scatto.
- Devi smettere di venire quando non sono vestita!-
Brontolai.
- Non sei mai vestita!-
Brontolò lui.
- Sono in camera mia!-
Mi giustificai. Lo sentì ridere. Andai ad aprire, vestita accettabilmente. 
- Stiamo scendendo nel porto, speravo che ti andasse di fare una passeggiata-
Erano settimane che non scendevo da quella nave. La Gold Sea aveva attraccato sempre di giorno, quando io dormivo. Era la prima sosta fattibile anche per il capitano e pareva proprio di buon umore.
Acconsentì, raggiungendo dapprima il comò con lo specchio per aggiustarmi un po’. Non volevo scendere nelle stesse condizioni di un mozzo, volevo essere bella. Indossai qualche gioiello che trovai e mi misi un rossetto nero sulle labbra.
Pettinai i capelli corti e posi il mio anello vicino al comodino.
- Mi dispiace…per i capelli-
Ammise il vampiro, per la prima volta. Mi voltai sorpresa, fissandolo.
- Non importa-
Rivelai.
- Mi piacciono anche così. E poi lo meritavo, ho messo in pericolo la nave-
- So che non sei stata tu-
Affermò l’uomo, facendomi sobbalzare. Mi volsi verso di lui preoccupata. Adesso non avevo più una merce di scambio per far tacere Hunter.
- Hunter me lo ha detto, ti sei fatta avanti per proteggere quell’uomo-
Strinsi i pugni, furiosa. Mi aveva fregata, adesso poteva correre a dirgli del marchio quando voleva.
- Ti ha detto altro?-
- C’è altro?-
Chiese il Capitano, preoccupato.
- Certo che no!-
Sbottai, finendo di truccarmi. Lasciai il comò raggiungendo la sua figura, notando che si era bloccato davanti al tavolino dove avevo lasciato il volume della scherma.
Senza riuscire a dire una parola si avvicinò al libro, lo toccò titubante. Lo prese fra le mani rigirandolo più volte, squadrandolo intensamente, non potendoci credere.
- Sei entrata di nuovo in biblioteca?-
Chiese fissandomi negli occhi. Io annuì.
- Ma si può sapere come fai?!-
- Non lo so-
Ammisi avvicinandomi lentamente.
- Nessuno può rompere l’incantesimo della porta! Neanche il Re dei Demoni in persona potrebbe! Mi dici tu come puoi farlo?-
Continuò l’uomo agitandosi. Non era arrabbiato con me, solo non si capacitava di come io potessi entrare in un luogo che ormai non esisteva più e prendevo libri che in quella stanza non c’erano ormai da anni.
- Questo volume…-
Mi spiegò.
- Andò perso molto tempo fa, distrutto dal fuoco e tu lo hai trovato nella biblioteca?-
Annuì ancora.
- Io non credo di spezzare il suo incantesimo, penso di passarci attraverso-
- Ma come è possibile?-
- Non lo so, ma ho capito che posso entrarvi solo di giorno. Basta che io arrivi in quel corridoio e le porte sono spalancate-
Il vampiro non rispose e si sedette sul mio letto, fissando il pavimento. Ci fu un attimo di silenzio, prima che riuscisse a trovare il coraggio per pronunciare le parole successive.
- E…E lei?-
- Lei è lì. Ti aspetta-
Affermai sedendomi di fianco al capitano che ancora stringeva il libro fra le mani. Sorrise.
- Sono io che aspetto lei-
- E’ bloccata, non può uscire da quelle porte. Non può venire da te-
- E’ colpa del mio incantesimo?-
Io scossi la testa.
- Lo sai benissimo perché Capitano. Lei è morta là dentro e tu non l’hai mai spostata, al contrario l’hai sigillata, per proteggerla-
Il vampiro si pose una mano sugli occhi e rimase così per qualche minuto. Anche i demoni si scioglievano davanti all’amore.
- Cosa posso fare?-
- E’ difficile, lei non ricorda cosa è successo. Non sa che la sua vita è già terminata. Però ti aspetta e non vedendoti crede che non l’ami più-
Lo sentì respirare forte. Non si tolse ancora la mano dagli occhi, al contrario rimase così, immobile. Non riuscì a darmi una risposta, non poteva rimanere legato ad una donna morta. Sicuramente aveva già avuto altre donne dopo di lei, se fosse rimasto legato al passato sarebbe stato distrutto da esso.
Però le voleva bene, dopo centinaia di anni che l’aveva persa, non smetteva mai di pensare a lei.
- Io non posso vederla?-
- Non potete vedere quello che vedo io, però potete vedere quello che c’è realmente in quella stanza. Lei vi sentirebbe, ascolterebbe le vostre parole-
- Non posso entrarci-
- Per l’incantesimo?-
- No. Perché crollerei-
Tacqui, cercando una soluzione migliore.
- Tu ogni notte passi davanti a quelle porte e lei sente il tuo cuore battere, il tuo respiro-
- Il mio cuore non batte più da tempo-
Spiegò, con una smorfia di dolore.
- Il cuore di un vampiro batte solamente in compagnia della persona che ama-
Espose. Sorrisi, ricambiando il suo sguardo amareggiato.
- Capitano, parla a quelle porte come se stessi parlando a lei. Le farai compagnia-
L’uomo annuì, con gli occhi arrossati, dicendo che quello poteva farlo. Gli accarezzai una spalla per incoraggiarlo. Sapevo che ne sarebbe stato capace, doveva solo farsi forza.
- Victoria, potresti continuare ad andare da lei? Giusto per farla sentire…meno sola?-
- Sarà un piacere, Capitano-
- Ti ringrazio-
Disse, avvicinandosi a me ancora di più. Eravamo già molto vicini, ma lui con il capo volle raggiungere il mio viso. Capì le sue intenzioni e rimasi bloccata come la prima volta. Il suo fascino, la sua bellezza mi impedivano di reagire. I suoi capelli neri lasciati sciolti sulle spalle, il viso scolpito nel marmo e delicato come la luna, gli occhi intensi come la notte.
Perché i demoni dovevano essere così belli?
Lasciai che l’uomo raggiungesse le mie labbra, accarezzandole con le sue. I nostri baci non potevano durare molto, dovevano essere presenti dei piccoli intervalli. Durante questi il capitano accarezzava il mio collo con la mano coperta dal guanto bianco, mi prendeva le spalle facendomi sentire piccola in confronto a lui. Mi avvolgeva completamente, dandomi una sensazione di sicurezza.
Non mi lasciava respiro, tornava subito a baciarmi ed io mi preoccupavo per la mia temperatura. Una parte di me rifiutava quelle attenzioni, non ero dunque in grado di compiere la magia che per poco avrebbe abbassato il mio calore corporeo.
Chiusi gli occhi. Dentro la mia anima stava avvenendo una furiosa lotta fra il passato e il futuro, i sentimenti e la ragione.
Le sue mani correvano veloci lungo il mio corpo, quasi volesse impararlo a memoria.
Improvvisamente mi spinse verso il letto, facendomi stendere completamente. Durante quei brevi baci, cercava di eludere le mie vesti. Con le labbra voleva tenere la mia mente occupata, quasi desiderasse che io non mi accorgessi di ciò che voleva fare.
Capivo anche troppo bene, ma non riuscivo a ribellarmi.
Continuava a percorrere le mie gambe, il mio petto e forse avrebbe voluto che anch’io lo abbracciassi. Al contrario rimanevo immobile, sul letto, incapace di accettare o di rifiutarmi.
In stallo.
In un attimo si tolse la giacca e fu già mi più libero di abbracciarmi. Io toccai la sua delicata e leggera camicia bianca di seta. Oltre quella, il suo petto.
Respirava pesantemente, sopra il mio corpo. Il suo cuore aveva ripreso a battere. Sussultai spaventata a quel tambureggiare nel suo petto, anche il Capitano se ne accorse. Parve accusare un senso di pesantezza, respirò profondamente catturando l’aria come se i suoi polmoni non lo facessero da centinaia di anni. Un sorriso smagliante comparve sul suo volto, luminescente quanto i suoi occhi. Mi fissò, mentre questi brillavano. Lui mi amava. Sorrisi, tornando a toccargli il petto.
Il cuore gli batteva forte, come un ragazzino che viene folgorato dall’amore per la prima volta.
Improvvisamente, mi sentì anch’io travolgere dalla sua stessa passione.
Mi baciò il collo, facendo attenzione. Stavo diventando sempre più calda ma pareva piacergli, come se fosse stata una sfida fra la mia temperatura e lui.
Sentì scorrere le sue zanne sulla mia pelle e un brivido mi percorse la schiena. Sapevo che non lo avrebbe fatto, non ancora almeno. Probabilmente se avesse morso, saremmo morti entrambi.
In quel momento però, accarezzata da quelle mani così forti e grandi, stesa sotto di lui, non mi pareva una brutta morte.
Quando percepì che il suo corpo era ormai pronto per portare a termine i suoi desideri, io aprì gli occhi. Se desideravo fermarlo, quello sarebbe stato il momento giusto. Gli occhi neri di Hyner incrociarono i miei, mi sorrise dolcemente, accarezzandomi il volto.
- Te lo farò dimenticare-
Promise.
Chiusi gli occhi, abbassando la mia temperatura corporea. Era il momento di riprendermi il cuore.
 
Uscimmo separatamente dalla cabina, lui promise di aspettarmi sul ponte mentre io dovetti vestirmi e truccarmi daccapo.
Mi presentai sotto la luce della luna, invisibile agli uomini occupati a scendere sulla terra ferma.
Hyner era lì, appoggiato sulla balaustra intento a fissare il porto. Rimasi bloccata qualche istante sulla porta, fissandogli la schiena. Si girò un attimo prima che io lo chiamassi, come se mi avesse sentito. Mi sorrise, facendomi cenno di scendere con lui, al suo fianco. Feci istintivamente un passo avanti, quando notai Hunter a pochi metri da me, indaffarato nello scarico di alcuni bauli.
- Andate avanti-
Dissi rivolta al Capitano.
- Vi raggiungo subito-
Mi avvicinai allo stregone, mentre il vampiro mi precedeva. Lo affiancai osservandolo attentamente, non sapendo neanche come esordire.
- Ciao-
Dissi goffamente.
- Ciao-
Rispose questo sorridendomi.
- Che fai?-
- Scarichiamo in porto alcune cose che abbiamo beh…preso in prestito nell’ultimo arrembaggio. Per venderle-
Chiarì. Io annuì, tentando di trovare il coraggio per arrivare dritta al punto.
- Hunter ti posso parlare un secondo?-
Lo convinsi ad allontanarsi dai compagni, ad abbandonare la fila dello scarico merci e ad appartarsi con me dall’altro lato del ponte. Il ragazzo mi fissò attentamente, incuriosito.
- Hunter…perché hai detto al Capitano di Thos?-
Non so quale risposta mi aspettassi. Probabilmente il mozzo aveva solo voluto togliersi un peso sullo stomaco, ma qualcosa mi diceva che c’era più di questo.
Il sorriso sul suo volto incrementò, trasformandosi in una smorfia maligna mentre abbassava lo sguardo per strofinarsi leggermente il naso.
- Per averti in pugno-
Rispose in fine, rialzando lo sguardo verso di me. Indietreggiai, spaventata. C’era di nuovo quell’ombra nei suoi occhi.
- Adesso non hai niente con cui ricattarmi, niente. Mentre io sì-
Rimasi ammutolita, a bocca aperta innanzi a quello sconosciuto. Non c’era niente in lui del ragazzo che avevo imparato a conoscere. Lo stregone che avevo incontrato appena salita sulla nave, quello che mi aveva salvato dalle grinfie dei suoi compagni, era sparito.
- Ma cosa ti prende?-
Domandai, del tutto impotente.
- Perché lo stai facendo? Pensavo che fossimo amici-
- Amici?-
Ripeté divertito.
- Tu mi hai mentito fin dal primo momento-
Ricordò, puntando al marchio sul mio polso.
- Stai mettendo in pericolo la nave con la tua presenza qui e francamente…-
Affermò, avanzando ulteriormente verso di me.
- Non so cosa mi trattenga dal denunciarti seduta stante-
Sbiancai, trovandomi a pochi centimetri dai suoi grandi occhi nocciola, così colmi di rabbia e odio.
- Ah no, aspetta. So perché non l’ho ancora fatto-
Continuò lo stregone ridendo.
- Forse perché da adesso in poi il Capitano avrebbe qualche riserva nel credermi, siccome sei andata a letto con lui-
Indietreggiai, sbattendo le spalle contro il muro.
- E tu…come…?-
- Sei stata abile nel portarlo verso di te in quel modo ma sappi che non è finita. Io non ho ancora perso-
Proferì lasciandomi lì, pallida e senza riuscire a respirare. Lo osservai allontanarsi con il cuore che batteva all’impazzata. Parlava come se la nostra fosse una qualche sorta di sfida, di partita. Io non volevo vincere, non stavo certamente cercando di vincere.
Scattai nuovamente verso di lui, raggiungendolo prima che potesse tornare con i compagni a scaricare le casse.
- Hunter-
Chiamai.
- Tu stai male-
Sbottai, fissandolo negli occhi a mezzo metro di distanza.
- Hai qualcosa che non va ed io dovrò dirlo a qualcuno prima o poi-
- Provaci-
Sfidò il ragazzo con uno sguardo di ghiaccio.
- E sei morta-
 
Non riuscì a trascorrere piacevolmente il tempo sulla terraferma. Continuavo a pensare ad Hunter, alle sue parole, ai suoi occhi. Questi mi comparivano innanzi ogni qual volta fissavo il Capitano, così intento a farmi da guida in un porto che forse vedeva per la centesima volta. Non mi prese mai per mano durante il cammino, mi restò semplicemente al fianco, proteggendomi con la sua figura dagli sguardi degli altri pirati che frequentavano quel paese formato da sole taverne e ostelli.
Mi condusse a mangiare forse nel locale più pulito e decente, per quanto fosse possibile in un covo di pirati provenienti da ogni parte del Regno dei Demoni. Vestita da pirata, lo seguivo silenziosamente ascoltando ogni sua parola. Le mie orecchie stavano ascoltando, il resto pensava ad altro. Il cuore continuava a dolermi, domandandomi se avessi dovuto dire qualcosa, chiedere aiuto.
- Tutto bene?-
Domandò il vampiro seduto a tavola, senza toccare cibo. Non ordinò niente. Il locandiere gli portò solo un calice colmo di un liquido di colore rosso intenso, dopo che Hyner gli aveva sussurrato qualcosa all’orecchio.
- Mi è stato detto che qui il cibo è buono. Era forse una menzogna?-
Inizialmente non capì a cosa si stesse riferendo. Abbassando lo sguardo mi resi conto, forse per la prima volta, di avere innanzi due grandi salsicce accompagnate da un delizioso purea di patate. Nelle mani tenevo una forchetta, con la quale avevo semplicemente stuzzicato il cibo.
- Perdonami-
Sbottai, lasciando la posata di fianco al piatto. Mi posi entrambi le mani sugli occhi, cercando di riprendermi.
- Sono certa che sia tutto buonissimo solo che…-
- Il posto ti mette a disagio?-
Domandò ancora l’uomo. Mi guardai intorno. Eravamo circondati da grossi e rozzi pirati che non facevano che bere, mangiare rumorosamente, cantare, urlare e giocare con le loro armi. Ogni tanto partiva un colpo verso il soffitto e tutti facevano un brindisi. Sorrisi, stranamente non mi infastidivano. Il loro rumore riusciva a colmare il vuoto e il silenzio che provavo dentro di me.
- No, è…rustico-
Risposi.
- Non si tratta di quello, sono preoccupata-
Rivelai, non riuscendo a tacere.
- Per cosa?-
Chiese impensierito il vampiro.
- Se ti riferisci a quello che è successo…-
Si bloccò, forse non sapendo come terminare la frase.
- No!-
Sbottai, ponendo le mani in avanti.
- Voglio dire…sì, forse. Ma no, non è per quello. Cioè, pensandoci…-
Divenni completamente rossa e lui rise per questo. Rise di gusto, portandosi una mano davanti alla bocca e abbassando lievemente il capo. I lunghi capelli gli coprirono il volto per un attimo. Quando tornò a guardarmi mi accorsi di arrossire ancora di più, questa volta per un motivo diverso.
- Sei incredibile-
Affermò.
- Riesci a sdrammatizzare ogni momento imbarazzante-
- Non lo faccio apposta-
Mugolai, come una bambina piccola che improvvisamente si dimentica come essere grande.
- Victoria-
Continuò il vampiro, tornando serio. Protese una mano verso le mie, afferrandole dolcemente con i suoi candidi guanti.
- Non vorrei mai fare qualcosa che possa metterti a disagio-
Affermò, facendomi sprofondare nei suoi intensi occhi neri.
- Quello che è accaduto, fra di noi, non vorrei che ti condizionasse. Non vorrei mai, che tu possa pentirtene-
Rimasi paralizzata, davanti al suo volto, davanti all’intero universo che potevo scorgere nel suo sguardo. Dimenticai quello che mi stava affliggendo, scordai completamente il motivo per cui avessi perso l’appetito. C’era qualcosa di più importante di cui mi dovevo occupare.
- Non lo farò-
Rispondendo d’istinto, dando voce al primo sentimento che provai dentro di me.
- Non mi pentirò di quello che ho fatto-
 
Tornati alla nave, ricordai ciò che mi aveva preoccupato per gran parte del tempo. Stava per sorgere l’alba e il Capitano mi salutò discretamente, allontanandosi il prima possibile dai raggi del sole ormai imminenti. Hunter sedeva sulla balaustra, fissando l’orizzonte e il suo chiarore. Come un felino, cercai di attraversare il ponte senza essere vista, sperando di arrivare alla mia camera senza dover affrontarlo ancora una volta.
- Victoria!-
Mi chiamò, congelandomi. Mi bloccai, voltandomi lentamente con i brividi lungo la schiena.
- Com’è andata? Ti sei divertita?-
Domandò il ragazzo raggiungendomi saltellando, spiazzandomi completamente. Ammutolì, incrociando il suo volto luminoso che aspettava una risposta.
- E’ stata una brutta serata?-
- No-
Sbottai.
- Sì, cioè no-
- Stai bene?-
Aprì la bocca, cercando di dar voce alle parole. Esse mi morirono fra le labbra, incredula di ciò a cui stavo assistendo.
- Hunter ti senti bene?-
- E’ quello che ho chiesto io a te, sciocca-
Affermò il ragazzo, ridacchiando.
- Sembra che tu abbia visto un fantasma-
Ancora una volta non risposi, lo fissai fino a che l’alba non fu sorta del tutto. Hunter allora si voltò verso il mare, sorridendo.
- Dovresti essere felice di essere scesa. Io sono centinaia di anni che non scendo sulla terraferma-
Sussultai, ricordando solo allora che lui era bloccato sulla nave.
- Tu non sei sceso…nemmeno una volta?-
- Non da quando ho riportato la Gold in superficie-
Rivelò, nascondendo la sua tristezza dietro un gigantesco sorriso.
- Ti manca? La terra ferma intendo-
- Ogni tanto. Ormai non ricordo più l’odore dell’erba o della terra. A malapena mi ricordo la forma di un fiore. Sembra una vita che non cammino su un sentiero e mi perdo in un bosco-
- Perché?-
Chiesi tristemente
- Perché lo fai?-
Il ragazzo trovò strana la mia domanda.
- Beh…altrimenti la Gold e tutto ciò che vi è sopra tornerebbero sugli abissi-
- Ma perché proprio tu?-
Continuai.
- Perché mai hai preso sulle tue spalle un peso del genere?-
Hunter smise di sorridere per un attimo, perdendosi nei ricordi.
- Ho un conto in sospeso con il Capitano, sto solo ripagando il mio debito-
- Per l’eternità?-
- Mi salvò la vita, adesso la voglio usare per tenere a galla il suo sogno-
Raccontò, tornando a sedersi agilmente sulla balaustra.
- Questa nave?-
- La nave che sua moglie adorava-
Mi spiegò guardandomi negli occhi.
- La Signora adorava le leggende antiche e il suo sogno era poter vedere navigare questa nave. Il sogno del Capitano è diventato dunque quello di realizzare il sogno della moglie-
- E tu…?-
- Io ero un cacciatore di taglie-
Sbottò il ragazzo improvvisamente facendomi sussultare. Rise, notando la mia reazione.
- Sì, non sono sempre stato un pirata. Il nome Hunter poi non è a caso, mi fu dato per la mia bravura. Non c’era criminale che non riuscivo a catturare. Tutti tranne il Capitano Hyner. Lui è quello che mi ha stroncato la carriera-
Disse ridendo.
- Non eri troppo piccolo per fare il cacciatore di taglie?-
Hunter sorrise ancora.
- Trecento anni fa era diverso. Il mondo era un posto più pericoloso. I confini non erano così delineati e, per gli stregoni, i demoni rappresentavano un vero pericolo. Chiunque ne fosse in forza doveva combatterli, io scelsi di farlo a pagamento-
Scoppiò a ridere ed io lo seguì.
- Il Capitano ti sconfisse?-
- Già. E lo fece anche alla grande. Non sai quanto sia forte quell’uomo, possiede una energia mostruosa. Ma anche un gran cuore. Invece di uccidermi volle tenermi nella sua ciurma, non ho mai capito perchè-
- Così tu gli ripaghi il favore-
- Solo uno stregone può adoperare questo incantesimo. Se anche il Capitano mi tenne in vita solamente per questo, non ha importanza per me. Lui mi ha permesso di vivere ed io voglio permettergli di navigare-
I suoi occhi si illuminarono a quelle parole, scacciando tutta la tristezza e la fatica. Sorrisi, riconoscendo finalmente in lui il ragazzo che mi aveva accolta nella ciurma.
Mi scappò uno sbadiglio, dalla stanchezza. Hunter sorrise e mi lasciò andare a dormire, dandomi appuntamento per imparare a tirare di scherma appena avesse potuto. Mi congedai da lui, sperando di non rivedere mai più l’ombra che stava continuando a divorarlo lentamente.

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Capitolo 9
*** Le tenebre di Hunter ***


Tutti sulla nave notarono che qualcosa era cambiato fra me il capitano. Piccoli gesti, piccoli sguardi, piccoli sorrisi. Presto la ciurma giunse alla stessa conclusione di Hunter. Questo divise nuovamente l’equipaggio in due. Gran parte riteneva che la mia fosse solo una manovra per raggiungere il potere in fretta, diventare comandante in seconda. Il resto mi considerava una ragazza facile.
Maledizione. Ancora mi preoccupavo del giudizio della gente.
I loro occhi mi ferivano più di quanto non volessi dare a vedere. Li sentivo mormorare alle mie spalle e mi sembrava di essere tornata a Salem. Nuovamente ero al centro dell’attenzione e non in senso positivo. Come i primi giorni sulla Gold, quando entravo in mensa scendeva un gran silenzio. Ancora una volta, sfilavo con il vassoio davanti ai loro sguardi fino a raggiungere Thos e Hunter, gli unici che non temevano di farsi vedere in mia compagnia, insieme a Barbas ovviamente.
- Alcuni sembrano spaventati da me-
Borbottai.
- Non temono te, bambolina-
Spiegò Thos, sorridendomi gentilmente.
- Hanno paura di quello che comporterà ciò che hai fatto-
- Io non ho fatto niente di male-
Ribattei, offesa.
- Lo sappiamo, dolcezza. Tutti noi lo sappiamo. Tranne Lucyndra-
Al suo nome sussultai.
- Lucyndra?-
- Farai bene a guardarti le spalle da lei-
Consigliò Hunter.
- Non ci vorrà ancora molto prima che capisca quello che è successo. Sarà allora che inizieranno i guai per te-
- Non spaventarla-
Rimproverò il grosso demone tutto muscoli.
- E’ la verità. Potrebbe spuntare e ucciderla in ogni momento e non esiste che lei possa sopravvivere in uno scontro contro Lu-
- Io sono qui-
Sbottai, ricordando ad entrambi che stavano parlando di me in terza persona.
- Quello che Hunter cerca di dire…-
Riprese Thos, squadrando malamente il compagno.
- E’ che ti sei messa contro un avversario pericoloso. Devi essere preparata per quando lei ti verrà a cercare, perché lo farà-
- Bene-
Esordii.
- Motivo in più per imparare ad usare la spada-
 
- Ne è valso la pena?-
Chiese acidamente Hunter, in un grande salone al secondo piano verso il basso della Gold.
- Non sono affari tuoi-
Sbottai, posizionandomi dall’altra parte del campo d’allenamento. Un gigantesco lampadario di cristallo si stagliava sopra le nostre teste, illuminandoci mentre l’oscurità della notte ci raggiungeva dalle vetrate che percorrevano tutta la parete al nostro fianco.
- Sto per insegnarti come battere il comandante in seconda. Forse sono un po’ anche affari miei-
Sospirai, fissando la sua figura con già il fioretto in mano.
- Non sono pentita di quello che ho fatto-
Risposi scegliendo in fretta un’arma, quella che mi sembrava più leggera di tutte.
- Bene-
Replicò Hunter, sorridendo.
- Questo ti aiuterà a sopravvivere-
Non riuscii a dire niente, lo stregone iniziò a spiegarmi i fondamentali della scherma. Ne avevo letto qualcosa in un libro anni prima ma non l’avevo mai praticata.
In quel momento entrò il Capitano. Aprì la porta silenziosamente, occupando un angolo della stanza per osservarci. Mi sorrise, incrociando le braccia e poggiando la schiena al muro mentre fissava la mia figura con il fioretto in mano. Divenni leggermente rossa, quanto Hunter catturò la mia attenzione.
- Primo, questa non è scherma-
Precisò.
- E’ la scherma dei pirati-
Continuò.
- Secondo, dimentica tutto quello che sai sulla scherma-
- Ma…mi hai appena ricordato le regole…-
- Infatti, adesso dimenticale-
Fissai istintivamente Hyner per capire se Hunter fosse impazzito, di nuovo.
Il Capitano sorrise leggermente, annuendo verso lo stregone in segno di ascoltarlo.
- Nessuno segue le regole in uno scontro all’ultimo sangue. Non ci sono punti o altro, in gioco c’è la tua vita-
Proseguì seriamente il ragazzo.
- Ma andiamo avanti. Come ti ho detto, questo è un fioretto. Si tratta dell’arma più leggera e facile. Inizieremo con questa fino ad arrivare alla spada. Tienila nella mano destra, afferrala vicino alla coccia-
- La cosa?-
- La guardia-
Spiegò.
- Devo mettermi in guardia?-
- L’elsa!-
- Aah-
Andavo bene, lo avevo fatto innervosire in meno di un minuto.
Feci come mi aveva mostrato e si congratulò. Mi sentii ancora più imbranata del solito.
- Piega leggermente il pollice e con l’indice controlla l’impugnatura. Perfetto-
Era un modo un po’ scomodo di tenere un arma ma aveva senso. Mi garantiva una perfetta posizione d’attacco e una prontezza d’azione che una tenuta goffa non mi avrebbe mai potuto dare.
- Adesso le posizioni…-
- Hunter-
Lo bloccai.
- Di solito non ci sono delle tenute? Tipo un giubbotto, una maschera…i guanti?-
Il ragazzo rise e cercò di tornare in posizione tenendo l’arma ben dritta verso l’alto, con il braccio non utilizzato anch’esso verso l’alto. Conoscevo questa posizione, era la terza.
- Te lo ripeto. Questa è la scherma dei pirati, è lotta fino alla morte. Qui l’utilizzo delle spade non sono contemplate per divertimento, se vengono impugnate è solo per uccidere. Non è logico farti mettere precauzioni che poi in battaglia non avrai. Devi imparare a temere la punta di una spada, non credere “tanto anche se mi colpisce non succede niente”. Non è una gara da vincere, se ti colpisco sei ferita gravemente o morta. Hai capito?-
Annuii, un po’ titubante. Aveva ragione ma per un allenamento faceva leggermente paura.
Fortunatamente Hunter acconsentì almeno nel mettere un bottoncino alla punta del fioretto, per evitare di ferirmi subito.
- E’ solo perché devi imparare-
Disse.
- Da domani useremo le vere armi, quelle taglienti-
Tornai a fissare Hyner. Non appena scorsi il suo viso mi tornò in mente Lucyndra e perché lo stessi facendo. Accettai e il ragazzo prese a spiegarmi le otto posizioni della scherma. Le avevo già viste sul libro ma le ripetei con lui. La cosa che notai fu che il braccio sinistro non cambiava mai posizione, lo dovevo sempre tenere in alto e leggermente dietro di me.
Non combattevo di fronte all’avversario ma delicatamente di lato. Le posizioni cambiavano in base alla disposizione del fioretto e delle gambe. In breve fui capace di eseguirle tutte, imparando anche a destreggiarmi con le linee invisibili che dovevano circondarmi.
- Intorno al tuo corpo hai ben quattro linee, due alte e due basse. Devi imparare a vederle e a riconoscerle. Per ogni linea ci sono due posizioni, a seconda di come tieni il fioretto e di come poni il polso. Anche per il polso ci sono tre posizioni, le conosci? Bene-
Mi insegnò che la terza e sesta posizione erano sempre nelle linee alte, davanti al mio cuore. Invece la seconda e l’ottava erano sempre nelle linee basse, davanti al mio bacino. Anche la prima e la settima facevano parte delle linee basse ma la lama doveva essere posizionata in modo diverso: verso il mio corpo e non verso quello dell’avversario.
Quando la luna iniziò a farsi alta nel cielo, sapevo almeno come mettermi in posizione. Hunter decise allora di iniziare anche un po’ di movimento, preparandomi alle varie tecniche della scherma.
- Prima dello scontro c’è la posizione di guardia-
Mi spiegò.
- Piega il ginocchio, braccio arretrato piegato verso il basso e fioretto rivolto verso di me. Bravissima-
Io sorrisi ma durò poco. Dopo la guardia Hunter passò all’attacco, ordinando di non muovermi. Mi  mostrò che per attaccare il nemico dovevo avvicinarmi ad esso, con un passo in avanti e un allungo in corsa. Con questo movimento Hunter si piegò in basso, raggiungendomi e puntandomi il fioretto al cuore. Teneva il braccio armato ben disteso, fermo.
- Capito?-
Annuii.
- Adesso io cosa faccio?-
Domandai inquieta, gettando un occhio al Capitano che non faceva che assistere divertito.
- Se non vuoi morire dovresti effettuare la parata-
In pratica dovevo deviare la sua arma con la mia. Vi erano tre azioni della parata: schivare l’arma, bloccarla, indietreggiare.
Io colpii forte il fioretto di Hunter, distogliendolo dalla traiettoria verso il mio petto. Indietreggiai ma il ragazzo non mi diede tempo per fare altro, ripartì all’attacco con lo stesso movimento. Questa volta però non rimasi immobile e posi la mia arma come difesa contro la sua, parandola.
- E adesso?-
Chiesi non sapendo cosa fare. Il ragazzo teneva il fioretto con forza, spingendo verso di me per liberarsi e colpirmi. Io tentavo di bloccarlo ma sapevo che non sarebbe durato a lungo.
- Dovresti effettuare la risposta. Sai come?-
Annuii.
- Ma non ci riesco, non riesco a liberare la spada e non c’è una posizione…-
- Questa è la scherma dei pirati Victoria-
Ricordò, guardandomi negli occhi.
- Non rimanere vincolata alle regole. La tecnica con cui ti sto bloccando non fa parte della scherma. Devi salvarti la pelle. Pensa ad un modo per sfuggirmi e attaccarmi-
Cercai di farlo. Posi la mano sinistra sulla lama della mia arma, distogliendolo dalla classica posizione del fioretto. Utilizzando la forza di entrambi i bracci e facendo un movimento con il bacino in avanti, respinsi l’arma avversaria. Hunter, sbalzato, fu costretto a fare qualche passo indietro ed io con un salto leggero guadagnai almeno un metro.
Adesso potevo effettuare la risposta.
Avanzai verso di lui con un allungo in corsa e schivai il fioretto che mi ritrovai innanzi. Lo aggirai, giungendo al fianco sinistro del ragazzo. Fui più veloce e lo colpii al cuore lateralmente.
- Morto-
Urlai felice, cercando immediatamente lo sguardo orgoglioso di Hyner. Hunter sorrise complimentandosi, iniziavo ad imparare la scherma dei pirati.
 
Quella notte tornai in camera, a farmi una doccia. Sotto l’acqua corrente udii qualcuno bussare alla porta, qualcuno che non attese la mia risposta. Avevo lasciato la porta del bagno socchiusa, attraverso essa scorsi una figura aggirarsi per la mia stanza. Il cuore prese a battermi forte, temendo di essere in pericolo. Lasciai l’acqua scorrere, raggiungendo la porta gocciolante da capo a piedi e con indosso solamente un asciugamano. La camera era al buio e in quell’oscurità non vidi il volto dell’intruso, ne percepì solo la presenza. Andava avanti e indietro nervosamente, cercando chissà cosa. Quando passò davanti a me gli saltai addosso, certa che si trattasse di Lucyndra lì per uccidermi. Udii immediatamente delle urla di sorpresa, maschili.
Due grandi braccia mi catturarono, quando un attimo prima io avevo cercato di catturare loro. Mi sollevò da terra, chiedendo perdono e supplicandomi di stare calma. Mi mise sul letto, quando ancora io stavo urlando. Solo sdraiata osservai il volto del Capitano illuminato dalla luce della notte.
- Sei forse impazzito?-
Urlai.
- Potevi farmi morire!-
- Volevo parlarti di questo-
Eruppe l’uomo, fissandomi con il fiatone sopra di me, dopo che avevamo improvvisato quell’assurda lotta al buio.
- Parlare della mia morte?-
- No! Certo che no-
Si corresse il vampiro.
- Parlare del tuo comportamento-
- Quale comportamento?-
Domandai, sulle difensiva, continuando ad osservare i suoi occhi neri sopra i miei.
- Sembri tesa, spaventata. Coi nervi a fior di pelle. Hai paura di qualcosa?-
- A parte di un uomo che entra in camera mia nel cuore della notte?-
- Sono un vampiro-
Si giustificò.
- La notte è il giorno per me-
- Sei comunque entrato furtivamente-
Replicai.
- Ho bussato!-
Sbottò l’uomo.
- Non avrei chiesto il permesso se avessi voluto ucciderti-
- Lo dici te-
Replicai. Cercai di rotolare giù dal letto, fuori dalle sue braccia, dal suo corpo. Le sue mani mi ripresero, bloccandomi nel suo abbraccio.
- Me lo dici di cosa hai paura?-
- Di niente, non preoccuparti-
Mentii, preferendo di gran lunga non tirare in ballo conflitti familiari. Stava per replicare, così lo baciai, sperando che per un attimo dimenticasse.
 
Dopo quella seconda volta, a distanza di pochi giorni, ognuno tornò ai suoi compiti diligentemente. Lui aveva una nave da condurre, io dovevo pulire tutte le pistole dell’equipaggio. Raggiunsi Barbas con l’affanno, dopo essermi preparata in fretta. Non disse nulla, si limitò a sorridere e ad indicare le armi che avrei dovuto controllare e sistemare. Solo una cosa volle sapere, poi più niente a riguardo.
- Dimmi una cosa piccola, stai imparando a tirare di spada, vero?-
- Sì, perché?-
- Impara bene. Credimi, ti servirà-
Questo certamente non giovava ai miei nervi. Sospirai, iniziando a lavorare ricordandomi ancora una volta che non avevo niente di cui pentirmi.
Non incrociai mai Lucyndra in quei giorni, sembrava che casualmente le venissero assegnati compiti molto distanti dall’armeria. Non riuscii ad incontrarla nemmeno quando il Capitano decise di farmi consumare ogni pasto nei suoi alloggi, forse per tenermi lontana dalla mensa e dagli sguardi dei marinai. Non che io gli avessi detto niente, probabilmente era merito di qualche “spia” oppure del suo intuito, in ogni caso mi obbligò a disertare la solita parata di occhiate che ogni notte dovevo subire per tre ben volte. Inizialmente temetti di dover incontrare la vampira durante i pasti col Capitano, al contrario Lucyndra non c’era mai. Questa calma prima della tempesta mi raggelava.
- Ti vedo più tranquilla-
Affermò compiaciuto una notte Hyner, dopo almeno una settimana e mezza che ancora tenevo la mia vita stretta fra le mani.
- Sì Capitano…effettivamente lo sono-
Risposi sorridendo, compiacendomi delle mie doti di attrice che iniziavano a migliorare.
Ovviamente non ero tranquilla, non avrei mai potuto esserlo. Sembrava che Lu si stesse preparando lentamente e con freddezza ad uccidermi. Ero certa che la donna ormai avesse capito cosa era successo fra me e suo fratello, non ero ottimista come Thos che invece affermava il contrario.
Lei sapeva e stava preparando una vendetta esemplare, potevo percepirlo.
- Con la scherma come va?-
Chiese Hyner, facendomi rinsavire.
- Molto meglio. Adesso potrei battervi-
Non l’avessi mai detto. Il vampiro si asciugò le labbra con il tovagliolo, si alzò in piedi e mi raggiunse dall’altra parte del tavolo. Mi porse una mano, pregandomi di afferrarla e accettare la sua sfida in un combattimento.
- Stavo scherzando-
Mormorai sbiancando.
- Ormai l’hai detto. Adesso devi dimostrarlo-
Incredibilmente divertito, mi condusse sul ponte della Gold dove chiamò a raccolta tutti i demoni del turno di notte. Li invitò ad osservare i progressi della nuova arrivata, istruita da Hunter in persona. In meno di mezz’ora il ponte era ghermito di pirati, radunati in cerchio lasciandoci giusto lo spazio di combattere. Hyner mi porse un fioretto, strappandomi la promessa che se avesse vinto avrei dovuto iniziare a chiamarlo per nome. Annuii alle sue parole, sussurrate piano all’orecchio, innanzi alla ciurma. Si posizionò davanti a me, inchinandosi al mio cospetto e sancendo l’inizio della battaglia.
Io deglutii, cercando di ricordare che avevo affrontato ben altro fino ad allora. Non dovevo temere un vampiro. Il Capitano attaccò per primo, stoccando mirando dritto al fianco. Parai il colpo, allontanando la spada avversaria e cercando un punto libero per attaccare a mia volta. Mi sentivo gli occhi di tutti addosso, fissavo i loro sguardi non riuscendo a concentrarmi, questo mi provocò un graffio sul braccio. Mugolai, incrociando il volto di Hyner che mi ricordava che stavamo facendo sul serio. Feci un respiro profondo, tentando di calmarmi. Ripartii dalla prima posizione, mettendo l’arma in linea. Scattai nell’offesa, incappando immediatamente nella sua lama ferma pronta a contrastarmi. Velocemente ritirai l’arma, rimettendomi in posizione di guardia. Il Capitano fece lo stesso, sorridendo intento a fissarmi. Ci squadrammo per qualche istante, che parve un tempo infinito, iniziando a girare su noi stessi studiandoci l’un con l’altro. In un attimo, durante quel movimento, mi parve di incrociare gli occhi viola di Lucyndra. Il vampiro approfittò della distrazione, affondando nella mia direzione. Scansai la punta del fioretto appena in tempo, scattando al fianco scoperto del comandante e tentando una stoccata a mia volta. Un’ovazione da parte dell’equipaggio ruppe il silenzio che ci aveva accompagnato fino a quel momento. Cercai di non perdere la concentrazione, nemmeno quando udì molti dei presenti iniziare scommettere su di noi. La mia quotazione non era poi tanto male. Sorrisi, soddisfatta dei miei progressi con la scherma. Il mio compiacimento durò poco, il Capitano iniziò a mettermi sotto duramente, compromettendo seriamente la mia difesa.
Le nostre lame si incrociavano continuamente, illuminando l’oscurità e i nostri sorrisi nascosti in essa. Improvvisamente il suo fioretto si avvicinò troppo alla mia gola, rischiando di tagliarla.
Abbandonai il sorriso, fissando il suo volto sconcertata.
Stavamo facendo sul serio ma così era troppo.
Anche lui sembrava meravigliato, soprattutto quando per la seconda volta la sua spada rischiò di uccidermi.
- Cosa stai facendo?-
Domandai inquieta, riuscendo a scansare a malapena una stoccata al cuore. Ulteriore ovazioni si alzarono in mio favore.
- Non lo so-
Rispose Hyner.
- Non ne ho idea-
Continuò.
- E’ il fioretto. Si muove da solo-
Sussultai allibita, lasciandomi colpire al fianco. Caddi in ginocchio, con una mano sulla ferita e l’altra che stringeva la spada, tremante. Scese il silenzio d’impatto, che venne a spegnersi quando il vampiro si avventò nuovamente su di me. Osservai i suoi occhi preoccupati, il suo corpo che desiderava farsi indietro, smettere di combattere mentre il suo braccio era preda della spada. Mi rialzai in fretta in piedi, scansando la lama che aveva puntato alla mia testa. Velocemente mi guardai intorno, squadrando l’equipaggio. Alcuni acclamavano, quasi felice che il Capitano mi stesse distruggendo, altri bofonchiavano sbalorditi, non aspettandosi un combattimento così violento. Ciò che non riuscì più a scorgere, erano gli occhi di Lucyndra. Se ne era andata.
- Victoria!-
Urlò Hyner, facendomi notare che stava nuovamente tentando di uccidermi. Mi gettai a terra, rotolando di lato. Il fioretto non mi dava tregua, continuava a cercarmi, a ferirmi. Stesa sulle assi dorate della nave, fissai l’arma intensamente, certa di chi fosse la colpa.
- Fa qualcosa!-
Urlai, cercando di far sovrastare la mia voce su quelle della ciurma.
- E cosa?!-
Gridò a sua volta Hyner, evidentemente in preda al panico. Non avevo mai visto un vampiro in preda al panico.
- Gettala!-
Proposi, continuando a difendermi dai suoi affondi, non sapendo esattamente come reagire. Non potevo ferirlo, non potevo colpirlo per fermarlo. Dovevo trovare un modo per uscirne entrambi vivi.
- Non posso!-
Urlò l’uomo, aumentando la velocità delle stoccate. Strinsi i denti, con una mano che bloccava la ferita sanguinante sul fianco. Sembrava dannatamente opera della magia nera.
Caddi a terra, nel tentativo di scansare la punta della lama. L’equipaggio continuava ad echeggiare e a scommettere, nessuno che capisse cosa stesse realmente accadendo. Eravamo io e il Capitano, imprigionati, bloccati in quel cerchio di morte. A terra ansimavo, fissando il corpo del Capitano, reso impotente dall’incantesimo. Sotto i suoi occhi, lo fissavo stremata sul pavimento della Gold, con le vesti stracciate e insanguinate.
Improvvisamente, mi venne in mente che Hunter non era venuto a vedermi.  
- Spostati!-
Gridò Hyner, facendomi rinsavire. Scattai in piedi, procedendo nella mia strategia di difesa. Le proteste partirono immediatamente. I pirati chiedevano che io reagissi, più azione e meno fuga. Le scommesse a mio favore iniziarono a calare. Sbuffai, cercando di ignorarli. Il vampiro era troppo preso nel tentare di contrastare la maledizione, che informare i suoi uomini che stava rischiando di uccidermi per davvero. Solamente Thos sembrava realmente preoccupato per me. Quando caddi a terra per l’ennesima volta, percepì le forti mani di qualcuno riportarmi in piedi. Mi volsi e incrociai i suoi occhi sgomenti, increduli. Non riuscii a sorridere, a ringraziarlo. Lui fece appena in tempo a chiedermi cosa stesse accadendo mentre io gli domandai dove fosse Hunter.
- Perché?-
Chiese, perdendo tempo. Hyner intanto ci raggiunse, cercando di colpirmi al cuore. Usai il fioretto come scudo, intercettando la lama avversaria e tentando di contrastarla con tutta la forza che possedevo.
- Rispondi cavolo!-
Urlai al demone dietro di me, che mi stava tenendo le spalle impedendomi di cadere all’indietro e di soccombere alla forza del vampiro.
- E’ andato via poco fa!-
Affermò.
- Quindi era qui!-
- Certo che era qui. Tutti sono venuti a vedervi-
- Anche Lucyndra-
Sbottai raccogliendo le forze e scaldando l’arma del comandante, che udì il nome di sua sorella.
- Cosa c’entra Lu?-
- Niente Capitano-
Risposi, roteando gli occhi.
- Sì, anche lei era qui-
Replicò tardivamente Thos. Digrignai i denti. Non ebbi bisogno di domandare se fossero andati via insieme. Quella non era semplice magia nera, non del tipo che un vampiro potesse spezzare. Sapevo tutto sulla magia del demoni, tutto. Molto più di quanto non sapessi sulla mia.
Le maledizioni dei demoni non riuscivano ad essere così potenti sugli altri demoni. Hyner non avrebbe dovuto faticare così tanto, se l’incantesimo fosse stato lanciato da Lucyndra.
Quella era stregoneria. E l’unico stregone oltre me sulla nave era Hunter.
Mi fermai, dall’altra parte del cerchio. Rimasi in piedi, ad ansimare, fissando il Capitano fermo anch’esso innanzi a me. Ansimava, disorientato. Stava sprecando tutta la sua energia per combattere l’incantesimo che stava lo controllando, di questo passo la spada avrebbe assorbito la sua linfa vitale, uccidendolo. Conoscevo quel tipo di maledizione. Esigeva una vita e una volta lanciata non poteva essere spezzata. Uno di noi, doveva perdere.
Sorrisi, cercando lo sguardo di Thos.
- Punta sul Capitano-
Gli consigliai, gettando il fioretto a terra.
 
- Cosa ti prende?!-
Udii Hyner gridare.
- Raccogli la spada!-
Gli sorrisi, assordata dalle urla della ciurma. Molti si mostrarono delusi dal mio comportamento, dandomi della codarda e gridando che non potevo arrendermi durante una sfida dei pirati. Altri non parvero sorpresi, confermando ciò che pensavano di me. Ero debole, incapace di sostenere uno scontro con la scherma dei pirati.
Avanzai verso il comandante, disarmata, fissando solamente gli occhi neri dell’uomo.
Stavo rispettando la prima regola, durante un combattimento o si vince o si muore.
Anche il vampiro venne avanti, gridando con tutto il fiato che aveva in corpo, supplicandomi di scansarmi. Rimasi immobile, certa della mia decisione. Chiusi gli occhi, attendendo quel dolore.
Non dovetti aspettare molto. La spada di Hyner mi trapassò il cuore, congelando i presenti. Il rumoroso equipaggio improvvisamente si ammutolì, fissando la mia figura che si accasciava a terra fra le braccia del comandante. Finalmente l’incantesimo era spezzato. La lama si era portata via una vita.
 
Riaprii gli occhi, incrociando quelli attoniti del Capitano.
La ciurma ci circondava completamente, fissandoci in silenzio funebre. Solo qualcuno aveva ancora il coraggio di sussurrare qualcosa.
- Perché l’ha colpita se si era arresa?-
- Probabilmente avevano litigato-
Avrei voluto sorridere ma ero troppo occupata a non morire.
Avevo dato ordine al cuore di fermarsi per un secondo, dando così il tempo alla maledizione di spezzarsi. Dopodiché, stavo imponendo al sangue di coagulare, alle cellule di ricrearsi. Usando il controllo del sangue su me stessa, stavo tentando di sopravvivere. Era la prima volta che lo facevo e non sapevo come sarebbe andata.
- Perché l’hai fatto?-
Domandò il vampiro, straziato.
- Mancanza d’immaginazione-
Rivelai, rispondendo con fatica. Gli strinsi la mano, con tutta la forza che mi rimaneva. Quel gesto improvvisato mi aveva provocato un dolore insopportabile. Hyner ricambiò la stretta, tenendomi fra le sue braccia senza scottarsi. La mia temperatura si era abbassata radicalmente.
Dopo le prime critiche da parte dell’equipaggio, giunsero anche le prime perplessità. Tutti iniziavano a chiedersi perché una ragazza pugnalata al cuore non stesse morendo.
Domanda che presto si pose anche il mio assassino.
- Non intendo morire-
Risposi, pensando che questo spiegasse tutto.
- Ho ancora troppe cose da risolvere-
Un sorriso, spontaneo, comparve per un momento sul volto triste e preoccupato del comandante.
- Potevi uccidermi-
- Elehandro-
Pronunciai, stringendogli la mano forte in preda al dolore.
- Tu saresti morto-
Lo avvertii.
- Se avessi deciso di ucciderti, saresti morto per davvero-
Scorsi ancora il suo sorriso, prima che mi sollevasse da terra per portarmi via dal ponte. Mentre scendevamo sotto coperta diede ordine di gettare la spada in mare, di non volerla più impugnare in vita sua. Tacqui, pur sapendo che non era colpa dell’arma.
Rimasi cosciente, certa che se mi fossi addormentata avrei perso il dominio del sangue e sarei morta. Non ebbi la forza di obiettare, quando il Capitano sorpassò il corridoio che portava alla mia stanza. Mi portò nei suoi appartamenti, privi della presenza della sorella. Lasciai che mi adagiasse sul suo letto, che vedevo per la prima volta. Percepì le morbide coperte di seta a malapena, come anche la pezza che Hyner aveva continuato a premere sulla ferita affinché smettesse di sanguinare.
- Sei stata imprudente-
Continuava a recriminarmi.
- Terribilmente imprudente. Come facevi a sapere che saresti sopravvissuta?-
- Non lo sapevo-
Spiegai.
- Ma dovevo tentare. Non mi veniva altro in mente-
- Imprudente-
Continuò a mormorare fra sé e sé scuotendo il capo. Sorrisi, senza smettere un attimo di stringergli la mano.
- Com’è possibile che tu sia ancora viva?-
Domandò, non capacitandosi di quell’assurdo miracolo.
- Sono brava in queste cose-
Mugolai.
- Sono brava a non morire. E’ tutta la vita che cerco di non morire-
Al Capitano scappò un altro sorriso triste. Alzò la pezza bianca dal mio petto, constatando che non stavo più perdendo sangue. La ferita si stava chiudendo. Avevo preparato il mio corpo ancora prima di essere ferita, riducendo i danni. Il cuore aveva l’ordine di fermarsi un attimo prima che il fioretto lo colpisse, per poi riprendere a battere non appena il corpo estraneo fosse stato estratto.
Il mio organismo obbedì appieno, prendendo a coagulare la ferita fin da prima che questa venisse creata. Funzionò ma non avrei voluto sperimentarlo due volte.
- Sei già stata pugnalata-
Affermò il vampiro, accorgendosi della cicatrice.
- Non è la prima volta che vieni pugnalata al cuore-
- Già-
Sussurrai, ricordando bene come fosse successo.
- Ti ho detto che sono brava a non morire-
- Allora cerca di non farlo anche questa volta-
Implorò, accarezzandomi la fronte. Lo fissai dritto in quegli occhi colmi d’oscurità, assicurandogli che non lo avrei fatto. Non potevo dare una soddisfazione simile a chi aveva provato ad uccidermi.
Un velo di tristezza cadde sul suo volto a quell’affermazione.
- Tu sai chi è stato?-
- Ho una teoria-
Sbottai, iniziando a sudare. La temperatura si stava alzando, troppo questa volta. La febbre iniziò a salire, rendendomi i capelli e il volto fradici.
- Dimmi chi è. Lo ucciderò-
Fui io ad accarezzargli il volto, dolcemente.
- Elehandro-
Lo chiamai.
- Sono abituata a vendicarmi da sola. Non chiedo mai ad altri di finire le mie battaglie-
- Sei una donna orgogliosa, Victoria-
Constatò il vampiro, accarezzando la mano con cui stavo sfiorando la sua guancia.
- Ma se qualcuno ha tentato di farti del male, è anche una mia battaglia-
Gli sorrisi, tuttavia preferendo di non rivelare i miei sospetti sulla sorella. Le tragedie familiari non facevano per me.
 
Ci misi qualche giorno a ristabilirmi. Scorsero veloci, passandoli quasi tutti interamente a dormire. Ad informarmi che avevo riposato per così a lungo fu appunto Lucyndra, che la quinta notte comparve sul mio capezzale. Non era armata di nessun coltello ma il suo sorriso mi trafisse più di qualsiasi lama.
- Che piacere vedere che non sei morta-
Sbottò la creatura, mentendo spudoratamente.
- Immagino-
Mugolai, cercando di tirarmi a sedere sul letto del comandante. Il petto fasciato scivolò da fuori le lenzuola, provocando una luce di insoddisfazione negli occhi della donna. Sapevo bene che una semplice ferita mortale non sarebbe bastata a compiacerla.
- Già, la tua sarebbe stata una terribile perdita. La manutenzione delle nostre armi ne avrebbe sofferto molto-
- Io odio le pistole-
Informai, fissando la sua figura appoggiata al muro, ferma a scrutarmi con i suoi occhi viola.
- Ma c’è una cosa che amo, più di tutto-
Continuai, coprendomi il petto con il lenzuolo.
- Sarebbe?-
- La vendetta. Amo incredibilmente vendicarmi-
- Vuoi prendertela con mio fratello?-
Domandò, ponendo istintivamente una mano sulla frusta che portava al fianco. Sorrisi, scuotendo il capo.
- Non è stato il Capitano a ferirmi-
- Se parli della spada, è già stata distrutta-
Informò la donna, lasciando l’elsa della frusta.
- Non è la spada che mi preoccupa-
Dichiarai, senza mai perdere il contatto visivo con i suoi occhi.
- Se pensi che sia stata io…-
- No Lucyndra, so che gli incantesimi non sono il tuo forte-
- Bene. Perché non sono stata io-
Continuai a fissarla, con le mani che mi fremevano. Effettivamente non era lei la persona che avrei desiderato prendere a pugni in quel momento.
- Hai intenzione di rimanere qui a lungo?-
Domandai, non sopportando la sua presenza.
- Sei nei miei appartamenti-
- E tu sei nel bel mezzo di un turno di lavoro. La ciurma inizierà a sentire la mancanza della tua frusta sulla schiena-
Un sorrisetto comparve sul volto della donna.
- Hai ragione, ho da fare cose migliori che osservare una strega-
Digrignai i denti, attendendo pazientemente che uscisse chiudendo la porta dietro di sé.
Udì i suoi passi allontanarsi e scattai fuori dal letto. Afferrai i vestiti con cui ero stata portata in camera, la camicia bianca era sempre macchiata di sangue. La indossai sopra le bende, senza curarmi di chiuderla. Impugnai il fioretto che era stato appoggiato accanto a letto e mi riversai in corridoio. Iniziai a percorrere la nave da una parte all’altra, sotto gli occhi attoniti dell’equipaggio. Pallida in volto, con gli occhi circondati da pesanti occhiaie nere, stavo correndo senza preoccuparmi della mia debolezza. La camicetta lacerata all’altezza del cuore, svolazzava mentre perlustravo la Gold alla ricerca di una persona. Tutti fissavano le bende immacolate che cingevano il busto, macchiarsi sempre più velocemente di sangue. La ferita si stava riaprendo ma ancora non avevo trovato la persona che mi interessava. Mi dissero che in quel momento doveva essere nelle profondità della nave, nella stiva dedicata esclusivamente ai barili di liquore. Mi precipitai laggiù, raggiungendo la stiva con il fiatone e aggrappandomi alla porta un attimo prima di urlare il suo nome.
- Hunter!-
Con lui, l’intera ciurma presente nel magazzino si voltò. I suoi occhi nocciola mi percossero da capo a piedi, accennando ad un velo di sgomento. Lasciò i barili di rum che stava sistemando e avanzò di un passo nella mia direzione. Non ne dovette fare altri, fui io a raggiungerlo, a scaraventarmi su di lui. Mi fissò terrorizzato mentre percorrevo la stiva e lo afferravo per la camicia con entrambe le mani. Gettando la spada a terra, lo avevo agguantato per il colletto fissandolo dritto negli occhi e domandogli perché. Semplicemente perché.
Hunter non rispose ed io lo colpii in pieno volto, assestandogli un pugno che lo fece crollare al suolo. La ciurma sussultò domandandosi se qualcuno dovesse intervenire, intanto la Gold prendeva ad oscillare.
- Perché hai cercato di uccidermi?!-
Tornai a chiedere, senza curarmi dei tremori che stava subendo la nave.
- Dimmi perché Hunter!-
- Io non ho cercato di ucciderti-
Gridò il ragazzo, fissandomi da terra con una mano sulla guancia. Mi chinai furiosamente verso di lui, afferrandolo di nuovo per la camicia e sferrandogli un secondo pugno. Allora la nave tremò maggiormente  un demone cercò di bloccarmi, di allontanarmi dallo stregone. Mi rivoltai verso il marinaio, scottandolo con la mia temperatura e ordinando a tutti i presenti di starne fuori. Agguantai il fioretto che avevo gettato a terra, ripetendo la mia intimidazione armata.
- Se qualcuno osa intromettersi, sarà il prossimo-
Giurai, con i capelli tornati ormai neri sciolti lungo le spalle. La ferita sul mio petto continuava a perdere sangue, tingendo completamente le bende di rosso vermiglio. Scorsi degli uomini andare a chiamare il Capitano ma non me ne preoccupai. Per quando fosse arrivato, io avrei già finito.
Tornai su Hunter, puntandogli il fioretto alla gola.
- Come ti è venuto in mente di tradirmi?-
Domandai, con ogni parte del mio corpo che sembrava andare a fuoco dalla rabbia. Il sangue ribolliva letteralmente nelle vene, iniziando ad erodere le bende come se fosse stato acido.
- Da quando lavori per lei?-
Sbraitai.
- Cosa ti ha promesso per convincerti?-
Il ragazzo abbassò lo sguardo, scoppiando improvvisamente a ridere.
Ritrassi leggermente la spada, sorpresa da quella reazione. Quando tornò a fissarmi, l’ombra nei suoi occhi era riapparsa.
- Io non lavoro per lei-
Spiegò, sorridendo e massaggiandosi la mascella.
- Io non lavoro per nessuno-
- Cosa ti ho fatto?-
Chiesi, non capendo.
- Io mi fidavo di te. Pensavo che fossimo amici-
- Beh, ti sbagliavi-
Eruppe lo stregone, alzandosi lentamente da terra. Seguii la sua figura con la punta della spada, senza mai perdere la mira sulla sua gola. Fissai i suoi occhi nocciola, così profondi e colmi di quell’oscurità che si stava divorando la sua anima.
- Pensavi che sarebbe stato così facile arrivare al comando della Gold?-
Domandò lo stregone, spiazzandomi.
- Conosco le persone come te. Pensano di poter raggiungere il successo in un giorno o meglio in una notte. Una notte passata con il Capitano-
Sobbalzai, fissando i volti di coloro che ci circondavano, preoccupandomi del loro giudizio per la prima volta da quando ero entrata nella stiva.
- Non sei tu a parlare-
Sbottai.
- Queste sono parole di Lucyndra-
- Nel caso lo fossero, io la penso esattamente come lei-
Dichiarò il ragazzo, avanzando verso di me, fino a toccare con la gola la punta del fioretto.
- Sei entrata con l’inganno a far parte della ciurma, fingendo di non essere nessuno. In realtà sei pericolosa, una bomba ad orologeria per ognuno di noi-
Il mio cuore sussultò, il mio corpo intero sobbalzò, provocando una fitta terribile alla ferita aperta. Mi posi una mano sul petto, percependo il sangue fuoriuscire copiosamente. Eppure non faceva male, almeno non quanto le parole di Hunter. Abbandon mi aveva chiamato allo stesso modo. Iniziavo a pensare di esserlo davvero.  
- Dovevo farlo-
Continuò il ragazzo, facendomi rinsavire.
- Devo farlo. Devo ucciderti per proteggere la nave, altrimenti tu ci porterai a fondo con te-
Affermò, premendo la gola contro la punta della mia arma ancora alzata.
Una goccia di sangue sporcò la lama del fioretto, rigando il suo collo fino a raggiungere il pavimento. Fissai intensamente quella piccola goccia di sangue, il suo colore scarlatto sembrava sporcato di fuliggine.
- Ogni cosa che tocchi Victoria, va in pezzi-
Proseguì lo stregone, divertito. In quel momento le bende sul mio busto si sciolsero sotto il calore del sangue, cadendo lentamente a terra.
- O meglio, si brucia-
Si corresse il ragazzo, con un sorrisetto beffardo rivolto al mio seno scoperto. Abbassai lo sguardo, notando che il petto e la terribile ferita sul cuore erano esposti agli sguardi della ciurma. Istintivamente tentai di chiudere la camicetta, perdendo di vista Hunter. Non appena agganciai il primo bottone sul seno, mi sentì afferrare e scaraventare a terra. Sbattei la testa, gettando un grido per il forte dolore alla ferita. Persi la spada di mano ma per un attimo non me ne preoccupai. Tentai di tamponare la lacerazione, non riuscendoci. In pochi istanti mi trovai al suolo immersa in una pozza del mio stesso sangue. Digrignai i denti furibonda, cercando lo stregone con lo sguardo. Lo trovai innanzi a me, con la mia spada fra le mani.
- Vorrei dire che mi dispiace ma non sarebbe vero-
Pronunciò Hunter, avventandosi su di me armato. Non ebbi il tempo di pensare, agii d’istinto, utilizzando le armi di cui il mio corpo disponeva naturalmente. Raccolsi nella mano una manciata di sangue che stavo perdendo dal petto e la gettai addosso allo stregone.
- Neanche a me-
Pronunciai ansimando mentre il ragazzo gridava dal dolore che le gocce di sangue bollenti gli provocavano. Con esse avevo colpito parte del volto e del collo, costringendolo temporaneamente a bloccarsi. Non persi tempo, lo disarmai e afferrai la gola a mani nude, bruciandolo. Ci battemmo in uno scontro corpo a corpo mentre il vascello tremava, inclinandosi con noi. I barili iniziarono a cadere e a rotolare, la ciurma urlò scappando dalla stiva lasciandoci annegare nella nostra stessa furia. Ci azzuffammo per qualche minuto, fino a che Hunter non prese fra le mani una cassa di bottiglie di vino. La sollevò sopra la sua testa, puntandola su di me. Io rimasi a terra, non trovando il tempo di alzarmi e scansarmi. Mi sentivo terribilmente affaticata, ignoravo quanto sangue avessi perso ma sapevo che non sarei riuscita ad alzarmi così velocemente. Rimasi immobile con gli occhi sbarrati a fissare la figura dello stregone accanirsi su di me, con in mano quella cassa di legno.
Mi avrebbe schiacciata, mi avrebbe uccisa.
Improvvisamente Hunter si bloccò, il sorriso sul suo volto scomparve. Vacillò e la nave venne colta da scosse più forti. Il vascello fece un rumore sordo, iniziando ad inabissarsi mentre lo stregone perdeva di mano la cassa che cadde a terra. Il vino rosso si riversò sulle assi di legno, seguito dal corpo di Hunter che vi crollò in mezzo subito dopo. La Gold stava affondando sotto il suo stesso peso ma io rimasi attonita a terra, ammutolita a fissare la figura dello stregone senza capire cosa fosse successo. Non si muoveva, non respirava.
- Hunter-
Chiamai scattando con incredibile agilità verso di lui. Senza più percepire la stanchezza, raggiunsi con paura il suo volto colto da un terribile pallore. Lo voltai completamente, potendo osservare i suoi occhi nocciola spalancati. Mi mancò il fiato, constatando che fosse veramente morto. Ignorando che la nave stava affondando, iniziai a scrollare il corpo del ragazzo, tentando di riportarlo alla vita.
- Hunter!-
Chiamai nuovamente, non tanto preoccupata che altrimenti sarei morta anch’io, intrappolata nella prigione che la Gold presto sarebbe diventata. Il mio cuore già ferito provò un altro tipo di dolore innanzi al cadavere del mio amico, non potendone accettare la vista.
Intrapresi il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca, invano.
Era morto, era morto veramente e non era stata colpa mia!
Passai allora ad un’altra tattica. Dalla ferita sul collo che gli avevo provocato, stazionava ancora una goccia di sangue. Posi le mie labbra su di essa, su quella strana goccia sporca di tenebre, facendone mia. L’assorbii, percependone tutta l’oscurità contenuta in essa.
Riuscii ad affrontarla, a controllarla senza problemi.
Probabilmente fu l’oscurità contenuta in me a soggiogare quella appena assimilata.
- Cuore batti!-
Urlai, ordinai, disperata. Posi le mie mani sul suo petto, ripentendo l’ordine, ripetendolo fino a che la gola non iniziò a farmi male. Ero debole, troppo per mantenere attivo il controllo del sangue ma non mi persi d’animo. Il vascello si stava inabissando velocemente, inclinandosi e raccogliendo acqua ma io non desideravo scappare. Lo avrei salvato, non avrei spezzato, bruciato, anche lui.
- Batti maledizione!-
Gridai con maggior convinzione, riempiendo quelle parole con tutto il dolore con provavo. Non riuscivo a visualizzare la sua vita, non riuscivo a concentrarmi.
- Respira!-
Improvvisamente divenni gelida, non so se per il terrore o per la debolezza.
Continuai a tentare, assestando un ulteriore colpo al petto. Con gli occhi pieni di lacrime quasi non mi accorsi del sussulto che ebbe il corpo dello stregone. Ne udii il rumore, che fece il suo respiro soffocato riportato alla vita. Cercò di riprendere aria, quella che gli era mancata per quasi tre minuti. I suoi occhi sbatterono e mi fissarono, il suo cuore riprese a pompare sangue.
Terrorizzato cercò la mia mano, stringendola forte. Avvolsi il corpo del ragazzo fra le mie braccia, stringendolo con tutta la forza che avevo. Scoppiai a piangere, questa volta per un motivo diverso.
- Hunter-
Continuai a chiamare il suo nome, con sollievo.
- Cosa è successo?-
Domandò il ragazzo mentre la nave iniziava leggermente a stabilizzarsi. Gli baciai la fronte, fissando i suoi occhi, finalmente privi di ogni oscurità. Lo aveva abbandonato, le tenebre se ne erano andate nel momento in cui erano riuscite a strappargli la vita.
- Sei vivo!-
Spiegai, continuando a stringerlo.
- Ero morto?-
Domandò con il fiatone, senza smettere di lasciare la mia mano. Più di trecento anni ed era così fifone.
- Sì ma ora è tutto apposto-
Dichiarai, asciugandomi le lacrime. Il vascello smentì le mie parole, continuando ad inclinarsi e ad affondare.
- Perché non funziona?-
Domandai.
- Perché ho perso la connessione con la Gold. Non…non riesco a ristabilirla-
Spiegò, pallido in volto, terrorizzato ed ansimante. Gli sorrisi, ricordandogli che era un incantesimo che solamente uno stregone o una strega poteva tenere attivo.
- Passalo a me, te lo tengo io in piedi questo guscio di noce-
Hunter mi fissò dubbioso, in quel momento sulla porta fece la sua comparsa il comandante. Si appoggiò allo stipite ansimante, in preda anch’egli agli sbalzi della nave. Aveva corso per raggiungerci il più in fretta possibile ma, come avevo previsto, ormai era tutto finito.
L’oscurità che aveva contagiato Hunter, se ne era andata per sempre.
Conoscevo quella maledizione, il suo scopo era avvelenare la vittima fino ad ucciderla. Aveva annullato tutto ciò che restava della vera natura di Hunter, costringendolo a compiere un gesto che il suo stesso corpo avrebbe ripudiato. Quando lo stregone era stato vicino ad uccidere un amico, il cuore si era fermato come ultima difesa da parte dell’anima. Faceva parte delle magie vendicative che avevo studiato, qualcuno l’aveva scagliata contro di lui.
Tornai ad abbassare lo sguardo verso gli occhi marroni del ragazzo, mostrandogli le nostre mani unite.
- Ce la posso fare. Passami l’incantesimo-
Hunter non ebbe il tempo per replicare o pensare ad altro, il vascello si stava inabissando, l’acqua ci stava raggiungendo e riempiva la stiva. Mi passò il sortilegio che lo aveva collegato alla nave per più di tre secoli, quello che non gli aveva mai permesso di perdere coscienza una volta, neanche per dormire. Le nostre mani si illuminarono al passaggio di quella magia. Iniziai a sentire il peso della nave poggiare sulle mie spalle, progressivamente. Percepii la Gold Sea in tutta la sua interezza, conoscevo ogni angolo della nave, ogni stanza, ogni cosa o persona vi poggiasse sopra. Vedevo tutto, sentivo tutto, io tenevo quella maledetta carretta a galla. La nave tornò in superficie, quasi con un balzo, stabilizzandosi del tutto e salvandoci dall’annegamento. L’acqua iniziò a ritirarsi, a ricoprire l’area della stiva proporzionalmente. Alla fine poggiavamo solamente su tre centimetri d’acqua salata. Finalmente libero dal peso del vascello, Hunter si addormentò, crollando fra le mie braccia. Anche io a mia volta crollai, ma schiacciata dalla gravità. Mi ritrovai pressata a terra, impossibilitata nel muovermi, nel respirare. Il Capitano ci raggiunse, urlando i nostri nomi. Indeciso su chi dovesse soccorrere prima, pose una mano sul corpo di Hunter e una sul mio petto. Fissò la mia ferita riaperta, sgomento. Provò a chiedermi per quale motivo mi fossi alzata, cosa mi fosse saltato in mente, perché avessimo iniziato a lottare ma alla fine una domanda più importante gli sorse spontanea.
- Perché non stiamo affondando?-
Fissò lo stregone privo di coscienza, steso a terra imprigionato in un sonno ristoratore. Io roteai gli occhi, domandandomi quanto ci avrebbe messo a capirlo. Non riuscivo a muovermi e mi sembrava ovvio che non fosse per la mancanza di sangue, non ero così fragile.
- Sono io-
Tentai di pronunciare, a fatica. Era come se dieci elefanti stessero riposando adagiati sul mio petto.
- Sto tenendo io a galla la tua nave d’oro -
Spiegai, odiando incredibilmente i gusti del vampiro in fatto di navi.
- La prossima prendila di legno magari, oppure sorreggitela da solo-
Continuai, nervosamente. Hyner si protese verso di me, concedendomi tutta la sua attenzione. Mi fissò negli occhi, non riuscendo a parlare. Rimase semplicemente a fissarmi, sbigottito. Lo fissai a mia volta, dispiaciuta di avergli risposto così acidamente. Il peso della nave e la ferita aperta sul petto mi provocavano un gran dolore che mi rendeva nervosa.
- Andiamo in infermeria-
Disse solamente, toccando la lacerazione che avevo sul petto con le mani guantate. Tentò di tenere a bada il sangue, di impedirgli di fuoriuscire, senza però molto successo.
- Non riesco a muovermi-
Svelai.
- Il peso della nave…mi sta schiacciando…-
Istintivamente il vampiro si volse verso Hunter per svegliarlo.
- No-
Urlai, riuscendo a fermarlo in tempo.
- Lascialo dormire. Sono secoli che non dorme. Io ce la faccio, devi solo portarmi in braccio-
- Va bene ma tu devi dirmi cosa è successo-
Annuii e il Capitano mi sollevò dalla pozzanghera sporca di sangue su cui ero stesa. Credevo che avrebbe fatto più fatica, che con il mio peso avrebbe quasi dovuto alzare anche quello del vascello. Invece mi tirò su facilmente, come se fossi stata un fuscello. Capii che il peso della Gold gravava solamente su di me, irrigidendomi e rendendomi incapace di muovere anche solo un dito. Hyner mi tenne vicina al suo petto con l’ausilio di un solo braccio, mentre con l’altro afferrava Hunter per caricarselo sulle spalle. Fissai la sua figura addormentata uscendo dalla stiva. Non capivo come quel ragazzo si dimostrasse tanto agile con un peso del genere su di sé. Lo aveva sopportato per tanti anni, in silenzio. 

