Your guardian angel

di Blackshadow90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UN NUOVO INIZIO ***
Capitolo 2: *** "WE DON'T REMEMBER DAYS,WE REMEMBER MOMENTS ***
Capitolo 3: *** VICINANZA PERICOLOSA ***
Capitolo 4: *** UNA SERATA INSOLITA ***
Capitolo 5: *** UNA SERATA INSOLITA PARTE 2 ***
Capitolo 6: *** CAP.5 IL PATTO ***
Capitolo 7: *** 7.OLD DEMONS ***
Capitolo 8: *** CAP.8 LACRIME,RISATE E CORAGGIO ***
Capitolo 9: *** AMICIZIA A RISCHIO ***
Capitolo 10: *** IO CI TENGO DAVVERO A TE ***
Capitolo 11: *** FIDUCIA ***
Capitolo 12: *** PAURA DI AMARE ***
Capitolo 13: *** LITIGI E DICHIARAZIONI ***
Capitolo 14: *** MI FIDO DI TE ***
Capitolo 15: *** BUON NATALE AMORE MIO ***
Capitolo 16: *** UN PERICOLOSO IMPREVISTO PART.1 ***
Capitolo 17: *** UN PERICOLO IMPREVISTO PART.2 ***
Capitolo 18: *** PERDONO ***
Capitolo 19: *** AH,L'AMOUR, L'AMOUR ***
Capitolo 20: *** NIENTE E' PER SEMPRE ***
Capitolo 21: *** E' UNA PROMESSA ***
Capitolo 22: *** C'era una volta una principessa triste ***
Capitolo 23: *** 10 ANNI DOPO... ***



Capitolo 1
*** UN NUOVO INIZIO ***


Your guardian angel has sent me to you:il tuo angelo custode mi ha mandato da te

CAP.1 UN NUOVO INIZIO

-Ginevra,tuo padre ti aspetta in macchina ,sbrigati che il volo parte tra poco- disse mia madre dal piano di sotto.

Mia madre era una tipa molto ansiosa e questo lato di lei lo odiavo perché  di conseguenza anche io diventavo ansiosa e non andava per niente bene:se qualcosa sfuggiva al mio controllo andavo letteralmente nel panico.Scesi in fretta le scale con le mie valigie di Luis Vuitton e mi fermai in cucina per fare una colazione veloce,buttando le valigie a terra.-Gin non sbattere così le valigie e  sbrigati- quella donna era capace di farmi innervosire in un secondo,non me ne importava un bel niente di quelle dannate valigie firmate e non volevo neanche partire ma i miei ovviamente, nonostante fossero dei genitori amorevoli,pensavano che mandarmi in una nuova scuola e in una città nuova fosse la cosa migliore per la loro figlioletta che non riusciva a superare il lutto.Sono sempre stata fortunata,ho dei genitori amorevoli e benestanti,ero la ragazza piu popolare,intelligente e bella di tutta la scuola e avevo un fratello stupendo che tutte le ragazze della amavano,tutti ci invidiavano ma come spesso si dice,niente dura in eterno,tutto era finito un anno prima ed io ero cambiata totalmente.Ero diventata cinica e indifferente,avevo allontanato tutti,e non mi importava più di essere sempre bella e perfetta,la mia vita era terminata il 19 agosto dell’anno prima,quando avevo appena diciassette anni.

Terminata la colazione diedi un bacio sulla guancia a mia madre che mi raccomandò di chiamarla apenna atterrata e corsi in macchina.Il viaggio da casa all’aereoporto fu silenzioso e mio padre non fece altro che guardarmi con preoccupazione.Poco prima di imbarcarmi mi abbracciò –Gin,lo so che questo cambiamento non ti piace ma è meglio per te voltare pagina perché in questo ultimo anno ne ai passate davvero troppe.Non sono mai riuscito a consolarti,in pochi mesi ai toccato il fondo e io non ero lì con te perché come padre sono un disastro.Tuo fratello Nicolò è stato come un padre per te ma devi ricordarti sempre che quello che è successo non è colpa tua,ti voglio bene piccola mia- odiavo piangere davanti agli altri ma non riuscii ad impedirlo e lo abbraccia stretto.Presi le valigie e senza voltarmi salii sull’aereo che mi avrebbe portato a Milano per cominciare una nuova vita in una casa con un amica  d’infanzia e due ragazzi che vivevano con lei,uno dei quali era il suo fidanzato.Erano quasi due ore di volo  perciò quando mi sedetti,accesi l’ipod,misi le cuffie nelle orecchie e senza accorgermi mi addormentai.

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Leonardo,uno dei piu popolari della scuola come mio fratello ci fermò e ci disse  che sabato c’èra una festa impedibile sulla spiaggia e ci disse che io e mio fratello non potevamo mancare.Amavo le feste e quando tornai a casa gli raccontai tutto;non aveva molta voglia di uscire quel sabato ma ero la sua adorata sorellina e non mi diceva mai di no.Uscimmo alle 10

con la sua adorata mustang shelby del 67’ che molto probabilmente amava piu di me e lui mi parlò di musica.Amavo mio fratello perché oltre ad essere bravo a scuola come me era anche bravissimo nello sport e cantava

infatti aveva una band.Ci eravamo fermati al semaforo e ne avevo approfittato per sistemare il trucco-Non ce bisogno che metti quintali di trucco e mini abiti per piacere,tu sei bellissima così come ti vedo io la mattina appena sveglia,con i capelli in disordine e senza trucco;è non te lo dico perché sei la mia piccola Ginni,ma perché è la verità- mi disse queste semplici parole e sapevo che senza di lui non potevo fare niente-Ti voglio bene Niki- furono le ultime parole che lui sentì perché appena scattò il verde e lui accellerò,una Jeep nera ci travolse in pieno>>

Mi svegliai all’improvviso e la signora accanto a me mi teneva una mano sulla fronte-Signorina,signorina sta bene?Mi scusi se l’ho svegliata ma stava sudando e si lamentava nel sonno,e poi siamo appena atterrati-quell’anziana mi guardava preoccupata.-Si sto bene,grazie-risposi brusca ma non me ne importava quello ero io e odiavo quando le persone si preoccupavano per me.Quando scesi dall’aereo con le valigie in mano mi guardai intorno alla ricerca di Alice,la mia amica e appena mi voltai me la trovai davanti,era diversa rispetto a otto anni prima;era piu alta di me aveva lunghi capelli neri,occhi azzurri,fisico magro e sorriso smagliante,mi ricordava tanto una dea greca con quel viso sottile e fine.Non feci in tempo a salutarla che mi saltò addosso e mi abbracciò-Sono otto anni che non ci vediamo,mi sei mancata tanto-disse sorridendo.Odiavo il contatto fisico ma era pur sempre Ali,la ragazza con cui ero cresciuta,perciò ricambiai l’abbraccio-Mi sei mancata anche tu-.

-Andiamo così ti mostro la casa e ti presento il mio fidanzato Andrea che è anche nostro convivente,Riccardo invece,l’altro ragazzo che vive con noi Riccardo tornerà a settembre,è il migliore amico di Andy ed è bravo.-Ah senti Ginni-,la boccai subito-Ali chiamami Gin o Ginevra,lo sai che Niki mi chiamava così e per favore non parlare di lui-.-Va bene Gin,andiamo-.

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Capitolo 2
*** "WE DON'T REMEMBER DAYS,WE REMEMBER MOMENTS ***


“We don’t remember days,we remember moments” Ero terribilmente stanca e tutto ciò che volevo in quel momento era un po’ di silenzio,ma tra Alice e Andrea che mi bombardavano di domande non avevo avuto un attimo di tregua durante tutto il viaggio verso casa che era verso il centro di Milano. Mi avevano chiesto come andavo a scuola e cosa avrei fatto dopo ed io ero rimasta sul vago perché fino ad un anno prima avevo le idee chiare;amavo il mare e gli animali per questo volevo diventare biologa marina e lavorare in un parco acquatico. I miei genitori mi avevano sempre sostenuta anche se pensavano che sarei stata perfetta come avvocato invece Nicolò era orgoglioso dell’indirizzo che volevo prendere perché pensava che ero nata per fare quel lavoro. Ora invece non sapevo bene cosa fare,il futuro per me era diventato una macchia scura e indistinta. Avrei voluto dire tutte quelle cose ad Alice,avrei voluto parlargli delle mie paure e dei miei sensi di colpa di tutto,ma non ero ancora pronta perché sapevo che se ne avessi parlato con lei sarei di nuovo crollata. Quando arrivammo,Andrea iniziò a cucinare mentre Alice mi mostrò la casa:all’entrata sulla sinistra c’era un grande soggiorno con due poltrone color crema una accanto all’altra,un tavolino di legno al centro e un tv al plasma poggiato su un tavolino di vetro di fronte alle poltrone;a sinistra dell’entrata invece c’era la cucina spaziosa e moderna;al piano di sopra invece c’erano in fondo al corridoio le due stanze una di fronte all’altra. - La stanza sulla sinistra è dei ragazzi e la porta accanto è il bagno,invece questa sulla destra è la nostra stanza,noi abbiamo il bagno in camera – mi disse Alice sorridendo. Presi le valigie ed entrai in camera – Mi vado a fare una doccia e poi vado a riposare,non ho voglia di mangiare – ero davvero troppo stanca. – Va bene,oggi pomeriggio ti va di uscire?- mi sembrava scortese dire no così annuii e lei se ne andò a mangiare. Mi chiusi subito in bagno e dopo essermi spogliata velocemente aprii l’acqua e rimasi la sotto a rilassarmi;l’acqua riusciva sempre a rilassarmi,era un’abitudine che avevo fin da quando ero piccola: tutte le volte che ero arrabbiata,triste o stanca mi chiudevo in bagno e rimanevo sotto l’acqua per ore con il mio amato bagnoschiuma alla vaniglia. Quando uscii dalla doccia misi l’asciugamano,andai davanti allo specchio e fu li che la vidi,in bella mostra sul mio collo:la prova del mio tentato suicidio,una cicatrice bianca lunga dieci centimetri che mi ricordava ciò che avevo fatto due settimane dopo la morte di Niki. <> Sfiorai la cicatrice con l’indice,lentamente pensando ogni volta che era il simbolo della mia colpa. Uscii subito dal bagno e dopo essermi vestita iniziai a svuotare la valigia con calma mettendo i vestiti in ordine nella parte dell’armadio riservata a me. Per ultima uscii la mia adorata macchina fotografica che portavo sempre con me;amavo fare fotografie alla natura che mi circondava e a tutto ciò che mi dava ispirazione perché volevo catturare ogni particolare e ogni ricordo per non dimenticare niente. La mia paura più grande era dimenticare il volto o la voce di Nicolò,non avrei potuto sopportarlo. Dopo aver sistemato tutto,chiusi le tende e mi distesi sul mio letto,misi le cuffie e feci partire la playlist con le canzoni di Niki; <> Mi svegliai e guardai l’ora,erano le cinque e mezza così scesi al piano di sotto per bere un bicchiere d’acqua. - Ehi bella addormentata allora esci con noi?- Andrea era un ragazzo bello e simpatico,aveva dei capelli biondo scuro,occhi azzurrissimi e un fisico niente male. - Si,devo solo vestirmi,dove andiamo?- ero stata a Milano solo una volta,ma ero molto piccola. - Giriamo un pò in centro così inizi ad imparare le vie principali-. –Va bene per caso c’è un parco qui vicino?- avevo sempre avuto un debole per i parchi,perché amavo la natura e potevo sia scattare foto che rimanere un po’ sola a pensare. - Si c’è un parco molto bello,si chiama parco Sempione,se vuoi andiamo lì- non me lo feci ripetere due volte. Corsi subito a vestirmi,scelsi un pantaloncino nero a vita alta con una camicia bianca semitrasparente,delle ballerine nere e una borsa bianca a tracolla. Mi ero preparata in fretta eppure solo in quel momento che aspettavo mi accorsi che Alice non si era più avvicinata a me anzi passando davanti la stanza dei ragazzi notai che si stava vestendo lì così entrai. - Ehi Ali,ma è una mia impressione o mi stai evitando?- lei rimase spiazzata e subito abbassò lo sguardo. - Si ai ragione,è solo che non so come comportarmi dopo la chiamata di tuo padre- io rimasi un po’ spiazzata-Mio padre ti ha chiamata?-. - Si,mi ha chiesto di starti sempre accanto e mi ha raccontato di tutto quello che è successo dopo la morte di Nicolò,perché sapeva che tu non me l’avresti mai detto- abbassò subito la testa imbarazzata,mentre io maledivo mio padre in tutte le lingue,non volevo che qualcuno sapesse del mio tentato suicidio perché da quando i miei parenti lo avevano saputo,mi guardavano sempre con pietà e non lo sopportavo. - Senti Alice non so cosa ti ha detto mio padre,ma ti chiedo per favore di non farmi domande. Sono qui per ricominciare....-. - Lo so Gin, non ti chiederò niente- disse lei triste.- Hai una cartina di Milano per caso?-mi guardò con curiosità -Si eccola,perché?- mi disse porgendomi una cartina conservata tra i libri. - Vorrei andare al parco Sempione- avevo bisogno di stare da sola,e Alice lo capì subito infatti non si oppose - Va bene,alle 8 e 30 ci vediamo a casa- io annuii e subito scesi le scale ed uscii. Fu facile usare la cartina perché avevo sempre amato viaggiare e tutte le volte che facevo un viaggio con la mia famiglia ero sempre io quella che teneva la mappa e guidava il gruppo,spesso le prime volte sbagliavo le strade ,ma col tempo ero diventata un’esperta,era impossibile per me perdermi. Camminavo lentamente con la macchina fotografica in mano,fotografavo tutto ciò che mi ispirava:un turista tedesco che sorrideva,una farfalla marrone che volava sulla mia testa,un bambino col gelato in mano,e senza accorgermi arrivai a destinazione. Davanti a me si ergeva in tutta la sua bellezza e grandezza il castello sforzesco;avrei voluto fargli tantissime foto,ma ero troppo impaziente di entrare nel parco che si estendeva dietro,così feci il giro ed entrai nel parco. Restai praticamente a bocca aperta per la bellezza;passeggiai tra alberi e prati,fotografai il ponte delle sirenette e il bellissimo laghetto insieme ai fiori:ortensie,camelie,e rose antiche dominavano tutto per non parlare poi dei faggi delle querce e degli animali che lo dominavano. Dopo aver girato per due ore trovai un posticino isolato e nascosto vicino la riva del laghetto,lì mi distesi sull’erba a pancia in su e come inevitabilmente succedeva ripensai alla mia vita,al mio senso di colpa e al fatto che in ogni cosa e in ogni pensiero che facevo Niki era sempre accanto a me e mi mancava terribilmente,avevo bisogno del suo coraggio,della sua forza,per poter andare avanti ma se lui non c’era io ero vuota,ero sola,nessuno a parte lui sapeva comprendermi e soprattutto accettarmi così come ero. Il rumore dell’acqua mi ipnotizzò e mi addormentai. Quando mi svegliai,era buio e sentivo qualcosa vibrare sulla mia pancia,guardai l’orologio e sgranai gli occhi:erano le 11 tra mezz’ora il parco chiudeva e per di più dovevo stare a casa alle 8 e 30,presi il telefono e risposi –Gin,dove diavolo sei???sono ore che ti chiamo e sono al parco con Andrea ma non riesco a trovarti- ero una stupida,facevo solo danni su danni. - Scusa Ali,perdonami mi sono addormentata,incontriamoci davanti il castello-. - Va bene arriviamo- chiusi la chiamata e vidi che avevo 20 chiamate perse da Ali e altrettante da Andrea,ero terribilmente dispiaciuta e corsi vero il castello. Alice mi corse incontro con Andrea –Ci ai fatto preoccupare da morire-disse quest’ultimo,Alice invece era arrabbiata - Prima ti ho promesso che non ti avrei fatto domande e non le farò,ma tu non ai il diritto di sparire senza dire niente,mi sono fatta mille film in testa su quello che poteva esserti successo- alzai gli occhi dispiaciuta,aveva ragione - Ai ragione sono una stupida,scusa-. - Non fa niente,scusa tu, adesso però andiamo a casa- annui con un timido sorriso e mentre lei andava avanti Andrea mi venne vicino - Ehi lo so che è stata dura,ma si sentiva in colpa per quello che è successo…sai so tutto,e ti capisco,mia madre è morta quando avevo 10 anni,ha avuto un infarto mentre veniva da me a vedere la partita di calcio…non ti posso dire che il tempo cancellerà il dolore perché non è vero,ma ti posso assicurare che un giorno ritroverai la felicità,grazie ad Alice riesco a dimenticare il passato e a vivere il presente-non me lo sarei aspettato - Mi dispiace per tua madre,io però non voglio dimenticare il passato e soprattutto non voglio essere felice perché non merito la felicità,dovrei essere morta io,non lui- e puntualmente le lacrime iniziarono a scendere lungo le guance. Andrea mi abbracciò forte –Tu meriti la felicità,tuo fratello vorrebbe questo per te,ne sono sicuro-le sue parole non mi rasserenarono ma comunque annui e sorrisi. Quando tornammo a casa mi chiusi in camera e inizia a spogliarmi;da quando ero li dormivo sola,mentre Alice dormiva con Andrea nella camera dei ragazzi dato che Riccardo,l’altro inquilino,era ancora in viaggio;non davo confidenza a nessuno se non ad Alice e Andrea,ma non potevo nascondere che ero curiosa di conoscerlo:questo però prima di ascoltare la descrizione di Alice,lei infatti mi aveva detto che era un bellissimo ragazzo e anche molto bravo e protettivo nei suoi confronti visto che era la fidanzata del suo migliore amico,ma per quanto riguardava la questione “ ragazze” era meglio allontanarlo. Utilizzava le ragazze come fazzoletti,a scuola tutte gli cadevano ai piedi,bastava che schioccasse le dita ed erano tutte pronte a realizzare qualunque suo desiderio. Nonostante la sua fama di sciupafemmine ogni “ingenua”,come le definiva Alice,ragazza sperava di farlo innamorare,ma nonostante il bene che Alice gli voleva,diceva che forse non sarebbe mai cambiato,era tanto che lo conosceva. A mio parere aveva assolutamente ragione,in passato ero accerchiata da ragazzi come lui,facevo parte di un mondo a parte in cui c’era una gerarchia sociale:i più popolari di cui io e mio fratello facevamo parte erano al vertice,mentre gli altri erano solo nullità. A causa di quel mondo avevo perso tutto e perciò avevo promesso sulla tomba di mio fratello che sarei cambiata,avrei abbandonato quel mondo di cui lui pur facendone parte,odiava e quel Riccardo sarebbe solo diventato una comparsa temporanea nella mia vita. Il tempo era passato in fretta ed era gia fine agosto,in quelle poche settimane mi ero legata tantissimo a quei due pazzi romantici che vivevano con me,avevano capito come ero fatta e per questo sapevano che alcune volte dovevano semplicemente lasciarmi nel mio mondo,avevano anche imparato le mie abitudini come quella di andare al parco Sempione nei momenti tristi,o quella di cucinare dolci quando ero arrabbiata e la sensazione di essere apprezzata da loro mi riportava indietro nel tempo, come quando c’era mio fratello. Quella mattina mi alzai presto con il sorriso sulle labbra e scesi in cucina per fare colazione; i due pazzi erano già lì. - Buongiorno piccioncini- dissi sorridendo maliziosa: avevo sentito tutto il trambusto che avevano fatto la sera prima .Alice mi guardò imbarazzata, mentre Andrea sorrideva spudoratamente ed entrambi mi risposero; feci colazione con calma ma quando stavo per tornare in camera Andrea mi fermò –Aspetta, stavo pensando, vi va di andare al parco aquatico tutto il giorno?- chiese rivolto a me e ad Alice. - Per me va bene- disse Alice –Anche per me- dissi io. Corsi su a mettere il costume, presi borsa e ipod e scesi di sotto. - Pronta Gin?-. -Prontissima- sorrisi e mi diressi in macchina con Alice. Il viaggio fu lungo, ma ne valse la pena: il parco era stupendo e c’era anche molta natura. Prendemmo i nostri lettini e dopo averli aperti ci spogliammo, ad un tratto sia Andrea che Alice mi guardarono incuriositi. Inizialmente non capii perché mi guardassero così poi capii - Carino il tatuaggio, che vuol dire la scritta in inglese?- subito mi rabbuiai e Alice lo capì al volo –Sono fatti suoi Andy, ora spogliati dai voglio andare sugli scivoli- la ringraziai mentalmente e andammo insieme sugli scivoli. Fu una giornata indimenticabile, la prima volta in cui riuscii davvero ad essere felice e questo grazie a quei due. Mangiammo al ristorante del parco e durante il pomeriggio misero la musica a tutto volume e fecero uno schiuma party: ad essere sincera prima di quel giorno neanche sapevo cosa fosse, ora invece mi trovavo in un grande spiazzo in costume circondata da una marea di persone con la musica alta e due strumenti che ci sparavano schiuma addosso alla gente. Finito lo schiuma party Andy ci andò a prendere un gelato e subito due ragazzi si avvicinarono a noi ammiccando –Ehi bellissime vi va di bere qualcosa?-disse il primo. - Sono Alessandro, lui invece è Mattia- disse il secondo tendendomi la mano, ma lo ignorai -Interessante, ora smammate- dissi scocciata, odiavo i tipi come loro. - Piccola, volevo solo offrirti qualcosa di interessante- mi fece l’occhiolino, la cosa che più odiavo erano le battute a doppio senso. - Il tuo amico è più dotato di te quindi se dovessi scegliere, sceglierei lui ,stronzo- me ne andai senza aggiungere altro mentre Alice se la rideva sotto i baffi e si congratulava con me. Una volta raggiunto Andrea,Alice gli raccontò tutto. -Wow Gin,non pensavo fossi così tosta,da adesso in poi starò attento a ciò che dico,perché con te non si sa mai- rideva come un matto mentre il gelato gli colava a terra. Erano le 7 e purtroppo era ora di andare,perché il viaggio era lungo. Mentre ci vestivamo, mi guardavo intorno per non scordare niente di quel luogo spensierato,di certo ci sarei ritornata. Quando entrammo in macchina guardai le foto fatte e ne notai una stupenda,con noi tre in costume;l’ avrei stampata e incorniciata,era stupenda. Mi guardai il torace e lessi per la centesima volta quella scritta indelebile che era tatuata sul mio cuore;non avevo avuto il coraggio di dire ai miei migliori amici perché l’avevo fatto,gli unici che lo sapevano erano Marco,Emiliano, e Angelo gli unici che mi avevano tirato su nei mesi in cui ero depressa. <> Quel ricordo,mi faceva capire che almeno una cosa giusta l’avevo fatta,anche se a volte pensavo di essere solo uno sbaglio,una nullità. Arrivammo a casa alle 10 e subito mi andai a lavare,quando scesi per mangiare,vidi Alice tutta felice. - Quando torna??- chiese lei felice ad Andrea. - Domani mattina- rispose lui. - Di chi state parlando?- ero curiosa,molto curiosa. - Domani torna Richi- a quella notizia diciamo che la mascella mi cadde a terra. Non volevo una nuova persona in casa,avevo raggiunto un equilibrio con Andrea e Alice,ed ero certo che questo Richi non mi sarebbe piaciuto;poteva essere bello quanto voleva,ma avrebbe dovuto imparare a non intromettersi negli affari miei,altrimenti l’avrebbe pagata:ero una tipa molto vendicativa. Angolo autrice: Allooora ,inizio col dire ke questa è la mia prima storia,spero solo che piaccia a qualcuno perché se sono negata per la scrittura per favore ditemelo. Per quanto riguarda questo secondo capitolo,ho voluto far capire bene il carattere di Ginevra,perché nonostante tutto quello che ha passato,ha una forza e un ironia davvero invidiabile,che scoprirete nei prossimi capitoli. Nel terzo finalmente conosceremo il playboy Riccardo che farà infuriare la nostra protagonista;un consiglio,non dimenticate Angelo,Marco ed Emiliano perché più avanti la nostra Ginni spiegherà chi sono:ci sono ancora tanti segreti che pian piano affioreranno dal passato. Vorrei ringraziare la mia migliore amica Ridarella xD ,perchè è solo grazie a lei che ho iniziato a scrivere questa storia,e coloro che forse in futuro vorranno leggerla. PS. QUEI TRATTINI INDICANO DEI RICORDI,perdonatemi se i dialoghi e la storia è tutta appiccicata,ma purtroppo io e la tecnologia nn andiamo molto d'accordo :p xoxo

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Capitolo 3
*** VICINANZA PERICOLOSA ***


NON ARRENDERTI MAI, PERCHE’ QUANDO PENSI CHE SIA TUTTO FINITO, E’ IL MOMENTO IN CUI TUTTO HA INIZIO -Jim Morrison Aprii un occhio, il sole mi dava fastidio,avevo ancora sonno visto che la sera prima avevamo fatto tardi;allungai una mano per vedere sul telefono l’ora,ma stranamente non lo trovai così controvoglia e nervosa mi alzai per andare al piano di sotto. Non feci manco in tempo a scendere le scale che sentii una voce sconosciuta provenire dalla cucina. Entrai e vidi Andrea che faceva colazione mentre Alice che guardava infuriata un ragazzo accanto a lei decisamente bello: alto, leggermente muscoloso,capelli neri e arruffati,ma la cosa più bella erano gli occhi,neri misteriosi e magnetici,sembravano dei pozzi senza fondo in cui chiunque si sarebbe potuto perdere. Stava parlando,anzi litigando al telefono,ma non un telefono qualsiasi,bensì il mio ed ero infuriata. Appena il ragazzo mi guardò, mi passò il telefono brusco. - Il tuo fidanzato è incazzato-. Io non avevo un fidanzato, ma quando risposi capii tutto. - -Pronto?-. - -Ehi principessa,mi spieghi chi è lo stronzo che ha risposto?Se non fossi a chilometri da te, lo prenderei a pugni- era Angelo,il mio migliore amico e non c’era solo lui infatti in sottofondo si sentivano Marco ed Emiliano che gridavano perché volevano parlarmi. - - Lollo!!Quanto mi manchi,tu e quei due pazzi come state?- ero al settimo cielo e senza preoccuparmi dello sconosciuto o di Alice e Andrea che mi osservavano me ne andai in camera a parlare tranquilla. - –Ragazzi chiudete quella cazzo di bocca!Io sto bene e lì come va principessa?- mi chiamava sempre principessa e questo mi faceva sentire unica. - - All’inizio è stata dura,mi manca molto Catania, però mi sono ambientata, e poi c’è un parco bellissimo-. - - Lo so che ami i parchi, ma voglio sapere davvero come stai,ai ancora gli incubi?-non volevo mentirgli,non potevo. - -Si…fra una settimana l’ultimo anno di scuola inizierà e io…- non riuscii a terminare la frase. - - Principessa ascoltami,cosa ti ho detto prima che partissi?- me lo ricordavo bene,quello che aveva detto. - - Hai detto che se avevo bisogno di te,bastava una chiamata e saresti arrivato con il primo volo-. - –Appunto quindi che cazzo ti preoccupi a fare?-mi chiese ridendo. - - Wow Lollo,che finezza- risi anche io. - - Ho imparato dalla migliore,principessa-. - -Stronzo,cazzo è mezzogiorno,devo andare Lollo ci sentiamo-. - - Aspetta che questi vogliono salutarti. Ehi Gin ci manchi,poi quando ai tempo chiama- gridarono in coro. - -Va bene ragazzi vi voglio bene-. - -Anche noi ciao-. Quei tre pazzi mi mancavano,ma adesso avevo cose più importanti da fare,come per esempio dire a quello sconosciuto che era uno stronzo. Andai in cucina come una furia e li trovai ancora tutti e tre li seduti,il ragazzo stava bevendo un bicchiere d’acqua. - Si può sapere con che cazzo di permesso ai risposto al mio cellulare?-ringhiai a due centimetri da lui che mi sorrise,era dannatamente bello,ma odiavo chi mi sfidava. - Io sono Riccardo,tu invece devi essere Ginevra,bel culo complimenti-. ok,ora lo uccido,avevo solo una larga maglietta addosso,quella di Niki. Sapevo però che dovevo batterlo con le sue stesse carte,non dovevo arrabbiarmi. -Grazie, peccato non possa dire la stessa cosa di te-. Pensavo si sarebbe arrabbiato e invece era divertito dalla mia risposta. -Strano,visto che le ragazze non mi mancano,e tu potresti essere la prossima-. -Neanche morta,e anzi ti consiglio di starmi alla larga se vuoi avere una pacifica convivenza;ora se non ti dispiace faccio colazione-. Lo fulminai con lo sguardo e mi diressi verso l’anta sopra il forno per prendere la mia tazza,ma non feci neanche in tempo ad aprirla che una mano mi si poggiò sul collo in corrispondenza della cicatrice facendomi girare preoccupata. -Sarà una convivenza molto interessante,bellezza-. Non gli feci terminare la frase che gli tirai uno schiaffo in pieno volto. -Non mi toccare mai più-. I suoi occhi erano un libro aperto per me,per questo capii subito che la mia reazione lo avevo stupito e irritato,ma me ne andai in camera,perché avevo ben altro da fare. Non volevo più piangermi addosso e anche se il dolore rimaneva, era il momento di rialzarmi,di riprendere in mano la mia vita,e sono sicura che Niki in quel momento mi avrebbe detto una frase che mi ripeteva sempre:Quando la cose si mettono male,lotta e vai avanti. Ci sarei riuscita pensai tra me e me,ad un tratto bussarono alla porta. POV RICCARDO: Ero arrabbiato,anzi no,infuriato. Quella ragazzina anche se era bella da togliere il fiato non si doveva permettere di tirarmi uno schiaffo,cadevano tutte ai miei piedi lei invece sembrava davvero indifferente alla mia bellezza e non riuscivo a spiegarmi il perché. -Sempre il solito stronzo…Ginevra non è come le altre quindi non stressarla;vado a fare la spesa non fare altri danni-. Mi disse duro Andy. -Farò il bravo,paparino. Uffa che coglioni,sono appena arrivato e già mi sgridate-. Sbuffai scocciato;Salii le scale per andare in camera a farmi una doccia dopo il viaggio in aereo,quando passando sentii le voci delle due ragazze,non riuscii a trattenermi così mi affacciai per origliare. -Lo so che a volte può sembrare irritante e arrogante,ma ti assicuro che appena vi conoscerete meglio diventerete amici- la mia migliore amica mi considerava irritante e arrogante,fantastico! -Io non diventerò sua amica,ma ti prometto che cercherò di essere collaborativa. Se però si azzarda di nuovo a toccarmi,lo uccido- avevo sentito la sua voce tremare come se avesse il terrore di essere di nuovo toccata e non capivo il motivo. -Gin, ti prometto che gli parlerò e capirà tutto- cosa dovevo capire?ero curioso. -No,non dirgli niente,non voglio che lo sappia,odio quando mi guardano con Compassione e se anche Riccardo iniziasse a guardarmi così non riuscirei sopportarlo,lo sai-. Cosa nascondeva Ginevra?E perché avrei dovuto guardarla con compassione?Non ci stavo capendo niente e odiavo essere l’ultimo a sapere le cose. -Va bene Gin,non gli dirò niente- Alice sarebbe uscita da un momento all’altro così corsi in camera. Sotto il getto dell’acqua ripensai a quelle parole e cercai di pensare ad un piano,perché sapevo che Alice non mi avrebbe mai detto niente e Andrea sicuramente non sapeva niente. Scesi al piano di sotto silenziosamente e vidi Ginevra che cucinava canticchiando;la osservai meglio,si era cambiata,ora indossava un pantaloncino azzurro con una maglietta nera larga,sembrava maschile,i suoi capelli biondo scuro erano legati e solo in quel momento mi accorsi di una striscia bianca sul suo collo,sembrava una cicatrice. -Che stai cucinando,bellezza?-gli chiesi spuntando all’improvviso accanto a lei. POV GINEVRA: Dopo la chiacchierata con Alice,ero di nuovo allegra ed ero andata come sempre al piano di sotto a cucinare e stavo preparando l’insalata, cantando la solita canzone. -Che stai cucinando,bellezza?-. Quando facevo qualcosa mi concentravo al massimo e nessuno doveva distrarmi,per questo quando mi ritrovai Riccardo accanto,saltai letteralmente e mi tagliai un dito:la mia allegria era andata a farsi benedire. -Cazzo,mi sono tagliata e tutto per colpa tua- mi tamponai il dito con un tovagliolo,e corsi a togliere le cotolette dal fuoco per evitare di bruciarle. -Lascia stare,faccio io,tu vai a prendere il disinfettante- andai subito in bagno a prendere il disinfettante e un cerotto e tornai di sotto convinta che avrebbe incendiato la cucina. -Hai fatto in fretta-mi sorrise sghembo prendendomi il dito ferito. -Avevo paura che incendiassi la cucina,Riki- gli diedi quel nomignolo apposta perché Alice mi aveva detto che odiava i soprannomi. - Cos’è tutta questa confidenza?Ti sei finalmente accorta di quanto sono irresistibile?-. -No,mi sono accorta di quanto sei egocentrico,stronzo,pallone gonfiato e anche applicatore di incendi- gli indicai con la testa i tovaglioli vicino il fuoco che stavano bruciando come avevo previsto. Spense subito la fiamma e buttò dell’acqua su tovaglioli. Scoppiai a ridergli in faccia e mi guardò storto. -Non è colpa tua se non sei esperto in cucina-. volevo umiliarlo. -Oh ma ti assicuro che in altre cose sono molto esperto- mi fece un sorriso che non portava niente di buono:bene,se è la guerra che vuoi,guerra avrai. -E in quali altri cose,saresti esperto?- dissi sensuale avvicinandomi a lui. -Se vieni in camera con me, te le mostro- iniziava la mia vendetta;gli appoggiai una mano sul petto, con l’indice percorsi gli addominali che si intravedevano dalla maglietta e mordendomi il labbro inferiore mi avvicinai al suo orecchio. POV RICCARDO: Pensavo avrei dovuto sudare per farla capitolare come le altre e invece ora,era a due centimetri da me,mi stava facendo impazzire e sicuramente se ne era accorta. Si avvicinò al mio orecchio. -Potrei venire,ma non ne ho voglia- me lo sussurrò e l’unico pensiero che avevo era di prenderla e buttarla su quel cazzo di letto. -Allora quando ne avrai voglia,la mia stanza è di sopra-stavolta fui io a sussurrargli all’orecchio e la sentii tremare di piacere. -Non hai capito:non ne ho voglia ora e non ne avrò mai- mi sorrise sadica e si allontanò all’improvviso tornando verso il frigo. Mi aveva preso in giro,ma io sarei stato più vendicativo di lei,alla fine avrei vinto io. POV GINEVRA: Ero di nuova sola in cucina e non ero tranquilla;avevo pianificato la vendetta,ma non avevo messo in conto le mie reazioni. Perchè quando Riccardo mi si era avvicinato avevo provato attrazione,in fondo era un bel ragazzo,ma dovevo tenere a freno gli ormoni,in fondo non ero più una ragazzina,altrimenti la situazione mi sarebbe sfuggita di mano. Stavo giocando col fuoco e sapevo che se non stavo attenta mi sarei bruciata,era solo questione di tempo. Angolo autrice: Non c’è ancora nessuno che legge la mia storia,ma non mi arrenderò, continuerò a scrivere e spero che prima o poi qualcuno vorrà leggerla e lasciarmi una recensione grazie comunque. Xoxo Ginny

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Capitolo 4
*** UNA SERATA INSOLITA ***


Cap. 4 UNA SERATA INSOLITA

 

La giornata era partita decisamente male,ma grazie al mio piano di vendetta si era fatta più interessante. Dopo il breve attimo di conversazione con Riccardo ci eravamo tutti seduti a tavola per pranzare,già mi aspettavo le sue numerose battute e insinuazioni e per questo mi ero preparata psicologicamente a come avrei potuto rispondergli,invece insolitamente rimase in silenzio a mangiare come se niente fosse e solo ogni tanto alzava gli occhi per lanciarmi sguardi sadici e divertiti, io a mia volta lo guardavo stranita e  infuriata perché sapevo che quell’atteggiamento non portava niente di buono. Andrea e Alice invece sembravano due palline da ping pong perché guardavano prima me e poi Riccardo in continuazione forse per capire l’atmosfera strana che si era creata.

-Ok,ora basta, mi spiegate che succede?-Alice capiva sempre tutto al volo.

-Amore, lascia stare-tentò Andrea.

-Amore un corno!Dovremo vivere tutti e quattro insieme per molto tempo e se gia il primo giorno si fulmino con gli sguardi,questa casa sarà distrutta prima della fine dell’anno-

-Ali,ti prometto che non distruggeremo la casa,e comunque io e Gin abbiamo deciso di conoscerci meglio,per questo oggi pomeriggio andiamo a fare la spesa insieme dato che Andrea non sa nemmeno cosa vuol dire fare la spesa-. Ero sempre io quella che faceva la spesa,invece Andrea era un disastro,infatti quella mattina era andato lui,ma come al solito aveva fatto un pasticcio e…aspetta un attimo,Riccardo aveva :insieme???

-COSA?!?!Tu dovresti fare cosa???-gridai con voce isterica.

-Io e te oggi pomeriggio andiamo a fare la spesa-. ripetè lui sorridente.

-Tu non hai capito proprio niente,Andrea mi accompagnerà come fa sempre e…-non terminai la frase che Andrea mi bloccò.

-Gin non posso accompagnarti,la macchina è dal meccanico,aveva dei problemi ai freni-accidenti tutte a me capitano;in quel momento ricordai che dovevo chiamare mio padre e dirgli di farmi arrivare la moto,la mia adorata moto,che mi regalò Niki,ovviamente però sarebbe arrivata fra un paio di giorni.

-Gin,lo sai che la spesa è necessaria-. Dovevo farlo almeno per lei

-Va bene,andrò a fare la spesa con Riccardo- disse affranta più per convincere me stessa che gli altri.

 

POV RICCARDO:

Erano le cinque  e mezza,io ero già pronto in salotto e in quel momento scese Ginevra,aveva una gonna lunga rosa antico,una canotta bianca con una collana dorata e una borsa rosa come la gonna,ai piedi indossava dei sandali rosa e in capelli erano legati in una coda alta. Era carina vestita così,ma niente di eccezionale,ero abituato a ragazze di tutt’altro genere,che mettevano seno e gambe in bella mostra e non si preoccupavano se allungavo le mani,lei invece come minimo le mani me le avrebbe spezzate. Faceva tanto la santarellina,ma sicuramente sotto tutti quegli strati di acidità e arroganza,era una vera e propria bomba di sensualità,anche perché io me ne intendo di ragazze.

-Possiamo andare-senza neanche guardarmi in faccia uscì dalla porta e si diresse alla macchina;quella ragazza era in grado di farmi innervosire come nessun altro.

Entrai in macchina misi in moto e mi diressi verso il supermercato,amavo la velocità,ma con la moto, la macchina invece non mi rispecchiava. Arrivati al supermercato Ginevra prese il carrello e iniziò a contemplare i vari scaffali,guardando i prezzi e scegliendo le cose più convenienti. Mi divertiva,se doveva prendere dei barattoli di cibo inscatolato sceglieva quelli ammaccati,come se non badasse all’apparenza ma solo al contenuto. Amava le cose salate,infatti riempì il carrello di patatine,salatini,snack e anche io scelsi le cose che più mi piacevano,fino a quando non la vidi davanti ad uno scaffale di dolci. Prese tre pacchi di marshmallow e notai che mentre li metteva nel carrello gli luccicavano gli occhi,sembrava una bimba con il suo giocattolo preferito;pensai che dovevo procurarmi una grande scorta di quelle caramelle gommose per tutte le volte che si sarebbe infuriata così l’avrei fatta calmare. Con il cibo ormai avevamo finito e Ginevra andò a prendere un bagnoschiuma vaniglia e lime poi andammo a pagare e,messa la spesa in macchine mi venne un’idea.

POV GINEVRA:

Quando salii in macchina presi il telefono e composi il numero di mio padre:era una cosa che dovevo fare subito altrimenti mi sarei scordata,tanto erano ancora le sette e mezza,di certo i miei non stavano ancora mangiando.

-Ciao papà…si sto bene,volevo chiederti una cosa,sei impegnato?- Riccardo mi stava osservando incuriosito.

-Dato che la scuola inizia fra tre giorni,puoi farmi arrivare la moto?-ora Riccardo era sempre più interessato.

-Va bene grazie papà ciao-infilai il telefono in borsa.

-Hai una moto?- mi guardava con ammirazione,wow.

-Si,una suzuki gsx r 1000,il regalo per i miei sedici anni-sorrisi felice.

-Wow non pensavo fossi una tipa da moto-

-Ahh no?e come pensavi che fossi?-chissà quante balle avrebbe sparato.

-Tu sei la classica tipa perfettina,orgogliosa, preferisci usare la gente piuttosto che essere usata, non ti fidi di nessuno perché hai paura di essere tradita,tieni tutto dentro di te perché sei convinta che potresti andare avanti senza l’aiuto di nessuno,detesti i sentimenti perché ti fanno sembrare debole e soprattutto cerchi di allontanare tutti perché non vuoi affezionarti a nessuno-io…io ero a bocca aperta e per la prima volta nel suo sorriso vidi solo gentilezza.

-Tu,non è vero,non sono così- non poteva comportarsi in quel modo,dovevo allontanarlo perché la situazione mi stava sfuggendo dalle mani.

-Sai benissimo che ho ragione-.

Gia purtroppo lo sapevo benissimo.

 

 

Angolo autrice:

Quale sarà l’idea che ha avuto Riccardo?Lo saprete nel prossimo capitolo.

 

 

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Capitolo 5
*** UNA SERATA INSOLITA PARTE 2 ***


“UNA SERATA INSOLITA”parte 2

Quando vedi la tua verità fiorire sulle labbra del tuo nemico,devi gioire,perché questo è il segno della vittoria

                                                            -Giorgio Almirante

 

Il viaggio in auto fu silenzioso,il problema però era che Riccardo aveva preso una strada di versa da quella dell’andata e mi accorsi che eravamo in centro.

-Riccardo dove stiamo andando?- l’unica cosa che volevo era tornare a casa.

-Cos’è tutta questa formalità?Perchè non mi chiami Riki?-notai nella sua voce molta ironia e questo mi dava profondamente fastidio.

-Non cercare di cambiare discorso e rispondi- stavo perdendo la pazienza,che era già poca.

-Ti rispondo solo se da adesso in poi mi chiamerai Riki-.

-Va bene,RIKI, ora però rispondimi-.

-Stiamo andando in centro perché voglio affittare un film da vedere stasera-avrei preso volentieri a schiaffi quel faccino perfetto da “sotuttoio”.

-Non potevi pensarci prima?!-

-Lo sapevo-

-Cosa sai???-mi stava facendo impazzire.

-Qualunque cosa io dica,devi sempre ribattere-era nervoso anche lui ora.

-Non è colpa mia se fai o dici sempre cose sbagliate-

-Sei troppo perfettina bellezza-

-Tu invece sei troppo stronzo,carino-puntai molto sull’ironia.

-Stronzo ma bello. Siamo arrivati bellezza- era di nuovo ironico e allegro. Come faceva a essere così lunatico?Era peggio di una ragazza.

Scesi dalla macchina ed entrai nel negozio con Riccardo dietro di me;alla porta c’era un campanellino per questo,aprendola, tutti si girarono verso di noi,cosa che per fortuna durò pochi secondi. Subito iniziai a scorrere tantissimi tipi di film:le commedie che mi facevano tanto ridere,i film romantici che mi commuovevano e che contemporaneamente mi facevano deprimere dato che ero single,e gli horror che tanto odiavo ma che Nicolò mi costringeva a guardare,ne presi uno e riconobbi subito il titolo.

 

Era domenica sera,sarei dovuta uscire ma fuori pioveva e c’erano cinque gradi,non era il caso per questo ero seduta sul divano con cioccolata calda e coperta di pile a guardare una puntata di Gossip girl che tanto amavo,quando Nicolò arrivò buttandosi sul divano con un dvd in mano. Aveva il solito ghigno di quando combinava qualche guaio o doveva chiedermi qualcosa che sapeva non mi sarebbe piaciuta.

-Ok Niki spara,lo sai che odio aspettare-

-Adesso io e te guardiamo un film-

-Che genere di film?-chiesi sospettosa-

- E’ bello,si chiama The possession-

-Possessione?Non sarà mica un film…-poi capii –No Niki scordatelo,lo sai che i film horror mi fanno paura-lui scoppiò a ridere.

-Tanto lo sai che devi vederlo per forza,altrimenti ti rompo fino a domani-sorrise

-E va bene fratello rompicoglioni,metti il film-

-Subito sorellina fifona-

-Dillo un'altra volta e quel cd lo faccio finire sotto la ruota di Suz- chiamavo la mia moto Suz come abbreviativo di Suzuki.

-Ok ok Ginni scherzavo- sapeva che le mie minacce,non erano bugie. Alcuni mesi prima aveva lasciato tutte le robe puzzolenti dell’allenamento di basket sul mio letto per farmi uno scherzo e io per ripicca ne avevo fatto un bel falò in giardino;si arrabbiò molto,ma non mi fece più scherzi. Durante tutto il film mi strinsi a Niki e al cuscino e più di una volta mi scappò qualche urletto,era sempre così.

-Ah ah ah ah,vedere un horror con te è troppo divertente-non la smetteva di ridere.

-Ah ah simpatico,davvero-la mia ironia era unica

-Ginni?-mi abbracciò da dietro

-Si?-

-Mi fai un altro di quegl’urli?-gli tirai un pugno sul braccio e gli sorrisi felice.

-Scordatelo-

 

-Ehi Gin,ci sei?-

Era un ricordo bello e doloroso; mi girai all’improvviso e il dvd mi cadde a terra con un tonfo secco. Subito lo raccolsi e mi girai verso Riccardo che mi fissava serio.

-Scusa,cosa ai detto?-

-Ho scelto il film da noleggiare possiamo andare-

-Ah va bene,andiamo-

-Stai bene?- subito la mia parte difensiva si attivò.

-Si si tutto bene,Riki,andiamo-

Riccardo mi guardò stupito,forse perché lo avevo chiamato Riki, ma lo ignorai; andò a pagare ed entrammo in macchina.

-Che film hai preso?-mi ero completamente scordata di chiederglielo.

-Venerdì 13,è un horror- subito mi irrigidii,strinsi i pugni facendoli sbiancare .

-Ok- non volevo continuare a parlare altrimenti la voce mi sarebbe uscita spezzata e fortunatamente Riccardo lo capì.

 

POV RICCARDO:

Arrivati a casa,andai in camera e presi il cellulare;scorsi la rubrica fino a trovare il nome che cercavo:Erica. Schiacciai il tasto verde e al secondo squillo rispose.

-Ehi bellissimo,sei tornato?-

-Si proprio oggi,bellissima-

-Che ne dici se ci vediamo?Mi sei mancato- come pensavo,Erica era sempre molto “disponibile”.

-Ti va di venire a vedere un film da me?-

-Si certo a che ora?-

-Alle 21:00-

-Va bene a dopo bellissimo-. Chiusi in fretta la chiamata e andai a fare una doccia;Erica al telefono sembrava tutta contenta ma non sapeva che invece io non ero affatto contento di vederla. La chiamavo solo quando avevo bisogno di certi “servizietti”,e lei ci stava sempre. Quella sera invece mi sarebbe servita per il mio piano.

Erano quasi le 9 così scesi al piano di sotto dove trovai Ginevra che parlava con Andrea e Alice.

-Gin sei la migliore studentessa che conosca quindi non hai niente di cui preoccuparti-stava dicendo Alice.

-Si lo so,spero solo che i professori siano bravi-

-Sono tutti bravi tranne la Spagnoli che insegna greco e la Rosati che fa matematica ed è una strega-diceva Andrea.

-Tu sarai nella nostra stessa classe?-in effetti non sapevo assolutamente niente di lei, Alice per telefono mi aveva solo avvisato che sarebbe venuta una sua cara amica a vivere con noi, poi il nulla, nessuna informazione.

