The story of Peeta Mellark.

di Sharymore_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prigioniero. ***
Capitolo 2: *** Siamo stati traditi. ***
Capitolo 3: *** Il depistaggio. ***
Capitolo 4: *** Colpi di scena. ***
Capitolo 5: *** Il salvataggio. ***
Capitolo 6: *** Rivelazioni. ***
Capitolo 7: *** Una visita inaspettata. ***
Capitolo 8: *** "Devo averti amata molto.." ***
Capitolo 9: *** Squadra 4 5 1 . ***
Capitolo 10: *** Vero o falso? ***
Capitolo 11: *** "Sempre." ***
Capitolo 12: *** Un rifugio sicuro. ***
Capitolo 13: *** Benvenuti a Capitol city. ***
Capitolo 14: *** L'esecuzione. ***



Capitolo 1
*** Prigioniero. ***


Sento un leggero calore sulla guancia, è dolce, piacevole. Decido di aprire gli occhi nonostante la paura di vedere quale sia la sua fonte. Non so con esattezza quanti giorni io sia stato incosciente, ma non devono essere pochi perchè ho un gran mal di testa. Poco prima di aprire penso che sia il sole dell'arena. Quel sole soffocante, cocente. Il solo pensiero mi fa mancare l'aria, mi fa già sudare, ho bisogno di acqua. Ma devo essere forte, ovunque mi trovi Katniss avrà bisogno di me, ed io non posso lasciarla, non posso. Cosi mi faccio forza, apro gli occhi, e quello che vedo va contro ogni mia immaginazione. Mi trovo in una cella, buia, isolata. Quello che sentivo non era il soffocante sole dell'arena, della giungla nel quale mi sono ritrovato durante l'edizione della memoria. Quello che sentivo era un leggero, piccolo, raggio di sole che riesce a passare timidamente tra le sbarre di una finestra che si trova in alto. Una finestra stretta e piccola, troppo piccola per dare qualsiasi speranza di fuga. Ho deciso di utilizzare una sorta di promemoria mentale per ricordarmi le cose fondamentali, dato che non so quello che mi aspetta qui.                                                                                                                    

*Mi chiamo Peeta Mellark. Ho diciassette anni. La mia casa è il distretto 12. Ho partecipato agli Hunger games. Sono ancora vivo. Non so dove mi trovo. Katniss non è con me. Devo trovarla.*              

Cerco di mettere a fuoco la situazione mentre i minuti passano. Ma tutto ciò che vedo sono mura grigio fumo e sbarre di metallo. Per un attimo penso che forse l'arena non era poi cosi male. Se solo riuscissi a ricordare quello che è successo forse riuscirei a dare spiegazione a tutte le domande che si stanno articolando nella mia testa. Ricordo solo l'albero al quale Beetee stava fissando il suo filo metallico, e poi Brutus ed Enobaria, e poi una grande esplosione. Ed ora sono qui, e non so perchè. Ma non è questa la domanda che mi fa mancare il respiro, che mi fa prendere delle fitte proprio alla bocca dello stomaco. Cerco di soffocare quelle parole, no, non voglio sentirle, non voglio pensarci. Ma quelle parole sono incontrallabili, e non fanno che unirsi nella mia testa per formare una sola ed unica frase: Dov'è Katniss? Le possibilità di risposta sono tante, ed una peggiore dell'altra. Se solo fossi rimasto con lei, se solo ce ne fossimo andati prima, ora non mi ritroverei qui in questa squallida cella senza di lei. Se solo fossi morto ai 74 hunger games, se solo l'avessi salvata, ora quella di Katniss sarebbe senz'altro una vita migliore. Già me la immagino, a caccia nei boschi, ad inseguire tacchini e cervi, con Gale. Felice ed al sicuro, con Gale. Se solo avessi mangiato quelle bacche, ora Katniss non si troverebbe sperduta chissà dove. O peggio ancora morta. No. Non è morta, lo so, lo sento. E' troppo caparbia per morire. Lei non può morire. Ma io si, io vorrei essere morto. Non sono riuscito a proteggerla, non sono rimasto con lei. L'ho perduta, per sempre. Per sempre. Questo le avevo promesso. Di restare con lei. Ma ora sono qui, e lei non c'è. Mentre continuo a pensare a tutto questo sento una chiave che gira nella serratura della mia cella. Alzo subito gli occhi e quello che vedo sono due pacificatori che mi prendono con forza e mi portano fuori. Mi coducono in una stanza priva di qualsiasi cosa e mi gettano a terra per poi chiudere la porta. Inizialmente penso che si tratti di un semplicissimo cambio di cella. Forse non ero degno di quel raggio di sole che mi ha scaldato le guance e sono stato portato qui, in questa cella buia, fredda e senza finestre. Solo dopo pochi minuti però mi rendo conto di una cosa. Questa cella non è come tutte le altre. Le sue sbarre metalliche confinano con un'altra stanza. Non c'è un muro che le separa. Vogliono che io veda qualcosa. Non faccio in tempo a riflettere su quanto intuito che due pacificatori trascinano una donna al centro di quella stanza. Inizialmente non riesco a capire chi sia, e cerco disperatamente di vedere il suo volto, coperto ormai da lividi violacei e sangue fresco. Cerco di avvicinarmi alle sbarre, per poter vedere meglio, ed è proprio in quel momento che capisco chi sia quella donna di colore con i capelli vaporosi e gli abiti stravaganti. "Peeta!" urla con quel poco di voce che le rimane. "Portia!" urlo disperatamente. "Portia che ci fai qui?" "Mi hanno presa, non mi lasciano andare" dice piangendo. "Chi ti ha presa? Chi ti ha fatto questo?" le chiedo ripetutamente. Sta per rispondermi quando entra dalla porta un pacificatore che inizia a prenderla a bastonate e a picchiarla come fosse una bestia da punire. Il suo sangue è ovunque e non riesce più muoversi. Mi aggrappo disperatamente a quelle sbarre di metallo e vorrei poter avere la forza per spezzarle. Ma è tutto inutile, anzi, le mie urla sembrano dare soddisfazione. La portano via, ormai in fin di vita. Il dolore che provo è allucinante, ma viene subito sostituito da tante,troppe domande. Perchè le hanno fatto questo? Chi è stato? e cosa più imporante, perchè hanno voluto che io assistessi?            
Passano i giorni, e la mia situazione peggiora sempre di più. Ogni mattina un pacificatore entra nella mia cella, mi inietta una qualche sostanza nel braccio e se ne va. Subito dopo inziano le urla, i pianti, il rumore delle scariche elettriche. Non ho idea di chi siano le persone torturate, le loro urla sono cosi disperate che anche nel migliore dei casi non riuscirei a riconoscere le loro voci. Certe volte mi sembra di sentire la voce di Johanna, o meglio le sue grida disperate, ma poi mi rendo conto che forse è solo una sorta di stratagemma che cerco di creare nella mia mente per sentirmi meno solo. Sto male, mi stanno facendo impazzire, e non tanto per il fatto che stiano torturando delle persone innocenti, ma per il fatto che lo stiano facendo per me. Loro vogliono che io senta, che io senta tutto questo.                    
Giorno dopo giorno è come se una piccola parte di me si staccasse. I miei ricordi felici scompaiono ogni volta un pò di più. Dev'essere colpa di quella sostanza che mi iniettano ogni mattina. Mi fa vedere cose strane, come se avessi delle allucinazioni. Il problema è che ormai sono cosi frequenti che faccio fatica a distinguerle dalla realtà. Lotto continuamente contro quel Peeta che stanno creando. Lotto per rimanere me stesso. Non possono cambiarmi. Non voglio che mi cambino.                                                                                                                                                  

Salve a tutti :) Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto almeno un po! Adoro il personaggio di Peeta, uno dei miei preferiti in assoluto! Beh che dire, questo poverino soffre parecchio per essersi ritrovato solo soletto a Capitol city. Senza dilungarmi troppo ringrazio chi ha letto la storia, chi l'ha recensita e chi lo farà! E' sempre piacevole vedere che qualcuno apprezza il tuo lavoro :) (ma anche le critiche costruttive sono bene accette).                                  A presto, Sara. 

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Capitolo 2
*** Siamo stati traditi. ***


Sono passati un paio di giorni, ed io quasi non mi riconosco più. Un pomeriggio, mentre mi trovo seduto in un angolo della mia cella, un pacificatore entrando mi mette delle manette ai polsi e mi fa uscire dai sotterranei. Non so più neanche quello che si prova a stare in superficie. A respirare aria pulita. Ci sono delle notti in cui l'aria dentro la cella è cosi asfissiante che mi sembra di soffocare. Quelle notti in cui per non impazzire chiudo gli occhi e cerco di immaginarmi fuori di qui. Se mi concentro bene riesco persino a sentire l'odore del pane appena sfornato, il profumo dei biscotti di mio padre. Mi sembra di essere li. Mi immagino a dipingere e decorare una torta per qualche matrimonio. E' questo che so fare. L'unica cosa in cui io sia veramente bravo. Ma che importanza ha? Probabilmente non tornerò mai più a casa. Non rivedrò mai più il distretto 12. Non potrò più guardare Katniss di nascosto, mentre è a caccia. Forte e bellissima. Non la rivedrò mai più. Ma forse è meglio cosi. Anzi, ne sono sicuro. Forse se continuano a concentrarsi su di me, se continuano a torturarmi, lei sarà al sicuro. Meglio io che lei, in ogni caso. Camminiamo per un paio di minuti fino ad arrivare ad un ascensore. Prima di salire ho un momento di esitazione e uno dei pacificatori mi costringe ad entrare con la forza minacciandomi con una qualche sorta di fucile puntato dietro la schiena. Entro e iniziamo a salire. Cerco di distrarmi e di pensare ad altro perchè gli ascensori mi fanno paura. Dopo gli Hunger games molte cose mi fanno paura ormai.Saliamo per una quindicina di piani e l'unica cosa che riesco a pensare è che non mi riprenderò mai. Non sarò mai più lo stesso ragazzo di prima. Prima della mietitura. Arriviamo in una stanza che mi sembra di conoscere già. Mi guardo intorno per alcuni secondi e finalmente capisco dove mi trovo. Ma certo, questo è il camerino dove preparavano noi tributi prima della trasmissione condotta da Caesar Flickerman. Un orribile programma dove siamo mostrati, esposti come animali. Uno dei momenti più importanti prima dell'inizio degli Hunger games. Un momento in cui siamo costretti a fare le persone amichevoli per cercare disperatamente qualche sponsor. Piacere al pubblico per ottenere una minima e quasi inesistente speranza di vivere. Mi ricordo ancora la prima volta che io e Katniss siamo stati qui, in questo camerino, in questo edificio durante i nostri primi Hunger Games. Ricordo la sera prima. La sera in cui parlai con Haymitch di ciò che avevo intenzione di fare. Volevo tenere in vita Katniss. Volevo che vincesse. Avrei fatto qualsiasi cosa che per darle anche solo qualche minuto in più di fuga. Sarei morto, anche mille volte. "Perchè la amo". E' proprio questa la risposta che diedi ad Haymitch quando me lo chiese. Ricordo la sua faccia stupita e forse anche un po commossa. Nonostante i suoi tentativi di convincermi a ripensarci è stato tutto inutile. Io sarei morto per lei e nulla mi avrebbe fatto cambiare idea.                                                                                            
 'Gli sfortunati amanti'.                                                                                                                
E' cosi che c'hanno chiamato da quell'intervista. Sfortunati in effetti lo eravamo entrambi. Ma amanti no perchè nel cuore di Katniss c'era già qualcun'altro. Ma non era importante.Non si ama qualcuno solo se si è ricambiati e poi io l'avrei salvata comunque. Sempre.                                                            
Mi fanno sedere su una sorta di poltroncina e subito un team di truccatori e stilisti compare intorno a me. Mi lavano, mi vestono, mi coprono i lividi con del trucco e mi spingono nella grande sala dove Caesar mi sta aspettando impaziente, come tutto il pubblico. Come tutta Panem. Vogliono sapere che ne è stato dello sfortunato amante che ha perso la sua unica ragione di vita. Non appena metto un piede sul palco mi sento stordito da tutte le urla e gli applausi che mi accolgono nell'entrata in scena. Caesar mi stringe la mano e poi mi fa un cenno per invitarmi a sedere. Inutile dire quale sarà l'argomento della nostra "chiacchierata". Chissà se Katniss mi sta vedendo in questo momento. Vorrei poterle urlare che sto bene e che non deve preoccuparsi per me. Che io non sarò più un peso per lei. Che non deve più fare finta di amarmi. Vorrei poterla vedere, un'ultima volta. Caesar inizia a parlare di quanto accaduto, e nel suo racconto vengo a scoprire la verità. Un complotto dei ribelli guidato dal capo stratega Plutarch Haevensbee. Com'è possibile che non mi sia accorto di niente? Rimango senza parole e la mia faccia attira subito l'attenzione di Caesar che interrompe il suo racconto per concentrarsi su di me. "Non eri a conoscenza di nulla?" mi chiede con la sua solita finta drammaticità. "No, assolutamente no." rispondo tenendo lo sguardo perso nel vuoto. Non sto guardando niente e nessuno. Sto cercando di dare una spiegazione a me stesso di quanto ho appena sentito. Ci hanno traditi. Ecco cosa è successo. Caesar inizia a parlare di Katniss e della sua probabile complicità nel piano."E' stata lei a far esplodere il campo di forza Peeta" dice. Smentisco tutto subito infuriandomi. "Non sapeva quello che faceva, nessuno di noi riusciva a seguire il piano di Beetee" urlo. Fingeva di amarmi, ma non mi avrebbe mai fatto questo. Lei non mi avrebbe mai tradito. Data la mia razione poco pacata Caesar lascia perdere "va bene, va bene" mi rassicura. "Hai qualcosa da dire prima di salutarci?" mi chiede Caesar in un tono molto strano. Come se già sapesse quello che devo dire. In effetti credo sappiano tutti quello che dirò. Pochi minuti prima di entrare nel camerino lo stesso presidente Snow è venuto a farmi visita. Mi ha detto che aveva bisogno della mia collaborazione e che avrei dovuto pronunciare necessariamente un cessate il fuoco. Questo dovevo dire, se volevo mantenere in vita Katniss, ovunque lei sia. E cosi faccio. 'Io la devo proteggere, penso'. Faccio un grande sospiro e inizio un discorso su quanto stia succedendo a Panem e della necessità di fermare queste ostilità per evitare un peggioramento delle cose. Tutti applaudono. Caesar mi fa un sorriso, uno dei suoi, e le luci si spengono. Mi tolgono gli abiti puliti e mi rimettono i poveri stracci che mi sono concessi. Torno in quella che ormai considero casa. La mia cella. Cerco di rannicchiarmi un angolo e fare il punto della situazione.                                                                                                        

*Mi chiamo Peeta Mellark. Ho diciassette anni. La mia casa è il distretto 12. Ho partecipato agli Hunger games. Sono ancora vivo. Sono prigioniero a Capitol City. Katniss è nel distretto 13. Devo riuscire a dirle addio.*           

Salve a tutti, nuovo capitolo :) Purtroppo per lui (e per noi) la situazione del nostro amato ragazzo del pane continua a peggiorare. Ogni giorno si sente sempre più confuso, abbandonato e terribilmente solo (don't worry Peeta, ti salveranno prima o poi <3) ma nonostante tutto il suo unico desiderio continua ad essere solo uno: la sopravvivenza di Katniss (ma quanto è dolce?). Senza dilungarmi troppo ringrazio chi ha recensito la storia e invito a farlo chi ne avesse voglia, anche perchè vorrei tanto avere un vostro parere su come sta venendo! Mi farebbe mooolto piacere sentirvi! :) Sara!

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Capitolo 3
*** Il depistaggio. ***


Stare qui dentro mi fa perdere la cognizione del tempo, sembra quasi di impazzire. Penso a Katniss. Come ogni giorno. Ma oggi di più. Penso ai suoi occhi, al suo sguardo, al suono della sua risata e per un momento sento un leggero sorriso invadere le mie guance. Lo sfioro con la punta delle dita, avevo quasi dimenticato questa sensazione. Mi rimprovero subito, non devo pensare a lei in quel modo, devo dimenticarla. Rilasso i muscoli del viso e la tristezza torna più forte di prima. Dopo quello che ho detto durante l'intervista potrebbe pensare di me che sono un traditore. Che non sono dalla sua parte. Eppure dovrebbe sapere che sono sempre stato dalla sua parte e sempre lo sarò. Non mi importa di quello che pensa. Ormai non cambierebbe le cose. Non la rivedrò mai più. Non dovrò dare giustificazioni. Non dovrò dirle più niente. L'unica cosa che voglio è che sopravviva e che riesca a trovare un po di quella pace e felicità che merita. Questo è l'ultimo pensiero a cui mi aggrappo prima di cadere nel sonno.
Vengo svegliato con violenza, strattonato e trascinato in una stanza piena di computer e altri strani macchinari che non riesco a identificare. Mi fanno sedere su una sedia o meglio, mi ci buttano con forza. Non oppongo resistenza, ormai non ho neanche la forza di reagire. La guardo e cerco di capire se sia una comune sedia oppure no. Ci sono dei fili che gli si collegano, fili elettrici mi sembra. Penso sia una sedia elettrica e un unico pensiero mi risolleva. 'Sto per morire'. Tiro quasi un sospiro di sollievo perchè sono cosi stanco di tutto questo. Oggi morirò. Alcuni dottori si avvicinano a me. Mi legano i polsi, le gambe e il petto allo schienale della sedia. Sono immobile. Uno di loro mi inietta ancora una volta quella strana sostanza nel braccio attraverso una comune siringa. Questa è l'ultima volta che metteranno qualcosa nel mio corpo, penso. Poi iniaziano ad attaccarmi dei fili sopra la testa e questa sembra essere un'ulteriore conferma di quanto pensavo a proposito dell'elettricità. Sono pronto a ricevere la scarica
. Chiudo gli occhi e cerco di trattenere il respiro. Devo ammetterlo, ho paura di quello che proverò, del dolore che colpirà il mio corpo. Sarò in grado di sopportarlo? Riuscirò a resitere? Sono nel panico più totale ma cerco di non darlo a vedere. Capitol city non avrà questa soddisfazione, non mi metterò ad urlare o ad implorare pietà. Sarò forte.                          
Se proprio devo morire voglio rimanere me stesso.
I secondi passano ma le scariche elettriche non arrivano, non sento alcun segno di elettricità dentro di me. Dopo un paio di minuti mi accorgo che il problema non è nel mio corpo, ma nella mia testa. Tra i miei pensieri qualcosa inizia a cambiare. Provo una strana sensazione, come se tutti i miei ricordi si stessero cancellando e fossero sostituiti con altri. Vedo cose strane. Improvvisamente sento una voce nelle orecchie che mi dice di prestare attenzione allo schermo, che dopo qualche secondo si accende davanti a me. Lo guardo con quanta più concentrazione possibile per capire cosa stia succedendo ma inizialmente le immagini non sono chiare. Sono distorte, astratte e non ci capisco niente. Finchè una figura non si materializza davanti a me. Katniss. Come non riconoscere i suoi occhi. Occhi di giacimento. Mi fissano, si avvicina a me piano piano con aria dolce e innocente. Allungo le mani cercando di raggiungerla, sto per toccarla quando improvvisamente si trasforma in un essere spregevole. Una sorta di lupo mutante o qualcosa del genere. 'Katniss è un ibrido?'. No, non è possibile. Le sue zanne sono affilate e vengono proprio verso la mia gola. Vuole uccidermi. Ma perchè? La voce nelle mie orecchie, che ormai sembra essere entrata nella mia testa continua a ripetermi le stesse frasi ininterrottamente.
"Katniss Everdeen è un ibrido creato per distruggerti. Ha distrutto la tua casa, la tua famiglia. Ed ora vuole uccidere te."
Altre sequenze di immagini mi vengono mostrate e sono una peggio dell'altra. Continuo a vedere Katniss che da un momento all'altro assume forme spregevoli e inizia ad uccidere delle persone. Tutto questo è reale? Non lo so. Sto per perdere la ragione e me stesso. Cerco di distrarmi, di mantenere la calma. 'Non permettere che ti cambino' continuo a ripetere a me stesso. Stringo le mie mani in pugni e cerco di concentrarmi su quello che so per certo.
*Mi chiamo Peeta Mellark. Ho 17 anni. La mia casa è il distretto 12. No la mia casa non c'è più, Katniss l'ha distrutta. No non è stata lei, sono stato io ad accendere il fuoco. Non ne sono sicuro. Io..io non me lo ricordo.*
Cerco di concentrare la mente ma le immagini che vi compaiono hanno uno strano luccichio che mi impedisce di vederle per quelle che sono realmente. Niente da fare, non ci riesco. Chiudo gli occhi e mi abbandono alla mia confusione mentre sento ancora il liquido scorrermi nelle vene.
Di scatto apro gli occhi e mi accorgo che sono tornato di nuovo nella mia cella. Quasi non mi sembra di aver dormito. Muovo le mani ancora intorpidite e guardo i segni violacei che le caratterizzano. Mi fanno male, anzi mi fa male tutto. Tuttavia il dolore fisico è niente rispetto a quello mentale. Inspiegabilmente sento una rabbia dentro di me che non mi è mai appartenuta. Mi sento come se non fossi più me stesso. Come se avessi una nuova personalità che ogni giorno cresce dentro di me e prende il sopravvento su quella vecchia parte che cerco di non perdere. Stanno creando un nuovo Peeta, un Peeta cattivo. Questo non sono io. O si? Forse lo sono sempre stato in fondo. Magari questa è una parte di me che ho sempre cercato di reprimere per essere apprezzato dalle persone e che adesso dato che non ne ho più bisogno sta uscendo fuori. Reale o non reale? Vero o falso? Tante domande, nessuna risposta. Sono nervoso, arrabbiato. Sono qui da troppo tempo. Continuo ad agitarmi, ogni giorno sempre di più. Quasi non faccio più caso al tremolio delle mani che ho continuamente o al tic che ogni tanto mi viene alla gamba buona, alla mia unica gamba. Già perchè Capitol city oltre alle tante cose mi ha portato via anche una parte del corpo. Ricordo quel giorno come se fosse ieri. Erano i 74 Hunger games ed erano rimasti soltanto tre tributi in vita: Io, Katniss e Cato. Ero stato ferito e avevo una freccia legata a mo' di laccio emostatico alla gamba sinistra per tentare di fermare il flusso di sangue che sembrava venire fuori come un fiume in piena. Avrei potuto salvarla, ma invece l'ho persa e la colpa è..di Katniss. Ma certo, ora che ci penso ha usato quella freccia per uccidere Cato, il tributo maschio del distretto 2, nonchè il favorito per eccellenza. Nella sua mente avrà pensato che dopo essersi sbarazzata di lui l'unica cosa che l'avrebbe ostacolata nel vincere sarebbe stato un povero fornaio con una gamba fuori uso. Un tipo difficile da eliminare insomma. Uccidermi sarebbe stato piuttosto facile dato che non potevo camminare. Ma non l'ha fatto. Non glielo hanno permesso. L'hanno fermata in tempo. O è stata lei a non volerlo? Non lo so. I ricordi vanno e vengono. Non sono mai chiari, sono dei piccoli pezzi che non riesco a mettere insieme. A volte mi confondono del tutto e mi resta difficile capire quale sia la realtà. Un attimo vedo Katniss che mi abbraccia, mi bacia e subito dopo vedo ibridi che cercano di squarciarmi la gola. Non è mai facile capire cosa è vero e cosa è falso, o almeno non lo è più per me. Cerco di fare ordine ma con scarzi risultati.

Ciiiiiao a tutti :) Terzo capitolo del nostro ragazzo del pane! Purtroppo è un capitolo (a mio parere) troooooppo triste! Il depistaggio di Peeta comincia ad essere incentrato su Katniss e inizia lui stesso ad avere dei pensieri confusi su di lei! (poor Peeta :( ). Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto e vorrei taaaaanto sapere cosa ne pensate, anche perchè certe volte ho paura di scrivere sempre le stesse cose! Un vostro parere sarebbe mooooolto gradito! (giuro che non mangio nessuno). Alla prossima, Sara!

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Capitolo 4
*** Colpi di scena. ***


Come quasi ogni giorno, anche oggi i pacificatori vengono a farmi visita. Ormai è diventato quasi un gioco cercare di indovinare cosa mi faranno. Forse oggi continueranno con le iniezioni oppure mi tortureranno per divertirsi un po. Mentre li guardo avvicinarsi faccio varie ipotesi ma a quanto pare la giornata oggi sarà diversa. “Alzati, oggi sei in onda, Panem ha bisogno dello sfortunato amante del distretto 12.” dice uno di loro facendo una risatina e scambiandosi alcune occhiate con il suo collega. Le sue parole e i suoi gesti sono del tutto privi di gentilezza. Non che abbia molta importanza, ormai a mala pena ricordo cosa significhi essere gentile. 'Bene' penso, questo vuol dire che oggi avrò il “piacere” di vedere ancora Caesar Flickerman. Un'altra intervista, altre bugie. Rimango immobile, con lo sguardo perso. “Quando finirà tutto questo? Quando mi lascerete in pace?” chiedo al pacificatore che mi ha ordinato di alzarmi cercando di mantenere nel timbro di voce quella poca dignità che mi è rimasta. “Finirà quando il presidente Snow non avrà più bisogno di te. Ed ora alzati e vai nel tuo camerino, ragazzo del pane.” urla lui come risposta. Ragazzo del pane? Non capisco perchè ma quest'espressione non mi è nuova. Certo sono il figlio di un fornaio ed è ovvio che io abbia a che fare con il pane, ma non è di questo che si tratta. Non ne sono sicuro. Cerco di sforzarmi, cerco di aprire il cassetto dei ricordi, ma ormai non è più lo stesso e non posso più fidarmi neanche dei mie pensieri.
Non avendo altra scelta mi alzo in piedi ed esco. Faccio pochi passi e la mia attenzione si ferma subito sulla cella accanto alla mia. Stesse sbarre di metallo, stessa finestra in alto, stessa disperazione. Era sempre stata vuota, o almeno io l'avevo vista vuota quelle poche volte che mi ci hanno fatto passare davanti. Ma oggi no, oggi vedo qualcuno. Una sagoma rannicchiata in un angolo che muove la testa su e giù continuamente. Dondola e borbotta qualcosa di indecifrabile. Mi fermo e aggrappandomi a quelle sbarre cerco di mettere a fuoco per poter capire chi sia. Stranamente i pacificatori mi lasciano stare e non mi forzano a proseguire anzi, si allontanano di qualche metro per mettersi a parlare tra loro di non so che cosa. Guardo quella figura e vedo che i capelli sono rasati ma nonostante le poche forme che ha si riconosce che è una donna. Sto per abbandonare l'idea che si tratti di qualcuno che conosco quando improvvisamente i suoi occhi, che prima erano persi nel vuoto, ora sono fissi su di me. Occhi che denunciano le più svariate emozioni: rabbia, tristezza, disperazione e al tempo stesso rassegnazione. Con quella poca forza che le è rimasta striscia verso la mia direzione. Non ce la fa a reggersi in piedi è chiaro. Il suo corpo è pieno di lividi e i suoi muscoli non smettono di tremare. Con una presa piuttosto debole si appoggia alle sbarre. "Allora sei ancora vivo piccioncino." sussurra accennando un sorriso. "Johanna!" esclamo io del tutto incredulo. Allora era davvero lei quella che sentivo urlare. "Che cosa ti hanno fatto?" le chiedo abbassando quanto più possibile il tono di voce, non voglio di certo peggiorare la sua situazione. "Non è ovvio?" mi risponde lei con il suo solito sarcasmo. "Mi torturano...ogni giorno da quando sono qui. Hanno diversi modi per divertirsi con me, ma il loro preferito è senza dubbio con..con l'acqua." continua a dire con difficoltà, quasi quelle parole suscitassero di nuovo in lei il dolore che ha provato in quei momenti che ora sono solo ricordi. "Neanche tu scherzi a quanto vedo. Ho sentito spesso le tue urla. Mi dispiace Peeta.." Al suono del suo 'mi dispiace' un brivido percorre la mia schiena. E' passato cosi tanto tempo dall'ultima volta che qualcuno ha provato pena per me. Non sono più abituato a queste parole, a queste emozioni e infatti l'unica cosa che riesco a dire è un banalissimo e del tutto superficiale 'Già'. Sospiro e tengo lo sguardo rivolto verso il basso. "Devo andare a prepararmi per l'intervista." dico con tono rassegnato. Sto per riprendere il mio cammino quando sento le sue dita strette intorno al mio braccio. "Peeta.." mi chiama Johanna con voce debole "se non dovessi farcela..beh, fagliela pagare." sussurra per poi mollare la presa. La guardo piuttosto confuso ma non ho il tempo di replicare perchè i due pacificatori sono tornati e mi spingono con forza verso l'ascensore allontanandomi dalla sua cella.
Scendo al solito piano e mi dirigo verso il mio team di preparatori. Siedo alla solita postazione e iniziano ad apllicare una quantità di trucco superiore a quella dell'ultima volta. Immagino non debba essere facile coprire tutti i lividi e il sangue ancora fresco che mi ricopre il corpo e il viso. Mi fanno indossare lo stesso completo scuro di sempre e guardandomi allo specchio mi accorgo di quanto mi stia largo. Ho perso molto peso ultimamente e questa è una cosa che neanche Capitol city può riuscire a nascondere. Dopo un paio d'ore sono pronto e mi dirigo verso il solito palco dove una folla in delirio urla il mio nome. Come d'abitudine mi metto seduto e Caesar inzia con le domande. Guardo verso la telecamera perso e anche spaventato, le parole questa sera sembrano proprio non voler uscire. Faccio fatica a parlare. Dopo un incoraggiamento di Caesar e un gran respiro inzio il mio discorso.
Prima continuo a parlare con voce piuttosto irritata della necessità di un cessate il fuoco e poi comincio ad elencare i vari disagi che questa rivoluzione sta comportanto in tutti i distretti. Tuttavia man mano che i minuti passano mi accorgo che mentre la mia bocca si muove e le parole escono, sono del tutto assente con il pensiero. La mia mente non è li, su quel palco. E' altrove. Continuo ad avere dei piccoli flashback su quanto ho sentito prima dai pacificatori che di solito sono di guardia davanti alla mia cella. Nei momenti di silenzio tra me e Johanna sono riuscito a sentire alcune frasi. Tra i vari discorsi ho sentito che questa notte Capitol City bombarderà il distretto 13. Cerco di elaborare varie ipotesi perchè proprio non riesco a capire il senso di un'azione cosi estrema. Sono davvero cosi preparati nel 13? Le loro forze stanno crescendo a tal punto da ritenere necessario uno sterminio di massa? Non lo so, so solo che tutto questa storia del bombardamento rende sempre più difficile il mio piano di uccidere Katniss. No, ma cosa sto dicendo, io non voglio ucciderla. Come ho solo potuto pensare una cosa del genere?. Cerco di cancellare subito questo pensiero dalla mente. Continuo ad analizzare frase per frase ma non riesco a venirne a capo. Ciò che riporta la mia mente su quella sedia è una cosa del tutto inaspettata. La rete televisiva di Capitol City sta lottando contro un'altra emittente per ottenere la diretta su Panem ed incredibilmente ci riesce. Il distretto 13 è in onda. Sono confuso e vengo deconcentrato dalle varie urla del presidente Snow, chiaramente preoccupato, e le espressioni sorprese del pubblico che non riesce a capire cosa sia succedendo, come me. Niente è chiaro e continuo a guardarmi intorno in cerca di istruzioni. I miei occhi viaggiano senza meta finchè non la vedo. Sullo schermo, una sola figura, Katniss. E' vestita interamente di nero, con un arco di ultima generazione che regge con la mano sinistra e i capelli raccolti nella solita treccia. Comincia a parlare della rivoluzione, del controllo dispostico di Capitol city e di quello del presidente Snow. Poi si rivolge direttamente a me, dicendomi che nel distretto 12 non c'è niente, che Capitol city ha distrutto tutto, ma io non ascolto. Non ci riesco, sono troppo preso dalla sua immagine. Pezzi di ricordi iniziano a tornare e per un momento riesco persino a sentirmi il vecchio Peeta Mellark di sempre. Sento una bella sensazione invadere il mio corpo. Io la amo, si ora me lo ricordo. Sto lottando disperatamente contro la parte di me stesso che ha creato Capitol city. Sono confuso, e non appena la diretta torna su di me non so cosa dire e tento disperatamente di riprendere il discorso. Balbettando riprendo a parlare dei vari disagi che si stanno creando ma dopo pochi secondi la diretta si interrompe nuovamente e vedo Finnick, che parla di Rue e della rivoluzione. Di nuovo confusione totale. Occorrono un paio di minuti ma finalmente il distretto 13 molla la contesa e siamo in diretta definitiva. Caesar sotto istruzioni cerca di chiudere la trasmissione chiedendomi velocemente qual'è il mio pensiero su Katniss dopo quanto accaduto. Mi sudano le mani e le voci nella mia testa non smettono di creare confusione. Cercando disperatamente di rimanere lucido guardo dritto nella telecamera e inizio a parlare “Katniss..come credi che finirà? Che cosa rimarrà? Nessuno è al sicuro. Non a Capitol City. Non nei distretti. E tu..” mi fermo per riprendere fiato e cercare di reprimere questo nuovo Peeta. Un nuovo Peeta che non fa che ripetermi 'Non aiutarla, lei ti ucciderà, vuole solo che tu muoia.' Faccio un respiro profondo e mi concentro su un piccolo ricordo felice. Una perla. 'Ce la puoi fare' continuo a ripetermi tra me e me. Immagazzino quanta più aria possibile nei polmoni e riprendo il mio discorso:
“E tu, nel distretto 13..sarai morta prima che faccia mattina.”
Il pubblico esplode in un coro di stupore, ma la reazione che più mi preoccupa è quella dei pacificatori che correndo verso di me mi gettano a terra. Iniziano a picchiarmi con dei bastoni. I colpi sono sempre più forti e mentre urlo dal dolore mi accorgo che sto per perdere i sensi. L'ultima cosa che vedo è il mio sangue sulle mattonelle, poi tutto buio. 

