In The Rooms, An Heartbeat

di AC_Vicolo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rain ***
Capitolo 2: *** Trains On Strike ***



Capitolo 1
*** Rain ***


In The Rooms, An Heartbeat
Capitolo 1
Rain

Frank
Spingevo la barca sulle pietre del bagnoasciuga. Una leggera pressione bastava per farla camminare. Pensai che farmi portare la barca piccola fosse stata una grande idea, così avrei potuto manovrarla con più facilità. Mi ci sarebbe voluto il buon vecchio Greg per spingere in acqua quella grande; non che avessi qualcosa contro mio padre, ma preferivo andare a pescare da solo. Era una buona occasione per riflettere.
Appena la mia piccola bagnarola iniziò a muoversi senza il bisogno delle mie braccia saltai su. Era l' alba di una giornata che si preannunciava piacevolmente tranquilla. Specifico piacevolmente perché ogni tanto la calma di questo posto arrivava ad essere opprimente.  Accesi il motore e presi velocità. In due minuti arrivai al centro del lago e mi fermai. La piccola imbarcazione girava lentamente creando delle increspature circolari che si espandevano gradualmente per poi scomparire. Tirai fuori la canna da pesca in fibra di carbonio vinta all' ultimo torneo, durante il quale avevo fatto coppia con il grande Luke, attaccai l'esca ancora viva all' amo e mollai la lenza.
Ok Frank, dissi a me stesso, speriamo che i pesci siano affamati stamattina. Contavo di prenderne abbastanza e di sbrigarmi per l' ora di pranzo. Hope mi aveva detto che avrebbe fatto la carpa alla birra se fossi tornato ad un orario decente con un bottino altrettanto decente. Come dire di no alla mamma? Specialmente se ti prometteva un pranzo del genere.
Mentre architettavo un modo simpatico di tenere in mano i pesci quando sarei rientrato a casa, giusto per farci una bella figura, il galleggiante si mosse bruscamente. Mi sporsi per vedere cosa c' era: per mia grossa fortuna, sembrava una carpa bella grande. Afferrai il mulinello e comincia a girare con forza. Quando il filo fu abbastanza corto, indietreggiai e tirai la canna verso di me. Fu un attimo.
Nello sforzo, alzai lo sguardo dritto davanti a me. L' occhio mi cadde su una struttura posta sul versante di una delle montagne che circondavano Passenger' s Lake. Era un vecchio edificio grande e datato. Sembrava incastrato nella montagna, seminascosto com' era dagli alberi e dalle rocce. L' avevo già notato e mi ero soffermato a guardarlo un paio di volte: aveva l' aria fatiscente, infatti ero convinto che fosse abbandonato da tempo. Ma, quando lo guardai, sono sicuro, vidi tutte le finestre illuminate. Pareva che avesse ripreso vita in un secondo. Mi venne d' istinto strofinarmi gli occhi. Proprio in quell' istante un forte tuono ruppe la tranquillità della mattina appena cominciata. Alzai gli occhi al cielo ed il mio viso fu bagnato da decine di gocce piccole e taglienti. Mi ricordai dell' albergo e tornai a guarlarlo. La sua immagine era offuscata per via della pioggia, ma non si vedeva nemmeno più un alone giallo. Ora tutte le luci erano spente.
Mi affrettai a girare i tacchi e tornare a riva. Quando ebbi trascinato la barca sulla riva mi resi conto che la carpa mi era sfuggita. Pazienza, dissi. Mi tocca pasta e carciofi. Ancora.

