Candyman

di Monkey_D_Alyce
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1- Prologo ***
Capitolo 2: *** 2- Una nuova avventura ***
Capitolo 3: *** 3- Run, baby, run! ***



Capitolo 1
*** 1- Prologo ***


 

Candyman

 


1° capitolo: Prologo

 
 
È da minuti che mi rimiro allo specchio del bagno.
No.
Rimirare non è il termine giusto.
Non sono una di quelle ragazze che quando vanno a scuola vogliono sembrare già adulte mettendosi chili di trucco sulla faccia e vestiti striminziti che coprono a malapena il corpo.
 
Rimirare non è il termine giusto…
 
In realtà sto cercando di calmarmi.
Il cuore mi batte all’impazzata, avendo paura che possa uscire dalla cassa toracica da un momento all’altro.
È il mio primo giorno di scuola.
Niente di strano, no?
Per me, invece, sì.
Io ho abbandonato la mia vecchia scuola, i miei vecchi amici per un capriccio di mia madre.
Mi ha rinfacciato come scusa il motivo di un viaggio di lavoro molto lungo.
Balle.
Lei voleva solamente andarsene in vacanza sola soletta col suo amante, fidanzato o quel diavolo che è e mi ha “scaricato” a casa di mio padre e Marco.
Sono figlia di genitori divorziati ed ho un fratello.
Un fratello freddo e distaccato ma che in verità è buono come il pane.
Mi è sempre stato vicino nei momenti di difficoltà e lo è anche adesso, che sto per affrontare la mia nuova avventura.
 
“Emi! Ti vuoi muovere? Faremo tardi!” mi richiama Marco bussando in modo insistente alla porta.
 
Ok.
Mi chiamo Emi Phoenix e ho sedici anni.
Tutti mi reputano schiva e mingherlina…e forse lo sono.
Mi è sempre piaciuto correre fin da quando ero bambina, a causa dei guai che combinavo nei confronti della gente.
La mia frase preferita?
Corri e non voltarti indietro…






Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!
Premetto col dire che questa storia mi è venuta in mente ascoltando una canzone di Christina Aguilera, "
Candyman".
Il testo, non c'entra molto con la storia, però il titolo sì...anche se è un po'sarcastico, dato che con il personaggio che intendo non c'entra molto con l'aggettivo candyman...tutto il contrario xD
Povera sorella di Marco: se ne vedranno di cotte e di crude! xD
Il personaggio di Emi assomiglia fisicamente a Karen Gillan, anche se è molto Emi è più gracilina.
Non ho altro d'aggiungere!
Ci si vede al prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :)))))))))))))

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Capitolo 2
*** 2- Una nuova avventura ***


2° capitolo: Una nuova avventura

 
 
Esco dal bagno, ritrovandomi mio fratello davanti allo stipite della porta.
 
“Ho paura…” dico tutto d’un fiato guardandolo a fondo nei suoi occhi neri.
 
Sono sempre stata una ragazza sincera e non sono capace di dire le bugie.
Questo è uno dei miei pregi e difetti ed è anche il motivo principale per cui ho passato gran parte della mia vita a correre.
Non sono una smidollata.
D’accordo, anch’io ho le mie paure, ma le situazioni le affronto.
Io non corro perché sono fifona.
Corro per salvarmi la vita, in un certo senso.
Avete presente quelle persone schiette e senza peli a lingua? Io sono una di quelle…
 
“Come mai?” mi domanda Marco con fare disinteressato, “ordinandomi” con un gesto del capo di proseguire “la strada” verso i nostri zaini.
“Non voglio conoscere nessun nuovo amico né professore!” ammetto mettendomi le mani tra i capelli sciolti, scompigliandoli leggermente.
“Non dire così, Emi. Andrà tutto bene. Ci sono io con te, no?” domanda tentando di rassicurarmi con uno dei suoi sorrisi rari, ma sempre carichi d’affetto e calore.
“Non è vero…non del tutto…stai solamente con me durante i dieci minuti di ricreazione e la pausa pranzo… o forse neanche quella! Di sicuro vorrai stare con i tuoi compagni di classe. Non voglio essere un peso” dico triste, ma sono sincera.
Non voglio essere un peso per Marco.
Lui ha diritto ai suoi spazi!
Non può farmi da baby-sitter! Nemmeno lo voglio!
 
Mio fratello ghigna sommessamente, però lo noto e lo guardo con perplessità, non capendo che cosa ci sia di così divertente.
“Tranquilla, piccola. Tu non sarai mai un peso. Ti devo confessare una cosa: i miei amici ti vogliono conoscere…soprattutto una persona un po’speciale per me…” spiega stando sul vago, avvolgendo un suo braccio attorno alle mie spalle.
Sento il mio cuore fare una specie di capriola, sentendomi felice.
Adesso arriva la parte migliore!
“Qual è il suo nome???” domando realmente incuriosita, mentre un sorrisino malizioso fa capolinea sulle mia labbra.
“Emi! Dobbiamo andare a scuola!” mi rimprovera ridendo il mio fratellone, spingendomi avanti.
Rido a mia volta e mi preparo per la mia “Guerra”.
 
Giunti a destinazione, comincio a guardarmi in giro con fare frenetico, sentendo il mio respiro farsi leggermente irregolare a causa dell’ansia.
Marco mi stringe delicatamente a sé, inebriandomi con il suo dolce profumo di muschio bianco.
“Tutto bene?” chiede posando un vaporoso bacio tra i miei capelli, facendomi rilassare un poco.
“Ora che ci sei tu a coccolarmi, sì…” gli rispondo guardandolo felice, per poi alzarmi in punta di piedi e schioccargli a mia volta un bacio sulla guancia, sentendo leggermente solletico a causa della sua barbetta appena accennata.
“Tsk! Hai capito la mia ladra di coccole!” esclama fintamente indignato, dandomi un buffetto sulla punta del naso.
 
Forse starete pensando che queste siano cose da diabete, tanto sono dolci, ma state tranquilli.
Non è sempre così.
Come avevo detto mio fratello è sempre stato con me nei momenti di difficoltà, ma non sono mai mancati i litigi e gli sbuffi irritati.
Mi spiego meglio: quando io e Marco litighiamo, io sono quella grida come un’isterica, lui…sbuffa e se ne va da un’altra parte.
È raro vedere mio fratello veramente arrabbiato e sentirlo urlare.
Nemmeno raro.
Unico.
 
All’improvviso scorgo uno strano gruppo di ragazzi chiacchierare e ridere animatamente.
Continuano a darsi pacche sulle spalle e pugni sui bracci quando uno di loro dice una cavolata assurda.
Come accortosi del mio sguardo su di loro, un moretto (molto carino) ci guarda con un sorriso stampato in faccia e si avvicina, seguito a ruota dai suoi amici.
 
Mi stringo di più contro il corpo caldo di mio fratello, sentendolo sbuffare divertito dal mio comportamento.
 
“Olà, Marco! È questa la famosissima Emi?” domanda il moretto avvicinandosi velocemente a noi, facendomi sussultare dalla sorpresa.
Famosissima?
 
Guardo gli arrivati con occhi diffidenti, nemmeno fossero i miei peggior nemici.
So che il mio è un comportamento assurdo, ma diciamo che sono le mie difese.
 
“Sì. Ragazzi, vi presento Emi, mia sorella minore!” esclama mio fratello spingendomi delicatamente verso i ragazzi, abbandonandomi alle loro grinfie.
Gli rivolgo un’occhiata truce, come a dirgli: “Mi hai tradito!”, mentre lui ghigna vittorioso.
 
“Ciao, Emi! Felici di fare la tua conoscenza! Ora ci presentiamo come si deve! Io sono Ace!” esclama il moretto di poco fa prendendo l’iniziativa, porgendomi la mano.
Lo fisso a lungo nei suoi occhi color onice, come per assicurarmi che non sia un soggetto pericoloso, per poi stringergli la mano con insicurezza.
Siamo totalmente differente: lui ha una mano calda e rassicurante, la mia è piccola e gelida.
 
