Succo di Zucca con retrogusto di 'Io te l’avevo detto, Prongs.'

di Beautiful Lie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A friend in need’s a friend indeed ***
Capitolo 2: *** Doesn’t seem the human race will make it through the year ***
Capitolo 3: *** Inside we are Picasso blue | Outside it's Armageddon ***
Capitolo 4: *** Don't worry, baby | It's just the end of the world ***
Capitolo 5: *** We magnetize my moral compass ***



Capitolo 1
*** A friend in need’s a friend indeed ***


Sui nomi dei Malandrini.
Succo di Zucca con retrogusto di
‘Io te l’avevo detto, Prongs’.
 (Dicembre, 1975)
Di quando James prese la grande decisione di versare un filtro d’amore nel calice di Lily, la pozione venne bevuta da un Serpeverde con una prorompente appendice nasale, e Remus sapeva che sarebbe andata a finire così.

 


1. A friend in need’s a friend indeed

«Non trovate anche voi che l’arancione sia un colore magnifico?» Lo sguardo di James era puntato sull’ultimo tavolo dei Grifondoro e non aveva l’aria di voler conoscere sul serio la risposta degli amici. «Si abbina perfettamente a quel colore di capelli, caldo come il fuoco e— Be’, è difficile essere poetico. La sua bellezza incontrastata mi deconcentra.»

Wormtail, molto impegnato a ingurgitare un numero imprecisato di muffin, fece il grande sforzo di annuire concitato. Aveva il volto paonazzo e le briciole marroni gli finirono sulla divisa prima ancora che qualcuno potesse dirgli di stare attento. James non sembrò troppo offeso dalla generale mancanza di interesse.

«Credo che il Succo di Zucca sia il suo preferito. Lo prende tutte le mattine.»

«Grazie per l’indispensabile informazione,» borbottò Padfoot. Rimasero in silenzio per qualche secondo e Sirius, in preda alla disperazione, decise di appropriarsi delle frittelle di Remus che giacevano abbandonate vicino a un libro enorme di cui non voleva saperne nulla.

«James, secondo me devi lasciar perdere. Non puoi costringerla ad uscire con te.»

Quarantadue, si disse Sirius. Aveva sentito quella frase già quarantadue volte dall’inizio del mese. Meditare il suicidio era una delle poche soluzioni rimaste. Quello, o mangiare tutte le frittelle di Moony. Decise che la seconda al momento sarebbe stata più efficace.

«Mi resta poco altro, ormai. Sono un uomo che soffre per amore. Ah! La peggiore delle penitenze.» James agitò il cucchiaio in modo drammatico e Wormtail, vedendo l’arnese sfrecciargli a pochi millimetri dal naso, temette per la propria incolumità.

«È la condanna che tu e Sirius vi meritate per aver disegnato i baffi alla Signora Grassa. Non era molto contenta quando sono passato di lì,» sentenziò Moony con lo sguardo accigliato e un sorriso che la sapeva lunga.

«Non mi sembra di essere follemente innamorato. Nel mio cuore c’è solo Wormtail,» rispose Sirius, serio, mandando un bacio al ragazzo seduto di fronte a lui. L’altro sputacchiò nel bicchiere la spremuta che aveva appena ingollato. Un po’ per l’improvvisa dichiarazione d’amore e un po’ perché Lily Evans avanzava verso di loro con passo deciso.

Remus scoccò uno sguardo colmo di implicazioni in direzione di Sirius e, nel giro di qualche secondo, entrambi si alzarono dalla panca. Questa situazione stava raggiungendo il limite, ma forse lasciandolo solo James si sarebbe calmato un po’. Anche Peter, che era rimasto a grattar via qualcosa dal tavolo fino a quel momento, decise che andare a finire la pergamena di Pozioni non sarebbe stata una cattiva idea. James si appuntò mentalmente di ringraziarli, per non averlo ancora ammazzato e per la loro discrezione – che sospettava essere dovuta più che altro alla sua incredibile tediosità.

***
«Credi che questa storia finirà, prima o poi?» chiese Sirius con aria preoccupata. «Coercizione!» aggiunse, mentre la Signora Grassa gli lanciava un’occhiataccia e si faceva da parte liberando il piccolo corridoio verso la Sala Comune dei Grifondoro.

«Sì, quando si sposeranno. Secondo me sei geloso, Padfoot, il che è del tutto plausibile. È il tuo migliore amico e adesso ti trovi costretto a dividerlo con qualcuno.» Remus si accucciò nella sua poltrona preferita, il libro ancora in grembo. Sentiva il calore del fuoco avvolgergli le membra e il sonno arretrato che cominciava a reclamare la sua presenza. Doveva smetterla di andare a dormire così tardi.

«Non sono geloso. È che Lily non lo conosce nemmeno e, insomma, una ragazza dovrebbe sapere che Prongs finisce sempre per sputare i broccoli nel piatto o che si pulisce il naso sulla manica della camicia. Lo so perché lo faccio anch’io.» Sirius era intento a giocherellare con la bacchetta e non sembrava molto desideroso di parlarne. «Sono sicuro che capisci cosa intendo.»

«Certo che capisco. Ti pulisci il naso anche sulla mia di camicia.»

«Moony, no.» Sirius cominciò a punzecchiarlo con la bacchetta come se fosse una cosa morta. «Lo stai facendo di nuovo. Sai qual è il tuo problema? Sei convinto che per evitare i discorsi che ti mettono a disagio basti sviare la conversazione.»

Remus distolse lo sguardo, intento a osservare un residuo di Caccabomba nei pressi dalla sua poltrona. «Non sto sviando la conversazione. Il mio era un commento relativo alla tua profonda osservazione.»

Sirius ripose la bacchetta nella tasca dei pantaloni: quando Moony faceva così, non si meritava le molestie di un giovane rampollo Black. «Se continui in questo modo prima o poi scoppierai, e sarò io quello che dovrà raccogliere tanti brandelli di Remus Lupin sparsi per tutta la Sala Comune. Credo sia anche contro il regolamento – esplodere, non raccogliere pezzi – quindi è l’idea di infrangerlo che ti trattiene ancora tutto insieme. Giusto perché tu lo sappia, questa prospettiva mi mette i brividi.»

«Mi dispiace, ma non credo che sfogare le tue frustrazioni su di me sia una grande idea. Non è colpa mia se James è così,» rispose con aria mesta.

«Finiamola qui. Stai per dirmi che le conversazioni non possono essere a senso unico, perché presuppongono due persone presenti, ma quando faccio dei discorsi seri con te è come se lo fossero, maledizione. Non sto parlando di quanto sia bella Cassandra Roosevelt, ma di come James sia completamente impazzito.»

«Smettila,» lo interruppe Remus, stupendosi nel sentire la sua voce assumere un tono così distaccato. «Vuoi davvero sapere cosa ne penso? Credo che tu non abbia alcun diritto di impedire a James di passare la sua esistenza a parlare di Lily Evans, perché anche io ho passato ore ad ascoltare in silenzio i suoi deliri e i tuoi. È quello che fanno gli amici. Ascoltare. Non so come ci si senta a mettere in secondo piano il proprio migliore amico per una ragazza, ma so per esperienza che non è piacevole doverlo sopportare. Benvenuto al mondo.»

Sirius smise di giocare con il lembo della sua divisa, poiché vedere Moony in quello stato era un raro evento. «Stiamo parlando di me o di Prongs?»

«Per una dannatissima volta stiamo parlando di me, Sirius.»

Remus si alzò in piedi con uno scatto, il libro rilegato scivolò sulla moquette consumata senza distruggere la tensione che si era creata tra loro. Non aveva più voglia di proseguire quella discussione, poiché Remus Lupin semplicemente era uno che non litigava. I combattimenti furiosi durante le notti di luna piena erano abbastanza e grazie tante.

***

Wormtail aveva capito che ogni tanto Sirius diventava intrattabile. Era sicuro che non volesse davvero riempirgli i calzini di purè e piselli, ma immancabilmente una forza estranea lo guidava fino alle cucine e gli elfi domestici si arrendevano senza troppe storie. Ecco, il problema però era che Peter ai suoi calzini ci teneva – specialmente quelli rossi con i pallini, quelli erano i suoi preferiti. Ci teneva così tanto da aver elaborato una strategia che, è proprio il caso di dirlo, calzava a pennello.