-Si, contento?-era sempre ironica.

-Decisamente, comunque ho invitato un amica a vedere il film con noi-le danze stavano per cominciare.

-No, ti prego non dirmi che ai invitato una delle tue troiette- Alice non le sopportava e già immaginavo gli urli che avrebbe fatto appena avesse saputo che veniva  Erica, quella che più odiava.

-In effetti si-risposi sorridente

-Quale delle tante?- disse scocciata, mentre Andrea rideva sotto i baffi.

-E’ una sorpresa- Alice non fece in tempo a rispondere che suonarono alla porta, lei corse alla porta e appena la aprì rimase immobile.

-Erica, sono spiacevolmente sorpresa di vederti-quando faceva quegli sguardi mi faceva paura, sembrava ti stesse per incenerire con la forza del pensiero.

-Spiacere mio- Erica entrò seguita da Alessandro, suo cugino, che appena vide Ginevra le incollò gli occhi addosso.

-Ehi Alex ma non eri in Sardegna?-chiese Andrea .

POV GINEVRA:

Quella Erica, era una di quelle gallinelle alte, bionde tinte, occhi azzurri e tutte tette e gambe. Una come lei sapeva solo sbavare dietri i ragazzi belli e donnaioli della scuola e da come mi guardava, gli stavo già antipatica: la cosa era reciproca.

-Sono tornato due giorni fa, tu invece sei quella nuova? Piacere sono Alessandro per gli amici Alex- gli sorrisi educata

-Io sono Ginevra per gli amici Gin- Era carino aveva gli occhi azzurri e i capelli scuri, addosso aveva  jeans, sneaker, maglia bianca aderente e giubbino di pelle per cui io aveva una grande passione.

-Rimani con noi?-chiese Alice

-Volentieri, ma non rimango molto-si girò verso di me e sorrise

-Io ordino le pizze, gusti?-disse irritato Riccardo, davvero non lo capivo.

-Per me una capricciosa-disse Alice

-Anche per me-dissero in coro Andrea ed Erica.

-Io voglio una margherita con le patatine-la adoravo.

-Per me la stessa di Gin-.

Mentre Riccardo ordinò, Erica le stava appiccicata, Alice e Andrea preparavano le bibite e i pop corn nelle coppe, io invece mi sedetti sul divano seguita da Alessandro.

-Come ti trovi a Milano?-

-Mi trovo bene, anche se mi manca Catania-era vero

-Come mai ti sei trasferita qui?- ecco la domanda che temevo.

-Motivi personali-

-Scusa non volevo essere invadente…ti piace disegnare?- avevo un blocchetto in mano e stavo disegnando un bellissimo ragazzo di spalle con le ali nere spalancate e aveva tra le braccia una ragazza con un vestito leggero nero; avevo sognato quell’immagine.

-Si, e a te invece cosa piace fare?- era stato gentile e lo apprezzavo.

-Mi piace correre con la moto, del resto come Riccardo-mi sorrise

-Abbiamo una passione in comune- mi guardò stupito.

-Ai una moto?- chiese contento.

-Si, be.. facevo corse illegali a Catania- lo sapevo che era sbagliato ma ho sempre adorato mettermi nei guai.

-Ok voglio sposarti; stasera c’è una corsa, ma non partecipo perché sono tornato da poco ti va di venire? Io punto sempre qualche scommessa-. Le corse facevano parte di me.

-Certo che vengo- .

In quel momento arrivarono le pizze, e ognuno con la sua, seduto sul divano iniziò a mangiare, mentre il film iniziava. Per la prima volta riuscii a  guardare un horror  senza paura, visto che la scena più terrificante era quella sul divano accanto al mio: Erica non faceva altro che strusciarsi a Riki e lasciarli baci sul collo, e lui ovviamente ricambiava, guardandomi ogni tanto. Per fortuna c’era Alex che, avendo capito che il film non mi piaceva, faceva un mucchio di battute divertenti. Il film finì alle undici e un quarto, e subito andai a mettere gli stivaletti corti con le borchie, pronta per uscire.

-Ragazzi io esco in centro con Alex, buona serata- e detto ciò corsi con lui fuori sotto gli sguardi sbalorditi di tutti.

POV RICCARDO:

Non ci credo, se ne va con lui. Durante tutto il film Alex non aveva fatto altro che sussurrare all’orecchio di Gin  e lei rideva. A me invece non aveva dato tutta quella confidenza, ed ero arrabbiato perché nessuno si doveva permettere di rubarmi la preda: Nessuno. Aveva organizzato tutto per cercare di ingelosire Gin e invece tutto era andato a rotoli.

POV  GINEVRA:

Ero eccitata all’idea di assistere di nuovo ad una gara.

-Il circuito parte da via Kant, a metà del parcheggio e prosegue, dopo una piccola rotonda  per il lungo rettilineo di via Quarenghi per arrivare ad una seconda  rotonda che finisce sul piccolo cavalcavia sopra la stazione Bonola, continua poi nell’incrocio di largo Valera. E qui inizia la cavalcata finale col motore a pieni giri sul rettilineo di via Cechov, col semaforo finale tra le vie Betti e Kant- parcheggiò e scese.

-Vieni sta per iniziare-appena la mia Suz sarebbe arrivata avrei partecipato.

C’era un enorme parcheggio pieno di ragazzi e ragazze e quattro moto posizionate una accanto all’altra al centro della strada con sopra i rispettivi piloti.

-The hell, sta per iniziare, basta con le scommesse ragazzi-gridò un uomo sulla trentina davanti le moto.

-E mi raccomando al mio segnale scatenate l’inferno-i ragazzi gridarono eccitati io invece  guardai interrogativa Alex.

-Lui è Giovanni, l’organizzatore delle gare e fan de Il gladiatore- scoppiai a ridere insieme a lui, proprio mentre Giovanni finì il conto alla rovescia e le moto partirono. La gara fu emozionante e l’immagine del ragazzo che vinse mi riportò indietro nel tempo.

 

Arrivai rombando al traguardo con il sorriso stampato in faccia, Niki mi corse incontro e mi abbracciò forte.

-Hai vinto sei stata fantastica, Ginni-

-Grazie Niki, ora però torniamo a casa, ho una fame da lupi- gli sorrisi stanca.

-Ehhh no cara, ora si festeggia, andiamo in pizzeria-

-Pizzaaa, yeahh ,grande fratello-

-Dai andiamo testona-

 

 

Alex mi riaccompagnò a casa, e subito, senza badare a Riccardo che mi fissava me ne andai in camera sotto le coperte. Il telefono vibrò e lessi il messaggio

Mi sono divertitoJ, cmq la prox gara è giovedì, partecipi?

                                                            -Alex

Anche ioJ ovvio che partecipo

 

Allora ci vediamo mercoledì  a scuola, notte :*

                                             -Alex

Notte :*

L’indomani era martedì e sarebbe arrivata la moto per questo ero contenta, ma l’ansia per l’inizio della scuola era tanta, avevo paura. Martedì sera avrei chiamato sicuramente Angelo, perché era l’unico che riusciva a calmarmi.

 

Angolo autrice:

Vorrei ringraziare chi segue la mia storia, spero mi lascerete qualche recensione xk vorrei capire se la storia vi piace e se sto scrivendo adeguatamente ogni dettaglio e avvenimento, apprezzo anche i vostri suggerimenti se vorrete darmene.

Xoxo

Ginni

 

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Capitolo 6
*** CAP.5 IL PATTO ***


LE NOVITA’ SPESSO MI METTONO PAURA,MA MI BASTA SALIRE SULLA MIA MOTO E TUTTA LA PAURA E L’ANSIA VENGONO RISUCCHIATE DAL VENTO CHE MI SCOMPIGLIA I CAPELLI  E DAL SENSO DI LIBERTA’ CHE PROVO.

 

POV RICCARDO:

Erano le 10:00 di un martedì soleggiato,ed ero ancora irritato per la sera precedente; quando Gin se ne era andata con Alex,io ero uscito a fare un giro con Erica. Ero infastidito ma nonostante questo non ero riuscito a concludere niente con lei perché tutte le volte che iniziavo ad approfondire un bacio vedevo il viso di Gin e pensavo a cosa stesse facendo con Alex,se si stesse divertendo ma soprattutto avevo paura che sarebbe rimasta tutta la notte fuori con lui. Invece verso l’una e dieci sentii la porta aprirsi e finalmente riuscii ad addormentarmi. Io che non dormivo  a causa di una ragazza sarebbe stato come trovare un pinguino in africa:ecco ora iniziavo anche a dire cazzate, era tutta colpa sua.

 

POV GINEVRA:

Quella mattina mi ero alzata presto e felice perché attraverso una ditta di spedizioni,mio padre aveva fatto arrivare la moto e quindi ero andata a prenderla. Il modo migliore per cominciare la giornata era un bel giro in moto;mi misi i soliti stivaletti neri con le borchie e siccome faceva caldo indossai dei pantaloncini chiari molto corti e sfilacciati,una maglia corta nera trasparente e sopra il mio adorato giubbino di pelle nera che indossavo sempre in moto;capelli rigorosamente sciolti,trucco leggero e occhiali rayban neri. Scesi in fretta le scale e trovai tutti al piano di sotto. Alice e Andrea sicuramente dovevano uscire,visto che erano vestiti e lei aveva la borsa a tracolla.

 

POV ALICE:

Quando vidi Gin scendere le scale,sorrisi perché era bella e di buon umore,si vedeva;Ero contenta che finalmente avesse deciso di reagire e di andare avanti,mi piaceva questa nuova Ginevra grintosa e sexy e a quanto pare non ero l’unica ad apprezzare,dato che Riki stava sbavando.

-Esci?- le chiese

-Si, vado a fare un giro in moto-

-Se aspetti cinque minuti,mi vesto e vengo anche io- wow,Riki che parla con gentilezza a Gin è un avvenimento raro.

-Perché dovresti venire con me?- chiese lei scocciata

- Perchè sicuramente ti piace correre e siccome non puoi correre in centro dovrai farlo in periferia- lo conoscevo bene e sapevo che tutto quel discorso,lo faceva per ottenere qualcosa.

-E quindi?- lei invece stava perdendo la pazienza

-Scommetto che non conosci bene la periferia,quindi ti accompagno io- Gin era sempre stata una tipa combattiva  e con la risposta pronta, questa era la prima volta che la vedevo in difficoltà.

 

POV GINEVRA:

Cazzo,era dannatamente vero;la periferia l’avevo vista solo qualche volta passando in macchina,non sapevo nemmeno dove finisse il centro e dove iniziasse la periferia. E adesso?Non voglio dargliela vinta.

-Lo prendo per un si- disse lui

-Non ho bisogno del tuo aiuto,posso cavarmela benissimo da sola- ero orgogliosa fino al midollo.

-E se facessimo una gara?- Amavo le sfide,non dicevo mai di  no.

-Una gara?-chiesi interessata.

-Si:se vinci tu  ti lascerò in pace,promesso,ma se vinco io…- lasciò la frase in sospeso

-Se vinci tu,invece?-

-Quando vincerò allora ti dirò cosa voglio- era fin troppo presuntuoso.

-Affare fatto-amavo giocare con il fuoco; gli strinsi la mano sotto lo sguardo preoccupato di Alice;Era davvero molto che non salivo in sella alla mia moto,però avevo vinto molte gare:questa sarebbe stata l’ennesima vittoria.

Riccardo fece in fretta e quando andammo in garage per prendere la sua moto rimasi a bocca aperta:era una Ducati 1199 superleggera  rossa,era un modello nuovo.

-Bella vero?E’ il regalo anticipato dei miei per i diciotto anni- sorrise orgoglioso.

-Anticipato?-

-Si,perché li compio il 20 settembre-

-Va bene, non perdiamo tempo,andiamo- ero impaziente,presi la moto parcheggiata vicino casa e rombando mi avvicinai a lui,che mi guardava con ammirazione.

-Anche la tua è molto bella-disse infilando il casco.

-Grazie,lo so- non feci in tempo ad infilare il mio che sentii Riccardo scoppiare a ridere.

-Quello è il tuo casco?- disse indicandolo.

-Si perchè?- chiesi aggressiva.

-E’ troppo buffo-

-Andiamo!- dissi dura,è vero,è buffo perché è tutto nero con delle frasi bianche e le Superchicche sullo sfondo,ma lo adoravo,perché era un regalo di Niki.

 

Era pomeriggio inoltrato,ero mezza addormentata sul letto,dopo tre ore di studio e avevo ero al buio completo con le finestre chiuse,quando vidi uno spiraglio di luce provenire dalla porta,mi alzai e vidi Nicolò che entrava con qualcosa di tondo.

-Ginni ho un regalo per te-amavo i regali.

-Uhhh che bello- gridai come una bambina;appena accesi la luce e mi voltai restai a bocca aperta:era un casco stupendo.

-Le superchicche,oddio,lo adoro- gli saltai addosso e lo ringraziai.

-Sono contento che ti piace,ora però puoi darmi una mano con fisica?Lo sai che io e le formule non andiamo molto d’accordo-scoppiai a ridere e lo seguii in camera sua.

In pochi minuti arrivammo nella periferia e pian piano l’ansia che mi prendeva prima di ogni gara,iniziò a salire ed ero ancora più nervosa dato che Riccardo non mi staccava gli occhi di dosso.

-Il percorso parte da questa strada,arriviamo fino alla fine dove c’è una curva,e superata la curva ci fermiamo davanti il parcheggio del supermercato,tutto chiaro?- io annuii.

-Che vinca il migliore- sorrise sicuro di sé.

-Tre..due..uno..via!!-

Partimmo entrambi rombando con il motore su di giri,non badai alla velocità infatti dopo pochi secondi ero già a 150 K/h .La sensazione che provavo era unica,indescrivibile e bellissima. Ingranavo le marce ad una velocità folle e guardavo sempre lui,che mi stava quasi superando,arrivai a 200,ma dovetti rallentare perché c’èra la curva. Forse lui aveva fatto più pratica con le curve perché eccellerò e nonostante il mio sprint finale con cui sfiorai i 300 K/h ,mi passò accanto sorpassandomi,con un sorrisetto trionfante;odiavo le sconfitte. Ci fermammo nel parcheggio e  smontò togliendosi il casco,io lo seguii silenziosa.

-Ho vinto io, ma devo ammettere che sei molta brava-

-Grazie,ora dimmi cosa vuoi- dissi gelida.

-Cos’è?La sconfitta brucia?- sarei voluta saltargli addosso e prenderlo a pugni.

-Bene,me ne vado- dissi voltandomi

-Allora, io voglio…-mi girai per colpa della mia infinita curiosità.

-Dire che voglio te, mi sembra banale,anche perché te l’ho già fatto capire,quindi voglio due cose-

-Falla brava,Riki-

-Devi farmi ripetizioni di matematica per tutto l’anno perché sono un frana e so che sei brava-

-Ok questo si può fare,la seconda invece qual è?-chiesi scocciata.

-Devi fingere di essere la mia fidanzata- disse sorridendo.

-Perchè dovrei?- chiesi sconcertata

-Perché non sopporto più le ragazze della scuola che mi stanno appiccicate come cozze,quindi siccome abbiamo un patto,devi rispettarlo- non volevo,ma io tenevo sempre fede ai miei  patti.

-Va bene ma niente baci,carezze, e smancerie varie- sto sbagliando a accettare vero?

-Se ci comportiamo come due estranei nessuno capirà che stiamo insieme- disse arrogante.

-Avremo tempo per parlarne ora torniamo a casa- la mia unica salvezza era terminare quel discorso.

-Va bene ma sappi che non sfuggirai in eterno- aveva capito anche questa volta.

Tornammo a casa e pranzammo in fretta poi ognuno andò per i fatti suoi;io per conto mio ordinai la camera e preparai tutto per l’indomani:il primo giorno di scuola. Erano le sette così decisi di chiamare Angelo.

-Ehi principessa,come mai non ai risposto ai messaggi? Mi sono preoccupato-

-Scusa è che ho fatto una gara e l’ho lasciato a casa come sempre- mi morsi la lingua:non dovevo dire della gara perché Angelo era contrario,dato che una volta avevo avuto un incidente.

-Una gara?!Gin quante volte ti devo dire che puoi farti male?-

-Ma anche tu corri e anche se mi preoccupo non te l’ho mai impedito-

-Gin lo sai che è diverso e poi comunque con chi ai corso?- era curioso,lo sentivo dal suo tono di voce.

-Con Riki- perché mi stavo vergognando a dirglielo?Non capivo.

-E chi sarebbe??- ma quel tono era gelosia?Assolutamente si.

-Il ragazzo che abita con noi-

-Il coglione con cui ho litigato al telefono?-

-Si proprio lui-scoppiai a ridere

-Almeno ti ho fatta ridere-

-Già,grazie,mi ci voleva proprio, ora devo andare, devo finire alcune cose-

-Va bene Gin,in bocca al lupo per domani-

-Crepi- sorrisi e chiusi la chiamata. Anche la cena fu veloce,forse perché tutti eravamo ansiosi per l’inizio di un nuovo stancante e noioso anno scolastico che forse tanto noioso non sarebbe stato.

 

Mercoledì 10 settembre,ore 6:30:

Scaraventai la sveglia nel corridoio attraverso la porta aperta,eppure ero sicura di averla chiusa. Quando mi alzavo presto ero acida come un limone andato a male,non era colpa mia,il mio momento preferito era la notte di certo non la mattina presto.

Finché mi lavai e vestii si erano fatte le 7:00,dovevo fare colazione perché se la mattina non bevevo il mio caffé con cioccolato e marshmallow in cima,dormivo in piedi. Mentre aprii la porta per scendere in cucina sentii un tonfo e qualcuno che imprecava;mi affacciai e vidi Riccardo vestito e con la faccia assonnata,disteso a terra che bestemmiava contro la mia sveglia. Scoppiai a ridere con le lacrime agli occhi e la matita che mi scolava,gli allungai una mano per farlo rialzare, e continuai a ridere. Io che ridevo alle 7 di mattina era una cosa unica.

-Chi cazzo ha lasciato la sveglia nel corridoio?-era incazzato;allora non ero l’unica ad essere nervosa la mattina.

-Scusa,non volevo farti cadere- scoppiai di nuovo a ridere.

-Scusa il cazzo,questa me la paghi- lo disse sorridendo,ma sapevo che era una promessa.

 

POV RICCARDO:

Quella ragazza cos’aveva al posto del cervello?Per poco non mi rompevo una gamba a causa sua;ok,forse ero stato troppo duro,ma erano le 7.

-Ma che ai messo nel caffé?- aveva fatto qualche strano miscuglio.

-Cioccolato e marshmallow- ripeto:cos’ha quella ragazza al posto del cervello?

-Ma che schifo,così è dolcissimo- amavo il caffé amaro.

-Amo le cose zuccherose- disse contenta;ok, ci rinuncio.

-Ragazzi voi andate in macchina?- chiesi ad Alice e Andrea.

-Si si,voi in moto?- disse Andrea

-Si,Gin viene in moto con me perché abbiamo un accordo- non poteva ribattere.

-Ma questo non c’era nell’accordo!- aveva una voce acuta quando era arrabbiata.

-Be diciamo che era sott’inteso- lo so,sono perfetto.

-Brutto stronzo manipolatore- avevo vinto,di nuovo.

 

POV GINEVRA:

Lo sapevo,trovava sempre un modo per farmi imbestialire però anche io gli davo filo da torcere. Per tutto il viaggio stetti in silenzio e mi strinsi a lui il minimo indispensabile,e quando,arrivati a scuola,tentò di prendermi per mano, lo allontanai brusca; da come mi guardò,capii che ci era rimasto male,ma sapevo che non avrebbe mollato. Infatti mentre entravamo nel cortile,sotto gli sguardi sbalorditi di tutti,anche di Andrea,Alice,Alex e Erica, mi strinse a sé e mise il braccio sulla mia spalla,poi guardò male tutti i ragazzi in cortile,soprattutto Alex,come per far capire che ero proprietà privata

-Che cazzo stai facendo?-gli sussurrai all’orecchio mentre ci dirigevamo al nostro gruppo.

-Sto marcando il territorio- come avevo immaginato.

-Ehi Gin- Alex venne a salutarmi nonostante Riki lo stesse fulminando;in quel momento suonò la campanella ed entrammo. La nostra classe era al secondo piano, e io mi dovetti sedere con Riccardo. Facemmo due ore con la terribile Spagnoli,di greco:era una donna alta,bionda con grandi occhi azzurri,nel complesso sembrava dolce e gentile ma bastò poco per capire che dietro quell’aspetto,si nascondeva un’arpia perfida e crudele. A terza ora invece,venne il professore Ferrari,di latino e letteratura italiana,era simpaticissimo e cordiale. Quando suonò la ricreazione,non feci neanche in tempo ad alzarmi che Riccardo mi prese per mano  e mi trascinò in cortile dove c’erano tutti.

-Che succede tra te e Riccardo?Avete fatto pace?-mi sussurrò curiosa e maliziosa Alice.

-Ho perso una scommessa con lui e ora dovrò fingere di essere la sua ragazza- sussurrai sconsolata;all’improvviso Riki mi schioccò un bacio sulla guancia.

-Che ti posso dire,me ne sono innamorato perché è speciale- stava parlando con un nostro compagno di classe,Alessio, e quando lo disse guardandomi ,sembrava terribilmente sincero.

-Amore,posso parlarti un attimo in privato?- dovevo rimanere nella parte.

-Certo amore-ci allontanammo.

-Senti se dobbiamo fare questa messinscena,dobbiamo metterci d’accordo su cosa dire,altrimenti capiranno tutto- non volevo che gli altri pensassero che fossi la puttanella di turno.

-Va bene,ma tu cerca di essere più collaborativa, non voglio fare tutto io-sorrise malizioso lui.

-Va bene- sapevo cosa fare. Tornammo dal gruppo dove tutti parlavano del miracolo:si perché Riccardo che si era innamorato era un vero e proprio miracolo e ormai tutta la scuola voleva vedere la ragazza dei miracoli. Riki mi abbracciò, io mi avvicinai a lui e feci la parte tutto il tempo. Il suo profumo mi stava inebriando,la sua voce dolce e sexy mi stava facendo impazzire e le sue labbra erano così…ma cosa cazzo sto dicendo??Ah ora ho capito,si chiama astinenza,in effetti è un po’ che non rimorchio nessuno,dovrò rimediare,magari con Alex,in fondo è carino e sembra anche interessato. Dell’amore tanto non me ne frega un cazzo,si tratta solo di sesso.

 

Angolo autrice:

Che ne pensate di qst capitolo?La scuola è cominciata,la messinscena di Gin e Riki secondo voi durerà o gli altri si accorgeranno che stanno solo fingendo?Ma soprattutto che combinerà la nostra Gin con Alex?Lei nn crede nell’amore e voi?

Xoxo

Ginni

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** 7.OLD DEMONS ***


“GUARDAMI NEGLI OCCHI,E’ DOVE SI NASCONDONO I MIEI DEMONI”

                                                                                     -Demons (Imagine Dragons)

 

POV RICCARDO:

Quel primo giorno di scuola,era passato in fretta e come pensavo la notizia del mio fidanzamento si era subito diffusa,per questo,essendo sotto gli occhi di tutti,non avevo fatto altro che stare appiccicato a Gin e mi ero divertito parecchio dato che la stavo facendo innervosire;il colpo di grazia, glielo diedi all’uscita da scuola:infatti dopo essere saliti sulla moto,avevo fatto una sgommata,facendo girare tutti e poi ero partito con un impennata,costringendo Gin a stringermi a me. Arrivati sotto casa scese come una furia togliendosi il casco:

-Brutto coglione troglodita,non bastavano tutte le smancerie e le parole dolci davanti agli amici,no,dovevi anche fare la scenetta da film davanti a mezza scuola- era stupenda quando si incazzava.

-Be devi ammettere che sono un fidanzato perfetto- amavo stuzzicarla.

-Fidanzato di merda!Ti rendi conto della figura che mi ai fatto fare?!- era tutto calcolato.

-Dovresti essere onorata del tuo ruolo,chiunque vorrebbe essere al tuo posto- sorrisi meschino.

-Bene allora lo cedo volentieri a qualcun altro- lo disse così seriamente,che smisi subito di ridere e la guardai per capire se stesse scherzando;era seria e decisa. Ok,forse avevo tirato un pò troppo la corda.

-Abbiamo un patto-dissi gelido

-Si,ma ho anche io delle condizioni- il suo sorriso mi fece paura.

-Sentiamo-

-Innanzitutto non devi più fare scene come quelle di oggi-

-Va bene- si poteva fare.

-Vengo a scuola con la mia moto e soprattutto non devi più allontanare gli altri ragazzi-

-Per la moto va bene,ma per i ragazzi,devo fare la parte del ragazzo geloso-

-No,farai la parte del ragazzo che ha fiducia nella sua fidanzata- sapevo che non avrebbe cambiato idea;quando si metteva un idea in testa nessuno riusciva a dissuaderla; mi dava fastidio che i ragazzi la guardavano come un dolce pronto per essere mangiato,ma non potevo certo dirglielo.

-Se proprio devo,allora va bene,ora però andiamo a cucinare che ho una fame da lupi-

-Oddio,ai detto “andiamo”?Non vorrai mica aiutarmi a cucinare?- lo disse come se avesse visto un fantasma.

-Si perché?-

-Tu prepara l’estintore io inizio a chiamare i pompieri-scoppiò a ridere e mi contagiò

-Quanto sei simpatica!?Io volevo essere gentile-feci il finto offeso,mentre continuavamo a ridere. Andammo in cucina e ci spartimmo le cose da fare:

 

POV GINEVRA:

-Allora io preparo gli arancini tu invece occupati del risotto,lo sai fare?- considerando le sue abilità culinarie non volevo rischiare che lo bruciasse.

-Io,milanese doc, non saprei fare il risotto?!- bene,che dio ce la mandi buona. In quel momento arrivarono anche Alice e Andrea.

-Ehi serve una mano?- chiesero.

-Si,mettete la tavola-. Come al solito facemmo tutto in fretta e una volta a tavola tutti ci fecero i complimenti.

-Brava Gin,questi arancini sono squisiti- disse Alice.

-Già e quasi non ci credo che Riki ha fatto la pasta…solo tu puoi fare certi miracoli- mi guardò Andrea sorridendo.

-Be in effetti sono un ragazzo pieno di talenti nascosti- ammiccò verso di me Riki.

-Si e direi anche modesto- bastava un complimento e subito si pavoneggiava.

-Bene,direi che possiamo sparecchiare,così faccio un dolce- avevo voglia di nutella.

-Amo i dolci, posso aiutarti?- lo disse con un tono così dolce e una faccia da cucciolo bastonato che non riuscii a resistere.

-Va bene- dissi sconsolata, Andrea e Alice invece si erano volatilizzati. Presi delle coppe e le misi sul tavolo insieme alle mele,la farina ,la nutella e tutto il resto.

-Tu pesa gli ingredienti mentre io sbuccio le mele-

-Ma quanti grammi di farina devo pesare?- era adorabile quando era serio.

-E’ tutto scritto li- e gli indicai il foglio con la ricetta. Mentre sbucciavo le mele lo osservai divertito; mentre pesò la farina fece cadere il piatto della bilancia,rovesciando tutta la farina sul tavolo.

-Cazzo- mi guardò colpevole:pensava  che l’avrei sgridato e invece lo presi in giro.

-Sei un casinista- risi e mi arrivò della farina in faccia.

-Riki!!Adesso ti faccio vedere io!- presi la busta della farina e gliela lanciai addosso,ma la fermò e cadde addosso ad entrambi.

-E poi sarei io quello che fa casini- disse ridendo e prendendo la farina che stava a terra me la lanciò sui capelli,poi non so come, mi prese da dietro la schiena ma scivolammo sulla farina e finimmo a terra ridendo come due pazzi.

-Abbiamo sentito un rumore e siamo scesi per controll…-guardai Andrea che scoppiò a ridere.

-Ma che avete combinato?- Alice lo seguì a ruota, ma sapevo che voleva parlarmi per avere una spiegazione.

Io e Riki ci alzammo e ci guardammo in faccia,eravamo completamente bianchi e anche la cucina era un completo disastro.

-Tranquilla ora sistemiamo tutto-

-Concordo- rispose Riki.

In poco tempo sistemammo tutto e finalmente preparai la torta con mele e nutella;la adoravo,e ora stava iniziando a diffondersi per la casa,un certo profumino.

-Sei davvero un ottima cuoca- Riki ed io stavamo andando stranamente d’accordo,ma quella tranquillità fu interrotta dal mio telefono che squillò. Schiacciai il tasto verde senza accorgermi che c’era il vivavoce.

-Principessa,Marco ha avuto un incidente nella gara- la voce di Angelo mi gelò il sangue. Riccardo mi stava osservando preoccupato,tolsi subito il vivavoce e corsi in soggiorno.

-Prenoto il primo volo e arrivo,come sta?- Marco era il più piccolo dei tre,infatti aveva 17 anni;Emiliano ne aveva 19,e Angelo ne aveva 21;loro mi avevano salvato.

 

Era l’ una di notte e come al solito non riuscivo a dormire,ero uscita dalla finestra e mi ero messa a camminare senza meta,guardando il cielo e pensando ad una persona che ora forse mi guardava da lassù,non mi davo pace e senza volerlo mi ritrovai in una strada completamente buia e deserta. Sentii dei passi da dietro il vicolo e accelerai il passo,ma all’improvviso qualcuno mi tirò il braccio facendomi girare.

-Come mai sei qui tutta sola?-era un ragazzo alto,moro e aveva un sorriso agghiacciante;mi accarezzò una guancia,viscido.

-Facevo un giro- ero terribilmente spaventata perché sapevo cosa sarebbe successo.

-Hai proprio un bel corpo,sei molto bella- mi guardai intorno ma non avevo via di fuga,non c’era nessuno ed ero troppo lontana da casa.

-Anche tu sei bello- volevo distrarlo così forse sarei riuscita a scappare.

-Basta parlare,ho voglia di fare altro,andiamo- appena si avvicinò scappai più veloce che potevo,uscii dal vicolo e mi ritrovai nello stradone del parco vicino casa,credevo di avercela fatta e invece mi tirò da dietro facendomi cadere. Ne approfittò e voltandomi mi si sedette sopra a cavalcioni;gridai con tutto il fiato che avevo in gola e solo in quel momento capii di avere un angelo custode che mi proteggeva perché all’improvviso tre ragazzi arrivarono e presero a calci e pugni il mio assalitore. Ormai era steso a terra svenuto e mentre uno di loro

un biondino con gli occhi azzurri,mi prese in braccio gli altri due mi osservavano preoccupati.

-Come stai?-disse il biondino

-Io.. io sto.. bene grazie- ero ancora scossa

-Non so come ringraziarvi,se non c’eravate voi io.. -scoppiai in lacrime

-Tranquilla ti riportiamo a casa- e da li era nato tutto:erano i miei migliori amici,il motivo per cui non ero sprofondata nella depressione.

 

-Gin tranquilla per fortuna non è niente di grave,ha solo un braccio rotto;in due,tre mesi sarà guarito-

-Gin ci sei?-

-Si scusa,mi fai parlare con lui?-

-Certo ora te lo passo-

-Ehi sorellona come va?- sentire la sua voce mi tranquillizzò

-Dovrei chiedertelo io,pazzo spericolato- con lui mi comportavo come una madre iperprotettiva.

-Sto bene, è stata tutta colpa di Giovanni,perché ho vinto contro di lui la settimana scorsa e non l’ha presa bene,sai che odia le sconfitte- Giovanni aveva 25 anni e partecipava quasi tutte le volte alle gare,ma barava spesso e molti erano finiti in ospedale per colpa sua.

-Che grandissimo stronzo,se fossi lì lo prenderei a calci,quel grandissimo pezzo di m..- non mi fece finire la frase

-Gin frena, lo so che fai male quando vuoi ma ci ha già pensato Emiliano,mentre Angelo era in ospedale con me- sentii  una nota divertita nella sua voce

-L’ha conciato per bene?- risi io

-Si- rise lui

-Va bene ora vado,mi raccomando rimettiti subito e saluti gli altri-

-Agli ordini-.

Chiusi la chiamata e tornai in cucina per uscire la torta dal forno,mentre Riccardo era intento  a fissarmi.

-Perché mi fissi?-

-Volevo sapere se il tuo amico sta bene-

-Si niente di grave per fortuna-

-Ma di che gara parlava il tuo fidanzato?-

-Angelo non è il mio ragazzo,è il mio migliore amico- Riki doveva sempre distruggere i momenti belli,con il suo voler sapere troppo della mia vita,che volevo rimanesse nascosta.

-Un rivale in meno,comunque che tipo di gara?-

-Gara di moto- gli brillarono gli occhi,ogni volta che si parlava di moto e lo capivo perfettamente.

-Partecipavi anche tu?-

-Stai facendo troppe domande- dissi dura

-Sono solo curioso di conoscere la tua vita-

-Tu non devi sapere un cazzo,pensa alla tua di vita-feci per andarmene ma continuò a parlare.

-Ogni volta che cerco di sapere qualcosa subito ti chiudi a riccio e mi rispondi male,si può sapere che cazzo ai contro di me?-gridò arrabbiato lui

-Pensi che non ho capito come sei?eh? Tu ottieni tutto con la tua bellezza o con i soldi,hai la tua famigliola perfetta che soddisfa ogni tuo desiderio e comandi tutti a bacchetta,ma non ai capito proprio un cazzo della vita,non puoi comprare tutto con i soldi di paparino,io per te sono solo un giocattolino guasto che vuoi aggiustare,il capriccio di qualche giorno,quindi lasciami in pace-.

-Quindi secondo te io avrei una famigliola perfetta e otterrei tutto con il denaro?- sorrise amaramente.

-I miei genitori non ci sono mai,sono sempre in giro per il mondo a fare affari o a divertirsi,a malapena si ricordano di avere un figlio e quando ritornano mi fanno un mucchio di regali per alleviare il loro senso di colpa;la moto è un regalo anticipato perché pensavano che il mio compleanno fosse il 7 settembre,e a scuola mi faccio un culo così tutto l’anno per essere il migliore e dimostrare agli altri che le cose le ottengo perché le merito e non perché le compro- disse duro e poi se ne andò sbattendo la porta.

Ok,lo ammetto mi sento un po’ in colpa per quello che gli ho detto,neanche lo conosco e l’ho subito giudicato, ma anche lui ha le sue colpe.

Rimasi tutto il pomeriggio in camera mia ad aspettare che la porta d’ingresso si aprisse,perché anche se mi costava molto,volevo chiedergli scusa. Andrea e Alice erano al piano di sotto a guardare la tv quando la porta scattò,lentamente mi diressi alle scale ma mi fermai per ascoltare la loro conversazione.

-Sei stato da Erica?- chiese incredulo Andrea.

-Si,è stata la migliore scopata della mia vita- brutto idiota,coglione.

-Ma allora sei proprio stronzo!Se Erica dice a scuola della vostra scopata,Gin passerà per la fidanzata tradita- gridò Alice.

-Gli ho detto di non parlarne,infondo anche io ho una reputazione da difendere- disse gelido;stava venendo verso le scale così tornai in camera.

Era solo un grandissimo stronzo…io ero stata preoccupata per lui, e volevo addirittura chiedergli scusa,cosa che avviene raramente,e invece si era divertito con quella gatta morta. Quando mi aveva parlato della sua famiglia,avevo letto dolore nei suoi occhi,e mi ero sentita vicina a lui,avevo anche pensato che se gli avessi raccontato la mia storia magari mi avrebbe capita,invece ho fatto bene a tenere la bocca chiusa. Tutte le volte che mi sono fidata di qualcuno venivo sempre delusa,Nicolò infatti un giorno mi disse che davo fiducia alle persone sbagliate ed era vero,per questo col tempo avevo imparato ad essere insensibile a tutto,l’unica cosa che mi smuoveva era il ricordo di Niki,tutto il resto mi scivolava addosso. Ero terrorizzata da me stessa perché non riuscivo a provare emozioni,e anche se mi ero affezionata ad Andrea e Alice,mantenevo le distanze. La psicologa aveva detto che a volte quando una persona subisce un dolore molto grande,diventa insensibile alle emozioni. Io stavo pian piano uscendo da quel tunnel,ma era terribilmente difficile andare avanti.

 

GIOVEDI’ 11

POV RICCARDO:

 

Ero a scuola,stavamo facendo letteratura,perché secondo il prof non bisognava sprecare i giorni e prima si iniziava a spiegare meglio era per noi e per i nostri cervelli poco sviluppati; molto simpatico,davvero!

Non parlavo con Ginevra dalla sera prima e ogni tanto girando lo sguardo,la vedevo china a prendere appunti senza degnarmi di uno sguardo. Seguiva lo sguardo del professore come se fosse ipnotizzata e non si perdeva una virgola,era terribilmente bella ma quando voleva, sapeva anche essere stronza,perché quello che aveva detto, mi aveva fatto male,e molto, per questo avevo deciso di consolarmi con Erica.

Non riuscivo a concentrarmi e solo in quel momento mi ricordai che venerdì c’era una partita di calcio ma non sapevo né luogo né ora,così mandai un bigliettino a Francesco.

Dov’è la partita e a ke ora?R.

Al campetto dietro casa mia alle 5:00 F.

Vengono tutti?R.

Si.. porti la tua bella fidanzatina?;D F.

Vaffanculo Frà R.

Ok capito,è una giornata no F.

 

Francesco era un ottimo amico,perché potevi anche riempirlo di insulti ma non ti abbandonava mai,e anche il rapporto con il resto della classe era buono,eravamo uniti e soprattutto la nostra classe,la 5° C, era famosa per le mitiche feste che faceva. Nessuno ci batteva e tutti volevano essere nostro amici,era un po’ una sorta di leggenda,e questo penso sia dovuto a tutte le persone che la compongono,tutte diverse e particolari.

POV GINEVRA:

 

Girai lo sguardo verso Riccardo e notai che era intento a scrivere un bigliettino,finalmente aveva smesso di fissarmi;odio quando le persone mi fissano e lui non aveva fatto altro per tutta l’ora.

-Bianchi,sta prendendo appunti?- chiese il prof a Riccardo.

-Si,prof- rise lui

-Allora può leggermi l’ultima cosa che ha scritto?-

-No perché non riguarda la lezione- sorrise lui

-Martini tu?-si rivolse a me-

-Nell’ 800’ i maggiori esponenti italiani della lirica erano Ugo Foscolo e Giacomo Leopardi- dissi soddisfatta.

-Brava,e seguite tutti- disse il prof lanciando un’occhiata a Riki.

Mentre prendevo appunti, Greta la ragazza con le meches fuxia,sorridendomi mi passò un bigliettino,lo aprii e lo lessi.

Sabato c’è una gara,partecipi?:) Alex

 

Certo:) passi a prendermi?

 

Si,alle 10 sto da te:)

 

Va bene:)

Riccardo mi osservava e sembrava infastidito dagli sguardi che io e Alex ci stavamo lanciando,ma non doveva intromettersi,anche perchè non ci ero andata a letto come lui aveva fatto con gattamorta-Erica.

Tornammo a casa,ognuno con la sua moto e fu una giornata strana,sentivo che qualcosa non andava,ma non capivo cosa. Il pomeriggio guardai un film da sola e per la cena preparai tantissime cose perché quando ero nervosa,cucinavo. Durante la cena io e Riccardo eravamo nervosi mentre Ali  e Andrea parlavano e ridevano tranquilli come se niente fosse;era il loro turno di lavare e asciugare i piatti perciò me ne andai in camera a ripetere letteratura.

POV RICCARDO:

Erano già le 23:10,il tempo era volato infatti quel giorno ero talmente distratto per la discussione con Gin,che quando ero tornato da scuola mi ero completamente dimenticato di controllare la cassetta della posta. Mi alzai dal divano,aprii la porta e infilai la mano nella cassetta;c’era una lettera,era per Gin. Non mi andava di parlarle,ma quei due erano addormentati sul divano abbracciati,quindi toccava a me dargliela. Salii le scale,bussai alla porta ed entrai;

-Ehi,è arrivata una lettera per te- era seduta a terra appoggiata al muro,ancora vestita e con le scarpe e stava con un libro in mano.

POV GINEVRA:

Solo una volta avevo ricevuto una lettera da parte di Alice dato che stavamo lontane e per questo ero curiosa,mi alzai e la presi.  Sul retro c’era una scritta:

Ginevra, ho trovato questa lettera mentre riordinavo

 i cassetti della sua scrivania,leggila,è la prova di quanto

lui ti volesse bene,un bacio.

                         -Mamma e papà

Aprii la busta e lessi le  prime due parole:

Cara Ginny

Riconobbi all’istante quella scrittura,lo prendevo in giro perché somigliava a quella dei bambini nonostante fosse quasi un uomo, e solo lui mi chiamava così.

POV RICCARDO:

 

Appena aprì la lettera,si irrigidì,strinse forte il foglio tra le mani e gli occhi le si fecero lucidi;tutto questo durò una frazione di secondo perché subito corse fuori dalla porta,scese le scale e uscì sbattendo la porta e facendo svegliare Alice e Andrea preoccupati.

-Riki che è successo?Dov’è Gin?-

-Io.. non lo so,davvero.. non capisco che gli è preso-.

 

 

Angolo autrice:

Comincio col dire un’enorme GRAZIE a tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le preferite,le seguite e hanno recensito,l’unico modo per migliorare la storia però è con le vostre recensioni quindi spero sarete in tanti,ma ringrazio anche quelli che leggono in silenzio. Appena riuscirò,metterò le foto dei personaggi, e fatemi sapere se volete che metta una canzone come sottofondo per ogni capitolo. Per quanto riguarda il capitolo di oggi che ne pensate?Lo so è un pò troppo lungo…ma avete già capito chi ha scritto la lettera per la nostra Gin?E secondo voi lei e Riki faranno pace?

Un bacio

Blackshadow90

 

                                                          

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Capitolo 8
*** CAP.8 LACRIME,RISATE E CORAGGIO ***


Se volete, come sottofondo, ascoltate “Gone too soon” dei Simple plan

 

 

 

Piangile tutte oggi queste lacrime, affinché stasera siano finite, e domani non ce ne siano. Sei una delle persone più positive e forti che io conosca. Nonostante la vita.

                                                                                      *Anton Vanligt*

POV GINEVRA:

Lo so, sono una vigliacca, una codarda perché come sempre sto scappando da tutto, da tutti, dal mio passato che non mi abbandona mai e non riesco ad affrontare questo problema, non riesco ad essere forte come vorrei.

Mi allontanai veloce e corsi fino a restare senza fiato, non sapevo dove stavo andando, l’unica cosa mi importava era correre via, e senza volerlo mi ritrovai davanti al Castello Sforzesco, mi sedetti su un gradino e guardai la lettera chiusa;avevo paura di aprirla,di rivedere di nuovo quella scrittura e soprattutto di ricordare ancora. Perchè i momenti passati con lui,mi passavano nella testa come un lampo:non volevo dimenticare niente,però i ricordi erano come della lame che incidevano la mia pelle giorno dopo giorno. Presi coraggio,la aprii e con gli occhi già umidi iniziai a leggere:

 

Cara Ginny,

sono io,il tuo Niki,non so perché ti sto scrivendo,anzi si lo so;ieri è stato il tuo 17° compleanno,eri così contenta e felice per la moto e già sto pensando ad un altro spettacolare regalo per il tuo 18°. Mi immagino te con un bellissimo vestito e io su un palco mentre tutti gli invitati ascoltano questo discorso sdolcinato da perfetto fratello maggiore:lo sai che mi è sempre piaciuto scrivere,ma ti prometto che questa volta sarò breve. Fin da quando eri piccola ti ho sempre protetta da tutto e da tutti perché sei la mia piccola sorellina e nessuno può farti soffrire. Mamma e papà hanno sempre lavorato e per questo ti ho sempre accudita io;tutte le volte che avevi la febbre ti portavo i marshmallow e restavamo sul divano a guardarci “Mamma ho perso l’aereo”,ami quel film e ridi sempre come una bambina anche se lo conosci a memoria. Ti ho vista crescere e diventare una bella ragazza e non immagini quanto è stato difficile non spaccare la faccia a tutti i ragazzi che facevano battute provocanti su di te;ero geloso quando ai avuto il tuo primo ragazzo e ti facevo diventare matta perché volevo e voglio sapere sempre dove sei e con chi. Sei rompipalle,capricciosa,vendicativa,scorbutica appena sveglia,ma sei anche dolce,generosa e più brava di me in matematica. Sei casinista e insieme siamo due bombe ad orologeria:ti ricordi quella volta in cui siamo rimasti chiusi nel centro commerciale?E’ stato il giorno più divertente della mia vita,abbiamo provato un mucchio di vestiti e costumi e abbiamo fatto tante foto,ci siamo lanciati dalle scale con le tavole da surf,abbiamo giocato a tennis con i pattini a rotelle e poi abbiamo montato le tende;alla fine ci hanno beccato e mi ricordo ancora le risate che si sono fatti i carabinieri vedendo le riprese di sorveglianza. Oppure quando siamo usciti alle tre di notte per andare ad un concerto e siamo rientrati alle 7 per non farci scoprire da mamma e papà,lo feci solo per te e ancora mi ricordo le occhiaie che avevi a scuola;ma la pazzia più grande che abbiamo fatto è stata quando siamo andati in montagna,ti ricordi?Avevamo fatto amicizia con un gruppo di ragazzi e andammo nel bosco in piena notte con loro,tu vincesti la gara con le motoslitte che avevamo rubato e il giorno dopo stavamo tutte e due con la febbre. Ti voglio bene perché ti basta uno sguardo,un sospiro,mezza parola,per farmi tornare il sorriso. Ti voglio bene perché sei una persona sensibile,che piange per una piccola litigata,ma sai anche essere forte come una roccia. Ti voglio bene perché per me ci sei sempre e ci capiamo con uno sguardo,sei la mia stellina.

Ti voglio bene piccola mia

 

Chiusi la lettera,solo in quel momento mi accorsi che stavo piangendo a dirotto,come quando ero bambina e facevo gli incubi. Dopo la sua  morte mi ero come bloccata e ora stavo sfogando tutto il dolore che provavo. Iniziò a piovere,prima piano e poi sempre più forte, e pensai che forse il cielo stava piangendo con me. Ero in piedi sotto la pioggia a testa bassa,piangendo, e neanche mi accorgevo dell’acqua che mi stava bagnando vestiti  e capelli,immobile come se qualcuno avesse premuto il tasto pausa.

 

POV RICCARDO:

-Che gli ai detto?L’hai fatta arrabbiare?- io non avevo fatto niente e Alice se la prendeva con me.

-Io non ho fatto niente,gli ho solo dato una lettera- ero incazzato,ma anche preoccupato perché era tardi e non sapevo dove era andata Gin.

-Che lettera?Chi l’ha mandata?- Alice era agitata

-Era dei genitori infatti dietro c’era scritto che avevano trovato quella lettera in una scrivania ed è la prova di quanto lui gli volesse bene,ma non so chi sia lui-

-O cazzo,è di Niki- disse Alice guardando Andrea

-Dobbiamo subito andare a cercarla- disse serio Andrea

-Mi spiegate chi cazzo è Niki e che succede?- non ci stavo capendo niente

-Ma tu non gli ai raccontato tutta la storia?-chiese confuso Andrea ad Alice

-Pensavo l’avessi fatto tu- rispose Alice.

-Di che storia parlate?-

-Del motivo per cui Gin si è trasferita qui- finalmente avrei saputo la verità.

-Un anno fa lei e suo fratello Nicolò hanno avuto un incidente mentre andavano ad una festa,lui è morto e lei è caduta in depressione perché era lei che voleva andare alla festa e di questo si è sempre incolpata,qualche tempo dopo il funerale ha tentato il suicidio,ecco il motivo di quella cicatrice sul collo, e in seguito ha avuto brutte compagnie per questo i genitori l’hanno mandata qui,perché vogliono che ricominci a vivere-.