 

Eccomi qui con un nuovo capitolo! Quante novità per il nostro povero ragazzo del pane! Continua a lottare contro Capitol city e cerca con tutte le sue forze di proteggere Katniss, sempre e comunque. Di certo Snow questa volta non gliela farà passare liscia (poor Peeta :( ). Purtroppo ci avviciniamo sempre di più al triste (tristissssssimo) momento che ha sconvolto la mia esistenza (spero sappiate di cosa parlo!). Comunque, cose tristi a parte, spero che il capitolo vi sia piaciuto e se volete farmi sapere cosa ne pensate (sia cose positive che negative) mi fa piacere :D Alla proooossima, Sara :)

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Capitolo 5
*** Il salvataggio. ***


Dopo non so quanto tempo apro gli occhi e sento un dolore atroce che mi percorre tutto il corpo. Lo sento lungo la schiena, nella testa, sulle gambe. Non credo ci sia un punto che i bastoni non abbiano raggiunto ieri sera. Nella mia testa sento ancora il loro impatto sulla mia pelle. Sento le mie stesse urla disperate. Cerco di muovermi per vedere di che tipo siano le mie lesioni ma non appena tento di alzarmi mi accorgo che non posso farlo. Sono bloccato su un lettino. Le cinghie legate ai polsi sono talmente strette che provo la sensazione che il sangue abbia smesso di circolare lungo le mani. Cerco di guardarmi intorno per poter capire meglio la situazione e non appena riesco a mettere a fuoco vedo il presidente Snow in persona camminare verso di me. Stringo i pugni cercano di placare la mia rabbia. Il suo volto è ancora rosso per quanto successo poco fa e il suo alito emana un odore davvero sgradevole. Punta i suoi occhi su di me, si avvicina sempre di più al mio viso. "Le sue parole c'hanno causato parecchi problemi signor Mellark. Il distretto 13 non è stato distrutto e i ribelli sono ancora in vita." dice con voce dura "suppongo che presto verranno a salvarla, ma di certo non troveranno la stessa persona che hanno lasciato." continua alternando le parole a sospiri. "Sono stato piuttosto clemente nei suoi confronti in quanto a dosi, ma evidentemente il suo amore per quella ragazza è cosi forte che non siamo riusciti ad ottenere i risultati che speravamo. Ma le cose stanno per cambiare. Sta per diventare una persona diversa." continua.
Sul suo volto si è formato un leggero sorriso. Un sorriso che non riesco proprio ad interpretare. Una persona nuova? Cosa vuol dire? Non mi uccideranno? Non ce la faccio più. "Non mi interessa" rispondo con quanta più sicurezza possibile. In fondo è vero, non ho più nè la voglia nè la forza per lottare. Il presidente Snow si allontana da me ridendo per le mie parole e si avvicina ad uno dei tanti medici che ci circondano. "Aumenti la dose quanto più possibile, ma lo lasci vivo. Loro devono riprenderselo." dice con tono fermo e pacato.
Devono riprenderselo? Chi? Chi deve venirmi a prendere? Non lo so, non riesco a capire quale sia il soggetto delle frasi che Snow pronuncia con tanta soddisfazione. "Addio signor Mellark." dice sorridendo per poi scomparire dietro una porta scorrevole.
Dopo aver parlato per un paio di minuti tra loro, dei dottori mi si avvicinano e io comincio a dimenarmi senza sosta. "Stia fermo, non peggiori le cose." mi dice uno di loro prendendomi il braccio. Nella più totale disperazione decido di fare l'unica cosa possibile: arrendermi. I miei muscoli si rilassano e la pelle diventa morbida. Chiudo gli occhi e sento le dita fredde del dottore percorrermi l'avambraccio alla ricerca di una vena. Non ci mette molto e quando la trova emette uno strano suono, quasi fosse soddisfatto del suo successo. Dopo aver fatto una forte pressione, infila l'ago e sul mio volto compare una smorfia di dolore. Nonostante le numerose iniezioni che mi sono state fatte da quando sono qui penso che non mi abituerò mai alla sensazione che si prova ad avere qualcosa di freddo infilato nel braccio. Ho tante domande che mi circolano nella testa ma decido di restare in silenzio a fissare un punto vuoto della stanza. 'Devi essere forte' continuo a ripetermi. Vorrei essere più coraggioso di quello che in realtà sono..o ero? Non riesco più a capire chi sono. Certe volte sento come se la mia testa fosse vuota, come se avessero cancellato tutto. Tutti i miei pensieri, tutti i miei ricordi più belli. 'Mi dispiace deluderla caro Presidente Snow, ma le sue dosi hanno avuto effetto eccome' penso tra me e me.
Dopo essersi accertato che il sangue non uscisse nel punto in cui è entrato l'ago il dottore si allontana per avvicinarsi ad una specie di macchinario grigio. Non dev'essere facile metterlo in funzione, ci sono cosi tanti pulsanti e leve. Ma d'altronde io sono..o meglio ero un fornaio, cosa posso capirci di tecnologia. Con le mani ripercorre le sporgenze delle varie macchine fino ad arrivare a un pulsante color rosso. Leggo nel suo sguardo un attimo di esitazione, ma dopo aver fatto un piccolo sospiro lo preme. Sento un leggero rumore, e vedo che la prima delle tre fiale alle quali è collegato il tubicino che ho nel braccio inizia a svuotarsi. Poi la seconda. Manca sempre meno, il liquido scorre. Inizia ad entrare in circolo anche la terza e inizio a sentire qualcosa dentro di me. Sento un forte bruciore, come se il corpo mi stesse andando a fuoco, mi scoppia la testa. Davanti ai miei occhi alcune immagini continuano a manifestarsi. E' come se fossi in uno dei miei peggiori incubi. Ma purtroppo questo non è un incubo, è la realtà..o almeno credo. Non faccio che urlare e le mie mani tremano cosi forte che sento il rumore delle cinghie che sbattono violentemente contro le aste di ferro del letto. Urlo, piango e prego perchè smettano ma niente, nessuno mi sta a sentire, nessuno mi aiuterà. Anche la terza fiala è andata e il dolore è sempre più forte. Non avevo mai provato niente di simile, anzi non lo credevo neanche possibile. Rivolgo il mio sguardo disperato verso l'ultima fiala e mi accorgo che il liquido che conteneva è quasi finito. Non appena anche l'ultima goccia entra nel mio corpo improvvisamente il dolore sparisce. Resta solo un lieve stordimento che però riesco a controllare. Sono morto? Al solo pensiero mi sento sollevato, libero. Ho aspettato questo momento per cosi tanto tempo da quando sono qui. Finalmente è arrivato, sono morto e Capitol city non avrà più alcun potere su di me. Tuttavia la sensazione di sollievo che provo viene subito sovrastata da un dubbio. Nella testa non fanno altro che tornarmi in mente le parole di Snow 'aumenti quanto più possibile la dose, ma lo lasci vivo.' Aveva esplicitamente ordinato di tenermi in vita. Ma se Snow mi voleva vivo allora perchè sono morto? Forse qualcosa è andato storto, si sicuramente. Meglio cosi, perchè alla fine anche se non mi avessero ucciso non credo che sarei rimasto in vita ancora per molto. Libero da qualsiasi preoccupazione e ansia mi abbandono al sonno eterno, chiudo gli occhi.
Sento un rumore fortissimo, simile ad un'esplosione. 'Che cosa sta succedendo?' chiedo tra me e me. E' questo che succede dopo la morte? Non lo so, ma in ogni caso decido di aprire gli occhi. Non appena metto a fuoco rimango di sasso. Sono ancora nella cella, ancora nei sotterranei di Capitol city. Questo vuol dire che sono ancora vivo? O questo è ciò che mi aspetta per l'eternità? E' questo il mio inferno? La solita confusione mi sorprende. Il rumore delle esplosioni si fa sempre più forte ed è sempre più frequente. Metto le mani sulle orecchie per cercare di ripararmi da quel suono cosi assordante. Il cuore batte cosi forte nel petto che riesco a sentirlo senza il bisogno di metterci una mano sopra. Vedo un gran numero di pacificatori armati correre davanti alla mia cella. "Che cosa sta succedendo?" urlo ogni volta che li vedo passare "Aiutatemi, vi prego..vi prego. Non lasciatemi qui." li imploro. E' tutto inutile, nessuno mi sta a sentire. Rimango immobile nel mio angolo preferito, tenendo la testa tra le mani tremanti. Sono ancora rannicchiato su me stesso cercando di capire cosa fare quando improvvisamente un ragazzone alto un metro e novanta entra dalla porta di metallo dopo aver forzato la serratura. E' vestito di nero, ed è armato. Emozioni contrastanti invadono il mio corpo. Entra con aria sicura ma sembra avere anche molta fretta. Cerca di usare una delle deboli luci che sono attaccate al suo fucile per poter vedere meglio. Dopo pochi secondi la luce mi colpisce accecandomi e istintivamente punto una mano davanti al viso. I miei occhi non sono abituati a tanta luce, non più. E' sempre molto buio qui sotto la sera. Dopo pochi istanti la luce diminuisce di intensità, o forse i miei occhi si sono abituati, sta di fatto che decido di togliere la mano. Non appena i nostri sguardi si incrociano vedo nei suoi occhi un qualche accenno di stupore. "Oh mio dio..che ti hanno fatto?" dice con voce tremante. Lo fisso intensamente mentre camminando a piccoli passi si avvicina sempre di più. Si siede sulle ginocchia e mi mette una mano sulla spalla. Non appena sento il suo tocco rabbrividisco. Non è colpa sua, la colpa è mia. Dopo tutto quello che mi hanno fatto non riesco più a distinguere un tocco duro da uno gentile. E' a pochi centimetri dal mio viso e io abbasso lo sguardo. "Ehi.." mi dice muovendo la sua mano su e giù lungo la mia spalla. "Gale non voglio morire.." gli sussurro. Ed è vero, per tutto questo tempo non ho aspettato altro, ma ora che sembra arrivato davvero il momento mi accorgo che non voglio morire. Non voglio che la mia vita finisca sotto le macerie di questo posto. Se devo morire voglio che succeda nel distretto 12. Ma..esiste ancora un distretto 12? No, sono stato io a distruggerlo..o almeno cosi mi sembra di ricordare. Sto tremando. Voglio tornare a casa. Mi sento cosi vulnerabile e disperato. Sento una lacrima che scende lungo la guancia. "Non morirai te lo prometto." mi risponde lui con un sorriso. E' gentile, lo è sempre stato. Stringe le sue dita intorno alle mie braccia cercando di tirarmi su. "Andiamo Peeta, ti portiamo via di qui. Nel distretto 13 c'è qualcuno che ha davvero bisogno di te." 

Eccomi qui con il 5° capitolo di questa storia che ogni giorno mi fa soffrire sempre di più. Devo ammettere che ho avuto seri problemi con questo capitolo prima di pubblicarlo perchè non riuscivo a decidermi dove fermarlo. Non volevo che la storia fosse troppo affrettata però avevo anche paura che risultasse noioso! Non sono ancora totalmente convinta della scelta che ho fatto ma spero comunque che vi sia piaciuto e che come al solito mi facciate sapere cosa ne pensate! (se è veramente noioso ditemelo, giuro che non mi offendo :D). Ora, parlando del capitolo in sé per sé, FINALMENTE, sono arrivati i ribelli a salvare questo piccolo panettiere che proprio non ce la faceva più. Mi è piaciuto tanto scrivere di Gale (anche se pochi pezzi per ora) perchè in Mockingjay l'ho rivalutato molto come personaggio! Vabbe, dopo essermi dilungata abbastanza, vi saluto!
Al prossimo capitolo, Sara :) 

 

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Capitolo 6
*** Rivelazioni. ***


Dopo alcuni istanti di indecisione capisco che ormai non ho più niente da perdere e quindi mi lascio trascinare fuori dalla cella. Mi sento davvero debole e non riesco a camminare come vorrei. Gale e un altro soldato che non riesco a riconoscere mi tengono per le braccia e cercano di muoversi il più velocemente possibile. Passiamo per una serie di corridoi mentre le urla dei pacificatori e il rumore dei loro passi si fanno sempre più vicini. Durante il nostro percorso i miei occhi si fermano su tutte quelle celle, quelle sbarre di metallo e improvvisamente un pensiero si fa forte nella mia testa. "Johanna, Johanna" urlo tutto ad un tratto "dobbiamo salvare Johanna, hanno preso anche lei" dico rivolgendo il mio sguardo a Gale. "Stai tranquillo Peeta, un'altra squadra di soccorsi si sta occupando di lei" mi dice con tono calmo cercando di rassicurarmi.                
Nell'arco di qualche istante il corridoio finisce e ci ritroviamo davanti ad un ascensore. Le sue porte si aprono e i vari ribelli iniziano ad entrare compreso Gale. Io esito, come sempre, ma dopo alcuni secondi decido di farmi forza. L'ascensore inizia a salire e per mantenere il controllo stringo i pugni e cerco di distrarmi guardando le luci dei piani che si accendono man mano che li passiamo. Finalmente la nostra salita si conclude. Siamo all'ultimo piano, il terrazzo. Non so perchè ma questo posto non mi è nuovo. Non riesco a ricordare perchè me lo sento cosi vicino. Forse devo esserci stato durante una delle edizioni degli Hunger games. Sicuramente..ma perchè? Perchè sarei dovuto venire qui? Non lo so, non riesco a ricordare molto, l'unica cosa che sento è una forte rabbia che cresce sempre di più ad ogni passo. Questo luogo mi fa star male e non riesco a controllare il mio disagio. Cerco di ripetere a me stesso di stare calmo ma è tutto inutile. Gale mi si avvicina e cerca di placare la mia agitazione ma non appena mi mette una mano sulla spalla destra io lancio un urlo e mi allontano. "Peeta che stai facendo?" grida Gale cercando di sovrastare con la sua voce il rumore di un hovercraft che sta per atterrare a pochi metri da noi. Cerca di afferrarmi, di bloccarmi ma io proprio non riesco a dargli retta. Non mi sento al sicuro, non qui. "Arrivano i pacificatori" sento urlare da uno dei ribelli, "Dobbiamo andare" continua a ripetere con una voce piuttosto preoccupata rivolgendosi a Gale, che dopo uno sguardo di approvazione si gira verso di me. "Peeta, stai tranquillo è tutto ok, sei al sicuro. Fidati di me." Non appena sento quelle tre parole rimango di sasso. 'Fidati di me'. Le ho già sentite, mi sono già fidato e guarda cosa mi hanno fatto. Lo guardo dritto negli occhi. "Non posso fidarmi, tu non capisci. Io non posso fidarmi." gli dico con voce arrabbiata. "Di me puoi fidarti, Peeta." mi ripete tenendomi le mani. I miei occhi sono fissi su di lui, quasi in segno di sfida. Noto che sulle sue labbra si stanno articolando nuove parole, ma non fa in tempo a pronunciarle che uno dei pacificatori gli spara alla spalla. Emette un grido di dolore, perde sangue e fa fatica a tenersi in piedi. Due ribelli vengono ad aiutarlo e io senza fare storie li seguo fino all'hovercraft.                    
Dopo una serie di spari e qualche pacificatore a terra riusciamo a chiudere lo sportello e a partire. Alcuni ribelli si mettono intorno a Gale per cercare di fermare il sangue mentre altri si siedono nelle postazioni di comando. Io rimango fermo, immobile in un angolo. 'Sei uno stupido' continuo a ripetermi, 'è colpa tua, solo colpa tua.' dico a voce bassa dandomi dei colpetti sulla testa. Gale morirà? Non lo so, non sono in grado di analizzare le lesioni che il proiettile ha causato. Voleva solo aiutarmi e io l'ho ferito. Non ho idea di cosa mi sia preso, non volevo fargli del male. Continuo a prendermela con me stesso e Gale deve essersi accorto del mio borbottare perchè sposta con una mano un uomo che gli si era seduto davanti per chiamarmi. "Peeta, stai bene?" mi chiede con preoccupazione. E' ferito, perde sangue eppure si preoccupa per me. "Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace." continuo a ripetere ininterrottamente tenendo lo sguardo per nel vuoto. "Il ragazzo è sotto shock", dice uno dei ribelli, "dategli qualcosa per farlo dormire" continua rivolgendosi agli uomini che siedono sulla destra. Mentre alcuni di loro si alzano e si dirigono verso una sorta di armadietto i miei occhi si fissano su uno dei sedili dell'hovercraft. Non è passato molto tempo dall'ultima volta che sono stato costretto a sedermici sopra. Durante l'edizione della memoria. Continuo a fissarlo e mi sembra di riuscire a vedere me stesso. Seduto li, con il braccio disteso in attesa che un qualche assistente di Capitol city mi iniettasse il localizzatore. Seduto li, spaventato, innocente. Seduto li, rassegnato alla morte. Distolgo lo sguardo non appena mi rendo conto che quella è un'immagine che non mi appartiene più. Ora non sono un innocente, sono un assassino.                                                                  
Senza che possa rendermene conto mi fanno una piccola iniezione sulla spalla e i miei occhi iniziano a chiudersi piano piano. Credo siano passate un paio d'ore da quando mi sono addormentato. Apro gli occhi e mi ritrovo steso in un angolo con una coperta sopra. Sto per muovermi quando sento alcune voci che stanno parlando. Riconosco la voce profonda e calma di Gale mentre l'altra non ho proprio idea di chi sia. Sta di fatto che decido di rimanere immobile per poterli ascoltare senza che si accorgano che l'effetto del sonnifero è finito. "Dovevamo lasciarlo morire, ti sei quasi fatto uccidere per lui" dice l'uomo rivolgendosi a Gale con voce arrabbiata e frustrata. "Non potevo, l'hai vista anche tu come sta." gli risponde lui con voce rassegnata. Ma di chi stanno parlando? Sono io quello che avrebbero dovuto lasciar morire? Libero la mia mente da queste domande per poter continuare ad ascoltare. Sento Gale fare un grande respiro, sembra che quelle parole gli facciano davvero male. "Katniss non ce la fa più. Ha bisogno di lui e io devo riportarglielo." dice liberando i polmoni di tutta l'aria di cui li aveva riempiti.   Katniss. Non appena sento pronunciare il suo nome il mio cuore batte come non mai e mi accorgo che i miei occhi sono completamente spalancati. Sono impaurito, sento che potrebbe uccidermi da un momento all'altro. 'Katniss, Katniss, Katniss' continuo a sentire nella mia testa. Cerco di pensare ad altro ma è tutto inutile. Questo pensiero non riesce ad abbandonarmi e sto perdendo di nuovo il controllo. Chiudo gli occhi sperando che passi ma tutto quello che vedo sono frecce scagliate verso di me. Sento un rumore di passi e subito dopo la voce di Gale. "Ti sei svegliato finalmente" dice con una qualche sorta di ironia. Mi giro verso di lui ed i miei occhi devono avere qualcosa di strano perchè non appena li vede il suo umore cambia. "Ehi, tutto ok? Stai bene?" mi continua a chiedere, ma io non riesco a rispondere, sono bloccato. Non faccio che vedere quelle frecce. Mi da una leggera scrollata e finalmente quelle strane immagini spariscono. "Peeta?" mi chiama. "Sto bene." rispondo tenendo la testa chinata verso il pavimento. Dopo qualche secondo alzo leggermente lo sguardo e vedo la sua spalla ricoperta di bende insanguinate. Il senso di colpa torna di nuovo al centro dei miei pensieri. Tengo gli occhi fissi su quelle stoffe e la mia convinzione di essere ormai un mostro cresce ogni secondo di più. "Non è colpa tua, smettila di torturarti" mi dice Gale con tono amichevole. Continuo a sospirare cercando dentro di me la forza per spiegargli che non deve essere gentile, che io non merito tutto questo. Vorrei potergli spiegare che quel ragazzo che conosceva, o che comunque aveva imparato a conoscere tramite uno schermo, non esiste più. Anzi, credo non sia mai esistito. "Gale..io..ecco.." tento di dire a fatica con un filo di voce. "Cosa?" mi chiede lui. "Io.." cerco di mettere in ordine i pensieri. 'Diglielo' continuo a ripetermi nella mente. Ma dirgli cosa? Che cos'è che mi hanno fatto? Che cos'è che sono? Sto per riaprire nuovamente la bocca nel tentativo di mettere insieme una qualche specie di frase ma veniamo interrotti da un forte rumore. "Siamo arrivati" comunicano alcuni uomini addetti al comando del mezzo. L'hovercraft è atterrato.              
Dopo una decina di secondi lo sportello si apre e subito veniamo colpiti da alcuni raggi di sole. Mettendosi in fila indiana dietro le scalette che ci collegano a terra i ribelli iniziano a scendere. Quando arriva il mio turno faccio un po' fatica. Mi sento ancora debole e le mie gambe, o meglio la mia gamba, non mi danno molta stabilità. Faccio passi piccoli cercando di sorreggermi al corrimano di metallo e alla fine riesco a toccare il suolo. Non appena inizio a camminare sento l'aria fresca che mi passa tra i capelli e che urta dolcemente il mio viso. Per quanto tempo sono stato prigioniero? Settimane? Non lo so di preciso, ma di certo è stato abbastanza per farmi perdere la concezione dello stare all'aria aperta. Chiudo gli occhi per potermi concentrare e godere meglio questo momento. Faccio dei respiri lunghi e profondi, quasi avessi paura che da un momento all'altro mi riportassero dentro quella cella. Tuttavia non appena apro gli occhi mi rendo conto di quale sia la realtà. Non siamo nel distretto 12. Dove siamo? Che ne è stato della mia casa? Inizio a guardarmi intorno cercando anche solo un piccolo indizio per poter fare luce tra i miei mille dubbi. Mentre cammino avanti e indietro vedo con la coda dell'occhio che Gale si sta dirigendo verso la mia direzione. "Dobbiamo andare Peeta." mi dice prendendomi un braccio. "Dove? Dove siamo Gale?" chiedo io stupito. "Ti spiegherò tutto te lo prometto, starai bene qui, si prenderanno cura di te." mi risponde amichevolmente per poi darmi una leggera strattonata cosi che mi decida a seguirlo. Ci dirigiamo verso una grande botola ricavata nel terreno e subito un pensiero mi fa sobbalzare. 'Stiamo per tornare sottoterra'. No, non posso, non ce la faccio. Cerco di tirarmi indietro ma è tutto inutile perchè uno dei ribelli mi spinge con forza dentro. Scendiamo una rampa di scale per poi arrivare difronte ad un ascensore. Quanto siamo in profondità? Quanto ancora dobbiamo addentrarci? Dove mi stanno portando? Domande, domande, domande. E' cosi che passerò le mie giornate? Cercando delle risposte che mai nessuno riuscirà a darmi? Vengo sorpreso da un grande sconforto. Iniziamo a scendere di una decida di piani e le mie mani iniziano a tremare. Questa stupida paura degli ascensori non mi abbandonerà mai.                            
Nel giro di qualche minuto le porte si aprono e iniziamo a camminare in un lungo corridoio. Dopo aver percorso circa una centinaio di metri arriviamo davanti ad una porta scorrevole che non appena sente la nostra presenza si apre. Subito dopo averla oltrepassata mi accorgo di dove mi trovo: un ospedale. Una delle mia più grandi paure sta tornando realtà. Dopo tutto quello che ho dovuto sopportare a Capitol city ora mi ritrovo nuovamente insieme a dei dottori che non vedono l'ora di giocare e sperimentare sul mio corpo. Comincio a guardarmi intorno cercando di escogitare un piano di fuga. Mentre i miei occhi fanno il giro della stanza, uno dei dottori viene verso di noi. "E' lui?" dice rivolgendo lo sguardo verso di me. Sapevano del mio arrivo? Mi stavano aspettando. "Si, gli altri sono stati portati al secondo piano e si stanno già occupando di loro." risponde uno dei ribelli che mi hanno scortato qui. Gli altri? Tutti i prigionieri di Capitol city sono stati liberati per essere portati qui? Dubito che Johanna sia ancora in vita. Il dottore mi prende per un braccio e io subito scatto. Nel tentativo di dimenarmi attiro l'attenzione di tutti coloro che sono nella stanza. "Stai calmo, non vogliamo farti del male" inzia a parlare il dottore, "dobbiamo solo farti dei controlli, funziona cosi da queste parti." Queste parti? Quali parti? "Io sto bene," continuo a ripetere guardandolo negli occhi "vi prego lasciatemi andare." inizio a supplicarlo. "E' troppo agitato, sedatelo" dice il dottore rivolgendo lo sguardo verso i suoi colleghi. "No, no, no..vi prego." non voglio di nuovo un ago dentro il mio corpo, non voglio più strane sostanze nel braccio. Corro disperatamente verso l'uscita ma sono debole e lento. Non faccio in tempo ad attraversare la porta che due dottori mi prendono per le braccia bloccandomi, mentre un terzo si avvicina verso di me con una siringa in mano. Inutile supplicare, inutile chiedere aiuto. L'ago entra e la mia vista che prima era nitida ora è sfocata e poi è buio.                              
Dopo qualche ora di sonno muovo lentamente le palpebre e subito i miei occhi sono colpiti da un'intensa luce. Mi ritrovo a fissare un soffitto bianco, concentrando i miei pensieri su una delle luci che ogni tanto si spegne per poi riaccendersi a fatica. Un po' come me insomma. Nelle mia mente subito immagino di essere legato a qualche macchina, di essere intrappolato su questo letto e invece non c'è niente. Il letto è comodo, pulito ma cosa più importante sono libero. Giro la testa verso destra e subito mi accorgo della presenza di un vaso di fiori sul comodino. Riesco a sentirne il profumo. 'Forse davvero non vogliono farmi del male' penso.