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Capitolo 10
*** Il peso della nave ***


- Adesso dimmi cosa è successo-
Pretese il vampiro, affidandomi alle cure dello stesso dottore che la prima volta quasi mi uccise per ipotermia.
- Deve essere proprio lui a farlo?-
Domandai mentre l’uomo di mezza età prendeva del filo di sutura e un ago.
- Ho sbagliato una volta-
Precisò il dottore.
- E solamente perché non ho mai visto niente come voi prima d’ora-
Il Capitano sorrise, avvicinandosi al mio letto. Avevo chiesto di essere portata nella mia camera, in modo da non dover rivedere Lucyndra tanto presto.
- Il dottor Kev ha la mia più completa fiducia. E’ lui che ti ha curata pochi giorni fa-
Spiegò poggiando una mano sulla spalla dell’amico e puntando l’altra in direzione della ferita, nuovamente lacerata.
- Questo spiega perché i punti siano saltati tanto facilmente-
Dichiarai acidamente, schiacciata sul fondo del letto, resa immobile da quel peso che mi rendeva difficile anche solo respirare.
- Non sono fatti per camminarci sopra-
Si giustificò il medico, offeso.
- Se voi non avreste preteso di alzarvi, o meglio, se voi non aveste intrapreso una baruffa…-
- Non ho tempo per rimanere a letto-
Interruppi.
- Ho bisogno di alzarmi e che i punti reggano-
Gli occhi neri di Hyner sorrisero, accennando col capo alla mia condizione di immobilità a letto per colpa dell’incantesimo.
- Appena Hunter si sarà ripreso-
Puntualizzai.
- Io mi devo alzare e devo poter impugnare la spada-
- Perché?-
Domandò curioso il comandante, sedendosi di fianco a me. Mi prese la mano, stringendola attraverso i guanti. Accarezzò l’anello che portavo al dito, ignorando il suo potere e i suoi effetti su di me. Non lo avevo più tolto, da quando ero stata ferita. Fissò i miei occhi d’oro, cercando di distogliere lo sguardo sulla terribile ferita che lacerava il petto. Come lui, io non potevo fissarla. Era una cicatrice che non volevo portare con me, nemmeno nei miei ricordi. Appena ne fossi stata in grado l’avrei fatta sparire.
- Cosa devi fare di tanto importante?-
Continuò a chiedere, alle sue spalle il medico si era messo alla ricerca di un filo di sutura più resistente.
- Niente-
Mormorai, mentendo spudoratamente. L’uomo lo capì, eppure non provò a strapparmi la verità.
- Vuoi dirmi almeno cosa è successo?-
Sospirai profondamente, se pur con difficoltà. Non avevo scampo, non potevo muovermi, nemmeno girare il capo nella direzione opposta. Ero preda dei suoi occhi, delle sue mani. Dovevo parlare.
- Devo anestetizzarla-
Eruppe il medico, avvicinandosi allo squarcio sul cuore.
- No-
Affermai, nonostante l’anestetico sarebbe stata una buona scusa per evadere le domande del vampiro.
- Non potrei tenere a galla la sua bagnarola-
Spiegai, incrociando gli occhi del Capitano.
- Dobbiamo farlo senza anestetico-
- Capisco appieno ma permettetemi di dissentire-
- No-
Dissi, troncando il discorso del medico.
- Lo faccia senza anestetico. Non è la prima ferita grave che subisco e non creda che le volte scorse qualcuno sia stato tanto gentile da offrirmi delle droghe-
Raccontai, furiosamente ripensando al mio passato. La piuma di mia madre non sempre era stata in grado di proteggermi, certamente non dagli angeli né da mia sorella. A quel pensiero divenni gelida, perdendomi per un attimo nei ricordi. Mi sentì lontana dalla camera sulla Gold, lontana dal presente. Elehandro mi scosse leggermente, richiamandomi a sé.
- Va bene, lo faremo senza-
Ringraziai, prendendo a raccontare mentre il medico chiudeva la ferita.
- Hunter era malato-
Iniziai, socchiudendo gli occhi quando l’ago penetrò la pelle. Hyner mi strinse la mano, domandando se volessi fermarmi. Scossi il capo, prendendo fiato.
- Hunter era malato-
Ripresi, tentando di ignorare il dolore
- E lo era fin da quando sono salita a bordo. La malattia è cresciuta dentro di lui, distruggendolo. Lo ha consumato fino ad ucciderlo. Chiunque lo abbia maledetto puntava a farlo fuori, lentamente e dolorosamente-
- Chi è stato?-
Chiese il comandante, stringendomi la mano furibondo. Dovetti sforzarmi per dire che non ne avevo idea, anche se in realtà i miei sospetti ce li avevo.
- Ma perché vi siete affrontati?-
- Ero piuttosto nervosa in quel momento-
Spiegai.
- E’ stato Hunter ad incantare la spada. Lui ha tentato di farmi fuori-
Raccontai, mordendomi le labbra per il dolore dei punti di sutura. Il Capitano scattò in piedi, lasciando il mio capezzale e iniziando a girovagare agitato per la stanza.
- E perché mai lo avrebbe fatto?-
- Era in preda all’oscurità-
Esplicai, iniziando a sudare freddo. Il dottore mi passò una pezza sulla fronte, domandando se necessitavo di una pausa. Lo supplicai di proseguire e di finire in fretta, cercando con lo sguardo la figura agitata del vampiro che percorreva la camera da un capo all’altro.
- Probabilmente gli sembrava la cosa più giusta da fare-
Continuai, stringendo i denti.
- Per quale motivo?-
Mi venne da sorridere, nonostante il momento.
- Deve essere colpa mia-
Sbottai.
- La gente tende sempre a cercare di uccidermi. Sembra che io sia nata con un bersaglio marchiato sul petto-
Calò per un attimo il silenzio.
- Se ne è andata?-
Domandò il Capitano, facendomi rinsavire.
- L’oscurità. Se ne è andata da Hunter?-
Annuì.
- Era un incantesimo oscuro che conosco bene-
Hyner si bloccò nel mezzo della stanza, fissandomi.
- L’ho studiato-
Spiegai.
- Avvelena il malcapitato, conduce l’anima a rivoltarsi contro la sua stessa natura. Più la vittima è buona, più diventa malvagia. Il maledetto muore quando sta per compiere qualcosa che la sua anima considera abominevole. Allora il cuore si ferma, quasi come un meccanismo di difesa. Adesso l’incantesimo si è rotto e le tenebre non torneranno-
- Come fai a sapere tutte queste cose?-
- Adoro studiare la magia nera-
Ripetei.
- Ed ho riconosciuto l’incantesimo non appena…-
Mi fermai, rendendomi conto di aver raggiunto un discorso che non avrei voluto intraprendere con lui.
- Non appena?-
Con lo sguardo accennai alla presenza del dottore e il vampiro con una scusa lo fece allontanare temporaneamente da me. Si sedette sul letto come in precedenza, ascoltando attentamente le mie parole. Osservai la figura del medico che gettava le garze sporche di sangue e riprendeva a sterilizzare l’ago.
- Non appena l’ho ferito e ho visto il suo sangue, ho capito che l’oscurità che celavano i suoi occhi era contenuta anche nel sangue. Ne ho avuta la certezza quando l’ho assaggiato, ne ho riconosciuto il sapore. Quella era oscurità pura-
- Tu…-
Eruppe il comandante ad alta voce, voltandosi verso il dottore che si era allarmato. Gli sorrise, rassicurandolo e dicendo che la paziente aveva bisogno di ancora qualche minuto per riprendersi dal dolore.
- Tu sei una specie di vampiro?-
- Cosa? No!-
- E allora perché “assaggi” il sangue delle persone?-
- Secondo te come ho fatto a riportare in vita Hunter? Era morto! M-O-R-T-O-
Lo sforzo mi provocò una fitta la petto e due punti saltarono. Non riuscì a controllare il dolore e mi ritrovai ad urlare mentre il medico accorreva con le garze e il filo di sutura.
- Maledizione!-
Urlai stringendo forte la mano di Elehandro, desiderando che quello strazio assurdo passasse in fretta. Grazie al mio solito tempismo mi ritrovavo a tenere a galla una nave d’oro proprio quando necessitavo della morfina. Perfetto.
- Cerca di non sforzarti-
Consigliò il comandante, facendomi innervosire maggiormente.
- Io non mi sto sforzando-
Spiegai, con calma.
- Sto solo cercando di farti capire come io resuscito i morti-
Urlai, perdendo decisamente la calma alla fine della frase. Chiusi gli occhi, preda della sofferenza e del sudore freddo che mi stava congelando. Hyner si tolse un guanto, constatando che il mio corpo aveva smesso di emanare quello strano calore.
- Dobbiamo riscaldarla-
Prese delle coperte, accese il camino in piena estate, incitando il medico a chiudere in fretta quella maledetta ferita.
- Farei più in fretta se non facesse saltare continuamente i punti-
Puntualizzò l’uomo, ringraziando il cielo che l’incantesimo della nave non mi permettesse di muovermi più di tanto.
- Davvero puoi resuscitare i morti?-
Domandò il vampiro quando mi calmai leggermente, circondata dalle coperte e dal calore del fuoco a pochi metri dal letto.
- No-
Risposi sospirando.
- Posso impedire a qualcuno di morire, se sono al pieno delle mie forze. E’ un incantesimo molto complicato-
- Ma hai resuscitato Hunter-
- Solamente durante i primi minuti in cui il cuore ha smesso di battere. L’organismo deve essere in vita per rispondermi. Infatti non sapevo se ci sarei riuscita, a lungo il corpo di Hunter si è rifiutato di obbedirmi. Colpa forse anche del fatto che avevo perso sangue-
- Per questo hai lasciato che io ti ferissi? Sapevi di poter tornare in vita, in questo modo?-
- Te l’ho detto, non sapevo di poterci riuscire davvero-
Il comandante mi sorrise, accarezzandomi il volto.
- Sei una creatura davvero unica-
Ricambiai il suo sorriso, in quel momento il dottore terminò la sutura, allontanandosi molto volentieri dalla mia unicità. Roteai gli occhi, tornando a fissare quelli del vampiro.
- Già, per questo motivo tutti vogliono la mia testa appesa al muro. Una bella soddisfazione, non credi?-
Hyner rise, baciandomi.
- Dovranno prima uccidermi-
Mi baciò ancora, afferrandomi le braccia. La sua mano scivolò lungo il mio polso, quello su cui portavo il polsino. Per la prima volta, il Capitano lo notò.
- Questo cos’è?-
- Niente-
Gridai, cercando di ritrarre la mano, di portarmi a sedere, di scattare lontano da lui. Tentai di fare qualsiasi cosa gli avesse impedito di sbirciare sotto di esso, purtroppo ero immobile e lui lo tolse.
- Cosa…-
- E’ un tatuaggio-
Sbottai, mentre il cuore iniziava a battere veloce, così veloce che temevo mi avrebbe provocato un infarto.
- Non sembra un tatuaggio, piuttosto è marchiato a fuoco sulla pelle-
- Stupido non è vero?-
Continuai, accennando un sorriso.
- Errori che si fanno per ripicca contro i genitori. Tornassi indietro non lo rifarei-
- Credo di aver già visto questo simbolo-
- Certo, sono appassionata di occulto-
Spiegai, ridendo nervosamente.
- L’ho visto su un libro di magia nera e l’ho copiato. Nemmeno io ricordo cosa significhi-
- Già…-
Mormorò il vampiro ricoprendo il marchio con il polsino.
- Doveva essere qualcosa di molto antico, qualcosa di cui si è persa la memoria-
- Quelle sono le mie preferite. Antiche leggende. Wow-
Continuai a parlare, istericamente. L’uomo mi fissò, domandando se avessi bisogno di restare un po’ sola. Colsi la palla al balzo, confermando che effettivamente ero molto stanca. Il comandante se ne andò, seguito dal medico. Rimasi immobilizzata nel letto, col cuore che non si decideva a calmarsi. C’era mancato poco.


 Dovetti aspettare che Hunter si svegliasse, che si riprendesse del tutto dalla maledizione. Rimasi in quel letto per giorni, dando certamente soddisfazione al medico. La ferita tornò a rimarginarsi ma io fui preda della mia mente e dei miei pensieri per tutto il tempo. Senza la compagnia di Barbas, Thos e del Capitano sarei impazzita. Senza poter mai dormire, fui costretta nella mia stanza senza essere in grado di uscire. Credevo che col tempo il peso della nave si sarebbe attenuato e invece mi scoprivo più debole di quanto non avessi voluto. Con grande forza di volontà trovai la forza solamente per pormi a sedere sul materasso, mangiare da sola e, se pur impiegando molto tempo, arrivare fino al bagno e tornare nel letto. Certamente non potevo correre a cercare Lucyndra per prendere a calci quel suo sedere perfetto.
Quando la mia porta si spalancò ed Hunter entrò come un tornado in camera saltando sul letto, la mia anima cantò dalla gioia.
- Hunter!-
Urlai, incredibilmente felice non tanto che stesse bene, quanto che mi avrebbe liberata da quella maledizione.
Il ragazzo fece un paio di giri per la stanza, mettendo a soqquadro ogni sedia o poltrona. Ci saltò sopra, scaraventandole a terra per poi saltare sulla prossima. Saltava dal materasso alle poltrone senza sosta, urlando anch’esso e salutandomi.
- Mi sento così leggero!-
Continuava a ripetere.
- Erano trecento anni che non mi sentivo così!-
Il mio sorriso svanì, sentendomi incredibilmente in colpa ed egoista.
- Mi sembra di poter volare!-
Continuò. Il Capitano comparve sulla soglia, divertito da quello spettacolo.
- Pensavo che ci fosse un’incursione di barbari-
Esordì a braccia incrociate, attirando l’attenzione del ragazzo.
- Invece sei solo tu-
- Capitano!-
Urlò lo stregone, bloccandosi in piedi sul mio letto e sollevando le braccia verso l’alto. Scattò verso il vampiro, raggiungendolo in un balzo e abbracciandolo, come se non lo vedesse da un secolo.
- Sono felice di vedere che ti senti meglio-
Disse il comandante, scompigliando i capelli del ragazzino e cercando di liberarsi dalla sua stretta. Hunter si aggrappò alla schiena del Capitano, bloccandolo e non dando il minimo segno di volerlo liberare. Risi guardandoli, felice di vedere finalmente Hunter se stesso.
- Colpitemi!-
Invitò improvvisamente.
- Avanti, provate a colpirmi!-
Continuò Hunter, scendendo dalla schiena del vampiro e mettendosi in posizione di guardia con i pugni alzati.
- Provate a mettermi al tappeto! La nave non affonda più-
Elehandro si cimentò nello scontro corpo a corpo, facendo riprovare al ragazzo la gioia del gioco. Per la prima volta non doveva preoccuparsi del destino di nessuno.
I due finirono a terra ansimanti, chiedendo una tregua. Io continuai a ridere, portandomi a sedere sul letto a fatica per continuare a scorgere la figura dei due.
- Perché non ti unisci a noi?-
Domandò Hunter, ingenuamente. Io non riuscì a rispondere, fissando quel suo sorriso così felice.
- Non può muoversi-
Spiegò il Capitano, facendo perdere al volto del ragazzo la gioia.
- L’incantesimo della Gold la sta schiacciando-
- No. Non è possibile-
Bofonchiò lo stregone, alzandosi e fissandomi con gli occhi spalancati.
- Non è così che funziona. Lei dovrebbe potersi muovere. Certo, il peso della nave ti assale all’inizio e ti senti compresso, più pesante…come se la gravità di portasse a terra ma è solo una sensazione!-
Continuò a spiegare il ragazzo, agitatamente.
- E’ un incantesimo studiato per le streghe e gli stregoni! Permette all’incantatore di condurre una vita assolutamente normale non…questo-
Sbottò, riferendosi alla mia condizione.
- E allora perché lei non si può muovere?-
Improvvisamente capì il motivo. Divenni rossa in volta, non sapendo affatto come spiegarlo.
- Io…non sono proprio una strega…-
I due si bloccarono, mi fissarono per qualche istante, entrambi a bocca aperta.
Contemporaneamente provarono a parlare ma le parole li morirono in bocca.
- Non appieno comunque…non sono propriamente una strega-
- Sei forse impazzita?-
Pronunciò Hunter, per primo.
- L’incantesimo può ucciderti. Passamelo immediatamente-
Ordinò, porgendomi la sua mano.
- No!-
Urlai, facendolo arretrare dalla sorpresa. Fissai gli occhi del Capitano, poi di nuovo quelli di Hunter. Cercai di calmarmi, di spiegare.
- Barbas ieri mi ha detto che siamo approdati-
Lo stregone fissò il comandante, che confermò annuendo leggermente.
- Una volta mi hai confidato che non ricordi la sensazione di camminare sulla terraferma-
Ripresi, rivolta verso Hunter.
- Voglio che scendi, che tu te la ricorda, poi ti passerò l’incantesimo-
- Puoi morire da un momento all’altro-
Replicò lo stregone, seriamente. Continuò a porgermi la mano, senza desistere.
- Allora faresti meglio a sbrigarti-
Sbottai, altrettanto seriamente.
- Stai perdendo tempo-
Il ragazzo abbassò la mano sgomento, cercando gli occhi del vampiro. Hyner lo fissò con lo stesso turbamento, dopo qualche istante sospirò, consigliando all’amico di scendere in fretta dalla nave.
Hunter mi fissò per un’ultima volta, prima di scattare fuori dalla porta. Mi parve di scorgere un sorriso sul suo volto, un attimo prima che svanisse dalla mia vista.
- Perché lo fai?-
Domandò il Capitano, avvicinandosi al mio letto, preoccupato.
- Perché è rimasto prigioniero di questa nave per tre secoli. Nessuno se lo meriterebbe, certamente non lui-
- Ha scelto volontariamente di farlo-
- Ed io, volontariamente, scelgo di dargli un periodo di vacanze-
Replicai, con tono deciso.
- Rischiando la tua stessa vita-
- Oh non morirò per così poco-
Assicurai, tentando di mantenere la posizione da seduta sul letto.
- Non darò questa soddisfazione-
Ripetei, per l’ennesima volta. Pensando a chiunque, dalla mia nascita, avesse desiderato la mia morte.
- Sai Victoria, non sembri la donna del volantino-
- Quale volantino?-
- Quello che mi capitò fra le mani nel Regno delle Fate-
- Ah. Quel volantino-
Ricordai, malvolentieri. Avevo ucciso centinaia di fate, rapito la loro Regina per carpirne i poteri. Tutto perché volevo vendicarmi del Concilio, perché Isaac voleva la mia testa e non sapevo come impedirlo, perché avevo rotto ogni patto con Abrahel e anche lui voleva la mia testa. Perché Nolan non voleva aiutarmi. Avrei desiderato perdere quella parte della mia vita, lasciarla sulla terraferma mentre io solcavo i mari libera da essa.
 - Non sembri affatto una terribile assassina-
- Potrei sorprenderti-
Dichiarai, con un velo di tristezza. Per sbaglio avevo evocato dei ricordi che desideravo seppellire. Tornai a provare quella strana fitta allo stomaco che mi attanagliava ogni volta che pensavo a lui, o al casino in cui mi aveva trascinato.
- Eppure non lo sembri affatto. Da quando sei salita a bordo, non hai fatto altro che salvare ognuno di noi. In un modo o nell’altro-
Affermò accarezzandomi la guancia.
- Non riconosco in te la spietatezza descritta dalle fate-
- Mettimi una fata davanti, poi ne riparliamo-
Risposi, baciandolo.
- Una doppia personalità dunque-
Concluse il vampiro, fissandomi negli occhi d’oro.
- No, solamente una. Solo che ogni tanto faccio la cattiva-
 
Elehandro dovette scendere a terra con la ciurma, a contrattare nuove provviste e armi con i fornitori. Rimasi in camera, bloccata a letto per l’ultima notte. Avrei desiderato leggere il mio libro sulla magia nera, se solo fossi stata capace di reggerlo e sfogliare le pagine. Rimasi semplicemente sdraiata a fissare il soffitto, come per tutto il tempo in cui avevo atteso che Hunter si svegliasse.
La mia parte di angelo non stava sopportando l’incantesimo, uccidendomi. Che sfortuna. Avrei voluto aiutare lo stregone ancora di più se solo avessi potuto, si meritava altro che una piccola vacanza. Stavo pensando ad una soluzione, quando la porta si aprì e un’ombra entrò nelle tenebre della mia camera. L’incantesimo mi impediva di addormentarmi, non sentivo la stanchezza, quindi ero certa di non stare sognando. Un’ombra si aggiunse a quelle già presenti della mia stanza poco illuminata. Prima che potessi capire cosa stesse succedendo, mi ritrovai un pugnale alla gola e due occhi viola davanti al volto.
- Lucyndra-
Pronunciai con poco fiato, non sopportando anche il suo peso sul mio corpo, aggiunto a quello della nave.
- Mi chiedevo quando saresti venuta…-
Pronunciai, con la lama della donna sotto il mento.
- …a finire quello che hai iniziato-
- Non è stato facile raggiungerti-
Sibilò la vampira, con lo sguardo colmo di gioia per aver finalmente raggiunto il proprio obiettivo.
- Mio fratello non lasciava mai la tua stanza incustodita-
Strinsi i pugni, essendo capace di fare almeno quello. Da quando avevo confessato che era stato Hunter ad incantare il fioretto, il Capitano aveva decisamente abbassato la guardia. In fondo erano le mie ultime ore bloccata a letto, le tenebre di Hunter erano sparite. Cosa sarebbe potuto andare storto?
- Avrei dovuto ucciderti la prima volta che ti ho vista-
Affermò la donna, premendo il pugnale contro la gola, ferendomi.
- Non mi sono mai sbagliata tanto sul conto di una persona-
Risi istintivamente. Era una vita che le persone si sbagliavano su di me.
- Ti credevo un’idiota-
- Ok, questa è nuova-
Bofonchiai, sotto il peso del comandante in seconda.
- Invece ti sei dimostrata scaltra-
Sbottò, mostrando le zanne.
- Hai incantato mio fratello, accecandolo-
Cercai di liberarmi dal suo peso. Il mio calore attraverso le vesti non era sufficiente a scacciarla, solamente la lama del pugnale diventava incandescente al tocco del mio sangue.
- A proposito di incantare le persone…-
Mormorai, tentando di muovere un braccio o qualsiasi cosa per difendermi. Fu tutto inutile, ero paralizzata, preda di Lucyndra.
- Cosa hai fatto ad Hunter?-
- Tu cosa hai fatto ad Hunter?!-
Rigirò la domanda la vampira.
- Doveva morire-
Dichiarò a denti stretti, premendo maggiormente la lama alla mia gola. Mi domandai cosa se ne facesse un vampiro di un pugnale. Possedeva già le zanne.
- Come diavolo hai fatto a salvarlo?-
- Sai che se lui muore anneghiamo tutti, vero?-
- I vampiri non annegano-
Svelò atrocemente, agghiacciandomi. Spalancai gli occhi, sprofondando nei suoi così crudeli e carichi d’odio.
- Tu vuoi uccidere tutti-
Constatai, impietrita.
- Perché?-
- Perché no?-
Domandò candidamente la donna, sorridendo con perfidia.
- Non fanno altro che tenere mio fratello lontano da me-
Spiegò, sinceramente.
- Tu sei pazza-
Sbottai, innanzi ai suoi capelli ricci e biondi. Sciolti, mi cadevano lungo il viso, pizzicandomi il volto.
- Questa nave, è una pazzia-
Replicò la vampira, avvicinando il suo volto al mio. Incise ancora la gola, facendomi mugolare.
Il sangue prese a scorrere lungo la gola, raggiungendo le coperte.
- Una nave d’oro, che lui ama più di me. Questa è una pazzia. Dovrei esserci io al centro dei suoi pensieri, non questa-
Affermò facendo cenno alla stanza che ci circondava, all’intero vascello che io stavo mantenendo a galla.
- E adesso, ucciderò te e affonderò la nave-
Le afferrai un ciuffo di capelli coi denti, tirandolo forte fino a farla urlare e perdere la presa sul mio collo. L’istinto di sopravvivenza riuscì a farmi muovere, a sferrarle un calcio nel ventre e scaraventarla giù dal letto. Tentai di raggiungere il fioretto ma non ci riuscì, rimasi semplicemente in ginocchio sul materasso, a fissare la sua figura bionda che si rialzava nel buio. I suoi occhi viola mi fulminarono nell’oscurità, mentre gettava il coltello e prendeva la frusta. Squadrandola, mi posi una mano sul collo, percependo il sangue che colava. Se voleva il mio sangue, non avrebbe dovuto fare altro che prenderselo.
- Perché hai maledetto Hunter?-
Domandai, perdendo tempo, attendo che la donna si decidesse a mordermi e abbandonare le armi.
- Perché non ucciderlo e basta?-
Chiesi, accennando appunto al pugnale.
- Troppo semplice-
Spiegò la vampira, avvicinandosi al letto con la frustra fra le mani.
- Doveva soffrire. Soffrire veramente. E correrò ad ucciderlo, nel caso dovesse salvarsi dall’affondamento-
Continuò dicendo, visto che in quel momento il ragazzo si trovava sulla terra ferma.
- Lui è il prossimo. Subito dopo di te-
- Perché? Perché lo odi così tanto?!-
- Perché è colpevole. Ovvio. Anche lui, è amato da Elehandro più di me-
- Tu sei pazza davvero-
Conclusi, fissandola con rabbia.
- Ma non credo che alla fine mi ucciderai-
Il comandante in seconda sobbalzò, sgranando gli occhi e chiedendo perché mai lo dicessi.
- Perché sei una codarda. Prendi tempo e non arrivi mai al dunque. Hai impiegato trecento anni per uccidere Hunter e non ci sei riuscita. Adesso stai impiegando giorni per uccidere me, che sono allo stremo delle forze. Sarebbe facilissimo uccidermi adesso, con un solo morso. E invece sei ancora lì a parlare-
La donna mostrò le zampe, lasciando cadere le armi a terra e avventandosi su di me. Attesi, chiudendo gli occhi, aspettando che il demone assaggiasse il mio sangue bollente, quando si aprì la porta.
- Cosa sta succedendo qui?-
Chiese Barbas, comparendo sulla soglia. Lucyndra si bloccò, congelandosi. Ritirò le affilate zanne, tornando composta innanzi alla vista del vecchio demone.
- Niente Barbas, vai pure-
Invitai stringendo i pugni. Non poteva avere un tempismo peggiore.
- Già Barbas…torna pure al tuo lavoro-
Confermò Lucyndra, scendendo dal letto su cui era già balzata per attaccarmi.
- Non sembra niente. Victoria, sei ferita?-
 Mi coprì il collo con una mano, tentando di nascondere il sangue.
- No-
Mentì. Barbas, con in mano una fiaschetta di liquore, accese le luci della camera, svelando ogni segreto. Un pugnale sporco di sangue a terra, la frusta di Lucyndra adagiata sul pavimento, i cuscini macchiati di sangue, io sul letto con le fasce della precedente ferita e già una nuova sulla gola, il comandante in seconda che stava evidentemente per saltarmi addosso.
- Ho bevuto troppo, o quello è sangue?-
- Hai bevuto troppo-
Dichiarò la donna dai capelli biondi.
- E sai che è proibito in servizio. Vattene se non vuoi che ti punisca-
- Non posso farlo-
Contrariò l’anziano demone, serio come poche volte lo avevo visto.
- Ho sentito la nave oscillare pericolosamente. State dando troppo stress alla strega, comandante-
Spiegò l’uomo, chinandosi a terra per raccogliere la frusta di Lucyndra.
- Dovreste andarvene, se non volete farci affondare-
La porse alla vampira che, mentre se ne riappropriava, svelò un sorrisetto maligno per un qualche istante.
- Certo che no, Barbas-
Rispose.
- Anche io, come te, ero semplicemente venuta a vedere come stava oggi la strega-
- Beh, perde sangue-
Fece notare il vecchio.
- Perché non avete chiamato il dottore?-
- Stavo appunto andando-
Ci diede le spalle, fulminarmi con i suoi occhi per un’ultima volta prima di andarsene. Essi mi promisero che mi avrebbe uccisa, non appena ci fossimo riviste. Io promisi altrettanto.
- Stai bene?-
Chiese pacatamente il demone, facendomi rinsavire. Prese delle bende e delle garze che il medico aveva lasciato per precauzione nella mia stanza.
- Cosa fai?-
Domandai, rilassandomi finalmente sul materasso mentre l’uomo iniziava a pulire la ferita sul collo.
- Non credo che Lu stia correndo realmente a chiamare il dottore-
Spiegò sorridendo.
- Se non la disinfetto, si infetterà. Ha usato un coltellaccio incredibilmente sporco e arrugginito. Non penso fosse qui solamente per intimorirti-
- Già…-
Sospirai.
- Se non fossi arrivato, a quest’ora…-
- Oh, non c’è di che-
- No!-
Sbottai, allontanando per un momento le sue mani da me.
- Se tu non ti fossi intromesso, lei sarebbe morta!-
Barbas rise, pregando di calmarmi e ricominciando a pulire la ferita con il liquore contenuto nella fiaschetta. Strinsi i denti, chiudendo gli occhi. Bruciava da morire.
- E poi come lo avresti spiegato a suo fratello?-
- Lei mi ha attaccata!-
Sbottai.
- E’ stata lei a maledire Hunter, ha fatto in modo che incantasse la spada e vuole affondare la Gold!-
Iniziai spiegando, agitatamente. Il vecchio tentò di disinfettare il taglio nonostante io scalpitassi dalla rabbia, tamponando il sangue.
- Lo so-
Svelò, sorprendendomi.
- Lo sai?-
Sgranai gli occhi, finalmente fermandomi e dando modo all’uomo di disinfettarmi per bene.
- Sono anni che lo so. Ma questo non è importante. Ciò che ti deve interessare è che il Capitano non lo sa. Per lui Lucyndra ha dei problemi di comportamento ma niente di più. Se vuoi accusare sua sorella di qualcosa di così grave, devi avere delle prove-
- Ma lui…io…-
- No bambolina-
Affermò l’anziano, scuotendo il capo e sorridendomi benevolmente.
- Anche se lui prova qualcosa per te, non riuscirà mai ad aprire gli occhi su sua sorella senza delle prove. Tu ne hai qualcuna?-
Ci pensai attentamente, prima di rispondere sospirando.
- No-
- Ecco-
Concluse il demone, iniziando a bendarmi il collo.
- Se fosse entrato trovando il cadavere di sua sorella a terra, come pensi che avrebbe reagito?-
- Non lo so-
Confessai.
- Saresti pronta a rischiare?-
- Non credo-
Ammisi, tristemente.
- Ma lei…io…-
- Non farti carico di tutti i problemi della Gold-
Eruppe il demone, terminando la fasciatura. Mi toccai il collo, percependo le bende che lo contornavano. Ancora qualche ferita e di questo passo sarei diventata una mummia.
- Sono decenni che Lucyndra si è messa in testa di ucciderci tutti e siamo ancora qui-
- Come avete fatto?-
- Uno ad uno abbiamo sempre sventato i suoi piani. Chi ne aveva l’occasione, chi ne entrava a conoscenza, è riuscito a farla fallire. Ma questa volta ha attaccato Hunter, questo non era mai successo. Noi demoni della ciurma eravamo impreparati, disorientati. Nessuno ha capito cosa stesse realmente successo-
- Ma se lei sa che voi sapete…perché non vi ha ancora ucciso?-
- Ci prendi per stupidi? Abbiamo sventato i suoi piani per le retrovie, senza mai affrontarla direttamente. Chi ci ha provato, non ha trovato altro che la morte-
Raccontò, ponendosi una mano sul cuore in memoria dei compagni scomparsi.
- La vampira ci sottovaluta, pensa che noi babbei le abbiamo sempre messo i bastoni fra le ruote per sbaglio. L’unico di cui sa che per certo conosce le sue intenzioni e che l’ha combattuta di proposito, sono io-
- Però non può ucciderti-
Affermai, finalmente capendo.
- Già, scoprì la mia maledizione quando diede l’ordine ad un altro di eliminarmi. Quel poveretto finì…beh, come tu puoi immaginare-
- Morto stecchito-
- Infatti. Per questo non mi ha attaccato poco fa. Poteva uccidermi sai, per poi tentare di uccidere te. Ma lei è bene informata sulle mie particolarità-
- Non vedo l’ora che scopra le mie-
- Prega che per allora il Capitano abbia scoperto anche la vera natura di sua sorella. Lui adora quella ragazza, altrimenti perché secondo te non ce ne saremmo già sbarazzati?-
Sorrisi, riflettendo che quello era veramente un gran bel problema.
 
Il mattino seguente la nave salpò e Hunter tornò a farsi carico del suo fardello.
- Grazie, grazie, grazie-
Era entrato nella mia camera saltando e urlando, appena tornato dalla sua gita sulla terraferma.
- Non so davvero come ringraziarti!-
Continuò, stringendomi forte ignorando le bende sul petto e non facendo caso neanche a quelle nuove, come ai lenzuoli ancora macchiati di sangue.
- E’ stato bellissimo! Certo all’inizio ho avuto un po’ di mal di terra ma alla fine…-
- Mal di terra?-
- Prova a vivere in mare per secoli senza mai scendere!-
Risi, felice di aver ritrovato un amico. Senza esitare oltre, lo stregone si riprese l’incantesimo che manteneva la nave d’oro a galla. Mi sentì tornare leggera, ritrovai la sensazione di potermi muovere liberamente. La prima cosa che feci fu sbarazzarmi delle lenzuola macchiate di sangue e del pugnale. Stavo per gettarlo fuori dall’oblò, quando mi fermai. Lo fissai attentamente, chiedendomi se un pugnale in camera con una vampira pazza alle calcagna potesse tornarmi utile. Lo pulì con le lenzuola già sporche, riponendolo in un cassetto accanto al letto.
- Cosa stai facendo?-
Domandò Hunter, tardivamente. Gli sorrisi, spingendo con disinvoltura le lenzuola verso il bagno per rimpiattarle.
- Faccio pulizie-
- Vedo-
Borbottò il ragazzo, venendo avanti verso di me.
- E’ sangue quello?-
- Certo che no-
Risposi, chiudendo la porta del bagno.
- Cosa è successo in questa stanza, stanotte?-
- Ho perso la mia verginità?-
- Victoria-
Rimproverò lo stregone incrociando le braccia.
- Va bene-
Ammisi perdendo il sorriso. Innalzai le braccia in segno di resa, sedendomi sul materasso.
- Lucyndra ha cercato di uccidermi-
Spiegai, ponendo una mano sulle bende che portavo al collo. Hunter allora se ne accorse, raggiungendomi sul letto. Si sedette di fianco a me, chiedendosi come avesse fatto a non vederle prima.
- Alla tua età, è normale rimbambire-
Scherzai, spintonandolo leggermente con le spalle. Il ragazzo rispose, spintonandomi a sua volta.
- Non sono rimbambito, ero solamente…eccitato-
Annuì, tranquillizzandolo di non preoccuparsi. Stavo bene, ero viva.
- Cosa è successo esattamente?-
- E’ entrata con un pugnale e ha iniziato a parlare dei suoi piani diabolici per ucciderci tutti. Sai, Lucyndra-
- Già, Lucyndra-
Entrambi sospirammo, immobili seduti sul bordo del letto.
- Tu come stai?-
Domandai, spettinando i capelli allo stregone.
- Bene. Mi sento sveglio, padrone delle mie azioni. Prima non lo ero. Mi sentivo addormentato, come se alle volte qualcun altro prendesse il controllo-
- Era l’oscurità-
Spiegai, allungando un braccio e avvolgendogli la schiena, consolandolo. Posi la testa sulla sua spalla, coccolandolo un po’.
- Lucyndra si era impegnata parecchio per farti fuori. Considerando che odia fare incantesimi-
- Già…questo però le era riuscito bene-
- Hai per caso idea di quando ti abbia maledetto?-
Chiesi, sollevando leggermente lo sguardo verso il suo.
- Ti ha offerto qualcosa da mangiare? Ti ha regalato un oggetto…-
- No, non ricordo assolutamente. E’ tutto confuso, non ricordo neanche l’ultima volta che sono stato lucido. Mi sembra di aver avuto quella cosa dentro di me per un’eternità-
Tornai a rilassarmi sulla sua spalla, continuando ad abbracciandolo.
Probabilmente quello era il mio primo incontro con il vero Hunter.
- E’ l’effetto delle tenebre. Incasinano la mente delle persone. Passerà vedrai, ti sentirai sempre meglio-
- Non ricordo neanche cosa ho fatto e cosa ho solamente pensato di fare-
- Mi hai uccisa-
Aiutai a ricordare. Puntai un dito verso le bende che portavo al busto, verso la terribile lacerazione che avevo sul cuore e che ancora non riuscivo a curare. Constatai che fosse frutto della magia nera che aveva imprigionato l’anima dello stregone. Non potevo fare niente per curarla in fretta.
- Accidenti-
Sbottò il ragazzo ponendosi entrambe le mani sul volto, nascondendosi in esse.
- Come è successo?-
- Incantesimo dell’oggetto assetato di sangue. Hai maledetto un fioretto, che avrebbe dovuto prendersi la vita di Hyner o la mia. Ho scelto la mia-
- Porc…-
Mugolò, senza sgusciare fuori dalla fortezza che aveva creato attorno al viso.
- E come ne sei uscita?-
- Sono brava-
Ammisi facendo spallucce. Hunter uscì dalla sua tana, fissandomi con il volto rosso e scoppiando a ridere. Entrambi ridemmo, continuando ad abbracciarci attraverso le vesti.
- Tu però poi sei morto ed io ho dovuto rianimarti-
- E ci sei riuscita…perché sei brava?-
- Esattamente-
Hunter mi spintonò e riprendemmo a ridere.
- Mi dispiace per le cose che ti ho detto, alcune me le ricordo bene-
- Già…-
Sospirai.
- Ma non eri tu a parlare. Non devi scusarti. A proposito, Hyner ha visto il marchio-
- L’ha visto?!-
Sussultò il ragazzo, sgranando gli occhi.
- E cosa ha detto?-
- Non lo ha riconosciuto, non appieno comunque. Temo però che presto ci possa arrivare-
- Accidenti, come reagirà secondo te?-
- Non lo so…buttandomi fuori bordo?-
- E’ probabile-
- Hunter!-
Urlai spingendolo fino a farlo cadere dal letto. Il ragazzo rise, ordinando di mettermi a riposo per il momento e di non pensarci. Annuì, sbadigliando. Effettivamente terminato l’incantesimo iniziavo a risentire della stanchezza, le ferite poi non aiutavano.
Insieme mettemmo dei nuovi lenzuoli al mio letto ed io corsi a dormire, dandoci appuntamento non appena mi fossi svegliata. Dovevo ricominciare con la scherma o mi sarei arrugginita.
 

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Capitolo 11
*** Il richiamo del marchio ***


Mi svegliai di notte, non sapendo per quanto avessi dormito. Le fasciature sembravano comunque essere state sostituite. Scattai in bagno, scoprendo con orrore che i lenzuoli macchiati di sangue fossero spariti. Sospirai, sperando che non fosse stato il Capitano a togliergli. Riposi l’anello in tasca, prima di uscire in ava scoperta verso la mensa. La mia intenzione era capire che giorno fosse ma quello che trovai fu una massa di gente urlante durante il pranzo. Urlavano il mio nome.
I demoni si alzarono, applaudendo, gridando, chiamandomi. Divenni pallida, mi bloccai sulla porta stringendomi nella camicia di seta che copriva i bendaggi. Li fissai aggiustandomi i capelli sciolti, per nascondere ai loro occhi la ferita al collo. Li avevo fatti tornare rossi, ma di sicuro nessuno lo stava notando. Tutti mi stavano semplicemente acclamando. In quel momento mi venne in mente ciò che mi aveva detto Hunter all’inizio. Renditi indispensabile.
- Sei sopravvissuta-
Si complimentò Thos, dandomi una pacca sulla spalla, fin troppo forte.
- E’ per questo che fanno così?-
Domandai, riprendendo fiato dopo il colpo alla schiena.
- Per questo e anche perché ci hai mantenuti a galla dando un po’ di respiro al nostro vecchio amico-
Spiegò, accompagnandomi lungo lo stretto corridoio creato dai marinai.  
- Poi perché gli hai salvato la vita, lo hai liberato dalla maledizione. Lui ce l’ha detto-
Continuò, sussurrando l’ultima parte.
- Voi sapete che è stata Lu…-
Thos si pose un indice sulle labbra facendomi tacere. Ci sedemmo a mangiare mentre la ciurma, invitata dal grosso demone muscoloso, faceva lo stesso.
- Non tutti lo sanno, solo chi è su questa nave da più tempo. Chi ha potuto conoscere bene il nostro comandante in seconda sa di cosa è capace ma questa è la prima volta che ha colpito Hunter-
Concluse, usando le stesse parole di Barbas.
- Se non fosse per te, saremmo tutti morti. E di questo ne è accorrente l’intero equipaggio ma la maggior parte crede che Hunter abbia avuto un malore. Pochi sanno che lo hai salvato da un pericolo più grande-
In quel momento il diretto interessato entro nella mensa, urlando a squarciagola.
- Uomini!-
Disse.
- All’arrembaggio!-
L’intero equipaggio impegnato a mangiare scattò in piedi, impugnando le armi e riversandosi sul ponte. Fui trascinata dalla corrente, ritrovandomi separata da Thos. Scorsi Hunter in piedi su di un barile che impartiva ordini alla ciurma. Lo fissai, non sapendo neanche come fossi uscita da sottocoperta. Lucyndra comparve tra la folla, incrociando le braccia e fulminandolo con lo sguardo. Hunter abbassò lo sguardo verso di lei, facendole la linguaccia. Scese dal barile, dando il cambio alla donna su di esso.
- Fuoco!!!!-
Gridò, con tutto il fiato che aveva in corpo. Questa volta mi allontanai dal parapetto del vascello, facendo ben attenzione a non cadere in mare. Allo scoppio dei cannoni la Gold tremò.
C’era una gran confusione sul ponte ma io non sarei rimasta a guardare. Estrassi il fioretto che portavo al fianco, attendendo di valicare la passerella e abbordare la nave nemica.
La bandiera pirata della nave sventolava alla luce della luna, sotto di essa il nostro Capitano si ergeva fiero fissando i poveri malcapitati sulla nostra stessa rotta. Si voltò verso di me, sorridendomi per qualche istante. Ricambiai il sorriso, stringendo per un attimo il fioretto fra le gambe per legarmi i capelli liberamente. Feci la solita coda di cavallo, così da avere una visione libera durante lo scontro. Lo sguardo di Hyner cambiò il quel momento. Scorse le bende sul mio collo. Sorrisi nervosamente, facendo spallucce mentre riprendevo la spada in mano. Il comandante non ebbe modo di chiedermi niente, la ciurma iniziò l’arrembaggio.
I demoni armati si precipitarono sul vascello affiancato, usando le passerelle, balzandovi sopra o utilizzando le corde. Io li seguii, gettandomi nella mischia. Messo piede sulla nave abbordata, mi bloccai per la sorpresa. Si trattava di una nave da crociera per fate. Percepì un brivido di piacere lungo la schiena, la mano con cui tenevo il fioretto iniziò a fremere, al riaffioro di vecchi ricordi. Le delicate ali di quelle insulse creature mi svolazzavano davanti al naso. Terrorizzate e piagnucolanti, le fate correvano disperatamente verso le scialuppe di salvataggio, sperando di salvarsi. Si arresero immediatamente, senza farci veramente divertire. Fecero spuntare fuori oro, gioielli e viveri non appena videro le pistole. Hyner chiese che ci portassero tutto il loro liquore e le ridicole creature obbedirono all’istante. Osservai i miei compagni, notando che nessuno stava uccidendo nessuno.
Sbuffai. I pirati della mia nave non uccidevano chi non si ribellava, semplicemente facevano timore con la propria stazza e le proprie spade. Gli unici a perdere la vita furono pochi agenti dell’ordine che tentarono di respingere all’attacco pirata, uomini che avevo mancato ad uccidere. Ero arrivata troppo tardi. Sbuffai ancora, non capacitandomi come l’unica assetata di sangue lì fossi io. Una strega fra i demoni, più spietata dei demoni stessi. Provavo ancora quell’assurda sensazione.
Più fissavo le fate, più mi innervosivo. Erano tutte inginocchiate al suolo con le mani sopra la testa, lo sguardo basso verso il pavimento. Non provavano a reagire, a difendersi. Fra loro c’erano molti uomini di buona corporatura, avrebbero potuto combattere, unirsi agli agenti dell’ordine. Invece, come codardi, speravano solamente di mantenere cara la vita obbedendo al più forte. Erano una razza debole, facilmente assoggettabile. Capaci solo di arrendersi, se in quel momento avessimo deciso di ucciderli tutti, nessuno si sarebbe opposto. Pacifici fino alla morte. La furia continuò a crescere dentro di me, facendomi diventare sempre più calda. La spada iniziò a tremare, il mio braccio destro non riusciva a stare fermo.
Fissavo le ali colorate di quelle delicate creature e desideravo strapparle. Pensavo di averlo superato, dopo aver lasciato la capitale del regno delle Fate. Credevo di aver imparato la lezione, dopo tutto quello che era successo. Quella notte capii che non era così. Avevo odiato quel popolo per tutta la vita, smettere non mi riusciva.
Avevo bisogno di tempo, per perdonare la loro fragilità, la loro debolezza, la loro gentilezza e il loro modo di morire con il sorriso.
Quanto le odiavo.
Scorsi tutti i volti del gruppo di creature fatate sedute a terra sul ponte, piangenti e tremanti.
Improvvisamente più niente, solo l’oscurità.
Udii delle urla e una mano forte che mi afferrava, bloccandomi.
Sussultai, cercando cosa mi stesse fermando. Fissai il mio braccio destro e notai che era tenuto saldo da un guanto bianco, quello del Capitano.
Sbattei gli occhi, avevo appena ricominciato a vedere. Lo sguardo dell’uomo era fisso su di me, con una dura occhiata di rimprovero. Non capii a cosa fosse dovuta e cercai di capire cosa stesse fermando. Osservai ancora il mio braccio, era alzato verso l’alto. Stavo tenendo la spada come se volessi attaccare. Cercai allora il motivo, cosa potessi stare per attaccare.
Sotto di me vidi due donne con delle grandi ali a farfalla. Appartenevano alla seconda classe sociale delle fate e una di questa, la ragazza verso la quale puntavo l’arma, aveva i capelli blu.
Sussultai, rendendomene conto.
- Abbiamo ottenuto quello che vogliamo. Sarebbe stupido versare sangue inutile, non credi?-
Le voce del capitano mi riportò alla realtà e tornai a fissarlo.
- Visto che, il sangue delle fate è pure tremendamente aspro-
Indietreggiai, scrollandomi la sua mano di dosso. Gli volsi le spalle senza dire una parola. Fissai il fianco d’oro della Gold Sea, decidendo di non posare più lo sguardo su quelle creature.
- Trovo solo terribili quei capelli-
Spiegai andandomene. Feci ritorno sul ponte della nostra nave, sparendo nella stiva e senza voltarmi indietro.
 
Per un po’ non volli parlare di quello che era accaduto. Facevo finta di niente: lavoravo, appena trovavo del tempo mi esercitavo nella scherma e di giorno, quando non riuscivo a dormire, andavo in biblioteca. Chiesi scusa alla bibliotecaria di essere mancata così a lungo.
Successivamente imparai l’azione della cavazione, ovvero la schivata della lama avversaria con l’utilizzo del girarci attorno, il fendente, cioè il colpo effettuato con la parte sottile della lama lungo una diagonale, la botta dritta, ovvero il colpire il nemico con solo il braccio allungato e infine l’affondo che Hunter usava sempre per colpirmi a distanza.
Dovevo imparare solo ad usare la spada con la magia ma ogni volta che glielo chiedevo il ragazzo non faceva che rimandare. Si andò avanti in questo modo per una settimana intera.
Quasi ogni giorno mi svegliavo verso le cinque del pomeriggio, non riuscendo più a riprendere sonno. I pensieri mi tormentavano. Lucyndra non aveva più agito da quando Barbas le aveva impedito di mordermi. La quiete prima della tempesta mi esasperava. Presto sarebbe tornata ad attaccare ed io non sapevo come impedirlo. Ancora non avevo nessuna prova contro di lei.
Soffocata da questo fardello, mi dirigevo all’ultimo piano della nave. In biblioteca approfittavo della compagnia della defunta moglie di Hyner per almeno un ora, chiacchierando e leggendo i libri che parlavano di demoni.
- Sai, ti volevo ringraziare-
Sbottò improvvisamente il fantasma, un pomeriggio.
- Da quando te ne ho parlato, mio marito adesso viene a trovarmi molto spesso. Gliel’hai detto tu, vero?-
Io fui un po’ imbarazzata ma annuì.
- Temeva solo di disturbarvi ma io l’ho rassicurato dicendo che lo aspettavate…-
- Mi hai fatto una grandissima cortesia-
Disse sorridendo e sedendosi in una delle sedie del tavolo rotondo.
- Adesso calato il sole passa sempre davanti alle porte, che a quell’ora ormai sono chiuse. Mi parla tanto e mi racconta la sua giornata. Mi parla delle sue avventure ed io non faccio che ridere, però credo che non mi senta. Ho provato a fargli qualche domanda ma non risponde-
- Credo di sì, sa quelle porte sono molto spesse-
Risposi, pur sapendo che non avrei affatto dovuto incoraggiarla.
- Già, ma io lo sento benissimo. Mi ha raccontato tutto di te-
- D-Davvero?!-
Domandai sussultando e diventando completamente rossa. La bibliotecaria sorrise, togliendosi gli occhiali da lettura.
- Sì, di come hai salvato il nostro amico Hunter. Mi manca anche lui, è da molto che non passa di qui-
- E’ stato molto indaffarato-
Mi ripresi, calmandomi.
- Vi ha detto altro?-
Chiesi, cercando di capire fin dove il Capitano si fosse spinto a raccontare.
- Mi ha detto che sei stata vittima di una ferita di spada, sono molto addolorata-
- Sto bene-
Mentii, toccandomi il petto. Ancora ero costretta a portare le bende e a disinfettare l’orrenda ferita che non voleva decidersi a guarire. Continuavo anche ad avere qualche linea di febbre.
Il dottore diceva che si stava infettando ma ancora non lo avevo detto ad Hyner.
- Tutto bene al collo?-
Domandò la donna, notando una ferita cicatrizzata alla gola. La coprì con i capelli. Avevo tolto le bende da qualche giorno e la gente iniziava a notarlo.
- Una piccola discussione con Lucyndra-
Ammisi, dando ovviamente una risposta diversa da quella che avevo dato al comandante. Non aveva creduto minimamente che fosse un incidente di scherma ma fortunatamente non aveva indagato oltre.
- Quella ragazza non mi è mai piaciuta. Devi fare attenzione a lei-
- Grazie del consiglio-
Sbuffai, ricordando la delicata situazione in cui mi trovavo a causa sua.
- La prossima volta vedrò di spaccarle il muso-
La bibliotecaria bionda prese a ridere. Ci mise un po’ prima di ricomporsi e tornò a guardarmi, con i suoi affascinanti occhi verdi.
- Ti garantisco che vorrei tanto anch’io dargliele in faccia-
Mi sedetti al tavolo e cercai di approfondire l’argomento.
Iniziai chiedendo semplicemente perché non le era mai andata a genio sua cognata.
- Perché dici? Ha un qualche centinaio di anni ma sembra una bambina mai cresciuta. Deve avere un qualche complesso nei confronti del fratello maggiore, mi sono accorta che lo ama. Fino al mio arrivo dormiva nella stanza con lui. Ho sempre saputo che si infilava nel suo letto, prima che Elehandro mi sposasse-
- Sicura?-
Sbottai sconvolta, avendone avuto l’impressione ma comunque non avendolo mai saputo per certo.
- Più che sicura-
- Ma…sono fratelli!-
La donna mi fissò ad occhi spalancati, in silenzio per qualche secondo.
- Sono fratelli vampiri, Victoria-
Continuai a guardarla, non capendo.
- Quindi?-
- Cara mia, mi stupisco. Per quanto leggi a proposito di demoni dovresti saperlo. Fra vampiri essere fratelli non vuol dire provenire dalla stessa madre. Sono stati semplicemente creati dallo stesso vampiro. Condividono la stessa maledizione, lo stesso sangue avvelenato che li ha trasformati-
- Ooh. Capisco-
- Comunque sia, per i demoni il legame fra fratelli vampiri è un legame di sangue pari a quello di due figli nati dalla stessa madre. Non è moralmente accettabile dalla comunità demoniaca, si tratta di un peccato grave-
- Lei come l’ha presa?-
La donna sospirò.
- Nonostante le credenze del culto demoniaco, non si può trattare di incesto tecnicamente. Per questo io riuscì a perdonare El per le sue scelte passate-
Ammise, con calma e compostezza.
- Comunque attraversammo un periodo difficile riguardo a questa storia. Io non potevo sopportare che il loro rapporto continuasse, ovviamente. El lo comprese ma da allora quella ragazza si comportò come un’isterica fidanzatina gelosa-
- Ma dopo che vi sposaste…la storia finì?-
- E’ proprio questo il punto. Quella donna pretendeva di infilarsi nelle sue lenzuola prima e dopo il matrimonio, vantando chissà quale diritto vampiresco su di lui-
Raccontò, ridacchiando con rabbia.
- Ovviamente io non potevo tollerarlo. Anche Elehandro era molto infastidito e cercò di tenere a bada la sorella, fu allora che iniziò…-
- Iniziò?-
La donna sospirò.
- Iniziò ad essere pericolosa oltre che gelosa. Mi faceva paura, era aggressiva nei miei confronti, mi metteva l’equipaggio contro e tentava anche di farmi litigare con mio marito. Fino a che…-
La Signora Hyner si fermò di colpo. Abbassò lo sguardo e, per un attimo, divenne trasparente. Il mio cuore sussultò. Comparvero due piccoli fori al lato dei suo collo, da dove iniziò a scaturire del sangue.
Improvvisamente svanirono, la donna tornò alla normalità, riprendendo consistenza. Mi fissò sorpresa, non ricordandosi più cosa stava dicendo.
- Di cosa parlavamo?-
Rimasi ammutolita. Pallida. Improvvisamente ricordai che non avevo mai saputo esattamente come la moglie di Hyner fosse morta.
- Oh, niente di importante-
Borbottai, tentando di non rievocare nel fantasma ricordi che avrebbero potuto distruggere la sua essenza. Salutai, andandomene sconvolta. Lucyndra nascondeva più segreti di quanto volesse far credere.
 
