Running away.

di MaryLennox
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** You have to make a choice, Chelsea. ***
Capitolo 2: *** One year later. ***



Capitolo 1
*** You have to make a choice, Chelsea. ***


 “I catch your eyes then you turn away

but there's no hiding the smile on your face

Inside and out, baby, head to toe

he's not around girl, you let me know”

Does he know?, One Direction

 

 

1 – You have to make a choice, Chelsea.

 

Era sveglio già da un po' ma continuava a stare a letto, non voleva muoversi. Voleva che tutto restasse come in quel momento per sempre: gli piaceva guardare la ragazza bionda distesa accanto a lui che dormiva, la luce filtrante dalla veneziana chiusa male le illuminava dolcemente il viso e rendeva quel momento ancora più perfetto. Avrebbe voluto prolungare davvero quell'istante, sapeva che lei si sarebbe svegliata e dopo non sarebbe rimasta con lui ma qualcun altro l'avrebbe vista sorridere questo pomeriggio, questa sera, domani, dopodomani e i giorni dopo ancora.

Chelsea. Perché gli stava torturando il cervello in questo modo? Si odiava per il pensare a lei così tanto, così spesso. Perché gli stava torturando il cuore il quel modo? Si odiava per l'essere innamorato di quella ragazza sbagliata così tanto da starci male. Già, Chelsea era sbagliata per lui. Decisamente.

“Harry...” la voce della ragazza lo riportarono alla realtà.

“Sì?” rispose accarezzandole il viso.

Lei gli baciò le labbra affettuosamente, intrecciò le sue dita tra quelle di lui e si accoccolò ancora di più contro il suo petto.

“Sei sempre bellissimo quando ti svegli, lo sai?” gli disse sorridendo.

Harry inspirò pesantemente.

Basta.

Si alzò di botto dal letto, era arrabbiato.

“Ehi, tutto a posto? Stai bene?” chiese lei tra il preoccupato e il perplesso. Si alzò a sedersi coprendosi il corpo nudo con il lenzuolo e lo osservò aspettando una risposta che però non stava arrivando. “Harry...” aggiunse lei.

“Perché lo stai facendo?” sbottò lui.

“Come... Come scusa?” non si aspettava un comportamento del genere.

“Perché mi dici tutte queste cose se poi torni sempre da lui? Perché?” urlò il ragazzo.

“Tu lo sai... Stiamo insieme da tanto tempo. Siamo innamorati...”

“Chelsea basta. Io non ce la faccio più, smettila di prendermi per il culo. Smettila. O me o lui, devi scegliere.”

“Lo sai che non posso farlo, non puoi chiedermi questo Harry. Io lo amo, stiamo insieme da anni. Non posso lasciarlo... Io... Tu lo sai, te l'avevo detto fin dall'inizio”. La sua voce era quasi un sussurro, era flebile.

Così aveva deciso alla fine...

“Tra noi è finita. Ti prego va via, non voglio vederti mai più”. Si sedette sulla poltrona bianca di fronte al letto sfinito con la testa tra le mani senza preoccuparsi della ragazza che in silenzio si vestiva e raccoglieva la sua roba. Non l'avrebbe accompagnata alla porta, non ce n'era bisogno e lei conosceva la strada.

Quando fu alla soglia della camera da letto Chelsea si volse indietro e lo guardò.

“Mi dispiace, davvero. Non volevo finisse così”. Era possibile che anche lei ci stesse un pochino male?

“Chelsea il tuo fidanzato ti conosce così bene, conosce tutto di te. Quante ne avete passate insieme? Sa qual è la canzone che canti sotto la doccia, sa il modo in cui cambi umore, sa tutti i tuoi tatuaggi segreti, sa qual è la tua band preferita, sa come balli quando pensi che nessuno ti veda. Ti conosce dalla testa ai piedi. Io potrò non conoscere tutte queste cose ma mi sono innamorato di te. Perché sì, io ti amo e per te farei di tutto”. Tutte queste parole non che prima non aveva mai detto ora lo stavano facendo stare meglio, lei doveva sapere quello che provava.

Chelsea strinse i pugni ma non disse niente e se ne andò via, lui sentì la porta chiudersi e capì che lei se n'era andata. Semplicemente e senza dire una parola.

Guardò il letto disfatto dove erano stati abbracciati fino a poco prima e poi la parete coperta da foto incorniciate, ce n'era anche una di lui e Chelsea quando si erano appena conosciuti. I loro visi sorridevano felici mentre si abbracciavano. Tutte stronzate.