***
 
Joy
- Johanna Emily Guise, alzati subito da quel letto! - Le urla di Lauren (per gli amici, anzi, per me Cacy) mi svegliarono dal mio sonno profondo. Controllai l'orario sul display del cellulare: erano appena le 11:30. Quella ragazza avrebbe fatto meglio a trovare una ragione valida per giustificare questo tono di voce alle prime luci dell'alba. Dopo cinque minuti buoni mi misi seduta sul letto, alla disperata ricerca della forza di volontà di cui avrei avuto bisogno per alzarmi.
Fissai il buio della stanza, e passato qualche secondo ecco che mi arrivó un altro rimprovero. - Joy, cazzo, è pieno di polvere! - A quel punto fui costretta a lasciare le mie calde coperte di lana e a raggiungere Cacy, che era già a lavoro nella stanza accanto. - Cos'è che è pieno di polvere? - le chiesi, ancora mezza addormentata. - Tutto! - Alzai gli occhi al cielo, maledicendo il giorno in cui avevamo accettato quell'incarico.
- Per due settimane il cottage di nonna sarà tutto per voi!- aveva gioiosamente annunciato zia Peggy. Si era solo dimenticata di dirci che avremmo dovuto ripulire tutto in vista dell'alta stagione, durante la quale avrebbe affittato la villetta. Se solo fossimo state un anno più piccole avremmo potuto denunciarla per sfruttamento minorile, ma purtroppo avevamo già raggiunto la maggiore età. Inizialmente l'idea di passare l'estate dei miei sedici anni da sola con mia cugina in un cottage sperduto in mezzo agli alberi mi aveva incuriosita, ma in quel momento non avevo la minima voglia di alzare un dito, abituata com'ero a vivere coi miei, e Cacy sembrava pensarla esattamente come me.
Lauren Cäcilie Eigemann era nata soltanto pochi mesi prima di me, e da subito ci eravamo trovate in sintonia.
Come dimenticare il primo giorno di asilo quando lei, trovandosi già in quella classe da un anno, mi fece giocare insieme ai bambini più grandi? Poi due anni dopo avevamo iniziato le scuole elementari, ed avevamo imparato a leggere. Ricordo ancora il giorno del suo sesto compleanno, al quale deve il buffo nomignolo che uso per riferirmi a lei. Non ero ancora abbastanza brava nella lettura, ed ero impaziente di acquisire la velocità dei ragazzi più grandi, quindi appena vidi una scritta di ciocciolato sulla sua torta di compleanno, mi soffermai a leggerla. -A... Au... Auguri... - Bene, la prima parola era andata. - La... - Questa era facile! -Lauren!- perfetto, a quel punto ne mancava soltanto una. - Ca...Ca... Cacile? - zia Peggy e la mamma avevano riso di gusto, mentre io continuavo a chiedermi cosa ci facesse quello strano vocabolo sulla torta di compleanno della mia cuginetta.
Non potevo di certo sapere che in Germania le vocali assumono suoni diversi a seconda degli accenti, e zio John ci teneva tanto a far conoscere a chiunque le origini della piccola Lauren... Beh, da quel giorno per me lei diventò Cacile, o per comodità semplicemente Cacy.
Spolverando davanzali e lustrando pavimenti, e soprattutto spaventandoci a morte ogni volta che un insetto veniva a farci visita, passò l'intera giornata. Era fatta, e un solo giorno trascorso a sgobbare sarebbe stato ricompensato dalle due settimane intense che stavamo per passare lí, ne eravamo sicure.

 
***
 
Quante miglia avevo percorso? Da dove venivo? Non riuscivo a capire, non riuscivo a concentrarmi.
Mi mancava il fiato, l' adrenalina mi spingeva a continuare la corsa. Inciampai e caddi sbucciandomi il ginocchio. Gemetti, ma mi rialzai immediatamente.
Mi voltai indietro: nessuno mi stava seguendo. Ma questo lo sapevo. Non stavo scappando, no... Correvo perché qualcosa mi stava chiamando. Mi stava attirando a sé. E io la seguivo, la assecondavo. Era l' unica cosa che potevo fare.
L' oscurità gravava su di me e mi impediva di vedere. Passavo tra le pozzanghere e facevo schizzare l' acqua da tutte le parti; ormai avevo i pantaloni completamente zuppi, ma non me ne importava. Dovevo arrivare lì. E dovevo farlo il prima possibile. Mi avvicinavo velocemente, correvo sempre più forte. Ad un tratto mi fermai.
Eccomi qui, c' ero. Finalmente. Si stagliava davanti a me, grande e imponente: l' albergo era illuminato a tratti dai lampi. Era una visione spettrale, me ne rendevo conto, ma non avevo visto ancora niente. Mi sentii avvolgere come da due braccia che mi strattonarono bruscamente. Mi voltai, ma dietro di me non c' era nulla. Solo alberi piegati dal vento. - Tu appartieni a questo posto.- Mi sentii morire.
- Chi è?! - Gridai guardandomi intorno. - Chi sei?! Che vuoi da me?! - Tante voci si fecero sentire. Parlavano tutte insieme, con tono sommesso. Non capivo cosa stavano dicendo. Piangendo continuavo a gridare. Chiedevo loro di smetterla, di lasciarmi tornare a casa. Una voce sovrastò tutte le altre. - Qualcuno morirà! - gridò. Sgranai gli occhi ed indietreggiai. L' orrore mi riempiva l'anima, non un suono mi usciva dalla gola. Qualcuno mi agguantò alle spalle, tappandomi naso e bocca. Non riuscivo a respirare. Due occhi rossi si materializzarono nella notte. Poi il buio avvolse ogni cosa.



