Vie di fuga

di Revan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La città delle stelle ***
Capitolo 2: *** Lo straniero misterioso ***
Capitolo 3: *** Un ballo ***
Capitolo 4: *** La Regina delle nevi ***



Capitolo 1
*** La città delle stelle ***


01. la città delle stelle



VIE DI FUGA
01. La città delle stelle
[adolescenza]


E' come un disco d'argento in mezzo al nulla. Stelle al neon sfolgorano su pinnacoli vertiginosi, le strade come canyon incassate profondamente tra i palazzi altissimi.
La città è verticale, area, si slancia in ponti longilinei che balzano di torre in torre. Ha radici profonde, le vie sono buie adombrate da chilometri di avorio acciaio vetro che si arrampicano lassù in alto.
La città è deserta, un silenzio si spande dal fondo delle sue strade; un ammonimento. Solo un ronzio lento, di sottofondo, come di un grande ingranaggio.
Se prova a contare tutti gli scalini che conducono all'Osservatorio (la struttura centrale, la più alta, quella a forma di esagono, bagnata di una luce tanto cruda da risultare abbagliante), ci impiegherà circa quindici minuti, attraversando le Gallerie, la Sala dei Trofei e degli Eroi, gli Archi, il Giardino pensile eccetera fino alla Scala Infinita, bianca stagliata contro l'abisso del cielo.
Entrando nell'Osservatorio ha ormai perso il conto, ma poco importa, perché sul pavimento lucido si riflettono tutte le stelle come fiori e lei respira piano piano e i pensieri si sono fatti radi e la paura arcigna svapora leggera dal suo corpo mentre si adagia al centro della stanza a braccia spalancate.
L'arco del cielo ruota lento sopra di lei; lontano, sente il pulsare dell'ingranaggio, è il sangue sotto le palpebre chiuse, pensa.
Il soffitto a cassettoni sfarfalla per un paio di secondi quando Elsa apre gli occhi. La cameretta è in penombra, gli angoli si sono tinti di blu.
Il cuore batte quieto sotto la giacchetta, non più dentro la gola assieme alla nausea. Libera lentamente una mano da sotto l'ascella per tastare le coperte: bagnate, ma non ghiacciate.
Elsa inspira forte fino a sentire male , fino a che le lacrime non colano adagio la china delle guance gelide.



*


Sono troppo anziana per soffermarmi in presentazioni, perciò dirò solo: 
Lunga vita alla Regina!

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Capitolo 2
*** Lo straniero misterioso ***


02. lo straniero misterioso
Aggiornamento nello stesso giorno, uoooh! Mi sono accorta che sono necessarie alcune precisazioni:

1. Il mio Re è un proto-geek.

2. canzone (ESSENZIALE) che suona all'interno della fiction è “Barcarolle\Belle Nuit” di Offenbach. Link di salvataggio ---> https://www.youtube.com/watch?v=g7czptgEvvU

3. i capitoli NON sono in ordine cronologico. Si possono ripartire rozzamente tra frammenti che riguardano l'infanzia, l'adolescenza, prima età adulta ed età adulta. Segnalerò di volta in volta di che epoca stiamo trattando per facilitare l'impresa della lettura.

4. la fiction sta prendendo una piega... strana. Molto strana (ma vi assicuro che non mi faccio di sostanze!). Tenete duro che dal prossimo capitolo si rumba\snusnu\quelchevipare con Hans! Forse. E questo dovrebbe ristabilire un po' di normalità (?). E virare il raiting decisamente verso il rosso\arancione.

5. Troppi i riferimenti letterari e culturali di cui è debitrice la fiction: li inserisco in fondo per igiene mentale vostra e mia.



02. Lo straniero misterioso

[infanzia]

E' giunto uno straniero al palazzo di Arendelle. Dicono venga da sud, da molto lontano, ma potrebbe venire dal villaggio vicino che la sorpresa sarebbe comunque grandissima: da anni non ci sono ospiti nel castello.
E' arrivato con l'ultima nave della stagione (è già novembre avanzato) con un carico di ordinazioni che si attendeva soltanto per maggio, principalmente arazzi porcellane e libri. Ha richiesto di potere essere alloggiato a palazzo in cambio del favore della consegna anticipata.
Elsa è barricata in camera da allora.
Lo ha intravisto dalla finestra: è basso. Vestiva di nero e portava un bizzarro paio di occhiali dalle lenti scure. Nel complesso, un aspetto sgradevole.
Quando sua madre, nel tardo pomeriggio, le consegna i libri appena arrivati, la sua indisposizione nei confronti dello straniero non fa che aumentare: il volume illustrato che desiderava con più impazienza non c'è. Al suo posto, un titolo sconosciuto, in francese, che per l'irritazione getta sul letto.
Dovresti essere contenta che siano arrivati con sei mesi d'anticipo, invece di fare questi capricci.”
Non ha portato i fratelli Grimm!”
Li faremo andare a prendere con la prossima nave.”
Tra sei mesi”, mormora Elsa, torcendosi le mani.
Guarda per un lungo istante il libro francese spalancato sui cuscini.
E' basso e brutto”, sibila con una smorfia.
Oh, Elsa...”
Non mi piace, e non mi piace il suo stupido-”
La Regina non fa in tempo ad allungare una mano in una carezza che la bambina si è già ritratta, gli occhi vigili.
Sua madre la guarda con quella piega nella linea della bocca di chi sta invecchiando a forza di preoccupazioni. Ritira la mano lentamente, che aveva lasciata sospesa.
Cosa vuoi per per cena, cara?” le domanda dopo aver formulato un sorriso altrettanto amaro.


*

Ha spolverato da tempo polpette e patate (il vassoio l'ha lasciato sul letto) ed è intenta alla traduzione delle prime pagine del libro francese quando succede qualcosa di strano. Qualcosa di stranissimo.
Della musica, improvvisamente. Il suo sguardo si inchioda contro la porta. E' musica, come se ci fossero tanti, tanti suonatori, giù nella sala dove i suoi genitori stanno cenando con lo straniero.
Gli stanno facendo una festa? si domanda chiudendo di scatto il libro e sgattaiolando verso la porta.
Il cuore le batte forte quando sente che alla musica sono mescolate risate.
Torna lentamente a letto, butta per terra il libro e spegne la candela. Dalla finestra entra il riverbero del castello insolitamente illuminato, stria d'oro il buio della cameretta. Elsa si lascia cullare dalla luce che pare danzare dolcemente contro la parete. Si addormenta pensando agli occhiali tondi dello straniero.

