Paint It Black

di Nimel17
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologue: in the middle of the night ***
Capitolo 2: *** In the middle of winter ***
Capitolo 3: *** 3. In the middle of magic ***



Capitolo 1
*** Prologue: in the middle of the night ***







 
Titolo: Paint it black
Autore: Nimel17
Colori e prompts scelti: - nero 5: notte
                                        - bianco 3: inverno
                                        - giallo 5: magia
Fandom: crossover tra Frozen e Le Cinque Leggende
Introduzione: Cosa porta l’Uomo Nero ad Arendelle? E se avesse incontrato un’altra persona, 
                      prima di Jack Frost, con i poteri del ghiaccio?
Personaggi: Pitch Black/ Elsa (pairing)
Rating: Giallo
Generi: Introspettivo/Romantico
Avvertimenti: Nessuno
Note (opzionali): AU, Crossover, What if?
 
 
 
PROLOGO
 
Falling in the black
Slipping through the cracks
Falling to depths can I ever go back
 
You were my source of strength
I’ve traded everything
That I love for this one thing
 
Elsa
 
La piccola Elsa si svegliò all’improvviso. Aveva la sensazione che qualcosa fosse vicinissimo a lei, le sembrava di sentire un soffio gelido sfiorarle la guancia e i capelli.
Tenne gli occhi ben chiusi.
Se tu non puoi vederlo, lui non può vedere te.
La finestra che sbatté violentemente la fece sobbalzare, ma la rassicurò al tempo stesso.
Che sciocchina, si era spaventata per niente. L’aveva svegliata il vento gelido.
Si decise a sollevare le palpebre, un poco alla volta, e scese dall’alto letto rallentando la discesa aggrappandosi alla coperta di velluto. Era così buio che la sola luce nella stanza era un riverbero della luna, ma Elsa ci era abituata e talvolta le sembrava persino che l’oscurità la consolasse quando sentiva la mancanza dei suoi genitori e di Anna.
Erano già passati due anni dall’incidente con i suoi poteri, da quando era stata esiliata e tenuta chiusa nella sua camera. Sapeva, naturalmente, che era per il bene suo e della sorellina, ma non poteva fare a meno di sentirsi tradita.
Non era colpa sua se poteva far nevicare e creare splendide sculture di ghiaccio con piccoli gesti delle mani, non aveva chiesto lei di possedere la magia.
E aveva tentato di avvisare Anna quella notte…
Salì sulla sedia e chiuse la finestra, soffermandosi per un momento a guardare il paesaggio notturno. La luna era piena e molto grande quella notte, dominante nel cielo privo di stelle. Ad Elsa piaceva la leggenda che le raccontava il padre sull’Uomo nella Luna, che nominava dei Guardiani per le diverse stagioni e festività umane. Era importante, le aveva spiegato il re, credere in loro per mantenerli in vita e rispettare l’equilibrio dell’Universo.
I raggi lunari sfioravano la superficie del mare di Arendelle, che in quel momento alla principessa ricordava moltissimo dell’inchiostro versato sulla carta bianca. Il ghiaccio era il solo contrasto rispetto a quell’acqua scura, come in lontananza la vetta innevata della montagna del Nord era l’unica cosa che interrompeva, oltre alla luna, il blu quasi nero del cielo.
Elsa strizzò gli occhi e cercò di sollevarsi di più in punta di piedi. Aveva creduto, per un attimo, di vedere dei cavalli correre per le strade del villaggio, destrieri neri più grandi e diversi da quelli che c’erano nelle stalle reali, ma ora non era più in grado di scorgerli… doveva esserseli immaginati per forza, non era possibile che si fossero dissolti nell’ombra.
Sentendosi le gambe indolenzite per essere stata troppo tempo sulle punte, tornò a letto e si raggomitolò sotto le coperte. Era ritornata la sensazione di panico con cui si era destata, le orecchie risuonavano di nitriti inesistenti, le mani stringevano il lenzuolo come se lei stesse per cadere e quello fosse l’unico appoggio.
