Harry's Games

di Unragazzoincredibile
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio nel Distretto 7 ***
Capitolo 2: *** Sul treno per Londinium ***
Capitolo 3: *** I sogni nel treno ***
Capitolo 4: *** Londinium ***



Capitolo 1
*** Inizio nel Distretto 7 ***


1. INIZIO NEL DISTRETTO 7
Sembrava una tranquilla giornata al distretto sette.                                                                                   
 Il giovane Harry Potter, quattordici anni, dai capelli neri ribelli, occhi di un verde smeraldo, occhiali tondi, e una cicatrice a forma di saetta sulla fronte si svegliava alle 8 del mattino per recarsi all'ultimo giorno di scuola, o così aveva detto ai suoi genitori, James e Lily Potter, due persone molto rispettabili nel distretto sette.             
Voleva godersi questo giorno di libertà, perché alle diciassette dello stesso giorno ci sarebbe stata la consueta mietitura annuale, che annunciava i partecipanti della 74esima edizione degli Hunger Games. Una competizione che trova ragazzi di età compresa tra gli undici e i diciassette anni di tutti e dodici i distretti a essere mietuti per scegliere chi si affronterà fino alla morte per la gloria del proprio distretto. Di ogni distretto vengono scelti una ragazza e un ragazzo, ma alla fine ne resterà soltanto uno. Fino a quel momento solo due persone del distretto sette avevano mai vinto gli Hunger Games... e uno era James Potter.                                                    
Harry quel giorno decise di passare il tempo che gli restava prima della mietitura con la sua compagna di classe Cho Chang. Cho era una ragazza di 15 anni, ma Harry era un anno avanti, così erano nella stessa classe. Era di poco più bassa di Harry e aveva i capelli neri, occhi a mandorla di un acceso nocciola ed era molto simpatica. E bellissima, aggiungerebbe Harry.                                                                                    
S’incontrarono nella collinetta che dava proprio sulla scuola, dove di lì a sette ore più tardi ci sarebbero dovuti andare per la mietitura.                  
«Hai pura per oggi?» chiese Cho quasi in un soffio.                                                                          
«No, » rispose non troppo sicuro Harry  «cioè, il mio nome è scritto almeno diciannove volte, sono il ragazzo con più probabilità, ma provo a non pensarci».              
Era vero, Harry aveva infranto così tante volte le regole, e oggi non era un’eccezione, che il suo nome è stato inserito più volte (una per ogni infrazione) e oggi Cho, una delle ragazze con meno probabilità della scuola, aveva appena trasgredito le regole per stare con lui.                                 
«Vorrei pensarla come te, Harry.» disse lei mentre lui si perdeva nei suoi occhi  
«
Ma anche se ho solo due probabilità mi sento sotto pressione» concluse con un filo di voce, come se le fosse stata strappata dalla gola.      
«Tu non verrai scelta, Cho» la rassicurò lui, con un tono quasi autoritario, e lei rispose con un debole 'Aww'.                                                        
«È più probabile che venga scelta quella Lavanda Brown, sai, quella della sezione B» riprese lui, dopo qualche secondo di autocompiacimento. 
«Ha preso tante di quelle insufficienze che lei ha più probabilità di me!» finì con una risata ironica.                                                              
Rimasero a guardare la scuola e a pensare come sarebbe il mondo senza gli Hunger Games fino alle 2 di quel pomeriggio, quando le lezioni sarebbero dovute finire.  «Per me non ci sarebbero neanche i distretti» disse Cho mentre si univano alla folla di studenti che uscivano dalla scuola. 
 «In fin dei conti, senza gli Hunger Games, i distretti non hanno senso.» «Non è proprio così!» rispose una voce acuta dietro Cho. 
Era una ragazza che Harry aveva solo intravisto nei corridoi quei pochi giorni che andava a scuola. Era di poco più bassa di Cho, capelli lunghi e ricci che gli pendevano per le spalle, castani come gli occhi, e i denti davanti leggermente più grandi della norma. Sapeva come si chiamava, glielo aveva detto Justin Finch-Fletchey: era Hermione Granger, Sezione E, anche lei quattordici anni, la più brava della scuola, meno probabilità di tutti nel distretto per essere mietuta, ma nessun amico.                                               
 «I distretti esistono per dividerci economicamente e politicamente tra i più ricchi e influenti del distretto 1 e i poveri e quasi insignificanti del distretto 12 - una vera ingiustizia, secondo me - e per dividerci le razioni di cibo secondo lo stesso criterio. Lo sapresti se leggessi Storia dei Distretti» continuò col suo tono da saputella.  «Nessuno te l'ha chiesto, Secchiona!» le inveì contro Cho.
 «Non c'è bisogno di insultare, Cho» disse Harry accorrendo in aiuto della povera Hermione ma, troppo tardi, perché lei, offesa, scappò via in lacrime. 
 «Se lo merita, quella fastidiosa sapientona tuttologa» disse Cho appena Hermione non fu più in grado di sentirli.                                            
 A Harry non piaceva questo lato del suo carattere, cattiva e spietata.                                                   
Era questo che faceva passare a Harry l'idea di fidanzarsi con lei.                                                                 