*
Suo padre, la mattina, l'ha convinta a scendere a fare colazione. Elsa era recalcitrante, ma quando lui stesso ha cominciato ad acconciarle i capelli, euforico come non l'ha mai visto, non ha potuto fare altro che lasciarsi trascinare per i corridoi.
Vedrai, vedrai! Una cosa così... non ho mai visto nulla del genere!
Entrando nel salotto della colazione, Elsa individua immediatamente lo straniero: è a tavola e sta sbafando di gusto le uova sode.
[i dialoghi che seguono si tennero in francese, A.]
Monsieur Valdi, le presento la maggiore delle mie figlie, Elsa.”
Elsa rimane sulla porta mentre il re si fa incontro all'altro, sorridente.
Lo straniero si pulisce la bocca prima di alzarsi e avanzare verso di lei: le lenti degli occhiali sfolgorano per un attimo investite dalla luce rosata del mattino.
Quindi è questa la famosa Principessa Elsa! I suoi genitori mi hanno parlato molto di lei, signorina.”
Le ha fatto un grande inchino piegandosi fino a trovarsi alla stessa altezza della bambina. Lei si torce nervosamente le mani, facendo saettare lo sguardo dall'uomo di fronte a lei al padre.
Avanti Elsa”, dice questi sempre sorridendo, “saluta monsieur.”
Vi saluto, monsieur, e mi auguro di tutto cuore che il vostro sia qui un soggiorno all'altezza della Vostra Persona...”
Che ottimo francese, signorina*!” *sempre in italiano.
E' una studiosa, questa qui” commenta il Re compiaciuto, mentre scosta una sedia dalla tavola. “Vieni a mangiare, tesoro”
Elsa trema nel sedersi, paonazza in viso per l'essersi ricordata la formula ufficiale di benvenuto senza impappinarsi e per il complimento. Il cuore le batte con la furia di chi ha superato una prova di coraggio: da anni non parlava a uno sconosciuto.
Attacca il porridge che le viene servito che quasi ride.
L'altra invece...”
L'”altra” fa in quel momento il suo ingresso nel salotto in braccio alla madre, ancora mezza addormentata.
Non appena vede la sorella insolitamente seduta a tavola, “Elsa!” comincia a gridare.
Anna, lascia stare tua sorella. Anna! Cosa si dice quando ci sono ospiti?”
La bimba guarda perplessa la madre, poi il signore in nero che le fa ciao-ciao.
Ciao.”
E tornando a strattonare il colletto della Regina: “Voglio mettermi vicino ad Elsa. Ti prego ti prego ti prego...”
Lascia in pace tua sorella. Ecco qui.”
Mamma!”
La scusi, è ancora una piccola peste.”
Ma si figuri!”
Monsieur Valdi” continua il Re, che si è seduto dirimpetto allo straniero, “non voglio essere insistente, ma mi piacerebbe che parlasse della macchina che ci ha mostrato ieri sera.”
Ah, certo! Molto volentieri. Ma la signorina qui non l'ha ancora vista: bisogna rimediare.”
Elsa è quasi sicura di avere intravisto una strizzatina d'occhi rivolta a lei dietro le lenti scure.
Non si scomodi-”
Nessun disturbo. Venite!”
E' in piedi a fianco di un tavolinetto da tè, sul quale poggia un aggeggio stranissimo. Elsa si avvicina praticamente trascinata dalla vivacità del padre.
E' una specie di tromba installata su una scatola di legno.
Vedrai, Elsa, vedrai!” continua a ripetere il Re.
Lo straniero ha estratto da una borsa quella che sembra una sottile ruota nera, che deposita al centro del marchingegno. Prende a ruotare sempre più vorticosamente una manovella simile a quella dei macinacaffè, fintanto che la ruota nera non inizia a girare. Valdi posiziona con delicatezza un braccio metallico sulla ruota, attento a posare la puntina e... la tromba erutta improvvisamente musica.
Tranquilla Elsa, tranquilla. Ascolta...”
Il padre si è chinato affianco a lei, stringendole le spalle per calmarla.
La musica riempie la stanza, come se dentro la scatola vi fosse un'intera orchestra, con i suoi archi, i suoi fiati e quant'altro.
Elsa guarda il buco della tromba con occhi spalancati.
Ma come fa a...?”
Ah, ottima domanda. La domanda più giusta di tutte!” fa lo straniero, alzando la voce per farsi sentire, le sopracciglia arcuate al di sopra della cerchiatura degli occhiali. Si sta dondolando da una gamba all'altra con le braccia strette dietro la schiena.
Non ne ho la più pallida idea” le risponde, ed è in quel momento che la musica si dilata in onde lunghe, smettendo di volteggiare al ritmo degli archi volubili.
Belle nuit, o nuit d'amour!” canta lo straniero con una bella voce da tenore, l'accento talmente pesante da fare ridacchiare persino Elsa, che proprio in quel momento si sente sollevare.
Papà! Papà no!” strilla nel tentativo di divincolarsi , ma il Re se la preme contro il petto danzando per il salotto.
Va tutto bene, Elsa. Concedi un solo ballo a questo vecchio re.”
La bambina si lascia sballottare cercando di non toccare in alcun modo il padre, con le mani torte contro il proprio petto, ma la fronte appoggiata alla sua spalla.
Quando la canzone finisce e viene deposta sulla seggiola, Elsa sente le fronte caldissima e gli occhi che pungono.
Che apparecchio meraviglioso. Non so cosa darei per averlo!”
Per il vostro regno, Sire, potrei convincermi a cederlo”
Lo straniero sta riponendo il disco nella valigia.
Cosa ne dici, cara? Hai sentito monsieur?” ride il Re, tornando a sedersi un po' affannato.
Devi chiederlo a Elsa: è lei la futura Regina”
Lo sguardo complice del Re la trova ancora scossa.
Allora, Elsa? Facciamo una follia? Vendiamo tutto il regno per la macchina della musica?”
L'atmosfera è calda, è da una quantità infinita di tempo che l'allegria non visita questa casa. La bambina sente ancora sulla schiena il tepore delle mani del padre. Fa un leggero cenno di sì.
Bene, allora è deciso!” esclama lui battendo le mani. “Vorrà dire che le consegnerò le chiavi delle città.”
Temo” dice lo straniero in tono mortalmente serio “che in fin dei conti non sia sufficiente: sono troppo affezionato alla macchina. E poi devo portare a termine il mio viaggio.”
Dove state andando?”
La domanda di Elsa è poco più di un pigolio.
Vorrei arrivare a Capo Nordkinn entro l'autunno. Dicono sia il punto più a nord dell'intera Europa. Sa, signorina, sono partito dall'Italia a piedi ormai un lustro fa, da Orvieto, per la precisione.”
Cos'è un lustro?”
Sono cinque anni, tesoro. Ora saluta che c'è il maestro che aspetta.”
Mamma!”
Su Anna. Saluta tutti.”
Anna e la Regina lasciano rumorosamente il salotto. La luce entra violentemente dalle finestre alte: il sole è già alto contro un cielo del colore del fiordo.
Perché è partito?”
Elsa guarda le iridescenze degli occhiali, verdi come la corazza di uno strano insetto.
Perché sono un collezionista, mia cara. Un collezionista di paesaggi e di città”.
Città? Ma come...?”
In quel momento lo sconosciuto versa sul tavolo un mare di foglietti, che sfarfallano ovunque per terra sulle posate tra i bicchieri.
E' solo parte della mia collezione, la più grezza.”
Questi sono... no, non è possibile. Sono quadri?” domanda il Re, scorrendo i cartoncini, completamente stupefatto.
Niente affatto. Si chiamano dagherrotipie. E' una delle macchine che possiedo a farle: vede, è la luce del sole che impressionando una pellicola riesce a- beh, onestamente non sono del tutto sicuro quali processi chimici siano coinvolti.”
Una macchina... straordinario!” esclama il Re, continuando a sfogliare le fotografie.
Se volete vederla, Sire, potete andare alla mia nave e richiedere di ispezionarla. Vi raggiungerò non appena...” con un gesto indica la confusione sul tavolo.
Sicuro! Non avete idea di quanto vi sia grato per l'opportunità che mi date.”
Il Re esce a passo spedito, quasi di corsa.
Elsa prende una manciata di foto: città, colline, mari, lavoranti in mezzo alla campagna, e poi ancora città, tutte accozzate sul tavolo del suo salotto.
Un nodo sembra esserlesi stretto al cuore.
Ha visitato tutti questi posti?”
Certo. Ero partito con l'intenzione di creare un catalogo delle più belle vedute d'Europa: Parigi, Vienna, Firenze, Lione eccetera. Il mondo sta cambiando rapidamente, signorina: volevo raccoglierlo prima che fosse troppo tardi. Ma strada facendo mi sono accorto che avevo intrapreso il viaggio in ritardo.”
Fa scivolare alcune foto verso di lei: lunghissime file di tetti neri, bassi, il cielo brunito da un fumo denso.
Londra.”
Ragazzini della sua età macilenti e incredibilmente sporchi impettiti all'ingresso di uno squallido edificio. “East End Factory”, recita l'insegna alle loro spalle.
Sono tutte fabbriche; e questo è il Tamigi. Vi assicuro che il colore non è molto diverso.”
Cos'è questo?”
Una strada amplissima è squarciata per tutta la sua ampiezza dal selciato svelto: cataste di oggetti si innalzano lungo i palazzi.
Ah! Le barricate di Parigi, durante il luglio dello scorso anno.”
Come può vedere, la ricerca della regina delle città, la più bella di tutte, è fallita: mi sono mosso tardi. O forse non è mai esistita.”
Il sorriso dello straniero è enigmatico.
Mi... mi dispiace.”
Oh, niente affatto! Ho attraversato talmente tanti luoghi e visto talmente tante cose, che io stesso sono diventato una sorta di enciclopedia. Ma quel che veramente importa, signorina, quel che veramente è il senso del mio viaggio, è che in ogni città villaggio paese ho visto potenzialità. Potenzialità sprecate per lo più, certo, ma che col tempo hanno tessuto una trama fitta nei miei ricordi: io non ho trovato la mia città ideale in nessun luogo, eppure era in tutti i posti, era sciolta ovunque. Una torre a Londra, un arco a Parigi, il selciato di una cittadina tedesca eccetera, e io ho inseguito la mia città invisibile, raccogliendola mattone per mattone”
Elsa lo guarda immobile. Non è nemmeno sicura che le parole siano realmente uscite dalla bocca dello straniero.
Città invisibili?”
Certo, Elsa. Ognuno ha una città invisibile: non potrebbe essere altrimenti. Non può esistere là fuori il dritto del rovescio dei nostri sogni”
E' un indovinello?”
No.”
Sei... sei il Cappellaio Matto? Come quello di Alice del libro?”
No, ma è un personaggio che sento molto affine.”
Non un rumore.
Elsa si illumina tutto ad un tratto.
Quindi il libro francese, “Architettura dell'onirico”, è tuo? E'... lo hai scritto tu! Descrive una città strana, una città infinita, altissima che-”
Lo straniero si porta un dito sulle labbra ed Elsa tace. Gli occhiali sfolgorano più che mai.
Non c'è posto per quella città qui fuori, neanche a parole. Solo qui” fa picchiettandosi la tempia.
Lo puoi tenere, se vuoi. A me non serve più. Prendilo come un risarcimento dei Grimm
Elsa deglutisce, sente che ha un groppo alla gola. Quale può mai essere la mia città invisibile?
E a nord? Cosa va a fare a nord?” domanda con un filo di voce.
Sto andando a caccia di orizzonti . Per la mia città ne voglio uno che sia d'acciaio come quel mare, gelido. Solo alla fine del mondo potrei trovare un orizzonte così.”
E poi? Dove andrete?”
Il sorriso dello straniero è misterioso.
Chi lo sa.”