 

Dopo un giorno Harry giaceva nel letto avvolto dalle coperte rifiutandosi di uscire.

 

Dopo una settimana si trovava in un night club strusciandosi contro una ragazza vestita in abiti super sexy.

 

Dopo un mese era seduto sul divano del suo salotto con un foglio e una penna per fare il conto delle ragazze che si era scopato da quando si erano lasciati fino a quel momento. Si fece mentalmente i complimenti da solo e maledisse ancora una volta il giorno in cui aveva conosciuto la ragazza, gli mancava da morire.

 

Dopo due mesi esatti stava togliendo la foto di lui e Chelsea per metterla in un cassetto, non voleva ridursi come una larva piena per lei. No, non lo voleva proprio.

 

Dopo tre mesi era sdraiato nella vasca nel bagno del suo migliore amico in lacrime.

“Harry Cristo Santo, non puoi ridurti così per quella stronza!” lo incoraggiò Liam.

“La amo... La amo porca troia e lei aspetta un bambino da un altro!” urlò lui in risposta.

 

Si ricordò di quando la sera prima era entrato in un pub e aveva visto una giovane coppia seduta a un tavolo guardarsi negli occhi e tenersi le mani con amore, lei di spalle con quei capelli biondi, lunghi e lisci gli ricordava tanto Chelsea.

Dopo qualche minuto entrambi i ragazzi si erano alzati e a Harry quasi non era venuto un colpo: non è che lo sembrava, lo era.

Era la ragazza che amava con tutto se stesso con altro uomo. Ed era incinta, uno splendido pancione, che ad occhio e croce doveva essere di quattro o cinque mesi, spuntava da sotto il suo vestito blu. Dio quanto era bella.

Non appena lei lo vide il bicchiere che aveva in mano le scivolò a terra rompendosi in mille pezzi, ma non si mosse, infatti era come paralizzata per la sorpresa di vederlo. Non sapeva come mai, ma qualcosa aveva spinto i sui piedi a camminare verso la mamma in attesa e mentre il cameriere si preoccupava di pulire i vetri, lui l'aveva salutata e si era presentato a suo fidanzato.

“Ciao Chelsea. -e poi sposando la sua attenzione al ragazzo aggiunse- Piacere, io sono Harry... Un amico di Chelsea.”

“Piacere Harry, io sono Chris” rispose lui affabile.

“Non sapevo aspettaste un bambino, congratulazioni” disse cercando di sembrare normale, “e congratulazioni a me per la faccia di culo in questo momento” aggiunse mentalmente.

Non c'era traccia delle sorpresa e dell'agitazione che avevano dominato la bionda fino a poco prima quando lei rispose alle felicitazioni: “Sì, è un maschietto. Ormai sono cinque mesi, tra tra poco il cucciolo arriva.”

Cinque mesi, ottimo. Quindi quando loro stavano ancora insieme, se la loro si poteva definire una relazione, lei era incinta e non gliel'aveva detto... Magari non lo sapeva. Ma chi voleva prendere in giro.

“E avete già pensato a dei nomi?” aggiungere

“A me piacerebbe tanto James, ma Chelsea è irremovibile quindi si chiamerà Edward” -intervenne Chris, che poi più rivolto alla fidanzata che a lui, abbracciandola affettuosamente concluse dicendo “E non sono ancora riuscito a capire come mai lei è così decisa su questo nome, prima o poi dovrà spiegarmelo”.

Edward. Che presa per il culo, di nuovo. All'improvviso fu come se un macigno gli fosse piombato addosso e l'avesse schiacciato tutto. Il suo cuore era spappolato, rotto, a brandelli... Il suo cuore era appena diventato ufficialmente uno schifo. Aveva sempre saputo che non sarebbe stato facile dimenticare questa ragazza, ma così diventava ancora più difficile perché tutto il male che aveva fatto assopire si era immediatamente risvegliato: lei non sarebbe mai stata sua.

 

“Ok, si è fatto tardi. Farò meglio ad andare. Felice di averti rivisto Chelsea. Congratulazioni ancora!” e con queste parole dette all'improvviso e di fretta se ne andò lasciando lì la coppia perplessa.

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Capitolo 2
*** One year later. ***


 “Do you ever feel like braking down?

Do you ever feel out of place,

like somehow you just don't belong

and no one understands you?