«Padfoot, senza offesa, ma sembra che un Ippogrifo ti abbia vomitato in testa,» azzardò, mentre si avvicinava con passo felpato alla poltrona di Sirius. Non era certo che rivolgergli la parola fosse la cosa giusta da fare, ma il ricordo dei piselli appiccicosi zittì ogni dubbio.

«Peter, il tradimento di un amico puzza più del vomito di un Ippogrifo,» rispose l’altro alzando le braccia in segno di resa. «Se gli amici sono due, poi.» Sirius storse il naso.

«A proposito, James è ancora molto impegnato a osservare i capelli di Lily e ha detto di non aspettarlo.» Wormtail faceva spesso commenti poco appropriati; nella sua testa non era nulla di terribile, ma inevitabilmente finiva sempre per accorgersene solo quando l’offesa stava già fluttuando già in mezzo a loro. Ormai era diventato abbastanza bravo a non farsi notare. O forse i Malandrini gli prestavano meno attenzione.

«Remus?» chiese, perché nominarlo era il primo passo di quella sua famosa strategia.

«A Moony devono avere infilato una scopa su per il culo quando era piccolo, non c’è altra spiegazione. Un giorno sorprenderà tutti catturando il Boccino e la McGonagall deciderà di sposarlo.»

«Vuoi… parlarne?» chiese, perché checché ne dicesse lui, l’espressione di Sirius era la cosa più simile a una scopa nel fondoschiena che Peter avesse mai visto.

«No,» rispose. E poi, «Sono così di pessimo umore che nemmeno la visione di Snape che scivola nel suo stesso unto potrebbe rallegrarmi, anche se sarei sulla giusta strada. A quanto pare Remus pensa che io non abbia alcun diritto di essere arrabbiato con James. Non capisco perché debba sempre fare la vittima in questo modo. Forse si diverte. Credi che si diverta, Peter?»

«Moony non sembra mai troppo divertito.»

«No, infatti. Lui e i suoi libri puzzolenti. Lui e— Cosa dovremmo fare per Prongs?»

«Se Lily ricambiasse, sono sicuro che si stancherebbe subito. È solo fissato. Ma credo che neanche una pozione convincerebbe la Evans,» rispose lui con una risata porcina.

Sirius s'immobilizzò e Wormtail in un attimo di panico si chiese se non avesse detto di nuovo qualcosa di troppo. Ma Padfoot non aveva l'aria offesa: nei suoi occhi si era accesa una scintilla che Remus aveva soprannominato il brillio del Malandrino. Non sapeva cosa stava per succedere, quello no, ma il brillio del Malandrino raramente portava alla pace che Peter tanto agognava di domenica pomeriggio. Ecco, forse i suoi calzini si sarebbero salvati – anche se non poteva dire altrettanto del resto della scuola.

«Una pozione d’amore, Peter. Una dannata pozione d’amore.» Sirius gli stampò un bacio molto bagnato sulla fronte, prima di fare una piroetta e correre a spiegare il suo grande piano a un ignaro James.



 



N/A C'era una volta l'HTML. E un codice, c'era anche un codice che ho deciso di scrivere io perché l'editor di EFP mi stava facendo impazzire. E' finita peggio di com'era cominciata, dico solo questo. Questa storia è già conclusa e consta di cinque - o sei? - capitoli. Perciò sarò puntuale nel pubblicare. Grazie mille per lettura. (:
 

Una precisazione: Non mi piacciono molto le traduzioni dei nomi dei Malandrini, perciò ho preferito mantenere quelli originali. Quindi:
  1. James Potter - Prongs (Ramoso)
  2. Peter (Minus) Pettigrew - Wormtail (Codaliscia)
  3. Sirius Black - Padfoot (Felpato)
  4. ​Remus Lupin - Moony (Lunastorta brr)

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Capitolo 2
*** Doesn’t seem the human race will make it through the year ***


2. Doesn’t seem the human race will make it through the year

Ogni tanto Remus si sedeva sul davanzale di fianco al suo letto, la coperta sulle gambe e una tazza calda stretta fra le mani. Era una tradizione che si ripeteva ogni mese, soprattutto quando le prime avvisaglie di luna piena gli torturavano le ossa; soprattutto se aveva appena passato una brutta giornata. Qualunque fosse il problema, l’aria fresca – quella invernale che cominciava a pizzicare – scacciava via ogni pensiero molesto, lasciando solo un lieve senso di colpa e il calore della tazza a fargli compagnia.

Moony voleva scusarsi, subito. C’era qualcosa di profondamente sbagliato nel tenere il broncio ai suoi amici, una sensazione di nausea simile ad un’indigestione di patate al forno. Soprattutto se si trattava di Sirius che, da buon canide qual era, non ci pensava due volte a tornare da lui con la coda fra le gambe e un’espressione da cucciolo. Ecco, il problema di fondo era proprio che Padfoot non ci pensava due volte. Punto. E la mente di Remus si sentiva in dovere di compensare pensando, a sua volta, troppo. Non lo faceva nemmeno apposta, si ritrovava semplicemente a ponderare mille eventualità che sarebbero o non sarebbero potute realizzarsi. Persino lì, così seduto al freddo, si sarebbe preso sicuramente un raffreddore e il muco gli avrebbe otturato il cer—

Un corpo caldo lo trascinò verso il suo letto senza neanche dargli il tempo di rendersi conto che aveva appena rischiato la morte. «Moony, non puoi neanche immaginare l’idea, ma cosa dico, la trovata del secolo. Questo giovane ometto – Sirius mollò Remus senza troppe cerimonie per poter spettinare i capelli già spettinati di James – sta per conquistare la sua dama. E chi lo aiuterà, da vero malandrino?»

Per chiarire meglio quanto l’evento lo rendesse euforico spiattellò un nuovo bacio bagnato sul naso di Wormtail e tentò di rassettare al meglio Remus, ancora incastrato fra le lenzuola.

«Questo è un giorno di gloria per Miss Pettigrew,» soggiunse Sirius. «Non è vero, Peter?» Wormtail sorrideva confuso. Remus non sorrideva ma era confuso lo stesso.

«Nel suo calice. Quello con il Succo di Zucca,» continuò Prongs agitando le braccia. I suoi occhi brillavano dalla felicità e man mano che snocciolava parole sempre più insensate, Remus cominciava a intuire quale fosse il loro incredibile piano.

«Assolutamente no. Sono vietate per un motivo, non potete.»

«Sarebbe per una buona causa!»

«Baciare Lily Evans non è quella che definirei una buona causa, Prongs. Non è vero amore e lo sapete benissimo tutti e due.» Remus tossì, perché stava cominciando a sentire veramente caldo lì sotto.
«Moony, non posso prenderti sul serio se non vedo nemmeno la tua testa. Perché sei sommerso dalle coperte?»

«Perché ho appena rischiato di morire cadendo dalla finestra, e credo di stare meglio qui sotto dove non ci sono cattive idee e filtri d’amore.»

«Remus—»

«No.»

«Puoi fare tutte le ricerche che vuoi. Sai che saremmo persi senza di te, senza il tuo utilissimo permesso di accedere alle sezioni del Reparto Proibito.»

«È una pessima idea.»

«Lo faremmo lo stesso, solo che se ci dai una mano magari non ci trasfiguriamo un braccio per sbaglio.»

«Peter, non partecipare anche tu a questa pazzia,» ormai la voce di Remus sembrava più un lamento soffuso. E poi, perché non ce la faceva più, decise di riemergere. Di fronte a lui Sirius Black e James Potter lo guardavano arrendevoli, sfoderando l’occhiata afflitta più efficace che avesse mai visto. Remus aveva già perso in partenza e lo sapeva benissimo.

Lo faccio per loro,” si disse.

***

«Mi rassicura sapere che daremo fuoco al dormitorio maschile per preparare un filtro d’amore e non, che ne so, perché Padfoot vuole rendere questo Natale un po’ più acceso.»

«È successo solo una volta, smettila di rinfacciarmelo.»

«Sono uova congelate, non credo possano davvero incendiarsi,» sentenziò Wormtail, con l’aria di chi la sapeva lunga malgrado non avesse mai visto delle uova di Ashwinder in vita sua.

«In realtà, se le uova se non vengono trovate in tempo possono dare fuoco al luogo in cui si trovano.» Il tono di Remus rasentava l’isterico. «Spetta al mago che le impacchetta il compito di congelarle.»

«Magari fra le scorte per gli esperimenti di Pozioni ci sono davvero. È l’unico ingrediente che ci manca,» borbottò Prongs.