- Cos’è successo su quella nave l’altra notte?-
Chiese il Capitano, facendomi sobbalzare. Abbandonai per un attimo il mio gioco con una fune sciolta sul ponte, fissandolo cercando di capire a cosa si stesse riferendo. C’erano parecchie cose di cui dovevo dare spiegazione.
- Con la fata. La notte dell’arrembaggio-
Sbuffai facendo spallucce, tornando a giocare. Mi trovavo nel mio solito posticino, in bilico fra la nave e l’oceano. Seduta con le gambe incrociate, avevo il capitano innanzi a me che poggiava i gomiti sulla balaustra su cui mi trovavo. Fissava l’orizzonte completamente oscuro come se riuscisse a scorgerlo in tutta la sua interezza.
- Niente-
Risposi scocciata. Stavo benissimo senza parlarne ed ero riuscita per giorni a schivare quell’argomento, adesso invece mi si parava davanti come un muro immenso che non potevo né distruggere né scavalcare.
- Non si è trattato di niente-
Ribatte l’uomo con fermezza.
- Ti ho bloccata appena in tempo, stavi per uccidere a sangue freddo quelle donne-
- Non capisco perché dobbiamo parlarne-
Sbottai, senza fissarlo negli occhi.
- Ti è successo qualcosa Victoria, l’ho visto-
- Sapevi che ero ricercata-
Affermai, continuando a giocherellare.
- Sapevi ero un’assassina. Ti avevo detto che non ero quella che credevi. Che dovevi solamente mettermi davanti una fata per capirlo-
- Non immaginavo letteralmente-
Rispose il vampiro scoppiando a ridere. Io non risi, gettando la fune per terra e fulminandolo furiosamente, dandogli tutta la mia attenzione.
- Cosa vuoi sapere, esattamente?-
Non sapevo perché fossi così arrabbiata. L’argomento “fate” suscitava in me sempre una grande ira.
- Il motivo per cui uccidi le fate-
Ammise, facendomi sussultare.
- Non sei crudele normalmente. Ti conosco, sei una ragazza dolce. Buona, generosa. Non sei al pari degli altri assassini di questa nave-
- Non mi cosci così bene-
Spiegai, scoppiando in una gran risata. Dolce. Buona. Generosa. Questa era davvero nuova.
- Se dici questo, non mi conosci per niente-
- Io ti conosco invece-
Continuò l’uomo, afferrandomi per le spalle e stringendomi dolcemente fra le sue grandi mani.
- Io riesco a vederti. Vedo come sei e quello che fai. Ne vedo i segni sul tuo corpo-
Scacciai le sue mani, per coprirmi il collo con i capelli e sistemare meglio la camicia, in modo da nascondere le fasciature.
- Tu non mi vedi affatto. Questa è solo una facciata. In realtà sono un mostro-
Decretai, con rabbia. Il vampiro mi fissò intensamente, come se stesse cercando di scrutare ancora dentro di me. Non ne aveva il potere, non ci sarebbe riuscito. Le mie azioni sulla nave lo avevano abbagliato, facendogli credere di essere meglio di quel che in realtà fossi. Anche lui presto, sarebbe finito preda della mia oscurità.
- Ci deve essere stato un motivo-
Proseguì il demone, senza demordere.
- Scommetto che sei stata costretta ad uccidere…-
- Fermati-
Ringhiai.
- Io non rinnego quello che ho fatto a quella gente-
Sbottai.
- E neanche quello che avrei voluto fare a quelle donne-
Continuai, fissando i suoi occhi neri piena di rabbia.
- Se tu non mi avessi fermato avrei reciso quelle loro candide ali, le avrei bruciate davanti ai loro occhi dopodiché avrei toccato quella loro pelle setosa trasformandola in cenere. Sarebbe stato meraviglioso ma tu me lo hai impedito-
Il vampiro continuò a fissarmi, seriamente, senza aggiungere una parola.
- Tu non mi conosci. Io sono un mostro. Uccido esattamente come hai visto, a sangue freddo e senza un motivo-
L’uomo tacque per qualche istante, prima di pronunciare la sua sentenza.
- Non ci credo-
Divenni ancora più nervosa, stringendo i pugni ed avanzando minacciosamente verso di lui.
- Tu stai amando la parte sbagliata di me-
Sussurrai a denti stretti sotto il cielo stellato in un momento in cui il ponte era deserto, privo di ogni marinaio.
- Quella che non esiste. Io ho bisogno di qualcuno che mi ami per quello che sono davvero-
- E cosa sei davvero?-
- Un mostro!-
Urlai, straziata.
- Quante volte dovrò ripetertelo?!-
Hyner rimase in silenzio, un istante.
- Ti hanno chiamato mostro così tante volte che hai finito per crederci, non è vero?-
Sussultai, facendomi indietro. Quelle erano le stesse parole di Nolan. Mi strinsi il marchio coperto dal polsino nero, ricadendo nel suo ricordo.
- Quella che ho visto, non eri tu-
Spiegò Hyner.
- Non sembravi neanche sveglia. Hai iniziato a muoverti come incantata e i tuoi occhi si erano fatti pieni di oscurità. Quando ti ho bloccata sei rinsavita e solo allora sono tornati normali-
- Quella è la mia oscurità!-
Ammisi, gridando forte. Sfogando tutto il dolore che provavo.
- Quella con cui sono nata. Quella che mi distingue-
- E se anche tu fossi vittima della stessi oscurità di Hunter? Posso aiutarti…-
Scoppiai a ridere. Immensamente, fragorosamente. Risi come poche volte avevo riso. La mia voce venne trasportata dal vento, innanzi allo sguardo perplesso del vampiro. Mi fissò a bocca aperta, forse per la prima volta, finalmente, inquietato.
- L’oscurità non può farmi vittima, Elehandro-
Affermai, con i capelli sciolti al vento.
- Io sono fatta d’oscurità. Ci sono nata, è all’interno del mio sangue. Sono io che la impartisco, che la domino. Io la respiro, l’assaggio. Ho assorbito l’oscurità di Hunter, assaporandola, conquistandola, assoggettandola. Non vedermi come qualcosa che puoi salvare, Elehandro. Io non posso essere salvata. Dedicati ad un’altra impresa-
Voltai le spalle per andarmene, quando sentii ancora la sua voce, con una domanda.
- Perché uccidi le fate?-
Sospirai. Mi fermai, voltandomi per insultarlo. Lui mi bloccò, pregandomi di rispondere per libera associazione di idee.
- Sei uno psichiatra adesso?-
- Ti prego-
Sbuffai di nuovo.
- Perché le odio-
- Perché le odi?-
- Perché sono deboli-
Ammisi, sempre rispondendo per libera associazione.
- Odi le cose deboli?-
Annuì.
- Odio le cose che posso distruggere facilmente, odio le persone che posso uccidere subito-
Il volto del vampiro non trapelava nessuna emozione, così proseguì.
- Non ho molti amici-
Iniziai a spiegare.
- In realtà, non ne ho mai avuto nessuno. Finisco sempre per ferirli, per bruciarli-
Smisi un attimo di raccontare, prendendo aria come se mi mancasse.
- Le persone…sono troppo fragili. Per questo io le ferisco e di conseguenza soffro. Preferisco allora circondarmi di persone forti ed eliminare fin da subito le deboli-
- Stai proteggendo te stessa-
Ipotizzò l’uomo. Mi venne da ridere, ponendomi una mano sugli occhi.
- Hai finito di psicanalizzarmi?-
L’uomo annuì ed io me ne andai, furiosa con lui per avermi costretto a quella conversazione.
 
Non gli parlai per qualche giorno. Lo evitai, arrabbiata non sapendo nemmeno io di cosa precisamente. Lo evitavo, temendo di finire giudicata nuovamente dal suo sguardo. Mi dedicai pienamente alla scherma e al lavoro. In quei momenti non riuscivo a pensare, non potevo. Dovevo rimanere concentrata, altrimenti finivo infilzata dal fioretto di Hunter o rischiavo di sparare a Barbas con una delle avancariche. Non avevo la possibilità di pensare a tutto quello che mi preoccupava, mi infastidiva. Raggiungevo la quiete, per qualche momento. Il lavoro nella polveriera non era affatto noioso. Continuamente arrivavano da noi marinai per consegnare o ritirare le proprie pistole, io e il vecchio demone correvamo su e giù per aggiustare in tempo ogni arma. Facevo sempre qualche sbaglio, qualche errore, qualche disastro. Non ero affatto brava, dunque non potevo pensare ad Hyner, a Lucyndra, o a lui. Per questo, quando i suoi occhi d’oro mi comparirono davanti al volto, me ne stupì.
Eravamo soli, io e Barbas. La fine del turno si avvicinava e l’equipaggio si dirigeva a cenare. Non c’era nessuno, al momento in cui al viso di Nolan seguì un terribile dolore al braccio.
Mi piegai in ginocchio, urlando. Un fucile scarico mi cadde sul pavimento, la polvere da sparo fuoriuscì completamente. Dopo un attimo di smarrimento capì che il dolore proveniva dal polso, non dal braccio. Una luce fuoriusciva dal polsino nero. Come un fuoco, che stava divampando sopra di me e che mi stava ustionando. Barbas mi raggiunse correndo, afferrandomi chinato a terra e domandandomi cosa avessi. Non riuscì a rispondere, ero capace solo di urlare. Il dolore non faceva che aumentare, stritolandomi. Sembrava che una parte della mia anima stesse morendo, bruciando.
Si stava trasformando in cenere, dissolvendosi.
Scostai il polsino, scoprendo il marchio che portavo sul polso. Era completamente illuminato da quella luce rossa fuoco, a cui il disegno stava soccombendo. Il marchio stava scomparendo.
Barbas rimase senza fiato, a bocca aperta fissando ciò che sembrava aver riconosciuto. Non ci mise molto ad allontanarsi da me, spaventato.
- Il marchio di un demone-
Borbottò. Non avevo tempo per quello, non avevo tempo per preoccuparmene. Il dolore mi schiacciava a terra, in una morsa che non riuscivo a vincere. Continuavo a stringermi il polso al cuore con una sola consapevolezza.
- Sta morendo-
Sussurrai con le lacrime agli occhi. Il vecchio demone mi fissò ad occhi sbarrati, fermo a mezzo metro di distanza. Alzai lo sguardo, incrociando il suo, così preoccupato, inquietato.
- Sta morendo-
Ripetei, singhiozzando.
- Nolan sta morendo-
Chiusi gli occhi, stracolmi di lacrime. Mi strinsi a terra, rannicchiandomi quasi non percependo più il dolore fisico. Non avevo pensato a lui per molto, molto tempo. Lo avevo lasciato al passato, sulla terraferma. Ma il suo dolore ora mi stava raggiungendo, ricordandomi che lui esisteva. Lui esisteva, stava soffrendo ed io non ero lì ad impedirlo. Lo avevo abbandonato. Me ne ero andata, lasciandolo ai suoi guai, in balia di cose più grandi di lui. Fissai il polso, allontanandolo lentamente dal mio petto. Fra quella luce abbagliante, potevo scorgere il marchio intento a scomparire.
- Sei stata marchiata da un demone-
Continuò il vecchio, scioccato. Alzai nuovamente lo sguardo verso di lui, cercando di fissarlo attraverso le lacrime.
- Devo raggiungerlo-
Affermai.
- Devo andare da lui-
Dopo qualche secondo di titubanza, Barbas chiuse la bocca, che fino ad allora era rimasta aperta, e annuì. Annuì più volte, comprendendomi. Si avvicinò a me, inginocchiandosi alla mia altezza e fissandomi dritto negli occhi.
- Va da lui-
Disse, sorprendendomi. Nel suo sguardo capì che non gli importava se ero salita a bordo, pur appartenente ad un qualche demone. Non gli interessava che portassi su di me una magia così antica e potente, qualcosa che poteva mettere a rischio tutti loro. Semplicemente mi diede una pacca sulla spalla, incitandomi ad andare.
- Se per te la sua vita è tanto importante, allora devi fare di tutto per salvarla-
Le sue parole mi toccarono il cuore, aprendomi la mente. Aveva ragione, completamente. Non avrei dovuto abbandonarlo alle grinfie di nemici così potenti. Dovevo preservarlo, questo era quello che mi ordinava il cuore.
Mi alzai di scatto in piedi, improvvisamente rinvigorita. Afferrai il fioretto che tenevo appoggiato al muro quando lavoravo. Lo impugnai, non sapendo cosa avrei trovato dall’altra parte.
- Come faccio?-
Chiesi, ricordandomi solo allora di non saper usare il potere del marchio.
- Come raggiungo il demone a cui appartengo?-
- Le leggende dicono…-
Iniziò il vecchio avvicinandosi a me, toccandomi con attenzione il polso.
- Che i contraenti del patto possono sempre raggiungersi l’un l’altro, in ogni momento. Devi solamente pensare a lui, intensamente. L’incantesimo farà il resto-
Annuii, pur non essendo proprio sicura. Presi un bel respiro, chiudendo gli occhi. Immaginai il suo volto, il colore dei suoi occhi, i suoi capelli, la rabbia che mi procurava averlo vicino, il piacere che provavo standogli accanto. Lasciai che il suo dolore ci collegasse. Seguì quello strazio come una scia, per giungere sino a lui. Come un ponte delicato, in bilico su di una strada che non conoscevo, che non avevo mai percorso. Attraversare la distanza che ci separava non sarebbe stato altrettanto facile se non avessi avuto la sua sofferenza come guida, la sua paura, le sue emozioni. Lo vidi, un attimo prima di saltare nell’abisso che si era aperto ai miei occhi. Vidi la foresta in cui si trovava, a nord del Regno dei Demoni. Troppo a nord. Non si trovava nelle sue terre, nei suoi possedimenti, bensì in quelli di Abrahel. Vidi la sua figura a terra, privo di conoscenza. Allora saltai, lasciandomi alle spalle la realtà su di cui poggiavo i piedi. Vagai per qualche istante in un tunnel di luce, trascinata dalla magia del marchio. Provai una forte nausea ma dovetti ignorarla. Prima che potessi accorgermene ero dall’altra parte del mondo, sulla terra ferma, nelle terre a nord dei demoni, incrociando la spada di Abrahel.
Ebbi uno scatto, trovandomi innanzi improvvisamente gli occhi verdi del demone. Feci pressione sul fioretto, bloccando così la spada nemica che avevo davanti al naso. Anche Abrahel ebbe un sussulto, per un attimo la sua lama perse potenza, preda dello stupore. Mi fissò sbalordito, agitando gli occhi, fissandomi da parte a parte chiedendosi se fossi un miraggio. Dopo qualche istante, in lui scorsi un sorriso.
- Non è possibile-
Mormorò.
- Questa sì che è fortuna-
Il sorriso si allargò, divenendo una vera e propria risata. Continuò a tenere la spada contro la mia, facendo sempre più forza, man mano che si riprendeva dalla sorpresa. Mi volsi istintivamente, cercando la persona che stavo proteggendo con il mio corpo, colui che avevo salvato dalla spada di Abrahel. Provai una fitta allo stomaco, scorgendo Nolan dietro le mie spalle. Oltre la mia schiena, il demone giaceva svenuto con le vesti stracciate. Disarmato, ferito e pieno di lividi. Abrahel lo aveva ridotto parecchio male. Strinsi i denti, furiosa nel vedere che qualcuno che non fossi io si era permesso di conciarlo in quel modo.
Feci forza contro l’arma del principe dei Demoni, cacciandola via. Lo feci arretrar, ma non perdere il suo sorrisetto divertito. L’uomo abbassò per un attimo la spada, osservando la mia figura.
- Ma dove sei stata fino ad ora?-
Chiese, facendo cenno ai miei vestiti. Mantenni il fioretto in posizione di difesa, lasciando che il demone mi deridesse. Non mi importava.
- Ecco perché non riuscivamo a trovarti-
Proseguì, fissando maliziosamente la mia camicetta bianca, i miei pantaloni neri, i capelli tornati lunghi legati in una coda di cavallo.
- Stavi solcando i setti mari-
- Vattene Abrahel-
Consigliai, avanzando di un passo, mantenendo nascosta la figura di Nolan dietro di me.
- Vattene finché te lo permetto-
Il principe rise, spargendo la sua voce nella foresta, facendola rimbalzare da albero ad albero.
- Tu lo permetti a me? Non sei nella condizione di farlo, ragazzina-
- Non chiamarmi ragazzina-
Ringhiai, continuando ad avanzare verso di lui con l’arma protesa verso il suo corpo.
- Sono abbastanza nervosa-
Spiegai.
- Mi hai trascinato qui nel bel mezzo del lavoro, dall’altra parte del globo. Ho la nausea per questo e mi fa male il polso se non lo hai notato-
Il demone fece caso al marchio illuminato. Il bagliore si era affievolito, come la sofferenza. Il disegno aveva smesso temporaneamente di svanire ma Nolan si trovava ancora in pericolo.
- Giusto, quel maledetto marchio-
Constatò Abrahel, fissandolo attentamente.
- Non preferiresti essere liberata dal legame? Fare quello che vuoi, dove vuoi, senza dover correre qui ogni volta che qualcuno attenta alla sua vita?-
- Non te lo lascerò fare-
Ripetei, come molte altre volte prima di allora.
- Non lascerò che tu lo uccida-
- Ci sarà sempre qualcuno che proverà ad ucciderlo-
Spiegò il principe, mantenendo la spada abbassata, senza l’intenzione di combattere contro di me.
- Andiamo Victoria, potrebbe seriamente diventare Re. Non ci hai pensato? Ci sarà sempre qualcuno ad attentare alla sua vita e il marchio continuerà a bruciarti-
Andò avanti, colpendomi con le sue parole.
- Ogni qualvolta tu sarai vicina a farti una vita, ad essere felice, quel stramaledettissimo marchio si illuminerà e tu dovrai scattare a salvarlo. Per sempre. Non credi che sarebbe più facile per te, lasciare che io faccia il mio lavoro?-
Vergognosamente, mi presi qualche momento per pensarci. Rimasi ad ascoltarlo, senza trovare la forza per controbattere, senza trovare le parole per replicare.
- Cosa stavi facendo qualche minuto fa? Avanti raccontami. Ho tutto il tempo che vuoi, sai. Scommetto che ti stavi ricreando una famiglia, da qualche parte. Con persone che non ti conoscono, con gente con cui potevi ricominciare totalmente da capo. Per caso hai già sostituito il mio caro fratellino?-
Indietreggiai, pensando istintivamente ad Hyner. Quel mio gesto, fece allargare il sorriso maligno ad Abrahel.
- Ma certo che lo hai sostituito. Hai trovato qualcuno che ti dia sicurezze, una certezza. Qualcuno che ti protegga, senza che abbia bisogno di essere costantemente protetto da te. Ma per caso ha scoperto che sei stata marchiata da un altro demone?-
Arretrai ancora, come folgorata mentre il principe prendeva ad avanzare.
- Cosa farebbe, se dovesse saperlo?-
Spalancai leggermente la bocca, cercando di parlare, cercando una risposta che non c’era.
- Non credo che la prenderebbe bene, sapendo poi di quale demone stiamo parlando. Mezzo demone, mezzo diavolo. Il discendente dei Lancaster. Non voglio azzardare ma credo che ti mollerebbe in tronco-
Provai una forte rabbia dentro di me, tale da farmi attaccare il principe senza neanche pensare. Abrahel si difese prontamente, parando la stoccata e attaccando a sua volta, iniziando finalmente a combattere. Lo attaccai, furiosamente, continuando semplicemente ad affondare il fioretto, tentando in ogni modo di ferirlo.
- Lascia che ti aiuti-
Urlò la creatura dagli occhi verdi, ridacchiando mentre schivava la mia spada.
- Lascia che ti liberi dal suo patto e tu riavrai la tua vita-
- Non mi fido di te Abrahel!-
Trovai finalmente il coraggio di pronunciare.
- So che non mi lasceresti mai andare! Sei solo un bugiardo-
Ci fermammo, ansimando da una parte all’altra della radura nel centro della foresta. Ci sfidammo con lo sguardo, ignorando completamente il corpo di Nolan ancora steso a terra.
- Un bugiardo?-
Ripeté con il fiatone.
- Pensi che lui sia meglio di me?-
Mi volsi verso il ragazzo svenuto al suolo, sapendo esattamente che non stavo proteggendo un santo.
- Lascia che ti liberi da quella magia fastidiosa, poi se manterrò la mia parola di lasciarti andare è una faccenda fra me e te-
Con una mano indicò qualcosa nell’oscurità, oltre il corpo di Nolan. Mi volsi, constatando che non ci trovavamo in una foresta. Era un cimitero. Circondate da alti alberi, si stagliavano numerosissime lapidi in pietra. Una in particolare emergeva su di una fossa ancora aperta, vuota. Facendo attenzione, scorsi poche incisioni sulla lastra. Portava il nome di Nolan. Sussultai, capendo che Abrahel gli aveva già preparato la tomba. Doveva semplicemente gettarlo dentro.
- No-
Affermai, tremando alla vista della sua lapide.
- Non ti darò la sua vita-
- Sei una stupida!-
Sbottò l’uomo rabbiosamente.
- Ti ostini ancora a proteggerlo! Dopo tutto quello che ti ha fatto! Stava per ucciderti, te lo ricordi? Lui ti ha tradita, ingannata! Hai capito che stava per sacrificarti? Sei solamente la cavia del suo esperimento!-
- Quella, Abrahel, è una faccenda fra me e lui-
Ripetei, a denti stretti. Come risposta il demone si avventò su di me, ricominciando a combattere. Le nostre lame si incrociavano nel buio. La mia, per la prima volta incontrava quella di Abrahel. Dovetti mettere in pratica tutto quello che avevo imparato, anche quello che ancora non avevo fatto in tempo ad imparare. La sua tecnica era completamente diversa da quella del Capitano, da quella di Hunter. In lui non c’era alcun principio della scherma, della spada. Mirava semplicemente ad uccidermi. Mi spinse verso il corpo del fratello, fino a gettarmi accanto a lui. Caddi al suo fianco, scaraventata a terra dalla forza del demone.
- Visto che ci tieni tanto, ti seppellirò assieme a lui-
Strinsi i pugni dalla rabbia, a terra innanzi alla figura imponente di Abrahel. Non ero ancora abbastanza brava per batterlo. Tentai di scrollare Nolan, di svegliarlo invano. Lo scossi, chiamando il suo nome, incitandolo a rendersi utile.
- Non mi importa quanto tu sia ferito-
Mormorai mentre Abrahel alzava la spada verso di noi.
- Svegliati maledizione e portaci via di qui-
Dovetti rialzarmi, riprendere a combattere illuminati semplicemente dal marchio. Come un faro nella notte, guidava i nostri movimenti, tuttavia deconcentrandomi. Non riuscivo a pensare, il dolore costante che provavo mi impediva di raggruppare le forze e scagliare qualche incantesimo. Anche il controllo del sangue era fuori uso. Alzai lo sguardo al cielo, scoraggiata.
- Ma dov’è quel maledetto pipistrello?-
Borbottai, continuando a parare i colpi di Abrahel.
Abaddon aveva promesso di proteggere il suo padrone, tuttavia non c’era, lasciando a me lo sgradito compito. Mi sembrava di combattere da un’eternità, dando tutto il tempo all’uccellaccio di arrivare a salvare il suo principe. Sbuffai, constatando che non sarebbe arrivato, che non avrei potuto contare su di lui. Gli augurai di essere morto, di essere stato sconfitto e ucciso da Abrahel, perché altrimenti lo avrei fatto io.
- Per quanto andremo avanti Victoria?-
Chiese divertito il demone.
- Sei ancora in tempo per salvarti la vita, se chiedi perdono-
Disse, dandomi l’ultima possibilità di decidere. Non voleva realmente uccidermi, gli servivo. Lui voleva usare i miei poteri, non privarsene. Mi bloccai, non sapendo come risolvere la faccenda.
Le nostre forze non si equiparavano, non con il dolore di Nolan che provavo sul mio corpo. Sentivo la sua stanchezza, le sue ferite mi indebolivano. Il legame che ci univa ci avrebbe ucciso entrambi, chi aveva ideato quell’incantesimo avrebbe meritato di morire atrocemente.
Sì, il dolore mi rendeva estremamente nervosa.
- Ci sei vicina-
Continuò a blaterare Abrahel.
- Guardalo. Un colpo e sarai libera. Se vuoi, lascerò a te il privilegio di ucciderlo-
Le sue parole mi diedero estremamente fastidio. Afferrai furiosamente il fioretto nella mano sinistra, lasciando la destra libera. Mi avventai sul principe chiudendo gradualmente il palmo man mano che mi avvicinavo al suo volto. Gli assestai un pugno mentre lui ancora cercava di ferirmi con la spada. Lo gettai a terra, ustionandogli parzialmente la guancia. Iniziò ad urlare stridulamente per questo, preoccupato del suo fascino possibilmente deturpato. Lo ignorai, voltandomi furiosa verso l’inutile corpo di Nolan ancora a terra.
- Nolan!-
Urlai, dandogli un calcio. Non ci fu risposta. Strinsi i denti, ancora più furiosa. Posi le unghie sul marchio che mi aveva impresso, stringendo e graffiandolo attraverso la luce che ci stava unendo.
- Svegliati maledizione!-
Gridai con tutto il fiato che avevo in corpo.
Il corpo del ragazzo ebbe un sussulto improvviso. Si alzò di scatto, ponendosi a sedere sull’erba umida della foresta. Si guardò intorno per un attimo, cercando nel buio fino a scorgere la mia figura, la luce del marchio. Mi guardò, ignorando totalmente il fratello a terra che ancora si lamentava.
- Victoria?-
Domandò, sbalordito.
- Sei proprio tu?-
Abrahel si stava rialzando, avevamo poco tempo.
- Sei tornata?-
Continuò a domandare, intanto che io lo afferravo per la maglietta e lo costringevo ad alzarsi.
- Ma come sei vestita?-
- Portaci via di qui stupido-
Incalzai, indicando il secondogenito Lancaster che stava per avventarsi rabbiosamente su di noi.
- Subito!-
Ripetei ad alta voce, notando che Nolan stava temporeggiando. Il ragazzo rinsavì, tentando di aprire un portale per fuggire. A causa delle sue ferite non ci riuscì ed io mi ritrovai nuovamente la spada di Abrahel addosso. La bloccai con il mio fioretto, coprendo Nolan con il mio corpo.
- Fa qualcosa!-
Esortai. Nolan allora mi afferrò per un braccio, pronunciando poche parole di magia nera. In un istante fummo avvolti da un fumo nero, che tagliò fuori completamente Abrahel. La mia spada squarciò il vuoto, come anche quella dell’avversario dopo la mia scomparsa. La nube oscura ci trascinò lontano, in una grande stanza dalle mura in pietra. Cademmo a terra, avvolti dalla luce fioca di alcuni lampadari. Il marchio aveva smesso di illuminarsi, così come il dolore che finalmente era scomparso. Nolan era salvo.
- Era così difficile?-
Borbottai stesa a terra, alzando il naso verso gli alti soffitti di quello che sembrava essere un castello. Il lampadario mi colpì subito. Di legno e ferro, così grottesco.
- Alle volte sembri proprio impedito-
Proseguì sgridandolo. Mi posi a sedere in ginocchio, scuotendomi gli abiti dalla polvere delle antiche pietre del pavimento. Fissai malamente il demone, che non accennava a rispondermi. Avrei giurato che avrebbe iniziato a riempirmi di frecciatine, che avremmo litigato. Al contrario, dopo avermi osservato per un tempo che parve lunghissimo, tentò semplicemente di alzarsi in piedi. Fallì, ricadendo in ginocchio, ansimando.
- Stai bene?-
Domandai, contenendo il mio istinto di correre verso di lui, di soccorrerlo. L’orgoglio me lo impediva.
- Sono stato peggio-
Rispose Nolan, senza voltare lo sguardo verso di me. Al secondo tentativo, riuscì ad alzarsi, a stabilizzarsi in piedi. Sotto i miei occhi, si diresse verso una grande sedia, posta al centro della stanza. Sobbalzai, riconoscendola. L’avevo vista molte volte, nei miei sogni. Quello era il trono in cui il principe sedeva sempre, affiancato da numerose figure che lo consigliavano.
- Scusami, se ti ho portata al castello-
Affermò il ragazzo, raggiungendo l’enorme poltrona a fatica, gettandosi su di essa con grande sollievo.
- A quanto pare sono riuscito a pensare solamente…a casa-
- Non fa niente-
Risposi, alzandomi riafferrando il fioretto poggiato al mio fianco.
- Posso tornare indietro da ogni punto in cui io mi trovi, credo-
Nolan annuì, chiedendomi allora cosa stessi aspettando ad andarmene. Mi congelai a quella domanda. Rimasi in silenzio, immobile, a fissare i suoi occhi d’oro. A lungo avevo pensato al momento in cui ci saremmo rivisti. Avrei giurato che mi avrebbe pregato, supplicato di restare. Credevo che non mi avrebbe più lasciata andare, che avrebbe piagnucolato qualcosa sul non poter vincere la sua ridicola faida familiare senza di me.
Qualche mese. Era passato al massimo qualche mese e davanti mi ritrovavo una persona completamente diversa.
- Sto aspettando Abaddon-
Sbottai, avanzando verso il trono.
- Voglio strappargli le ali personalmente-
Nolan sorrise, iniziando a giochicchiare con le dita sul bracciolo della sedia.
- Anche io mi domando dove sia. Riferirò il tuo messaggio comunque-
- Non basta. Lui doveva proteggerti. Era il suo compito, il suo unico compito e lo ha fallito-
Il sorriso di Nolan si allargò.
- Per caso ti sei preoccupata per me, Victoria?-
Il mio cuore sussultò, le guance involontariamente iniziarono ad arrossire.
- Affatto-
Dichiarai.
- Sono corsa solo perché questo mi faceva un male cane-
Spiegai, mostrando il marchio sul polso. Il demone annuì, pregandomi di avvicinarmi a lui.
Lo feci, senza perdere il contatto visivo con i suoi occhi.
- Questo è un problema facilmente risolvibile-
Spiegò il ragazzo, attendendo che gli porgessi il braccio.
- Te ne libero-
Ritrassi istintivamente il polso.
- Davvero?-
- Certo-
Affermò il principe.
- Non c’è motivo che io e te continuiamo ad essere legati, non credi?-
Domandò, aspettando una risposta da me che, stranamente, tardò ad arrivare.
- Infatti-
Risposi, tornando a porgergli il polso. Nolan lo sfiorò, quando qualcosa colse la sua attenzione.
- Cosa sono quelle?-
Scorse le bende sotto la camicetta bianca semi aperta. Era saltato qualche bottone durante lo scontro con Abrahel, mostrando la ferita al cuore che proprio non voleva saperne di guarire. Tentai di richiuderla ma Nolan me lo impedì. Si alzò in piedi, raggiungendomi.
Delicatamente, pose le dita sui bendaggi all’altezza del cuore. Evitando la stoffa della camicia, stazionò sulle bende con molta concentrazione, quasi stesse ascoltando qualcosa oltre esse.
- Magia nera-
Borbottò.
- Sei stata ferita dalla magia nera-
Scorsi un fuoco nei suoi occhi, prima che con entrambe le mani strappasse la fasciatura che mi cingeva il petto. Urlai dalla sorpresa, ritraendomi. Il demone mi trattenne, svelando ai suoi occhi la terribile ferita che ancora portavo al cuore. La fissò impietrito, notando quello che io già sapevo. Peggiorava di giorno in giorno.
- Sanno che sei un angelo?!-
Domandò, inquieto.
- Io non sono un angelo!-
Replicai, offesa.
- Questa ferita ti ucciderà. Lo sa chi ha cercato di curarti?-
Scossi il capo, finalmente riuscendo ad allontanarmi da lui e a coprirmi il seno che Nolan aveva lasciato scoperto.
- Sei una stupida-
Sbottò il ragazzo, tornando ad afferrarmi rabbiosamente. Urlai ancora, non capacitandomi di cosa volesse fare. Mi bloccò fra le sue braccia, ponendomi una mano sul cuore da cui iniziò a scaturire una luce colma di oscurità. La riconoscevo, era la stessa che mi aveva salvato dal pugnale di Isaac.
- Solo la magia nera può curare la magia nera. Te lo sei scordata?-
Tacqui, imbronciata e tuttavia lasciando che il demone finisse.
- Possibile che io non sia riuscito a far entrare niente in quella zucca vuota?-
- Zucca vuota sarai te-
Urlai, scostandomi da lui quando finalmente la ferita fu chiusa. Era sparita. Ogni segno di quel brutto incidente se ne era andato, lasciando solamente l’ultima cicatrice di quando una lama mi aveva quasi trapassato il cuore. Richiusi la camicetta, non riuscendo a fissarlo negli occhi.
- Era tanto difficile tornare per chiedere aiuto? Avrei potuto sistemarla in un baleno. E quella cos’è??-
Domandò improvvisamente, facendo cenno ai segni che portavo alla gola. Mi posi una mano su di essa, nascondendo il tentativo di Lucyndra di tagliarmi la giugulare.
- Ma si può sapere dove sei stata fino ad ora?-
- Che ti importa?-
Nolan tacque qualche istante prima di tentare una risposta.
- Credevo niente-
Ammise.
- Perché pensavo che tu te la sapessi cavare. Ma questo dimostra…-
- Cosa dimostra?-
Incalzai, già furiosa.
- Avanti, sentiamo-
- Dimostra che non sei ancora pronta-
Concluse il demone, seriamente. Il mio volto al contrario si contorse in un risolino isterico. Mi posi una mano sui capelli, abbassando per un attimo lo sguardo dal suo volto.
- Non sono pronta-
Ripetei borbottando, divertita.
- Perché tu sei meglio di me-
Affermai ironica, puntando il dito allo stato malconcio in cui lui si presentava.
- Se non sbaglio Abrahel stava per staccarti la testa. Sei vivo solo grazie a me-
- Si tratta di Abrahel-
Puntualizzò Nolan, oltraggiato.
- Sai che non posso batterlo da solo! Per questo ti ho chiesto…-
- Lo sapevo-
Lo interruppi, portandomi una mano sugli occhi.
- Se lo sapevi…-
- No, sapevo che lo avresti detto. Stavo solo aspettando che tu mi rinfacciassi di averti abbandonato-
- Io non ti sto rinfacciando un bel niente-
Si difese il demone.
- Ma tu sparisci e ti ripresenti in questo…modo-
Spiegò, puntando entrambe le mani verso di me.
- Piena di cicatrici, una ferita mortale che stava avvelenando il tuo corpo. Cosa dovrei pensare?-
- Intanto io non mi sono ripresentata. Sono stata chiamata, da questo maledetto scarabocchio per salvarti il sedere-
Ricordai, in caso il demone soffrisse di perdite di memoria.
- Secondo, dove sono stata e dove sto per tornare non è a far tuo-
Gli volsi le spalle, facendo qualche passo, prima di rendermi conto di non sapere come raggiungere la Gold. Il marchio mi aveva condotto fino a Nolan, non potevo tornare indietro. Per quello, dovevo usare un altro modo.
- Cosa c’è?-
Chiese il principe, notando che mi ero bloccata di colpo.
- Ho bisogno che mi fai tornare indietro-
Ci volle poco, prima che le sue risate riempissero la sala del trono. Si sedette sulla sua grande poltrona, sistemandosi comodamente per squadrarmi divertito.
- Quindi hai bisogno del mio aiuto-
- E’ colpa tua-
Affermai.
- E’ colpa tua se sono stata costretta ad andarmene. Ora voglio tornarci-
- Ah sì? Ed io cosa ci guadagno?-
- Nolan-
Pronunciai a denti stretti. Lo raggiunsi, puntandogli il fioretto alla gola. Il ragazzo si sedette compostamente, fissando prima la lama e poi i miei occhi. Nonostante la punta del fioretto ad un soffio, non perdeva il suo sorriso.
- Fammi tornare. Subito. Non ho tempo da perdere-
- Davvero? E cosa stavi facendo di tanto importante, a parte vestirti da piratessa e imparare ad impugnare goffamente una spada-
- E’ un fioretto-
Corressi.
- Quello che è-
- E non lo sto impugnando goffamente. E’ grazie a chi mi ha insegnato la scherma che sei vivo-
- Uuh, ti sei fatta degli amici-
Comprese divertito il demone, canzonandomi per averci messo così tanto.
- Non mi sembra che tu possa darmi lezioni a riguardo-
Feci notare, abbassando leggermente l’arma.
- Sbaglio o non c’era nessuno un attimo fa quando Abrahel ti stava per tagliare in due?-
Finalmente, Nolan perse il sorriso.
- Ti farò tornare-
Sbottò, sorprendendomi. Allontanai la spada, ascoltando la sua proposta.
- Ma non ti libererò dal marchio-
- Non puoi farlo!-
Contestai.
- Avevi detto…-
- Quello che ho detto-
Interruppe, precisando.
- E’ che non vedevo un motivo per rimanere legati. Adesso lo vedo-
Accennò alla ferita al cuore ed io percepì la rabbia divampare in me.
- Sei un bastardo!-
- Di questo ormai ne sono tutti a conoscenza-
Rispose deridendomi, facendo riferimento alla propria condizione di nascita. Tacqui, perdendo ogni parola. Lo fissai attentamente, non riuscendo più a riconoscerlo. Feci un passo indietro, continuando a scrutare la sua figura su quel trono così imponente. Per la prima volta mi chiesi chi fosse Nolan. Se lo spensierato ragazzo che avevo incontrato per strada oppure un sovrano lunatico e arrogante.
- Perché fai così?-
Domandai, mormorando. Nolan mi ignorò, alzandosi in piedi e raggiungendomi lentamente.
- Tu hai bisogno di me per tornare indietro, ricordatelo-
Affermò, duramente.
- Puoi andare a piedi se vuoi. Ma non illuderti, non uscirai mai dal mio regno. Questo te lo garantisco-
Rabbrividii, comprendendo che il Principe dei Demoni non mi avrebbe mai lasciata andare.
- Io voglio essere libera da te-
Continuai, quasi supplicandolo.
- Non avere niente a che fare con la tua stupida battaglia per il trono-
- Abbandoni dunque la tua vendetta?-
Domandò, sorprendendomi.
- Cosa mai è stato tanto potente da farti rinunciare alla vendetta? O forse dovrei chiedere, chi?-
Arretrai, fissando i suoi occhi già colmi di furia. Rispondere a quella domanda non avrebbe migliorato la situazione.
- Io sono felice dove sono adesso. Ti prego…-
- Si tratta di un uomo, non è vero?-
Divenni rossa in volto, non sapendo bene come rispondere.
Alla fine tacqui, rassegnata comunque al fatto che non sarei mai riuscita a sfuggirgli.
Probabilmente non avrei più rivisto Hyner. Scegliere di salvare Nolan mi aveva allontanato per sempre dalla Gold.

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Capitolo 12
*** La tempesta ***


- Allora?-
Incalzò Nolan, tornando a sedere.  
- Chi mai è riuscito nell’impresa impossibile di renderti migliore?-
Mi venne da sorridere.
Poteva sedere su quanti troni volesse e indossare quante corone desiderasse, alla fine anche lui cadeva preda della gelosia.
- Chi devo ringraziare?-
Continuò.
- Quando stavi con me pensavi solo al potere e ad uccidere-
- Non sono mai stata con te-
- Quando viaggiavi con me-
Si corresse.
Sospirai, si comportava da ex acido pur non essendolo.
- Nessuno mi ha reso migliore-
Risposi ma il demone non sembrava affatto soddisfatto.
- E comunque non sono cose che dovrebbero interessarti-
- Certo che no-
Borbottò.
- Perché tanto non lo vedrai mai più-
Percepii come un peso gravarmi sul petto. Un dolore, la consapevolezza che tutto ciò che avevo costruito mi stava per essere portato via. Ogni cosa buona che avevo fatto, stava per essere distrutta ancora una volta.
- Era lui che ti teneva celata al mio sguardo?-
Rinsavii, accorgendomi di essere ancora al suo cospetto. In piedi, davanti ad una persona che sembrava possedere la mia vita fra le sue mani.
- Il marchio, non funzionava-
Espose, non ricevendo risposta da me.
- Qualcuno ti stava nascondendo. Chi è tanto potente da farlo?-
Tacqui, decidendo di non rivelare il tradimento di Abaddon.
- Nolan, sento di aver trovato il mio posto-
Cambiai discorso, tornando a spiegare, decidendo di non arrendermi e di tentarle tutte.
Avrei supplicato e supplicato se fosse servito, al diavolo l’ego.
Volevo tornare sulla Gold a qualsiasi costo.
- Per la prima volta mi sento felice, al sicuro. Sono utile per qualcuno, sono circondata da persone che mi vogliono bene e non fuggono spaventate da me-
Il ragazzo continuò a fissarmi, senza lasciare che il suo volto svelasse la minima emozione.
- Voglio tornare da loro, in fretta. Ci sono alcune cose che devo risolvere, per proteggerli-
Il demone non rispose, folgorandomi con lo sguardo. Sembrava non servire, piuttosto si stava innervosendo. Sospirai ancora, così forte da ferirmi il petto.
Nolan doveva ricevere qualcosa in cambio per accettare.  
- Lasciami il marchio-
Sbottai.
- Fammi tornare da loro, devo risolvere delle cose. Quando avrò finito, potrai riavermi e non me ne andrò più-
Stava per rispondere, quando nella sala entrò Abaddon. Si bloccò di colpo, fissando prima me, poi il suo padrone. Sussultò due volte. La prima volta quando vide che ero tornata e avevo ripreso contatti con Nolan, la seconda volta quando notò lo stato del proprio principe. Spalancò la bocca, cercando di dire qualcosa ma le parole gli morirono in gola. Continuava a spostare il capo dalla mia figura a quella del demone sul trono, impietrito. Sbuffai, decidendo di aiutarlo.
- Finalmente mostri il tuo bel muso Abaddon!-
Gridai.
- Ce ne hai messo di tempo! Cosa diamine stavi facendo? La permanente alle ali?!-
Allora rivolse il suo sguardo totalmente a me.
- Tu cosa ci fai qui?-
Domandò, con rabbia. Iniziai a sorridere, avendo trovato la persona su cui scaricare la mia frustrazione. Avanzai verso di lui, minacciosamente mentre lui prese a fare lo stesso.
- Sei in ritardo mezzo uccello-
Risposi continuando entrambi ad avanzare, fino a raggiungerci a metà strada.
- Avresti potuto chiedermelo quando sono comparsa davanti al tuo padrone-
Affermai, arrestandomi innanzi a lui.
- Un attimo prima che Abrahel lo squartasse da parte a parte-
Usai parecchia enfasi. L’angelo alzò il suo sguardo oltrepassandomi, fissando la figura malconcia di Nolan. Sbiancò totalmente, allora iniziai a sentirmi soddisfatta.
- Cosa è successo?-
Nolan provò a rispondere ma io lo battei sul tempo.
- E’ successo che tu non c’eri-
Rinfacciai.
- Non eri lì quando lui aveva bisogno di te. Sono dovuta correre io, dall’altra parte del mondo per fare il tuo lavoro-
- Nessuno te l’ha chiesto-
Ringhiò la creatura dalle grandi ali nere.
- Anzi-
Continuò, a denti stretti e sottovoce.
- Ti avevo ordinato il contrario-
- Non ci sarebbe stato alcun bisogno di “disubbidire”-
Pronunciai, come se lui fosse stato nella posizione di ordinarmi qualcosa.
- Se tu non fossi così incapace-
A quelle parole l’angelo alzò una mano, per colpirmi. Sfoderai il fioretto, puntandoglielo al petto, all’altezza del cuore. Lo obbligai a fermarsi, più di quanto non stesse facendo la voce di Nolan.
- Provaci ancora e la prossima volta non punterò semplicemente al cuore-
Sussurrai con odio.
- Saranno delle piume a cadere, piuttosto-
L’angelo si ritirò, rabbrividendo a quella minaccia. Non c’era niente di più vitale per una creatura angelica delle proprie piume, anche per un angelo caduto come lui.
- Se avete finito di scannarvi per me…-
Esordì Nolan, comparendoci al fianco e intimandomi di abbassare la spada.
- Non stiamo litigando per te-
Sbottai.
- Non montarti la testa. Litigherei con questo piccione anche sul colore del cielo-
Riposi la mia arma, allontanandomi leggermente da entrambi. Abaddon non rispose, ponendo tutta la sua attenzione al principe che aveva abbandonato sul campo di battaglia. Borbottò qualcosa sull’essere stato trattenuto, sull’essere stati trattenuti entrambi. Continuò a parlare al plurale, affermando che non erano minimamente a conoscenza che lui si trovasse con Abrahel.
Nolan non era arrabbiato, affatto. Contrariamente da quel che credeva Abaddon, il principe dei demoni non predendeva di essere sempre difeso da lui. Era andato da solo, senza dire niente come molte volte prima di allora. Questa volta però le cose erano andate male e, non avere nessuno al suo fianco, lo aveva esposto alla morte. Alla fine, fu Nolan quello che dovette scusarsi.
- Doveva essere una semplice missione di ricognizione-
Spiegò il ragazzo.
- Volevo assicurarmi di quanto il suo regno si fosse espanso. Hanno preso il lago di Lichfield a proposito-
Informò il mezzo demone, rivolgendosi al servitore.
- Il cimitero di Coventry doveva essere ancora una zona sicura. Abrahel non doveva essere arrivato fino lì, invece mi sbagliavo-
- Era una trappola-
Eruppi, attirando la loro attenzione.
Entrambi si volsero verso di me, ad occhi spalancati. Più sorpresi di quello che avrebbero dovuto essere. La loro reazione mi inquietò, rimasi in silenzio a fissarli fino a che non mi chiesero di procedere.
- Mi sembra alquanto ovvio-
Continuai.
- Lui ti stava aspettando. Sapeva che saresti arrivato, altrimenti quando avrebbe avuto il tempo di scavare la tua fossa e preparare una lapide?-
- Lui cosa?!-
Bofonchiò l’angelo, voltandosi verso il padrone per ottenere spiegazioni.
- Non l’ho notata-
Mormorò Nolan incrociando le braccia.
- Ero troppo preso a sopravvivere-
- Beh io l’ho vista-
Proseguii.
- Mentre evitavo che venissi fatto a fettine. Abrahel ti stava aspettando-
I due si fissarono ancora una volta, intensamente, enigmaticamente.
- Signore…-
Pronunciò l’angelo titubante.
- Lei, lei non vi avrebbe mai mandato…-
- Lo so Abaddon-
Assicurò il principe.
- Non è possibile che fosse una trappola. Ovviamente si tratta di un errore, una coincidenza-
Concluse Nolan, sorprendendomi.
- Una coincidenza?-
Ripetei, allibita.
- Ti stai sbagliando, Victoria-
Dichiarò il mezzo demone, rivolto verso di me questa volta.
Rimasi a bocca aperta, avanzando lentamente verso di lui, estremamente offesa.
- Io cosa?!-
Urlai.
- Io non mi sto sbagliando! C’era una lapide, con il tuo nome per intero inciso sopra! C’era una fossa scavata per te! Abrahel mi ha minacciato di seppellirmi con te al suo interno!-
I due rimasero in silenzio, continuando a fissarsi.
Alla fine entrambi scossero la testa, continuando ad affermare che fosse uno sbaglio.
Non era una trappola, non poteva essere stata una trappola.
Abrahel non poteva sapere che Nolan stava arrivando.
Alzai le braccia al cielo, arrendendomi.
- La vita è tua!-
Sbottai.
- La prossima volta non correrò a salvarla. Sarà la volta buona che mi libererò da questo maledetto marchio-
Continuai a gridare, furibonda della loro ottusità.
- Credo che sia l’ora di farti tornare-
Decretò Nolan improvvisamente. Sobbalzai incredula, fissandolo a braccia incrociate.
- Lo fai per zittirmi? Tu sai che ho ragione. Io ero lì, a differenza di voi due-
Proseguì furiosa, accennando alla condizione di Nolan dell’essere stato tramortito dal fratello.
- Non avevi detto di avere fretta?-
Domandò il ragazzo dagli occhi d’oro, ignorandomi.
- Infatti-
Mormorai, stranita dal suo comportamento. Aveva accettato di lasciarmi andare.  
Mi incitò a seguirlo nel centro della stanza, posizionandomi esattamente innanzi a lui. Lo fissai in silenzio, accigliata mentre richiamava lo stesso fumo nero che ci aveva portato via dalle grinfie di Abrahel. Sembrava nervoso. Qualcosa che avevo detto lo aveva turbato, profondamente.
Allo stesso modo Abaddon, che ci fissava pacatamente senza neanche una battuta sul fatto che, finalmente, mi togliessi di torno. Non capivo cosa ci fosse di tanto strano che Abrahel avesse teso una trappola a Nolan. Dovetti non pensarci, per il momento. Il giovane principe dei demoni si allontanò leggermente da me, dandomi poche e semplici istruzioni.
- E’ un incantesimo instabile, poco affidabile-
Spiegò.
- Ma non sono in grado di usare altro-
- Perché non può farlo lui?-
Domandai, accennando al piccione che ancora ci fissava. Nolan sorrise, continuando a richiamare il fumo che lentamente mi stava circondando.
- Non tutti sono in grado di usare questi incantesimi. Secondo te perché userebbe le ali, altrimenti?-
Aveva senso, l’unica cosa che mi sbalordiva era che Nolan fosse realmente così potente ed io non riuscissi ancora a capirlo. Credevo che tutto quello che facesse lui fosse tipico dei demoni, lentamente iniziavo a capire di sbagliarmi.
- Pensa attentamente a dove vuoi andare-
Spiegò il ragazzo, facendomi rinsavire.
- Immagina il posto esatto, senza essere distratta da altro. La minima disattenzione e potresti finire ovunque-
- E’ così instabile?-
Domandai, seriamente preoccupata. Nolan rise.
- Io non avevo pensato alla sala del trono-
Confessò.
- A dire il vero volevo comparire lontano dal castello, nelle pianure di Wells, sulla costa meridionale-
Il mio cuore sussultò, chiedendomi se davvero sarei riuscita a tornare sulla Gold.
Il demone non si pose alcun problema, si allontanò da me augurandomi buona fortuna.
Si divertiva, glielo leggevo nello sguardo. Non gli importava dove sarei finita, quello era un problema mio.
- Ti do una settimana-
Sbottò, quando ormai la nube oscura mi aveva completamente avvolto.
- Una settimana per sistemare le tue faccende e poi tornerò a prenderti-
- Come mi troverai, se il marchio è nascosto?-
Domandai. Nolan sorrise ancora una volta.
- Non preoccuparti per quello, ho risolto il problema-
Fissai il disegno sul polso, poi istintivamente fissai gli occhi di Abaddon. Il sorriso di Nolan allora si allargò, divenendo estremamente maligno. Si volse verso il suo servitore, incrociando le braccia soddisfatto.
- Adesso, ho davvero risolto il problema-
Sussultai, capendo che mi aveva ingannata per scoprire chi aveva soppresso il potere del nostro legame. Abaddon avanzò di un passo, cercando di dire qualcosa, di discolparsi, quando un rumore colse la nostra attenzione. Uno strano cigolio proveniente da sopra le nostre teste.
Alzammo il capo, notando l’enorme lampadario in ferro prossimo a staccarsi dal soffitto.
Tremai, constatando che sarebbe precipitato su di me e che non potevo spostarmi.
Cadde in un attimo, puntando velocemente verso la mia figura.
Nolan scattò istintivamente per togliermi di lì ma le tenebre dell’incantesimo mi bloccavano.
- Victoria!-
Gridò.
- Pensa a dove devi andare!-
Ordinò, facendomi rinsavire. Chiusi gli occhi, immaginando con tutte le forze la Gold. Pensai ad Hyner, ad Hunter, a tutti coloro che dovevo salvare da Lucyndra. Sapevo che qualcosa stava puntando sulla mia testa per uccidermi e questo mi rese difficoltoso concentrarmi. Per un attimo temetti di finire nell’oceano, poi pensai alla bandiera col teschio d’oro della nostra nave.
Non potevo sbagliarmi. Dovevo tornare da loro.
Il fumo mi catturò, avvolgendomi completamente separandomi dalla realtà su cui poggiavo i piedi. Il lampadario di ferro, ad un passo dalla mia testa, venne tagliato in due dall’incantesimo. Non ero riuscita a smettere di pensare che mi avrebbe uccisa, così una parte di esso fu trasportato con me dall’altra parte del mondo.
Non udii più la voce di Nolan e comparvi sopra il ponte del veliero, di fianco alla bandiera, sospesa a mezz’aria. Quando il fumo mi abbandonò, precipitai inevitabilmente sulle assi dorate, accompagnata dal lampadario. Gridai, notando che la situazione non stava cambiando. Sarei caduta sul ponte e la metà rimasta del lampadario mi avrebbe schiacciata comunque. Innervosita da quella situazione, congiunsi le mani puntandole verso l’enorme ferraglia sopra di me. Lanciai un incantesimo, qualsiasi incantesimo che potesse spostarlo di poco, il necessario da non farmi colpire da lui. Mi concentrai nel richiamare una fortissima folata di vento, che fece cambiare rotta al lampadario. Soddisfatta, lo fissai mentre si spostava verso sinistra.
Preoccupata di sopravvivere a quel pericolo, mi dimenticai che stavo precipitando.
Non ebbi il tempo di fare niente a riguardo.
Caddi sul ponte, sbattendo la schiena e la testa.
Il rumore del ferro che colpiva il suolo fu assordante. La Gold tremò.
Io rimasi immobile, circondata dai pirati del servizio notturno che mi fissavano sgomenti. Sbattei le palpebre, in silenzio, notando il cielo sopra la mia testa che diveniva sempre più roseo. L’alba stava per sorgere.
Percepii le mani di qualcuno toccarmi, percorrermi il corpo cercando qualcosa di rotto. Non riuscivo ad udire la sua voce, ancora assordata dal rumore del lampadario. Fissai i suoi occhi nocciola, vedendoli ma non riuscendo a riconoscerli. Le sue labbra si muovevano, diceva qualcosa ma non sentivo, non capivo. Improvvisamente sentii un gran mal di testa, che mi condusse ad addormentarmi.
 
Quando riaprì gli occhi notai subito la figura di Elehandro che percorreva agitatamente l’infermeria da un capo all’altro. Sospirai, avendo visto fin troppe volte una scena del genere. Cercai di portarmi a sedere sul letto, attirando l’attenzione del Capitano. Il demone si precipitò al mio fianco, iniziando subito con mille domande. Lo supplicai di aspettare, di andare piano, portandomi le mani alla testa. Sobbalzai, percependo delle bende che mi cingevano il capo completamente.
- Hai avuto una commozione cerebrale-
Spiegò Hunter, appollaiato su di un mobile dell’infermeria. Mi fissava, ciondolando le gambe come un bambino.
- E’ un miracolo che tu sia viva-
Continuò. Tornai a toccare le bende sulla testa che ancora mi doleva. Ero caduta, dal cielo. Questo me lo ricordavo bene.
- Si può sapere cosa è successo?-
Tornò a chiedere il vampiro, squadrandomi con i suoi occhi neri.
- La ciurma mi ha detto che sei comparsa in cielo-
Raccontò, se pur incredulo.
- Che sei caduta dall’altezza della bandiera, con accanto metà lampadario! Si può sapere dove hai trovato metà lampadario?!-
Abbassai gli occhi, chiedendomi quando sarebbe stato il momento di dire la verità. Fissai lo sguardo di Hunter. Se il Capitano mi stava facendo quella domanda, il giovane stregone non mi aveva ancora tradito. Tuttavia non sapevo per quanto mi avrebbe coperto. Prima o poi Elehandro avrebbe scoperto che avevo un legame di possesso con un demone.
- E’…è una lunga storia-
Borbottai.
- Su come hai trovato il lampadario?-
- No-
Sbottai, fissando i suoi occhi neri.
- Su come io sia finita lassù…-
Abbassai lo sguardo, non riuscendo ad affrontare il suo. Non era ancora il momento, non avrebbe capito. Mi avrebbe gettato fuori bordo e lasciato campo libero a Lucyndra. No, non era ancora il momento.
- E’ stato un incantesimo finito male-
Esordì, non sapendo nemmeno io come concludere. Gli occhi scettici di Hyner mi trapassarono, dandomi silenziosamente ancora l’opportunità di dire la verità.
- E’ così-
Proseguii.
- Mi stavo esercitando con la magia per spostarmi da una stanza all’altra della Gold senza perdermi-
- E il lampadario?-
Continuò a chiedere il Capitano, per niente convinto.
- Ero vicino al lampadario quando ho formulato l’incantesimo. Ne devo aver portato una parte con me-
- E dov’era?-
- Dov’era cosa?-
- Il lampadario, Victoria. Non ricordo di averlo sulla mia nave-
Tacqui, mordendomi le labbra per lo stress.
- Lo aveva Barbas-
Sbottai. Hunter sussultò, facendomi cenno oltre le spalle del comandante di smettere di dire sciocchezze. Hyner si volse, notando del movimento dietro di lui. Lo stregone si bloccò immediatamente, incrociando le braccia fingendosi interessato dal mio racconto.
- Chiedilo a Barbas-
Continuai, riacquistando l’attenzione del vampiro.
- Lui confermerà-
Sperai, con tutto il cuore. Allora sul volto di Elehandro comparve una smorfia, che precedette la richiesta rivolta ad Hunter di lasciarci soli. Sgranai gli occhi puntandoli verso lo stregone, supplicandolo di non andarsene. Il Comandante rinnovò una seconda volta il suo invito, obbligando Hunter ad andarsene. Il ragazzo dovette eseguire, tuttavia non molto dispiaciuto. Sembrava infuriato con me. Di nuovo.
- Victoria-
Pronunciò il vampiro, quando fummo soli.
- Sì?-
- Per quanto continuerai a non fidarti di me?-
- Ma io mi fido di te!-
L’uomo sorrise, tristemente. Abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo e afferrarmi una mano. L’accarezzò.
- E quando, durante questa tua avventura, la ferita che ti ho inferto si sarebbe auto curata?-
- Come?-
Sussultai, ricordando solo allora quel piccolo particolare. Hyner mi pose una mano all’altezza del cuore, sul petto coperto dalla stessa camicetta bianca con cui ero stata portata in infermeria. Come al solito qualche bottone si era aperto, mostrando la scomparsa delle bende.
- Sappiamo entrambi che stava peggiorando, terribilmente. E adesso è scomparsa del tutto-
- Proprio per questo…-
Pronunciai, lentamente in modo da trovare un senso a quella frase man mano che la componevo.
- …mi è stata curata…-
Il vampiro attese pazientemente, forse curioso da quello che avrei escogitato.
- …da Barbas…-
- Wow, non sapevo che potesse farlo-
Sbottò il Capitano, ridacchiando.
- Certamente-
Replicai, ormai in panico.
- Ed è stato anche bravo. In un attimo con l’utilizzo della magia nera, mi ha guarito del tutto-
- Perché non lo ha fatto subito allora?-
- Come?-
- Se era in grado di farlo, perché non l’ha fatto subito?-
- E’ molto anziano-
Spiegai.
- Deve essergli passato di mente. Ha una pessima memoria-
Il sorriso del vampiro si allargò. Non stava credendo ad una singola sillaba che usciva dalla mia bocca.
- Io al contrario ho una memoria ottima-
Affermò il demone.
- Devo ricordarmi di licenziare il nostro medico di bordo e mettere Barbas a capo dell’infermeria, visto che può curare le ferite-
Sobbalzai, fissando i suoi occhi sentendomi ormai messa all’angolo, in trappola dalle mie stesse fandonie.
- Perché…non siete capaci tutti…di curare le ferite?-
Elehandro rise fragorosamente ma non prendendomi in giro, piuttosto sembrava divertito dalla mia ingenuità.
- Tu hai letto troppe leggende sui demoni-
Spiegò.
- Gli umani ci sopravvalutano sempre. Se fossimo in grado di curare le nostre ferite o quelle degli altri cosa ci sarebbe un dottore a bordo?-
Lo ascoltai, immobile quasi fossi un blocco di pietra. Nolan poteva curare ogni sorta di ferita con incredibile facilità. Poteva creare portali e spostarsi nello spazio a suo piacimento. Se gli umani sopravvalutavano i demoni, io al contrario fino ad allora avevo continuamente svalutato quella stupida civetta.
- Tutti i dottori del regno non avrebbero motivo di esistere!-
Continuò il vampiro.
- Ma per fortuna noi ora abbiamo Barbas!-
Sbottò, eccitato alzandosi in piedi e dirigendosi verso la porta.
- Dirò subito al dottore che la sua presenza è superflua-
- No!-
Gridai, bloccando la figura del Capitano ad un passo dal pomello.
- Non…non farlo-
Hyner sorrise dolcemente, se pur amaramente.
- Tranquilla, non ho intenzione di farlo-
Aprì la porta per andarsene, quando io lo bloccai ancora una volta.
- Per quanto ho dormito?-
Domandai, ricordandomi solo allora di un particolare che mi dava ai brividi.
- Per un giorno intero-
Proferì andandosene.
Ricaddi sul letto. Mi restavano sei giorni prima dell’arrivo di Nolan. Solo sei giorni.
Fu allora che compresi.
Ancora mi preoccupavo di dire la verità ad Elehandro, di perderlo, quando in meno di una settimana lo avrei perso lo stesso. Nolan mi avrebbe strappato a lui, alla nave in ogni caso.
 