 «Non dovresti essere così spietata con le persone!» le disse a mo' di rimprovero.                      
 «D'accordo paparino, cercherò di essere più gentile… A dopo.» E lo salutò con un caloroso abbraccio e un affettuoso bacio sulla guancia. Harry sentì un fremito salirgli su dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli.                                                                                                                          
Era questo che faceva tornare a Harry l'idea di fidanzarsi con lei.                                                          
Cho percorse il vialetto di casa sua sorridendo e salutando Harry, rimasto quasi impietrito a contemplarla, ma poi riprese il controllo di sé e continuò a camminare per tornare a casa.               
Arrivato a casa, i suoi lo accolsero più calorosamente del solito, mangiarono in armonia e suo padre James continuava a raccontare battute su uno del distretto due che aveva sentito a lavoro dal suo migliore amico e collega Sirius Black  «... E poi, quello si alza e fa 'con chi credi di parlare? Con uno del distretto 12? Vedi che sono del distretto 2!' e l'altro risponde 'scusa, non pensavo che quelli del distretto 2 puzzassero di alcool e di spazzatura!» e risero a crepapelle tutti e tre. Certo, a Harry non piaceva che si prendessero in giro quelli del distretto 12, ma neanche ai suoi genitori, solo che alcune facevano veramente ridere.                                             
Finirono di pranzare e, dopo un po' di relax sua madre, Lily, pose fine al riposo per dire:  «Dobbiamo andare Harry, è ora».
Harry notò una nota di amarezza nella sua voce, ma pensò che fosse più che normale in un giorno come questo.                                                  
Si diressero vero la scuola, e a Harry crebbe il panico, arrivati a metà strada cominciava a tremare, non voleva più andare. Era facile non pensarci se non ti ci stia dirigendo, ma ora era lì lì per affrontare la mietitura, con più probabilità di tutti i ragazzi a essere mietuto. Sua madre lo vide in quello stato e lo avvolse in un caloroso abbraccio.  «Tranquillo amore mio, non verrai scelto» lo rassicurò lei  «anche se avresti potuto evitare di avere diciannove tuoi nomi!» disse con un piccolo tono di rabbia. Tipico delle madri, pensò Harry ma poi la mente di Harry cominciò a elaborare  «19? S-sai anche di oggi?» chiese Harry ancora un po' scosso dall'attacco di panico di prima.  «Certo,» rispose suo padre  «carina però la tua amica Cho, eh?» aggiunse con un sorrisetto malizioso. Ripresero a camminare e arrivarono a scuola per le 16:55. Harry prese posto insieme agli altri della sua classe, accanto a Cho. Davanti aveva due ragazzini, fratelli, quasi uguali e di due anni di differenza. Harry li conosceva, erano i fratelli Canon, Colin di tredici anni e Dennis di undici. Erano praticamente i fondatori dell’"Harry Potter Fan Club", erano patiti per lui e lo credevano il ragazzo più fico del distretto. Harry gli voleva bene come fossero suoi fratelli, non permetteva ai bulli più grandi di minacciarli e gli dava consigli per studiare senza fare troppa fatica. 
Li salutò ma loro risposerò con un cenno del capo, terrificati fino al midollo. Harry stava per salutarli di nuovo quando Cho gli rifilò uno gomitata sulle costole e gli disse di ascoltare. Arrivò sul palco allestito in poco tempo nel centro del cortile della scuola, fermandosi dietro ad un microfono e tra due cesti pieni di fogli  con i nomi degli alunni della scuola. La signora era bassa e tarchiata, dal mento rettangolare, la bocca larga e i capelli color topo molto corti, era molto simile a un rospo.      
La signora, che Harry riconobbe come Dolores Umbridge, si ergeva autoritaria sul palco chiedendo il silenzio del pubblico.                                
«Buon pomeriggio» esordì lei  «è con amaro rincrescimento che do inizio alla mietitura della 74esima edizione degli Hunger Games. Io sono Dolores Jane Umbridge, del distretto uno e sono stata scelta per il 20esimo anno consecutivo come estrattrice dei tributi per quest’affascinante competizione». Tutti tacquero, nessuno aveva voglia di parlare.  «Bene, allora iniziamo, prima le signore!» a questa frase Cho strinse vigorosamente la mano di Harry, che, stupito, rispose alla stretta con fervore.    La Umbridge prese a mischiare il cesto con i nomi femminili. 
Ne pescò uno e prima di aprire disse  «Il tributo femminile del settimo distretto per la 74esima edizione degli Hunger Games è... » 
Aprì il foglio. 
«Hermione Jean Granger».
Un tonfo al cuore percosse Harry. 'Possibile' pensò inorridito 'che proprio lei sia capitata?'. Mentre Harry s’interrogava, delle guardie la presero e la portarono via, ma Harry vide il suo volto spaesato rigato dalle lacrime.
«Ottimo» riprese la Umbridge,  «e adesso andiamo per i giovanotti.» e prese a mescolare i nomi maschili e ne prese uno. 
«Il tributo maschile del settimo distretto per la 74esima edizione degli Hunger Games è... » stavolta fu Harry a stringere Cho, così forte da strapparle un gemito, mentre la Umbridge lesse  «Dennis Canon». Harry emise un urlo, mentre le guardie stavano per prendere Dennis, paralizzato. D'impulso Harry pensò all'unica cosa che potesse fare per salvarlo, nonché la più avventata:  «MI OFFRO VOLONTARIO!!»
Seguirono strepiti da parte della folla, tutto un fremito, a sentire le tre parole che al distretto 7 non si erano mai sentite.