Do you ever wanna run away?

Do you lock yourself in your room

with the radio on turned up so loud

that no one hears you screaming?”

Welcome to my life, Simple Plan

 

 

2 – Un anno dopo

 

Dopo un anno esatto dal momento in cui Chelsea aveva varcato andandosene la porta di camera sua, Harry stava piantando un chiodo sulla parete della cucina della sua nuova casa, appese il quadro e guardò il lavoro soddisfatto. Bel chiodo, bel quadro, bella parete. Interessante.

“Hola chico, che stai combinando? Hai intenzione di spaccare il muro?” la voce del suo coinquilino interruppe le sue riflessioni profonde.

“Ahah no non preoccuparti, volevo solo appendere questo quadro... Te l'avevo detto, ricordi?”

“Ah già... Senti, quand'è che vuoi farti un giretto? Sei qua da cinque giorni e non hai ancora visto niente di Londra se non il Tesco giù di sotto.” lo rimproverò Niall.

“Ok, usciamo stasera. E' che dovevo sistemare tutte le mie cose e sai come è stancante trasferirsi...”

“Sì certo, come no. Io sto uscendo, devo vedere Mary... Ci sentiamo dopo così ci mettiamo d'accordo per stasera. Ok?” disse il biondino sorridendo varcando la porta di casa. E quando mai non sorrideva? Era sempre di buon umore. Liam gli aveva descritto il cugino come un ragazzo che ama la vita. Harry aveva conosciuto Niall quando avevano 10 anni, entrambi erano stati invitati alla festa di compleanno di Liam ma poi non si erano più rivisti, quindi tecnicamente non erano due persone completamente estranee che vivevano insieme.

Gli piaceva questo ragazzo e doveva tutto al suo migliore amico, era lui che aveva messo in contatto i due nuovi coinquilini, era lui che lo aveva spinto a stare meglio e che, anche se a malincuore, lo aveva aiutato a cambiare città. A lui importava solo che il suo Hazza fosse di nuovo felice, certo gli sarebbe mancato ma non era un tipo egoista. Quando mai in amore si può essere egoisti? Liam non amava Harry e Harry non amava Liam nel senso di stare insieme, essere una coppia, ma si amavano lo stesso come migliori amici e in fondo l'amicizia cos'è se non una forma d'amore?

Il riccio sospirò, prese il cellulare e compose il numero dell'amico, gli piaceva parlare al telefono con lui ma nulla batteva Skype, potevano starci anche un paio d'ore buone.

Il telefono squillò, squillò e continuò a squillare senza ottenere risposta. Pazienza, l'avrebbe chiamato il giorno seguente o avrebbe aspettato che lo richiamasse lui dopo.

Si spostò dalla cucina alla sua stanza e si buttò esausto sul letto, la stanchezza di quel momento non era dovuta tanto alla mancanza di sonno in quegli ultimi giorni, ma quanto più alla fatica psicologica che quel cambiamento così radicale comportava.

Agli occhi di altri poteva sembrare solo un normale trasferimento ma non era così per lui. Aveva cambiato città e voleva cambiare vita, voleva provare a scappare dai suoi problemi, ma come presto avrebbe capito non si può scappare da sé stessi.

Era quasi mezzogiorno e quindi teoricamente avrebbe dovuto essere anche ora di pranzo ma se ne fregò bellamente e si infilò sotto le coperte vestito. Si ricordò quanto spesso lo aveva fatto prima, c'erano stati giorni in cui se non fosse stato per il lavoro si sarebbe chiuso in casa e altri in cui stava fuori sempre, in ci non voleva rientrare. Quante ragazze si era scopato? Quanto alchool aveva bevuto? Quante cazzo di ore di allenamento aveva fatto? Le ragazze non funzionavano, l'alchool neanche e aveva quindi provato a buttarsi nel lavoro con tutto sé stesso, allenandosi e allenando ragazzini a fare box tutto il giorno, amava il suo lavoro, amava insegnare agli altri come difendersi, eppure niente. Chelsea ancora in lui e questo amore gli faceva così male che a volte gli veniva voglia di urlare e basta, urlare fino a sentirsi sfinito per fare uscire tutto il dolore che aveva dentro. Ma sospettava che neanche questo gli avrebbe dato pace.