*

Se n'era andato da mesi ormai, quando Elsa capisce cosa sia una città invisibile. Aveva letto e riletto il libro francese: si trattava di una silloge di scorci, di memorie, di schizzi e disegni, schegge di luoghi che l'autore aveva raccolto perché ne era stato colpito durante i suoi viaggi. Alla seconda lettura capisce che la raccolta non è casuale, e nemmeno lo è la disposizione dei frammenti: insieme delineano una città che sembra un circo, un po' tendone e un po' ruota panoramica, rumorosa e notturna, irradiata di luci chiamate “elettriche”. Ma cosa più importante di tutte, e questo lo capisce solo alla fine, la città invisibile è l'autore, il suo specchio fedele: da tutti i suoi scorci spira lo stesso sentore di un'allegria un po' invecchiata.
Se n'è andato da quasi un anno, quando in Elsa comincia a prendere forma la città delle stelle. Una notte, durante un attacco più violento del solito, mentre sentiva nel buio il ghiaccio arrampicarsi sulle pareti tutt'attorno, e mentre il sangue le rombava nelle orecchie, pensò alla paura come a un pugnale. La vide farsi sottile come una stalattite, affusolata e tagliente, e poi conficcarlesi nel petto. Più più e più volte la paura la squarciò, e dalla sua pelle sbrindellata colava un sangue argenteo, luminescente contro il buio, che formava ai suoi piedi una pozza perfettamente ovale, come uno specchio: era il dolore. Stratificazioni di dolore liquido che improvvisamente vide ergersi, sempre più in altro, a forma di picchi torri minareti, in alto sempre più in alto, verso un cielo trapunto di stelle elettriche, e il dolore non smetteva di montare come una follia, come una città irta di ghiaccio, la sua città delle stelle, la città del dolore.
La ammirò stagliata sopra di sé, abbacinante nella luce troppo intensa. La tempesta era finita. Solo quiete bianca attorno.
Salì i primi gradini di una scalinata lunghissima, che si inerpicava verso chissà quale torre là in alto. Il suo respiro era tornato regolare. Non faceva più freddo.
La scolpì lentamente negli anni, con pazienza infinita, e ogni volta vi tornava come a un rifugio dalla paura.
La città delle stelle era un deserto di ghiaccio.


***


Note random di natura culturale:
a) il libro scritto dallo straniero misterioso è in realtà “Le città invisibili” di Calvino.
b) lo Straniero Misterioso è ispirato contemporaneamente al Sandmen di Hoffmann e a un personaggio di Poe.
c) grammofono e dagherrotipia (la proto macchina fotografica) sono stati inventati ben dopo il 1830, anno in cui vorrebbe essere ambientata la fanfiction. Ma alla fiction frega un tubo della storia, perciò meh.
d) il francese era lingua comunemente usata nell'Europa centrale del 1800, ma non so se valesse anche per la Norvegia. Io faccio finta di sì.

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Capitolo 3
*** Un ballo ***


03. un ballo
Grazie a chi legge e a chi recensisce!
Avvertenze essenziali qui in alto, per i blabla (utili ma chilometrici) vi rimando a fondo pagina:

1. è un ballo, e come tale ci vuole musica: probabilmente si tratterebbe di un Valzer, ma a me piace di più immaginarlo con questa: https://www.youtube.com/watch?v=phmz9uRG4E8

2. il raiting si è alzato per... ragioni. Signor Walt, se puoi, perdonami, perché ho molto peccato.