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Capitolo 2
*** Sul treno per Londinium ***


Harry's Games cap 2 Nvu

2. Sul Treno per Londinium

Harry si sentì subito male, come una fitta al petto, mentre tutti attorno a lui (tranne Cho) baciarono e alzarono tre dita (come si usava per chi andava volontario verso la morte).

E non era la guardia che con violenza gli ha passato il braccio intorno al tronco sbalzandolo all’indietro. Era qualcosa di più profondo. Stava pensando adesso alle conseguenze del suo atto eroico. ‘Che cosa penseranno mamma e papà? Se sopravvivo, mi ammazzeranno loro?’ si domandò Harry mentre vide Cho piangere e allungare un braccio verso di lui mentre altre due guardie la bloccavano. Lui veniva trascinato di peso dalle guardie e udì la Umbridge dire: «Ammirevole, davvero ammirevole per un così giovane ragazzo, in tutta la mia vita non ho mai sentito di un…» Ma Harry non sentì il resto, perché le guardie lo portarono via dal cortile della scuola, ma s’immaginò il finale «…volontario nel distretto 7!».

«Dove mi state portando?» chiese ingenuamente Harry, che difatti non ebbe risposta. Le guardie parvero non averlo nemmeno sentito. Indossavano una specie di corazza bianco ghiaccio, era rinforzata sul petto e sulle spalle mentre sui fianchi era solo una tuta. E in testa portavano un casco che non mostrava nemmeno una parte del volto, anch’essa rigorosamente bianca ma con una parte in vetro scuro (molto probabilmente per fargli vedere dove andare senza mostrare il volto). Vestiti in questa maniera non sembravano nemmeno umani

Lo trascinarono per un paio di chilometri, Harry sperava non arrivassero mai…

A Harry stava scoppiando la testa, pareva che stavano camminando sotto il sole da ore e ore…

Harry si stava appisolando… non capiva per quanto ancora avrebbero camminato… faceva fatica a trattenere le lacrime pensando al dolore che avrebbe provocato ai suoi genitori se fosse morto… a Cho che piangeva quando lo avevano portato via…

Ma finalmente arrivarono davanti a un vagone di un treno. Harry non sapeva quando fossero entrati in stazione, o per quanto tempo e spazio avessero camminato, ma era lì. Le guardie aprirono lo sportello del vagone e ci scaraventarono Harry come fosse un sacco di patate. Harry cadde di schiena sul pavimento di gomma del treno, quindi non si fece particolarmente male, ma preferì non alzarsi. Non volle alzarsi. Pensava che se stava fermo il tempo si sarebbe fermato… ma fu un singhiozzo a riportarlo alla realtà. «Anche t-tu?» disse una voce acuta e tremola dietro di Harry. Fino a quel momento a lui non passò minimamente per la mente che non era solo. Rannicchiata e singhiozzante, in un angolo c’era Hermione Granger, con il viso rigato dalle lacrime e il volto terrorizzato ancora tremante.

Harry si alzò da terra e cercò di risponderle, aprì la bocca ma ne uscì un grugnito. Lei parve ancora più terrorizzata di prima quando lo vide senza parole, e s’infilò il volto tra le braccia. A Harry fece tenerezza e gli rattristo il cuore vedere lei così. Vedere una persona in quello stato

Harry si sedette accanto a lei, ma non parve accorgersene, anzi, sembrò che riprese a singhiozzare ancora più disperatamente. Smise di guardarla e tutto di botto il treno partì. Harry non aveva mai preso un treno e tantomeno aveva lasciato la sua cittadina del distretto 7. L’unica cosa che sapeva è che in tutto lo stato di Posovia1(vedere n.p.s.), il distretto 7 era quello situato più a nord. La Capitale, Londinium2, era molto, molto più a sud.

Sapeva anche che i distretti più poveri (dal 10 al 12) stavano a ovest. Quelli medio bassi (l’8 e il 9) a nord-est della Capitale. I medi (dal 5 al 7) all’estremo nord dello stato. I più ricchi invece (dall’1 al 4) si trovavano limitrofi alla Capitale. Harry lo sapeva perché suo padre c’era stato, avendo vinto gli Hunger Games 20 anni prima.

Viaggiarono a una velocità impressionante, ma non la sentivano, era come se il paesaggio si muovesse oltre le finestre. Passarono qualcosa come 4-5 minuti da quando il treno era in movimento, e una donna alta, dai capelli corvini chiusi in uno stretto chignon, dallo sguardo severo, con un paio di occhiali squadrati e dall’età piuttosto avanzata si ergeva davanti alla porta interna (che dava agli altri vagoni) appena aperta in un sonoro woosh, e si ritrovò davanti una scena piuttosto pietosa, Hermione (con il viso tra le braccia in modo da lasciar visibile solo i capelli lunghi arruffati) ancora nel suo angolo intenta a singhiozzare e disperarsi come se non ci fosse un domani, e Harry assorto nei suoi pensieri seduto accanto a lei, visibilmente scosso.