Faccio una lieve pressione sulle braccia per riuscire a mettermi seduto. Mi metto sul bordo del letto e faccio ciondolare le gambe per sgranchirle un po'. I dottori presenti nella stanza si accorgono che sono tornato cosciente e si avvicinano mettendosi in cerchio intorno al mio letto. Ognuno di loro controlla qualcosa. Mi controllano le orecchie, la bocca, la pressione, la vista. Altri invece si occupano della mia testa, mi fanno un serie di domande piuttosto banali. Mi chiedono se so come mi chiamo, se ricordo quello che è successo e cose cosi. Sto per rispondere quando improvvisamente sento il rumore della porta scorrevole che si apre. Subito i miei occhi puntano quella direzione e non appena metto a fuoco li sento riempirsi di odio. Katniss. Attraversa la porta e tiene lo sguardo fisso su di me. Nella mia testa è tutto cosi chiaro. E' come se i ricordi stessero tornando di nuovo. Li vedo. Katniss che mi taglia una gamba, Katniss che uccide i miei genitori, Katniss che tenta di uccidere me. E' un ibrido, è un ibrido. Si ora ne sono sicuro e non posso permettergli di farmi del male, non più. 'Uccidila' ripete una voce dentro di me. Uccidila. Uccidila. Uccidila. Con una braccio sposto i dottori che mi circondavano per crearmi un varco in cui poter passare. Mi muovo quanto più velocemente possibile. Vedo le sue braccia che si aprono. Le sue labbra tentano di pronunciare il mio nome ma le mie mani sono già strette intorno alla sua gola. 'Devo ucciderla, devo farlo.' continuo a ripetermi. Le mia mani stringono sempre di più, il suo viso sta cambiando colore. Ha quasi smesso di respirare quando improvvisamente sento un forte colpo alla testa e perdo l'equilibrio. Cado a terra stordito e l'ultima cosa che vedo è il corpo di Katniss che viene trascinato fuori dalla stanza.

Eccoci qui con un nuovo capitolo! Peeta viene salvato da Capitol city e arriva nel distretto 13. Ricordo ancora la prima volta che ho letto questo parte del libro, ero la persona più felice del mondo e non vedevo l'ora che Katniss e Peeta si rincontrassero. Ma poteva esserci un lieto fine secondo la Collins?!?! Certo che no, facciamo che Peeta vuole uccidere Katniss e distruggiamo il cuore delle persone. Anche il vostro cuoricino si è spezzato? Il mio è stato proprio schiacciato e buttato in un cassonetto. Anyway, spero che il capitolo vi sia piaciuto. E' un po' più lungo del solito (grazie al prezioso consiglio di una dolce lettrice <3) e spero di essere riuscita comunque a renderlo interessante e piacevole alla lettura. Come al solito i vostri pareri sono sempre bene accetti e non possono che farmi piacere. Ci vediamo al prossimo capitolo, un bacio, Sara :)

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Capitolo 7
*** Una visita inaspettata. ***


Sono in un bosco e non faccio altro che correre. Sono affaticato, stanco e sento la gola secca ma non posso fermarmi. Da cosa sto fuggendo? Da chi? Dietro di me sento le foglie e i rami che si muovono con violenza ma non riesco a vedere nessuno. Corro, corro più che posso cercando di farmi strada tra la fitta vegetazione. Le gambe fanno male, il petto sembra sia sul punto di esplodere. "Questa volta non mi sfuggirai." Sento urlare la voce di Katniss. Decido di voltarmi per controllore se sia davvero lei ma non appena giro la testa all'indietro inciampo in non so cosa e cado a terra. Cerco di alzarmi ma sono incastrato e non riesco a liberarmi. "Peeta. Peeta. Peeta." non smette di urlare, la sento sempre più vicina. Tengo lo sguardo fisso sulla vegetazione, la vedo muoversi rumorosamente e subito dopo compare Katniss con un arco in mano puntato verso la mia direzione. Avanza con aria spavalda. "Non ripeterò lo stesso errore, questa volta non ti lascerò vivere." dice accennando ad una risata piena di soddisfazione. So che le frecce di Katniss non mancano mai un bersaglio. Anche se cercassi di scappare riuscirebbe comunque a colpirmi. "Ti prego Katniss.." le dico muovendo leggermente le mani quasi in segno di supplica. Ma nei suoi occhi non riesco a percepire neanche un accenno di pietà. "Game over ragazzo del pane." dice per poi scagliare la freccia. La vedo arrivare verso la mia direzione, punto le mani davanti al viso, chiudo gli occhi e urlo, ma improvvisamente sento qualcuno scrollarmi le spalle e chiamare il mio nome. "Peeta, Peeta nessuno vuole ucciderti, stai tranquillo." dice una voce che tutto mi sembra essere tranne quella di Katniss. Apro gli occhi e quello che vedo è un dottore seduto davanti a me in camice bianco. Sono ancora in ospedale. Ma allora cos'è successo? Era un sogno? Un flashback? O era reale? Devo essere diventato pazzo.
Passano un paio di giorni e non faccio che ricevere visite di medici, psicologi o strizzacervelli che mi riempiono di domande, mi visitano, mi fanno dei test. Nessuno viene mai a farmi visita, neanche Gale. Non lo biasimo, chi vorrebbe passare del tempo con uno psicopatico? Puntualmente come ogni mattina alle 8 si presenta un dottore nella mia stanza per effettuare la solita iniezione. Ogni volta che vedo quell'ago avvicinarsi alla mia pelle mi sposto di impulso e anche oggi non sono da meno. "Sai che dobbiamo farlo Peeta, questa medicina ti aiuterà a stare meglio." dice il dottore. Ma stare meglio da cosa? Davvero non riesco a capire per quale motivo si stiano prendendo cosi cura di me. Nessuno si è mai interessato a me cosi tanto, eccetto mio padre. Mi manca davvero moltissimo. Come per tutto il resto, anche per lui ho dei ricordi molto sfocati. Un attimo lo vedo al vecchio forno di casa, mentre lavora il pane, mentre sorride e subito dopo vedo il suo viso tra le fiamme. Alcune volte lo sento perfino urlare. Tutto questo mi uccide perchè vorrei poter ricordare mio padre per quello che era, un uomo buono e gentile ma non ci riesco. Vorrei vederlo, vorrei che venisse a trovarmi ma probabilmente non vuole vedermi. Forse si vergogna di me o meglio di quello che sono diventato. La sensazione dell'ago freddo mi riporta alla realtà. Non appena l'iniezione è finita e tutto il suo contenuto è stato immesso nel mio braccio il dottore si rivolge a me sorridendo. "Oggi avrai una visita Peeta, sei contento?" dice mentre mette a posto i suoi attrezzi. "Una visita? Qualcuno vuole vedermi?" chiedo del tutto incredulo. "Certo! Ora devo andare ad analizzare i tuoi dati, ci vediamo più tardi e comportati bene mi raccomando." risponde chiudendo la conversazione senza darmi l'opportunità di replicare. Una visita. Chi sarà? I miei genitori finalmente si sono decisi a venirmi a trovare? Sono felice e allo stesso tempo preoccupato perchè da molto tempo ormai non riesco più ad avere il controllo di me stesso e delle mie azioni. Se dovessi fargli del male non me lo perdonerei mai. Passano i minuti, le ore, e io non faccio che muovere nervosamente le mani cercando di mantenere la calma. Senza preavviso vedo arrivare un dottore con delle cinghie in mano. "Che succede?" chiedo rivolgendomi a lui con preoccupazione. "Dobbiamo prendere delle precauzioni Peeta, è per il tuo bene." risponde tenendo lo sguardo basso verso i mie polsi. Non oppongo resistenza, anzi, penso sia la cosa giusta. L'unica cosa che mi rende triste è che non potrò stringere le mie braccia intorno alle spalle di mio padre per un abbraccio. Ma non si può avere tutto, mi accontento di vederlo e magari di scambiarci qualche parola. Nel giro di pochi minuti il dottore lascia la stanza per far spazio ad una figura che non sembra essere quella di mio padre. Quella figura che avanza timidamente non appartiene a nessun membro della mia famiglia in effetti. I miei occhi increduli continuano a fissarla. "Peeta? Sono Delly, da casa." dice sorridendo e continuando ad avanzare. "Delly? Delly sei tu." le rispondo io mantenendo nella voce un tono di sospetto e delusione. Non era mio padre, né la mia famiglia. Era Delly, la mia visita era Delly Cartwright. Come dimenticarla una delle mie uniche amiche al distretto 12, passavamo molto tempo insieme. "Si sono io Peeta, come ti senti?" riprende lei il discorso riportando i miei pensieri alla realtà. "Malissimo." rispondo io. "dove siamo? Cos'è successo?" chiedo sperando di trovare in Delly le risposte di cui sono stato privato per cosi tanto tempo. "Beh siamo nel distretto 13..viviamo qui ora."risponde lei con un filo di voce. Viviamo qui? Che ne è stato di casa? Della nostra casa? "Perchè non siamo a casa?" le chiedo impaziente di una risposta. Le mie mani cominciano a tremare. 'No, non ora, cerca di mantenere il controllo.' "C'è stato un incidente..Anche a me manca tanto casa. Stavo pensando a quando facevamo quei disegni insieme. Ricordi quando ne hai fatto uno per ogni animale?" risponde lei con un sorriso. Certo che lo ricordo, i nostri disegni. Mi piaceva cosi tanto catturare un'immagine per poi poterla riprodurre esattamente com'era. Ma non è questo ciò di cui mi importa, i miei pensieri si concentrano su altro. "Hai detto..un incidente?" le chiedo cercando di riprendere il discorso che lei ha volutamente deviato. Vedo i suoi occhi muoversi rapidamente, suda freddo. Cosa mi sta nascondendo? "E' stato brutto. Nessuno..è potuto rimanere." dice esitante. "però so che ti piacerà qui Peeta. Sono stati tutti molto gentili con noi." continua cercando di rassicurarmi. Come potrebbe piacermi un posto in cui mi sento cosi solo? Non ho nessuno qui. "Perchè i miei familiari non sono venuti a trovarmi?" chiedo temendo il peggio. "Non possono. Molti non sono usciti dal 12." sento quelle parole e il mio cuore inizia a far male. E' come se qualcuno lo stesse stringendo in un pugno. Ho perso me stesso e la mia famiglia. Non mi resta niente. Cerco di tenere tra i miei pensieri l'immagine di mio padre mentre sorride, quando improvvisamente un ricordo giunge nella mia mente. "C'è stato un incendio.." dico pensando ad alta voce. Delly deve avermi sentito. "Si.." bisbiglia con gli occhi pieni di lacrime. So chi ha causato l'incendio. So chi ha ucciso i miei genitori, chi ha distrutto la mia casa. Me lo ricordo. E' stata lei, Katniss. La vedo perfettamente emergere tra le fiamme. "Il 12 è stato ridotto in cenere, vero?" chiedo retoricamente. "A causa sua. A causa di Katniss." dico alzando il tono di voce e agitando i polsi cercando di liberarmi dalla presa delle cinghie. "Oh no Peeta, non è stata colpa sua." Ribatte Delly. Come fa a sapere che non è stata colpa sua? Delly sa dov'è Katniss, Delly ha parlato con lei. Nessuno deve fidarsi di lei. "E' una bugiarda, non si può credere a niente di quello che dice! Io l'ho fatto e lei ha cercato di uccidermi. Ha ucciso i miei amici, la mia famiglia. Non avvicinarti a lei Delly, è un ibrido!" le urlo contro. Non voglio farle del male, voglio metterla in guardia, voglio salvarla da Katniss. Cerca di ribattere ma una mano la trascina fuori dalla stanza. Delly non è più qui, ma tutti quelli che sono fuori possono ancora sentirmi, cosi inizio a urlare. "Un ibrido, è uno schifoso ibrido." Continuo ad urlare per una decina di minuti, ma poi decido di smetterla, tanto è tutto inutile. Mi stringo la testa tra le mani e mi massaggio le tempie.
Nonostante l'accaduto la mia "terapia" continua. Ogni giorno mi fanno parlare, mi fanno raccontare i miei pensieri e cercano di convincermi in tutti i modi che Katniss non sia un ibrido e che non voglia uccidermi. Ci sono dei momenti in cui riesco quasi a crederci, ma sono dei momenti molto brevi perchè subito dopo averlo pensato una voce dentro di me mi ricorda di non fidarmi di lei. E' riuscita ad ingannare tutte queste persone, ma non riuscirà ad ingannare me, non più. Devo ammettere però, che tra tanti giorni bui riesco a trovare attimi di tranquillità. Ieri sera per esempio, dopo la solita seduta mi hanno portato un dolce. Un budino alla vaniglia, il mio preferito. I dolci mi sono sempre piaciuti ed era da tanto che non ne mangiavo uno. Purtroppo però il mio corpo è sempre molto instabile e quel tremolio delle mani non sembra volermi lasciare. E' stato difficile riuscire a conciliare i movimenti, le azioni del mio corpo con i pensieri nella mia testa. Tra un'oscillazione e l'altra del cucchiaio alla fine sono riuscito a mangiarlo sotto gli occhi vigili dei dottori che continuano a prendere nota e ad analizzare ogni mio singolo movimento. Questa mattina mi è stato comunicato che da oggi metteranno in atto una nuova terapia per cercare di farmi guarire. Non sono curioso, non voglio scoprire di cosa si tratta. L'unica cosa che vorrei è essere lasciato in pace. Mi sento continuamente un animale in gabbia che viene osservato. Non ho una privacy, non ho una vita. La mia vita sono queste quattro mura che non fanno che diventare sempre più strette e soffocanti.
Mentre sono sdraiato sul letto con la testa rivolta verso il soffitto sento il rumore della porta che si apre e vedo il dottore che avvicinandosi a me fa cenno di seguirlo. Attraversiamo alcuni corridoi illuminati da deboli luci che non funzionano mai del tutto per poi entrare in una stanza. Mi fanno sedere su una sedia e come al solito arrivano le immancabili cinghie a stringermi i polsi. Ormai è come se facessero parte di me, sono diventati quasi dei bracciali. 'Mettiamo le cinghie al ragazzo pazzo' penso tra me e me. "Ti avevo già accennato di una nuova terapia giusto?" dice il dottore che come tutti gli altri sta lavorando su diversi macchinari. Muovo la testa accennando ad una risposta affermativa. "Bene.." continua lui mettendo a punto le ultime cose. "..questa nuova terapia consiste nel far uscire fuori i tuoi ricordi alterati per riportarli alla normalità. Ti somministreremo alcuni calmanti ma tu devi collaborare con noi. Peeta, tutto quello che pensi sia reale..in realtà non lo è. Sei stato depistato e il tuo cervello ha immagazzinato dei dati che non gli appartenevano." Rimango fisso su di lui senza riuscire a trovare parole da poter pronunciare. Non mi danno neanche il tempo di elaborare la cosa che subito davanti a me parte un video. Ricordo quella scena, la ricordo perfettamente. Io e Katniss dentro la caverna nei nostri primi Hunger games. Ricordo quel momento. "Perchè mi fate vedere queste cose? Ha cercato di uccidermi quel giorno! Io ero malato e stava cercando di uccidermi.." urlo stringendo i polsi e muovendo di scatto le gambe. "Peeta..guarda meglio." ricevo come una risposta. Contro la mia volontà decido di seguire il consiglio. Mi concentro e continuo a fissare lo schermo. Siamo sdraiati nella grotta ed io stavo male, stavo per morire. Ricordo perfettamente il dolore che provavo alla gamba. 'Questo è il momento in cui ha cercato di uccidermi' o almeno cosi credo di ricordare. Evidentemente ricordo male perchè Katniss non ha intenzione di uccidermi, mi sta raccontando una storia. La storia di Lady, la capra di Prim e di come sono riusciti ad ottenerla. I suoi tocchi sono gentili, le sue carezze, le sue parole..niente di tutto ciò fa pensare che voglia uccidermi. Lo schermo diventa nero. Com'è possibile che sia andata cosi? Io non me la ricordavo cosi, nella mia mente le immagini, gli eventi erano del tutto diversi. Che cosa succede? Che fosse vero quello che continuano a dirmi i medici a proposito del depi..depis..depi qualcosa? No impossibile, come si fa a trasformare i ricordi di qualcuno? A cambiarli? Sono loro che cercano di confondermi per costringermi a fidarmi di lei. O forse no? Sento una grande confusione nella testa, ma non riesco a parlarne con nessuno non sapendo effettivamente di chi posso fidarmi, cosi resto in silenzio..per ore, senza dire una parola. I dottori mi lasciano stare, almeno per un po', ma la loro curiosità è tanta e decidono di chiedermi cosa ne penso di ciò che ho visto. Non riesco a pensare a ciò che ho visto, è come se il mio cervello si rifiutasse, cosi l'unica domanda che riesco a formulare è su come stia la capra. Uno di loro risponde scrollando le spalle, mostrando sul volto un chiaro segno di delusione. Si allontanano in gruppo e sento da lontano le loro voci discutere "Non è andata come speravamo.." dice uno di loro, poi scompaiono dietro la porta.
Le sedute continuano, ogni giorno c'è qualcosa di nuovo. I dottori dicono che faccio progressi, che sto meglio. Non so se crederci, non riesco a capire se sto meglio o no perchè non so cosa voglia dire stare meglio. Non so cosa si provi ad essere di nuovo se stessi perchè non ricordo come sono..o meglio com'ero. Ho appena finito di parlare con lo psicologo, altra seduta, altri ricordi. I nostri discorsi si interrompono non appena entra un uomo vestito di nero che non ho mai visto. Mi guarda ma non si avvicina. "C'è una visita per te.." dice mantenendo un tono di voce piuttosto distaccato, "niente cinghie oggi, quindi, vedi di non fare stupidaggini." continua il discorso per poi spostarsi sulla destra. Non appena il suo corpo robusto si fa da parte vedo spuntare una testa bionda che si muove con sicurezza. "Tu..che ci fai qui?" dico non appena riconosco il suo viso. "Peeta, volevo vederti, volevo avere l'opportunità per poterti spiegar.." "Non c'è niente da spiegare ora Haymitch." lo interrompo, "sai quando avresti dovuto spiegarmi le tue intenzioni? Prima che mi prendessero prigioniero, prima che mi torturassero." alzo la voce e sento le guance rosse per la rabbia. "Peeta io.." cerca di controbattere ma io non lo lascio parlare,"no, Haymitch ora non ho bisogno delle tue parole. Vattene." dico con tutto l'odio di cui il mio corpo è pieno. Lo vedo girare la testa verso l'uscita, lo vedo camminare lentamente ma poi si blocca. "Vuoi che me ne vada? Mi odi? Ok va bene, ma voglio solo che tu sappia che non c'è stato giorno da quanto ti hanno preso che non mi sono sentito in colpa e che non mi sono odiato per averti lasciato solo nelle mani di quei pazzi. Ogni volta che ti vedo attraverso quel dannato vetro, ogni volta che ti ascolto, e che capisco tutto il male che ti hanno fatto sento una stretta allo stomaco che non mi fa respirare. So che non potrò avere mai il tuo perdono, non me lo merito. Ma quella ragazza..Peeta quella ragazza non ha fatto altro che aspettarti e desiderare il tuo ritorno. Io so che li dentro da qualche parte c'è ancora il Peeta che non ha dimenticato tutto quell'amore che provava. Dentro di te, sono sicuro che c'è ancora quel ragazzo dolce e gentile. Fallo uscire Peeta, non permettergli di trasformarti in qualcuno che non sei. Odia me, sii furioso con Capitol city, ma non avercela con quella ragazza, quella ragazza non ha colpe. Non dimenticare Peeta, non dimenticare chi sei davvero." dice tutto d'un fiato per poi afferrare la maniglia della porta. Rimango di sasso, le parole si bloccano in gola ma sento dentro di me che qualcosa si è smosso. Sento arrivare nella mia mente un pensiero, un desiderio. "Haymitch aspetta.." gli dico avanzando leggermente di qualche passo. "Mi piacerebbe vederla.." sussurro. Haymitch mi fa un sorriso e poi se ne va.

 

Salve a tutti :) Finalmente dopo quasi 3 settimane sono riuscita a pubblicare un nuovo capitolo! Mi dispiace non averlo fatto prima ma sono sotto esami ( qualcuno mi aiuti T.T) e quindi ho avuto poco tempo e soprattutto poche idee per scrivere (lo studio uccide, è una cosa certa ormai). Comunque, dopo tutta questa storia sulla mia vita e sul mio studio di cui non interessa a nessuno passiamo al capitolo. Innanzitutto volevo dire che per quanto riguarda i dialoghi che sono scritti anche in Mockingjay (per esempio in questo capitolo abbiamo quello tra Peeta e Delly) ho deciso di tenerli cosi, apportando solo piccole modifiche. Primo perchè mi piacciono cosi come sono e non mi sembra giusto cambiarli, secondo perchè la mia storia è scritta dal punto di vista di Peeta ma segue pur sempre quello che ha scritto la nostra Santa Suzanne Collins. Siete d'accordo con la mia scelta? Si, no boh se vi va fatemelo sapere! Un altro punto su cui volevo soffermarmi è il dialogo tra Peeta ed Haymitch (uhhh ma quanti dialoghi in questo capitolo). Inizialmente mentre leggevo il libro me lo ero immaginato dolce e tranquillo, ma poi mentre scrivevo ho pensato che forse quello di cui aveva bisogno Peeta era di qualcuno che gli buttasse la verità in faccia, qualcuno che tiene a lui e chi meglio di Haymitch poteva svolgere tale compito? E poi mi è piaciuto molto rendere Haymitch un po' più emotivo del solito dato che nei libri non sappiamo mai veramente cosa prova. Voi come ve lo siete immaginato invece questo dialogo tra i due? Se vi va fatemelo sapere insieme a quello che pensate della storia :)
Al prossimo capitolo, Sara!


 

 

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Capitolo 8
*** "Devo averti amata molto.." ***


Resto da solo a pensare a quanto Haymitch mi ha appena detto. Tra i vari argomenti la mia mente si sofferma su Katniss. Forse non sarà un ibrido e su questo posso anche dargli ragione, ma comunque delle colpe ce le ha. Anche se non ha mai voluto uccidermi mi ha mentito, si è presa gioco di me. Mi ha usato per raggiungere i suoi scopi e poi una volta ottenuto ciò che voleva mi ha gettato nelle mani di Capitol city. Non potrò mai perdonarla per questo. Non sento niente ormai, eccetto una grande rabbia. Una rabbia talmente forte e soffocante che copre ogni altra emozione. Il giorno seguente il mio psicologo recandosi nella mia stanza mi comunica che nel distretto 13 tra qualche giorno verrà celebrato un matrimonio. Non appena ricevo la notizia subito nella mia mente si articola un pensiero, 'Katniss e Gale..si sposano'. Un pensiero accompagnato da una strana sensazione. Sento una stretta allo stomaco, sento qualcosa che non provavo da tempo. Gelosia? Non lo so, non riesco più ad analizzare le mie emozioni. L'uomo resta in silenzio per qualche momento, sta analizzando la mia reazione. Scrive qualcosa su un foglio per poi rivolgersi nuovamente a me. "Finnick Odair ed Annie Cresta, saranno presto marito e moglie Peeta e vorrebbero tanto che tu realizzassi la torta per il loro matrimonio." dice sorridendo. "Lo vogliono loro o lo volete voi?" chiedo cercando di nascondere la mia disapprovazione. E' un ulteriore test? Vogliono vedere se sono ancora in grado di tenere un pennello tra le mani senza farlo cadere? "Non credo di poterlo fare" continuo mantenendo lo sguardo rivolto verso il pavimento. "Ti farà bene Peeta, almeno provaci." cerca di convincermi e alla fine mi decido. Mi manca fare le torte, mi manca sentirmi me stesso e questa nuova "terapia" forse potrà aiutarmi in qualche modo. "Ok.." gli rispondo accompagnando le parole con un piccolo movimento della testa. Non appena percepisce la mia risposta il dottore fa un cenno con la mano e subito da dietro la porta compaiono alcuni uomini che trasportano un tavolo con le rotelle.
Lo posizionano al centro della stanza e io mi ci avvicino timidamente. Faccio scorrere le dita sulla superficie dei vari utensili. Ci sono creme, colori per decorare, ciotole, pennelli e tante altre cose. Mentre il mio sguardo continua ad analizzarli uno per uno la mia mente mi riporta a qualche anno fa. Quando ero semplicemente il figlio del fornaio. Quando ero semplicemente un ragazzo del distretto 12 come tanti. E' questo quello che voglio sentirmi oggi: una persona normale. Metto un grembiule sopra gli abiti grigi del distretto e comincio subito il mio lavoro. Cerco di rilassarmi e allo stesso tempo rimango concentrato. Libero la mente e le mani smettono di tremare. Riesco a lavorare senza problemi. Prima stendo una base a tinta unita sulla torta che si compone di più strati e subito dopo inizio ad aggiungere i vari dettagli. Mio padre diceva sempre "Per fare una bella torta devi pensare ai clienti, pensare a quello che gli piace e po interpretarlo a modo tuo." e questo è quello che decido di fare oggi. Finnick ed Annie, distretto 4. Amanti del mare e del blu. Realizzo una glassa di onde verdi-azzurre e poi aggiungo un po' di bianco. Dopodiché inizio a modellare oggetti caratteristici del mare, come per esempio barche a vela e poi ovviamente pesci, foche e fiori marini. Senza neanche accorgermene la torta è quasi conclusa. Una lacrima di commozione mi scende lungo le guance. Era da tanto, troppo tempo che non riuscivo a sentirmi cosi. Cosi normale, cosi me stesso. 'Se vuoi farlo, puoi farlo' mi ripeto mentre ammiro l'opera finalmente conclusa. Metto a posto eventuali imperfezioni e non appena termino la decorazione gli uomini che avevano portato il tavolo tornano a riprenderselo. Il dottore si avvicina a me, probabilmente soddisfatto della mia "performance". "Sapevo che ce l'avresti fatta, è bellissima. Purtroppo..non possiamo permetterti di venire al matrimonio, sai..la tua situazione non è ancora del tutto stabile nonostante gli enormi passi in avanti. Mi dispiace.." dice balbettando, quasi avesse paura di suscitare in me una qualche reazione poco tranquilla pronunciando quelle parole. Ma lo capisco, voglio che sia un giorno felice per Annie e Finnick, non sarò di certo io a rovinarglielo. "Ok, lo capisco..." rispondo facendo un sorriso forzato. E' vero che comprendo la situazione, ma ciò non toglie che sono stanco di sentirmi un mostro tenuto in una gabbia per paura che possa far male a qualcuno. Ogni volta che faccio qualche progresso, ogni volta che riesco a sentirmi un po' meglio, queste parole mi riportano alla realtà. Sono una persona pericolosa ormai, nessuno mi vedrà mai più con gli stessi occhi. Continuo a meditare su tali pensieri mentre mi lavo le mani sporche di zucchero e coloranti alimentari.
Passano un paio d'ore e mentre sono perso tra i miei soliti pensieri sento la porta aprirsi. Inizialmente, dopo essermi voltato di scatto, non vedo nessuno. Solo dopo alcuni istanti intravedo la figura di Katniss che avanza con indecisione e paura. Che ci fa qui? Haymitch le avrà parlato della nostra discussione?! Rimaniamo entrambi in silenzio senza dire nulla. Anche se ho abbandonato quasi del tutto l'idea che possa trasformarsi in un ibrido decido di aspettare alcuni momenti per vedere cosa succede. Come sempre mi hanno legato per evitare che possa fare dei danni. Mi hanno legato perché sapevano che sarebbe venuta a trovarmi? Non lo so, ma di certo quel tubicino che ho infilato nel braccio sembra essere una qualche sorta di prevenzione in caso io dia di matto. Continuo a tenere gli occhi su di lei che è chiaramente in imbarazzo e infatti porta le mani davanti alle costole per poi incrociarle. Alza gli occhi e finalmente ricambia il mio sguardo. "Ciao." sussurra. "Ciao." rispondo io mantenendo nel tono di voce una punta di sospetto e di rimprovero. Cala di nuovo il silenzio. Katniss fa avanti e dietro con il piede destro. Fa un grande sospiro. "Haymitch ha detto che volevi parlarmi." Ecco perchè è venuta, perchè Haymitch le ha raccontato della nostra discussione. Perchè è qui? Voleva venirmi davvero a trovare o si è sentita in colpa dopo che Haymitch gli ha raccontato quanto sono disperato? "Guardarti per cominciare.." replico a mia volta. Non mi risponde, si volta verso il vetro forse in cerca di aiuto. Forse vuole andarsene. La continuo a guardare. Analizzo le varie componenti del suo corpo. "Non sei molto alta, vero? O particolarmente carina." le dico. Da quando sono qui non hanno fatto altro che ripetermi quanto grande fosse il mio amore per lei, quindi sto cercando di capire perchè l'amavo cosi tanto. Sicuramente non sarà stato per fattori prettamente estetici. Le mie parole devono averla offesa perchè vedo che il suo sguardo da imbarazzato si trasforma. "Be', anche tu hai avuto un aspetto migliore." dice per poi iniziare ad indietreggiare. Non riesco a trattenere una risata. "E neanche lontanamente gentile, a dirmi una cosa del genere dopo quello che ho passato." le mie parole catturano la sua attenzione. La sua camminata si interrompe. "Già. Tutti noi ne abbiamo passate di cotte e di crude. E sei tu quello che era famoso per essere gentile. Non io." risponde con tono chiaramente arrabbiato. E' di queste cose che mi ero innamorato? Di questo suo essere aggressiva e autoprotettiva? Mi lancia un'ultima occhiata. Un'occhiata che non riesco a decifrare. E' dispiaciuta per quello che ha detto? O è semplicemente stufa di starmi a sentire e sta cercando di chiudere la conversazione? "Senti, non mi sento molto bene. Magari posso domani." dice per poi voltarsi e dirigersi verso la porta. Sto per distogliere lo sguardo dalla sua figura quando improvvisamente una scena compare davanti ai miei occhi. Il forno, la pioggia, il freddo. Katniss contro un albero, tremante ed affamata che mi rivolge uno sguardo disperato. Ritorno alla realtà e prima che possa lasciare la stanza le dico la prima cosa che mi viene in mente. "Katniss, mi ricordo del pane." La sua camminata si interrompe di nuovo e resta per alcuni secondi paralizzata senza muovere un muscolo. Si gira nuovamente verso di me, e vedo i suoi occhi stupiti che mi fissano. "Ti hanno mostrato il nastro in cui ne parlo.." dice quasi con tono rassegnato. "No. C'è un nastro in cui ne parli? E perchè Capitol city non l'ha usato contro di me?" le chiedo sorpreso. "Mi hanno ripreso il giorno in cui sei stato liberato. Cosa ricordi, allora?" Domanda avvicinandosi di qualche centimetro per poter ascoltare meglio. Cosa ricordo? Non è facile da spiegare. Non riesco quasi mai a dare un senso a questa sorta di "flashback" che ogni tanto compaiono davanti ai miei occhi. Cerco di concentrarmi. "Te. Sotto la pioggia. Che frughi nei nostri bidoni dell'immondizia." continuo a cercare ricordi nella mia mente e inaspettatamente mi accorgo che sono più di quanto pensassi. "Io che brucio il pane. Mia madre che mi picchia." Si, lo ricordo bene. Riesco ancora a sentire la guancia che pulsa dopo lo schiaffo ricevuto, "Io che porto fuori il pane per il maiale e invece lo do a te." E' il primo ricordo che riesco ad assemblare. E' il primo vero ricordo che sento appartenermi davvero. Katniss mi guarda incredula. Nel suo sguardo noto una tristezza che non mi sarei aspettato. "E' proprio quello che è successo. Il giorno seguente, dopo scuola, volevo ringraziarti. Ma non sapevo come." replica lei. Continuo a cercare nella mia mente, trovo altri ricordi, altre immagini che si ricollegano a quella circostanza. "Si..Eravamo fuori, a fine giornata. Ho cercato di attirare la tua attenzione, ma hai distolto lo sguardo. E poi.." e poi cos'altro? Concentrati, puoi farlo. "e poi..credo tu abbia raccolto un dente di leone." Si la vedo, in quel prato vicino scuola, seduta sull'erba, a raccogliere fiori gialli. Ho fatto queste cose per lei. Ricordo le emozioni che provavo ogni volta che la guardavo di nascosto passare davanti al forno di casa. Ricordo come mi sentivo quando i nostri occhi si incrociavano. Ricordo queste emozioni. Il problema è che non riesco più a sentirle mie. La rabbia sovrasta ogni cosa, cerco di tenermi stretto quei ricordi, sono l'unica cosa che mi resta. Dopo un breve silenzio rivolgo lo sguardo a Katniss e la guardo con tristezza pensando a ciò che ho perso. "Devo averti amata molto.." dico per poi abbassare subito lo sguardo. "E' vero." risponde con voce spezzata cercando di nascondere quelle parole con un colpo di tosse. "E tu mi amavi?" chiedo senza pretese. Vorrei solo cercare di ricordare come stavano le cose. Tiene lo sguardo basso. "Tutti dicono di si. Tutti dicono che è per questo che Snow ti ha fatto torturare. Per spezzare me." 'Tutti dicono..' ma lei cosa dice? Evidentemente non vuole ferirmi. Ma io ho bisogno di sapere la verità. "Questa non è una risposta. Non so cosa pensare quando mi fanno vedere certi nastri. Come quella prima volta nell'arena, sembrava che cercassi di uccidermi con quegli aghi inseguitori." le dico, ma lei non risponde. Un silenzio asfissiante. "E dopo.." continuo a fatica cercando di tirarle fuori qualche parola." e dopo..c'è una gran quantità di baci." Che senso hanno avuto quei baci? Erano per le telecamere o li sentiva davvero? Non riesco a capirlo e lei non sembra volermi aiutare. "Ti piaceva baciarmi?" insisto sull'argomento. Mi guarda e finalmente decide di rispondere "A volte. Lo sai che c'è gente che ci sta guardando in questo momento?" tutto quello che riesce a fare è cambiare il discorso. Si vergogna di me? Di quello che c'è stato tra di noi? Ora come ora dubito che tra noi ci sia mai stato qualcosa di vero e autentico. "Lo so." rispondo con freddezza, devo continuare il discorso, devo dare una risposta alle troppe domande che riempiono la mia mente. "E Gale?". Non appena pronuncio queste parole il suo viso torna furioso, mi fissa con occhi duri. "Anche lui non bacia male." risponde seccata. Trattava entrambi allo stesso modo? Perchè? Che senso ha comportarsi cosi? "E andava bene a tutti e due?" "no. Non non andava bene a nessuno dei due. Ma io non vi chiedevo il permesso." replica sempre più seccata. Le sue parole mi fanno ridere. Ci ha presi in giro entrambi. Mantenendo un'espressione divertita le dico l'unica cosa che riesco a pensare in questo momento: "Be', sei una bella stronza, non ti pare?". Senza neanche degnarmi di uno sguardo si volta affrettandosi ad uscire dalla stanza il più velocemente possibile. Io continuo a fissarla finché anche i suoi capelli neri non scompaiono dietro la porta. Rimango immobile sul lettino pensando che forse dovrei sentirmi in colpa per quello che le ho detto, ma in realtà mi sento quasi sollevato. Ora è tutto chiaro. I miei occhi non sono più annebbiati da sentimenti d'amore, ora riesco a vederla chiaramente per quella che è: Violenta. Sospettosa.  Manipolatrice. Letale.        