03. Un ballo

[età adulta]




La sala da ballo vortica di gonne, i tacchi degli stivali ritmano energicamente la danza. La musica e lo schiamazzo dei ballerini è talmente forte da far oscillare impercettibilmente i cristalli dell'enorme lampadario.
Tonde gocce di cera cadono sulle teste e gli abiti degli invitati, che non se ne danno minimamente pensiero: è occasione di scherzi da parte degli uomini, di risolini da parte delle donne.
La danza si insinua a onde larghe per tutta la sala, anche tra i divanetti sempre più gremiti e i capannelli addossati alle pareti: i servitori in nero fendono sinuosi la folla, sottili e silenziosi, riempiendo bicchieri e raccogliendo quelli caduti. Alcuni uomini hanno appena trascinato sulla terrazza un invitato troppo ubriaco per reggersi sulle proprie gambe.
Prima di sparire tra le tende ha urlato: Lunga vita alla Regina!, accennando un brindisi a cui chi assisteva ha risposto con uno scoppio di risa.
Le dame sedute a fianco di Elsa borbottano qualcosa; lei si limita a guardare fissamente la sala, senza prestare minimo ascolto alla conversazione.
E' molto tardi, ma la festa è ancora viva: vede qualche coppia venire assorbita ridacchiando dal buio del giardino, nonostante fuori scrosci una pioggia torrenziale.
C'è un'afa spessa, l'odore dolciastro di sudore e profumi da duecento franchi.
Elsa richiama con un cenno un servitore: sorseggia lentamente il bicchiere di nuovo pieno. Da dietro l'orlo guarda i sorrisi e i visi paonazzi delle gentildonne appese al braccio di altrettanti gentiluomini sfilare davanti a lei.
Sanno, pensa.
Tutti sanno e aspettano solo un passo falso.
Appena a un divanetto di distanza da lei, attorniata dalla sua propria corte, sta la vera regina della serata, la festeggiata: in taffetà grigio a ricami dorati, gli occhi color acciaio sorridenti del trionfo, siede l'amante di suo marito.
La festa, che inaugura da sempre la stagione estiva nel maniero dei Westergaard, è stata posticipata dal Re unicamente perché lei potesse parteciparvi, di ritorno da un viaggio in Germania.
E' una donna matura, dell'età di suo marito: la loro relazione -come l'aveva informata una lunghissima lettera di Anna- è sopravvissuta a due matrimoni di lui, e certo non c'è da aspettarsi che il terzo, dichiaratamente di convenienza, con la sovrana di un insignificante regno tra i fiordi, possa scalfirla in alcun modo. Nemmeno se la terza moglie è la Strega delle Nevi in persona.
Lunga vita alla Regina!
Elsa immagina gli sguardi di tutta la sala trafiggerla, inchiodarla ai cuscini del divano, sezionarla con mormorii di scherno che guizzano d'orecchio in orecchio, di risolino in risolino.
Viva la Regina!
Hanno scommesso, si dice. Sono venuti per vedere uno spettacolo: vogliono vedere se la strega farà calare un nuovo inverno o se davvero ha il ghiaccio nel cuore.
Lo sforzo di non lasciare trapelare che una patina di formale educazione l'ha irrigidita sul posto. Sente il sudore appiccicarle l'abito alla schiena.
Persino Hans, a inizio serata, già circondato di giovani dame al tavolini dei liquori, l'aveva fissata sfacciatamente sorridendo, il bicchiere alzato in un muto brindisi di buona fortuna.
Lunga vita alla regina!
Elsa sente l'aria farsi sottile sottile attorno a lei, come il principio di uno svenimento. Si alza improvvisamente scusandosi con un filo di voce: Siete sicura di sentirvi bene, Maestà? Volete che si facciano portare i sali? Volete essere accompagnata, volete un aiuto, povera cara? Volete...
Le voci delle gentildonne suonano mielate, colano sul suo orgoglio ferito come sale.
Sto bene, grazie. Ho solo bisogno di un po' di... di... scusatemi...”
Elsa oltrepassa silenziosamente la corte ridente della Regina di fatto, l'unica maestà rimastele è nelle movenze.
Procede in mezzo alla folla rispondendo debolmente agli omaggi; si ferma sul bordo della pista da ballo, ed è davanti alla calca ondeggiante, colorata, viva, nel mezzo della sala rischiarata a giorno gremita di gente che pensa: non ho un posto in cui fuggire.
Rimane immobile ai margini della pista, col bicchiere vuoto ancora in mano, premuta da tutte le parti da gomiti gonne schiene.
Poi, il suo sguardo fisso registra, oltre le teste dei ballerini, la figura imponente del Re. E' con una strana leggerezza che le pare di portarsi fino a lui, di salutare l'ammiraglio con cui sta conversando e di chiedergli in prestito il marito per un ballo.
Re Mark si accomiata con un sorriso divertito; le toglie il bicchiere e la conduce mano nella mano tra i danzatori.
Inchini da ogni parte mentre procedono.
La musica è fortissima, la pioggia ha spalancato di botto una finestra e ha bagnato alcune dame.
Risate tutt'attorno.
Elsa si ripete, come in sogno, la scoperta improvvisa: Non c'è un posto in cui possa scappare.
Sei bellissima stasera, mia cara” le dice il Re trascinandola con sicurezza nell'unduettrè.
Le sue mani sono calde contro i guanti gelidi di Elsa; lei si lascia cullare dal dondolio della danza. Se lui la lasciasse andare in quel momento, è sicura che continuerebbe a volteggiare come una foglia, leggera tanto leggera nella sala piena.
Ma re Mark la tiene salda a sé, elegantissimo in alta uniforme e radioso di gioia.
Sentendole le spalle tremare, la stringe ancora più forte al suo petto.
Hai visto mio nipote?” le domanda spensierato all'inizio del secondo movimento.
No...” mormora Elsa, un po' trasognata. “Solo a inizio serata, al tavolo dei liquori.”
So che ti cercava.”
La Strega delle Nevi, la Viceregina, guarda la sala piroettare attorno a lei; il lampadario è a picco su di loro, disegna iridescenze volubili sulle balze delle gonne e sulle mostrine.
Impossibile. Era... in compagnia.”
Mi sarò sbagliato, allora”, e il Re sorride come chi la sa più lunga.
A fine danza gli applausi avvolgono la coppia reale.
Il Re le bacia galantemente il dorso della mano; come da manuale le domanda se vuole concedergli un altro ballo.
Elsa ringrazia altrettanto educatamente, e scusandosi torna a sedere.
Il chiasso la avvolge.


*


Lascia pure la luce.”
Come volete, Altezza. Buona notte.”
Si è lasciata scartare dall'abito come da un'armatura.
Ripone i guanti in un cofanetto. Lo specchio getta lame d'oro sul pavimento.
Infine, se ne sono andati tutti, sparendo con le giacche tirate sulle teste nelle sagome delle carrozze tamburellate dalla pioggia.
E' tardi. Mancano poche ore all'alba, ma Elsa non ha sonno. Solo, una grande spossatezza le indolenzisce le ginocchia.
Guarda a lungo il letto vuoto con le coperte perfettamente tirate; il buio ha inghiottito gli angoli della stanza, mescolato al freddo.
Eppure, non me l'aspettavo così.
Il pensiero non è rivolto a nulla in particolare, non alla donna in grigio, non alla festa, non al suo matrimonio.
Non me l'aspettavo così”, dice agli oggetti della scrivania, per sentire che effetto fa detto con la sua voce.
Altre gabbie, più grandi, più dorate, avvolte attorno alla scatola che era la sua cameretta di bambina terrorizzata, si stagliano da sempre attorno a lei, inimmaginabili. Hanno sbarre sorridenti educate che sembrano cantare in coro Lunga vita alla regina!, e torreggiano su di lei, la stringono, ed Elsa non ha mai pensato, non ha mai immaginato, non...
Io non credevo che... non immaginavo... io...”
Il tremore delle spalle fa precipitare le lacrime sul suo petto. Elsa piange e ogni respiro è un tremito.
Sta così a lungo, mentre la pioggia scema; ormai è solo un picchiettio sui vetri.
Improvvisamente, Elsa si alza, quasi si getta sulla scrivania. Un foglio, subito, e una penna, l'inchiostro caracolla nel boccetto.
Anna.
Se Anna fosse qui, se Anna ci fosse, se Anna... lei sa il modo, lei lo sa, lei trova ogni strada, se Anna sapesse... Anna.
Elsa fissa con occhi liquidi la carta di lettere.
Anna è all'ottavo mese: se le arrivasse un semplice Vieni, non esiterebbe a precipitarsi, lei e i suoi nove chili di bambino in grembo.
Il respiro si è fatto quieto.
Mio marito si scopa la donna che ama da sempre è persino più ridicolo di Vieni.
Elsa si lascia scivolare sulla sedia, ripone lentamente la penna.
Chiude gli occhi e sente la stanchezza come drenarle i sangue. Fa freddo.
Non ho più un posto in cui fuggire, Anna, pensa. Mi hanno presa, finalmente. Io non credevo proprio che la vita fosse così... -e qui il pensiero sfuma.
Si sente leggera come mentre ballava con suo marito.
Io sono sola.
Si corica.
Fuori, un tuono lontano, poi un altro e un altro e...
La pioggia tamburella sulle sue palpebre chiuse. Dilava i pensieri, la trascina dolcemente nel sonno.