Non avevo un piano, non avevo la minima idea di cosa fare ma non potevo farmi fermare da così poco. Decisi che avrei improvvisato. Con la testa fasciata e finalmente un cambio di vestiti, andai a cercare la causa dei miei mali sulla Gold.
- Lucyndra-
Gridai, costringendo la donna a voltarsi. Aveva terminato il turno di lavoro, l’alba stava per sorgere. La beccai nei corridoi, poco prima che riuscisse a rintanarsi nei suoi appartamenti. La vampira mi fissò sbalordita, stranita, prima di mostrare un sogghigno.
- Sei venuta ad affrontarmi finalmente?-
Domandò, avanzando verso di me con una mano sulla frusta.
- Credevo fossi capace solamente di nasconderti dietro la schiena di mio fratello-
- Non ho bisogno di nascondermi-
Dichiarai a denti stretti, fissando gli occhi viola del demone.
- Sono venuta a darti un’ultima possibilità-
Lucyndra scoppiò a ridere, iniziando a fare battute sulle fasciature che portavo al capo. Aveva saputo della commozione celebrale, chiedendo se mi avesse reso ancora più pazza.
- Dirò tutto-
Dichiarai, facendola smettere di ridere.
- Dirò al Capitano cosa sei realmente. Poi vedremo chi riderà-
- E pensi che ti crederà?-
Incalzò la donna, mantenendo un risolino.
- Sei solo uno sciocca, se pensi di poter competere con me-
- Non voglio competere-
Sbottai.
- Non ho il tempo per farlo. Gli dirò tutto. Se non mi crederà e non ti fermerà, allora sarò io ad ucciderti-
- Cosa sei venuta a dirmi, esattamente?-
Sibilò il demone, avvicinandosi maggiormente a me, fino a giungermi ad un palmo dal naso.
- Di andartene. Di lasciare la nave e di non tornare più-
- Sei davvero pazza se credi che lo farò-
Ringhiò il comandante in seconda.
- Ti avverto Lucyndra, non ho niente da perdere-
Spiegai con rabbia e malinconia, stringendo i pugni, rendendomene finalmente conto.
- Non temo di perdere Elehandro, uccidendoti davanti ai suoi occhi, perché io non potrò mai averlo-
La vampira rimase in silenzio, fissandomi per la prima volta senza avere una risposta pronta.
Le voltai le spalle, sentendomi così stranamente magnanima da volerle dare una chance.
- Non hai molto tempo-    
La informai, lasciandola impalata sulla porta della sua cabina.
- Voglio vederti sparire in fretta-
 
Cercai Hunter, sperando di trovarlo nella mensa a quell’ora. Dovevo spiegargli tutto, dopo la figura pietosa nell’infermeria. Dovevo mettere a posto ogni cosa, prima di andarmene. Una cosa era certa, non avrei lasciato la nave fino a che non fossero stati tutti al sicuro.
Varcai la soglia della caffetteria, quando una mano mi prese per la camicia e mi trascinò in cucina. Fra i vapori dei fornelli e il fracasso delle pentole, Hunter mi trascinò in un angolo dove nessuno potesse sentirci.
- Si può sapere per quanto continuerai?-
Aveva chiesto furibondo trainandomi per tutta la cucina, senza curarsi dello sguardo dei cuochi.
- Hunter-
Pronunciai, cercando di spiegare.
- Ti ho dato il tempo di dire la verità, adesso devi smettere con tutte queste bugie-
Affermò lo stregone puntandomi il dito contro il naso.
- Metti in pericolo la nave e il Capitano deve saperlo, deve prepararsi-
- Prepararsi a cosa?!-
Hunter diede un rapido sguardo intorno a noi per constatare se qualcuno ci stesse osservando.
Mi fece spostare ancora, verso un altro angolo della cucina, coperti da un’enorme credenza.
- Barbas mi ha detto tutto-
Rivelò il ragazzo.
- Mi ha detto che sei stata richiamata dal tuo demone-
- Sì ma…io…-
- Quello era un goffo tentativo di ritornare da noi, non è vero?-
Domandò il mozzo accennando alle bende sulla mia fronte.
- Sei scappata? Lui sta tornando a prenderti?-
Incalzò ulteriormente, afferrandomi per le spalle cercando di fissarmi negli occhi.
- No…sì, ma…-
- Victoria lo sapevo!-
Gridò scansandosi leggermente da me e mettendosi una mano fra i capelli e una sulla bocca.
Stava per dire altro, quando si accorse che alcuni dei pirati ci fissavano. Sorrise, affermando che fosse tutto sotto controllo.
- Il Principe dei Demoni sta venendo qui?-
Tornò a chiedere sussurrando, voltandosi verso di me col il volto preoccupato. La sua figura mi copriva completamente, mi aveva rinchiusa con la schiena contro il muro. Davanti avevo solo i suoi occhi, non potevo sfuggirgli.
- Sì-
Ammisi.
- Ma se tu mi facessi spiegare…-
- Spiegare?!-
Ripeté il ragazzo, alzando nuovamente la voce.
- Quello è un mostro! Ci ucciderà tutti non appena metterà piede sulla Gold!-
- Non parlargli così-
Gridai, spintonando lo stregone innanzi a me.
- Non ne hai diritto, tu non lo conosci!-
- Allora perché non sei con lui?-
Sussultai, fissando i suoi occhi nocciola in silenzio.
- Se non è un mostro, perché hai lasciato il suo fianco?-
- E’…è complicato-
Borbottai, stringendo forte il marchio che portavo al polso.
- Sì certo-
Mormorò Hunter, scettico.
- Victoria devi andartene-
Ordinò successivamente, facendomi rialzare lo sguardo dal pavimento appiccicaticcio.
- Devi lasciare la nave prima che lui venga qui-
- Non prima di risolvere il problema Lucyndra!-
Spiegai.
- Lei vuole uccidervi tutti! Io non…-
- Sono secoli che vuole ucciderci tutti-
Eruppe il ragazzo.
- E siamo ancora qui, vivi! Invece è la prima volta che abbiamo l’oggetto di un demone a bordo-
- Io non sono un oggetto!-
Gridai. Lo stregone si volse verso i cuochi, facendomi cenno di abbassare la voce.
- Sai che è solo un modo di dire. Un demone ha stretto un legame con te e adesso ti possiede. Se viene qui, cosa credi che farà il Capitano?-
Tacqui, fissando il suo volto adirato, non capendo cosa volesse dire.
- Tu sai che le cose sono cambiate. Il Capitano non ti consegnerebbe più al tuo demone come una settimana dopo il tuo imbarco, non credi?-
- Io, io non…-
- Te lo dico io come andrà: il Capitano si batterà per te, ignorando i termini del legame. Finirà ucciso dal Principe dei Demoni e questo per colpa tua-
Il cuore quasi si fermò. Provai un intenso dolore, che mi fece appoggiare la schiena al muro per rimanere in piedi. Mi sembrò di non poter più respirare mentre lo stregone ancora parlava.
- Vattene Victoria. Lucyndra non è un tuo problema, è solo nostro-
 
Non mangiai dopo quelle parole, non potei. Andai sul ponte, a fissare l’alba. Mi sdraiai sulla balaustra, che lentamente stava acquistando il colore dorato ai primi riflessi del sole. Assistetti al cambiamento del cielo, che radicalmente divenne rosa. Indossai l’anello che mi ero tolta, un attimo prima di essere colpita dai raggi del sole. Sospirai, non avendo la forza di togliermi da lì. Ad un passo dall’oceano, ad un passo dalla Gold. Esattamente come mi sentivo, in bilico. Non sapevo se gettarmi o restare a bordo.
Se me ne fossi andata e Hunter fosse morto e Hyner avesse perso la sua nave, non me lo sarei mai perdonato. Se fossi rimasta e alla nave e ad Hyner fosse successo qualcosa per causa mia, non me lo sarei mai perdonato. Eppure una scelta la dovevo prendere.
- Eccoti qui-
Sussultai, quasi cadendo in mare. Barbas mi fissava, con la sua solita fiaschetta fra le mani. Disse di avermi visto scomparire dalla mensa, dopo che Hunter si era avventato su di me.
- Vuoi anche tu avventarti su di me?-
Domandai tornando a sdraiarmi sulla balaustra, con un braccio sugli occhi per coprirmi dai raggi di luce sempre più forti.
- No-
Rivelò il vecchio, avvicinandosi.
- Anche se forse dovrei-
Sorrisi, senza aprire gli occhi o distogliermi da quella condizione di buio apparente.
- Dicono che io sappia fare tante cose. Curare le persone, usare la magia del trasporto. Dicono che possedevo un gran lampadario e che me ne sia rimasto mezzo-
Scoppiai a ridere, non riuscendo più a trattenermi. Risi, forte, mentre le lacrime scorrevano.
- Mi dispiace-
Mormorai, senza scoprire gli occhi.
- Nah, non fa niente. Qualche leggenda in più sul mio conto non fa mai male, a meno che non si avvicinino troppo alla verità-
Mi asciugai le lacrime, trovando la forza di pormi a sedere sulla balaustra.
- Di questo non c’è pericolo. Il tuo segreto è al sicuro con me-
Assicurai, togliendomi le noiose bende che mi cingevano il capo. Le gettai in mare, finalmente liberandomi i capelli al vento.
- Come è andata, con il tuo demone?-
L’uomo poggiò la schiena al parapetto, bevendo dalla fiaschetta aspettando che rispondessi. Io feci spallucce, fissando il ponte d’oro della nave.
- Non mi lascerà mai-
Raccontai.
- Non mi libererà mai-
Il demone annuì, rimanendo in silenzio qualche istante. Presto sarebbero arrivati i marinai del turno di giorno a ricoprire le mansioni assegnate. Non avevamo molto tempo per parlare.
- Cosa ci fai qui allora?-
Domandò Barbas.
- Se non ti vuole rendere la libertà, come sei tornata? Sei scappata?-
- Perché tutti pensano che io sia scappata?-
Chiesi, con il sorriso sulle labbra e gli occhi rossi dalle lacrime.
- Forse perché sei comparsa lassù?-
Affermò l’anziano pirata, puntando la bandiera con il dito.
- Sembrava un incantesimo finito male-
- Mi è piombato un lampadario addosso-
Spiegai.
- Si è staccato dal soffitto e mi ha deconcentrato. Per questo sono comparsa sospesa a mezz’aria. Non stavo fuggendo, c’era anche lui con me-
Barbas annuì ancora.
- Quindi ti ha lasciato andare-
- Ho meno di una settimana-
Continuai a spiegare.
- Poi lui tornerà a riprendermi-
- Perché non lasci che ti togliamo il marchio? Sai che possiamo farlo. Basta bruciarlo, rovinarlo…-
- Sarebbe inutile-
Interruppi, fissandolo dritto negli occhi.
- Ormai lui sa dove mi trovo. Avrei dovuto farlo prima, quando non poteva trovarmi. Sono stata stupida, come al solito-
Il demone tacque, annuendo leggermente.
- Ah, pensi che sia stata stupida?-
Domandai sorridendo, spintonando il vecchio con la fiaschetta mezza vuota fra le mani.
- L’amore rende stupidi-
Il mio sorriso svanì. Smisi di spintonare il demone, divenendo malinconica.
- Io non lo amo-
Dichiarai, scendendo dal parapetto.
- Al contrario sono molto affezionata al Capitano ma lo perderò, per colpa di questo-
Ammisi, mostrando il marchio.
- Perché sei tornata da noi?-
Domandò improvvisamente Barbas. Sobbalzai, trovando ovvia la risposta.
- Per Lucyndra! Mi ha giurato che vi avrebbe ucciso tutti, quando mi ha fatto questa-
Esposi, indicando la cicatrice sulla gola. Il demone mi sorrise, avanzando verso di me fino a pormi una mano sulla spalla.
- Possiamo cavarcela-
Assicurò, facendomi l’occhiolino.
- Non devi preoccuparti per noi-
- Ma…proprio tu mi hai detto che questa volta è stato diverso! Ha colpito Hunter!-
- Ma non ti ho mai detto che tu dovessi risolvere il problema. Non verte sulle tue spalle, Victoria. E’ qualcosa di cui possiamo occuparci anche noi-
Annuì, dandogli almeno questa soddisfazione. Attesi che se ne andasse a dormire, assicurandogli che anche io sarei corsa a riposarmi.
Avevo preso la mia decisione. Non importava quanto mi avessero detto di andarmene, quanto non fosse affar mio. Io avrei sconfitto Lucyndra, solamente perché mi andava.
 
Non avevo il tempo per far calmare le acque. Presa questa importante decisione dovevo prepararmi allo scontro, al meglio. Sapevo tirare di scherma ma ancora non avevo imparato a veicolare la magia all’interno della mia arma. Mi sembrava il momento di imparare.
- Hunter!-
Chiamai, prima di afferrarlo per il colletto e portarlo via dalla mensa, dove stava ancora mangiando. Tutti ci fissarono ma non mi importò. Lo trascinai fuori da lì, senza una spiegazione.
- Hai deciso di andartene?-
Domandò lo stregone mentre lo obbligavo a seguirmi per i corridoi del vascello.
- Ti piacerebbe. Devo battere Lu prima-
- Ma…-
- Niente ma-
Mi voltai furiosa, bloccandomi di colpo. Gli andai sul muso mangiandomelo con gli occhi, intimandogli di stare zitto e ascoltare per una santa volta.
- Nolan non sarà qui prima di sei giorni. E no, non sono scappata. Mi ha lasciato andare per sistemare questa benedetta faccenda-
Spiegai, tutto d’un fiato, non lasciando modo al ragazzo di interrompere.
- Il piano è questo: imparo ad usare la magia con il fioretto, uccido Lucyndra e sparisco. Almeno posso immolarmi sapendo di aver fatto qualcosa di buono nella vita-
L’ultima frase mi sfuggì, preda della rabbia. Hunter sussultò, fissandomi seriamente in volto.
- In che senso, immolarti?-
- Lascia stare, insegnami solo come battere Lu-
Mi volsi per proseguire, per raggiungere la sala di allenamento ma ormai avevo aperto il vaso di Pandora.
- Perché hai detto che devi immolarti?-
- Mi sono spiegata male-
- Spiegati bene allora-
- Volevo dire che se proprio devo andarmene almeno vuoi sarete salvi-
- Non ho è quello che hai detto-
- Infatti mi ero espressa male-
Lo stregone tacque, a lungo.
- Il Principe dei Demoni vuole farti del male?-
Eravamo arrivati alla stanza. Mi soffermai sul pomello, sospirando alla sua domanda. Prendendo un bel respiro, aprì la porta, varcando la soglia illuminata dal sole ormai alto nel cielo. I raggi ci riscaldavano attraverso le vetrate. Rimasi in silenzio per un po’, tentando di non rispondere alla domanda dello stregone. Alla fine cedetti.
- Vuole uccidermi, credo. E’ complicato-
Presi posizione dall’altra parte del campo di allenamento, innanzi al ragazzo che mi stava ascoltando attentamente.
- Oppure qualcuno dietro di lui, la persona che Abrahel mi ha detto sta manovrando Nolan-
- Abrahel…l’altro Principe dei Demoni?-
Annuii.
- Ma anche Abrahel vuole uccidermi, quindi non è che mi fidi molto di lui. L’ultima volta che l’ho visto ha cercato di seppellirmi viva-
- E quando è successo…?-
- Mmm, due giorni fa-
Spiegai.
- Ma le tue lezioni di scherma mi hanno salvata sai. Mi avrebbe tagliato la gola in un attimo senza il fioretto-
Hunter sorrise, afferrando un’arma e posizionandosi in attacco.
- Allora è bene continuare ad imparare-
 
Non uscimmo da quella stanza prima di notte. Costrinsi lo stregone ad allenarci per tutto il giorno. Qualcuno dalle cucine ci portò anche il pranzo e presto ebbi la sensazione che non stavo proprio costringendo Hunter. A metà pomeriggio, quando stavo per gettare la spugna, fu lui a spronarmi a continuare. Disse che dovevo imparare perfettamente, se volevo sopravvivere al Principe dei Demoni. Mi venne da sorridere. Io volevo usare la spada per uccidere Lucyndra, Hunter desiderava che la famiglia reale non mi usasse come combustibile per i loro poteri.
Dopo dodici ore di allenamento entrambi ci gettammo al suolo, confermando che non ci saremmo mai più rialzati in vita nostra. Sudati, ansimanti, dopo un po’ iniziammo a ridere.
Come due stupidi, stesi con la faccia verso il soffitto, continuammo a far echeggiare le nostre risa per tutta la stanza. Solo dopo un po’ la malinconia soffocò il nostro divertimento isterico.
- Allora fra cinque giorni te ne andrai-
- Già-
- Se sopravvivi a Lu-
- Già-
- Non ci rivedremo più, se sopravvivi a Lu intendo-
- Già. Me ne andrò nel gotico castello di Nolan, credo-
Hunter mi strinse la mano. Ricambiai la stretta, continuando entrambi ad ansimare sul tappeto rosso che ricopriva l’area della sala da allenamento. Mi concentrai, abbassando la temperatura per stringergli la mano solo per qualche minuto. Temevo fosse la mia ultima occasione.
- Cerca di non farti uccidere, dal Principe intendo-
- Ci proverò, con tutta me stessa-
- Neanche dagli altri-
Sorrisi.
- Ci proverò, lo prometto-
- Come farò a sapere se sei stata uccisa?-
Ci pensai per un attimo.
- Se sarà Nolan ad usare i miei poteri fino ad uccidermi, sarà lui a prendere il regno e allora lo saprai. Se sarà Abrahel a vincere e a prendere il regno, saprai che mi ha usato fino ad uccidermi oppure che mi ha sconfitto, al fianco di Nolan. Se sarà il Concilio alla fine a prendermi, o gli Angeli, o le Fate…credo che potresti leggerlo sul giornale-
Alzai entrambe le mani verso il soffitto.
- “Catturata sanguinaria assassina”-
Esposi, delineando un titolo da prima pagina.
- “Morta sul rogo per la sicurezza del paese”-
- E come farò a sapere se sei viva?-
Volsi lo sguardo verso di lui, sorridendogli e tornando a prendergli la mano. Adoravo quella sensazione.
- Sentirai della morte di ogni membro del Concilio-
- Aspiri a questo?-
Annuii, iniziando a giocare con i capelli lasciati sciolti. Udii dei flebili tuoni in lontananza, che per un attimo mi fecero perdere la concentrazione. Forse stava per piovere.
- Punto alla vendetta-
Continuai, abbandonando il contatto con lo stregone. La mia temperatura si stava rialzando.
- Il Regno dei Demoni è stata solamente una noiosa deviazione-
Il ragazzo si portò a sedere, ridacchiando.
- Pensa che senza questa deviazione non ci saremmo conosciuti!-
- Hai ragione-
Affermai, sedendomi sul tappeto come lui. Ci abbracciammo, cercando di rimanere così fin quanto il mio calore lo permettesse.
- Sei il mio primo amico Hunter-
Lo stregone si scansò da me, squadrandomi stranito.
- Quanti anni hai detto di avere?-
- Smettila!-
Urlai, scompigliandogli i capelli.
 
Appena fummo in grado di alzarci in piedi, io corsi a farmi una doccia. Sobbalzai nei corridoi, sentendo ancora una volta un tuono, sempre più vicino.
Prima di entrare nella mia cabina incappai in un ragazzo, uno che non conoscevo bene. Gli chiesi di chiamare il Capitano non appena si fosse svegliato e di dirgli che lo aspettavo nella mia stanza.
- Sì Signora!-
Rispose il mozzo facendo il segno dell’attenti, prima di correre ad eseguire il mio ordine. Sobbalzai, non aspettandomi una reazione simile. Poche settimane prima non avrei mai ricevuto tanto rispetto. Sorrisi, istintivamente. Afferrai il pomello della mia cabina, entrando in essa ancora quel sorriso ebete sulla faccia. Solo qualche istante dopo mi ricordai che stavo lasciando la Gold. Fra qualche giorno sarei andata via dall’unico luogo in cui mi ero realmente integrata in tutta la mia vita. Il sorriso svanì, recandomi malinconicamente sotto la doccia. Non riuscivo a prendermela con Nolan, non più. Ormai avevo iniziato a pensare che la colpa fosse esclusivamente mia, che ero venuta al mondo. Non avevo diritto alla felicità, perché non avevo il diritto di vivere.
La voce di Hyner interruppe i miei pensieri tragici.
- Arrivo subito!-
Urlai dal bagno, appena uscita da una lunga doccia rigenerante.
Mi presentai a lui con l’asciugamano intorno al corpo e i capelli ancora bagnati. Era seduto sul letto.
- Un ragazzino mi ha detto che mi stavi aspettando-
- Infatti-
Confermai, avvicinandomi a lui.
- Sono giorni che ti aspetto-
Lo baciai, sedendomi sulle sue ginocchia. Lo spiazzai leggermente ma presto gli feci dimenticare ogni cosa, ogni preoccupazione su di me. Al quanto velocemente il vampiro ricambiò il bacio, l’abbraccio. Gli sbottonai la camicia, aiutandolo a disfarsene. A torso nudo, lo spinsi lentamente sul letto. Continuai a baciarlo, sopra di lui, accompagnati dalle scariche di alcuni fulmini che illuminavano il cielo notturno. Elehandro aprì e tolse il telo da bagno, che ancora portavo. Lo gettò per terra mentre io iniziai a sbottonargli i pantaloni. Avrei mantenuto la temperatura bassa a lungo.
 
La pioggia batteva contro l’oblo della mia cabina. Il mare si era ingrossato, le onde erano diventate più selvagge. La Gold dondolava, cullandoci all’interno del letto a baldacchino. Restammo in silenzio ad ascoltare il temporale, abbracciati, stanchi.
Lui giocava con i miei capelli, io gli passavo un dito sul petto. Osservavo ogni forma del suo corpo, ogni muscolo. Non aveva neanche un neo, la sua pelle era semplicemente bianca.
Improvvisamente sospirai e lui mi strinse maggiormente a sé.
In quella quiete il vampiro si stava riposando, io quel silenzio volevo spezzarlo in tutti i modi e non ci riuscivo. Quello che volevo dire, avrebbe fatto troppo rumore. Sospirai ancora, senza accorgermene e allora fu lui a spezzare il silenzio.
- Ti senti bene?-
- Certo-
Sbottai, alzando il capo fino ad essere catturata dal suo sguardo.
- Ti fa male la testa?-
- No, non sento niente-
Elehandro mi baciò la fronte, stringendomi con forza. Mi accoccolai ancora di più al suo corpo, tentando di raggruppare tutto il coraggio che avevo. Dovevo farlo, dovevo dire la verità.
Non avevo niente da perdere, avevo perso Elehandro nel momento in cui avevo salvato la vita a Nolan.
- C’è qualcosa che ti devo dire-
- Dimmi-
Presi un bel respiro prima di continuare.
- Ho mentito, ieri notte-
- Lo so-
Ammise lui, senza smettere di stringermi.
- Quando vorrai dirmi la verità, io sarò qui ad ascoltarla-
Presi ancora un bel respiro.
- El…io…-
Alzai il braccio, per mostrargli il marchio. In quel momento una saetta cadde vicinissimo al vascello e un’onda ci sbalzò maggiormente, facendoci sussultare. Entrambi scattammo in piedi, tuttavia riuscendo a malapena a restare in posizione eretta. La pioggia aumentò radicalmente, la nave d’oro scricchiolò in modo strano, preda della tempesta in cui eravamo finiti.
Mentre io ancora cercavo di capire cosa stesse accadendo, Hyner si era già infilato i pantaloni.
- Quelli stupidi-
Iniziò a borbottare.
- Non hanno visto che ci stavamo dirigendo in una tempesta?-
- Affonderemo?-
Chiesi preoccupata finendo sbalzata da una parete all’altra. Restare in piedi era assolutamente impossibile, eppure il Capitano era già vestito e pronto a scattare sul ponte. Mi aiutò ad alzarmi prima, dandomi un ultimo bacio e affermando che niente avrebbe affondato la sua nave. Si precipitò fuori dalla cabina, dandoci appuntamento sul ponte.
 
Non appena fui riuscita a vestirmi, dovetti arrivare sopraccoperta. Ci misi un’eternità e in quel tragitto pensai di rimettere tutta la cena che avevo nello stomaco. Percorsi il corridoio appiccicata alla parete, senza mai staccarmi dal muro. Il resto dell’equipaggio correva e si muoveva con più equilibrio. Qualcuno si offrì anche di aiutarmi ma io, orgogliosamente, rifiutai l’invito.
Quando sbucai fuori sul ponte, potei osservare onde più alte della Gold anche di dieci metri che si abbattevano su di noi. Tutti erano legati con una corda all’albero maestro e cercavano di fare di tutto perché la nave e le vele subissero il minor danno possibile. Sotto la pioggia, il vento e con la sola luce dei fulmini, gli uomini avevano legato ogni cosa che si muovesse. I cannoni sarebbero scivolati giù dalla nave se non li avessero bloccati repentinamente. Non riuscivo a vedere niente, né la figura di Hyner né quella di Hunter. C’era una gran confusione, un gran frastuono. Tutti urlavano per far prevalere la loro voce su quella del temporale e la pioggia mi colpiva il volto, impedendomi di tenere gli occhi aperti. Mi bloccai in un angolo, non riuscendo a muovermi. Fu Thos a trovarmi e a rimettermi in piedi, mi protesse con il suo corpo scortandomi fino all’albero maestro dove mi porse una corda.
- Perché Hunter non stabilizza la nave?!-
- Lo sta già facendo!-
Spiegò il marinaio.
- Dove il Capitano?-
- L’ultima volta l’ho visto sul pozzetto-
Urlò il demone aiutandomi a legarmi la corda in vita. Mi volsi verso il timone, il punto più alto della Gold. Da lì non vedevo la figura di Elehandro ma quello era il posto più logico dove trovare il comandante durante un temporale. Feci uno scatto verso il pozzetto ma Thos mi bloccò, afferrandomi per un braccio.
- Attenta!-
Avvertì.
- Quello è il posto più facile per cadere in mare!-
Sorrisi, ringraziando e mostrando la corda.
- Se cado, risalgo!-
Corsi verso il timone, salendo le scale sotto il forte gettito della pioggia. La lunghezza della corda mi permise di arrivare fin su, ad un passo dal timoniere. C’era solo lui sul pozzetto, abbandonato alla forza delle onde.
- Dov’è il comandante?!-
Gli chiesi. L’uomo stava per rispondermi ma venne interrotto da una voce femminile, dietro le sue spalle.
- Ci sono io-
Rispose Lucyndra, vendendo avanti dalle ombre della notte. Non era legata da nessuna corda e riusciva a mantenere benissimo l’equilibrio. Il suo fisico non sembrava risentire della pioggia né del frastuono delle saette. Fissandomi con i suoi brillanti occhi viola, congedò il timoniere, ricordando che lei sapeva condurre la nave meglio di lui. Se pur un po’ titubante nel lasciare il proprio compito in un momento così delicato, il demone obbedì. La vampira afferrò per un attimo il timone d’oro, giusto per farsi vedere dal timoniere prima che questo scendesse verso il ponte. Dopodiché il suo sorriso dolce scomparve. Con la frusta bloccò il timone, legandolo fisso in modo che procedesse dritto e che non soccombesse alla forza delle onde. Quest’ultime intanto si facevano sempre più alte. Si abbattevano sulla nave, colpendoci e bagnandoci di acqua salata continuamente. Anche poco prima che Lucyndra mi saltasse minacciosamente addosso, eravamo state investite da una pioggia d’acqua salata.
Mi spinse contro la balaustra d’oro, facendomi sbattere la schiena contro di essa. Mugolai mentre la donna mi teneva ferma per la camicia, mostrando le zanne.
- Ci tenevo a dirti che ho pensato alla tua proposta-
- Davvero?-
Domandai ironicamente, già constatando la risposta. Tentai di liberarmi dalla sua presa ma il comandante in seconda era forte, estremamente più forte del solito.
- Declino l’offerta-
Affermò con gli occhi iniettati di sangue, tipici di quando un vampiro si è appena nutrito.
Tentai di rispondere ma non ne ebbi il tempo. Quella volta Lucyndra non era lì per parlare, bensì per agire. Estrasse velocemente un coltello da dietro la schiena, tagliando di netto la corda che portavo alla vita. Tutto accadde in un attimo, quasi non me ne accorsi.
La vampira mi gettò in acqua, in mezzo alle onde agitate dal temporale.
Prima di rendermene conto, ero già nelle profondità dell’oceano. Ogni suono, ogni rumore era scomparso. La pioggia, era scomparsa. C’era solo il silenzio e il freddo. Sprofondavo, allontanandomi sempre di più dalla superficie. Le orecchie presero a farmi male, così come la testa. Non respiravo e la paura mi diede l’adrenalina necessaria per combattere la forza del mare e nuotare. Ogni qual volta ero vicina alla superficie, il mare mosso mi riportava in profondità. Il cuore iniziò a battere sempre più veloce, terrorizzato dalla mancanza d’ossigeno. Sotto di me c’era solo l’oscurità, in alto ancora intravedevo le luci dei fulmini e dalla Gold. Feci ancora più forza, ormai senza aria. Finalmente raggiunsi la superficie, prendendo un gigantesco respiro. I polmoni mi facevano male ma ciò che mi fece più male fu vedere la nave che mi stava sorpassando, per allontanarsi. Era così grande in confronto a me, così imponente ed io non riuscivo a raggiungerla. Iniziai a nuotare nella sua direzione, sfidando le onde. Mi chiedevo se qualcuno si sarebbe accorto della mia assenza con tutta quella confusione. Molto probabilmente Hunter e il Capitano neanche sapevano che ero sul ponte. Non sarebbero venuti a salvarmi e questo mi spaventò a morte.
Mentre nuotavo disperatamente verso la nave, un’onda mi investì. La osservai prima che mi colpisse. Era tremendamente più alta della Gold. Mi sbalzò nuovamente negli abissi, rotolando nelle acque e trascinandomi verso il vascello. Inizialmente mi sembrò una cosa buona, a parte il non riuscire a respirare e il timore di morire annegata. Però avevo raggiunto la nave, ed era effettivamente il mio obiettivo. Ma quando riaffiorai in superficie vicino alla scafo, compresi che non fosse stata una botta di fortuna. In quel punto venni investita da ulteriori onde che si stavano abbattendo sulla Gold Sea, facendola oscillare. La prima onda che mi travolse, mi fece colpire il vascello d’oro. Sbattei la testa, già con una commozione celebrale in atto. In quel momento, il mio corpo smise di combattere. Il marchio che portavo al polso si illuminò, regalandomi un po’ di luce nell’oscurità in cui cadevo. Osservai la superficie allontanarsi sempre di più, inerme.
Mi sentivo lontana da tutto quello, come se non fossi realmente io a viverlo. Come una spettatrice, aspettavo di vedere cosa sarebbe successo. Il freddo iniziò ad attenuarsi, così il dolore per la pressione degli abissi e il male alla testa. Non provavo niente. Nemmeno il dolore al petto.
Il cuore iniziò a rallentare.
Stavo per chiudere gli occhi, annoiata. Iniziai ad aprire le labbra, per respirare anche se non c’era ossigeno. Improvvisamente sopra di me avvenne qualcosa di interessante. Oltre il mare mosso, oltre il temporale, scorsi il cielo aprirsi in due. La luce fu così accecante che riuscì a scorgerla da dove mi trovavo. Ne ero certa, il cielo si era aperto in due. Da quella fessura scaturiva una luce d’orata che ricordava quella del marchio, che a proposito si spense. Non ci volle molto tempo, prima che anche l’oceano sopra di me si aprisse in due allo stesso modo del cielo. Al contrario ci misi un po’ a capire che non si stava semplicemente aprendo, qualcuno mi stava raggiungendo tramite esso.
Una figura era uscita dalla fessura, cadendo in picchiata con due grandi ali nere. Si era precipitato nell’oceano, seguendo il richiamo del mio marchio. Quella stessa figura mi aveva raggiunta nel profondo del mare, afferrandomi un attimo prima che decidessi di secondare il mio istinto di respirare sott’acqua. Con la stessa velocità con cui mi aveva raggiunta, l’uomo mi strappò dalle acque, riportandomi in superficie. Si innalzò sopra il vascello, prendendo tale slancio per sfuggire alla potenza delle onde. La mia reazione fu immediata. Vomitai immediatamente quel poco di acqua che avevo ingoiato, agitandomi fra le sua braccia per ottenere ossigeno. Mi aggrappai terrorizzata al suo petto, scorgendo delle piume nere sopra la mia testa. Ali da angelo.
- Oh no-
Sospirai a malapena.
- Sei tu-
- Nemmeno io sono felice di vederti-
Rispose Abaddon. Continuai a tossire, osservando il cambiamento nel cielo. La fessura aperta dal marchio aveva dissipato le nubi, allontanando il temporale. La pioggia si stava affievolendo, i fulmini erano scomparsi, anche il mare si stava calmando. Dopo qualche istante dedicato a me stessa per riprendermi, mi sporsi oltre il corpo dell’angelo. Non solo notai che ci stavamo librando sopra la Gold, piuttosto vidi con orrore anche l’intero equipaggio fermo, bloccato, a fissarci sul ponte. Tutti, ci stavano guardando. Tutti avevano visto il portale spaccare il cielo, un angelo precipitare nell’oceano e uscirne con me fra le braccia, compreso Hyner.
- Ti prego uccidimi-
Supplicai, fissando la figura del comandante esterrefatta.
- Non posso farlo, purtroppo-
Sbottò l’angelo caduto, scendendo lentamente verso la Gold.
- Aspetta. No. Che fai?!-
Domandai terrorizzata. La creatura non mi rispose ed io non ebbi abbastanza forza per reagire. Sentivo la testa dolere nuovamente e mi sembrava come se fossi stata prosciugata di ogni singola forza che possedevo in corpo. Così non potei fare niente, quando Abaddon atterrò sul ponte con me in braccio, proprio davanti ad Elehandro.
- Chi ne è responsabile?-
Chiese l’angelo, facendo echeggiare la sua voce nel silenzio in cui il vascello era piombato.
Vidi i demoni fissarsi l’un con l’altro, enigmatici. Alcuni si fecero indietro, non capendo. Nemmeno io capii, pensai che Abaddon stesse domandando chi mi avesse gettato in mare, invece mi sbagliavo.
- Chi di voi è il responsabile di questa ragazza?-
Domandò ancora, fissando negli occhi ogni singolo pirata della Gold.
- Chi garantisce per la sua incolumità?-
Hyner fece un passo avanti.
- Io-
Affermò.
- Sono il Capitano della nave-
Spiegò.
- E garantisco io per lei-
Abaddon lo scrutò attentamente, per poi continuare.
- Non sono qui per portarla indietro-
Spiegò.
- Non ancora. Ma il padrone dice che se succederà ancora qualcosa del genere, punirà colui che si è preso la responsabilità di tenerla in vita-
Il volto del Capitano non fece trasparire nessuna emozione. Continuò a rimanere immobile, con una mano sulla spada, fermo a fissare l’angelo. Abaddon mi adagiò a terra, sancendo così la mia restituzione alla Gold. Toccate le assi d’oro ripresi a tossire acqua, bagnata fradicia e infreddolita.
- Perché non è venuto di persona?-
Domandai, furiosa che la mia copertura fosse saltata. Avrei voluto prenderlo a pugni.
Avevo diritto a sei giorni e in questo modo me ne ero giocati quattro.
- Il Signore è molto indaffarato. Non aveva tempo da perdere-
Gli feci la linguaccia, a quegli occhi così acidi e odiosi nei miei confronti. Abaddon distolse lo sguardo, dedicandosi nuovamente al vampiro.
- Chi sei tu?-
Chiese.
- Hyner, Elehandro. Comandante della Gold Sea. Ora dimmi, chi sei tu?-
- Il mio nome non è importante-
Spiegò.
- Sono solo un servo-
Hyner volse il capo verso di me, fissandomi e pretendendo una risposta. Sospirai, comprendendo che tanto peggio di così non poteva andare.
- “Abaddon”-
Risposi con il labiale. Lo sguardo del vampiro allora tornò a posarsi sull’angelo caduto, che però non aveva ancora finito di parlare.
- Il mio padrone tornerà fra quattro giorni, così come stabilito. Nel frattempo, se questa ragazza rischierà la vita o morrà sarai tu Hyner Elehandro a pagare-
Senza dare il tempo di rispondere, Abaddon si allontanò in volo. Si diresse verso il portale ancora aperto, svanendo in esso e portando via la luce con sé. Ogni cosa tornò buia, calma, silenziosa.
Tutti mi stavano fissando, compreso il Capitano. Solamente Hunter e Thos si precipitarono verso di me, aiutandomi ad alzarmi.
Il ragazzo dagli occhi nocciola mi chiese come stessi ma non riuscì a rispondere, potevo solo fissare gli occhi neri del comandante. Feci un passo verso di lui ma a quel punto il vampiro distolse lo sguardo, ordinando di andare nei miei alloggi. Tentai di ribattere ma si abbatté violentemente contro di me.
- O la tua stanza o le segrete. Scegli-
Fissai attentamente il suo volto adirato, optando per la mia cabina.
Hunter e Thos mi scortarono sottocoperta, aiutandomi a sfilare innanzi a tutti quegli occhi puntati su di me.
- Il tuo lavoro con Barbas è sospeso-
Continuò Hyner, quando ero già girata di spalle.
- Rimarrai nei tuoi alloggi fino a che non avrò preso una decisione-
Tentai di tornare indietro, di dire qualcosa ma i due pirati che mi stavano sorreggendo mi consigliarono di procedere dritto. Mi morsi le labbra, continuando ad avanzare con disonore per tutto il ponte. Udì echeggiare un risolino poco prima di accedere alle scale. Alzai lo sguardo, intravedendo Lucyndra vicino al timone. Mi stava beffeggiando, godendosi tutta la scena. Strinsi i pugni, iniziando a sentire la rabbia ribollire. Aveva cercato di uccidermi ma aveva ottenuto molto di più: mi aveva screditata davanti a tutti.
Feci uno scatto verso di lei, pronta a torcerle il collo.
Basta aspettare, basta indugiare, ormai avevo perso tutto.
Hunter e Thos mi bloccarono all’unisono, entrambi afferrandomi per un braccio. Ricaddi a terra, per lo sbalzo. I due mi aiutarono a rialzarmi, sussurrandomi all’orecchio che non era ancora il momento.
- Mi ha gettata in mare!-
Gridai, senza preoccuparmi dei presenti. Se qualcuno non mi stava ancora fissando, certamente aveva iniziato in quel momento. Molti degnarono attenzione anche al comandante in seconda, che perse momentaneamente il sorriso a quella mia affermazione.
- Lo so, lo so-
Sussurrò Hunter stringendomi il braccio, intimandomi di proseguire verso sottocoperta.

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Capitolo 13
*** Un mezzo diavolo a bordo ***


Il Capitano non venne a trovarmi. Rimasi tutta la notte con Hunter, a piangere.
Non sapevo perché piangevo, eppure non riuscivo a smettere.
Elehandro avrebbe dovuto sapere del marchio prima o poi, avrei dovuto essere preparata a quel momento. Forse ero tanto triste perché era avvenuto nei peggiori dei modi, davanti a tutti.
- Mi ha tagliato la corda-
Continuai a ripetere, per l’ennesima volta.
Per l’ennesima volta lo stregone annuì, poggiandomi una mano sulla spalla.
- Lo so Vic, lo so-
- Ho creduto davvero di morire-
Continuai, durante i singhiozzi.
- E il marchio si è attivato-
- Lo avevo intuito sì-
- E’ stato peggio che affrontare Isaac ed Abrahel insieme-
Spiegai, rannicchiata sul letto.
- Odio morire annegata-
- E’ una cosa comune-
Mormorò lo stregone.
- Ma Abaddon ti ha salvata-
- Solo perché glielo ha ordinato Nolan-
Borbottai, tuttavia non capendo perché non fosse venuto di persona. Cosa stava facendo di tanto importante?
- Poteva farlo più discretamente però!-
Sbottai fuoriuscendo dal mio guscio e mostrando le guancie arrossate e gli occhi pieni di lacrime.
- Perché aprire uno squarcio nel cielo e mostrarsi in quel modo?! Ha rovinato tutto!-
- Forse l’ha fatto apposta-
Annuii, conoscendo Abaddon. Sicuramente lo aveva fatto apposta.
- La deve pagare-
Affermai.
- L’angelo?-
- Lucyndra-
Dichiarai asciugandomi il volto.
- La pagherà per avermi gettato in mare, pagherà per tutto-
- Cosa hai in mente?-
- Di ucciderla non appena la vedo-
Hunter mi ricordò che ero confinata nella mia stanza.
- Non ho intenzione di farlo-
Spiegai.
- Mi rimangono quattro giorni per farla fuori. Non intendo passarli tutti qua dentro. Ormai è diventata una questione personale, non è più per salvare tutti voi-
Il ragazzo iniziò a ridere, nonostante io fossi così seria.
- Non era già una questione personale?-
Chiese riferendosi alla ferita al cuore e alla gola.
- Questo è diverso-
Mormorai.
- Mi ha fatto perdere Elehandro, quattro giorni prima-
 
Riposai per il resto della notte e gran parte del giorno, certa che non appena fosse sorta nuovamente la luna avrei sfidato e ucciso la vampira. Il tempo passò in fretta, senza che me accorgessi. Al risveglio la testa già doleva meno e le forze che avevo perso parevano essere in parte tornate.
A svegliarmi fu Thos, che mi portò da mangiare.
- Sarai anche in punizione ma non a digiuno!-
Sbottò l’enorme demone, ridendo.
- Punizione? Bel modo di chiamarlo-
Notai, afferrando una brioche piena di marmellata.
- Mi sento più una prigioniera-
- Una prigioniera a cinque stelle!-
Affermò l’uomo, passandomi del succo d’arancia. Sorrisi, pensando che forse aveva ragione.
- Posso vederlo?-
Domandò dopo un po’ il demone, timidamente.
- Cosa?-
Indicò il marchio.
Feci spallucce, mostrandoli il polso mentre continuavo a mangiare con la mano sinistra.
- Wow, è bellissimo-
- Prova tu ad essere legato ad uno stupido che rischia di morire ogni minuto, poi ne riparliamo-
- Ha fatto male?-
Continuò a chiedere, senza perdere la meraviglia nei suoi occhi.
- Quando te lo ha posto, ha fatto male?-
- Sì, un po’ sì. Ma fa più male quando lui viene ferito. Sento tremendamente tutto. È una spina nel fianco-
- Perché non te ne sei liberata subito?-
Feci di nuovo spallucce.
- Perché sono stupida. Non c’è altra spiegazione-
Entrambi tacemmo per un po’.
- Cosa dice il Capitano, di questo?-
- Non lo so-
Borbottò il demone. Roteai gli occhi.
- Avanti Thos, posso farcela. Dimmi tutto-
- Beh, è deluso. Molto deluso. Arrabbiato. Molto arrabbiato-
- Ok, ho afferrato. Che altro dice?-
- Che non capisce perché tu non glielo abbia detto-
- Stavo per farlo!-
Sbottai.
- Davvero! Stavo per dire tutto ma poi è scoppiata la tempesta!-
Thos mi lanciò lo sguardo del “avresti dovuto dirglielo fin dal principio e non solo ieri” ma continuò.
- Dice che hai messo tutti in pericolo-
- Ok, qualcosa che non sappia già?-
Ebbe qualche premura prima di proseguire.
- Che non avrebbe dovuto giacere con l’oggetto di un demone-
Il boccone mi andò di traverso ed iniziai a tossire.
Bevvi del succo, prendendo ossigeno.
- Lo sta dicendo a tutti??-
- No, non a tutti. Lo ha detto ad Hunter che lo ha detto a me-
Mi posi le mani sulla fronte, desiderando sparire.
- C’è altro?-
- Ti terrà rinchiusa, finché il tuo demone non verrà a prenderti-
- Cosa?!-
- Ah e ha capito che il tuo demone è il Principe dei Demoni, visto che si tratta del padrone dell’angelo Abaddon-
Tornai a nascondere il volto fra le mani, scuotendo il capo.
- Thos-
Sbottai scoprendo il volto.
- Devo trovare il modo di incontrare Lucyndra senza che il Capitano mi scopra-
 
Attesi la notte, che il nostro piano prendesse forma. Avevo incaricato Hunter e Thos di occuparsi della parte tecnica, io avrei pensato a quella fisica. Intitolammo il piano “Operazione uccidi Lu”.
Barbas non volle partecipare, né aiutarci. Era certo che mi sarei fatta uccidere e tutto l’aiuto che ci diede fu quello di non denunciarci al Capitano. Thos doveva fare in modo che il ponte della nave fosse sgombro quando io ne avessi avuto necessità e, al momento giusto, Hunter doveva distrarre il comandante. Avrebbe finto uno svenimento, avrebbe fatto oscillare la nave e ci avrebbe dato tutto il tempo necessario. Non so Thos con quale scusa avrebbe liberato il ponte nel pieno orario di lavoro. Forse disse semplicemente la verità.
Iniziai a crederlo quando uscì abusivamente dalla mia cabina. Nonostante tutti sapessero che ero marchiata da un demone, mi sorridevano e mi lasciarono raggiungere il ponte. Nessuno mi fermò, mi obbligò a tornare agli arresti. Ogni singolo marinaio fece un cenno di approvazione durante il mio passaggio, alcuni mi augurarono buona fortuna.
Mi fermai davanti all’entrata per il ponte. Presi un bel respiro e mi tolsi l’anello. Sfoderai il fioretto certa che, come prevedeva il piano, Lucyndra si sarebbe trovata lì. Non era il nemico più forte e più spaventoso che affrontavo, non mi inquietava davvero. In verità la sua presenza nel mondo nemmeno mi sfiorava, semplicemente era una minaccia per le uniche persone che erano state gentili con me. Dovevo eliminarla assolutamente.
Uscii sul ponte, sotto il cielo libero da nubi. Cercai la vampira con lo sguardo, non trovandola. Me ne stupii e procedetti cautamente, osservando ogni singolo angolo buio. Hunter doveva averla convinta a trovarsi sul ponte in quel preciso momento, eppure non c’era. Raggiunsi la balaustra, osservando le onde dell’oceano. Forse ero in anticipo o in ritardo.
Improvvisamente mi sentii afferrare la caviglia da qualcosa. Stringeva forte e faceva male. Abbassai lo sguardo constatando che si trattava della corda di una frusta nera. Lucyndra era arrivata.
Non ebbi il tempo di reagire che la donna strattonò la corda, facendomi perdere l’equilibrio.
Caddi a terra, dove rimasi immobile per qualche istante, dolorante. Continuai a stringere il fioretto nella mano destra, con il naso schiacciato sulle assi dorate.
- Lucyndra!-
Gridai da terra. Cercai di voltarmi ma in quel momento la frusta venne tirata ancora, con tutta la forza che una persona potesse metterci. Fui violentemente trascinata indietro, lontana dalla balaustra. Dalla potenza con cui fui strattonata, sentii anche il mio corpo alzarsi leggermente dal suolo. Sbattei nuovamente in terra, picchiando il capo. Chiusi gli occhi per il dolore, anche la caviglia mi bruciava. Mugolando cercai la figura della persona che mi aveva portata ai suoi piedi e nel buio la vidi.
- Bastarda-
- Credevi che non avrei capito?-
Domandò ironica la vampira.
- Uno strano invito a trovarmi sul ponte, deserto in pieno turno. Pensi che sia stupida?-
- Devo rispondere?-
Il sorriso della ragazza si tramutò in una smorfia. Cercai di rialzarmi ma il comandante in seconda tirò ancora con forza facendomi ricadere al suolo. Mi aveva in pugno, finché non mi liberavo dalla frusta. La colpì con il fioretto, violentemente.
Spalancai gli occhi incredula quando notai che non l’avevo minimamente scalfita. Alzai lo sguardo fino ad incrociare quello divertito del demone. Era incantata.
- Adesso ci divertiamo-
Promise, sogghignando. Diede uno strattone alla frusta talmente forte che mi sollevò in aria. Mi lanciò dietro le sue spalle, dove andai a sbattere contro il fianco della nave. Mugolai, constando che era terribilmente più forte di me. Mi ritrovai ancora al suolo, a pancia in giù. Chiusi gli occhi e la prima cosa che vidi, riaprendoli, furono i suoi tacchi neri davanti al mio volto.
Si accucciò accanto a me, sorridendo.
- La tua presenza è durata fin troppo a lungo. Sei stata più problematica delle altre-
Alzai il volto, ansimando per il dolore. Altre?
Utilizzò nuovamente la stessa tecnica, sollevandomi o meglio lanciandomi in aria. Mi fece sbattere ripetutamente da un lato all’altro del ponte, giocando come se lei fosse il gatto ed io il topo. Solo dopo la quarta volta che sorvolavo il ponte, sbalzandomi vicino al timone mollò la presa sulla caviglia. Libera dalla frusta, rotolai per qualche metro percorrendo tutto il pozzetto. Rimasi a terra qualche istante per riprendermi, dandole il tempo di raggiungermi. Innanzi ai suoi occhi soddisfatti mi posi a sedere, senza mai perdere il contatto visivo con lei.
- E’ il mio turno-
Affermai, puntando la spada verso di lei. Canalizzai il mio potere in essa, come avevo imparato. Con l’ausilio del fioretto l’incantesimo era più preciso e meno soggetto alle dispersioni di potere. Lanciai una tecnica immobilizzante sulle sue gambe, trasformandole in un blocco di diamante.
Tentò subito di liberarsene, facendo delle strane smorfie con la bocca mentre tentava di muovere le gambe. Ma era tutto inutile.
- Sei nelle mie mani adesso-
Sbottai soddisfatta. Il comandante in seconda parve non gradire e cercò di riprendermi con la frusta.
Mi scansai prontamente, non cascandoci per la seconda volta. Ebbi pochi istanti per gongolare, con un frisbee l’arma della vampira tornò indietro verso di me. Troppo occupata a compiacermi, non avrei fatto in tempo a spostarmi. Parai l’attacco con il fioretto, lasciando che la corda si attorcigliasse intorno ad esso. Lucyndra sorrise, certa che così mi avrebbe disarmata. Iniziò a tirare, tentando di farmi perdere la spada. Contrastai la sua forza, facendo di tutto per impedirle di rubarmi l’arma. Puntai i piedi sulle lisce assi d’oro, finendo trascinata con il fioretto verso il demone. Digrignai i denti, tentando di impedire che la creatura mi portasse a sé. Avrei dovuto trovare un modo per tagliare quella maledetta frusta.
Improvvisamente mi venne in mente che non dovevo necessariamente distruggerla, bastava che Lucyndra la perdesse.
Evocai delle fiamme, incendiando la mia spada. Il vampiro rise, schernendomi.
- Il fuoco non funzionerà di certo. Niente può bruciare la mia piccolina-
Aveva ragione, fortunatamente a me serviva solo che la sua arma fungesse da tramite.
Dalla mia lama, le fiamme si propagarono in fretta percorrendo la corda incantata fino a raggiungerla. Quando Lucyndra comprese fu troppo tardi, il fuoco le era ad un passo e per evitare di ustionarsi dovette mollare la sua “piccolina”. La gettò a terra terrorizzata dalle fiamme, urlando.
Con l’ausilio del fioretto ancora attorcigliato, allontanai la frusta da lei, appropriandomene. Sotto i suoi occhi e sogghignando, la gettai nell’oceano provocando un sussulto nella vampira.
- Maledetta!-
Urlò.
- Era quella buona!-
- Tanto non ti servirà più-
La informai.
- Se non lo hai capito, stai per morire-
La donna mi fulminò con lo sguardo, emettendo la stessa identica promessa.
Improvvisamente i suoi occhi pieni e colmi di rabbia, svanirono. Come loro, anche tutto il resto del suo colpo. Sussultai, osservando il blocco di diamante lasciato vuoto e privo della sua prigioniera.
Maledizione, mi ero dimenticata che i demoni potevano farlo.
Non ebbi il tempo di reagire che il comandante in seconda mi comparve alle spalle, dandomi un calcio nella schiena. A causa della sua forza mi scaraventò giù dal pozzetto, facendomi atterrare sul ponte. Iniziai a tossire cercando di alzarmi, invano. Mi sembrava di avere la schiena a pezzi.
- Maledetta-
Sussurrai con il muso sul pavimento. Mi mancava l’aria e non riuscivo ad inveire quanto avrei voluto.
- Sei una creatura debole-
Sbottò sprezzante la vampira, raggiungendomi con agilità.
- Solo una stupida spererebbe di uccidermi senza essere dotata delle giuste capacità-
- Capacità-
Ripetei divertita, iniziando le manovre per alzarmi da quella assi d’oro.
- Te le farò vedere le mie capacità-
La donna sorrise, accettando la sfida.
- Se ti riferisci alle tue tecniche di seduzione, con me non funzionano-
Sorrisi, sollevandomi finalmente in piedi.
- Non ho solo quelle-
Mi avventai su di lei con il fioretto per graffiarla, solamente per graffiarla. Lucyndra senza frusta non era abituata a schivare, solitamente bloccava l’arma avversaria. Riuscì a colpirle superficialmente il braccio con poche stoccate, con l’intento di ottenerne il sangue sulla punta della mia arma. Sorrisi quando lacerai la sua pelle, attendendo di vedere il sangue fuoriuscire dalla ferita.
Attesi ma dalle sue vene non uscii niente. Sobbalzai, incredula, notando che sulla lama avevo solamente polvere.
- Ma cosa…?-
Polvere. Non c’era sangue nelle sue vene, non ne scorreva. Si era essiccato secoli prima, l’unico modo che aveva la vampira per sopravvivere era assumerne da creature vive.
Lucyndra continuò ad affrontarmi in uno scontro corpo a corpo, non capacitandosi del perché perdessi tempo. Ci misi un po’ per metabolizzare il problema. Non potevo usare la mia tecnica più forte, per la prima volta ebbi paura di non riuscire a vincere.
Questa titubanza mi rese vulnerabile e la donna riuscii ad atterrarmi ancora una volta. Caddi di schiena, perdendo la spada.
- La tua vita termina qui-
Eruppe teatralmente la donna, affondandomi uno dei suoi stiletti nello stomaco. Urlai, tremendamente. Sogghignando, il demone ritrasse lo stivale colpendomi nuovamente. Puntò al petto, affondando il tacco vicino al cuore. Gridai ancora, più forte della volta precedente. Riaprii gli occhi che avevo socchiuso, fissando i suoi così pieno di divertimento. Non voleva uccidermi subito, prima voleva giocare.
- Credi che urlando correrà mio fratello a salvarti?-
Strinsi i denti, non riuscendo a risponderle. Non ci avevo nemmeno pensato, certo che non volevo che Elehandro corresse a salvarmi. Sarebbe stato troppo umiliante.
A proposito di soccorsi, dopo quel colpo sferrato così vicino al cuore il marchio si illuminò. Doveva bruciare ma non riuscì a percepire il dolore a causa delle altre ferite. Anche il comandante in seconda notò la sua luce nelle tenebre, spaventandosi. Si allontanò di scatto dal mio corpo, con in volto una pura espressione di terrore. Libera dal suo peso sul mio petto iniziai ad ansimare, a respirare forte osservando il suo comportamento. Come gli altri, anche Lucyndra aveva paura di Nolan.
Approfittai della sua distrazione, ruotando le gambe verso di lei per colpirla trasversalmente sulle caviglie e farla crollare a terra. Cadde come un sacco di patate, strillando. Mi rialzai in fretta, vendicandomi assestandole una serie di calci nello stomaco.
La donna mugolò, non riuscendo a reagire fra un calcio e l’altro.
- Ti ucciderò…-
Borbottò.
- Talmente in fretta che lui…non arriverà in tempo-
Spiegò, riferendosi al mio marchio incandescente. Ci posi l’altra mano sopra, quasi desiderando di spegnerlo. Nolan non doveva venire ad interrompermi. Presi un bel respiro, cercando di calmarmi, cercando di abbassare le pulsazioni del mio cuore. Il marchio percepiva i miei segni vitali e mandava un messaggio quando questi venivano compromessi. Era solo un graffio sul petto e sullo stomaco, non avevo bisogno di essere salvata da nessuno. Dopo qualche attimo di respirazione e auto convincimento, l’incantesimo parve crederci. La luce si spense di colpo, dandoci modo di continuare.
- Non ti illudere Lucyndra-
Affermai.
- Nessuno ci interromperà-
La donna si rialzò, vacillando.
- E’ quel che spero-
Ammise, offesa.
- Non sarò soddisfatta fino a che non ti avrò tolta di mezzo-
- Avanti allora-
La vampira accettò il mio invito, attaccandomi. Fendetti il fioretto per colpirla ma la sua figura scomparve nuovamente, dissolvendosi nel vuoto. Richiamai le fiamme, con le quali avvolsi a spada. Con essa come torcia osservai ogni angolo oscuro del ponte, attendendo un segno della sua presenza. Improvvisamente percepì del vento dietro la mia schiena, dei passi. Mi volsi scaraventando il gettito di fuoco apparentemente nel vuoto, dopo un attimo il demone comparve in quel punto assestando in pieno il mio attacco. Urlò, disperatamente, circondata dalle fiamme.
Iniziai a ridere innanzi a quello spettacolo. Finalmente, occhio per occhio.
Senza pensarci due volte, la strillante Lucyndra si gettò nell’oceano. Sghignazzando, attesi pazientemente che la sua figura riaffiorasse dalle acque, sbucando bagnata fradicia sul ponte.
Si venne a creare una pozza salata sulle assi dorate, sottostante alla vampira che ansimava e mi fissava con odio.
- Ti ammazzo-
Ringhiò.
- Giuro che ti ammazzo-
- Prova a farlo, invece di parlare-
Invitai, stufa delle sue chiacchiere. La smorfia di rabbia del demone si contorse ancora di più. Avanzò verso di me, echeggiando il rumore dei suoi tacchi nella notte.
- Attenta ragazzina. Non sei la prima che dissanguo su questo ponte-
La fissai attentamente, divertita.
- Fallo-
Il vampiro non ebbe esitazioni, evocò un incantesimo chiamato “catene della morte”.
La magia nera non colpì me, bensì l’aria che mi circondava. Da esse comparvero quattro catene di acciaio massiccio che mi afferrarono i polsi e le caviglie, facendomi perdere il fioretto.
Mi sollevarono da terra, portandomi a mezz’aria e tirando con forza ognuna nella direzione opposta. Iniziai ad urlare nuovamente, cercando con lo sguardo il loro punto d’origine. Non lo trovai, spuntavano semplicemente dal vuoto tenendomi ben salda ferendomi la pelle. Alle mie urla il sorriso della donna si allargò, ritenendosi compiaciuta dalla mia vista. Non abbastanza soddisfatta, diede ordine alle catene di strattonarmi ancora, così da farmi urlare maggiormente. Se solo avesse voluto, mi avrebbe spezzata in due o meglio in quattro parti. Alle mie urla presto si contrapposero le risate della donna, così forti pure da prevalere le mie grida. Non male per una che non fa incantesimi.
Il marchio si illuminò nuovamente e quello fu il segnale per Lucyndra che i giochi erano finiti. Adesso doveva fare sul serio. Si avvicinò a me, mostrandosi bagnata e bruciacchiata dal mio attacco precedente. Mi fissò, leccandosi le labbra con la lingua assaporando già il mio sangue. Sorrisi, nonostante il dolore. Doveva solo assaggiarlo e allora sarei stata io a ridere.
Mi accarezzò i capelli, liberando il collo così da poterci affondare le zanne.
Ma non appena sfiorò la mia pelle si ritrasse spaventata, con le labbra ustionate dal calore del mio corpo. Digrignai i denti, così non avrebbe funzionato. Non avrebbe mai bevuto il mio sangue.
- Ma cosa sei?!-
Domandò con entrambe le mani sulla bocca, continuando a tenermi bloccata dalle catene.
- Cosa sei tu?!-
- Un mostro!-
Gridai, rispondendo sempre così volentieri a quella domanda che puntualmente mi veniva posta.
- Il tuo sangue è avvelenato…mostro!-
Sbottò furiosa la creatura.
- Tu volevi che ti mordessi!-
Roteai gli occhi, annoiata. Se non ci fosse stato il dolore delle catene mi sarei addormentata a causa della sua lentezza.
- Mi dispiace averti delusa-
Lucyndra non parve ascoltarmi. Afferrò il fioretto che mi era caduto di mano, usandolo per punzecchiarmi come se fossi stata un sacco di carne appeso al soffitto.
- Ehi cosa fai?! Fermati-
Protestai.
- Il tuo sangue è come acido. Ribolle nelle vene-
Constatò il vampiro, smettendo di usare la punta della spada sulla mia pelle.
- I tuoi organi sono circondati dalle fiamme dell’inferno-
- Hai finito di parlare come un sacerdote?-
La donna mi liberò dalle catene, facendole svanire. Caddi a terra, di faccia. Picchiai le ginocchia e il mento ma almeno il marchio aveva smesso di illuminarsi e questo ci dava un altro po’ di tempo.
Il demone mi fissò con disprezzo dall’alto verso il basso, senza più quella voglia di divorarmi nello sguardo. Sembrava essere rimasta davvero delusa.
- Non mi arrendo-
Eruppe poco dopo.
- Tu finirai come Morgan-
Sobbalzai al nome della bibliotecaria. A seguito della sua minaccia, la vampira mi scagliò contro uno strano fumo nero. Tossii non appena mi colpì in volto. Fui costretta a respirarlo, non potei farne a meno. Attesi qualche istante, alzando lo sguardo verso il suo chiedendomi se sarei morta avvelenata. Mi portai a sedere, notando che né il marchio stava bruciando né io stavo morendo. Sembrava che non stesse succedendo niente.
- Cosa mi hai fatto?-
Domandai non capendo. La donna sorrise, avventandosi su di me velocemente. Ancora sconcertata non riuscì a spostarmi, in realtà credevo di non averne il bisogno. Non appena mi avesse sfiorato si sarebbe ustionata per la seconda volta, quindi semplicemente aspettai.
Contrariamente a ciò che credevo, la creatura mi afferrò il collo. Stringendo forte, mi sollevò in alto. Osservai i suoi occhi non riuscendo a respirare, non riuscendo ad esternare quello che provavo.
Non si stava bruciando, il mio tocco non funzionava. Mi stringeva senza finire vittima della mia temperatura, quasi non esistesse. Improvvisamente, realizzai che il mio corpo non bruciava più.
- Cosa c’è? La tua grinta si è spenta?-
Domandò ridacchiando. Cercai di dimenarmi ma le sue braccia erano troppo forti.
In un attimo percepì le sue zanne corrermi lungo il collo e il cuore sussultò.
Non avevo vie di fuga, non mi ero mai preparata a questo. Il mio tocco non funzionava, il controllo del sangue era inutilizzabile. Mi ritrovai spiazzata come poche volte.
Non potei fare niente, Lucyndra affondò i suoi denti nella mia pelle e mi morse. Sentii il sangue scorrere via dalle mie vene, abbandonarmi. Fu una sensazione terribile. Mi sentii privare della mia vita e diventare sempre più fredda. Nel giro di pochi istanti non riuscivo più a percepire il mio corpo, le braccia caddero penzoloni e la vista iniziò ad appannarsi. Non capivo come potesse essere successo, battuta da una stupida vampira viziata.
Il mio cuore iniziò a diminuire i battiti, non galoppava più nonostante avessi paura. Il mio respiro non era più affannoso, nonostante mi mancasse il fiato. Il marchio bruciava terribilmente.
Si stava appropriando di ogni goccia del mio sangue, nel giro di pochi secondi. Chiusi gli occhi, intuendo che avevo perso.
Quando ero convinta di morire, sentii le zanne del vampiro staccarsi bruscamente da me. Caddi a terra, come un peso morto.
- Cosa stai facendo?!-
Udii qualcuno urlare, una voce arrabbiata che mi risuonava nelle orecchie.
- Siamo tutti morti adesso!-
Il mio cuore dolse a quella affermazione anche se la mia mente confusa non la comprese.
Aprii leggermente gli occhi, notando la figura di un uomo davanti a me.
Era più preoccupato per le loro vite che per la mia e questo mi ferì, profondamente.
Mi sembrò di percepire delle mani toccarmi, percorrere il mio corpo prosciugato dalla vita.
- E’ fredda! Cosa le hai fatto?!-
 
- Quanto tempo abbiamo?-
Sentii porre la domanda da una voce preoccupata, un uomo che percorreva la stanza più volte andando avanti e indietro.
- Chi può dirlo Signore. Nessuno conosce questo incantesimo-
- Sarebbe dovuto essere già qui-
Dichiarò la voce con inquietudine, sospirando per poi tornare a parlare.
- Gli uomini…-
- Tutti gli uomini, ogni singolo demone di questa nave è in posizione Signore-
Spiegò una terza persona, un uomo dalla voce più roca e possente delle altre due.
- Non basterà comunque. Nessuno di noi basterà. Quando arriverà…-
- Noi saremo pronti-
Concluse l’interlocutore, interrompendo il discorso dell’altro. Udii un sospiro profondo, un sospiro non molto convinto di quelle parole. Cercai di aprire gli occhi ma una luce troppo intensa mi costrinse subito a richiuderli. Avevo freddo, freddo come mai ne avevo avuto in vita mia.
Iniziavo ad essere certa di trovarmi per l’ennesima volta in infermeria. Percepii la presenza di qualcuno accanto a me, intravidi un uomo basso e tozzo con il camice.
- Come sta?!-
Udii gridare un giovane, precipitatosi dentro la camera sbattendo con forza la porta. Cadde il silenzio, l’uomo dalla voce roca salutò andandosene. Secondo i miei conti erano rimasti il dottore, l’uomo preoccupato e il ragazzo in preda al panico.
- E’ viva?!-
Continuò a chiedere la voce più giovane di tutte. Mi raggiunse in fretta, sfiorandomi per poi ritrarsi spaventato.
- E’ congelata!-
- Ha perso molto sangue-
Spiegò il medico.
- Non è solo quello. Cosa le ha fatto Lucyndra?-
Cadde nuovamente il silenzio, il mio animo sussultò a quel nome. Mi ricordava qualcosa, il volto di una persona che riusciva ad innervosirmi terribilmente.
La voce preoccupata sospirò ancora, chiedendo al dottore di lasciarli soli ma non prima di porre un ulteriore domanda.
- E’ in pericolo di vita?-
- Si è stabilizzata, anche la temperatura sta aumentando-
- Allora perché quel coso non la smette di scintillare?-
Cadde ancora il silenzio.
- Perché è debole. E non le è rimasto molto sangue in corpo. Però è forte, incredibilmente forte. Il cuore non sembra intenzionato a cedere. Siete arrivato in tempo-
- Non puoi farle una trasfusione?-
Continuò a chiedere con freddezza la voce dell’uomo che finalmente aveva smesso di camminare avanti e indietro.
- Dispongo di ogni gruppo sanguigno nelle mie stanze-
- Rigetterebbe qualsiasi cosa-
Spiegò il medico.
- Il suo sangue…è strano. Unico. C’è qualcosa di tremendamente sbagliato, non esiste niente che sia compatibile-
- Cosa c’è di così sbagliato?-
- Il suo sangue, è misto. Posso dichiarare che una metà sia stregonesca ma l’altra…non ho mai visto niente del genere. Non so a quale razza appartenga-
Il dottore venne congedato e udii ancora dei profondi sospiri opprimere la voce preoccupata.
- E’ tutto pronto?-
Domandò ancora una volta, aspettando che la voce del ragazzo rispondesse.
- Tutti sono svegli, sia turno di giorno che di notte. Armati dalla testa ai piedi-
Fummo circondati da un ulteriore silenzio, freddo quanto il mio corpo.
- Secondo te perché ci mette così tanto?-
- Forse perché il dottore ha ragione. Non è in pericolo di vita-
Rispose il ragazzo, tornando a porsi accanto al mio letto. Mi sfiorò la mano, accarezzandola. Potei sentire tutto ma gli occhi facevano fatica ad aprirsi. Dovetti combattere, per riuscire finalmente a scorgere il suo volto.
- Hunter-
Sussurrai.
- Ciao-
Salutò raggiante lo stregone, mostrandomi un sorriso a trentadue denti.
- Sei viva-
Informò il ragazzo, lieto.
- Dovevo essere morta?-
Chiesi. Lui si sedette vicino a me, senza lasciarmi la mano che aveva afferrato così ardentemente. Se la pose vicino ad una guancia, facendomi percepire il calore del suo volto. La sua temperatura era più alta della mia.
- Ci sei andata vicina-
Raccontò, socchiudendo gli occhi per un attimo.
- Cosa è successo?-
Il mozzo ci mise un attimo a rispondere, dando una rapida occhiata alle sue spalle.
- Non sei riuscita a sconfiggere Lu, ricordi?-
Come un fulmine nella mia mente, tutto mi tornò alla memoria. Chiusi gli occhi dalla vergogna, portandomi una mano sulla fronte.
- Maledizione-
Sbottai.
- Ho fallito di nuovo-
- Ehi non preoccuparti-
Consolò il ragazzo, a bassa voce.
- Adesso devi solo stare meglio. Ti ha preso molto sangue-
- Ma non ho tempo-
Gli ricordai.
- Io…quanto ho dormito?-
Chiesi spaventata.
- Quanto mi resta?-
Hunter mi intimò di calmarmi, accarezzandomi la fronte e sorridendomi gentilmente, quasi tristemente.
- Non credo che tu debba più preoccuparti per quello-
Osservai i suoi occhi, non capendo. Mi sentivo stordita, ovattata, con una nausea e una debolezza terribile. Stare dietro alle sue parole mi costava molta fatica e desideravo solo dormire, per questo non avevo notato il marchio sul polso.
- Sta arrivando-
Avrei voluto alzarmi e gridare, urlare forte la mia rabbia fino a farmi male. Nonostante la furia, il mio corpo non mi sostenne e ricaddi nuovamente nel buio, accompagnata da questa terribile consapevolezza.
 