Già uno sottile strato di ghiaccio si stava espandendo sulla coperta.
Calma, devi stare calma, nascondi i tuoi sentimenti, cerca di non avere paura, non rivelare il tuo segreto.
Provò a pensare a cose positive. Cioccolata. Le piaceva tanto mangiarla con…
Anna.
Elsa si sentì invadere dalla nostalgia. Era sempre più difficile respingere la sorella quando veniva a bussare alla sua porta, con la consapevolezza che non avrebbe mai potuto dirle la verità. Una parte di lei, la parte più egoista e infantile, desiderò che i troll non le avessero cancellato la memoria.
Desiderò aver rimandato Anna a letto, quella fatidica notte, invece di portarla a giocare con i suoi poteri.
Si raggomitolò stringendosi le ginocchia al petto, gli occhi serrati per non lasciare uscire le lacrime che già spingevano contro le ciglia.
Le mancavano il calore e l’amore che la madre e il padre le riservavano quando aveva l’età di Anna, non voleva stare da sola, confinata nella sua camera fino a quando fosse giunto il momento di regnare. Voleva tornare a giocare libera, ma soprattutto… voleva dimenticare lo sguardo di orrore e paura con cui l’avevano guardata i suoi genitori soccorrendo la sorellina.
Si asciugò le lacrime, conscia che il letto era quasi del tutto gelato ormai, ma quando riuscì a sollevare del tutto le palpebre gonfie, rimpianse di averlo fatto.
Un cavallo fatto di qualcosa di simile a fumo nero la fissava con i suoi occhi dorati e con gli zoccoli che strisciavano a mezz’aria come per caricare l’assalto. Elsa indietreggiò frettolosamente verso il lato opposto del letto, un urlo bloccato nella piccola gola.
“I-indietro, stai indietro…”
Si mise in ginocchio schiacciandosi il più possibile contro il muro, che quasi istantaneamente fu ricoperto di ghiaccio. La stanza era immersa nel silenzio, così i suoi respiri affannosi le sembravano sonori come rintocchi di campane alle sue stesse orecchie.
Improvvisamente, quella creatura demoniaca iniziò a correre verso di lei ed Elsa alzò una mano per proteggersi il viso, ma così facendo scagliò senza volerlo un lampo della sua magia contro il cavallo – ombra, che si dissolse in una polvere nera e argentata e ricadde sulle coperte.
Elsa rimase immobile per qualche secondo, tremando e fissando il punto in cui era svanito quell’essere. Era davvero successo, o stava iniziando a diventare matta a causa dell’isolamento?
“Interessante.”
Si girò di scatto verso la direzione della voce, ma per quanto aguzzasse la vista, non vide nessuno.
“Booh!”
Stavolta la presenza era proprio alle sue spalle, così la principessa fece un urletto e saltò letteralmente in piedi, per poi perdere l’equilibrio a causa del materasso troppo soffice.
Se aveva creduto che il cavallo demoniaco fosse spaventoso, doveva ammettere che anche questa nuova entità le faceva venire voglia di gridare e chiamare sua madre.
Aveva in parte l’aspetto di un essere umano, molto alto, sottile, dai capelli neri pettinati all’indietro in modo da lasciare scoperto un volto allungato e dai lineamenti aspri. Tuttavia, la sua pelle era grigiastra e gli occhi erano di un singolare argento dorato, mentre nella sua pupilla sembrava essere racchiusa una mezzaluna.
Se ne stava lì, impassibile, con le mani dietro la schiena, a osservarla. Indossava una lunga tunica nera, che sembrava confondersi con l’ombra alle sue spalle.
“C-chi sei?”
L’essere sorrise, scoprendo una fila di piccoli denti appuntiti.
“Penso che tu già lo sappia, principessina.”
Lei deglutì, ricordando altre storie che le raccontavano i genitori.
“Il Re degli Incubi… l’Uomo Nero.”
Lo spirito s’inchinò profondamente.
“Puoi chiamarmi Pitch. Pitch Black.” 
Elsa si limitò a fissarlo, gli occhi grandissimi sul viso minuto. Sapeva che l’Uomo Nero si nutriva delle paure delle persone e dava gli incubi ai bambini, ma se l’era sempre immaginato… come un’ombra, o un mostro come il kraken.