*

E come un miraggio, il suo castello.
Le colonne di ghiaccio sfolgorano perfettamente lucide proprio come allora, il sole incendiato contro la neve del picco.
Tutto è immobile.
Quando posa il primo passo sul ponte non si sente nulla: anche i suoni sono stati congelati.
Sale lentamente, dietro di lei lo strascico si allunga come un sogno a coprire la scalinata.
Elsa vede il proprio riflesso guizzare sugli scalini: è quella di allora, altrettanto giovane.
E' un richiamo lontano, un ricordo incastonato nella montagna. Lo guarda farsi sempre più vicino, riempire il cielo dei suoi pinnacoli.
Il portone si apre senza un rumore.
Ogni cosa è identica ad allora, se non che al centro della sala sta un trono dallo schienale altissimo. E' ricoperto di pelli, e su queste Hans.
Elsa lo lo scruta immobile; da lontano, un gorgogliare lento di sangue nelle tempie.
E' come allora, come il giorno della sua incoronazione: la giacca bianca, le mostrine lucide, i guanti, gli stivali.
I suoi occhi verdi la guardano come non hanno mai fatto, mentre si accomoda sulle pelli per mostrarle meglio quanto sia nudo dalla vita in giù.
Al cenno di avvicinarsi, Elsa obbedisce.
Non riesce a smettere di guardarlo; indugia sul cazzo eretto tra le cosce bianche di marmo.
Sono così vicini, improvvisamente.
E' giovane, tanto giovane con gli zigomi arrossati e i capelli fiammeggianti, così bello...
Il piacere è languido come una malinconia quando lui allunga una mano per carezzarle un seno.
Elsa lascia andare il respiro che non sa di avere trattenuto.
Si ritrova nuda tutto d'un tratto davanti a lui, in piedi tra le sue ginocchia divaricate.
Sospira ancora, e questa volta le mani sono due, e la stringono forte, la toccano da farle male, ma non ha alcuna importanza; posa le sue sul dorso di quelle di lui, a incoraggiarlo.
Hans la guarda con gli occhi inscuriti dalla voglia mentre continua a toccarla ovunque ed Elsa ha il respiro spezzato solo per quello sguardo.
Una mano scivola lungo il suo fianco, la arpiona dietro al ginocchio, e lei si trova in braccio a lui, i sessi che sfregano piano, le dita affondate nella carne del suo culo.
Il respiro la bocca la lingua di lui è contro il suo seno, tutto è talmente caldo così caldo solido che Elsa si aggrappa affannata contro le sue spalle gemendo piano e lui sfrega tutta la sua lunghezza sulla sua fessura in un movimento estenuante, lento che... che...
La prende forte mordendole la spalla e il piacere è caldo oh così caldo e dolce da far male.
Sente i propri respiri rotti, un singulto soffocato nel collo di lui.
Si puntella sulle braccia di Hans per cercare di andargli incontro, per inseguire il ritmo folle dei suoi fianchi, ma lui la afferra per i polsi con un ringhio e la tira nuovamente contro il proprio petto; la bacia mordendole le labbra, lei risponde tutta lingua dolce molle arrendevole, i gemiti di entrambi mescolati coi respiri, con...
Gli occhi di Hans sono scuri e le labbra rosse lucide; se la stringe al petto quando la fa venire, accarezzandole delicatamente i capelli mentre le mormora con dolcezza oscenità che lei non riesce a capire. La culla sopra di sé finché anche lui non viene e tutto attorno trema si dissolve il freddo cala e svapora sui loro corpi liquidi di piacere così caldi così-

Elsa si sveglia di soprassalto.
Il cuore le martella nel petto nel collo nella figa, e la luce dell'alba entra rosata dalla finestra.
Con le dita un po' tremanti si trova completamente bagnata.
Ricade sui cuscini e ascolta il battito farsi sempre più quieto.
Il baldacchino del letto matrimoniale è pieno di ombre azzurre.
Tra tutti, proprio Hans.
Elsa contempla straordinariamente calma il sogno, soffermandosi sui particolari più osceni. Ogni eccitazione è svanita mentre elenca tutti gli attributi di Hans: quasi omicida, nipote e ora uomo di fiducia di suo marito, ex principe, ex prigioniero.
Ha degli occhi molto belli, però, si trova a pensare prima di soffocare una risatina quasi isterica.


***



Sarete confusi e vi capisco: si tratta di una fanfiction frammentaria, che non vuole raccontare una storia per filo e per segno, e per questo molti anelli di congiunzione degli eventi sono completamente saltati. Se l'incompletezza della storia vi infastidisce, me ne dispiaccio, ma non ho intenzione di scrivere altrimenti.
Fornisco qui, per chi è interessato, una visione più complessiva della vicenda:
All'età di 25 anni, messa alle strette da ragioni politiche, Elsa sposa re Mark Westergaard, lo zio più giovane di Hans. E' un uomo maturo (ha passato i 50 anni) di genio politico e militare; ha alle spalle due matrimoni e due figli maschi. Ha preso in moglie Elsa per convenienza, nonostante abbia un'amante storica, una donna di corte senza alcun titolo.
Re Mark odia quanto Hans il ramo principale dei Weestergaard, perché, in quanto ultimo dei figli cadetti, ha dovuto subire delusioni continue. Poco dopo il matrimonio con Elsa, riesce ad avere la meglio in campo politico sui fratelli di Hans, che ora governano le Isole del Sud; forte della vittoria, oltre a convenienti concessioni commerciali, ottiene la scarcerazione di Hans per umiliarli e per servirsene come consigliere.
Elsa si ritrova in una corte straniera, con un marito che non ama e non la ama, una donna che la scalza di fatto dal suo ruolo di regina e il suo quasi assassino.
All'epoca dell'episodio raccontato in questo capitolo Elsa e Hans non provano odio né amicizia l'uno nei confronti dell'altra, tacitamente hanno deciso di seppellire il passato. A volte conversano assieme e questo è quanto.

E ora, veniamo alle vere e proprie note (i lamenti e le scuse) dell'autrice:

1. Debbo scusarmi in ordine sparso con: il comitato genitori, la Walt Disney Company, i lettori e la mia coscienza. Mai scritto scene erotiche, e che la prima sia proprio su personaggi di un cartone animato fa un effetto... lurido, ecco.
E poi mi scuso per lo stile: è volgare, ma vi assicuro che non l'ho fatto per ostentazione di oscenità! Semplicemente, trovo ridicole le trite perifrasi per indicare tutto ciò che concerne la sfera sessuale, e non ho la fantasia né la voglia di trovarne di migliori. La scena poi vorrebbe essere simbolica di una condizione esistenziale repressa al limite, che trova sfogo solo nella fantasia più rozza, non essere erotica nel senso di “eccitante”. Scusate ancora l'orrendezza, ma proprio non sono riuscita a fare di meglio u____u

2. Il ballo. Grrr. Che odio. Una fatica immane per cercare di catturare il macello che di solito c'è alle feste. Volevo dimostrare che anche nell'1800 ci sapevano fare in quanto a sballo xD Ma l'atmosfera ancora non mi convince.