Quello lo sapevano bene tutti quanti, visto che da giorni James non faceva altro che ripetere uova di Ashwinder, peperoncino, petali di rosa, pietra di Luna. Sirius lo prendeva in giro, ma in qualche modo la ricetta dell’Amortentia era davvero diventata il suo mantra: lo aiutava a non agitarsi troppo. Conosceva i rischi, dopotutto la migliore delle ipotesi era che non funzionasse; ma l’idea di potersi davvero avvicinare a Lily senza che lei cercasse di staccargli il collo era intrigante. Non riusciva nemmeno a immaginarla innamorata di lui. Stava davvero commettendo un errore preparando l’Amortentia? Forse era lui stesso la prima vittima dell’incantesimo; talmente infatuato di se stesso, dell’idea della pozione, da non rendersi nemmeno conto di ciò che stava facendo. Non che i Malandrini generalmente ci pensassero troppo quando avevano queste trovate, loro erano più il tipo di persona che impara dopo aver combinato il disastro. Prima o poi.

***

Né Sirius né Remus avevano ancora aperto bocca da quando James aveva affidato loro l’infelice compito di andare a prendere gli ingredienti mancanti. O meglio, Remus aveva detto, “Dobbiamo solo portare queste uova esplosive alla Stamberga?” e Sirius aveva annuito in risposta, lo sguardo puntato sulle luci ancora accese delle cucine. Probabilmente più tardi avrebbero mangiato altro tacchino.

C’era qualcosa di particolare nelle notti ad Hogwarts. Non succedeva spesso, ma quando capitava di dover esplorare i corridoi bui del castello, Remus per una volta era tranquillo. Senza la rabbia del lupo che gli premeva dall’interno, senza i sensi acuiti pronti a trasformarsi in quelli di un animale, paradossalmente era più facile fare caso ai mille dettagli che altrimenti si sarebbe perso: la polvere delle finestre che brillava alla luce della luna, i passi lenti e familiari di Sirius.

«Moony, non ti sei ancora scusato per avermi aggredito verbalmente senza alcun motivo, settimana scorsa. Dovrebbero ritirarti il distintivo da Prefetto,» sussurrò l’altro, mentre un ghigno si faceva strada sul suo volto. Remus era in grado di riconoscere quello sguardo canzonatorio dappertutto, buio o meno. Senza neanche accorgersene si ritrovò a sorridere di rimando.
«Prima di tutto, eri impazzito. Secondo di tutto, direi che possiamo riparlare di quello che un Prefetto può o non può fare dopo che avremo rubato le uova di Ashwinder. E terzo, lo sai che mi dispiace.»

Sirius rise, e Remus lo prese come un invito a continuare. «Sono felice che tu stia aiutando James, sai? A quanto pare hai deciso di mettere da parte il tuo orgoglio maschile. Prima o poi doveva succedere.»

«Io continuo a non vederci niente di male nel lamentarsi di una persona noiosa. Ma mi dispiace vedere Prongsie disperato, e poi Peter ha detto che una volta che Lily sarà sotto l’effetto della pozione lui tornerà in sé,» ammise Sirius, appena in colpa ma non troppo.

«Non devi sempre ascoltare quello che dice Peter.»

«Potevi dirmelo, comunque. Che anche io ero un idiota quando al secondo anno non facevo altro che rompere cuori a delle povere donzelle innamorate.»

«Lo fai tuttora,» rispose l’altro. «Ci scommetterei il naso che è per quello che la Signora Grassa ce l’ha con te,» disse Remus, perché tanto il suo naso era imbarazzante comunque, e non sarebbe stata poi una grande perdita se non gli fosse servito per respirare.

Sirius sfoderò la sua dentatura, ma il sorriso si spense ancora prima di arrivare agli occhi.

Il problema era che quell’atmosfera irreale gli faceva venire voglia di dire tante cose, tutte insieme, e molte delle quali discutibili: avrebbe voluto spiegargli come vederlo nella penombra con un maglione orribile addosso, probabilmente quello che Sirius gli aveva macchiato di cioccolato ma che Remus per qualche motivo continuava ad indossare, gli svuotasse la testa. Non che di solito fosse particolarmente piena o cosa, ma Moony aveva lo strano potere di sorprenderlo, sempre. Voleva dirgli così tanto che poi decise di stare zitto.

«Aspetta un attimo, un secondo fa non c’era questa porta, giusto? Quante volte siamo già passati di qui?» domandò Remus avvicinandosi allo stanzino che era sicuro fosse comparso negli ultimi cinque secondi.

«Padfoot, perché questa stanza è piena di uova di Ashwinder?» chiese ancora, nonostante fosse improbabile che Sirius ne sapesse più di lui al momento. Remus superò il gradino che lo separava da decine di vasetti trasparenti, facendo qualche passo per guardarne uno da vicino. Erano tutti pieni di uova biancastre che somigliavano molto alle sfere piene di bagnoschiuma che sua mamma usava per preparargli il bagno quando aveva cinque anni.

«È Silente, te lo dico io. Tiene tutto il personale docente in scacco,» borbottò Sirius, con uno sguardo affranto terribilmente credibile. Quello sgabuzzino era così angusto che Remus sentiva il suo respiro ansimante sul collo. Sembrava un cane.

«Non tenergli il broncio solo perché la McGonagall continua a rifiutare le tue avances, Padfoot.» Remus prese il primo barattolo che gli capitò davanti e poi spostò gli altri in modo da nascondere il misfatto. Fece segno a Sirius di uscire e solo quando si trovarono entrambi fuori si voltò a guardarlo. «Ricordiamoci di questa stanza. Siamo al settimo piano, di fronte all'arazzo di Barnaba il Babbeo bastonato dai Troll.»

«Va bene, ma adesso portiamo questa roba a James, altrimenti sarà lui a bastonarci. Sempre che non sia ancora imploso.»


 


N/A Buongiorno! Innanzitutto, grazie per la lettura. Secondo di tutto, sono stata puntuale nel postare. Credo sia degno di menzione perché è una di quelle cose che succede una volta nella vita. Domani ricomincia la scuola, perciò auguri a chi deve tornarci. Ce la possiamo fare.
Fun fact: i titoli dei capitoli sono tutti tratti da testi dei Placebo. Cosa c’entrano i Placebo con questa storia, direte voi. Ecco, assolutamente nulla. Non mi piacevano nemmeno troppo quando ho cominciato a scrivere la fanfiction, poi sono diventata una sottospecie di fan.
Ah, prima o poi comparirà, questa Amortentia. Chissà cosa sentiranno i nostri baldi eroi. *wink wink* Alla prossima. (:

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Capitolo 3
*** Inside we are Picasso blue | Outside it's Armageddon ***


3. Inside we are Picasso blue | Outside it's Armageddon

Remus storse il naso.

La Stamberga non puzzava nel vero senso della parola, ma l’odore di legno e polvere che con il tempo aveva imparato ad apprezzare era svanito, facendo posto a quello che sentiva ogni martedì nel laboratorio di Pozioni. Nei giorni estivi, quando il vapore del calderone si fondeva con quello della sua camicia sudata e dei capelli di Snape – che qualche volta si avvicinava a lui per pietà e gli aggiustava le dosi che aveva sbagliato di nuovo. Che sbagliava sempre, nonostante misurasse tutto almeno tre volte. Non era solo sgradevole: portava con sé la frustrazione di non riuscire, una sensazione che Remus non conosceva.

«Non vi sembra di sentire lo stesso odore del laboratorio di Lumacorno?»

«Moony, dobbiamo parlare di questa tua completa incapacità nel preparare pozioni. Non credo sia normale. Settimana scorsa hai carbonizzato il calderone?»

«No,» replicò lui stizzito. «Snape ha aggiunto una strana radice deforme prima che potessi far esplodere i sotterranei. Mi piacerebbe pensare che il suo sia stato un gesto di altruismo, ma credo ci tenesse alla sua vita, più che altro. Mi odia.»

«Ti odia perché stai con noi, altrimenti non ne avrebbe alcun motivo. Lui è un idiota e tu sei una persona buona,» mormorò Sirius senza guardarlo. Siccome anche Remus stava sorridendo fissando un punto indistinto del pavimento, l’episodio passò inosservato ai più.

«Prongs, sbrigati e versa quella roba nel calderone.» Peter aveva uno sguardo serio e le guance rosse dall’emozione.

«Non posso. Mi sento sopraffatto dall’indignazione di Remus.»

«Siete sicuri che le dosi siano giuste?» chiese lui, giusto perché Lily Evans con quattro gambe era una visione che si sarebbe volentieri risparmiato.