Note
Prima di tutto, vi ringraziamo di aver letto questo primo capitolo, sperando di avervi coinvolti e magari convinti a seguire l' evolversi della nostra storia :)
Come avete potuto notare, le vicende sono narrate secondo diversi punti di vista, alcuni dei quali impersonali. Almeno per adesso. I narratori, quindi, si alternano in ogni capitolo.
Beh, non c'è altro da aggiungere. Diteci la vostra, ci fa piacere ricevere qualsiasi tipo di recensione.
Buona notte!

Laura e Carmen
 

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Capitolo 2
*** Trains On Strike ***


In The Rooms, An Heartbeat
Capitolo 2
Trains On Strike

Laura
Allungai il braccio fuori dal letto ed acchiappai il telefono. Erano le otto e ventisei. Ok, Joy, goditi i tuoi ultimi trentaquattro minuti di sonno, pensai. Dopo le nove in punto non ci sono santi.
Mi tirai su, mi stiracchiai ed attaccai gli auricolari al cellulare. Me li misi alle orecchie ed uscii dalla stanza cercando di non fare rumore.
Entrai in cucina con l’intenzione di farmi una cioccolata, ma mi bloccai in mezzo alla stanza. Mi tolsi le cuffie e lasciai ricadere le braccia lungo i fianchi. Sentii che mi si apriva il cuore.
Avevo davanti la grande finestra che dava su Passenger’s Lake.
Fuori, gli altissimi pini argentati sembravano reggere il peso del cielo plumbeo che, carico di pioggia, gravava su di essi. Il distacco tra l’acqua e il cielo esisteva appena, come se facesse capolino, propenso a farsi vedere solo da un osservatore attento, che si soffermava ad ammirare il paesaggio e a coglierne quel particolare quasi impercettibile, ma allo stesso tempo così essenziale.
Sembrava che la foschia avesse congelato i secondi, impedendo al tempo di scorrere. Ogni cosa era immobile, tutto era intrappolato dall’aria grigia e gelida.
“Non puoi fuggire dalla foschia quando questa ti avvolge. Ne hai avuto l’ennesima dimostrazione” pensai.
Mi strinsi nella mia felpa, avevo i brividi.
Rimasi ancora per un po’ assorta a pensare e a fissare con lo sguardo perso la finestra, quando qualcosa ruppe la calma del quadro. Vidi qualcosa muoversi. Si era spostato da un tronco ad un altro.
Mi avvicinai al vetro e aguzzai la vista. Lo vidi di nuovo, ma c’era qualcosa di strano.
Cosa poteva essere? Un cinghiale? O, peggio, un lupo? O magari un orso…
Deglutii e cercai di autoconvincermi che si trattava della migliore delle ipotesi.
Stavolta aprii del tutto il battente e mi sporsi fuori.
Lo rividi per la terza volta. Il sangue mi si gelò nelle vene.
Non riuscivo a distinguere bene cosa fosse, vedevo solo un’ombra. Ma ero sicura di aver visto una figura alta e slanciata sparire nel bosco. Si trattava di un uomo.
Corsi fuori immediatamente. Scesi le scalette del patio e arrivai in mezzo al vialetto.
“Ehi!” gridai “Chi c’è?”
Una folata di vento freddo mi prese in pieno, facendomi indietreggiare.
Sentii un verso, un verso che conoscevo. Aprii gli occhi e vidi un cinghiale emergere dalla boscaglia.
Da una parte ero contenta che non fosse niente di troppo pericoloso, ma dall’altra mi resi conto che sarebbe stato meglio se fossi rientrata velocemente.
Corsi su per le scale. Stavo per aprire la porta, quando sentii il rumore il qualcosa che batteva. Mi voltai alla mia destra. Sul tavolo, tenuto fermo da un vecchio posacenere, un foglio si muoveva scosso dal vento.