3. Non c'entra e non ve ne frega nulla, ma lo dico lo stesso: ho scritto la scena incriminata mentre ascoltavo "Inverno" di Vivaldi. E la cosa, non so per quale ragione, ha dell'esilarante e del grottesco al contempo.

Grazie per avere letto (non c'è bisogno che vi dica che recensioni e critiche sono più che ben accette)! Alla prossima!

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Capitolo 4
*** La Regina delle nevi ***


Grazie grazie e ancora grazie a chi recensisce e a chi legge! *^*

Note, link e robaccia varia in fondo, le cose veramente importanti qui di seguito:

1. Come ormai siamo abituati, c'è musica (una vecchia conoscenza, tra l'altro): https://www.youtube.com/watch?v=kbQyXXOOz-c&list=LLeqWheOMsl0MklkF9hKgq4A&index=1

2. Importante! Nel capitolo vi sono cenni espliciti a pensieri di morte. Siete avvisati.

3. Sono presenti svariati riferimenti al racconto di Andersen “La Regina delle Nevi”, al quale è ispirato Frozen. Non è assolutamente necessario avere letto il racconto per capire la fiction (per quello ci pensano le note a piè pagina * risata nervosa * )






04. La Regina delle Nevi 
[età adulta]





Cadono gli anni friabili come foglie.
Elsa non si trova molto cambiata dal ballo di alcuni anni fa, e al contempo si sente stanca, tanto più stanca: a volte pensa che il tempo l'abbia limata da dentro.
Sta tornando l'inverno; il giorno punteggia notti che si allungano come sogni.
Posso fare qualcosa per dissipare il velo di malinconia di vostra Maestà?”
Hans l'ha raggiunta alla finestra canticchiando un motivetto; la prende per i fianchi.
Elsa lo lascia fare mentre poggia con la schiena contro il suo petto caldo.
Sono amanti da... non ricorda nemmeno da quanto tempo.
Erano passati mesi, prima che lui si accorgesse degli sguardi lunghi che Elsa gli lasciava scivolare sulle spalle. Una sera d'autunno, mentre giocavano a whist sulla terrazza, l'aveva sfiorata da sotto il tavolino, davanti alle gentildonne e agli uomini che ridevano e fumavano sigari.
Non si erano nemmeno guardati; lui continuava a canzonare un vecchio maresciallo che perdeva da tutta la serata, mentre con le dita le carezzava l'interno molle del ginocchio.
Doveva essere avvampata, perché la moglie del maresciallo aveva chiesto, accorata: State bene, Altezza? Come siete rossa! Volete che si chiami un dottore? Non avrete la febbre?
Aveva balbettato qualcosa ma Hans l'aveva interrotta: “Signora, non dite sciocchezze: in virtù delle sue... peculiari qualità, sappiamo bene che sua Altezza non può ammalarsi. Non è vero?”
L'aveva guardata sorridendo mentre le stringeva l'interno della coscia.
Ha lo stesso sorriso sornione, quando Elsa si volta nell'abbraccio.
Sei quasi più triste del solito, mia cara.”
La contempla scostandole una ciocca dagli occhi liquidi, che ultimamente sembrano sempre supplicarlo in silenzio.
Non che non ti doni, la tristezza”, le mormora contro le labbra.
Elsa si lascia baciare in quella maniera un po' languida, come fa sempre lui.
Quando Hans traccia il profilo del suo collo con la bocca, apre gli occhi: il soffitto dei suoi appartamenti è rischiarato dal camino che brucia dirimpetto al letto.
Tutti gli oggetti sono dove li ripone o dove vengono sistemati dai domestici, gli abiti nello spogliatoio, le collane nel portagioie, i guanti nei cassetti, ed Elsa sa che tutte queste cose non hanno alcun valore per lei. Sono sue, eppure in tanto tempo non si è depositato nulla di lei in quel castello: se dovesse sparire domani, nulla racconterebbe la sua presenza.
Non lascio già più impronte, pensa.
Sente Hans, col respiro un po' pesante sul suo collo, premersi contro di lei, toccarla da sotto la gonna -si è arricciata attorno ai suoi avambracci, stringere quella pelle alla quale Elsa da qualche tempo si trova a pensare come a un involucro sottile da cui sgusciare piano in una sola notte.
Un dolore come una nausea le sale dal cuore.
Hans...”
Credendolo un incoraggiamento, lui se la spinge ancora più contro il petto. Torna a baciarla con foga, le dita corrono ai nastri del suo corsetto.
Hans... Hans!”
Hans la guarda un po' sorpreso divincolarsi nel suo abbraccio come un animale braccato; allenta la presa fino a tenerla delicatamente per la vita.
Ancora quegli occhi supplicanti su di lui.
Devo avere frainteso”, sussurra contro il palmo della sua mano, prima di baciarlo piano.
Si allontana, lasciando Elsa guardarlo dirigersi con disinvoltura all'armadietto dei liquori.
Gli stivali, l'anta, i bicchieri, la bottiglia producono suoni secchi nel silenzio della stanza.
Allora, vediamo” , fa Hans, tornando verso Elsa, impalata dove l'aveva lasciata. Quando fa il gesto di offrirle il secondo bicchierino, lei si limita a continuare a guardarlo.
Senza esitazione Hans beve per entrambi.
Vediamo. Niente sesso, niente alcool... forse vi andrà di ballare, Altezza?”
Elsa capisce che è arrabbiato dal modo con cui l'afferra per un fianco e se l'attira vicino, nonostante le sue deboli proteste.
La trascina in una danza i cui unici accompagnamenti sono lo scricchiolio del parquet e il crepitio del fuoco.
Poi, inizia a canticchiare il motivo di prima; glielo sente vibrare in tutto il petto.
Belle nuit, o nuit d'amour, souiris a nous ivress”, lo sente cantare contro la sua tempia, ed è come se la melodia tirasse mille fili della memoria che si riannodano contemporaneamente.
Cosa?”
Hans continua a cantare e a sospingerla nel ballo.
E' la stessa di quello straniero di tanti anni fa, l'unico ballo mai ballato con suo padre.
Bella notte, o bella notte d'amore, sorridi alle nostre gioie, notte molto più dolce del giorno, o bella notte d'amore!
L'aveva cullata tanto dolcemente per la sala e lei aveva provato una gioia, una gioia talmente piena che aveva sospeso per un attimo ogni paura.
Hans...”
Lui sembra non sentirla.
Il tempo fugge, e porta via le nostre tenerezze per sempre! Il tempo vola lontano da questo luogo gioioso e non fa ritorno.
Per un solo istante, la felicità d'allora riverbera tutti i giorni che sono seguiti: le braccia di suo padre le sembrano così calde, ora, l'ultimo scudo contro il dolore che sarebbe venuto, come se avesse saputo, come se fosse già un addio.
Elsa stringe le spalle di Hans; lo chiama, ma lui non ha intenzione di ascoltarla. Alza la voce, canta sempre più forte.
Appoggia la testa alla sua spalla.
Se si potesse morire di nostalgia, come sarebbe dolce! dolce come lasciarsi andare in un gorgo quieto, inesorabile, sempre più giù.
Voglio andare via”, mormora.
Lo ripete ancora più piano, chiudendo gli occhi.
E' quando lui si è fermato e tutto attorno tace che lei si accorge di stare piangendo; trema forte contro il petto di Hans, come la bambina di allora piangeva nella camera che non ha mai abbandonato.
E dove vorresti andare?”
Hans la guarda freddamente; le braccia gli pendono lungo i fianchi, non la tocca più.
Vorresti tornare ad Arendelle? Da Anna? E poi? cosa farai?”
Io... non lo so... Voglio solo andare via, lontano-”
Dove, Elsa? Lontano dove?”
Il viso di Hans è contratto dalla rabbia; non sta urlando, ma Elsa si sente piccola piccola di fronte a quello sguardo.
Non importa... Non ce la faccio più... Io... Portami via, Hans.”
La sua voce si è ridotta a un piagnucolio contro la spalla di lui.
Ancora con questa storia.”
Hans la scosta. Il vuoto improvviso del suo corpo è riempito dal freddo.
La sua sagoma riempie il caminetto, gettando ombre lunghe nella stanza.
Non ci sarà mai un posto lontano abbastanza per te.”
Hans, ti prego-”
Non c'è nessun posto, Elsa”, urla Hans “abbastanza lontano! Non ci sarà mai un luogo al sicuro dalle tue paure! Guardati... guardati! Non c'entrano più nulla i tuoi poteri. Da quant'è che sono sotto controllo? Anni? Non puoi continuare a fuggi-”
Ti prego... Hans”, singhiozza Elsa. Gli ha quasi preso una mano, quando lui la ritrae violentemente.
Smettila di guardarmi così!”, grida Hans.
Si fissano; i bagliori del fuoco riempiono di ombre il viso di lui.
La sua voce suona ferita, improvvisamente bassa come un ringhio.
Con quegli occhi... Come se fosse colpa mia. Come se mi chiedessi di farlo ora.”
Elsa ascolta il proprio respiro farsi più calmo; il suo sguardo gli accarezza il volto, ancora una volta pieno di malinconia.
Perché non mi hai uccisa quel giorno?
Solo così sarebbe abbastanza lontano, eh Elsa? E' questo che intendi.”
Non si guardano più.
Sentirlo dire da lui è come trovare una parola che si ha sulla punta della lingua.
Elsa contempla l'idea in maniera straordinariamente serena, come se ci fosse sempre stata, ammantata da tortuosità di pensieri che altro non conducevano che lì.
Sì”
Si asciuga le guance.
Sarebbe stato sicuramente meglio che tu mi-”
Taci.”
Il silenzio ristagna tra loro a lungo, Hans seduto sul letto, la testa tra le mani, Elsa in piedi, appoggiata al camino.
La sua mente è ad anni luce da lì; non si accorge di essere rimasta sola nella stanza.