«Sembra mozzarella, ma James è un genio in Pozioni.» E di certo non poteva essere più difficile che preparare l’intruglio per diventare Animaghi.

«Credo… Credo che sia pronta. Sentite uno strano odore?» chiese Prongs, posando il mestolo ai piedi del calderone fumante.

Per un attimo non ci furono reazioni particolari, ma in pochi secondi il brillio del Malandrino si ripresentò; le pupille di James e Peter che si dilatavano, i loro corpi immobili. La puzza del laboratorio di Pozioni il martedì alla terza ora era scomparsa del tutto.

Quando Remus aveva letto che l’Amortentia aveva un odore differente per ogni persona, non era certo questo quello che s’immaginava: l’Amortentia non aveva semplicemente un aroma, era tante fragranze tutte insieme e tutte perfettamente amalgamate. Non fuse, no, perché ognuna era chiaramente distinguibile.

Sentiva profumo di cioccolato; quello fondente che sua mamma quand’era piccolo gli dava soltanto a Natale, quel cioccolato che aveva portato con sé il primo giorno ad Hogwarts e l’odore gli era rimasto nelle narici, gli era entrato dentro pronto a fargli compagnia se si fosse sentito solo. Cioccolato fondente che per qualche strana associazione sapeva anche di foresta, aria notturna e aghi di pino e menta piperita.

Sentiva mille odori tutti in una volta come se fosse davvero un lupo e basta; la casa di James in cui passavano le vacanze, l’odore dei libri della biblioteca, il profumo di casa sua quando rientrava alla fine dell’anno e sua mamma lo abbracciava con gli occhi lucidi.

C’era un altro aroma che Remus in un primo momento si rifiutò di catalogare: cane bagnato. In quella fragranza inebriante era presente qualcosa di ognuno di loro, ma l’odore di Padfoot era quello che risaltava di più. Remus aveva notato che ultimamente stava diventando tutto “soprattutto Sirius”. Amava stare seduto a leggere in poltrona, soprattutto con Sirius che gli morsicava il maglione. Amava bere Burrobirra nella torre di Astronomia il sabato sera, soprattutto con Sirius che tirava fuori cibo dai posti più strani.

E quello, quello era l’odore di cane bagnato che sentiva quando si risvegliava dolorante sul pavimento della Stamberga, con Sirius avvolto in una coperta al suo fianco; Sirius che una volta aveva fatto finta di niente e in quella coperta c’aveva avvolto anche Remus.

“Va bene così,” gli aveva detto. E andava bene così, davvero, se non fosse che ogni tanto Remus si ritrovava a immaginare quell’odore di cane che si trasformava lentamente nel dopobarba di Sirius, e pensare a quello forse andava un po’ meno bene, come andava un po’ meno bene pensare così tanto in generale, perché anche Padfoot e Prongs erano amici, ma Remus ci avrebbe scommesso un rene che James Potter non stava sentendo odore di cane – o di dopobarba? – in quel momento.

Ma questo non poteva saperlo perché anche adesso, anche adesso Remus stava guardando tutti, ma soprattutto Sirius.

***

«Quindi vado lì e gliela verso nel calice di succo di zucca, no?» James aveva l’aria di chi si ritrova in una fabbrica di crostate dopo averne mangiate quindici fette, la boccetta di Amortentia stretta nel pugno teso come se non ci fosse un domani.

Non era tanto il problema di come avrebbe versato la pozione nel bicchiere di Lily, ma di cosa sarebbe successo dopo. Per quanto tempo, soprattutto, avrebbe potuto usufruire dell’effetto prima di essere beccato da Silente e – nell’ordine – essere espulso dalla scuola; ricevere una Strillettera dai suoi genitori che lo diseredavano; e quindi morire di fame davanti al Paiolo Magico, la bacchetta requisita per sempre. Gli avrebbero davvero requisito la bacchetta? “Sono certo che Lily piangerà la mia morte,” si disse.

«Prongsie, vecchio mio. Il tuo momento è finalmente arrivato. Sono sicuro che non sarà così terribile, anche se non posso assicurare che la tua testa rimarrà sulle spalle ancora per molto. Però guarda il lato positivo, Nick-quasi-senza-testa è un grand’uomo. Parliamo, qualche volta.»

«Sirius, stai blaterando perché sei nervoso.»

«Sta’ zitto, un Black non è mai nervoso.»

«Remus ha ragione,» replicò James, sempre più vicino a una morte per soffocamento.

«Moony ha sempre ragione, ma è acido come una vecchia strega pazza.»

Remus gli tirò una leggera gomitata prima di fare un cenno a Prongs che esalò un ultimo respiro e si avviò verso l’unica testa rossa in fondo al tavolo.

Per non perderla di vista andò a sbattere contro diversi Tassorosso e una Corvonero del secondo anno, ma ormai era una verità universalmente riconosciuta che quando si trattava di Lily Evans non poteva contare sul suo fascino incontrastato. Non se continuava a inciampare ogni volta che si trovava a duecento metri da lei.

«Lily, uhm, posso— posso sedermi qui? Anche un po’ più lontano,» chiese, una nota di speranza ancora viva in lui. «Anche a un altro tavolo.»

«Potter,» rispose lei, come se fosse il nome di una verruca. «In realtà, stavamo giusto parlavamo di te.»

«Be’, è comprensibile.»

James aprì la boccetta con una mano sola, lasciò scivolare il tappo in tasca e avvicinò il bicchiere di succo di zucca di Lily con una tale nonchalance da fare invidia a un Auror. Aveva un talento innato per questo genere di cose, dopo ne avrebbe parlato con Sirius. “Concentrazione,” si disse, mentre una fragranza di fragole e legno di scopa minacciava la buona riuscita della missione.

«Potremmo brindare alla mia indiscussa popolarità con del succo di zucca,» propose James, mentre le ultime gocce di Amortentia si depositavano sul fondo del bicchiere.

«Potremmo non farlo. Suona come una proposta migliore,» rispose lei. «Sgusciare fuori dai dormitori nel bel mezzo della notte non è esattamente qualcosa di cui andare fieri.»

«Cosa?» chiese, poiché nonostante avesse preso in considerazione mille eventualità, non capiva comunque cosa stesse succedendo. E James Potter non si faceva mai cogliere così alla sprovvista.

«Non hai già tormentato abbastanza Severus?»

Lily lo scrutava con uno sguardo indagatore; gli occhi verdi in cui non desiderava altro che perdersi si erano trasformati in una presenza molesta. Una volta terminato il suo esame lei gli fece un cenno con il capo e tutto cominciò ad acquistare un senso: si accorse in quel momento di un ragazzo dall’aria malaticcia che sedeva alle sue spalle, la spilla argento e verde sull’uniforme che non corrispondeva alla Casa del tavolo. Aveva un occhio viola e l’aria arrabbiata. James quasi si strozzò con la sua stessa saliva.

«So che è difficile da credere, ma c’è altro nella mia vita oltre a Snape. Ero troppo occupato a— ero troppo occupato per picchiarlo. Anche se potrei aggiungere un secondo occhio nero. Lily, se lo sta inventando perché non riesce a vivere senza vendicarsi.»

«Sei un bambino,» s’intromise Severus, che era sbucato da chissà dove alle spalle di James. Aveva la divisa macchiata e dello sporco sotto le unghie.

James strabuzzò gli occhi: aveva la divisa macchiata e dello sporco sotto le unghie e un bicchiere colmo fino all’orlo di succo di zucca in mano. E James era certo, certissimo, che fino a poco fa esso si trovasse a pochi centimetri da Lily.

«Perché Snape sta bevendo dal tuo bicchiere?» trovò la forza di chiedere.

«Quello non è il mio bicchiere e comunque non è di questo che stiamo parlando,» continuò lei, avvicinandosi un po’ di più.

«Non è il tuo bicchiere. Non è tuo. Dillo un po’ più lentamente, ti prego. E poi uccidimi con una forchetta.»

Lily lo squadrò e James distolse lo sguardo colpevole. Lily capì. «So che non puoi essere davvero così stupido e non faresti mai nulla di pericoloso come versare sostanze illegali nel succo non-di-Lily-Evans, perciò sappi che sei ancora in tempo per salvarti la vita buttando quella roba.»

«Non capisco cosa tu stia insinuando,» azzardò. Ma il suo tono era più alto di qualche ottava e forse, solo forse, quella del filtro d’amore non era stata una buona idea.