Improvvisamente mi risvegliai, forse per il troppo rumore.
Aprii gli occhi di soprassalto, trovandomi nelle tenebre e non ricordando assolutamente dove fossi e perché. Tornai solo a sentire quella forte nausea, un giramento di testa orribile e un gran freddo. Non avevo la forza per girare il capo, verso la porta da dove proveniva tutto quel rumore.
Alzarsi era completamente fuori discussione. Richiusi gli occhi, desiderando addormentarmi, desiderando smettere di stare così male. Le voci della ciurma echeggiavano durante il mio tentativo di ricadere nell’oblio, tuttavia non incuriosendomi. Poteva cadere il mondo, io volevo solo che la testa smettesse di girare. Rimasi in ascolto, volente o nolente. Correvano tutti in fretta, passando davanti alla stanza. Urlavano, gridavano, sentivo il rumore delle spade, dei fucili. Invocavano il Capitano, ogni qualvolta notavano qualcosa di sospetto. Ogni volta che intravedevano la persona che stavano apparentemente cercando. Improvvisamente sentì delle esplosioni provenire dal ponte.
Riaprii di nuovo gli occhi, furiosa di udire così tanta confusione. Il dolore mi faceva arrabbiare e la rabbia mi faceva desiderare di uccidere qualcuno. Qualsiasi cosa stesse accadendo, dovevano aspettare. Io volevo dormire.
Finalmente forse riuscii nuovamente ad addormentarmi, coccolata dalle tenebre.
Una voce, delle grida mi fecero risvegliare leggermente.
- Eccolo!-
- L’ho visto!-
Un colpo di fucile, un altro di pistola. Le voci sparirono ma dei passi aumentarono. Sempre più persone correvano davanti alla mia porta.
- Capitano!-
Udii ancora.
- E’ qui!-
- Fermati!-
Tre spari, tre urla di terrore, tre tonfi e poi le noiose voci sparirono nel nulla.
Per un po’ ci fu la quiete, che ascoltai ad occhi chiusi. Poi percepii dei passi di una persona sola avvicinarsi, qualcuno aprii la porta ma non me ne curai. La porta si richiuse, lasciandomi con la consapevolezza che non ero più sola. Stranamente, questo mi consolò un poco.
Sicuramente, una persona si sedette accanto a me. Altrettanto sicuramente, mi stava osservando.
Lasciai che lo facesse, per niente infastidita. Mi bastava solo che non facesse rumore.
Improvvisamente percepii il suo tocco sulla mia pelle. Dapprima mi prese una mano, rilasciandola immediatamente.
- Sei freddissima-
Dichiarò, ricordandomi una scena vissuta poco prima.
Successivamente le sue mani passarono sulla mia testa, che prese ad accarezzare come se stesse toccando un cucciolo ferito. Non riuscii a ribellarmi, a muovere un solo muscolo. Niente rispondeva, quell’assoluta debolezza non mi lasciava altra possibilità che rimanere immobile.
- Scusa se non sono arrivato subito-
Affermò la voce del ragazzo che mi era vicino, mentre mi stava regalando un po’ di calore dalle sue mani.
- Scusa se non sono venuto di persona, l’altro ieri-
Continuò.
- Sarei dovuto venire e portarti via immediatamente-
Sembrava che stesse parlando con se stesso più che con me, eppure non avevo la forza di dirgli di tacere.
- Avevo…molto da fare-
Spiegò, come se necessitassi di saperlo.
Improvvisamente rise leggermente, portandomi la mano sulla sua bocca, baciandola. Ero curiosa di sapere cosa cavolo avesse da ridere.
- Vorrei tanto che tu potessi vederti in questo momento-
Continuò, cercando di contenersi.
- Magari mi daresti ragione, per una volta. Oppure no. Continueresti a dire che sei abbastanza forte per fare tutto-
Quelle parole mi diedero un fastidio tremendo. Nonostante non fossi certa di cosa significassero né di chi le stesse pronunciando, qualcosa dentro di me tremò dalla rabbia. Volevo rispondere, anche senza sapere bene come. L’importante era rispondere.
- Stupido-
Riuscì solamente a dire, sperando che quella singola parola raccogliesse il concetto. Il ragazzo udì, nonostante l’avessi pronunciato con un filo di voce.
- Sei sveglia-
Constatò, riprendendo ad accarezzarmi la testa. Cercai di aprire gli occhi, conscia ormai che la mia quiete era irrimediabilmente interrotta. Nelle tenebre della stanza scorsi due occhi d’oro, che mi osservavano con dolcezza. Leggevo rabbia e preoccupazione in essi, sensi di colpa come anche le sue parole dimostravano ma soprattutto dolcezza.
- Come ti senti?-
Ci misi un po’ a capire che la domanda fosse rivolta a me.
Allora ci misi un altro po’ a trovare una risposta, non ero nemmeno sicura di essere ancora viva.
- Prosciugata-
Riuscì solo a dire, avvicinandomi dannatamente alla verità.
Il ragazzo sospirò, senza mai smettere di accarezzarmi la testa. Avrei potuto addormentarmi sotto il suo tocco ma volevo guardare. Guardare i suoi occhi e ricordare a chi appartenessero.
- Chi è stato?-
Quella domanda scatenò un vortice nella mia mente. Chi era stato. Cosa era successo. Con chi dovessi prendermela. Perché mi trovavo lì. Dovevo risolvere tutte quelle questioni prima di addormentarmi di nuovo.
- Ti sei messa contro la persona sbagliata, ancora?-
Chiese il ragazzo, sorridendo. Mi sentii nuovamente offesa.
- No-
Sbottai.
- Potevo batterla. Potevo riuscirci-
Esplicai, tuttavia non essendo molto sicura di chi stessi parlando.
- Mi ero allenata tanto-
- Cosa è successo invece?-
Cercai di ricordare. Qualcosa mi aveva spiazzato, qualcosa mi aveva impedito di combattere come meglio sapevo. Qualcuno mi aveva battuto.
- Il sangue-
Risposi.
- Lei non ha sangue. Non ho potuto controllarlo-
Il ragazzo parve capire, anche più di me. Mi consolò, rincuorandomi che adesso andava tutto bene. Ero viva, ero sopravvissuta. Eppure ero certa che qualcosa non andasse bene.
- Era “lei” la faccenda che dovevi sistemare?-
Ogni domanda si faceva più difficile. Sbattei gli occhi, cercando di collegare le parole l’una all’altra. Dovevo sistemare una faccenda, avevo chiesto tempo proprio per quello.
- Non sono riuscita a risolverla-
- Ci penso io-
Affermò il ragazzo, sbalordendomi.
- Ormai non è più un tuo problema da risolvere-
Continuò con risolutezza.
- Non so perché tu volessi ucciderla ma dal momento che ti ha fatto questo, non è più importante. Pagherà con la sua vita l’affronto che mi ha arrecato e allora anche la tue faccende saranno risolte-
- No-
Risposi decisa. L’affronto arrecato a lui?
- Voglio farlo io-
Il ragazzo fece una smorfia, non del tutto convinto. Io continuai, iniziando una vera e propria conversazione su chi avrebbe dovuto uccidere Lucyndra. Finalmente ricordai di chi diavolo stessimo parlando.
- I tuoi poteri non funzionano con lei, lo hai detto tu stessa-
- Tu non puoi sempre intervenire. Devo pensarci da sola-
- Ti ho posto il marchio proprio per non preoccuparmi di questi demoni di classe B. Mio fratello, il Concilio e gli Angeli sono abbastanza. Non posso lasciare che un demone qualsiasi…-
- Io non sono un tuo oggetto-
Sbottai, riacquistata un po’ di chiarezza in testa, tanto da essere in grado di mettere insieme un discorso sensato.
- Se qualcuno mi getta a terra, sono io a rialzarmi e a rendergli la spinta con il doppio della forza. Non devi essere tu a farlo-
Nolan sospirò, forse desiderando che tornassi ad essere incosciente. Ovviamente ero molto più trattabile in quella condizione.
- Mi dispiace-
Affermò dopo averci pensato per qualche istante.
Provai una morsa allo stomaco, non potendo fare altro che osservarlo mentre mi sollevava dal letto. Inerme e senza possibilità di dimenarmi, mi ritrovai fra le sue braccia.
- Non posso lasciare che la tua cocciutaggine ti faccia uccidere-
Spiegò intento a sollevarmi.
- E la tua di cocciutaggine?-
Ribattei con il fiatone. La discussione, la rabbia mi avevano resa ancora mi stanca. La testa che aveva smesso di girare per l’adrenalina, adesso faceva ancora più male. Chiusi gli occhi, aggrappandomi alle vesti di Nolan. Le strinsi forte, credendo di dover vomitare. Il ragazzo si fermò a pochi passi dal letto, stringendomi e fissandomi fino a che non stessi un po’ meglio.
- Se…-
Cercai di pronunciare, non potendo lasciare che il mio corpo mi impedisse di combattere.
- Se mi porti via adesso non te lo perdonerò mai-
Il ragazzo sospirò ancora una volta. Chiuse gli occhi, assumendo uno sguardo disperato.
- Devo…-
Tentai di proseguire, poggiando la fronte sul suo petto. Venire quasi dissanguata era la rottura più grande avessi mai potuto sopportare.
- Devo proteggere tutti da Lu…-
- Ti ho già detto che uccido io il demone-
Continuò a proporre Nolan esasperato, come se questo potesse risolvere tutto.
- Chi deve uccidere Lu?-
Domandò il Capitano, spuntato sulla soglia. Il Principe si volse lentamente, incrociando gli occhi del vampiro. La porta dietro le sue spalle era chiusa. Era spuntato nella stanza da chissà dove, cogliendoci di sorpresa. Abbassai lo sguardo innanzi a lui, cercando di dare la colpa alla debolezza. In realtà non riuscivo ad affrontarlo.
- Immagino che tu sia il Capitano di questa nave-
Intervenne Nolan. Udì un sottile cambiamento nella sua voce, si era fatta più maligna.
- Sì, sono io-
Confermò Hyner.
- Ti ho cercato, lungo la tua nave-
Raccontò il ragazzo dagli occhi d’oro, continuando a stringermi a sé senza che la presenza del vampiro lo preoccupasse.
- Sono qui adesso-
- Lei era affidata a te-
Ricordò Nolan, Elehandro annuì nonostante la frase non suonasse come una domanda.
- Il mio servo ha detto che il Capitano si era preso la responsabilità della sua vita-
- E’ vero-
Ammise il demone, senza chinare il capo o abbassare lo sguardo. Affrontò gli occhi del mezzo demone, senza tirarsi indietro.
- Ciononostante hai permesso che venisse quasi uccisa, per la seconda volta da quando è sulla tua nave-
- La terza volta-
Corresse il vampiro. Alzai gli occhi fino ad incrociare il suo volto. Non aveva la mano sulla spada come a suo solito innanzi ad un pericolo, sembrava semplicemente rassegnato. Così però non stava migliorando la situazione.
- Capisco-
Sibilò il demone che mi stringeva al petto.
- Per me è sufficiente-
Stavo fissando Hyner in quel momento, così potei notare un fremito nel suo corpo.
Dalla sua gola fuoriuscì un gemito, come se improvvisamente non riuscisse più a prendere aria.
Lo vidi cadere in ginocchio, con gli occhi sbarrati, terrorizzati.
Volsi velocemente il capo verso Nolan, scorgendolo mentre era così in tento ad osservare il Capitano. Ebbi un sussulto innanzi ai suoi occhi, divenuti stranamente rossi vermiglio.
Il colore oro delle sue iridi era stato completamente divorato dal sangue.
- Smettila-
Ordinai, sferrandogli un pizzicotto.
- Ahia-
Il Principe sobbalzò, perdendo il contatto visivo con il vampiro. I suoi occhi tornarono normali ed Elehandro ricominciò immediatamente a respirare. Cadde con le mani sul pavimento, tossendo.
- Non puoi ucciderlo-
Spiegai, ancora fra le braccia di Nolan, raccogliendo ogni sorta di energia per continuare a parlare.
- Ma…-
- Zitto-
Sbottai.
- Non puoi e basta. Non lui-
Il ragazzo rivolse imbarazzato lo sguardo al Capitano, per poi tornare su di me.
- Victoria, ti prego…non davanti ai sudditi-
Mi volsi verso Hyner, che ci stava fissando inginocchiato sul pavimento. Stava ancora riprendendo fiato, più pallido del solito se mai fosse possibile. I suoi occhi sgomenti non facevano altro che fissare i miei e quelli di Nolan, forse non avendo ben chiaro se fosse vissuto o meno.
Tornai ad alzare il volto verso il Principe che, contrariamente ad Elehandro, era leggermente arrossato sulle guancie.
- Ho detto di no-
Ripetei risoluta.
- Non puoi ucciderlo-
Nolan sospirò, così forte che io venni spostata dal movimento del suo petto. Socchiuse gli occhi per un momento, forse maledicendomi.
Quando tornò ad aprirli, furono immediatamente diretti alla figura del vampiro.
- Alzati-
Ordinò.
Hyner non perse molto tempo, barcollando riuscì ad alzarsi, presentandosi alla figura del sovrano.
- Una punizione devo pur trovarla. Non puoi passarla liscia per aver danneggiato qualcosa che mi appartiene-
Gli sferrai un altro pizzicotto ma questa volta il demone lo assestò in silenzio, intenzionato a non fare altre pessime figure.
- Quindi…-
Ricominciò gettandomi semplicemente un’occhiataccia.
- Siccome non posso prendere la tua vita, la tua pena sarà pecuniaria. Dovrai cedere metà dei tuoi bottini alla corona per i prossimi venti…-
Gli artigliai un braccio.
- Dieci-
Si corresse.
- Dieci anni. La metà esatta, se non rispetterai l’accordo, sarà mio diritto ucciderti-
Il Capitano annuì, dopo averci pensato ragionevolmente per qualche istante. Perdere metà dei propri guadagni per un decennio non era facile da accettare ma forse era sempre meglio che morire.
- Ritieniti fortunato-
Concluse infine Nolan avanzando di un passo verso la porta.
- Cosa stai facendo?-
Borbottai preoccupata, facendolo fermare nel bel mezzo della stanza.
- Pensavo che avessimo affrontato la questione-
Affermò il ragazzo estenuato.
- Ti porto via di qui-
- No-
Sbottai, tentando di allontanarmi dal suo corpo. Lo sforzo mi provocò una nausea maggiore e dei peggiori giramenti di testa. Dovetti bloccarmi, inerme. Il demone non procedette oltre, decidendo di non portarmi via di forza. Sospirò, cercando una poltrona dove appoggiarmi. Riuscii a mettermi seduta, con una mano sulla bocca tentando di non vomitare.
- Non posso lasciarti qui-
Spiegò Nolan, con estrema pazienza.
- Ci sono…-
Iniziò, non sapendo bene come continuare.
- Delle cose che devo fare, che mi potrebbero impedire di raggiungerti in tempo-
Esplicò, sperando che io capissi immediatamente. Scossi il capo, dichiarando che non mi sarei mossa di lì.
- Non sono in grado di proteggerti qui, devo portarti dove posso tenerti al sicuro-
- Non sono la tua arma-
Sbottai, facendo sospirare ulteriormente. Nolan si alzò, allontanandosi da me con entrambe le mani sul capo. Rivolse uno sguardo disperato ad Hyner, che era sempre in piedi intento a fissarci.
- Puoi dirglielo tu che non può rimanere qui?-
Pregò il Principe. Il vampiro sussultò, dirigendo il suo sguardo verso di me.
Se avessi potuto, mi sarei messa a ridere. Ovviamente Elehandro avrebbe appoggiato il suo sovrano, avrebbe adorato l’idea di farmi lasciare la Gold. Da quando sapeva del marchio, non desiderava altro che sparissi.
- Se mi permettete Altezza, non credo che costringerla possa giovarvi-
Sobbalzai incredula. Il comandante voleva che restassi a bordo!
- E’ scappata una volta, scapperà di nuovo se la portate via contro la sua volontà-
- Sulla tua nave è quasi morta per ben tre volte-
Ricordò Nolan, adirato.
- Non intendo lasciarla di nuovo nelle tue mani-
I due si fissarono intensamente, pericolosamente vicini.
- La settimana non è ancora passata-
Ricordai velocemente, distogliendo il ragazzo dal pensiero di uccidere Elehandro.
- Mi avevi dato sette giorni-
- E’ ridicolo-
Affermò il demone dagli occhi d’oro.
- In queste condizioni non saresti comunque in grado di portare a termine le tue “faccende”. Tanto vale che vieni con me immediatamente-
Il Capitano mi fissò, curioso della mia risposta. Forse sarebbe stato più intelligente accettare ma io non ho mai agito con molta arguzia.
- Non posso-
Spiegai, pregando che Nolan mi desse ascolto. Lui, disperato, si avvicinò a me. Si inginocchiò, raggiungendo la mia altezza. Mi prese entrambe le mani, fissandomi negli occhi e pregandomi a sua volta di dargli ascolto.
- Ho fatto una promessa-
Gli sussurrai.
- Qui posso finalmente fare qualcosa di buono, per la prima volta-
- Con me conquisteresti il mondo. Mi sembra altrettanto buono-
Quello era un ottimo motivo. Avrebbe potuto convincermi prima di salire sulla Gold, prima di conoscere Hunter e gli altri.  
- Non posso lasciarli morire-
Dissi.
- Lei li ucciderà Nolan, tutti quanti. Non posso vivere con il peso di non aver fatto niente-
Il ragazzo si alzò di scatto, promettendo di nuovo che lo avrebbe fatto lui. Si rivolse al Capitano, domandando dove fosse questa donna. Hyner sobbalzò, così come feci io.
- Ti ho risparmiato Capitano ma così non sarà per il demone che l’ha ridotta in questo stato-
Esordì il Principe indicandomi.
- Portami da lei-
A quelle parole il corpo di Elehandro subì un secondo fremito di terrore. Indietreggiò di un passo alla figura del mezzo diavolo, ponendo lentamente la mano destra sulla fodera della spada. Nolan lo notò e sul suo volto comparve una smorfia, non aspettava altro che un motivo per ucciderlo.
- Nolan vattene!-
Gridai, tentando di alzarmi ma ricadendo immediatamente a terra. Ancora una volta l’attenzione si spostò su di me e i due demoni si allontanano l’un dall’altro. Nolan cercò di aiutarmi ma io scacciai la sua mano, urlando.
- Hai rovinato tutto! Fin dal primo momento!-
Sbraitai fingendo di piangere, tentando di distrarlo dall’uccidere El.
- Io stavo bene qui, me la stavo cavando ma tu hai dovuto finire in quella maledetta trappola e rovinarmi ogni cosa-
- Non era una trappola!-
Ribatté, offeso.
- Io stavo…-
- Sei caduto in trappola come uno stupido e non lo vuoi ammettere!-
Contraddissi senza smettere di urlare.
- Devo sempre correre a salvarti!-
- Ma se era la prima volta!-
- Ora sto male e non ricordo se era la prima volta! Comunque sia hai rovinato la mia copertura sulla nave!-
Continuai, divorandolo con gli occhi.
- E vogliamo parlare di copertura? Tipo Abaddon?! Era proprio necessario che spezzasse il cielo in due per salvarmi?!-
- Io non…-
- Lo avete fatto di proposito! Per rovinarmi tutto! Per vendicarti che ti ho lasciato non è vero?-
Il ragazzo sobbalzò, allontanandosi leggermente da me. Non riuscì a rispondere, fissandomi sgomento.
- Potevo lasciarti morire-
Continuai, iniziando a piangere davvero da ottima attrice.
- E non l’ho fatto. Potevo scegliere di tornare libera ma ho scelto di salvarti la pelle. Non farmene pentire-
Quelle parole provocarono un brivido nel corpo del demone.
- Mi hai già rovinato tutto, tutti i piani che avevo su questa nave. Non continuare, fermati prima di distruggerli completamente-
Ci fissammo per qualche istante, momenti in cui lui ancora non riusciva a ritrovare la parola.
Mi fissava, inerme mentre io da terra piangevo e gli inveivo contro. Non poteva battermi sulle sceneggiate tragiche.
- Vattene!-
Ripetei.
- E fammi il piacere di non tornare se il marchio si illuminasse!-
- Ma…-
- Non sono stata attaccata da Abrahel-
Ricordai, asciugando le lacrime.
- Né da Isaac, né dagli Angeli. Questi sono problemi miei, che mi sono creata in queste settimane sulla Gold. Non è niente da cui tu debba difendermi-
- Devi tornare da me prima o poi-
Sentenziò il Principe, facendola suonare quasi come una minaccia.
- Mentre tu te ne stai qui, là fuori la guerra si sta facendo più violenta ed io ho bisogno di te. Non posso rinunciare ai tuoi poteri, non intendo farlo. Quando sarai pronta, dovrai tornare da me-
A spezzare il silenzio, fu Hyner.
- Stiamo navigando verso il Regno dei Demoni-
Sia io che Nolan ci voltammo verso il vampiro.
- Fra due o tre settimane dovremmo attraccare-
Continuò, lanciandoci la palla aspettando che noi la prendessimo al balzo.
- Per allora sarò pronta-
Esordii, consapevole che non avrei potuto ottenere di più. Nolan mi fissò, valutando attentamente la proposta.
- Potreste aspettarla al porto, sarò io stesso a consegnarvela. Integra ovviamente-
Il Principe sospirò forte, constatando di non poter fare diversamente. Dovette accettare, se non desiderava che io lo odiassi per sempre.
- A questo punto non voglio saperne niente-
Disse seccato voltandomi le spalle.
- Sono certo che non sarò più in grado di venire qui, se sarai nuovamente in pericolo io…-
- Non lo sarà-
Interruppe Hyner, avanzando un passo verso il mezzo demone. Nolan lo fissò e il Capitano abbassò subito rispettosamente il capo, ripetendo il concetto.
- Non la perderò più di vista, nemmeno una volta. Giuro sulla mia vita di proteggerla-
- Accetto il tuo giuramento Capitano-
Affermò il ragazzo, seriamente.
- Perché in tal caso non me ne farò niente dei tuoi soldi. Sarà la tua vita che agognerò-
Elehandro annuì e il Principe sfiorò il pomello della porta, per andarsene senza neanche salutarmi.
- Perché?-
Domandai, alzandomi di scatto. Mi appoggiai alla lunga lampada di fianco alla poltrona, utilizzandola come un bastone. Rimasi attaccata ad essa mentre Nolan si voltava scrutandomi negli occhi, improvvisamente divenuti preoccupati.
- Perché non sei venuto prima? Perché non potrai più venire?-
Continuai a chiedere, facendo un passo verso di lui con il cuore che prese a battere forte. Prima la mia mente era ancora troppo confusa per rendermene conto, adesso quel poco di lucidità che era sopraggiunta mi faceva capire che qualcosa non andava.
- Cosa stai combinando, Nolan?-
Incalzai, non ricevendo risposta. Lasciai la lampada, quasi cadendo a terra. Il comandante mi afferrò al volo, impedendomi di cadere. Fissai i suoi occhi neri, ringraziandolo sottovoce.
Approfittai della sua stretta per rimanere in piedi, facendomi accompagnare ancora verso il demone dagli occhi d’oro. Lo fissai intensamente, notando che tardava così tanto nel rispondermi.
- Non avresti mai mandato Abaddon-
Continuai.
- Sai che mi odia. Che mi avrebbe lasciato morire se avesse potuto-
- Non poteva-
Intervenne immediatamente il mezzo diavolo.
- Gli avevo ordinato…-
- Non avresti mai corso il rischio, avendo potuto-
Lo bloccai, fissando con preoccupazione il suo volto. Nolan si ritrasse, abbassando il volto e distogliendolo del tutto dal mio.
- E questa notte, non sei arrivato. Non provare neanche a dire che tanto sapevi che non stavo morendo-
Affermai. Il Principe sospirò, quasi impercettibilmente ma io lo notai.
- Cosa stavi facendo di tanto importante?-
- Perché vuoi saperlo?-
Chiese il ragazzo, riprendendosi e tornando a posare lo sguardo su di me. Improvvisamente era divenuto duro, innervosito da quell’interrogatorio.
Fissai Elehandro che mi stava aiutando a rimanere in piedi, sapevo che necessitavo di lui ma avevo anche bisogno di rimanere sola con Nolan. Lo pregai di lasciarci, affermando che sarei tornata a sedermi sul letto dell’infermeria. Se pur titubante, il Capitano obbedì. Prima di lasciare la stanza salutò rispettosamente il suo sovrano e chiuse la porta dietro di sé, solo allora potei dire la verità.
- Sento la loro puzza-
Nolan sussultò.
- Di chi?-
- Degli Angeli, dentro il tuo sangue. Lo possiedo, ricordi?-
Il ragazzo sospirò ancora una volta in quella nottata, venendo a sedersi sul letto accanto a me.
- Perché non me lo hai detto?-
- Cosa dovevo dirti?!-
Sbottò, innervosito.
- Che la ferita dell’angelo si era infettata? Che in realtà non ero mai guarito dalla sua stupida magia bianca? Che differenza avrebbe fatto?-
Tentai di rispondere ma le parole mi morirono in gola. Io non ero capace di curare le ferite causate dalla mia stessa specie. Si era trascinato la ferita inferta da Moloch per mesi.
- Ho catturato un angelo-
Confessò Nolan.
- Stavo peggiorando, ero vulnerabile e mi sono messo sulle loro tracce-
- E cosa ne hai fatto?-
- L’ho torturato, fino a che non ha accettato di curarmi-
Annuì, affermando che aveva fatto bene.
- Non potevo interrompere la tortura, non potevo muovermi per venire a salvarti-
Annuì ancora, comprendendo.
- Qualcuno non poteva darti il cambio?-
Lessi un sorriso maligno sul volto del demone.
- Nessuno sa torturare come faccio io-
Sorrisi come lui, non avrei mai voluto provarlo. Improvvisamente rabbrividì, per il freddo.
Il ragazzo mi abbracciò, riscaldandomi con la temperatura che io avevo perso.
- Era lo stesso che stavi facendo ad Hyner?-
- Chi?-
- Il vampiro-
- Ah. No, lui lo stavo uccidendo-
Poggiai la testa sulle sue spalle, domandando se alla fine l’angelo lo avesse curato.
- Certamente, altrimenti sarei ancora lì a divertirmi con lui-
- Quindi stai meglio adesso-
- Sì-
- Allora perché non potrai venire da me se avessi bisogno?-
Il ragazzo si scostò leggermente da me, per fissarmi negli occhi.
- Proprio perché adesso sto bene-
Non mi ci volle molto a capire.
- Stai andando da Abrahel?-
Nolan annuì, allontanandosi da me e alzandosi sul letto. Disse che a proposito non aveva tempo da perdere, al castello lo stavano aspettando.
- Ti farai ammazzare-
- Nah, non credo-
Rispose lui, facendo spallucce innervosendomi.
- Anche io non voglio saperne niente!-
Sbottai.
- Se dovessi avere bisogno, nemmeno io correrò da te a salvarti-
- Vuol dire che finalmente ti libererai di me-
Affermò, facendomi la linguaccia come un bambino. Sussultai davanti al suo sorriso, non sembrava per niente preoccupato di finire all’Inferno prima del tempo.
- L’angelo-
Lo bloccai, prima che andasse.
- Cosa ne hai fatto?-
Nolan si volse verso di me, sorridendomi.
- L’ho spedito a far compagnia ai Diavoli. Sono certo che rimarrà occupato da qui all’eternità-
Mi ritrovai anche io a sorridere mentre Hyner e Nolan si davano il cambio all’interno della stanza. Il demone dagli occhi d’oro sparì nei corridoi, ritornando chissà come nel suo regno, dalle sue truppe.

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Capitolo 14
*** La nascita del male - Può influire negativamente sull'umore ***


Abbassai gli occhi, non riuscendo ad incrociare quelli di Elehandro.
Il Capitano mi raggiunse silenziosamente, incapace di spezzare il silenzio che si era creato. Provavo un peso sul petto, un terribile senso di colpa che mi faceva desiderare di non rimanere sola con lui. Mi vergognavo troppo.
- Perdonami-
- Grazie-
Dicemmo entrambi, all’unisono. Ridemmo, cercando di decidere chi dovesse parlare per primo.
- Grazie…-
Riprese Hyner.
- Grazie per non aver lasciato che uccidesse mia sorella-
Il sorriso allora mi abbandonò. Lo fissai seriamente, priva ormai di ogni compassione.
- Elehandro-
Pronunciai con molta attenzione.
- Ho salvato tua sorella, solamente perché sarò io ad ucciderla-
Tutta la paura della verità scomparve. Era troppo tardi ormai per averne.
Il vampiro rimase immobile, quasi congelato. Mi fissò, lasciandomi solo immaginare cosa stesse pensando.
- Decidi Elehandro, se intendi salvarla devi uccidermi qui e ora-
Il demone sospirò, purtroppo togliermi la vita avrebbe avuto conseguenze disastrose per lui e la nave. Sapevo che stavo proponendo qualcosa di impossibile, però era pur sempre una scelta. Per qualcuno che amavo, io avrei scelto l’impossibile e ne avrei accettato ogni singola e pericolosa conseguenza.
- Tu cosa volevi dirmi?-
Domandò la creatura.
- Che mi dispiace. Mi dispiace per non essere stata sincera-
- Per riscattarti non potresti lasciar vivere Lu?-
Ci pensai per un nano secondo, fino a che non ricordai che non si trattava di semplice orgoglio. Forse era il caso che il Capitano lo sapesse.
- El, Lucyndra vuole affondare la nave-
Raccontai tutto, spiegai tutto. Stranamente il comandante rimase ad ascoltare senza mai interrompere. I suoi occhi mi fissarono senza trapelare la minima emozione, dall’inizio alla fine. Nelle tenebre della stanza rimase seduto di fianco a me, fino a che non terminai. In quel momento il vampiro si alzò e uscì, lasciandomi sola.
 
Quando mi risvegliai, scorsi un paio di occhi marroni davanti al mio naso. Sbattei le palpebre un paio di volte, cercando di capire se fosse un sogno. Mi feci leggermente indietro, scorgendo anche un naso e una bocca oltre a quegli occhi così intenti a fissarmi.
- Hunter-
Sbottai.
- Che stai facendo nel mio letto?-
- Ti riscaldo-
Rispose.
Notai che mi stava abbracciando da sotto le coperte, effettivamente c’era un bel calduccio.
- Non sono tornata del mio calore naturale?-
- No-
Rispose secco, senza smettere di fissarmi. Quasi non sbatteva ciglio.
- Lo sai che sono viva, vero? Non c’è bisogno che mi guardi così-
- Certo che so che sei viva-
Replicò, come se fosse stupido solo da chiedere.
- Se tu non lo fossi, saremmo tutti morti a quest’ora-
- Già-
Sospirai, voltandomi leggermente verso il soffitto e liberandomi dagli occhi dello stregone.
- Hai conosciuto il mio demone-
- E’ simpatico-
Sbottò Hunter, facendomi ridere.
- Davvero, soprattutto quando gli occhi gli diventano rossi stile macchina da guerra-
Continuò.
- Lo avete visto tutti eh?-
- Era impossibile non notarlo-
Il mio sorriso si affievolì in una smorfia isterica. Mi posi un braccio sulla fronte, non riuscendo nemmeno a credere di essere in una situazione del genere.
- Si vede che tiene a te-
Riprese il ragazzo, più seriamente questa volta.
- Tiene al suo regno, alla sua corona, al suo trono. A questo tiene. Io sono solo un mezzo per ottenerli-
- Non so, credo che ci sia dell’altro dietro-
Affermò Hunter.
- Gliel’ho visto nello sguardo mentre tentava di uccidermi. Era seriamente preoccupato per te-
- Ha tentato di ucciderti?!-
- Sì ma la nave ha preso ad affondare, si è spaventato e mi ha lasciato andare-
- E tu cosa hai fatto?-
- Beh, molto tranquillamente…cercando di riprendere a respirare…ho spiegato che sì, non era una coincidenza. Se mi uccideva, la nave affondava. Allora mi ha ignorato e ha proseguito-
Sospirai, non riuscendo ad immaginare cosa avrei fatto se avesse ucciso Hunter. Niente lo avrebbe salvato a quel punto.
- Devo dire che comunque è veramente spaventoso. Ci credo che sei scappata da lui-
La sua affermazione mi incuriosì. Mi volsi leggermente verso di lui, fissandolo ad un palmo dal suo naso.
- Davvero lo trovi spaventoso?-
- Ma scherzi?!-
Sbottò il ragazzo ritirandosi un po’ indietro per fissarmi meglio.
- E’ la cosa più spaventosa che io abbia mai visto in vita mia! Ed ho più di trecento anni diavolo!-
“Cosa”? E’ la “cosa” più spaventosa?
- Sembra essere il figlio stesso delle fiamme-
Proseguì, sbiancando improvvisamente.
- E’ l’incubo che più temi al mondo, capace di durare decine di anni in un solo istante. La tua anima brucia viva mentre lui la osserva divertito. Provi le torture peggiori dell’Inferno solamente perché lui lo desidera e non si perde nemmeno un attimo di quel dolore che ti scortica vivo. I suoi occhi e il suo sorriso sono la cosa che ti accompagna mentre scendi…-
Improvvisamente si bloccò.
- Ma davvero tu non ci sei mai stata?-
- Dove?-
Chiesi sconcertata.
Hunter tacque, rimanendo a fissarmi. Improvvisamente si alzò dal letto, dandomi le spalle.
- Non credo sia giusto che te lo dica io-
- Cosa? No! Non puoi iniziare un discorso del genere e poi…-
- Penso che io e te abbiamo due visioni diverse della stessa persona-
Sbottò, interrompendomi.
- Non distruggerò ciò che vedi di buono in lui. Non intendo farlo, tutti meritano una seconda occasione…anche il figlio delle fiamme-
- Dalle tue parole sembra Satana in persona-
Hunter sorrise, augurandomi di non dover mai vedere il Principe dei Demoni sotto la sua stessa prospettiva. Abbassai lo sguardo, non riuscendo ancora del tutto a capire.
- Victoria, sai come ti vedo io?-
- Come?-
Domandai curiosa.
- Come una brava ragazza, che darebbe la sua vita per salvare gli amici. Ora, secondo te…come ti hanno vista le fate che hai massacrato un secondo prima di ucciderle?-
Sobbalzai all’interno del letto, quasi cadendo di sotto.
- Ma…-
Tentai di replicare.
- Loro…erano solo delle creature deboli e insignificanti-
- Così come lo siamo noi, per lui-
Abbassai il capo, pensandoci su. Hunter aveva ragione.
- Tu puoi vederlo sotto un altro punto di vista, perché sei potente almeno quanto lui. Non come noi comuni mortali-
Risi alle sue parole.
- Potente. Se fossi stata potente non sarei in questo letto infreddolita come un ghiacciolo-
- Il Principe non è mai stato ferito?-
Alzai lo sguardo.
- Sì ma da creature altrettanto potenti-
- Lucyndra non è l’ultima arrivata sai. Sbagli a sottovalutarla-
Aveva ragione, l’avevo sottovalutata. Semplicemente perché credevo che fosse come tutte le altre creature viventi, quando invece lei non era vivente. Non aveva sangue che le scorreva nelle vene. Forse dovevo cercare di smettere di essere tanto creativa e avvalermi di un semplice e stupido paletto.
- La ucciderò Hunter-
Spiegai risoluta.
- E’ da un po’ che lo sento. Eppure lei è ancora lì e tu finisci sempre in infermeria-
Sorrisi, non essendo ormai più triste né amareggiata. Era una sfida. Se non sconfiggevo lei, non avevo speranze di sopravvivere a coloro che mi inseguivano. Lei era solamente un moscerino in confronto agli Angeli.
- Cambierà-
Spiegai.
- Presto cambierà-
 
Andai in biblioteca. Non che ne avessi realmente bisogno ma volevo sentire la versione di Morgan.
Volevo una prova concreta, prima di vendicare qualcosa che non mi apparteneva. Probabilmente non lo stavo facendo per me, credevo che più dimostravo la sua malvagità più sarebbe stato facile per Elehandro accettarne morte.
- Desidero chiederle una cosa-
Eruppi entrando di soprassalto e cogliendo il fantasma di sorpresa.
- La prima volta che ci siamo incontrare, lei mi ha detto che ci sono altre donne in questa nave-
- Certo, perché? Non le hai mai incontrate?-
Io scossi la testa.
- Che strano. Sono tante e tutte donne estremamente affascinanti. Sono salite a bordo dopo che io ho iniziato a lavorare in biblioteca a tempo pieno. Una dopo l’altra sono salpate con noi e non se ne sono più andate. Credo che si trovino bene-
Deglutì, decidendo che dovevo sedermi. Io e Morgan non eravamo state le uniche a rientrare nel mirino di Lucyndra.
- Ma…dove sono?-
Chiesi.
- So che si radunato sul fondo del vascello. Vicino la chiglia. Incredibile ma c’è una stanza segreta laggiù, dove non ci dovrebbe essere proprio niente. Non si vede e non so come si faccia ad entrare, ma c’è. Credo che neanche il Capitano sappia della sua esistenza-
- E…sono tutte lì?-
Chiesi io balbettante. Faticavo a credere che nessuno lo avesse mai capito, mai scoperto. O forse semplicemente nessuno voleva capirlo. Ma il più colpevole di tutti era Elehandro che, cieco, non vedeva quello che accadeva sotto i suoi stessi occhi.
- Certo ma non sono molto gentili. Pensa che non sono mai venute a presentarsi ed io sono la moglie del Capitano-
La donna iniziò a ridere ma io mi alzai bruscamente dal tavolo.
- Si è fatto molto tardi Signora. Devo proprio andare-
- C-Certo-
Disse alzandosi e accompagnandomi verso la porta.
- Ma…tornerai a trovarmi?-
- Certo Signora, ogni giorno fino a che potrò-
 
Adesso ne ero certa, ora dovevo solo avere le prove. Le dovevo, a Morgan e ad Elehandro. Per di più non potevo passare io come la cattiva davanti agli occhi del Capitano, doveva sapere che la mia si trattava semplicemente di giustizia. Lo avrei portato lì se necessario, alla chiglia, sperando che sua moglie non si sbagliasse.
Corsi da lui, chiamandolo a gran voce, ancora eccitata dalla mia scoperta. Ma non era solo, aperta la porta, trovai Lucyndra davanti a me.
- Cosa ci fa lei qui?-
Ringhiai, rimanendo sulla soglia. La vampira sorrise mentre il fratello sospirava.
- Dove pensavi che la mettessi? In una cella?-
Volsi lentamente lo sguardo verso di lui, fulminandolo con gli occhi.
- Sì-
Sbottai, senza alcun pudore.
- Sarebbe stato più appropriato-
- E con quale accusa?-
Domandò il Capitano seccato, alzando la voce.
- Per aver tentato di…-
Si bloccò, fissando gli occhi viola della sorella, così soddisfatti.
- Lucyndra potresti lasciarci soli?-
Lo fece ma non prima di passarmi accanto e darmi una spallata mentre usciva. Mi rivoltai verso di lei per saltarle addosso ma Hyner mi riprese verbalmente. Mi bloccai, impotente, davanti a lei che mi fissava divertita con una smorfia. Aveva vinto la partita e non aveva ancora finito di festeggiare. Quando la donna se ne andò richiudendo la porta, il comandante riprese a parlare.
- E’ solo spaventata, come tutti noi. Non è da poco avere l’oggetto di un Lancaster a bordo-
- Non sono un oggetto-
Ribadii avanzando di un passo verso di lui. Il vampiro roteò gli occhi, decretando nuovamente che era solo un modo di dire.
- Lu voleva proteggere la nave, non pensando che avrebbe attirato l’ira del nostro Principe-
- La stai difendendo-
Constatai, furiosa.
- La stai difendendo dopo che mi ha praticamente dissanguata-
- Non lo avrebbe mai fatto se…-
- Mi ha gettato fuori bordo nella tempesta e non sapeva che avevo questo-
Dichiarai mostrando il polso con il marchio di Nolan. Elehandro sussultò, perdendo la parola.
- Ha tentato di tagliarmi la gola e neanche allora sapeva cosa fossi-
Continuai, ricordandogli la cicatrice sul collo.
- Ha incantato la tua spada per uccidermi-
- Credevo che fosse stato Hunter-
- Lei ha maledetto Hunter!-
Gridai avanzando, sperando che mi desse ascolto.
- Vuole affondare la nave e non si fermerà fino a che non ci riuscirà!-
Il vampiro mi diede le spalle, allontanandosi da me.
- E’ impossibile-
Prese a borbottare.
- Tu non sai cosa stai dicendo-
- Lo so benissimo invece-
Ribattei avanzando fino a raggiungerlo, costringendolo a voltarsi e a guardarmi negli occhi.
- Come so che è stata lei ad uccidere Morgan e tutte le altre donne salite a bordo-
- Ma di cosa stai parlando?!-
Reagì scattando d’istinto lontano da me, fissandomi come se fossi impazzita.
- Sto parlando della misteriosa morte di tua moglie e della scomparsa di ogni donna che abbia osato mettere piede sulla Gold-
- Se ne sono andate, da sole-
Spiegò il demone con fermezza.
- Non sono state uccise-
- Tu le hai mai viste lasciare la nave?-
Incalzai, incontrando ancora il suo silenzio.
- Hai mai visto con i tuoi occhi una di loro scendere dalla nave?-
- No ma lo vedrò presto-
Sbottò spingendomi verso la porta.
- Dirò al timoniere di accelerare i tempi e di prendere la via più breve per il Regno dei Demoni-
- Fermo!-
Gridai, puntando i piedi e appoggiandomi con entrambe le mani sugli stipiti della porta. Feci presa su di essi con tutta la mia forza, impedendo al vampiro di buttarmi fuori dalle sue stanze.
- Perché non vuoi ascoltarmi! E’ stata lei ad uccidere Morgan!-
- Smetti di pronunciare il suo nome!-
Urlò il demone, ben più forte di me. La sua voce rimbombò per tutta la cabina, facendomi sussultare.
- Io so chi ha ucciso mia moglie e non è stata Lu-
Attonita rimasi ad ascoltare.
- Fui tradito da un vampiro, una creatura della mia stessa razza che avevo accolto sulla Gold. Come ringraziamento lui non seppe sopportare la sete e la vicinanza ad un’umana, così uccise mia moglie. E’ stato giustiziato per questo e il suo corpo gettato in mare-
- No-
Sussurrai, scuotendo la testa.
- No, ti sbagli. Non è stato lui. E’ stato Lucyndra, Morgan…-
- Basta adesso-
Ordinò il comandante.
- Non posso farti del male ma questo non vuol dire che sono costretto ad ascoltarti. Resterai nella tua cabina fino a destinazione-
- Altrimenti mi faresti del male?-
Domandai incrociando le braccia, sfidandolo con lo sguardo.
- Mi faresti del male, se non fossi tanto spaventato da Nolan?-
Aspettavo la risposta, con la rabbia nel cuore. L’uomo ci pensò un attimo prima di rispondere.
- No, hai ragione-
Sciolsi le braccia, sollevata fino a che non udii il resto.
- Non è lui a farmi paura-
Iniziò spiegando.
- Non sono stolto come mia sorella. Non ho l’ingenuità necessaria che mi renderebbe così impavido da sfiorare una creatura talmente spaventosa da non temere il diavolo stesso-
- Cosa?-
Mormorai, non capendo la riposta.
- Tu sei l’unica al mondo a non temere il nostro sovrano, Victoria. Solo gli sciocchi o coloro che emettono più paura del Principe stesso non ne sarebbero spaventati. Purtroppo non credo che tu sia sciocca. Penso invece che tu sia abbastanza potente da non essere costretta a temerlo-
- Questo non fa di me una creatura spaventosa-
Risposi indietreggiando di un passo.
- Sì, se stai competendo con il Signore delle Tenebre-
- Lui non è niente di tutto ciò-
- Solo la luna può ammirare il sole e non rimanerne accecata, Victoria. Solo qualcosa di altrettanto potente può comprendere, affrontare e impartire ordini ad una creatura paragonata alle pure fiamme dell’inferno-
Spiegò, facendomi raggelare il sangue.
- Io non ti toccherò Victoria ma non perché temo il Principe-
Fu lui a lasciarmi, costringendomi a restare sola nello studio dei suoi appartamenti. Caddi sul pavimento, con gli occhi sbarrati. Finalmente mi temevano, riconoscevano i miei poteri ma non per quello che avevo fatto. Mi consideravano un mostro alla pari di un altro mostro, ecco cosa eravamo io e Nolan per il mondo.
 
Uccisi Nolan.
Nel modo che meglio sapevo fare. Lo guardai dritto negli occhi mentre moriva, godendomi ogni istante. Lo baciai sulle labbra, un attimo prima di strappargli la vita. Il mio sguardo soddisfatto fu l’ultima cosa che vide. Il suo corpo si accasciò a terra, vuoto.
Dopodiché fu il turno di Elehandro. Lo raggiunsi in fretta, mentre lui ancora mi fissava terrorizzato.
Gli accarezzai dolcemente una guancia, fissandolo nei suoi occhi colmi d’oscurità. Ordinai al suo corpo di morire, possedendo qualcosa che gli apparteneva. Tramite quel piccolo e inizialmente così insignificante pezzo di lui, potei controllarlo nonostante nelle sue vene defluisse polvere.
Dovette soccombere alla mia forza, alla mia ira. Cadde sulle ginocchia davanti a me, mantenendo quell’espressione di paura fino all’ultimo.
- Sono stata buona troppo a lungo-
Mormorai, guardandomi intorno incredibilmente appagata. Dietro di me il cadavere di Nolan, davanti quello di Elehandro. Ma quello che non avevo considerato era la sua presenza, la presenza di Blanche.
Comparve improvvisamente come un tifone. I suoi occhi mi raggelarono il cuore, le sue mani sulla mia gola mi fecero iniziare a tremare. Strinse forte, soffocandomi. Dopo poco scostò una mano dal collo, concentrandosi sul ventre. Lo trafisse, iniziando a cercare qualcosa fra le interiora. Gridai, implorando di smetterla. Non fu soddisfatta fino a che non afferrò qualcosa dentro di me, lo estrasse e lo gettò a terra. Allora mi avrebbe uccisa, non prima.
Un senso di terrore mi aveva pervaso completamente, rendendomi incapace di reagire. Non potevo reagire, nessuno poteva ribellarsi a Blanche. Nessuno poteva batterla, certamente non ci sarei riuscita io. Lei era semplicemente la settima meraviglia del creato, potente e bellissima ma anche incredibilmente malvagia. Questa oscurità le dava il potere di fare qualsiasi cosa, di ottenere qualsiasi cosa. Eserciti si erano piegati al solo cenno del suo dito. I migliori demoni non avevano avuto scampo, io non avrei potuto fare differentemente. E con questa consapevolezza, morì.
Così mi risvegliai, nel mio letto.
- Hai fatto un brutto sogno?-
Mi volsi verso Hunter. Mi fissava dal fondo del letto, appollaiato con le gambe incrociate. Ci misi un attimo a capire che era ancora pomeriggio, che mi trovavo nella mia cabina e che non dovevo ucciderlo. Era mio amico.
- Tu cosa ci fai qui?-
- Ti proteggo-
Ebbe l’ardire di rispondere. Un sorriso mi sorse spontaneo.
- Sei rimasto qui tutto il tempo? Per proteggermi?-
- Certo, Lucyndra non ha ancora finito con te. Lo sappiamo tutti-
- Non ho bisogno che tu mi protegga-
Sbottai, alzandomi a sedere sul letto con una mano sulla fronte. Mi girava la testa e mi veniva da vomitare, dovevano essere ancora le conseguenze del mezzo dissanguamento.
- E di cosa hai bisogno allora?-
Ci pensai un attimo.
- Di una fata-
Risposi, fissando gli occhi nocciola di Hunter.
- Siamo nervosetti eh?-
Ridacchiò il ragazzo. Lo ignorai.
- Ho bisogno di uccidere una fata, questo mi rilasserebbe-
Lo stregone tacque qualche istante, non abbandonandomi mai con lo sguardo.
Potevo solo immaginare cosa stesse pensando. Aveva davanti un mostro, solo un mostro.
- Dove la troviamo?-
Eruppe, sorprendendomi.
- Siamo lontani dal Regno delle Fate. Dove posso trovartela?-
- Fai sul serio?-
- Certo, perché?-
Scossi il capo, apprezzando incredibilmente il suo gesto. Mi avvicinai a lui, rincuorandolo che non importava darsi tanto da fare per trovarne una. Dalla prossima nave che avremmo assaltato, io mi sarei procurata il mio bottino personale.
- Dai andiamo a mangiare-
Lo incitai, vestendomi frettolosamente con Hunter rivolto verso il muro. Alla nausea era susseguita in fretta una gran fame, avrei potuto divorare qualsiasi cosa.
- Ah, non lo dire a Thos che voglio procurarti una fata da uccidere-
Supplicò il ragazzo prima di uscire dalla cabina.
- Lui non capirebbe-
Sorridendogli lo spinsi letteralmente fuori dalla porta, non essendo intenzionata a perdere altro tempo.
 
Seduta in mensa, davanti al cibo, persi del tutto l’appetito. Ogni cosa mi disgustava, solo vedere le portare mi faceva salire il vomito. Rimasi allora semplicemente seduta sulla panca con i gomiti sul tavolo e le mani sulla fronte. Pallida e con i sudori freddi, non capivo cosa mi stesse succedendo.
- Tutto bene?-
Chiese Hunter.
- Affatto-
Risposi, riuscendoci a malapena. Mi stavo concentrando sul non vomitare, non sul parlare.
- Hai bisogno di quella fata?-
Sussurrò lo stregone.
- No-
Lo informai, nonostante più stessi male più il mio nervosismo stesse aumentando.
- Cosa succede?-
Entrambi alzammo lo sguardo verso Thos, si stagliava sopra di noi con i suoi grandi muscoli e mi stava fissando preoccupato.
- Cosa ci fai in piedi a quest’ora?-
Chiese Hunter mentre l’enorme demone si accomodava al nostro tavolo.
- C’è mancanza di personale da quando…beh…-
- Da quando Nolan ha fatto irruzione e ha ucciso gran parte dei demoni-
Terminai la frase alzando il volto verso di loro.
- Lo so Thos, non c’è bisogno che tu me lo nasconda-
Timidamente l’uomo afferrò il piatto che non stavo mangiando e iniziò a divorarlo, così da non dover proseguire la conversazione.
- Ti senti bene? Hai certe occhiaie-
- No, affatto-
Risposi al demone che stava assaporando il mio tacchino.
- E’ così da quando si è svegliata-
- Hai fatto brutti sogni? Forse è quello che ti ha fatto star male-
Sorrisi innanzi alla candida ignoranza del grosso demone.
- Ho fatto brutti sogni perché evidentemente sto male, non il contrario-
- Parlacene-
Invitò Barbas, comparendo come un fantasma seduto vicino ad Hunter. Sussultammo, osservando l’anziano polveriere della nave costretto anch’esso ai doppi turni.
- Ciao Barbas-
Salutammo in coro.
- Avanti, cosa hai sognato?-
Sbuffai, tentando di raccontare.
- Nolan, il Capitano e qualcuno che è morto da molto tempo-
- Cosa succedeva nel sogno?-
Alla domanda del demone più anziano mi posi istintivamente una mano sulla pancia. Sobbalzai ma non per l’immagine di Blanche che giocava con le mie viscere, bensì notai che c’era qualcosa di anomalo. Nonostante fossi a stomaco vuoto, mi trovavo terribilmente gonfia.
- Secondo voi sono ingrassata?-
Domandai alzandomi in piedi e mostrandomi di profilo innanzi ai tre pirati della Gold. Ognuno di loro mi fissò attentamente, senza dire una parola.
- Se rispondiamo la cosa sbagliata…ci uccidi?-
Chiese Hunter.
- Probabilmente. Allora? Vi sembro ingrassata?-
Scossero il capo all’unisono tutti e tre. Sbuffai nuovamente, non potevo fidarmi del loro giudizio.
- C’è qualcuno che non ha paura di rispondermi?-
Scossero ancora il capo tutti assieme. Tornai a sedermi sconfitta, comunque sia avendo già la mia risposta. Ultimamente dovevo aver mangiato troppo.
- Allora…hai parlato con il Capitano?-
Chiese cautamente lo stregone. Alzai gli occhi verso di lui, annuendo.
- E non è andata bene, se è questo che vuoi sentire. Si rifiuta di vedere la verità. Non mi ha creduto, nemmeno ad una parola-
- Cosa farai adesso?-
Domandò Thos.
- La ucciderò e basta-
Sbottai fermamente.
- Non so perché mi sia tanto importato che lui approvasse. Avrà l’eternità per capire il mio gesto dopo che lei sarà sepolta-
- E se si dovesse mettere contro di te? Cosa sceglierai?-
Osservai il volto di Barbas, senza aver bisogno di pensarci troppo.
- Ucciderò anche lui-
I tre sobbalzarono, guardandosi intorno per vedere se qualcun altro avesse udito. Dopodiché chiesero spiegazioni.
- Ha protetto Lu per centinaia di anni, voltando il capo dall’altra parte e lasciando che facesse i suoi comodi. Le sue mani sono sporche di sangue quanto quelle della sorella-
- Da quando sei così interessata alla giustizia verso persone che nemmeno conosci?-
Domandò lo stregone.
- Non credo che tu possa giudicare chi ha le mani sporche di sangue, bambina. Le tue lo sono sporche il doppio-
Concluse Barbas.
- Volete che uccida Lu o no?!-
Sbottai infastidita.
- Sì Victoria ma non al prezzo di perdere il nostro Capitano-
Replicò Thos.
- Non lascerò questa nave fino a che non l’avrò fatta pagare a quella stronza-
Spiegai, furiosa.
- E se Elehandro mi metterà i bastoni fra le ruote, non avrò pietà nemmeno per lui-
Mi alzai voltandogli le spalle, allontanandomi dalla mensa, dai loro occhi sgomenti e andando a vomitare.
 
Sbarcammo in un porto quella stessa notte.
Ci trovavamo ancora nella Nazione delle Streghe ma il villaggio portuale era frequentato da molti demoni. Un ricettacolo di pirati, ricercati e fuorilegge provenienti da vari parti del mondo. Stregoni e demoni convivevano insieme nell’armonia dell’illegalità, spartendosi spesso incarichi che vedevano come vittime ricchi signori da derubare. Mi sarei trovata bene.
Scesi non appena furono gettate le cime al molo, sperando che la nausea si attenuasse una volta a terra. Purtroppo non fu così.
Allora iniziai a credere che stessi morendo. Non mi ero mai ammalata in vita mia, mai.
Se provavo un senso di vomito così a lungo, forse era davvero giunta la mia ora.
Preoccupata camminai per le strade dell’affollato villaggio, silenziosamente e senza prestare attenzione ai numerosi venditori ambulanti. Il Capitano non aveva battuto ciglio al fatto che scendessi da sola, così come tutti gli altri del resto. Non sapevo nemmeno se mi avrebbero aspettata prima di ripartire con la nave. D’altronde, se mi avessero lasciata lì si sarebbero tolti un bel mucchio di problemi. Andai a prendere qualcosa da bere in un’osteria, nonostante la nausea. Elehandro aveva attraccato soprattutto per fare rifornimento di uomini, avrei avuto tutto il tempo per riposare e schiarirmi la mente. Non so per quanto rimasi seduta al bancone della locanda. Un sacco di gente mi passò accanto, sedendosi per poi rialzarsi. Udì un moltissime conversazioni indesiderate. Alcune parlavano di politica, del Principe mezzo demone e del Principe legittimo ma senza trono. Mi coprì le orecchie con le mani, non volendo sentire. In quella strana posizione, appoggiata sul bancone con gli occhi chiusi e le mani come para orecchie, attirai l’attenzione di qualcuno. Percepì flebilmente un borbottio da dietro le mie spalle. Mi volsi allora leggermente, senza liberare le orecchie. Osservai un gruppo di balordi che mi prendevano in giro, ridendo con i boccali in mano. Tolsi le mani, curiosa di sentire.
- Qualcosa ti disturba dolcezza?-
- Facciamo troppo rumore?-
Roteai gli occhi, tornando a concentrarmi sul drink che avevo a malapena toccato. Che stupido tentativo di approccio.
- Cosa c’è? Non siamo abbastanza per te?-
Gridò uno di loro, offeso del mio comportamento. Mi portai allora una mano alla fronte. Mi girava la testa e ogni loro parola era come una martellata dritta nel cranio.
- Non troverai certo di meglio, in questo buco infernale!-
Affermò un secondo ragazzo, rovesciandosi la birra sulle vesti a furia di ridere. Mi volsi di nuovo verso di loro, giusto per osservarli meglio. Dal loro comportamento sembravano stregoni, umani, più che demoni. Resi incapaci di riflettere, di stare in piedi, di parlare correttamente dall’alcool.
- Cosa ti aspettavi?! Dei Principi?!-
Inorridì a quella parola.
- Forse è abituata ad un principe!-
Rabbrividì ulteriormente, tollerando sempre meno la loro presenza.
- Lasciala stare, non vedi come è vestita?-
Continuò un altro ridendo.
- E’ un pirata! Ti farebbe a fettine con lo stuzzicadenti che porta al fianco!-
- Non ho bisogno del fioretto per farlo-
Risposi, non riuscendo più a tollerarli.
- Sa parlare!-
Fu la risposta di uno calvo in mezzo a loro.
- Sai fare anche altre cose?!-
- Potremmo scoprirlo!-
Iniziavano ad avvicinarsi troppo. La puzza di alcool e di sporco che portavano sulle loro vesti mi urtavano lo stomaco. Sentivo che dovevo vomitare e non per il drink che avevo appena assaggiato.
Mi alzai in piedi dallo sgabello, fissando il gruppo composto da cinque uomini che mi stava importunando senza che a nessun altro interessasse. Il barista e gli altri clienti erano impegnati nei loro affari, per aiutare una ragazza tutta sola messa all’angolo. Sorrisi, presto anche loro avrebbero prestato attenzione.
- Signori, una sola domanda: siete stregoni o demoni?-
Questi si fissarono negli occhi, prima di scoppiare a ridere nuovamente.
- Stregoni. Non si vede?-
Non riuscivo mai a riconoscerli.
- Perfetto-
Sbottai, provando un enorme senso di soddisfazione.
 
Quando ebbi finito, nell’osteria “Il vento del sud” cinque cadaveri riversavano sul pavimento. Nessuno dei presenti aveva avuto il coraggio di muoversi, di fuggire, figuriamoci di aiutare uno di quei poveri sventurati. Non un’anima fece niente per salvarli, per fermarmi. A seguito delle loro urla strazianti, era sceso un gran silenzio. Tutti mi stavano fissando, alcuni seduti al tavolo altri in piedi che non sapevano se li avrei lasciati liberi di scappare. Solo allora mi accorsi che mi era passata del tutto la nausea. Stavo bene, il senso di vomito e i giramenti di testa erano scomparsi del tutto.
A spezzare il silenzio, fu la porta dell’osteria che si aprì.
Ovviamente, assolutamente ovviamente, ad entrare fu Elehandro.
Con tutti i locali del porto, lui entrò in quello. Forse era stato attirato dalle urla o forse fu solo un caso, comunque mi vide in piedi vicino a cinque corpi senza vita e la sua espressione cambiò di colpo. Sembrava che avesse visto un fantasma, o meglio cinque fantasmi.
Rimase in silenzio sulla porta per qualche istante, impietrito. Io allora lo aiutai, scavalcando con attenzione ogni cadavere sino a raggiungerlo dall’altra parte della locanda. Gli passai di fianco, sfidandolo con lo sguardo, senza dire niente. Semplicemente lo sorpassai, gli sorrisi e me ne andai a cercare un dottore.
 