“Che… che cosa è interessante?”
Pitch indicò le sue mani.
“Hai un potere molto sviluppato per la tua età, bambina. Ma, ancora più notevole, è che tu possa vedermi.”
“Io credo in te. La paura e gli incubi esistono.”
“Ah, ma vedi, piccola Elsa, non tutti sono stati cresciuti come te. La maggior parte dei genitori rassicura i loro figli dicendo che non esiste l’Uomo Nero, e inventano assurde spiegazioni per ciò che spaventa i pargoletti.”
Lei sedette a gambe incrociate e spinse in avanti il labbro inferiore.
“Quello che ho distrutto era un incubo, allora?”
“Naturale. Ti aspettavi che il Re degli Incubi mandasse bei sogni? Era un incubo molto grazioso.”
“E… che cosa avrei sognato, se non l’avessi vinto?”
Pitch si spostò lungo le pareti ed Elsa lo seguì con gli occhi per paura di perderlo di vista. Era molto rapido e lei dovette girarsi almeno due volte per vederlo.
“Ho mandato incubi a molti marmocchi, principessa, ma tu sei qualcosa di unico.”
“Unico?”
“Proprio così. Io so riconoscere a prima vista le paure più recondite delle persone, e le tue sono così forti e inebrianti da costituire un richiamo irresistibile per me.”
“Allora… mi hai mandato la rappresentazione di una mia paura?”
Elsa sobbalzò quando sentì l’Uomo Nero ridere beffardo. Era una risata profonda e spaventosa, le dava i brividi.
“Come sei intelligente, piccola. Hai indovinato.”
“Io però ho paura di tante cose! Dei ragni, del fuoco, degli spazi piccoli e chiusi…”
Pitch le si avvicinò e s’inginocchiò per guardarla negli occhi.
“Queste sono piccole cose, mia cara Elsa. Vedi, le paure più grandi che avete voi umani sono spesso collegate alle persone cui volete bene.”
La principessa si ritrasse di scatto da quella mano grigiastra e gelida che stava per toccarle il viso, facendo sorridere di soddisfazione il Re degli Incubi.
“La tua più grande paura è quella di deludere i tuoi genitori. Di non farcela a controllare i tuoi poteri. Hai quasi ucciso tua sorella, la povera e innocente Anna. Non ti accetteranno mai, non per davvero, perché dopotutto tu sei diversa da loro come la notte dal giorno. Hai paura di essere respinta, dimenticata…”
Elsa si accorse che una lacrima le era scivolata lungo la guancia e strinse i denti, non volendo piangere davanti all’Uomo Nero.
“Non è vero.”
Pitch le sorrise con condiscendenza.
“Guardati allo specchio, principessa. I tuoi capelli sono così chiari che da lontano non sembrerebbero nemmeno biondi, ma bianchi. I tuoi occhi sono di un blu limpido e freddo. Tua madre ha una capigliatura bruna, tuo padre e Anna hanno una sfumatura più ramata rispetto a lei, ma certamente non sono biondi.”
Lei si afferrò d’istinto le trecce, come se potesse con quel gesto potesse mutare il loro colore.
Il punto del letto dove si trovava si stava ricoprendo di neve e ghiaccio, sotto lo sguardo compiaciuto dell’Uomo Nero.
“I tuoi poteri ti rendono diversa anche nell’aspetto, Elsa. Non puoi negarlo.”
Calma, svuotati di ogni emozione.
La voce del padre nella sua mente la tranquillizzò e la fece riflettere.
“Tu ti nutri della mia paura, non è vero?”
“Sei una fonte per accrescere il mio potere, principessa. Te l’ho detto, il tuo terrore è inebriante e si sottomette a me così facilmente.
“Allora combatterò le mie paure, così non potrai più farlo.”
Pitch sospirò e le gettò della sabbia nera addosso. Elsa non fece in tempo ad usare i suoi poteri e cadde in un sonno agitato dagli incubi.
“Se solo fosse così semplice, principessa. Finchè sarai chiusa qui, la tua paura crescerà sempre di più, facendomi diventare più forte. Sarò sempre al tuo fianco, nei tuoi momenti più bui e disperati, fintantoché in te ci saranno angoscia e timore di ferire qualcuno con la tua magia e ci sarà la notte nera per farti sognare ciò che paventi.”
 