Ero letteralmente a bocca aperta perché avevo intuito che aveva dei segreti ma non pensavo fossero di questa portata,ora mi spiegavo tutto,mi spiegavo il motivo per cui non voleva che facessi troppe domande. Ed ero terribilmente preoccupato per lei perché pioveva ed era quasi mezzanotte,se gli fosse successo qualcosa non me lo sarei mai perdonato.

-Dove può essere andata?-chiesi infilando la felpa

-Lei va sempre al parco Sempione,ma ormai sarà chiuso- dissero loro prendendo le chiavi della macchina.

-Io vado a controllare lì,voi vedete in centro,se la trovate chiamatemi subito- Uscii correndo,presi subito la moto e partii sgommando,ignorando la pioggia fitta.

Perché mi ero comportato da cretino?L’ho sempre stuzzicata e non ho mai cercato di fare l’amico,forse è di questo che ha bisogno. Le uniche volte che la vedo felice è quando parla con quel ragazzo,Angelo e vorrei lo fosse anche con me.

Parcheggiai vicino al castello e quando mi incamminai veloce la vidi:era in piedi con i capelli bagnati appiccicati al volto,la testa china e la vedevo tremare.

-Ginevra- lei si girò e mi guardò con gli occhi rossi e il volto bagnato dalle lacrime e dalla pioggia. Subito la abbracciai,rimase spiazzata dal mio gesto ma ricambiò e continuò a piangere,mentre le accarezzavo la schiena;lì tra le mie braccia sembrava più piccola,indifesa.

-Andiamo ti porto a casa-lei annuì sul mio petto e dopo essere saliti sulla moto,partii a razzo verso casa. Chiamai subito Alice e Andrea per avvisarli che stavamo a casa.

Una volta entrati in soggiorno presi un asciugamano e ci asciugammo,Gin era silenziosa e avevo lo sguardo perso chissà dove.

-Lo so cosa stai pensando,pensi ancora che sia colpa tua e ti manca molto-

 

POV GINEVRA:

Lo guardai a occhi spalancati…come faceva a saperlo?E poi perché si stava comportando così con me?Lui era Riccardo!Il ragazzo odioso,strafottente e puttaniere.

-Cazzo reagisci,tu sei una ragazza forte,sei l’unica che ha il coraggio di tenermi testa,l’unica che mi fa imbestialire,secondo te lui vorrebbe questo?Io non lo conoscevo ma sono sicuro che ti direbbe di lottare:ogni persona che ti vuole bene lo direbbe…se a me per esempio succedesse qualcosa io ti direi di continuare a sorridere e di non fermarti mai perché sei speciale,combattiva e anche dannatamente orgogliosa- feci la prima cosa istintiva che mi venne in mente:abbracciarlo,perché mi aveva detto una cosa stupenda e mi ero stancata di avere paura delle emozioni.

-Grazie,davvero e scusa per quello che ti ho detto l’altra sera,non dovevo giudicarti- abbassai il capo perché mi vergognavo,non chiedevo mai scusa a nessuno.

-Wow,Gin mi ha chiesto scusa,ora lo segno sul calendario,è una data storica-

-Si segnalo perché questa è la prima e ultima volta che sentirai quella parola uscire dalle mie labbra- sorrisi trionfante.

In quel momento la porta scattò:

-Gin,oddio mi hai fatto preoccupare- Alice mi saltò praticamente addosso seguita da Andrea.

-Non ti azzardare mai più,non voglio morire d’infarto a 18 anni- disse sorridendo

-Scusate,non volevo farvi preoccupare- mi sentivo in colpa

-Fa niente,volete i popcorn?Mi è venuta fame- disse lei.

-No grazie,mi cambio e vado a dormire- ero ancora fradicia

-Anche io,notte piccioncini-

Mentre salivo le scale lui era dietro di me,e avevo già intuito che voleva dirmi qualcosa.

-Gin,se vuoi possiamo essere amici- io stavo aprendo la porta della stanza e mi voltai;volevo essere sua amica per scoprire l’altro lato di Riccardo,quello dolce e premuroso che mi era venuto a cercare.

-Si può fare- bastarono queste tre parole e si illuminò,mi fece un sorriso da togliere il fiato.

-Quando ai bisogno io sono qui,buonanotte- non feci in tempo a rispondergli che si avvicinò e mi baciò la guancia:sentii il suo profumo che sapeva di fumo e menta,e uno strano brividi mi percorse ma decisi di ignorarlo.

-Buonanotte-

POV GINEVRA:

VENERDI’ 12

Ero appena arrivata a scuola con Riki,Alice e Andrea arrivarono subito dopo e ci riunimmo tutti là davanti,prima di entrare.

-Ehi piccioncini,come va?-disse Alessio

-Per ora tutto bene- risposi io sorridendo e abbracciandolo,lui sorpreso ricambiò.

-Comunque domenica ci siete?-

-Dove?-

-Mio cugino  ha aperto un locale  e siete tutti invitati-disse Gianluca alle mie spalle,lui viene in classe nostra e ama lo sport.

-Se viene lei vengo anche io- disse Riki rivolto a me.

-Si,vengo- lui mi baciò una guancia.

-Tutta questa dolcezza mi dà il voltastomaco- Erica,sempre molto simpatica.

-Anche tu mi dai il voltastomaco- risposi io.

-Sei solo gelosa- si certo,come no.

-Lascia perdere Ginevra,certe persone non sanno accettare la sconfitta-intervenne Greta guardando prima me e poi Riki.

-Già ai proprio ragione- detto questo mi avvicinai a Riki e guardando Erica,gli diedi un bacio:un semplice bacio a stampo che però mi suscitò di nuovo quella strana sensazione,come una scossa elettrica. Ci guardammo negli occhi intensamente come se gli altri intorno a noi fossero magicamente scomparsi e ci fossimo solo io e lui.

-Si stanno spogliando con gli occhi- Riki fulminò con gli occhi Alessio che aveva parlato a sproposito e io,che non ero mai arrossita, arrossii.

-Sei arrossita- mi sussurrò all’orecchio.

-Fa caldo e sto con la felpa- accidenti a me che ero arrossita.

-Stai mentendo- oddio,aiutatemi.

-Vuoi litigare adesso che siamo amici?- dissi a bassa voce per non farmi sentire dagli altri.

-Bel tentativo,ma non ci casco,tu stai mentendo punto e basta- sorrise malefico.

-Va bene e quindi?-rimase spiazzato.

-Niente,lasciamo perdere-

Entrammo a scuola e andammo in aula magna perché quel giorno dovevamo vedere un film,anche se il film non lo guardai proprio,ero troppo impegnata a ridere con Riccardo e a fare amicizia con tutti quelli della nostra classe. Oltre  ad Erica,Greta,Alessandro,Alessio,Gianluca,Alice e Andrea che avevo conosciuto già il primo giorno di scuola(a parte Alice e Andrea che conoscevo da molto),c’erano Emma , fedele amica di Erica,Vanessa dolce e studiosa,Emanuele fidanzato di Vanessa,Francesco l’amico di tutti,Jacopo l’amante della discoteca,Noemi aspirante veterinaria,Giada la più timida,Mattia migliore amico di Jacopo anche lui ama il divertimento,Christian silenzioso e riservato,Veronica spigliata e intelligente,Giorgia la vegetariana del gruppo,Stefano il miglior organizzatore di feste,Caterina denominata Cat ama la moda,Giovanni ha una passione per le macchine, e per finire ci siamo io e Riccardo, il playboy della scuola. Ci vorrà del tempo prima che riuscirò a conoscere bene tutti: sono 22 ragazzi, uno più diverso dell’altro, ma penso che proprio per questo motivo è la classe più unita e affiatata.

Tornammo insieme a casa e dopo aver pranzato io e Riki ci chiudemmo in camera mia per fare matematica, seduti comodamente sul letto.

POV RICCARDO:

Nonostante fossi il primo della classe in ogni materia per me la matematica era ostrogoto e negli anni precedenti ero riuscito sempre a cavarmela per miracolo.

-Da cosa partiamo?-Gin è troppo buffa quando fa la seria.

-Riki smettila di fissarmi imbambolato, dobbiamo studiare, e non ti farò uscire da questa stanza finché non ripeteremo tutto il programma dello scorso anno-

-Mi vuoi tenere chiuso in una camera con un letto? Io e te soli?- volevo sfotterla.

-Eddai Riki- mi tirò un cuscino ridendo, io presi al volo l’occasione e iniziò una vera e propria battaglia di cuscini. Volarono da una parte all’altra, poi mi avventai su di lei e iniziai a farle il solletico.

-No..il solletico..no..ora muoio-aveva una risata incantevole ed ero contento di averla fatta finalmente ridere dopo tutto quello che aveva passato; istintivamente la mia attenzione cadde sulla cicatrice bianca, era impossibile non notarla e Ginevra vedendomi smise di ridere e tornò seria.

-E’ meglio se iniziamo a studiare-

-Me ne vuoi parlare? Della cicatrice intendo- ero sicuro che mi avrebbe risposto male e invece mi guardò incerta.

-Non voglio costringerti, se non vuoi dirmelo non fa niente- continuai io.

-Ero sola in casa e stavo pulendo la cucina, casualmente ho guardato il portacoltelli sul bancone mentre pulivo e ho preso un coltello; ho pensato che quel pezzo di metallo avrebbe finalmente messo fine al senso di colpa che provavo, perché meritavo la morte così senza riflettere l’ho appoggiato sul collo e l’ho spinto lentamente verso il basso, poi sono svenuta e mi sono svegliata in ospedale; mia madre aveva dimenticato la giacca a casa e mi ha trovata, ma stavo per morire dissanguata- dire mi dispiace sarebbe stato troppo banale per questo la abbracciai.

-Guarda il lato positivo, adesso sei ancora qui e ai avuto la fortuna di conoscere me- in certi momenti le battute erano la cosa migliore.

-La fortuna?-scoppiò a ridere

-Ehiii, ingrata- risi anche io, felice come non mai.

 

ANGOLO AUTRICE:

Ringrazio ancora una volta chi segue la storia ma anche Ridarella ke mi sostiene sempre, qui c’è il testo tradotto della canzone:

 

 

 

 Ehi tu, adesso dove sarai andato?
mi hai lasciato qui, così all'improvviso
hai cambiato la mia vita, spero che tu lo sappia
perché adesso mi sento persa, così indifesa
in un batter d'occhio, non avevo mai dovuto dire addio

come una stella cadente, che ha attraversato la stanza
così veloce, così lontana
te ne sei andato troppo presto
sei parte di me e io non sarò mai più la stessa
qui senza di te
te ne sei andato troppo presto

sei sempre stato lì come una luce splendente
nei miei giorni più bui, era lì a guidarmi
oh, mi manchi adesso
vorrei tu potessi vedere quanto
il ricordo di te sarà sempre importante per me
in un batter d'occhio, non avevo mai dovuto dire addio

come una stella cadente, che ha attraversato la stanza
così veloce, così lontana
te ne sei andato troppo presto
sei parte di me e io non sarò mai più lo stesso
qui senza di te
te ne sei andato troppo presto

continua a splendere,
finché arriverai in un posto migliore
continua a splendere,
io non sarò mai più la stessa
continua a splendere...

come una stella cadente, che ha attraversato la stanza
così veloce, così lontana
te ne sei andato troppo presto
sei parte di me e io non sarò mai più la stessa
qui senza di te

te ne sei andato troppo presto
continua a splendere...

GINEVRA

 

RICCARDO

 

ALICE E ANDREA

ANGELO(LOLLO)

 

MARCO

EMILIANO

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Capitolo 9
*** AMICIZIA A RISCHIO ***


IL DESTINO MESCOLA LE CARTE E NOI GIOCHIAMO

                                                                               -Arthur Schopenhauer

SABATO 13:

Sbadigliai assonnata appena la sveglia suonò e mi girai verso Alice che di solito era più mattutina di me.

-Buongiorno- mi disse Riccardo

-Oddio che ci fai qui?-Riccardo era affianco a me in boxer con i pettorali scolpiti che si intravedevano dalla canotta bianca e il solito sorriso strafottente sulle labbra; mi coprii subito con il lenzuolo dato che ero in mutande e reggiseno.

-E’ inutile che ti copri, ho già visto tutto-

-Mi spieghi che cazzo ci fai nella mia camera, nel mio letto alle 7 di mattina?-già sono nervosa di mio la mattina, se poi ci si mette anche lui, divento intrattabile.

-Dormi proprio come un ghiro eh?!-

-Questo che c’entra?-

-Alice non è stata bene stanotte e quindi è andata a dormire con Andrea-

-Ora come sta? Vado a vedere- mi alzai mezza nuda, era più importante Alice e comunque ormai Riki mi aveva  già vista.

-Ehi tranquilla sta bene, stanno dormendo tutti e due-Riki mi afferrò il polso e sentii una scarica; lo guardai negli occhi e notai che il suo sguardo era diverso dal solito, non era freddo, distaccato o sbarazzino ma era intenso, dolce , sensuale: uno sguardo che nessuno mi aveva mai dedicato.

-Allora vado a prepararmi- sfilai il polso dalla sua mano e corsi in bagno, non riuscivo a sostenere quello sguardo; non sto scappando, ok forse si, ma si fa un passo alla volta e si sa che i sentimenti sono difficili da gestire soprattutto per una come me che gli ha repressi per molto tempo.

POV RICCARDO:

Era scappata per rifugiarsi in bagno, l’avevo capito perché aveva tremato quando gli avevo afferrato il polso e la capivo; ho sbagliato io ad avvicinarmi troppo, la conosco da poco eppure ho già capito molti tratti del suo carattere.

Scesi al piano di sotto per prepararle il suo solito caffè con cioccolato e marshmallow e intanto guardavo il moto per la domenica.

- Perché hai la mia tazza? - non mi ero neanche accorto che era entrata in cucina

-Ti ho preparato il tuo caffè zuccheroso- mi guardò prima stupita, poi sorrise timida.

-Ah…ehm grazie- era diventata rossa

-Fai in fretta perché è tardi, poi oggi pomeriggio facciamo matematica vero?- la vidi improvvisamente agitata, si mordeva il labbro e guardava la cucina evitandomi.

-Si certo, tanto sono poche cose- mi stava nascondendo qualcosa.

POV GINEVRA:

Ora che eravamo amici, mi sentivo in colpa a dirgli una bugia ma di certo non potevo dirgli che quella sera sarei andata con Alex, ad una gara in cui avrei partecipato con la mia moto, per questo preferii tacere.

Le prime tre ore passarono in fretta e come al solito ci riunimmo tutti in cortile per metterci d’accordo per la serata al locale.

-Quindi mi passate a prendere alle 21:30?- chiese Caterina

-Certo Cat- rispose Alice

-Ehi ma cacciamo tutti in macchina?- Jacopo era un ragazzo molto “attivo”, amava il divertimento e il suo pensiero era solo uno: le ragazze.

-In che senso? Non mi dite che viene anche lui?!- da quello che avevo capito Cat e Jacopo litigavano in continuazione e non si sopportavano.

-Non ti preoccupare bambola, se non andiamo tutti, ti siedi su di me dato che c’è anche Mattia- il ragazzo rise, ormai abituato a quei battibecchi.

-Piuttosto che sedermi su di te mi metto nel bagagliaio-

-Ti rovineresti il vestito, reginetta della moda- disse sprezzante

-Si ma almeno sarebbe per una buona causa-

-Sei peggio di una suora-

-Io almeno non vado a letto con ogni individuo dotato di vagina- a quel punto tutti scoppiarono a ridere come pazzi attirando l’attenzione dei ragazzi più piccoli; Cat era così: alcune volte sembrava così ingenua e poi invece faceva  battute del genere che ti lasciavano completamente spiazzata.

POV RICCARDO:

Dopo la battuta di Cat tutti continuarono a parlare tra loro della serata: Mattia voleva fare conquiste e ubriacarsi, il che voleva dire che alla fine l’avremmo riportato addormentato a casa, Greta era del suo stesso parere, mentre Veronica stava descrivendo il suo vestito a Giorgia e Vanessa. Emanuele osservava incantato la fidanzata e pensai che si era davvero rincoglionito, come si fa a stare sempre con la stessa persona? E poi tutti i regalini, le rose che le aveva fatto a San Valentino e tutte le smancerie da fidanzato, erano cose che non sopportavo, erano troppo smielose. Anche Andrea era così invece io no, non conosco l’amore, ma solo il sesso.

Presi una sigaretta dal pacchetto che avevo in tasca, la portai alla bocca e l’accesi, poi una mano con le unghie smaltate di bianco me la tolse di bocca e se la portò alle labbra, sorridendo maliziosa.

-Tu fumi?- chiesi a Gin

-Tu non immagini nemmeno lontanamente come ero prima e cosa ho fatto-

-Allora racconta-

-Non adesso-

Per quanto mi avvicinassi a lei, c’era sempre quel passato oscuro di cui non mi parlava, c’era sempre qualche segreto, era come leggere un libro dal finale: sai come va a finire ma non sai cosa è successo prima, non conosci i luoghi o i personaggi che hanno fatto parte della storia.

Era ormai pomeriggio e stavamo facendo matematica da due ore, Gin era stesa a pancia in su sul letto con il libro aperto sulla faccia e c’era un pacco di patatine aperte, che stavo velocemente divorando.

-Allora possiamo fare una pausa?- Gin si alzò di scatto facendo cadere il libro.

-Riki sei stressante…me l’hai già chiesto tre volte-

-Ma non mi hai risposto-

-Tanto stai già mangiando, e mi hai fatto venire mal di testa- si lo so, la sto mettendo in croce, ma è solo perché mi piace troppo stuzzicarla.

-Ok, chiede umilmente perdono, madame-

-Ah ah ah simpatico, dai ripetimi un ultima volta questa formula e ti lascio in pace-

-Perché?-

-Perché cosa?-

-Perché mi lasci in pace?-

POV GINEVRA:

-Perché ho un impegno stasera e devo andarmi a preparare fra un po’- ed ecco che arriva il senso di colpa.

-Dove vai?- sembrava triste

-Esco con…Greta!- la prima ragazza della classe che mi venne in mente fu lei.

-Va bene, anche io devo uscire con… Alessio!- era una bugia, l’avevo capito subito dai suoi occhi, che non so come riuscivo a leggere chiaramente, ma non avevo tempo per indagare. Corsi in camera a prepararmi e misi dei leggins di pelle nera aderenti che mostravano le mie forme, una maglia blu scuro che lasciava la pancia scoperta e gli immancabili stivaletti, capelli sciolti e matita nera. Uscii veloce con il casco in mano e andai a sbattere contro qualcuno, alzai lo sguardo  e vidi la schiena nuda di Riki: era appena uscito dalla doccia e aveva solo un asciugamano a coprire le parti basse.

-Vai di corsa?- disse divertito; non lo ascoltai perché ero troppo occupata a guardare il suo corpo perfettamente scolpito, ora che si era voltato era tremendamente sexy con i capelli bagnati e scompigliati. Sarei voluta essere una di quelle goccioline che dalle spalle stavano lentamente percorrendo il petto, gli addominali fino ad arrivare al basso ventre. 

-Ehi ti sei incantata a guardare il mio corpo perfetto?- disse malizioso

-Sei la modestia in persona eh?!- si, mi ero incantata ma di certo non l’avrei ammesso.

-Dico solo la verità- mi fissò la maglietta e poi i leggins.

-Va be io vado-

-Va bene, salutami Greta-

-Si, a dopo-

Presi la moto e una volta arrivata in periferia iniziai a fare qualche prova per la gara, dato che non conoscevo gli altri piloti, restai lì un’oretta poi vidi l’orario :erano le 10 meno un quarto così chiamai Alessandro.

-Ehi Alex non passare da casa, ci vediamo a Milano centrale-

-Va bene io sono quasi arrivato ti aspetto lì-

-Ok, a dopo-       

Ci incontrammo e mi spiegò la strada che avrei dovuto fare ,intanto arrivammo nel luogo della gara, che come al solito era pieno di gente euforica e rumorosa. Al centro come la scorsa volta c’era Giovanni che avrebbe dato inizio a “The Hell”; infilai i capelli nel casco e dopo aver abbassato la visiera scura mi avvicinai agli altri piloti che mi osservarono attentamente, chi con odio e chi facendomi l’occhiolino.

-Stasera i piloti sono sei, ci sarà da divertirsi- gridò Giovanni al pubblico.

La gara stava per iniziare, così pensai solo al mio obbiettivo e restai pronta e concentrata, perché volevo vincere. Appena la ragazza mezza nuda abbassò il fazzoletto rosso, partimmo tutti accelerando al massimo e già dopo la prima curva ero tra i primi tre. Avevo  alzato la visiera e stavo sfrecciando a più di  200 all’ora, superai una moto grigia, guadagnandomi un’occhiataccia e poi passai quella verde , ormai mancava solo quella moto rossa e poi avrei finalmente vinto. Ci ritrovammo fianco a fianco negli ultimi metri che mancavano al traguardo e solo allora, girando lo sguardo, lo riconobbi: Riccardo. Lui sbarrò gli occhi, colpito nel vedermi e io ne approfittai per accelerare  e vincere. La folla mi corse incontro facendomi perdere di vista Riccardo quando da lontano si sentirono le sirene della polizia; scoppiò il panico e tutti, chi con le moto chi a piedi o in macchina scappò, io non sapevo che  fare, non conoscevo la zona.

-Seguimi!- quella voce calda e dura la conoscevo bene, Riki accelerò e io lo seguii veloce; facemmo il giro intorno al luogo della gara e andammo dritto  fino ad arrivare in una stradina buia, scese dalla moto e mi guardò. Io feci lo stesso e sostenni il suo sguardo duro, ferito.

-Mi spieghi che ci facevi lì? Non dovevi essere con Greta?-

-Be si, ma c’è stato un cambio di programma- sorrisi incerta

-Stai mentendo-

-Va bene ti ho mentito  e allora?-

-Sono tuo amico e agli amici non si dicono bugie- era mio amico, già… ma perché quella parola mi sembrava così vuota? Triste?

-Angelo non vuole che faccio gare quindi pensavo che anche tu..-non mi fece finire.

-Non mi puoi paragonare a quel coglione- possono insultare me, ma nessuno può permettersi di insultare la mia famiglia: Angelo e i ragazzi fanno parte della famiglia.

-Coglione sarai tu, non ti permettere mai più ad insultarlo-

-Altrimenti che succede? Viene qui e mi prende a pugni?-

- Sei peggio di un bambino- montai sulla moto e guardandomi intorno cercai di orientarmi, ma era inutile; Riccardo incazzato partì e io lo seguii fino a casa.

Una volta arrivati  entrammo e lui sbattè la porta di casa alle sue spalle, io corsi in camera dove Alice già dormiva e dopo essermi spogliata mi distesi su un fianco e guardai il cielo fuori dalla finestra, solo una calda lacrima scese lungo la mia guancia.

-Mi manchi-  forse l’avevo pensato o forse l’avevo sussurrato, dopo mi addormentai. Alcune volte, Niki  mi manca così tanto che vorrei tirarlo fuori dai miei sogni per abbracciarlo ma anche per prenderlo a schiaffi e gridargli contro tutto il mio dolore perché mi ha abbandonata quaggiù, da sola, ma so che non accadrà mai e l’unica cosa che mi rimane da fare è ricordare il passato e costruirmi un futuro.

Angolo autrice:

Perdonatemi per questo ritardo, ma purtroppo ho avuto molto da studiare e per di più il computer con cui scrivo è morto, quindi ora mi ritrovo con un lentissimo catorcio dell’era preistorica -_- Ringrazio ancora chiunque legge la mia stori, vi sono immensamente grata, e mi farò perdonare con il capitolo 10 in cui vedremo momenti “caldi”  ;D

Qui trovate i personaggi:

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questo è Riki

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Questa è Ginny

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Questo è Angelo

Come vi ho già detto sono litigata con la tecnologia infatti sono riuscita a mettervi solo queste tre immagini, ma prometto che tenterò di mettere anche quelle degli altri personaggi, se queste non si aprono giuro ke nn è colpa mia L

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** IO CI TENGO DAVVERO A TE ***


“TROVA QUALCUNO CHE TI FACCIA DIMENTICARE IL TUO PASSATO,LA TRISTEZZA.TROVA QUALCUNO CHE TI CAMBI LA VITA,CHE LA RENDA MIGLIORE, CHE SOSTITUISCA E RIEMPIA IL VUOTO DI CHI SE N’E ANDATO.TROVA QUALCUNO PER CUI VALGA LA PENA SORRIDERE”

                                                                               -Marilyn Monroe

POV GINEVRA:

Aprii gli occhi e guardai la sveglia, erano le 7 meno venti; chi si alza alle 7 meno venti di domenica? Solo una pazza come me, si perché sono una scema e fragile sentimentale. Tutte le volte che ero preoccupata e triste per qualcosa o litigavo con qualcuno a cui tenevo, non dormivo la notte e mangiavo nutella, così sfogavo la mia frustrazione; e così quella notte non avevo dormito e adesso ero già in piedi pronta a scendere al piano di sotto a mangiarmi le fette biscottate con la nutella, tanta nutella.

Scesi in fretta, sbadigliando e una volta arrivata in cucina, aprii l’anta del frigo e presi la nutella, non mi ero accorta però che in cucina non ero sola, infatti quando chiusi l’anta mi trovai davanti Riccardo e gridando per lo spavento feci quasi cadere il barattolo.

-Attenta!- Riki prese il barattolo al volo e lo poggiò sul tavolo.

POV RICCARDO:

-Già sveglia?- io non avevo chiuso occhio

-Si- non mi guardò neanche in faccia

-Ti prendo i marshmallow?- erano nello scaffale alto e sapevo che lei non ci arrivava.

-Si- il suo tono era così gelido che faceva paura,era ancora arrabbiata.

-Continuerai a rispondermi a monosillabi?!- mi stavo seriamente incazzando.

-Si-

-Vaffanculo- me ne andai senza attendere la sua risposta che sicuramente mi avrebbe fatto incazzare ancora di più. Non sopportavo il fatto che avesse difeso quel cretino, che la conosceva meglio di me, e anche se lei aveva detto che non erano fidanzati, non ci credevo, magari lei era innamorata segretamente di lui e per non rovinare l’amicizia  non gli aveva detto niente o magari era il contrario. Fatto sta che per colpa sua avevamo litigato e ora Gin si era di nuovo chiusa a riccio per non parlare poi del fatto che mi aveva detto una bugia ed era alla gara. Si vedeva che non conosceva la strada quindi era venuta con qualcuno, e forse avevo capito già chi era.

POV GINEVRA:

Lui! Quel coglione che dovrebbe essere mio amico, quello stronzo che mi provoca strani brividi quando mi tocca, mi ha mandata affanculo e poi se n’è andato lasciandomi qui come una cretina. Questa me la paga e ho già in mente come: stasera al locale ci sarà da divertirsi.

Erano le sei e dovevo darmi una mossa perché ero lenta a prepararmi e aveva una lista di cose da fare molto lunga: fare la doccia,depilarmi, lavare e mettere la maschera ai capelli, mettere la crema, mettere lo smalto a mani e piedi, scegliere l’abito le scarpe e gli accessori abbinati, fare i capelli, il trucco e profumo. Lo so è quasi impossibile per un bradipo ritardatario come me essere pronta per le 21.30 ma devo riuscirci. Entrai nella doccia del bagno in corridoio dato che Alice si stava lavando in quello della camera e con “UNWRITTEN” come sottofondo mi lavai e mi depilai in fretta. Uscii dalla doccia, misi l’intimo tutto di pizzo nero e iniziai a spalmare la mia adorata crema al cioccolato su tutto il corpo. La porta si spalancò all’improvviso e chissà perché già immaginavo chi fosse.

POV RICCARDO:

Va bene che ero ancora arrabbiato con Gin dopo la litigata, ma trovarmela di fronte con l’intimo di pizzo e  intenta a spalmarsi la crema, mi fece dimenticare tutto. Era assolutamente perfetta e se ne era accorto anche l’amico in basso dato che premeva contro i jeans, ma non feci niente per nasconderlo perché volevo che si sentisse a disagio. Anche se non avevo calcolato il fatto che lei non era come le altre e per questo mi stupì ancora.

-Ora esco comunque è meglio se fai una doccia fredda, sai il tuo amichetto è troppo attivo- sculettò e uscì.

POV GINEVRA:

Feci finta di niente e me ne andai veloce in camera, adesso era il turno dei capelli, guardai l’orologio ed erano già le 7 meno un quarto, accidenti. Dopo averli lavati e asciugati li raccolsi in uno chignon alto e osservai Alice che stava posando sul letto il suo vestito.

-Ali ho bisogno di te, non so che mettere-

-Tranquilla ci penso io- mi sorrise divertita e spalancò l’anta dell’armadio.

- Prova questo- mi porse un abito nero, decisamente molto anzi troppo corto, con una cerniera centrale che andava dall’ampia scollatura fino alla fine dell’abito e la parte intorno al collo era trasparente.

-No Ali, un abito così sta bene a te, non a me- la ragazza che ero prima, avrebbe pensato che con quell’abito sarebbe stata una modella, ma adesso ero dannatamente insicura.

-Tu mettilo, poi deciderò io se ti sta bene oppure no- disse severa lei.

-Va bene- sconsolata indossai l’abito.

-Ti sta benissimo, adesso vieni qui che ti faccio trucco e capelli- feci come aveva detto mentre mettevo lo smalto, anche se sapevo che aveva torto.

-La smetti di fare quella faccia?- chiese lei

-Che vuoi dire?-

-Hai il naso arricciato e ti stai mordendo l’angolo del labbro,lo facevi sempre da piccola quando non volevi fare qualcosa- spalancai gli occhi.

-E’ solo che….-

-Basta Gin, stasera ti divertirai, ho finito:  guardati- mi trascinò davanti allo specchio e rimasi a bocca aperta, quella non potevo essere io. Il vestito sembrava disegnato apposta per me, i cappelli erano boccolosi e il trucco nero era semplicemente perfetto.

-Sei bellissima- mi sussurrò Alice.

-Anche tu- aveva un vestito rosso corto come il mio e i capelli raccolti. Infilai le decolleté nere e dopo aver preso le nostre pochette abbinate e i cellulari andammo al piano di sotto dove  ci aspettavano i ragazzi.

-Ragazze siete bellissime- disse Andrea

-Confermo però Gin a mio parere, il vestito starebbe meglio per terra accanto al mio letto- mi stava spogliando con gli occhi.

-Tranquillo, accanto al tuo letto ci sarà il vestito di una delle tue solite puttanelle stasera- lui mi guardò duro e serrò la mascella.

-Andiamo- uscì senza guardarmi. Passammo a prendere prima Jacopo e Mattia che erano già eccitati per la serata;

-Wow, Ginevra sei troppo sexy ,me l’ai fatto alzare come una bandiera- diventai rossa mentre Riki lo fulminò con lo sguardo e Andrea lo sgridò. Arrivati sotto casa di Cat le facemmo uno squillo per avvisarla;

-Gin devi metterti in braccio a qualcuno perché non entrate tutti- Riki sorrise convinto che mi sarei seduta su di lui invece mi misi su Jacopo che allungò subito le mani sui fianchi.

-Jacopo allunga un’altra mano su di lei  e te le spezzo- avevo paura che gli facesse davvero male; in quel momento entrò Cat che fu costretta a sedersi su Mattia.

-Cat ti va una sana scopata? Perché Ginevra è già occupata- iniziavo a pensare che Jacopo fosse seriamente ossessionato dal sesso.

-Non verrei con te neanche se fossi l’ultimo ragazzo sulla faccia della terra-

-Oh invece ti assicuro che verresti- disse malizioso.

-Jacopo fai schifo- quei due mi avevano fatto venire mal di testa per fortuna però eravamo arrivati al locale dove Gianluca ci accolse.

-Benvenuti ragazzi, questo è mio cugino Antonio, il proprietario del locale- ci presentammo e quando lo salutai mi baciò la mano; Riki intanto non mi toglieva gli occhi di dosso e seguiva ogni mia mossa. Ci sedemmo tutti al bancone, per bere; iniziai con due bicchieri di vodka alla pesca perché non volevo esagerare come sempre ma sfortunatamente guardai alla mia destra vicino i bagni: una ragazza o meglio dire una piovra alta un metro e ottanta, capelli lunghi  e mezza nuda aveva ficcato la lingua in gola a Riki. Quello non era un bacio, era uno scambio di saliva, e avevo il voltastomaco, perché lui mi stava guardando come se volesse dimostrarmi di aver vinto. Mi girai e bevvi come una spugna: due sex on the beach, una tequila, e tre long island. Ero molto resistente ma con otto alcolici ero abbastanza brilla, e  la testa mi pulsava.

-Ehi tutta sola? Ti va se andiamo a fare un giro fuori?- un ragazzo biondo si avvicinò e mi prese per mano.

-Va bene andiamo- ero troppo confusa per ragionare chiaramente. Una volta fuori mi si avvicinò, mi bloccò al muro e allungò una mano per ficcarla sotto il vestito, chiusi gli occhi impaurita; poi sentii un tonfo.

POV RICCARDO:

Ero ancora alterato con Ginevra, ma nonostante questo avevo cercato di fare una tregua, lanciandole battutine a doppio senso, che non erano andate a buon fine. Ora ero in quel locale favoloso me la stavo spassando e avevo trovato una ragazza con cui passare la notte ma come al solito Ginevra aveva rovinato i miei piani; la vedevo seduta al bancone che beveva un bicchiere dopo l’altro, non volevo pensarci più di tanto e  concentrai la mia attenzione sulla brunetta che stava infilando la mano nei jeans, ma quando alzai lo sguardo per controllarla l’ennesima volta era sparita e subito mi salì la preoccupazione perciò liquidai la brunetta e andai a cercarla.

-Hai visto Ginevra? La ragazza col vestito nero- chiesi al cugino di Gianluca che era stato tutto il tempo vicino al bancone.

-Si è uscita con un ragazzo-

-Merda!!- corsi fuori e quando vidi quel ragazzo che stava allungando le mani, mi incazzai di brutto e gli tirai un pugno dritto in faccia e poi uno nello stomaco.

-Stronzo sei fortunato che non ti ammazzo- presi Gin che era un po’ scossa e la riportai dentro.

-Stai bene?-

- Siii, ma lo sai che sei proprio bello?-

-Gin ma quanto ai bevuto?-

-Tanto tanto tanto- rise lei isterica

-E’ meglio se andiamo a casa-

-Hai ragione, e andiamo subito perché ho voglia di fare sesso- gridò lei, certe cose poteva dirle sola da ubriaca.

-Ho già in mente un paio di cosette che potrei farti- me lo disse all’orecchio, in un modo così sensuale e intanto mi accarezzò il collo guardandomi intensamente.

-Ahhh mi farai diventare matto-  già perché solo lei mi provocava quelle sensazioni così forti e intense. Mi feci prestare le chiavi dell’auto da Gianluca e poi avvisai Alice  e Andrea che tornavo a casa con Gin.

POV GINEVRA:

Non capivo niente, la testa mi faceva male le pareti giravano e ogni singolo rumore mi dava fastidio. Mi venne un conato di vomito e corsi subito in bagno dove Riki mi stette accanto e mi mantenne i capelli; poi mi sciacquò la bocca e dopo il nulla.

Mi svegliai sentendo qualcosa di duro dietro la schiena e alzando la testa mi accorsi di essere seduta contro la porta aperta del bagno appoggiata sulle gambe di Riki. Fuori era buio infatti l’orologio segnava le sei; cercai di alzarmi senza svegliarlo, era troppo dolce con il viso imbronciato, ma al minimo movimento alzò la testa di scatto.

-Ehi come ti senti?- mi chiese con voce roca ma dolce

-Uno schifo, la testa mi sta scoppiando, ma perché io e te stavamo dormendo per terra?- non ricordavo niente.

-Ieri ai esagerato con gli alcolici e ai vomitato tutta la notte-

-Sei rimasto sveglio tutta la notte?- non pensavo avesse fatto una cosa così per me dopo che l’avevo trattato male.

- Forse non l’ai ancora capito ma io ci tengo a te- quelle parole così dolci mi sciolsero e così spinta dal momento lo abbracciai.

ANGOLO AUTRICE:

Oggi vado di fretta cmq ringrazio chi legge e segue la storia, un bacio ;D

 

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Capitolo 11
*** FIDUCIA ***


FRA UOMO E DONNA NON PUO’ ESSERCI AMICIZIA. VI PUO ESSERE PASSIONE,  OSTILITA’, ADORAZIONE, AMORE, MA NON AMICIZIA.

                                                                         -Oscar Wilde

POV GINEVRA:

-No Riki, non voglio prenderla-

-Gin te lo ripeto per l’ultima volta, prendi l’aspirina-

 Ci eravamo da poco svegliati dopo aver dormito tutta lo notte in bagno, e adesso mi sentivo uno straccio, avevo un mal di testa terribile e gli occhi mi si chiudevano ma l’aspirina non la volevo, avevo  odiato le medicine dopo che a 7 anni ero stata in ospedale per un farmaco a cui ero risultata allergica e forse per questo non mi ammalavo mai, ero sempre in forma. Avevo messo quintali di correttore per cercare di nascondere le occhiaie, senza successo e siccome quella mattina c’era un vento gelido avevo messo dei jeans con una  canotta nera e sopra una felpa grigia  : nonostante l’abbondante trucco sembravo appena uscita da un film horror, mentre Riki  sembrava un dio greco con i jeans  a bassa vita la maglia a manichine blu, gli occhiali neri e il cappellino da baseball al contrario.

-Ehi mi spiegate perché gridate??Mi fa male la testa- Alice spuntò ancora svestita nonostante fossero già le 7 e 20 .

-Anche a me- si lamentò Andrea

-Scusate se ho gridato- dissi io bisbigliando

-Ali per favore convincila tu a prendere l’aspirina, perché è stata male tutta la notte- povero illuso…pensava che Alice mi avrebbe convinta.

- Riccardo è inutile combattere contro i mulini a vento, lei odia le medicine- mi conosceva bene.

-Mettiti l’anima in pace Riki e sbrigati che non voglio arrivare tardi-

-Sei sempre dannatamente testarda-

-E’ per questo che mi vuoi bene- da dove diavolo mi era uscita fuori quella frase?Senza accorgermene mi stavo pian piano aprendo e affezionando a quel ragazzo e tutto questo da un giorno all’altro; anche lui rimase sorpreso da ciò che avevo detto, mi guardò prima stupito poi improvvisamente felice.

-Si è proprio vero, andiamo Gin- disse allegro. Entrati in garage misi il mio casco, e andai verso Riki che stava salendo sulla sua moto e mi guardava interrogativo.

-Perché non sali sulla tua Suz?-

-Voglio venire con te- ok, avrò una mente perversa ma ero sicura che avrebbe interpretato la frase come un doppio senso e mi avrebbe preso in giro, invece restò calmo e allegro.

-Sei sicura? Non ai paura che gli altri ti giudichino sei arrivi in moto con me dopo l’altra sera?- per gli altri noi due eravamo una coppia, ma i numerosi litigi avevano fatto circolare un po’ di pettegolezzi, soprattutto dopo che al locale lui si era fatto palpare da una ragazza e mi avevano vista andarmene con un ragazzo; alcuni avevano detto che ero una troietta, altri avevano detto che Riccardo mi aveva tradito e per questo ci eravamo litigati. All’inizio avevo paura di ciò che gli altri avrebbero pensato, ma adesso che avevo conosciuto davvero Riki non volevo abbandonarlo o tirarmi indietro solo perché delle oche invidiose o dei pettegoli  facevano girare voci false; non avrei permesso a nessuno di rovinare la nostra amicizia.

-Possono pensare quello che vogliono, tu sei amico e non ti abbandono- lessi una leggera delusione nei suoi occhi subito coperta dalla gratitudine. Salita in moto, gli strinsi le braccia al petto e un brivido di eccitazione mi percorse quando strinsi le mie cosce alle sue, i nostri bacini si sfiorarono, e lui mi lasciò una carezza sulla mano prima di partire.

Arrivati a scuola, ci togliemmo i caschi, presi Riki per mano e quando mi cinse le spalle con un braccio, gli tolsi il cappello me lo misi al contrario e corsi vero il cortile.

-E’ meglio se scappi veloce- rise lui rincorrendomi mentre io ero già senza fiato per le risate. Alla fine mi raggiunse, mi tolse il cappello e mi prese in braccio: tutti i nostri amici ci sorridevano.

-Scommetto che avete fatto pace sotto le coperte- sghignazzò Jacopo

-Pensi solo a quello?- risi io mentre Riki continuava a tenermi stretta e a farmi il solletico.

-E’ il mio unico pensiero-

-Se non sapessi la verità vi scambierei per una coppia- ci sussurrò Alice;Riccardo si irrigidì mentre io la guardai  severa.

L’ora di letteratura stava passando in fretta anche grazie a Riki e mancava solo l’ultima ora di supplenza: perfetta per riposare.

-I poeti dell’epoca utilizzavano molte bene la lingua- alle parole del professore  sentii Riki ridere e avevo subito capito il perché.

- Scommetto però che io so usarla meglio-

-Riki!!!- scoppiai a ridere e gli tirai una gomitata

-Dico sul serio, vuoi provare?- quel tono malizioso con la voce bassa e roca risvegliava sensazioni che non provavo ormai da anni.

-Magari un’altra volta- in quel momento suonò la campanella e tutti iniziarono a formare un cerchio perché avevano deciso che in quell’ora avremmo giocato ad obbligo o verità: un gioco per certi versi scomodo, perché non sai mai cosa aspettarti.

-Ragazzi io non gioco- non volevo rischiare

-No tesoro, tu giochi con noi- disse Mattia

-Per una volta concordo con te-disse Noemi: era una ragazza dolcissima,bruna con gli occhi verdi e una schiera di ragazzi ai suoi piedi, anche se non li degnava di uno sguardo perché erano “immaturi come Mattia”, diceva sempre lei.

-Dai Ginni per favore- la voce di Alessandro mi gelò sul posto; quel soprannome…troppi ricordi. Alice mi guardò preoccupata e le feci un cenno per farle capire che era tutto apposto, inspirai ed espirai come mi aveva insegnato tempo fa la psicologa e alzai lo sguardo.

-Va bene Alex però.. non chiamarmi Ginny- lui annuì e iniziammo. Pian piano iniziai a conoscere alcuni aspetti dei miei compagni che non conoscevo, Giada per esempio non era così timida come sembrava e Vanessa pur essendo fidanzata con Emanuele  era uno spirito libero che odiava il matrimonio, mentre  Francesco non credeva nell’amore a causa di una delusione subita un anno fa. Erano tutte piccole cose che però servivano a rendere ognuno di loro speciale ed unico. Da quando ero cambiata, la mia filosofia di vita era diventata “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” ma conoscendo quei ragazzi stavo capendo che  ognuno di noi ha qualche segreto intimo, qualche sofferenza che sia piccola o grande come la mia e forse loro avrebbero potuto capirmi; perché una persona che non ti conosce e si ferma solo a ciò che tu mostri si farà sempre un’idea sbagliata di te. E’ bello avere qualcuno al mio fianco che mi conosce bene, che se mi alzo nervosa capisce che deve lasciarmi in pace, che guardandomi negli occhi capisce che qualcosa non va, che conosce la mia storia e non mi giudica per ciò che sono.

-Allora? Obbligo o verità?- la voce di Mattia mi risvegliò dai miei pensieri.

-Obbligo- conoscendo Mattia non avrei dovuto scegliere l’obbligo, ma non volevo che mi facesse domande private.

-Bene, allora devi baciare con la lingua Gianluca-

-La mia fidanzata non bacia nessuno- sorrisi felice

-Il gioco è questo, deve rispettare l’obbligo- Riki sembrava realmente irritato.

-Tranquillo Riki- rapido e indolore baciai Gianluca, non provai niente.

-Ora Riki tocca a te, obbligo o verità?-

-Verità- ero in braccia a lui e lo guardavo mentre rispondeva sicuro a Mattia.

-Pensi che Gin sia quella giusta?La ami davvero?- sperai che sapesse mentire bene.

-Si la amo e penso che per lei riuscirò a cambiare e diventare la persona che merita al suo fianco-mi abbracciò e pensai che era un attore nato.

Il gioco continuò e arrivò di nuovo il mio turno, purtroppo però Mattia mi obbligò a scegliere verità.

-A che età ai avuto la tua prima volta?- 

-Ehm… a quattordici anni e mezzo- tutti restarono a bocca aperta, compreso Riki.

-Wow e con chi?- ecco bella domanda, il problema era che non sapevo neanche io con chi avevo perso la mia verginità; ero andata ad una festa con le mie migliori amiche, avevo bevuto molto poi i miei amici mi avevano fatto fumare qualcosa che di certo non era una semplice sigaretta, e l’ultima cosa che mi ricordo è che me ne andai con un ragazzo più grande di me. Una mia amica poi mi aveva trovata mezza nuda in una stanza del luogo della festa e per evitare che i miei scoprissero tutto ero rimasta a dormire da lei.

-Sinceramente non lo so- abbassai la testa mentre sentivo lo sguardo degli altri su di me.

-Che vuoi dire?- Riki mi accarezzò la testa premuroso

-Ad una festa ho bevuto troppo e ho fumato non so cosa, poi me ne sono andata con un ragazzo più grande ed è stata la mia amica a trovarmi mezza nuda in una stanza della casa in cui c’era la festa- era una cosa di cui non andavo fiera.

-Piccola mia, vieni qui…mi dispiace- mi sussurrò e mentre mi teneva stretta mi sentii al sicuro come mai prima.

-Scusa se sono stato insistente- disse Mattia, anche gli altri mi guardavano imbarazzati.

-Tranquillo è tutto a posto-

-Ora a chi tocca?- Alice venne in mio aiuto

-A Greta- disse Mattia

-Obbligo o verità?-

-Obbligo-

-Siediti in braccio a Stè e fingi un orgasmo-

-Va bene ma controllate se ritorna la prof- avevo capito che quella ragazza era una pazza . Si sedette e iniziò a gridare e ansimare, tutti scoppiarono a ridere  e lei continuò divertita; all’improvviso dalla porta spuntò la faccia del professore della classe accanto che ci fissava scioccato, ma non ci importava molto, quella classe era mitica.

La campanella suonò la fine di quella giornata stancante ma anche divertente, e io e Riccardo in silenzio salimmo sulla moto diretti a casa.

………………………………………………………………………………………..

 

I giorni passarono in fretta, ogni giorno mi dicevo che ci sarebbe stato tempo per comprare un regalo a Riki e invece adesso mi ritrovavo con le mani nei capelli perché era già venerdì e il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno. In realtà né io né Alice e Andrea sapevamo dove sarebbe stato, perché Riccardo voleva fare una festa diversa dal solito, per di più avevo  un’interrogazione il giorno dopo quindi dovevo anche studiare.

Decisi di vestirmi e uscire subito, perché avrei girato ogni singolo negozio di Milano per trovare il regalo perfetto al mio migliore amico. Ma cosa potevo comprare per un diciottesimo?Un bracciale? Un orologio?Naaah troppo banale; dei vestiti? No, assolutamente; poi mi venne un’idea improvvisa: era una pazzia, già lo sapevo ma era originale ed ero assolutamente certa che nessuno gli avrebbe fatto lo stesso regalo. Era un regalo importante e non sapevo se riuscivo a procurarmelo in tempo ma incrociai le dita e sperai con tutto il cuore di riuscire nell’impresa perché amavo fare le cose in grande e non sopportavo la sconfitta.

Presi l’elenco telefonico e dopo aver fatto un elenco dei negozi che mi interessavano mi sedetti sul letto e iniziai a chiamare: dopo dieci telefonate non avevo ancora trovato ciò che cercavo, ma non potevo arrendermi così continuai. Alla tredicesima telefonata finalmente la fortuna mi sorrise e gridai esultante sul letto.

Afferrai le chiavi della moto al volo e corsi fuori; accesi la moto e partii spedita verso il centro di Milano , non avevo un minuto da perdere, dovevo prendere il regalo di Riki.