«Ehm….» esordì lei «disturbo? Pensavamo che vi sareste aggregati a noi nell’altro vagone decisamente prima» aveva un tono autoritario e rassicurante allo stesso momento.

«C-ci scusi signora…» rispose tremando Hermione, che era riemersa incredibilmente dalle sue braccia «è… è s-solo che non sapevamo c-cosa fare! È decisamente difficile ritornare in se dopo una n-notizia del genere!» riprendeva sicurezza e il suo tono da saputella ogni parola che diceva.

«Infatti!» sbuffò Harry con impazienza all’improvviso «certo, non che mi aspettassi un comitato di benvenuto, ma almeno qualcuno che ci tranquillizzasse?» le parole della donna e di Hermione gli fecero riprendere fermezza, ma era ancora scosso.

«be’, anch’io la pensavo così, ho detto agli altri ‘ma non saranno scossi dopo essere stati scelti?’ ma nessuno mi ha ascoltato fin quando ho sbottato ‘James! Tu tremavi come una foglia quando eri qui e non credi che tuo figlio abbia bisogno di…’» «MIO PADRE E’ SU QUESTO TRENO?» urlò Harry prima che la donna finisse di parlare, non credendo alle sue orecchie.

«Certo, » riprese la donna, un po’ arrabbiata per essere stata interrotta «Ha accettato di venire quest’anno, di solito non gli va’ di partecipare come preparatore, l’ha fatto i primi anni dopo che aveva vinto, ma poi non è voluto più venire- molto probabilmente perché eri nato tu- ma il mese scorso quando per l’ennesima volta il Sindaco Caramell gli ha chiesto se voleva partecipare ha risposto sì… Che strana coincidenza oserei dire» aggiunse in fretta vedendo l’espressione inorridita dei due ragazzi. ‘mio padre ha partecipato come preparatore e non me ne ha parlato?’ pensò sbalordito Harry.

«Su su, non perdiamo altro tempo, entrate entrate !» Incitò la donna.

I due ragazzi la seguirono, ormai avevano quasi superato lo shock, ma quello che gli si presentò davanti li sbalordì ancor di più.

Era come essere entrati in una stanza di alta classe, con i lampadari incredibilmente fissi al soffitto che non davano il minimo segno di movimento, dei sedili, che assomigliavano di più a delle sedie da salotto, messi in postazioni da quattro con un tavolo di legno intarsiato che divideva a due a due i sedili. Il vagone sembrava estendersi per almeno un chilometro da dove si trovavano loro.

«Forte la tecnologia, eh?» disse una voce proveniente da un sedile/sedia avanti a loro, «ancora oggi non capisco come possano questi lampadari non muoversi se ci muoviamo a quattrocentocinquanta chilometri orari!» era James, il padre di Harry, stava per abbracciare il figlio, ma «Papà, perché non mi hai detto che facevi da preparatore?» James si blocco davanti a Harry, con le braccia ancora protese, e la sua espressione cambiò di botto, da gioviale a seria. «Minerva, gliel’hai detto tu?» «Pensavo lo sapesse, James» disse la donna in tono severo, «essendo tuo figlio pensavo gliene avessi parlato» «rispondimi papà!» sbottò Harry.

«scusami figliolo, è che non mi andava di metterti pressioni. Con tua madre pensavamo di non dirtelo finché non sarebbero stati scelti i tributi, e per non farti pensare a gli Hunger Games, dato che tu eri ragazzo con più nomine…» mentiva, Harry ne era quasi certo, conosceva suo padre e quell’espressione ce l’aveva sempre quando tornava a casa tardi, perché usciva a bere con Sirius, e cercava di trovare una scusa per sfuggire all’ira di Lily.  Ma lo sguardo da cane bastonato che suo padre aveva assunto in quel momento, gli fece cambiare idea. «Mi dispiace solo che tu l’abbia scoperto da Minerva invece che da me…» aggiunse con un tono rammaricato «comunque è una fortuna che io sia qui quando tu… oh, giusto… COSA DIAVOLO TI SALTA IN MENTE DI’ FARE? SACRIFICARTI PER IL RAGAZZINO COLIN? TUA MADRE SE NON FOSSE STATO CHE…. Sapesse che c’ero io come preparatore» aggiunse con tono piatto quest’ultima frase «…ehm… dov’ero? Ah, sì. TUA MADRE SAREBBE SVENUTA SE NON FOSSE CHE SAPESSE CHE C’ERO IO COME PREPARATORE!» «NON VOLEVO CHE MORISSE!» urlò Harry in risposta alla sfuriata del padre «E’TROPPO GIOVANE PER QUESTI GIOCHI! GLI VOGLIO BENE E NON AVREI ACCETTATO CHE MORISSE!» «BE’ CERTO, MEGLIO LA TUA MORTE VERO? SEPPURE SIA UN GESTO MOLTO NOBILE E’ ANCHE UN GESTO MOLTO STUPIDO!»