Aveva rivisto Chelsea un paio di volte, una prima del parto e una dopo insieme al bambino, entrambe le volte aveva avuto la fortuna di non incontrarla con il fidanzato perché vederli giocare alla famiglia felice gli avrebbe fatto troppo male. Odiava Chris e odiava soprattutto quel bambino con tutto se stesso, si faceva un po' schifo per provare questo sentimento orribile per una creatura innocente.

Aveva guardato dentro la carrozzina e aveva visto due piccole manine tendersi verso di lui, sapeva che i neonati hanno i muscoli facciali un po' sballati ma gli piaceva pensare che quello che Edward -gli faceva senso pensare che si chiamasse come lui quello scriccioletto- aveva fatto fosse un sorriso con tanto di fossette rivolto proprio a lui. Magari la sua testa inconsciamente lo sapeva pure, ma non l'avrebbe mai ammesso che era bello e dannatamente dolce con gli occhi grandi e blu della madre abbinati a quei riccioletti ribelli. Non l'avrebbe mai ammesso perché in lui c'era anche il sangue di Chris e questo non poteva sopportarlo. Odiava Chealsea, odiava Chris e odiava Edward perché era con lui che doveva costruire una famiglia. O almeno non doveva costruirla con altri.

Decise che doveva andarsene dopo quell'incontro, che era stato civile dopo tutto. Dopo il parco erano anche riusciti a andare a prendersi un caffè insieme in fondo e nessuno dei due aveva dato di matto come quella volta al bar, sembravano solo due vecchi amici che si rincontrano dopo qualche tempo. Non avevano mai più fatto menzione del loro passato in comune e ad essere onesti la cosa non era neanche sembrata strana. E' difficile da spiegare quella sensazione, avevano deciso implicitamente di non parlare più di loro e di fare come se fossero sempre stati solo amici e quindi era un po' come vivere sì nella realtà, ma con affianco una teca con tutto quello che era stato.

E ora era qua. A Londra, un posto per lui completamente nuovo e stasera sarebbe uscito con Niall, il che probabilmente sarebbe significato tornare a casa ciucchi come asini.

Dopo essersi rifugiato nel letto come una larva per circa un'ora si decise a uscire, perché in fondo mangiare non era un'idea così malvagia. Se mangi vivi e lui aveva deciso di vivere.

Mentre era in cucina a prepararsi un toast, proprio nell'istante in cui posava l'ultima fetta di prosciutto sul pane si ritrovò a chiedersi se chissà se quella sera in giro per locali avrebbero incontrato Sarah, quella cassiera di Tesco così carina dall'aria dolce.

Non gli sarebbe dispiaciuto.

 

Dopo un anno e un mese Harry stava nervosamente aspettando Sarah seduto al tavolo di un bar, quando la ragazza apparve. Non gli venne da paragonarla a Chelsea, se Niall fosse stato lì in quel momento si sarebbe alzato e avrebbe urlato “Un passo verso la vittoria!” iniziando poi a cantare Alleluja. Lui non aveva mai conosciuto “quella sgualdrina”, ma diceva che non gli sarebbe piaciuta comunque.

Pensava a lei ogni giorno e ogni volta che lo faceva diventava triste, anche i ricordi belli con lei erano legati alla tristezza per quello che era successo dopo. Non aveva parlato a Sarah di Chelsea, non ne parlava mai con nessuno se non raramente con i suoi amici che sapevano quello che era successo. Liam era un'eccezione, ne parlava tanto con lui e prima o poi doveva veramente fargli un grande regalo, non si era mai lamentato di quanto la faceva lunga e l'aveva sempre lasciato sfogarsi. Niall invece rientrava nella categoria degli amici normali, non sentiva parlare molto di Chelsea ma era un ragazzo davvero molto empatico e intuiva quasi tutto quello che Harry non gli diceva.

E adesso c'era Sarah. Ok era solo il primo appuntamento e magari poi si sarebbero fatti schifo e sarebbero scappati via l'uno dall'altra a gambe levate. O magari no.

“Ehi straniero!” Una voce lo distolse dai suoi pensieri, si girò e vide Sarah che si stava avvicinando e lo salutava sorridendo con tutto il viso che si illuminava. Ecco, questa era una caratteristica di Sarah bellissima e Chelsea non ce l'aveva. Harry pensò che anche se alla fine il paragone era arrivato, almeno sta volta era a favore di qualcun'altra.

“Buongiorno signorina, come fai a essere sempre così bella?” Scherzò lui, ma entrambi sapevano che lei era davvero bella e quindi quello tecnicamente non era uno scherzo, era un complimento serio fatto in modo più leggero.