 

POV RICCARDO:

Non sapevo fosse così faticoso e complicato organizzare una festa di compleanno, e fare in modo che tutto sia perfetto senza dimenticare niente. Più di una volta Gin ma anche Andrea e Alice si erano offerti di aiutarmi ma io avevo rifiutato perché volevo fare in modo che fosse una sorpresa per tutti; tutti conoscevano le mie feste, che grazie ai soldi dei miei ,erano sempre spettacolari e attiravano i più festaioli. Adesso volevo cavarmela da solo, volevo dimostrare agli altri e soprattutto a Ginevra il mio valore; l’unico che sapeva cosa avevo organizzato era Stefano che mi aiutava da sempre nell’organizzare le feste, era un genio in queste cose.

Ero steso sulla poltrona, dopo aver fatto un giro di chiamate per il cibo e gli alcolici che avrebbe portato Stefano  quando vidi Ginevra correre verso la porta e uscire. Mi alzai e per qualche secondo restai fermo ad annusare la scia di profumo che aveva lasciato, poi scattai verso la porta: volevo sapere dove correva.

Appena uscii, il telefono mi squillò e appena lo uscii dalla tasca , Ginevra mi passò davanti così veloce che sicuramente neanche mi vide.

-Accidenti, pronto?-

-Amico è tutto pronto per domani, e gli alcolici che mi ha portato mio cugino dovrebbero bastare- era Stefano.

-Ok Stè, grazie per l’aiuto-

-Mi ripagherai, a domani- disse ridendo

-A domani-

 

Dove andava Gin così di corsa?Avevo finito di preparare tutto e avrei voluto passare quel pomeriggio con lei, ma era corsa via.

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Pian piano le persone che seguono la mia storia stanno aumentando e di questo ne sono immensamente grata, non sapete quanto sono felice anche se ciò che mi renderebbe davvero felice sarebbe qualche recensione affinché migliori sia le mie tecniche di scrittura e descrizione ma anche la storia, ringrazio comunque chi legge in silenzio. Riguardo questo capitolo cosa ne pensate? Vi piace? E soprattutto secondo voi qual è il regalo che la nostra Ginny farà a Riki?

Un bacio :*

FRA UOMO E DONNA NON PUO’ ESSERCI AMICIZIA. VI PUO ESSERE PASSIONE,  OSTILITA’, ADORAZIONE, AMORE, MA NON AMICIZIA.

                                                                         -Oscar Wilde

POV GINEVRA:

-No Riki, non voglio prenderla-

-Gin te lo ripeto per l’ultima volta, prendi l’aspirina-

 Ci eravamo da poco svegliati dopo aver dormito tutta lo notte in bagno, e adesso mi sentivo uno straccio, avevo un mal di testa terribile e gli occhi mi si chiudevano ma l’aspirina non la volevo, avevo  odiato le medicine dopo che a 7 anni ero stata in ospedale per un farmaco a cui ero risultata allergica e forse per questo non mi ammalavo mai, ero sempre in forma. Avevo messo quintali di correttore per cercare di nascondere le occhiaie, senza successo e siccome quella mattina c’era un vento gelido avevo messo dei jeans con una  canotta nera e sopra una felpa grigia  : nonostante l’abbondante trucco sembravo appena uscita da un film horror, mentre Riki  sembrava un dio greco con i jeans  a bassa vita la maglia a manichine blu, gli occhiali neri e il cappellino da baseball al contrario.

-Ehi mi spiegate perché gridate??Mi fa male la testa- Alice spuntò ancora svestita nonostante fossero già le 7 e 20 .

-Anche a me- si lamentò Andrea

-Scusate se ho gridato- dissi io bisbigliando

-Ali per favore convincila tu a prendere l’aspirina, perché è stata male tutta la notte- povero illuso…pensava che Alice mi avrebbe convinta.

- Riccardo è inutile combattere contro i mulini a vento, lei odia le medicine- mi conosceva bene.

-Mettiti l’anima in pace Riki e sbrigati che non voglio arrivare tardi-

-Sei sempre dannatamente testarda-

-E’ per questo che mi vuoi bene- da dove diavolo mi era uscita fuori quella frase?Senza accorgermene mi stavo pian piano aprendo e affezionando a quel ragazzo e tutto questo da un giorno all’altro; anche lui rimase sorpreso da ciò che avevo detto, mi guardò prima stupito poi improvvisamente felice.

-Si è proprio vero, andiamo Gin- disse allegro. Entrati in garage misi il mio casco, e andai verso Riki che stava salendo sulla sua moto e mi guardava interrogativo.

-Perché non sali sulla tua Suz?-

-Voglio venire con te- ok, avrò una mente perversa ma ero sicura che avrebbe interpretato la frase come un doppio senso e mi avrebbe preso in giro, invece restò calmo e allegro.

-Sei sicura? Non ai paura che gli altri ti giudichino sei arrivi in moto con me dopo l’altra sera?- per gli altri noi due eravamo una coppia, ma i numerosi litigi avevano fatto circolare un po’ di pettegolezzi, soprattutto dopo che al locale lui si era fatto palpare da una ragazza e mi avevano vista andarmene con un ragazzo; alcuni avevano detto che ero una troietta, altri avevano detto che Riccardo mi aveva tradito e per questo ci eravamo litigati. All’inizio avevo paura di ciò che gli altri avrebbero pensato, ma adesso che avevo conosciuto davvero Riki non volevo abbandonarlo o tirarmi indietro solo perché delle oche invidiose o dei pettegoli  facevano girare voci false; non avrei permesso a nessuno di rovinare la nostra amicizia.

-Possono pensare quello che vogliono, tu sei amico e non ti abbandono- lessi una leggera delusione nei suoi occhi subito coperta dalla gratitudine. Salita in moto, gli strinsi le braccia al petto e un brivido di eccitazione mi percorse quando strinsi le mie cosce alle sue, i nostri bacini si sfiorarono, e lui mi lasciò una carezza sulla mano prima di partire.

Arrivati a scuola, ci togliemmo i caschi, presi Riki per mano e quando mi cinse le spalle con un braccio, gli tolsi il cappello me lo misi al contrario e corsi vero il cortile.

-E’ meglio se scappi veloce- rise lui rincorrendomi mentre io ero già senza fiato per le risate. Alla fine mi raggiunse, mi tolse il cappello e mi prese in braccio: tutti i nostri amici ci sorridevano.

-Scommetto che avete fatto pace sotto le coperte- sghignazzò Jacopo

-Pensi solo a quello?- risi io mentre Riki continuava a tenermi stretta e a farmi il solletico.

-E’ il mio unico pensiero-

-Se non sapessi la verità vi scambierei per una coppia- ci sussurrò Alice;Riccardo si irrigidì mentre io la guardai  severa.

L’ora di letteratura stava passando in fretta anche grazie a Riki e mancava solo l’ultima ora di supplenza: perfetta per riposare.

-I poeti dell’epoca utilizzavano molte bene la lingua- alle parole del professore  sentii Riki ridere e avevo subito capito il perché.

- Scommetto però che io so usarla meglio-

-Riki!!!- scoppiai a ridere e gli tirai una gomitata

-Dico sul serio, vuoi provare?- quel tono malizioso con la voce bassa e roca risvegliava sensazioni che non provavo ormai da anni.

-Magari un’altra volta- in quel momento suonò la campanella e tutti iniziarono a formare un cerchio perché avevano deciso che in quell’ora avremmo giocato ad obbligo o verità: un gioco per certi versi scomodo, perché non sai mai cosa aspettarti.

-Ragazzi io non gioco- non volevo rischiare

-No tesoro, tu giochi con noi- disse Mattia

-Per una volta concordo con te-disse Noemi: era una ragazza dolcissima,bruna con gli occhi verdi e una schiera di ragazzi ai suoi piedi, anche se non li degnava di uno sguardo perché erano “immaturi come Mattia”, diceva sempre lei.

-Dai Ginni per favore- la voce di Alessandro mi gelò sul posto; quel soprannome…troppi ricordi. Alice mi guardò preoccupata e le feci un cenno per farle capire che era tutto apposto, inspirai ed espirai come mi aveva insegnato tempo fa la psicologa e alzai lo sguardo.

-Va bene Alex però.. non chiamarmi Ginny- lui annuì e iniziammo. Pian piano iniziai a conoscere alcuni aspetti dei miei compagni che non conoscevo, Giada per esempio non era così timida come sembrava e Vanessa pur essendo fidanzata con Emanuele  era uno spirito libero che odiava il matrimonio, mentre  Francesco non credeva nell’amore a causa di una delusione subita un anno fa. Erano tutte piccole cose che però servivano a rendere ognuno di loro speciale ed unico. Da quando ero cambiata, la mia filosofia di vita era diventata “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” ma conoscendo quei ragazzi stavo capendo che  ognuno di noi ha qualche segreto intimo, qualche sofferenza che sia piccola o grande come la mia e forse loro avrebbero potuto capirmi; perché una persona che non ti conosce e si ferma solo a ciò che tu mostri si farà sempre un’idea sbagliata di te. E’ bello avere qualcuno al mio fianco che mi conosce bene, che se mi alzo nervosa capisce che deve lasciarmi in pace, che guardandomi negli occhi capisce che qualcosa non va, che conosce la mia storia e non mi giudica per ciò che sono.

-Allora? Obbligo o verità?- la voce di Mattia mi risvegliò dai miei pensieri.

-Obbligo- conoscendo Mattia non avrei dovuto scegliere l’obbligo, ma non volevo che mi facesse domande private.

-Bene, allora devi baciare con la lingua Gianluca-

-La mia fidanzata non bacia nessuno- sorrisi felice

-Il gioco è questo, deve rispettare l’obbligo- Riki sembrava realmente irritato.

-Tranquillo Riki- rapido e indolore baciai Gianluca, non provai niente.

-Ora Riki tocca a te, obbligo o verità?-

-Verità- ero in braccia a lui e lo guardavo mentre rispondeva sicuro a Mattia.

-Pensi che Gin sia quella giusta?La ami davvero?- sperai che sapesse mentire bene.

-Si la amo e penso che per lei riuscirò a cambiare e diventare la persona che merita al suo fianco-mi abbracciò e pensai che era un attore nato.

Il gioco continuò e arrivò di nuovo il mio turno, purtroppo però Mattia mi obbligò a scegliere verità.

-A che età ai avuto la tua prima volta?- 

-Ehm… a quattordici anni e mezzo- tutti restarono a bocca aperta, compreso Riki.

-Wow e con chi?- ecco bella domanda, il problema era che non sapevo neanche io con chi avevo perso la mia verginità; ero andata ad una festa con le mie migliori amiche, avevo bevuto molto poi i miei amici mi avevano fatto fumare qualcosa che di certo non era una semplice sigaretta, e l’ultima cosa che mi ricordo è che me ne andai con un ragazzo più grande di me. Una mia amica poi mi aveva trovata mezza nuda in una stanza del luogo della festa e per evitare che i miei scoprissero tutto ero rimasta a dormire da lei.

-Sinceramente non lo so- abbassai la testa mentre sentivo lo sguardo degli altri su di me.

-Che vuoi dire?- Riki mi accarezzò la testa premuroso

-Ad una festa ho bevuto troppo e ho fumato non so cosa, poi me ne sono andata con un ragazzo più grande ed è stata la mia amica a trovarmi mezza nuda in una stanza della casa in cui c’era la festa- era una cosa di cui non andavo fiera.

-Piccola mia, vieni qui…mi dispiace- mi sussurrò e mentre mi teneva stretta mi sentii al sicuro come mai prima.

-Scusa se sono stato insistente- disse Mattia, anche gli altri mi guardavano imbarazzati.

-Tranquillo è tutto a posto-

-Ora a chi tocca?- Alice venne in mio aiuto

-A Greta- disse Mattia

-Obbligo o verità?-

-Obbligo-

-Siediti in braccio a Stè e fingi un orgasmo-

-Va bene ma controllate se ritorna la prof- avevo capito che quella ragazza era una pazza . Si sedette e iniziò a gridare e ansimare, tutti scoppiarono a ridere  e lei continuò divertita; all’improvviso dalla porta spuntò la faccia del professore della classe accanto che ci fissava scioccato, ma non ci importava molto, quella classe era mitica.

La campanella suonò la fine di quella giornata stancante ma anche divertente, e io e Riccardo in silenzio salimmo sulla moto diretti a casa.

………………………………………………………………………………………..

 

I giorni passarono in fretta, ogni giorno mi dicevo che ci sarebbe stato tempo per comprare un regalo a Riki e invece adesso mi ritrovavo con le mani nei capelli perché era già venerdì e il giorno dopo sarebbe stato il suo compleanno. In realtà né io né Alice e Andrea sapevamo dove sarebbe stato, perché Riccardo voleva fare una festa diversa dal solito, per di più avevo  un’interrogazione il giorno dopo quindi dovevo anche studiare.

Decisi di vestirmi e uscire subito, perché avrei girato ogni singolo negozio di Milano per trovare il regalo perfetto al mio migliore amico. Ma cosa potevo comprare per un diciottesimo?Un bracciale? Un orologio?Naaah troppo banale; dei vestiti? No, assolutamente; poi mi venne un’idea improvvisa: era una pazzia, già lo sapevo ma era originale ed ero assolutamente certa che nessuno gli avrebbe fatto lo stesso regalo. Era un regalo importante e non sapevo se riuscivo a procurarmelo in tempo ma incrociai le dita e sperai con tutto il cuore di riuscire nell’impresa perché amavo fare le cose in grande e non sopportavo la sconfitta.

Presi l’elenco telefonico e dopo aver fatto un elenco dei negozi che mi interessavano mi sedetti sul letto e iniziai a chiamare: dopo dieci telefonate non avevo ancora trovato ciò che cercavo, ma non potevo arrendermi così continuai. Alla tredicesima telefonata finalmente la fortuna mi sorrise e gridai esultante sul letto.

Afferrai le chiavi della moto al volo e corsi fuori; accesi la moto e partii spedita verso il centro di Milano , non avevo un minuto da perdere, dovevo prendere il regalo di Riki.

 

POV RICCARDO:

Non sapevo fosse così faticoso e complicato organizzare una festa di compleanno, e fare in modo che tutto sia perfetto senza dimenticare niente. Più di una volta Gin ma anche Andrea e Alice si erano offerti di aiutarmi ma io avevo rifiutato perché volevo fare in modo che fosse una sorpresa per tutti; tutti conoscevano le mie feste, che grazie ai soldi dei miei ,erano sempre spettacolari e attiravano i più festaioli. Adesso volevo cavarmela da solo, volevo dimostrare agli altri e soprattutto a Ginevra il mio valore; l’unico che sapeva cosa avevo organizzato era Stefano che mi aiutava da sempre nell’organizzare le feste, era un genio in queste cose.

Ero steso sulla poltrona, dopo aver fatto un giro di chiamate per il cibo e gli alcolici che avrebbe portato Stefano  quando vidi Ginevra correre verso la porta e uscire. Mi alzai e per qualche secondo restai fermo ad annusare la scia di profumo che aveva lasciato, poi scattai verso la porta: volevo sapere dove correva.

Appena uscii, il telefono mi squillò e appena lo uscii dalla tasca , Ginevra mi passò davanti così veloce che sicuramente neanche mi vide.

-Accidenti, pronto?-

-Amico è tutto pronto per domani, e gli alcolici che mi ha portato mio cugino dovrebbero bastare- era Stefano.

-Ok Stè, grazie per l’aiuto-

-Mi ripagherai, a domani- disse ridendo

-A domani-

 

Dove andava Gin così di corsa?Avevo finito di preparare tutto e avrei voluto passare quel pomeriggio con lei, ma era corsa via.

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Pian piano le persone che seguono la mia storia stanno aumentando e di questo ne sono immensamente grata, non sapete quanto sono felice anche se ciò che mi renderebbe davvero felice sarebbe qualche recensione affinché migliori sia le mie tecniche di scrittura e descrizione ma anche la storia, ringrazio comunque chi legge in silenzio. Riguardo questo capitolo cosa ne pensate? Vi piace? E soprattutto secondo voi qual è il regalo che la nostra Ginny farà a Riki?

(e mi raccomando non dimenticate Angelo (Lollo), Marco ed Emiliano che presto entreranno a far parte della storia)

Un bacio :*

 

ALICE E ANDREAALICE E ANDREA
MARCOMARCO
EMILIANOEMILIANO

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Capitolo 12
*** PAURA DI AMARE ***


NON PUOI EVITARE I SENTIMENTI PER TUTTA LA VITA  PERCHE’ SEI IN PREDA ALLA PAURA. SE NON HAI IL CORAGGIO DI AMARE O DI FARTI AMARE, NON STAI NEANCHE VIVENDO.

                                          -Tratto dal libro ”Miracolo in una notte d’inverno”

POV GINEVRA:

Ci ero riuscita davvero, avevo il regalo di Riccardo, c’era però un piccolo problema: come facevo ad entrare in casa senza che lui lo vedesse? E come lo tenevo nascosto?                                                                                                   

La risposta a tutte le mie domande si chiamava Stefano. Si perché era l’unico che conosceva il luogo della festa e avrebbe potuto portare il mio regalo lì e nasconderlo. Così adesso mi ritrovavo  con la testa nell’armadio per prendere il vestito che avevo comprato per l’occasione e suggerito dalla fidata ed esperta Alice, che come al solito mi aveva costretta a comprare un abito bello ma non molto adatto al mio fisico. Era rosso, corto davanti e lungo dietro, molto accollato sul davanti ma lasciava un’enorme scollatura dietro che arrivava poco sopra il sedere. Quando l’avevo provato in negozio, avevo subito protestato perché mi si vedeva tutta la schiena e anche il fondoschiena, ma non ero stata ascoltata, e persino un cliente mi aveva consigliato di comprarlo perché sosteneva che sembravo “una dea scesa dall’olimpo”; Certo come, no…sono Afrodite.

-Ali, Gin siete pronte?- chiamo Riccardo dal corridoio

-Abbiamo quasi finito- stavo mettendo le scarpe e l’ultima cosa che dovevo fare era chiamare Stefano: digitai il numero e al secondo squillo rispose.

-Ehi Gin state venendo?-

-Stiamo partendo ora, il mio regalo?-

-Tranquilla è qui-

-Va bene a dopo- chiusi la chiamata e misi il telefono nella borsa, dopo aver controllato un ultima volta il trucco.

-Pensi che gli piacerà?- chiesi agitata ad Alice

-Gin, appena vedrà il tuo regalo vorrà sposarti- “magari” mi ritrovai a pensare e mi maledissi per il pensiero che avevo avuto.

-Allora è meglio se non glielo do- risi nervosa

-Si certo simpaticona, ora però andiamo-

-Va bene- scesi le scale e proprio all’ultimo gradino inciampai per colpa di quei maledetti trampoli che avevo ai piedi ma Riki prontamente mi prese evitandomi di rompermi una gamba.

-Sei….-

-Non c’è bisogno che mi ricordi che sono orrenda- dissi acida

-Nervosetta eh? Veramente stavo per…-

-Dillo e ti infilzo con un tacco-

-Se forse mi…-

-Lo sapevo, il rosso mi ingrassa- interrompere le persone: un vizio che avevo da sempre.

-Cazzo Gin se solo mi facessi finire sapresti che sei una bomba sexy e stasera tutti ti sbaveranno addosso-

Avete presente quando nei cartoni animati ai personaggi cade la mascella fino a terra per lo stupore? Così era la mia mascella in quel momento, per il modo in cui l’aveva detto e notai subito lo sguardo liquido con cui mi osservava: uno sguardo che ogni donna vorrebbe su di se dal suo uomo, uno sguardo che ti fa sentire davvero bella anche se solo per qualche secondo ,nel mio caso, e desiderata.

Tutti i nostri amici si radunarono con le macchine nello spiazzo davanti casa nostra e da lì, Riccardo che guidava ci doveva condurre nel luogo della festa. In quanto all’organizzazione aveva fatto male i calcoli perché erano una settantina di invitati ed era stato davvero difficile dividerli in due gruppi in modo che uno seguisse Stefano e l’altro Riccardo; Riccardo infatti aveva detto che saremmo arrivati in poco meno di un’ora invece impiegammo un’ora e mezza perché più di una volta qualche invitato si perse, quando però arrivammo restai a bocca aperta per lo stupore: era un’enorme villa immersa nella natura.

Parcheggiammo in uno spiazzo di ghiaia e da lì ci incamminammo a piedi, io costantemente attaccata al braccio di Riki, verso quella che sembrava più un castello che una villa;

-Queste pietre vogliono attentare alla mia vita-

-Tranquilla amore, non ti faccio cadere-

Con Alice e Andrea c’era sempre da divertirsi ma in quel momento la mia attenzione era attirata da tutt’altro; c’era un enorme scala di marmo con i passamano in ferro battuto che conduceva verso il giardino della villa in stile inglese. Il prato verde era attraversato da una stradina fatta  di pietre bianche con dei faretti colorati ai lati per illuminare il cammino, in fondo al giardino c’era una piscina enorme con una fontanella al centro che creava giochi d’acqua luminosi e a completare il tutto c’era l’angolo bar che serviva alcolici e cocktails di ogni genere  e il dj che aveva già fatto partire la musica a tutto volume. Pian piano gli invitati stavano arrivando e qualcuno come Mattia iniziò  a bere e ballare. Riccardo mi portò dentro insieme ad Alice e Andrea per mostrarci le nostre camere perché la festa sarebbe finita a notte fonda se non proprio la mattina e non potevamo certo guidare dopo aver bevuto.

-Questa è la vostra- disse rivolto ai nostri amici che posarono i giubbini e tornarono subito al piano di sotto. Poi mi trascinò in fondo al corridoio e quando stava per aprire la porta mi ricordai di quello che aveva detto Stefano e lo fermai.

-Gin che fai? Non vuoi lasciare la borsa dentro?-

-Entro solo io, perché c’è il tuo regalo dentro, non devi vederlo-

-Posso aprirlo ora? Sono curioso- era felice ed io con lui.

-Lo aprirai quando la festa sarà finita e tutti se ne saranno andati-

-E se mi dai un piccolo indizio?- l’ho già detto che con quel tono da cucciolo è dolcissimo?

-No, andiamo giù che gli invitati ti aspettano-

-Per questa offesa mi devi un ballo- rise lui

-Anche due se riuscirò a resistere su questi trampoli-

-Tranquilla non li terrai per molto-

-Riki la festa è appena iniziata e durerà per ore-

-Si ma dovrai toglierli prima- c’era qualcosa sotto, me lo sentivo e il suo sorriso da cattivo ragazzo non contribuiva a farmi stare tranquilla.

-Riki ti avverto è meglio per te se fai il bravo ragazzo, maturo e responsabile- tentai di mantenere un tono duro ma non ci riuscii.

-Non sono mai stato bravo, maturo e responsabile- era ironico e subito dopo mi trascinò giù e iniziammo a bere.

Erano  le 11 passate, mancava ancora molto al termine della festa, ma  tutti continuavano a bere, a ballare sfrenati e a fare tuffi in piscina nonostante ci fossero 18 gradi che era una temperatura abbastanza bassa dato che era sera. Riccardo finora aveva fatto avanti e indietro per parlare con tutti e controllare che non mancasse niente; ora finalmente poteva divertirsi anche e subito venne da me.

-Balliamo?-

-Scateniamoci- stavo accanto a lui, mi muovevo al ritmo della musica e non mi sentivo per niente stanca; finita la  musica, partì una canzone che amavo e che mi aveva fatto compagnia per un intera settimana sull’autobus quando andavo a scuola e Niki era a casa con l’influenza.

POV RICCARDO:

Quando partì quella canzone che avevo in testa da mesi pensai che fosse una strana e bellissima coincidenza, senza aspettare presi Ginevra tra le braccia e iniziammo a ballare stretti, mentre all’orecchio le canticchiavo le parole.

I’ve never been the best at honesty,

Non sono mai stato il migliore in onestà

 I made more mistakes than I can Even count.

Faccio più errori di quanti ne possa contare.

But things are gonna be so different now.

Ma le cose sono così differenti ora.

You make me wanna Turn it all around.

Mi fai venire voglia di cambiare tutto.

I think of all the games that  I have played

Penso ai giochi che ho giocato

 The unsuspecting people that I’ve hurt

Le persone ignote che ho sentito

 Deep inside I Know I don’t reserve another chance to finally make it work

Dentro so che non merito un’altra possibilità per farlo finalmente funzionare

But I’ll try… to never disappoint you

Ma proverò a non deluderti mai

La sensazione di lei che mi stringeva era strana e bellissima al tempo stesso, grazie a lei mi sentivo tranquillo come se niente e nessuno a parte lei potesse darmi quella felicità e serenità che non avevo mai avuto; volevo godermi quel momento perché sapevo che non era tipa da slanci d’affetto, non perché fosse cattiva, ma semplicemente avevo capito che dopo tutto il dolore che aveva subito, aveva paura dei suoi stessi sentimenti e degli altri; continuai a cantarle la canzone all’orecchio e ogni tanto alzava lo sguarda per osservarmi.

I’ll try until I get  it right

Ci proverò fino a riuscirci

I’ve always been so reckless

Sono sempre stato spericolato per tutta la mia vita

But I’ll try for you

Ma ci proverò per te

I’ve the best at letting people down, I’ve never been the kind of person you could trust

Sono stato il migliore nel buttare giù le persone, non sono mai stato un tipo di persona di cui ti potevi fidare

But  if you give me half of a chance I’ll show…How much I can fix myself for you

Ma se mi dessi un’altra mezza possibilità ti mostrerei..quanto potrei cambiare me stesso per te

And I’ll try to never disappoint you

E proverò a non deluderti mai

-Riki?-

-Si?-

-La canzone è finita- rideva come una bambina, ma non si allontanò da me.

-Scusa, allora è arrivata l’ora della sbronza – mi staccai subito e la trascinai con me all’angolo bar; in tutti i compleanni c’era sempre questa tradizione: arrivata mezzanotte il festeggiato doveva riuscire a bere tanti bicchieri  quanti erano gli anni che compieva, e poi doveva scegliere uno tra gli invitati che ne bevesse lo stesso numero insieme a lui. Gli altri conoscevano la tradizione ma Ginevra no, e quindi le spiegai tutto.

-Forza Riccardo chi scegli?- gridò qualcuno

-Ginevra ce la fai a reggere 18 bicchieri di jack daniels?- la sfidai con lo sguardo

-Certo, ce la faccio benissimo- alzò il mento orgogliosa

-Che inizi la sfida- disse il barman dopo aver sistemato i bicchierini.

POV GINEVRA:

Mi stavo cacciando in un grosso, anzi enorme guaio: non avrei mai retto 18 bicchieri di quel coso super alcolico, a stento e solo dopo aver abbondantemente mangiato riuscivo a reggerne 10, ma ancora una volta il mio orgoglio aveva avuto la meglio e non potevo certo tirarmi indietro. Non dovevamo berli tutti in una volta quindi avevo già un piano in mente. Ne presi tre uno dietro l’altro e tornai in pista: la testa già iniziava a girare.

Ogni tanto andavo al tavolo e buttavo giù qualche bicchiere, continuando a muovermi sotto lo sguardo costante di Riccardo, non sarei arrivata a fine festa. Era l’una e finalmente ero riuscita a finire i bicchieri anche se in realtà con gli ultimi 8 avevo innaffiato le piante senza farmi vedere da nessuno. Cercai con lo sguardo Riccardo che barcollava ma era ancora abbastanza lucido e gli andai incontro.

-Ti manca ancora un bicchiere, ho vinto io- dissi trionfante

-Guarda che ti ho vista- sorrise lui

-Visto cosa?- cazzo, ero nei guai

-Li hai versati nei fiori- eppure ero stata attenta

-Mi prometti che non ti arrabbi?-

-Per cosa dovrei arrabbiarmi?- chiesi dubbiosa, ma non feci in tempo a finire di parlare che mi sollevò da terra, si mise a ridere e mi buttò nella piscina.

-Ma sei stronzo?!? Oddio si congela- iniziai a battere i denti per il freddo e vedendomi mi allungò una mano preoccupato; decisi allora di ignorare il freddo e dopo avergli stretto la mano lo tirai in acqua. Mi si avvicinò e mi spinse la testa sott’acqua e feci lo stesso a lui: non ero una che mollava.

-Stai tremando come una foglia usciamo-

-Accidenti che freddo-

Mi portò dentro casa e dopo aver asciugato i capelli indossai un abito azzurro che si era portata dietro Alice  e tornai in cortile; ormai ero distrutta e non avevo la forza di ballare, mi alzai dal divanetto solo quando portarono la torta che era enorme a più piani  e di una dolcezza unica.

Verso le tre finalmente la festa finì e tutti ,stanchi e mezzi ubriachi ,se ne andarono lasciando me Riki, Alice e Andrea distesi a pancia in su sul prato ad osservare le stelle; all’improvviso mi ricordai del regalo e mi alzai di scatto tutta allegra ed eccitata tirando Riccardo per una mano.

-Riki andiamo devo darti il mio regalo-

-Va bene, ma piano non tirare-

Quasi corremmo per le scale  e arrivati davanti la porta lo feci aspettare fuori perché dovevo mettere il mio regalo nello scatolo col fiocco.

-Entra-

-Cos’è quello scatolo?- era curioso ed io invece non stavo capendo più niente per il troppo alcool.

-Il tuo regalo-

-E allora perché il mio regalo si muove?-

-Aprilo-

POV RICCARDO:

Mi sedetti sul letto accanto a lei e appena aprii lo scatolo, una palla di pelo bianca con due macchie marroni sulle orecchie, si lanciò sulla mia faccia e mi iniziò a leccare tutto; lo fermai con due mani e lo guardai contento: era un Jack Russell terrier. Fin da piccolo avevo sognato di averne uno ma i miei non me l’avevano mai comprato perché nessuno avrebbe potuto badarlo. Quella sera avevo ricevuto molti regali, ma quello era il più bello di tutti.

-Ti piace? Lo so che forse dovevo prima..-

- Gin è bellissimo- la interruppi e mi avvicinai a lei per abbracciarla ma l’istinto mi spinse a fare tutt’altro: le misi una mano sulla nuca per avvicinarla a me e appoggiai le mie labbra sulle sue, mi stavo già preparando allo schiaffo che mi avrebbe tirato e invece mi abbracciò e ricambiò il bacio. In un batter d’occhio ci ritrovammo distesi sul letto a baciarci appassionatamente. Le tolsi il vestito e rimasi senza fiato per la sua bellezza ma quando portò le mani al mio jeans per toglierlo la bloccai. Era tutto sbagliato, io ero sbronzo  e lei più di me, non potevo farle questo. Nonostante la desiderassi da morire dovevo fermarmi altrimenti avrei rovinato il nostro rapporto e l’avrei persa per sempre.

-Gin siamo ubriachi, è meglio dormire- lei mi guardò delusa

-Si hai ragione, però Riki posso abbracciarti?-

-Vieni qui piccola- la abbracciai a appoggiò il viso sul mio petto nudo stringendomi forte

-Quando sto con te, è come se i dolori del passato svaniscono all’improvviso- lo disse in un sussurro e subito chiuse gli occhi addormentata; era dura da dire ma mi stavo innamorando di quella ragazza, e io avevo una fottuta paura.

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Ho fatto di nuovo ritardo ma spero mi capirete: manca poco alle vacanze di Natale e i prof ci stanno bersagliando di interrogazioni e verifiche, in più sto con un raffreddore da far paura e la testa mi gira quindi spero di non aver scritto una schifezza, in quanto a lunghezza mi sono fatta prendere la mano dato che il capitolo 11 era piuttosto cortino. Ke ne dite di questo? E secondo voi come reagirà la nostra Gin appena si sveglierà accanto a Riccardo?

Xoxo BlackShadow90

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** LITIGI E DICHIARAZIONI ***


“E LEI SI SENTIVA STRANA DENTRO, SOPRATTUTTO ALL’ALTEZZA DELLO STOMACO, IRRITATO DA EMOZIONI COMPLICATE, RABBIA E QUALCOS’ALTRO A CUI NON AVREBBE SAPUTO DARE UN NOME, MA CHE FACEVA PIU MALE DI TUTTO.”

                                                                                       -Jeffrey Eugenides

POV RICCARDO:

Mi svegliai sentendo il letto vuoto e freddo, segno che Ginevra si era già alzata e forse si era incazzata: era sotto la doccia perché sentivo l’acqua scorrere. Mi preparai mentalmente il discorso da farle per chiederle scusa ed evitare così l’ennesima litigata ma più lo ripetevo e più diventavo nervoso. I minuti passarono e lei era ancora lì dentro quando bussarono alla porta.

-Avanti- spuntò Andrea già vestito e pronto.

-Riccardo dovete darvi una mossa perché è ora di tornare a casa e i proprietari della villa devono andarsene fra poco- i proprietari ci avevano avvisati che sarebbero venuti nel pomeriggio per ricevere i soldi e chiudere la villa e io me ne ero dimenticato.

-Tra dieci minuti scendiamo- chiuse la porta e sentii quella del bagno aprirsi.

-Il bagno è libero-  Gin uscì in accappatoio dal bagno con un’aria stanca

-Senti per ieri sera volevo dirti che…-

-Tranquillo non sono arrabbiata, ora però vai a lavarti che dobbiamo tornare a casa- disse calma e indifferente; faticavo ancora ad abituarmi alla sua indifferenza verso tutto e tutti ma sapevo che quella era solo una maschera per coprire i suoi veri sentimenti.

-Si vado-

Dopo essermi lavato, scesi in giardino con gli altri, tenendo il cucciolo in braccio e dopo aver pagato e ringraziato i proprietari salimmo tutti in macchina diretti verso casa; Andrea si propose per guidare dato che, a detta sua sembravo uno straccio, e in effetti mi sentivo così anche se il colpo di grazia lo avrei ricevuto una volta giunti a casa.

-Come chiamerai il cane?- mi chiese dopo mezz’ora di macchina Alice

-Non lo so, penso che deciderò con Gin- mi girai verso di lei che fissava assente il paesaggio.

-Perché non lo chiamate Idefix come il cane di Asterix?- rise Andrea

-Decisamente no, voglio un nome originale-

-Goose (si legge Gus)- disse all’improvviso Gin

POV GINEVRA:

Stavo cercando di riordinare le idee ma appena li sentii parlare del nome del cucciolo mi uscì fuori quel nome, che tanto amavo.

-E’ un bel nome- evitai il suo sguardo come stavo facendo ormai da un’ora

-Lo sapevo che avresti detto quel nome, avrai visto quel film cento volte- non ero in vena di risate così mi limitai a farle un timido sorriso.

-Che film?- chiesero all’unisono Riki e Andrea

-Top Gun, è un film d’azione e il protagonista è un aviatore- rispose lei al posto mio

-Magari lo affittiamo così lo vediamo-

-Ottima idea-rispose Andrea

La conversazione cadde lì e nessuno parlò più finché arrivammo a casa mezzi addormentati e affamati. Mentre i ragazzi iniziarono a preparare la cena, io e Alice salimmo in camera per fare una doccia e riprenderci dopo la serata; all’improvviso lei si fermò e si girò verso di me.

-Senti non voglio più fare l’amica silenziosa soltanto perché non vuoi parlarmi di quello che ti passa per la testa; da adesso in poi quando ti vedrò in questo stato ti chiederò come stai e non me ne frega niente se mi mandi affanculo o te ne vai, io continuerò a starti accanto- non aveva più senso fingere con lei

-Vuoi sapere come sto? Cosa penso? Sto da schifo e penso che…non so neanche io cosa pensare, perché ieri io e lui ci siamo baciati e ho provato non saprei neanche dire cosa, era una sensazione strana, nuova e tutto questo mi fa schifo-

-Tu e Riki vi siete baciati? – non sembrava per niente stupita

-Si ma non significa niente, è stato soltanto uno stupidissimo bacio, eravamo ubriachi e non ragionavamo bene, ho sbagliato, era un gioco- le mentii per convincere me stessa, perché non potevo davvero essermi innamorata con un bacio, era assurdo e l’amore era qualcosa di impossibile per me, e poi lui neanche conosceva la parola amore.

-Ha ragione lei- Riki comparve all’improvviso davanti la porta aperta

POV RICCARDO:

Mentre passavo avevo sentito quella frase, ed era stata peggio di una pugnalata per me, avrei preferito che non se ne ricordasse e invece se ne ricordava, ed era tutto un gioco per lei; sono stato un coglione  a credere di aver trovato l’amore, l’amore non fa parte della mia vita quindi è ora di farla finita e di prendere le distanze.

-Ginevra senti mi sono stancato del finto fidanzamento, ho bisogno di una sana scopata, e poi diciamocelo, nessuno avrà creduto a questa farsa perché io sono Riccardo, e l’amore mi dà il voltastomaco- guardando il dolore nei suoi occhi mi venne il desiderio di abbracciarla e rimangiarmi tutto ma ripensai a ciò che aveva detto e ritornò la rabbia. Tutto sarebbe ritornato come i primi giorni quando lei mi odiava e io la vedevo solo come l’ennesima ragazza da portarmi a letto.

Pensavo sarebbe andata così e invece era tutto così doloroso, e  più sentivo dolore più mi odiavo perché il dolore era una cosa da femminucce che non mi apparteneva, dopo un mese la situazione  era peggiorata: la mattina andavamo a scuola e la sera bevevo e rimorchiavo insieme a Stefano e Andrea che non volevano mai lasciarmi solo, ma la cosa più brutta era ritrovarsi ogni santo giorno il bellissimo viso di Ginevra davanti che sembrava sempre senza espressione come se niente fosse successo. La sera mi vedeva ma soprattutto mi sentiva tornare con qualche ragazza eppure non leggevo gelosia o fastidio nei suoi occhi: semplicemente erano vuoti spenti. Non sapevo più come comportarmi con lei e oltre al dolore c’era il senso di colpa perché Alice spesso litigava con Andrea per colpa mia.

POV GINEVRA:

Come eravamo arrivati a quel punto? In poco tempo mi aveva trasformato in un vaso di vetro nelle sue mani, mi aveva scagliata a terra e adesso ero in mille pezzi. Stavo disperatamente cercando di rincollare i pezzi ma erano troppo piccoli e sparsi ovunque, era impossibile. Erano due mesi e mezzo ormai che non ci parlavamo più, eravamo come due fantasmi dentro casa, anche se io ero silenziosa mentre lui, o per meglio dire le sue accompagnatrici erano molto rumorose. Era mezzanotte quando sentii la porta d’ingresso aprirsi. Riccardo entrò ubriaco con una ragazza mezza nuda e caddero sul divano io ero in cucina con un bicchiere d’acqua e vedere quella scena che ormai si  ripeteva tutti i fine settimana mi spezzò il cuore, già in frantumi. Come era potuto succedere di innamorarmi di quel coglione? Come faceva a non capire il dolore che provavo? Non ce la facevo più e anche Alice se ne era accorta: aveva capito che mi ero inevitabilmente innamorata di lui e per questo si infuriava con lui e con Andrea che lo proteggeva sempre. Il primo mese lontano da lui avevo pensato di dirgli ciò che provavo, ma non potevo e non volevo, perché non era tipo da relazione, mi avrebbe solo fatta soffrire. Cercai di salire le scale silenziosa ma appena urtai un dito lui mi sentì e sollevò la testa.

-Gin?- tornò lucido

-Continuate pure, non volevo disturbarvi- dissi gelida

-Cos’è ti dà fastidio?-

-Pensavo fossi cambiato ma sei il solito Riccardo, dovrò farci l’abitudine-

-Io non ti capisco! Prima dici che il bacio è un gioco e adesso ti dà fastidio che mi scopi un’altra, per favore aiutami a capire perché mi stai facendo impazzire- gridò

-Non c’è niente da capire sei solo uno stronzo- scappai in camera e non potei impedire alle lacrime di uscire quando qualche minuto dopo sentii la ragazza gridare di piacere, era una tortura, e mi faceva terribilmente male così infilai le cuffiette e partì “Segreto” di Alessandra Amoroso.

Non lo dirò a nessuno
lo terrò lì nascosto senza lasciare segno, il segno in nessun posto.
E non avrà una data per una ricorrenza, il mondo non saprà mai della sua esistenza.
Eppure è grande, tanto grande che il silenzio a volte mi fa soffocare,
non è un tesoro negli abissi, è invece tutto il mare.
Il nostro amore è segreto
amore sottovoce,
amor che non si deve
amore che non avrà mai luce
amore maledetto,
amore latitante,
amore senza nome o direzione
solo amore.

Lo sento respirare tra i sogni e le lenzuola
è grazia ed è condanna che sentirò io sola.
Non lo darò alla gente perché non possa usarlo, preferirei morisse piuttosto che sporcarlo.
Perché lui è puro, tanto puro che non so se io lo posso meritare, per questo lo terrò qui chiuso a costo di impazzire.
Il nostro amore è segreto
amore sottovoce,
figlio di un dio sbagliato
amore, che non avrà mai luce
amore maledetto,
amore latitante,
amore senza nome o direzione
solo amore (x4)
amore senza fine,
amore che c'ha fame!
amore prepotente
che ti prende a pugni il cuore!
amore rinnegato,
amore che è in galera
il giorno si fa sera
e resta sempre lì dov'era.

Solo amore (x7)

Si addiceva perfettamente , si perché ciò che provavo sarebbe rimasto nascosto dentro di me, lui non avrebbe saputo di quell’amore perché era sbagliato e non meritavo l’amore né da lui né da nessun’altro. Avevo sbagliato, mi ero solo incasinata la vita affezionandomi a lui, e adesso lui non era più lo stesso Riki con cui scherzavo, neanche io però ero più la stessa e mi odiavo perché soffrivo per lui che non si meritava niente.

La notte passò e la mattina mi alzai prestissimo perché odiavo rigirarmi nel letto senza riuscire ad addormentarmi. Scesi allora per fare colazione, quando calpestai qualcosa che fece rumore, abbassai lo sguardo e mi pentii subito di averlo fatto perché non avrei mai dovuto vedere ciò che era a terra: un involucro vuoto di preservativo. Per tutta la notte mi ero ripetuta che era solo un incubo  e mi ero quasi convinta invece quello fu la prova che mi fece sprofondare. In pochi minuti mi preparai e senza neanche mangiare presi lo zaino e salii sulla moto per fare un giro; arrivai in spiazzo e mi fermai per telefonare ad Angelo.

-Pronto?- sentii la sua voce assonnata

-Oddio scusa Lollo sono le sei e mezza ti richiamo dopo- che cretina, non avevo neanche visto l’ora.

-Principessa se mi hai chiamato è successo qualcosa quindi ora mi dici tutto- era l’unico di cui mi fidavo eppure non ero certa se dirlo oppure no.

-Niente è solo che mi manchi-

-Lo sai che con me non attacca, dimmi la verità-

-Mi piace una persona e ho paura-

- Ti piace?-

-Be si, insomma è stronzo, orgoglioso e ha un mucchio di difetti però cazzo mi piace, ma non dovrebbe piacermi perché si insomma non è il mio tipo e poi va con un mucchio di ragazze ma siamo amici o meglio lo eravamo e adesso si è incazzato con me e…-

-Ehi ehi respira, adesso rispiega tutto in ordine e soprattutto il ragazzo va nella tua classe?- aveva un tono diverso dal solito o forse ero io ancora addormentata

-Ecco lui, si, è…Riccardo-

-Ah….e lui lo sa?-

-No, lo sai che ho paura a legarmi a qualcuno e poi il problema è che a lui non interessa una relazione, ama divertirsi-

- Allora penso che è meglio se lasci perdere, lui non è il ragazzo giusto-

-Ma ogni volta che volevo qualcosa hai sempre detto che non dovevo mai mollare, perché adesso hai cambiato idea?- il suo motto era non mollare mai

-Perché tengo a te e non voglio che soffri a causa di un cretino-

-Lo sai che ti voglio bene?-

-Si e tu lo sai che io te ne voglio di più?-

-Ovvio… ah quasi mi dimenticavo, tu e gli altri che fate per natale?-

-Di solito siamo sempre stati con te perché, ci vuoi invitare?- disse ironico

-Certo tanto il posto c’è, non vedo l’ora di abbracciarvi-

-Anche io piccola mia-

-Bene ora devo andare, ho fame, salutami gli altri-

-Va bene principessa ,ciao-

Chiusi la chiamata e andai al bar li vicino perché il mio stomaco si lamentava, così presi una cioccolata calda e un cornetto alla crema; mangiai con calma tanto era ancora presto e poi presi la moto e andai a scuola. Entrata nel cortile notai subito tre figure che mi corsero incontro, erano Andrea e Alice con un preoccupatissimo Riccardo.

-Mi spieghi dove diavolo sei stata?- mi chiese lui

-A fare un giro-

-Non potevi almeno avvisarci? Ci siamo preoccupati-

- Scusatemi, non volevo-

Durante la lezione Alessandro mi mandò un bigliettino con il luogo e la data della gara di quella sera, ed una gara era proprio quello che mi serviva per svagare la testa, perché Andrea e Alice quel giorno stesso sarebbero andati fuori città a casa dei genitori di lui e avrebbero dormito lì perciò mi sarei trovata a casa da sola con Riccardo, e quello era proprio l’ultimo dei miei desideri.

Prima di andarsene i due ci raccomandarono di tenere in ordine casa e soprattutto di non distruggerla a causa delle nostre litigate, poi ci abbracciarono e se ne andarono; io subito mi vestii, pronta per vincere, con un jeans tutto strappato e sopra una maglia di pizzo nero a maniche lunghe che lasciava scoperta la pancia. Avevo chiesto ad Alessandro di non riferire della gara a Riccardo per evitare guai e senza fare rumore uscii da casa.

Giunta nel luogo di quella che chiamavano “The Hell” trovai subito Alessandro che mi iscrisse  e puntò delle scommesse; noi piloti eravamo quattro e quando la gara iniziò mi ritrovai subito in testa ma subito mi ritornò alla mente il giorno della gara con Riccardo e questo bastò a deconcentrarmi e farmi perdere la gara. Non appena la gara terminò, la folla ci bloccò ma questo durò poco perché all’improvviso si sentirono le sirene della polizia e le macchine spuntarono da tutte le parti, iniziarono a circondarci e moltissimi che avevano puntato scommesse o avevano osservato la gara vennero bloccati dagli agenti, non feci neanche a tempo a scappare che una volante mi tagliò la strada, mi sentivo in trappola e per la prima volta ebbi davvero paura. Un poliziotto mi ordinò di scendere dalla moto e dopo averlo fatto mi ammanettò e mi portò in centrale in auto. Quella era una di quelle situazioni in cui una persona non si sarebbe mai voluta trovare. Mi era concessa una sola telefonata e siccome Alice e Andrea erano fuori città l’unica alternativa che mi rimaneva era lui, Riccardo. Mi avvicinai al telefono e iniziai a digitare il numero che conoscevo a memoria: la paura era quella di sentirlo affannato o sentire la voce di una ragazza.

-Pronto?- era agitato

-Riki, sono io, ho bisogno di un favore-

-Mi dici dove cazzo sei?? E’ l’una di notte e ti avrò lasciato una ventina di chiamate-

-Sono…alla centrale di polizia-

-Cosa?!-

-Ti spiego tutto dopo, ti prego vieni a prendermi-

-Arrivo subito-

Avevo parlato con un poliziotto giovane molto simpatico che per fortuna aveva chiuso un occhio e avrebbe fatto ricadere tutte le accuse contro di me perché come aveva scritto nella testimonianza io ero capitata in quella gara illegale per caso, quindi non potevo essere accusata di niente.

-Ginevra!- mi girai e mi trovai davanti il volto preoccupato di Riccardo, in un attimo tutta la tensione e la paura scomparvero e corsi verso di lui.