Sono passati alcuni giorni dal mio incontro con Katniss e nessun altro è venuto a farmi visita. Proprio mentre sto elaborando il pensiero che forse rimarrò chiuso in questa senza per sempre i dottori mi comunicano che oggi posso uscire e mangiare insieme agli altri abitanti del distretto 13. Sono subito colpito da una grande paura. "E se dovessi..beh, sapete..fare quello che faccio di solito?" chiedo preoccupato ai dottori che subito mi rassicurano "Non devi preoccuparti di questo, avrai delle manette speciali da indossare e due soldati del distretto 13 ti terranno sotto controllo. Crediamo che tu sia pronto per questo Peeta. Devi incominciare a crederci anche tu." Accetto l'esperimento pur mantenendo una forte agitazione. Non voglio fare del male a nessuno e ho paura di perdere il controllo.
'Se vuoi farlo, puoi farlo' mi ripeto ininterrottamente mentre mi scortano verso la sala pranzo. Non ho mai visto questa zona del distretto 13, per me è tutto cosi nuovo. "Puoi sederti lì" mi dice uno dei soldati che mi fanno da scorta. Prendo il mio vassoio e nonostante la fatica che faccio a tenerlo tra le mani riesco a raggiungere il tavolo che mi è stato indicato senza far cadere nulla. "Peeta, è bello vederti in giro!" mi dice Delly non appena mi vede con il suo solito sorriso. Insieme a lei siedono al tavolo Johanna, Finnick, Annie, Gale e Katniss. Tutti mi fissano senza dire una parola. "E quei braccialetti stravaganti?" chiede Johanna con il suo solito tono ironico. Domanda piuttosto retorica dato che tutti sanno che sono matto e non posso circolare come un normale essere umano. Tuttavia decido di risponderle lo stesso "Non sono ancora del tutto affidabile." Rivolgo lo sguardo ai due soldati e uno di loro mi fa un cenno con la testa. Mi rivolgo nuovamente ai componenti del tavolo. "Non posso neppure sedermi qui senza il vostro permesso." dico con tono amareggiato. Forse non è stata una buona idea venire. "Ma certo che puoi sederti qui, siamo vecchi amici." mi dice Johanna facendomi segno di sedere accanto a lei. Mi siedo e subito mi rendo conto che tutte le risate, tutti i sorrisi e le chiacchiere che avevo visto scambiarsi tra loro da lontano scompaiono con la mia presenza. E' chiaro che nessuno mi voglia qui. Mentre tengo lo sguardo basso verso il vassoio Johanna inizia a parlare del nostro "soggiorno" a Capitol city ma io cerco di non ascoltare. Brutti ricordi. Anche Annie sembra non sopportare i suoi discorsi, dato che anche lei era stata presa prigioniera, cosi Delly cerca di distrarla dicendole che sono stato io a realizzare la torta per il suo matrimonio. "Grazie, Peeta. Era bellissima" mi dice con una voce dolce e allo stesso tempo spaventata. "E' stato un piacere, Annie." rispondo io. Finnick interrompe subito il nostro dialogo proponendo ad Annie di fare una passeggiata. Sono invidioso di Finnick. Non perchè io sia innamorato di lei ma perchè vorrei avere qualcuno al mio fianco in grado di trattarmi con dolcezza cosi come Annie tratta lui. Sono cosi stanco di sentirmi solo. Si alzano entrambi ed Annie mi rivolge un'ultima occhiata "E' stato bello vederti Peeta." dice Finnick mentre tiene stretta a sè sua moglie. Senza neanche rendermene conto alcune parole escono dalla mia bocca "Sii carino con lei Finnick. O sarò tentato di portartela via." Mi lancia una strana occhiata prima di allontanarsi dal tavolo senza aggiungere altro.
Non volevo dire davvero quella frase. Non sono riuscito a tenere in testa quel pensiero. Nonostante i miei progressi, quella parte che Capitol city ha creato non vuole proprio abbandonarmi. Delly subito mi rimprovera, ricordandomi che Finnick mi ha salvato la vita. "Per lei. Non per me." rispondo a quei rimproveri. Finnick non ha salvato me perchè ero suo amico o altro, lo ha fatto per la rivoluzione e per Katniss che intanto é seduta davanti a me e continua a fissarmi indispettita. "Forse no, però Mags è morta e tu sei ancora qui. Questo dovrebbe contare qualcosa." esplode alla fine non riuscendosi più a trattenere. Le sue risposte mi fanno male. Non riesco a capire per quale motivo lei sia arrabbiata con me. Purtroppo per me e per lei i suoi modi aggressivi non fanno che istigarmi ad altrettanta aggressività. "Già tante cose dovrebbero contare qualcosa Katniss. Ho tanti ricordi a cui non credo che Capitol city abbia messo mano..tante notti sul treno per esempio." dico con tono arrabbiato. Ogni sera prima di addormentarmi mi tornano in mente quei momenti di noi due abbracciati sul treno e non riesco a trovare niente di finto. Sembrano cosi veri e non capisco perchè lei voglia convincermi del contrario. Durante il mio discorso sposto per un momento lo sguardo su Gale e subito mi ritorna in mente la loro situazione. "Allora voi due siete ufficialmente una coppia adesso, o la tirano ancora in lungo con la storia degli innamorati sventurati?" chiedo in maniera sarcastica. Non rispondono e dopo qualche secondo di silenzio imbarazzante interviene Johanna "La tirano ancora in lungo!" Subito le mie mani si stringono in pugni. I ricordi continuano ad affiorare nella mia mente ma non sempre sono belli e piacevoli. "Non ci avrei creduto, se non lo avessi visto con i miei occhi." dice Gale che rimane immobile vicino a Katniss, quasi volesse proteggerla da me. "Cosa?" chiedo io cercando di mostrare indifferenza. "Te." risponde semplicemente lui, facendo un cenno verso la mia direzione. Non capisco cosa stia dicendo. Anche Gale ora mi considera un mostro? La mia domanda trova subito risposta nelle sue prossime parole "ti hanno sostituito con la parte malvagia di te stesso." Non rispondo e sia lui che Katniss lasciano il tavolo per dirigersi insieme verso l'uscita.
Restiamo seduti al tavolo io, Johanna e Delly. Quest'ultima inizia ad urlarmi contro con una voce stridula e io faccio finta di ascoltarla. Ce l'ho a morte con me stesso. Ho sprecato l'unica occasione che avevo di far cambiare idea su di me alle persone. "Sei uno stupido, hai rovinato tutto." inizio ad urlare a me stesso. Il problema è che non sono solo e tutti si voltano a guardarmi. "Hai rovinato tutto, hai rovinato tutto." Inizio a battere i pugni sul tavolo. I sorveglianti non possono fare altro che prendermi e trascinarmi via con la forza. Mi gettano letteralmente a terra nella stanza e cerco di rannicchiarmi in un angolo. Premo più forte che posso le mani sopra le orecchie tentando di mettere a tacere tutte le voci che sento. "Lasciatemi in pace." urlo e mi rendo immediatamente conto che l'unica persona contro cui continuo a lottare è me stesso. 

 

Salve a tutti :) Nonostante io stia ancora studiando per gli esami avevo una voglia matta di aggiornare la storia e quindi eccomi qui. In questo capitolo ci TANTI dialoghi che mi hanno creato parecchi problemi. Io di solito preferisco scrivere senza troppi scambi di battute e quindi non è stato facile cercare di rendere il meno pesante possibile le parti in cui sono stata costretta a metterli. Voi mi direte: ma chi te l'ha fatto fare?! Lo so, ma come avevo già accennato nel capitolo precedente io voglio e mi sento in dovere di seguire il libro e quindi ho cercato di arrangiare la cosa come meglio ho potuto :) Spero che il risultato sia almeno accettabile! Dialoghi a parte, scrivendo questo capitolo ho provato una sensazione davvero strana. Più entro nella storia e più mi sento vicina a Peeta. Voglio dire, io ho sempre amato Peeta, dal primo momento che ho letto il suo nome già ero cotta, ma scrivere della sua esperienza in Mockingjay, immedesimarsi in lui e nei suoi pensieri mi ha fatto capire davvero come possa essersi sentito ad affrontare una situazione simile. (Si, forse sono matta :( ) Spero che anche a voi siano arrivate le emozioni che ho provato io e se vi va, come al solito, fatemelo sapere!        
Ci vediamo al prossimo capitolo, un bacio enorme, Sara :) 

 

 

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Capitolo 9
*** Squadra 4 5 1 . ***


Passo un paio di giorni in solitudine. Le uniche persone che vengono a farmi visita sono i dottori che continuano a seguire i miei miglioramenti e le mie cure o chi è incaricato di lasciarmi i pasti appena vicino la porta. Quasi fossi un mostro dal quale nascondersi. In questi giorni non ho fatto altro che pensare a quello che è successo. La disperata voglia di riuscire finalmente a vedere le cose con chiarezza e per quelle che sono continua ad ossessionarmi. Anche oggi, come sempre mi alzo in piedi e cerco di sgranchirmi le gambe. Che darei per poter fare una passeggiata all'aria aperta, ma purtroppo non posso. Non fanno che tenermi qui, da solo. In bilico tra la ragione e la follia, è cosi che mi sento costantemente. Faccio avanti e indietro lungo il breve perimetro che caratterizza la mia stanza quando sento un rumore di tacchi. Si fa sempre più vicino, lo sento sempre più forte. La porta si apre ed una donna alta, snella e con i capelli grigi che scendono lungo le spalle compare davanti ai miei occhi. "Signor Mellark!" esclama avvicinandosi a me e tenendo le mani incrociate dietro la schiena. "..è un piacere vedere che sta bene!" dice sorridendo per poi mettersi seduta su una delle due sedie che costituiscono l'unico arredamento della mia camera oltre al letto. "Bene..bene non è di certo la parola che meglio potrebbe descrivermi. Ma lei chi è?" chiedo cercando di non distogliere lo sguardo. Ormai mi rimane molto difficile mantenere un contatto visivo. A Capitol city non facevano che punirmi per questo. Continuavano a ripetermi che non dovevo mai abbassare lo sguardo, che dovevo tenere sempre la testa alta. Ora che ci ripenso mi sembra ancora di sentire l'urto dei loro bastoni sul mio corpo. "Sono la presidente del distretto 13." risponde per poi aspettare una mia controbattuta che però non arriva. "..lei ha fatto molti miglioramenti in questi ultimi periodi. Proprio per questo le è stata affidata una missione speciale." continua riempiendo il silenzio della stanza con le sue parole. Una missione? Non sono neanche in grado di badare a me stesso, come potrei portare a termine un qualsiasi tipo di missione. "Non posso.." rispondo con tono rassegnato ma allo stesso tempo convinto. "Oh, ma io non glielo sto chiedendo, glielo sto ordinando." alzo lo sguardo e sto per parlare ma le sue parole mi interrompono. "..lei farà un corso di addestramento in queste settimane e poi partirà per Capitol city insieme agli altri." dice con autorevolezza. "Perché dovrei farlo?" chiedo io con tono di sfida. Non lo farò, non partirò con gli altri rischiando di ferirli. Sono più che convinto, niente mi farà cambiare idea. Tuttavia, non appena formulo questa mia convinzione subito la vedo cadere a causa delle prossime parole che pronuncia. "Signor Mellark..lei non vuole di certo tornare nelle mani di Capitol city giusto? Perché sa, io ho ordinato il suo salvataggio e io posso ordinare di riportarla indietro. Ma entrambi non vogliamo che questo succeda giusto?" Il mio sguardo resta pietrificato, cosi come il mio corpo. L'idea di tornare a Capitol city da prigioniero mi fa subito stare male. Non posso, non posso, non posso tornare li. Mi sento un codardo, ma non posso fare altrimenti. Muovo la testa verticalmente, accennando ad un'approvazione. "Ne ero sicura, l'addestramento inizierà alle 8 di domani mattina." comunica per poi abbandonare la stanza. Smetterò mai di essere un prigioniero? Arriverà mai il momento in cui potrò prendere le mie scelte senza che esse vengano influenzate da minacce o torture? Mi aggrappo a questo pensiero per il restante tempo della mia giornata e continuo a tenerlo fisso in mente anche poco prima di abbandonarmi al sonno.
Verso le 7 un dottore arriva per svegliarmi. Mi fanno lavare e mi forniscono una specie di divisa che devo indossare per l'addestramento. Non appena sono pronto mi avvicino alla porta per uscire ma prima di oltrepassarla esito un momento. "Niente manette?" chiedo al dottore che dopo alcuni passi si pone di fianco a me. "No, niente manette." La mia faccia stupita e non convinta però non rallenta la nostra marcia. Passiamo alcune zone, prendiamo alcuni ascensori e finalmente arriviamo alla zona allestita per la preparazione. La prima lezione di oggi è 'come assemblare un fucile'. Il mio corso è seguito da altri ribelli, tutti principianti, ma nessuno di loro parla con me, anzi. Molti di loro evitano addirittura di starmi vicino. Odio questa sensazione, quella che ti fa sentire un mostro di cui tutti hanno paura. La lezione dura per tutta la mattinata e si prolunga anche dopo il pranzo. Cerco di prestare attenzione alla parole degli addestratori ma poi, improvvisamente noto che un altro gruppo di ribelli si sta muovendo dall'altra parte del campo. Lancio una breve occhiata e vedo Johanna e Katniss che camminano l'una vicino all'altra. Anche Katniss indossa la mia stessa divisa. Probabilmente anche lei si sta preparando per qualche missione. La guardo avanzare e il suo sguardo si rivolge solo per qualche secondo verso la mia direzione. Giusto il tempo di vedermi per poi voltarsi dall'altra parte. So che Katniss è arrabbiata con me, anche se ancora non ho capito bene il perché, ma anche io sono molto arrabbiato con lei. Vorrei che capisse che molte delle cose che dico o che faccio non sono sotto il mio controllo. Ma questo a lei sembra non importare, preferisce evitarmi o guardarmi di sfuggita, come in questo caso, facendo finta di non avermi visto.
Il mio addestramento continua senza sosta ogni giorno. Mi fanno correre, sparare e cose cosi. Io non sono molto bravo, non ho mai fatto una cosa del genere se non perché costretto durante gli Hunger games. Il primo gruppo dei ribelli, la squadra 4 5 1, è partita ieri pomeriggio e con loro le uniche persone che conoscevo. Io non sono stato chiamato, il che è una buona cosa perché vuol dire che non sarò nella stessa squadra di Katniss e non dovrò temere me stesso e i miei comportamento. 
A fine addestramento mi reco nella mia stanza e dopo essermi lavato e cambiato mi stendo sul letto sopraffatto dalla stanchezza. Sto per chiudere gli occhi ma sento i passi di qualcuno. Un dottore apre la porta, si dirige verso il mio letto e senza neanche darmi il tempo di fare domande mi incide attraverso una macchina speciale una scritta ad inchiostro sulla mano. Rivolgo lo sguardo verso quel punto e quello che leggo mi lascia senza parole. No, no, non è possibile. Sto per protestare contro il dottore ma mi rendo conto che è stato talmente rapido da aver già lasciato la stanza. Come potrò reggere tutto questo? Sarò abbastanza forte? Mi addormento mentre nella mente continuo a ripetere le frasi incise sulla mia mano.
 Domani pomeriggio.
Ore 17.00
Direzione Capitol city.
Peeta Mellark, membro della squadra 4 5 1.

Il giorno seguente non ho voglia di fare nulla. Rimango disteso sul letto insieme alle mie paure. Non riesco a smettere di pensare a come la prenderanno tutti. A come la prenderà Katniss. Il suo odio nei miei confronti aumenterà? Ne sono quasi certo. Arriva l'ora di pranzo ma io non ho fame. Tuttavia i dottori non fanno che insistere e cosi decido di dirigermi verso la sala mensa. Un ultimo pasto decente prima di tornare all'inferno, prima di morire. Prendo il mio vassoio insieme alla mia razione e poi mi siedo sul primo tavolo che trovo libero. Inizio a mangiare e improvvisamente sento una sedia spostarsi e qualcuno sedersi vicino a me. "Peeta, che bello trovarti qui." dice con il suo solito sorriso. "Delly, come stai?" le chiedo mentre continuo a mandare giù la zuppa. "Io sto bene, mi sento un po' sola dato che tutti sono partiti per Capitol city. Anche tu sei in partenza vero?" mi chiede. Io mi limito ad emettere qualche suono che si avvicina lontanamente ad un'affermazione. Delly poggia la sua mano sulla mia "Hai paura di tornare lì Peeta?" dice con dolcezza. Questo è uno dei primi gesti d'affetto che ricevo da quando sono qui. "Sono terrorizzato, ma non per me, non per la mia vita. Non voglio fare del male a nessuno Delly ma purtroppo non riesco a controllare le mie azioni alcune volte." rispondo mentre agito la forchetta quasi fosse un prolungamento della mano. "Peeta, io so che puoi farcela. So che tipo di persona sei, devi solo ricordarlo anche tu. Sei forte Peeta, ce la puoi fare." sussurra dandomi un bacio sulla guancia. Sento il mio viso colorarsi di rosso per l'imbarazzo ma in fin dei conti mi sento bene. "Grazie." le dico guardandola negli occhi e stringendole la mano al limite dello stritolamento. Finiamo il pranzo e poi ci salutiamo con un grande abbraccio. Prendo le mie cose, mi cambioe mentre mi avvicino all'hovecraft che mi condurrà alla stazione non faccio che ripetermi le parole di Delly. 'Sei forte Peeta. Ce la puoi fare'.
Dopo una 15 di minuti l'hovercraft atterra e io mi avvicino al treno che mi condurrà a Capitol city. Improvvisamente i flashback invadono la mia mente. La prima volta che ho preso un treno era stato quando ero stato estratto alla mietitura insieme a Katniss, poi durarante il tuor della vittoria, e poi, ancora una volta come tributo. Cerco di concentrare la mente e ricordare come sono andate veramente le cose, ma come sempre i ricordi sono alterati e si alternano in momenti felici e altri tristi. Mi siedo nel vagone e appoggio la testa contro il finestrino. Tra le mani stringo il fucile che mi è stato dato nel distretto 13 e non faccio che interrogarmi su che utilizzo vogliono che ne faccia. Ucciderò qualcuno con questo fucile? Ucciderò qualche amico? Il solo pensiero mi fa perdere la presa e il fucile cade a terra. Non lo raccolgo, lo lascio li. Lascio che il mio sguardo si perda nei paesaggi che scorrono ad alta velocità. Penso a quali parole potrei utilizzare una volta arrivato, ma subito mi rendo conto che nessuna parola migliorerà la mia situazione. Mi metteranno da parte, non mi vorranno con loro e soprattutto avranno paura.
Il treno fa una grande frenata e mi viene comunicato che sono arrivato a destinazione. Raccolgo il fucile e cerco di ornare il mio viso con una faccia tranquilla e rilassata. Scendo e subito noto le espressioni paralizzate dei miei compagni di squadra. Inizio ad avanzare verso il gruppo ma subito vengo bloccato da Boggs, l'uomo che quando tentai di strangolare Katniss mi mise al tappeto. Mi prende il fucile e con aria piuttosto arrabbiata mi fissa. "Informerò la Coin della tua presenza qui." dice per poi inizare ad allontanarsi. "Non servirà. La presidente in persona ha stabilito la mia destinazione. Ha deciso che i pass-pro andavano un po'... riscaldati." urlo suscitando l'ira di tutti. Sapevo che avrebbero reagito in questo modo. Non gli chiedo di essere felici della mia presenza ma vorrei almeno che capissero che io non voglio essere li tanto quanto non mi ci vogliono loro. Boggs dopo alcuni secondi di silenzio, fa marcia indietro e si avvicina al suo secondo, il soldato Jackson. "Soldato Jackson, la incarico di stabilire dei turni di guardia per Peeta. Voglio che sia tenuto sotto controllo 24 ore su 24. Sono stato chiaro?" ordina con tono duro e severo, tipico di un comandante. "Si signore!" risponde la Jackson per poi allontarsi a progettare la mia sorveglianza. Altri due soldati mi scortano fino al luogo dove sono accampati e mi ordinano di sistemarmi la tenda per la notte. Katniss non appena mi ha visto arrivare si è subito allontana e la vedo ritornare solo dopo parecchi minuti. Sento il suo sguardo indagatore posarsi su di me mentre cerco mettere su i quattro lati della tenda. Alla fine riesco a tenerli su, ma il mio è un lavoro del tutto inutile perchè mi viene subito comunicato che dovrò passare la notte fuori sottogli occhi vigili della Jackson e di Katniss che si occupano del primo turno di guardia. Prima di andare a dormire però la squadra 4 5 1 si sistema intorno al fuoco per la cena. C'è un grande silenzio. Un silenzio che mi permette di sentire il rumore dei pezzi di legna che iniziano a prendere fuoco. Forse sono io l'oggetto di tanto disagio. Per evitare problemi comunque, consumo il mio pasto con la testa china. Arriva l'ora di andare a dormire e prima che tutti si ritirino nelle loro tende sento qualcuno sedersi accanto a me. "Come va?" chiede Finnick con tono informale, a tratti amichevole. "Finnick io non volevo dire quelle cose di Annie.." dico subito come prima cosa. Approfitto di questi momenti di lucidità per chiedere scusa a tutti quelli che questo nuovo Peeta continua a ferire. "Shh.." sussurra Finnick. "..lo so che non volevi, stai tranquillo. Ho una cosa per te." dice per poi tirare fuori un pezzo di corda piuttosto malconcia dalla tasca. "Quando stavo male, mi è stato di grande aiuto..mi aiutava a concentrarmi e allo stesso tempo a rilassarmi. Forse potrà aiutare anche te." conclude per poi poggiarla tra le mie mani. Io l'afferro e inizio a passarmela tra le dita. "Ti ringrazio.." rispondo mantendendo lo sguardo su quella corda. Finnick mi fa un occhiolino, tipico, e poi si allontana. Le luci si fanno meno forti, il silenzio cala, cosi come la notte. Io mi appoggio contro una specie di palo di legno e tengo la borsa con le mie cose sulle gambe ma non riesco a prendere sonno, cosi inizio ad intrecciare il pezzo di corda che mi ha dato Finnick. Forse mi aiuterà a dormire o rilasserà i miei pensieri. Ne avrei proprio bisogno. Intravedo Katniss che si avvicina alla Jackson e si mette a sedere vicino al fuoco. La guardo di nascosto, nei momenti in cui sono sicuro che non mi veda. Mi sembra di rivivere un momento già passato, come se questa fosse una cosa piuttosto frequente per me. No, probabilmente è solo un altro dei miei tanti ricordi alterati. Dopo circa un'ora decido di avvicinarmi a loro, fa freddo e inoltre sono stufo di starmene lì da solo. "Gli ultimi due anni devono essere stati estenuanti per te. Cercare di decidere se uccidermi o no. Avanti e indietro. Avanti e indietro." dico spezzando il silenzio di cui sia lei che la Jackson si erano circondate. Forse è un pessimo argomento di conversazione, ma è l'unico modo che conosco di scoprire la verità. Katniss sembra sull'orlo di rispondere in modo seccato ma poi la sua espressione cambia. E' come se nella sua mente improvisamente fosse giunto un pensiero che le abbia fatto modificare la frase che stava per pronunciare "Io non ho mai voluto ucciderti. Tranne quando pensavo che stessi aiutando i Favoriti a uccidere me." dice, mentre aggiusta la legna del fuoco. Fa un grande sospiro, le sue parole non sono finite. "Dopo, ti ho sempre considerato un.." esita un momento. Forse ci siamo, forse sta per mettere alla luce quello che ci ha uniti per tutto questo tempo e che io non riesco a ricordare. "..un alleato." Un alleato. Non appena sento questa parola subito sento crescere dentro di me un grande senso di delusione. "Bella parola di sicurezza." dico con tono piuttosto irritato. "Del tutto priva di impegno emotivo ma innocua. Alleato." continuo a ripetere quella parola ad alta voce quasi fossi alla ricerca di un qualche significato nascosto. "Amica. Innamorata. Vincitrice. Nemica. Fidanzata. Obiettivo. Ibrido. Vicina di casa. Cacciatrice. Tributo. Alleata. Aggiungerò anche questa all'elenco di parola che uso per cercare di capirti." dico giocherellando con la corda e guardando la legna che arde. Perchè deve essere tutto cosi confuso? Ci sarà mai qualcuno in grado di dirmi realmente come stanno le cose? Sospiro, più volte. Ho bisogno di sfogarmi. "Il problema è che non riesco più a riconoscere cosa sia vero e cosa sia inventato." dico con grande frustrazione. Questa è la mia maledizione e vorrei potermene liberare per sempre. Nessuno risponde. Tuttavia il silenzio viene spezzato dalla voce di Finnick che ci ha raggiunti senza che ce ne potessimo accorgere. "Allora dovresti chiedere Peeta. E' cosi che fa Annie." dice mentre si posiziona anche lui a sedere accanto al fuoco. "Chiedere a chi? Di chi mi posso fidare?" Non mi posso fidare di nessuno. Nessuno tiene veramente a me qui. "Be', di noi, tanto per cominciare. Siamo la tua squadra." risponde la Jackson per poi rivolgere lo sguardo verso Katniss e Finnick, come se cercasse qualcuno che possa confermare quanto ha appena detto. "Siete i miei sorveglianti." rispondo rassegnato. Questi non sono miei amici. A loro importa solo che non uccida qualcuno o che non dia di matto. "Siamo anche questo." conferma lei, "ma tu hai salvato moltissime vite nel 13. E non è il genere di cosa che dimentichiamo." Si me lo ricordo quel giorno. La mia 'soffiata' durante la trasmissione di Caesar, i bastoni, i pugni e i calci che mi sono guadagnato subito dopo dai pacificatori. Restiamo tutti in silenzio. Finnick torna nel suo sacco a pelo mentre Katniss e la Jackson se ne stanno ognuna per i propri fatti. Io mi rannicchio in un angolo e cerco di placare il flusso di pensieri che continua ad invadere la mia mente.
Sono passate un paio d'ore più o meno e mentre gioco con i nodi un'immagine si pianta davanti ai miei occhi. Come al solito non è chiara, è confusa. Io e Katniss sul treno, che ridiamo e lei che mi confessa il suo colore preferito. "Il tuo colore preferito...è il verde?" dico ad alta voce. Sento il respiro di Katniss farsi più intenso. Rivolge il suo sguardo verso di me e si avvicina con cautela. "Esatto." dice accennando ad un leggero sorriso. Si sposta una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro. "E il tuo è l'arancione." sussurra quasi avesse paura di dire qualcosa di sbagliato. "L'arancione?" chiedo io. Per tutto questo tempo non ho fatto che riempire la mia testa di domande, ma non mi sono mai soffermato sulle cose basilari. La guardo negli occhi. Nei suoi occhi grigi. "Non l'arancione brillante. La sua sfumatura più tenue. Come il tramonto. O almeno è cosi che mi hai detto, tempo fa." risponde con gentilezza. Chiudo gli occhi per un istante immaginando il tramonto di cui parla. E' bello e mi regala una sensazione di pace e serenità che non riuscivo a provare da tempo. Ci fissiamo per qualche secondo. I suoi occhi sono dolci, non come me li ricordavo, pieni di odio e vendetta. Sono spaventati e anche un po' tristi. "Grazie.." le dico facendole un sorriso. Credo che questo sia il nostro primo vero momento di sincerità da quando ci siamo rivisti. Lei arrossisce subito dopo aver ricambiato. Mi sento bene. E' la prima volta dopo tanto tempo. Forse è per questo che l'amavo cosi tanto, per come mi faceva sentire. O forse la amo ancora? Forse il mio amore per lei piano piano sta uscendo dal cassetto in cui Capitol city lo aveva nascosto. Continuiamo a guardarci e a sorridere ma tutto ad un tratto vedo che la sua espressione cambia. Leggo una forte malinconia nei suoi occhi, che non sono più dolci ma lucidi. "Sei un pittore. Sei un fornaio. Ti piace dormire con la finestra aperta. Non metti mai lo zucchero nel tè e ti annodi sempre due volte i lacci delle scarpe." dice tutto d'un fiato prima di andarsene e lasciarmi solo con questa descrizione del vecchio Peeta che voglio far tornare ad ogni costo. 