“Penso che questa sia una qualità che ho dalla nascita e smettila di prendermi in giro tu”.

“Come stai? Giornata stressante?”

“A dire il vero oggi è stato tranquillo, ma non vedo l'ora di poter mollare questo lavoro. E' solo una cosa temporanea. E la tua com'è andata?”

Iniziarono parlando del lavoro, del tempo e delle altre solite cose e senza che se ne accorgessero si trovarono a ridere a più non posso per i discorsi che si erano ritrovati a fare, per le battute che si raccontavano. Forse era anche un po' colpa del bicchiere di vino che avevano bevuto, ma un qualunque passante o avventore del bar che li avesse visti avrebbe avuto come prima impressione che insieme ci stavano bene, che la loro allegria non era dovuta ad altro.

 

Dopo un anno e due mesi Harry si svegliò realizzando che non pensava più a Chelsea ogni santo giorno e sorrise. Si sentiva meglio e soprattutto voleva sul serio stare meglio.

Si diresse in cucina per fare colazione e il suo nuovo stato d'animo fu subito notato da Niall e dalla sua ragazza, Mary che qualche volta si fermava a dormire a casa loro. I due non dissero nulla, ma si lanciarono un'occhiata di sollievo e lui sorrise a Harry in un modo che si potrebbe definire caldo. Gli avevano espresso in questa maniera il loro supporto, senza parole ma solo con sguardi e sensazioni. Niall e Mary avevano la capacità di comunicare così con gli altri ed era una cosa che i loro amici apprezzavano moltissimo, li faceva sentire protetti come quando sei con i genitori che ti capiscono solo con uno sguardo.

Versandosi il latte nella tazza colma di cereali Harry si soffermò ad osservare la coppia che adesso stava lavando i piatti nel lavandino ridendo e scherzando, sembravano felici mentre si schizzavano l'acqua addosso per giocare. Anche tra loro due stessi l'affinità era massima, si capivano con nulla. Erano l'uno il grande amore dell'altra. Per quanto fosse stato affascinato da Chelsea e le credesse l'amore della sua vita, ormai si stava accorgendo che non lo era ma ciò nonostante lei influenzava ancora parte delle sue decisioni.

Aveva cominciato ad uscire con Sarah quasi un mese fa e quando una volta lei gli aveva chiesto per caso se avesse mai avuto una storia che lo avesse segnato o particolarmente burrascosa, lui aveva risposto di no e la cosa lo faceva arrabbiare. Perché le aveva detto così? Perché non poteva sentirsi libero di parlare di Chelsea? Sarah d'altro canto non si era accorta che lui le nascondeva qualcosa e lui per adesso voleva che le cose restassero in questo modo, erano agli inizi e quello che c'era tra loro poteva trasformarsi in qualcosa di più grande. Magari potevano avere una storia insieme e magari lei gli avrebbe fatto dimenticare almeno in parte Chelsea. Non c'era motivo per rovinare già in partenza le cose con Sarah. Questo era quello che si diceva lui ed era vero, ma la radice di questo ragionamento stava nella sua natura di persona pacifista, non gli piacevano i conflitti inutili.

Quando si alzò per andare a lavare la tazza e il cucchiaino per poco non si scontrò con Mary provocando la caduta dei piatti che si sarebbero certamente tutti rotti.

“Per un pelo, Harry” sospirò la ragazza sollevata, ma senza astio nella voce.

Dopo aver lavato e riordinato tutto si preparò per uscire, avrebbe visto Liam a pranzo e dopo sarebbero usciti a cena tutti insieme perché il suo migliore amico aveva deciso di fermarsi in città per una settimana. Incontrarlo dopo secoli era la cosa che ci voleva, doveva sgridarlo per non essersi fatto vedere per così tanto tempo.

 

Dopo un anno e tre mesi Harry continuava a pensare a Chelsea in modo sempre meno ossessivo e sempre meno spesso e l'odio che provava verso di lei, Chris e Edward si stava lentamente sciogliendo. Certo, una piccola dose di antipatia verso quelle persone probabilmente sarebbe rimasta per lungo tempo ma meglio di niente.

Prima di uscire di casa per andare da Sarah a vedere un film prese la foto sua e di Chelsea e se la mise in tasca. Le cose tra di loro stavano diventando serie, adesso nessuno dei due usciva più con altre persone perché erano ufficiosamente passati dallo stato “ci vediamo per fare certe cose” a “ci vediamo non solo per fare certe cose, ma perché io e te insieme stiamo bene”.