“Tsk! Ace, spostati un po’! Non abbiamo molto tempo per presentarci! E no, non dire che c’è anche la ricreazione e la pausa pranzo, perché io voglio già trattarla come una di famiglia!” sbotta uno strano ragazzo con una acconciatura molto elaborata.
E’ truccato come una geisha!
“Wow!” esclamo colpita dalla sua presenza, richiamando la sua attenzione.
Sapevo che le persone si potevano truccare e vestire come geishe, ma vederle fa tutto un altro effetto, soprattutto se è un maschio.
“Piacere Emi! Io sono Izo!” si presenta stringendomi calorosamente la mano, facendomi sorridere lievemente.
“Molto piacere…” mormoro imbarazzata, cominciando a rilassarmi un poco.
“Ok, ora tocca a me! Io sono Halta! Onorata di fare la tua conoscenza!” entra in scena una ragazza, scostando malamente Izo.
Se non fosse per la sua altezza, direi che è lei il capo di tutti.
Anche se la conosco da nemmeno due secondi, ho potuto notare che si fa rispettare.
L’allegra combriccola finisce di presentarsi in tempo per il suono della campanella che annuncia che la scuola è aperta e che tutti dovremmo dirigerci verso l’atrio o nei corridoi.
 
Marco mi si riavvicina, scompigliandomi i capelli dolcemente:
“Hai ancora paura?” domanda incuriosito, mente i suoi amici ci seguono e origliano.
Faccio un vago gesto con la mano come a dire “così così” e mi volto verso gli altri, regalando loro un sorriso radioso:
“Sono molto contenta di avervi conosciuto! Siete davvero simpatici!”
“E tu che eri preoccupato come un bambino, Marco! Emi, ascoltami bene: ti promettiamo che ti sentirai come a casa e che ti divertirai un mondo con noi!” dice Ace, prendendomi il viso tra le mani.
“Aspetta, tigre. Prima…” tenta di dire mio fratello, ma viene fermato prontamente dal moretto
“Sì, bla, bla, bla, bla! Prima il dovere, poi il piacere! Lo sappiamo…non ascoltarlo, ok?” esclama fintamente scocciato, sussurrandomi le ultime tre parole all’orecchio con fare birichino, per poi “intrappolarmi” il braccio e trascinarmi dentro scuola, mentre gli altri ci guardano lievemente perplessi…
 
“Aspetta, Ace!”- esclamo interrompendo la nostra corsa- “Posso farti una domanda?”
“Tutto quello che vuoi!”
“Sei tu? Il fidanzato di mio fratello, intendo…” dico guardandolo a fondo negli occhi, per poi passare ad osservare tutti i suoi tratti del viso: da alcuni ciuffi di capelli che gli ricadono in modo sbarazzino ai lati delle tempie alle sue lentiggini che rendono il suo viso leggermente infantile, messo in forte contrasto dalle sue labbra carnose e rosee.
“Sì…come hai fatto a…”
“Niente di che! Nessuno, a parte me e i miei genitori, interrompe i suoi discorsi. Benvenuto in famiglia!” lo accolgo sorridente, facendolo ridere di gusto.
Sembra quasi che si sia rilassato…
“Dio! E io che pensavo che tu fossi una specie di “Marco, la vendetta”! Ahahahah! Mi hai sorpreso!”
“Sì, in effetti, io e mio fratello siamo molto diversi… So di essere la sorella minore e so che Marco è capace benissimo di badare a se stesso, però…” cerco di finire la frase, ma lui mi zittisce con un buffetto sulla testa.
“Ti prometto che non lo farò soffrire, ma, e solo “ma”, se questa cosa dovesse accadere, sai dove trovarmi!”
“In effetti no. Non so dove abiti, però ricorrerò alla frase: ti aspetto fuori da scuola!” dico fingendomi minacciosa, risultando solamente un po’buffa.
Ridiamo di gusto entrambi e indietreggio un poco, andando a sbattere inevitabilmente contro qualcuno.
 
“Mi scusi!” esclamo mortificata, girandomi verso lo sconosciuto.
 
V’immaginate la mia reazione difronte ad un ragazzo alto quasi due metri e largo come un armadio?
Ok, forse la parola “armadio” è decisamente offensiva, ma è per spiegare il concetto.
Inoltre, tengo a precisare che per me non contano molto le dimensioni.
Io sono di media statura e gracilina, però sono velocissima a correre.
L’abito non fa il monaco, dice il proverbio.
Questa è un’eccezione: il tipico bullo metal della classe, ecco cos’è.
Capelli rosso fiammeggianti “sparati” in aria e pelle pallida, occhi gialli come quelli di un falco, labbra piene color viola scuro, muscoli pompati, occhiali da aviatore vicino all’attaccatura dei capelli, pantaloni attillati con motivo a giraffa, stivali e cappotto lungo di pelliccia aperto sul davanti, mostrando parte del petto nudo.
Forse è anche uno di quei ragazzi tutto muscoli e niente cervello…
Come posso non poter rimanere a bocca aperta dalla sorpresa?
Ne ho visti, di tipi strani, in giro, ma lui li supera tutti!
 
“Come cazzo hai osato toccarmi, eh?!? E poi, mi spieghi che cazzo vuol dire quel “Mi scusi!”?!? Ti sembro un vecchio rimbambito, per caso?!?” mi domanda con tono furioso e sarcastico l’energumeno, facendomi irritare un pochino.
Non credo che riuscirò a controllare la mia lingua…
“Ti ho già chiesto scusa. Mi dispiace, ok? Non l’ho fatto apposta!” sbotto stringendo le mani, in pugni, talmente forte da farmi sbiancare le nocche e conficcarmi le unghie nei palmi.
“Certo che non l’hai fatto apposta! Eri occupata a ridere, sfigata!” ribatte in risposta, facendomi innervosire ancor di più.
“Tsk! Allora la prossima volta provvederò a chiederti il permesso, bullo idiota!”.
 
Tutti i ragazzi presenti nell’atrio della scuola, occupati a ridacchiare ed a guardarci divertiti per quella situazione, ammutoliscono in un solo istante, abbassando i loro sguardi verso il pavimento.
Ace e gli amici di mio fratello sono dietro di me, mentre Marco mi tira leggermente indietro, per poi farsi spazio tra la gente al fine di evitare qualsiasi altro tipo di litigio…
 
“Ehi, tu, mocciosa dai capelli rossi!”- mi richiama il bullo di poco fa, facendomi fermare di scatto, ma non mi giro per guardarlo- “Potrai pure avere amici che in questo momento ti stanno parando il culo, ma non sarà così per sempre! Non la passerai liscia, soprattutto per il fatto di esserti messa contro di me, Eustass Kidd!”.
 
Una strana sensazione mi avvolge lo stomaco e il petto, come un formicolio fastidioso.
Ho paura, perché so che quel Kidd non ha torto.
Non avrò Marco e i suoi compagni a farmi da guardia del corpo per sempre.
E io non voglio mostrami così debole da necessitarne.
Da quel che ho potuto capire, Kidd è molto rispettato e temuto.
Credo che questo sia uno di quei momenti in cui ti accorgi di una cosa…
Essere nella merda fino al collo.
 