 
 
Citazione iniziale: “Falling in the black” degli Skillet.
 
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** In the middle of winter ***


CAP. 1
 
In the dark of the night, evil will find her
In the dark of the night, just before dawn!
 
In the dark of the night, terror will strike her!
Terror’s the least I can do!
In the dark of the night, evil will brew!
 
Soon she will feel that her nightmares are real
 
Pitch
 
L’Uomo Nero non si era mai sentito così potente. Da anni faceva visita alla primogenita della famiglia reale di Arendelle, nutrendosi delle sue paure e insicurezze, diventando per lei una sorta di ombra… sorrise alla sua scelta delle parole, accarezzando un suo demone che gli galoppava intorno.
Aveva visto i poteri di Elsa crescere con lei, che probabilmente non si rendeva nemmeno conto del suo potenziale. Con la principessa al suo fianco, sicuramente prima o poi sarebbe riuscito a vendicarsi dell’abisso di solitudine e debolezza in cui l’Uomo nella Luna l’aveva gettato, preferendogli quei meravigliosi Guardiani.
Quegli stolti credevano di poter cancellare la paura dal mondo… talvolta Pitch quasi desiderava che vi riuscissero, così poi avrebbero capito che, senza di lui a instillare terrore nei loro piccoli cuori, i bambini non sarebbero arrivati sani e salvi all’adolescenza, diventati troppo audaci per il loro stesso bene.
Fino a una decina di anni prima, il suo sogno era tornare ai cari Secoli Bui, quando tutti erano così disperati, così infelici… povere anime sfortunate. Quelli sì che erano bei tempi per lui, la sua potenza era allora praticamente illimitata e i bambini credevano all’Uomo Nero nascosto sotto i loro letti o nei loro armadi, facendo addirittura controllare ai loro genitori.
Che soddisfazione vedere le loro faccine sgomente che lo fissavano mentre gli adulti dicevano “Vedi? Non c’è nessuno qui.”
Sbagliato. C’era lui, venuto a donare i suoi incubi.
Tuttavia, da qualche tempo, non rimpiangeva più così tanto quel periodo, per quanto glorioso fosse.
Razionalmente, si diceva che l’Uomo nella Luna avrebbe creato altri Guardiani per sconfiggerlo se fosse riuscito a restaurare l’antica egemonia, quindi era meglio attenersi al suo… lavoro.
Sapeva, però, che la verità era che la principessa gli aveva fatto comprendere che dominare non era più la sua priorità.
Voleva che la sua esistenza venisse riconosciuta come reale. Voleva essere parte di qualcosa. Dopo ci avrebbe pensato lui a seminare la paura nei sogni dei marmocchi, ma la cosa importante era che non sarebbe più stato solo e dimenticato, grazie ad Elsa.
Solo qualche giorno prima c’era stata la sua incoronazione e da allora lui attendeva che lo chiamasse, come avevano stabilito. Una regina non aveva la stessa libertà di una ragazzina chiusa nella sua stanza, e per una volta Pitch aveva deciso di mostrarsi accomodante nei suoi confronti.
Strinse le labbra in una linea sottile, improvvisamente di cattivo umore.
Quando il re e la regina erano morti in quel naufragio, Elsa era ridotta malissimo. L’aveva trovata nella sua camera ghiacciata, con tanto di neve che scendeva a fiocchi, e l’aveva consolata.
Consolata!
Lui non era uno spirito affettuoso come Babbo Natale o la Fata dei Denti, eppure gli era sembrata la cosa più naturale da fare, inginocchiarsi al suo fianco e posarle una mano sulla spalla scossa dai singhiozzi.
Scacciò quei pensieri e si concentrò sul fatto che, ora che Elsa era regina, altre angosce sarebbero entrate in lei. Presto sarebbe stato in grado di ricreare i Fearlings, le loro ombre simili a fantasmi dotati di artigli sarebbero tornate a spaventare i bambini durante la notte e lui li avrebbe sorvegliati. Da quando aveva riacquistato parte dei suoi ricordi come Kozmotis Pitchiner non aveva più avuto il coraggio di ricreare quella particolare categoria di demoni utilizzando quelle deboli e innocenti creature come materia prima, ma questo non voleva dire che non avrebbe potuto usare i sogni di Sandy, allo stesso modo in cui aveva dato origine ai suoi Incubi.