-Perché sei qui?-

-Ho partecipato ad una gara ma è arrivata la polizia all’improvviso e non sono riuscita a scappare- sussurrai

-E quindi adesso?-

-Mi rilasciano per fortuna, voglio solo tornare  a casa-

-Ginevra te ne stai andando?- mi voltai, era Marco il ragazzo che mi aveva fatta rilasciare

-Si Marco ho bisogno di dormire, grazie mille per tutto- notai di sfuggito lo sguardo infastidito di Riki

-Figurati, lui è il tuo ragazzo?- si rivolse a Riccardo

-No è un amico-

-Ahh meno male, allora ci sentiamo-

-ok, ciao-

Una volta usciti dalla centrale Riccardo mi prese per un braccio e mi fece girare

-Chi è quello lì?- disse arrabbiato

-Perché sei geloso?- lo dissi scherzando ma lui rimase zitto

-Si ok?! Sono geloso marcio, perché dal primo momento che ti ho vista ho capito che eri speciale, ed è grazie a te che ho capito cos’è l’amore: un sentimento che forse non fa per me, ma sarei disposto a fare un’eccezione per te e solo per te. Quando ho sentito che il bacio per te è stato solo un gioco mi sono incazzato, e questi due mesi sono stati un incubo,  mi sono quasi ucciso a forza di sbronze. Lo so che sono un cretino, un bambino e farò un mucchio di sbagli ma ti chiedo soltanto un’opportunità, per dimostrarti che posso cambiare, che posso diventare l’uomo giusto per te-

Non volevo più aspettare, volevo fare ciò che era giusto per il cuore anche se sarebbe stato sbagliato per la mia testa. Lo baciai e misi fine a quella sofferenza  di quasi tre mesi perché speravo con tutto il cuore che ciò che mi aveva detto fosse la verità.

-Quindi questo che vuol dire?- mi chiese dopo che ci staccammo per riprendere fiato.

-Vuol dire che anche tu mi sei piaciuto fin dal primo momento, e ho sbagliato a dire quella cosa tu però hai esagerato: non immagini quanto ho sofferto vederti sempre con una ragazza diversa- abbassai lo sguardo imbarazzata da quella confessione.

-Da adesso in poi mi farò perdonare te lo prometto- e ci baciammo ancora, lì ,in mezzo ad una piazzetta deserta con la luna a farci da spettatrice e il lieve vento che ci accarezzava il viso. Non sapevo se sarebbe durato, ma adesso eravamo lì, insieme e nient’altro contava.

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Yeahhhhhhhhhhh finalmente i nostri piccioncini ce l’hanno fatta a superare le paure e dichiararsi i  loro sentimenti e adesso? Cosa succederà? (Please lasciate delle recensioni:C  )

xoxo

Blackshadow90

 

 

 



 

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Capitolo 14
*** MI FIDO DI TE ***


“AMA, AMA FOLLEMENTE, AMA PIU’ CHE PUOI E SE TI DICONO CHE E’ PECCATO, AMA IL TUO PECCATO E SARAI INOCENTE”

                                                                                               -Shakespeare

POV GINEVRA:

DRIIIIN, DRIIN,

Cos’era tutto quel fracasso? Il suono del citofono era fastidioso, ma lo era ancora di più il bussare a mano aperta sulla porta. Aprii prima un occhio e poi l’altro per abituarmi alla luce che mi colpiva in faccia quando sentii le labbra di Riccardo posarsi sulla mia fronte; ero ancora assonnata e lui sembrava un sogno.

-Vado ad aprire a quei due e torno, non ti muovere-mi lanciò uno sguardo divertito e  lo guardai uscire dalla porta a passo veloce con indosso solo un pantaloncino. Sprofondai nelle coperte e mi girai verso la finestra sembrava una bella giornata pur essendo inverno ed ero tremendamente felice ora; svegliarsi con la persona amata al proprio fianco era una sensazione, unica, indescrivibile e bellissima al tempo stesso. La mia teoria era sempre stata quella del non fidarsi di nessuno e contare solo su se stessi eppure era bello per una volta affidare la propria vita nelle mani di qualcun altro e rischiare tutto anche a costo di essere ferita. Ho imparato che la paura è la cosa più pericolosa perché è in grado di annientare tutti gli altri sensi, ti manda in panico e non ti fa ragionare, per una volta sono riuscita a mettere da parte la paura. E rigirandomi nel letto pensai alla sera prima, quando eravamo tornati a casa e lui non aveva preteso niente, si era solo disteso accanto a me nel letto e mi aveva abbracciata forte per proteggermi da tutto, da me stessa , e mi aveva guardata finché non mi ero addormentata;

-Eccomi sono tutto tuo- comparve all’improvviso sulla porta

-Mi hai fatto venire un infarto- si lanciò sul letto e mi prese la mano baciandomela

-Lo so, sono troppo bello per essere vero- mi lanciò un cuscino in faccia

-Ehi vuoi la guerra, e guerra sia!!- mi tirai su in piedi e iniziammo a colpirci a cuscinate mentre Goose abbaiava divertito, Riki mi prese tra le braccia e lo baciai per mia iniziativa, lui ricambiò e sembrava che nessuno dei due volesse staccarsi ma quando restammo senza fiato ci allontanammo e ci osservammo, aveva un espressione buffa, il volto assonnato e i capelli  scompigliati, era perfetto,

poi un pensiero mi attraversò la mente e dopo aver visto la sveglia sul comodino mi bloccai all’improvviso.

-Oddio- gridai

-Che è successo?- all’improvviso mi si avvicinò Riccardo preoccupato

-Sono le due del pomeriggio, abbiamo saltato scuola- esclamai in preda al panico; in passato ero stata una ragazzina ribelle ma non avevo mai saltato la scuola.

-Tranquilla tanto è solo un giorno- se lui era calmo allora lo ero anche io in fondo che differenza faceva un assenza in più o in meno? lo stomaco mi brontolò rumoroso e diventai rossa.

-Andiamo a mangiare- feci per aprire la porta ma lui mi bloccò e lo fissai interrogativo

-Hai la splendida abitudine di dormire mezza nuda- guardai il mio corpo coperto solo dal reggiseno e dalle mutandine e mi sentii in imbarazzo, non ero bella né tantomeno in forma e mi sentivo inadatta ai suoi occhi che indugiavano sulle mie curve, eppure non capivo dove voleva andare a parare.

-E quindi?-

-Vestiti perché c’è Andrea giù- scoppiai a ridere, era geloso perfino del suo migliore amico nonché fidanzato della mia migliore amica. Indossai la sua felpa e tirai su la cerniera, era abbastanza lunga da coprirmi il sedere.

-Per favore metti anche un pantalone- era una scena irripetibile, sembrava esasperato e mi faceva ridere ancora di più, così infilai il pantalone della tuta e lo guardai con un sopracciglio alzato, come per chiedere la sua approvazione.

-Ok, andiamo a mangiare- mi prese per mano e mi portò giù.

Appena entrammo in cucina Alice e Andrea ci corsero  incontro con le braccia aperte ma si bloccarono non appena videro le nostre mani intrecciate e i nostri sorrisi da innamorati. Alice però capì tutto al volo infatti dopo l’attimo di stupore  mi abbracciò e mi sussurrò un “complimenti” all’orecchio lanciando gridi di gioia, Andrea invece era ancora confuso.

-Non capisco che sta succedendo, lui ha un sorriso da idiota in faccia e tu, amore, stai gridando come una ragazzina- sembrava che al posto degli occhi avesse due punti esclamativi.

-Ma non l’hai ancora capito!? Finalmente questi due spericolati hanno capito di piacersi-

-Che bello sono così contenta- continuò lei

-E’ una notizia bellissima, complimenti, noi però andiamo perché siamo stanchi- Andrea non sembrava molto felice o forse ero io troppo paranoica

-A proposito com’è andato l’incontro con i genitori di Andrea?-

-Sono simpaticissimi e molto gentili- Alice aveva un sorriso enorme

-Però all’inizio eri agitatissima, non facevi altro che stritolarmi le mani- la riprese lui

-Quelli sono dettagli-

-Certo amore, andiamo-

Li seguimmo con lo sguardo mentre scomparvero su per le scale e dopo che io e Riki ci guardammo scoppiammo a ridere.

POV RICCARDO:

Guardai il suo viso così felice e sperai di essere io il motivo della sua felicità così come lei lo era per me, ancora non riuscivo a credere di essermi innamorato. Ci sono voluti diciotto anni per trovare quella giusta e non permetterò a niente e nessuno di portarmela via.

-Amore che vuoi mangiare?- mi stava fissando in modo strano e mi preoccupava, era in grado di farmi andare nel panico anche con poco.

-Mi hai chiamata…amore?- non me ne ero reso conto, eppure ero felice di averla chiamata così perché aveva un espressione dolcissima.

-Si, amore-

-Fai quello che vuoi- si era  alzata all’improvviso dalla sedia e mi aveva messo le braccia al collo

-Se mi dici così, mi tenti- la voce mi uscì roca, perché mi bastava stare a qualche centimetro da lei e il cervello andava in tilt

-Ti tento? A fare cosa?- era sexy e non avevo mai visto questo lato del suo carattere

-Questo- la sollevai sul lavello della cucina e gli ficcai la lingua in bocca con avidità, lei rispose subito, si strinse con le gambe al mio bacino e le mani che mi accarezzavano il collo mi stavano eccitando terribilmente, tanto che quando mi appiccicai a lei se ne accorse subito e rise divertita.

-Mi desideri così tanto?- mi disse con tono di sfida

-Non immagini nemmeno quanto-

Non sapevo dove voleva arrivare ma non potei chiederglielo perché il cellulare mi squillò. Quando guardai il nome capii che i guai erano in arrivo ma non volevo preoccupare Ginevra.

-Vado un attimo a rispondere tu inizia a preparare- annuì insicura e me la svignai in fretta al piano di sopra, sorpassai le camere e andai sul terrazzo, lì almeno nessuno avrebbe potuto ascoltare.

-Ehi cugino mi serve una mano tra due settimane- era mio cugino Christian

-Chri non so se posso, vorrei evitare per un po’-

-Cugino questo è l’ultimo carico prima di Natale, ho bisogno di te-

-Va bene Chri ma questo è l’ultimo, non voglio più avere niente a che fare con quella roba-

-Si cugino grazie-

-Di niente Chri-

Chiusi la chiamata e guardai il paesaggio fatto di tetti e case , e poi pensai a ciò che avrei fatto tra due settimane, non volevo mentire a Ginevra, ma quella sarebbe stata la prima e ultima bugia. Fin da piccolo ero stato molto legato a mio cugino di qualche anno più grande ed eravamo come fratelli. Lui però aveva iniziato a spacciare per divertimento e tutte le volte che la merce arrivava chiedeva aiuto a me per consegnarla ai suoi clienti; quella cosa mi eccita e mi fa guadagnare ma adesso che c’è anche Ginevra non me la sento di continuare, lei non vorrebbe.

Tornai in cucina, che emanava un buon profumo di funghi e panna, e Ginevra era di spalle mentre cucinava e canticchiava, era un quadretto molto carino e pensai che se non ci fosse stata lei la casa sarebbe vuota, e del tutto priva di vita. Mi venne subito alla mente un’immagine con lei in cucina e dei bambini che le giravano intorno, ho sempre amato i bambini ma sto correndo troppo. La raggiunsi e le baciai il collo sentendola sospirare.

-Sembri preoccupato- la baciai per non guardarla negli occhi

-Sono solo stanco-

-Già a chi lo dici-

-Lascia finire a me, dopo mangiato torniamo a dormire- le tolsi il mestolo di mano

-Allora mangiamo in fretta, perché ho tanto sonno- rise e sbadigliò insieme

-Certo piccola mia- le baciai la fronte e le servii il piatto

Dopo la breve dormita eravamo entrambi riposati e allegri per il clima di festa e Ginevra non faceva altro che saltellare avanti e indietro per la casa per prendere misura e segnare le cose da comprare, mi aveva detto che amava il Natale ma non pensavo fino a questo punto; sembrava un giocattolo a molla ed era incontentabile.

-Ho sentito dei rumori, che combinate?- Ginevra era appena inciampata nella prolunga che aveva in mano e ovviamente Andrea e Alice erano subito scesi.

-Stavo per chiamarvi, noi dobbiamo andare al centro commerciale per comprare luci e decorazioni, venite?-

-Ovvio, qualcuno dovrà evitare che compri tutto il negozio, ancora mi ricordo casa tua la sera di Natale, per tutte le luci che c’erano si vedeva anche dallo spazio- rise Alice.

-Prometto di non esagerare-

Ero sicuro che non avrebbe mantenuto quella promessa, amava esagerare e fare sempre le cose in grande infatti quando entrammo nel centro commerciale guardava tutto con gli occhi luccicanti, sembrava una bambina in un negozio di caramelle. In soli venti minuti il carrello era già pieno a metà di luci multicolori, ghirlande, scritte di “Buon Natale” glitterate, e pupazzi di neve.  Sotto il braccio sinistro portava un Babbo Natale luminoso a grandezza naturale mentre con l’altro mi teneva a braccetto. Eravamo terribilmente buffi e le persone che ci passavano accanto, ci fissavano divertiti.

-Uffa quanto sei noioso- disse Alice ad Andrea

- Amore lo sai come è finita l’ultima volta-

-Ma avevi solo dodici anni, ti prego andiamo-

A Milano avevano messo da poco una pista artificiale di pattinaggio su ghiaccio  e Alice voleva andarci ma a dodici anni Andrea si era rotto un braccio proprio sul ghiaccio ed era rimasto leggermente traumatizzato.

-Dai Andy andiamo tutti insieme, in fondo “è una follia odiare tutte le rose solo perché una spina ti ha punto”- disse Ginevra

-Sei anche poetessa?- la presi in giro io

-E’ una citazione de “Il piccolo principe”-

-Lo so piccola saputella- le scompigliai i capelli sapendo che lo odiava e la guardai

-Allora andiamo?- chiese di nuovo Alice

-D’accordo andiamo- sbuffò Andrea

-Ali mi passi la lista?- chiese Ginevra

-Tieni-

POV GINEVRA:

Presi la lista e controllai se mancava qualcosa e in effetti mancava proprio la cosa più importante: l’albero.

-Andiamo di là-  indicai un corridoio sulla sinistra e camminai a passo spedito; da quando eravamo entrati in quel centro commerciale stavo trascinando gli altri avanti e indietro.

-Non usciremo vivi da qui- Alice rideva con in mano un tubo colorato di venti metri  che gli avevo affidato

-Scusi gli alberi sono in sconto?- mi rivolsi ad un dipendente

-Si ma solo quelli da 180 cm e 190 cm-

-Va bene grazie-

-Si figuri, se deve acquistarlo posso portarglielo in macchina-

-Non c’è bisogno- si intromise Riccardo fulminandolo, il ragazzo se ne andò

-Voleva solo essere gentile, smettila di esagerare- mi piacevano i ragazzi gelosi, ma non in modo eccessivo: per uno spirito libero come me, Riccardo doveva imparare a gestire la gelosia.

-Ci stava provando-

-Ok ragazzi basta, paghiamo e andiamo a casa che stasera ci tocca il pattinaggio- fui grata ad Andrea che ci interruppe perché non volevo litigare

Arrivati alla cassa, sistemammo sul rullo quello che andava e la cassiera fissò sbalordita il carrello strapieno, presi la carta di credito ma Riccardo mi bloccò e diede la sua.

-Riki non è necessario-

-Gin lo sai che i soldi non sono un problema-

-Si ma..-

-Niente ma,  aspettate qui perché io e Andrea dobbiamo caricare l’albero in macchina –

Dopo aver caricato l’albero e tutte le buste andammo di corsa a casa per fare uno spuntino veloce e prepararci per la serata, ormai il freddo era arrivato e non volevo certo prendere l’influenza poco prima di Natale. Indossai il mio adorato maglioncino rosso con la renna e l’immancabile sciarpa e cappello, ed ero pronta per pattinare anche se non l’avevo mai fatto in vita mia.

-Che carino- alzai lo sguardo sorridendo ad Alice

-Ho anche un maglione con il pinguino- risi io, ero fissata con quei maglioncini natalizi

-Sei adorabile, e scusa per oggi- mi sussurrò una voce all’orecchio; mi girai e Riki mi baciò la punta del naso  osservandomi incerto

-Sei perdonato ma devi imparare a fidarti di me, di certo non me ne vado con il primo che incontro-  

-E’ degli altri che non mi fido- mi disse dolce

-Ma io non ho scelto gli altri, ho scelto te- lo fissai intensamente per fargli capire la verità delle mie parole

-Il destino è stato generoso con me- mi prese la testa tra le mani e mi baciò delicatamente, un bacio delicato ma pieno di desiderio; mi staccai e avvicinai la bocca al suo orecchio.

-Ti voglio- gli sussurrai

-Stasera- rispose lui con gli occhi liquidi, io annuii mentre dentro sentivo una baraonda di emozioni: mi sentivo eccitata, felice, ansiosa ma anche preoccupata. Non vedevo l’ora che quella serata finisse perché sentivo il bisogno di lui.

Un colpo di tosse ci interruppe e ci voltammo verso i due che ci osservavano divertiti, prendemmo la macchina e arrivati alla pista prenotammo dei pattini.

Entrati in pista ci scatenammo, all’inizio fu un po’ difficile perché il ghiaccio era molto scivoloso e mi mantenevo in continuazione al corrimano ma dopo una mezz’oretta avevo preso confidenza e pattinavo discretamente in mezzo alla pista sottobraccio a Riki, l’unico che continuava a rimanere lungo il bordo era Andrea che sembrava preoccupato di cadere, mentre Alice tentava in ogni modo di farlo allontanare dalla ringhiera e di spiegargli come tenere i piedi per non cadere ma era tutto inutile. Mentre volteggiavo al centro pista il telefono iniziò a squillare e mi spostai vicino ad Alice  e Andrea per rispondere, ovviamente era Angelo e mi ero completamente scordata di chiedere agli altri se lui, Marco ed Emiliano potevano rimanere per Natale.

-Ehi Lollo come va?-

-Bene piccola, dovrei prendere i biglietti aerei però mi devi dire quando possiamo venire e fino a quando restiamo-

-Aspetta due minuti in linea-

-Ragazzi per Natale possiamo ospitare tre amici?- chiesi rivolta agli altri

-Per me non c’è problema- disse Alice

-Neanche per me- rispose Andrea; Riccardo non sembrava molto contento ma annuì lo stesso

-Allora potreste venire il 24 e rimanere fino all’ 1- mi rivolsi ad Angelo

-Perfetto ci vediamo tra cinque giorni principessa-

-Va bene Lollo ciao-

Presi per mano Riccardo e lo riportai in pista, sembrava triste e sapevo che stava lottando contro se stesso perché non era molto d’accordo ad ospitare i miei amici soprattutto Angelo ma era rimasto zitto e avevo lo apprezzato molto.

-Grazie-  gli dissi

-Di cosa?-

-Non sopporti Angelo però non hai detto niente-

-Mi fido di te- mi guardò con quegli occhi color ossidiana e rimasi incantata.

 

ANGOLO AUTRICE:

Lo so, stavolta sono davvero imperdonabile, ma purtroppo a volte capita di avere così tante cose da fare da non riuscire a conciliare il tutto; sono esattamente come Ginevra a volte: indifferente agli altri e menefreghista. Lo ammetto perché so di essere piena di difetti e la puntualità non è il mio forte, del resto però “La puntualità è la virtù dell’annoiato” diceva Evelyn Waugh. Che ne pensate del capitolo? Vi piace? Cosa accadrà nel prossimo? Aspetto le vostre recensioni ;D

Xoxo

Blackshadow90

 

 

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Capitolo 15
*** BUON NATALE AMORE MIO ***


“I DON’T WANT A LOT FOR CHRISTMAS, THERE’S JUST ONE THING I NEED, I DON’T CARE ABOUT THE PRESENTS UNDERNEATH THE CHRISTMAS TREE, I JUST WANT YOU FOR MY OWN MORE THAN YOU COULD EVER KNOW, MAKE MY WISH COME TRUE, ALL I WANT FOR CHRISTMAS IS… YOU”

                                                   -All I want for Christmas is you(Mariah Carey)

POV GINEVRA:

Ritornammo a casa solo io e Riccardo perché Alice e Andrea avevano deciso di andarsi a prendere una pizza, noi invece eravamo letteralmente distrutti dopo un’ora di pattinaggio anche non sentivo la stanchezza né il sonno né la fame insomma non sentivo assolutamente niente perché la mie mente era troppo impegnata a immaginare la prima notte con Riccardo. E di certo anche lui pensava la stessa cosa dato che non mi toglieva gli occhi di dosso, la tensione sessuale era altissima forse perché eravamo attratti l’uno dall’altra fin dal primo incontro. Una volta aperta la porta di casa Riccardo mi si avventò sopra baciandomi il collo e io la richiusi con un calcio, mi sentivo in paradiso come se io fossi Eva e lui il serpente tentatore ,e purtroppo o per fortuna,  non ero mai stata in grado di resistere alle tentazioni. Mentre continuava a baciarmi e ad esplorarmi ogni parte del corpo con frenesia io gli sfilai il giubbino e il maglione ammirando il suo magnifico petto scolpito e lo stesso fece con me lasciandomi in reggiseno; non c’era imbarazzo tra noi anzi ci osservavamo come un assetato osserva una sorgente. Dopo quell’attimo di immobilità si fiondò di nuovo sul mio collo risalendo pian piano: arrivò prima al lobo dell’orecchio che mi leccò con lentezza facendo crescere ancora di più il desiderio, poi mi baciò il mento e infine tornò sulle mie labbra, mordendole e succhiando il labbro inferiore. Mi stava facendo letteralmente impazzire e non ce la facevo più, se ne accorse e piano salimmo le scale baciandoci e lasciando cadere gli indumenti dappertutto. Arrivati in camera, mi adagiò sul letto e iniziò a lasciarmi baci infuocati dalla base del collo scendendo con calma, poi nell’incavo del seno dove si soffermò particolarmente.

-Che vuol dire questo tatuaggio?- e mi sfiorò la pelle appena sotto il seno sinistro; sapevo che me l’avrebbe chiesto e non volevo più dirgli bugie.

-“I will never let you fall, I’ll stand up with you forever, I’ll be there for you through it all, even if saving you sends me to heaven” è il ritornello della canzone preferita di mio fratello e quando è morto l’ho tatuata per lui vuol dire “Non ti lascerò mai cadere, mi alzerò con te per sempre, sarò lì per te qualsiasi cosa accada, anche se salvarti mi manderà in cielo”-

-Oh..-

-Tranquillo sto bene, continua da dove ti sei interrotto- dissi maliziosa

Mi sorrise rassicurante poi continuò sulla pancia e scese ancora più giù fino ad arrivare all’elastico delle mutandine. A quel puntò alzò lo sguardo incerto e io annuii così mi sfilò le mutandine e continuò con la scia di baci, poi risalì e mi tolse il reggiseno. Iniziò a baciarmi e mordicchiarmi i capezzoli e io ansimai di piacere; sentivo di non poter resistere oltre così avvicinai il bacino alla sua erezione e lui ansimò. Si tolse subito i boxer e prima di avvicinarsi prese dalla tasca dei jeans a terra una bustina colorata, allungai una mano e gliela feci lasciare.

-Prendo la pillola, quello non serve-

-Non l’ho mai fatto “al naturale”- mormorò eccitato

-C’è sempre una prima volta- sussurrai

Lo baciai e gli accarezzai i capelli poi con calma entrò in me e iniziò a spingere provocandomi un piacere immenso, mai provato; non mi staccò gli occhi di dosso nemmeno per un secondo come se volesse accertarsi che fossi davvero lì, che fossi reale. Dopo che venimmo entrambi lui si distese accanto a me e mi strinse forte tra le braccia:

-Ti amo Ginevra- sentii una scossa all’altezza del cuore come se si fosse fermato per l’emozione troppo forte e poi sentire il mio nome pronunciato da lui aveva un suono nuovo, unico.

-Ti amo anch’io- lo guardai negli occhi e seppi che diceva la verità; ci addormentammo così, nudi e stretti l’una all’altro.

Quegli ultimi giorni di scuola passarono in fretta e così era già il sabato 21 : l’ultimo giorno di scuola. Tutti erano in fermento, c’era chi andava di qua e di la per sistemare gli ultimi addobbi per la piccola festicciola nel cortile di metà mattina e chi invece girava per i corridoi con nastri e ghirlande in testa a ridere e fare i trenini. Nella nostra classe regnava il caos assoluto, Mattia aveva messo la musica a tutto volume, altri saltavano sui banchi , mentre Caterina e Greta cantavano a squarciagola. Io per parte mia ero stata contagiata da quel gene di euforia e così adesso mi ritrovavo con un nastro  brillantato in testa a mo’ di corona ed ero in braccio a Riccardo che mi trasportava avanti e indietro per l’aula. Quando gli altri avevano rivisto me e Riccardo baciarci erano stati contentissimi e Greta, Caterina e Noemi si erano congratulate con me perché noi due formavamo “la coppia più bella e strampalata del mondo” secondo loro e tifavano per noi. Finiti i festeggiamenti a scuola ci augurammo tutti buone feste e tornammo a casa pieni di cose da fare: dovevamo preparare la stanza degli ospiti (che non sapevo esistesse) per Angelo, Marco ed Emiliano; dovevamo fare un enorme spesa per tutte le feste, da Natale a Capodanno; e dovevamo decorare l’albero spoglio che stava in soggiorno. Organizzare la stanza fu semplice perché dovevamo solo dare una spolverata e lasciare aperta la finestra, per quanto riguarda la spesa me ne sarei occupata io e l’albero invece lo facemmo tutti insieme. Alla fine il risultato fu davvero bellissimo: l’albero altissimo era pieno di luci dorate e palline rosse e sulla cima un magnifico puntale dorato a forma di stella. Subito andammo a prendere i regali e li mettemmo sotto, quando tornai con sette regali in mano ,tutti mi fissarono.

-Gin ma per chi sono tutti quei regali?-

-Per te Andrea, Riccardo, Angelo, Marco, Emiliano e ovviamente anche per il piccolo Goose, vero cucciolo?- lo presi in braccio e mi leccò tutta la faccia poi guardai Riccardo che posava un’enorme regalo con sopra il mio nome a lettere cubitali. Sperai che non fosse un regalo costoso, anche se io stessa non avevo badato a spese per il suo regalo, dopo una lunga ricerca infatti gli avevo preso un bellissimo braccialetto su cui erano stampate le nostre foto più belle e un mappamondo di sughero personalizzabile: lui infatti amava girare il mondo come me e sarebbe stato carino attaccare una nostra foto su ogni località che avremmo visitato. Forse stavo correndo troppo ma lo amavo davvero.

POV RICCARDO:

Quando posai il mio regalo vidi Ginevra che mi fissava interrogativa e non vedevo l’ora di vederla scartare il mio regalo perché sapevo per certo che le sarebbe piaciuto grazie all’aiuto di Alice; era stato difficile trovarlo ma alla fine ci ero riuscito. Dopo aver finito tutto io e lei ci andammo a preparare per andare al supermercato ma uscimmo solo dopo un’ora perché avevamo perso tempo per fare la lista tutti insieme di cosa comprare ed era una spesa grossa. Perdemmo più di due ore al supermercato perché ogni volta mancava qualcosa e c’era una fila enorme, ma furono due ore stupende perché c’era lei con me e non riuscivo a togliermi dalla faccia quel sorriso che avevo sempre visto sulla faccia di Andrea ed Emanuele. Mi sentii uno sciocco ad averli presi in giro perché entrambi avevano trovato la ragazza giusta e forse li invidiavo ma ora mi sentivo il ragazzo più fortunato sulla terra. Nonostante la scuola fosse finita, quei tre giorni passarono in fretta e così arrivò la fatidica vigilia di natale, giorno in cui sarebbe arrivato “l’amico” di Ginevra ed ero leggermente nervoso: lei mi aveva detto che erano solo amici e le credevo ma forse lui non la pensava allo stesso modo, in fondo da quello che avevo saputo erano amici da molto tempo e la mia Gin era una ragazza bellissima e straordinaria. Sarebbero arrivati nel pomeriggio e non volevo rovinare tutto con la mia stupida gelosia, eppure non riuscivo ad impedirmi di camminare avanti e indietro per il soggiorno mentre le ragazze erano a cucinare.

-Puoi venire un attimo?- Andrea mi condusse sul terrazzo: si gelava e portava neve in serata.

-Mi prenderò un raffreddore, cazzo- strofinai le mani

-Senti devi promettermi che non farai cazzate e ti comporterai bene con gli amici di Ginevra- disse serio

-So come devo comportarmi, perché ti preoccupi tanto?-

-Perché se finite a litigare per la tua gelosia, Alice difenderà Ginevra e se la prenderà anche con me perché sono il tuo migliore amico- ora era tutto chiaro

-E’ per questo che quando ai saputo del nostro fidanzamento eri triste?- lui annuì

-Io so che la ami davvero ma ti conosco da anni e alcuni atteggiamenti non li cambierai mai… ho solo paura che il vostro rapporto influenzi il mio con Alice perché sai quanto è protettiva con Ginevra-

-Hai ragione e ti prometto che mi impegnerò al massimo, fratello- gli diedi una pacca sulla spalla e lui mi sorrise.

Dopo pranzo iniziammo a preparare il soggiorno per la cena della vigilia: spostammo i divani su un lato, portammo il tavolino in cucina e al centro del soggiorno mettemmo il tavolo con sopra una bellissima tovaglia rossa con delle renne. Ginevra e Alice facevano avanti e indietro per preparare i biscotti a forma di albero con in testa un cerchietto con la scritta Buon Natale e il campanellino e io tra una risata e l’altra con Andrea preparavo gli antipasti. Erano circa le sette e mezza quando all’improvviso il campanello suonò e io mi irrigidii.

-Amore per favore vai ad aprire- mi disse Ginevra con le mani di farina.               Andai a passo spedito alla porta e quando la spalancai mi ritrovai tre ragazzi sorridenti con le valige in mano.

-Prego entrate- sorrisi cordiale e appena misero piede in casa, Ginevra mi passò accanto e si lanciò su uno di loro: più alto degli altri, biondo, occhi azzurri, sorriso smagliante e bicipiti in vista.

-Ecco la mia principessa bellissima- la strinse e la sollevò facendola girare < controllati Riccardo, non fare casini> mi dissi. Subito gli altri due l’abbracciarono e si misero a ridere per qualcosa che lei aveva sussurrato. Poi si girò verso di noi che la stavamo osservando:

-Alice, Andrea, Riccardo loro sono Angelo…- e allungò la mano presentandosi a noi tre, io lo guardai gelido e lo stesso fece lui -Emiliano…- ci strinse anche lui la mano – e per finire il piccolo Marco…- disse scoppiando a ridere mentre quest’ultimo la prese e le fece il solletico.

-Loro sono i miei migliori amici… venite vi mostro la vostra stanza- loro la seguirono divertiti ma notai lo sguardo diverso di Angelo: la guardava con amore, non l’amore tra migliori amici ma qualcosa di più profondo.

POV GINEVRA:

-Questa è la vostra stanza, mi dispiace è un po’ piccolina-

-Tranquilla va benissimo sorella- disse Marco lanciandosi sul letto, seguito dagli altri

-Non devi dirci niente?- non sapevo a cosa si stesse riferendo Emiliano

-Mi siete mancati tantissimo- mi buttai anche io sul letto

-Io parlavo del ragazzo con i capelli scuri, non ti ha staccato gli occhi di dosso nemmeno per un secondo- arrossii immediatamente

-Be è una lunga storia ma adesso io e lui stiamo insieme- guardai Angelo che evitava il mio sguardo

-Sei felice? Lo ami davvero?- mi chiese incerto Angelo

-Io… non mi sono mai sentita così felice in vita mia, voi mi siete sempre stati accanto e mi avete resa felice ma adesso che c’è lui mi sento davvero sicura e amata e si, lo amo davvero- dissi tutto d’un fiato

-Se tu sei felice, lo sono anche io- eppure lui non sembrava felice

-Anche Marco ha conosciuto una tipa- rise Emiliano

-Ehi lei ha un nome! Si chiama Asia- disse rivolgendosi a me

-Sono contenta per te era ora che mettessi la testa a posto- risi e gli scompigliai i capelli

-Che si dice laggiù? Avete visto i miei?- era da tanto che non li chiamavo

-Niente di nuovo, siamo passati a salutarli prima di partire e tua madre mi ha chiesto di darti questo- era un pacchetto, lo aprii e rimasi a contemplare quella cornice con l’immagine di una Ginevra bambina stretta ad un ragazzo sorridente: io dovevo avere 13 anni e Nicolò 14 . Dovevo essere forte, così sorrisi al ricordo di quei giorni e i ragazzi mi si avvicinarono.

- Era orgoglioso di te e lo sarebbe anche ora- disse Angelo baciandomi la fronte

-Lo spero… andiamo giù, così rubo qualche tartina- posai la foto sul comodino in camera mia e li raggiunsi.

Corremmo giù per le scale e ci fiondammo in cucina per aiutare gli altri, io invece mi aggrappai come un koala sulla schiena di Riccardo e gli baciai il collo; lui subito girò la testa e mi baciò, poi si buttò sulla poltrona schiacciandomi sotto di lui e dopo essersi girato mi bloccò le mani e mi fece il solletico. Non riuscivo a smettere di ridere e avevo contagiato anche gli altri che ci guardavano maliziosi; Marco fece un fischio quando Riccardo mi baciò distendendosi su di me.

-Ehi amico, ti tengo d’occhio- scherzò Emiliano

-Se le spezzi il cuore, ti spezzo il collo- disse Angelo

-Wow amico, ti piace “Fast and Furious”?- chiese Andrea

-Lui ama quel film, me l’ha fatto vedere centinaia di volte- dissi io facendolo ridere

-E tu  mi hai fatto vedere centinaia di volte “Top Gun” e anche “Vacanze romane”, per non parlare della tua fissa con Marylin Monroe-

-Ma Marylin è un mito, invece Sylvester Stallone è.. violento e anche brutto-

-Sylvester è un bravissimo attore lo sai-

-Il peggiore vorrai dire e poi…-

-Tutti a tavola, si cena- ci interruppe Alice

Riccardo mi prese per mano e ci sedemmo a tavola; tra antipasti, primi e secondi mi sentivo piena come un  tacchino. Le tartine con le salse e il salmone erano deliziose per non parlare dell’arrosto ripieno di castagne e del salame al cioccolato fatto da Alice, terminammo il panettone e poi sparecchiammo perché era giunta l’ora del divertimento: eravamo grandi certo ma io e Alice andavamo pazze per i giochi di società.

-Giochiamo a  strip twister?- chiese lei ridendo

-Assolutamente no- una volta ci avevo giocato con Angelo ma eravamo rimasti in biancheria ed era stato imbarazzante

-Cos’è lo strip twister?- chiese Emiliano

-In pratica è come il twister normale con la differenza che tutte le volte che sbagli, devi toglierti un capo d’abbigliamento alla volta: lo scopo è rimanere nudi- risposi io

-Interessante, potremmo giocarci io e te, una sera di queste- ammiccò Riccardo

-Si può fare… è divertentissimo- mi guardò serio

-Ci hai già giocato?- oddio, mi ero messa nei guai

-Si….-

-E con chi?- guardai Angelo di sottecchi

-Con me, eravamo piccole- gridò Alice: ancora una volta mi aveva coperta

-Allora che gioco facciamo? Abbiamo quello del mimo, scarabeo, Risiko oppure giochi di carte, poker…- continuò a parlare a macchinetta, tirando fuori da un mobile un mucchio di scatole con giochi diversi, e tutti tra una battuta e l’altra ci divertimmo un mondo. Erano le due e mezza quando i ragazzi stavano terminando una partita a poker, e sbadigliai assonnata sul petto di Riccardo che mi teneva in braccio e non voleva lasciarmi andare, poi la testa diventò pesante –chiudo gli occhi giusto due minuti, per riposarli- pensai tra me.

POV RICCARDO:

Stavo giocando a poker con i ragazzi e pian piano conoscendoli mi ero accorto che erano davvero simpatici e mi sentivo in debito con loro che erano stati sempre accanto a Ginevra. Abbassai la testa per dirle una cosa all’orecchio e la trovai addormentata con gli occhi chiusi e il viso angelico: sembrava così indifesa tra le mie braccia e il calore del suo corpo mi ricordava la bellissima notte passata con lei.        La  partita terminò con la vittoria di Andrea che subito se ne andò a dormire seguito da Alice e augurarono la buonanotte a tutti; rimasti soli, i tre mi guardarono gentili.

-Andiamo a letto anche noi, buonanotte- dissi alzandomi con Ginevra in braccio addormentata

-Buonanotte- dissero in coro

Entrai in camera e la misi sotto lo coperte dopo averla spogliata, poi mi stesi accanto a lei al buio e notai una cornice d’argento, accesi la lampada e guardai la foto: era piccola ma era indubbiamente lei, Ginevra, abbracciata ad un ragazzino con i suoi stessi occhi verdi e lo stesso sorriso sbarazzino. Doveva essere il fratello…sarei voluto tornare indietro nel tempo per cancellare tutta la tristezza che lei aveva nel cuore ma non potevo, e pensai che in quegli anni difficili al suo fianco non c’ero stato io ma i suoi amici e Angelo che sembrava conoscerla meglio di chiunque altro. –So di non poter essere come  lui, che sicuramente ti ama da molto tempo, ma ti prometto che sarò l’uomo giusto per te e ti darò quel lieto fine che ti meriti perché ti amo da impazzire…. Buon natale amore mio- non poteva sentirmi perché dormiva ma gliel’avrei dimostrato con i gesti.

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Allooooraaa, innanzitutto Buon Natale anche se in ritardo <3 La fatidica notte tra Gin e Riki finalmente è arrivata e i nostri piccioncini sono tutti baci, abbracci e frasi dolci, ma sono arrivati anche questi tre bellissimi ragazzoni e la gelosia inizia a farsi sentire. So ke sembra che Angelo sia arrivato x rubare Ginevra a Riccardo, ma x favore non siate arrabbiati con lui: vi assicuro che è stupendo, super dolce e protettivo. Si, è vero prova qlcs per la nostra Ginny ma tutto verrà spiegato nel prox capitolo, quello di capodanno, in cui vedremo fuochi d’artificio( anke in senso metaforico xD) scenate di gelosia, tanta neve, e un piccolo imprevisto in montagna;D

  Xoxo

Blackshadow90

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 16
*** UN PERICOLOSO IMPREVISTO PART.1 ***


“IMPREVISTO: Non previsto; dovuto a circostanze puramente            fortuite; inaspettato; circostanza imprevedibile

E’ questa la definizione che riporta il dizionario eppure non avrei mai pensato che un imprevisto mi avrebbe rovinato il capodanno e avrebbe allontanato la persona che amo  

POV GINEVRA:

Era la mattina di Natale ed eravamo tutti quanti riuniti in soggiorno per scartare i regali; ero emozionata e curiosa di aprire i miei ma prima di tutto quello di Riccardo che era enorme e invitante. Mentre gli altri avevano iniziato a scartare io ne avevo approfittato per sgattaiolare in cucina e prepararmi una cioccolata, seguita da Riccardo, che era abbastanza strano: ero sicura che stava organizzando qualcosa perché l’avevo beccato ,appena sveglia, che parlava al telefono e diceva che andavano bene tre stanze.

-Allora non vuoi proprio dirmi con chi stavi parlando stamattina?- gli baciai il collo e mi morsi un labbro sperando di farlo parlare con qualche mossa sensuale

-Amore ti ho già detto che è una sorpresa…e ti prego smettila di morderti il labbro mi stai facendo impazzire-

-L’obbiettivo è quello- sorrisi leccandomi lentamente il labbro superiore

-L’hai voluto tu- con un sorriso perverso si avviò verso la porta della cucina, la chiuse a chiave e poi prese la chiave e la infilò nei pantaloni o forse nei boxer; rimasi a bocca aperta per la sorpresa.

-Sei proprio insopportabile- misi il broncio

-Però mi ami-

-Dammi la chiave-

-Se la vuoi, devi venire a prendertela- rise lui divertito

-Cos’è una sfida? Lo sai che non ho paura- dissi orgogliosa

-La convinzione fotte la gente-

-Dipende dai punti di vista-  mi parai di fronte a lui che mi superava di dieci centimetri buoni e lo guardai furiosa; allungai una mano per riprendere la chiave ma venni bloccata da lui.

-Sei proprio una bambina capricciosa- mi prese in giro lui; si allontanò veloce e iniziammo ad inseguirci in tondo ridendo come matti e facendo cadere gli oggetti, rimasto in trappola vicino alla porta fece gli occhi da cucciolo bastonato.

-Mi dispiace ma con me non attacca- gli saltai al collo ,facendogli perdere l’equilibrio e mi sedetti subito su di lui a cavalcioni per impedirgli di muoversi. Un lampo di divertimento e desiderio passò nei suoi occhi e anch’io non potei impedirmi di pensare alla posizione in cui ci trovavamo e la sua erezione che premeva contro la mia coscia di certo non aiutava a cancellare le immagini sconce che mi stavano passando per la mente.

-Non volevi prendere la chiave?- aveva il respiro affannato per l’eccitazione

-Certo- allungai la mano e la infilai nei boxer, sotto lo sguardò stupito di Riccardo che di certo pensava che non avessi il coraggio, ma proprio in quel momento la maniglia della porta iniziò a muoversi e sentimmo le voci attutite di Alice e Marco che ci chiamavamo preoccupati. Trovai la chiave e, leggermente imbarazzata ,tirai fuori la mano vittoriosa.

-Mi stupisci sempre, gattina- odio i soprannomi

-Lo so “tigrotto”- lo presi in giro e mi guardò storto

-“Tigrotto” è orrendo- rispose lui

-E tu non chiamarmi gattina-

-Va bene amore- vittoria!!

Infilai subito la chiave nella toppa e spalancai la porta, forse però era meglio se mi fossi guardata allo specchio.

-Una sveltina in cucina?- rise Marco mentre Alice rideva sotto i baffi, mi guardai allo specchio e capii il perché: avevo il viso in fiamme e i capelli in disordine e ora tutti mi fissavano compreso Angelo che aveva uno sguardo gelido.

-Ma che dici?! Ci siamo rincorsi perché io anzi lui… non stare lì impalato a ridere e aiutami- mi voltai disperata verso Riki.

-Ha ragione lei- scoppiò a ridere e lo fulminai con lo sguardo

-Lasciamo perdere…-

- Ragazze vi va di uscire? Voglio fare un pupazzo di neve- disse allegro Emiliano

-Si, andiamo- disse Alice

-Noi due rimaniamo a casa, dobbiamo aggiustare delle cosa sul terrazzo e controllare la macchina che non sta funzionando- strano… quella macchina ha sempre qualcosa rotto.

-Aspetta, ma non hai aperto il mio regalo- dissi a Riccardo, ci tenevo molto.

-E tu non hai aperto il mio, ma non ti preoccupare piccola, li apriremo insieme e ti dirò io quando-

-Arrogante e presuntuoso- lo presi in giro

-Capricciosa e orgogliosa- gli feci la linguaccia e mi girai ancheggiando

-Allora ci vediamo dopo- mi mandò un bacio

POV RICCARDO:

Appena uscirono tutti, io e Andrea prendemmo il telefono e il computer e iniziammo a fare chiamate a destra e a sinistra per capodanno; avevamo deciso di fare una sorpresa alle ragazze e portarle in montagna e ci eravamo messi d’accordo con Marco, Angelo ed Emiliano perché dovevano tenerle occupate. Avevo deciso con Andrea che saremmo andati a Madesimo, un piccolo comune della provincia di Sondrio: distava solo due ore di macchina e sembrava un posto carino, adatto a Ginevra che amava quei paesini e avevo anche prenotato l’albergo quella mattina. Lei si era svegliata e aveva fatto subito domande- la sua curiosità e la sua cocciutaggine sono le cose che più adoro- pensai, perché aveva cercato in ogni modo di farmi parlare, e devo dire che stavo per cedere….per non parlare poi della chiave, pensavo che si sarebbe arresa e invece ha infilato la mano nelle mie mutande senza battere ciglio e mi ha eccitato in una maniera incredibile; se non ci avessero interrotti l’avrei presa lì, nella cucina e le avrei tappato quella bocca perfetta e sexy con la mia.

-Ehi fratello, ti sei incantato?- Andrea mi riportò alla realtà

-No no, dimmi-

-Ti ho chiesto quanti giorni restiamo lì-

-Allora partiamo il 30 pomeriggio così facciamo con calma e arriviamo la sera perché ci vogliono due ore e dobbiamo anche calcolare il traffico e poi la sera dell’1 dobbiamo stare qui visto che i ragazzi tornano in Sicilia-

-Sarei voluto stare fino alla befana- già avrei voluto anche io ma Ginevra ci teneva ad accompagnarli in aeroporto

-Ai preso le tute e la mia tavola da snowboard dal garage?- chiesi

-Si, ho preparato tutto-

Sapevo che quel viaggio avrebbe reso felice Ginevra che essendo nata al sud non era abituata alla neve, e anche io ero felice di fare una vacanza con lei, sarebbe stato romantico, anche se avevo una strana sensazione….

 

30 DICEMBRE:PARTENZA

POV GINEVRA

Ero elettrizzata all’idea di partire, avevo sempre adorato i viaggi e amavo anche la neve, infatti appena eravamo saliti in macchina e avevo visto la tavola da snowboard nel portabagagli avevo intuito la meta: la montagna. Non vedevo l’ora di arrivare e vedere il posto che avevano scelto, ma avevo anche una sorta di radar per i guai e avevo paura che a causa della mia sfortuna sarei finita in ospedale cadendo dalla funivia o con gli sci. Andrea si era messo al posto di guida con Alice accanto mentre Angelo, Marco ed Emiliano si erano messi dietro, io invece sarei andata con la macchina di Riccardo: un’Audi.

-Non sapevo avessi una macchina- eravamo appena saliti in macchina e stava accendendo il navigatore: forse distraendolo avrei potuto leggere la meta

-Non la uso mai, per questo la lascio a casa dei miei-

-Capisco…te lo chiedo di nuovo, mi dici dove andiamo? Non amo le sorprese- lo guardai sbattendo le ciglia; con i miei funzionava sempre.

-Questo l’avevo già capito, ma la risposta è no- sorrise e mi diede un rapido bacio

Misi il broncio e guardai fuori dal finestrino il paesaggio bianco che rendeva tutto allegro e natalizio; non avevo mai amato l’inverno, l’estate era la mia stagione, ma la neve rendeva tutto magico. Il riscaldamento era al massimo e dopo soli dieci minuti stavo già sudando: tolsi cappello, sciarpa e guanti. Riccardo mi fissava continuamente e io ridendo sotto i baffi mi girai dall’altro lato facendo la finta offesa, ma quando partì  Ed sheeran con quella musica così dolce con lui che canticchiava sottovoce mi sentii sciogliere e mi appoggiai alla sua spalla, inspirando il suo profumo di menta e fumo. Me la cantava nell’orecchio e ogni tanto girava lo sguardo. Sembrava la muta promessa che non mi avrebbe mai abbandonata e mi avrebbe amata per sempre, ad ogni costo e pensai che forse come diceva la canzone avevamo trovato  l’amore, davvero.

-Può un momento essere più perfetto?- sussurrai

-Tutti i momenti passati con te sono perfetti- io lo amo, ma ora ho di nuovo paura

-Sei troppo sdolcinato- scherzai

-E’ colpa tua, tu mi rendi diverso- sorrise in imbarazzo

-Quanto manca?- cambiai argomento

-Manca ancora molto, dormi- era dolce e premuroso

-Posso farti una domanda?-

-Tutto quello che vuoi-

-Io… sono stronza, orgogliosa, insopportabile, fredda a volte, acida, irritante sono piena di difetti eppure tu hai detto di amarmi e sei cambiato completamente per me, perché? Perché hai scelto me?-

-Tu pensi di essere sbagliata ma non è così, ti comporti in questo modo solo per proteggerti, ho visto come sei davvero: sei generosa, dolce, forte e coraggiosa. Sei una vera e propria forza della natura e non ti fermi davanti a niente,  ho scelto te perché non potrei immaginare nessun’altro al mia fianco, io TI AMO e te lo ripeterò finché non capirai che è la verità- non sapevo cosa rispondere

-Ora però dormi piccola- mi baciò la fronte e riportò gli occhi sulla strada, io invece mi addormentai.