Dopo quel breve diverbio, mio fratello e company mi accompagnano davanti alla soglia di quella che presumo sia la mia classe.
Marco mi prende le spalle e mi guarda in faccia con occhi leggermente irritati e preoccupati.
“Sai di essere nei casini, vero?” domanda con tono neutrale, facendomi annuire in risposta.
“Emi. Kidd non ti tocca perché sei con noi e ci rispetta, in un certo senso. Ma, anche se noi siamo più grandi di lui, non ha problemi a dare cazzotti a chiunque gli dia fastidio…”- aggiunge Ace passandosi una mano sul viso con fare stanco, per poi continuare- “E la cosa brutta è che lui è in classe con te…”
 
Dopo quelle parole, divento apatica.
Non nel senso che non provo più sentimenti di mia spontanea volontà.
Il fatto è che sono talmente terrorizzata e sconvolta da non riuscire a provare nulla che non sia un vuoto dentro al mio animo.
Gelo.
Non so nemmeno cosa sto facendo.
Ho lo sguardo incollato al pavimento, guardando con superficialità le mattonelle grigie a rettangoli posti in modo disordinato da far venire la nausea al solo pensiero.
La mia mente si ostina a voler contare quelle mattonelle e quando perdo il conto, riparto da zero.
Uno, due, tre, quattro, cinque mattonelle schifosamente grigie…
 
“Emi, smettila di contare mentalmente. Non servirà a nulla” commenta mio fratello, risvegliandomi dal mio stato catatonico da malato mentale.
“Lo so! Ma il discorso è un altro: quel bullo idiota è…è…Oddio! Credo che tornerò a casa…” rispondo a tono con fare sconsolato.
“Hai molta paura?” chiede Izo avvicinandosi a me, accarezzandomi dolcemente i capelli.
“No…non molto. Il fatto che mi da fastidio è che sarò in classe con uno stupido tutto muscoli…meglio che si tengano porte e finestre aperte…” dico iniziando a ridere istericamente.
“Perché?” chiede incuriosita Halta, affiancandosi a Izo.
“Perché non devo avere intralci lungo la strada, quando correrò…” rispondo sorridendole energicamente.
Run, baby, run!  E’ per questo che dici questa frase quando qualcuno è nei guai, vero Marco? E’ riferito a tua sorella, giusto?” domanda Ace sprizzando gioia da tutti i pori, mentre i suoi occhi si fanno come più luminosi.
“Almeno non dovrò più sentirti lagnare per questa faccenda!”- esclama mio fratello sollevato- “Comunque sia, sì. E’ riferito ad Emi…”
“Me lo diceva quando gli facevo qualche dispetto di troppo. M’incitava a correre per non farmi prendere da lui…” dico con noncuranza, facendo alzare un sopracciglio a Marco dalla perplessità.
Dicevo? Vorrai dire dico, sorella. Il tuo comportamento non è cambiato di una virgola da quando eri una bambina: silenziosa e combina guai a non finire. Vedi il bisticcio che hai avuto con Kidd” osserva mio fratello con fare ironico, facendomi sbuffare contrita.
“Marco, a me non sembra silenziosa…” commenta Ace con sguardo interessato, come se si stesse concentrando a fondo su un problema di cui non riesce a venirne a capo.
“Fidati: questa sorella pestifera parla poche volte di sua spontanea volontà e se lo fa è per dire quello che pensa al fine di mettersi nei guai. Le altre volte lo fa perché è costretta”
“Non è vero, Marco…”- borbotto infastidita, ricevendo un’occhiata lunga da parte sua- “Ok, è vero…”
 
Il suono della seconda campanella mette fine alla nostra conversazione, facendomi sussultare lievemente.
Un uomo alto con gli occhiali e di corporatura muscolosa con capelli neri leggermente ad afro e dei baffi accompagnati da una barba legata in una treccia, con passo spedito, si avvicina a noi, facendoci girare verso di lui.
 
“Buongiorno ragazzi. Potete andare nella vostra classe. Sei tu, Emi Phoenix?” dice con voce profonda e imperiosa, congedando mio fratello e gli altri per poi rivolgersi a me.
“Sì…” dico con tono di voce un po’ tremante.
“Benvenuta. Io sono il Preside Sengoku. Ora aspettiamo il professore e gli altri, così posso presentarti alla classe” ordina con tono freddo e distaccato, per poi rimanere in completo silenzio.
Di certo, non sarò io a spezzarlo!
Ho tutto il tempo per cercare di calmarmi e prepararmi.
 
Dopo circa due minuti, arriva un uomo avanti con gli anni, anche se i capelli grigi scompigliati e gli occhi vispi e attenti lo rendono più giovanile.
Porta un completo tutto bianco e sotto al braccio un bel po’di libri.
Dietro di lui ci sono tutti gli altri alunni, compreso lui.
 
“Guarda chi si vede! Sengoku! Qual buon vento ti porta qui?” domanda l’uomo sorridendo a trentadue denti.
Il Preside sbuffa irritato per poi rispondere:
“Nuova alunna. Phoenix, questo è Monkey D. Garp, il professore di Italiano”.
Guardo il professore con occhi indagatori, mentre lui mi porge la mano cordiale.
Gliela stringo un po’titubante, per poi essere tirata verso di lui.
Mi arruffa i capelli come se non ci fosse un domani, facendomi salire due lacrimoni agli angoli degli occhi per il dolore.
“Dimmi un po’: tu sei la sorella minore di Marco, giusto? Allora perché non hai i capelli biondi come lui? Non è che per caso sei parente con Kidd, vero?” mi domanda in un sussurro all’orecchio, facendomi scattare sull’attenti appena pronuncia Kidd.
“No! Non sono e non voglio essere in alcun modo parente con quel Kidd!” sbotto in risposta, calcando bene l’ultima parole, facendo incuriosire tutti quanti per il mio tono di voce troppo alto che ho assunto.
La persona che è stata presa in causa mi guarda con sguardo truce, per poi ghignare malignamente, facendo il segno con il pollice e il resto della mano chiusa a pugno che mi taglierà la gola.
Lo fa con una tale lentezza da farmi rabbrividire.
Abbasso lievemente lo sguardo verso il pavimento e quelle maledette mattonelle grigie rettangolari, facendo ridere sommessamente alcuni ragazzi di quella che sarà la mia classe.
“E meno male! Ahahahahah! Almeno non avrò un altro piantagrane!” grida entusiasta Garp, facendo sospirare pesantemente il Preside.
 
“Vabbè, io vado. Buon lavoro, Phoenix. Buona giornata, ragazzi!” si congeda poi e noi, come bravi “soldatini”, rispondiamo al saluto.
 
Il professore fa cenno a tutti d’entrare ed accomodarsi nei propri posti, per poi ordinare a me di stare in piedi di fianco alla cattedra.
Il mio cuore ricomincia la sua corsa come un cavallo imbizzarrito, mentre posso sentire le gambe tremare leggermente dall’emozione e anche da un leggero velo di paura che mi fa respirare affannosamente…
 
“Forza, Phoenix! Presentati come si deve!” esclama Garp affiancandosi a me, mettendomi le mani sulle spalle, cominciando a fare dei massaggi.
No, non sono massaggi.
Questo uomo mi sta rompendo le clavicole e le scapole, facendo un male cane.
“M-Mi chiamo Emi Phoenix ed ho sedici anni” rispondo tentando di trattenere i gemiti di dolore.
“Uhm…a te sembra una presentazione…dettagliata?” chiede guardandomi per un attimo negli occhi.
“Penso che siano le informazioni più importanti e basilari…forse nemmeno l’età può considerarsi basilare, dato che è solo un numero” gli rispondo sicura per poi mordermi l’interno della guancia.
Parlo sempre troppo, cavolo!
“In che senso?”
“Uhm…no, niente. Pensavo ad alta voce…” ribatto torturandomi l’orlo della felpa rossa in continuazione.
“Mhm. Interessante. Abbiamo scoperto qualcosina in più su di te, nevvero, ragazzi?” domanda rivolgendosi verso agli altri alunni, ricevendo in cambio un gran “Sì!” detto con convinzione.
“Killer! Cos’hai “scoperto” su Emi?”
 
Il ragazzo interpellato alza svogliatamente lo sguardo, coperto in parte dalla sua frangia lunga bionda.
“Sincera e…che dice quello che pensa…” risponde con tono di voce profondo e leggermente annoiato.
 
“Tsk! Io aggiungerei anche sfrontata ma anche pappamolle, dato che ha bisogno delle guardie del corpo!” commenta Kidd con tono ironico, facendo ridere tutti quanti.
 