Sbuffò. La consapevolezza che una parte del generale viveva ancora in lui l’aveva rammollito, l’aveva vincolato a dei principi (non poteva fare a meno di storcere la bocca ogni volta che pensava a questa parola), quindi aveva deciso di sfruttarne i vantaggi: Kozmotis era stato un grande soldato e la sua abilità strategica gli era tornata utile, invece di colpire con attacchi caotici, seppur potenti.
“Padrone…”
Pitch si voltò verso l’Uomo Incubo, che se ne stava in disparte.
“Dimmi. Notizie da Arendelle?”
“C’è una quantità enorme di paura, paragonabile solo a quella in tempo di guerra o nelle cacce alle streghe.”
“Onyx!”
Il suo fedele destriero Incubo si materializzò alle sue spalle, strofinando gli zoccoli per terra.
“Si va ad Arendelle. Veloce.”
Cosa poteva essere successo di così drastico in pochi giorni? Doveva per forza riguardare Elsa in qualche modo… aveva già avuto una dichiarazione di guerra? Se qualche reame avesse scoperto dei suoi poteri, era plausibile. Nessuno voleva una regina che regnava da sola e per di più in possesso di magia come vicina.
Fermò Onyx davanti ai cancelli del palazzo reale e una rapida occhiata ai dintorni gli bastò per comprendere la gravità della situazione: la neve scendeva copiosa, i sentieri e l’acqua nelle fontane erano ghiacciati, la temperatura era gelida… nonostante fosse pieno luglio.
Tutta Arendelle era ricoperta di un bianco lucido, intenso.
“Oh, Elsa, Elsa… qualcuno ha fatto la bambina cattiva, qui.”
Chiuse gli occhi e si sforzò d’ignorare quella paura collettiva e opprimente dei paesani per cercare una traccia del terrore unico della giovane donna, ma invano. Benchè fosse leggermente nauseato, ascoltò il panico della gente: era talmente forte e abbondante da risultare come un nutrimento forzato.
L’oggetto degli incubi di molti era Elsa, che aveva perso il controllo dei suoi poteri durante il banchetto della sua incoronazione. Entrando in diverse case, lesse dai loro sogni che la principessa Anna era morta dopo essere stata colpita dal potere della sorella in pieno cuore, e ora il re era un certo principe Hans delle Isole del Sud.
Pitch camminò per riflettere, le mani dietro la schiena e fluttuante sui tetti. I suoi piani erano distrutti, solo perché non era stato abbastanza cauto da sorvegliare la ragazza! Era prevedibile lo scoppio, dopo la tensione della folla, della cerimonia e senza dubbio della compagnia della sorella minore.
Questo però significava anche… che Elsa era sola.
Aveva solo lui.
Alzò lo sguardo e osservò il paesaggio innevato: ora poteva sentire il richiamo della sua paura, che aveva per lui un sapore freddo e rinvigorente.
Proveniva da una montagna più a nord. Pitch socchiuse gli occhi e osservò meglio: era quasi certo che la sua vista acuta non lo ingannasse e che sulla vetta del monte ci fosse un palazzo.
Sorrise e richiamò Onyx, spingendolo verso la foresta.
Qualche lupo ebbe il coraggio di affacciarsi, ma bastarono gli occhi dorati del cavallo e del cavaliere per farli scappare con la coda tra le gambe. Mano a mano che si avvicinava, percepiva sempre più forte il terrore della fanciulla e si accorse di essere ansioso per l’incontro.
La verità era che non sapeva esattamente cosa aspettarsi.
Onyx nitrì e s’impennò un paio di volte per poi fermarsi e l’Uomo Nero si riscosse dai suoi pensieri.