 

-Svegliati amore siamo arrivati- una voce bassa e dolce  mi svegliò e sentii un’aria fredda alle gambe, aprii subito gli occhi curiosa di vedere il paesaggio. La prima cosa che vidi fu Riccardo, in piedi davanti lo sportello aperto, con in mano le nostre valigie;

-Benvenuta a Madesimo- gridò eccitata Alice, tirandomi fuori dall’auto.

Erano circa le otto e mezza di sera ed era tutto buio, ma le luci mostravano una magnifica baita di legno con l’insegna dell’hotel  e sullo sfondo tante case bianche: era semplicemente bellissimo. Ci trovavamo nel parcheggio dell’hotel e gli altri stavano già scaricando i bagagli, io andai ad aiutarli e subito entrammo: un’aria calda e profumata di cioccolata ,ci accolse. Al bancone c’era una donna di mezza età intenta a sorseggiare della cioccolata, appena ci vide ci venne incontro.

-Buonasera ragazzi, voi avete prenotato le tre stanze vero?- chiese cordiale

-Si-rispose Riccardo

-Venite vi accompagno-

Salimmo su una rampa di scale, anch’essa in legno e ci condusse in fondo al corridoio, lungo le  pareti era appese numerose fotografie di bambini sulla neve e alcuni quadri di paesaggi.

-Queste sono le due stanze matrimoniali- disse indicando due stanze una accanto all’altra con i numeri 25 e 26

-Questa invece è la camera tripla- indicò la porta in fondo col numero 30

-Ecco a voi le chiavi, la colazione è alle 8:00, il pranzo dalle 12:00 alle 14:00 e la cena dalle 20:00 alle 22:00, per qualsiasi cosa chiedete a me- sorrise gentile

-Grazie mille- disse Andrea

-Di niente- se ne andò in fretta ed entrammo ognuno nella propria stanza; appena entrai restai a bocca aperta: c’era una sorta di ingresso con un divanetto beige e di fronte la tv al plasma a muro, oltrepassato l’ingresso c’era un grande arco di legno di castagno che partiva dal soffitto fin giù e segnava l’inizio della zona notte. Qui c’era un bellissimo letto matrimoniale tondo con la base dello stesso legno usato per le finestre e i pensili posti su di esso e infine il bagno ovviamente anch’esso in legno e molto elegante. Avevo sempre sognato di vivere in una di quelle casette di legno nei boschi come Heidi e ora mi ritrovavo circondata dalla natura e dal legno di questa stanza.

-Ti piace?- mi chiese lui

-Riki ma scherzi?! E’ bellissima!- lasciai i bagagli e mi buttai sul letto, lui mi raggiunse e mi baciò la spalla, poi guardò il letto con un sorriso strano.

-Pensi a quanto è morbido il letto?- dissi sarcastica accarezzandolo

-Penso a te, nuda nel letto- quella semplice frase bastò ad infiammarmi e a risvegliare sensazioni piacevoli nel basso ventre. Presi l’iniziativa e mi misi su lui togliendogli la maglietta, poi gli baciai il petto lenta facendolo sospirare, e arrivai fino ai pantaloni, li sbottonai e glieli sfilai. Lui osservava ogni mio movimento studiandomi e osservandomi compiaciuto.

-Non smetti mai di stupirmi- poi in un solo movimento le posizioni cambiarono e mi ritrovai sotto di lui

-Ora tocca a me spogliarti- ammiccò malizioso; scendendo con una scia di baci lungo il collo, mi tolse rapido la maglietta e i jeans: lui era capace di farmi sentire donna, di farmi sentire bella solo con il suo tocco. Poi mi venne un idea che mi ronzava in testa già da un po’.

-Stavo pensando…e se andiamo prima a fare una doccia?- alzò il viso, poggiato sulla mia pancia, e fece un sorriso luminoso

-E’ un idea fantastica-

Mi alzai e andai verso la porta seguita da Riki che continuava a baciarmi il collo, dove avevamo lasciato le valigie, per prendere un completo intimo e il pigiama, quando qualcuno bussò la porta. Eravamo troppo presi l’uno dall’altra  per accorgerci di essere in biancheria e quando Riccardo aprì, sarei voluta sprofondare: Angelo era lì davanti seguito dagli altri e noi eravamo mezzi nudi.

-Ehm…volevo solo avvisarvi che stiamo andando a mangiare- Angelo mi guardò il corpo e Riccardo gli lanciò un’occhiata furente

-Vi raggiungiamo dopo- e gli chiuse la porta in faccia

-Potevi essere meno maleducato- lo sgridai

-Eri mezza nuda e ti stava guardando-

-Riccardo non è la prima volta che mi vede mezza nuda e ora  possiamo andare a fare la doccia?- il suo sguardo si addolcì

-Si, scusa-

Amavo fare le cose con calma, soprattutto se lui era con me, ma era già tardi e se avessimo perso tempo sotto la doccia, non avremmo cenato così rimandammo la “questione” al dopo cena. Mangiammo tranquilli e per fortuna ero seduta lontana da Angelo: gli volevo bene ma certe situazioni erano imbarazzanti anche tra migliori amici. Tornammo in camera alle dieci e dopo esserci distesi sul letto ci spogliammo e riprendemmo tutto da dove si era interrotto senza preoccuparci di niente e nessuno.

-Wow sei…instancabile- risi tra le sue braccia muscolose e mi baciò fra i capelli

-Si piccola, sono un vero stallone- gli tirai un pugno sul petto e lui scoppiò a ridere

-Ehi calmati piccola furia, scherzavo-

-Che ne dici del secondo round?- chiesi maliziosa spostandomi su di lui

-Non vedevo l’ora che me lo chiedessi- mi circondò tra le braccia e continuammo a rotolarci sotto le coperte.

 

Il suono di una tromba si diffuse per tutta la stanza e saltai per la paura: era la mia sveglia. La spensi subito per evitare che Riccardo si svegliasse e mi rimisi al calduccio tra la sue braccia; lo guardai e il suo viso era dolce e rilassato e non riuscivo a tenere ferme le mani così lo accarezzai e lo baciai piano.

-Mmh…- scoppiai a ridere e lui mi strinse

-Perché ridi?- aprì un occhio e mi baciò il naso

-Sei buffo quando dormi, ora però devi alzarti dobbiamo andare a sciare-gridai felice

-Di solito a prima mattina sei scorbutica- mi prese in giro

-E’ vero ma oggi si scia-

POV RICCARDO:

Era davvero felice e allegra così mi alzai a mi vestii in fretta insieme a lei, pronti per la neve. Scendemmo al piano inferiore a fare colazione dove trovammo gli altri e mi avviai da Andrea, tutto sorridente.

-Vedo che hai passato una bella serata- alzò troppo la voce infatti i ragazzi si girarono ma ne fui contento perché aveva sentito anche Angelo e nonostante i miei buoni propositi mi sentivo in competizione con lui.

-Bellissima…tu la sai la strada per arrivare alla pista?-

-Si tranquillo-

-Ok allora sbrighiamoci perché le piste stanno aprendo ora-

Mezz’ora dopo eravamo tutti con la gli sci ai piedi ad ammirare il paesaggio e i numerosi sciatori che ridevano e scherzavano; Ginevra aveva scelto lo snowboard come me e Angelo e di certo era molto riconoscibile con la sua tuta rosa e gli occhiali fuxia.

-Voglio andare laggiù- gridò eccitata Ginevra

-Aspetta Gin, puoi cader…- non feci in tempo a finire la frase che finì con le gambe all’aria; era già la seconda volta che cadeva ed ero sicuro che a fine serata le sarebbe uscito un livido enorme sul sedere, ma era testarda e nonostante tutti gli avvertimenti che gli avevo fatto, non mi ascoltava, e mi avrebbe fatto seriamente impazzire.

-E’ meglio se prima ti insegno ad andare sulla tavola- la tirai su

-Mi insegnerà Lollo…ha dei parenti in trentino che visita spesso ed è bravissimo con lo snowboard- devo darle fiducia, lei mi ama.

-Va bene, sta attenta- le diedi un rapido bacio e poi saltellò verso Angelo.

POV GINEVRA:

-Allora maestro cominciamo?-

-Ogni desiderio è un ordine principessa-

Fu una mattinata bellissima ma anche stancante, non pensavo che uno sport del genere fosse così faticoso; tutte le volte che avevo visto un servizio in tv sembrava abbastanza semplice e invece solo dopo quattro ore di esercizio finalmente riuscivo a percorrere la pista ad una velocità moderata e pur non essendo una grande sportiva avevo un buon equilibrio. Avevo fatto così tante cadute che avevo perso il conto e adesso mi ritrovavo con il sedere e le ginocchia doloranti ma non mi importava e non vedevo l’ora di ritornare il pomeriggio perché volevo fare una gara con Angelo.

-Piccola- mi voltai e vidi Riccardo che mi veniva incontro veloce, frenò e mi sollevò gli occhiali sulla fronte

-Mi sono divertita un mondo anche se adesso mi fa tutto male, e Lollo è un bravo maestro- risi io massaggiandomi le natiche

-Da quanto tempo fai snowboard?- apprezzai il suo interessamento verso Angelo e notai anche il tono gentile

-Da quando ero piccolo, perché ho degli zii in trentino a cui sono molto legato e mi invitano ogni anno-

-Secondo me saresti bravo come istruttore- li osservavo mentre parlavano pacifici ed ero davvero orgogliosa di loro due

-Non è il mestiere che fa per me-

-Che lavoro fai?-

-Sono un meccanico, mi hanno sempre appassionato i motori-

-Anche a me… ehi ragazzi andiamo a mangiare- nel frattempo avevamo raggiunto gli altri e tutti insieme tornammo in albergo per pranzare, dopo un rapido riposo saremmo tornati il pomeriggio a sciare e poi la sera avremmo festeggiato la vigilia di capodanno, sarebbe stato bellissimo…..

 

ANGOLO AUTRICE:

Helloooo:D La scuola è ricominciata, che tristezzaa… allora nel cap. precedente vi avevo accennato qualcosa, la storia però non è ancora finita, purtroppo scrivendo mi sono accorta che il capitolo per intero sarebbe stato troppo lungo infatti questa prima parte sono già 10 pagine perciò la seconda parte la pubblicherò in seguito. Grazie mille a tutti quelli che seguono la storia, mi rendete davvero felice

Un bacio enorme :*

Balckshadow90

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Capitolo 17
*** UN PERICOLO IMPREVISTO PART.2 ***


LA SOLA COSA CHE MI CHIEDO E’: PERCHE’?

PERCHE’ NON NE COMBINO MAI UNA GIUSTA?

PERCHE’ FERISCO TUTTI QUELLI A CUI VOGLIO BENE?

PERCHE’ ROVINO SEMPRE TUTTO?

PERCHE’ SONO SBAGLIATA?

PERCHE’, PERCHE’, PERCHE’?”

 

POV GINEVRA:

Dopo aver pranzato ci prendemmo tutti una fetta di dolce al cioccolato offerto dalla casa, Riki invece se andò nella stanza perché doveva fare una cosa: avevo cercato di seguirlo ma mi aveva detto che era una sorpresa e quindi dovevo prima finire il dolce. Mi stavo mangiando il cervello per la sorpresa ma avevo anche altre cose a cui pensare, per esempio dovevo sistemare sul letto il vestito e gli accessori che avrei indossato quella sera: ovviamente avevo optato per il rosso. Il vestito era di raso con le spalline in pizzo e le scarpe nere, scelte da Alice, erano di un’altezza vertiginosa con cui sicuramente sarei caduta. Non appena alzai gli occhi mi accorsi di essere arrivata davanti la porta della nostra stanza così la aprii  emozionata; il sorriso e l’emozione scomparvero all’istante perchè le luci erano tutte spente- forse Riki si è addormentato per la stanchezza- non potevo biasimarlo, era stata una lunga mattinata ma  mentre chiudevo la porta sentii una certa delusione, speravo che mi avesse preparato qualcosa di carino, perché nonostante la mia dura corazza amavo i gesti semplici e romantici. Fu il pensiero di un istante perché non appena mi voltai notai una cosa spettacolare, assolutamente splendida: per tutta la stanza c’erano miriadi di stelle luminose e sul soffitto invece c’erano tutti i pianeti allineati con il sole, la luna e le costellazioni, per finire sopra il sole c’era la scritta TI AMO. Per qualche secondo restai stordita e imbambolata ad osservare il soffitto poi misi a fuoco la figura sorridente accanto al proiettore e gli corsi incontro per baciarlo.

-E’ assolutamente il regalo più bello che abbia mai ricevuto, ti amo anch’io- lui mi strinse più forte e mi baciò

-Riesci sempre a capire ciò che mi piace…avevo un proiettore da piccola che mostrava le stelle e suonava una ninna nanna e mi piaceva molto-  lui fece il suo classico sorriso da bimbo scoperto con le mani nel sacco

-Ora ho capito…te l’ha detto Alice- risi io

-Le avevo chiesto di raccontarmi cosa ti piaceva da piccola ed ha parlato per più di un’ora, però ne è valsa la pena-

-Ora apri il tuo- speravo gli piacesse

-E poi festeggiamo…- sussurrò malizioso

-Amore “festeggeremo” stasera dopo la festa, ora voglio andare a sciare-

-D’accordo piccola- ammiccai vittoriosa

Aprì prima il bracciale e poi il mappamondo con delicatezza e subito si illuminò:

-Ho pensato che con questo penserai sempre a me e su quello segneremo tutti i nostri viaggi- lo guardai timida

-Piccola sono bellissimi- si infilò il bracciale e mi baciò

-Sono contenta che ti piacciono, ora però andiamo, ho un conto in sospeso con Angelo-

-Poverino, il tuo sguardo non promette nulla di buono- era ironico

-Stamattina ho fatto anche un po’ di pratica con gli sci e ho intenzione di fare una gara con lui e batterlo-

-Piccola, sono contento che tu voglia fare il culo ad Angelo ma sei sicura di saper andare con gli sci?-

-Mi bastano un altro paio d’ore di pratica e poi sarò pronta per batterlo- io ed Angelo ci eravamo sempre sfidati: con le moto, con i giochi di società, con la cucina anche con il karaoke (quel giorno rompemmo i timpani a Marco ed Emiliano perché eravamo stonati come campane) per non parlare poi delle gare di nuoto al mare, in cui rischiai di annegare per colpa di un crampo, e della gara a chi infilava più marshmallow in bocca. Era il nostro modo di dimostrarci affetto e quindi non mi sarei tirata indietro.

Alle 4 del pomeriggio eravamo tutti in pista, anche se le persone erano in poche perché di certo tutti quelli dell’hotel, giovani come noi, si stavano tirando a lucido per la festa in discoteca che sarebbe cominciata alle 22:00. Ero ancora carica ed energica come la mattina e così, messi gli sci ai piedi iniziai a sgranchirmi; avevo deciso che per le seguenti due ore mi sarei allenata con Riccardo con gli sci, perché mi avrebbe insegnato molti trucchi del mestiere per battere Angelo. Lui era lontano dalla nostra postazione e si allenava con Marco ed Emiliano ed ogni tanto mi spiava per vedere i miei progressi: gli unici che non riuscivo a vedere erano Alice e Andrea che come me e Riccardo erano stati tutto il tempo chiusi nella loro stanza.

-Ma che fine hanno fatto i due piccioncini?- avevamo deciso di fare una pausa e intanto continuavo a stendere le braccia su e giù, ma per sbaglio colpii Riccardo in faccia.

-Oddio amore scusa, ti ho fatto male?- gli controllai il viso

-No tranquilla…dovresti usare le mani per fare altro- rise lui

-E’ meglio se stai attento a come parli perché adesso devo allenare le gambe, non vorrei colpire qualche “parte in basso”- sorrisi perfida

-In questo caso non potrei più usare la mia “parte in basso” e ci rimetteresti anche tu- andai a fuoco ed ero sicura che se non avessi avuto la tuta, le neve intorno a me si sarebbe sciolta per il calore

-Allora per questa volta sei perdonato- sussurrai all’orecchio poi scivolai via verso i ragazzi che discutevano.

-Si voglio andare sul Canalone adesso, perché fra un po’ dobbiamo andarcene- Angelo parlava e come al solito gli altri pendevano dalla sue labbra; io arrivai alle sue spalle abbracciandolo.

-Di che parlate?-

-Quante volte devo dirti di non gridarmi nelle orecchie?- rise lui

-Tante, troppe… allora andiamo al Canalone a fare la gara? Ho sentito che è una pista bellissima- intanto mi ero staccata da lui perché Riccardo lo stava guardando male

-E’ una pista pericolosa- si intromise lui e sapevo che quel tono era di sfida

-Io sono uno sciatore esperto, conosco quella pista- e anche Angelo era sulla difensiva

-Bene, allora possiamo andare, ho voglia di vincere- presi Angelo sotto braccio e lo trascinai verso la funivia che ci avrebbe portato a 2800 m di quota, ma Riccardo ci bloccò.

-Ginevra non andare- il suo tono di voce basso e scandito mi fece capire quanto fosse arrabbiato

-Fidati di me-  mi voltai ma lui mi prese per un braccio e mi fece voltare

-Torna presto- mi baciò a fior di labbra, gli rivolsi un sorriso e scivolai via.

Durante il tragitto in funivia restai aggrappata al braccio di Angelo perché il vuoto mi faceva paura e notai il suo sorrisetto compiaciuto.

-Ehi, lo sai che ho paura dell’altezza-

-Scusa principessina-

-Smettila o ti butto giù dalla funivia-

-Ma davvero? Come fai a buttarmi giù se siamo appena arrivati?- mi guardai intorno e in effetti il macchinario si era fermato

-Ci penserò al ritorno-

Scesi imbronciata e mi allontanai di qualche metro: ero orgogliosa di me stessa perché riuscivo a reggermi in piedi sugli sci senza finire ogni cinque secondi gambe all’aria e nonostante Angelo fosse un professionista speravo che con qualche colpo di fortuna e qualche trucchetto, vincessi.

-Ansiosa di perdere?- rise lui

-Si certo, continua a sfottere…quando vincerò mi dovrai portare in uno di quei ristoranti chic che mi piacciono e pagherai il conto-sorrisi trionfante

-Non ci contare  molto perché non vincerai- andò avanti e fece strada; ci allontanammo sempre più dalla funivia e faticavo a stargli dietro, dopo dieci minuti abbondanti arrivammo su una discesa che portava all’interno di un boschetto e Angelo si fermò: da quassù si vedeva ogni cosa del paesaggio vasto.

-Bello vero? Forse però è troppo difficile per te-

-No, ce la posso fare, ti prego, ti prego, ti prego- gli feci gli occhi dolci e mi guardò un ultima volta incerto

-Oh, va bene: arriviamo fino alla fine del boschetto, stammi sempre dietro e se c’è qualcosa che non va, avvisami-

Si diede la spinta e iniziò a scendere lungo il pendio, io feci lo stesso e iniziai a prendere velocità dietro di lui, tutto ciò che aveva a che fare con la velocità mi piaceva ed emozionava un po’ come la moto; rimanevo sempre dell’idea che la sensazione più bella fosse quella del vento sulla faccia. Dopo alcuni minuti che parvero secondi ci addentrammo all’interno de boschetto e rimasi incantata a guardare gli enormi alberi ricoperti dalla neve; Angelo era a qualche metro da me ma  non mi preoccupava perché ci sarebbero voluti ancora una decina di minuti per arrivare al traguardo immaginario deciso da lui, così rimasi dietro di lui e mi voltai per guardare il paesaggio ma notai che iniziava a nevicare di nuovo e ne fui contenta. La neve però iniziò a scendere sempre più veloce, il vento si alzò all’improvviso e in pochi secondi iniziò una vera e propria bufera che mi mandò nel panico: non era certo una situazione a cui ero preparata. Angelo si voltò preoccupato e mi gridò di rallentare mentre si fermò anche lui, ma capii troppo tardi e quando cercai di rallentare, per il panico e la poco visibilità, persi il controllo degli sci e andai a sbattere contro un albero a qualche metro di distanza. Rimasi lì immobile e intontita e quando capii cos’era successo mi tastai la fronte umida, guardai le dita ed era sangue: dovevo aver battuto la testa contro l’albero così cercai di alzarmi per cercare Angelo ma non appena ci provai la caviglia sinistra mi provocò una fitta e ricaddi sulla neve: dovevo rimanere ferma per evitare danni peggiori alla caviglia. Dopo qualche secondo sentii una voce chiamare il mio  nome, e vidi all’improvviso la figura sfocata di Angelo correre verso di me.

-Oddio Ginevra come stai? Che hai fatto alla testa? – mi prese tra le braccia e iniziai a battere i denti per il freddo: ormai era sera e la temperatura a causa della bufera stava scendendo velocemente. Poche volte avevo avuto paura nella mia vita e avevo cercato sempre di affrontare tutto ma adesso avevo davvero paura: una paura profonda e terribile di morire, di non farcela. Avevo pian piano superato la morte di Niki, grazie alla vicinanza di Riccardo e dei miei amici ma forse tutto quel casino era successo per una sola ragione: io dovevo morire ma non volevo. Quella sera di agosto in macchina ero sfuggita alla morte e per il senso di colpa volevo morire, avevo cercato di uccidermi; adesso che invece avevo ritrovato la voglia di vivere, per uno strano scherzo del destino, rischiavo seriamente di morire assiderata insieme ad Angelo.

-Ginny, ehi Ginny so che fa freddo e hai preso una bella botta ma per favore, ti prego non chiudere gli occhi- non mi ero neanche accorta di aver chiuso gli occhi, sentivo solo la stanchezza che intorpidiva le ossa e pesava sulle palpebre, ma dovevo restare sveglia

-Tu come stai?- la voce mi uscì a tratti

-Io sto bene ma tu rimani con me ok? Ci staranno già cercando, lo so perché Riccardo sarà già impazzito perché non siamo ancora tornati- feci un lieve sorriso

-Mi devi fare un favore, so che sembra drammatico ma…- mi bloccai per riprendere fiato, era come se non mi passasse più aria nei polmoni

-non so quanto ci metteranno a trovarci e se io...non dovessi farcela- le lacrime mi scesero calde sulle guance mentre sentivo di nuovo il torpore

-Non dire così, ci troveranno- la sua voce però tradiva paura

-Se non dovessi….dì a Riccardo che lo amo e mi dispiace-la stanchezza era troppa

-Glielo dirai tu, tieni quei cazzo di occhi aperti Ginny-

-Va bene ma non ti arrabbiare- lui rise e mi strinse più forte

-Ti ricordi tutte le volte che venivi da me e i ragazzi ti stavano intorno come cagnolini?- voleva tenermi sveglia e gli ero grata ma non avrei resistito per molto

-Si, Marco si era preso una cotta per me-

-E ti ricordi quanti disastri combinavamo ogni volta che cucinavi per noi? Noi volevamo aiutarti e invece ti facevamo saltare i nervi-

-Già come quando vi preparai i cannoli: tu facesti cadere tutta la farcitura sulla mia maglietta e non ti parlai per due giorni- mi ero davvero arrabbiata

-E per farmi perdonare ti feci consegnare a casa un mazzo di rose rosse con un maxi pacco di marshmallow e una confezione di cioccolata calda-

-Sei stato un santo a sopportarmi- aveva le labbra viola e tremava anche lui

-Non sono un santo, ma un semplice innamorato- la testa pulsava

-Innamorato?-

-Si, di te ma sono arrivato troppo tardi- lo guardai sbalordita ma forse in cuor mio l’avevo sempre saputo e adesso che eravamo entrambi fragili e stanchi non avevamo timore di parlare dei nostri sentimenti.

-Io… amo Riccardo- tossii senza fiato

-Lo so, si vede da come vi guardate ma rimarrai sempre la mia piccola principessa e prometto che ti riporterò da lui, starai bene- mi cullò e mi addormentai  immaginando Riccardo che mi abbracciava e i suoi intensi occhi neri a infondermi coraggio e speranza di rivederlo. Sentii all’improvviso un rumore forte e martellante e anche se aprire gli occhi mi costava una fatica immane, ci provai: un’enorme elicottero stava atterrando ad alcuni metri da noi, non eravamo più nel bosco ma su una piana desolata e la bufera era cessata.

-Ci hanno trovato- all’improvviso come una doccia gelata mi baciò e io confusa ricambiai, poi capendo il terribile sbaglio mi allontanai come scottata; non avevo provato niente, come se avessi baciato mio fratello ma questa giustificazione non sarebbe bastata a Riccardo.

-Io…scusa, non dovevo, fa finta che non sia mai successo-mi fissò imbarazzato

Oddio, che avevo fatto? Non volevo baciarlo, non lo amo, ma ero stata colta alla sprovvista e per un attimo avevo creduto che fosse Riccardo: Riccardo….cosa gli avrei detto? Non riuscivo a ragionare, era come se il mio cervello fosse congelato. Alzai lo sguardo e vidi due soccorritori correre verso di noi con una barella, ci chiesero se eravamo solo noi due e cosa era successo intanto uno dei due, un uomo sulla trentina, mi trasportò all’interno dell’elicottero; la stanchezza stava prendendo di nuovo il sopravvento e così una volta che l’elicottero partì e Angelo si sedette accanto a me, sprofondai nel sonno.

Un forte odore di disinfettante mi entrò nelle narici e sentii un vociare di persone, forse erano già tutti al piano di sotto a fare colazione e come al solito mi avevano lasciato dormire fino a tardi eppure qualcosa non quadrava: di solito Riccardo veniva a darmi il buongiorno con un bacio sul naso e io inevitabilmente mi svegliavo e scendevo giù con lui, ma non sentivo le sue braccia sulla mia pancia né il suo mento ruvido per la barba sulla mia spalla. Allora aprii gli occhi preoccupata e cercai di alzarmi ma sentii un forte capogiro e mettendo a fuoco la stanza d’ospedale, ricordai tutto: la bufera, io che sbatto contro un albero, il bacio e l’elicottero che ci salva. Sentii la mia mano stretta in quella di qualcun altro e quando abbassai lo sguardo vidi la testa di Riccardo sul letto e un improvviso senso di colpa mi assalì; allungai la mano e gli accarezzai i capelli, lui scattò e si voltò verso di me.

-Amore- si alzò e mi baciò piano preoccupato

-Oddio, sei sveglia, quanto sono felice- Alice corse verso di me seguita da tutti gli altri.

Ero abbastanza confusa e indolenzita ma ero felice di rivedere i miei amici e ascoltarli chiacchierare e fare battute, mancava però una persona e subito mi ricordai di quel maledetto giorno d’agosto: ero nella stanza d’ospedale con i miei genitori ma Nicolò non c’era.

-Dov’è Angelo?- ero terrorizzata dalla paura e Riccardo serrò la mascella

-Sta facendo dei controlli medici-

-Che controlli?-

-Sta bene, tranquilla, sei tu quella conciata peggio- disse arrabbiato

-Che hanno detto i medici?-

-Hai un lieve trauma cranico e una distorsione alla caviglia, in un paio di settimane ti rimetterai- alzai le coperte e mi guardai la caviglia fasciata stretta, Riccardo mi osservava teso

-Ehi…- gli presi la mano e lo costrinsi a guardarmi

-Sto bene, sarebbe potuta andare peggio e invece sono qui con te- continuai

-Sapevo che con lui non saresti stata al sicuro-

-Riki, lui non c’entra, è stata solo sfortuna, ti prego non te la prendere con lui-

-E’ questo che mi fa arrabbiare… tra me e lui io sarò sempre la seconda scelta- cercò di divincolarsi dalla presa ma lo trattenni e avrei voluto gridare contro me stessa

-Riki tu sei la mia prima scelta…quando io e lui stavamo in mezzo alla bufera ho pensato che io…non c’è l’avrei fatta e sai cosa ho chiesto ad Angelo? Gli ho chiesto di dirti che ti amavo. Ho pensato solo a te e alla paura che avevo di non rivederti mai più-

-E’ solo che ti amo così tanto e sono quasi impazzito ieri sera quando il tempo passava e non tornavi, e quando non vi trovavano mi sentivo così impotente perché volevo venire a cercarti ma non me lo permettevano-

-Lo so amore, però ti prego non pensiamoci più- volevo dirgli la verità ma non ora

-Ti amo, questo lo sai vero?- chiese lui

-Si lo so-

-A proposito buon anno-risi piano e mi diede il primo bacio dell’anno…però, era iniziato proprio bene l’anno!

 

6 GENNAIO:

Era la mattina della befana, scattai dal letto come una molla e stando bene attenta alla caviglia non ancora guarita, corsi in punta di piedi al piano di sotto per prendere la mia calza appesa al caminetto. Tutta la casa taceva e nessuno si era ancora svegliato, nemmeno Riccardo che di solito si alzava prima di me, ma quella era una mattina particolare: Angelo, Marco ed Emiliano se ne sarebbero andati. Mi dispiaceva che se ne andassero ma ero felice perché erano stati molto più tempo rispetto a quanto avevano deciso in precedenza e avendo perso il volo dell’1 avevano posticipato il ritorno a casa. Sfilai dal gancio la mia calza, enorme e piena di dolci fino all’orlo: Riccardo conosceva i miei gusti e sapendo quanto amassi i dolci aveva deciso di rovinarmi la dieta riempendomi di quelle schifezze che tanto amavo. La aprii e presi due cioccolatini, e tornando in camera spiai Riccardo che dormiva beata: sembrava un bambino. Con la delicatezza di un elefante in una cristalleria mi avvicinai a lui e gli diedi un bacio a stampo.

-Mmh…sai di cioccolata- aprì gli occhi e mi fissò incantato

-Non ho resistito- alzai la calza e gliela mostrai

-La mia solita curiosona- mi buttò sotto le coperte con lui e sperai che la mia decisione non avrebbe rovinato tutto: gli avrei detto del bacio dopo la partenza dei ragazzi.

-Forza bell’addormentato alzati, dobbiamo accompagnare i ragazzi in aeroporto- si alzò di scatto e mi fece un sorriso smagliante

 

Mezz’ora dopo eravamo tutti in aeroporto seduti ad attendere il volo che aveva dieci minuti di ritardo e l’agitazione era palpabile: Angelo evitava il mio sguardo e Riccardo ci fissava perché evidentemente si era accorto che qualcosa non andava tra noi. Marco ed Emiliano invece facevano battute e mi stavano appiccicati come cozze, tristi per la partenza.

-Mi raccomando chiama sempre e tu amico trattala bene- disse Marco

-Altrimenti prendiamo il primo aereo e ti facciamo il culo- rise Emiliano

-I passeggeri del volo per Catania sono pregati di recarsi al check-in per l’imbarco- una voce attraverso l’altoparlante ci avvertì che era arrivato il momento di salutarci

-Non ti dimenticare di noi- Marco mi abbracciò seguito da Emiliano, Angelo fu l’ultimo

-Perdonami per…-sussurrò all’orecchio –Spero che siate felici insieme, te lo meriti- annuii con le lacrime agli occhi

-Sei il mio fratellone, ti voglio bene-

-Anche io-

Restai lì ferma a guardarli andare via mentre le lacrime scendevano silenziose, se ne andavano e con loro se ne andava un pezzo del mio cuore: un braccio mi strinse e sorrisi. Non ero sola, avevo lui- per il momento- gridò una vocina nella mia testa.

-Andiamo a casa, dobbiamo parlare- Riccardo mi guardò preoccupato dal mio tono serio

Il tragitto dall’aeroporto a casa sembrava interminabile e le mie dita picchiettavano fastidiose contro il vetro, al ritmo del piede che faceva su e giù sul tappetino della macchina. Vidi il profilo di casa in lontananza  e il cuore accelerò all’improvviso, Riccardo intanto mi fissava stranito. Dopo aver finalmente parcheggiato, scesi in fretta seguita da Riccardo, Alice e Andrea ed entrai dentro casa.

-Che mi devi dire?- stavo appendendo il cappotto e la sua voce alle spalle mi gelò

-Andiamo in camera- si incamminò e giunti in camera chiusi la porta alle mie spalle e lo raggiunsi sul letto

-Quando io ed Angelo abbiamo fatto la gara io ero eccitatissima perché andavo veloce la vista era bellissima e poi non avevo mai preso la funivia poi però è arrivata la bufera io sono entrata in modalità panico e non vedevo più niente e quindi sono andata a finire contro un albero e ho battuto forte la testa ma Angelo mia ha ritrovata e io avevo paura e non sapevo se ti avrei rivisto e poi  mi sono addormentata e…-

-Ehi, piccola, rallenta non sto capendo che vuoi dire- mi interruppe

-Ok rapido e indolore….io e Angelo ci siamo baciati- mi tappai subito la bocca perché ero stata una stupida, non doveva andare così e ora lui mi fissava gelido con la mascella serrata e gli occhi grandi per la delusione.

-Io non lo amo ok? Lui mi ha baciata ed ero confusa, pensavo fossi tu ma quando ho notato l’errore l’ho subito respinto-

-Riccardo? Per favore dì qualcosa- era immobile e avevo paura di averlo perso sul serio stavolta, tutto per colpa mia

-Ho bisogno di riflettere- si alzò come in trans e si avviò giù per le scale

-Aspetta, per favore perdonami, ho sbagliato- lo afferrai per un braccio e si allontanò

-Esco, non mi aspettare-

-Ti prego non fare cazzate per colpa mia-

-Cazzate? Cazzate dici? Quella che hai fatto tu è stata una cazzata- gridò arrabbiato

-E’ vero e mi dispiace così tanto-

-Devo andare-

-Ok…-

Abbassai lo sguardo sulla caviglia pulsante, l’avevo sforzata correndo giù dalle scale ma mi piaceva quel dolore, me lo meritavo perché io avevo fatto soffrire lui e senza di lui non ero niente: neanche la ricordavo la mia vita prima di lui….

ANGOLO AUTRICE:

Grazie mille a chi segue la storia, non smetterò mai di ringraziare e grazie anche alle mie amiche che continuano a sostenermi e a seguirla :D

Un bacio :*

Blackshadow90

 

 

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Capitolo 18
*** PERDONO ***


“CI SONO MOMENTI IN CUI LA PAZIENZA, PER QUANTO DIFFICILE SIA ESERCITARLA, E’ L’UNICA MANIERA PER AFFRONTARE DETERMINATI PROBLEMI”

                                                                                   -Paulo Coelho

POV GINEVRA:

-Shh, non è colpa tua, tu non hai fatto niente e lui lo capirà- Alice mi accarezzò la testa con fare protettivo e mi guardò, per capire la mia reazione: scossi la testa e iniziai di nuovo a piangere sul cuscino. Era più di un’ora che Riccardo era uscito e ancora non avevo sue notizie, ero terribilmente preoccupata perché ero stata io la causa di tutto quel casino. Appena era uscito, Alice era scesa per prendersi un bicchiere d’acqua, così mi aveva vista con il volto rigato di lacrime e gli avevo raccontato tutto per avere la sua opinione; volevo mi dicesse che ero stata una stupida, una stronza e invece mi aveva sostenuta.

-Tesoro, basta piangere, Andrea è andato a cercarlo, vedrai che farete pace e tutto tornerà come prima- alzai lo sguardo ferita

-Non è vero…tu neanche immagini come mi ha guardata quando gliel’ho detto, sembrava che avesse visto un mostro-

-Ci è rimasto male ma questo non significa che non ti ama più-

-Io lo amo e lui non può abbandonarmi- gridai ormai senza voce

-Gin so cosa stai pensando ma lui non ti abbandonerà come ha fatto Nicolò- si, forse era anche questo che mi faceva vedere tutto in maniera così negativa

-Alzati e vai a farti una doccia perché hai bisogno di rilassarti un po’, appena Andrea mi fa sapere qualcosa ti avviso- mi alzai riluttante dal letto e entrai nel bagno, avevo un aspetto orrendo: gli occhi gonfi e rossi, i capelli aggrovigliati e la matita nera scolata intorno agli occhi che mi faceva sembrare un panda: un panda triste e smarrito.

3 SETTIMANE DOPO:

Entrai in casa chiudendo la porta più silenziosa possibile e corsi a chiudermi in  camera prima che Alice potesse corrermi dietro incazzata per rimproverarmi di essere mancata tutto il giorno e non aver risposto alle sue venti chiamate, e sapevo come si sentiva frustata per quella situazione ma non ero davvero di aria. Dopo aver passato la notte in bianco per studiare storia mi ero presa un bel 4 che mi aveva rovinato del tutto la giornata; lo studio ormai era l’unica cosa che mi teneva impegnata e non mi faceva pensare a tutto il resto, mi ci ero impegnata anima e corpo ma per colpa di quel cretino ( si, sempre lui) avevo consegnato in bianco. Da quella sera di tre settimane fa la situazione tra noi si era letteralmente ghiacciata; quella sera Andrea si era girato un mucchio di locali e solo verso le due era riuscito a trovarlo e riportarlo a casa completamente ubriaco. Per i primi giorni avevo rispettato il nostro muto accordo di stare lontani l’uno dall’altra, perché non potevo certo biasimarlo se era arrabbiato, se fossi stata nei suoi panni anche io mi sarei sentita tradita, volevo dargli il tempo di pensare a quello che era successo sperando che alla fine mi avrebbe perdonata. Sono tre settimane che aspetto un cambiamento, che aspetto che lui venga finalmente da me per dirmi che mi ama e che tutto continuerà come prima; perché…mi mancano terribilmente le giornate in cui mi alzavo con lui al mio fianco, andavamo a scuola e ci scambiavamo bigliettini o semplicemente trascorrevamo il pomeriggio insieme accoccolati sul divano a bere cioccolata, e adesso sono distesa in questo letto che mi sembra enorme e freddo senza di lui, senza il suo profumo. Si dice che nella vita c’è sempre qualcuno che attende qualcun altro e quando queste due persone si incontrano, il passato e il futuro non hanno più importanza: io neanche la ricordo la mia vita prima di incontrare lui. Quindi perché devo ancora aspettare se è lui quello che attendevo? Un leggero toc toc alla porta mi fece voltare e subito dopo la porta si spalancò con un Alice furiosa.

-Mi spieghi perché non sei tornata a mangiare? E perché non hai risposto alle mie chiamate? E’ per il 4 in storia o per l’innominabile?- aveva deciso di non pronunciare il suo nome perché pensava di intristirmi di più

-Non avevo fame, non avevo voglia di parlare, è per entrambi-

-Wow, allegria portami via…ok, senti qui urge un piano, non posso più vedervi in queste condizioni e anche Andrea si è stufato di andare a prendere l’innominabile da ogni locale della città alle tre del mattino-

-Un piano? Si, certo come no- le avevo provate tutte per cercare di parlare con lui ma era stato inutile

-Sempre molto ironica…-

-Potrei organizzarvi un picnic al parco e poi portare l’innominato lì con una bugia-

-Appena capirà, se ne andrà… ho già provato una cosa simile- sorrisi amara

-Allora proviamo con la tattica della gelosia, ti ricordi che sabato Greta farà una festa a casa sua aiutata dagli altri della classe?- annuii stanca

-Ti metti un bel vestito, un paio di tacchi e poi alla festa ti metti a flirtare con Jacopo, e vedrai come  ti perdon..-

-No, no e poi no, ma ti rendi conto di quello che dici? Ci siamo lasciati a causa di un bacio e della sua ipergelosia e tu ora mi chiedi di flirtare con un suo compagno di classe?-

-Ok, senti ora basta! Non dovrei dirtelo però qualche sera fa quando Andrea è andato a prenderlo dall’ennesimo locale, mi ha detto che l’ha trovato appiccicato ad una bionda mentre una mora gli baciava il collo-

-Cosa?!- ok la gelosia, l’allontanamento e il muso che mi ha messo per giorni però questo è troppo

-Io ora non voglio giustificarlo, penso solo che gli errori capitano e so per certo che lui ti ama, ma soltanto perché il suo orgoglio è stato ferito non vuol dire che può fare finta che non esisti e farti soffrire-

-Sai che ti dico? Ho voglia di fare shopping, ho bisogno di un vestito e di un paio di tacchi- in quel momento avevo un istinto omicida per Riccardo

-Finalmente! Così si parla sorella, andiamo-

Dopo quattro ore di shopping sfrenato per i negozi in centro ero distrutta mentre Alice sembrava ancora carica come il coniglietto della pubblicità della Duracell e saltellava da una parte all’altra indicando ogni capo d’abbigliamento che vedeva nelle vetrine. Pochi minuti prima per esempio aveva visto una sciarpa bordeaux al manichino e mi aveva trascinata dentro per comprarla, e la stessa cosa era successa dieci minuti dopo con un bauletto color tortora in saldo. Avevamo anche sfiorato la rissa perché in un negozio di intimo di marca c’erano degli sconti pazzeschi e le donne correvano di qua e di la per afferrare reggiseni e Lingerie varia; Alice aveva afferrato un completo di pizzo nero e leopardato ma nello stesso istante anche un'altra ragazza l’aveva preso e così era iniziato il litigio, alla fine ero riuscita a convincere la ragazza a prendere un altro completo di colore blu, consigliato da me, dicendole che si intonava meglio con i suoi occhi. Io invece avevo optato per un completo nero con dei piccoli fiori dorati e un Babydoll in raso nero(dormivo solo con quelli dato che il riscaldamento in casa era sempre molto alto).

-Fammi capire, tu vorresti un gelato a gennaio?- ero abituata alle stramberie di Alice ma questa le superava tutte

-Assolutamente si, andiamo a quel bar laggiù- indicò un punto alle mie spalle e trascinandosi dietro le buste sorrise divertita

-Quindi hai intenzione di seguire il mio consiglio?- rigiravo la mia cioccolata mentre lei impassibile divorava il suo gelato pistacchio e cioccolato

-Si, anche lui ha sbagliato…non capisco perché i ragazzi tutte le volte che hanno un problema cercano consolazione nell’alcool, è assurdo-

-Ehi questo non è vero: Andrea non si è mai ubriacato dopo che litigavamo-

-Ah no? E che faceva?-ero ironica, molto ironica

-Andava a dormire da suo cugino, credo si sfogasse con lui-

-E secondo te come si sfogava?- chiesi sempre ironica

-Be parlavano…credo-

-Questo è quello che pensi tu- subito scattò dal divanetto

-Merda! Hai ragione tu perché una volta quando tornò da me la mattina dopo disse che aveva mal di testa perché il cugino aveva tenuto la musica ad alto volume e si chiuse in bagno per cambiarsi e lavarsi la faccia-

-Lo sapevo- terminai la cioccolata e mi infilai il cappello

-Forza torniamo a casa che sta iniziando a piovere-

Sistemai tutto ciò che avevo comprato nell’armadio e poi presi le chiavi della moto che avevo lasciato sul letto e le infilai nello zaino già preparato per il giorno dopo: era un po’ che  non uscivo in moto e dato che ormai era tardi ci sarei uscita il pomeriggio seguente. Non sapevo se il piano di Alice avrebbe funzionato ma di certo non avevo altra scelta, avevo provato di tutto ma lui non mi parlava era tornato tutto come all’inizio quando non ci sopportavamo ma adesso era molto peggio perché almeno allora litigavamo, ora sembriamo due perfetti sconosciuti. Più volte i nostri compagni di classe avevano cercato di farci riavvicinare, eravamo la coppia d’oro della scuola e appena la notizia si era sparsa, mi guardavano tutti con compassione; ero grata loro perché nonostante fossi piombata lì da pochi mesi mi avevano già accolta come una della famiglia. Nel frattempo avevo anche parlato un po’ con mia madre, le avevo spiegato l’intera faccenda dall’inizio e lei mi aveva consigliato di agire –a volte gli uomini sono proprio tonti, e alla donna tocca sempre corrergli dietro- mi aveva detto ridendo. Già, è proprio un tonto se non capisce che lo amo…

 

Sentii la porta che si apriva e un fascio di luce comparse sul pavimento, mi stiracchiai lentamente e strofinai gli occhi assonnata, poi un pensiero mi attraversò la mente; era notte quindi forse era successo qualcosa altrimenti non mi avrebbero svegliata. Scattai all’improvviso in piedi e correndo verso la porta che non era ancora del tutto aperta andai a sbattere contro qualcuno e schiacciai anche il piede di questo qualcuno.

-Ahi Gin, il piede- Alice saltellò prendendosi il piede dolorante

-Che è successo? Riccardo non è rientrato? Sta male?-

-Calma lui dorme, scusa se ti ho svegliata-

-Perché sei in piedi?- una volta svegliata non mi addormento più

-Ho bisogno di un caffè e devo ripetere letteratura per il compito-

-Ma sono le cinque del mattino!-

-Lo so ma sono troppo ansiosa per dormire, lo sai che in letteratura non vado molto bene-

-Ti do una mano-

Mentre lei seduta al bancone della cucina ripeteva e sorseggiava il caffè io invece seguivo tutto quello che diceva e le correggevo qualche data sbagliata, era bello studiare con la casa silenziosa, non volava nemmeno una mosca e fuori era ancora buio.

-Pirandello distinse il comico dall’umoristico nel saggio “L’Umorismo” scritto nel 1907 e..-

-Nel 1908- la corressi mentre imbevevo un biscotto con le gocce di cioccolato nel caffelatte, più tardi mi sarei fatta la mia solita cioccolata.

-Va bene basta ,perché se continuo a ripetere scorderò tutto-

-Finalmente- alzai le braccia al cielo

-Stronza-

-Lo sai che ti voglio bene- risi io

-A proposito, non mangio a pranzo oggi- mi guardò pensierosa

-Perché?- mi chiese sospettosa

-Ho voglia di uscire in moto, torno stasera-

-Va bene ma stai attenta-

-Si tranquilla-

Un rumore di ciabatte strascicate a terra ci fece girare lo sguardo verso le scale, dove c’era Andrea con i capelli in disordine e mezzo nudo: probabilmente se non fossi  innamorata di Riccardo e se Alice non fosse la mia migliore amica, mi sarei messa con Andrea. Lui è uno di quei ragazzi rari, bello e gentile allo stesso tempo, un confidente e un amico perfetto, il figlio che tutti vorrebbero avere, e so per certo che lui è quello giusto per Alice; chissà magari tra una decina d’anni mi ritroverò in una chiesa ad assistere al loro matrimonio…è un po’ presto per pensare al futuro ma l’amore per Riccardo mi ha fatto vedere tutto con occhi diversi. Prima immaginavo solo il mio di futuro, costellato di successi, che niente e nessuno avrebbe potuto modificare e invece negli ultimi tempi ho iniziato a sognare ad occhi aperti, ad immaginare a come sarei stata io come moglie o addirittura come madre, io che i bambini non li ho mai sopportati e tutto questo mi fa paura perché non so se io e Riccardo avremo un futuro, per il momento mi basterebbe ottenere il suo perdono.

-Buongiorno, consigli tra amiche?- sorrise vedendoci sedute l’una affianco all’altra

-No, ripassavamo letteratura perché non riuscivo a dormire-

-Allora non sono l’unico che non ha chiuso occhio- si versò il caffè nella tazza e si sedette

-Eri agitato anche tu?- possibile che io fossi l’unica a non preoccuparmi per il compito?

-Non c’entra il compito- in quel momento entrò in cucina anche Riccardo e ci mancò poco che mi strozzassi con la cioccolata perché anche lui era a torso nudo e dopo quasi un mese di lontananza smaniavo di toccarlo e baciarlo, stavo diventando matta.