Quello che avevo trovato mi fece accomodare nello studio in poco tempo, subito dopo un uomo ferito da una coltellata nello stomaco e uno che aveva ricevuto una bottigliata in testa.
Entrai nella sala in cui riceveva, sedendomi sul lettino che il demone con il camicie mi aveva indicato.
- Come ti chiami?-
Chiese prendendo dalla scrivania qualche foglio e iniziando a fare delle domande di routine.
Intanto io fissavo i suoi capelli corvini e i suoi occhi scuri. Il solito demone estremamente affascinante.
- Victoria-
- Ok Victoria, quanti anni hai?-
- Intorno ai 20-
L’uomo sorrise.
- Intorno ai 20, simpatico. Il che vorrebbe dire?-
- Che non si chiede l’età ad una signora-
Il medico fece una smorfia divertita e scrisse qualcosa sul suo foglio bianco.
- Sei un demone?-
- No-
- Una strega-
- Neanche-
La sua penna si fermò un attimo. Alzò lo sguardo verso di me.
- Una fata senza ali?-
Sbuffai.
- Me ne presenterebbe una? Sarei curiosa di vedere se il suo corpo brucia esattamente come le altre-
Il demone posò il foglio, avvicinandosi a me.
- Sei sempre così nervosa?-
- Non sono nervosa. Anzi, ho appena fatto un esercizio molto distensivo per i nervi-
- Ovvero?-
Domandò lui curioso, sorridendo.
- Ho ucciso cinque persone-
Il dottore si incupì momentaneamente, non parendo tuttavia eccessivamente indignato.
- Come mai sei venuta qui, Victoria?-
Chiese, incrociando le braccia.
- Ho la nausea. Ed io non ho mai la nausea, a meno che non sia in fin di vita-
- Credi di essere in fin di vita?-
Incrociai i suoi occhi scuri.
- Non lo so, il medico è lei-
Il demone sorrise, riprendendo il foglio in mano.
- Hai subito qualche ferita importante, ultimamente?-
- Sì ma ormai dovrei essere completamente guarita. Mi rimetto in fretta io-
Il dottore annuì.
- Quando è iniziata la nausea?-
- Oggi pomeriggio. Insieme a giramenti di testa ma la cosa strana è che ora sto bene-
- Ed è strano…?-
- Sì perché è successo dopo che ho ucciso quegli uomini-
Dichiarai, facendo scendere nuovamente il silenzio.
- E’ come se il mio corpo avesse bisogno che io uccida, per stare bene-
Spiegai mentre il demone mi fissava intensamente.
- Cioè…mi è sempre piaciuto uccidere ma adesso più di prima. Non avevo dolori fisici se non uccidevo, adesso è come se dovessi farlo per sopravvivere-
Continuai a parlare, in modo logorroico ed estremamente veloce.
Intanto il dottore posò la penna, appallottolò il foglio e lo gettò nella spazzatura.
Lo fissai allibita mentre tornava indietro verso di me.
- Dove sei cresciuta, Victoria?-
- Nella nazione delle streghe-
- Sei mai andata da un dottore umano, prima d’ora?-
Scossi il capo.
- Vedi, uno di loro molto probabilmente avrebbe pensato ad una condizione psicosomatica. Ti avrebbe dato qualcosa contro lo stress e avrebbe ritenuto che la tua valvola di sfogo fosse proprio l’aggressività-
- Lei invece cosa pensa?-
- Io sono un demone ragazza, conosco la medicina demoniaca e mi occupo di creature molto strane. Quando tu dici che è come se “il tuo corpo ti spingesse ad uccidere” io ci credo-
I miei occhi si illuminarono.
- Davvero?-
- Ma certo-
Mi pose una mano sulla spalla, congratulandosi con me e con “lui” a trentadue denti.
Lo fissai sorpresa, chiedendogli per qualche motivo si stesse congratulando e con chi.
- Cara mia! I tuoi sintomi sono tipici di una gravidanza!-
Scesi dal lettino, scattando lontana dal dottore.
- Lei è pazzo-
Sbottai.
- Si sta evidentemente sbagliando. Forse non ha capito bene…-
- Ho capito perfettamente ragazza. Immagino quindi che tu e il vampiro non lo abbiate programmato-
Percepì un brivido di freddo, di terrore. Mi feci indietro ulteriormente, con una mano sulla pancia che credevo semplicemente gonfia.
- Come fa a sapere…-
Iniziai, non riuscendo nemmeno a mettere due parole in fila. La testa mi scoppiava ed iniziavo a sudare freddo. Il dottore mi fece sedere, assicurandomi che si trattava di un attacco di panico.
Mentre io lo fissavo desiderosa di ucciderlo, lui mi fece fare qualche esercizio per la respirazione.
- Come sa che “lui” è un vampiro?-
Il demone storse il naso, indicando un pezzo di carta incorniciato sulla parete.
C’era scritto “Laurea”. Precisamente “Laurea in medicina demoniaca”. “Conseguita con Lode”. 
- I tuoi sintomi sono tipici della gravidanza con un vampiro. Il feto ti spinge ad uccidere, ha bisogno di sacrifici per crescere e venire al mondo. Ogni persona che uccidi, l’energia vitale si trasmette al bambino. Quando nascerà non basterà più l’energia ovviamente, vorrà il sangue-
Deglutii forte, iniziando a scuotere il capo.
- No-
Mormorai.
- No-
Ripetei.
- Si sta sbagliando. E’ solo un po’ di nausea…ed io ho sempre ucciso-
Convinsi me stessa e scattai in piedi, allontanandomi da quella creatura che mi aveva fatto preoccupare per nulla. Ovviamente si stava sbagliando. Poteva anche avere una laurea appesa al muro ma non aveva mai visto qualcosa che solo assomigliasse alla mia natura. La medicina tradizionale non aveva le stesse regole per me.
- Meriterebbe di morire per il suo sbaglio-
Avvisai, furibonda. Volsi una mano verso di lui, immaginando la sua vita nel mio palmo. Il corpo del dottore ebbe come un sussulto e, come le altre volte, potevo percepire il suo cuore pulsare. Lo udivo, lo percepivo anche dall’altro lato della stanza. Era come se fosse dentro al mio e potessi comandarlo, ordinargli di fermarsi. Gli occhi neri del dottore mi percossero da parte a parte, terrorizzati. Mi fissavano, mantenendo comunque un barlume di curiosità. Forse iniziava a capire che io non ero esattamente come gli altri suoi pazienti. Strinsi il palmo della mano destra, facendo provare al suo cuore la sensazione di essere stretto in una morsa. L’uomo si pose entrambe le mani sul petto, cadendo in ginocchio. Ansimava e quando il suo volto iniziò a cambiare colore, rilasciai l’incantesimo. Come un peso morto, il corpo del demone cadde a terra affannato, tentando di respirare.
- Ma è fortunato-
Conclusi.
- Perché è estremamente carino e sarebbe uno spreco ucciderla-
 
Tornai verso la nave, rilassata e per niente preoccupata. Quel ciarlatano non era riuscito a capire assolutamente niente, forse avevo sbagliato a lasciarlo in vita. Camminando verso la Gold pensai che, al contrario della sua diagnosi, mi fossi addolcita più che incattivita. La sua presenza nel mondo era assolutamente inutile e come tale avrei dovuto eliminarla. Feci spallucce, ormai era andata. Mi fermai svoltato l’angolo, fissando la magnificenza della nave dorata attraccata al molo.
La fissai per qualche istante, iniziando a sospirare. Quei profondi sospiri mi fecero trasalire.
Stavo sospirando, sospiravo all’idea di risalire a bordo. Improvvisamente capì: io non volevo salire.
Non mi importava che Nolan mi stesse aspettando, che Elehandro mi dovesse consegnare a lui.
Non mi interessava che Lucyndra volesse affondare la Gold, né di rivedere l’equipaggio.
Ero libera, ero a terra e sarei potuta andare ovunque. Avrei potuto fare qualsiasi cosa, qualsiasi.
Perché dovevo risalire? Perché dovevo risolvere sempre tutto io?
Sarei fuggita, avrei bruciato il pezzo di pelle marchiato da Nolan. Lo sfidavo a trovarmi.
Ero salita sulla nave per scappare, ora dovevo scappare dalla nave.
Mi volsi per prendere il largo, per andare il più lontano possibile ma non appena lo feci sbattei contro qualcuno. Feci un passo indietro, osservando chi mi stesse così stupidamente dietro la schiena. Alzai lo sguardo percorrendo il petto, le spalle, fino a giungere il viso.
Sbuffai.
E ti pareva.
- Non sali?-
Domandò Hyner.
- Non ancora, ho dimenticato qualcosa. Devo fare…-
- Stiamo per salpare-
Mi interruppe il vampiro.
- Farò in tempo-
Assicurai, fissandolo negli occhi scuri come la notte.
- No, non credo-
Replicò il demone, deciso.
- E come fai a dirlo?-
- Perché sei un disastro come bugiarda-
Strinsi i pugni. La sua figura mi ostruiva la strada, non mi avrebbe fatto passare, non mi avrebbe lasciato andare. Esattamente come Nolan.
- Togliti-
Ringhiai.
- Io me ne vado e non c’è niente che tu possa fare-
- Ho dato la mia parola per te-
Ricordò pacatamente il comandante.
- Ti ho assecondata, qualsiasi cosa tu volessi fare. Volevi restare ed io mi sono esposto per farti restare-
- Allora assecondami e lasciami andare-
Suggerii, sempre fremente dalla rabbia.
Il demone scosse il capo, avanzando verso di me. Non potei fare altrimenti.
- Fermo!-
Gridai, impossessandomi del suo corpo. Ne ottenni il controllo, la vita. All’inizio Elehandro non comprese cosa stesse succedendo. Fissò le sue braccia, le sue gambe, constando che fossero completamente bloccate. Stava per morire ma ancora non se ne rendeva conto.
- Non mi hai lasciato scelta-
Affermai, intravedendo il suo cuore già morto nella mia mente. Non pulsava, non batteva ma forse se lo avessi distrutto in mille pezzi il vampiro sarebbe spirato. Così avrei fatto con il resto dei suoi organi, contemporaneamente. Lo sfidavo a rimanere in vita.
Sorrisi, dando l’ordine al cuore di implodere. In quel preciso momento, qualcosa mi colpì alla testa.

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Capitolo 15
*** La malvagità, spesso, genera potere ***


 Mi svegliai a letto, nel mio letto. La luce dell’alba penetrava dall’oblò, irradiando il soffitto.
Capì allora che fosse giorno, che fossimo già salpati. Sospirai, ringraziando almeno di non rinvenire per l’ennesima volta in infermeria. Mi faceva male la testa. Tentai di portarmi una mano sulla nuca ma mi accorsi di essere bloccata. Con terrore fissai entrambi i polsi. Così come le caviglie, erano incatenati alle sbarre del letto.
- No-
Gridai.
- No!-
Ripetei.
Diedi degli strattoni molto forti alle catene, cercando di spezzarle e di liberarmi. Compresi che fosse totalmente inutile. Provai a fondere l’acciaio, con il mio calore. Non era certo la prima volta che lo facevo, eppure non funzionò. Avevano preso ogni precauzione. Ero in trappola in quella prigione d’oro galleggiante.
- Si può sapere cosa hai fatto?-
Domandò il polveriere, comparendo dal bagno. Il mio bagno, che lui aveva appena utilizzato.
Gettò l’asciugamano che stava utilizzando per le mani, avvicinandosi al letto.
- Lucyndra sta andando avanti e indietro per la nave vantandosi che ha salvato il Capitano da te-
Mi bloccai, smettendo di tentare la fuga. Fissai i suoi occhi, stanchi, stanchi di dovermi sempre venire a fare la predica.
- E’ vero-
Confermai.
- Se non mi avesse colpito, lo avrei ucciso-
- Ma perché?-
Domandò l’anziano, non riuscendo a capire. Si sedette di fianco a me, fissandomi sempre con quello sguardo sconcertato. Come se davanti avesse una persona del tutto diversa.
- Perché mi bloccava la strada-
Spiegai, con tutta calma e sincerità.
Barbas continuò a fissarmi, ad occhi sbarrati.
- Volevi andare da qualche parte?-
Sbuffai.
- Guarda le catene. Non è perché mi ritengono pericolosa, sai?-
L’uomo fece una smorfia.
- Va bene, forse un po’ anche per quello. Ma la verità è che voglio andarmene-
Stette in silenzio per un attimo, prendendo solo allora la fiaschetta dai pantaloni.
- E tutti i discorsi di ieri?-
Feci spallucce, dichiarando che forse Lucyndra non fosse tanto importante. Non tanto da precludere la mia libertà. Se fossi riuscita a fuggire, non sarei più stata consegnata a Nolan.
Il demone incrociò le gambe, sorridendo appena.
- Allora il problema è il tuo fidanzato-
- Lui non è il mio fidanzato-
Ringhiai, dando uno strattone alle catene. Se fossi stata libera, lo avrei strozzato.
- E non è lui il problema. Siete voi, che mi tenete qui contro la mia volontà-
L’uomo sospirò, avvicinandosi pacatamente al mio letto. Con tutta calma estrasse qualcosa dalla tasca, qualcosa che non appena avvicinò alle catene si trasformò in una chiave. In prossimità della chiave, un lucchetto si rivelò e Barbas lo schiuse. Rimasi qualche istante immobile, fissando i suoi occhi con sospetto. Cautamente mi posi a sedere sul materasso, massaggiandomi i polsi.
- Perché lo hai fatto?-
Il polveriere tornò a sedere con la sua fiasca di rum fra le mani, alzando le spalle.
- Siamo in mare aperto-
Ricordò.
- Se non possiedi un gran paio di ali, credo sia difficile per te andartene-
Mi alzai, raggirando con attenzione la sua figura seduta sulla piccola sedia in legno. Dapprima sbirciai dall’oblò, constatando che effettivamente eravamo ormai ben lontani dalla costa. Successivamente aprì l’armadio, cercando qualcosa di meglio da indossare che gli abiti insanguinati della notte prima.
Mi nascosi fra le ante del vecchio armadio e mi cambiai, in completo silenzio con Barbas a poco più di un metro da me. Ebbi un sussulto, quando notai che non riuscivo ad abbottonare i pantaloni.
Evidentemente stavo mangiando troppo.
- Devo andare in sartoria-
Svelai, uscendo sconfitta dal guardaroba con indosso l’unica uniforme da pirata che ancora mi entrava.
- Ti accompagno-
Sbottò il demone alzandosi in piedi. Mi bloccai, facendo un passo indietro.
- Perché?-
- Ti ho liberato. Adesso non posso perderti di vista-
- Hai detto che scappare sarebbe impossibile-
L’uomo anziano sorrise.
- Anche tu sei impossibile ragazzina, eppure sei davanti a me-
Non so perché, sorrisi anch’io. Sorpassandolo per raggiungere la porta decisi di fargli un’ultima confidenza.
- Ah Barbas, io ho un gran bel paio di ali. Solo che non so usarle-
 
A metà strada per la sartoria mi bloccai, colpita nuovamente dalla nausea. Appoggiai le spalle al muro, chiudendo gli occhi e aspettando che si attenuasse.
- Stai bene?-
Domandò il demone, avvicinandosi. Scossi leggermente il capo, avvisandolo di rimanere lontano.
Forse avrei potuto vomitargli addosso.
Attesi per un tempo che parve lunghissimo ma stavo sempre peggio, così mi accucciai al suolo. Stetti in posizione fetale con le mani sulla testa, quasi come se volessi impedirle di girare.
Purtroppo non obbedì e Barbas fu costretto a chiamare aiuto, preoccupato.
Rimasi da sola, terribilmente imbarazzata, desiderosa di nascondermi in un buco e non uscirne più.
Ovviamente, il primo ad arrivare fu Hunter. Non alzai lo sguardo verso di lui, non gli dissi niente.
Stavo troppo male ed ero troppo nervosa. Mentre lui parlava e mi chiedeva qualcosa, io nascondevo il volto nelle ginocchia, pregando di non ucciderlo.
- Victoria-
Insistette il ragazzo, accarezzando la testa che mi esplodeva. Mi costrinse a fissarlo.
Sobbalzò, quando i miei occhi lo fulminarono in pieno.
- Allontanati-
Avvisai, con l’ultimo sprazzo di lucidità che mi era rimasta.
- O portami quella fata-
Hunter si alzò, allontanandosi con cautela da me. Come si fa davanti ad un animale ferito e pericoloso, arretrò con passo leggero e quasi senza respirare.
- Che facciamo?-
Sussurrò al compagno più anziano.
- Chiama il Capitano-
- No-
Sbottai, almeno di quello essendone completamente sicura.
- Non voglio vederlo-
- Il dottore allora-
Suggerì Barbas, con ottimismo e tuttavia con timore nei miei confronti.
- Il dottore…dovrebbe andare bene-
Decretai, facendo tirare un sospiro di sollievo ad entrambi.
 
Molto lentamente e nell’arco di numerose minacce durante la strada, raggiungemmo l’infermeria.
In quel lungo percorso, tutti fecero ormai in tempo a sapere che stavo male, anche il comandante. Non si fece vivo, forse informato del mio cattivo umore. Udii comunque che approvò la scelta del medico e la raccomandò, preoccupato del colpo che avevo ricevuto alla testa. Quasi mi avventai contro il messaggero di tale notizia, innervosita da quelle parole. Sembrava che avessi bisogno del consenso di Hyner per andare in infermeria e che lui fosse preoccupato per la mia testa, quando in realtà l’unica a cui si interessava era la sua.
Purtroppo non mi fu permesso di sfogarmi su nessuno e così raggiunsi il medico, ancora più stressata e dolorante. Ma fu ciò che trovai oltre la porta a rendermi maggiormente furiosa.
Ero troppo sfortunata, su questo ero certa.
Sia io che il nuovo medico della Gold Sea rimanemmo pietrificati per qualche istante. La prima a sbloccarmi fui io, raggiungendo il letto sbuffando. Mi posi entrambe le mani sugli occhi, in silenzio mentre ancora Hunter e Barbas mi fissavano.
- Che succede?-
Domandò il ragazzino non capendo.
Scossi il capo, non volendo neanche sapere come il dottore che avevo quasi ucciso e la sua laurea incorniciata fossero finiti a bordo. Stetti semplicemente immobile, tentando di respirare e calmare la rabbia che provavo. Avrei potuto uccidere tutti in un colpo solo in quell’istante.
- Voi due vi conoscete?-
Alla domanda di Barbas, il medico trasalì.
- Ho avuto il piacere…l’altra notte-
Svelò, borbottando non ancora ripreso dalla sorpresa.
- Quando l’ho visitata nel mio studio sulla terra ferma e lei ha cercato…-
Si bloccò, facendomi venire ancora più rabbia.
- Ed io ti ho cercato di ucciderti-
Sbottai spazientita.
- Puoi dirlo sai? Non ho niente da nascondere. Volevo ucciderti e ti ho risparmiato solo per bontà d’animo-
Hunter e Barbar si fissarono esterrefatti, poco prima che il dottore domandasse di lasciarci soli. Allora parvero ancor più sorpresi.
- Ne è proprio sicuro dottore?-
Chiese conferma il giovane mozzo, indicandomi facendomi sentire ancora una volta una bestia feroce.
Chissà perché il demone con la laurea gli sorrise, incitando entrambi ad andare.
La porta si chiuse e il silenzio calò. Rimanemmo da soli: io, lui e la mia nausea.
- Ci credi adesso?-
Domandò il medico avvicinandosi cautamente a me.
- A cosa dovrei credere, esattamente?-
Chiesi sprezzante, con una mano sullo stomaco.
- Della tua gravidanza. Immagino non fosse desiderata-
- Non c’è nessuna gravidanza-
Sbottai, imperterrita.
- Tu non mi conosci. Ho sempre amato uccidere e sono sempre nervosa. Adesso trova la vera causa o giuro che ti stacco la testa-
Si allontanò dirigendosi verso un armadietto appeso alla parete. Prese qualcosa, tornando da me con una bottiglietta fra le mani. Liquido nero. L’ultima volta che avevo bevuto qualcosa di simile non era andata bene.
- Cos’è?-
- Ti calmerà la nausea, i giramenti di testa. Per la tua rabbia incontrollata, non può fare niente-
- Sì ma cos’è?-
Il dottore sospirò, sedendosi su di una sedia davanti al lettino dell’infermeria.
- E’ morte-
Spiegò.
- Morte in bottiglia. Al bambino serve, ti ucciderà altrimenti-
- Io non sono incinta!-
Urlai con quanto fiato avevo in corpo, alzandomi e di conseguenza facendo scattare in piedi anche il demone. Cadde il silenzio e rimanemmo immobili per qualche istante.
- Ho la nausea perché quella maledetta di Lucyndra mi ha colpito alla testa!-
Spiegai, senza smettere di gridare. Pareva darmi un leggero sollievo.
- Va bene, controlliamo anche quella. Ma devi bere l’estratto di morte oppure uccidere tu stessa qualcuno, al più presto-
- Mi stai tentando, giuro che mi stai tentando-
Avvisai, stringendo i pugni e digrignando i denti.
- Cosa ti blocca?-
Domandò scioccamente il medico.
- Voglio che tu mi controlli la testa!!-
Ripetei continuando ad urlare, certa ma tuttavia incurante che oltre la porta tutti sentissero.
A quel punto il dottore ubbidì, posando il siero e finalmente visitandomi.
Stette in silenzio per un bel po’, controllando il bernoccolo, i riflessi pupillari e i movimenti oculomotori. Alla fine sentenziò che era stata una discreta botta in testa ma stavo bene.
- Per di più, sei entrata nella terza settimana-
- Zitto-
Ordinai allontanandomi da lui e dalle sue mani che avevano osato palparmi l’addome.
- Le gravidanze demoniache durano molto poco-
Informò mentre mi stavo dirigendo alla porta, seccata.
- Sei quasi a metà. Se vuoi posso già dirti il sesso del bambino-
Mi bloccai, non sapendo se ridere istericamente o sudare freddo.
- Ma fai sul serio?-
Domandai divertita, voltandomi verso di lui.
- Sempre che tu non voglia che sia una sorpresa-
Lo maledissi, andandomene brontolando ma comunque risparmiandogli la vita. Chissà per quale assurdo motivo.
 
Mi rintanai sul ponte. L’aria fresca della notte mi aiutava a respirare, non riusciva ad alleviarmi la nausea ma almeno mi rilassava. Il rumore delle onde che si infrangevano sulla Gold fecero calmare il sangue che mi ribolliva nelle vene. Quando feci la mia comparsa sopracoperta, molti dei pirati preferirono rientrare. Li ignorai, sedendomi sulla balaustra come facevo di solito. Poco dopo iniziò a piovere e allora anche la ciurma restante preferì dedicarsi ad incarichi all’asciutto.
Rimasi completamente sola, con la pioggia che mi bagnava i capelli.
Non avevo intenzione di rientrare, nemmeno fosse scoppiato un temporale.
Sarei rimasta là sotto, a pensare.
Volevo scappare ma non ne ero capace. Non volevo essere consegnata a Nolan ma non potevo impedirlo. Odiavo Lu ma non riuscivo a cancellarla dalla faccia della Terra.
Dovevo trovare una soluzione comune a tutti i miei problemi. Qualcosa che mi permettesse di scappare, di non essere consegnata al Principe dei Demoni e di uccidere Lu.
In quel momento, percepii dei movimenti all’interno del mio ventre.
Scattai giù dalla balaustra, scivolando sul ponte bagnato e cadendo.
A terra, sotto la pioggia battente, presi ad indietreggiare come da un nemico invisibile.
Ma non c’era nessuno da cui scappare, nessuno da affrontare. La mia più grande paura si stava materializzando dentro me stessa.
Un calcio.
Sobbalzai urlando quando sentì qualcosa calciarmi dentro la pancia.
 
- Lo tolga di lì!-
Gridai irrompendo nell’infermeria della nave. Il nuovo medico mi fissò attonito, bloccandosi con le garze in mano intento a curare le ferite di un marinaio.
- Vattene-
Intimai al demone seduto sul lettino. Questo si prese un attimo per riflettere, osservandomi bagnata da capo a piedi e visibilmente sconvolta. Non ricevendo riposta feci un minaccioso passo in avanti verso di lui. L’uomo scattò in piedi e, zoppicando, si diresse alla porta senza farselo ordinare due volte.
Il dottore, rimasto solo con me, posò sospirando le garze che ormai non gli sarebbero più servite.
- Hai cambiato idea?-
Domandò divertito.
- Lo deve togliere-
Ripetei con la voce rotta dal pianto, avanzando verso di lui tremante.
Scorsi un cambiamento nell’espressione del medico, si avvicinò a me pregandomi di sedermi e di parlarne ma io non lo feci.
- Senta…-
Scorsi di sfuggita il suo nome sulla laurea incorniciata.
- …Alan. Lei non capisce. Io. Non. Posso. Avere. Questo. Bambino-
Il demone allora sorrise dolcemente, forse scambiando il mio attacco di panico per una semplice preoccupazione da donna in gravidanza.
- So che la maternità possa far paura ma sono sicuro che…-
- No!-
Sbottai, allontanando le sue braccia da me.
- Lei non capisce!-
Ripetei urlando, in lacrime. Mi allontanai dal dottore, appoggiandomi al letto dell’infermeria per non cadere. Il cuore mi scoppiava dalla paura e lo stomaco si contorceva. Da molto non provavo sensazioni simile, da quando mia sorella era ancora in vita.
- Io non posso averlo! Non so cosa sarebbe!-
L’uomo tentò di raggiungermi e di farmi calmare, parlando con voce calma e pregandomi di respirare.
- Capisco che una gravidanza con un demone possa farti paura, Victoria-
Affermò.
- Ma è già successo in passato, quando i nostri due popoli non erano un guerra. E’ storia della medicina demoniaca. Alcune streghe hanno procreato figli di vampiri e i nuovi nati non erano altro che demoni con alcune affinità per la magia bianca. Tutto qui-
Continuai a scrollare la testa ma, a causa del pianto, non riuscivo a parlare, a spiegare.
- Il gene demoniaco ha la supremazia su quello umano. Dunque non aspettarti che non abbia le zanne e che non succhi sangue. Tuttavia prenderà qualcosa anche da te…-
- Io non sono una strega-
Sbottai.
- Ma lei che laurea ha?!-
Domandai singhiozzando. Il medico si ritrasse, sobbalzando a quella domanda.
- Non li vede i miei occhi? Sono un sangue misto io. Un angelo. Non è mai esistito un incrocio fra un angelo e un demone-
Spiegai senza riuscire a smettere di piangere. Alan si irrigidì, scansandosi leggermente per fissarmi meglio.
- Ho le ali io, ali bianche. Lui i denti affilati. Cosa sarebbe questo bambino? Questa rabbia che sento dentro, questa voglia di uccidere…si aggiungerebbe a quella che già prova un sangue misto-
Continuai, cercando, tentando di smettere di singhiozzare.
- Io sento già una gran voglia di uccidere, da tutta la vita. Il sangue d’angelo e di stregone che entrano in conflitto genera una furia irrefrenabile. Cosa accadrebbe se a questo si unisse l’indole demoniaca?-
Il medico non trovò risposta e si allontanò, voltandosi verso il muro con entrambe le mani ai capelli.
- Potrebbe essere una creatura incontrollabile, non capace di ragionare. Di puro istinto, con la forza di distruggere il mondo-
Proseguì, toccandomi il ventre.
- Avrebbe il mio potere di controllare il sangue e possedendo sangue di demone nessuna razza al mondo sarebbe risparmiata. Potrebbe distruggere angeli, streghe e demoni a piacimento-
Il dottore tornò a fissarmi, il suo sguardo pareva invecchiato di dieci anni.
- Ecco perché non posso avere questo bambino-
Entrambi cademmo in silenzio, spezzato vagamente solo dal mio pianto. Non riuscivo a calmarmi, pensavo a quello che la creatura avrebbe potuto fare una volta nata. Non avrei mai permesso a nessuno di distruggere il mondo, a nessun’altro oltre me. Volevo essere io colei che avrebbe cambiato tutto, non la madre di chi lo avesse fatto.
- Ho bisogno di Nolan-
Sbottai con il volto rigato di lacrime. Avevo bisogno del suo appoggio, della sua esperienza come sangue misto. Sentivo la mancanza della sua compagnia, del suo volto, del suo tocco.
Improvvisamente trasalì, preoccupata da quegli stessi pensieri.
- Cosa mi sta succedendo?-
Domandai ad occhi sbarrati.
- Perché mi manca Nolan? Io lo odio, non lo sopporto. Stavo scappando da lui-
- Sbalzi d’umore?-
Ipotizzò il medico. Presa dalla rabbia lo spintonai, facendomi largo per lasciare l’infermeria.
 
Corsi nuovamente fuori, sotto la pioggia. Non so perché non andai in camera mia, sentivo di dovermi trovare sul ponte e solamente una volta arrivata capì il perché.
Spalancata la porta, con il fiatone, mi presentai davanti allo sguardo del Capitano. Se ne stava sotto la pioggia a fissare il mare mosso, da solo. Rimasi bloccata sulla soglia, stringendo i pugni e maledicendo la creatura che avevo in grembo. Sapeva che lì c’era suo padre, era talmente potente da condizionarmi ed io odiavo tutto ciò che avesse un tale potere su di me.
- Victoria-
Mormorò il vampiro, ignaro di tutto.
Fece qualche passo avanti, scrutandomi bene. Le mie lacrime si erano appena confuse con la pioggia però poteva scorgere la mia agitazione, poteva percepirla.
- Mi dispiace per quello che è successo-
Ammise Elehandro continuando ad avanzare verso di me. Non ebbe il coraggio di dire altro, di scusarsi oltre. I suoi occhi già rivelavano tutto. Il dolore di aver scoperto che non fossi del tutto sua, che non solo appartenessi ad un demone ma al Principe dei Demoni. La rabbia di essere costretto a consegnarmi a lui, di non potermi portare via per essere solamente noi due. La delusione del mio tradimento, del mio silenzio che lo aveva così ferito.
Tentò di sfiorarmi una guancia. Ritrasse velocemente la mano, quasi spaventato di infrangere quella barriera di vetro che si era creata fra noi due.
La infranse, toccandomi, abbracciandomi. Mi baciò, forse dimenticandosi per un momento del marchio sul mio polso. Mi tenne stretta a sé, forte ed io percepì battere il suo cuore. Il cuore di un vampiro che non poteva battere, che era morto ma che si risvegliava solamente in presenza dell’amore. Una leggenda romantica, troppo sdolcinata per i miei gusti. Eppure era vera e la sperimentavo di persona. Hyner stava lentamente tornando a vivere.
Mi avvolse completamente, sotto la pioggia battente, illuminati dai fulmini in lontananza.
Lasciai che facesse, che provasse quell’ultima emozione prima di togliergliela per sempre.
Gli piantai una mano nel petto.
Trapassai la carne, la cassa toracica fino a raggiungere il cuore.
Il vampiro ebbe un sussulto ed emise un gemito mentre la mia mano gli scavava in petto.
Abbassò gli occhi allibiti fino ai miei, fissandoli con un’unica domanda al loro interno. Perché.
- E’ colpa tua-
Spiegai, senza fermarmi, senza estrarre la mano dal suo corpo.
Afferrai il cuore, stringendolo forte all’interno del petto.
Lo percepivo pulsare nel mio palmo ed era una sensazione indescrivibile.
Avevo sempre desiderato strappare il cuore a qualcuno.
La creatura dentro di me stava sorridendo, potevo avvertirlo. La vita dell’uomo che lo aveva generato, sarebbe stato il pasto più succulento di tutti.  
Ad un passo da estrargli il cuore, udì delle grida che mi interruppero. Una donna, l’unica donna oltre me sulla Gold. Si stava scagliando verso di me, sotto la pioggia.
A malincuore dovetti ritirare la mano, vuota, dal petto di Hyner. La utilizzai per afferrare al volo il collo di Lucyndra. La bloccai, con la mano sporca del sangue del fratello che era tornato a scorrere nelle sue vene. Era quasi riuscita ad abbattersi su di me con le zanne sfoderate in bella vista, purtroppo per lei non era stata abbastanza veloce.
Alle mie spalle, Elehandro cadde a terra con un buco nel petto, in una pozza di sangue nero.
Ne udii il tonfo ma non mi preoccupai, con lui avrei finito dopo.
- Sei un mostro-
Sibilò il comandante in seconda, soffocata e ustionata dal mio tocco su di lei. Le sorrisi, domandando se avesse mai avuto dei dubbi in proposito. Io ero un mostro e, come tutti sanno, i mostri generano altri mostri.
Stavo per strapparle la vita, quando subii delle altre interruzioni. Pareva che lo facessero apposta, impedendomi di consumare il pasto.
Ogni demone o stregone di cui solo qualche giorno prima mi sarei preoccupata del giudizio, uscirono correndo da sotto coperta. Forse il medico aveva fatto la spia oppure avevano udito le urla strazianti di Lucyndra, comunque il ponte si riempì di gente. Fra loro, Hunter, Thos e Barbas mi stavano fissando con gli occhi fuori dalle orbite. Guardarono dapprima la figura di Hyner a terra, poi me, poi quella della vampira. Credo che notassero i miei vestiti sporchi del sangue del Capitano, ecco perché non ebbero dubbi che fossi stata io ad aggredirlo.
- Victoria-
Ebbe il coraggio di pronunciare Hunter, avanzando e distaccandosi dagli altri. Thos tentò di fermarlo ma lo stregone gli fece cenno di rimanere indietro.
- Vic cosa stai facendo?-
- Non mi hai più portato quella fata-
Ricordai sorridendo al mio vecchio amico, spiazzandolo. Si fermò a fissarmi negli occhi, spaventato esattamente come gli altri.
- Dovevo trovare un altro modo per sfogare la mia rabbia-
Lucyndra mugolò, rimembrandomi che fosse ancora viva fra le mie mani. Strinsi maggiormente la presa sulla sua gola, quasi spezzandole il collo.
- Ma tu ami il Capitano!-
Obiettò Hunter, catturando nuovamente la mia attenzione. Spostai allora delicatamente lo sguardo dalla mia vittima a lui, senza perdere il sorriso.
- Questo non importa-
Risposi, sconcertandolo. Indietreggiò di un passo sbiancando, i suoi occhi vagarono nel vuoto cercando non so bene cosa. Sembrava volesse osservare qualcuno attraverso di me, qualcuno che aveva improvvisamente perso.
- Ma cosa ti è successo?-
- Statele lontani!-
Ordinò, consigliò, il medico irrompendo nel ponte della Gold. Il giovane mozzo sussultò, voltandosi verso il demone evidentemente agitato.
- Come se potessi farlo…-
Borbottò Lucyndra, sempre nelle mie mani.
- Ma sei ancora viva tu?-
Domandai sorprendendomi. La donna stava tentando di contrastarmi in tutti i modi, provando ad allentare la presa con cui la soffocavo. Il mio sorriso divenne una smorfia, a causa di tutte quelle interruzioni il mio pasto alla fine sarebbe appassito prima che io potessi consumarlo.
Guardandola negli occhi mi decisi finalmente a spezzarle il collo. Non potevo controllare del sangue che la donna non aveva in corpo, non potevo strappare un cuore polverizzato. Però avevo la forza per distruggerle le ossa, i muscoli e ogni parte del suo corpo. Massacrandola, sperai di cibarmi della sua forza vitale.
Da dietro, qualcuno mi afferrò le caviglie. Con forza, sorprendendomi, mi fece cadere a terra così da perdere la presa sulla vampira. Ancora un volta, non riuscivo ad ucciderla. La donna crollò sul ponte tossendo, con entrambe le mani sulla gola. Nessuno si precipitò ad aiutarla, nonostante nessuno avesse tentato di salvarla. Nessuno tranne suo fratello.
Mi rivoltai verso la persona che mi aveva afferrata, verso Elehandro. Gli saltai addosso, iniziando a combattere e a rotolarmi sotto la pioggia con un vampiro che presentava un buco nel petto.
Nonostante le ferite, alle fine fu lui che riuscì ad atterrarmi. Mi bloccò a terra, sedendosi sopra di me stringendomi forte i polsi per impedirmi di cavargli un occhio.
Rimanemmo così, fermi in quella situazione di stallo. Il sangue nero che perdeva dal petto mi gocciolava addosso, macchiandomi. Qualche goccia mi cadde sulle labbra. Lo assaggiai, anche se non necessitavo di possederlo. Il suo sangue mi stava già crescendo dentro.
- Perché?-
Chiese, urlando, strattonandomi così che finalmente mi fermassi, smettessi di tentare di liberarmi.
- Perché?!-
Gridò ancora, quasi piangendo.
Lo fissai intensamente, senza sorridere, senza prenderlo in giro. Non avevo bisogno di farlo, non con lui. Sapevo che non se lo meritava.
- Il momento sbagliato-
Spiegai, cogliendolo di sorpresa.
- Il posto sbagliato, al momento sbagliato-
Continuai, ferma sotto il suo corpo. Il corpo che avevo amato.
- Avrei ucciso anche mia madre, se si fosse trovata lì-
Il vampiro mi fissò spiazzato, non capendo, non capacitandosi. Il suo capo continuava a scuotersi, fissando qualcosa che pareva vedere per la prima volta. Qualcosa che non fossi io.
- Signore!-
Corse gridando Alan.
- C’è qualcosa che dovete sapere!-
Lo fissai. Fissai il suo corpo scalpitante, colmo di vita, di sangue. Lo fissai, pronunciando solo una parola.
- Muori-
Così il mio appetito si affievolì per un momento.
 
- No-
Mormorò il comandante atterrito, osservando il corpo senza vita del dottore crollare a terra.
- Alan!-
Avrebbe voluto scattare verso di lui, capire se ci fosse una qualche speranza di salvarlo. Ligio al suo dovere, tuttavia, non si mosse per assicurarsi che il mostro rimanesse ben bloccato.
A raggiungere il cadavere del demone fu l’altro medico di bordo, quello più anziano che aveva appena perso il suo rimpiazzo. Con amarezza e sconforto, stabilì la sua morte.
- Puoi lasciarmi ora-
Affermai, fissando dal basso e con la pioggia negli occhi il volto di Elehandro.
- Sarò sazia per i prossimi dieci minuti-
- Ma cosa sei tu?-
Domandò il vampiro con orrore. Allora sorrisi.
- Ancora non lo so, è troppo presto. Tu cosa vorresti?-
Il Capitano non capì e mi fece imprigionare.
Questa volta non fui segregata nei miei alloggi, per me c’era una cella sul fondo della Gold.
Non mi ribellai, non ne ebbi voglia. Non li uccisi tutti, altrimenti avrei finito le scorte in un solo colpo. Lasciai che mi portassero nella parte più umida della nave, lasciai che credessero di essere tutti al sicuro. Camminando lungo il corridoio mi accorsi che non sarei comunque morta di fame.
Potevano lasciarmi lì quanto volessero, lentamente sarei rimasta l’ultima incarcerata ancora in vita.
 
Accortisi che metà dei prigionieri della Gold fossero periti ad opera mia, mi trasferirono.
Legata e bendata venni portata in una grande stanza, molto spoglia. Richiusero la porta dietro di me non appena mi venne tolta la benda, forse credendo che se li avessi guardati negli occhi sarebbero morti tutti. Lì rimasi da sola coi miei pensieri per qualche ora, poi Hunter si fece coraggiosamente avanti nella camera di detenzione.
- Hunter!-
Salutai con un bel sorriso, felice di vederlo. Il ragazzo fu un po’ sorpreso della mia reazione, per un attimo, esitò. Fece un grande respiro prima di procedere, avanzando con cautela fino a raggiungermi.
- Dobbiamo parlare-
Avvisò lo stregone, sedendosi di fianco a me. Entrambi poggiavamo la schiena contro il muro, osservando l’orizzonte che si illuminava attraverso lo stesso oblò. Era quasi l’alba.
- Abbiamo provato a contattare il tuo demone-
Disse il ragazzo fissandomi incuriosito, forse chiedendosi se lo avessi ucciso.
- Ma non ci siamo riusciti-
- Non me ne stupisco. Lo aveva detto-
- Victoria noi non sappiamo come aiutarti-
Sbottò Hunter, senza perdere tempo.
- Siamo spaventati, tutti lo siamo-
- Fate bene-
Spiegai.
- Prima di arrivare a terra vi avrò uccisi tutti-
Il giovane mozzo scattò in piedi per allontanarsi da me, continuando la conversazione a qualche metro di distanza.
- Aiutaci a capire. Aiutami a capire-
Supplicò.
- Cosa è successo? Cosa ti ha fatto impazzire?-
Risi, alzandomi in piedi.
- Ma io non sono impazzita-
Contestai.
- Se vogliamo parlare di gente pazza, ad esempio, perché non mi hai lasciato uccidere Lucyndra?-
- Uccidere Lucyndra?!-
Ripeté il demone.
- Vuoi davvero parlare di Lucyndra? Victoria hai quasi strappato il cuore al Capitano! Hai ucciso il nuovo medico! Metà degli incarcerati!-
- Cosa ve ne fate?-
Domandai con disinvoltura, spiazzando il ragazzo.
- Come?-
- I prigionieri. Cosa ve ne fate dei prigionieri? Vi ho fatto un favore ad eliminarli. Consumano solo cibo-
Hunter mi fissò ad occhi spalancati.
- Sono merce di scambio-
Spiegò.
- Erano merce di scambio. Servitori. Schiavi. Il capitano li usa per comperare…-
- Ho la nausea-
Sbottai, interrompendolo.
- E’ meglio che tu vada Hunter-
Il ragazzo ci rifletté un attimo, scrutandomi allibito da capo a piedi.
- Non mi interessa se hai la nausea-
Affermò, incrociando le braccia.
- Io non mi muovo di qui. Non finché tu…-
Mi impossessai della sua vita, del suo corpo. Era uno stregone come me, non dovevo nemmeno utilizzare la connessione con la creatura che mi cresceva in grembo. Sarebbe stato più facile e più veloce, dunque non mi avrebbe dato la stessa soddisfazione.
Forse per questo, quando un demone della ciurma spalancò la porta della cabina, io lo uccisi.
Lasciai andare Hunter, che cadde in ginocchio con una mano sul cuore. Da terra osservò il suo sostituto fremere davanti al mio sguardo, i suoi vocalizzi strozzati che supplicavano di fermarmi. Infine, la sua pesante figura che si abbatteva sul pavimento.
- Vai-
Consigliai, tornando a sedermi con la schiena contro la parete.
- Vai prima che torni la nausea-
 
La pancia cresceva, la camicia larga ancora la copriva ma presto si sarebbe vista. Più importante, io stavo sempre peggio e avevo bisogno di assumere sempre più vite. Credevo che prima della nascita avrei potuto sterminare una nazione intera. Intanto mi sarei accontentata di Lucyndra.
Spalancai la porta della stanza, pronta ad uccidere gli uomini messi di guardia.
Con sorpresa, notai che non c’era nessuno. Procedetti indisturbata lungo la nave deserta. Avrei dovuto trovarmi nel bel mezzo del turno di giorno, avrei dovuto essere fermata dalla ciurma, intercettata. Avrei dovuto divertirmi e invece non incontrai nessuno.
Procedetti innervosita lungo le viscere della Gold, sino a comprendere finalmente dove fosse la maggior parte dell’equipaggio. Li vidi, i loro corpi massacrati e dissanguati tutti ammucchiati nella mensa. Formavano una piramide alta fino al soffitto. Li guardai incuriosita, certa che non fossi stata io. Riconobbi il cuoco fra loro. Continuai a camminare, cercando Lu. Avrei dovuto trovarla addormentata nelle sue stanze, invece la incontrai ben prima, nella polveriera in cui avevo lavorato per un po’.
Barbas non c’era, non era il suo turno. Piuttosto scorsi Thos ferito gravemente al suolo e Hunter ancora fra le mani della donna. Finalmente capivo perché la Gold sembrava sussultare, fremere.
Lo stregone stava morendo.
La vampira doveva aver attuato infine il proprio piano, massacrando l’equipaggio mentre il fratello dormiva. Non ne fui lieta: avevo perso un sacco di cibo.
- Victoria-
Chiamò Lu, voltandosi verso di me e lasciando andare Hunter. Lo gettò al suolo, che cadde a pochi metri da Thos. La nave si inclinò ma non stava ancora affondando, lo stregone stava cercando di resistere il più possibile.
- Che piacere vederti sulla scena del delitto-
Affermò, leccandosi il sangue del giovane mozzo dalla bocca.
- Sarà più facile incolparti-
- Tu vuoi incolpare me?-
La donna scoppiò a ridere, pulendosi il mento sporco di sangue con una mano. Aveva bevuto quello di decine di uomini, il suo corpo doveva esserne ricolmo.
- Sono secoli che aspetto un simile capro espiatorio-
Spiegò, ringraziandomi dal profondo del suo cuore rinsecchito.
- Io non massacro le persone-
Obiettai.
- Le uccido senza sprecare una goccia di sangue. Come avresti spiegato quello scempio?-
- Spiegherò quello scempio-
Replicò, sottolineando bene la correzione del verbo.
­- Col fatto che sei un mostro-
Il vascello prese a scricchiolare terribilmente. Sembrava che la nave volesse accartocciarsi e collassare su se stessa. Fissai Hunter, doveva aver perso i sensi. Stavamo affondando.
- La Gold porterà ogni prova con sé-
Proseguì la donna.
- Difficilmente Elehandro potrà esaminare i corpi dei suoi uomini nelle profondità degli abissi-
Le sorrisi con dolcezza, trovandola quasi adorabile.
- Io e te saremmo potute essere buone amiche-
Mi impossessai del suo corpo, controllando il sangue demoniaco presente dentro di lei. Adesso potevo farlo, dopo che si era cibata di recente, potevo ucciderla come meglio mi riusciva.
- Purtroppo per te, è tornata la nausea-
Lu rimase spiazzata, terrorizzata.
Non aveva ancora capito come funzionasse il mio potere. Non sapeva che io usavo il sangue, che la prima volta avevo fallito solo perché lei non si era nutrita pochi istanti prima.
Ero capace di uccidere i pirati della Gold ma non lei. Fino all’ultimo aveva mantenuto la sua arroganza. Errore tipico di coloro abituati ad essere i più potenti.
- Come ci riesci?-
Borbottò la vampira con un filo di voce, caduta in ginocchio davanti a me. Stavo ordinando ai globuli bianchi di ribellarsi contro il corpo che li ospitava, di eliminare qualsiasi cosa ancora in vita ci fosse lì dentro.
- Con un piccolo aiuto-
Svelai, toccandomi la pancia istintivamente.
Un rumore sordo e la nave che si inclinava mi fece ricordare che stavamo affondando. Iniziò a risuonare una campana dal ponte. Qualcuno scampato a Lucyndra la stava suonando. Forse il turno di notte si era svegliato, udivo urlare di calare le scialuppe.
Mi avvicinai al corpo di Hunter, lasciando per un attimo il comandante in seconda agonizzante.
Non potevano scappare con le scialuppe, nessuno doveva sfuggirmi.
La nave doveva restare a galla e i demoni con lei, per questo salvai Hunter.
Colma del potere necessario, mantenni il controllo su Lu e lo posi anche sul mozzo. Ordinai al suo sangue di coagulare e poi di riformarsi, proprio come avevo fatto con Nolan nel Regno delle Fate. Dissi alla ferita di richiudersi, alle cellule di fare il proprio dovere e di salvare la vita allo stregone.
Non mi preoccupai di Thos, lui non mi serviva. Lasciai che Hunter riprendesse lentamente conoscenza, procedendo a torturare Lucyndra. Le sue urla riuscivano a calmare il malessere che provavo, anche la nausea sembrava andare meglio. Forse svegliato dalle grida, il ragazzo si destò. Osservò la pozza di sangue in cui poggiava, poi alzò lo sguardo verso di me. I nostri occhi si incrociarono per un momento, prima che io tornassi a finire Lu.
- Tieni a galla questa nave-
Ordinai allo stregone, dandogli le spalle.
Afferrai il volto della vampira, bruciandole la carne bianca come porcellana. I suoi organi vecchi e polverizzati stavano tornando in vita per mio ordine, così per morire di nuovo e percepirne tutto il dolore.
- Muori Lucyndra-
Le sussurrai.
- Muori lentamente, sapendo che il tuo caro fratello sarà il prossimo-
Qualcuno mi tramortì, un attimo prima di ucciderla ed ebbi la sensazione che fosse il “caro fratello”.
Da terra lo vidi, Elehandro mentre sosteneva la sorella per salvarla dalle grinfie del mostro. Urlò qualcosa ad Hunter, forse chiedendogli come stesse. Lo stregone farfugliò una risposta e poi la loro attenzione si spostò su Thos. Era troppo tardi per lui.
- Uccidila!-
Gridò la vampira, stretta al petto del fratello.
Gli occhi miei e di Hyner si incrociarono. Li fissai intensamente, immobile sul pavimento della Gold. Il colpo dietro alla nuca era stato forte, anche se potente grazie alla gravidanza un colpo fra capo e collo non era uno scherzo. Rimasi immobilizzata inerme per il tempo necessario che sarebbe servito ad uccidermi. Il Capitano ci pensò seriamente in quegli istanti, ad uccidermi. Glielo lessi chiaramente nello sguardo, non aveva bisogno delle menzogne della sorella. Sapeva che chiunque con un po’ di sale in zucca lo avrebbe fatto, la cicatrice ricucita in fretta sul petto glielo ricordava. Io dovevo essere uccisa.
- Capitano-
Gridò Hunter dall’altra parte della stanza, accovacciato sul cadavere di Thos con la voce rotta dal pianto.
- Vic mi ha salvato-
Spiegò.
Aveva un aspetto orribile. Gli occhi rossi e gonfi, ferito, dissanguato ma con lo sguardo duro. Divenuto improvvisamente di ghiaccio dopo la morte del compagno.
- Non è stata lei-
Proseguì.
- Lucyndra ha…-
- Lei lo comanda-
Interruppe la donna, catturando tutta l’attenzione del fratello su di sé.
- L’ho visto. Gli ha fatto qualcosa. Lo ha maledetto e ora lui…-
- Tu mi hai maledetto, Lucyndra-
Ricordò lo stregone, duramente.
Si asciugò le lacrime, comprendendo che non vi era tempo per il dolore.
- Questo è assurdo-
Si giustificò la vampira, ridacchiando con voce stridula.
- Perché mai io avrei…-
- Lei ha cercato di uccidere Victoria fin quando è arrivata. Ha cercato di uccidere me, da decine e decine di anni. Lei ha ucciso Morgan-
Proseguì il mozzo con voce ferma. Era cambiata, si era fatta più adulta. Sembrava la voce di qualcuno che aveva conosciuto il dolore. Il vero dolore, quello che ti cambia per sempre in ogni singola parte di te.
- E’ ovvio che è lei a parlare. E’ quel mostro che gli ha mangiato l’anima-
- E lo ha fatto con le zanne?-
Domandò Elehandro, cogliendo di sorpresa la sorella. Questa si volse lentamente verso di lui, che ancora stringeva tanto forte al petto. Alzò lo sguardo con cautela, sino ad incontrare i suoi occhi colmi d’oscurità.
- Il collo di Hunter e quello di Thos. Sono stati morsi-
- Ho dovuto farlo!!-
Si riprese immediatamente la donna. Io intanto riuscì a riacquistare forza e sensibilità al corpo, potevo addirittura muovere il busto.
- Dovevo difendermi! Lei ha ordinato ad entrambi di attaccarmi-
Roteai gli occhi. Una cosa dovevo concedergliela: era un’ottima attrice.
Nonostante la recita, Elehandro fissò dapprima me poi Hunter. Qualcosa, per la prima volta in tre secoli, non lo convinse.
Lucyndra allora sbuffò, finalmente smettendo di fingere. Si alzò, allontanandosi di un passo dal fratello ancora in ginocchiato.
- Avresti dovuto crederci-
Lo colse di sorpresa, tramortendolo con un calcio ben sferrato alla testa. Socchiusi gli occhi quando la sua figura crollò. Doveva fare più male del colpo inferto a me.
- Bene-
Sbottò la vampira sciogliendosi i lunghi capelli, biondi e ricci.
- Adesso pensiamo alle cose importanti-
Si avvicinò a me, vendicandosi per le precedenti torture. Non fece male quando mi prese a calci sul volto, sulle braccia, sulle gambe. Non fece male quando mi pestò il petto con lo stiletto. Provai un dolore indescrivibile solo quando colpì la pancia.
Urlai, ferendomi i polmoni dallo sforzo. Mi sembrò che qualcosa dentro di me si stesse rompendo.
Lu rimase quasi sorpresa dalla mia reazione, poi sollevò le spalle e continuò.
Un secondo calcio al ventre.
Gridai, come mai avevo fatto. Qualcosa stava gridando con me, facendo tremare l’intera polveriera. Qualcosa stava soffrendo e non ero io.
- Cosa c’è? Ti fa male la pancia?-
Domandò ironicamente la vampira, prima di scoppiare a ridere.
- A me faceva male ogni membra del mio corpo ma tu non ti sei fermata-
Un altro colpo sull’addome, sul bambino che portavo in grembo.
Questa volta non urlai. Vidi il suo calcio ma non ne percepii il dolore. Stetti immobile, priva di ogni forza. Mi sentì svuotata, mi sentì scivolare nelle tenebre, mi sentii morta. Forse perché qualcosa dentro di me stava morendo, qualcosa stava cadendo nelle tenebre al posto mio.
Hyner tentò di alzarsi ma non avrebbe fatto in tempo, era troppo lento, troppo stupido.
Per centinaia di anni aveva avuto un vero mostro davanti agli occhi e non se ne era mai accorto.
Eppure, qualcuno conficcò un pezzo di legno nel petto di Lucyndra.
Cercai di tenere gli occhi aperti per vedere, per capire. La donna ebbe un sussulto, il sorriso sul suo volto scomparve. Abbassò lo sguardo sino al cuore che io avevo riportato in vita, trapassato da una stecca di legno.
In un attimo divenne cenere, polvere sotto i nostri occhi. Dietro di lei si stagliava Hunter.
- Le vecchie leggende, funzionano sempre-
Sbottò. 

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Capitolo 16
*** Ci incontrammo, alle porte della morte ***


C’era movimento intorno a me.
Mi toccavano, mi sfioravano leggermente. Quasi con paura e timore, mi esaminavano.
Le loro mani avanzavano per poi ritrarsi, consapevoli di una nuova verità.
Soprattutto uno sembrava essere più scioccato dell’altro.
- Che facciamo?-
Chiedeva con agitazione la voce più giovane.
- Non lo so-
Rispondeva l’altro con rassegnazione.
- Chiamiamo il dottore. Quello rimasto ovviamente-
Propose il ragazzo con la voce colma di paura.
- Non so se è sopravvissuto-
Ammise l’uomo.
Entrambi avevano appena perso qualcosa di importante, qualcosa che impediva alle loro menti di restare lucide. Un compagno, una sorella. Perdere ancora qualcos’altro, poteva farli impazzire.
- Non possiamo farli morire-
Continuò lo stregone, vicino alle lacrime.
Il Capitano della Gold non rispose. Aprì gli occhi, osservando il suo volto. Pareva dovesse svenire da un momento all’altro. Avrei voluto sorridere. Gli uomini sono tutti uguali, non importa se sono vampiri. La paternità fa sempre paura.
- Ha bisogno di uccidere-
Rinsavì Elehandro.
- Le madri in gravidanza nutrono il feto di un vampiro con la morte. Non serve sangue o cibo, servono anime-
Cadde il silenzio, rotto dai sopravvissuti che si riversarono nella polveriera. Non erano molti. Si trattava di un pugno di uomini, i pochi fortunati ad essere scampati a me e a Lucyndra.
Stettero tutti sulla soglia, fissando delle strane ceneri sul pavimento e il cadavere di Thos. Poi fissarono noi, alcuni alla mia vista arretrarono. Io sorrisi, tentando di protendere una mano verso di loro, per assorbirne le vite.
- No-
Sbottò Hyner prendendomi la mano. La strinse, forte.
Io alzai gli occhi fino ai suoi, domandandogli con il solo sguardo perché.
- Mi servono-
Spiegò il vampiro.
- Non possiamo governare la nave in tre-
Roteai gli occhi, constatando che sarei morta. Amava la sua nave più di me.
Gli uomini. Gli uomini e i loro giocattoli.
- Cosa facciamo?-
Tornò a chiedere Hunter. Il Capitano ci pensò un attimo.
- Dobbiamo fare porto, subito-
 
Mi risvegliai all’aperto.
Sopra di me si stagliava il cielo stellato, un cielo senza luna. Tutto era buio, incredibilmente buio eppure io riuscivo a vedere perfettamente. Attraverso le tenebre, scorsi dei corpi. Molti corpi, per l’esattezza. Erano ammucchiati a pochi passi da me, uno sull’altro. Li fissai intensamente, accorgendomi di non avvertire più nausea o spossatezza. Stavo bene, mi sentivo rinata, viva.
Una mano sfiorò la mia ed io sussultai, arretrando. Una voce, la sua voce, mi disse di stare calma.
Ammirai i suoi occhi neri, colmi di oscurità ma anche di un sentimento nuovo. Qualcosa che si era ripresentato in essi dopo lungo tempo, qualcosa di dolce che era sparito nel momento in cui avevo tentato di cavargli il cuore.
- Perché?-
Domandai, senza staccarmi un attimo dal suo sguardo. La Gold oltre le sue spalle si stagliava enorme nell’oceano. Brillava sotto la luce delle stelle pallide, così come il volto perlaceo del vampiro.
- Perché mi ami ancora?-
Non mi riferivo solo al piccolo incidente del cuore, incidente che sarebbe potuto ricapitare a breve. Qualcosa di ingombrante si posizionava fra noi e non si trattava della pancia.
Due occhi d’oro che non avrebbero apprezzato il nostro rapporto. Probabilmente non sarei stata l’unica a tentare di strappargli il cuore.
Senza ricordare che El mi temeva, anche più di Nolan.
Eppure il Capitano sorrise, baciandomi la mano che stava stringendo. Solo allora notai che non si stava bruciando con la mia temperatura. Mi guardai intorno, scrutando il molo in cui eravamo approdati con la scialuppa. Osservai ogni dettaglio del piccolo villaggio di pescatori che avevo appena sterminato, cercando qualcosa di insensato, la prova che fosse un sogno. Se non stavo sognando, potevo essere solamente morta per perdere la mia maledizione. 
- Se non sbaglio, quella creaturina è anche mia-
Spiegò semplicemente il vampiro, come se questo risolvesse ogni cosa. Mi sfiorò la pancia e la “creaturina” scalciò, riconoscendo il padre. Sospirai. Anche i demoni si scioglievano tutti innanzi ad una gravidanza.
- Merito suo se riesci a toccarmi?-
Eruppi, spezzando quel momento di sdolcinate romanticherie.
- Credo proprio sia merito suo-
Rispose solamente il comandante, indicando il figlio che mi cresceva dentro. Feci spallucce, poteva essere. Sinceramente, non mi interessava preoccuparmene.
- Lucyndra è morta?-
Sbottai con durezza, senza curarmi dei sentimenti del vampiro. Il suo sorriso scomparve, annuendo leggermente. Al contrario, il mio si allargò. Finalmente. Peccato fosse stato Hunter ad ucciderla.
Mi allontanai da Elehandro, stiracchiandomi la schiena e le braccia. Quel pasto mi aveva fatto incredibilmente bene. Fissai la Gold in lontananza, ricordando che avrei dovuto tornare a bordo e raggiungere il Regno dei Demoni. Dovevo ancora essere consegnata a Nolan, quello non cambiava. A meno che…
- Ti senti bene?-
Chiese il demone avvicinandosi.
- Certo, perché?-
- L’ultima volta non avevi una gran voglia di salpare con noi-
- Già-
Sospirai, avanzando verso la scialuppa attraccata alla banchina.
- Mi dispiace per quello-
Ammisi, fissando quel guscio di noce con cautela. Sarei dovuta salirci senza cadere in acqua.
Hyner capì e mi aiutò a salire, tenendomi la mano.
- Me la stavo prendendo con le persone sbagliate-
Proseguì, quando fummo entrambi dentro e il vampiro prese i remi in mano.
- Davvero?-
- Ma certo-
Sorrisi, fissando l’uomo che iniziava a remare verso la Gold.
- Non è certo colpa vostra se dovete scortarmi fino al Regno dei Demoni-
- A proposito di questo…-
Tentò di dire El. Il suo sguardo si fece cupo, le sue labbra si contorsero in una smorfia di dolore e percepì il suo cuore stridere.
- Io non voglio, non vorrei…-
Non riusciva ad esprimersi correttamente ma non volli aiutarlo, non ancora. Adoravo vederlo in imbarazzo.
- Io non posso accettare di doverti consegnare a lui-
Sorrisi dolcemente, sfiorandogli una mano. Il vampiro smise di remare, ricambiando lo sguardo.
- Non preoccuparti-
Rincuorai.
- Non dovrai farlo-
Per un attimo scorsi della sorpresa nei suoi occhi, avvolta dall’inquietudine.
- Cosa vuoi dire?-
- Oh è semplice-
Ammisi, avvicinandomi ulteriormente a lui.
- Non dovrai consegnarmi a Nolan, perché io lo ucciderò-
 
- Non sei lucida-
- Scegli El. La nausea può tornare in qualsiasi momento. O te o lui. Scegli-
Il vampiro ci pensò un attimo, ragionevolmente. Sapeva che non era del tutto una cattiva idea.
Uccidendo Nolan, i problemi relativi a lui sarebbero svaniti.
Io sarei stata libera di essere sua, lui non avrebbe dovuto cedere la metà dei bottini alla corona per un decennio. Per questo, stette in silenzio a valutare l’offerta.
- No-
Sbottò infine.
- Non possiamo farlo, nessuno dovrebbe avere il potere di farlo-
Sbuffai. Si comportava da codardo.
- Non si tratta di un demone qualsiasi. E’ l’erede al trono. Stiamo giocando con il destino del Regno-
- Non ti credevo un patriota-
Il Comandante della Gold Sea mi fulminò con lo sguardo. Si avvicinò ad un calice colmo di sangue appoggiato sul davanzale della finestra. Eravamo nella sua cabina, in pace dopo la lieta scomparsa di Lucyndra. Hunter non lo vedevo da un po’. Sapevo che stava piangendo la morte di Thos. Non che me importasse poi molto.
Me ne stavo sdraiata sul materasso, con lo sguardo rivolto al soffitto. Accarezzavo la pancia, sempre più grande. Era tondissima, nascosta agli occhi altrui da vesti maschili molto larghe.
- Solo perché sono un pirata-
Continuò El, ancora offeso dalla mia precedente affermazione.
- Non vuol dire che non tenga al mio paese-
Feci spallucce. Non mi importava molto nemmeno di quello.
Piuttosto pensavo ad uccidere, toccandomi il ventre in modo compulsivo. Un bambino. Cavolo.
Era sopravvissuto alla cara zia Lu carpendo centinaia di vite, ormai stava per venire al mondo.
Non potevo farci niente. Cavolo, cavolo.
Non lo volevo.
Avevo chiesto appositamente al dottor Alan di aiutarmi a disfarmene ma poi lo avevo ucciso.
Ormai era troppo forte per essere tolto di mezzo, lo percepivo. Questo bambino sarebbe nato, in fretta e nel sangue.
- Non sappiamo se sia giusto che il Principe Abrahel regni sui demoni-
Procedeva a parlare il vampiro. Io intanto mi domandavo che aspetto avrebbe avuto il bambino.
Se avrebbe avuto le ali o no. In parte angelo lo era per forza.
- Non sta a noi scegliere chi debba salire sul trono. Far vincere Abrahel Lancaster potrebbe avere conseguenze positive o negative in confronto al mezzo diavolo ma non lo sappiamo…-
Continuò e continuò a dire, evidentemente in preda al panico. Non sapeva che io avevo già deciso.
- Richiede una forza sempre maggiore-
Spiegai, rompendo il monologo di Elehandro. Lui si volse verso di me, posando il calice d’oro ormai vuoto. Si avvicinò, chiedendomi di spiegarmi meglio.
- Non gli basta più ottenere la vita di gente comune-
Ammisi, sedendomi compostamente sul letto per guardare il vampiro negli occhi.
- Ogni volta che si nutre chiede sempre di più. Adesso ho fame di qualcuno di potente, qualcuno come Nolan-
 
Stavo per partire e niente me lo avrebbe impedito. Né Barbas, che venne a trovarmi domandandomi sul mio stato di salute. Non temeva che lo uccidessi, non temeva che me ne nutrissi. Io e il bambino eravamo ben consapevoli della sua maledizione. Se avessimo provato a fargli del male, saremmo morti noi stessi, uccisi dall’incantesimo. Durante la sua visita ammise di non potersi congratulare per la morte di Lucyndra, perché non ero stata io ad ucciderla. Non mi fece piacere. Era comunque lieto che io e il figlio del Capitano fossimo entrambi vivi. Percepivo sempre un brivido di terrore quando qualcuno nominava il “figlio del Capitano”. Stava succedendo davvero. Maledizione.
Non mi impedì di partire nemmeno Hunter, visto che non si fece proprio vedere. Non consumavo più i pasti in mensa, l’equipaggio temeva che li uccidessi ma non restavo in cabina per quello. Era più comodo pranzare e cenare negli appartamenti di Hyner che, da quando aveva saputo della gravidanza, erano diventati anche i miei. Il vampiro fece spostare tutte le mie cose nelle sue stanze, predispose visite con il dottore di bordo due volte il giorno e mi forniva il cibo necessario alla crescita del bambino. Non so dove prendesse i demoni. Sembrava che facesse rifornimento ogni due giorni e poi conservava i malcapitati nelle segrete. Potevo avere quattro vite al giorno. Non era male ma sentivo che non bastava. Per nascere, il figlio di Elehandro pretendeva qualcosa di meglio.
Per questo mi decisi a partire, quando ormai la pancia era diventata enorme. Stavamo per raggiungere il Regno dei Demoni come stabilito nel patto, anche se il timoniere faceva di tutto per navigare il più lentamente possibile. Nolan mi aspettava a breve ma non sapeva che mi avrebbe rivista ancora prima, precisamente un attimo prima di morire.
Comunque Hunter non provò a fermarmi, perché era troppo impegnato a piangere. Non andai da lui. Seppi che non si presentava in mensa da quando era successo, che non mangiava. Non lavorando e non mangiando non avevo idea di dove poterlo trovare. Lui non aveva una cabina sulla Gold.
Thos era morto quindi non poteva obiettare con la mia idea di regalare il regno ad Abrahel.
L’unico ostacolo era Hyner.
- Spostati-
Intimai.
Mi bloccava il passo. Avevo trovato un libro in biblioteca in cui si nominava la maledizione che Nolan mi aveva imposto. Descriveva bene in cosa consisteva il patto fra un demone e una strega, come sfruttare il legame e riportava incantesimi utili. Una formula mi avrebbe condotto dal mio demone, senza dover seguire il dolore dell’altro per raggiungerlo. Una via molto più comoda rispetto alla prima volta.
- Devo prendere il libro-
Le vecchie pagine si trovavano oltre il suo corpo, che mi ostruiva la strada come una montagna.
- E’ una pazzia-
Ripeté, a braccia incrociate. Mi fissava fermamente, tentando di mostrarsi sicuro di sé. In realtà mi temeva, lo percepivo. Il suo cuore, che da poco era tornato in vita, batteva in modo irregolare. Lo sentivo pulsare, udivo il suo movimento come se lo avessi avuto fra le mani. Da quando ero in stato interessante mi temeva ancora di più, come biasimarlo. Ero imbattibile.
- Ne abbiamo già parlato-
Ricordai.
- E riparlato. E riparlato-
- Non sarà solo, i suoi servi potrebbero farti del male-
Sobbalzai. Aveva allora accettato che lo uccidessi, semplicemente si preoccupava che fossi in minoranza.
- Ci sarà Abaddon con lui. Mi hai parlato di Lilith. Non sono demoni qualsiasi-
- Ed io non sono una semplice ragazza incinta-
Sbottai, stufa di dover aspettare. Volevo la vita di Nolan. Sentivo che quel bambino, probabilmente con le ali da angelo e le zanne da vampiro, lo desiderava.
- Tra qualche giorno dovrai consegnarmi a lui-
Rimembrai, sperando di suscitare qualche reazione.
In effetti Elehandro sussultò, abbassando lo sguardo e stringendo i pugni. Non voleva nemmeno pensare a quell’eventualità.
- Come pensi che reagirà quando vedrà questa?!-
Domandai, indicando la mia pancia. L’uomo rialzò il volto dal pavimento ma i suoi occhi non erano cambiati, c’era sempre del dolore nascosto in essi.
- Ti ucciderà-
Ammisi.
- E poi ucciderà me, almeno vorrebbe farlo. Per evitare che tuo figlio venga al mondo-
Lo vidi, ne sono certa. Vidi un movimento nel suo corpo un attimo prima di udire un boato dal ponte della nave. Si stava spostando, per farmi prendere l’incantesimo, quando entrambi capimmo che qualcosa, qualcuno, era appena arrivato sulla Gold.
 