Da quanto tempo non rimaneva sorpreso da qualcosa? Dalla sua caduta ad opera dell’Uomo nella Luna, probabilmente, eppure quello che i suoi occhi registrarono lo sbalordì: un castello fatto interamente di ghiaccio, candido e luminoso, si elevava come per rivaleggiare con la sommità della montagna, riccamente decorato d’incisioni e abbellito ulteriormente dai riflessi lunari.
Possibile che fosse stata Elsa a crearlo?
Spinse Onyx sulla scalinata, anch’essa di ghiaccio, poi scese davanti ad una porta grandissima recante il simbolo di un fiocco di neve. Vi appoggiò la mano e spinse leggermente, per poi entrare.
Si trovò subito a suo agio, perché quello che doveva essere il pianterreno era completamente immerso nelle tenebre e solo al piano superiore c’era qualche zona illuminata dalla luna.
“Pitch? Sei tu?”
La voce tremante apparteneva ad Elsa, senza dubbio, ma quando il Re degli Incubi la scorse  in cima alle scale, non ne fu tanto sicuro: la giovane donna che conosceva era controllata dallo chignon serrato alla punta delle scarpe, posata e ragionevole.
Ora, davanti a lui, c’era una nuova Elsa, con i capelli dorati acconciati in una treccia che le scendeva lungo la schiena, con un abito d’un azzurro chiarissimo che le lasciava scoperte le spalle e che scendeva aderendo alle sue gambe per poi allargarsi sul pavimento ghiacciato, con il volto che non cercava più di nascondere pensieri ed emozioni e col suo potere che creava una specie di aura intorno a lei.
“Regina Elsa.”
La giovane donna impallidì a quell’appellativo e iniziò a scendere con calma le scale.
“Non sono una regina. Il primo tentativo si è rivelato un vero disastro. Ho rivelato a tutti i miei poteri, ho causato un inverno perenne, ho ucciso per errore Anna… io non volevo, non volevo!”
Pitch la guardò crollare a terra in ginocchio con le mani sul viso e le spalle scosse dai singhiozzi, ma si sforzò di rimanere lucido e impassibile.
“Questo è un palazzo e fa di te, sua creatrice, una regina.”
“Una regina senza sudditi.”
“I tuoi cittadini saranno la neve e il vento.”
Lei pianse più forte e l’Uomo Nero si chinò sospirando ad appoggiarle le mani sulle spalle.
“Temevo che sarebbe successo, prima o poi. Non hanno mai creduto in te.”
“Sta’ zitto!”
“Io ti capisco, Elsa.”
“Ho detto sta’ zitto!”
All’improvviso Pitch si ritrovò gettato all’indietro da un’esplosione di neve, ma riuscì ad atterrare in piedi. Una rabbia mai provata prima lo invase e la vide riflessa negli occhi fiammeggianti della fanciulla: come poteva respingere il suo aiuto?
“Credi che non sappia come ti senti?”
Fu costretto a schivare di lato una serie di lame appuntite di ghiaccio e rispose allora con un attacco della sua sabbia nera. Lo scagliò con forza, mirando tuttavia non a lei ma ad un punto che le era vicino.
“Credi che non sappia cosa si provi ad essere rifiutati da tutti, ad essere additati come un mostro?”
Elsa contrattaccò con una tormenta che gli tolse la visuale per pochi istanti, ma riuscì a spazzarla via.
“Credi che ignori come ci si senta a non essere creduti? A desiderare di far parte di una famiglia?”
“Basta!”
Pitch si dissolse nell’ombra per riapparire sopra di lei, evitando l’apice dell’impeto del suo potere, ormai fuori controllo. Il lampadario al centro del salone oscillò pericolosamente, per poi cedere e schiantarsi a terra in mille pezzi. Alcuni vetri mancarono per poco Elsa, che tuttavia sembrava essersi calmata: stava respirando profondamente, era stanca e, perduta l’adrenalina, subentrava in lei l’abbattimento. L’intera stanza era diventata per qualche istante di un bianco accecante, alternato con il colore scuro della notte. Lui allora si materializzò alle sue spalle e la cinse in un abbraccio confortante.
“Ora sei libera, sei padrona di te stessa! Non sarai più costretta a trattenerti!”
“Ma sarò sola.”
L’Uomo Nero intrecciò le sue dita con quelle di lei e abbassò la bocca fino a raggiungerle l’orecchio.