I due battibeccarono per un quarto d’ora buono, sotto gli sguardi attenti di Minerva e di Hermione, finché la prima non disse «James, Harry, è inutile stare a litigare, dovremmo già essere alla fine della spiegazione ed essere seduti a goderci il viaggio.». «…Hai ragione Minerva, ok Harry» e scocco uno sguardo a Harry che si calmò, «Allora, dato che voi due, Harry e… come ti chiamavi? Ah, sì, Hermione, siete stati scelti – o vi siete scelti – come tributi del distretto 7 per i 74esimi Hunger Games, dovrete viaggiare fino a Londinium, la nostra Capitale, dove si terranno i giochi, ed essere giudicati per decidere quante possibilità avrete di ricevere sponsor, ma di questo ne parleremo a Londinium. Minerva ed io vi aiuteremo a essere preparati per i giochi, vi aiuteremo a imparare come sopravvivere, come combattere e come reagire. Io vi aiuterò nel combattimento e come reagire a seconda degli avversari, avendoli giocati in prima persona, mentre Minerva McGranitt» fece un cenno alla donna «vi spiegherà la teoria sulla sopravvivenza, e mi aiuterà, dove io avrò delle mancanze. Tutto chiaro, ragazzi?»

I due erano sconvolti, curiosi, e stanchi allo stesso tempo, quindi annuirono e si misero a sedere, Hermione e la McGranitt vicino al finestrino di destra, mentre Harry e James in quello di sinistra.

«Non te l’ho ancora chiesto, come ti senti Harry?» chiese James con tono appassionato e amorevole.

«Un po’ meglio… ma ora che mi fermo a pensare… non so se riuscirò a reggere…» disse Harry, con la voce che gli andava scemando parola per parola.

«Tranquillo Harry, ci sono io qui, ce la farai… so io come tirarti su il morale» e dicendo questo cominciò a fischiettare un motivetto rilassante, quasi il cinguettio armonioso di un grosso uccello, composto da appena quattro suoni ripetuti.

Era il Canto della Fenice.

Era la cantilena che mettevano i genitori di Harry quando lui era piccolo per farlo addormentare quando era agitato, e fu lui a chiamarlo il Canto della Fenice quando aveva quattro anni, perché da bambino sua madre gli leggeva tante fiabe e la sua creatura preferita era la fenice, che riusciva a calmare chiunque col suo canto, come quella musica d’autore ignoto faceva con lui.

Harry fu grato a suo padre per avergliela fischiettata, perché distolse i pensieri dal pericolo di morte imminente, e si assopì.

 

n.p.s.

1Posovia è lo stato dove si svolge la storia, prende nome dal cornico Pow Sows (Inghilterra) e si estende per praticamente tutta l’isola della Gran Bretagna e i distretti si dividono le zone ( per esempio il distretto 7 si trova in Scozia) ho deciso in questo nome per rendere omaggio all’autrice di Hunger Games che utilizzava nomi che si rifacevano all’antichità (Panem, Caesar,etc. …)

2 Londinium è la capitale di Posovia, Londra in lingua latina, sempre per rendere omaggio all’autrice di Hunger Games 

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Capitolo 3
*** I sogni nel treno ***


Crossover Harry's Games cap.3

3. i sogni nel treno

 

Si era appena assopito.

Tutto ciò che aveva intorno si era appena oscurato quando una voce gli diceva «alzati».

Si trovava per terra, ma non sul pavimento di gomma del treno, si trovava su un pavimento completamente bianco. Gli faceva quasi lacrimare gli occhi. Decise di alzarsi e ciò che si trovò davanti gli fece quasi perdere l’equilibrio. Chi si trovò davanti più che altro.

Era se stesso.

Gli stessi occhiali, gli stessi occhi verdi gli stessi capelli neri ribelli, ma non la stessa faccia sconvolta. Il sosia aveva una faccia aggressiva, quasi arrabbiata.

Harry era chiaramente sconvolto. Non capiva cosa stesse accadendo e l’unica cosa riuscì a scandire fu «Che cosa vuoi da me?».

«Parlare» fu la risposta del sosia, perfettamente immobile a due metri da Harry.

«Di che cosa? Della mia morte imminente? »

«Esattamente»

«E cosa vorresti dire al riguardo? Sappiamo entrambi che verrò ucciso a sangue freddo! » si stava arrabbiando.

«Molto probabile, se continui a pensarla così, ma se ci pensi un po’ di più vedrai che abbiamo più possibilità di quante ne credi. Certo, non sarà facile e indolore, ma vedi… per esempio sai maneggiare un’arma»

Era vero, quando suo padre lo portava a lavorare con lui gli faceva utilizzare l’ascia per tagliare la legna. Dopo un paio d’anni era diventato particolarmente abile e suo padre ammise che neanche lui riusciva a maneggiare l’ascia in quella maniera.

«Ok, e con questo? Credi che mi faranno utilizzare un’ascia? E anche se la utilizzassi, a che mi servirebbe contro quelli che utilizzano spade e archi?»

«E chi ha detto che dobbiamo utilizzare un’ ascia? »

«…ok e se poi riesco a trovare un arma? Non so combattere! Mi faranno a pezzi!»

«Credici»

«Cosa?»

«Credici» ripeté il sosia «se non ci provi, non puoi sapere se sarai squartato o ti salverai».