 

Salve a tutti :) Eccomi qui con il nono capitolo di questa storia che non fa che prendermi sempre di più. Innanzitutto devo dire che la Coin è uno dei personaggi che odio di più e quindi l'ho fatta molto cattiva e spietata e intenzionata a mandare Peeta nella squadra di Katniss solo perchè convinta che l'avrebbe uccisa. Poi ovviamente questa è l'idea che me ne sono fatta io, chissà la Collins invece quale motivazione ha dato al traferimento di Peeta nella squadra 4 5 1. Bah sarebber bello poterglielo chiedere :) Vabbe, ritornando sulla terra e scendendo dalle nuvole, voi che motivazione gli avete dato invece? Se vi va fatemelo sapere. Pooooi, ho aggiunto questo dialogo tra Peeta e Delly perchè l'idea mi piaceva molto e poi diciamocelo, questo cucciolo mica può essere sempre respinto ed evitato da tutti :( Vi è piaciuto? Spero di si. Okay, arriviamo al momento in cui Peeta arriva nella squadra 4 5 1, ovviamente la cosa non va a genio a nessuno e subito si preoccupano di salvaguardare Katniss e mettere Peeta sott'occhio come un piccolo prigioniero cattivo :( ( cosa che non è assolutamente e.e). La scena del colore preferito è una delle mie preferite, sia in Catching fire sia in Mockingjay. L'ho voluta lasciare piuttosto sul semplice, senza aggiungere troppi pensieri anche perchè secondo me dopo tutto quello che gli dice Katniss lui è molto confuso perchè vede descritta l'immagine di una persona nella quale ancora non si riconosce e quindi non sa cosa pensare. Vabbe sperando di avervi detto tutto vi saluto, e ci vediamo al prossimo capitolo, un bacio Sara :) 

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Capitolo 10
*** Vero o falso? ***


La mattina seguente mi sveglio a fatica. Non ho dormito molto la scorsa notte. Faceva freddo e non mi sentivo per niente al sicuro. Non che pensassi che qualcuno mi avrebbe fatto del male, ma di certo questa situazione è un grande cambiamento per me. Per me che sono stata rinchiuso in solitudine e al chiuso per tanto tempo. Mi alzo in piedi e mi dirigo verso il luogo dove il resto del gruppo sta mangiando. Subito noto l'assenza di alcuni membri della nostra squadra e in particolar modo di una. "Dov'è Katniss?" chiedo senza rivolgermi a nessuno in particolare mentre mi siedo su una specie di roccia. "Lei, Gale e Finnick sono andati a fare qualche ripresa, torneranno a breve." risponde la Jackson mentre continua ad ingurgitare il suo stufato in scatola. "Senti Peeta, ho ripensato a quello che hai detto ieri.." continua lei interrompendo il movimento delle sue mascelle per qualche istante. "Ovvero? Cos'è che ho detto ieri?" chiedo io guardandomi intorno. "Ovvero il fatto che non riesci a distinguere cosa è reale e cosa invece non lo sia. Ho pensato che per aiutarti potremo fare una sorta di gioco, un vero o falso. Tu affermi o domandi qualcosa, come un evento o un ricordo che non riesci bene ad identificare e noi ti aiuteremo a farvi luce. Cosa ne pensi?" chiede continuando a mantenere lo sguardo fisso su di me. Mi stanno davvero offrendo il loro aiuto o questo è solo uno dei tanti test a cui non faccio altro che essere sottoposto? La mia incertezza traspare dall'espressione del viso e subito la Jackson la nota. "Dai..facciamo una prova e se non funziona lasciamo stare!" dice con entusiasmo. "Ok.." rispondo io non del tutto convinto. "Vai, pensa ad una cosa per la quale nutri dei dubbi!" esclama lei accompagnando le sue parole con un leggero movimento delle braccia. 'Una cosa per la quale nutro dei dubbi' parla facile lei. Ho dubbi praticamente su tutto. Continuo a pensare a cosa dire quando improvvisamente vedo Katniss arrivare insieme a Gale e Finnick. Sembrano stanchi, ma allo stesso tempo i loro volti sono pieni di soddisfazione. Katniss rivolge il suo sguardo nella mia direzione e accenna un breve sorriso. Ricambio per poi abbassare la testa. Continuo a pensare ad un ricordo e alla fine lo trovo. "Quasi tutta la popolazione del 12 è rimasta uccisa nell'incendio." dico suscitando lo stupore di tutti. Tutta la popolazione e quindi anche la mia famiglia. Non hanno fatto altro che ripetermelo da quando sono tornato da Capitol city. "Vero. Ce l'hanno fatta a raggiungere il 13 in meno di novanta." risponde la Jackson cercando di nascondere tra le sue parole un velo di tristezza. Subito dopo la sua risposta, un'altra idea arriva nella mia mente. Un'idea che però non sento appartenermi del tutto e quindi cerco conferme. "L'incendio è stato colpa mia." dico mentre stringo le mani in pugni. "Falso. Il presidente Snow ha distrutto il 12. come ha fatto con il 13, per mandare un messaggio ai ribelli." Risponde Boggs intromettendosi nella conversazione. Tutti sono li ad ascoltare i miei pensieri e questa non è una cosa che mi mette a disagio, anzi mi sento quasi sollevato. Mi rendo conto che questo gioco mi sta aiutando e che potrebbe davvero essere la soluzione a tutta la mia confusione. Ogni volta che ho un dubbio basta chiedere a qualcuno, non è difficile.
La Jackson organizza dei nuovi turni di guardia per tenermi sotto controllo ma questa volta li organizza con un certo criterio. Associa Gale, Finnick e Katniss ad un soldato del 13 in modo che io abbia sempre qualcuno che conosco a cui poter chiedere. Il primo turno è quello di Gale che essendo un abitante del distretto 12 mi aiuta a ricostruire quell'idea di casa che facevo fatica a ricordare. Mi parla della nostra scuola, della panetteria e di come Capitol city nel giro di pochi secondi abbia cancellato tutta la nostra vita. Poi tocca a Finnick, al quale non faccio che chiedere informazioni sugli hunger games. Gli chiedo delle varie alleanze stipulate, di chi abbia ucciso chi e di come siano finiti i giochi della memoria. Tutto questo mi fa stare tranquillo. Non mi sento sotto test come tutte le volte in cui avevo le mie sedute con i medici del 13. Qui siamo tra amici, o almeno lo spero. Tuttavia, la parte più grande della mia confusione riguarda una sola persona: Katniss. E' con lei che mi ritrovo nel turno notturno di guardia. Ci ritroviamo seduti intorno al solito fuoco al centro dell'accampamento, cercando di riscaldarci un po'. Ci sono tante cose che vorrei chiederle ma direi di cominciare dalle più semplici. Prendo un grande respiro e cerco di concentrarmi il più possibile. "Portavi un vestito blu quando abbiamo partecipato al tour della vittoria nel distretto 7. Vero o falso?" chiedo alzando lentamente lo sguardo per poi rivolgerlo nella sua direzione. "Vero." risponde lei senza aggiungere altro. So che la sto mettendo in difficoltà e che per lei non è facile, ma non posso farne a meno. Io voglio uscire da questo tunnel di oscurità nel quale sono stato buttato e solo lei può aiutarmi a trovare la luce. "Non appena siamo tornati a casa dalla prima edizione degli hunger games ti preparavo sempre le focaccine al formaggio quando eri giù di morale. Vero o falso?" ricordo quel momento o almeno a me sembra cosi reale. "Vero.." risponde lei accompagnando le sue parole con una risatina. "Adoravo le tue focaccine al formaggio!" aggiunge. "Il nostro professore di matematica si chiama Killian Jones. Vero o falso?" domando ancora. So che è una domanda piuttosto banale e irrilevante, ma a volte sono proprio le cose più semplici a causarmi i problemi più grandi. "Vero. Ed era un grande rompiscatole. Vero o falso?" risponde Katniss lasciandomi per un momento senza parole. La dolcezza con cui pronuncia le sue parole mi fa rabbrividire, ma non in senso negativo. Sorride e ogni volta che la guardo sento una stretta allo stomaco che non riesco a spiegare. "Vero." rispondo io suscitando una grande risata in entrambi. Dopo qualche altra domanda decidiamo di metterci a dormire e mentre la guardo addormentarsi compare nella mia mente il ricordo di quelle notti in cui le mie braccia circondavano il suo corpo in un caldo abbraccio.
Il giorno seguente ci viene comunicato che l'intera squadra deve realizzare un pass pro speciale. Stranamente anche la mia presenza è stata richiesta e nel primo pomeriggio ci rechiamo in un quartiere isolato di Capitol city. Sono presenti delle trappole ma niente di grave. Probabilmente questo quartiere non è tra i più gettonati in senso strategico. Non appena iniziamo a sistemarci e a prepararci vedo che Boggs si fa strada per venirmi incontro. "Tieni!" dice con tono formale dandomi di nuovo il fucile. Lo guardo con aria stupita "Non sono un gran tiratore comunque." dico scrollando le spalle. "E' ben carico!" urla lui come se volesse far sapere a tutti che il pazzo ragazzo del distretto 12 è armato. Cerco di non prenderla sul personale e rivolgo il mio sguardo altrove. I miei occhi si fermano su un componente della nostra squadra che non avevo mai notato, o almeno non con attenzione. "Sei un senza-voce, vero?" dico ottenendo non solo l'attenzione del diretto intreressato ma anche quella del resto della squadra. "Lo capisco dal modo in cui deglutisci. C'erano due senza-voce a Capitol city che venivano tenuti prigionieri. Darius e Lavinia, ma le guardie li chiamavano quasi sempre teste rosse. Erano i nostri servitori al centro di addestramento , quindi hanno arrestato anche loro. Ho sentito le loro urla mentre li torturavano a morte. Lei è stata fortunata. Hanno usato un voltaggio troppo alto e il suo cuore si è fermato subito. Per finire lui, invece, ci sono voluti giorni. Pestaggi, amputazioni.Continuavano a fargli delle domande ma non poteva parlare, emetteva solo quegli orribili suoni animaleschi. Non volevano informazioni, sapete? Volevano solo che io sapessi. Che io sapessi che stavano facendo tutto questo per me." dico tutto d'un fiato cercando di non lasciarmi interrompere dai miei stessi pensieri. Il ricordo di quelle urla ancora mi fa tremare di paura. Questa è una delle tante cose che non potrò mai dimenticare. Mi guardo intorno subito dopo aver terminato il mio racconto e noto sul volto di tutti un grande stupore. Che sia questo un ricordo manipolato da Capitol city? Forse non sono stati veramente torturati e uccisi. Forse sono solo ricordi che Capitol city ha impiantato nelle mia testa. "Vero o falso?" chiedo con ansia aspettando che una risposta arrivi il prima possibile. Nessuna reazione, ancora silenzio. Sento una forte agitazione, ma cerco di mantenere la calma. "Vero o falso?" chiedono nuovamente nella speranza che questa volta qualcuno abbia la pietà di darmi una risposta. "Vero." sento rispondere dalla voce di Boggs. "Per quello che ne so io almeno..vero." continua. Nel sentire quelle parole rilasso subito le spalle, tirando fuori una grande quantità d'aria. Mi sento sollevato. "Lo pensavo. Non c'era niente di..luccicante in quel ricordo." dico per poi allontanarmi dal gruppo colto dal desiderio di fare quattro passi in solitudine.
Dopo circa un'ora iniziamo finalmente la nostra piccola missione per prendere l'isolato. Ci muoviamo tutti con cautela, calpestando di volta in volta vetri rotti o frammenti di case. Ci raduniamo in gruppo e Boggs inizia a spiegare in che modo dovremo procedere. Tutti prendono la parola, alcuni si offrono volontari per innescare alcuni baccelli, solo io resto in disparte. Non ho mai fatto niente di simile e comunque questa è una responsabilità troppo grande per un ragazzo ancora troppo instabile come me. Alla fine ci mettiamo in posizione e aspettiamo solo che Cressida sistemi i vari cameraman per riprendere la scena al meglio. Dopo gli ultimi ritocchi finalmente sento la sua voce squillare "Azione!" urla con entusiasmo e determinazione. Iniziamo ad avanzare con cautela nella strada alternando passi a colpi di proiettile. Devo ammettere che quei rumori suscitano in me una strana sensazione. Ogni volta che ne sento uno, vedo comparire davanti ai miei occhi per meno di un secondo, un momento o una situazione che ho vissuto a Capitol city. Non mi era mai successo prima, non cosi. Stringo i pugni sul fucile cercando di non ascoltare quello che mi circonda. Dopo alcuni metri raggiungiamo la fine della strada. Gale è stato incaricato di far esplodere la bomba e ci apprestiamo tutti a ripararci dietro qualcosa di consistente in modo che possa proteggerci da eventuali frammenti. Subito dopo l'esplosione Cressida chiede la partecipazione di tutti per alcune riprese in primo piano. Iniziano a fare capriole, a correre, a far finta di sparare ma io rimango in un angolo cercando di tenere a freno un senso di rabbia che sento crescere ogni istante un po' di più. Tutti scoppiano in una grande risata a causa delle doti poco interpretative di Mitchell e Boggs cerca di riportare ordine. "Contegno, 4 5 1." dice cercando di soffocare una risata. Con lo sguardo ancora rivolto verso di noi, poggia il piede su una bomba che gli fa saltare le gambe.
Il sangue è ovunque, cosi come i pezzi di carne che non fanno più parte del suo corpo. La scena è raccapricciante e invece che cercare di mantenere la calma non faccio che agitarmi. Guardo Katniss avvicinarsi al corpo di Boggs e non con stupore che è ancora vivo. Cerca di curarlo ma la quantità di sangue che vedo fuoriuscire dalle sue ginocchia non promette niente di buono. Vengo richiamato da Finnick e mi avvicino al resto della squadra mentre ascolto la Jackson urlare con tutta la sua voce di ritirarsi. Nel giro di pochi istanti ci accorgiamo della presenza di una strana sostanza nera, simile al fumo, che si avvicina verso la nostra direzione. La situazione è critica. Gale e un'altra ragazza iniziano a sparare ai vari baccelli e io inizio a non essere più tanto lucido. Mentre corriamo sento emergere quel Peeta che stavo cercando di eliminare a tutti i costi. Da un tono basso e quasi inesistente sento aumentare di volume un voce dentro di me che continua a ripetere una sola ed unica frase: Uccidila. Fisso Katniss che sta trascinando Boggs insieme ad Homes. Uccidila. Uccidila. Uccidila. Uccidila. Cerco con tutto me stesso di frenare quell'istinto omicida ma è tutto inutile, sono debole e non riesco a controllarmi. Mi avvicino a Katniss e la strattono all'indietro facendola cadere a terra. Lei mi guarda con aria impaurita, ma so che è tutto un trucco. Uccidila. Uccidila. Uccidila. Sollevo il fucile che ho tra le mani nell'intento di scagliarlo sulla sua testa per fracassarle il cranio. Si sposta velocemente rotolando fuori dalla mia portata, ma io non mollo. La inseguo, sto per raggiungerla quando improvvisamente Mitchell mi placca facendomi cadere a terra nell'intento di immobilizzarmi. Sentire le sue mani sul mio corpo mi fa scattare ancora di più e cerco di liberarmi continuando a vedere davanti ai miei occhi non un compagno di squadra, non un persona, ma un nemico che deve essere eliminato. Gli do un calcio nella zona del basso ventre e lo faccio cadere a terra perdendolo di vista. Il mio obbiettivo è incentrato in una sola direzione. Uccidila. Uccidila. Uccidila. Mi avvicino a lei ma altri mi bloccano trascinandomi con loro verso una casa. Continuo a muovermi cercando di liberarmi e questo li fa preoccupare. Sento un forte colpo dietro la testa che mi fa immediatamente perdere i sensi.
Non so quanto tempo sia passato, ma improvvisamente apro gli occhi e mi ritrovo disteso su un divano all'interno di una casa che non conosco. Non ricordo cosa sia successo. Rivolgo lo sguardo verso la direzione in cui sento delle voci e noto che la mia squadra sta guardando uno speciale di Capitol city in televisione. Mi alzo in piedi cercando di non fare rumore e mi posiziono dietro di loro per vedere quello che Capitol city ha da dirci. Guardo le varie immagini che scorrono e improvvisamente sento il cuore che smette quasi di battermi nel petto. Vedo me stesso, in televisione, mentre corro verso Katniss, mentre cerco di ucciderla. Vedo me stesso essere placcato da Mitchell. Vedo me stesso liberarmi di lui e mandarlo nella trappola che subito dopo pochi secondi si prende la sua vita. Continuo a guardare quelle immagini e rimango sconvolto. Capitol city pubblica le nostre foto annunciando la nostra morte avvenuta proprio in quella circostanza a causa delle varie bombe. Ma non è questa la cosa che più mi fa male. La cosa che mi sta togliendo il respiro sono io. Sono io quello, ho fatto io quelle cose. Sono un mostro, avevano ragione. Nessuno potrà mai cambiarmi. Resterò per sempre una minaccia e nessuno di loro sarà mai al sicuro fin quando ci sarò io. Sento i membri della mia squadra che continuano a commentare i video anche dopo che Capitol city ha chiuso il collegamento. Dopo tanta confusione sento la voce di Gale emergere tra la altre. "Allora, adesso che siamo morti quale sarà la nostra prossima mossa?" chiede rivolgendosi al resto della squadra. Mi faccio avanti convinto come non mai delle mie parole. Nessuno morirà più a causa mia, non farò più del male a chi cerca solo di aiuatrmi. "Non è ovvio?" dico alzando il tono di voce cosi da poter ottenere l'attenzione di tutti. "La nostra prossima mossa..è uccidere me."

 

Ehi ehi ehiii :) Salve a tutti! Nuovo e decimo capitolo della mia/nostra/vostra storia. Forse questo capitolo è un po' più corto del solito (o forse solo a me da questa impressione?), beh nel caso in cui anche per voi lo fosse, sappiate che l'ho interrotto in questo punto perchè altrimenti mi sarebbero uscite altre 10 pagine e non mi sembrava il caso ahahha! Sta iniziando la guerra vero e propria (War..terrible waaaar) e la nostra squadra 4 5 1 entra in azione. In questo capitolo iniziano a morire alcuni personaggi (Omg, questa parte del libro è veramente straziante T.T). Peeta purtroppo, proprio nel momento in cui aveva cominciato ad acquistare un po' di speranza ha avuto una nuova crisi e vuole morire per non essere più un problema. Non so perchè ma questo capitolo mi faceva venire in mente la canzone " A drop in the ocean" (infatti non ho fatto che ascoltarla a ripetizione mentre scrivevo lo scrivevo). Non so se la conoscete, ma io vi metto il link lo stesso, se vi va ascoltatela! https://www.youtube.com/watch?v=3lSDU48Pr_Q . Poooi, non so se qualcuno ha notato che il maestro di matematica di Katniss e Peeta l'ho chiamato "Killian Jones". Beh, penso che tutti l'abbiate notato ahahha (domanda stupida). Ho messo questo nome primo perchè non so inventare nomi e secondo per rendere omaggio al meraviglioso personaggio di Uncino della serie di Once Upon a Time che io personalmente amo alla follia! (Voi la seguite? Spero per voi di si e.e) Ok dopo questo piccolo incrocio di fandoms, vi saluto sperando che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento! Come sempre se vi va di farmi sapere cosa ne pensate siete i benvenuti! Un bacio, Sara :) 

 

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Capitolo 11
*** "Sempre." ***