Ho una domanda da pormi: ridono perché trovano veramente divertente questa battuta su di me o lo fanno solamente per assecondarlo?
Credo di non averlo capito molto bene…
Comunque sia, meglio non rispondere.
Non voglio dare inizio ad altri litigi solamente perché lui è un tipo suscettibile e che crede che tutto gli è dovuto come se avesse compiuto chissà quali miracoli.
 
Mi guarda con occhi sprezzanti e pieni di odio, per poi continuare la sua presa in giro:
“Perché non rispondi? Hai paura, per caso?” chiede ghignando, provocando ancora una volta la risata generale.
“Affatto. Non voglio offenderti” rispondo del tutto tranquilla, facendo ammutolire tutti, mentre Kidd tortura la sua matita, sfregandola contro la superficie color panna del banco, come se si stesse arrabbiando.
“Oh…quindi sei anche capace di offendere?” domanda sorridendo sarcasticamente.
“Beh…credo che tutti ne siano capaci…”
“Ti ascolto: offendimi!” mi provoca alzando lo sguardo dal suo operato contro la povera matita, fermandosi per un momento.
“No”
“Allora hai paura…pappamolle”
“Non ho affatto paura.”
Bene! Allora sei non hai paura vieni a dire ciò che pensi di me, guardandomi dritto negli occhi!” esclama irritandosi ancor di più.
Perché Garp non interviene?
Perché se ne sta lì, a guardarci con interesse, come se stesse guardando un nuovo film in uscita nei cinema?
 
“Ho detto no” continuo imperterrita, stringendo le mani attorno alla stoffa della felpa, stropicciandone l’orlo con fare nervoso.
 
Pappamolle…” ribatte cantilenando guardandomi a fondo negli occhi.
 
A quel punto, non riesco più a resistere e mi difendo:
“Spiegami una cosa: sei nato così o sei diventato stupido perché sei caduto dalla sedia mentre mangiavi quando eri piccolo? Forse hai preso una bella brutta botta in testa e adesso parli solamente per far entrare l’aria nella bocca e per non andare dal logopedista più avanti” osservo con tono serio e calmo, interrompendolo.
 
Ancora con la matita in mano, in un unico gesto la spezza in due, mentre piccole schegge volano poco lontane, accompagnate da alcuni pezzi di mina sbriciolati in polvere piuttosto fine.
Tutti, tranne me, Garp e Killer abbassano lo sguardo sul proprio banco, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi.
 
“Ritira ciò che hai detto, stupida mocciosa dai capelli rossi” sibila digrignando i denti, guardandomi con occhi carichi di astio.
“Hai chiesto tu di offenderti” dico con tono noncurante, facendolo infuriare ancor di più.
 
Si alza di scatto dalla sedia e sta per avvicinarsi a noi, ma il professore lo ferma:
“Basta così. Vi siete conosciuti abbastanza. Emi, puoi andarti a sedere” decreta Garp sedendosi a sua volta, facendomi cenno con una mano di accomodarmi.
 
Guardo tutta la classe, cercando un posto vuoto, ma l’unico presente è quello vicino a Kidd e a Killer.
Mi dirigo silenziosamente verso il mio posto, senza fiatare per poi giungere alla meta.
Mentre mi siedo getto un’occhiata discreta alla sedia per assicurarmi che non abbiano messo qualche giochetto stupido come quei palloncini che appena li schiacci emettono peti a non finire o la colla.
 
“Ok. Possiamo iniziare la lezione: prendete il vostro libro e andate a pagina 103. Spero abbiate fatto i compiti, perché questa volta non chiuderò più un occhio!” commenta Garp ringhiando sommessamente, passando i suoi occhi sugli alunni con fare calcolato.
 
Avete mai provato a sentire un brivido lungo la schiena quando una vecchia porta si apre cigolando in modo sinistro?
Quello era l’effetto che faceva Garp: metteva i brividi.
E li aveva messi pure a me, anche se ero giustificata…
 
Dopo aver preso il quaderno dal mio zaino, lo apro su una pagina bianca e comincio a scribacchiare le cose dette dal professore che ritengo fondamentali.
Sento lo sguardo furibondo di Kidd poggiato su di me e in questo momento non riesco a non ringraziare Dio del fatto che tra noi due ci sia Killer in mezzo, facendo da “separatore” umano.
 
“Lo sai di essere nei guai?” mi sento domandare in un sussurro, facendomi girare verso il mio interlocutore.
Anche il resto dei suoi capelli biondi sono lunghi: gli raggiungono la vita.
Devo ammettere che assomiglia un po’ ad un hippy con quella camicia a pois blu e nera aperta leggermente sul davanti e i suoi jeans sgualciti accompagnati da stivaletti alti fin sopra la caviglia.
 
“Vedo che tutti la pensate allo stesso modo. Sono contenta” gli rispondo con sarcasmo, facendolo sospirare.
“Emi, ti consiglio di non peggiorare le cose: Kidd è un violento e non sto scherzando” mi mormora vicino all’orecchio.
 
Guardo l’oggetto delle nostre attenzioni con la coda dell’occhio e noto che di tanto in tanto lancia lievi ringhi in mia direzione, provandomi ad uccidere con la sola forza di uno sguardo o del pensiero, chissà.
 
“Ti ringrazio del consiglio, Killer, ma oramai il dado è stato tratto. Non credo che il tuo amico plachi il suo odio nei miei confronti se non gli rivolgo più la parola o gli chieda scusa…” osservo guardando il foglio “macchiato” di parole d’inchiostro.
 
Ho sempre pensato che tutte le persone fossero dei fogli bianchi, puri, oppure le pagine di un quaderno.
Man mano che i giorni passano, questi fogli si riempiono di scritte che in un qual modo rimarranno impressi nel nostro animo e nella nostra mente, anche se alcune “frasi” o “paragrafi” verranno dimenticati in un angolo nascosto e oscuro, per poi ritornare allo scoperto quando meno te l’aspetti.
Queste parole possono avere natura diversa: buona o cattiva.
Scatenano una reazione a catena e per quanto possano sembrare insignificanti, possono provocare eventi futuri che ci sconvolgeranno.
Non lo dico per annoiarvi, ma alla fine, questo discorso che forse può sembrare lungo e infinito, descrive alla perfezione questa situazione.
Io e Kidd, ci odiamo.
O meglio.
Lui odia me.
Sinceramente io non provo nulla nei suoi confronti e in tutti questi miei sedici anni di vita, ho odiato molto poco, e in questo momento odio qualcuno, lo ammetto.
Odiare mi fa schifo.
Preferisco mille volte ascoltare e incassare insulti di vario genere che provare odio.
Nelle poche volte che ho provato una cosa simile, mi è sempre venuto lo strano desiderio di picchiare a sangue qualcuno e continuare ad urlare fino a che non mi si fossero “rotte” le corde vocali.
Di certo, non posso dire: Kidd, mi stai simpatico.
Lui non lo è per niente, dato l’effetto che fa sulle persone.
Diciamo che provo rabbia nei suoi confronti, ma non odio.
Voglio solamente essere lasciata in pace e provare odio verso la mamma per avermi abbandonata in questo modo: ho  sempre cercato di non essere un peso per lei e quando lei non era presente (da quando lei e mio padre hanno divorziato non è mai stata presente) ho imparato a cavarmela da sola.
Quindi…non ho molto da dire.
Alla fine non mi ha scaricata adesso, facendomi trasferire in modo quasi permanente, credo, da papà e Marco.
Lei mi ha voltato le spalle già da tempo…
 
All’improvviso, sento una pressione molto forte sul braccio, facendomi “rinvenire” dal mio corso di pensieri.
Pongo il mio sguardo sulla persona che ha reclamato con così tanta violenza la mia attenzione, facendomi dischiudere leggermente le labbra dalla sorpresa.
“Oh…” dico con tono flebile, tanto da sembrare quasi una specie di gemito scappato involontariamente.
I suoi occhi gialli come quelli di un falco “incatenano” i miei, incuriosendomi un poco.
“Come hai detto tu, mocciosa, le tue stupide scuse non serviranno a un bel niente. Ti posso assicurare che ti farò vivere le Pene dell’Inferno”.