Questo qui è pazzo pensò Harry

«E non sono pazzo!» aggiunse il sosia

Mi legge nel pensiero? Pensò agitato Harry

«Sono il tuo pensiero, imbecille»

«Come puoi esserlo? Io non penso o credo a una sola parola di ciò che dici!»

«In realtà lo sai, nel profondo del tuo io» rispose il sosia «nel profondo ci vuoi provare, nel profondo sai che anche se è difficile ci vuoi provare, una parte di te non vuole deludere Dennis, Cho, la mamma e il papà!»

Harry stava per piangere. Quelle parole lo colpirono nel profondo. Se ne rese conto solo ora. Lui voleva rivederli, tutti quanti. Si era sacrificato per Dennis per morire al suo posto come aveva insinuato suo padre? NO, CERTO CHE NO!

Aveva visto piangere Cho per lui e si sarebbe lasciato uccidere per farla piangere ancora? NO, CERTO CHE NO!

Avrebbe lasciato i suoi nella disperazione di aver perso un figlio? NO, CERTO CHE NO!

«Grazie» mormorò Harry al suo sosia. «Grazie di avermi fatto capire che devo almeno provarci!».

«Naturale, se non ci pensa il tuo subconscio, chi dovrebbe fartelo capire?» rispose ridendo il sosia.

Harry stava per ridere di rimando ma il pavimento cominciò a girare vorticosamente.

Non era il pavimento, era tutto ciò che vedeva che diventava solo un turbinio di colori finché non divenne tutto buio.

Alla fine cominciò a vedersi qualcos’altro, l’interno di una casa.

Non era una casa, era una villa.

Harry non ne aveva mai vista una ma qualcosa dentro di se lo sapeva.

Era arredata in maniera impeccabile, con enormi mobili di legno intarsiato della migliore qualità.

Ogni 2 o 3 metri c’erano enormi colonne di marmo, con motivi che ricordavano la storia di Posovia.

E, rivolto a un’enorme finestra chiusa c’era un uomo.

Alto, completamente calvo, con la pelle di un bianco cadaverico, vestito con uno smoking gessato.

Non si vedeva il volto, perché era girato, ma sembrava allarmato.

Si sentì la porta della stanza aprirsi.

«Peter, ti stavo proprio aspettando.» disse l’uomo. Aveva una voce fredda e inumana.

«Da-Davvero, mio signore?» rispose con voce acuta e tremola l’uomo appena entrato. Era un uomo basso e tarchiato, con la faccia da topo e con orride cicatrici. La mano sinistra sembrava essere fatta di platino.

«Perché mi voleva v-vedere, signore?» riprese.

«Perché la cosa di cui ti avevo raccontato è successa, Peter, proprio un’ora fa.» rispose l’uomo sempre con la voce fredda.

«E sai esso cosa comporta vero, Peter?» chiese voltandosi. Aveva il volto stretto, quasi serpentino, con due fessure per narici. Gli occhi di uno scarlatto fittissimo, con delle pupille che assomigliavano fin troppo a quelle di un gatto. Le mani, che sembravano due grossi ragni bianchi, erano unite per le punte delle dita.

Era il Presidente Riddle.

 «lo sai, vero?» continuò con la sua voce fredda.

«I-Io… s-si lo so, mio signore» rispose Peter.

«Bene» riprese Riddle «perché non avrei voluto ripetere per l’ennesima volta il piano. Anzi, il piano non ha importanza, l’importante è che il ragazzo deve morire»

Sentito questo, Harry scattò in piedi, sudato come non lo era mai stato nella sua vita.

James prese un colpo a vederlo alzarsi in quel modo. «Che ti è preso figliolo?»

A Harry stava esplodendo la testa, proprio dove aveva la cicatrice.

«S… Solo un incubo, papà» rispose

«Oh… capisco» disse James «Vabbe’ siamo quasi arrivati, sarà meglio svegliare Rubeus, non credi Minerva?»

«Si, credo sia il momento» rispose la McGranitt

«Chi è Rubeus?» chiesero in coro Harry e Hermione, che si era appena svegliata anche lei.

«Oh, giusto, è il nostro accompagnatore, Rubeus Hagrid. È da prima che vincessi io che accompagna ogni anno i tributi. Questo però non gli ha affatto giovato all’umore.»

Mentre parlavano una gigantesca figura si alzava barcollando da alcuni sedili più avanti. L’unica cosa che si vedeva era una montagna incredibile di peluria che gli scendeva dalla testa, non sembravano neanche capelli. Era vestito con un enorme pastrano marrone e, su per giù, era alto 2 metri e mezzo e grande quanto tra persone messe una di lato all’altra. Girandosi mostrò una folta peluria, che gli arrivava quasi allo stomaco, come barba.