Non appena dalla mia bocca escono quelle parole di rassegnazione cala il silenzio. Tutti rimangono con gli occhi fissi su di me. Come se avessi detto un'assurdità, una cosa che va ben oltre i limiti della ragione. In realtà, penso di aver dato semplicemente una voce ai loro pensieri. Io sono un pericolo, non posso essere controllato. Se vogliono andare avanti nella missione, se vogliono avere successo, devono uccidermi. E' l'unico modo che ho per rendermi utile. Sacrificherò la mia vita, ormai non più tanto mia e darò loro un'opportunità. Passano un paio di minuti e finalmente qualcuno decide di interrompere il silenzio creatosi attraverso le mie parole. "Non essere ridicolo." dice la Jackson rivolgendosi a me. "Ho appena assassinato un membro della vostra squadra!" rispondo io gridando. Come possono non rendersi conto di quanto grave sia quello che ho fatto? Sento le guance diventare rosse per la rabbia. "L'hai spinto per togliertelo di dosso. Non potevi sapere che avrebbe attivato la rete in quel punto preciso." dice Finnick avanzando verso di me. Non capisco per quale motivo facciano tanta fatica a lasciarmi andare. Io non conto nulla per loro, nulla. Mi posiziono al centro della stanza, proprio davanti la televisione, cosi che tutti possano vedermi e ascoltarmi. "Chi se ne frega! E' morto no?" dico ad alta voce e finalmente realizzo quello che è successo. Dopo aver visto quelle immagini mi ero sentito un mostro si, ma non in questo modo. Dirlo ad alta voce, rende il tutto più reale. E' questo che sono adesso, un assassino. Cerco di tenere a freno le lacrime, ma come tante altre cose, non riesco a controllarmi. Le sento scendere. Tiepide lacrime che mi rigano il viso. "Non lo sapevo. Non mi sono mai visto cosi, prima." aggiungo cercando di non far tremare la voce. In realtà è l'unica cosa che al momento riesco a fare: tremo. Rivolgo per un secondo il mio sguardo verso Katniss e per quel breve istante ricordo tutte le cose brutte che le ho fatto, tutte le cattiverie che le ho detto. "Katniss ha ragione. Sono io il mostro. Sono io l'ibrido. Sono io quello che Snow ha trasformato in un'arma." dico alzando sempre di più il tono di voce. "Non è colpa tua, Peeta." ribatte Finnick mettendomi una mano sulla spalla cercando di calmarmi. Vogliono convincermi ad andare con loro. Si sentono troppo in colpa a lasciarmi qui, ma io non ho bisogno della loro pietà. Non ho bisogno della compassione di nessuno. "Non potete portarmi con voi. E' solo questione di tempo prima che uccida qualcun'altro." dico nella totale consapevolezza delle mie azioni future. Ho ucciso Mitchell, cosa gli fa pensare che non potrei fare lo stesso con un altro membro della squadre 4 5 1 ? Guardo i loro visi e ogni volta che i miei occhi si incontrano con quelli di qualcuno, quel qualcuno cerca di distogliere lo sguardo abbassando la testa. Nessuno mi risponde e quindi decido di continuare il mio discorso disperato. "Magari pensate che sia più gentile scaricarmi semplicemente da qualche parte. Lasciare che io corra il rischio. Ma questo equivarrebbe a consegnarmi a Capitol city. Non penserete di farmi un favore rispedendomi da Snow vero?". Non appena pronuncio quelle parole subito i ricordi di quella prigionia affiorano e mi rendo subito conto, senza pensarci troppo, che la morte a confronto sarebbe una cose del tutto piacevole. Non posso tornare a Capitol city, non da vivo. Ancora silenzio. Volti confusi e tristi è tutto ciò che mi circonda in questo momento. "Ti ucciderò io prima che succeda, te lo prometto." dice Gale dalla sua poltrona con tono piuttosto deciso. Per un momento rifletto sulla sua proposta, ma poi mi rendo conto che non sarebbe una via sicura, non posso rischiare di farmi prendere vivo. Scuoto la testa. "E' inutile. E se tu non fossi lì per farlo? Voglio una di quelle pillole avvelenate che avete tutti." rispondo indicando la parte del braccio in cui so che sono contenute. Nessuno mi ha parlato di quelle pillole, ma ho ascoltato la Jackson proprio ieri che ne discuteva. So che non mi è stata data perché considerato un soggetto instabile, ma so anche che sarei in grado di usarla solo in caso di stretta necessità. E comunque, anche se per sbaglio dovessi prenderla per disperazione, non credo che farebbe la differenza. Nessuno sentirebbe la mia mancanza. "Non sei tu il problema." dice Katniss alzandosi dalla sedia e avanzando al centro della stanza. "Abbiamo una missione e tu ci servi." continua per poi cambiare il discorso.
Alcuni si mettono alla ricerca di qualcosa da mangiare, altri provvedono ai turni di guardia, altri ancora mi tengono d'occhio. A quanto pare passeremo la notte qui. Quello che non sanno però, è che domani mattina io non andrò con loro. Arrivata l'ora di cena si mettono tutti seduti, chi sul divano, chi su una sedia, chi per terra e iniziano a mangiare le loro zuppe in scatola. Il mio sguardo scorre lungo la stanza e vedo Katniss che cerca qualcosa nello scaffale della cucina in alto a destra. Mentre tengo gli occhi fissi su di lei, mi viene passata una lattina. "Devi pur mangiare qualcosa." dice Finnick facendomi un sorriso. Prendo la lattina tra le mani e non appena leggo il suo contenuto nuovi ricordi affiorano nella mia mente. 'Stufato di agnello.' Ricordo il volto di Katniss ogni volta che ci veniva servito nel nostro appartamento durante la preparazione degli Hunger games. Ricordo in che modo chiudeva dolcemente gli occhi per concentrarsi al meglio sul profumo che emanava. Mi alzo in piedi e mi dirigo verso la cucina dove Katniss si accinge ancora a cercare qualcosa di commestibile. "Tieni." sussurro porgendole la lattina. Mi guarda stupita e poi la prende. Legge il contenuto sull'etichetta e riesco a rubarle un leggero e piccolo sorriso. "Grazie." dice con un filo di voce per poi aprire il coperchio. "Ci sono persino le prugne." continua facendo una piccola risata.
Ci sediamo insieme a tutti gli altri e mentre mangiamo alcuni biscotti ripieni di crema, la tv si accende e mandano in onda il sigillo di Capitol city. Segue subito dopo un servizio in cui viene annunciata la nostra morte. Snow si congratula con i pacificatori per il lavoro effettuato e per aver liberato il paese dalla minaccia della ghiandaia imitatrice. I ribelli presenti nella stanza iniziano a protestare ma tutto ad un tratto le proteste cessano e improvvisamente l'inquadratura cambia. Ora ad andare in onda è il distretto 13 e a parlare è la presidente Alma Coin. Parla di Katniss e di come la sua morte sia comunque stata di grande aiuto nella missione contro il governo distopico di Capitol city. Questa è una certezza, ora siamo davvero soli, dato che tutti ci credono morti. Dopo uno scambio di messe in onda la trasmissione cessa e i commenti non fanno fatica ad arrivare. Sembra che le parole di Snow e della Coin siano state un incentivo importante per la missione. Ora tutti sono decisi più che mai e iniziano a proporre una via sicura per raggiungere Capitol city il prima possibile. Io rimango in silenzio, seduto su un divano blu ad ascoltare con disinteresse dato che la cosa non riguarda. Come gli ho già detto, io non andrò con loro.
Dopo alcune ore e più di un'intuizione, alla fine la squadra decide di avanzare tramite le varie gallerie sotterranee di cui Capitol city è dotata. Mettono in ordine la casa, cercando di nascondere i segni del nostro passaggio e poi si preparano per andare. Io continuo a sedere sul divano immobile, con le braccia incrociate, sicuro della mia decisione. Rimangono tutti a fissarmi. "Peeta, dobbiamo andare." dice Finnick invitandomi ad alzarmi con un gesto della mano destra. "Io non vengo. Rivelerò la vostra posizione o ucciderò qualcun'altro." dico scuotendo la testa. "Gli uomini di Snow ti troveranno." ribatte lui alzando il tono di voce. "Allora lasciatemi una pillola. La prenderò solo se devo." rispondo. Ed è quello che penso davvero. Voglio restare qui e se davvero gli uomini di Snow dovessero trovarmi allora prenderò quella pillola e porrò fine alla mia esistenza. "Non è una scelta tua, cammina!" dice la Jackson avanzando verso di me e prendendomi per un braccio cercando di spostarmi e farmi alzare. Cerco di opporre resistenza. "Oppure cosa fate? Mi sparate?" dico facendo una leggera risata. Mi farebbero di certo un favore. "Ti mettiamo fuori combattimento e ti trasciniamo con noi, il che ci rallenterà e ci esporrà al pericolo." dice Homes intervenendo nella conversazione. Sembra che tutti si siano messi d'accordo per impedirmi di rendergli le cose molto più semplici. "Smettetela di fare i generosi! Non me ne frega niente se muoio!" Guardo i loro volti decisi e capisco che c'è una sola persona in questa stanza che può capirmi. Una sola persona che può aiutarmi. "Katniss, ti prego. Non capisci che voglio uscirne?" dico implorandola. Nessuno riesce a capire che l'unica cosa che potrebbero fare per aiutarmi è lasciarmi andare. Ormai vivere con me stesso è diventato un peso troppo grande da riuscire a sopportare. I nostri occhi si incrociano e rimangono fissi per alcuni istanti, fino a che non vedo il suo volto muoversi in una lieve negazione. "Stiamo sprecando tempo. Vieni di tua volontà o dobbiamo stenderti?" dice distogliendo lo sguardo. Non capisco perchè si stia comportando in questo modo. Non riesce a lasciarmi andare per quale motivo? E' perchè davvero tiene ancora a me o semplicemente non riesce a dare un'altra soddisfazione a Snow? Di certo non avrò risposta a queste domande, o almeno non ora. Nascondo il viso tra le mani ancora legate per alcuni istanti e poi mi rassegno all'idea che non mi lasceranno mai qui. Mi alzo e con il volto avvilito decido di collaborare e seguirli. "Gli liberiamo le mani?" chiede una delle giovani sorelle che fanno parte della nostra squadra alla Jackson. "No!" urlo io ritraendo le mani il più possibile. Ho deciso di seguirli, ma non voglio avere tutta questa libertà. In un certo senso quelle manette mi danno sicurezza. Sono un modo per controllarmi e non voglio di certo sbarazzarmene proprio adesso. "No." ripete Katniss a sua volta per poi rivolgere il suo sguardo verso di me, quasi stesse cercando di dimostrarmi che è dalla mia parte. "Però voglio la chiave.." aggiunge rivolgendosi alla Jackson. Katniss prende la chiave tra le mani e la mette nella tasca inferiore dei pantaloni.
Ci incamminiamo in un altro appartamento fino a che non arriviamo ad una porta chiusa sopra alla quale si trova la scritta "servizio." Castor la apre facendo una piccola pressione e finalmente la nostra via di fuga appare davanti ai nostri occhi. Mentre gli altri della squadra si accingono a scendere guardo il volto di Pollux, il senza-voce. Ha un'espressione impaurita. Suo fratello si avvicina lui per mettergli una mano sulla spalla nel tentativo di rassicurarlo. "Mio fratello ha lavorato quaggiù dopo essere diventato un senza-voce." dice Castor rivolgendosi a me. "Ci abbiamo messo cinque anni per riuscire a comprare la sua risalita in superficie. E lui non aveva visto il sole nemmeno una volta." dice continuando la sua spiegazione. Mentre suo fratello parla, io continuo a fissare il volto di Pollux e istintivamente sento il bisogno di rassicurarlo. "Bè, allora mi sa che sei appena diventato la nostra risorsa più più preziosa." sussurrò sorridendo. Castor ride e Pollux riesce a fare un sorriso. Dopo aver causato tanta sofferenza mi sento quasi soddisfatto nel sentirmi la causa di quel sorriso. Continuiamo ad avanzare, ma io mi sento così debole che la Jackson e Gale si offrono di aiutarmi nella camminata. Cosi iniziano a trascinarmi a fatica ed io mi sento un peso, come sempre. Tengo gli occhi fissi a terra, amareggiato e avvilito.
Ci muoviamo a una discreta velocità, ma dopo alcune ore ci sentiamo piuttosto stanchi e quando la Jackson propone di fermarsi nessuno si oppone. Ci accampiamo in un vecchio sgabuzzino e la Jackson organizza i turni di guardia. Io mi rannicchio in un piccolo angolo e resto lì senza riuscire però a chiudere occhio. Ho lo sguardo fisso nel vuoto quando ad un certo punto sento un rumore di passi. Katniss si siede vicino a me. Le sue gambe sono praticamente vicine alla mia testa. Mangia qualcosa rumorosamente e poi resta in silenzio per una decina di minuti. Sento il suo respiro affannato e pesante, fino a che quel respiro non si interrompe per dar spazio alle parole. "Hai mangiato?" chiede rivolgendosi a me con tono gentile. Scrollo il capo. Non avevo voglia di mangiare. Il cibo non è molto e sarebbe un peccato sprecarlo per me. Katniss apre una lattina di zuppa di pollo e riso. Allunga la sua mano verso di me e me la porge. Mi metto seduto a fatica e inizio a mangiare la zuppa rumorosamente non curandomi di masticarla. Katniss mi osserva in silenzio, distogliendo lo sguardo di tanto in tanto. Dopo un momento di esitazione si mette seduta davanti a me. "Peeta, quando hai parlato di quello che era successo a Darius e Lavinia, e Boggs ha confermato che era vero, tu hai detto che lo pensavi. Perchè in quel ricordo non c'era niente di luccicante. Cosa volevi dire?" chiede rivolgendo il suo sguardo nel vuoto, cercando di ricordare quel momento e le parole che ho pronunciato. E' interessata davvero ai miei pensieri o sta solo cercando di valutare con accuratezza il nemico che dovrà affrontare? Forse dovrei smetterla di farmi queste domande ed iniziare a fidarmi. Katniss sembra davvero interessata alla mia salute. "Oh non so come spiegarlo." dico iniziando il discorso, cercando di darle la spiegazione che cerca e che purtroppo io non possiedo del tutto. "All'inizio era tutto confuso e basta. Adesso riesco a distinguere determinate cose." continuo, ed è vero. C'erano dei momenti, per fortuna ormai passati, in cui anche le cose più semplici per me sembravano impossibili da capire. Ora invece, se presto attenzione, riesco a far luce su alcune cose. Faccio un leggero sospiro e continuo il mio discorso. "Credo ci sia uno schema che sta venendo a galla. I ricordi che hanno alterato col veleno degli aghi inseguitori hanno una strana caratteristica. E' come se fossero troppo intensi o le immagini tremolassero." dico mentre con la mente rivedo quei ricordi ricoperti di puntini che luccicano per dare una descrizione di ciò che c'è nella mia testa quanto più fedelmente possibile. Vedo Katniss perplessa. "Ti ricordi com'era, quando siamo stati punti?" chiedo. Annuisce con la testa. "Gli alberi andavano in pezzi. C'erano gigantesche farfalle multicolori. Io sono caduta in una buca di bolle arancioni.." risponde tornando con la mente a quei momenti. Rimane in silenzio per alcuni secondi, fino a che il suo viso non si illumina di colpo come se avesse raggiunto con il pensiero l'elemento che stava cercando. "Bolle arancioni luccicanti.." dice con tono sorpreso guardandomi negli occhi. "Giusto. Ma non c'era niente di simile nel mio ricordo di Darius e Lavinia. Non credo che mi avessero dato ancora il veleno." continuo io alimentando la sua sete di parole. Continua a fissarmi alla fine di ogni frase, come se stesse aspettando nuovi racconti, nuovi ricordi. "Beh, è una bella cosa no?" mi chiede accennando ad un sorriso. "Se riesci a fare una distinzione, allora puoi capire quello che è vero." continua mostrando nel tono di voce un gran sollievo. Io non mi sento sollevato, anzi. La confusione aumenta sempre di più e questo suo atteggiamento protettivo non fa che peggiorare le cose purtroppo. "Si. E se mi facessi crescere le ali, potrei volare." dico con tono sarcastico, ma allo stesso tempo del tutto amareggiato. "Solo che alle persone non crescono le ali. Vero o falso?" domando notando una strana reazione nel suo volto. "Vero." risponde lei per poi aggiungere nuove parole di sostegno a quella breve risposta. "Ma alla persone non servono le ali per sopravvivere." La guardo e vorrei poterle dire molto di più rispetto a quello che effettivamente riesco a pronunciare. "Alle ghiandaie imitatrici si." dico per poi mettermi a finire la zuppa sotto lo sguardo vigile di Katniss che sembra essere piuttosto delusa della nostra conversazione. Scruta il mio viso, e quasi mi vergogno del mio aspetto. Le mie occhiaie sotto la debole luce che ci consente un po' di illuminazione sembrano lividi violacei e io vorrei poterli nascondere. "C'è ancora tempo. Dovresti dormire." mi dice per poi prendermi la lattina ormai vuota dalle mani. Mi aiuta a stendermi sul freddo pavimento e poi si siede accanto a me. Rimango a fissare il vuoto cercando di sgomberare la mente per poter riuscire a riposare almeno un po'. Proprio mentre sto per prendere sonno sento la mano di Katniss spostarmi una ciocca di capelli dalla fronte. Subito rabbrividisco. Da parecchio tempo nessuno si è preso la briga di farmi una carezza, specialmente Katniss. Continua a lisciarmi delicatamente i capelli all'indietro. Il suo tocco suscita in me nuovi ricordi. Ricordi belli, felici. Ricordi di tutte quelle volte in cui Katniss ha rischiato la sua vita per salvare la mia. Ricordi che credevo di aver perso per sempre o peggio ancora, di non avere mai avuto. "Stai ancora cercando di proteggermi. Vero o falso?" bisbiglio. "Vero." risponde lei lasciando una breve distanza tra queste e le parole che subito seguono. "Perchè è questo che facciamo, io e te. Ci proteggiamo a vicenda." sussurra accostandosi al mio orecchio. Quelle parole sono quasi una sorta di ninna nanna che riesce a guidarmi verso il riposo sereno che da tempo aspettavo.
Poco prima delle sette vengo svegliato dalle voci dei miei compagni di squadra che si stanno preparando per riprendere il cammino nei sotterranei. Avanziamo lentamente, ancora presi dal sonno e dalla stanchezza quando improvvisamente nelle mie orecchie inizio a sentire dei strani rumori. Provo una sensazione che non avevo mai provato prima. Sento il respiro affannato di ibridi che corrono verso di noi, quasi fossi un animale della loro specie. Riesco a sentire i loro pensieri. "Katniss." continuano a ripetere senza sosta. Anche i miei compagni di sguardo, compresa Katniss stessa, riescono a sentire le loro voci. Le loro facce calano nella paura e nell'incapacità di prendere al volo una decisione e scappare. Ma quello che gli altri non riescono a sentire è il motivo per cui sono qui. Il motivo per cui Capitol city li ha generati e poi mandati in questi tunnel sotterranei. La vogliono uccidere. Sono stati creati per distruggerla, proprio come me. Katniss ha l'arco incoccato, decisa ad uccidere qualsiasi cosa o persona stia pronunciando il suo nome. "Katniss." la chiamo per spiegargli la situazione ma non appena il suo volto si rivolge verso la mia direzione noto nei suoi occhi la convinzione che quei suoni, quelle voci provengano da me. Che sia io l'artefice di tutto questo. Proprio ora che stavo riuscendo nell'impresa di farle capire che non voglio farle del male. Continua a fissarmi mentre io continuo a pronunciare il suo nome. Punta una freccia verso la mia direzione, pronta a lasciarla andare. Pronta a lasciarmi andare. Mi metto seduto, accovacciato per terra cercando di dimostrargli che non sono io il nemico. Inizio a tremare. I pensieri degli ibridi sono cosi forti che quasi mi impediscono di sentire i miei. Metto la testa tra le mani. "Katniss!" urlo per poi girare di scatto la testa verso di lei. Ha l'espressione impaurita, ma allo stesso tempo la sua mano è ben salda e pronta a scoccare la freccia. "Katniss! Esci di qui." le urlo a fatica cercando di porre fine a quelle voci. "Perchè? Cos'è che fa questo rumore?" chiede avvicinandosi a me. "Non lo so. So solo che deve ucciderti. Corri! Esci! Vai!" continuo a ripetere cercando di metterla in salvo ma lei resta li immobile ben lontana dall'idea di scappare. Abbassa l'arco e si rivolge al resto della squadra mentre io continuo a premere le mani sulle tempie. "Qualunque cosa sia, ce l'ha con me. Potrebbe essere l'occasione giusta per separarci." dice con decisione. La squadra immediatamente si oppone a questa sua affermazione e tutti dichiarano di voler restare al suo fianco in ogni caso. Si organizzano rapidamente con le varie armi che possiedono e poi usciamo di corsa dallo stanzino, inseguiti dagli ibridi che non smetteranno di darci la caccia. Avanziamo più velocemente che possiamo quando ad un certo punto, durante la nostra corsa sentiamo urla disperate che ci fanno rabbrividire. "Senza-voce." dico io ad alta voce cercando di rispondere alla domanda che tutti si stanno facendo nella loro mente. "Erano questi i suoni che emetteva Darius quando lo torturavano." continuo. "Gli ibridi devono averli trovati." dice Cressida dando appoggio alle mie parole. Iniziano a litigare tra loro, su chi debba fare cosa ma io non presto attenzione alle loro voci, bensì a quelle degli ibridi. "Ascoltate." dico suscitando il silenzio tra le loro voci. Le urla sono cessate ed ora le loro voci sono più forti e vicine che mai. "Katniss." ripetono senza sosta. "Mettete le maschere!" ordina la Jackson ma nessuno ascolta i suoi ordini. Respiriamo tutti la stessa aria. Riprendiamo la nostra fuga. Corriamo senza sosta. Improvvisamente ci imbattiamo in una delle trappole di Capitol city e senza rendercene conto, il corpo di Homes precipita in quella trappola, una specie di 'tritacarne', dalla quale viene risucchiato in pochi secondi. Tutti rimangono immobili, a fissare quel corpo fatto a pezzi. Nessuno reagisce, sono tutti troppo sconvolti. Ma non io, io non mi faccio impressionare da questi giochetti di Capitol city. Ho visto cose ben peggiori, posso sopportare questo, cosi decido di prendere in mano la situazione. "Non possiamo aiutarlo!" urlo iniziando a strattonare i corpi dei miei compagni. "Non possiamo!" continuo a ripetere cercando di convincerli. Poggio una mano sulla spalla di Katniss cercando di farle distogliere lo sguardo da quell'orribile immagine. Alla fine la squadra decide di darmi ascolto e continuiamo ad avanzare, questa volta con più prudenza.
Alle nostre spalle le grida continuano a farsi sentire più forti che mai e l'odore di ibridi è sempre più vicino. Pochi metri e siamo costretti a fermarci di nuovo. Apriamo il fuoco contro un gruppo di pacificatori. Ne uccidiamo più o meno la metà, ma ci rendiamo subito conto che altri ne stanno arrivando in tutta fretta. Guardo i volti spaventati dei miei compagni fino a che non rivolgo nuovamente lo sguardo a quelli che mi sembrano essere pacificatori. Ma non lo sono. Sono ibridi. Esseri bianchi, dotati di quattro arti, e grandi quanto più o meno quanto un essere umano adulto. Hanno lunghe code da rettile, schiene arcuate e teste protese in avanti. Avanzano e uccidono tutto ciò che incontrano, compresi i pacificatori stessi. "Da questa parte!" urla immediatamente Katniss cercando di farci muovere. Lei e Pollux prendono il comando e cercano la via più veloce per riportarci in superficie. Corriamo talmente forte che le gambe mi fanno male, ma cerco di tenere duro perchè se mi fermo anche solo per un momento a pensare sono perduto. Non c'è tempo per fermarsi a pensare, non c'è tempo di riflettere. Dobbiamo uscire di qui. Alcuni compagni della nostra squadra vengono presi e uccisi brutalmente. Tra questi anche la Jackson. Non possiamo aiutarli, non possiamo fermarci, ed è questa la cosa che più fa male. Mettersi in salvo con sottofondo le urla di persone che fino a poche ore fa hanno rischiato la propria vita per salvare la tua. Arriviamo ad una piccola scala e iniziamo a salire mentre altri, tra cui anche Katniss continuano ad aprire il fuoco contro gli ibridi. Ce ne sono troppi, non possiamo sconfiggerli. Possiamo solo scappare.
Non appena inizio a salire lungo la scala mi accorgo che Katniss è lì, immobile davanti agli ibridi. Urlo il suo nome con quanta più voce possibile ma lei sembra non sentirmi. "Gale! Gale! Prendi Katniss, ti prego prendi Katniss!" urlo verso il ragazzo che so che non la lascerà morire. La spinge con forza lungo la scala, ma non appena tutti riusciamo a raggiungere il piano superiore mi accorgo che il nostro numero si è dimezzato. Subito dopo una breve perlustrazione, mi rendo conto che una persona manca all'appello. "Dov'è Finnick?" chiedo lasciando silenzio dietro alle mie parole. Katniss mi guarda per un breve istante. "Qualcuno è ancora vivo!" urla subito dopo rivolgendosi a Gale che nel frattempo continua ad impedirle di scendere per accertarsi che altri membri della nostra squadra si mettano in salvo. "No, Katniss. Non verrà più nessuno. Solo gli ibridi." risponde Gale cercando di fermarla ma è tutto inutile. Riesce a liberarsi dalla presa e con il corpo si sporge in avanti per vedere cosa sta succedendo nel piano inferiore utilizzando la debole luce del fucile di Cressida. Io la guardo, in attesa di risposte e sento il cuore andarmi in mille pezzi non appena sento le sue urla strazianti. "No! No! Finnick no!" continua ad urlare disperatamente agitando il suo corpo. Non servono parole di conferma. Il ragazzo dagli occhi blu e dai capelli biondi non c'è più. Ha perso la sua vita, ucciso da Capitol city. Venire a sapere della sua morte fa male, e non perchè Finnick fosse un membro della mia squadra, ma perchè era un mio amico. E' quasi come se la sua morte avesse aperto nella mia mente il cassetto in cui tutti i miei ricordi del ragazzo del distretto 4 erano stati nascosti. Mi sembra di vederlo combattere con il suo tridente, mentre mi salva la vita. Lo vedo farmi gli scherzi con Katniss nell'arena. Vedo il suo sorriso spavaldo, pronto a nascondere quello che in realtà era: un ragazzo buono e gentile, vittima come noi, dei giochi di Capitol city. I miei nuovi ricordi, o meglio i miei falsi ricordi, mi hanno impedito di ringraziarlo per tutto quello che ha fatto per me. Se lui non mi avesse salvato la vita più di una volta ora non sarei qui. Incredibile notare come la mia vita comporti necessariamente la morte di qualcun'altro. Come se tutte le persone che cercano di aiutarmi siano in qualche modo destinate a morire per averlo fatto. Metto le mani davanti al viso cercando di nascondermi. Di nascondere le lacrime e il forte dolore che sento in questo momento.
Katniss, con il volto chiaramente afflitto, torna a rivolgere il suo sguardo verso di noi. "Non possiamo fermarci qui." dice cercando di nascondere la voce tremante. Gale si mette una benda al collo e i pochi sopravvissuti si preparano per riprendere la marcia, ma io no. Io me ne resto immobile, raggomitolato contro un muro. Ancora troppo sotto shock per fare qualsiasi cosa. "Peeta." sussurra Katniss iniziando ad avanzare verso di me. Non rispondo, non riesco neanche a parlare. Si inginocchia davanti a me, e mi scosta le mani ancora ammanettate da davanti il viso. "Peeta?" ripete Katniss sperando di ottenere questa volta una mia risposta. Cerco di spezzare il mio silenzio. Di sovrastare il dolore che mi si è piantato nel petto e che mi impedisce quasi di respirare. "Lasciami qui.." sussurro. "Non riuscirò a resistere." continuo a fatica con un filo di voce. "Si, invece, Ci riuscirai!" replica Katniss poggiando una mano sulla mia guancia. Scuoto la testa. "Sto perdendo il controllo. Impazzirò. Come loro." dico urlando. Sono stato creato per questo. Sono solo un'altra pedina di Capitol city. Un pezzo dei loro giochi. Sono un ibrido creato per far del male alle persone, alle persone buone. E' questo che sono, niente di più. Katniss mi fissa per un breve istante e poi si avvicina con decisione al mio viso fino a che le sue labbra non si uniscono alle mie. Io rimango immobile e sento un brivido percorrermi la schiena. Lei tiene la mia faccia tra le mani e continua a premere le sue labbra contro le mie senza sosta. Alla fine si stacca per riprendere fiato e vedo le lacrime scendergli lungo le guance candide. Fa scivolare le sue mani sulle mie e le stringe forte. "Non permettergli di portarti via da me.." dice scoppiando in un pianto liberatorio. Le sue labbra, il suo dolce tocco, le sue guance umide. Non so come, ma tutti quegli elementi sembrano aver risvegliato in me un sentimento che credevo di aver perso per sempre: amore. "No. Non voglio.." replico io stringendo le sue mani. Non voglio perderla. La amo, l'ho sempre amata e probabilmente la amerò per il resto della mia vita. Ora ricordo, ora ricordo perchè. E' per questa sensazione di forza che riesce a darmi. La capacità, anche con un solo sguardo di farmi sentire meglio. Di farmi sentire a casa. Le sue lacrime continuano a scendere e i suoi occhi restano fissi nei miei. "Resta con me." sussurra poggiando la sua fronte contro la mia. Sento il profumo dei suoi capelli ed è come se niente fosse mai cambiato dall'ultima volta che i nostri corpi sono stati cosi vicini. "Sempre." mormoro. 

 

Salve, salve :) Eccoci qui con l'11 capitolo! C'ho messo più del solito ad aggiornare (suppongo che vi stavate disperando in attesa che pubblicassi ahahah). Scherzi a parte, il capitolo è lungo 10 km, lo so, ma non ho potuto fare altrimenti e spero che non risulti troppo pesante e pieno di cose xD Finnick è morto, di nuovo, e penso che non mi rassegnerò mai a questa cosa. Ancora passo le mie giornate a chiedermi per quale motivo la Collins lo abbia ucciso. Non la perdonerò mai. Comunque, tornando al nostro Peeta, gli sono successe non poche cose. Piano piano, sta recuperando i suoi ricordi, anche se a caro prezzo. Alla fine ho deciso di scegliere il momento del bacio con Katniss per fargli ricordare quelli che erano i suoi sentimenti nei confronti della nostra ghiandaia, perchè secondo me non c'era momento migliore! Ma magari voi avevate pensato a un'altra parte, non so. Se volete siete libere di contestare la mia decisione ahahah! Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e come al solito ringrazio tutte le persone che continuano a leggere e seguire la mia storia! Beh, ci vediamo alla prossima!
Sara :) 

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Capitolo 12
*** Un rifugio sicuro. ***