“In tutti questi anni passati a vivere nell’ombra, mia cara Elsa, ho creduto che nessuno potesse capire come mi sentivo. Ora, però, sono felice di dire che mi sbagliavo.”
La sentì abbandonarsi contro il suo petto e sorrise.
“Non dobbiamo essere per forza soli. Io credo in te.”
“Ho paura, Pitch.”
“Lo so.”
“Di giorno riesco a contenermi, ma la notte, nella notte prima dell’alba, il male mi trova e vedo chiaramente i miei incubi che si realizzano!”
“Io vivo in una notte eterna, mia regina. Non è solo un luogo di paure.”
Lei scoppiò in una risata secca.
“Detto dall’Uomo Nero!”
Pitch si scostò bruscamente, colpito da quelle parole. Aveva ragione, chi era lui per parlare?
Ma non poteva permettere alle sue insicurezze d’interferire con quella che poteva essere la realizzazione finale dei suoi progetti e desideri, così le circondò le spalle con un braccio e le indicò il buio davanti a loro.
“Dimmi, Elsa, quando eri piccola e soffrivi per il tuo isolamento, quando esattamente ti sfogavi, piangendo sul tuo cuscino?”
“Di notte.”
“E dopo, dopo, non ti sentivi forse meglio?”
Lei annuì e lui potè leggere una nuova incertezza nei suoi occhi.
“Nell’oscurità notturna non era forse facile fingere di essere una bambina normale?”
Fu la fanciulla stavolta a sottrarsi alla sua presa e ad allontanarsi, stringendosi le braccia e camminando a capo chino.
“Cosa stai cercando di dirmi, Pitch?”
“Che non esistono solo il bianco e il nero, il bene e il male, Elsa. Che puoi trovare aspetti negativi nelle cose belle e bellezza in quelle oscure.”
“Che potrei adattarmi a vivere in un’eterna notte…?”
“Con me.”
Lei tacque e alcune ciocche di capelli dorati le ricaddero sul viso, rendendogli impossibile leggere la sua espressione. Le prese la mano e la strinse fra le sue.
“Dimentica la vita che prima ti apparteneva, Elsa, e potrai cominciarne una nuova! Abbandonati a questo nuovo mondo e non respingere più il tuo potere… sii tu a dominarlo, invece di soccombervi! E dopo…”
La vide chiudere gli occhi, ma non come se si sentisse schiacciata da un peso e questo gli diede speranza.
“Dopo, potrai diventare mia. La Regina degli Incubi.”
“Perché?”
La domanda lo colse di sprovvista, anche se era perfettamente logica e naturale. Si era aspettato grida d’orrore, un’altra battaglia, ma non quell’interrogativo, pronunciato con un tono dolce e basso.
“Ogni re ha bisogno di una regina… E il freddo non mi ha mai dato fastidio.”
“Perché?”
Cosa poteva risponderle? Sperava ardentemente che quello che sentiva si limitasse all’empatia, perché l’amore era debolezza e non era nemmeno certo di poterlo provare. Lei sembrò comprendere.
“Tu vuoi che io diventi ciò che desideri che io sia, vuoi plasmarmi come uno dei tuoi incubi. Non t’importa nulla di me.”
“Non è vero!”
La sua replica fu più violenta di quanto intendesse, ma non ne poteva negare la verità delle parole.
“Non è vero. Sono stato al tuo fianco per anni…”
“Per servirti delle mie paure…”
“Non solo e tu lo sai. Sono stato il tuo confidente, il tuo unico amico. Lo ammetto, provare… affetto per te non era nei miei piani, ma è successo. In quanto al plasmarti, voglio solo che tu sfrutti le tue potenzialità, per farti capire quanto potrai essere felice, dopo.”
Notò che aveva ancora gli occhi serrati e ne fu felice. Non voleva che potesse leggergli l’ansia che stava incrinando il suo abituale autocontrollo.
“Devi solo temermi, amarmi, fare come ti dico, e io sarò il tuo schiavo. Lasciati guidare da me.”
Abbassò il viso vicino al suo e attese, consapevole che nei seguenti istanti si sarebbe compiuto il suo futuro.
Elsa sollevò finalmente le palpebre e lo guardò fisso, le iridi di un blu così scuro da sembrare quasi nero e le pupille dilatate.
“Così sia.”
 