Avrei giurato di non aver visto niente del genere il giorno prima, ma, visto cosa era successo con il cinghiale, pensai che era meglio lasciar perdere le mie convinzioni.
Mi avvicinai e lo presi in mano. Era un vecchio articolo di giornale. Fui sorpresa di vedere che era datato al 1934. Lessi il titolo: “A Dunno Village si consuma tra le fiamme il Fairies Hotel”. La foto ritraeva un edificio tipico del posto: completamente fatto di legno, si divideva verticalmente in tre grandi blocchi. La facciata era costituita da tavole bianche sulle quali ce n’ erano disposte alcune nere, a formare delle fantasie geometriche. Era circondato da un grande giardino, tra le aiuole c’erano decorazioni ricavate da tronchi d’albero. E intorno, il solito scenario: distese di pini alti come palazzi.
“Brucia tra le lacrime degli abitanti il grande albergo che costituiva la più grande attrattiva della zona” diceva il sottotitolo. Lessi il primo paragrafo.
Parlava della celebrità che l’albergo aveva raggiunto e del fatto che era sede degli eventi più importanti della contea. Ci avevano soggiornato cantanti, attori, ministri… addirittura, il proprietario aveva pensato di invitare il presidente e per lui aveva costruito una camera meravigliosa, con tutte le comodità e molte frivolezze che per quegli anni erano considerate un lusso di pochi.
Ogni sera, per divertire gli ospiti, organizzavano rappresentazioni teatrali, anche molto realistiche. Per esempio, venivano messi in scena assalti di briganti e capitava che qualcuno si spaventasse a tal punto da correre al piano di sopra.
Non potevo fare a meno di sorridere pensando agli attori che irrompevano nel salone d’ingresso e trovavano gente scappare su per le scale.
Insomma, c’era scritto che l’hotel era entrato nel cuore di tutto il circondario, anche perché dava lavoro a tantissima gente.
Passai alla seconda parte. Un giorno qualcosa era successo. Un tubo del gas era scoppiato ed il fuoco era divampato inghiottendo velocemente tutto il secondo piano.
Erano le nove di sera e, fortunatamente, quasi tutti erano al piano terra chiacchierando seduti ai tavoli. C’era qualcuno al terzo piano, ma una cameriera era riuscita ad avvertire tutti appena in tempo ed erano scesi da una scala esterna.
Non c’erano stati morti, a quanto pareva.
“Joy!” chiamai.
Cinque minuti più tardi, dopo aver preso il caffè, acconsentì a degnare di uno sguardo l’articolo e me lo prese di mano.
“So dov’è questo posto” disse.
“Come fai a saperlo?”
“Tu dormivi. Venendo qui ho sbagliato ad un bivio ed ho preso la strada che costeggia la parte opposta del lago. Mentre cercavo un posto per girare ci siamo passate praticamente davanti. Ora però è più grande di com’è nella foto. Mah, l’avranno ristrutturato…”
“Sai se è aperto?”
Lei si soffermò un attimo, stupita da tutto quell’interesse, poi rispose: “Non mi pare, non c’erano luci accese”.
“Dobbiamo andarci!” esclamai.
Lei sorrise. “Va bene” disse e si diresse verso le scale che portavano allo scantinato. “Tu vai a cercare una borsa, io prendo gli attrezzi”.
“Quali attrezzi, scusa?”
“Se il posto è abbandonato dovremo pur irrompere. E per farlo dobbiamo sfondare qualche finestra”.
Ebbi la schiena percorsa da un brivido. Scassare finestre?! Non ero il tipo. Ma l’esperienza mi attirava, quindi perché no?