Katniss sorride nel sentire le mie parole e mentre le sue labbra si incurvano, l'ultima lacrima scende lungo la sua guancia. Le mie dita l'asciugano dolcemente con un movimento lento e leggero. Un ultimo sguardo e poi mi aiuta ad alzarmi. Quando quel breve momento che ci ha uniti giunge al termine torno alla realtà. Finché siamo qui sotto, saremo sempre in pericolo, dobbiamo tornare in superficie. Katniss si rivolge a Pollux in tutta fretta per elaborare un piano e dopo aver discusso per alcuni minuti, concordano sul prendere una galleria che dopo un decina di metri ci conduce ad una botola. Katniss la gira con uno sforzo notevole aiutata da Gale e poi, una volta aperta, inizia a salire lungo la scala. Noi la seguiamo ma improvvisamente la sua salita si interrompe. Alzo gli occhi e vedo lo sguardo di Katniss fisso su una donna. Probabilmente è un abitante di capito city che non ha ancora abbandonato la sua casa. Vedo le sue labbra che stanno per muoversi, forse nel tentativo di urlare per chiedere aiuto, ma Katniss con una freddezza che non le avevo mai visto addosso le trafigge il cuore con una freccia. Con il corpo ancora disteso sul pavimento della donna, entriamo in casa e dopo una perlustrazione veloce ci accorgiamo che è vuota. Ci raggruppiamo in salotto e continuiamo a guardarci intorno e ad analizzare il nuovo ambiente. "Secondo voi, quanto tempo abbiamo prima che capiscano che qualcuno di noi è sopravvissuto?" chiede Katniss percorrendo i nostri volti affaticati e stanchi. "Per me potrebbero arrivare da un momento all'altro." risponde Gale con fare ansioso. "Sapevano che eravamo diretti alle strade. E' probabile che l'esplosione li confonda per qualche minuto, ma poi cominceranno a cercare il punto da cui siamo usciti." continua. Gale sembra essere l'unico a mantenere ancora un filo di lucidità. Ogni membro della nostra squadra sembra distrutto, ognuno a modo suo.
Io sono seduto su un divano di velluto, con un cuscino tra i denti. Parlare con Katniss mi ha fatto bene, mi ha ricordato molti sentimenti, molti momenti e ha riportato in vita gran parte di quel Peeta che credevo di aver perso, tuttavia ci sono cose che ancora non sono chiare e che ancora mi fanno paura. Inoltre il ricordo degli ibridi contro i quali ci siamo appena imbattuti continua ad abitare la mia mente. Nei momenti di silenzio mi sembra quasi di risentire le loro voci e le urla dei miei compagni mentre vengono uccisi. Il cuscino tra i denti cerca di soffocare le urla che vorrei poter liberare. Nonostante le mie paure però so che Gale ha ragione. Non possiamo fermarci qui, perchè prima o poi ci troveranno, dobbiamo agire e subito. Katniss e Cressida iniziano a rovistare negli armadi e trovano dei vestiti che possiamo indossare per conformarci con la massa di persone che stanno avanzando in tutta fretta tra le strade di Capitol city. Cressida, Pollux e Gale iniziano a vestirsi di quei stravaganti tessuti mentre io resto ancora sul divano stringendo il cuscino con forza. Katniss si avvicina a me con un completo tra le mani. "Tieni, questi dovrebbero andarti bene." dice porgendomi gli abiti. Allungo la mano per prenderli e il suo sguardo resta fisso sui miei polsi. Sanguinano. "Oh Peeta, quelle manette ti stanno facendo del male." sussurra mentre fruga con la mano nella tasca. Prende la chiave delle manette e si avvicina a me per togliermele. "No." dico io ritraendo le mani. "Non farlo. Mi aiutano a tenere insieme i pezzi di me stesso." esclamo guardandola. Katniss resta in silenzio per alcuni istanti senza parlare. Il nostro silenzio viene spezzato dalle parole di Gale che nel frattempo, dopo essersi vestito, ci ha raggiunti senza che ce ne accorgessimo. "Potresti aver bisogno delle mani." dice rivolgendosi a me. Loro non possono capire e non è una cosa facile da spiegare quella che sento. "Quando sento che sto perdendo colpi, conficco i polsi nelle manette e il dolore mi aiuta a mettere a fuoco." spiego tenendo lo sguardo rivolto ai miei polsi. "Ok.." sussurra Katniss per poi rimettersi la chiave in tasca e poggiare gli abiti sul divano. Li infilo a fatica tra un grido di dolore e l'altro. Le manette a volte fanno un male oltre i limiti della sopportazione. Quando finalmente riesco ad indossarli, Cressida e Pollux iniziano a truccare il mio viso e quello di Katniss e poi ci coprono la bocca e il naso con delle sciarpe. I sfortunati amanti degli Hunger games di certo non sono due persone che possono passare inosservate tra la folla senza il giusto camuffamento.
Una volta pronti e dopo aver preso le giuste precauzioni usciamo di casa e subito cerchiamo di mischiarci con la folla che continua ad avanzare senza sosta, in modo frenetico e confuso. Non ho idea di dove tutte queste persone siano dirette, anche se ad essere sincero, almeno per il momento la cosa non mi interessa. Abbiamo altre cose di cui preoccuparci ora. Subito dopo aver fatto pochi metri un gruppo di una quindicina di pacificatori ci passa davanti, senza però riconoscerci. Anche se questa volta c'è andata bene, sappiamo tutti che dobbiamo toglierci da questa strada principale il prima possibile. Il nostro percorso è affidato a Cressida, che di certo conosce meglio di tutti noi Capitol city e le sue strade. Ci fa passare in una villa privata, utilizzandola come una specie di scorciatoia, che ci permette poi di sbucare su una strada secondaria. E' stretta e poco illuminata. L'ideale per le nostre necessità.
Ancora qualche metro e poi ci fermiamo davanti ad un negozio che apparentemente vende biancheria intima di pelliccia. Una cosa piuttosto strana, almeno per me, sono sicuro che da queste parti è più che normale. Cressida inizia a blaterale frasi che in un primo momento non sembrano avere molto senso. "Aspettate di vedere i prezzi, credetemi sono la metà di quello che si paga nei viali." dice ad alta voce, quasi volesse farsi sentire, per poi spingere contro la porta d'ingresso. Il negozio in cui entriamo è stretto, scuro e privo di clienti. Ci avviciniamo al bancone e nei miei occhi si fa sempre più nitida l'immagine di una donna che vi siede dietro. Mi concentro sui suoi dettagli. Ha la pelle tirata al massimo e tatuata a strisce nere e gialle. Dei baffi lunghissimi si diramano proprio da sotto il suo naso. Ci guarda con diffidenza, strizzando gli occhi. Cressida, dopo essersi tolta la parrucca, inizia a parlare con quella strana donna. "Tigris, abbiamo bisogno di aiuto." esclama. Perchè si sta rivolgendo a lei mostrando la sua vera identità? Cosa le fa pensare che questa donna non ci tradirà per poi consegnarci direttamente nelle mani di Snow? La risposta alle mie domande riesco a trovarla nelle prossime parole pronunciate da Cressida. "Plutarch ha detto che potevamo fidarci di te." Allora è dalla nostra parte, potrà aiutarci. In un primo momento la donna, Tigris, non risponde. Continua a scrutare il televisore, forse nel tentativo di riconoscerci tra le immagini che Capitol city continua a rilasciare. Katniss la guarda per un breve istante e come se anche lei si fosse resa conto del tentativo di riconoscimento messo in atto, decide di togliersi la sciarpa, la parrucca e si avvicina sotto la luce, cosi da poter mostrare meglio il suo viso. Non appena Tigris la vede, emette un brontolio. Scende furtivamente dallo sgabello sopra il quale sedeva e scompare in un primo momento dietro una sorta di appendiabiti.
Dopo un breve istante la sua mano sbuca tra quegli stravaganti vestiti e ci fa senno di seguirla. Katniss e gli altri esitano per un momento, ma le nostre scelte non sono molte, cosi decidiamo di accettare il suo invito. Iniziamo a scendere una rampa di scale e io rivolgo il mio sguardo a Katniss, notando sul suo volto un'espressione preoccupata. "Snow ti ha bandita dai giochi?" chiede rivolgendosi a Tigris quasi nel tentativo di capire il perchè delle sue azioni. Il perchè del suo aiuto. La donna non risponde, si limita semplicemente a ricambiare il suo sguardo. "Perchè io ho intenzione di ucciderlo, sai?" continua a dirle Katniss per dimostrarle che siamo tutti dalla sua parte. Le sue labbra formano un sorriso nel sentire quella dichiarazione. Una volta finito di scendere lungo le scale e aver acceso la luce, ci ritroviamo in una piccola cantina senza porte, né finestre. Sembra un posto perfetto per nascondersi. Dopo averci mostrato la cantina e averci lasciato lì per chiudere poi la porta alle sue spalle, Tigris torna in negozio. Ancora sorpresi, iniziamo a liberarci dei nostri travestimenti.
Dopo aver tolto quegli abiti, ci accorgiamo che la ferita di Gale è peggiorata, ha perso molto sangue e corre il rischio di aver un'infezione. Cosi tutti si radunano intorno a lui, mentre io raccolgo alcune vecchie pellicce per creare una sorta di materasso sopra cui farlo stendere. Sembra essere sul punto di collassare, è pallido e molto debole. Katniss ed altri, iniziano a pulire la sua ferita con dell'acqua proveniente da un rubinetto distante pochi centimetri dalla cantina. Io li osservo da un angolo senza dare fastidio. Katniss realizza, dopo un istante di indecisione, una cucitura alla mano per la ferita e poi mette Gale a dormire. Finalmente anche lei si sveste di quegli abiti ingombranti e dopo aver poggiato il suo arco in un angolo si dirige verso la mia direzione, mentre Pollux e Cressida allestiscono giacigli di pelliccia. "Ehi.." sussurra mettendosi a sedere davanti a me. Io le rispondo con un sorriso stanco. Prende le mie mani, ormai piene di sangue e inizia a pulirle con un pezzo di stoffa imbevuto d'acqua. Il suo tocco gentile, quasi non mi fa sentire il dolore che provo per quelle ferite. "Devi tenerli puliti, altrimenti l'infezione potrebbe diffondersi e.." dice per poi fare una pausa mantenendo lo sguardo basso verso i miei polsi. So cosa vuole dire, cosi, prendo parola e continuo la sua frase. "So, cos'è l'avvelenamento del sangue Katniss.." dico, "anche se mia madre non è una guaritrice." aggiungo. Nel momento esatto in cui pronuncio quelle parole le sue mani smettono di muoversi improvvisamente. Alza lo sguardo e i nostri occhi si incontrano. "Mi hai detto la stessa cosa nei primi Hunger games. Vero o falso?" esclama senza distogliere mai lo sguardo. "Vero." rispondo io con sicurezza. Ricordo quel momento come se fosse ieri. Il viso di Katniss preoccupato non appena vide la mia gamba. Il suo tentativo di rassicurarmi quando invece sembravo destinato a morire. Man mano che ripercorro quel ricordo, mi rendo conto che Katniss quel giorno mi ha salvato la vita, o almeno questo è quello che penso e che sento. Tuttavia, nonostante i miei enormi miglioramenti, non posso ancora affidarmi alla certezza e per questo continuo a verificare l'autenticità dei miei pensieri. "E tu hai rischiato la vita per procurarti la medicina che mi ha salvato?" domando in attesa di risposta. "Vero." risponde Katniss per poi scrollare le spalle. "Lo dovevo a te, se ero ancora viva per farlo." aggiunge sorridendo. "A me?" ribatto io con tono confuso. Quelle parole non fanno che creare confusione e nuovi ricordi luccicanti cercano di emergere nella mia mente per sovrastare la nuova lucidità dopo tanto tempo conquistata. Il mio corpo si irrigidisce e inizio a far forza sui polsi appena bendati contro le manette. E' l'unico modo che conosco ormai per non perdere il controllo. Dopo un breve momento di tensione, l'energia sembra di nuovo abbandonare il mio corpo. Guardo il viso di Katniss, chiaramente preoccupato che continua a fissarmi. "Sono cosi stanco, Katniss." dico con un filo di voce. Stanco fisicamente e mentalmente. Per quanto altro tempo ancora la mia vita sarà un'eterna lotto contro me stesso? Ogni volta che faccio dei miglioramenti, poi, dei piccoli episodi sembrano riportarmi indietro. A volte mi viene da pensare che in realtà tutti i miei sforzi siano inutili. Mi viene da pensare che il veleno di Capitol city sia penetrato troppo in profondità e che non riuscirò mai a liberarmene del tutto. "Dormi.." sussurra Katniss accarezzandomi le mani. "Prima ho bisogno che tu mi richiuda le manette. Ne ho bisogno.Ti prego.." rispondo. Dopo un momento di esitazione acconsente e la chiave gira di nuovo nel piccolo lucchetto e le mie mani sono di nuovo bloccate. Stranamente è un sollievo. Mi stendo, con le braccia sopra la testa e nel giro di qualche minuto mi addormento.
Mi sveglio nel tardo pomeriggio e ancora indolenzito, cambio posizione per rivolgere lo sguardo ai miei compagni e sentire i loro discorsi, che come al solito vedono protagonista Katniss. Sta parlando del suo piano, il suo vero piano. Quello che aveva messo in atto sin dall'inizio. Quando finisce di parlare c'è un lungo silenzio.Poi è Gale a prendere la parola. "Katniss, lo sapevamo tutti che mentivi sulla Coin e sul fatto che ti avesse mandato ad assassinare Snow." dice causando grande sorpresa nello sguardo di Katniss. "Tu magari lo sapevi. Ma i soldati del 13 no." replica lei. "Pensi davvero che la Jackson credesse che avevi ricevuto ordini dalla Coin?" chiede Cressida. "Certo che no! Ma si fidava di Boggs, ed era evidente che lui voleva che andassi avanti." continua. "Non ho mai detto a Boggs cosa progettavo di fare" ribatte Katniss alzando il tono di voce. "L'hai detto a tutti, al comando! Era una condizione per essere la ghiandaia imitatrice. 'Sarò io ad uccidere Snow' " esclama Gale. La faccia di Katniss è perplessa e per un paio di minuti sembra avere lo sguardo assente, perso in chissà quali pensieri. Gale e Cressida continuano a parlare a pronunciare frasi di incoraggiamento cercando di convincerla ad andare avanti con quelle che erano le sue intenzioni iniziali. Ma mentre loro parlano, Katniss continua a guardarmi. Mi sento quasi imbarazzato e dopo aver ricambiato quello sguardo per un breve istante, cerco di distoglierlo con disinvoltura. "Cosa ne pensi Peeta?" dice mettendo a tacere gli altri e lasciando un silenzio dietro quelle parole. Cosa ne penso, mi chiede. La guardo e improvvisamente una frase arriva tra i miei pensieri ancora un po' confusi. Una frase che sento appartenermi da sempre e che quindi decido di pronunciare. "Penso..che tu non ne abbia ancora idea dell'effetto che puoi fare." dico per poi far scivolare le manette lungo il sostegno a cui sono legato e mettermi in posizione seduta. Gli altri restano in silenzio, compresa Katniss. Decido allora di continuare a parlare. "..i compagni che abbiamo perduto non erano stupidi. Sapevano quello che facevano. Ti hanno seguita perchè sapevano che saresti davvero riuscita a uccidere Snow." dico in conclusione. Resta a guardarmi con occhi sorpresi. In qualche modo le mie parole devono averla toccata. Prende poi la cartina dalla sua tasca dell'uniforme e la spiega sul pavimento. "Dove siamo Cressida?" chiede mentre analizza il territorio. Discutono a lungo sulle varie possibilità. Dalla nostra posizione raggiungere Snow non dovrebbe essere difficile, il problema è cosa fare una volta raggiunta la sua casa, di certo circondata da guardie e sistemi di sicurezza. "Quello che ci serve è farlo uscire allo scoperto." dice Gale. "A quel punto, uno di noi potrà abbatterlo." continua. "Fa ancora qualche apparizione pubblica?" chiedo io intervenendo. "Non credo. In occasione degli ultimi discorsi che ho visto, almeno, Era sempre dentro la sua residenza. Anche da prima che i ribelli arrivassero qui. Immagino sia diventato più cauto, dopo che Finnick ha divulgato i suoi crimini in tv." risponde Cressida con sicurezza. "Scommetto che per me uscirebbe.." esclama Katniss prendendo la parola. "..se venissi catturata. Vorrebbe farlo sapere a più gente possibile. Vorrebbe che fossi giustiziata di fronte ai gradini di casa sua." dice per poi lasciarci in silenzio per alcuni minuti. Poi continua a rivolgersi a noi. "E allora Gale potrebbe sparargli stando in mezzo al pubblico.." continua, ma io la interrompo immediatamente. Il pensiero di Katniss nelle mani di Snow mi fa scattare. "No." dico scuotendo la testa e alzando il tono di voce cosi da farmi sentire. "Ci sono troppe conclusioni alternative, in questo piano. Snow potrebbe decidere di trattenerti e torturarti per estorcerti informazioni." il pensiero che Katniss potrebbe dover patire quello che ho sofferto io è inaccettabile, non me lo perdonerei mai. "O di farti giustiziare pubblicamente senza essere presente. O di ucciderti dentro casa ed esporre il tuo corpo fuori." concludo sperando di essere stato convincente. Mi guarda per un attimo e poi rivolge il suo sguardo a Gale. "Gale?" esclama cercando approvazione. "Mi sembra che sia troppo presto per arrivare ad una nuova soluzione. Se tutto il resto non dovesse funzionare, magari. Continuiamo a pensare." risponde Gale, creando delusione sul viso di Katniss. Restiamo in silenzio e subito dopo sentiamo il rumore dei passi di Tigris in negozio. Probabilmente è orario di chiusura.
Dopo alcuni minuti la porta della cantina si apre e quello strano volto somigliante a un gatto appare davanti ai nostri occhi. "Venite su, vi do qualcosa da mangiare." dice facendo un cenno con la mano. Mentre saliamo la scala Cressida si rivolge a Tigris. "Hai contattato Plutarch?" chiede. "Non si può. Immaginerà che siete in una casa sicura, non preoccupatevi." risponde Tigris. Non appena saliamo in negozio noto il bancone apparecchiato con una tovaglia bianca. Sopra c'è un pezzo di pane stantio, un pezzetto di formaggio ammuffito e un vasetto di senape. Iniziamo a mangiare qualcosa mentre guardiamo attraverso la piccola tv che possiede Tigris, i servizi degli ultimi notiziari di Capitol city. Sono state offerte taglie enormi per qualsiasi informazione possa portare alla nostra cattura. "I ribelli hanno fatto qualche dichiarazione oggi?" domanda Katniss rivolgendosi a Tigris. Lei scuote la testa. "Dubito che la Coin sappia cosa fare con me, adesso che per lei sono di nuovo viva." aggiunge. Tigris fa una risatina di gola. "Nessuno sa cosa fare con te ragazzina." dice per poi porgerle dei fuseaux di pellicia. Dopo aver finito di mangiare torniamo al piano di sotto e continuiamo a discutere nel tentativo di elaborare un piano. Sistemano poi le bende di Gale al collo e poi Katniss mi ammanetta di nuovo al sostegno. Ci mettiamo tutti a dormire. 

Questa notte però, il mio sonno va' e viene. Sento una gran sete, ma non posso muovermi a causa delle mani ammanettate. Improvvisamente però noto che Gale è seduto sulle pellicce, mentre continua a fissare Katniss. "Gale!" esclamo cercando di tenere il tono di voce più basso possibile, cosi da non svegliare nessuno. Dopo un paio di volte, finalmente mi sente e si avvicina al mio angolo. "Hai bisogno di qualcosa?" mi chiede con gentilezza. "Un bicchiere d'acqua, ti prego, sto morendo di sete e non posso prenderlo da solo." dico quasi imbarazzato. Si dirige verso il rubinetto, riempie un piccolo bicchiere con dell'acqua e me lo porge. Mando giù il liquido e sento la gola secca che torna fresca. Gale si mette seduto vicino a me. Io poggio il bicchiere a terra. "Grazie per l'acqua." dico. "Figurati, tanto mi sveglio dieci volte a notte." replica Gale rivolgendo il suo sguardo ancora una volta a Katniss. "Per assicurarsi che Katniss sia ancora qui?" chiedo io pur essendo quasi certo della risposta. "Qualcosa del genere.." risponde lui con tono amareggiato. Restiamo in silenzio per una lunga pausa. "Era buffo, quello che ha detto Tigris. Che nessuno sa cosa fare con lei." dico io riprendendo il discorso. Gale fa una leggera risata. "Beh, tu e io non l'abbiamo mai saputo.." risponde sorridendo. Ridiamo entrambi a sentire quelle parole. Dopo quel momento Gale torna a guardare Katniss e io lo guardo senza che se ne accorga. La ama, è chiaro..e lo è sempre stato. Durante i primi Hunger games io e Katniss abbiamo fatto finta di essere innamorati, o meglio Katniss ha fatto finta, perchè io l'amavo davvero. Ad ogni modo, la nostra 'relazione' credo abbia ostacolato in qualche modo la loro. Sento di doverlo rassicurare. Dopo tutto quello che ha fatto per me sembra il minimo che possa fare per ripagarlo. "Lei ti ama, sai?" esclamo catturando la sua attenzione. "In pratica me lo ha detto, dopo che ti avevano frustato." aggiungo. Gale mi guarda per un istante e poi, con occhi molto tristi distoglie lo sguardo per rivolgerlo verso il basso. "Non crederci." ribatte. "Il modo in cui ti baciava durante l'edizione della memoria..be' non ha mai baciato me cosi." dice con voce tremante. Le sue parole mi riportano su quella spiaggia. Quella sera. Nell'arena. Mi viene in mente il sapore delle labbra di Katniss e le sue mani calde sul mio viso. Ma poi ripeto a me stesso che era tutta una messa in scena, per le telecamere e lo dico anche a Gale. "Faceva semplicemente parte dello spettacolo." dico pur mantenendo un tono di dubbio. Gale scrolla la testa. "No, sei riuscito a farle cambiare idea. Hai rinunciato a tutto per lei. Forse è il solo modo per convincerla che la ami." dice per poi lasciare un lungo silenzio. "Avrei dovuto offrirmi volontario al posto tuo nei primi Hunger games. Avrei dovuto proteggerla allora." conclude sospirando. Vedo il suo sguardo triste. Cerco di fargli capire che ha fatto la cosa giusta, vorrei farlo sentire meglio. "Non potevi. Non te l'avrebbe mai perdonata. Tu dovevi prenderti cura di sua madre e di sua sorella. Lei tiene più a loro che alla sua stessa vita." dico io cercando di avere un tono rassicurante e convincente. Gale sospira di nuovo. Per un momento cerco di mettermi nei suoi panni. Chissà cosa deve aver provato nel vedere la ragazza di cui è innamorato stare con un altro. Vorrei fargli capire che ora non deve più preoccuparsi. Se anche lontanamente fosse mai esistita una possibilità che Katniss potesse essere innamorata di me, è svanita nel momento esatto in cui Capitol city mi ha reso quello che sono ora. Chi potrebbe mai amare una persona simile? Una persona che da un momento all'altro perde il controllo. Una persona che non sarà mai in grado di proteggere chi gli sta accanto. Una persona che ha bisogno di un paio di manette per non avere un crollo psicologico. Chi potrebbe mai amarmi ora come ora? Dopo un lungo momento di silenzio Gale riprende la parola. "Be', non sarà un problema ancora per molto. Secondo me è improbabile che alla fine di questa guerra saremo vivi tutti e tre. E nel caso, immagino che saranno affari di Katniss. Chi scegliere dico." esclama mentre si raggomitola tra le pellicce sopra le quali si è appena disteso. Lo sento poi sbadigliare. "Dovremmo dormire un po' " dice con voce insonnolita e stanca. "Si.." rispondo io mentre sistemo le manette al sostegno sdraiandomi. Sospiro poi, poggiando la testa contro una soffice pelliccia. "Mi chiedo come farà a decidere.." sussurro a Gale. "Oh, io lo so già. Tra noi due, Katniss sceglierà quello che ritiene indispensabile alla sua sopravvivenza." risponde lui per poi cadere nel sonno, accompagnato da un respiro pesante e affaticato a causa della ferita al collo.

Salve gente :) 12 capitolo tutto per voi :) Questo capitolo l'avevo già scritto da qualche giorno, ma non l'avevo pubblicato perchè..boh, non mi convinceva molto. Il fatto è che ci sono capitoli in cui succedono molte cose e altri invece che mi sembra di scrivere molto, ma poi effettivamente di non parlare di nulla, e questo è il caso di cui parlo. Spero sia solo una mia impressione, ma nel caso in cui sia effettivamente cosi, non esitate a dirmelo! La squadra è arrivata da Tigris, finalmente e si preparano ad attaccare la villa di Snow. Non so per quanto ancora durerà questa mia storia, ma tanto ne ho già in mente un'altra che parlerà di Katniss e Peeta dalla fine del libro fino all'epigolo, ovvero degli anni dopo la guerra fino alla nascita dei loro bambini. Beh spero che il capitolo vi sia piaciuto :) Alla prossima! Sara :)  


 

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Capitolo 13
*** Benvenuti a Capitol city. ***


Il mattino seguente mi sveglio a fatica, ancora indolenzito e sento bruciare le ferite dei polsi non appena urtano contro il metallo freddo delle manette. Insieme a me, anche il resto della squadra si sveglia. Il tempo di alzarci e darci una lavata e poi ci raduniamo intorno al televisore di Tigris per vedere gli ultimi svolgimenti e per fare colazione. Cerco di mandare giù qualcosa e mentre mangio un biscotto ai fichi tengo lo sguardo fisso sulle immagini che vengono trasmesse. A quanto pare, durante la notte i ribelli hanno occupato un intero isolato e si avvicinano sempre di più al cuore di Capitol city. Avanzano utilizzando vecchie automobili prive di qualcuno che le guidi per innescare i baccelli e farli saltare in aria cosi da rendere il loro passaggio sicuro. C'è un gran silenzio intorno al tavolo e l'unico suono che percepisco è quello delle mascelle che si muovono al fine di masticare quel poco che abbiamo. "Non può durare.." esordisce Gale spezzando quel silenzio. "..in effetti, mi sorprende che sia andata avanti tanto a lungo. Capitol city si adeguerà disattivando alcuni baccelli per poi innescarli manualmente quando i bersagli arrivano a tiro." Non fa in tempo a finire di pronunciare quelle parole che è proprio quello che vediamo accadere sullo schermo. Un gruppo di soldati, dopo aver mandato avanti una macchina al fine di far esplodere i quattro baccelli, viene fatto saltare in aria. Mi guardo intorno e nel vedere le facce preoccupate dei miei compagni, decido di sdrammatizzare la situazione. "Scommetto che non essere il regista di tutto questo sta uccidendo Plutarch." dico per poi suscitare una piccola risata in ognuno dei presenti intorno al tavolo. I miei occhi si incrociano con quelli di Katniss per un breve istante e riesco a rubarle un sorriso. Finita la trasmissione, Tigris si offre di farci da spia e così, dopo averci chiuso in cantina, si immette in strada mischiandosi tra la folla di Capitol city che avanza senza sosta verso il centro della città.
Il pomeriggio, stranamente, trascorre in maniera piuttosto veloce. Verso l'ora di cena, iniziamo tutti a preoccuparci per il mancato rientro di Tigris. Iniziamo a temere per la sua cattura e per la sua vita. Alla fine lei è una normalissima cittadina di Capitol city. Potrebbe vivere tranquillamente e rifugiarsi come tutti gli altri. Stranamente però questa donna ha deciso di aiutarci e di rischiare la sua vita per noi. Gli dobbiamo molto.Tuttavia, le nostre ansie vengono cancellate immediatamente dal rumore di passi e dall'odore di carne che cuoce nell'olio che si espande per tutta la stanza. Pochi minuti dopo, il pannello si apre e il viso di Tigris compare per invitarci a salire per la cena. Come al solito siamo tutti incollati alla tv e Capitol city manda in onda un servizio in cui parla della necessità di collaborazione da parte di tutti i cittadini che possiedono ancora una casa, per ospitare il gran numero di profughi che ormai riempiono le strade della città. Subito un pensiero nasce nella mia mente. Un pensiero accompagnato da un sentimento molto simile alla paura. "Tigris, potrebbe toccare anche a te.." dico sorprendendo tutti. Tigris alza gli occhi al cielo mentre gli altri iniziano a muovere la testa in segno di approvazione. Devo aver espresso un pensiero comune perchè tutti iniziano a dire che ho ragione. In seguito a quell'affermazione, iniziamo ad analizzare i vari luoghi occupati o meno dai ribelli e cerchiamo di elaborare un piano sicuro per raggiungere il cuore della città senza farci uccidere. Mentre continuiamo a tracciare linee e a segnare con una x le zone sicure, vedo che Katniss ha un'espressione strana, forse preoccupata. Si alza in piedi e prende alcuni piatti tra le mani. "Li lavo io questa sera." dice per poi avvicinarsi al piccolo lavandino infondo al bancone. "Ti do una mano." esclama prontamente Gale per poi seguirla. I miei occhi restano fissi su di lei e non posso fare altro che restare lì a guardarla senza dire nulla e in prenda alla gelosia. Non dovrei essere geloso, ho deciso di lasciarla andare, ho deciso di non ostacolare più la sua relazione con Gale. Ho deciso di farmi da parte, eppure fa male vederla con qualcuno che non sono io. Ho ancora gli occhi fissi su Katniss quando sento una mano sfiorarmi la spalla. "Andiamo a dormire, vieni con noi?" dice Cressida indicando con la mano sia sè stessa che Pollux. Annuisco e senza esitare mi alzo dal tavolo. Scendiamo nuovamente le scale a piccoli passi e mi dirigo verso il mio angolo. Mi sdraio sulle coperte e in attesa del sonno cerco di liberare la mente dai miei soliti e stupidi pensieri amorosi.
Il mattino seguente, mi sveglio con una serie di piccoli strattoni. "Peeta.." ripete una voce più volte. Apro gli occhi e vedo il viso di Katniss. Non appena si accorge che sono sveglio mi sorride e io mi rendo conto che l'unica cosa che vorrei è potermi svegliare tutte le mattine in questo modo. Svegliarmi e vedere come prima cosa il suo sorriso. Mi aiuta ad alzarmi e mi chiede di seguirla al piano di sopra. Saliamo le scale e subito noto che gli altri sono seduti intorno al tavolo in attesa di qualcosa. O meglio di qualcuno: me. Mi siedo vicino a Katniss e inizio a guardare le facce che ho difronte. "Peeta, ieri abbiamo pensato a lungo su cosa fare e su dove andare, non possiamo restare qui senza fare nulla e penso tu lo sappia." esclama Katniss mentre si stringe le mani. "Si, certo.." rispondo io pur non capendo cosa stiano cercando di dirmi. "Ecco, noi vogliamo arrivare alla villa di Snow e cercare di ucciderlo. Una volta che il presidente sarà morto, la guerra sarà praticamente vinta." continua non distogliendo mai lo sguardo da me. Gli altri ascoltano in silenzio, ma dalle loro espressioni, capisco chiaramente che sono l'unico a questo tavolo a non sapere di questo piano. Non appena Katniss finisce di parlare resto a fissarla, in attesa di nuove parole. Quelle che ho sentito non sono state sufficienti e la situazione ancora non mi è molto chiara. Vedo Katniss rivolgere uno sguardo a Gale. Il ragazzo ricambia con un cenno della testa, quasi un cenno di incoraggiamento per incitarla a proseguire. Lei sospira e poi mi guarda nuovamente. "Peeta..non possiamo portarti con noi, sei ancora troppo instabile. Non sappiamo come potresti reagire e non vogliamo di certo che succeda quello che è successo a Mitchell. Mi dispiace.." dice Katniss con un tono di voce bastonato. Ora è tutto chiaro. Vogliono continuare la missione senza di me, ma come biasimarli? Io stesso c'avevo già pensato. Sarei solo un peso morto che rallenterebbe la marcia. "Non dispiacerti, lo capisco ed è giusto così.."sussurro cercando di tranquillizzare Katniss. Non appena sente quelle parole, il suo viso sembra quasi rilassarsi e sembra abbia ricominciato a respirare normalmente. "Bene, allora tu resterai qui, e aspetterai che tutto sia finito per.." "No, non voglio restare qui. Io uscirò da solo, per conto mio." dico interrompendo Katniss e facendola di nuovo precipitare nella preoccupazione. In questo momento, riesco quasi a illudermi che ci tenga davvero a me. "Per fare cosa?" chiede Cressida riportandomi alla realtà. Sembrano essere tutti sorpresi di questa mia intenzione. Inizio a far ruotare il mio sguardo intorno al tavolo. "Non lo so con esattezza. L'unica cosa in cui potrei ancora esservi utile sarebbe creare un diversivo." dico cercando di spiegare la mia scelta. "E..se perdi il controllo?" chiede Katniss mantenendo lo sguardo spento e perso nel vuoto, quasi non volesse neanche guardarmi in faccia. Nonostante i suoi occhi cerchino di evitarmi, io continuo a guardarla. "Vuoi dire..se mi prende la mattana da ibrido? Beh, se la sentirò arrivare cercherò di tornare qui." le prometto.Lei alza lo sguardo. Ha gli occhi tristi. "E se Snow ti cattura di nuovo?" chiede Gale. "Non hai neppure un fucile." continua alzando le mani al cielo. Nessuno potrà farmi cambiare idea, mi sento fermo sulla mia decisione come non lo sono mai stato. "Dovrò semplicemente correre il rischio come tutti voi." rispondo. Io e Gale ci scambiamo una lunga occhiata. Glielo leggo nei suoi occhi che è chiaramente in disaccordo con la mia decisione. Dopo alcuni istanti, distoglie lo sguardo e lo vedo frugare con la mano nel taschino della divisa. Prende il morso della notte e dopo essersi avvicinato a me, la poggia delicatamente sul mio palmo aperto. "E tu?" chiedo del tutto sorpreso. "Non ti preoccupare. Beetee mi ha mostrato come far detonare manualmente le mie frecce esplosive. Se dovesse andare male ho il mio coltello. E avrò Katniss.." mi risponde per poi rivolgere lo sguardo verso di lei. "non gli lascerà la soddisfazione di prendermi vivo." conclude con un sorriso ironico. Katniss si sforza di ricambiare quel sorriso, ma lo vedo chiaramente che è preoccupata e per niente sicura. "Prendila Peeta." dice con voce tesa. Allunga la mano e mi chiude le dita sulla pillola. "Non ci sarà nessuno ad aiutarti." sussurra cercando di nascondere gli occhi lucidi che però riesco a intravedere tra le ciglia lunghe e nere.
La notte che passiamo prima di lasciare definitivamente questa cantina è piuttosto lunga e agitata. Molti di noi hanno diversi incubi e si svegliano più volte e ovviamente anche io sono tra questi. Mi sveglio agitato e tremante, ma ogni volta che apro gli occhi in preda alla paura, Katniss è lì ad accarezzarmi la fronte e a rassicurarmi. "Non è reale.." sussurra più volte mentre con le dita mi scosta i capelli. "Sei al sicuro." esclama sorridendo.
Finalmente arrivano le 5 di mattina e dopo aver fatto colazione, iniziamo a vestirci con abiti tipici di Capitol city, proprio come avevamo fatto per arrivare in questo negozio. Alla fine, siamo la copia esatta dei profughi che sfuggono ai ribelli. "Mai sottovalutare le capacità di una brillante stilista." sussurro non appena Tigris si avvicina a me per sistemarmi il copricapo. Sono quasi sicuro di averla fatta sorridere e questo mi fa sentire meno mostro di quanto io mi senta in realtà. Cressida, Gale e Pollux sono appostati dietro alle persiane, per controllare la situazione esterna. Katniss invece è con me e si accinge a togliermi le manette. Non appena mi libero di quel metallo provo una sensazione di sollievo. Mi strofino i polsi e li fletto. Sento gli occhi di Katniss posarsi su di me e sento il suo respiro farsi affannato. "Stammi a sentire.." dice prendendomi il viso tra le mani. "..non fare niente di stupido." continua e vedo una lacrima scenderle lungo la guancia. Forse ci tiene davvero a me. Vorrei rassicurarla, vorrei potere essere il Peeta di una volta. Vorrei poter essere in grado di farla sentire più serena. "No. Quella roba è l'ultima risorsa, assolutamente.." dico scuotendo la testa. Ha paura che io mi tolga la vita e in effetti potrei farlo. Di sicuro risolverebbe tutti i miei problemi. Eppure, sento qualcosa dentro di me, una strana sensazione che continua a tenermi attaccato a questa vita, una sensazione che mi impedisce di lasciarmi andare, che mi fa lottare. Katniss mi sorride e mi circonda il collo con le braccia. I suoi capelli finiscono davanti al mio naso e io riesco a sentirne il profumo. Quell'abbraccio mi coglie di sorpresa e le mie braccia esitano alcuni istanti prima di stringerla. Sento la sua presa forte intorno alla mie spalle e vorrei non dovermi mai sciogliere da quell'abbraccio. Dopo alcuni istanti però, le sue braccia mi lasciano andare. "E' ora!" dice Tigris. Katniss annuisce e poi torna a guardarmi. "Senti..so che l'ultima volta che ci siamo lasciati, nell'arena, non sono più tornata e mi dispiace.." sussurra a bassa voce, quasi non volesse farsi sentire dagli altri. "Non è stata colpa tua..vero o falso?" rispondo io, mentre mi perdo nei suoi occhi arrossati e lucidi. "Vero, ma mi dispiace comunque, ti ho lasciato da solo e non avrei dovuto permettere che ciò accadesse. Ma questa volta non lo farò, questa volta tornerò. Cercherò di tornare ad ogni costo, te lo prometto." conclude per poi stringermi le mani. "Anche io.." sussurro. "Bene!" esclama per poi lasciarmi andare e raggiungere gli altri. Un ultimo sguardo e poi usciamo tutti dal negozio, e le nostre strade si dividono. Mentre mi allontano, continuo a fissare Katniss finché non la vedo scomparire tra la folla.
Per la strada c'è un gran casino. Ovunque mi giro, mi ritrovo circondato da profughi che camminano senza sosta, ricoperti di stracci e completamente spaventati. A tratti mi sembra di essere tornato nel distretto 12. Continuo ad avanzare a piccoli passi, pur non sapendo con esattezza quale sia la mia direzione. Seguo gli altri cercando di evitare i loro sguardi. Ogni volta che sento gli occhi di qualcuno addosso, ho paura di essere riconosciuto e cerco di coprirmi il volto come meglio posso. Un gran numero di pacificatori percorre le strade, armati di fucile e manganelli. Cerco di mantenere la calma. Le mani tremano e in questo momento sento addirittura la mancanze delle manette. Cerco di mantenere il controllo e mi metto a pensare su cosa il vecchio Peeta farebbe in questa situazione. Non darebbe di matto, questo è certo. Come è certo che non ucciderebbe nessuno, che sia un nemico o un innocente. Cerco di agire di conseguenza. Continuo a camminare per alcuni chilometri. La marcia è spedita, senza sosta. Le gambe mi fanno male, ma non posso fermarmi. Non posso fare nulla che potrebbe attirare l'attenzione altrimenti sono morto. E non posso morire, no. Io e Katniss ci siamo fatti una promessa. Ci ritroveremo questa volta. Man mano che ci addentriamo nel cuore della città, sento un gran rumore crescere sempre di più. Sono voci e urla di gente disperata. Ormai la nostra marcia è diventata quasi una fila. Siamo vicini alla villa di Snow. Una voce all'altoparlante comunica che verremo accolti nella sua villa e che potremo rifugiarci nel suo giardino. Tornare nel posto in cui ho patito tutte quelle sofferenze mi fa paura e vorrei poter urlare. Stringo le mani in pugni e mi faccio coraggio. Forse Katniss sarà lì, non posso di certo sprecare quest'occasione. Ci avviciniamo sempre di più all'ingresso della villa e la marcia rallenta sempre di più. Continuo ad avanzare sperando che non ci sia una specie di controllo per entrare e non appena mi accorgo che effettivamente ad accoglierci non c'è nessuno tiro un sospiro di sollievo. Le urla che sento si sono fatte ormai fortissime, sono assordanti. Ciò che cattura particolarmente la mia attenzione però è un gruppo piuttosto numeroso di bambini che piangono e che cercano i loro genitori. Si trovano dentro una specie di recinto, proprio davanti alla villa di Snow, quasi fossero usati come scudo. Ci sono bambini di tutte le età, da i primi passi all'adolescenza. Continuano a piangere, a urlare e sembrano essere davvero terrorizzati. Improvvisamente però la mia attenzione viene catturata da un rumore fortissimo e dopo pochi istanti di confusione vedo comparire nel cielo un hovercraft marchiato Capitol city. "I ribelli, i ribelli!" iniziano ad urlare tutti scansandosi verso le estremità della strada. I ribelli devono essere riusciti ad entrare a Capitol city. Questo significa che abbiamo vinto la guerra? Non lo so, e non posso averne ancora la certezza. Non siamo ancora fuori pericolo. Continuo a fissare l'hovercraft. Si aggira proprio al di sopra del recinto contenente i bambini e senza che essi possano rendersene conto iniziano a scendere dal cielo diversi paracadute. So cosa contengono e lo sanno anche loro perchè alzano immediatamente le loro braccia al cielo in attesa di prenderne uno tra le mani. Quei paracadute rappresentano una speranza, una salvezza. Ricordo quale volte in cui nell'arena non aspettavo altro che riceverne uno. Tuttavia mentre scendono, e si fanno sempre più vicino al suolo, noto che questi paracadute sembrano avere qualcosa di diverso. Non faccio in tempo a capire cosa, che iniziano a esplodere uccidendo i bambini del recinto. Il sangue rosso vivo cade sulla neve bianca e tutta la folla inizia ad urlare e a muoversi senza senso in preda alla disperazione e alla paura.
Mi guardo intorno mentre vengo strattonato in più direzioni. Alzo gli occhi verso l'alto e come se fosse una visione, scorgo la figura di Katniss attaccata all'asta di una bandiera a pochi metri da terra. La vedo tenersi stretta mentre la folla sotto di lei non fa che spingere. Inizio a urlare il suo nome mentre cerco di avanzare tra la fitta folla. "Katniss!!" urlo non curandomi di essere sentito. "Katniss!!" grido ancora più forte. "Katniss!!" le corde vocali sono tirate al massimo. Spingo quando posso, ma avanzo troppo lentamente. Ancora troppi metri mi separano da lei. Mentre continuo ad avanzare noto che Katniss ha posato lo sguardo su qualcosa, o meglio su qualcuno. Cerco di guardare nella sua stessa direzione ma non riesco a capire chi sia la persona che sta cercando di raggiungere. Non riesco a capirlo finché non la sento pronunciare il suo nome. "Prim!" urla disperatamente mentre cerca di correre per raggiungere la sorella. Io corro a mia volta e mi sono quasi liberato di quella folla quando improvvisamente sento il rumore di una nuova esplosione e vedo il paracadute cadere proprio vicino al corpo di Prim. Il piccolo corpicino inizia ad andare a fuoco e sento le urla di Katniss che sovrastano quelle di chiunque altro. Resta immobile, a piangere e urlare mentre altri paracadute continuano a cadere dal cielo. Continuo ad avanzare e tengo lo sguardo fisso su di lei. Improvvisamente però, alcuni paracadute escono fuori dal recinto e assisto inerme al corpo di Katniss che, colpito da una scheggia di quella bomba, inizia a fuoco. "No!" urlo. "Katniss!" continuo a chiamare disparatamente. Non mi sono mai sentito inerme come in questo momento. Non posso aiutarla, non riesco a raggiungerla. Posso solo guardare il suo corpo mentre viene deturpato dalle fiamme. Sto per urlare nuovamente il suo nome, quando una nuova esplosione cade proprio vicino ai miei piedi e mi fa saltare in aria spingendomi contro un muro. Sento un dolore tremendo alla testa e l'unica cosa che riesco a percepire prima di perdere i sensi è l'odore dei corpi che bruciano. 