«Jamie caro

«Merda, Lily. Con la forchetta, ti prego.»

La sua carriera da Auror finiva lì e grazie tante.


 


N/A Buongiorno e grazie per essere arrivati fin qui. <3 Ieri stavo studiando ed ero pazza, perciò ho deciso di postare oggi primo ritardo. Bene, direi che Remus finalmente comincia a capire che qualcosa non quadra. Ma, soprattutto, questi debosciati hanno combinato un disastro.
Ah, volevo fare una precisazione: questa storia è molto leggera, ma la scelta non è stata casuale. Il fatto è che, per me, all'interno di Hogwarts si vive in una sorta di bolla. C'è la guerra, sta per scoppiare la guerra, ma il loro problema principale è pur sempre quello di portare i compiti di Pozioni in tempo. Ovviamente vivranno le loro angosce, che non sono da sottovalutare perché Remus è sempre un lupo mannaro, però la sera hanno comunque un piatto strabordante di cibo e vivono in un ambiente incredibilmente suggestivo, perciò non mi sembra strano che non si rendano conto di quello che succeda davvero. E per certi versi è anche giusto così. Visto tutto ciò che li aspetta, sarebbe crudele strappare loro l’innocenza proprio mentre sono ancora a scuola. C’è una citazione, che mi sembra appropriata: “Ogni volta che li vedi felici, ti ricordi di quanto tristi diventeranno dopo. E ti spezza il cuore, perché che senso ha che siano felici adesso se dopo non lo saranno più? La risposta è, ovviamente, che dopo non lo saranno più.”
E poi, sì, mi piace scrivere fluff. *fugge* Alla prossima!

 

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Capitolo 4
*** Don't worry, baby | It's just the end of the world ***


4. Don’t worry, baby | it’s just the end of the world

«Porca puttana, non riesco a crederci.» Lily era furiosa. James si allontanò di qualche passo, intimorito. «Gli hai messo dell’Amortentia nel succo, Potter!» gridò, nei limiti del possibile, spostando una ciocca di capelli dietro le orecchie.

«James, i tuoi occhi sono così verdi. Sembrano un prato, ecco cosa sembrano. Sarò l’argento del tuo verde,» la interruppe Snape, con una voce che era forse il suono più lontano dal solito monotono nasale che James avesse mai sentito.

«Sta’ zitto.» Lo sguardo omicida della ragazza immobilizzò i due, che si guardarono con tenerezza e orrore, rispettivamente. «Cosa facciamo? Avrete pensato ad una dannatissima alternativa? Non mi dire che eravate davvero così convinti che avrebbe funzionato?»

James aveva bisogno di pensare, e la condizione fondamentale per far sì che il suo desiderio si avverasse era che Lily Evans smettesse di agitarsi. Cosa che, realizzò con rammarico, non sarebbe successa in tempi brevi. «Dobbiamo andare a cercare Remus,» concluse.

«E portare Severus lontano dalla Sala Grande. Non riesco a crederci.»

«Io e questo bonbon al cioccolato saremo finalmente soli?» chiese lui, tentando di acciuffare la mano che James ritrasse con i riflessi di un Cercatore, nascondendola dietro la schiena.

«Certo, Severus. Per tutto il tempo che vuoi. Però devi proprio seguirci, sai che James si vergogna.» Lily lo scortò cautamente in direzione delle scale, sorridendo a chiunque avesse l’ardire di studiare quello strano terzetto.

Erano appena riusciti a trascinare Severus in un angolo buio del pianerottolo, quando una voce proveniente da uno dei corridoi li costrinse a interrompersi ancora. Prima di girarsi si presero qualche secondo per ricomporsi: sorrisi e finta calma stampati in faccia davano loro un’aria felice, seppur gli occhi tradivano una certa nota omicida.

«James?» domandò un ragazzo con le gote rosate ed un foglio spiegazzato in mano. Peter aveva l’aria di aver appena corso diversi chilometri.

«Wormtail, amico mio. Non è esattamente un buon momento, questo.»

Peter si fermò di fronte a loro e, posando lo sguardo su ognuno dei presenti, concluse che quello non era davvero un buon momento. Ma James dopotutto era un suo amico e anche lui aveva assistito a tanti suoi non buoni momenti – come quando lui e Sirius avevano deciso di fare quello strano incantesimo alle lenzuola – perciò era prevedibile che cercasse comunque di aiutarlo. «Immagino che l'idea della pozione non abbia funzionato? Lily non ha l'aria innamorata.»

«No, Peter. Non ho l'aria innamorata.»

«E dal modo in cui Snape cerca di accarezzarti i capelli direi che è abbastanza chiaro perché.» Peter tentò malamente di nascondere una risata. James, invece, tentò malamente di nascondere Snape.

«Se non hai una buona idea non startene lì in mezzo, Pettigrew.»

«Ficcategli un bezoar in gola, no?»

***

Sirius aveva perso di vista James ormai da diverse ore. Con una scrollata di spalle attribuì la colpa all’Amortentia. Ad ogni modo, l’ultima cosa che desiderava era disturbare il suo migliore amico nella sofferta arte del corteggiamento – per la sanità di entrambi.

Non mi rimane altra scelta che festeggiare da solo,” si rassegnò.

***

Moony aveva capito che per le successive tre ore era indispensabile raggiungere il posto più isolato del castello con un libro abbastanza grande da poter essere usato come arma e, in sostanza, nascondersi lì. Non è che non si fidasse dei suoi amici, solo che – secondo regole non scritte stabilite da un James Potter dodicenne e allampanato – Remus non prendeva mai parti attive nei piani dei Malandrini. Lui, più che altro, si assicurava che non perdessero qualche arto nel tentativo di rendere la vita di Gazza un mezzo inferno.

E Remus sapeva che quella del filtro d’amore era una pessima idea. Non aveva ancora ben chiaro cosa sarebbe successo a Lily, ma qualsiasi alternativa decidesse di analizzare non faceva altro che confermare il suo piano: leggere in solitudine ignorando il mondo esterno andava più che bene.

La Torre di Astronomia non era disponibile, scoprì con imbarazzo. I due Grifondoro che la occupavano, di cui non aveva visto le facce ma era quasi sicuro fossero del settimo anno, erano così avvinghiati da non accorgersi nemmeno di un Remus Lupin balbettante e imbarazzato che si allontanò al più presto verso la sua seconda opzione.

Aveva trovato l’apertura del Tunnel qualche mese prima: James e Sirius erano impegnati in qualcosa che coinvolgeva carote e le lenzuola di Peter, qualcosa di cui Remus non voleva saperne assolutamente nulla, ed esplorare il castello gli era sembrata una buona idea. Il Tunnel si trovava dietro una statua, in una posizione piuttosto evidente per chi lo stesse cercando: non molte persone, doveva ammettere.

Il problema era che ogni qualvolta Remus Lupin desiderava essere lasciato solo, egli veniva prontamente interrotto da un Sirius Black di passaggio.

«Remus? Remus, quello è il tuo naso, vero?» domandò qualcuno, l’ombra sul muro di pietra ingigantita e deformata. «Moony, mi sono addormentato in un cazzo di passaggio di—Insomma, non potete lasciarmi da solo. Tu e James siete perfidi.»

«Padfoot?» chiese Remus, a metà fra il nervoso e il sorpreso. «Non mi dire che hai di nuovo rubato il Whiskey Incendiario dalle cucine. Ne abbiamo parlato: niente alcol nei dormitori.»

«Sono sveglio da – credo – dieci minuti, ma permettimi di ricordarti che non siamo nella Sala Comune, bensì in una specie di tunnel buio e puzzolente. Oltretutto, le tue priorità mi preoccupano. Hai notato prima la bottiglia di me.» Nonostante lo spazio limitato, Sirius cercò di stiracchiarsi lasciando un po’ di posto per Remus, che si accucciò con il libro incastrato fra le ginocchia e la pancia.

«Cercavo di scappare dal pericolo,» spiegò lui. «Ho trovato questo tunnel qualche mese fa mentre tu e James combinavate un disastro con delle— credo fossero carote? Sai cosa non sarebbe male? Disegnare una mappa di Hogwarts. Certo, si prospetta come un lavoro immenso e verremmo mangiati dai ragni prima di poter capire com’è fatto il castello, ma non sarebbe una brutta idea considerando—»

Sirius gli mise due dita sulle labbra e Remus si zittì all’improvviso, la bocca ancora aperta.