L’enorme nave d’oro, stava oscillando.
Trovammo Hunter durante la corsa al ponte ed ammise di non essere lui a farla ondeggiare.
Si stava impegnando al massimo per farla stabilizzare ma qualcosa ne stava provocando gli sbalzi.
In tre, all’unisono, controllammo fuori dagli oblò dei corridoi. L’alba stava per sorgere e il chiarore ci mostrava che il mare effettivamente fosse calmo.
Proseguimmo la corsa verso il ponte, consapevoli che ci fosse un intruso a bordo.
Ad un passo dalla sovraccoperta, udimmo il frastuono di una battaglia. Di nuovo. Qualcuno stava massacrando l’equipaggio, di nuovo. Scorsi negli occhi di Elehandro un profondo disappunto. Aveva appena finito di reclutare nuovi pirati. Di questo passo nessun demone avrebbe più voluto arruolarsi fra le fila della maestosa Gold Sea, se ogni settimana finivano uccisi in massa.
Fui la prima a raggiungere la porta che conduceva al ponte. Varcai la soglia con impeto, curiosa di vedere chi osasse disturbarmi un attimo prima di partire alla volta del castello di Nolan.
Con altrettanto impeto, la porta si richiuse prepotentemente dietro di me. Mi volsi d’istinto per afferrare il pomello, per impedire di essere separata da Elehandro e Hunter. Bloccata, era bloccata con i due che urlavano il mio nome dietro di essa. La colpivano forte, come potevo fare anch’io ma non c’era niente da fare. Ero sola sul ponte circondata da sangue e cadaveri. Corpi che non ero stata io ad uccidere. Anime sprecate. Peccato.
- Victoria-
Mi volsi. Conoscevo quella voce e il mio cuore ebbe un balzo di gioia. Anche quello poteva essere un pasto soddisfacente.
- Abrahel-
Lo accolsi a bordo, con il sorriso e a braccia spalancate.
- Che piacere vederti-
Non era solo. Un seguito di demoni strambi si stagliava oltre i corpi dell’equipaggio di turno sul ponte. Uno era Alastor, lo riconobbi. Lo avevo visto anni prima, il giorno della parata nel Regno dei Demoni. Si era unito ad Abrahel, in effetti la sua natura subdola e maligna si addicevano perfettamente. Non era particolarmente forte ma compensava tutto in furbizia.
- Non era mi aspettavo tanto entusiasmo-
Ammise il Principe, scansando i morti per avanzare leggermente verso di me.
- Devo essere sincero. Non dopo il modo in cui ci siamo lasciati-
Si fermò, fissandomi intensamente dall’altra parte del ponte. Ben protetto dalle figure dei suoi servitori. Alastor non lasciava mai il suo fianco. Se il padrone faceva due passi, lui ne faceva altrettanti. Lo scrutai, curiosa di scoprire il sapore della sua anima. Si diceva che in antichità fosse stato umano. Un uomo che si era macchiato di un grave peccato, così grande che la sua anima si era rivoltata contro la sua stessa natura e si era trasformato in demone. Mi piacevano le anime peccatrici. Erano più saporite.
- Hai forse cambiato idea?-
Continuò Abrahel, parlando sopra le voci di El ed Hunter. Stavano ancora urlando, oltre la porta. Gridavano affinché rispondessi, dicessi cosa stesse accadendo. Li ignorai.
- Hai deciso di schierarti con me?-
- No-
Sbottai decisa. Gli occhi del Principe divennero confusi, vagarono persi per un attimo, domandandosi allora perché fossi tanto eccitata.
- Perché posso ucciderti-
Spiegai, avanzando lieta.
Comparve un risolino sul volto di Abrahel. Non sguainava nemmeno la spada. Non aveva mietuto nessuna vittima da quando era salito a bordo, lasciava che fossero gli altri a sporcarsi le mani per lui. Alastor si preparò a combattere, desideroso di vendicare l’affronto di quella minaccia al suo padrone.
- Lo fai per il mezzo diavolo non è vero?-
Eruppe il giovane demone, pronunciando la domanda con una smorfia di frustrazione. Alastor si fermò, comprendendo che ancora non aveva il permesso di uccidermi.
- Lo vuoi proteggere, l’ho capito. Lo hai dimostrato più di una volta. Solo qualche giorno fa, sulla terra ferma, quando mi hai impedito di seppellirlo-
- Era una trappola?-
Domandai, interrompendo il suo sproloquio poco interessante.
Abrahel mi fissò attentamente, quasi indeciso su cosa rispondere. Non aveva motivo di mentire, lui e il suo seguito erano certi di riuscire ad uccidermi. Erano tanti, contro una ragazza. Non poteva temere di dirmi la verità ed io ci contavo, volevo sapere se avevo ragione.
- Era una trappola-
Ammise.
- Lo sapevo!-
Gridai, fiera. Glielo avrei detto, a Nolan, un attimo prima di divorargli l’anima.
- Tu sapevi che si sarebbe trovato lì! Chi è stato?-
Qualcuno lo aveva tradito, era ovvio ed io glielo avrei sbattuto in faccia molto volentieri.
Abrahel sorrise, un po’ sorpreso di come mi stessi comportando. Forse un po’ più stralunata del solito.
- La stessa persona che mi ha detto dove trovarti-
Cadde il silenzio. Tentai di pensare a chi sapesse che fossi sulla Gold, praticamente tutta la cerchia di Nolan.
- Abaddon?-
Il Principe rise.
- Quell’angelo traditore è troppo stupido per questi giochetti. No, l’orchestrazione della tua morte la dobbiamo ad una donna, Victoria-
Grazie al cavolo. Da quel che sapevo Nolan aveva intorno più donne che uomini, Lilith e la sua promessa a sposa demoniaca erano fra queste. Una delle due mi stava remando contro, questo era chiaro.
- Sei sempre in tempo-
Riprese Abrahel a parlare, infastidendo i miei pensieri. Intanto la nausea cresceva. Qualcuno mi aveva impedito di consumare l’anima di Nolan.
- Puoi ancora decidere di salvarti e…-
- Muori-
 
Il corpo del ragazzo ebbe un fremito. Si bloccò in silenzio e i nostri occhi si incrociarono.
Passò un’eternità nell’arco di un istante. Momenti in cui, se pur dall’altra parte del ponte, afferrai la sua anima, gliela strappai e gliela mostrai. Eravamo vicini, se pur lontani. Ero dentro di lui e stavo per prendermi la sua vita. La sua linfa vitale. La sua energia.
Stava per morire. Stavo per rimediare all’errore commesso tanti anni prima.
Il Principe Abrahel Lancaster, stava per uscire finalmente di scena.
Qualcosa lo salvò.
Qualcuno mi fermò.
Una creatura che finora era rimasta nascosta nell’ombra, da un aspetto orrendo e spaventoso. Non aveva bisogno di presentarsi. Non necessitavo di sentirne il nome. Quando mi strinse forte il collo, facendomi perdere il contatto con il demone, anche l’essere che portavo in grembo si spaventò.
Sollevandomi innanzi al suo volto, un volto per metà in decomposizione, capì chi fosse.
Immediatamente seppi di non poter competere.
Hella, una Dea degli Inferi, sovrana di una parte di essi.
Votata al male dopo millenni trascorsi a fare del bene, così il suo volto si era diviso a metà.
Nella destra vigeva la vita, al contrario la parte sinistra era composto da carne putrefatta.
Aveva avuto la forza di fermarmi, una Dea immune ai miei poteri, era l’unica in grado di contrastarmi.
- Dovete fare attenzione, mio Principe-
Pronunciò la donna mentre Abrahel si reggeva a stento in piedi. L’aria gli era venuta meno, aveva avuto l’impressione che il cuore gli fosse strappato dal petto e l’anima divorata. Fisicamente stava bene ma lo shock subìto dalla psiche lo aveva piegato in due, costretto ad essere sorretto da Alastor.
- Mai sottovalutare i poteri alimentati da una creatura diabolica-
Provai una fitta al petto e non perché Hella mi stesse stringendo la gola.
Abrahel si scostò dal suo servitore, avanzando fra i cadaveri chiedendo alla Dea di essere più chiara.
La sovrana degli Inferi roteò leggermente gli occhi, senza comunque farlo notare. Con molto rispetto, anche se non dovuto nei confronti di un demone a lei così inferiore, esplicò meglio le sue parole.
- C’è una nuova vita in questa ragazza. Qualcosa sta crescendo e non ne sarete entusiasta quando nascerà-
Cadde un attimo di silenzio. Abrahel fissò il mio corpo, l’addome coperto da vesti troppo grandi per me.
- E’ qualcosa di nuovo, che il nostro mondo non ha mai visto. Sia angelo che demone-
Proseguì la Dea, provocando molta preoccupazione negli occhi dell’aspirante erede al trono.
- Quanto…-
Pronunciò Abrahel, con la voce spezzata. Deglutì, cercando di riprendere.
Non lo avevo mai visto così agitato, così spaventato, nemmeno da Nolan. Forse perché, ciò che avrei procreato, sembrava preoccupare pure una Dea degli Inferi.
- Quanto è pericoloso?-
- Non è ancora nato-
Spiegò Hella.
- Ed è già molto più forte di voi, Altezza-
Non trascorsero molti istanti prima che Abrahel diede il suo ordine.
- Uccidilo-
Hella eseguì.
 
Aveva avuto paura.
Potevo sentirlo.
Per la prima volta da quando era stato concepito, il piccolo dentro di me aveva incontrato qualcosa di più forte. Qualcuno capace di incutergli timore.
Aveva avuto paura. Un attimo prima di essere estratto con violenza dal mio ventre.
Caddi sul ponte della Gold, con la pancia squarciata dalle mani di Hella.
Sotto al mio sguardo, la donna lo divorò. Letteralmente. Di lui non rimase nulla, neanche l’anima. Essa venne portata via dalla sovrana degli Inferi e condotta direttamente nell’oltretomba.
Lo vidi. Ci incontrammo, quando lui fu ucciso e il mio corpo straziato mi condusse ad un passo dalla morte. Sul confine con il regno dei morti, ci incontrammo.
Era un maschio, ora lo sapevo.
Sarebbe stato un maschio.
Le ali erano composte da piume, nere. Il primo angelo le cui ali erano divenute nere non in seguito alla caduta. Il volto pallido come quello del padre, gli occhi dello stesso colore. I capelli non li aveva presi da lui, erano castano chiaro come i miei al naturale. Spalancò le ali, prima di entrare nell’oltretomba, in quello che doveva essere un sogno. Doveva esserlo per forza.
Mi fissò dolcemente, salutandomi con lo sguardo.
Avremmo fatto grandi cose insieme. Avremmo potuto fare grandi cose, unendo le forze.
Me lo fece capire prima di svanire. Ma il mondo non era ancora pronto per questo, dovevamo aspettare. I tempi non erano maturi per accogliere una creatura come lui. Mi rincuorò senza parlare, tuttavia dicendomi che un giorno tutto sarebbe cambiato e noi ci saremmo rivisti. Poi mi disse il suo nome, se lo scelse da solo.
 
Mi risvegliai e ciò che vidi fu la donna che aveva ucciso mio figlio, Abrahel e Alastor.
Si parlavano, qualcuno domandava qualcosa e altri rispondevano. Udivo ancora le urla di Elehandro e Hunter oltre la porta di legno sbarrata, probabilmente avevano sentito le mie grida.
Non sapeva che suo figlio non c’era più. Forse si sarebbe sentito rincuorato, oppure triste.
Io, incredibilmente, mi sentivo bene. Se non fosse stata per la buca scavata nel ventre, stavo bene.
Quella incredibile furia che mi aveva pervasa per settimane, era sparita. Non mi sentivo arrabbiata, desiderosa di uccidere non più di quanto già non fossi solitamente. Non avevo la nausea e pensavo lucidamente. Ricordai di aver tentato di uccidere il Capitano e me ne dispiacqui, tremendamente. Avevo provato a strappargli il cuore. Non me lo sarei perdonata facilmente.
Ero stata ad un passo dall’uccidere Nolan. Sarei partita e me ne sarei nutrita se Abrahel non fosse arrivato sulla Gold. Thos era morto e solo allora provai il dolore della sua perdita. Non lo avevo salvato, pur avendo potuto. Non lo avevo ritenuto importante e lo avevo lasciato morire. Hunter doveva odiarmi.
Fissai gli occhi verdi di Abrahel, decidendo che non avrei gettato la spugna nemmeno in quel lago di sangue. Non sarei morta, perché avevo troppe cose da farmi perdonare. 
Tentai di rialzarmi, di ignorare lo squarcio provocato dalla Dea degli Inferi. Il Principe dei Demoni arretrò, fissandomi attentamente. Forse si domandava cosa farne di me, uccidermi o provare a salvarmi e usarmi nella sua guerra. Non si mosse, non diede ordini, probabilmente proprio perché non riusciva a scegliere. I suoi occhi mi seguirono mentre io, non so come, mi alzai in piedi.
Non avevo mai visto tanto sangue sul ponte, ed era tutto mio.
Mi posi una mano sulla ferita, notando solo allora che il marchio risplendeva. Non sentivo dolore, non potevo sentirlo, non con il busto aperto in due.
Fissai l’incantesimo di giunzione con Nolan. Non sarebbe arrivato. Aveva detto chiaramente che non sarebbe potuto venire a salvarmi, non sapevo nemmeno se avrebbe inviato Abaddon.
Abrahel non poteva saperlo e forse si stava preoccupando proprio di questo dettaglio.
In breve, il suo fratellastro avrebbe potuto fare la sua comparsa. Intanto a comparire furono i demoni della Gold, tutti insieme erano riusciti ad abbattere la porta. Troppo tardi però.
Barbas, Hunter, il Capitano e l’ultima parte di equipaggio rimasto in vita ci raggiunsero.
I primi tre, fissarono subito il mio corpo. Notarono le mie condizioni, il sangue, la pancia letteralmente svuotata. Una parte di Elehandro morì in quell’istante. Glielo scorsi negli occhi.
Gli intrusi si erano portati via la vita di suo figlio.
Non gli fece piacere.
In pochi istanti scoppiò la battaglia. I demoni di Hyner si scontrarono con quelli di Abrahel, nella notte e avvolti dal vento fecero risuonare le spade. Scavalcarono, pestarono i corpi di coloro già morti. Ulteriore sangue venne versato ma questo non interessava Abrahel, ancora doveva decidere cosa farne di me. Intorno a noi vidi Hunter si abbattersi su Alastor e Barbas su Hella. L’ultima coppia non poteva distruggersi a vicenda, l’incantesimo del vecchio non funzionava sulla Dea ma impediva comunque alla donna di ucciderlo. Al massimo si sarebbero feriti o mutilati.
Elehandro mi raggiunse, tentando di stringendomi forte. Le sue mani terrorizzate, provavano a toccarmi senza provocarmi ulteriore dolore. Provò ad esaminare la ferita ma non fu facile, nemmeno lui capiva come potessi essere ancora viva.
- Ho ordinato a Hella di bloccare la tua anima-
Spiegò il Principe dei Demoni, notando lo sconcerto del comandante della nave.
- Ti ha riportato indietro dal mondo dei morti. Non hai ancora il mio permesso di morire-
El si interpose fra noi, nascondendomi con la sua figura dagli occhi del giovane principe.
- La tua anima lascerà il tuo corpo già morto, quando io vorrò. Quando Hella la ghermirà-
Allora il vampiro mi strinse, senza paura di ferirmi. L’unica paura che lo pervadeva era quella di perdermi. Mi avvolse forte e mi accorsi di non accusare dolore. Non sentivo niente. Ero insensibile a tutto.
- Non te lo lascerò fare-
Sbottò Elehandro, la sua voce era ferma ma il suo corpo tremava.
- Tu sei?-
Pronunciò Abrahel, con un ghigno.
- Il Capitano di questa nave. La Gold Sea. Sono il responsabile di questa ragazza, incaricato direttamente dell’erede al trono-
Quelle parole non fecero piacere al demone dagli occhi verdi.
- Io sono l’erede al trono!-
Gridò furioso estraendo la spada. Si avventò sul vampiro, impegnandosi in una scontro armato. Io rimasi a guardare, in un corpo già morto, come Abrahel aveva detto.
Mi posi cautamente una mano sul cuore.
Sobbalzai quando lo notai. Non batteva.
Ero morta, ero morta davvero. Eppure il marchio brillava, come se ancora potessi essere salvata. L’incantesimo che collegava l’anima di due persone, percepiva che la mia era appesa ad un filo. Hella aveva le forbici. 

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Capitolo 17
*** Superando i Cancelli, dritta negli Inferi ***


 
Mi volsi, per cercare colei che deteneva il mio destino nelle mani.
Dapprima scorsi Hunter, se la stava vedendo brutta contro Alastor. Doveva combattere e concentrarsi per tenere a galla la nave, non sembrava facile.
Il nemico iniziava ad avere la meglio su di lui.
Su tutti. Il nemico iniziava ad avere la meglio su ognuno di noi e la battaglia era appena iniziata.
Eravamo pochi, indeboliti dalle faccende interne della Gold Sea. L’equipaggio era stato distrutto e ricostituito più volte, di certo non ci presentavamo al meglio a quello scontro con Abrahel. I nostri pirati sarebbero stati spazzati via in poco e questo, una volta tornata lucida, mi feriva. L’unico dolore che il mio corpo provava era quello di essere la causa di tutto. Le persone a cui volevo bene, stavano rischiando di morire per colpa mia. Di nuovo.
Tornai a voltarmi verso El. Stava combattendo contro Abrahel, con destrezza e maestria teneva testa al Principe ma io sapevo come sarebbe finita. Elehandro avrebbe combattuto lealmente e questo lo avrebbe ucciso. Non aveva mai affrontato un Lancaster, loro non giocavano pulito. Questione di minuti e Abrahel si sarebbe liberato del Capitano fastidioso, tornando a concentrarsi sul premio tanto ambito.
In quella confusione, scorsi Barbas a terra. Vicino a lui si stagliava la sovrana degli Inferi, accompagnata da due strane piccole figure. Le giravano intorno come spiritelli, demonietti che l’aiutavano a combattere contro un vecchio. Feci un passo verso di loro, per soccorrerlo, aiutarlo in quello scontro troppo impegnativo per un pirata che non alzava mai la spada. Non era abituato a combattere, i nemici gli morivano davanti come mosche.
Stavo per andare da loro quando udii la voce di Hunter. Alastor lo aveva atterrato e si stava avventando su di lui con un’arma raccolta chissà dove. Lo avrebbe infilzato e noi saremmo affondati ma, cosa più importante, avrei perso anche lui.
Corsi verso di loro, non so come feci a raggiungerli tanto in fretta. Mi posi davanti al corpo dello stregone prima che potesse essere colpito, parandomi innanzi agli occhi sgomenti del demone. Il servo di Abrahel mi vide ma non riuscì a fermarsi in tempo, ero stata troppo veloce.
L’arma di Alastor mi trapassò il petto. Hunter urlò mentre l’altro lasciò l’elsa della spada, arretrando preoccupato di aver danneggiato il giocattolo del suo padrone.
Rimasi un attimo in silenzio, interdetta. Aspettavo che accadesse qualcosa ma presto notai che non sarebbe successo niente. Non provavo niente e non usciva più sangue, non barcollavo e non caddi a terra. Semplicemente impugnai la spada, estraendola dal mio corpo.
La fissai, più incuriosita di come Hunter e Alastor mi stessero fissando in quel momento, poi la gettai a terra.
Non l’avevo neanche percepita. Ero immune alle ferite perché ero già morta.
In quel momento capii di essere la migliore macchina da combattimento che potesse capitare.
Mi volsi verso Abrahel. Potevo ucciderlo, avrei potuto distruggerlo se Hella non mi avesse uccisa un attimo prima. Se si fosse accorta delle mie intenzioni, mi avrebbe rispedita agli Inferi prima che potessi tagliare la gola al suo padrone. Dovevo parlare con lei.
- Victoria ma cosa…?-
Borbottò Hunter alzandosi e venendomi incontro.
- Sono morta. Non hai sentito il Principino laggiù?-
- No…ero troppo impegnato. Sei morta?!-
Mi lasciai un attimo Hunter alle spalle, rivolgendomi ad Alastor.
- Questo stregone tiene a galla la nave su cui poggi i piedi-
Ringhiai.
- Se lo uccidi, finiamo tutti in pasto agli squali. Non credo che il tuo padrone sarebbe lieto di andarsene prima di terminare i suoi affari-
Il demone fissò con scetticismo prima me poi il ragazzino smilzo alle mie spalle. Credeva mentissi. Sul suo volto comparve un risolino e anche sul mio, prima di dare ordine ad Hunter di rendere chiaro il concetto.
La Gold si inclinò, facendo scivolare tutto verso sinistra.
Alastor rotolò repentinamente lontano da noi. I demoni urlarono, i corpi dei morti si riversarono in mare. I combattimenti si interruppero, molti del seguito di Abrahel vennero sbalzati fuori dal vascello, così come alcuni dei nostri.
Hunter riusciva a stare in piedi, fermo sul ponte senza alcun problema. Mi prese la mano, impedendomi di cadere nell’oceano con gli altri. Alastor stava per scivolare fuori dalle balaustre ma, assieme a lui, anche Elehandro.
- Hunter-
Gridai, puntando il dito verso il vampiro.
Immediatamente la nave riprese stabilità, le urla cessarono.
Feci un sospiro di sollievo, controllando se per un caso fortunato avessimo perso Abrahel. Invece lo vidi, stagliarsi sopra i suoi uomini a terra. Non era caduto, peccato.
El mi fissò, ad un passo dalle balaustre, ad un passo dal cadere in mare. Con lo sguardo, ci chiese cosa diavolo ci fosse venuto in mente. Io e Hunter facemmo spallucce e poi mi sorse una domanda.
- Dov’è Barbas?-
Non riuscivo a vederlo.
Iniziammo a cercarlo, intanto che gli scontri riprendevano. Durante la ricerca incrociammo Alastor, visibilmente infuriato. Ci fulminò con lo sguardo, soprattutto rivolto verso lo stregone.
Digrignò i denti, con le mani che gli fremevano. Ci sorpassò, cercando qualcun altro da uccidere.
Ringraziai che avesse capito e, lieta almeno di aver salvato Hunter, proseguimmo.
- Spiegami com’è che sei morta-
Bofonchiò il ragazzo, nella confusione generale del ponte. I demoni rimasti si stavano affrontando nuovamente, intralciandoci nella ricerca del capo polveriere.
- La vedi questa?!-
Sbottai, mostrando la ferita sulla pancia.
- Ecco come sono morta-
- Ma come fai ad essere viva?!-
Insistette.
- Non sono viva infatti-
- Ma parli! Ti muovi!-
Ci stavamo stringendo le mani in quel momento, sfilando attraverso i combattimenti sperando solo di non essere coinvolti. Gliele posi entrambe davanti agli occhi, ricordandogli che mi stava toccando ed io non bruciavo. Ero fredda, quanto un cadavere.
Hunter sussultò, fissandomi attentamente da capo a piedi.
- Come fai a muoverti?!-
Ripeté, non capacitandosi di quello strano miracolo.
- E’ merito mio-
Proferì la voce della Dea. L’avevamo raggiunta ma Barbas non era con lei. Intorno aveva solamente quegli strani spiritelli dagli occhi neri. Le sorreggevano il lungo vestito.
- Dov’è?-
La donna rivolse lo sguardo verso di me, pregandomi di essere più chiara.
- L’uomo anziano con cui combattevi. Quello che non poteva essere ucciso. Dov’è?-
Hella puntò l’oceano.
 
- Hunter-
Strattonai il ragazzo per la camicia.
- Hunter vai-
- E come faccio scusa?-
Obiettò lui agitatamente.
- Non posso nemmeno scendere dalla nave-
- Lo so ma non importa-
Replicai con rabbia, spingendolo verso le balaustre. Lui si bloccò, tornando a voltarsi verso di me, fissandomi con i suoi grandi occhi spauriti.
Sospirai, accorgendomi di averlo messo sotto pressione. Lo raggiunsi, prendendogli le mani e tentando di calmarlo. Cercai il suo sguardo, il suo sguardo nocciola così impotente innanzi all’ostacolo del mare. Se scendeva l’incantesimo si rompeva e il vascello affondava. 
- Trova un metodo. Pensa a qualcosa. Non possiamo perderlo-
Dopo un istante di titubanza, lo stregone annuì e si diresse verso il mare. Era notte e la nave stava continuando ad avanzare, anche se al timone ormai non c’era più nessuno. Barbas poteva essere rimasto indietro ma non aveva importanza, dovevamo salvarlo.
Rimasi da sola, innanzi alla sovrana dell’oltretomba.
La donna che, poco prima, aveva divorato il figlio di Elehandro.
- Se vuoi vendetta-
Pronunciò la creatura.
- Sbagli a cercarla, sbagli a volerla. Considera il mio come un favore. Ti ho aiutata-
Ebbe l’ardire di affermare.
- Quell’essere, avrebbe dominato ogni dimensione pochi anni dopo la sua nascita. Ti avrebbe scavalcata, usata per raggiungere il potere assoluto. Ogni cosa, sarebbe stata sua-
Rivelò, come se avesse la piena certezza dell’avvenire.
- Ed io possiedo la tua anima, Victoria-
Ricordò.
- La conosco, riesco a leggerla. Tu non vuoi essere una madre orgogliosa. Vuoi essere l’orgoglio stesso, diventare il potere assoluto. Vuoi dominare il mondo, non aiutare chi lo farà-
- Liberala-
Pretesi, senza girarci intorno, senza perdere tempo.
- Libera la mia anima-
Il sorriso di quel volto diviso a metà, conteso fra la morte e la vita, si allargò fino a divenire una risata.
- Se sciogliessi il mio incanto-
Iniziò dicendo.
- Raggiungeresti immediatamente tuo figlio negli Inferi-
Ammise, accennando alle mie ferite. Mi posi una mano sul ventre, non per constatare effettivamente l’entità dello squarcio. Piuttosto pensai a lui, “mio figlio”. Non riuscivo a chiamarlo così, faceva troppo male. Dire che era morto il figlio di El, provocava leggermente meno dolore.
- Guarisci il mio corpo allora-
La Dea continuò a ridere.
- Sono richieste ingenti-
Disse infine.
- Dette da colei che non ha niente di interessante da scambiare-
- Abrahel ce l’ha?-
Domandai, spiazzandola.
- Perché una Dea sta aiutando un demone? Perché regalare il regno a lui? Cosa ti ha promesso in cambio?-
- Nemmeno l’ultimo Lancaster possiede qualcosa di interessante-
Spiegò la creatura, tuttavia senza motivare la sua scelta.
- Allora perché?!-
Sbottai.
- Aiuta me e…-
- E cosa?-
Incalzò la sovrana, divertita.
- Sarai in debito con me, un debito che potrai saldare quando avrò qualcosa di interessante da scambiare-
Ci pensò un attimo. La mia proposta apriva le porte ad un’infinità di possibilità.
Eppure, rifiutò.
Scorsi uno strano terrore nei suoi occhi, prima di rifiutare. Quello sguardo abituato a terrorizzare, formato da un occhio morto e uno vivo ma reso rosso dal sangue delle sue vittime, incredibilmente, aveva provato paura. Era stata vicina ad accettare, poi si era ricordata qualcosa.
Un pensiero, un’evenienza che la spaventava e che le aveva impedito di aiutarmi.
Quel pensiero mi incuriosiva da morire.
- Ganglot, Ganglati-
La Dea chiamò i mostri infernali, i suoi servitori cadaverici.
- Tenetela ferma fino a che il Principe non avrà finito-
Me li sguinzagliò contro. Tentarono di afferrarmi, bloccarmi ed io dovetti difendermi dalle loro piccole mani scheletriche. Avevo letto di loro nei libri occulti. Da millenni servivano la regina dei morti senza onore, dei criminali, dei traditori. Obbedivano solo alla sovrana dei morti per incidente, malattia o vecchiaia. Hella li dominava e sarebbero stati liberi solo il giorno della fine dei tempi.
- Fermi-
Gridai, schifata innanzi alle loro fattezze.
- Non toccatemi-
Provai a scansarmi mentre la loro carceriera rideva, divertita da quel teatrino.
- Riesci a vedere i miei servi-
Certo che li vedevo, non avevo avuto per niente l’impressione che fossero invisibili.
- Sono fantasmi-
Ammise lei.
- Nessuno qui può vederli, tranne noi due-
Fantasmi. Questo mi diede un’idea.
Utilizzai l’incantesimo di allontanamento verso gli spiriti che avevo imparato, che avevo usato anche con Medardo anni prima. Con quello sarei stata in pace per un po’.
Hella non fu felice, quando vide i suoi amati servi venire scacciati via come insetti.
Ero morta ma i miei poteri funzionavano. Buono a sapersi.
- Di cosa hai paura, Hella?-
Domandai, sistemandomi i capelli e ricomponendomi dopo l’attacco dei mostriciattoli ossuti.
- Perché scegli Abrahel come Re dei Demoni?-
La Dea non rispose, continuando a fissarmi malamente, probabilmente offesa perché avevo affrontato Ganglot e Ganglati.
- Perché non vuoi Nolan Lancaster a capo dei Demoni?-
La creatura non fu del tutto impassibile al suo nome. Nonostante avesse cercato di nascondere ogni reazione, ero certa di aver intravisto una smorfia in lei.
Il problema era Nolan.
Lei, anche lei, temeva Nolan.
- Vivi negli Inferi, perché sei contro un mezzo diavolo?-
A quel punto le labbra della donna fremettero e non riuscì più a tacere.
- I demoni devono governare sui demoni-
Sbottò la sovrana.
- I diavoli sui diavoli-
Continuò.
Roteai gli occhi. Ecco un’altra conservatrice, avversa ad ogni tipo di novità.
I tempi non erano maturi, iniziavo a capire quella frase.
Negli Inferi non accettavano che un diavolo regnasse sui demoni. Solo non mi capacitavo del perché l’oltretomba si interessasse tanto alla dimensione terrena.
- La padrona non rimarrà impassibile-
Sussurrò con la sua vocina stridula Ganglati, lo spirito femmina che era tornata a sorreggere l’abito della Dea.
- Non rimarrà in silenzio, innanzi ad un demone che vuole fare degli Inferi la sua casa-
- Come? Ripeti-
Quella frase non l’avevo proprio capita. Nolan non aveva mai accennato alla conquista dell’Inferno, era impossibile, irrealizzabile. Già era difficile assoggettare tutti i popoli terreni, figuriamoci gli ultraterreni. Quel mostriciattolo dagli occhi neri sbagliava.
- Gli Arcidiavoli possono agire come credono-
Proseguì Ganglot. Anch’esso era tornato, con cautela dopo essere stato colpito dal mio incantesimo. Come la compagna, affiancava Hella, esternando i suoi pensieri.
- Ma la mia padrona non lascerà i nostri Inferi alla sua mercè-
Con “gli Arcidiavoli” si stava sicuramente riferendo a Lilith, era un’esponente della congrega dei diavoli e appoggiava Nolan nella sua ascesa.
- Abrahel Lancaster, non è una minaccia. E’ una pedina, controllabile-
Proferì la sovrana, accarezzando la testa ad entrambi i suoi schiavi.
- Il mezzo diavolo invece-
Riprese Ganglati, quasi sibilando. 
- Con la sua natura abominevole, fa dell’Inferno ciò che vuole e costringe noi altri ad accettare le anime da lui inviate…in quel modo così inusuale-
Quella frase la capì ancora meno delle altre.
- Come dovrebbe smistarle la padrona?-
Riprese Ganglot.
- Dove dovremmo posizionarle? La mia sovrana regna sulle anime dei morti per malattia, vecchiaia…-
E ripeté tutte le categorie di competenza di Hella.
- Altri regnano sulle vittime di morte violenta ma quella pratica non rientra in nessuno assassinio-
- Dovremmo creare una sezione degli Inferi solo per le sue vittime?-
Chiese Ganglati ridacchiando, nascondendosi fra le vesti della Dea.
- Per non parlare che scende con quegli spiriti per poi farli tornare nei loro corpi quando con loro ha finito…-
- Ora basta-
Interruppe la donna.
- Tutto questo non è interessante- 
Ero ancora più confusa.
Hella non temeva che un mezzo diavolo regnasse sui Demoni, temeva che i Diavoli fossero assoggettati ad un mezzo demone.
- Mi hai annoiata-
Sbottò la donna, rivolgendosi a me.
- Tacerai fino a che il tuo Principe non vorrà il contrario-
Cosa?
Avrei voluto chiedere.
In realtà aprì la bocca ed uscirono solamente sillabe mute.
Riprovai. Riprovai ancora.
Tentai di gridare, di sforzare le corde vocali fino all’inverosimile.
Non un suono lasciò la mia gola.
Cosa mi hai fatto? Smettila! Restituiscimi le parole!
Avrei desiderato urlarle, invece la creatura mi fissò semplicemente divertita. La mia voce non poteva infastidire le sue orecchie, non mi udiva.
- La tua anima è mia-
Ricordò la Dea.
- Posso toglierle qualsiasi cosa. Pezzo per pezzo. Ringrazia che ho preso solo la voce-
Mi posi le mani sulle labbra, disperata. Mi serviva la voce. Adoravo la mia voce. Senza non avrei potuto sgridare più nessuno, nemmeno Nolan.
Pensando a lui mi ricordai del marchio. Brillava ma nessuno giungeva a salvarmi. Non questa volta.
- Non arriverà-
Constatò la donna, notando che stavo fissando l’incantesimo speranzosa.
- Altrimenti sarebbe già stato qui-
Così svanì anche la mia ultima arma, Hella non temeva più l’arrivo di Nolan.
Improvvisamente qualcosa, verso le balaustre, colse la mia attenzione. Hunter, con una corda legata in vita, era appena risalito sulla nave in compagnia di Barbas. Entrambi giacevano al suolo bagnati fradici, stremati, con intorno la battaglia che infuriava. Lo stregone era un bersaglio facile, troppo esposto. Qualcuno avrebbe potuto pensare di ucciderlo e, così, farci inabissare inconsapevolmente.
Gettai un’occhiataccia a Hella e poi andai verso di loro, raccogliendo prima una spada da terra.
Inutile al pirata morto da cui la presi mentre io, con essa, salvai la testa di Hunter e i nostri destini da un tragico naufragio.
Affrontai un servitore di Abrahel, che non aveva perso tempo ad attaccare un ragazzino in difficoltà. Mi avventai su di lui prima che potesse colpirlo, combattendo naturalmente senza paura di essere uccisa. Questa sicurezza mi diede una forza mai avuta prima, che usai per ammazzare e gettare l’avversario fuori bordo. Una volta sbarazzata del corpo, mi volsi istintivamente per cercare Hella. L’avevo lasciata senza riuscire a patteggiare la mia libertà, o almeno la voce a questo punto.  Sospirai, constatando di averla persa. Tornai a fissare i due pirata ancora a terra, le due persone che avevo appena salvato e fui felice di averla perduta per loro. Erano più importanti.
Lo stregone ricambiò il mio sguardo, respirando faticosamente. Aveva trovato un modo per salvare Barbas ed io ero fiera di lui.
Gli posi una mano per farlo alzare, nel frattempo un altro demone si avventò sul capo polveriere. Non fece in tempo a minacciarlo con la lama, che venne colpito da un infarto fulminante. A causa della maledizione che proteggeva Barbas, morì a pochi centimetri dall’anziano, finendo anch’esso in mare grazie ad una piccola spinta.
- Grazie per non avermi abbandonato-
Ammise, alzandosi da terra. Si appoggiò alla balaustra, frugando fra le sue tasche. La prima fiaschetta doveva averla persa in mare. Trovò la seconda, da cui bevve un sorso.
- Ringrazia Vic. E’ stata lei ad accorgersi che eri caduto-
Entrambi mi fissarono ma io non potei rispondere. Aprì la bocca d’istinto, tentando di dire qualcosa ma non uscì un solo suono. I due allora si interpellarono fra loro, domandandosi cosa diamine mi fosse successo. Sbuffai impotente, iniziando a mimare le fattezze della Dea. Mi segnai il volto diviso in due, tentai di imitare la sua postura con quel lungo vestito e i due demonietti che le giravano attorno. Poi mi ricordai che erano spiriti invisibili.
Hunter e Barbas mi fissarono enigmatici, non riuscendo proprio a comprendere. Sbuffai nuovamente, osservandomi intorno con la speranza che la sovrana spuntasse fuori dalla folla. Improvvisamente la vidi, in un angolo, seduta comodamente ad osservare gli scontri.
Allora puntai il dito indice su Hella. Barbas aggrottò le sopracciglia, affermando che si sarebbe occupato lui della Signora. Io lo ascoltai a malapena in quanto, oltre le sue spalle, Elehandro era caduto al suolo.
 
Scansai la figura del pirata, avanzando di qualche passo verso il Capitano della Gold.
Abrahel era riuscito a ferirlo e adesso il vampiro riversava a terra. Il ghigno sul volto del Principe non mi piacque per niente. Con lui aveva concluso, lo scontro si era prolungato fin troppo.
Era stato divertente, piacevole ma adesso era il momento di ucciderlo.
Potevo leggerglielo negli occhi.
Non glielo avrei permesso, non glielo avrei lasciato fare, nemmeno se la sovrana degli Inferi dominava la mia anima.
Tentai di gridare ma non possedevo voce. Allora corsi, corsi a fermare Abrahel. Lo raggiunsi il più in fretta che potei, afferrandogli il braccio e dirottando la traiettoria della sua spada. La lama colpì le assi dorate del ponte, ad un passo dal volto di El.
Non mi porterai via anche lui!
Avrei voluto gridare, a pieni polmoni.
Al contrario fu lui a gridare, sbraitando di farmi da parte. Ovviamente non adorava essere interrotto.
Volle colpirmi ed io lasciai che lo facesse, tanto non provavo niente. Mi interposi fra lui e il vampiro, intimandogli con il solo sguardo di colpirmi ancora. Che si divertisse. Ormai mi aveva sventrata, uccisa, tolta tutto ciò che avevo. Di me poteva fare ciò che voleva ma Elehandro non aveva colpa se mi aveva incontrata. Non era colpa sua se, quel giorno al porto, avevo scelto la Gold Sea per fuggire.
- Hella!-
Ringhiò furibondo il Principe.
- Intimale di spostarsi!-
Ebbi paura del controllo della sovrana sul mio corpo, così agì per prima. Mi avventai su Abrahel, tentando di ferirlo, o magari ucciderlo, prima che mi venisse impedito.
Improvvisamente, tutto divenne nero. Non vidi più Abrahel nè Elehandro.
Non sentivo più le voci dei pirati, la voce del vampiro e dello stregone che mi chiamavano.
Percepivo solamente caldo. La gola bruciava, ogni respiro mi infiammava i polmoni.
Poi la visione tornò chiara e mi accorsi di avere delle persone intorno a me. Urlavano.
Gridavano dal dolore, per il calore delle fiamme che distruggeva i loro corpi, per i colpi delle fruste e delle spade inferte da strani esseri. Rimasi impalata in quell’ambiente roccioso formato da lava e magma, a fissare quelle creature rossastre. Una si volse verso di me, mi squadrò da capo a piedi, poi tornò ai suoi doveri.
- Victoria-
Mi sentii chiamare.
Sussultai, come mai avevo sussultato prima d’ora. Scattai terrorizzata verso la voce, quasi emettendo un grido da quanto avessi i nervi a fior di pelle. Rimasi sbalordita da quel che vidi, tanto da iniziare a tremare.
- Dove siamo?-
Chiesi a Nolan, scoprendo di aver riottenuto la voce.
Lui era lì. In quel posto bizzarro, accompagnato da Lilith. La donna dai capelli rossi lo affiancava, a braccia incrociate, osservandolo mentre lui era intento a torturare qualcuno.
Il ragazzo si allontanò da quel demone riverso a terra, lasciandolo nel sangue.
Si avvicinò a me, fissandomi nello stesso modo sorpreso in cui io fissavo lui.
- Cosa ci fai qui?-
Domandò. Io non seppi rispondere.
- Dove sono?-
Continuai a chiedere. Provavo una strana ansia addosso, una strana paura.
Quell’ambiente metteva angoscia, sembrava infondertene non appena ci mettevi piede.
Non seppi capirne il motivo, eppure ero terrorizzata e non per le creature cornute o i prigionieri dai corpi scempiati. Quel luogo, sembrava essere l’origine della paura stessa. Fuoriusciva dal terreno, dal soffitto roccioso, da ogni cosa. Mi trovavo al centro del male.
- Sei all’Inferno-
Spiegò Nolan.
- Chi è stato ad ucciderti?-
Uccidermi? Allora ero morta. Ero morta ed ero finita all’Inferno.
Hella mi aveva spedito nell’oltretomba, come promesso. Aveva difeso Abrahel, impedendomi di fargli del male. Forse Elehandro era morto, perché io non ero più lì a proteggerlo.
Immaginai il mio corpo stesso sulle assi della Gold, inutile. Un corpo vuoto che non poteva fare più niente ormai, nemmeno salvare El. Mi volsi di scatto, quasi per cercarlo, per vedere se anche lui era morto e si trovava lì. Non lo vidi.
Nolan mi prese il polso, girandolo verso di sé per osservare il marchio. Brillava ancora.
Lo fissò incuriosito, pensando a qualcosa che non riuscivo a capire.
- Anche tu sei morto?-
Domandai, fissandolo negli occhi d’oro. Il demone sorrise, divertito come se avesse udito la domanda più sciocca al mondo.
- Certo che non sono morto. Ah e nemmeno tu lo sei-
Sobbalzai ancora. Lilith ci raggiunse e, senza degnarmi di uno sguardo, iniziò a parlare con il suo Principe.
- L’incantesimo non si è rotto-
Constatò la donna, scrutando con attenzione il marchio. Nolan mostrò il suo, brillava allo stesso modo. Entrambi non erano spariti.
- Per questo non l’ho sentito-
Ammise il ragazzo.
- Se tu fossi morta, me ne sarei accorto. Tuttavia sei ancora in pericolo-
- Ma sono all’Inferno-
Replicai.
- Devo essere morta-
Nolan sorrise ancora.
- Anche noi ci siamo, eppure non siamo morti-
A quel punto tacqui, aggrappandomi alle parole del demone e alla speranza di poter tornare indietro.
- Qualcuno ti sta tenendo qui, di sua volontà-
Spiegò Nolan.
- Quasi come volesse punirti, senza ucciderti. Altrimenti saresti finita in un’altra zona degli Inferi. Ai Cancelli per la precisione-
Tremai a quel ricordo. Poco prima ero stata ai Cancelli, li avevo visti. Allora in quel caso ero morta davvero.
- Dove siamo adesso?-
- In una sezione interessante e noiosa allo stesso tempo-
Raccontò il ragazzo, guardandosi intorno.
- Qui finiscono le anime morte per malattia e vecchiaia, una vera noia insomma-
Ridacchiò, sentendosi completamente a suo agio in un ambiente così ostile. Sembrava esserci nato, provenire da esso.
- Però è anche dove vengono portati i traditori, i criminali…-
- Il Regno di Hella!-
Sbottai, scostandomi da Nolan. Feci un passo indietro, in preda al panico, fissando qualunque anima avessi intorno. Ero negli Inferi della Dea. La donna mi aveva portata nella sua parte di oltretomba, in attesa del giudizio. Temevo di vederla arrivare, con i suoi volti divisi a metà. Ganglot e Ganglati mi avrebbero torturata, così da compiacere la padrona. Volevo andarmene e subito.
- La conosci?-
Domandò Nolan, tentando di raggiungermi, di calmarmi.
- E’ lei che mi ha mandato qui!-
Urlai.
- Mi ha ucciso, straziato il corpo!-
Raccontai, con le lacrime agli occhi. Il demone si distanziò leggermente da me, osservando le ferite che iniziavano a comparire sul ventre. Al ricordo, la mia anima richiamava i segni della mia morte. Le vesti si macchiarono di sangue, il busto si aprì in due.
- Mi ha sventrata-
Spiegai, incrociando le braccia per tentare di nascondere l’addome.
- E sono finita ai Cancelli. Poi mi ha riportata in vita e reso una specie di zombie. Mi ha tolto la possibilità di parlare e adesso questo. Mi ha portato negli Inferi-
Mi inginocchiai a terra, perdendo tutte le forze. Capì di essermi messa contro entità troppo forti, con cui non potevo competere. Mi ero spinta oltre e queste erano le conseguenze, ancora una volta constatavo di essere debole.
Nolan mi raggiunse, prendendomi le mani, mi cercò gli occhi. Io fissai i suoi, notando che erano cambiati, diversi da prima, sembravano infuriati. Mi accorsi che tremava, aveva iniziato da poco.
- Perché?-
Chiese solamente. Non riuscì a domandare altro. Io cercai di calmare le lacrime, di rispondere.
- Per ordine di Abrahel-
Il ragazzo si alzò di scatto, raggiungendo Lilith.
- Penso non sia più necessario torturare il demone-
Affermò la donna.
- Ora sai dove si trova Abrahel. Evidentemente è con il suo corpo-
Nolan schioccò le dita e l’anima di quell’uomo sparì. Si pose le mani nei capelli, iniziò a camminare avanti e indietro, solcando il terreno. Pareva molto agitato.
- Come ha potuto farlo?-
Chiese, voltandomi le spalle e rivolgendosi alla diavolessa.
- Come può Hella avere il controllo sulla sua anima?-
- Vi state dimenticando chi avete davanti-
Affermò duramente la donna.
- E’ una criminale-
Nolan scosse le spalle, non del tutto convinto.
- Avrebbe dovuto affrontare un processo ai Cancelli per essere definita senza onore o criminale. No, deve essere per qualcosa di più ovvio-
- Lei vi ha tradito-
Ricordò Lilith.
- Vi ha tradito per allearsi con Abrahel. In seguito ha tradito Abrahel per tornare ad affiancarvi-
Nolan si volse verso di me, fissandomi.
Hella possedeva la mia anima, perché ero una traditrice.

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Capitolo 18
*** Rosso scarlatto ***


Nolan camminava avanti e indietro per l’Inferno.
Attraversando le rocce bollenti e i fiumi di lava, si muoveva nervosamente con le mani nei capelli. Lo conoscevo bene ormai, quando voleva spaccare il mondo ma non poteva farlo, iniziava a camminare avanti e indietro.
- No-
Ripeteva il demone, ignorando gli sguardi infastiditi dei diavoli. Avevano aumentato l’intensità delle torture, per coprire le nostre voci con le urla dei dannati. Non eravamo i benvenuti, eppure non facevano niente per cacciarci. Ci fissavano intimoriti.
- La sua anima appartiene a me-
Ricordò con fermezza, provocandomi un certo disappunto.
- L’ho stabilito quando le ho posto il marchio-
Continuò, quasi dovesse convincere qualcuno. Non sembrava lieto che lo avessero scavalcato.
- Io direi che appartiene più ad Hella-
Puntualizzò Lilith. Nolan si bloccò, squadrandola malamente.
Mi odiava, si vedeva bene. Mi odiava da quando, quel giorno alla Parata, le avevo ucciso il serpente.
- La sua anima-
Affermò il ragazzo, scandendo bene le parole e pronunciandole lentamente.
- Risponde ancora a me-
Stringeva i pugni, fremeva di rabbia ma qualcosa lo bloccava.
- Sta a vedere-
Sbottò, avvicinandosi con una mano protesa.
Mi scostai, leggermente spaventata dalle sue intenzioni. 
- Fermo!-
Urlai.
- Che vuoi fare?-
- Ti rimando nel tuo corpo-
Rispose lui con naturalezza, sbattendo i grandi occhi d’oro che si ritrovava.
- Non vuoi?-
- Certo che no! Non così-
Ammisi, riferendomi alle ferite che ancora la mia anima riportava. I vestiti macchiati di sangue e stracciati, non nascondevano l’addome squarciato.  
- Devi guarirmi prima. Ho un conto in sospeso sulla nave. Quando torno devo poter combattere-
Nolan non rispose, continuò a fissarmi. Ricambiai il suo sguardo, non capendo quale fosse il problema. Aveva sempre curato le mie ferite, anche quando non volevo. Questa volta, se ne stava fermo ad osservarmi impotente. Si volse verso Lilith, quasi cercasse in lei un sostegno per rispondere. La diavolessa non lo aiutò poi molto, fece un cenno con il capo e basta. Il demone sospirò e quando tornò a fissarmi, i suoi occhi si erano fatti più duri.
- Non posso-
Sbottò.
- Trova un modo per uscirne da sola-
Rimasi interdetta per qualche istante, non capacitandomi della sua risposta.
Mi ripetei le sue parole nella mente, analizzandole attentamente cercando qualche errore.
Uscirne da sola. Trovare un modo.
Frase inserita in un contesto dove gli avversari erano Abrahel Lancaster e una Dea capricciosa.
Mi sentii cadere letteralmente gli Inferi addosso.
Vacillai fra stati di rabbia e disperazione, voglia di ucciderlo e di pregarlo.
- Stai dicendo che non verrai?-
Bofonchiai, ripetendo il concetto per essere sicura di averlo capito appieno.
Nolan annuì. Non sarebbe venuto.
Nonostante la rabbia che provava, non mi avrebbe salvata.
- Mi lascerai in quel casino?-
Mi tremava la voce, il corpo, mentre insistevo.
Il solo pensiero di tornare sulla nave con quella donna, mi dilaniava l’anima.
Avrebbe continuato a farmi a pezzi davanti al suo padrone, per solo gusto. 
- Non…puoi venire ad aiutarmi?-
Mi costò chiederlo. Mi costò molto, moltissimo orgoglio. E me ne pentii, mi pentii di averlo fatto quando il demone rispose.
- No-
Ribadì fermamente.
- Dovrai cavartela da sola-
In meno di un secondo, dovetti decidere attentamente come reagire a quel suo atteggiamento.
Picchiarlo. Ucciderlo. Continuare a supplicarlo, forse avrebbe ceduto. Di nuovo picchiarlo. Insistere. Convincerlo. Gettarlo nelle fiamme e non pensarci più. 
- Ma perché?!-
Urlai infuriata, non capendo cosa lo portasse a questo. Voleva aiutarmi, si vedeva. Desiderava aiutarmi, altrimenti non sarebbe stato così agitato.
- Ti avevo detto che se fossi rimasta…-
- Smettila!-
Gridai, forse più forte delle anime detenute nell’oltretomba.
- Torna indietro con me! Usciamo di qui!-
Scongiurai, gettando ormai disperatamente tutto ciò che rimaneva della mia dignità. La maggior parte l’aveva divorata Hella.
- Ma io non sono qui-
Spiegò, con un sorriso che gli avrei strappato volentieri dalla faccia.
- Sono troppo lontano per raggiungervi in tempo-
Ogni sua parola mi sembrava una patetica scusa.
- Ma tu sei velocissimo, mi raggiungi sempre ovunque…con questo-
Non mi arresi, mostrandogli il marchio.
- Sua Altezza ha usato tutte le forze per scendere negli Inferi e torturate…-
Interruppe Lilith, che a sua volta fu interrotta bruscamente da Nolan. La fulminò con lo sguardo, intimandola di tacere. Avanzai di un passo verso il demone, ignorando l’Arcidiavolo.
- Nolan-
Pronunciai.
- Ascolta attentamente: se mi lasci sola in quel maledetto macello, non te lo perdonerò mai-
Il ragazzo tentò di replicare ma Lilith lo precedette.
- Non osare parlargli così-
Sbottò furibonda.
- Ti stai rivolgendo al prossimo Re dei Demoni. Sua Altezza non deve certo spiegarti i motivi…-
Nolan alzò una mano, ordinando alla consigliera di interrompersi nuovamente. Alla seconda occhiataccia, Lilith fece un passo indietro.
- Victoria-
Si avvicinò a me, distanziandosi ulteriormente dalla presenza della diavolessa.
- Mi costa molto non poter venire. Moltissimo-
Le mani gli tremavano, le parole facevano fatica ad essere pronunciate correttamente. I suoi occhi, stavano ribollendo di rabbia.
- Se potessi, ti avrei già tirato fuori di lì-
Mi allontanai, colma della sua stessa furia. Mi misi le mani nei capelli, tentando di prendere un respiro attraverso il calore delle fiamme.
- Se mi rimandi indietro…-
Ringhiai, tornando verso di lui.
- Da sola, con il ventre squarciato, ad affrontare tuo fratello, Hella, Alastor…non mi importa “quanto vorresti poter venire”…Se lo fai, la prossima volta che ti vedo in carne ed ossa giuro che…-
- E’ quello che meriti-
Sbottò Lilith, interrompendoci.
Entrambi ci voltammo verso di lei, non riusciva proprio a rimanere zitta.
- Lo merita-
Ripeté, giustificandosi rivolta solamente al suo Principe.
- E’ colpa sua se Abrahel vive-
Ah già, lei mi odiava anche per quello.
Le avevo impedito di uccidere il secondogenito Lancaster anni fa, l’avevo privata della sua vendetta e fatta catturare dal precedente Re dei Demoni.
Nolan si accostò a lei, le disse qualcosa ma Lilith sembrava implacabile.
- Lasciamola a loro!-
Sentii dire.
- Noi prenderemo quello che rimarrà-
Nonostante fossi circondata dalla lava, rabbrividii.
Sì, mi odiava proprio.
Terminato il colloquio fra i due, Nolan si volse verso di me.
- Allora Victoria, tornerai nel tuo corpo-
Spiegò, raggiungendomi velocemente.
Mi toccò il marchio, stringendolo forte fino a farmi male.
- Saranno tutti morti ormai-
Sbottai, tentando di sopportare il dolore.
- Sei negli Inferi da dieci minuti, non sarà passato nemmeno un istante dall’altra parte-
Mi informò.
- Il tempo scorre diversamente. Puoi passare qui un’eternità senza che nessuno se ne accorga nel mondo dei vivi-
- Utile per torturare qualcuno. Hai tutto il tempo degli Inferi-
Nolan mi gettò un’occhiataccia.
- Per questo scendi qui?-
Chiesi, curiosa verso gli hobby che mi aveva tenuto nascosto.
- Solo perché all’Inferno mi riesce meglio-
Sbottò.
- Dunque, Hella non avrà più alcun dominio su di te-
Affermò, continuando ad imporre la sua magia. Scaturì una luce rossa, il marchio sanguinava. 
- Cosa fai?-
- Potenzio il legame. Ho posto il mio dominio su di te e nessuno ha il diritto di sormontarmi, nemmeno una Dea-
- Eppure l’ha fatto-
Replicai acidamente. Non ritenevo che il suo marchio mi proteggesse poi molto. Quel mostro mi aveva uccisa, riportata in vita e spedita nuovamente nell’oltretomba.
- E’ vero lo ha fatto ma io posso invertirne il processo. Tuttavia sarai sempre tecnicamente morta-
Utile, utilissimo tornare da zombie.
- Devi convincerla a riportarti in vita-
- Non mi convincerà-
Hella era scesa negli Inferi, un istante dopo di me.
Nolan terminò il suo incantesimo, mi lasciò andare e notai che il marchio aveva effettivamente cambiato colore. Non era più d’oro, bensì scarlatto.
- Ho interrotto qualcosa?-
Domandò la Dea. Comparve assieme ai suoi servitori scheletrici, incrociando le braccia non molto lieta di vederci assieme.
Ancora una volta, aveva trovato il mezzo diavolo nel suo territorio.
- Hella-
Pronunciò Nolan duramente.
- Non ti era concesso porre il tuo dominio su un’anima già marchiata-
- Come a te non è concesso entrare qui, demone-
- Vecchia Megera-
Sbottò Lilith avanzando fino a porsi davanti a Nolan, parandolo alla vista della sovrana.
- Non osare rivolgerti così…-
- Taci Lilith, sei troppo giovane per darmi ordini-
- Io sono un Arcidiavolo, faccio parte della Cabala, sono la prima donna dell’umanità…-
Le due iniziarono ad affrontarsi verbalmente, rimembrando ognuna i propri titoli così faticosamente ottenuti.
Nolan si rivolse a me.
- La terremo occupata-
Affermò.
- Ma per quanto potremmo farlo, nella tua dimensione sarà passato un attimo-
- Quindi?-
Domandai confusa, non capendo come questo potesse aiutarmi.
- Quindi hai un attimo prima di ribaltare la situazione-
Quelle parole mi caddero come un masso pesante sulla testa. Un attimo.
Cosa mai avrei potuto fare in un attimo? Pochi istanti senza Hella, libera di attaccare Abrahel senza che lei intervenisse.
- Appena apri gli occhi, agisci. Perché un istante dopo, lei tornerà da voi-
- Non potete impedirle di tornare sulla nave?-
- Ehi, è una Dea-
Replicò Nolan.
- Dacci un po’ di tregua-
- Maledetta!-
Urlò la sovrana a squarciagola.
Ci voltammo, notando Ganglati in preda alle fiamme. Lilith le aveva dato fuoco.
- No!-
Continuava a ripetere disperatamente Hella mentre tentava di soccorrerla. Spense le fiamme infernali, capaci di ferire anche uno spirito ma, per lei, era troppo tardi. La servitrice era stata distrutta. I Diavoli si fermarono. Interruppero i supplizi e si allontanarono dai dannati. Abbandonarono le armi al suolo, fissando la loro padrona in silenzio e con rispetto.
- Ganglati-
Sussurrava la Dea con la voce spezzata, accarezzando le ceneri della creatura.
Tutto il suo regno comprese la gravità di ciò che era appena accaduto, per questo si ritirarono.
Non l’affiancarono, per intraprendere una battaglia contro gli intrusi. Forse sapevano che il loro aiuto non era richiesto. Semplicemente sparirono, quasi scappando, lasciando le anime dei morti a piangere per le ferite.
- Verrai punita per questo!!-
Promise Hella, stracolma di furia, verso la diavolessa. 
- Tu verrai punita-
Precisò Lilith.
- Non puoi mietere un’anima solo per appropriartene-
Ricordò la donna dai capelli rossi.
- E’ contro la Legge stabilita da…-
- Conosco la Legge!-
Replicò la regina, ancora china sui resti della servitrice appena persa.
Ganglot taceva, fissandoli tristemente.
- Ero lì quando è stata scritta, al contrario di te che eri appena stata creata dal tuo Dio e ancora ti trastullavi nell’Eden-
Pronunciò le parole “Dio” ed “Eden” come una bestia feroce.
- Allora sai che subirai un processo. Ti spettano le anime già carpite dagli spiriti della morte, non ti è concesso uccidere i mortali. Il tuo dominio su questa ragazza è invalidato-
- Io non ucciso la ragazza per conquistarne l’anima-
Si giustificò Hella, lasciando le ceneri alla cura dell’unico servo rimasto in vita. 
- Quella è stata solo una conseguenza-
- Dunque perché lo hai fatto? Esponendoti così al giudizio del nostro Unico Signore? Sei una sciocca-
Lilith si riferiva a Satana, da cui tutti loro dipendevano.
- Ho ucciso la ragazza, per uccidere il mostro che aveva dentro-
Rivelò.
Non capirono, nessuno di loro due capì.
Mi fissarono, per poi tornare a fissare Hella. Credevano vaneggiasse.
- Accetto il destino che Lui vorrà darmi, con piacere. Perché con lo stesso piacere ho divorato quell’essere-
Mi allontanai silenziosamente da Nolan, sorpassando Lilith velocemente.
Non mi avventai sulla Dea, lei rimase a guardarmi chiedendosi cosa volessi fare.
Senza degnarla di uno sguardo, afferrai Ganglot. Essendo entrambi spiriti, potei toccarlo e gettarlo nelle fiamme. Qualcosa di semplice, a cui nessuno aveva pensato.
Nolan sobbalzò, Lilith incrociò le braccia piacevolmente sorpresa. 
Lo gettai nel fuoco e si innalzarono duplici urla, sia dal piccolo demone che dalla sua padrona.
La parte di Inferi, la caverna di rocce bollenti in cui eravamo, prese a tremare.
Hella si protese verso il calore delle fiamme ma, ormai, era anch’esso cenere. 
Uccidere gli schiavi della sovrana non era stato difficile, chiunque avrebbe potuto farlo da millenni. Semplicemente, nessuno aveva avuto il coraggio necessario.
- Che Lui ti maledica!-
Gridò la donna, struggendosi davanti alle fiamme. La guardai sorridendo, intanto che il terreno tremava, osservando la sua smorfia di dolore. La parte del volto ancora in vita, iniziò a morire. Quelle erano le anime dei suoi figli.
Lei era stata maledetta, quando in seguito alla morte dei suoi discendenti osò scendere nell’Ade per riprendere le loro anime.
Hel, soprannominata Hella dal padre, era stata una bellissima Dea che deteneva l’equilibrio della natura e della vita. Aveva usato i suoi poteri e approfittato della fiducia che le era stata concessa, per tradire le regole degli Inferi. Scoperta nel trafugare i due piccoli spiriti, fu costretta da Satana a diventare la sovrana dei criminali e dei traditori.
I piccoli gemelli Ganglot e Ganglati furono trasformati in mostri senza alcuna memoria della madre, consci solamente di essere schiavi al suo servizio.
Lei li avrebbe avuti accanto per l’eternità ma loro non l’avrebbero più amata.
Colma di rabbia e dolore, Hella portò quella stessa sofferenza sulla Terra.
Per la prima volta fra i mortali nacque la malattia e il dolore. Fino ad allora, il genere umano ne era stato privo.
- Ora ricordi quella sofferenza-
Sussurrai alla sovrana, ancora in ginocchio. Repentinamente, la carne sana del suo visto stava diventando putrida. L’occhio destro divenne velato, la pelle rosea cadde. L’ultima parte ancora viva della sua anima, era appena bruciata viva.
- Sai quello che ho provato-
Pronunciai quelle parole con rabbia e gioia allo stesso tempo. Così lieta di essermi vendicata che quasi non feci caso alla creatura che si abbatteva su di me.
Fu Lilith a fermarla, a salvarmi.
Feci un passo indietro, osservando la figura della donna proteggermi.
Nolan mi faceva cenno di raggiungerlo, di lasciare fare a Lilith.
Eseguii, attraversando la grotta durante quell’interminabile terremoto, tentando di non cadere.
Ormai non avevo più niente da togliere alla sovrana degli Inferi.
- Commetti un grave errore nel proteggerla-
Eruppe la voce di Hella, si era fatta più dura, più animalesca. Tutto ciò che aveva di umano, era sparito.
- Se tu possedessi la conoscenza degli spiriti…-
- Non mi convincerai-
Replicò duramente l’Arcidiavolo.
- I tuoi tentativi non…-
- La ragazza sarà la tua morte Lilith-
Svelò la Dea.
 