 

Ciao a tutti :) E' passato un po' di tempo dall'ultima volta che ho aggiornato e mi dispiace :( Spero siate ancora tutti qui a leggere la mia storia! Questo capitolo è un po' più corto del solito, incredibile ma vero non ho fatto 23mila pagine ehehe! L'ho interrotto allo stesso punto del capitolo perchè secondo me da qui in poi inizia una nuova fase e quindi non mi andava di mischiarle :) Per quanto riguarda poi il "saluto" tra Katniss e Peeta vorrei giustificare la mia decisione. Quando ho letto Mockingjay per la seconda, terza, quarta volta e cosi via (si, l'ho letto davvero troppe volte ahahha) mi sono resa conto che noi non abbiamo mai la certezza durante la lettura, che Peeta e Katniss alla fine finiscano insieme. Siccome io non sono Suzanne Collins, e non devo giocare sull'effetto sorpresa, ho deciso di rendere un po' più chiaro il fatto che Katniss a Peeta ci tiene davvero. E non perchè non vuole darle vinta a Snow o altro, ci tiene come si tiene a qualcuno che non si vuole perdere. Per questo ho aggiunto un piccolo pezzo nel loro momento dei saluti. Spero che la mia scelta non vi dispiaccia :) Beh, vi saluto e ci vediamo al prossimo capitolo..che potrebbe essere l'ultimo!
Tanti baci, Sara :)
Ps, grazie a tutti i nuovi lettori che hanno seguito/preferito/ricordato e recensito la storia (e anche e soprattutto a chi continua a farlo sempre!).

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Capitolo 14
*** L'esecuzione. ***


Apro gli occhi a fatica. Sento le palpebre che tremano. Mi sento come se avessi dormito per settimane intere. Forse è così. Non appena i miei occhi vengono invasi da una luce bianca e densa, le pupille si ritraggono e faccio fatica a mettere a fuoco. Giro la testa, prima a destra, poi a sinistra. Il bianco ricopre le pareti e io sono steso su un letto. Un letto d'ospedale. Cerco di ripercorre con la mente gli eventi che mi hanno portato qui. Ricordo l'odore dei corpi che bruciano e la grande folla di persone che si muovono in tutta fretta e in maniera caotica. Ricordo il corpo di Katniss mentre brucia, e quello invaso dal fuoco di sua sorella che piano piano inizia a sgretolarsi sotto i suoi occhi. Ricordo di essere stato colpito da qualcosa, ma niente più. Cos'è successo dopo? Proprio non riesco a ricordarlo. I ribelli hanno vinto la guerra? Oppure sono qui come prigioniero di Capitol City ancora una volta? Katniss è viva? Hanno preso anche lei? C'è un gran silenzio intorno a me. Una flebo è attaccata al mio braccio e ho entrambe le mani fasciate, così come una parte del viso. Srotolo in tutta fretta quelle bende in preda all'ansia e ciò che vedo mi sconvolge. Ho i palmi e quasi tutta la superficie del dorso priva di pelle. Le mie mani sono bruciate, ustionate. Il fuoco che si stava impossessando di troppe vite ha colpito anche me. Terrorizzato porto quelle mani, che ormai non sembrano più tali, sul viso. Le passo sulle guance e non trovo la solita superficie liscia e uniforme. La pelle è calda e umida allo stesso tempo. La sento sgretolarsi. Le dita incontrano crosticine e piccole incurvature man mano che percorrono la superficie del mio viso. L'occhio sembra intatto, ma le sopracciglia non ci sono più. Se prima ero un mostro solo interiormente, ora ne ho anche l'aspetto.
Mentre continuo ad analizzare le mie ferite, sento la porta aprirsi e subito vedo Haymitch avanzare verso il mio letto. Sembra sconvolto, forse è ubriaco. "Ah, sei sveglio allora.." esclama compiaciuto con un piccolo sorrisetto. Prende una sedia e si mette seduto senza dire una parola. "Che è successo?" chiedo, impaziente di avere risposte. "I ribelli hanno vinto la guerra!" risponde lui agitando le mani in maniera quasi teatrale. "Katniss dov'è?" domando preoccupato. "E' in ospedale, sono sicuro che si riprenderà, non preoccuparti." risponde Haymitch. Abbasso lo sguardo. Il pensiero di Katniss ferita, moribonda forse, in un letto d'ospedale, è come una lama che mi trafigge il petto lentamente, senza concedermi un attimo di riposo. "Peeta, non torturarti, non è stata colpa tua, te lo posso assicurare.." esclama Haymitch mettendo una mano sulla mia spalla. "Oh si invece, lo è." rispondo io, continuando ad evitare il suo sguardo. "E sentiamo, che cosa avresti fatto?" domanda lui con tono seccato. "Non sono riuscito a raggiungerla. Sono rimasto bloccato tra la folla e potevo solo restare a guardare. Guardare i suoi occhi riempirsi di dolore e poi vedere il suo corpo prendere fuoco. Io..io avrei dovuto fare qualcosa ma non l'ho fatto." rispondo lasciando scorrere una lacrima lungo la mia guancia. Quella piccola goccia sembra darmi quasi sollievo attraversando la superficie bruciata del mio viso. "No Peeta, non devi fartene una colpa, non potevi fare più di quello che hai fatto. Devi credermi." replica lui cercando di rassicurarmi. Non rispondo. Continuo a fissare il vuoto. "Peeta.." continua, cercando di attirare la mia attenzione. "Io dovevo salvarla. E' sempre stato questo il mio scopo. Sin da quando il mio nome è stato estratto per la prima volta. Io dovevo salvarla. Io..io..io la amo e non sono stato in grado di ricordarmelo per tutto questo tempo." ormai sto quasi singhiozzando. Pronunciare quelle parole ad alta voce mi sorprende. Mi sento quasi come se una voce, rimasta soffocata per troppo tempo, finalmente ora sia tornata alla luce. "Ma tu l'hai salvata Peeta." ribatte subito Haymitch. "Le persone non si salvano solo con gesti eroici e imprese impossibili. Tu l'hai salvata con il tua gentilezza, con il tuo supporto, con le tue attenzioni. Tu l'hai salvata nell'unico modo in cui poteva essere salvata: con l'amore." continua. Alzo gli occhi verso il suo viso e subito incontro i suoi. Mi sorride, forse per la prima volta dopo tanto tempo. "Non lasciarla sola proprio adesso Peeta, sei l'unica persona che può aiutarla a stare meglio. Non abbandonarla, non arrenderti.." sussurra Haymitch.Continuo a giardarlo negli occhi. "Non lo farò.." dico con un filo di voce. Haymitch mi sorride nuovamente, per poi allontanarsi e dirigersi verso la porta. "Ci vediamo più tardi!" dice, prima di uscire.
Dopo pochi minuti che ho visto scomparire Haymitch dietro la porta, vedo un dottore entrare. Pochi metri e raggiunge il mio letto. "Come si sente?" chiede con tono formale. Non rispondo e non perchè non voglio, ma perchè realmente non so come mi sento. Non so se essere preoccupato per le mie mani e per il mio aspetto, oppure essere felice di essere ancora vivo. L'unica cosa che so, è che desidero vedere Katniss il prima possibile. "Quando potrò andarmene da qui?" chiedo con impazienza. "Lei deve ritenersi fortunato di essere ancora vivo, non pensare a quando se ne andrà da quest'ospedale." risponde il dottore mentre inizia ad analizzare le parti che il fuoco hanno colpito. "Mhh, ottimo!" esclama dal nulla. "Cosa?" chiedo io sorprespo. "Le sue mani! Gli innesti di pelle che le abbiamo applicato stanno rispondendo bene. Le sue mani sono salve. Ora passiamo al viso." dice per poi spararmi una strana lucina proprio dritta negli occhi. Prima il destro, poi il sinistro. Guardo la sua faccia turbata e lo fisso in attesa di buone notizie. "La questione del viso è un po' più complicata. Ci vorrà più tempo, ma gli occhi per fortuna non sembrano aver subito danni." dice mettendo la lucina nel taschino destro del camice. Appunta alcuni dati su un foglio. "Riposo assoluto e niente movimenti forzati. Mi ha capito bene?" domanda guardandomi con occhi indagatori, come se pensasse che potrei organizzare un qualche piano per fuggire da questo posto. Annuisco senza aggiungere parole. Il dottore se ne va e resto di nuovo solo, tra queste quattro pareti bianche e impersonali. Un altro giorno passa. Un giorno di noia e dolori causati dagli antibiottici che sto prendendo per evitare di contrarre qualche infezione. Ho iniziato a muovere le mani. Non molto, ma piccoli movimenti delle dita. Le sollevo un p' e poi le riporto giù. Il viso brucia ancora molto, ma i dottori sono fiduciosi e continuano a dirmi che prima o poi migliorerà. Io sinceramente non so cosa pensare. La notte, prima di dormire, mi prende il panico al solo pensiero di rischiare di avere questo aspetto per il resto della mia vita. La mia vita. Quale sarà ora la mia vita, ora che non mi è rimasto più niente? Forse mi lasceranno tornare nel 12, a casa mia. Sarebbe bello. E ancora più bello sarebbe poterci tornare insieme a Katniss, ma so che questo è un sogno irrealizzabile. Non accadrà mai.
Nel pomeriggio, viene a farmi nuovamente visita Haymitch. Mi comunica che siamo stati convocati per una riunione speciale con la Coin e che i medici mi hanno dato un permesso speciale per uscire dall'ospedale e parteciparvi. Senza fare troppe domande lo seguo. Attraversiamo una serie di corridoi e dopo alcuni minuti arriviamo ad una porta nera. Sono in ansia in un certo senso. Ho paura di trovarci Katniss, non mi sono preparato niente da dirle, eppure io sono sempre stato uno che con le parole se la sapeva cavare. Haymitch poggia la mano destra sulla maniglia, io tiro un sospiro profondo e la porta si apre. Non appena entro i miei occhi iniziano a fare il punto della situazione. Nella stanza non c'è molto, anzi in effetti quasi niente. Un lungo tavolo di forma rettangolare è tutto ciò che l'arreda. Alcune persone vi si sono già seduta intorno. Ci sono Johanna, Annie, Beetee ed Enobaria. Katniss non c'è, o forse deve ancora arrivare. Indossiamo tutti l'uniforme del 13 e siamo tutti devastati, ognuno a modo suo. Vengo invitato ad avvicinarmi al tavolo e sedermi. Prendo posto tra Johanna ed Haymitch. "Sono contenta di vedere che nonostante tutto te la cavi.." mi dice Johanna con una strana dolcezza. Io ricambio quelle parole inaspettate con un sorriso, per poi voltare lo sguardo altrove. Mi vergogno cosi tanto del mio nuovo aspetto, non voglio che le persone mi guardino. Rivolgo gli occhi verso il tavolo. Ci comunicano che siamo tutti in attesa di una persona, e io so benissimo di chi si tratta: Katniss. Improvvisamente la mia ansia sembra essere sparita. S
ono così sollevato nel sapere che anche lei sarà presente a questa assurda riunione, perchè se può venire, vuol dire che non sta poi cosi male. Pochi minuti di attesa e finalmente compare da dietro la porta. Anche lei, come me, riporta i segni di gravi ustioni, soprattutto sul viso. Hanno cercato di truccarla un po' per nasconderle ma non non direi che il tentativo ha avuto poi tutto questo successo. Continuo a fissarla e nonostante tutte quelle cicatrici, penso che sia bellissima. Non appena posa gli occhi sul tavolo al quale siamo tutti seduti, la sua faccia pare essere molto sorpresa. "E questo che sarebbe?" dice continuano a fare roteare i suoi occhi grigi per tutta la stanza più volte. "Non ne siamo sicuri.." dice Haymitch sospirando. "..ma sembra un raduno dei vincitori superstiti." continua. "E' il prezzo delle celebrità.." esordisce Beetee ridacchiando. Non so se la sua sia una di quelle risate che si fanno quando si è molto nervosi o se davvero questa situazione lo diverte tanto da farlo ridacchiare. "Siamo stati un bersaglio per entrambe le fazioni.Capitol City ha ucciso i vincitori che sospettava fossero ribelli. I ribelli hanno ucciso quelli che ritenevano alleati di Capitol City." continua con tono più serio. Rivolgo il mio sguardo verso la mia destra perchè sento Johanna sbuffare. Sta guardando dritto davanti a lei, proprio dove siede Enobaria. "Quindi, lei cosa ci fa qui?" chiede con tono arrabbiato e indicando con la mano destra la ragazza del distretto 2. "Lei è protetta da quello che chiamiamo 'Il patto della Ghiandaia Imitatrice'. " esclama la Coin entrando nella stanza e posizionandosi proprio alle spalle di Katniss. Inizia poi a fare il giro del tavolo, mentre continua a parlare. "Patto nel quale Katniss Everdeen accettava di sostenere i ribelli in cambio dell'immunità per i vincitori catturati. Katniss ha sostenuto la sua parte nell'accordo, e lo stesso faremo noi." dice. Questo vuol dire che se sono vivo lo devo solo a Katniss. Se ripenso a quelle volte in cui ho pensato che fosse una cattiva persona e che voleva farmi del male, mi sento così patetico. Sospiro, ma non dico nulla. Continuo ad osservare lo scambio di sguardi tra Johanna ed Enobaria. "Non fare quella faccia compiaciuta. Ti uccideremo comunque." dice Johanna per poi rivolgere il suo sguardo altrove, cercando di calmare la sua rabbia. La Coin invita Katniss a sedersi e così prende posto tra Beetee ed Annie. Continua a guardarsi intorno, ma per fortuna ancora non ha posato gli occhi su di me. Non voglio che mi guardi in queste condizioni. La Coin intanto prende posto a capotavola. "Vi ho chiesto di venire qui per appianare una controversia. Oggi giustizieremo Snow. Nelle scorse settimane, centinaia di suoi complici nell'oppressione di Panem sono stati processati e ora aspettano la morte. Ciononostante, la sofferenza dei distretti è stata tale che alle vittime questi provvedimenti non sembrano abbastanza. In effetti, molti stanno chiedendo l'annientamento dell'intera popolazione di Capitol City. Tuttavia, se vogliamo garantire la sopravvivenza della nazione, non possiamo permetterci un passo di questo genere." dice la Coin iniziando un discorso che sembra non promettere niente di buono. Mentre l'ascolto noto che Katniss sta fissando le mie mani attraverso un bicchiere d'acqua con una rosa bianca posto al centro del tavolo. Io suoi occhi sono spenti, tristi. Ritraggo le mani verso il busto e il suo sguardo si distoglie verso un'altra direzione: il mio viso. Mi fissa, i suoi occhi percorrono ogni centimetro della mia faccia e io non potrei sentirmi più a disagio di così. Sono un mostro e mi rendo conto che non potrà mai amarmi in questo stato. Alzo gli occhi per un istante e i nostri occhi si incontrano. Non appena Katniss si accorge che sto ricambiando il suo sguardo, i suoi occhi fuggono e vanno a rifugiarsi sulla superficie del tavolo e lo stesso faccio io. Riprendo a sentire il discorso della Coin, sperando di non averne perso una parte findamentale. "..è stata quindi suggerita un'alternativa. Ma dal momento che i miei colleghi e io non riusciamo a raggiungere un valido accordo, abbiamo stabilito di lasciare che siano i vincitori a decidere. Il programma si considererà approvato se avrà una maggioranza di almeno quattro persone. Nessuno potrà astenersi dal votare." dice per poi sorseggiare un po' d'acqua. La proposta di cui ci sta parlando consiste nell'organizzare un'ultima e simbolica edizione degli Hunger Games, utilizzando i bambini imparentati con gli uomini di maggior potere. "Cosa?" dice subito Johanna restando senza parole. "Teniamo un'altra edizione degli Hunger Games con i bambini di Capitol City." risponde la Coin con una volce calma e pacata. Io subito mi arrabbio. Come possono solo pensare che questa possa essere una soluzione giusta? "Sta scherzando?" chiedo furioso rivolgendo il mio sguardo alla Coin. "No. Vi dico inoltre che se alla fine i Giochi si terranno davvero, verrà reso noto che la cosa è stata fatta con la vostra approvazione, mentre i singoli voti saranno tenuti segreti per la vostra stessa sicurezza." chiarisce lei. Siamo tutti sotto shock, nessuno si aspettava di certo una tale notizia. "L'ha avuta Plutarch, quest'idea?" chiede Haymitch. "L'ho avuta io. Mi sembrava che compensasse il bisogno di vendetta con il minor numero di vittime. Potete votare." conclude la Coin. "No!" urlo subito io a gran voce. So quello che si prova a partecipare a quei giochi folli e mortali, ed è una cosa che non auguro a nessuno, figuriamoci ad altri bambini che non hanno neanche chissà quale colpa. "Io voto no, naturalmente. Non possiamo avere altri Hunger Games!" concludo. "E perchè no?" ribatte subito Johanna voltandosi verso la mia direzione. "A me sembra molto giusto. Snow ha persino una nipote. Io voto si." dice sorridendo. Come possono approvare una cosa simile? La mia incredulità aumenta quando anche Enobaria vota si. "E' per questo che siamo ribellati? Ve ne rendete conto?" chiedo facendo passare gli occhi su tutti i loro sguardi. "Annie?" chiamo cercando di avere appoggio almeno da parte sua. Lei mi guarda spaventata per un istante. "Io voto no, come Peeta." dice per poi fare una pausa. "Finnick farebbe lo stesso se fosse qui." continua cercando di trattenere le lacrime. "Ma non c'è, perchè gli ibridi di Snow l'hanno ucciso." le ricorda Johanna sbuffando. Vedo Annie piombare nel vortice dei ricordi e la cosa mi rattrista molto. E' il turno di Beetee. "No. Creerebbe un brutto precedente. Dobbiamo smetterla di considerarci l'uno nemico dell'altro. A questo punto, per la nostra sopravvivenza, è fondamentale che siamo uniti. No." dice per poi incrociare le mani davanti al petto, dando ancora più sostegno al suo rifiuto. "Ci restano Katniss e Haymitch." esclama la Coin. Guardo Katniss mentre tiene gli occhi fissi sulla rosa bianca al centro del tavolo. Cerco di mandarle i miei pensieri senza parlare. Cerco di farle ricordare come si è sentita quando sua sorella è stata estratta. Cerco di ricordarle cosa ha provato nell'edizione della memoria al solo pensiero di dover tornare dentro quell'arena, ma niente. E' tutto inutile. I suoi pensieri sono sì rivolti a sua sorella, ma meditano vendetta. "Io voto si..per Prim." sussurra mentre le trema la voce. "Haymitch tocca a te." dice la Coin. Se Haymitch darà il suo consenso, allora gli Hunger Games si faranno. Devo cercare di convincerlo a disapprovare. "Haymitch, non puoi volere una cosa simile. Non dobbiamo per forza agire in questo modo. Guarda come ci siamo ridotti a causa di questi Giochi. Haymitch ti prego.." dico con insistenza ma Haymitch sembra quasi non ascoltare. Continua a fissare Katniss senza dire nulla. "Io sto con la Ghiandaia Imitatrice." dichiara. Sono sconvolto e senza parole. "Eccellente. Questo decide la votazione. E adesso dobbiamo davvero prendere posto per l'esecuzione." dice la Coin.
Ci alziamo tutti dal tavolo e veniamo inidirizzati verso corridoi differenti. Non faccio neanche in tempo a parlare con Katniss che la portano in una stanza al fine di preparla per l'esecuzione tanto attesa. Io e gli altri vincitori veniamo invitati a metterci a sedere su alcuni gradoni in pietra. Sembra quasi di assistere ad uno spettacolo a teatro o ad una recita scolastica. E' tutto pronto. Ci sono soldati armati ovunque, di certo non corriamo il rischio che quest'esecuzione non vada a buon fine. Una decina di minuti di attesa e Katniss compare sul palco. Ha il suo arco in mano e prende una freccia dalla faretra. E' pronta ad uccidere. Rivolge una breve occhiata verso la platea in delirio. Spero riesca a trovare i miei occhi in mezzo a tutte queste persone. Poco dopo, fanno entrare il presidente Snow ammanettato. Non l'ho mai visto così. I capelli non sono in ordine come li ho sempre visti. Sono scompigliati e sul viso porta chiari segni di sangue pisto e ferite ancora aperte. Le labbra sono rosse, forse ancora sporche di sangue. Katniss si mette di profilo e posiziona la freccia nell'arco come al solito, pronta a lasciarla andare. Mira alla rosa e guarda dritto al il suo viso. Resta immobile per un paio di minuti. Vorrei sapere quali pensieri stanno invadendo la sua mente in questo preciso istante. Vorrei sapere per quale emotivo sta esitando in questo modo. Pochi istanti dopo però lo capisco. Capisco che il motivo della sua esitazione non era se scagliare o meno la freccia. Katniss era indecisa su chi uccidere e alla fine, la sua scelta è ricaduta sulla Coin, che in pochi secondi cade a terra morta.
Subito si scatena il panico, c'è gente che urla e soldati che spingono tutti lontano dal parco. Io però, cerco di avanzare, devo raggiungere Katniss prima che faccia qualcosa di cui possa pentirsi. Questa volta non la lascerò sola. Salgo sul palco a fatica e le corro incontro. Mi rendo conto
 che la sua bocca si sta indirizzando verso il taschino dove so che è contenuto il morso della notte. Vuole uccidersi. Corro più veloce che posso e non appena la raggiungo nel giro di qualche secondo, metto la mano destra sul taschino e i suoi denti, invece di trovare la pillola, trovano la mia pelle. Il sangue fuorisce dal dorso e il dolore è lancinante, ma non importa. "Lasciami andare!" mi ringhia contro, cercando di sottrarre il braccio alla mia stretta. La guardo negli occhi. "Non posso." gli rispondo semplicemente. Non posso permetterle di togliersi la vita, non posso abbandonarla, non posso perderla. La verità è che non riesco proprio a immaginarmela una vita senza di lei. Di scatto si allontana da me e subito vengo spinto indietro dalle guardie che sono arrivate alle mie spalle per prenderla. "No, no, lasciatela stare!" urlo dando pugni alle loro schiene, mentre Katniss urla e si dimena cercando di liberarsi dalla loro presa. "Katniss! Katniss! Laciatela!" continuo a urlare ma è tutto inutile. Sono troppi. Non posso fare altro che guardare i soldati portarla via mentre continua a urlare e a scalciare quasi fosse un animale selvatico. "Non ci separeranno anche questa volta, te lo prometto. Non gli permetterò di farti del male." urlo sperando che possa sentirmi. Non posso fare altro che restare immobile mentre la mia unica ragione di vita mi viene portata via, ancora una volta. 

 

Ciao a tutti :) Dopo circa una vita, ho finalmente aggiornato questa storia. Purtroppo in questi giorno sono stata senza internet e quindi non mi sono potuta collegare. Ma meglio tardi che mai :) Vi avverto, questo è il penultimo capitolo e il prossimo metterà un punto a questa storia alla quale spero qualcuno di voi si sia affezionato almeno quanto me! SOno davvero dispiaciuta di essere arrivata quasi alla fine di questo "viaggio". Purtroppo, tutte le cose belle finiscono prima o poi e il nostro ragazzo del pane non fa eccezione! Spero che anche questo capitolo non abbia deluso le vostre aspettative (è forse uno die miei preferiti). Vi mando un abbraccio e ci vediamo per il prossimo, ultimo capitolo! 

 

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