«be’, neanche voi mi giovate all’umore, » disse burbero «non è facile addormentarsi con voi due che vi strillate l’uno con l’altro manco foste acerrimi nemici»

 

 

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Capitolo 4
*** Londinium ***


Crossover Harry's Games cap4

4. Londinium

 

 Nonostante i modi burberi e maleducati e il pestilenziale odore d’alcool che emana, Hagrid sembra un tipo apposto.
«Oh, … scusaci Hagrid.» disse James «Comunque siamo quasi arrivati a Londinium».
«Capito, allora vediamo chi abbiamo qui. ‘Sto qua con gli occhiali è tuo figlio, James?» Dice indicando Harry.
«Esattamente» Risponde James
«E ‘sta qua? Come hai detto che ti chiami?»
«Non l’ho detto, comunque Hermione.» risponde lei con un misto di voce tremula e saputella.
«Ok.» Borbotta, se possibile, ancor più burbero di prima «Spero che stavolta imparare i vostri nomi abbia uno scopo, sin dalla vittoria di James…» 
«RUBEUS!» strilla la McGranitt, prima che Hagrid potesse finire, vedendo che Harry stava impallidendo.
«Che c’è? Se non avete capito fra due settimane ‘sti due rischiano il collo, mi pare anche lecito dire che sin dalla vittoria di James imparare i nomi dei tributi è stato solo uno spreco di tempo e memoria»
«HAGRID!» urla James, ma non con il tempismo della McGranitt.
Harry rimane basito da questo commento.
Uno spreco di tempo e memoria. Ma c’è qualcos’altro che turba Harry.
Una nota quasi malinconica nella sua voce. L’alcool ancora in circolo nel suo sangue, presume Harry. Eppure c’è comunque qualcos’altro, pensa Harry. Amarezza.
«Non si preoccupi, signor Potter.» dice Hermione «Forse Hagrid sta solo cercando di… non lo so, spronarci a dare il massimo?»
«Non c’è bisogno che tu lo difenda, Hermione.» risponde la McGranitt «Hagrid lo dice a tutti i tributi da dieci anni ormai, e ha solo seminato terrore…»
«MA IO NON HO PAURA!» gridano all’unisono Harry e Hermione, l’uno sorprendendosi della risposta dell’altro.
«Davvero?» chiede incredulo Hagrid «FINALMENTE! Dei tributi con le …» 
 Ma non seppero mai che cosa avessero, dato che la McGranitt comincio a sbraitare chissà quali maledizioni contro Hagrid sotto lo sguardo divertito di James.
Nel frattempo il treno fischia e si ferma di botto.

*

Harry e Hermione rimasero estasiati da ciò che si trovarono di fronte appena scesi. Erano così presi dalla discussione che non si degnarono di guardare fuori dal finestrino. Erano in una stazione sfavillante, piena di colonne di quello che sembra marmo, le pareti rivestite di uno splendente oro zecchino. Ma non è questa la parte più sconvolgente. È la massa incredibile che si trova appena fuori dal treno, tutti vestiti in maniera stravagante e dalle acconciature (alcuni con la parrucca) eccentriche e dal viso ricoperto da trucco o da tatuaggi o da entrambi.
Erano tutti lì per loro, era questo che turbava Harry. Di lì a due settimane, le stesse persone lo avrebbero visto combattere per restare in vita, e magari avrebbero gioito nel vederlo uccidere altri ragazzi.

*

Si fecero strada grazie alla stazza di Hagrid, e arrivarono alle porte di cristallo che li separavano dall’esterno. Superarono la porta Harry e Hermione rimasero sbigottiti.
Ciò che si ritrovarono davanti non era altro che un’incredibile e immenso agglomerato di edifici altissimi di quello che sembrava proprio oro (probabilmente ne erano rivestiti esternamente). Non erano solo gli edifici erano strabilianti, ma anche le strade, di uno splendente platino, e i marciapiedi anch’essi in oro.
Macchine di diversa grandezza e velocità schizzavano da una parte all’altra del lungo viale.
«Eh eh» disse Hagrid, in modo da non farsi sentire da James e la McGranitt, che parlottavano tra di loro qualche metro più avanti «Voi non ci avete mai messo piede qui a Londinium, normale che siate entusiasti,
anche io lo ero la prima volta che sono venuto ero rimasto a bocca aperta. Non molti anni fa ho conosciuto ‘sto barista, Tom mi pare si chiami1, e la maggior parte del tempo che passo a Londinium lo passo lì, al Paiolo Magico. Ma non sta volta, il vostro coraggio mi ha sorpreso»
Harry non sapeva cosa rispondere a Hagrid (i cui occhi erano pieni di lacrime e riflettevano la luce solare), aveva la bocca impastata.
Ma fu qualcun altro a rispondere per lui.
«Grazie Hagrid, non ti deluderemo!» disse squillante Hermione, urlando (forse per nascondere qualche altro sentimento pensò Harry).  
«Che succede lì?» dice gentile James «Le limousine stanno per arrivare, comunque.»
E, difatti, non si fecero aspettare. Due lunghe automobili nere arrivano dalla parte sinistra della strada.
Entrambe avevano lo stemma di Londinium stampato sul cofano. Un teschio dal quale esce un serpente che si intreccia e si estende spalancando le fauci. Il Marchio nero, com’è chiamato dai più. È raffigurato anche nella bandiera di Posovia, su uno sfondo argenteo.
«Belle vero?» riprende James«Ad ogni modo2, io, Minerva e Rubeus saremo in questa» e indica la prima limousine« e voi sarete nell’altra, non saremo con voi perché dovete fare una.. certa conoscenza» finisce con un tono tra lo scherzoso e il preoccupato, che Harry non gli aveva mai visto usare.
Harry e Hermione esitarono a entrare, ma quando James e gli altri entrano nell’auto, loro non se lo fecero dire due volte. Si sedettero hai finestrini, evitando accuratamente di guardarsi.
Il silenzio fu rotto da una voce profonda e stanca, proveniente dai sedili più avanti.
«Allora, … tu devi essere il figlio di James vero? Ovviamente, siete due gocce d’acqua, tranne gli occhi, quelli sono di Lily»
Harry e Hermione voltarono la testa contemporaneamente, non si erano accorti di essere in compagnia.
Davanti a loro c’erano un uomo apparentemente stanco, piuttosto giovane, dell’età più o meno pari a quella di James, vestito con uno smoking accoppiato al trucco, che non assomigliava per niente a quello che era in voga a Londinium, sopra gli occhi, un ombretto3 di un verde pallido, che gli risalta gli occhi di un profondo marrone4. Accanto a l’uomo c’è una graziosa ragazza, che avrà più o meno 6 o 7 anni più di Harry, dai capelli rosa shocking e gli occhi scuri.
«Comunque, io mi chiamo Remus Lupin, e sarò il tuo stilista, proprio come mio padre fu per il tuo».
Aveva una voce calma e rassicurante, una voce che ispira fiducia.
«E io sono Ninfadora Tonks, ma dovete assolutamente chiamarmi solo Tonks, o Dora. E sarò la tua stilista, Hermione» disse la ragazza, volgendo a Hermione un sorriso sprezzante.
Harry e Hermione si guardarono, e la prima cosa che Harry si sentì bisogno di chiedere era
«Come conosce mio padre?»
«Dritto al sodo, eh? Proprio come tuo padre. Be’,come ho già detto, mio padre, Lyall Lupin, fu lo stilista di tuo padre quando partecipò agli Hunger Games, ormai 21 anni fa. Dopo che vinse, tuo padre rimase molto legato al mio, e così ci invitò al suo matrimonio. Io, che avevo la sua stessa età, ci andai subito d’accordo, e ciò vale anche per Lily, ovviamente. Ci teniamo in contatto con il telefono che si trova nella villa dei vincitori, che so che non usate.»
Era vero, James aveva rinunciato a vivere nel villaggio dei vincitori, dove i vincitori sono tenuti a vivere. James ha preferito crescere Harry nella vecchia casa dei suoi genitori, morti in un incidente qualche mese prima che Harry nascesse.