-Parli del diavolo e spuntano le corna- borbottò Andrea

-Che c’è?- Riccardo rispose ancora addormentato

-Hai russato come… un elefante- Alice scoppiò a ridere seguita a ruota da me

-Io non russo-

-Si invece e non mi hai fatto dormire-

-Te lo ripeto io.non.russo-

-Ti registrerò nel sonno, altroché-

-Basta voi due e sbrigatevi perché abbiamo il compito a prima ora- Alice era capace di zittire sempre tutti

-Uffa- era partita proprio male la giornata

 

SABATO:

-Gin dove sono le mia scarpe di vernice nere?-

-Nel bagno, tu invece hai visto i miei orecchini?-

-Armadio, anta destra, primo cassetto- il cellulare di Alice suonò per la decima volta

-Ma che ore sono?- chiesi disperata

-Non lo so, ma a giudicare da tutte le chiamate perse siamo in ritardissimo-

-Avete finito?- chiese per la milionesima volta Andrea che aveva una pazienza infinita rispetto a Riccardo

-Ma quanto cazzo ci mettete a infilarvi un vestito e un paio di scarpe?- gridò infatti quest’ultimo; spalancai la porta e trovandomelo davanti gli puntai il dito contro minacciosa: odiavo quando le persone mi mettevano fretta, ero dell’idea che la puntualità fosse una dote a me sconosciuta. In passato i miei genitori mi rimproveravano sempre per questo e così io avevo attaccato un enorme cartello sopra il letto con scritto – La puntualità è la virtù dell’annoiato- di Evelyn Waugh.

-Tu…mi spieghi perché cavolo stai gridando da mezz’ora?!-

-Perché siamo in..-

-Non siamo in ritardo, sono gli altri che sono in anticipo-

-Ma la festa è iniziata mezz’or..-

-Le feste non hanno orari, e ora se non ti dispiace dovremmo andare, sono già le 22 e 30- detto questo girai i tacchi e scesi al piano di sotto

-Mi fai impazzire- lo disse a bassa voce ma lo sentii ugualmente e sorrisi di rimando

Venti minuti dopo ci ritrovammo nella bellissima e gigantesca villa di Greta da cui provenivano luci multicolore e musica a tutto volume: da quello che avevo capito  i suoi genitori erano musicisti affermati e molto spesso capitava che lei rimanesse sola in casa per alcuni giorni perciò ne approfittava per divertirsi. Pensavo che come invitati ci saremmo stati solo noi della classe e invece entrando trovai una marea di gente che ballava, chi beveva e fumava e chi invece si era appartato in qualche angolo; c’erano bicchieri rossi sparsi ovunque con dentro cocktail di ogni colore e mi capitò di vedere anche qualcuno che ingeriva pillole colorate: era un vero e proprio delirio.

-Diamo inizio alla festa- gridò Alice seguita da Andrea, Riccardo invece sparì subito tra la folla seguito da una mora alta e formosa.

Dovevo mettere in atto il mio piano per far ingelosire Riccardo e invece ora non ero più sicura di volerlo fare, almeno non qui; presi un paio di cocktail e feci un giro per salutare tutti i miei compagni di classe e per non so quale miracolo riuscii a trovare anche Greta che correva avanti e dietro per controllare che non mancasse niente. Mi appoggiai allo stipite vicino la porta  ed estrassi il telefono che forse stava squillando, quando sentii qualcuno che mi toccò il braccio, una brunetta mi sorrideva gentile:

-Ciao, questo te lo offre il ragazzo laggiù- indicò col mento un ragazzo biondo e alto all’angolo che mi fece l’occhiolino

-Grazie- dissi alla ragazza e mentre rispondevo iniziai a bere quello che sembrava un cocktail alla fragola

-Amore, come stai?- era mia madre

-Mamma, ti chiamo domattina-

-Cos’è questa musica?-

-Sono ad una festa, ci sentiamo domani ok?-

-Va bene tesoro- misi il cellulare nella borsa e la stanza iniziò a girare intorno a me, ero stata una stupida: Nicolò mi aveva detto centinaia di volte di non accettare mai da bere dagli sconosciuti perché molte volte ci mettevano dentro droga o roba simile. Dovevo trovare Alice o Andrea, iniziai a camminare per la casa ma non li trovai  così salii al piano di sopra, per andare al bagno: dovevo provocarmi il vomito per far uscire quello che il ragazzo mi aveva messo nel bicchiere. Aprii varie porte e dopo tre tentativi trovai la porta, buttai la borsa a terra e mi appoggiai al water; ficcai il dito in gola e vomitai. Mi sollevai ancora barcollante e mi spruzzai la faccia con l’acqua, poi presi la borsa e mi appoggiai alla parete in corridoio per riprendermi, quando sentii dei passi e una risata bassa.

-Piaciuto il drink?- lo guardai con odio

-Io mi sto annoiando che ne dici se ce ne andiamo?- si avvicinò e mi bloccò alla parete contro cui ero appoggiata

-Lasciami- ringhiai e cercai di allontanarlo ma ero ancora intontita

-L’hai sentita? Lasciala!- in pochi secondi Riccardo gli fu addosso e lo stese a terra con un pugno, e io mi rifugiai tra le sue braccia

-Lo ammazzo- lo tenni fermo perché non volevo che si mettesse nei guai

-Ti prego lascia stare, voglio tornare a casa- mi guardò dolce e mi trascinò al piano di sotto.

POV RICCARDO:

“Non dovevo lasciarla sola” me lo ripeto un mucchio di volte perché sono stato uno stupido e se non fossi andato al piano di sopra, chissà cosa le avrebbe fatto quel coglione…

Appena vidi Stefano andai spedito verso di lui perché sapevo che di lui potevo fidarmi:

-Ehi per favore stai accanto a lei due minuti, torno subito-

-Che è successo? Ha bevuto?- la fece appoggiare a lui

-Uno stronzo le stava mettendo le mani addosso-

-Lo sistemo io, dov’è?-

-Voglio pensarci io- andai in cerca di Alice e Andrea che sembravano spariti quando finalmente li vidi ballare nel salone; appena videro la mia faccia seria capirono che qualcosa non andava e mi seguirono fino all’ingresso dove avevo lasciato Ginevra con Stefano.

-Ha bevuto?- Alice era allarmata

-Non lo so, l’ho trovata al piano di sopra con un tizio appiccicato addosso-

-Portiamola a casa- la stavo per prenderla in braccio ma lei mi bloccò

-Ce la faccio a camminare- le tesi allora il mio braccio per farla appoggiare

Durante il tragitto in macchina, Alice non fece altro che sgridarmi perché diceva che tutto quel casino era scoppiato a causa mia, che se io avessi perdonato Ginevra adesso lei non starebbe così male e non avrebbe rischiato di essere stuprata per la seconda volta, che ero un cretino orgoglioso perché non vedevo quanto lei ci tenesse a me, e Ginevra nonostante stesse male cercò di zittire l’amica dicendo che era stata colpa sua e io non c’entravo niente; era stata tutta colpa mia invece.

Arrivati a casa portammo Ginevra sul divano e mentre Alice le preparava una camomilla, io e Andrea le togliemmo le scarpe e le mettemmo una coperta; Alice arrivò con la camomilla e si sedette accanto a me.

-Ci spieghi che è successo?-

POV GINEVRA:

Ora mi sentivo molto meglio e dovevo raccontare ciò che era successo così Alice avrebbe finalmente capito che non era colpa di Riccardo bensì mia, che ero stata una sprovveduta:

-La musica alta mi stava dando fastidio e così mi sono messa vicina alla porta poi mentre rispondevo al telefono una ragazza mi ha portato un drink e mi ha indicato il ragazzo che me lo offriva-

-Ma Gin lo sai che..- sapevo cosa stava per dire Alice

-So che non si accetta da bere dagli sconosciuti, ma stavo parlando al telefono e senza accorgermene ho bevuto, e quando la testa ha iniziato a girarmi ho capito che mi aveva messo qualche droga dentro-

-Così sono andata al bagno e ho vomitato ma quando sono uscita dal bagno, lui è arrivato e mi ha bloccata-

-Torno lì e lo ammazzo- Riccardo scattò in piedi

-No ti prego, rimani qui con me- lo supplicai

-Non lasciarla di nuovo- disse dura Alice e fu questo che lo trattenne

-Ti porto in camera- mi prese in braccio e mi portò al piano di sopra, mi posò sul letto e restò a guardarmi

-Devo chiederti scusa- disse

-Non ascoltare Alice, non è stata colpa tua ma mia, fin dall’inizio…-

-No invece, mi sono comportato come un bambino viziato e ti ho tenuta lontana per tutto questo tempo solo per uno stupido bacio, ho avuto paura e ho fatto soffrire entrambi, sei tu che devi perdonarmi-

Non sapevo che dire, ogni frase che mi veniva in mente mi sembrava superflua per quella circostanza anche perché ero troppo felice per riuscire a formulare una frase di senso compiuto così gli presi il viso tra le mani e lo baciai: pensai che questo era il modo migliore per fargli capire ciò volevo dire. Ricambiò il bacio rendendolo sempre più passionale e gli allacciai le braccia dietro al collo accarezzandolo, quando il suo cellulare iniziò a vibrare e sbuffò.

-Pronto?- iniziò a parlare ed annuire poi chiuse e mi guardò pensieroso

-Chi era?- chiesi

-Nessuno- si girò e capii che stava mentendo

-Riki per favore, non dobbiamo avere più segreti-

-Se te lo dico, prometti di non lasciarmi?-

-Prometto- mi stava mettendo paura

-Mio cugino è invischiato in un traffico di droga, dovrebbe arrivare un nuovo carico e io devo solo aiutarlo a scaricare, gli ho detto che questa è l’ultima volta che lo aiuto- non mi sconcertai più di tanto perché anche Angelo aveva fatto qualche in traffico in passato

-Questa sarà l’ultima volta?-volevo averne la conferma

-L’ultima, giuro-

-D’accordo, quando dovrebbe arrivare?-

-Non lo sa neanche lui, mi chiamerà il giorno stesso-

-Quando ti chiamerà verrò con te-

-Ma..-

-Niente ma, non voglio stare a casa preoccupata senza sapere dove sei-

-Non riuscirò a farti cambiare idea vero?-

-Assolutamente no- sorrisi orgogliosa

ANGOLO AUTRICE:

Bonsoir :D Siete arrabbiati con me? Lo so, lo so, sono assolutamente in ritardissimo e non ho scuse ma in compenso vi scritto 12 pagine… iniziate a prepararvi perché manca poco al finale, baci

Blackshadow90

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 19
*** AH,L'AMOUR, L'AMOUR ***


“Se non ricordi che Amore t'abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato.”

                                                                                                                               -Shakespeare

POV GINEVRA:

15 MINUTI PRIMA

-Mi fai il solletico- risi come una bambina pestifera

-Shh ,o ci sentiranno- lui era più divertito di me

-Se ci scoprono ci sospendono-  sussurrai ridendo…sapevo che era sbagliato, ma infrangere le regole mi eccitava soprattutto se ero con Riccardo

-In passato non mi hanno mai scoperto- cosa?!

-Sei stato qui con altre ragazze?- mi alzai in fretta infuriata e prendendo la maglietta finita su uno scaffale urtai il secchio con la scopa

-Piccola scherzavo- rise e mi prese di nuovo su di se

-Stupido-  gli tirai un pugno sul petto e poi continuammo a baciarci  rotolandoci nel nido di coperte fatto da lui. Io in reggiseno e lui senza maglietta, era praticamente spalmato su di me intento a sfilarmi i jeans  quando una chiave girò nella toppa e la porta si spalancò sotto gli sguardi esterrefatti della bidella e della nostra professoressa di inglese e i nostri invece scioccati.

Ora vi starete domandando, dove sono questi due pazzi e cosa hanno combinato questa volta? Be non so se la risposta vi piacerà ma di certo non sono la tipica ragazza perfettina che a scuola si comporta sempre garbatamente e infatti ero nello sgabuzzino del secondo piano con Riccardo; il professore di italiano era  assente perciò dato che avevamo  le ultime due ore di supplenza e dato anche che la nostra supplente è una professoressa anziana e mezza cieca, avevamo preferito sgattaiolare via e rifugiarci lì, e ovviamente lei non si era accorta della nostra assenza e noi ci stavamo divertendo finché quella bidella acida aveva aperta la porta e ci aveva beccati sul fatto con la nostra prof di inglese.

ORA

L’ufficio era spazioso e semplice, di fronte a noi c’era una grande vetrata che mostrava la strada davanti il liceo; le pareti erano quasi del tutto spoglie ad eccezione di qualche vecchia foto, gli scaffali invece erano colmi di libri di ogni genere ordinati in una maniera a dir poco maniacale. La scrivania ampia e pulita era ricoperta di documenti e fogli mentre sull’angolo c’era un vecchio computer acceso e un telefono dal quale la giovane preside ascoltava e rispondeva, lanciandoci ogni tanto degli sguardi indagatrici. Da quando avevo messo piede in quella scuola, la preside(una donna alta e magra come un grissino)  mi era subita stata antipatica: sembrava una di quelle donne giovani che volevano rivoluzionare tutto e trasformare la scuola in un campo di addestramento rigido e privo di ogni forma di divertimento. All’apparenza sembrava docile e gentile ma riusciva a farti tacere con un solo sguardo; mise giù il telefono, congiunse le mani e alzò lenta lo sguardo su Riccardo con i suoi occhialetti neri.

- Riccardo, da te non me lo sarei mai aspettata- osservò un foglio e proseguì

-Hai un ottima media scolastica, i professori non fanno altro che lodi e anche io so che ti sei distinto per la tua bravura durante la tua permanenza in questo istituto-

-Preside so di aver sbagliato, Ginevra però non c’entra niente la colpa è mia- lo guardai dolce ma mi intromisi

-No invece la colpa è mia- lui mi guardò implorandomi con lo sguardo di stare zitta

-Smettetela, la colpa è di entrambi…avete tenuto un comportamento scorretto e dovreste essere sospesi ma per questa volta chiuderò un occhio perché è il vostro ultimo anno e siete entrambi due ottimi allievi- disse con il tono arrogante

-Grazie mille- rispondemmo entrambi

-Ora filate in classe e comportatevi decentemente-il  tono era severo eppure notai una nota di divertimento nel suo viso, sorrisi tra me e me pensando a quella donna stramba e ordinata.

Rientrammo in classe sotto gli sguardi maliziosi e le risatine dei nostri compagni  e andammo a sederci sui banchi in fondo, dove era in corso un dibattito sulle vacanze estive: tutti sognavano da tempo il famoso viaggio da fare dopo gli esami e c’erano alcuni  come Christian o Veronica che stavano risparmiando soldi da un anno o più per potersi divertire senza pesare sulle spalle dei genitori; la meta però suscitava ancora abbastanza problemi perché da quello che mi aveva raccontato Alice, volevano organizzare un'unica vacanza e partire tutti insieme. Io ero subito scoppiata a ridere perché in tutto nella classe siamo più di venti e sarebbe una follia riuscire a farli andare d’accordo.

-Io voglio andare a Ibiza- gridò Erica

-Anche io- continuò Emma

-Wow, per una volta sono d’accordo con lei- intervenne Greta guardandola storta

-Io concordo con mia cugina- disse Alessandro

-Perché non andiamo a Parigi? E’ piena di boutique ed è una città così romantica- il tono sognante di Cat fece ridere tutti

-Ma dai Cat, la migliore di tutte è Las Vegas: gioco d’azzardo, alcool e Strip club, che c’è di meglio?- secondo voi? ovviamente questo è Jacopo

-Vai così fratello- Mattia batté il cinque all’amico

-E se andassimo a Monaco di Baviera?- Veronica adorava le mete culturali, ma un coro di “NO” la fece zittire

-Ragazzi così non troveremo mai una soluzione – tutti si girarono verso di me

-Allora piccola, tu che proponi ?- seduta in braccio a lui mi schiarii la voce

-Penso che dovremmo scegliere quattro mete che ovviamente piacciono anche solo un po’  a tutti e scriverle su dei biglietti, poi sorteggiamo-

-Mi sembra giusto- convenne Vanessa e tutti annuirono

Mentre Stefano si era incaricato di cercare un elenco di località per proporcele e poi sceglierne quattro, io e Riccardo continuavamo a stuzzicarci come due bambini: mi tirava verso di sé prendendomi dai passanti del jeans facendomi il solletico e io per ripicca mi strusciavo su di lui e mi mordevo il labbro sapendo di farlo impazzire.

-Potete affittare una stanza d’albergo- commentò acida Erica

-Ma sono già tutte prenotate da te-

-E con questo che vorresti dire?- si alzò infuriata mentre Riccardo la fulminò con lo sguardo

-Dico solo che ti fai un ragazzo diverso a sera: dev’essere molto…impegnativo- la provocai

-Tu brutta..- mi si stava per scagliare contro e Alessandro la afferrò

-Smettila, non fare la bambina- gli altri non si intromisero ma stavano osservando tutto curiosi

-Lasciami!- si ricompose in fretta e fece un sorriso strano

-In effetti Ginevra hai ragione: è impegnativo andare ogni sera a letto con un ragazzo diverso…- non sapevo dove voleva andare  a parare e continuò

-Soprattutto andare a letto con il tuo ragazzo- restarono tutti paralizzati; sapevo che si riferiva ai primi giorni di scuola in cui io e lui (ovvero la finta coppia) ci eravamo litigati ma faceva comunque male sapere che il ragazzo che ami è stato con una ragazza che odi e che farebbe di tutto per umiliarti di fronte agli altri: ed ero così che mi sentivo adesso. E anche tutti gli sguardi su di me non contribuivano a farmi sentire meglio.

-Gin è stato all’inizio che ci siamo conosciuti, lo giuro-leggevo nei suoi occhi la paura di perdermi

-Lo so tranquillo- ricambiai il suo abbraccio che mi fece sentire una leonessa pronta a difendere il suo territorio e proprio quando stavo per parlare, Riccardo mi anticipò.

-E’ stato molto tempo fa quando io e lei non stavamo ancora insieme e mi dispiace dirtelo Erica, ma per me è stato solo sesso, io ho sempre amato e continuerò ad amare Ginevra- affermò guardandola duro

-Sei solo uno stronzo- si girò e andò a sedersi con Emma ai primi banchi, gli altri invece fecero finta di non aver visto niente e ripresero a parlare  tra loro.

-Ehi…mi credi vero?- mi prese il mento tra le dita e mi fissò incerto

-Ma certo amore- risi e lo baciai

Dieci minuti dopo avevano finalmente scelto le quattro mete tra cui sorteggiare: Ibiza, che piaceva a molti, Mykonos in Grecia, Madrid e per finire San Diego in California. Ovviamente per un appassionata viaggiatrice come me, ogni meta va bene,  e ho l’imbarazzo della scelta.

-Chi vuole sorteggiare?- Stefano mischiò i quattro bigliettini nel mio cappello e mi guardò

-Scordatelo che mi alzo- ero appollaiata su Riccardo

- Sempre la solita, faccio io- si fece avanti  Alice ridendo, estrasse il bigliettino e lo aprì: eravamo tutti col fiato sospeso finché non lo girò verso di noi.

-Arriviamo San Diego!!- gridò Jacopo felice che la città fosse vicina a Las Vegas e tutti gridarono con lui felici.

-Ho sempre sognato di andare in California- ero al settimo cielo e mentre pensavamo già a cosa mettere in valigia suonò finalmente la campanella di fine lezioni. Scendemmo le scale in fretta prima di essere travolti dai ragazzini di primi anno e andammo dritti verso la moto di Riccardo, quella mattina infatti avevo deciso di lasciare la mia Suz a casa; salii dietro di lui e lo strinsi forte sorridendo nello specchietto. E mentre sfrecciavamo per le strade, diretti a casa, pensai che era proprio vero-nessuno si salva da solo- e lui aveva salvato me o forse ci eravamo salvati a vicenda. E fu in quel preciso momento che mi venne un idea.

POV RICCARDO:

 Da quando eravamo arrivati a casa, Ginevra aveva uno strano sorriso: un misto tra –sono super felice- e –ho fatto un guaio- che mi preoccupava non poco; ero contento di vederla felice ma avevo imparato a conoscerla in tutto questo tempo e sapevo per certo che aveva combinato qualcosa. Stava lavando i piatti quando le arrivai alle spalle e la circondai con le braccia, facendola ridere.

-Mi stavi facendo scivolare il piatto- si girò col piatto gocciolante in mano

-Scusa, piccola-

-Comunque devi dirmi qualcosa?- si fece subito sospettosa e capii che avevo ragione: stava tramando qualcosa

-Niente perché?-

-Mi sembri strana-

-Ok, ho una sorpresa per te ma non ti dirò altro- fece il gesto come per cucire le labbra e sorrise

-Anche io ho una sorpresa per te- avevo prenotato in un bellissimo ristorante

-Davvero? Che sorpresa?- si asciugò subito le mani e mi si attaccò addosso come un panda

-Se te lo dicessi dovrei ucciderti-

-Oh che paura…- *

-Dovresti averne- e iniziai a farle il solletico

-Così non vale però- corse in soggiorno e saltò su Andrea che era seduto sul divano

-Andy salvami tu-

-Eh no Gin, io non c’entro- la spinse verso di me ridendo e l’afferrai al volo portandola  come un sacco sulle spalle

POV GINEVRA:

-Mettimi giù!-  non riuscivo a girare abbastanza il collo ma sapevo che stava sorridendo

-Mmh.-

-Mmh? Come sarebbe “mmh”? Non sai dire altro? Sembri un cavernicolo- sbuffai irritata

-Cavernicolo- ripeté lui

-Sei irritante-

-Io Riccardo, tu Ginevra-

-Uffa!- ma non riuscii a trattenere il sorriso

-Siete due pazzi- Alice ci sorrise prima che il mio pazzo chiuse la porta della camera

Ora eravamo faccia a faccia e dovevo dirgli cosa avevo intenzione di fare e speravo che accettasse:

-Allora, non sono molto brava con le parole, è meglio se vado dritta al punto- mi osservò divertito

-E quale sarebbe il punto?-

-Vorrei fare un tatuaggio e vorrei che lo facessi anche tu-

-Com’è questo tatuaggio?-

-E’ una sorpresa-

-Quindi dovrei venire con te e fare un tatuaggio senza guardare cos’è?- e se mi dice di no?

-Si- dissi incerta

-Certo che lo faccio, piccola- alzai di scatto la testa e lo abbracciai

-Grazie, grazie, grazie-

 

Ero seduta con le gambe accavallate  su una poltroncina nera e accanto a me c’era Riccardo che mi osservava sorridente; la sala era piena di foto di tatuaggi e disegni vari e con tutti i colori che c’erano mi stava per venire mal di testa, anche se ero leggermente nervosa per la ragazza dietro al bancone che continuava a lanciare sguardi ammiccanti al MIO ragazzo. Mi stavo alzando per dirgliene quattro quando Fabrizio, il tatuatore, ci venne incontro e ci fece cenno di seguirlo. Era un ragazzo particolare: ogni superfice del suo corpo era ricoperta di tatuaggi di ogni genere, aveva un paio di piercing alle sopracciglia e i capelli rasta. Era un ragazzo bravissimo e simpaticissimo che mi aveva presentato Greta un paio di settimane prima, quando era andata a tatuarsi un’aquila sulla spalla.

-Allora, chi è il primo?-

-Inizia lui- spinsi Riccardo 

Il tatuaggio avevo scelto di farlo poco sotto la clavicola  e nonostante le numerose proteste di Riccardo, ero riuscita a convincerlo  che l’avrebbe visto solo alla fine, anche perché non ci voleva molto: era solo questione di minuti.

-Bambolina ora tocca a te- Riccardo guardò Fabrizio gelido

-Sono tutta tua- risi a Riccardo e prima di distendermi sul lettino iniziai a sfilare il maglioncino

-Che fai?- mi bloccò la mano

-Levo il maglione, come tu ti sei tolto la maglietta-

-Tu non rimani in reggiseno davanti a questo qui- indicò Fabrizio che ci osservava divertito

-Richi, lui è fidanzato, non essere geloso-

-E’ proprio necessario toglierlo?-

-Se non lo tolgo, non riesce a lavorare- dissi esasperata

-D’accordo- sbuffò

Fabrizio iniziò a incidere la mia pelle e Riccardo di fianco a me guardava attento ogni sua singola mossa e fulminandolo quando mi osservava troppo a lungo, e tutto questo mi metteva agitazione perché avevo paura che facesse una scenata; pian piano però la gelosia si attenuò e la sua attenzione venne attirata dalla scritta quasi terminata sul mio petto.

-La mia opera d’arte è finita- esclamò Fabrizio e il volto di Riccardo si illuminò

Mi alzai tutta elettrizzata e trascinai per mano Riccardo verso il grande specchio accanto alla porta e dopo esserci posizionati davanti sorridemmo come due cretini: entrambi ora avevamo la scritta  –Serva me. Servabo te- (frase latina che vuol dire: salvami, ti salverò) e la cosa più bella era che al posto della “o” di “ Servabo” avevo fatto mettere un cuore: sul mio tatuaggio all’interno del cuore c’era la “R” di Riccardo mentre sul suo tatuaggio c’era la “G”. Quando mi era venuta l’idea del tatuaggio ero contentissima  ma avevo paura che forse era un passo esagerato, tatuarsi le iniziali.

-Ti piace?- si giro e mi diede un bacio sensazionale, che mi lasciò senza fiato

-E’ bellissimo- mi fece rimettere la maglia

-Sono felice che ti piaccia- presi il portafoglio dalla borsa e mi diressi verso la ragazza antipatica a cui dovevo dare i soldi

-Ferma, pago io- Riccardo mi anticipò

-Che?? Scordatelo!- odiavo quando le persone mi offrivano le cose

-No, piccola, pago io-

-E sentiamo, perché dovresti pagare tu?- incrociai le braccia e lo fissai

-Perché sono il tuo ragazzo e voglio occuparmi di te-

-Amore è molto dolce, davvero, ma non ho ottant’anni e non ho bisogno che tu mi faccia da badante né da banca personale-

-Perché fai la difficile?-

-Non sono difficile, è una questione di principio-

-Principio?-

-Si amor..-  ma non riuscii a terminare la frase che mi prese di nuovo sulla schiena e pagò mentre lo prendevo a pugni infuriata

-Brutto imbroglione-

 Dopo aver pagato ce ne andammo: in teoria il tatuaggio era un mio regalo per lui ma voleva pagare e così era scoppiata una discussione che si era conclusa subito a casa con una battaglia di cuscini e, ahimè,  il televisore a schermo piatto del soggiorno in frantumi.

-E’ stata tutta colpa tua-  puntai il dito contro Riccardo

-Mia? Sei tu che sei finita contro la tv e l’hai fatta cadere- intanto raccoglievamo i cocci

-Certo, perché tu mi hai lanciato un cuscino e ho perso l’equilibrio-

-Ok, ma tu hai iniziato a lanciarmeli-

- E tu hai voluto pagare i tatuaggi- dissi acida

-Facciamo la pace?- mi fece un sorriso sexy e gli scoccai un bacio

-Certo amore, ma come facciamo con la tv? Alice stavolta ci sfratta- forse soffriamo entrambi di bipolarismo, siamo due pazzi

-Vado a comprarne una nuova, tu intanto vestiti, stasera si esce- lo guardai interrogativa

-Dove andiamo?-

-E’ una sorpresa-

-Ma se non mi dici dove andiamo, non so come vestirmi-

-Metti un vestito- mi diede un rapido bacio e uscì

Ero in piena crisi: i vestiti e le scarpe erano sparpagliati per tutta la stanza e non sapevo cosa mettere, ogni cosa che indossavo mi sembrava sbagliata. In situazioni come queste c’è sempre Alice che in due minuti mi sistema sul letto il completo perfetto ma quella sera era fuori con Andrea e tra il telefono che squillava, i minuti che scorrevano veloci e Goose che abbaiava e saltava, stavo davvero impazzendo. Decisi di fare un bel respiro e sistemare una cosa alla volta: prima di tutto andai a mettere i croccantini a Goose e mi chiusi in camera per evitare che tornasse, poi mandai un messaggio ad Emiliano per avvisarlo che lo avrei chiamato il giorno dopo e infine tornai davanti al letto chiusi gli occhi e scelsi a caso un vestito. Era un vestito verde smeraldo di chiffon corto, stretto in vita e con dei ricami dorati, abbinai i tacchi neri e la pochette e iniziai a vestirmi con la musica della radio a tutto volume; mentre mi truccavo partì una delle canzoni  del momento di cui mi ero innamorata (“Up” di Olly murs e Demi lovato) e iniziai a canticchiare:

- I never meant to break your heart
Now I won’t let this plane go down
I never meant to make you cry
I’ll do what it takes to make this fly-

Come un flashback però mi venne in mente il momento in cui Riccardo mi aveva lasciata, era stata tutta colpa mia e mi sentivo persa senza di lui ma nonostante tutto come dice la canzone avevo lottato per il nostro amore e non avevo permesso che tutto andasse perduto: gli occhi mi divennero lucidi.

-Sei pronta?- Riccardo era sulla porta

-Piccola perché stai piangendo?- mi venne incontro e mi asciugò le lacrime

-Questa canzone…- tra le lacrime scoppiai a ridere

-E ora ridi?-

-Ho pensato a quando ci siamo lasciati ma ora siamo insieme-

-Già, sono stato uno stupido, ma non ci lasceremo più, te lo prometto- quell’abbraccio fu come una medicina, mi sentivo al sicuro come se niente potesse farmi del male o potesse allontanare la mia felicità, era strano dipendere da qualcuno ,ma era anche bello sapere che nonostante tutto lui ci sarebbe stato per me e io ci sarei stata per lui.

-Andiamo?- mi asciugai gli occhi

-Sono curiosa di vedere la sorpresa- sorrisi e lo trascinai al piano di sotto e poi fuori, diretti verso una meta sconosciuta

Il nervosismo non mi faceva stare ferma e durante quei venti minuti di macchina che parvero interminabili avevo cambiato  quattro cd, acceso e spento il climatizzatore per due volte e avevo anche giocato con le leva del sedile rischiando di spezzarmi un dito quando si era abbassato di scatto; per di più Riccardo sembrava divertito di ogni guaio che combinavo. Ci trovavamo fuori città quando iniziò a rallentare; un insegna al neon catturò la nostra attenzione e dopo aver svoltato ci trovammo in un parcheggio di ghiaia. Parcheggiò accanto ad una quercia e dopo avermi sorriso scese e lo seguii:

-Ma dove siamo?- dietro l’immensa siepe del parcheggio si intravedeva un casolare in pietra con il tetto in legno

-E’ un ristorante-

-Che bello, ho voglia di una pizza alla diavola- si fermò e scoppiò a ridere

-Che c’è? Perché ridi?- eravamo fermi davanti all’entrata

-Sei imprevedibile e speciale- poi continuò

-Di solito quando con le altre ragazze della classe andavamo in un ristorante, loro chiedevano sempre piatti particolari e raffinati-

-Sono diversa dalle altre-

-Questo l’ho capito fin dall’inizio- mi prese la mano e mi trascinò dentro; era tutto molto elegante e aveva un atmosfera romantica, ma invece di fermarsi ad uno dei tanti tavoli vuoti mi condusse ad una porta che portava all’esterno: c’era un bellissimo prato inglese.

-Noi ceneremo lì- indicò un punto sulla destra e per poco non saltai dalla gioia: c’era un laghetto artificiale e al centro un gazebo tondo in legno e vetro e per arrivarci c’era una passerella in legno.

-Non ci credo!- mi misi a correre come una bambina tirandolo per la manica e appena spalancai la porta in vetro saltai allegra: il tavolo apparecchiato era cosparso di petali rossi, le candele galleggianti nella bacinella emanavano un profumo di frutti di bosco e una  scatolina blu era in bella vista in un piatto.

-Ti conosco e so che è un po’ troppo romantico ma mi sei mancata e volevo dimostrarti quanto ti amo- lo strinsi forte e lo baciai lenta

-E’ perfetto-

-Allora, prego signorina- mi spostò la sedia per farmi sedere e risi

-Grazie signore, troppo gentile- guardando la scatolina mi prese subito il panico

-Non vorrai mica chiedermi di sposarti vero?- rise per la mia espressione terrorizzata

-No tranquilla, aprilo- lo aprii e lo guardai a bocca aperta

-Non dirò più niente ad Alice-

-Però ti piace- me lo infilò e lo guardai incantata: aveva un diamante nero al centro e poi due file di diamantini neri ai lati, avevo sempre sognato un diamante nero di Tiffany anche se era solo un sogno di una bambina che voleva trovare il suo principe azzurro.

-Si da impazzire, ma è troppo-  chissà quanto aveva speso…

-I soldi non sono un problema lo sai- mi baciò la mano e poi fece cenno al cameriere che stava fuori, di entrare

-Cosa posso portare ai signori?- ci domando col taccuino in mano

-Una diavola e una capricciosa-

-Vuoi qualcos’ altro?- si rivolse a me

-Le patatine con il ketchup e la coca cola-

-Ci porti due porzioni grandi di patatine fritte e una bottiglia di coca cola per favore- chiese Riccardo

-Arrivano subito e il signor Alfredo vi porge i suoi saluti- disse il cameriere che subito uscì

-Chi è Alfredo?-

-Il proprietario del locale, è un amico di famiglia- spiegò Riccardo

-D’accordo, stavo pensando… e se facessimo un gioco?- volevo fare in modo che capisse ogni cosa di me, anche gli atteggiamenti che a volte sembravano senza senso e forse delle domande bastavano a chiarire tutto

-Che gioco?-

-Non è un vero e proprio gioco, è più un quiz: ci facciamo delle domande a vicenda e rispondiamo sinceri senza pensare-

-Qualsiasi domanda?- chiese furbo

-Si-

-Bene, parto io: Vuoi sposarmi?- scoppiai a ridere

-Certo che si, perché non prenotiamo dei biglietti a andiamo a sposarci a Las Vegas? Ho sempre sognato di farmi sposare da Elvis- gli feci la linguaccia

-Bella idea, tocca a te-

-Mmh…dolce o salato?- era una domanda stupida lo so

-Non saprei, tu però sei il mio dolce preferito- rispose malizioso e iniziai a sentire caldo

-Molto simp…-

-Scusate, ecco a voi e buon appetito- ero così concentrata su Riccardo che non mi ero nemmeno accorta dei camerieri che erano entrati con pizze, bibite e patatine; posarono tutto in fretta e ordinatamente e uscirono in fila chiudendosi la porta alle spalle.

-Non sono mai stata servita così in fretta…amo questo ristorante- il profumo della pizza mi fece brontolare lo stomaco e ringraziai mentalmente gli addetti alla cucina che la avevano già tagliata a fette

-Anche io lo amo e cucinano in una maniera impeccabile- addentò le patatine osservandomi

-Confermo- la pizza era squisita

-Ora a te-

-Hai sempre detto che prima eri una ragazza diversa, esagerata…hai mai preso droghe o fumato marijuana?- sussurrò indeciso

-Si l’ho fumata e purtroppo ho anche preso delle droghe  ad una festa, mi ricordo che delle mie amiche mi hanno portata in bagno e mi hanno fatto aspirare della polverina bianca, ma è successo solo una volta-

-Adesso una domanda semplice, come lo vedi il tuo futuro?- avevo un po’ paura di sapere la sua risposta

-Non saprei, forse sarò un medico o un uomo d’affari come mio padre, nel mio futuro però ci sei anche tu-

-Ti stancherai di me prima o poi-

-No piccola, non mi stancherò mai del tuo sorriso, dei tuoi occhi, del tuo carattere  testardo che mi fa impazzire, dei tuoi baci…non mi stancherò mai di te- mi guardò serio

-Ne riparleremo tra sessant’anni- risi io

-Non vedo l’ora-

Divorai la pizza e le patatine con estrema lentezza perché amavo cenare in quel posto e poi avevo un mucchio di domande da fare a Riccardo: non ero mai stata una ragazza loquace eppure quella sera non riuscivo a tenere la bocca chiusa. Il tempo sembrava essersi congelato e mi sentivo protetta in quella cupola di vetro con lui: la persona che amavo. Eppure una lontana parte di me stessa che avevo messo a tacere, aveva paura del futuro. E se si fosse davvero stancato di me? Se qualcosa o qualcuno me l’avesse  portato via?

-Fanno anche un ottima Sacher –

-Cosa?- come al solito mi ero persa nei miei pensieri

-Che dolce vuoi? Io amo la sacher-

-Mi va bene la sacher- ordinò ai camerieri venuti a prendere i piatti e poi mi osservò

-A che pensi?-

-Penso che ti amo e non vedo l’ora che arrivi il dolce perché ho voglia di fare l’amore con te- era facile essere sincera con lui

-La mia principessina acida è diventata provocatrice- sorrise furbo e si passò la mano tra i capelli: riusciva ad accendere ogni singola parte del mio corpo

-Non farlo- mi disse

-Cosa?-

-Non morderti il labbro, lo sai- la sua voce roca mi mandò il sangue in ebollizione: era come avere  un falò nello stomaco

-Possiamo farci impacchettare il dolce?-

-Ottima idea piccola- si alzò e mi prese per mano; uscimmo dalla cupola di vetro e osservai il laghetto immobile e il prato verde, quel posto era incantevole e ci sarei tornata. Riccardo parlò con il cameriere e dopo aver preso una scatola bianca con il logo nero, andammo nel parcheggio. Eravamo quasi a marzo e fuori faceva abbastanza freddo ma non lo sentivo, perché troppo distratta dalla  mano calda di Riccardo che mi spingeva all’interno della macchina. Sperai di arrivare presto a casa, e potevo sembrare una ninfomane, ma non me ne importava.

-Mangia- Riccardo mi porse lo scatolo del dolce con una mano mentre con l’altra guidava

-Non fare quella faccia, ho visto come guardavi la scatola, e so che il profumo del cioccolato è irresistibile per te- eravamo al buio come aveva fatto a notare il mio sguardo?

-Sbruffone- gli feci la linguaccia e iniziai a mangiare

-Golosona-

Arrivati a casa, parcheggiò e prima di scendere mi guardai il vestito: ero ricoperta di briciole di cioccolata e la bocca sembrava un opera d’arte. Riccardo vedendomi scoppiò a ridere e mi trascinò dentro casa in braccio tra le mie proteste.

-Aspettami in camera, devo fare una cosa-

-Mi devo preoccupare?- chiese divertito

-No amore tranquillo- feci il miglior sorriso che avevo e mi avviai verso la camera di Alice e Andrea che sicuramente stavano dormendo; mentre aprivo la porta sentii Riccardo sussurrare un “Poverini”. Mi buttai sul loro letto mentre erano addormentati e dopo aver preso fiato gridai:

-Ali, Andy- saltarono spaventati

-Ginevra, che succede?-

-Guardate- mostrai l’anello sorridente e loro mi lanciarono un sguardo a metà tra il “vogliamo ucciderti” e “cosa abbiamo fatto di male?”

-Tesoro è bellissimo ma ne parliamo domani  perché  siamo distrutti- sussurrò Alice

-D’accordo, buonanotte ragazzi- uscii in punta di piedi ed entrai nella mia camera dove trovai Riccardo disteso sul letto con addosso solo i boxer e il cuore salì a mille

-Tu sai come farmi venire un infarto- mi sfilai l’abito e mi voltai verso di lui in biancheria intima

-E tu sai come farmi impazzire- mi buttò sul letto e spense la luce

 

ANGOLO AUTRICE:

Cari lettori e lettrici amo sempre di più i miei due pazzi preferiti, spero anche voi, e non so come farò quando questa storia finirà :( Cosa ne pensate di questo capitolo? E’ troppo mieloso? Se volete dirmi il vostro parere, lasciate una recensione, mi farebbe molto piacere :D

Ps. “Principessina acida” è il soprannome che è stato dato alla mia migliore amica dal suo fidanzato ( Giulietta, il tuo Romeo è proprio dolce)

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 20
*** NIENTE E' PER SEMPRE ***


AVVISO:

Chiedo perdono per la mia lunga assenza ma purtroppo ho avuto problemi personali che non mi hanno permesso di scrivere, spero solo possiate perdonarmi e spero che il capitolo pur essendo corto vi piaccia; ormai manca davvero pochissimo alla fine quindi spero siate buoni e comprensivi con me. Un bacio

Blackshadow

 

 

“QUEL GIORNO LI’,QUELLO IN CUI TI HO CONOSCIUTO,NON L’AVEVO MICA CAPITO. NON L’AVEVO MICA CAPITO CHE DA QUEL GIORNO AVREI FATTO I CONTI OGNI ISTANTE CON LA PAURA DI PERDERTI.”

 

POV RICCARDO:

-Sicuramente ho sbagliato tutto, a te com’è andato?- Francesco odiava da sempre le materie scientifiche e il compito di matematica di quel lunedì mattina aveva distrutto tutti

-Credo bene,grazie alle ripetizioni di…Gin-

-A proposito come mai non è venuta?-

-Già, non è da lei saltare i compiti- si intromisero Cat e Veronica

-Ha il raffreddore. Sto andando alla macchinetta,volete qualcosa?-

-No grazie- uscii dalla classe e mi diressi alla macchinetta con il pensiero rivolto a Ginevra. Avevamo litigato di nuovo per una stupidaggine: il giorno dell’equinozio di primavera avevo organizzato una giornata speciale per noi due e dovevo cucinare un dolce buonissimo che aveva portato più volte a scuola Erica. Con Erica non parlavo più perciò mi ero rivolta alla sua migliore amica Emma, che mi aveva promesso di passare da casa mia a lasciarmi la ricetta e invece chi si presenta alla mia porta?! Erica vestita di tutto punto con in mano buste e teglie per il forno: sapeva che ero una frana a cucinare e voleva aiutarmi. Avevo provato a cacciarla con gentilezza ma aveva insistito dicendo che altrimenti la mia giornata con Gin sarebbe stata rovinata. Sfortuna volle che dieci minuti dopo l’arrivo di Erica, Ginevra tornò a casa perché pioveva a dirotto e trovandoci intenti a cucinare, si infuriò. Avevo cercato di spiegarle la situazione ma nonostante la mia buona pazienza ero scoppiato anche io; volarono insulti da entrambe le parti e in preda alla rabbia cacciammo di casa Erica. L’amavo davvero molto, ma certe volte la sua cocciutaggine superava il limite e infatti era uscita da casa dicendo di voler “fare un giro per rinfrescarsi le idee”, e si rinfrescò davvero: tornò completamente zuppa di pioggia, con la febbre a trentanove e la testa che le girava. Mi arrabbiai ancora di più per come si era conciata e lo notò ma disse di non voler litigare ancora perché aveva un mal di testa terribile e così restai zitto.

-I litigi servono a rafforzare la coppia- scoppiai a ridere e mi voltai verso Jacopo

-E tu che ne sai della vita di coppia?-fece il finto offeso ma gli spuntò un sorriso da bambino, come non glielo vedevo da tempo.

-Ne so parecchio,fidati-

-Forse Ginevra aveva ragione-

-Su cosa?- chiese sulla difensiva

-Fin dall’inizio ha detto che tu e Cat siete fatti per stare insieme e dice anche che i vostri  comportamenti di questi giorni indicano che forse lo avete finalmente capito-

-Già, l’ho capito ma forse è troppo tardi, tu però non fare il coglione con Gin e non lasciartela scappare perché sei fortunato-

-A volte penso che meriterebbe qualcuno migliore di me-

-Non dire cazzate,lei ti ha scelto e ti ama davvero,quindi non iniziare a fare discorsi da femminucce, sei un uomo cazzo- sorrisi sincero e tornai in classe seguito da Jacopo che appena vide Cat ridere si illuminò.

Quelle cinque ore di scuola passarono lente senza Ginevra e Andrea che era anche lui a casa con il raffreddore, mentre Alice sentendosi sola faceva continue battute sui professori;mancava qualche minuto al suono della campanella e avevo già il giubbino addosso e lo zaino chiuso,non vedevo l’ora di tornare a casa per vedere come stava Ginevra. Finalmente suonò e feci le scale al volo, correndo verso la moto,con destinazione casa.

Quando aprii la porta,vidi Ginevra arrotolata nelle coperte sul divano con una coda scompigliata,un enorme pacco di fazzolettini accanto ed una montagna di fazzolettini intorno a lei: mi dedicò solo un sguardo e poi continuò a giocare con Andrea all’xbox. Era un gioco di guerra come piaceva a lei e aveva alzato il volume per immedesimarsi meglio nel gioco,per questo non si accorse che mi ero avvicinato da dietro alla poltrona e dopo aver sorriso la chiamai. Lei si voltò e la baciai sulle labbra facendo ridere Andrea e Alice, e facendo infuriare lei.

-Tu! Imbroglione,adesso ti..- il rumore di un esplosione ci fece voltare verso il televisore  su cui comparve l’immagine del soldato a terra con la scritta GAME OVER. Ginevra mi fulminò con lo sguardo poi si alzò per inseguirmi  facendo cadere la montagna di fazzoletti a terra, ma urtò al tavolino e iniziò a saltellare con il piede dolorante in mano e imprecando contro di me che ridevo…la mia piccola pasticciona mi è mancata.

POV GINEVRA:

Mi ero fatta male e lui aveva il coraggio di ridermi in faccia, eppure la sua risata dolce da bambino mi era mancata terribilmente; odiavo litigare con lui ma sapevo che avremmo fatto pace subito per questo volevo fare la sostenuta, la finta arrabbiata ancora per un po’, perché mi piaceva quando Riki mi girava sempre attorno per avere il mio perdono e cercava in tutti i modi di stuzzicarmi. Lo trascinai sul divano e mi misi sulle sue gambe, acciambellandomi di nuovo nelle coperte, poi dopo avermi stretta tra le braccia, avvicinò la bocca al mio orecchio:

-Sembri Rudolph con quel naso rosso- gli tirai un fazzoletto appallottolato

-Sarai il mio infermiere personale,quindi ogni mio desiderio è un ordine-

-Allora cosa vuole fare la mia piccola ammalata?- sorrisi a quel nomignolo e mi strinsi ancora di  più a lui

-Ho fame e voglio vedere “A qualcuno piace caldo”-

-Cosa vuoi mangiare?-

-Ho voglia di cibo messicano e di gelato- scosse la testa divertito e prese il telefono per ordinare il cibo d’asporto

-Tacos di pollo?- annuii felice

-E voglio anche i nachos con il guacamole-

-Voi volete qualcosa?-chiese ad Andrea e Alice che discutevano di interrogazioni

-Non ho molta fame- rispose Alice

-Per me burritos di manzo-

Mentre ordinava,selezionai il film e misi in pausa per aspettare che il cibo arrivasse;ormai eravamo in primavera ma era uno di quei giorni noiosi, freddi e in cui sognavo con nostalgia il mare e l’estate che presto sarebbe arrivata, gia immaginavo un bel viaggio sola con Riccardo in delle mete calde ed esotiche.

Il film era finito ormai da mezz’ora ed io e lui eravamo rimasti soli sul divano a coccolarci come due bambini e a ridere complici.

-Pensi che staremo per sempre insieme?- gli chiesi mentre giocavo con l’anello

-Io non lo penso, ne sono certo-

-Oh ma dai, ti stancherai di me prima o poi- risi nervosa ed evitai il suo sguardo per non fargli vedere i miei occhi lucidi; avevo paura della parola “per sempre” perché avevo imparato che tutto poteva sparire all’improvviso.

-Ehi, a cosa sta pensando quella testolina instancabile?- mi mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e mi fissò in attesa.

-Penso che è tutto troppo bello per essere vero-

-Amore mio spero che la penserai così anche tra cinquant’anni,quando metterò su pancia e diventerò pelato- scoppiai a ridere e lo abbracciai

-Non diventerai pelato e comunque ti amerei lo stesso- lo baciai ma mi ritrassi subito

-Cosa c’è?-

-Sono tutta raffreddata- sembrò rifletterci su, poi mi tirò a sé e mi diede un lunghissimo bacio

-Non me ne frega niente-

Restammo ancora un po’ li abbracciati finché non iniziai a sentire la testa pesante e mi addormentai tra le sue braccia. Mi sentivo strana come se fossi in mare nel bel mezzo di una tempesta e da lontano vedevo la spiaggia ma nonostante mi sforzassi a nuotare per raggiungere la riva il mare mi trascinava sempre più lontana da lui, da Riccardo: mi misi a gridare il suo nome ma le braccia e le gambe iniziarono a diventare pesanti, l’acqua sempre più impetuosa mi trascinava giù e mi entrava nelle narici, in gola e non respiravo, volevo continuare a lottare per lui ma il corpo era stremato,non ce la faceva più e mentre andavo a fondo chiedevo perdono.