«Moony, mi sono appena svegliato e credo di essere leggermente ubriaco. No.» Sirius si passò una mano fra i capelli e lo fissò con uno sguardo tanto scocciato quanto divertito.

Remus ci aveva provato. Aveva sigillato ogni singolo episodio strano e imbarazzante in una scatola della sua mente, li aveva seppelliti in un angolo e lasciati a marcire. Funzionava, funzionava tutto alla perfezione. Solo che non capiva perché ogni volta che Sirius lo toccava le scatole si riaprivano di colpo disseminando sensazioni inadeguate, e non era poi tanto facile mantenere il controllo di qualcosa che non riusciva nemmeno a definire.

«Dovresti dirlo ad alta voce, quello che stai pensando. Qualche volta aiuta.»

«Il passo successivo è non pensare affatto?» chiese, sardonico. Prima che il silenzio riempisse ogni angolo del vecchio cunicolo l’altro si lasciò sfuggire una risata. Remus accarezzò il dorso ruvido del libro e chiuse gli occhi.

«L’Amortentia a un certo punto aveva questo odore.»

«Di muffa e Whiskey Incendiario?» E poi, vagamente preoccupato, «Moony, sei sicuro di stare bene?» Sirius lo osservò confuso, gli occhi scuri che sembravano brillare al buio.

Remus non era sicuro di stare bene, in effetti. Da qualche parte nel mondo qualcuno doveva aver estimato il limite massimo di salivazione e, qualunque fosse, lui lo stava superando.

«Non di muffa e di Whiskey Incendiario. Sapeva di te, Sirius.» E poi ancora, «So di avere appena combinato un disastro, ma per sentire odore di cane la situazione dev’essere già abbastanza grave, credimi.»

Avrebbe voluto iniziare a parlare di scatole e dopobarba e quella volta della coperta per mettere in chiaro come non fosse impazzito da un giorno all’altro, ma non aveva la minima idea di dove cominciare. E, soprattutto, fin dove fermarsi. Remus si alzò dal suo cantuccio, le impronte di sudore che cominciavano a svanire dalla costa del libro.

«No,» rispose l'altro. Che era un po' strano, visto che Remus non aveva chiesto niente. Sirius lo tirò per la manica sbrindellata del maglione, costringendolo a ritornare seduto dov'era prima. Solo un po' più vicino. Prese un respiro profondo e il brillio del Malandrino si fece di nuovo strada sul suo volto, per poi essere rimpiazzato da qualcosa di più profondo e forse un po' più triste. Remus stava ancora cercando di identificare quell'istante, catalogarlo, ma rinunciò a qualunque iniziativa non appena Sirius lo baciò.

C'era qualcosa in quel contatto bollente – qualcosa che aveva a che fare con Sirius e il modo con cui stava giocherellando con il colletto della sua camicia, sfiorandogli la pelle del collo, – che gli stava distruggendo il cervello. Era qualcosa che bruciava in gola, che sapeva di alcol e di dolce e un po’ anche di risentimento.

Remus allungò le braccia sopra la testa di Sirius e premette i palmi contro il muro di pietra alle sue spalle, spingendoli un po' più vicini. Lui stava sorridendo, lo sentiva sulle sue labbra anche senza dover aprire gli occhi. Mugugnò qualcosa, ma Remus non aveva la minima intenzione di stare ad ascoltare, perciò riprese a baciarlo, un po’ più piano.

«Forse dovremmo—»

«Sì, andiamo a salvare la vita al povero Prongs. Possiamo, be’, possiamo dimenticare questo strano inconveniente e fare finta di nulla. Non che, insomma.» Sirius giocherellava con il nodo allentato della sua cravatta fissando un punto indistinto della clavicola di Remus. Non che gli fosse dispiaciuto. Non che non fosse qualcosa a cui stava pensando da mesi.

«James.»

«James, certo,» rispose lui sollevato.

Remus agitò la bacchetta e aspettò che la porta del cunicolo si spalancò. Appena i suoi occhi si adattarono di nuovo alla luce, si spostò verso il muro per lasciare uscire Sirius. Lui fece un passo avanti e poi si fermò, un sorriso sfacciato mezzo illuminato sul volto.

«Moony, non ci pensare neanche,» cominciò. Remus lo fissò, confuso. «Non passerai le prossime ore di Storia della Magia a chiederti cosa sia successo, a cosa sia dovuto, e soprattutto perché. Mi costringeresti a soffocarti nel sonno con un cuscino e a nascondere il tuo corpo sotto il letto di Peter. Immagina la sua faccia disperata, non capire da dove venga la puzza. Ci tieni all’igiene di Peter? A non vedermi in prigione con l’accusa di omicidio?» Sirius fece intendere che non era richiesta alcuna risposta. «E allora niente ragionamenti contorti.»

«Sai di cosa dovremmo parlare, invece? Del tuo constante bisogno di manipolare le mie reazioni.» Ma Remus sorrideva, le orecchie ancora rosse.



 


N/A Buonasera, e grazie come al solito della lettura. ♥(ノ´∀`)Quindi, ricapitolando: abbiamo una Lily abbastanza arrabbiata, un Peter con la sensibilità sotto ai piedi, e il povero James che vorrebbe buttarsi sotto un treno. E poi Sirius e Remus che fanno cose senza pensare alle conseguenze, ma forse è meglio così. Tra l'altro, sono in ritardo anche questa volta – non riesco a crederci. Questo sia perché continuo ad addormentarmi in giro, sia perché non si è mai completamente sicuri del proprio lavoro. In realtà sono io che non so sistemare l'HTML in tempi normali, diciamocelo. Tra l’altro, devo ancora decidere se postare l’epilogo a parte o no, ma il prossimo sarà l’ultimo capitolo. (: Non è che qualcuno ha una Giratempo da prestarmi?

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Capitolo 5
*** We magnetize my moral compass ***


5. We magnetize my moral compass

«Quella cosa là in fondo somiglia all'appendice nasale di Mocciosus. Quindi, o mi sto confondendo con il pomello di una porta, oppure li abbiamo trovati. James ha la faccia strana.»

James-con-la-faccia-strana trascinò Severus verso di loro. «Abbiamo bisogno di un bezoar,» disse indicandolo con un dito come se tutto avesse un senso. E poi, giusto per sicurezza, «Funziona con un bezoar, vero?» Peter al suo fianco strinse il foglio spiegazzato ancora più forte, la realizzazione che pian piano si faceva strada sul volto di tutti.

«Lily, è un piacere vederti,» salutò Remus con un sospiro. Lily, ancora perfettamente in sé.

Tempo fa Moony decise che per nulla mondo avrebbe detto le tre parole che nessuno vorrebbe mai sentirsi dire una volta combinato un disastro. Ma sono lì, sulla punta della lingua, e tentano di sgusciare fuori contro la sua volontà come serpenti. Le sue labbra stanno prendendo la forma giusta, sente già il suono bloccato in gola. “Ve l'avevo detto,” è scritto a caratteri cubitali sulla lavagna della sua mente; la mano strategicamente posizionata davanti al viso, casomai dovesse essere visibile anche dall’esterno.

«A voi due invece cosa è successo? Siete scomparsi all'improvviso. Traditori, non riesco a credere che mentre Snape cercava di impiastricciarmi la faccia con la sua saliva voi non eravate con me.»

«Per goderci lo spettacolo?» borbottò Sirius, ancora piegato in due dalle risate. E poi, vagamente imbarazzato. «Moony aveva—

«Un problema. Sicuramente meno grave del tuo. Tutto risolto.» Remus sentì la mano di Sirius scaldargli la spalla. James gli lanciò un'occhiataccia. «Comunque,» continuò schiarendosi la voce. «Un bezoar funziona come antidoto contro molti veleni, perciò credo che anche nel caso di Snape vada più che bene. Peter ha avuto una bella trovata.»

«Allora andiamo a cercarlo nel laboratorio di Pozioni. Quella roba credo sia abbastanza rara. Si trova dentro le pecore, giusto? Cristo, Potter. Questo disastro è l’ennesima dimostrazione del perché non voglio uscire con te.» Lily parlava con voce forte, la coda di cavallo ormai disfatta e la fronte corrugata. James pensò che era bellissima, che non avrebbe mai trovato le parole giuste per dirglielo.

«Senti,» ricominciò lei dopo qualche minuto di silenzio. «Mi assicuri di non avere davvero picchiato Severus?» Lei e James camminavano ai lati di Snape, mentre Peter trotterellava a qualche metro di distanza.