Angolo di Alyce: Buonaseraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!
Non vogliatemi male se il prologo era cortissimo e questo secondo capitolo è un papiro infinito.
Vi risparmio la frase. tu
non sei normale!
Passiamo ad altro!
La nostra carissima
Emi conosce in nostro caro Kidd!
Pace e amore!
Sì, qui è tutto il contrario: guerra e odio ^_^''
Trovavo Kidd estremamente adorabile, soprattutto quando ha detto: "Ti sembro un vecchio rimbambito, per caso?!?"
Sono morta dal ridere da sola xD
Povera Emi: ne passerà di tutti i colori!!!
In questa FF ci sarà anche la coppia Ace/Marco!
Dio, quanto sono pucci!!!!!! *^*
Voi, che ne pensate?????
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))

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Capitolo 3
*** 3- Run, baby, run! ***


3° capitolo: Run, baby, run!

 
 
Il resto della mia prima giornata di scuola passa piuttosto tranquillamente.
Ho avuto l’opportunità di conoscere meglio gli amici di mio fratello e Ace.
Devo dire che quando Marco è con Ace è un’altra persona: è più partecipe alle situazioni e parla molto di più e questo non può che rendermi entusiasta.
A me non interessa se si è fidanzato con un ragazzo.
Quello che conta è che lui si senta libero e felice con la persona che ama.
 
Non ho fatto molte altre conoscenze, se non quella di Killer.
Nonostante sia silenzioso, è simpatico e non è come Kidd.
Sono molto diversi: Eustass è violento e perde la ragione appena gli rivolgi una parola di troppo, Killer, invece, è molto paziente e riesce a tenere sotto controllo quel bullo metal.
 
Fortunatamente, a parte qualche ringhio e occhiataccia, non abbiamo litigato.
Certo, qualche volta mi punzecchiava con qualche commento sarcastico nei miei confronti, ma nulla di più…
 
Fino adesso…
 
Dopo che è suonata la campanella della fine delle lezioni, sono uscita dalla classe, aspettando mio fratello.
È arrivato dopo circa due minuti, avvertendomi di non aspettarmi per tornare a casa, poiché doveva parlare con alcuni professori riguardo la mia situazione.
 
Ed ora, eccomi qui, che sto uscendo da scuola un po’cupa in volto, masticando qualche volta delle imprecazioni verso mia madre…
 
Continuando a guardare per terra, all’improvviso, “spuntano” degli stivali a me conosciuti, facendomi alzare lo sguardo verso Kidd.
Un tremito mi percorre tutta la lunghezza della colonna vertebrale, vedendo un sorriso cattivo increspargli le sue labbra viola.
 
“Ciao, pappamolle…” mi saluta avvicinandosi ancor più a me, facendomi indietreggiare istintivamente.
 
Non c’è nessun altro, a parte noi due.
La piccola piazzetta della scuola è completamente vuota, rendendo la situazione ancor più agitata.
Almeno non ha dei complici che possano aiutarlo.
Getto un’altra occhiata veloce in giro, notando una via di fuga sulla mia destra.
“C-Che cosa vuoi?” gli chiedo cominciando a spostarmi di un poco lontano da lui, dandogli le spalle.
“Ti avevo promesso che ti avrei fatto passare le Pene dell’Inferno. Beh, eccomi qui…” risponde avvicinando il suo volto al mio orecchio, facendomi sobbalzare.
Che vorrà fare? Picchiarmi? Insultarmi finché ha fiato in corpo? Tagliarmi i capelli con un coltellino?
Che cosa?
 
Avvertendo un piccolo movimento d’aria vicino al collo, compio uno scatto in avanti, per poi uscire il più in fretta possibile dall’uscita secondaria che avevo avvistato.
Se avessi preso la via del cancello principale, non ci avrebbe messo molto a raggiungermi e farmi del male.
Sento i suoi passi veloci dietro di me e giro di un poco il busto verso di lui, mentre alcune ciocche dei miei capelli mi coprono parte degli occhi, facendomi perdere l’uso della vista per alcuni secondi.
Gli sposto velocemente con un gesto della mano e vedo Kidd abbastanza vicino a me.
Nonostante sia tutto muscoli e un gigante, è molto veloce.
Mi rigiro e aumento la velocità della mia corsa, sentendo il cuore battere con ritmo incessante, rimbombando nella mia testa.
Le gambe sono come fuoco e i collant che indosso, accompagnati dalla mia gonna di jeans, peggiorano la situazione.
Minimizzano il mio passo e questo è un grandissimo svantaggio.
 
Le stradine che brulicano di persone che ritornano al lavoro ci guardano incuriositi, fermandosi.
Schivo per un pelo una coppia di anziani sbucati da chissà dove, rischiando persino di prendere una storta.
Kidd, invece, continua a ridere, divertito da questa situazione assurda.
E tutto per colpa di un piccolo incidente…
 
“Pappamolle! Non riuscirai a scappare da me!” esclama gridando.
 
Non mi volto e continuo a correre imperterrita, sviando a sinistra.
Delle scale mi colgono di sorpresa e inciampando in esse, cado rovinosamente a terra, sbucciandomi i palmi delle mani contro i piccoli mattoncini quadrati.
Kidd si avvicina sempre più…
 
Avanti, muoviti Emi! Ti sta raggiungendo! Alza il culo e ricomincia a correre, Santo Cielo!
 
Mi rialzo con non poche difficoltà, sentendo la gamba sinistra su cui sono caduta, dolorante, ma decido di non farci caso.
Salgo velocemente le scale, sentendo i polmoni e la gola bruciare come le fiamme dell’Inferno.
Le tempie pulsano in continuazione e le mani tremano.
 
Kidd, nel frattempo, ha recuperato terreno, e ora non mancano nemmeno cinque metri di distanza.
Mi faccio spazio tra la gente, spintonando e chiedendo “scusa” e “permesso” in continuazione alle loro grida di disappunto.
 
L’inizio di un mercato della città mi fa sbarrare gli occhi, sicura del fatto che sarà molto più difficile sfuggire alle grinfie del bullo metal che mi è alle calcagna.
Chiudo gli occhi per alcuni istanti, per poi riaprirli e prepararmi al peggio.
 
Ammassi di persone mi bloccano la strada, ma anche Kidd è in difficoltà e dopo alcuni secondi, riesco a seminarlo.
 
Mi fermo e cominciò a guardarmi in giro con fare frenetico fino a che il mio sguardo non incrocia un vicolo piuttosto buio e stretto.
Corro lì dentro e percorrendo alcuni metri, vedo una luce che da su un’altra stradina.
Giro a destra e mi appoggio al muro, prendendo fiato.
 
Qui non c’è molta gente e le poche che circolano sono solamente anziani e alcuni uomini e donne che camminano a passo svelto con una ventiquattro ore in una mano e il cellulare da un’altra.
Comincio a vagare con i pensieri, tanto che non sento la presenza di Kidd di fianco a me.
 
“Cosa c’è? Sei già stanca, mocciosetta?” mi domanda ansimando un poco, facendomi sussultare.
 
Mi stacco dal muro lentamente, cominciando ad indietreggiare.
Mi volto di scatto per riprendere la corsa, ma lui mi blocca per una spalla, stringendo con forza.
Gemo di dolore, mentre lui mi trascina verso un vicolo cieco attorniato da palazzine con le persiane chiuse.
 
Non ho via di scampo! Non posso nemmeno urlare per chiedere aiuto!
 
Mi sbatte violentemente contro un muro sudicio sgretolato, facendomi inciampare con le mie All Stars blu in alcuni sacchi della spazzatura neri strabordanti di cibo andato a male e altre schifezze.
Fortuna che ho lo zaino a farmi da “cuscino”, altrimenti, oltre al mal di gamba, avrei anche il mal di schiena.
In poche falcate mi raggiunge, bloccandomi completamente tra il muro e il suo corpo schiacciato contro il mio.
Abbassa il suo volto vicino al mio, ma tengo lo sguardo fissato a terra.
 