Mi svegliai di soprassalto e mi ritrovai sul divano con il sole del tramonto in pieno viso e una coperta addosso; sicuramente era stato Riccardo. Presi il telefono per chiamare i miei ma notai l’orario e mi preoccupai: erano quasi le sette, la casa era silenziosa e Riccardo non c’era. Quest’ultimo dettaglio mi fece preoccupare a morte soprattutto dopo l’incubo che avevo fatto e quando mi alzai di scatto per controllare se era in casa cadde un bigliettino dalla mia coperta.

 

Prendi un’aspirina per il raffreddore,torno presto,ti amo.

                                                            -R.

Era uscito,come anche Andrea e Alice, così provai a chiamarlo per sapere dov’era ma scattò la segreteria, cosa che non era mai successa e il panico iniziò a salire; dovevo stare calma perché altrimenti la febbre sarebbe salita e poi sicuramente stava bene, non dovevo pensare al peggio. Alla terza chiamata senza risposta mi innervosii; forse Andrea sapeva dov’era e mi diedi della stupida mentalmente per non averci pensato prima. Digitai il numero e al terzo squillò mi rispose:

-Pronto?-

-Andrea sei con Riccardo?- sentii la risata di Alice e capii che lui non era li

-Pensavo fosse con te- sembrava confuso

-No, mi ha solo lasciato un bigliettino dicendo che sarebbe tornato presto, sai dove potrebbe essere?-iniziavo ad agitarmi

-Prima che noi uscissimo, stava parlando al telefono con il cugino Christian, ma non lo conosco, ho solo sentito che parlavano del quartiere Barona- una lampadina mi si accese e mi ricordai della questione in sospeso che Riccardo aveva con il cugino,doveva aiutarlo con l’ultimo carico di droga poi ne sarebbe uscito ma aveva promesso che io ne sarei stata al corrente.

-Gin ci sei?-

-Si, grazie per l’informazione, devo andare-

-Non vorrai mica andare in quel quartiere?-era preoccupato

-No tranquillo- decisi di mentire altrimenti non mi avrebbe più mollato

-Ci vediamo stasera-

-A stasera-

Chiusi la chiamata e corsi a mettermi alla svelta un jeans e un maglione perché avevo un pò di febbre e dopo aver preso un’aspirina infilai giubbino e stivali e corsi alla moto; salii e prima di partire provai a richiamarlo e finalmente al quinto squillo rispose.

-Ehi piccola scusa se non ho risposto sono al centro commerciale per…-

-Piccola un corno! So benissimo dove sei, non inventare bugie, mi hai fatta preoccupare.. sto arrivando-

-Non venire, è pericol..- gli chiusi il telefono in faccia e dopo aver infilato il casco partii sgommando. Quello che stava facendo era una cosa pericolosa e non potevo lasciarlo solo altrimenti sarei stata a contare ogni singolo secondo finché non fosse tornato e io di certo non ero una tipa paziente e tranquilla.

Andavo veloce, sfrecciavo tra le macchine ma non sentivo il vento in faccia perché avevo il casco e la visiera abbassata, pensavo alla preoccupazione per lui e speravo che tutto andasse bene così finalmente saremmo stati solo io e lui. Saremmo stati finalmente solo due diciottenni alle prese con l’amore, gli amici, le feste, la maturità, i viaggi e il futuro che ci aspettava perché me lo sentivo sarebbe stato luminoso e felice ma queste immagini furono interrotte all’improvviso da un solo, terribile pensiero che fece crollare tutto quello che ci sarebbe potuto essere ma che non ci sarà mai: i freni della moto non funzionavano. Me ne ero accorta all’ultimo minuto, quando ero a cento chilometri orari e dovevo rallentare per svoltare dove il cartello indicava il quartiere Barona.

Guarda Niki, hai visto come è crudele il destino? Quando non vedevo più nessuna speranza, mi sentivo in colpa e a pezzi, ho cercato di farla finita e invece mi sono risvegliata anche se non avevo voglia di vivere senza di te, ero arrabbiata con tutto il mondo e soprattutto con me stessa e poi arriva lui che mi stravolge la vita e mi fa innamorare prima di me stessa e poi di lui,sai Niki ci avevo sperato, avevo sperato in un futuro, in un noi, e mi ero finalmente convinta che potevo essere felice accanto a lui,mi ero di nuovo innamorata della vita e volevo trascorrerla con lui;forse invece mi sbagliavo, forse è sempre stato questo il mio destino, la mia colpa da espiare.

-Ti amo Riccardo-

Queste furono le ultime parole che pronunciai con le lacrime agli occhi prima che perdessi il controllo della moto e mi andassi a schiantare contro il guard-rail.

 

 

 

 

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Capitolo 21
*** E' UNA PROMESSA ***


“LO SO CHE E’ DIFFICILE ,CHE A VOLTE SEI ARRABBIATA CON IL MONDO INTERO E SOPRATTUTTO CON TE STESSA,CHE VORRESTI GRIDARE E PIANGERE E SCAPPARE LONTANO DALLA FELICITA’ CHE HAI TROVATO PERCHE’ PENSI DI NON MERITARLA,MA LA VITA E’ UN DONO PAZZESCO E TU SEI SOLO ALL’INIZIO DI UN’AVVENTURA LUNGA E BELLISSIMA QUINDI VIVI, VIVI PER ME E PER TE E PER LE PERSONE CHE TI AMANO,E TI PROMETTO CHE VEGLIERO’ SEMPRE SU DI TE. E’ UNA PROMESSA.”

 

POV ANDREA:

Quel pomeriggio Alice aveva voglia di fare acquisti e soprattutto doveva comprare un regalo per mio padre e per questo mi aveva trascinato con sé; voleva fare bella figura anche se le avevo ripetuto più volte che lui già la adorava e qualsiasi regalo avesse scelto, sarebbe stato perfetto. Eravamo nel reparto vini e liquori del centro commerciale e stava leggendo ogni singola targhetta dei vini per scegliere “il migliore” e cercavo di aiutarla come potevo, quando sentii il telefono squillare:era Ginevra.

-Pronto?- mentre risposi Alice scoppiò a ridere e mi indicò la scritta rossa di un vino:Bricco dell’Uccellone e mi trattenni dal ridere.

-Andrea sei con Riccardo?-

-Pensavo fosse con te- quando io e Alice eravamo usciti, lui guardava la tv col volume basso e accarezzava la fronte di Ginevra.

-No, mi ha solo lasciato un bigliettino dicendo che sarebbe tornato presto, sai dove potrebbe essere?- ci riflettei un secondo e poi risposi.

-Prima che noi uscissimo stava parlando al telefono con il cugino Christian, ma non lo conosco, ho solo sentito che parlavano del quartiere Barona- non rispose.

-Gin, ci sei?-

-Si, grazie per l’informazione devo andare-

-Non vorrai mica andare in quel quartiere?-

-No tranquillo-tirai un sospiro di sollievo

-Ci vediamo stasera-

-A stasera-chiusi la telefonata e andai verso Alice che mi sorrideva soddisfatta con una bottiglia di vino in una mano e una bottiglia di grappa nell’altra.

-Stasera farai ubriacare mio padre- le sorrisi e ci avviammo alla cassa. Posò le bottiglie solo per consegnarle alla cassiera che la guardò male, e pagò in fretta senza degnarla di uno sguardo.

-Allora adesso che facciamo?- sapevo per certo che voleva perlustrare ogni singolo negozio alla ricerca di qualche borsa o vestito.

-Potremmo entrare lì, ho visto un completo bellissimo- come immaginavo.

Girammo in lungo e in largo tutto il negozio e dopo che ebbe provato due vestiti che aveva scartato mi guardò mettendo il broncio.

-Uffa oggi non è giornata per fare shopping-scoppiai a riderle in faccia e mi fulminò. Il telefono squillò di nuovo e vedendo il nome di Ginevra pensai che avesse bisogno di qualcosa ma la voce che mi rispose non era la sua bensì quella di un uomo.

-Pronto con chi parlo?-chiese una voce rauca

-Sono io che lo chiedo a lei perché il telefono da cui mi sta chiamando è di una mia cara amica-risposi irritato

-Sono un operatore del 118, ho digitato il suo numero a caso nelle chiamate effettuate e la informo che la sua amica ha avuto un grave incidente in moto e la stiamo trasportando all’Ospedale Maggiore- fu come una doccia ghiacciata e Alice mi guardò capendo dalla mia espressione che qualcosa non andava.

-La ringrazio- chiusi la chiamata e guardai Alice con gli occhi lucidi

-Amore, Ginevra ha…avuto un incidente-spalancò gli occhi e mi fissò come se non avesse capito

-Lei è…-balbettò iniziando a piangere ma capii cosa voleva dire

-No tesoro, è viva andiamo- sembrava in stato di shock così la presi per mano.

Guidavo piano e ogni tanto le lanciavo qualche occhiata preoccupato quando, arrivati all’ospedale, finalmente parlò.

-Starà bene vero?Lei ne ha passate tante e merita il suo lieto fine- non aveva smesso un attimo di piangere ma era un pianto silenzioso, composto.

-Starà bene-avrei voluto essere più di conforto ma nonostante Ginevra fosse forte non sapevo cosa ci avrebbero detto i medici anzi avevo il terrore che un medico ci dicesse che era deceduta in ambulanza o all’arrivo in ospedale.

All’entrata chiesi informazioni all’infermiera seduta davanti il computer e ci disse di andare in reparto Rianimazione; prendemmo in fretta le scale e intanto pregavo che stesse bene  e che tutto si sarebbe risolto. Arrivati nel reparto non sapevamo cosa fare e ci guardammo intorno così appena vedemmo un uomo alto con i capelli grigi e il camice bianco gli andammo incontro e lo fermammo.

-Ci scusi, una nostra amica ha avuto un incidente in moto e l’infermiera ha detto che era in questo reparto- l’uomo probabilmente sulla cinquantina ci guardò con comprensione e sospirò.

-La ragazza in seguito al grave incidente ha riportato un trauma cranico interno che ha causato uno stato comatoso-

-Quindi adesso Ginevra è in coma?-domandai terrorizzato mentre Alice tremava

-Si e faremo numerosi esami medici per controllare i suoi parametri vitali, speriamo solo che esca dal coma entro massimo otto settimane altrimenti entrerà in uno stato di coma vegetativo e raramente i pazienti in questo stato si risvegliano- ci salutò e se ne andò, lasciandoci muti e immobili. Alice mi guardò sperduta cercando di trattenere le lacrime e mi fece una domanda a cui non avevo risposta:

-Come lo diciamo a Riccardo?-già…come glielo dicevo?Lo conoscevo fin da quando era piccolo e sapevo che quando qualcuno toccava la famiglia o suoi amici lui lottava come un leone in gabbia e sarebbe impazzito, me lo sentivo.

-Non lo so ma devo chiamarlo adesso e dirglielo- strinsi il telefono e fissai lo schermo nervoso come se da un momento all’altro potesse comparire una risposta e in effetti in quell’istante il cellulare iniziò a vibrare e sulle schermo comparve l’immagine di Riccardo,mi stava chiamando. Presi un respiro e risposi.

 

POV RICCARDO:

La sua chiamata mi aveva mandato in paranoia per questo ero stato velocissimo nell’aiutare gli amici di mio cugino: prima avrei finito e prima sarei andato da lei o meglio era lei che stava venendo da me. Non volevo che venisse eppure era dannatamente cocciuta e adesso che salutavo Christian non facevo altro che pensare a dove diavolo fosse finita; non era mai stata da questa parte di Milano e sicuramente si era persa.

-Grazie per l’aiuto cugino, se ti serve qualcosa basta un fischio-

-Certo Chri, ci vediamo-

Da lontano sentivamo rumori di sirene ma sia io che lui ce ne stavamo andando tranquilli perché ormai il furgone con il carico era lontano eppure il rumore era insistente e sembravano molte così mentre provavo a chiamare Ginevra mi avvicinai al punto da cui sentivo provenire le sirene. C’era stato un grande incidente e tre macchine erano in parte distrutte; due ambulanze stavano per andarsene mentre la polizia e la gente creava una gran confusione. Mi avvicinai al punto per cercare di capire qualcosa e notando un uomo che stava uscendo dal centro della confusione, sudato e con lo sguardo triste, lo fermai.

-Mi scusi, ma cos’è successo?- sollevò gli occhi stanco e vedendomi sulla moto scosse la testa.

-Ho visto tutto, è stato un brutto incidente-

-Ma è morto qualcuno?-era brutto assistere a scene del genere

-Forse la ragazza- guardò la mia moto e continuò - guidava anche lei una moto solo che ad un certo punto alla curva invece di girare si è andata a schiantare…due macchine una di sinistra e una di destra per evitare la ragazza hanno fatto un frontale e una terza macchina non riuscendo a frenare le ha tamponate-

-Grazie dell’informazione-

-Guida piano ragazzo- si voltò e se ne andò

Rimisi e in moto e aggirando piano il luogo dell’incidente osservai le macchine coinvolte finché non si vide la moto distrutta, tutta nera e una paura cieca mi assalì; l’uomo aveva parlato di una ragazza ma non per questo doveva trattarsi di Lei. Poco più in là c’era un carabiniere, lasciai la moto accesa e corsi verso di lui.

-Scusi, sa il nome della ragazza della moto?-

-Tu chi sei?-

-La prego, sa il suo nome?- non poteva, non doveva essere lei.

-No, non abbiamo trovato documenti di riconoscimento-

-D’accordo grazie-

Salii sulla moto e provai a richiamare Ginevra ma dato che non rispondeva, chiamai Andrea per dirgli dell’incidente.

-Riccardo stavo per chiamarti-

-Se ti serve qualcosa va bene ma prima devi aiutarmi a trovare Ginevra perché alla barona c’è stato un incidente e..-

-Riccardo io so dov’è Ginevra-

-Ma certo è con Alice a fare shopping vero?- ero stato stupido a non pensarci prima

-Non è con Alice- non capivo

-E allora dove?-

-Lei…senti non mi va di dirtelo per telefono possiamo incontrarci?- iniziavo ad agitarmi

-Andrea dimmi dove cazzo è-

-Richi per favore…-

-Per favore il cazzo!Dimmi dov’è!-

-E’ lei la ragazza coinvolta nell’incidente…è in coma- non feci nemmeno in tempo ad incazzarmi, piangere, disperarmi o rompere tutto quello che mi capitasse sottomano perché volevo solo raggiungerla. Dopo aver chiesto il nome dell’ospedale accesi la moto e mi concedetti di crollare, di piangere e maledirmi perché forse stavo perdendo la persona più importante della mia vita;lei era la mia vita.

 

1° GIORNO DI COMA

POV GINEVRA:

 

Iniziai a sentire in lontananza uno strano rumore che faceva bip ogni due secondi così aprii gli occhi per cercare di capire dove mi trovavo: bianco. Vedevo solo bianco intorno a me e nient’altro, come se fossi stata rinchiusa in una camera senza mobili; ma non era un bianco triste come quello degli ospedali, era un bianco luminoso che infondeva tranquillità e pace. L’ultima cosa che ricordavo erano i freni che non funzionavano e il guard-rail che si avvicinava; non sapevo se ero morta eppure era strano pensare che la mia vita si era interrotta, avevo ancora tante cose da fare e soprattutto la cosa che non avrei mai sopportato era non aver detto addio.

Una voce mi chiamò e tremai perché non era una voce qualsiasi, era una voce che pensavo non avrei mai più sentito in vita mia, una voce che mi fece venire le lacrime agli occhi e le gambe molli e quando mi voltai lo vidi in tutta la sua bellezza e semplicità.

-Nicolò…- pronunciai quel  nome sottovoce perché avevo paura che pronunciandolo ad alta voce lui sarebbe scomparso come un bel sogno e questo non lo avrei potuto sopportare. Gli corsi incontro più veloce che potevo e lui mi prese in braccio al volo ridendo come un bambino e accarezzandomi la testa protettivo.

-Stellina mia non sai quanto mi sei mancata- la voce gli tremava mentre io singhiozzavo per la felicità di rivederlo.

-Oddio Niki…ti prego non scomparire, non lasciarmi di nuovo per favore- mi strinsi ancora più forte a lui e nascosi la testa sul suo petto

-Ginny io sono…-

-Ti prego non dirlo- dirlo ad alta voce sarebbe stato troppo doloroso e reale

-Piccolina non sono vivo ma questo non vuol dire che non starò accanto a te…sai, hai fatto un brutto incidente ed ora sei in coma, io ti ho protetta come potevo ma adesso sta a te essere forte e risvegliarti-

In pochi secondi il desiderio di vivere era stato sostituito dal desiderio di rimanere in quel limbo con il mio adorato  Nicolò.

-Non voglio, io voglio rimanere con te, tu sei il mio fratellone non posso vivere senza di te-ripresi a piangere e a guardarlo per cercare di memorizzare ogni singola espressione che faceva. Avrei tanto voluto avere in quel momento una macchina fotografica per scattargli una foto e ricordare ogni singola cosa: la ruga che si formava tra gli occhi quando era preoccupato, i suoi occhi tanto uguali ai miei, il suo sorriso, la fossetta sulla guancia destra.

-Ginny io ci sono sempre stato: c’ero quando mamma e papà ti mandavano dallo psicologo e tu gli rispondevi male, c’ero quando insultavi mamma perché volevi che lei ti odiasse come tu odiavi te stessa, c’ero quando hai tentato di ucciderti e c’ero quando hai conosciuto Riccardo. Per tutto questo tempo non ho fatto altro che starti dietro perché volevo salvarti, ma sono morto e così quando ho visto come Riccardo ti guardava e come si comportava con te, ho capito che era lui la persona più adatta per salvarti  e proteggerti ed è l’unico a cui ti affiderei perché so per certo che ti ama con tutto il suo cuore-

-Lo amo anche io è vero ma tu sei mio fratello e mi manchi da morire, mi mancano i nostri litigi, le nostre serate in poltrona,le nostre pazzie e quando sento il tuo nome è come se una lama mi trafiggesse il cuore perché lo so che sei..morto- piansi ancora e continuai

-ma ho paura, ho paura che con il tempo dimenticherò la tua voce, la tua risata, ogni cosa, anche la più stupida e io non voglio dimenticare niente perché mi sentirei persa, ho paura di andare avanti e lasciarti indietro-

-Piccolina non mi dimenticherai mai e anche se fosse io resterò sempre nel tuo cuore, la morte non è una cosa brutta vedila come un’avventura e di certo non potrà separarci-

-Non ne vale la pena, rimango con te-

-Lo so che è difficile, che a volte sei arrabbiata con il mondo intero e soprattutto con te stessa, che vorresti gridare e piangere e scappare lontano dalla felicità che hai trovato perché pensi di non meritarla, ma la vita è un dono pazzesco e tu sei solo all’inizio di un’avventura lunga e bellissima quindi vivi, vivi per me e per tutte quelle persone che ti amano e ti prometto che veglierò sempre su di te-

-Davvero?-

-E’ una promessa- ci abbracciammo stretti e non potei impedire alle lacrime di scendere

-Lo senti?- mi domandò e fu in quel momento che sentii in lontananza un pianto silenzioso ed ebbi come la sensazione che qualcuno mi stesse accarezzando la mano.

-Cos’è?-

-E’ Riccardo, quando ha saputo di te è corso in ospedale; è disperato, tu sei la cosa che più conti per lui e adesso si incolpa del tuo incidente-

-Ma non è colpa sua- era straziante sentirlo piangere

-Lo so come non è stata colpa tua la mia morte, quindi non colpevolizzarti più e torna da lui, ti aspetta insieme a mamma e papà e a tutti i tuoi amici. Anche loro stanno soffrendo molto perché sei una persona stupenda e riesci a farti voler bene da tutti-

-Tu sei sempre stato il mio angelo custode, lo sai?-

-Sarò sempre il tuo angelo custode- ci abbracciammo un ultima volta e poi lo guardai triste

-E’ arrivato il momento di dirci addio- dissi sottovoce

-*Non dire mai addio, perché dire addio significa andare via e andare via significa dimenticare- sorrise lui

-Ho sempre amato Peter Pan- poi mi spinse e mi sentii trascinata lontana finché non sentii un odore di disinfettante e spalancai gli occhi all’improvviso.

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Hola a tutti :) La scuola finalmente è terminata e quindi avrò moltissimo tempo per scrivere gli ultimi due capitoli di questa storia che fin dall’inizio mi è entrata nel cuore, già adesso sto piangendo, ok la smetto ;) E’ solo che sono particolarmente legata al personaggio di Ginevra perché anche io, senza entrare nel dettaglio, ho avuto dei problemi in passato che mi hanno portata sul fondo ed è stata dura risalire in superficie quindi adesso che tutto sta per finire è come se stessi per chiudere un capitolo della mia vita. Ringrazio tutte le persone che seguono con tanta pazienza la mia storia nonostante i numerosi ritardi e chiedo scusa se sono presenti errori grammaticali.

Un bacio,

Blackshadow

 

 

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Capitolo 22
*** C'era una volta una principessa triste ***


“COS’E UNA SECONDA POSSIBILITA’? PUO ESSERE TUTTO O NIENTE, PUO ESSERE UN DESIDERIO,UNA SPERANZA,UN PERDONO…LA MIA SECONDA POSSIBILITA’ ERA LA CONSAPEVOLEZZA: LA CONSAPEVOLEZZA DI MERITARE LA VITA CHE MI ERA STATA DATA E SOPRATTUTTO LA CONSAPEVOLEZZA DI AVERE ACCANTO A ME LA PERSONA CHE MI AVEVA SALVATA DAL PASSATO E MI AVEVA REGALATO IL PRESENTE E IL FUTURO”

 

 

Smarrimento, sollievo.

Queste furono le sensazioni che provai spalancando gli occhi; la prima perché non sapevo né dove mi trovavo, né il perché il mio corpo era come addormentato ad eccezione della testa e delle braccia, la seconda era più semplice da spiegare: ero sollevata perché la prima cosa che entrò nel mio campo visivo erano gli occhi neri di Riccardo e se lui era qui, ovunque fossi, allora ero al sicuro. Non so perché ma mi guardò stralunato, come se io fossi solo una visione e poi così all’improvviso sussultò e iniziò a ripetere il mio nome accarezzandomi i capelli e baciandomi la fronte. Io invece continuavo a sbattere le palpebre sentendomi confusa come non mai e nonostante cercassi di pronunciare il suo nome la voce non mi usciva e la gola mi faceva male come se fosse stata grattata con una levigatrice. Mi sentivo come se fossi nel cartone della sirenetta che dopo essere andata sulla terraferma aveva perso la sua voce.

-Piccola tranquilla vado a chiamare l’infermiera-

 Di colpo Riccardo scomparve al di là della porta  ed entrarono i miei genitori trafelati, seguiti da Andrea, Alice, Angelo, Marco ed Emiliano; iniziarono ad abbracciarmi e accarezzarmi.

A quel punto mi preoccupai seriamente vedendo tutti lì ed iniziai a muovermi cercando di capire perché il corpo rimaneva immobile finché sentii un dolore lancinante al fianco destro e andai nel panico. Un dottore entrò, seguito da Riccardo proprio quando una macchinetta al mio fianco iniziò a fare dei rumori insistenti.

 

-Ginevra, sono il dottor Tadei, ora ti spiego cosa è successo però puoi farmelo un piccolo favore?- sembrava affidabile e cordiale così annuii piano

-Questa macchina-e indicò quella al mio fianco-controlla i tuoi parametri e suona quando il battito cardiaco è troppo basso o troppo alto, ora è troppo alto quindi fai un bel respiro e tranquillizzati sei in buone mani- iniziai a fare dei grandi respiri e il rumore si fermò ma nonostante questo iniziai a sentire un dolore sordo al fianco destro.

-Signori devo chiedervi di uscire perché devo farle alcuni controlli, dopo potrete rientrare- uscirono con calma tranne Riccardo.

-Anche lei-

-La prego mi faccia rimanere,starò in silenzio- il dottore sospirò e acconsentì, dopo si avvicinò a me e mi sorrise.

-Allora Ginevra ti sarai accorta che non riesci a parlare- annuii silenziosa- questo è dovuto al coma, ma già da domani ti ritornerà la voce, è questione di ore- spalancai gli occhi per la sorpresa,coma?...e poi una lampadina nella mia testa si accese, mi ricordai lo schianto e il buio subito dopo, ma c’era qualcosa ai margini dei ricordi…qualcosa d’ importante che non riuscivo a ricordare.

-Sei stata in coma per una settimana, ma questo per fortuna non ha causato danni permanenti, tuttavia a seguito dell’incidente hai riportato due costole rotte, una delle quali stava per perforare il fegato, che guariranno in uno, due mesi, varie escoriazioni su tutto il corpo e un taglio sulla spalla sinistra, a cui abbiamo messo quattro punti, causato dalle lamiere- una lacrima scese senza che la potessi fermare e cercai Riccardo con lo sguardo, lui capì e mi venne subito vicino.

Dopo che il medico mi diede una serie di rassicurazioni e mi ebbe controllato uscì dalla stanza promettendo a Riccardo, visibilmente preoccupato, che mi sarei ripresa.

Il resto del gruppo invece piombò nuovamente nella stanza mentre Riccardo non si staccava neanche un secondo da me come un perfetto cane da guardia; dopo una decina di minuti sentii uno strano torpore forse dovuto agli antidolorifici che mi aveva somministrato il medico e prima ancora che me ne potessi accorgere, le palpebre mi si chiusero  mentre osservavo il cielo arancione fuori dalla finestra.

 

Avete presente quando nei film un attore sta per morire e gli scorre tutta la vita davanti; infanzia, adolescenza, vita adulta, errori compresi? Fu esattamente così…sognai una Ginevra di otto anni che giocava felice a nascondino con il suo fratellino, inconsapevole di quello che sarebbe successo nel futuro, una Ginevra di dieci anni che correva intorno all’albero di natale, un Nicolò di tredici anni che sbavava dietro un amica di Ginevra, fino ad arrivare ai momenti bui: la macchina che ci veniva addosso, il tentativo di suicidio,la depressione,e l’incidente, finché non ricordai quella cosa tanto importante che avevo dimenticato dopo il risveglio.

 

POV RICCARDO:

Erano le sette di mattina ed ero appena andato a prenderle un  cornetto convinto di trovarla ancora addormentata , che quando spalancai la porta della sua camera e la trovai sorridente accanto alla finestra per poco non mi venne un infarto. Mi avvicinai in fretta con la paura che potesse cadere e la portai verso il letto.

-Ma insomma piccola,ti sei svegliata solo ieri sera e già ti sei alzata…questi giorni sono stati un inferno e non immagini nemmeno quante preghiere e suppliche ho fatto per farti tornare da me, è stata colpa mia e non..-

-Basta- mi bloccò con un tono stanco

-Non è stata colpa tua, ho scelto io di venire nonostante tu mi avessi detto di no e io…-iniziò a ridere, ma una risata di cuore –sono stata una stupida a non capirlo prima, era così evidente, eppure le cose le vedi solo quando ti stanno sfuggendo dalle dita-

-Gin non sto capendo-

-E’ semplice, semplice come la vita…finora ho vissuto come se fossi una vittima sacrificale, pensavo fosse normale ma soprattutto giusto che io dovessi morire o essere infelice invece quando sono arrivata al limite e stavo davvero raggiungendo il mio scopo, ho capito, o meglio Nicolò mi ha fatto capire quanto io ci tenessi a restare in vita per me ma anche per noi- mi guardò e con quello sguardo mi trasmise tutto l’amore che aveva per me e la baciai, la baciai come se non ci fosse un domani, perché l’unica cosa importante in quel momento e per sempre era lei,eravamo noi e finché fossimo stati insieme tutto il resto poteva anche passare in secondo piano.

 

-No, no e ancora, mi sono stufata dottore- io intanto me la ridevo sotto i baffi

-Ma Ginevra sarebbe meglio se..-

-Nessun ma, dottore, oggi ritorno a casa punto e basta; prenderò tutte le medicine,farò un pò di movimento per le gambe e starò attenta a come mi muovo, promesso-

-D’accordo vado a preparare le carte per farti dimettere-

Quando uscì dalla stanza scoppiai a ridere e  l’abbracciai stando attento a non stringerla a causa delle costole doloranti, lei mi tirò un buffetto sulla nuca e mi baciò.

Era passata una settimana da quando si era svegliata e aveva deciso che non sarebbe rimasta la dentro neanche un minuto di più e la capivo, perciò di li a breve il dottore ci avrebbe portato le carte da firmare e saremmo finalmente tornati a casa.

 

-Come fai a dire se una persona è forte?- la guardai negli occhi alla ricerca di qualche lacrima trattenuta ma l’unica cosa che vidi erano due occhi sorridenti e un viso sereno e allora capii che la risposta a quella domanda era in lei

-Penso che una persona è forte quando si comporta come te- le dissi

-In che senso?-

-Una persona è forte quando nonostante tutto reagisce, quando sorride per non far preoccupare gli altri, quando trattiene tutto dentro pur di non essere un peso, una persona è forte quando arrivata sul fondo trova la forza di rialzarsi e tu lo sei, sei tutto questo e io ne sono orgoglioso-

-Sai credo di essere pazza eppure sono certa di aver parlato con Nicolò quando ero in coma- la guardai con dolcezza

-Amore non so se hai sognato o se lui ha trovato un modo per aiutarti ma sono sicuro che se potesse vederti si sentirebbe il fratello più fortunato del mondo- gli baciai la mano e sospirai ripensando che avrei potuto non toccarla più,né vederla,parlarle,farci l’amore e questo pensiero mi mandava ancora nel panico.

 

POV GINEVRA:

Lo guardai e capii al volo a cosa stava pensando: era così strano e maledettamente bello riuscire a capire un'altra persona solo con uno sguardo eppure Riccardo era un libro aperto per me.

-E’ un bel problema sai?- lui alzò lo sguardo incuriosito dal mio tono di voce

-Cosa?-

-L’amore: -sorrisi- è capace di cambiare del tutto le persone,di renderle pazze-

-E questo è un male?-chiese con voce suadente avvicinandosi

-Be…dipende- stetti al gioco e mi morsi il labbro

-Da cosa?-

-Da quanto sei disposto a sopportarmi,perché non ho più intenzione di staccarmi da te-

-Allora penso che ti sopporterò per molto tempo-

-Mmh Mm-annuii baciandolo e gli dissi per la centesima volta che l’amavo e poi iniziai a pensare

-E adesso che si fa?- gli chiesi seria e lui capì a cosa mi riferivo

-Adesso vai avanti e combatti,mia piccola guerriera-

-E tu?-

-Io sarò sempre appiccicato a te,pronto a prenderti tutte le volte che inciamperai sul marciapiede- scoppiai a ridere

-Per sempre?-

-No…all’infinito-

-Non ti piace il per sempre?- gli chiesi sorridente

-Il per sempre è una promessa che tutti fanno ma quasi nessuno mantiene,l’infinito invece mi sembra più realistico-

-Mi sembra un ragionamento corretto- lo presi in giro

-Ovvio,sono il più intelligente della classe-

-Ecco che arriva-

-Chi?- mi chiese confuso

-Il tipico egocentrismo dei ragazzi-

-Ah ah ah miss ritardataria-

-Ehi,non sono mai in ritardo, è il tempo che scorre troppo veloce-

-Ora vuoi dare la colpa al tempo?- alzò il sopracciglio e fece il tipico sorrisetto di vittoria

-Si, mai sentito parlare di buchi spazio-temporali?- scoppiò a ridere e mi trascinò fuori dalla stanza

Durante tutto il tragitto dall’ospedale a casa mi mantenne e fu anche la mia ombra in tutta casa tanto che dovetti minacciarlo e tirare in causa la mia privacy pur di convincerlo a lasciarmi andare in bagno da sola. Fu triste dover dire addio a mamma,papà e ai ragazzi ma erano tranquilli di lasciarmi in buone mani e per questo la presenza di Riccardo servì a farmi passare la tristezza. Lui era come un porto sicuro dopo una tempesta,  e ormai non avevo più paura di appoggiarmi o dipendere da un’altra persona perché non era debolezza e sapevo che lui ci sarebbe sempre stato.

Per quanto riguarda il sogno su Nicolò, ne parlai con il medico e lui ovviamente fu scettico tuttavia mi disse che  una persona non può mai dirsi certa di una cosa, in questi casi si può scegliere di avere fiducia e crederci oppure lasciar perdere e dimenticare; se fossi la Ginevra di un tempo, ora starei a piangere cercando di capire se crederci o no ma quella Ginevra insicura e terrorizzata ormai non c’è più e ho deciso di crederci.

Non mi ero mai accorta di essere forte,è stato lui che me lo ha fatto capire, che mi ha detto che non c’era sempre bisogno di trattenere le lacrime e sorridere a tutti perché sono sempre i più forti quelli che cadono per primi ma non importa quanto sarà lunga e profonda la caduta, l’importante è rialzarsi:sempre. 

 

3 SETTIMANE DOPO:

 

Eravamo ormai a fine aprile, tutta la nostra classe era partita per cinque giorni in Spagna ad eccezione mia che ero ancora in via di guarigione e di Riccardo che non aveva sentito ragioni e voleva a tutti i costi rimanere con me, promettendomi che una volta finiti gli esami saremmo partiti per un lungo viaggio. Nonostante questo mi rendesse felice, l’unica cosa che avrebbe riempito i pensieri fino a luglio sarebbe stata gli “esami”: una parola,cinque lettere e tre sillabe capaci di incutere terrore a qualsiasi ragazzo/a di ultimo anno,per giunta a fine aprile. Non sapevo se ridere o piangere e Riccardo ovviamente senza nessuno in tutta casa eccetto me, si dedicò al suo passatempo preferito: distrarmi. Quando si metteva era peggio di un bambino; ieri pomeriggio mentre sfogliavo il libro di latino mi lanciò una coppa di pop-corn addosso; stamattina mentre ero distesa a ripetere vecchie regole di grammatica mi ha arrotolata nel tappeto; invece esattamente cinque minuti fa mi ha bendata dicendomi di aspettare e quando ho riaperto gli occhi mi sono trovata davanti una di quelle piscinette per bambini piena fino all’orlo di marshmallow di ogni forma e colore e sono letteralmente impazzita. Come si fa a non amare un ragazzo del genere? Sarebbe come chiedere al sole di non sorgere o alle stelle di non brillare, è una cosa assolutamente ed essenzialmente impossibile.

Se mi chiedessero se sono felice ovviamente risponderei di si e forse solo ora ne capisco il significato; senza tutto quel rancore verso me stessa e senza il dolore non avrei mai potuto capire cos’è, la felicità.

-Perché mi guardi così?- mi chiese dolce Riccardo

-Perché sei la mia felicità-

-Piccola, quando dici queste frasi dolci mi fai venire voglia di baciarti fino a consumarti quelle tue labbra bellissime e di tenerti prigioniera a vita nella camera da letto- risi forte e mi trascinò su di lui dal lato destro del divano

-E questo cos’è?- prese un foglietto tutto sgualcito che era rimasto nascosto sotto la mia coscia e lo lesse ad altavoce:

 

C’era una volta una principessa triste,

si era smarrita in bosco scuro e minaccioso,

camminava da giorni e ormai era troppo stanca per continuare.

 

C’era una volta un principe che non credeva all’amore,

aveva conosciuto tante fanciulle ma nessuna era la sua principessa,

ed ormai era stanco di cercare.

 

C’era una volta una stella, che dispiaciuta per i due giovani

Fece in modo che il principe trovasse la sua principessa.

 

C’erano una volta un principe e una principessa,

lei aveva trovato la felicità e lui aveva trovato l’amore,

e vissero finalmente felici e contenti.

 

                                                                -Ginny

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Ho deciso di chiudere quest’ultimo capitolo così, con qualche riga poetica scritta da Gin mentre si annoiava in ospedale, ma non temete ci sarà un epilogo conclusivo perché proprio non ce la faccio ad abbandonare questi due pazzi anzi a volte mi sento pazza io stessa perché spesso mi è capitato di pensare: e adesso Gin che farebbe al mio posto? E Riccardo come la prenderebbe?

Lo so è corto rispetto agli altri ma siamo ormai giunti alla fine e penso che troppe parole sarebbero superflue,è più bello chiudere gli occhi e immaginarli abbracciati sul divano o che si inseguono per casa con la farina o con le caramelle; vorrei proprio che appena pubblicherò l’epilogo e terminerete di leggerlo chiudiate per un secondo gli occhi e li immaginiate felici e innamorati. Vorrei ancora una volta ringraziare le persone che hanno letto e fatto il tifo per questa strana coppia e per concludere ricordatevi che qualunque cosa abbiate fatto o ricevuto, non è la fine, ci sarà sempre una seconda possibilità, quindi vi lascio citando la stessa frase di Riccardo a Ginevra:

-Adesso vai avanti e combatti, mia piccola guerriera-

 

Baci,

BlackShadow

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 23
*** 10 ANNI DOPO... ***


“NESSUN GIORNO E’ UGUALE ALL’ALTRO, OGNI MATTINA PORTA CON SE’ UN PARTICOLARE MIRACOLO, IL PROPRIO MOMENTO MAGICO, NEL QUALE I VECCHI UNIVERSI VENGONO DISTRUTTI E SI CREANO NUOVE STELLE.”

                                                                  -Paulo Coelho

10 anni dopo…

 

POV ALICE:

 

-Mamma ma sta nasciendo la mia solellina? Mamma? Ora gioca con me?- ero così concentrata a fissare la porta della stanza che mi accorsi della presenza del mio piccolo solo quando mi tirò la giacca.

-Lucas, amore! Ma papà dov’è?-

-Lì-  indicò il corridoio dietro di me e mi voltai sorridente

-Tesoro ha gia partorito?- Andrea arrivò con un mazzo di girasoli e prese Lucas in braccio, feci segno di no e continuai a fissare la porta; Riccardo mi aveva chiamato un’ora prima mentre Andrea aveva portato al parco Lucas visto che era una domenica mattina soleggiata di fine aprile e io pulivo casa. Avevo buttato tutto all’aria ed ora corsa all’ospedale perché non potevo perdermi la nascita della prima figlia di Ginevra ed ero emozionantissima.

-Dove sta la mia solellina?Voglio giocare mamma- sorrisi allegra a quell’angioletto biondo e gli scoccai un bacio sul naso.

-Piccolo non è la tua sorellina ma è come se lo fosse-

-E’ la mia finta solella?-

-Si amore ma non puoi giocare con lei, è molto piccola- mi fissò con quegli occhioni azzurro cielo e mise le braccia incrociate per farmi capire che era arrabbiato.

-Ehi campione potrai giocare ma devi promettere che starai sempre attento a lei e non fai il bambino cattivo-

-Promesso-

Sarebbe stata una lunga attesa e così mentre Andrea portava Lucas a fare una passeggiata, lo osservai trotterellare al fianco del padre; erano stupendi insieme. Lucas era la miniatura del padre ma solo dal punto di vista fisico perché caratterialmente era diverso sia da lui che da me, in effetti ci chiedevamo continuamente da chi avesse preso: era intelligente come pochi bambini di due anni erano, esageratamente espansivo, iperattivo, permaloso, cocciuto e indipendente. Quando mai si è visto un bambino di due anni che vuole lavarsi, vestirsi e dormire da solo? Era decisamente fuori dal comune e se ne accorgevano tutti, parenti e sconosciuti, ma in maniera positiva. Ero decisamente orgogliosa di mio figlio come lo era anche Andrea che lo idolatrava e viziava come un piccolo Buddha.

Ero davvero felice degli obbiettivi raggiunti: io e Andrea ci eravamo sposati tre anni fa con una cerimonia abbastanza semplice e insieme a noi si erano sposati anche Ginevra e Riccardo. Avevo sempre avuto il terrore che finito il liceo ognuno avrebbe preso strade diverse e ci saremmo inevitabilmente divisi invece Ginevra e Riccardo erano rimasti qui a Milano e tutto era andato per il meglio ad eccezione di alcune irruzioni alle tre o alle quattro di notte in cui quei due pazzi si presentavano alla nostra porta con le valigie in mano, ci lasciavano il cane e partivano in piena notte per mete lontane. Con l’arrivo a sorpresa poi di Lucas due anni prima eravamo diventati un’unica grande famiglia: nonostante il lavoro e i mille impegni riuscivamo sempre a trascorrere la serata insieme, e la domenica facevamo sempre qualcosa di speciale e divertente. Erano più i giorni che Lucas passava a casa di Riccardo e Ginevra che quelli che trascorreva con noi e purtroppo quando si metteva in testa qualcosa non c’era verso di fargli cambiare idea: adorava giocare con Riccardo e Ginevra gli preparava sempre la torta al cioccolato che adorava. Basta un po’ di cioccolato per corrompere un bambino e convincerlo a rimettere la cucina in ordine: Ginevra riusciva sempre a farsi ascoltare, cosa che a me non riusciva quasi mai e se  non fosse stato per lei Lucas non si sarebbe fatto il vaccino la settimana prima.

Era ormai mezzogiorno passato quando Andrea ritornò con Lucas per avere notizie.

-Nessuna notizia?-

-Non è ancora uscito..- e fu proprio in quel momento che Riccardo spalancò la porta sorridente e vedendoci ci corse incontro raggiante.

-E’ nata ed è semplicemente…bellissima, dovete vederla è meravigliosa e piena di capelli- rise di una risata pura e cristallina e lo abbracciai contenta.

-Auguri neopapà- disse felice Andrea dandogli una pacca sulla spalla

-Auguri- ripeté Lucas

-Posso vederla?- continuò poi curioso

-Certo campione vieni- Riccardo lo prese in braccio e ci fece strada verso il vetro del nido, una volta arrivati ci indicò una neonata  che stavano appena mettendo nell’incubatrice  e spalancai la bocca estasiata;era minuscola ma muoveva gambe e braccia come una combattente nata, aveva una folta massa di capelli nerissima e degli occhi altrettanto neri: sperai che gli occhi non cambiassero perché sembravano il colore del cielo la notte. Era davvero splendida.

-Mamma hai visto quanti capelli?- rise Lucas

-Si tesoro, è bellissima-

Avendo da poco partorito, decidemmo di lasciar riposare Ginevra e passammo tutto il tempo ad osservare la bambina finchè non fu il momento di spostarla nel lettino del nido insieme a tutti gli altri bambini:lì ci fu una tragedia. Quando l’infermiera andò a prendere la piccola di cui Riccardo non aveva voluto dire il nome ( voleva che ce lo dicesse Ginevra) lei iniziò a piangere e Lucas che era accanto a me con uno scatto fulmineo aprì la porta del nido e corse dritto verso l’infermiera che la stava poggiando nel lettino: fece giusto in tempo a poggiarla  che Lucas  tirò un calcio allo stinco dell’infermiera. Io come Riccardo e Andrea eravamo subito corsi ma non eravamo riusciti ad impedire a Lucas quel calcio e feci una serie di scuse mortificata e arrabbiata. Tornati nel corridoio scoppiai come una pentola a pressione:

 

-Adesso tu signorino ti scordi la scuola di calcio questa settimana, niente passeggiate al parco e merenda; queste cose non si fanno, i bambini educati non alzano le mani, soprattutto alle persone adulte, sei stato molto maleducato e dopo andrai a scusarti con l’infermiera- Riccardo e Andrea non misero parola e fissarono il bambino mortificato

-Sei diventato muto? Perché l’hai fatto?- alzò il suo solito sguardo di sfida e parlò

-Quella brutta infermera ha fatto piangere la mia finta solellina e nessuno deve farla piangere- era serio e arrabbiato con me per la sgridata

-Hai ragione piccolo, grazie per quello che hai fatto, allora ti chiedo un favore- Riccardo si inginocchiò accanto a lui e lo fissò intenerito.

-Dovrai sempre proteggerla la tua “solellina”- rise guardandolo

-Si signore- fece il saluto militare e senza aspettarci tornò alla sala del nido a fissare la culla della piccola come un falco senza mai staccare gli occhi dal vetro. Il mio piccolo cavaliere.

 

POV GINEVRA:

 

Ritrovarmi ancora una volta in questo ospedale mi ricordò la notte dell’incidente di oltre dieci anni fa stavolta però tutto era diverso, io ero diversa, e l’essere qui in questa circostanza era bellissimo perché dopo aver trovato Riccardo non pensavo che ci potesse essere qualcos’altro che mi avrebbe resa altrettanto felice e invece scoprire di essere incinta ) mesi fa aveva rivoluzionato la mia vita, le aveva dato un senso nuovo e ancora una volta mi sentivo grata verso mio fratello e verso quegli sbagli madornali che avevo fatto perché forse senza quelli non avrei trovato Riccardo, non avrei intorno a me tutte queste persone meravigliose e so per certo che senza dolore non avrei mai potuto comprendere l’enorme felicità che provavo in quel momento. Sapere di essere madre era una cosa indescrivibile, non c’erano parole e non avevamo avuto problemi nello scegliere il nome: era stato lui lassù ad ispirarmi. Ed ora che mi ritrovavo quella minuscola creaturina tra le braccia, colei che aveva ascoltato le ninne nanne originali di Riccardo, che si era dovuta adattare ai quintali di marshmallow e cioccolata, che aveva fatto yoga con me nel parco, e che si era sorbita ore e ore di discorsi sul perché delle cose da parte di Lucas, le sorridevo cercando di trasmetterle tutto l’amore che provavo solo con lo sguardo.

-Zia, zia, zia- Lucas spalancò la porta e corse verso il mio letto contento, Riccardo rideva con Andrea mentre Alice sospirò: sapeva che Lucas non poteva fermarlo nessuno. Riccardo mi baciò la guancia e prese in braccio la bambina.

-E’ da stamattina che cerchiamo di indovinare il suo nome, Riccardo non voleva dircelo- sbuffò lei mentre scattava una foto alla piccola. Lui mi guardò come a chiedermi il permesso e io annuii sorridente.

-Come si chiama? Come si chiama? Come si chiama?-

-Lucas!-

-Date il benvenuto a Nicole- esclamò Riccardo e subito Lucas rise contento

-Posso darle un bacino?-

-Certo campione, sulla fronte però- si chinò e le diede un bacio leggero e mi scappò una lacrima, stupidi ormoni.

-E’ un nome bellissimo, lui è fiero di te, lo so- quelle parole bellissime appartenevano ad una voce di donna anziana, stanca eppure felice; l’avrei riconosciuta tra mille ma quando il viso di mia madre seguito da quello di mio padre fecero capolino nella stanza spalancai la bocca per la sorpresa: sapevo chi dovevo ringraziare. Lanciai uno sguardo di gratitudine a Riccardo che mi osservava contento e sorrisi ai miei genitori.

Felice, si ero felice, soddisfatta, si ero soddisfatta, amata, si ero amata, viva, si ero decisamente e magnificamente viva.

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

Avevo deciso di fare questa piccola uscita di scena che come vedete è molto breve semplicemente per darvi un assaggio del loro futuro e ci ho messo così tanto tempo per la mia mente che era piena di idee: farlo o non farlo, farlo in un modo oppure in un altro? Per alcune cose sono un’eterna indecisa, quello che so per certo però è che sono assolutamente felice di voi che per tutto questo tempo avete seguito pazientemente la mia storia, chi scrivendo recensioni, chi leggendo silenziosamente ed io sono ugualmente grata per questo perché so che questi personaggi scaturiti dalla mia mente non sono importanti solo per me ma anche per altre persone e allora mi viene da pensare di avere tanti amici gentili e pazienti che senza avere nulla in cambio si sono fermati a leggere e hanno speso del tempo per me: dare del tempo a qualcuno è la cosa più bella che una persona possa fare. Grazie davvero di cuore. Per finire perché voglio evitare le lacrime, voglio solo informarvi che sto lavorando per fare una continuazione che penso abbiate capito riguarderà Lucas e Nicole. Spero davvero di non avervi delusi e di avervi tenuto compagnia con la mia storia. Un bacione a tutti e mi raccomando non vi scordate che per ogni fine c’è sempre un nuovo inizio e ognuno di noi è capace di rialzarsi e combattere, sempre!

Forza, piccoli combattenti!

 

Blackshadow90

 

 

 

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