James dovette mettercela tutta per non fermarsi all'improvviso e lasciar scivolare a terra il peso morto che stava trasportando. «Non farei mai una cosa del genere, sono un idiota e l'idea della pozione è la prova materiale che l'unico motivo per cui mi hanno affibbiato un cervello era di non far impolverare la testa, ma ti assicuro che non ho ridotto io Snape così.»

«Lo sapevo, sai?»

«Che non ho picchiato Snape?»

«No, che sei un idiota,» rispose lei con un sorriso. Ed era proprio quel sorriso a tradirla, la prova che dopotutto anche Lily come tutti loro aveva bisogno di avventure per sentirsi viva.

Lei si girò verso Peter, e James colse l’occasione per studiare il volto di Snape senza essere visto. Era strano trovarselo così vicino al suo viso, senza la solita distanza e l'odio per la maggior parte immotivato che solitamente li divideva. Gli occhi scuri lo guardavano con aria amorevole, l’area violacea a sinistra del naso che ancora non accennava a sgonfiarsi.

«Cucciolotto, ti piace guardarmi?» chiese lui con tono affettato. James aveva la nausea. Doveva trovare quel bezoar il più presto possibile.

***

James tirò un sospiro di sollievo.

Remus aveva acconsentito a cercare degli incantesimi appropriati che li avrebbero aiutati a minimizzare il rischio che Snape scoprisse troppo sulla Stamberga, mentre Peter l’aveva nascosto da qualche parte. Trascinato, più che altro.

«In qualche modo finisce sempre così,» borbottò, più a sé stesso che a Sirius.

«Non abbiamo mai rubato bezoar.» Ci pensò un attimo e poi rettificò, «Almeno non da sobri.»

James aveva lo sguardo altrove, in cerca della porta giusta. «Sai cosa intendo.»

«Purtroppo lo so. Te lo dico una volta per tutte in veste di migliore amico più bello e intelligente. Lasciala perdere, bisogna accettare la sconfitta. E poi è violenta, Prongs.»

«È difficile da spiegare, ma non posso rinunciare a Lily. Non posso, sento che siamo destinati a stare insieme, che c’è qualcosa fra di noi che cambierà le cose. O forse non c’è ancora, ed è quello il problema.»

«Stronzate,» disse Sirius con una scrollata di spalle.

«Non credere che non mi renda conto di aver combinato un casino. Che non mi renda conto di aver esagerato, una volta di troppo.» James strinse i pugni, le nocche bianche. Non era quello che Sirius voleva sentirsi dire, ma lo disse lo stesso.

C’era una grande differenza fra loro, e James sapeva che ciò che innervosiva Padfoot non era affatto doversi assumersi le proprie responsabilità, visto che lui stesso ne era incapace. Sirius agiva d’istinto, non temeva le conseguenze perché non ci pensava nemmeno. Il problema era che James, ancora una volta, aveva dimostrato di tenere a Lily Evans un po’ troppo – di essere fedele. E Sirius la fedeltà la voleva tutta per sé.

Entrambi continuarono a camminare evitando gli studenti che uscivano dal laboratorio, i volti stravolti e i vestiti bruciacchiati. James richiuse la porta alle sue spalle, il lucchetto che scattava ad accompagnare i suoi pensieri. Non si erano nemmeno accorti di essere già arrivati.

«Quando sarai innamorato anche tu forse capirai che non sto tradendo nessuno.»

Sirius rise, perché non dire nulla era la cosa più facile. Dopo qualche secondo aggiunse, «Lo apri tu o lo apro io?»

James tirò fuori la bacchetta e cominciò a tentare una serie di incantesimi per far saltare la serratura della dispensa. Non era chiusa bene, probabilmente perché qualcuno degli studenti appena usciti non vi aveva prestato attenzione, perciò non impiegarono più di un quarto d’ora. L’armadietto delle scorte sapeva un po’ di legno marcio e un po’ di frutti di bosco; gli alambicchi erano ordinati per colore e forma, e una targhetta di ottone sotto di ognuno ne elencava gli ingredienti. Sopra le fiale giacevano i libri che Sirius e James prendevano in prestito ogni volta che il loro rimaneva sul fondo del baule. Era strano vederli in quel contesto, mentre infrangevano una regola dopo l’altra.

«Guarda quella cosa bitorzoluta. Sembra una cacca, ma sono quasi sicuro sia il nostro uomo. Prongs, mi dispiace dirtelo, ma non toccherò nulla che si trovasse precedentemente all’interno di ruminanti.»

«Devo portarlo fino alla Stamberga?» chiese James inorridito.

«Devi ficcarlo in bocca a Piton, che credo sia una prova ben più dura.»

James gli lanciò uno sguardo poco convinto, e poi duplicò il bezoar. Lasciò la copia al suo posto e nascose l’altra fra la camicia e i pantaloni, cercando di non pensare a pezzi di pecora che entravano in contatto con la sua pelle. Riaprì la serratura e poi uscirono non appena il corridoio fu libero.

«Me lo diresti, vero?» sbottò James, una volta arrivati al passaggio per la Stamberga.

«Non sono esattamente il tipo che si trattiene—

«È proprio per questo che è strano.»

«Credo che il bezoar stia avendo strani effetti su di te, Prongs. Forse posso portarlo io. Non voglio essere circondato da pazzi ancora per molto.»

James scacciò i pensieri molesti con una scollata di spalle. «Colpa tua,» affermò, tendendo l’oggetto deforme come fosse una cosa morta, uno sguardo subdolo stampato in viso.

***

Lily aspettava appoggiata ad una colonna, libri stretti al petto e labbra contratte. Quando i due ragazzi si furono avvicinati abbastanza, spiegò loro gli ultimi avvenimenti.

«Eccovi, finalmente. Remus ha trovato qualcosa di interessante. Non sono incantesimi al nostro livello ma, mi dispiace ammetterlo, James riuscirà ad eseguirli comunque. Potremo immobilizzarlo e riportarlo dagli altri Serpeverde senza problemi.»

«Gli hai appena fatto un complimento?» chiese Sirius, lanciando un’occhiata ambivalente a Lily.

«Era un commento oggettivo. Ora, posso scambiare due parole con lui? Poi vi lascio andare, ne ho avuto abbastanza di voi Malandrini e grazie tante.»

Sirius si passò una mano fra i capelli, lanciò un’occhiata confusa ad un altrettanto confuso James e poi si fece indietro, improvvisamente interessato alla serie di armature arrugginite che li circondavano. Lily aspetto che Sirius fosse abbastanza lontano e poi cominciò quello che doveva essere un discorso già preparato.

«Voglio, voglio essere onesta con te. Tu non mi piaci, e non lo dico per essere tallonata da un Grifondoro voglioso e dai suoi amici all’infinito. Lo dico perché sei un egoista e, al contrario di te, Snape non lo è. So che da qualche parte nella tua testa puoi trovare gli strumenti giusti per capirlo. Sto cercando di dirti che puoi cambiare, Potter. Puoi cambiare, ma per farlo devi renderti conto di quello che sei adesso.» Fede un bel respiro e poi continuò, «Finita questa storia portate Severus in infermeria e poi cerca di scoprire chi l’ha conciato così, per favore. Sarò buona e non dirò nulla a chi di dovere.»

Lily fece due passi all’indietro e sorrise. Senza aggiungere altro si voltò verso i dormitori femminili, i libri ancora nella stessa posizione di quando l’avevano incontrata. James non aveva parole, non aveva nemmeno pensieri. Sentì solo qualcosa dentro di lui andare in pezzi. E un rancore nei confronti di Lily che pian piano si faceva strada nel suo corpo paralizzato. Rancore, o voglia di smentirla. Ancora non ne era sicuro.

***

«Grazie al cielo siete arrivati. Cominciavo a credere che sarei dovuto rimanere qui per il resto della mia vita, mentre Snape tenta di aggredire chiunque pronunci il nome di James.» All’improvviso un urlo estatico ricordò loro perché si trovassero lì invece che a Trasfigurazione con i Tassorosso. «Per l’appunto.»

Remus aveva i capelli spettinati e una macchia di cioccolato sul mento, l’unica prova che testimoniasse quanto ne avesse effettivamente mangiato quel pomeriggio – insieme ai brufoli che gli sarebbero spuntati nei giorni successivi.

«Ha tentato di—

«Peter è in catalessi da quanto Severus gli è caduto addosso e ha deciso che la sua pancia era troppo comoda per spostarsi. Insomma, avete questo bezoar, o no?»