Citazione iniziale: “In the dark of the night” da “Anastasia”.
 
 

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Capitolo 3
*** 3. In the middle of magic ***


 
But what no one knew,
is that the King of the Goblins
had fallen in love with the girl
and he had given her
certain powers.
 
Elsa
 
“Brava! Colpisci!”
Elsa scagliò la sua sabbia ghiacciata contro l’orso, immobilizzandolo e gelandolo sul posto, poi con la stessa facilità lo lasciò libero di correre spaventato verso la sua tana.
Pitch al suo fianco scosse la testa, divertito.
“Dovrai essere pronta a uccidere quando sarà necessario, mia regina.”
“Non ho difficoltà. Pensavo di avertelo dimostrato con quel pescatore.”
Lui rise e le prese la mano.
“Hai ragione, come sempre. Presto, i Guardiani non avranno una chance contro di te.”
Nell’ultimo decennio, Elsa aveva udito voci su un nuovo spirito, Jack Frost, capace di controllare il ghiaccio,  ma sarebbe stata dannata se un dilettante l’avesse sconfitta. Era più di un secolo che studiava la magia con Pitch e il suo potere era cresciuto a dismisura, pronta per la guerra che avrebbe dovuto combattere al fianco del suo re.
Col passare del tempo aveva iniziato a condividere la sua stessa indignazione: come aveva osato l’Uomo nella Luna cercare di bandire la paura dal mondo? Come avevano osato i Guardiani fare in modo che i bambini non credessero più al Re degli Incubi?
Ma tutto sarebbe cambiato, grazie al suo appoggio.
Si girò sorridendo verso il suo sposo, incantata una volta di più dalla sfumatura di un giallo dorato dei suoi occhi, che brillavano nel volto cinereo. Gli sfiorò con una mano i capelli nerissimi, ridendo quando si accorse di avervi depositato della neve.
Nonostante lui non lo avesse mai ammesso a voce alta, sapeva che era giunto ad amarla nel corso degli anni.
Nemmeno lei gliel’aveva mai confessato.
La loro prima scaramuccia con Sandman e quella ridicola lepre era stata tuttavia una prova più che sufficiente per entrambi del loro legame e non chiedevano di più.
Elsa si ritrovò riportata alla realtà da un gentile sbuffo e da una leggera spinta in avanti, mentre Pitch sorrideva beffardo.
“Credo che la tua creatura ti stia reclamando, mia regina.”
Olaf era stato il primo cavallo incubo che lei aveva forgiato, in memoria da quel povero pupazzo di neve che non vedeva da anni. Era un magnifico stallone bianco con gli occhi gialli, il colore del manto era l’unica cosa che lo differenziava dagli incubi dell’Uomo Nero ed Elsa lo utilizzava soprattutto intorno a Natale, per indurre i bambini a comportarsi male e a non credere in Babbo Natale.
Accarezzò la criniera di Olaf, pensierosa. Adesso che comprendeva meglio la magia, poteva notare la stranezza degli occhi dei suoi incubi: Pitch aveva creato i suoi usando come materia prima i bei sogni di Sandman, visto che, come le aveva spiegato una volta, sia lui sia Sandy erano due facce diverse di una stessa medaglia, e lo dimostravano le luminose iridi gialle dello spirito.
Lei, però, non aveva mai toccato il sogno di per sé: si era concentrata sui suoi poteri e aveva proceduto a dare origine ad Olaf. Come mai, allora, il suo cavallo aveva gli stessi occhi di Pitch e degli altri incubi? La sua magia non era mai stata indicata prima da quella sfumatura dorata, ma era sempre stata bianca.
Sentì le labbra di lui sfiorarle i capelli e il collo, così, trovandolo di buon umore, si arrischiò ad esporgli il suo dubbio. Non che avesse paura che l’Uomo Nero si arrabbiasse con lei, ma il più delle volte le sue domande venivano liquidate con un’alzata di spalle.
“Non ti sei mai chiesta, Elsa, tesoro, come mai tu fossi l’unica della tua famiglia ad avere poteri?”
“Ho pensato che magari, qualche antenata…”
Pitch emise una delle sue risate profonde e scosse la testa. Sembrava… orgoglioso di se stesso.
“Dimmi, ricordi il nostro primo incontro?”
“Certo. Ero stata rinchiusa in camera mia dai miei genitori e tu sei venuto dopo che avevo distrutto un tuo incubo.”
“Spiacente di deluderti, ma quello è stato il nostro secondo incontro.”
Elsa s’irrigidì. Non si aspettava quella risposta. Si guardò le mani, poi passò al sorriso compiaciuto dello spirito.
“Quando ero molto piccola… sei stato tu a donarmi la magia, non è vero?”
Lui scoppiò a ridere e le si avvicinò, lo sguardo trionfante e adorante.
“Credevi fosse stato solo un sogno l’ombra che vegliava il tuo sonno, ma non era così. Ho visto subito quanto potevi essere adatta a coltivare in te questi poteri. Infatti, a poco più di dieci anni, eri già talmente potente da sconfiggere un incubo da sola.”
Se Pitch le avesse fatto questa confessione quando l’aveva trovata nel suo palazzo di ghiaccio, o nei primi tempi della loro alleanza, Elsa lo avrebbe odiato e se ne sarebbe andata, pronta a rivoltarsi contro di lui se avesse provato a fermarla.
Ma ora, lo conosceva troppo bene per non capire il suo modo, per quanto distorto fosse, di vedere tutto e tutti, e poi adesso lei era una nuova persona grazie a quella magia.
Lui l’abbracciò e le passò delicatamente le dita tra i capelli.
“Se tu non avessi mai imparato a controllarti, se avessi continuato a temere e a odiare le tue capacità, proverei rimorso per quello che ho fatto, mia regina, ma vedendo la meravigliosa forza della natura che sei diventata, non ci riesco Elsa. Perdonami.”
Lei riflettè. Se non le avesse mai donato i suoi poteri, avrebbe vissuto una breve esistenza con la sua famiglia, governando eventualmente un regno schiacciata dall’ombra dei genitori e di una sorella audace e benvoluta da tutti; probabilmente l’avrebbero persino costretta ad un matrimonio di convenienza per unire due corone.
“Non ce l’ho con te. Noi possiamo creare qualcosa di unico, insieme.”
Pitch sorrise e guardò la scultura di ghiaccio nero che si elevava quasi fino alla luna, creata senza volere dall’unione delle loro magie.
“Senza dubbio, mia regina. Dopotutto, niente si sposa meglio con il freddo dell’oscurità.”
 
 
 
Citazione iniziale presa dal film “Labyrinth, dove tutto è possibile.”
 

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