“Non la passerai liscia, questa volta, mocciosa” mi sussurra all’orecchio, sentendo il suo fiato caldo contro il mio collo.
 
Un profumo a me sconosciuto mischiato con quello del sudore, invadono come una tempesta le mie narici, stordendomi un poco.
La mia fronte sfiora di tanto in tanto il suo petto nudo e muscoloso a ritmo del suo respiro, sentendolo freddo, ma anche umido.
Il caldo si fa davvero opprimente, facendomi sospirare dalla mancanza di aria aperta, in quel momento sostituita da quello dei nostro corpi e dell’odore sgradevole della spazzatura.
Alzo di un poco lo sguardo, ritrovandomi a guardare con malcelato interesse i lineamenti perfetti e pallidi dei suoi muscoli, coperti da quel leggerissimo strato di sudore che rendono la vista a dir poco mozzafiato.
 
Forse vi starete chiedendo come posso fare un commento, oltretutto positivo, su colui che mi vuole fare del male.
Beh, la risposta è che non lo so nemmeno io.
Molto probabilmente è colpa della caduta e della corsa.
Per sbaglio avrò sbattuto la testa e l’ossigeno mi ha dato alla testa.
Deve essere così per forza.
 
All’improvviso sento una stretta morsa attorno ai miei capelli, facendo forza per alzare completamente il mio viso.
Incontro ancora una volta i suoi occhi gialli, mentre l’indice della sua mano sinistra percorre la mia gola con fare lento, fino a raggiungere la felpa.
 
“Lasciami andare!” dico cercando di essere il più fredda possibile, deglutendo un bolo di saliva.
“E perché dovrei, eh? Meriti di pagare!” sbotta in risposta, stringendo ancor più forte i miei capelli.
 
Un gemito di dolore sfugge dalle mie labbra, facendolo ridere orgoglioso.
 
“Lasciami!!!” grido con tutta la forza che ho, ma quel che ne esce, risulta solamente un’esclamazione strozzata.
La gola brucia terribilmente.
 
“Pregami! Implorami!” mi minaccia poggiando le sue labbra sulla mia gola, per poi cominciare a leccare lentamente, facendomi rabbrividire dal terrore.
 
“Mai!” ribatto convinta, non rinunciando per nulla al mondo al mio orgoglio.
 
Un morso mi coglie di sorpresa, facendomi urlare dal dolore.
 
“Questo è il prezzo che pagherai, mocciosa!” dice per nulla toccato, affondando ancor di più i suoi denti con fare famelico.
Le lacrime mi appannano la vista, per poi rigarmi le guance e scendere ancora, bagnando inevitabilmente anche le sue labbra.
Lecca avidamente quella piccola stilla, risalendo fino alla guancia e allo zigomo.
 
“Lasciami…” ritento con fare arreso, facendolo ghignare.
 
Molla la presa dai miei capelli, per poi frugare in tasca, tirando fuori una sigaretta e un accendino.
Si scosta leggermente di lato, facendomi avere l’opportunità di raddrizzare il capo e guardare i suoi movimenti fluidi e agili.
Si porta la sigaretta alle labbra, aspirando quel veleno che “logora” i polmoni.
 
“Perché dovrei?” domanda a bruciapelo, facendomi tremare ancor più dalla paura.
Lui se ne accorge e si riappiccica a me, buttando fuori il fumo sul mio viso.
Tossisco mettendomi la mano davanti alla bocca e al naso per non respirare altro fumo, mentre Kidd ride soddisfatto.
“Mi sto divertendo. Tu, no?” chiede ancora, tirando via con forza la mia mano, per poi prendermi il mento con due dita e passare successivamente il suo pollice sul mio labbro inferiore, facendomi dischiudere di un poco la bocca.
 
“Per nulla” rispondo tentando di indietreggiare, anche se non posso.
Vorrei fondermi con questo muro sudicio dietro le mie spalle…
 
Lui continua la sua tortura al mio labbro, mentre un sorriso cattivo fa capolinea sul suo viso.
 
“Potrei bruciacchiarti con il mozzicone, oppure umiliarti ancor di più. Solo che non mi divertirei abbastanza. Potrei costringerti a far sesso con me e come idea…sembra molto allettante, sai?” mi propone ghignando, avvicinando il suo volto ancor di più, finché tra noi non c’è che una misera distanza.
 
“No!” sbotto racimolando coraggio, cercando di spintonarlo lontano da me, ma la cosa non funziona e questo, non fa altro che farlo ridere divertito.
 
In un unico gesto mi fa sbattere contro il suo petto, facendomi inspirare ancor di più quel profumo che prima mi ha stordito.
Non ho nemmeno più la forza di respingerlo.
Sento le forze venir meno…sempre meno.
 
“Devo ammetterlo: tu mi diverti. Non è da tutti respingermi, sai? Però, ti devo confessare una cosa…”- dice con tono di voce profondo, mentre il suo petto “vibra” alle sue parole- “Ti farò soffrire e ti posso assicurare che alla fine cederai…”
 
“In che senso?” domando staccandomi di un poco da lui, guardandolo negli occhi, senza staccare però i palmi dal suo petto.
 
“Tu. Cederai.” ripete convinto, facendomi innervosire.
 
“Se il tuo scopo è quello di farmi suicidare, avrai molta strada da fare!” sbotto cercando un’ultima volta di spingerlo lontano, invano.
 
“Tsk! Ne hai di fantasia! Non voglio averti sulla coscienza, né tantomeno il mio intento era quello di farti suicidare!!!” ribatte digrignando i denti e stringendo le mani in grossi pugni.
 
“N-Non capisco…” mormoro sorpresa, facendolo sbuffare irritato.
 
“La cosa è semplice da capire: tu cederai!” dice ancora per poi allontanarsi, lasciandomi come bloccata.
Mi do un piccolo schiaffo in faccia e lo seguo, decisa a risolvere la situazione.
 
“Cedere a cosa?!?” domando tirandolo per la sua pelliccia, facendolo voltare di scatto verso di me.
“Lo saprai a tempo debito. Molla, ora!” risponde per poi ordinarmi di staccare la mia presa.
Stringo ancor più forte, ignorando bellamente il suo ringhio.
“Voglio saperlo!” esclamo guardandolo negli occhi.
Si riavvicina a me, per poi prendermi il polso con forza.
“Sono stato clemente poco fa. Non peggiorare la situazione, altrimenti non baderò più al mio raziocinio” m’intima ghignando malignamente, per poi andarsene…
 
Dopo alcuni minuti in cui sono rimasta imbambolata a fissare la figura di Kidd che si allontanava, comincio a vagare per quelle stradine vuote come un’anima in pena, decidendo solo successivamente di tornare a casa.
Ancora non riesco a capire cosa intendeva con quel Tu. Cederai.
Ha detto che il suo scopo non è il mio suicidio, ma allora cosa?
Perché è rimasto sul vago?
 
Il punto in cui mi ha morso, al contatto con l’aria aperta, brucia terribilmente.
Mi porto istintivamente una mano al collo, scoprendolo leggermente bagnato.
Guardo la mano sporcata di sangue e rimango leggermente sorpresa: so che Kidd aveva affondato i suoi denti nel mio collo parecchio, ma non così tanto!
 