***
 
Carly
La mia felpa di cotone non era abbastanza per ripararmi dal freddo pungente di quella mattina. Avrei dovuto pensarci prima: in montagna fa freddo anche nel pieno dell'estate.
Solo che non riuscivo proprio ad alzarmi dal sellino di quella vecchia altalena, tanto era magica l'atmosfera che era venuta a crearsi. Sentivo i rumori che provenivano dalla cucina della casa a pochi metri da me, e la voce irritante di Lucy che chiedeva a nostra madre che fine avessi fatto. Mi convinsi che allora era meglio tornare a casa, al parchetto abbandonato che avevo appena scoperto ci sarei potuta tranquillamente tornare dopo pranzo.
Feci un salto per scendere dall'altalena ancora in movimento, e arrivai a terra perfettamente dritta sulle gambe. Percorsi poi i pochi metri che mi separavano dal cancello del mio giardino, bussai alla porta e quell'essere che aveva il privilegio di essere mia sorella venne ad aprirmi.
Come cavolo faceva Lucy a non avere freddo, con addosso soltanto quel top che non le copriva neanche metà seno? Oh giusto, poverina, se si fosse coperta nessuno avrebbe potuto ammirare la sua quinta, e lei sarebbe stata costretta a nascondersi da qualche parte insieme a quell'odiosa lametta fuxia per liberare il suo corpo dai mostri che lo straziavano. Ebbene sí, lei era la mia adoratissima gemellina. Eravamo gemelle eterozigote ovviamente, ed anche se devo ammettere che avere il suo corpo non mi sarebbe dispiaciuto, ero enormemente grata a mia madre di avermi risparmiato un DNA del genere.
"Allora, cosa volete fare dopo pranzo? Un mio amico mi ha parlato di questo edificio, nel villaggio qui accanto. Pare che lo abbiano aperto alle visite in occasione del centenario della sua chiusura." annunciò mio padre, passando a mia madre le posate e indicandomi un volantino poggiato sul tavolo. Era decisamente un bel modo per passare il pomeriggio. Presi il foglio e vidi la fotografia del Fairies' Hotel, circondato dal verde degli abeti e ne rimasi incantata: c'era qualcosa in quell'immagine che mi attirava, qualcosa che andava oltre il fascino che puó avere qualsiasi posto lasciato per anni a marcire in mezzo alla natura. "Si papà! Ti prego, andiamo. Ma si sa per caso qualcosa di più? Come mai l'hanno chiuso?" chiesi interessata, ancora scossa dall'impatto che quella semplice fotografia aveva avuto su di me.
"Pare sia stato distrutto da un'incendio, ma non si sa per certo. In ogni caso le visite sono guidate, quindi potrai avere una risposta a tutto quando arriveremo lí."
Si prospettava un pomeriggio fantastico.