Harry non sapeva che rispondere, e si limitò a fare un cenno d’assenso, e si mise a guardare fuori dal finestrino.
I palazzi scorrevano alla stessa velocità dei pensieri di Harry.
Tu devi essere il figlio di James,vero? Diceva Lupin
Minerva ed io vi insegneremo come sopravvivere
Diceva suo padre
Forse non avete capito che fra due settimane ‘sti due rischiano il collo
Borbottava burbero Hagrid.. Hagrid..
Il vostro coraggio mi ha sorpreso aveva detto anche, coraggio, quello di cui Harry stava cercando di fare scorta…
Fu una voce a portarlo alla realtà
«Wow!» era Hermione, che si era avvicinata al finestrino di Harry, e guardava fuori.
Harry gettò un’occhiata fuori  e rimase a bocca aperta. Un enorme palazzo marmoreo si presentava davanti a loro. Non era molto alto, ma si estendeva per chilometri, e costeggiava un fiume per tutta la sua estensione.
Su di un lato della struttura era raffigurato con strati di platino il Marchio Nero5. Harry ebbe un breve brivido nel dedurre cosa fosse..
«Bello vero?»disse Lupin« È il palazzo presidenziale, e quello è il Londinium River6, che, secoli fa, veniva chiamato..»
«..Tamigi» lo interruppe Hermione «l’ho letto in Storia dei distretti»
«Ottimo, Hermione7, mi fa piacere che lo sai» disse Lupin «io sono affascinato dalla storia antica, per esempio lo sapevi che questa nazione prima veniva chiamata Gran Bretagna e…» Harry smise di ascoltare, ma Hermione e Lupin continuarono a discutere a lungo.

 

n.p.s. (note per sfizio)
1Sì, sono anni che si conoscono e non è sicuro del nome
2Odio quando “anyway” viene tradotto “ad ogni modo”
3Ma ve lo immaginate Lupin con l’ombretto verde? xD
4Se ve lo state chiedendo,si, sono un maschio,ma ho solo fatto una ricerca
5Che, se è in platino, non ha molto di “nero”, eh?
6Non trovo nome migliore


 

 
n.i. (note informative)
Allora, vorrei solo dire che per ‘sto capitolo ho versato lacrime per scriverlo.
Tra bug vari di Word,la scuola che si appresta a ricominciare, io che alle due di notte premo erroneamente alt+f4 e premo “no” al posto di “annulla” e perdo 2/3 di capitolo …
Credo che ci fosse un complotto fittizio per non permettermi di scrivere xD
Spero vi piaccia e che continui a piacervi, ma mi duole dirvi che l’uscita di nuovi capitoli si rallenterà ulteriormente con l’inizio della scuola (il 15, per me).

The Mockingjay lives.
The Odds Are NEVER In Our Favor
“After all this time?” “Always”
Lunga vita e
prosperità



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