«E quindi, Wormtail, come ti senti ad avere tutta questa intimità con un ragazzo?» chiese Sirius facendogli l’occhiolino e tirandogli una pacca sulla spalla. Peter tentò di nascondersi sotto terra, l’espressione da topo che tradiva i suoi istinti.

«Dovresti saperlo,» borbottò Remus senza pensarci, un po’ troppo ad alta voce. Sirius si bloccò all’improvviso e James rimase in silenzio un secondo in più del necessario e poi Remus si rese conto di ciò che aveva detto e deglutì per evitare di strozzarsi. «Insomma, viviamo in un dormitorio maschile, dovremmo saperlo tutti. Tutto ciò non ha senso. James, Lily è andata via prima che entrassimo nella Stamberga. Ha detto che voleva dimenticarsi di questa storia, e della tua faccia, il primo possibile.»

«Sì, l’ho incontrata. E mi ha più o meno ripetuto che mi odierà per il resto della vita. Sistemiamo questa cosa e andiamo a mangiare, vi prego.»

Remus porse la mano, pronto ad infilare in un modo o nell’altro le interiora di pecora nella gola di Snape. Chiuse gli occhi cercando di non fare caso a quello che faceva, ma dovette riaprirli non appena si rese conto della schiuma e della saliva che gli stavano, in tutta sincerità, insozzando il suo maglione preferito.

Dopo qualche secondo Snape smise di sbavare, ebbe uno spasmo e poi non si mosse più. Sirius e James protesero la testa a debita distanza, in cerca di segnali.

 «Potter,» gracchiò poi una voce inconfondibile ancora roca per lo sforzo. Melliflua, somigliava in modo terrificante al sibilo di un serpente. «Scommetto che è tutta colpa tua. Ah, quello è Black?»

«Prongs. Prongs, fa’ quello che devi fare, maledizione.»

James borbottò un incantesimo sottovoce e seguì i movimenti lenti di Severus Snape che, senza preavviso, scivolo incosciente per la seconda volta. Il tonfo del suo corpo sul legno li fece sobbalzare appena.

«Dite che è perché la capra fa schifo, oppure ce l’abbiamo fatta?» mormorò Remus.

«Moony, per favore. È morto, l’abbiamo ucciso.»

«Si muove?»

«Toccalo con la bacchetta, Peter.»

«Non— Non voglio avvicinarmi troppo. Credo sia pericoloso.»

«Hai portato il Mantello? Ecco, nascondetelo sotto, così.»

«Voglio dormire per mille anni.»

 


6. Epilogo: No alarms and no surprises

“Find a thread to pull and we can watch it unravel
But this is just the start / We'll find out who we are.”

 

C’era qualcosa di disarmante nella quotidianità del castello; si nascondeva nei piccoli gesti, quelli ripetuti e ormai spontanei a cui non si pensa nemmeno. Per Remus il segreto stava nella consapevolezza di un futuro imminente, ma ancora lontano. Stava nel poterci riflettere solo qualche minuto, su quella consapevolezza. Sul divano, senza preoccupazioni, come se non fosse davvero importante.

«Vedo del fumo,» lo interruppe Sirius. «Un penny per i tuoi pensieri?»

«Credo sia la pergamena di James, in realtà.»

Sirius gli tirò una pacca leggera sulla spalla. Anche lui, come Remus, stava aspettando di vedere James che fissava il foglio con sguardo vacuo da diverse ore afferrare la piuma e cominciare a scrivere il suo tema. Ormai era diventata una questione di principio.

«Credi che ci senta?» chiese Sirius grattandosi il naso. Ma James non accennava a muoversi.

«Ne dubito, io gliel’avevo detto che non sarebbe riuscito a finire quella ricerca in un pomeriggio.»

E poi, ancora più sottovoce, «Credi che ci veda?»

Remus sorrise. «Sirius, ne abbiamo parlato.»

E ne avevano parlato, davvero. Per qualche secondo, durante una lezione di Storia della Magia in cui tutti i presenti eccetto loro sembravano essere assorti in un peculiare torpore. Sirius aveva detto, “Dovremmo? Sai, gli altri—” E Remus aveva risposto, “Assolutamente no.” E poi erano rimasti immobili per un po’, continuando quella conversazione con gli occhi.

Remus tentò di aprire la bocca per chiarire il suo punto di vista, ma James sollevò la testa di scatto. Ebbe un momento di lucidità in cui si guardò attorno confuso, per poi decidere di spostare piuma e calamaio a lato e abbandonarsi a una vera dormita. Sorrideva leggermente, le sopracciglia aggrottate.

Sirius, che all’improvviso sembrò dimenticarsi di tutto il resto, si alzò di scatto come in preda ad un’epifania, prese la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni e cominciò a scarabocchiargli la faccia. Peter trattenne il fiato per non ridere, il suo volto tinto di una strana sfumatura di rosso.

Remus invece scosse la testa rassegnato ed esalò un sospiro, allungando i piedi per occupare anche il posto che fino a qualche minuto fa Sirius aveva scaldato. Era quasi ora di cena e James ci avrebbe impiegato ore a togliersi quella roba.

«Si vendicherà, non è vero?» chiese Peter.

«Purtroppo è proprio questo il punto.»

«Oh, insomma,» cominciò Sirius. «Non credo ci sia bisogno di elencare tutti i disastri in cui siamo finiti per colpa di questo Malandrino, a cominciare da Severus Snape che ci trotterella alle calcagna. Impiastricciargli la faccia non la considero nemmeno una punizione adeguata.»

Remus chiuse il libro. Aveva cominciato a rileggere la stessa frase senza capire, segno che ormai sarebbe dovuto fuggire in biblioteca, o rinunciare. «Padfoot, guarda che l’idea dell’Amortentia è venuta a te.»

«No,» rispose lui. Ci ripensò un attimo e dopo aver lanciato un’occhiata a Peter – che, mani avanti, aveva deciso di tenersi fuori dal conflitto – aggiunse, «Va bene, forse sì.»

«Puoi dirlo, che tu gliel’avevi detto. Si vede che muori dalla voglia.»

Sirius si allontanò in punta di piedi da James e riprese il suo posto sul divano, senza preoccuparsi di spostare Remus. «Moony me l’aveva detto, ma la verità è che non gli dispiace per niente.»

«Lo sai che se mi dispiacesse non sarei qui,» rispose. E Remus per ovvi motivi non poteva vedersi in faccia, altrimenti avrebbe notato il brillio di sempre, quello che a fine giornata riaccendeva i loro entusiasmi; quello che non brillava mai come Padfoot, ma lui non era mica una stella. Quello che, dopotutto, era il collante fra lui e Sirius.

Sirius, che forse sapeva anche più di quanto non si rendesse conto, che cercava un contatto persino adesso, perché lui aveva bisogno di calore – sempre e comunque. Aveva bisogno di sentire Remus e avere la certezza che fosse ancora lì, sorriso stanco e vestiti sgualciti inclusi.

Prima o poi forse avrebbero affrontato il discorso, avrebbero parlato del futuro e dei cambiamenti – in loro, e negli altri – che li avrebbero pian piano resi più disillusi, più esperti. Prima o poi, perché adesso non erano ancora pronti.

Ma loro, dopotutto, avevano davvero tutto il tempo del mondo.


 


N/A Ed eccoci arrivati alla fine – con una settimana di ritardo ma tralasciamo. Questa è stata la prima long che ho scritto e anche se non è poi tanto long perché il font gigante inganna, inevitabilmente mi ci sono affezionata. Mi sono affezionata ai Malandrini e al loro modo di prendere con leggerezza le cose; loro, che sono praticamente il carpe diem fatto persona. Remus e Sirius non si sono proprio chiariti, così come James non si capisce bene cosa abbia per la testa e se Lily voglia staccargliela o meno. È stata una scelta voluta, perché come finiscono questi quattro lo sappiamo tutti, ma rimane sempre un po' di what if che ognuno può interpretare come meglio crede. Okay, adoro i finali aperti. Non mi ricordo se l'ho già detto da qualche parte o no, ma questa fanfiction è stata influenzata alla grande da una bellissima cosa chiamata The Shoebox Project. Se non sapete cos'è, beati voi: passerete le prossime settimane a leggerla in preda a una crisi mistica. Detto questo, ringrazio tutti coloro che hanno letto/preferito/seguito Succo di Zucca, in particolare chi ha lasciato una traccia. Mi avete fatto davvero sorridere. (: Alla prossima!

P.S: La canzone dell’epilogo è Thread, dei Now Now.

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