Perdendomi in altri pensieri, scorgo casa con occhi distratti e salgo le scale d’ingresso con fare stanco.
Le gambe mi sembrano un macigno…
 
Dopo essere entrata in casa abbastanza silenziosamente, noto che oltre alla giacca di Marco, c’è né un’altra a me sconosciuta.
Dei gemiti sommessi mi giungono alle orecchie e mi fanno sobbalzare un poco dalla sorpresa.
Percorro tutto il corridoio, fino a raggiungere il salotto.
La scena che mi si presenta davanti è un po’imbarazzante, ma un po’mi fa sorridere: vedere mio fratello intento a baciare il suo ragazzo con passione non è una cosa da tutti i giorni!
Ridacchio contenta e decisa a lasciarli soli soletti, salgo in camera mia.
Mi stendo supina sul letto, pensando agli eventi di oggi.
E’ stata una giornata molto intensa e sono piuttosto stanca.
Non correvo così da tanto tempo.
Kidd mi ha dato del filo da torcere, lo devo ammettere.
Come se non bastasse, mi ha morso il collo!!! Nemmeno fosse un vampiro!!!
Nonostante il suo carattere irrequieto e piuttosto violento, mi incuriosisce.
E’ da pazzi, lo so, ma il suo carattere e i suoi modi di fare un po’possessivi mi costringono, in un certo senso, a conoscerlo di più.
La voglia di sfidarlo in continuazione e correre ancora e ancora finché ho fiato in corpo è tanta.
 
La vibrazione del cellulare riposto nella mia tasca della gonna mi ridesta dalla figura di Kidd nel vicolo.
Almeno, ho la certezza che non si è rotto quando sono caduta ai piedi di quella scalinata…
 
Emi, dove sei?
Pensavo fossi già tornata a casa, ma non ti ho trovato.
Rispondi, per favore.
Ricevuto alle ore 16.32 del 29/10/2013
 
Il messaggio di mio fratello mi fa ghignare divertita e cominciando a premere velocemente sui tasti, gli rispondo:
 
A dire il vero sono già tornata :P
Sono in camera mia.
Inviato alle ore 16.34 del 29/10/2013
 
 
Dopo averlo inviato, mi metto in ascolto di suoni, trattenendo il fiato come quando ci si nasconde sotto al letto dopo aver combinato una marachella.
 
All’improvviso, il rumore di un tonfo sordo richiama la mia attenzione, facendomi concentrare ancor di più nell’ascolto.
 
“CHE COSA?!? COME SAREBBE A DIRE??? IO NON HO VISTO NE’ SENTITO NESSUNO!!!” grida la voce di Ace, acuendo il suo timbro come quello di una donna isterica quando ha le mestruazioni.
 
Mi ributto a peso morto sul letto, cominciando a ridere come una scema, tenendomi la pancia dal dolore per le troppe risa.
Speriamo che non sia morto di paura, altrimenti lo avrò sulla coscienza!
 
Continuando quella tortura, non mi accorgo che Ace e Marco sono entrati in camera mia, aprendo la porta con forza.
O meglio.
Ace ha aperto la porta di scatto e ora è lì, a guardarmi con aria allibita e a dir poco stupita.
 
“M-Marco! Il-Il telefono aveva ragione!!! Emi è qui!!!” urla ancora il moro, stando vicino all’orecchio di mio fratello, facendolo sbuffare irritato.
“Anche se non urli, mi fai un favore. E poi, per la cronaca, il telefono non può avere ragione: è inanimato” spiega stando calmo e pacato, facendomi ridere ancor di più.
 
Mi getta un’occhiataccia omicida, facendomi smettere all’istante.
 
Però, dovete ammettere che era una situazione a dir poco esilarante!
Per non parlare di Ace!
Le sue frasi sono uniche nel suo genere, così come il carattere: solare e deliziosamente tonto.
Se ci aggiungiamo il suo viso cosparso dalle lentiggini, che lo rendono infantile, è un’arma a doppio taglio.
Secondo me, quando combina un guaio, le ha sempre vinte facendo gli occhi da cane bastonato.
Forse è per questo che Marco ha aperto il suo cuore a lui, chi lo sa…
 
“Scusa, Emi se te lo chiedo…cos’hai visto di preciso?” domanda Ace con tono fintamente sicuro, grattandosi la nuca imbarazzato, mentre un lieve rossore gli “colora” le guance, rendendolo ancor più bambino.
 
“Non molto…”- rispondo stando sul vago- “Qualche bacio passionale e una ripassatina sul tuo collo, fiammifero…”
A quelle parole, Ace, sbianca, per poi diventare ancor più rosso.
Non capisco se dalla rabbia o dall’imbarazzo…forse tutte e due…
 
Mi si avvicina con fare minaccioso, sedendosi sul mio letto, assumendo una posizione rigida per poi voltare il volto verso di me, guardandomi con occhi fintamente compiaciuti.
 
“Run, baby, run…” mormora mio fratello, passandosi una mano dietro al collo, mentre Ace sta zitto e muto come un pesce per alcuni secondi…
 
“Emi. Lo sai che non si spia, vero? Soprattutto se ci sono due persone in intimità! E poi: come diavolo mi hai chiamato?” domanda ridendo nervosamente, digrignando i denti alle sue ultime parole.
“Riguardo alla tua prima domanda: è stato casuale. Non era mia intenzione. Vi chiedo scusa. Per quanto riguarda alla seconda domanda, ti ho chiamato fiammifero, perché sei diventato rosso come una bellissima ciliegia matura! Non trovavo altri appellativi da darti e così ho optato per fiammifero. Ma se non ti piace possiamo cambiarlo: Sole al tramonto? Fuoco puro? Rosso carminio? A te la scelta!” gli rispondo per nulla turbata, sorprendendolo un poco.
 
Mi fissa a fondo negli occhi, come a studiarmi, mettendomi un poco in soggezione.
Io l’ho accettato come membro della famiglia, ma lui accetterà…me?
 
“Credo che mi divertirò a farti i dispetti!” esclama sorridendo a trentadue denti, lasciando sorpresa me, ora.
 
Marco sbuffa divertito, avvicinandosi a noi.
Si ferma a pochi centimetri dal mio letto, sfiorando con i jeans non molto attillati il copriletto, per poi incrociare le braccia al petto:
“Dove sei stata?” chiede con quel tono che lo ha sempre caratterizzato quando voleva ottenere qualcosa.
“Ehm…a…fare un giro per la città!” rispondo sorridendo nervosamente, grattandomi il capo, sentendomi in imbarazzo.
“Ma certo!”- commenta sarcastico, roteando gli occhi al cielo, per poi tornare a guardarmi con un velo di minaccia- “Dove sei stata?”
 
Ace passa il suo sguardo da me a mio fratello, rimanendo in totale silenzio: non credo sia una bella cosa stare tra due fuochi, soprattutto se c’è molta tensione…
 
“Ti ho già risposto!” sbotto spazientita, focalizzando la mia totale attenzione su di lui.
In questo momento, Ace non esiste, per me.
 
“Menti. Voglio la verità, ora!” ribatte alterandosi un poco, abbassando le braccia e stringendo convulsamente le mani in pugni, fino a far sbiancare le nocche.
“Te l’ho già detta!”
“Ma sì, certo! Allora quel morso sul collo te lo sei procurata da sola!” dice facendomi sobbalzare dallo spavento e sì, anche dalla vergogna.
 
Questo, è uno di quei momenti in cui si vorrebbe sprofondare nel terreno fino a raggiungere il centro della Terra, anche se si è consapevole del fatto che ti brucerai a causa del suo calore.
Provo vergogna perché non sono mai capace di dire le bugie quando servono, maledizione!
Mi sento in colpa perché mio fratello è preoccupato per me, mentre io lo tratto come un cane.
Certe volte sono convinta che noi due siamo troppo diversi per essere fratelli.
E poi, ora che ci penso, io non assomiglio a nessuno della mia famiglia.
Mio padre è molto alto e muscoloso, ed ha i capelli biondi e gli occhi neri come l’ossidiana, proprio come quelli di Marco.
Mia madre, invece, è bassa e magra ed ha capelli neri come la notte e gli occhi verdi.
In comune ho solamente questa caratteristica: gli occhi.
Non so nemmeno del perché io abbia i capelli rossi.
Non sono come quelli di Kidd: rosso vivo e scuro.
I miei sono tendenti al ramato chiaro.
Tra l’altro, non ho nessun parente con i capelli rossi, che io sappia.
Anche i nostri caratteri sono diversi.
Io sono una che ama la solitudine e che ama combinare casini.
Mio fratello è silenzioso, ma in confronto a me, lui è la mente, io il braccio…
 
“N-Non è niente!”- esclamo indietreggiando un poco, ma Ace ferma la mia “ritirata” e mi tasta il collo con delicatezza, premendo sul punto in cui Kidd mi ha morso- “Davvero! Non è niente!”
“Non è niente?!? Non è niente?!? Emi! Tu sanguini, cazzo! Come fai a dire che non è niente?!?” mi chiede Ace sconvolto, mostrandomi l’indice e il medio sporchi di sangue.
 