Cadde il silenzio fra noi.
Il boato della roccia che tremava raggelava il sangue ma provai lo stesso effetto per la possibile reazione di Lilith.
- Ti ucciderà-
Ripeté Hella, forse temendo di non essere stata abbastanza esaustiva.
Il mio cuore si bloccò. Se avessi dovuto combattere contro un diavolo nel suo territorio naturale, non so come me la sarei cavata.
- Dovresti liberartene finché sei in tempo. Ora che è ancora debole-
L’arcidiavolo non parlò, stette immobile, per un tempo che parve infinito.
Provai paura, non riuscì a farne a meno. Quel luogo metteva angoscia, timore e l’idea di affrontare un membro della Cabala non aiutava. Non potevo rischiare un infarto, perché tecnicamente ero già morta. Eppure ne avvertii i sintomi e arrivai alla conclusione di provare un attacco di panico.
Forse sbiancai in volto e Nolan mi strinse la mano. Nonostante tentasse di rassicurarmi, sembrava preoccupato tanto quanto me.
- Lilith-
Pronunciò il ragazzo, scostandosi da me per avanzare verso di lei.
- Va tutto bene?-
Domandò inquieto. D’altronde la sua consigliera continuava a non rispondere.
Taceva, fissando fermamente Hella, forse decidendo se rivoltarsi verso di me. Non era da poco, scoprire che probabilmente sarebbe finita uccisa da qualcuno che già odiava ma che comunque proteggeva. La sua lealtà poteva vacillare.
- Lilith-
Ripeté il demone, sfiorando il braccio della diavolessa.
- Sta tranquillo Nolan-
Sbottò la donna, rompendo il silenzio. Si rivolse a lui in prima persona, abbandonando ogni rispetto verso il suo rango.
- Non ti tradirò-
Assicurò. Tuttavia le sue mani tremavano.
- L’ho giurato. Non ti tradirò-
Mi cacciarono via.
Senza che me accorgessi, mi esclusero dagli Inferi facendomi tornare nel mondo dei vivi.
Riaprii gli occhi sulla Gold Sea, trovandomi in ginocchio davanti ad Abrahel.
Mi volsi leggermente, scorgendo El dietro le mie spalle intento a fissarmi. Lo vidi, nel buio.
Era vivo.
Non era trascorso più di qualche secondo per loro.
Non sapevano cosa fosse successo, dove fossi andata, chi avessi incontrato.
Ai loro occhi, il mio corpo era caduto in ginocchio e subito dopo Hella era scomparsa. Hella.
Avevo solo un attimo per ribaltare la situazione e non potevo sprecarlo.
Mi gettai su Abrahel.
Non pretendevo di ucciderlo in un millisecondo. Però gli avrei rubato qualcosa di importante, qualcosa che avrei posseduto per sempre e avrei potuto usare in ogni momento. Il suo sangue.
Avevo perso il collegamento che, dentro di me, mi permetteva di connettermi e dominare il sangue della razza demoniaca. Non era mai stato mio, non lo avevo mai posseduto. Non lo avevo nemmeno mai usato. Era lui, quella creatura, che usava il controllo sulla sua specie. Lo esercitava proprio come io potevo usarlo sulle streghe o, al limite, sugli Angeli. Lui aveva strappato quelle vite, io ero stata solamente un tramite. Senza, tornavo ad essere la solita imbranata che ancora doveva possedere il sangue di quel determinato demone per tentare perlomeno di controllarlo.
Abrahel si difese, istintivamente. Mi colpì per bloccarmi, impedirmi di fargli del male.
Mi trafisse con la spada, solo che io risultavo ancora morta. Come promesso, Nolan mi aveva lasciato da sola sulla Gold come uno zombie.
Non mi feci fermare da una lama nel centro del petto, nemmeno la sentivo. Piuttosto, ravvicinata ad Abrahel, lo graffiai con le unghie. Il Principe mugolò, come un bambino. Non era abituato a ferirsi, a sporcarsi le mani. Solitamente nessuno arrivava così vicino a lui.
Osservai i suoi occhi verdi, con il suo sangue fra le dita. Gli sorrisi, ad un palmo dal suo volto.
Mi sarei divertita.
Abrahel tentò di estrarre velocemente l’arma dal mio corpo, di allontanarmi. Tirò forte ma la lama si doveva essere incastrata nelle costole. Sotto al suo sguardo, sotto allo sguardo di tutti, mi portai le dita alle labbra. Leccai il sangue.
Era mio. Sarebbe stato mio fino alla sua morte.
Finalmente i servi del Principe si diedero una mossa. Capito cosa stesse avvenendo, Alastor mi afferrò per allontanarmi dal suo padrone. Mi tirò via da lui, portandomi al centro del ponte, con ancora la spada bloccata nella cassa toracica.
Nonostante i suoi sforzi, ormai era troppo tardi. Vedevo il suo cuore.
Un istante era trascorso ma Hella ancora non era tornata. Non sapevo cosa stesse accedendo nell’oltretomba, perché mi fosse stato concesso più tempo. Comunque me lo presi tutto, ogni istante in più che mi venne regalato, per far soffrire Abrahel.
Strinsi forte la mano destra chiudendola in un pugno, all’interno vi erano le ultime gocce del sangue rubato.
Il Principe urlò, ponendosi una mano sul petto. Provava una fitta al cuore che lo lasciava senza fiato, che lo obbligò ad inginocchiarsi a terra. Anche se lontani, il suo cuore era come stretto nel mio palmo.
- Lasciatemi-
Intimai ai suoi soldati, che ancora mi stavano trattenendo. Fissarono il demone a terra, cercandone un cenno, un ordine. Obbedirono, facendosi in disparte consci di non poter salvare il loro padrone in alcun modo. Grazie alla mia condizione, non potevano uccidermi. Glielo ricordai, estraendo con calma l’arma che mi trapassava il seno da parte a parte. La gettai a terra, ai piedi di Alastor.
- Ordina che il combattimento cessi-
Imposi al Principe dei Demoni, estremamente lieta di aver riottenuto la voce.
Il marchio scarlatto mi proteggeva dal dominio di Hella.
La sovrana non aveva più il potere di controllarmi, la mia anima non le apparteneva.
Non percepivo le sue mani intorno al collo, quella sensazione che avevo provato da quando mi ero risvegliata con l’addome scempiato. Comunque ero deceduta, questo non cambiava.
Nolan, dichiarandomi “sua proprietà”, era stato in grado di legare il mio spirito ad un corpo morto e freddo. Provvisoriamente.
Potevo sentirmi ancora in bilico fra il regno dei vivi e quello dei morti. Infatti il marchio brillava.
Non sapevo quanto a lungo il mezzo demone mi avrebbe regalato quello stato di non morte. Alla fine o sarei andata ai Cancelli oppure sarei tornata in vita, sempre che Lilith fosse riuscita a convincere Hella. Non mi sembrava molto plausibile però, dopo aver incenerito entrambi i suoi figli.
- Avanti-
Incitai mentre Abrahel giaceva a terra ansimante. Aveva notato il colore del marchio. Lo fissava malamente, forse intuendo lo zampino del fratellastro in quel cambiamento. Non era semplicemente rosso, era più forte.
Pensai che fosse quello ad infondermi il potere di controllare la vita di un demone. Normalmente, non ero capace. Mai avevo ottenuto un dominio sul cuore e sul sangue di una creatura demoniaca così efficacemente, se non aiutata da altri.
- Ordina che smettano!-
Ripetei, infondendogli un dolore maggiore. Il Principe gridò, con la sensazione che l’intero suo corpo stesse andando in pezzi. Quella notte il controllo del sangue stava riuscendo magnificamente e non volevo rovinarmelo chiedendomi il perché. Desideravo solo gustarmi un po’ di quella vendetta.
Il secondogenito Lancaster fece un cenno ad Alastor, che eseguì l’ordine per lui. Con un urlo vigoroso, impose agli uomini di fermarsi e smettere di lottare. Repentinamente, i demoni sulla Gold si arrestarono, cessando di uccidersi fra loro.
- Le armi. In mare-
Pretesi, fissando Alastor. Questo non volle obbedire.
Mi volsi verso Abrahel, concentrandomi affinché la temperatura del sangue aumentasse a dismisura. Feci in modo che ribollisse letteralmente nelle vene. Adoravo farlo.  
Il demone si piegò in due, urlando come fosse preda del demonio. Elehandro raggelò alle grida, me ne accorsi.
- Esegui! Esegui!-
Ordinò il ragazzo dagli occhi verdi, accasciandosi completamente a terra. Attenuai il calore nel suo corpo, se avessi continuato il suo organismo si sarebbe sciolto come corroso dall’acido.
Alastor diede il comando e le armi furono gettate fuori bordo. Il piccolo esercito di Abrahel rimase disarmato.
- Adesso mandali via-
Senza respiro, il principe mi fulminò da terra. Stava odiando il mio sorriso, così contrapposto alla sua smorfia di dolore. Mi bastò alzare leggermente la mano destra, con il palmo chiuso, per ricordargli che potevo fermare il suo cuore in ogni momento.
- Forza Abrahel, voglio rimanere sola con te-
Il demone squadrò Alastor, annuendo. Non aveva molta scelta.
Così come erano arrivati, gli uomini dell’ultimo figlio del Re dei Demoni se ne andarono. Crearono il più velocemente possibile un vortice di magia nera e fuggirono, lieti di farlo con ancora la loro vita fra le mani.
Stessa cosa non poteva dirla Abrahel.
Elehandro si alzò da terra, barcollando leggermente. Hunter, ancora bagnato fradicio, lo raggiunse per sorreggerlo. Quei pochi pirati ancora vivi, intonarono canti e urla di gioia perché il nemico era sconfitto e messo in fuga. Non certo per merito loro.
Il Principe era rimasto solo, agonizzante sulle assi d’oro.
- Cosa aspetti?-
Domandò lui.
- So che vuoi uccidermi. Avanti-
Vero, se non fosse che ero un’inguaribile curiosa.
- Chi è il traditore?-
Chiesi, facendo calare il silenzio. I pirati si radunarono intorno a noi, quasi fossero anche loro interessati. Si divertivano a vedermi torturare il Principe, al contrario del Capitano, Hunter e Barbas che non ne sembravano orgogliosi. 
- Dimmi chi sta tradendo Nolan-
Proseguì, senza farmi tanti scrupoli.
Il demone sorrise, scuotendo il capo.
- Cosa ci guadagno ad aiutarti? Mi ucciderai comunque-
Ancora vero. Volentieri e con piacere avrei rimediato all’errore per cui Lilith mi colpevolizzava.
- Vedi Abrahel ti stai concentrando sul dettaglio sbagliato-
Spiegai, accentuando il mio controllo sul suo sangue.
Lo obbligai a rallentare, a smettere di fluire verso il muscolo cardiaco. Il demone sussultò stringendosi forte il braccio sinistro, stava avendo un infarto.
- Il punto non è se ti ucciderò, se alla fine morirai. Il punto è come ti ucciderò e come morirai-
Abrahel digrignò i denti, fissandomi dritto negli occhi. Nel suo sguardo leggevo l’intenzione di non collaborare, piuttosto sarebbe morto portandosi il segreto nella tomba.
Ordinai alle cellule contenute nel sangue di spaccarsi, di disintegrarsi, ai globuli bianchi di rivoltarsi verso il loro stesso organismo. Obbligai il corpo ad autodistruggersi.
- Dimmi chi è!-
Insistetti.
- Hai detto che è una donna, che mi odia, che mi conosce da tempo. Si tratta di Lilith?-
- Sì!-
Sbottò il demone in preda al dolore.
- E’ Lilith! E’ Lilith-
Attenuai la sofferenza, permettendogli di parlare.
Abrahel smise per un attimo di contorcersi al suolo, riprendendo fiato. Elehandro mi fissava a braccia incrociate, così come il mozzo e il polveriere. Dai loro volti compresi che non approvavano per niente.
- Cosa c’è?-
Domandai, innervosita dalla loro reazione.
- Siete pirati. Non ditemi che non avete mai torturato nessuno?!-
Cercarono di parlare ma le parole gli morirono in gola. Solo El, dopo un attimo di titubanza, fu capace di fare un passo in avanti.
- Non così…-
Bofonchiò, indicando il corpo del ragazzo in preda allo strazio.
Ricordai che era la prima volta che usavo il mio potere davanti a loro, lucidamente.
Non avevamo mai affrontato l’argomento, anche perché ero tornata padrona di me stessa da pochi minuti. El aveva dato la colpa del mio comportamento aggressivo alla gravidanza. Non sapeva che usavo quella pratica normalmente, in realtà anche meno frequentemente di quanto desiderassi.   
Continuai imperterrita.
Aiutare Nolan, vendicarmi per la mia recentissima perdita, era molto più importante.
- Perché mi vuole morta?-
Domandai.
- Perché ti odia, ti detesta!-
Affermò il Principe.
- Ti ucciderebbe alla prima occasione! Cerca di ucciderti da sempre!-
Lasciai che parlasse, ero curiosa di sentire.
- Ma perché sta tradendo Nolan? Perché quella trappola al cimitero?-
- Per il potere-
Ammise.
- Vuole essere regina. Il trono spettava a lei…-
- Prima che tu uccidessi Medardo-
Conclusi, facendolo tacere.
Sospirai, la conversazione era stata utile.
Il traditore, era la promessa sposa di Nolan. La donna dai capelli neri che ancora non avevo mai visto in volto.
- Sai Abrahel sono stata all’Inferno, con Hella-
Raccontai.
- Lì, fra i diavoli e la lava, ho incontrato Lilith e Nolan-
Il demone perse quel suo sorrisetto.
- E’ successo qualcosa di buffo laggiù. Lilith ha avuto l’opportunità di uccidermi o meglio, di lasciare che Hella lo facesse. Ha avuto occasione di tradire Nolan, di ucciderlo senza l’ausilio di trappole. Invece mi ha salvato, mi ha difeso e non ha abbandonato Nolan-
Tornai ad intensificare il dolore sul suo corpo, iniziando ad ucciderlo seriamente.
- Non credo che lo tradirebbe mai. Non è una codarda-
Era antipatica, mi odiava tremendamente e forse davvero in futuro l’avrei uccisa. Ma una cosa l’avevo vista nell’oltretomba e ne ero sicura, Lilith amava seriamente Nolan. I suoi occhi non recitavano, si era visibilmente infuriata quando mi ero rivolta male a lui.
Si era preoccupata alla comparsa della Dea innanzi al suo padrone, lo aveva difeso con la rabbia di una madre.
No, non era lei che lo aveva lasciato alle grinfie di Abrahel in quel cimitero a nord del paese.
- Prima di morire, parlami di questa ragazza che dovrebbe sposare-
 
Il secondogenito Lancaster digrignò i denti, scrutandomi da terra con lo sguardo carico d’odio.
Se intensificavo ancora le sue pene sarebbe morto subito, senza la possibilità di rispondere.
Se non lo incitavo a parlare al più presto, sarebbe comunque spirato lasciandomi all’oscuro di tutto.
Quella donna stava letteralmente trascinando Nolan nella tomba e lui nemmeno se ne accorgeva.
Lo manovrava, come Abrahel stesso mi aveva rivelato. Complottava con il nemico e nessuno se ne stava rendendo conto, nemmeno Abaddon o Lilith.
Ignoravo cosa avesse di tanto speciale per ammaliare tutti.
Odiava me, desiderava il suo Principe morto e intanto recitava la parte della fidanzatina perfetta. Sempre la solita storia. Capitavano tutte a me.  
- La troverò-
Garantì ad Abrahel.
- Anche se non mi dici il suo nome, anche se non mi parli di lei, dirò a Nolan cosa sta facendo. E la ucciderò, la ucciderò prima che lei possa uccidere noi-
Il Principe rise. Sputò sangue nel frattempo, ormai stava morendo ma non smise di ridere. Qualcosa lo divertiva incredibilmente.
- Lui…non ti ascolterà-
Sbottò deciso, sorridendo soddisfatto. Si pulì la bocca con la manica ma uscì presto altro sangue.
- Capirà…solo quando sarà troppo tardi-
Continuò impassibile.
- Quando lei siederà sul suo trono davanti alla sua testa mozzata, sfoggiata su di una picca- 
Ordinai al suo cuore di comprimersi, di schiacciarsi. Nell’oscurità della notte, il Principe lanciò urla disumane ed El mi lanciò un’occhiata, intimandomi di smettere di giocare.
- Non accadrà-
Assicurai ad Abrahel, ignorando totalmente il vampiro.
- Sarà la sua testa a finire su di una picca-
Il demone riprese a ridere.
- Contro di lei…hai già perso ancora prima di iniziare-
Sembrava esserne molto sicuro. Troppo. Scrutai i suoi occhi verdi, per niente terrorizzati innanzi alla morte. Era certo di vincere, anche dagli Inferi. Lei, avrebbe portato a termine la loro battaglia.
- Se le fai saltare la copertura, ti ucciderà solo più in fretta-
Mi stancai. Non mi diceva niente di utile. Tentava di farmi paura, era la sua unica arma.
- Ti farò sapere come è andata-
Conclusi, imponendo al suo organismo di cessare di vivere.
- Quando ci rivedremo all’Inferno-
Improvvisamente, venni colpita da un’enorme pesantezza.
Caddi a terra sussultando, finendo in ginocchio per niente capace di stare in piedi.
Persi la concentrazione, il controllo del sangue si spezzò.
Urlai dal dolore, rannicchiandomi sul ponte. Tutto il corpo bruciava.
Sentivo freddo e caldo insieme. Percepivo il vento dell’oceano, la fame, la sete, la paura.
Elehandro mi raggiunse, domandandomi cosa avessi ma nemmeno io riuscivo a capirlo.
Mi posi le mani sul ventre, notando che aveva ripreso a sanguinare.
Mostrai i palmi insanguinati al vampiro, sconcertata.
Ero tornata in vita.
Dopo tutta quell’attesa, ero tornata in vita un attimo prima di finire Abrahel.
Il marchio scarlatto brillava come non mai, accecandoci con la sua luce rossa.
Non ero semplicemente in pericolo, a breve mi sarei ritrovata innanzi ai Cancelli. L’addome era pur sempre lacerato. Prima di andarmene, tentai di ristabilire il mio dominio sul Principe ma fallì.
Crollai completamente al suolo, circondata dal Capitano, Hunter e Barbas. Intanto Abrahel si stava riprendendo, respirando profondamente scampato alla morte per un soffio. Lo fissai attentamente, odiandolo con tutta me stessa. Lui sorrise. La situazione si era ribaltata. 

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Capitolo 19
*** Assieme contro il mondo ***


Elehandro mi chiamava, in modo disperato e straziato. Stavo per morire fra le sue mani, di nuovo.
Ignorai la sua voce, non mi interessava.
Una rabbia furente divampava in me. Si era trasformata in furia quando Alastor comparve di fianco ad Abrahel.
Era tornato. Quel maledetto era tornato, forse senza mai essersene andato veramente.
Aveva atteso il momento giusto per trarre in salvo il suo Principe, senza rischiare la pelle.
Lo odiai. Li odiai entrambi, più del solito se mai fosse stato possibile.
- Victoria-
Continuava a ripetere Hyner.
- Oh, stai zitto-
Sbottai, tentando di tirarmi su. Protesi una mano verso il corpo mal ridotto del fratellastro di Nolan, provando, supplicando al controllo del sangue di funzionare. Non funzionò. Qualcosa non andava da quando ero tornata in vita e capii che fosse proprio quello il problema. I miei poteri funzionavano molto meglio da morta.
- Accidenti-
Bofonchiai a denti stretti. Non era stato il marchio rosso a rendermi più forte, il potere derivava da un corpo vuoto, privo di vita ma solo di magia.
Se pur messo male, almeno quanto me, Abrahel non perse comunque la facoltà di schernirmi.
- Visto che non ne sei capace-
Affermò, sostenuto e tratto in salvo dal suo servitore.
- Sarà per un’altra volta-
Strinsi i pugni. Sarei morta volentieri per ottenere la sola soddisfazione di ucciderlo. Per vendicarmi della sua presenza sulla nave, di aver portato con sé Hella. Avrei dato l’anima per quella che mi era stata sottratta, per il ragazzo che avevo incontrato sulla soglia del Cancelli. Lui aveva dovuto oltrepassarla per forza. Non fui accontentata, Abrahel fuggì dalla Gold Sea lasciandomi con la sete per la sua vita.
- Prima o poi lo ucciderò-
Promisi.
- Non ucciderai proprio nessuno-
Ammise Barbas, catturando la mia attenzione.
- Perché stai morendo-
Me ne ero dimenticata. Fissai il mio corpo, il sangue e il volto di El.
Effettivamente tutto faceva presagire che sarei morta, eppure non mi sentivo tanto male.
Cercai di capire il perché e scorsi la luce del marchio affievolire repentinamente. Non ero più in pericolo.
- Oh no-
Sbottai.
- Che succede?-
Domandò Elehandro.
- Lo sta facendo di nuovo. Sta assorbendo il mio dolore. Sta curando le mie ferite a suo scapito-
- Chi? Chi lo sta facendo?-
- Nolan-
Pronunciai.
 
Era tornata la calma sulla nave.
Il nemico era fuggito, lasciando solamente cadaveri di entrambe le parti da gettare in mare.
La luce dell’alba svelò la vera entità dell’attacco subito la notte precedente. La nave era stata molto danneggiata, tanto quanto gli animi dell’equipaggio.
Eravamo rimasti in pochi, ancora una volta.
Il sangue dei pirati di Hyner aveva impregnato l’intero ponte e l’infermeria ghermiva di feriti. Elehandro, anch’egli ferito, venne condotto nelle sue stanze per riposare.
Era stata una lunga notte, lunghissima per me. Il tempo passato nell’oltretomba assieme a Nolan aveva reso quei pochi istanti sulla Gold, interminabili.
In poche ore, avevo perso moltissimo. Tutto era cambiato, i miei obiettivi, i miei desideri. Nuove vendette, nuovi nemici. Sembrava che non potessi mai fermarmi.
Sospirai, fissando il mare all’orizzonte con ancora indosso abiti stracciati e sporchi di sangue.
Si era fatta mattina e si intravedeva la regione meridionale del Regno dei Demoni. L’avremmo costeggiata tutta, lentamente, prima di giungere al porto designato per la mia restituzione. Non mancava molto.
Mi posi una mano sul ventre, integro. Ero guarita completamente, mi sentivo appieno delle mie forze. Come se quella notte non fosse mai accaduta.
Per il mio corpo, non ero mai stata sventrata a morte dalla Dea Hella.
Ripensai agli Inferi, ai Cancelli, al mezzo diavolo che avevo trovato oltre essi.
Ero pronta. Ero pronta a tornare da lui. Niente mi teneva più sulla Gold.
- Victoria!-
Urlò qualcuno dal ponte. Abbassai lo sguardo, osservandolo.
Hunter, stremato, mi fissava mentre io sedevo comodamente sulla vedetta. Non poteva riposarsi, al contrario degli altri. Non poteva mai addormentarsi per il bene dell’equipaggio ed iniziavo a scorgere una certa stanchezza nei suoi occhi, mantenuti giovani dall’incantesimo. Hunter stava invecchiando.
Scesi da lui, raggiungendolo sul ponte ancora sporco di sangue.
- Cosa stavi facendo lassù?-
Domandò.
Scrollai le spalle, facendo quasi cadere a terra la maglia stracciata.
- Niente di importante-
Affermai, tentando di tenerla sulle spalle.
- Sceglievo solamente la strada da prendere-
Mi fissò curioso, interrogandosi forse per cosa avrei combattuto. Se per restare o per andarmene.
- Il Capitano ha chiesto di te-
Riportò.
- Certo che l’ha fatto-
Sussurrai, sorridendo.
- Ma io non ho niente da dirgli-
Ammisi, sedendomi sulla balaustra della nave. Provavo una certa stanchezza nell’anima.
- Non ancora almeno. E’ bene che prima di ascoltarmi, si riposi-
Lo stregone si sedette accanto a me, entrambi osservammo i lenti lavori di pulizia del ponte. I mozzi sopravvissuti, forse quelli che per paura si erano nascosti, stavano spazzando via al meglio la morte dalla nave. Non era facile.
- Te ne andrai?-
Chiese Hunter.
Sospirai, voltandomi verso di lui. Lo fissai negli occhi marroni, quegli occhi che non volevo dimenticare.
- Questi erano i patti-
Ricordai.
- Altri pochi giorni in mare e poi sarei tornata da lui-
- Se non sbaglio avevi cambiato idea-
Ribatté il ragazzo.
- Noi possiamo proteggerti, noi…-
Lo interruppi, con un bacio sulla fronte.
Lo lasciai sul ponte, alla luce del nuovo mattino.
 
All’interno della mia cabina, dopo una doccia, provai a dormire avvolta dalla dolcezza delle coperte. Fu impossibile, non appena chiudevo gli occhi vedevo troppe immagini. Immagini che mi straziavano l’anima. Il volto di quel giovane, l’anima di quel ragazzo mai nato. Abrahel, che mi scagliava contro Hella e quest’ultima che mi portava via la vita dal corpo. Il mio spirito, fra le fiamme dell’Inferno. Quel calore, quel dolore. Gli occhi d’oro di Nolan.
Aprii i miei, osservando il marchio scarlatto. Capii che non sarebbe più tornato del suo colore naturale, dovevo tenerlo così. Mi accontentai, essendo felice che comunque ci fosse. Mi informava che Nolan era vivo.  
Non avevo la minima idea di quel che fosse successo. Nonostante le sue parole, la Dea degli Inferi non era ricomparsa. Qualcosa era andato storto, oppure eccessivamente bene. Impossibile che l’avessero sconfitta, mi avevano fatto notare che ucciderla non fosse proprio fattibile. Nolan non era morto, altrimenti io non sarei tornata in vita e lui non avrebbe curato le mie ferite tramite il marchio. L’incantesimo di giunzione era attivo, dunque lui esisteva ancora…da qualche parte.
Sospirai. Lo avrei rivisto a Elbert, il porto più importante del sud del suo regno. Lo avrei seguito, come promesso e avrei assolto il mio debito. Mi aveva salvato la vita, lo ammettevo ed io pertanto dovevo ricambiare. Gli avrei teso la mano, sperando che la cogliesse. Lo avrei salvato dalla trappola in cui era caduto. Una ragazza di cui non conoscevo nemmeno il nome.
- Victoria!-
Udii, seguito da due colpi alla porta.
- Entra Barbas è aperto-
L’uomo non se lo fece ripetere, avanzò domandando se fosse vero ciò che si vociferava.
- Non lo so-
Ammisi, con il volto nascosto dal cuscino.
- Cosa si vocifera?-
- Che te ne vai. Che ti sei arresa al Principe-
Scostai le coperte, fissando malamente gli occhi del demone.
- Io non mi sono arresa-
Sbottai.
- Sono di parola. Ho terminato le faccende per cui avevo chiesto più tempo. Lucyndra è morta, la nave è salva…-
- Bambina-
Si avvicinò il vecchio, sussurrando.
- Io so che tu volevi restare. Non andartene solo perché…-
Si interruppe, gettando uno sguardo al mio ventre.
- Puoi rimanere comunque, anche senza…-
Mi alzai in piedi di scatto, allontanandomi da lui, dalle sue mani sempre più vicine al mio addome.
- Non ho nessun motivo per restare-
Avvisai, raggiungendo la porta in tenuta da notte.
- Me ne andrò, non perché sono costretta. Semplicemente perché lo voglio-
- E il Capitano?-
Chiese l’uomo, bloccandomi sulla soglia della stanza.
- Lui ti ama-
Provai una fitta allo stomaco.
- Anche lui ha perso molto durante questo viaggio. Una sorella, la sua famiglia. Da quando sei salita a bordo tutta la sua vita è stata sconvolta-
Ricordò il capo polveriere, stavo per ribattere quando lui continuò.
- E non credo che se ne penta-
Affermò.
- Ne sono certo. Non si è mai pentito, nemmeno un attimo di averti accolto sulla Gold. Tu hai cambiato tutto. La sua nave, il suo equipaggio, i suoi sentimenti…ha rischiato la morte varie volte per te-
- Barbas, cosa vuoi dirmi?-
Domandai, esasperata.
- Non andartene-
Supplicò.
- O almeno, non mostrargli che te ne vai senza prima aver combattuto assieme contro il mondo. Gli spezzeresti il cuore-
Sorrisi, involontariamente. Posi la fronte sullo stipite dalla porta. Combattere assieme contro il mondo. Lo avevo già promesso ad un altro.
- Tu lo ami?-
Chiese il demone. Alzai lo sguardo verso il suo, fissandolo dolcemente.
- No Barbas, non lo amo più-
 
Non riuscivo a rimanere da sola. In vestaglia, nonostante fosse pieno giorno, tentai di trovare un luogo tranquillo. Anche con l’equipaggio decimato, c’era sempre qualcuno a fissarmi.
Avevano visto il peggio di me la scorsa notte.
Tutti avevano assistito a cosa fossi veramente capace, lucidamente.
Nelle scorse settimane mi ero cibata delle anime dei pirati della Gold ma non mi vergognavo per quello. Avevo ucciso il nuovo medico, Alan e tentato di cavare il cuore al Capitano.
Pensavano che fossi impazzita, che fossi un mostro, anche El lo credeva. Tuttavia ero stata perdonata non appena il segreto sulla mia improvvisa malvagità venne svelato. Ciò che non approvarono, fu il mio modo di agire una volta tornata in me. Avevo torturato Abrahel davanti a tutti ed io, in quello, non ci vedevo niente di male. Il ricordo degli occhi di Hunter e di Hyner che mi fissavano mentre possedevo il sangue del Principe, faceva male. Ogni volta, io ero sempre la cattiva della situazione. Lo avevo capito dai loro sguardi quando, invece di finire il demone, avevo iniziato a corrodere gli organi di Abrahel per puro divertimento.
Sbuffai.
Qualcosa mi aveva condotta davanti alle stanze di Elehandro.
Era ferito, doveva riposare. Se fossi entrata in quel momento…
- Victoria-
La voce del vampiro oltre la porta mi fece sobbalzare.
Mi aveva percepito, dimenticavo che potessero farlo.
- So che sei tu!-
Proseguì l’uomo. Sospirai, così forte da farmi male al petto. Appoggiai la fronte alla porta, per l’ennesima volta durante quella giornata. Odiavo gli addii.
- Cosa fai? Non entri?-
Domandò il demone, per qualche motivo non si stava alzando per aprire la porta.
Forse non poteva, meglio.
- El-
Pronunciai, appoggiata alla dura porta di mogano che ci separava.
- Voglio che tu lo sappia da me, prima che dall’equipaggio-
Ci fu silenzio dentro la cabina.
- Me ne sto andando Elehandro-
Sbottai.
- Quando faremo porto, non ho intenzione di combattere. Lo seguirò, senza lottare-
Non vi fu risposta. Rimasi in attesa, pazientemente.
- Se lo stai facendo…-
Iniziò dicendo il vampiro.
- Perché credi che non siamo in grado di affrontarlo, ti sbagli. Noi possiamo ancora…-
- Basta-
Interruppi duramente.
- Non lo faccio per voi. Non lo faccio per te. Lo sto facendo per me-
Avvertii.
- Lui non è un mostro, come non lo sono io-
- Vic, entra ti prego-
Supplicò il comandante oltre la porta.
- No-
Affermai, certa di non voler rivedere i suoi occhi.
- Tu meriti di meglio El-
Ammisi.
- E anch’io, anch’io merito di meglio. Merito qualcuno che non mi creda malvagia, che quando mi comporto come tale non rimanga inorridito da me. Io non posso cambiare. Non devo cambiare. Ho bisogno di un mio pari El-
Cadde nuovamente il silenzio.
- Lui lo è?-
Chiese semplicemente, dopo poco.
- Sì-
Affermai con sicurezza.
- Lo sta diventando-
 
Tornata in camera, iniziai a preparare un piccolo bagaglio. Mi ero affezionata ad alcuni abiti e desideravo portarli con me, certa che a nessuno sarebbe dispiaciuto.
Erano passati mesi da quando mi ero imbarcata sulla Gold, eppure a me sembravano anni.
Ripensai a tutto quello che era successo e mi domandai se, tornando indietro, sarei stata disposta a ripetere l’esperienza. Se, quel giorno nel Regno delle Fate, mi avessero avvertito che mi sarei innamorata e che poi avrei perso tutto di nuovo non so cosa avrei fatto. Forse avrei evitato.
La prima persona che avevo incontrato sulla nave, Thos, era morto ed io non l’avevo salvato. Lucyndra era morta ma non per causa mia, purtroppo.
Il cuore del Capitano aveva ripreso a battere dopo secoli giusto perché io lo spezzassi.
Insieme, io ed El, avevamo creato una nuova vita che poi era stata divorata davanti ai miei occhi.
No, probabilmente non avrei ripetuto l’esperienza.
Non volevo più pensarci. Gettai gli abiti insanguinati della scorsa notte, fuori bordo.
Aprendo l’oblò, gettai tutto violentemente in mare. Non volevo mai più ricordare.
Respirai profondamente, tentando di pensare positivo. Qualcosa di buono lo avevo fatto sulla nave, Hunter si era liberato dalla maledizione di Lucyndra grazie a me. L’intero equipaggio si era infine liberato di Lucyndra, un po’ anche per merito mio. Hyner aveva aperto gli occhi su ciò che stava accadendo intorno a lui e di questo ero lieta. Morgan poteva riposare in pace. Già, Morgan.
Andai a trovarla, mi sembrava dovuto.
Oltrepassai per l’ultima volta la soglia della grande biblioteca abbandonata della Gold, osservandola in tutto il suo splendore.
Lei era lì, bellissima e radiosa accanto ai suoi preziosi libri.
Mi sorrise, posando gli occhiali sul tavolo rotondo al centro della sala. Sapeva già tutto, non c’era bisogno di dirle niente. Era trasparente.
- Speravo che ti fermassi a salutare-
Ammise la donna.
- Volevo ringraziarti-
Almeno lei, pensai.
- Da quanto lo sa?-
Domandai.
- Come ha capito di essere morta?-
- I ricordi sono riaffiorati-
Spiegò la bibliotecaria.
- Quando ho visto lo spirito di Lucyndra-
Rimasi sorpresa. Mi sedetti, per ascoltare meglio.
- Credevo che i vampiri non possedessero spiriti-
- Anche loro sono provvisti di energia, se pur di un tipo diverso rispetto a quella di un vivente-
Espose, sedendosi di fianco a me. Illuminata dalla luce del tramonto, i suoi capelli divenivano quasi rossi.
- Quell’energia non è tanto diversa da un’anima, alla fine. E pure i vampiri, finiscono all’Inferno-
- Lu è all’Inferno?-
Chiesi.
- No-
Eruppe la donna.
- Si trova sul fondo della nave, vicino alla chiglia-
Sbattei forte le palpebre, fissando lo spirito della prima moglie di Elehandro.
- Le donne che ha ucciso in questi anni…-
Iniziò.
- L’hanno catturata. Non la lasceranno andare molto presto-
- Non è il caso di liberarle?-
Domandai.
- Pensavo di andare lì dove Lu nascose i loro corpi o al limite mandare El a…-
Morgan mi interruppe.
- Hanno già trovato la loro luce, nelle tenebre della vendetta-
Rivelò.
- Non necessitano di essere liberate-
Sorrise, anche lei sembrava aver trovato la sua luce. La consapevolezza che giustizia era stata fatta.
- Non farti carico di loro, non preoccuparti-
Proseguì.
- Sono in pace adesso. Se tu le liberassi, perderebbero tutto il divertimento-
Sorrisi. Mi piaceva Morgan, era più simile a me di quanto credessi. In fondo, aveva sposato un demone.
- Non va anche lei lì con loro?-
- Nah-
Rispose la donna.
- Non sono pronta a lasciare la biblioteca. Ma tu non devi preoccuparti nemmeno di questo-
- Credevo di dovermi occupare di tutto, prima di andarmene-
- Ci penserà El con il tempo, a me e alle ragazze giù sulla chiglia. Prima o poi seppellirà i nostri corpi-
- E come? Lui non sa niente…-
- Sta arrivando, sarò io a dirglielo-
Mi volsi di scatto. Le porte erano chiuse, sbarrate. Qualcuno oltre esse stava rimuovendo i sigilli per entrare. Sobbalzai dalla sedia, alzandomi circondata improvvisamente dalle tenebre. Non vedevo niente, il buio nascondeva ogni cosa ma lentamente intravidi le ombre. I libri, gli scaffali, i tappeti, i mobili e il resto erano spariti. Solamente polvere, oscurità e morte all’interno della biblioteca. Questo trovò Hyner, quando aprì le porte dopo centinaia di anni.
- Vic-
Sbottò il vampiro, sorpreso di trovarmi lì dentro.
- Cosa…come sei entrata?-
La luce delle lanterne in corridoio illuminarono i segreti della stanza, mostrando lo scheletro di Morgan adagiato su di una poltrona. Lei era rimasta lì, in attesa, per anni. Mi scansai, non potendone sopportare la vista. El, accecato dal dolore, aveva sigillato la moglie lì dove era stata uccisa, quasi per preservarla. 
- Tu piuttosto, cosa ci fai qui?-
Replicai.
- Non sei mai entrato qui, mai. Ed ora entri proprio quando…quando ci sono io dentro!-
L’uomo tacque. Continuando a fissare me e poi le porte, che avevo facilmente superato senza sciogliere i suoi incantesimi di protezione.
- E’ tutto il viaggio che entro ed esco liberamente da questo posto-
Ricordai.
- Non fare il sorpreso-
Incrociai le braccia, innervosita da quel confronto obbligato. Mi ero ripromessa di non guardarlo più in volto.
- Io, sentivo di dover venire-
Spiegò.
- Sentivo che fosse il momento-
Osservai il suo corpo, fasciato. Le ferite sembravano serie, si reggeva a stento in piedi. Era debilitato, aveva bisogno di sangue e forse questa condizione lo avvicinava particolarmente alla morte. Per questo aveva udito il richiamo di Morgan.
- Sta con lei-
Lo invitai.
- Può sentirti e con il tempo magari, anche tu sentirai lei-
Lo lasciai oltrepassandolo velocemente senza voltarmi indietro, senza fermarmi al suo richiamo.
Mi diressi a corsa in cabina, alleggerita da ogni peso. La Gold Sea non aveva più bisogno di me.
 
Tentai di non incontrare nessuno per tutta la notte. Avevo estorto al timoniere che avremmo fatto porto alle prime luci dell’alba. Dovevo solo sopravvivere alla mia cerchia di amici per poche ore.
- Ti prego-
Continuava a ripetere Hunter.
Mi aveva beccato in cambusa.
- Non andartene-
- Hunter…-
Brontolai.
- Smettila-
Mi rimase appiccicato per gran parte del tempo, fino a che non scoppiai.
- Perché?!-
Domandai.
- Dimmi il motivo per cui mi vuoi a bordo-
Urlai, prendendolo alla sprovvista. Mi fissò stranito, sulla prua del ponte della Gold. Il cielo da blu scuro si stava tingendo repentinamente di chiaro. 
- Hai visto cosa ho fatto ad Abrahel-
Ricordai.
- Sai di cosa sono capace e non ti è piaciuto per niente-
Gridai esasperata, portandomi le mani ai capelli.
- L’ho vista nei tuoi occhi. Era lì-
Ripresi, con uno strano magone allo stomaco.
- Cosa? Cosa hai visto?-
- La paura-
Affermai.
- E’ un sentimento che ho visto spesso nelle persone e lo riconosco quando lo incontro. Dimmi perché insisti a volermi a bordo se hai tanta paura di me!-
Hunter sospirò.
- E’ vero-
Ammise.
- Tutti abbiamo avuto paura. Molta più paura di quando sembravi impazzita-
- Perché in realtà ero lucida-
Constatai.
- Esatto-
Annuì lo stregone.
- Abbiamo avuto paura perché eri in te e sembravi terribilmente a tuo agio-
- Perché io sono a mio agio…-
- Fammi finire-
Pregò il ragazzo.
Lo esaudii, sedendomi su di una cassa lasciata sul ponte.
- Non ho capito cosa stavi facendo ma si trattava di una tortura. Stavi torturando a distanza il Principe, solo con lo sguardo e non eri intenzionata a smettere. Ti divertivi e tutti siamo rimasti agghiacciati…-
- Va bene ho capito, arriva al punto-
Scongiurai.
- Abbiamo visto molti lati di te in questo viaggio-
Spiegò, sedendosi sulla balaustra della nave al mio fianco.
- Non era la prima volta che ci facevi paura, che ci sembravi molto più simile all’erede al trono che a noi…-
- Appunto!-
- Fammi finire-
Tacqui nuovamente.
- Anche lo sguardo del prossimo Re uccide, ti infuoca l’anima divorandoti e non lasciando niente di te stesso. Credo che il tuo sia molto simile, quando i tuoi occhi si contornano di rosso-
Lo aveva notato.
- Ma ho visto anche la tua bontà, la tua lealtà. Io non voglio che te ne vada, perché sei mia amica-
Ammise, fissandomi dritto negli occhi.
- Ed ho la sensazione che lontano da lui, tu riesca a migliorare. Con noi, la tua oscurità si affievolisce e mostri il meglio di te-
Mi alzai, non riuscendo più ad ascoltare.
- Avvolte…-
Continuò lo stregone, inseguendomi.
- La soluzione non è stare accanto a chi ci è simile!-
Tentai di seminarlo ma con un balzo mi comparve davanti.
- Devi ascoltarmi-
Insistette.
- Hunter, stai dicendo che lui peggiora il mio carattere?-
- Sto dicendo che voi due insieme siete come dinamite, pronta ad esplodere-
Sospirai. Come dargli torto. Non era il primo che lo faceva notare.
- Hunter tu pensi di potermi migliorare, giusto?-
Il mozzo annuì.
- E’ proprio questo il problema, fin da quando sono nata. Tutti vogliono cambiarmi, aiutarmi, salvarmi e se questo non risultasse possibile…uccidermi-
- Noi non…-
Gli posi un dito sulle labbra.
- Forse hai ragione e due persone con…diciamo problemi comportamentali legati all’utilizzo della violenza…non dovrebbero stare vicini ma, almeno per lui, io non sono strana-
Soprattutto da quando, avevo scoperto, era solito torturare gente negli Inferi.
- Morirai-
Sbottò lo stregone.
- Accanto a lui, alla fine morirai-
- E’ una predizione?-
Domandai sorridendo.
- Non credevo ne fossi capace-
- E’ una sensazione Vic-
Ammise.
- Solo una sensazione. Non credo ti aspetti niente di buono seguendolo-
Lo abbracciai. Lo tenni stretto, forte, controllando il calore del mio corpo. Lo abbracciai ringraziandolo, perché si preoccupava davvero per me.
- Devo andare-
Gli sussurrai all’orecchio.
- Ha bisogno di me. Non è capace di badare a se stesso-
- E’ per quello che ha detto il Principe?-
Chiese il ragazzo.
- Per quella specie di trappola…la fidanzata-
Annuii, distanziandomi da lui per guardarlo negli occhi.
- Si farà uccidere. E se si farà uccidere, non potrà aiutarmi a vendicarmi di Abrahel-
- Stai parlando di…-
Fece il gesto della pancia. Rabbrividii allontanandomi da lui, non volendo nemmeno pensare a ciò che avevo perso.
- Il Porto!-
Urlò la vedetta.
Alzammo lo sguardo verso l’orizzonte. Alle prime luci dell’alba, come promesso, avevamo raggiunto Elbert. Finalmente la notte era trascorsa.
- Ehi tu-
Fermai un mozzo.
- Vai a prendere la valigia nella mia cabina. E fai presto-
Andò correndo.
Lasciai Hunter dietro di me, avvicinandomi alla balaustra della nave.
Il Regno dei Demoni, eravamo arrivati. La voce della vedetta si propagò per tutto il vascello, alla fine anche il Capitano comparve sul ponte. Un braccio fasciato, spalla e busto bendati. Il tutto semi coperto da una giacca solamente appoggiata sulle spalle. Distolsi lo sguardo, osservando il porto sempre più vicino. Il sole stava sorgendo ma non era ancora abbastanza alto da scacciare un vampiro dalla coperta, avrebbe assistito alla mia discesa.
Man mano che approcciavamo il molo, notavo come non vi fosse nessuno della guardia reale ad aspettarci. Non era deserto, nonostante fosse così presto. C’erano già altre navi in porto, nessuna però sfoggiava una bandiera pirata. Presto attirammo tutta l’attenzione su di noi. Qualcuno correva sulla banchina, urlavano, avvertivano dell’arrivo di un galeone di pirati. Non eravamo attesi.
- Dovevamo usare la nebbia-
Constatò il timoniere.
- No-
Rispose il comandante, giungendogli di fianco sul pozzetto.
- Non possiamo nasconderci. Gettate l’ancora, abbiamo un appuntamento-
Rivolse lo sguardo a me.
Sussultai, incrociandolo per sbaglio. Mi volsi immediatamente verso il porto, tentando di proteggermi da esso.
Sulla banchina vidi degli uomini che si radunavano, alcuni avevano delle spade al fianco. Dei fioretti. Solo allora mi ricordai del fioretto di Morgan.
- Ecco i suoi effetti-
Sbottò il mozzo che avevo incaricato, porgendomi il bagaglio.
- Il fioretto-
Proferii.
- Come?-
- Corri a prendere il mio fioretto. Trovalo. Non scendo senza quello-
Sparì sottocoperta e sperai che lo trovasse. Non ricordavo più dovevo lo avevo messo. Erano successe tante cose.
- Non è niente di buono-
Borbottò Barbas. Solo allora notai di averlo vicino.
- Cosa?-
- La capitaneria di porto. Non è niente di buono-
Tornai a fissare il molo. Riuscivo ad intravederle, divise della guardia portuaria del Regno. Solitamente non andavano molto d’accordo con i pirati.
- Noi dobbiamo attraccare-
Replicai.
- Ha detto che ci sarebbe stato, quando saremmo arrivati-
- Non lo vedo-
Sbottò Hunter, anche lui mi affiancava.
- Forse non viene-
Sospirai, erano tutti contro di me.
Nonostante fossero avversi, la pesante nave d’oro più ricercata al mondo, la gloriosa Gold Sea capitanata dal un centenario vampiro, il pirata Elehandro Hyner, attraccò ad Elbert.
Ad accoglierci fu un uomo coi baffi, con i più alti gradi della marina dei demoni appuntati sulla giacca.
- Che onore-
Dichiarò, quando la nave calò il ponte per scendere sulla banchina.
- Prego Capitano, scendete per primo. Non abbiamo abbastanza celle per tutti-
Avvisò il demone, circondato da altri soldati che, velocemente, stavano giungendo da tutta Elbert.
- Però immagino che voi fuorilegge vi adattiate bene alle condizioni anguste-
Non capii la battuta.
- Non siamo più pirati-
Replicò il vampiro, vicino al timone.
- Siamo stati designati Corsari, abbiamo il permesso di attraccare da Sua Maestà-
L’ammiraglio della cittadina portuaria ghignò, fissando divertito i suoi sottoposti. Poi allargò le spalle, tornando a rivolgersi ad Hyner.
- Di questo non abbiamo avuto comunicazione-
Ammise.
- Per noi voi siete sempre un pirata ricercato dalla Corona con una grossa taglia sulla testa, condannato a morte in numerosi occasioni. La vostra nave è un reperto storico del Regno che voi avete rubato. Per non parlare del vostro equipaggio, composto da mercenari e assassini ugualmente ricercati. Pertanto…-
Il demone estrasse la spada.
- Accetto la vostra resa, pacificamente visto che vi state costituendo-
Pacificamente, tuttavia puntava l’arma contro di noi.
- Ora restituite la perduta Gold Sea e scendete, Elehandro Hyner-
- Lui non deve scendere-
Interruppi, facendomi avanti.
- Nessuno di loro è obbligato a scendere. Solamente io, mi stanno accompagnando-
Presi alla sprovvista i soldati della marina, mi fissarono enigmatici mentre stringevo il mio bagaglio. Per un attimo l’ammiraglio tacque, poi chiese chi fossi. Io non volli rispondere.
- Ciò che ha detto il Capitano Hyner è vero-
Proseguii, ignorandolo.
- Sono stati nominati tutti corsari della corona demoniaca, hanno il diritto di attraccare e il dovere di scortarmi a terra. Nessuno di loro scenderà se non vorranno, ripartiranno da uomini liberi non appena me ne sarò andata…che avverrà una volta riottenuto il mio fioretto-
Mi volsi verso la sottocoperta. Il mozzo tardava.
- Devo presumere che anche voi siate una criminale ricercata-
Annuii. Non ero ancora una criminale per i demoni, almeno per quelli assoggettati a Nolan. Però ero abbastanza ricercata nel suo regno, o almeno a lungo lo ero stata.
Comunque ero una criminale per il resto del mondo. Insomma mi sentii di annuire alle sue parole.
- Siete dunque la prima a volervi costituire-
Sbuffai, questo non capiva.
- Possibile che non siete stato avvertito?-
Domandai.
- Siamo attesi in questo porto ed io personalmente devo essere accompagnata alla capitale-
- E da chi siete attesi? Chi mai attenderebbe dei pirati?-
- Da Nol…dal prossimo Re dei Demoni-
Mi corressi.
- Il Principe Lancaster-
Scoppiò la risata generale. Odiavo quando succedeva.
- Ecco il suo fioretto-
Eruppe il mozzo, finalmente aveva trovato la mia arma. L’afferrai, gettando una rapida occhiata ad El. La portavo con me, mi era stata affidata. Non parve avere niente in contrario, così fui pronta a scendere.
Quando i soldati della marina notarono che stavo scendendo, con un fioretto in mano, smisero di ridere. Impugnarono tutti la propria arma, puntandomela contro.
- Ferma-
Gridarono.
- Getta l’arma-
- L’ho appena ritrovata-
Ribattei.
- Non ci penso neanche-
- Gettala subito. Sei in arresto-
Proseguì l’ammiraglio dai baffi bianchi. Roteai gli occhi. Ero stanca. Osservai il cielo, ancora la luce del mattino non ci aveva raggiunto del tutto nel golfo della costa meridionale. Le ombre celavano la mia natura, non indossavo il sigillo e i miei poteri erano liberi. Possedevo il sangue di Abrahel, assorbito proprio di recente. Il tratto genetico di un demone, forse potevo farcela.
Mi concentrai sull’uomo davanti a me, tentando.
- Muori-
Sussurrai.
Il corpo dell’ammiraglio fremette, si pose una mano sul petto. I suoi occhi rotearono, il volto si contorse in un’espressione di terrore. Funzionò.
Incredibile. Il suo cuore cessò di battere davanti tutti i presenti, perse la spada dalle mani e si riversò a terra cadavere. Mi ero liberata dalla sua presenza. Purtroppo ora, il resto della capitaneria mi voleva morta. Anche l’equipaggio alle mie spalle insorse, vedendo le armi dei soldati puntate verso di me. Stava per scoppiare un putiferio, una battaglia sul molo, Hyner mi aveva quasi raggiunta quando udimmo la sua voce.
- Ecco la mia ragazza!-
Quelle parole divamparono, sembrarono riempire l’intera costa. Tutti si fermarono. I militari della marina, i corsari del vampiro. Tutti lo fissarono, mentre Nolan compariva con la guardia reale.
- Scusa il ritardo. Ho parcheggiato la carrozza un po’ lontano-
Mandò qualcuno a prendere la valigia. Fissai il facchino dai capelli biondi. Il fioretto non glielo lasciai, me lo posi al fianco.
- Non sono la tua ragazza-
Puntualizzai.
- E’ solo un modo di dire. Ora, chi di voi presenti è il Vice Ammiraglio?-
Domandò rivolto ai militari.
Un ragazzo, un giovane demone col berretto alzò la mano abbassando la spada.
- Complimenti!-
Eruppe Nolan.
- Oggi sei diventato Ammiraglio Capo!-
Il resto dei soldati, sbalorditi ma anche intimoriti, riposero le armi. Si inchinarono al loro Principe, lasciandolo passare. I pirati d’altro canto, ancora non abbassavano la guardia.
- Davvero non avevate ricevuto comunicazione?-
Interpellò il mezzo diavolo.
I membri della marina demoniaca si fissarono fra loro. Nessuno rispose. Nolan si volse verso i suoi uomini, chiedendo spiegazioni. Qualcuno all’interno della guardia reale, affermò con certezza di averla inviata.
- Poco male-
Sbottò il Principe dei Demoni, scavalcando il corpo dell’ex Ammiraglio della costa sud.
Mi raggiunse, posizionandosi innanzi a me. Mi fissò, vestito elegante ma in maniera assolutamente normale. Senza tanti fronzoli, come invece era solito vestire Abrahel.
Non sembrava il prossimo Re dei Demoni.
- Come stai?-
Chiese, diventando improvvisamente serio. Si fermò, scrutandomi intensamente nonostante fossimo circondati da persone. Ci prendemmo un momento solo per noi, davanti a tutti.
- In che senso?-
Se intendeva moralmente, da schifo.
- Dico fisicamente. Mi sembra di ricordare che l’ultima volta che ci siamo visti negli Inferi…-
Indicò l’addome.
- Come ti senti?-
- Bene-
Risposi, scrollando le spalle.
- Mi hai curata-
- Già, è vero-
Ricordò il ragazzo, grattandosi la testa.
- Ti ha fatto male?-
Domandai.
- Non molto-
Sbottò d’istinto.
- Forse leggermente-
Si corresse.
- O forse abbastanza. Non lo ricordo più-
Confidò.
- Sono rimasto all’Inferno per un bel po’. Ho avuto abbastanza tempo per rimettermi. Qui sono passate solamente poche ore-
Cadde il silenzio.
- Hai fatto tardi per questo?-
- Sono appena tornato, sì. Mi hanno avvertito che stavi arrivando-
Raccontò.
- Sei in anticipo a proposito. Dovevo mancarti-
Sobbalzai, arrossendo. Sentivo gli occhi neri di Elehandro attraversarmi come spilli. Non potevo voltarmi a fissarli, avrei finito per piangere.
- Sono successe tante cose-
Dissi solamente, abbassando lo sguardo. Nolan sorvolò sul mio improvviso imbarazzo.
- Come è andata con Abrahel?-
Chiese, non sapendo che quella domanda non era certo più facile.
- Intendi…dopo che mi hai lasciato da sola ad affrontarlo?-
- Sì, esatto. Chi ha vinto alla fine?-
Mi presi un attimo per rispondere.
- Non l’ho ucciso. Se è questo che vuoi sapere-
- Lo so-
Ammise, sussurrando divertito.
- E’ la prima cosa che ho chiesto, quando sono tornato-
- Però ho preso il suo sangue-
- Favoloso-
Gridò, realmente entusiasta mentre l’intero porto ci osservava a bocca aperta.
- Abbiamo una carta vincente allora-
Certo, peccato che non ero molto brava in quella pratica a condizioni normali. A proposito, mi misi l’anello.
- Andiamo?-
Propose Nolan. Annuii, seguendolo. I militari ci aprirono un varco, mi volsi per un attimo verso Hunter. Fissai i suoi occhi nocciola, per l’ultima volta. Salutai Barbas, mi sarebbe mancato. Non cercai la figura di El, sapevo che fosse a pochi passi da me. Percepii che ci stava seguendo sulla terra ferma, lentamente, proprio come noi procedevamo verso la carrozza.
- Hai detto…”abbiamo” una carta vincente?-
Domandai.
- Sì, ho detto che “abbiamo”…-
- Non è la “mia” carta vincente se mai?-
Nolan si bloccò e, come lui, anche la guardia reale. Mi fissò seriamente.
- Siamo io e te contro tutti, no?-
Lo squadrai sorpresa, poi sorrisi annuendo.
- Assieme, contro il mondo-
Ripetei.
- Dunque, “abbiamo” un nuovo vantaggio-
Precisò Nolan, leggermente stranito dalla mia domanda. Proseguimmo verso la carrozza.
- Come è andata con Hella?-
- Non molto bene-
Rispose.
A proposito di domande scomode.
- Chi ha vinto?-
- Intendi…dopo che te ne sei andata?-
- Sì. Cosa è successo?-
- Non è morta, se te lo chiedi-
- Peccato-
Sospirai.
- Rimedierò-
Il mezzo demone si bloccò ancora.
- Cosa ti ha fatto?-
Chiese molto seriamente. Io divenni paonazza.
- Mi sembra di ricordare…quando ci siamo affrontati, c’era un odio dentro di te per quella Dea…qualcosa che non avevo ancora mai visto. Cosa ti ha fatto esattamente?-
Iniziai a tremare, mi salii la nausea.
- Mi ha uccisa-
Risposi.
- Mi ha uccisa e non l’ha fatto in un modo delicato-
Nolan mi squadrò, non del tutto convinto.
- Solo questo?-
Io sorrisi, nervosamente.
- Ti sembra poco?-
- A dire il vero sì-
- Sua Maestà-
Interruppe Elehandro.
- Grazie Capitano Hyner-
Sbottò il mezzo diavolo, concedendo al vampiro il permesso di avanzare oltre le guardie.
- Apprezzo il lavoro svolto. I vostri servigi non sono più richiesti. Potete riprendere il largo con la vostra nave. Buona giornata-
Gli volse le spalle, senza dargli modo di aggiungere niente. Soffrii in quel momento, la guardia reale ci separò ed io non feci nulla per evitarlo. Non cercai un secondo sguardo, non volli dargli nessun’ultima parola. Anche al suo richiamo, al mio nome urlato nel porto, non risposi. Nemmeno alla sua supplica, lanciata quando ormai la luce del sole stava raggiungendo il suo corpo. Si sarebbe ferito, si sarebbe bruciato, eppure non scappava. Mi chiamava davanti a tutti, incurante della presenza di Nolan, pregandomi di aspettare. Strinsi i pugni, con i brividi lungo la schiena. Avanzai senza indugiare, trovando chissà dove la forza per farlo. Dovevo rintracciare Abrahel, trovare Hella. Dovevo vendicarci, se non seguivo Nolan non ci sarei mai riuscita.
Elehandro non capiva, solitamente non rimanevo a piangere impotente per l’affronto subito.
Mi era stato insegnato ad uccidere, quando qualcuno mi toglieva qualcosa di importante.
Lo avevo imparato da mia sorella.
Raggiunsi la carrozza con il mezzo demone, entrambi ci salimmo e aspettammo che il cocchiere partisse alla volta della capitale. Nell’attesa, gli sferrai uno schiaffo.
Nolan lo incassò, silenziosamente. Si massaggiò la guancia, sgranchendosi la mascella.
- Ti ringrazio…-
Bofonchiò.
- Per non averlo fatto davanti ai sudditi-
- Figurati-
Sbottai, asciugandomi le lacrime senza che lui lo notasse.
- So che ti imbarazzi-
Nolan sorrise.
- Solo per curiosità, questo era…?-
- Per avermi riportata in vita un attimo prima di uccidere Abrahel-
Il ragazzo dagli occhi d’oro sogghignò, tornando a fissarmi.
- Lo stavi uccidendo?-
- Già-
Risposi, radiosa.
- Era mio. Avevo il suo cuore in pugno-
Raccontai, colma di gioia.
- Stavo per frantumarlo quando tu…bang!-
Urlai, sbattendogli le mani davanti al naso.
- Mi hai riportata in vita ed io ho perso il controllo-
Parve dispiaciuto, tanto quanto me.
- Ancora un attimo e…mmm, dovrei darti un secondo schiaffo-
Sorrise.
- Credevo che fossi arrabbiata per averti lasciata sola con lui. Scusa se non mi sono presentato-
Scrollai le spalle.
- Avermi impedito di ucciderlo…questa è stata la tua colpa più grande-
- Cosa è successo quella notte?-
Chiese seriamente. Sussultai, un po’ per la domanda un po’ perché la carrozza partì.
- Perché è tanto importante uccidere mio fratello? Questo odio è nuovo. Ed Hella...cosa…?-
- Basta-
Supplicai.
- Non voglio parlarne-
Nolan tacque, solo per un attimo.
- Come mai è finita con il vampiro?-
Deglutii e quasi mi strozzai. Mi stava torturando, ne ero sicura.
- Come mai…è finita?-
Ripetei ebete la domanda, non sapendo cosa rispondere.
- Sì, perché è finita? Sono abbastanza sicuro che, l’ultima volta che ti ho visto, tenevi a lui di più…molto di più di quanto tu non abbia dimostrato un attimo fa-
Mi sentivo andare a fuoco. Era la sua vendetta personale, quel viaggio in carrozza era la sua vendetta per essermi innamorata.
- Ti sbagli-
Proferii.
- Avanti. L’ho visto-
Affermò sghignazzando.
- Tutto il porto l’ha visto. Tu lo hai lasciato ma lui non sembra aver lasciato te-
- Non voglio parlarne-
- La strada per la capitale è lunga-
Avvisò il demone.
- Se non vuoi parlare di niente, moriremo di noia-
Abbassai lo sguardo. Bloccati per ore da soli in una minuscola carrozza, certo che l’aveva fatto apposta. Voleva mettermi a disagio.
- Come è andato il viaggio?-
Domandò improvvisamente il demone.
- Dopo che ci siamo incontrati, quella volta…quando non hai voluto seguirmi e hai chiesto più tempo…-
- Mi ricordo-
Lo interruppi.
- Ecco-
Sbottò.
- Come è andata da quel momento?-
Tacqui. Un dolore al petto mi strozzava, ad ogni domanda credevo di esplodere.
- Non molto bene-
Riuscii solamente a dire, stringendo i pugni e facendomi forza per non piangere.
- Hai terminato le faccende di cui parlavi?-
- Sì, ho sistemato tutto-
Risposi, tristemente.
- Non mi sembri felice. E’ successo qualcosa…-
- Nolan-
Pronunciai seriamente.
- Non voglio mai più parlare di questi mesi trascorsi in mare-
Spiegai.
- Non nomineremo mai più la Gold Sea, il Capitano Hyner o il suo equipaggio. Non mi chiederai più cosa sia successo in questi ultimi giorni. Faremo finta che non sia successo niente o io ti ucciderò. Te lo giuro-
Cadde il silenzio per un attimo.
- Ti ha tradita?-
Mi nascosi il volto fra le mani, disperata.
- E’ così non è vero? Aveva una strana faccia quel vampiro. Strani capelli-
- Ma questo cosa c’entra?!-
Gridai.
- Secondo me ti ha tradito, lo hai scoperto con un’altra e lo hai lasciato. Vero?-
- Come è possibile che tu non sappia niente?!-
Sbottai, esasperata.
- Sapevi quando saremmo arrivati in porto, a che ora. Conoscevi la città portuaria scelta dal Capitano. Ci sei stato, come promesso-
Feci notare.
- Ovvio che hai dato ordine di monitorarci. Possibile davvero che tu non sappia cosa mi è successo?-
Iniziai a piangere. Fu più forte di me.
- Oppure è solamente un gioco perverso per farmi soffrire?-
Quel sorrisetto beffardo gli sparì dal volto. Sospirò, cercando nelle tasche qualcosa. Tirò fuori un fazzoletto, che mi porse. Lo accettai.
- Mi avevi chiesto tempo-
Ricordò.
- Ed io te l’ho dato. Con il tempo ti ho dato anche un po’ di discrezione. No, non ho ordinato a nessuno di controllarti. Non ho idea di cosa ti sia successo-
Sembrava terribilmente sincero.
- Non sapevo cosa ti stava accadendo. Quando ti ho visto all’Inferno…-
Si interruppe, stringendo i pugni. Si prese un momento, per respirare, per riflettere. Involontariamente, era diventato rosso.
- Credi che, se ti stessi osservando…-
Iniziò dicendo, con una vena furiosa nella sua voce.
- Avrei permesso che tu finissi lì?-
Sobbalzai, osservando i suoi occhi d’oro così seri.
- Pensi che io sia così crudele da lasciare che tu vedessi l’Inferno?-
- Certo che no-
Risposi di colpo, senza pensarci.
- Tu non sei crudele-
- Sei un angelo, maledizione!-
Affermò Nolan, offendendomi leggermente.
- Non sono un angelo-
- Oh sì che lo sei. Ed è nella tua natura, provare un terrore innato nell’Inferno. E’ nel tuo tratto genetico, morire di paura non appena varcata la soglia degli Inferi. So che è così! E’ la mia migliore tecnica contro gli angeli-
Sbottò.
- Credi che avrei lasciato davvero…-
- No-
Lo interruppi.
- Hai ragione, perdonami-
Scosse il capo.
- E’ colpa mia-
Ammise, sospirando.
- Forse dovevo controllarti-
Cadde il silenzio, una quiete imbarazzante.
- Sì, avrei proprio dovuto tenerti d’occhio-
Continuò dopo poco, borbottando fra sé e sé. Tacqui, fissando le strade di Elbert. Stavamo per lasciarci la cittadina portuaria alle spalle. Tentai di immaginare cosa sarebbe successo se gli avessi permesso di proteggermi. Forse ci sarebbe stato un epilogo diverso, oppure ben peggiore. Chissà.
- Allora il vampiro, ti ha tradita?-
Sospirai. Sì, sarebbe stato proprio un lungo viaggio.
 
FINE SECONDO VOLUME

Nota dell'autrice:

Ringrazio tutti i lettori per la pazienza dimostrata. Scusate il ritardo. Il secondo libro di Victoria's Memories è concluso. Spero seguirete il terzo così come avete il seguito il primo e il secondo.
Il primo capitolo del terzo volume comparirà molto presto su EFP.
Controllate i nuovi arrivi nella categoria Angeli e Demoni!
 

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