*


Nevica leggero; stria di bianco la massa delle montagne, bagna come un pianto i tetti delle case addormentate.
Non è stato il tempo a limarla, pensa Elsa, seduta alla finestra.
Il paese giace sotto di lei.
E' stata la città, sì, la Città delle Stelle a mangiarla, a farla sempre più sottile. Troneggia nella sua mente vuota di tutto, altissima algida abbacinante.
Io l'ho costruita, io ho fatto la mia tomba giorno per giorno, io l'ho fatta a mia immagine.
La chiama da sempre con silenzi profondi come voragini e al contempo tanto familiari.
Il silenzio dentro l'androne di ghiaccio del suo castello, quel giorno, parlava lo stesso linguaggio.
Com'ero felice, e ripensa alla gioia di vederla brillare di ghiaccio, farsi cosa tra le cose a un suo solo gesto, lei, la città invisibile diventare visibile, come un miraggio.
Ero proprio felice. Se fossi rimasta, se fossi...
Il cielo si sarebbe arcuato sopra di lei, notte dopo notte, le stelle sfolgoranti come nei suoi sogni. Si sarebbe lasciata andare dolcemente, e il suo corpo si sarebbe fuso finalmente alle colonne, incastonato per sempre nella dimora della solitudine.
Se potessi...
Fuori, continua a nevicare.
*

E' notte fonda quando Hans sente la porta della sua camera aprirsi. Uno spiffero gelido entra fin sotto le coperte.
Elsa?”
E' buio, ma distingue una sagoma in piedi sull'ingrasso.
Cosa ci fai qui?”
Volevo scusarmi per questa sera.”
La voce di lei è debole, ma ferma.
Hans si tira su a sedere contro la spalliera, fa per cercare a tentoni la candela sul comodino.
Non l'accendere, per favore.”
Il letto cigola quando si siede sul bordo del letto.
Anche nell'oscurità, il bianco degli occhi di lei è visibile, appare e riappare sotto le palpebre.
Si guardano per un po'. Hans allunga una mano per stringere quella di Elsa. Al tatto, sente che indossa qualcosa simile a una pelliccia. Infine, le trova le mani ghiacciate.
Le bacia entrambe sulle nocche.
Elsa si china su di lui, posa il viso contro il suo collo, e Hans l'abbraccia, la stringe in silenzio. Rimangono immobili, sentendosi respirare piano.
Dopo un lungo tempo, Elsa gli bacia impercettibilmente il collo, poco più che un contatto delle labbra sulla sua pelle. Traccia il profilo degli zigomi, della mascella; si ferma contro il mento.
Hans la sente puntellarsi contro le sue spalle e guardarlo in viso. Gli posa un bacio sulle labbra.
Ed è in quel momento che una fitta, come una pugnalata, gli trapassa il cuore, lì dove Elsa ha poggiato la mano.
Urla, la spinge via perché è un dolore, un dolore un dolore un dolore come sentirsi spaccare il cuore-
Elsa è di nuovo su di lui, gli stringe la testa al petto carezzandogli i capelli; gli sussurra piano all'orecchio, e il freddo spegne in lunghi spasmi il dolore, come un assideramento.
Calmo. Non fa più male... Senti? Non fa più male. Non fa male.”
Continua a tenerlo tra le braccia anche quando tutto è finito. La guancia di Hans è gelida premuta sul suo seno.
Elsa lo scosta; Hans la guarda di rimando, freddo quando le accarezza le braccia -la pelliccia è scivolata a terra.
Lo bacia di nuovo sulle labbra.
Vestiti”, gli dice mentre si alza dal letto. “E' ora di andare.”
*
Non ci fu mai più una tempesta come quella notte.
Alla mattina, le strade parevano allagate: fu un bel daffare vangare tutta quella neve!
I candelotti alle grondaie gocciolarono per settimane, prima di sciogliersi.
La Strega delle nevi era scomparsa e non se ne seppe più nulla.