Le lacrime bramano per uscire, ma cerco di trattenermi, smettendo di respirare per alcuni secondi.
“I-Io…” mormoro affranta, porgendo il mio sguardo su un punto indefinito della stanza, tentando di calmarmi.
 
“Chi è stato?” domanda Marco incupendosi, lasciandomi interdetta.
Io non voglio essere difesa da nessuno.
Mai.
“Nessuno” gli rispondo a bassa voce, facendolo ringhiare sommessamente.
 
Si avvicina a me, per poi prendermi il volto tra le mani, guardandomi a fondo negli occhi, quasi come a volermi scrutare l’anima.
“Dimmelo” ripete perentorio.
 
L’ansia mi assale, mentre sento la bocca dello stomaco come bloccata.
“Kidd…” mi scappa detto in un sussurro.
Ormai è troppo tardi.
Ha sentito.
 
Emi, certe volte devi tapparti la bocca con un bel nastro isolante! Così, forse, non parlerai più, spiattellando la verità.
 
Marco si allontana velocemente da me, voltandosi di spalle.
 
“Lo ammazzo!” mormora con rabbia e odio, spaventandomi un poco.
 
“No, Marco! Non farlo!”- sbotto alzandomi da letto e prendendolo per le spalle, costringendolo a guardarmi- “Non voglio…”
“Emi. Ti rendi conto che quel maledetto bastardo ti ha morso?!?” domanda tentando di riprendere il controllo attraverso profondi respiri.
“Sì! E allora?!? Io non voglio che tu faccia qualcosa di insensato!!!” gli grido contro, strattonandolo per il colletto della sua camicia bianca, aperta leggermente sui primi tre bottoni, lasciando scoperta una parte del suo petto allenato abbronzato.
“Niente è insensato, se di mezzo c’è mia sorella!” sbotta cacciando via malamente le mie mani.
 
Se ne va al piano inferiore, per poi andarsene fuori di casa, sbattendo con violenza la porta d’ingresso, facendomi sobbalzare.
 
Abbasso lo sguardo, guardandomi i piedi.
In questo momento, vorrei non esistere.
 
Sono quei momenti in cui ci si sente “stretti”, pensando che questo mondo non fa per noi e che non meritiamo di esistere solamente per i guai che combiniamo, coinvolgendo altre persone.
Io mi sento così.
E non è una bella cosa…
 
“Emi”- mi richiama Ace, prendendomi delicatamente il polso del braccio sinistro, tirandomi verso di sé, per poi farmi sedere sul letto- “Credo che sia inutile dirti che Marco lo fa per il tuo bene, vero?”
 
Per me, Ace, è uno sconosciuto, dato che lo conosco da poco, ma nonostante tutto, sento di potermi fidare di lui.
Il suo carattere e i suoi modi di fare riescono a…non saprei come definirli…
Detto in parole povere, Ace è quella persona di cui ti fidi di più e che alla fine diventa il tuo migliore amico.
 
“Sì, lo so…”- ammetto malinconica, ma non posso permettere a mio fratello di commettere un putiferio solo per un morso!- “Ace. Devi fermarlo tu, nel caso io non ci riuscissi”
 
Mi rivolge un’occhiata a dir poco sorpresa, boccheggiando un poco.
Tenta di parlare, ma ogni volta si ferma e abbassa lo sguardo.
Come se ogni parola potrebbe ferirmi e non essere quella giusta.
 
“Ti prego”- lo supplico prendendogli le mani tra le mie, guardandolo dritto nei suoi occhi color ossidiana- “Sei l’unico che potrebbe ascoltare veramente!”
“Perché vuoi difendere Kidd?” mi domanda a bruciapelo, lasciandomi un attimo interdetta.
“Non lo sto difendendo” rispondo titubante, volgendo lo sguardo in un punto indefinito della stanza.
“Sì, invece! Ti ha minacciata?” chiede ancora, cercando i miei occhi con preoccupazione.
“No!”
“Allora che cosa ti ha detto, Emi? Io voglio aiutarti! Ma se tu taci e inizi a costruire un muro di omertà, io non…non… non posso venirti incontro…” mi spiega sospirando pesantemente.
“Allora promettimi una cosa, Ace!” sbotto determinata, incuriosendolo con la mia prossima richiesta.
“Che cosa?”
“Non dire nulla a Marco”
“Ma che razza di richiesta è???” domanda con tono allibito, alzandosi dal letto, guardandomi come se fossi una pazza.
“Promettimelo!” dico noncurante della suo commento di poco fa, proseguendo imperterrita per la mia strada.
 
Lui sbuffa spazientito, per poi mettersi le mani nei capelli e scompigliarli con forza, masticando qualche imprecazione a mezza voce.
Continuo a guardarlo, aspettando la sua risposta.
 
So di essere ad un punto di non ritorno.
Se lui mi risponde negativamente, non credo di riuscire a fermare mio fratello nel suo intento di non so fare che cosa.
Potrebbe picchiarlo e insultarlo, ma alla fine, Kidd riverserebbe su di me la sua furia.
Mi rimbombano nella testa ancora le sue parole…
 
Sono stato clemente poco fa. Non peggiorare la situazione, altrimenti non baderò più al mio raziocinio.
 
Ancora non capisco che intendeva, ma il suo ghigno non migliorava la situazione.
 
Tu. Cederai.
 
Cedere a cosa, poi?
 
“D’accordo! Non dirò nulla a Marco, promesso” esclama Ace richiamandomi dai miei pensieri, facendomi sorridere mestamente.
“Grazie” mormoro abbassando lo sguardo, trattenendo a stento una lacrima.
“Non devi ringraziarmi, Emi. Io lo faccio per aiutarti e lo faccio per non far commettere stronzate a quel pennuto. Ora, raccontami cosa è successo. E non mentire…”.





Angolo di Alyce: Buonasera a tutti!!!!!
Mi dispiace per questo clamoroso ritardo!
Come avete potuto notare, Kidd, ce l'ha con Emy, in un certo senso.
E' come ossessionato da lei, diciamola così ^_^''
Ma lo sappiamo tutti che Kidd è fatto così: rozzo (infatti non ci ha messo molto ha mordere il collo di Emi), possessivo e... possessivo.
E' un tipo irritabile.
Puccio lui! *^* (se mi sentisse sono più che certa che mi rifilerebbe un pugno in faccia, xD)
E poi c'è Marco! Il nostro adorabile pennuto fruttato!!!!
Ma non trovate che sia dolcissimo quando si preoccupa per la sua sorellina??????
Io, sì!
E poi, la camicia sbottonata...
Petto allenato...
Abbronzato!
Basta! Basta! Basta!
Oda-sensei! Perchè hai disegnato una moltitudine di gnocchi??????????????
Il mio istinto animale sta prendendo il sopravvento!
Marco... :Q_________________________________________________
Ok, ok, ritorno in me!!!
Passiamo ad Ace... mi voglio male se ora devo parlare di un altro figo del genere!
Ace! Ace! :Q_________________________________________________________________
Dolcino lui! *^*
Si preoccupa, non solo per Emi, ma anche per il pennuto!!!
Roba da sposarselo appena lo incontri per strada, sul serio!
Vorrei dare un avviso: Oltre a questa storia, ho postato anche un primo capitolo del suo spin-off.
Si intitola "A Mille ce n'è...", e vi saranno narrate le avventure di Marco ed Ace che non saranno raccontate qui.
Ci si vede a prossimo capitolo!
Ciao e un strasuperbacione a tutti!
Alyce :))))))))))))))))

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