Lei gli aprì la porta tutta contenta in pigiama e lo tirò dentro salutandolo con un bacio a stampo sulle labbra.

“Ehi senti, c'è una cosa di cui ti vorrei parlare” esordì lui togliendosi la giacca e sedendosi in cucina.

“Tutto ok? Mi devo preoccupare?”. Non è che proprio ora che pensava che stesse andando tutto bene lui le avrebbe detto che forse era il caso di smettere di vedersi? Beh, sarebbe stato nella norma in effetti. Non era abituata a uscire con qualcuno per troppo tempo. Magari gli avrebbe detto che era un drogato e che gli servivano soldi.

“Tieni, guarda questa foto” disse porgendole lo scatto. “Questi siamo io e Chelsea più o meno un anno e mezzo fa. Tempo fa mi avevi chiesto se avessi mai avuto una storia che mi aveva segnato e io ti avevo risposto di no, anche se non era vero.”

“Ah. E scusa, come mai me lo dici ora?”. Non le sembrava corretto tutto questo. “Se vuoi dirmi che la ami ancora e che adesso vuoi tornare con lei, ti informo che esistono modi più delicati per farlo che mostrarmi la sua foto!”

Harry guardò Sarah negli occhi e capì che ci era rimasta male. “No no, io e lei non ci sentiamo da un sacco di tempo, quasi un anno. Chelsea aveva un fidanzato e adesso hanno un figlio insieme, io e lei non potremmo mai tornare insieme e adesso non lo vorrei neanche più.”

“Benissimo. Ti avverto che se stai per dirmi qualcosa che può farmi rimanere male, allora devi andartene ora. Per favore. Tu mi piaci e non voglio rimanerci male”. Lo stava implorando, doveva essere stata ferita molto in passato dato l'aria spaventata che aveva ora.

“Le cose tra di noi stanno diventando serie, io a te ci tengo e vorrei continuare a uscire con te e quindi proprio per questo devo dirti qualcosa di non bello. Ma voglio essere sincero con te. Io a Chelsea ci penso ancora, lei fa ancora parte di me, non tanto quanto prima ma comunque ancora c'è.”

Aspettò, un attimo per vedere cosa gli avrebbe risposto la ragazza, ma dalla bocca di lei non uscì una singola parola. Sarah si limitava a fissarlo freddamente e allora con un sospiro profondo per darsi forza, continuò a parlare “E quindi adesso con queste premesse ti volevo chiedere se tu vuoi continuare a vedermi, a uscire con me.”

“Tu sei sicuro che con lei non ci torneresti manco se si presentasse alla porta di casa tua pregandoti di tornare insieme?” chiese sospettosa.

“No. Ne sono sicuro”. Che ci fosse speranza?

“Non lo so, ci devo pensare. Adesso per piacere vattene. Ho bisogno di stare alla larga da te”.

“Va bene... Grazie”.

Di solito quando si salutavano si davano un bacio e a Harry venne automatico farlo anche quella volta, ma Sarah si scostò bruscamente con aria seccata e fu un momento davvero imbarazzante soprattutto per lui.

Aveva lasciato la foto di lui e Chelsea da lei, l'aveva fatto apposta perché voleva che Sarah fosse sicura della sua decisione.

Dopo aver pensato un po' a come finire quella sera decise di raggiungere gli amici del lavoro al pub, erano tutti ragazzi molti divertenti e lo fecero ridere un sacco ma comunque gli restò un filo di malinconia per tutta la serata. Sarah e Chelsea. Così diverse e entrambe così complicate. Chissà Chelsea cosa stava facendo ora, chissà come stava crescendo quel bambino. Gli vennero in mente tutte le volte che al pub ci andava con lei e gli altri colleghi che aveva nella loro città, ogni volta si divertivano tutti da matti bevendo come fossero tutti irlandesi tenuti lontani da una bottiglia per un anno. Pur non essendo quello “ufficiale” insieme ne avevano passate tante e erano stati bene, le mancava ancora.

Il mattino del suo giorno libero il campanello squillò e lui si ritrovò Sarah davanti alla porta, aveva deciso che voleva dargli una seconda possibilità, voleva continuare a vederlo ed essere la sua ragazza.

Ebbe la sensazione che ce l'avrebbe fatta.

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