*
*
*




Uno scoppiettio allegro risale il promontorio; il sidecar caracolla un po' ondeggiante fino alla spiaggia di Nordkinn.
A un centinaio di metri dal mare, il guidatore scende; si libera del casco e degli occhiali, che getta nel posto del passeggero. Sotto, un secondo paio di tondi occhiali neri sfolgorano nella luce grigia. Inspira a pieni polmoni mentre si incammina verso la città di ghiaccio, arroccata lungo la scogliera.
Ah! Proprio un gran bel lavoro, signorina, devo ammetterlo: un gran bel lavoro!”, grida per sovrastare lo sciabordio dell'acqua, in direzione della donna che gli si sta facendo incontro.
Vedo che hai seguito il mio consiglio!”
Lo Straniero si ferma accanto ad Elsa, abbracciando con lo sguardo le torri a picco sul mare. Nulla in lui è cambiato da tanti anni fa: ha lo stesso completo nero di allora.
Orizzonte d'acciaio. Le si addice.”
Elsa non sembra particolarmente sorpresa di vederlo.
L'hai migliorata, dalla prima volta: adesso è una vera città, non un semplice castello.”
E' soddisfatto?”
Devo proprio dire di sì, mia cara signorina. Pardon, signora. Vedo che è in compagnia”, si corregge vedendo Hans seduto sulle rocce della spiaggia.
Lo Straniero ammira per lungo tempo la Città. Il mare si infrange in riflussi lenti.
Permetti se...?”, le fa, accennando alla borsa che tiene in mano.
Senza aspettare una risposta, estrae un treppiedi sul quale poggia una macchina che pare una fisarmonica.
Sparisce svelto con la testa dietro la tendina nera che pende dalla macchina; lo scoppio come di un piccolo petardo, e un cartoncino scivola fuori da una fessura a lato della scatola.
Lo Straniero sventola il foglietto per poi guardarlo compiaciuto.
Immaginazione allo stato solido. Il dritto del rovescio di un sogno. Straordinario...”, dice come a sé stesso. Prosegue, alzando la voce: “Pare che la mia ricerca sia conclusa. Questa diventerà la regina della mia collezione.”
Dalla borsa compare un libro; Elsa gli vede riporre il cartoncino accanto ad altri. Lui richiude il libro di scatto, facendolo sparire nuovamente nella borsa.
Entrambi tornano a guardare la Città.
Non mi chiedi chi sono?”
Le lenti dello Straniero non hanno più riflessi mentre la fissano. Il vento si sta alzando.
No. Non mi interessa più”, risponde Elsa, e fissa Hans lanciare ciottoli nelle onde della battigia.
Lo straniero si schiarisce la gola e comincia a recitare, con un tono declamatorio: “Così Ella siede assisa sul suo trono di ghiaccio, perfetta immagine del dolore nella dimora della solitudine! Hanno scritto storie su di te, lo sapevi?”
Elsa non lo guarda più.
Ma non sei curiosa nemmeno un po'? Gli altri erano molto interessati a sapere chi io fissi.”
Lei non risponde una parola.
Beh, fa niente.”
Lo Straniero raccoglie tutte le sue cose; si è messo la borsa sotto il braccio.
Ti dispiace se faccio un giro dentro?”
Elsa si volta a guardarlo; il vento le sferza i capelli sul viso.
Dammi la macchina della musica; e il disco. Poi potrai visitarla quanto ti pare.”
Mi sembra giusto”, dice, per nulla sorpreso della richiesta.
La troverai là dentro.”
La lascia incamminandosi verso la Città.
Nel posto del passeggere Elsa trova il grammofono e la fodera del disco; ritorna verso la spiaggia.
Siede accanto ad Hans, poggiando l'apparecchio sui ciottoli affianco a sé.
L'orizzonte è davvero d'acciaio: lontano, una sottile linea scura incerniera il cielo e il mare del medesimo colore.
Elsa poggia adagio la testa sulla spalla di Hans.
Il sole calerà su di loro.




Le pareti del castello erano formate dalla neve che cadeva, le finestre e le porte dai venti che soffiavano; c'erano più di cento saloni, secondo la forma che prendeva la neve caduta; il più grande si allungava per molte miglia, tutti erano illuminati dall'aurora boreale ed erano grandi, vuoti, gelati, luminosi. L'allegria non arrivava mai […], tutto era vuoto, enorme e gelato nelle sale della Regina delle Nevi.
Il piccolo Kay era viola per il freddo, anzi quasi nero, ma non se ne accorgeva, perché lei con un bacio gli aveva tolto il brivido del freddo, e il suo cuore era come un grumo di ghiaccio.”

[La Regina delle Nevi, Andersen, 1844]




***





Come sempre, mi scuso se la trama risulta molto oscura. Scrivo qui alcune note che possano aiutare, per chi è interessato, a fare un po' di luce (ormai richiede più note questa fiction di un'edizione scolastica della Divina Commedia, :'] ). Si tratta comunque unicamente di indicazioni: se avete interpretato in maniera diversa i fatti, molto meglio!

Come ho scritto nell'intestazione, sono presenti riferimenti al racconto originale di Andersen. Alla fine della fiera sono risultati molti di più e molto più importanti di quel che avessi inizialmente pensato.
La Regina di Andersen è una misteriosa dama\strega delle nevi, che rapisce bambini per condurli nel suo immenso palazzo. Io ho voluto raccontare come Elsa avrebbe potuto diventare quella Regina.
Lo Straniero misterioso può ricordare il Demone dello specchio descritto all'inizio del racconto di Andersen: ha a che fare in un qualche modo con i poteri di Elsa, ma non sono sicura se glieli abbia effettivamente conferiti. In ogni caso ha voluto sfruttare le paure e le abilità di Elsa per dare vita all'immagine tangibile di una fantasia.
La Città delle Stelle (come pure il castello di ghiaccio visto nel film, che ne è una miniatura) è l'allegoria di tutta una persona; la città è Elsa e viceversa, e assieme condividono gli attributi della solitudine e del dolore. Non è presente nel racconto originale di Andersen.

Se c'è qualcos'altro a cui siete interessati (o volete insultare l'Autrice per la sua mancanza di chiarezza), sono a disposizione. Se le domande fossero interessanti, potrei rispondere con uno spin off; non è una minaccia né una promessa né pubblicità occulta a lasciare recensioni, semplicemente ho notato che qualcuno ha fatto domande e mi sembra un modo carino per rispondere.

E ora, le dolenti note dell'autrice, totalmente a random:
1. Non mi convince per nulla. Lo stile ficcyna è riemerso a tradimento come una bolla, maledetto! Direi che tra l'ermetismo del contenuto e la sciatteria dello stile mi sono data la famigerata zappa sul piede, lol. Ahimè, si fa quel che si può.
2. Non volevo rendere Hans così “innamorato”: inizialmente lo volevo solo il bastardo che è nel film, unicamente interessato a Elsa come amante. Poi... non so, sarà che il tono della storia è virato tanto sul tragico, ma non ho potuto rispettare le intenzioni iniziali. Ammetto che mi sarebbe piaciuto vederli felici, ma... c'est la vie!
3. Se guardo retrospettivamente le frasi e i pensieri di Elsa nei precedenti capitoli, quasi tutti celano forti pulsioni di morte (paroloni piovono dal cielo come polpette). Il disagio di trovarsi nel qui e ora e il desiderio di un altrove lontano, la stessa scelta di Hans come amante (colui che l'ha quasi uccisa), tutto gira attorno al desiderio di morire. L'intero dialogo con Hans può essere tradotto come una richiesta di ucciderla. Per chi se lo chiedesse: NON mi identifico in Elsa, come i tragediografi non si identificavano con i loro personaggi. Giusto per non vedermi venire a prendere con la camicia di forza :')
4. Capo Nordkinn esiste davvero, ed è davvero la punta nord d'Europa.
5. Ho scritto le ultime due scene ascoltando il Preludio di Tristano e Isotta di Wagner. Non aggiunge né toglie nulla, ma la musica è molto bella, nel caso interessasse: https://www.youtube.com/watch?v=J-qoaioG2UA
6. Lascio qui il link di una traduzione della “Regina delle Nevi” di Andersen: http://www.andersenstories.com/it/andersen_fiabe/la_regina_della_neve



Ringrazio chi è giunto fino alla fine! Un saluto, 

Revan

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