 
***
 
Jack
-Scusa, dov'è l'entrata?- mi chiese una signora dai capelli bianchi. Aveva degli spessi occhiali dal bordo verde acqua ed era buttata, per quando fosse possibile, su un bastone di legno. Doveva fare molta fatica sia a vedermi che a reggersi in piedi.
-Guardi, è proprio lì- le dissi indicando il portone. -vuole che l'accompagni?-
-No grazie, ragazzo. Vado da sola-
Si avviò lentamente. Avevo intenzione di seguirla, ma fui preceduto da una donna sulla cinquantina che le corse dietro urlando, visibilemte preoccupata. -Mamma! Dove vai? Non posso lasciarti sola un attimo!
L'orario di visita dell'albergo era appena iniziato, ed iniziava ad arrivare gente. Faceva freschetto, ma stavo abbastanza caldo nel mio giubbotto con gli alamari. Mi aggiustai il bavero: era il mio cappotto preferito, ero contento di essermelo messo. Mi guardai intorno e constatai con tristezza che anche quel pomeriggio non avevo niente da fare. Le giornate si trascinavano pigre una dietro l'altra troppo lentamente e stavo iniziando a stancarmi di quel posto. Decisi di fare l'ennesimo giro di corsa intorno all'albergo: facevo attività fisica e intanto mi tenevo pure occupato.
Avevo appena girato l'angolo quando sentii un rumore, qualcosa di simile ad un cigolio. Mi guardai indietro e ne sentii un altro. Mi resi conto che venivano dalla parte opposta.
Dove finiva il primo blocco ed iniziava il blocco centrale della struttura, il muro rientrava di un paio di metri. Per sapere cos'era, dovevo guardare dietro l'angolo del primo blocco.
Mi avvicinai lentamente e mi sporsi, attento a non farmi vedere.
-Non ci riuscirai mai, cretina!
Appena sentii quell'urlo mi ritirai e mi schiacciai contro il muro. Era la voce di una ragazza.
-Zitta, mi deconcentri!-
Uscii lentamente dal mio nascondiglio e vidi due ragazze, una delle quali con una trave giá rotta in mano, che cercava di sfondare una finestra. L'altra si girò, mi vide e impallidí all'istante, come se avesse visto un fantasma.
-Ehm... Noi... Mi scusi, stavamo... facendo una passeggiata!- si affrettó a dire dopo essersi ripresa, mentre quella con la trave in mano cercava ancora un modo per entrare nell'albergo.
-Calma, tutta la gente del luogo vorrebbe entrare qui dentro una volta nella vita, e di certo farlo di nascosto è più avventuroso. Venite, andiamo a cercare qualcosa di più facile da scassinare, ma dobbiamo stare attenti a non farci scoprire, da oggi partono le visite giudate.- dissi con un sorriso, e vidi che la ragazza si era tranquillizzata, mentre l'altra si era appena accorta della mia presenza.
-Sei un grande!- urlarono in coro.
-In ogni caso, piacere, Jack- dissi, tendendo la mano.
La più giudiziosa delle due era Lauren, mentre l'altra si chiamava Joy.
Fecimo un altro giro intorno all'albergo, alla disperata ricerca di qualche finestra non troppo difficile da rompere.
Mentre Joy si arrampicava per raggiungere una delle finestre del primo piano, e Lauren stava attenta ad evitare che l'altra cadesse, vidi una porta leggermente più piccola delle altre, che doveva essere l'uscita d'emergenza dalle cucine.
Mi avvicinai e notai che era socchiusa: ce l'avevamo fatta!
-Ragazze, ci siamo!-
-Jack! Cosa?- dissero in coro.
Indicai la porta, ormai semiaperta, e dopo essermi gustato i loro sguardi pieni di ammirazione per il sottoscritto, entrai seguito dalle mie nuove amiche.
La stanza era buia e sporca, e la puzza di chiuso all'interno era insopportabile. La poca luce che penetrava dalle persiane non era sufficiente ad illuminarla, e rischiammo più volte di cadere. Percorremmo un corridoio e raggiungemmo un'altra stanza leggermente meno buia delle altre. Per nostra fortuna qui una delle finestre era rotta, e i pochi raggi del sole non ancora tramontato riuscivano ad entrare. Fino a quel momento non avevamo parlato, incantati com'eravamo a studiare ogni dettaglio di quel posto, ma il rumore di alcuni passi che si avvicinavano verso di noi e il tintinnare di un oggetto metallico inedentificato ci fecero sobbalzare. Ed ora cosa avremmo fatto?


Note
Ok, scusate, sono mesi che non pubblichiamo (causa scuola... se, come no). Abbiamo deciso di modificare il titolo, sperando che il sex-appeal di quello che abbiamo scelto attragga più lettori ^^ Comunque sia, ci fa piacere ricevere recensioni di qualsiasi tipo, positive o negative che siano.
Bhe, speriamo di essere riuscite a catturarvi e che continuerete a seguire la storia.
Buona notte :)

Laura e Carmen
 

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